DIRITTO A NON ESSERE TENUTO IN STATO DI SCHIAVITU' - 2 ...
DIRITTO A NON ESSERE TENUTO IN STATO DI SCHIAVITU' - 2 ...
DIRITTO A NON ESSERE TENUTO IN STATO DI SCHIAVITU' - 2 ...
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
2° CORSO <strong>DI</strong> FORMAZIONE PER IL PERSONALE DOCENTE E <strong>DI</strong>RIGENZIALE<br />
DELLA SCUOLA NELLA REGIONE VENETO<br />
“EDUCAZIONE ALLA CITTAD<strong>IN</strong>ANZA E ALLA SOLIDARIETA’”<br />
ADOTTA UN <strong><strong>DI</strong>RITTO</strong> UMANO<br />
<strong><strong>DI</strong>RITTO</strong> A <strong>NON</strong> <strong>ESSERE</strong> <strong>TENUTO</strong><br />
<strong>IN</strong> <strong>STATO</strong> <strong>DI</strong> SCHIAVITU’<br />
ANNO SCOLASTICO 2002/2003<br />
DOCENTI CHE HANNO PARTECIPATO AL CORSO <strong>DI</strong> FORMAZIONE E<br />
CHE HANNO CURATO IL PRESENTE LAVORO<br />
Celi Laura<br />
Cervellin Sonia<br />
Di Bartolo Paola<br />
Gasparotto Rosanna<br />
Gatti Mara<br />
Gazzetta Mariangela<br />
Guazzo Elisabetta<br />
Languino Raffaella<br />
Lazzarotto Patrizia<br />
Lista Anna<br />
Mallamaci Lucio<br />
Martuccio Assunta<br />
Pan Enrica<br />
Pizzolato Luciana<br />
Pozzato Caterina<br />
Vettori Luisa<br />
Tutor: Di Bartolo Paola<br />
Specialista esperto: Dott.ssa Paola Degani<br />
Specialista coordinatore: Dott.ssa Benedetta Pricolo<br />
1
<strong>IN</strong><strong>DI</strong>CE<br />
1. DEF<strong>IN</strong>IZIONE E COLLOCAZIONE NELLA TIPOLOGIA DEI<br />
<strong>DI</strong>RITTI FONDAMENTALI<br />
2. NORMATIVA <strong>IN</strong>TERNAZIONALE E NAZIONALE<br />
3. TITOLARI DEL <strong><strong>DI</strong>RITTO</strong><br />
4. CON<strong>TENUTO</strong> E IMPLICAZIONI GIURI<strong>DI</strong>CHE E POLITICHE DEL<br />
<strong><strong>DI</strong>RITTO</strong><br />
5. LA CONTROPARTE<br />
6. RICOSTRUZIONE STORICA<br />
7. TIPOLOGIA DELLE VIOLAZIONI<br />
8. CHI E COME PROMUOVONO E TUTELANO IL <strong><strong>DI</strong>RITTO</strong><br />
9. CONTESTUALIZZAZIONE DEL <strong><strong>DI</strong>RITTO</strong> NEL TERRITORIO<br />
10. IL CONFRONTO TRA LE CULTURE<br />
11. BIBLIOGRAFIA<br />
2
1. DEF<strong>IN</strong>IZIONE E COLLOCAZIONE NELLA TIPOLOGIA DEI<br />
<strong>DI</strong>RITTI FONDAMENTALI<br />
2. NORMATIVA <strong>IN</strong>TERNAZIONALE E NAZIONALE<br />
3. I TITOLARI DEL <strong><strong>DI</strong>RITTO</strong><br />
4. CON<strong>TENUTO</strong> E IMPLICAZIONI GIURI<strong>DI</strong>CHE E POLITICHE<br />
DEL <strong><strong>DI</strong>RITTO</strong><br />
5. LA CONTROPARTE<br />
Sezione di lavoro eseguita dai docenti:<br />
<strong>DI</strong> BARTOLO PAOLA<br />
LANGU<strong>IN</strong>O RAFFAELLA<br />
MALLAMACI LUCIO<br />
3
<strong><strong>DI</strong>RITTO</strong> A <strong>NON</strong> <strong>ESSERE</strong> <strong>TENUTO</strong> <strong>IN</strong> <strong>STATO</strong> <strong>DI</strong><br />
SCHIAVITU’<br />
1. DEF<strong>IN</strong>IZIONE E COLLOCAZIONE NELLA TIPOLOGIA DEI<br />
<strong>DI</strong>RITTI FONDAMENTALI<br />
DEF<strong>IN</strong>IZIONE <strong>DI</strong> SCHIAVITU’<br />
Condizione di chi è schiavo, di una persona che è completamente e involontariamente assoggettata<br />
ad un’altra. Caratteristiche costitutive della schiavitù sono : la coercizione a svolgere un compito o<br />
a prestare un servizio; la riduzione di un essere umano a proprietà esclusiva di un altro essere<br />
umano, cioè il suo padrone; l’assoggettamento completo di un individuo alla volontà di colui che<br />
lo possiede. Il sistema sociale o l’ordinamento politico fondato sull’istituto sociale della schiavitù<br />
è detto schiavismo. (Dossier “Adotta un diritto umano”-materiali, pag.18)<br />
Slave is the person who is copletely and unwillingly subjugated to somebody else. Slavery<br />
consists of: the execution of a task or the supplyng of a service; the condition of being one’s<br />
property; the complete subjucation of a man to the will of another man that owns him.<br />
The social system or the political law founded on the social institution is called slavery.<br />
Common characteristics distinguish slavery from other human rights violations. A slave is:<br />
• Forced to work through mental or phisical threat;<br />
• Owned or controld by “an employed”, usually through mental or phisical abuse or<br />
threatened abuse;<br />
• Dehumanised, treated as a commodity or bought and sold as property;<br />
• Phisically, contrained or has restriction placed on his/her freedom of movement.<br />
DEF<strong>IN</strong>IZIONE <strong>DI</strong> SCHIAVITU’ E SERVITU’ SECONDO LE<br />
CONVENZIONI <strong>IN</strong>TERNAZIONALI<br />
La Convenzione sulla schiavitù del 25 settembre 1926 e la Convenzione supplementare<br />
sull’abolizione della schiavitù, della tratta degli schiavi e delle istituzioni e pratiche analoghe<br />
alla schiavitù del 7 settembre 1956, definiscono la schiavitù come “ lo stato o la condizione di<br />
un individuo sul quale si esercitano gli attributi del diritto di proprietà o taluni di essi” e lo<br />
schiavo “l’individuo che ha tale stato o condizione”.<br />
In base a tale definizione la schiavitù è intesa come “dominio dell’uomo sull’uomo” e lo schiavo<br />
non possiede la dignità di persona umana, ma è considerato come una “cosa” alla mercè di un suo<br />
simile (Maria Rita Saulle-“Dalla tutela all’esercizio dei diritti umani”, ESI 1999).<br />
4
La servitù, secondo le convenzioni internazionali, è una condizione assimilata alla schiavitù; essa<br />
comprende varie situazioni: servitù per debito, servaggio, ogni istituzione o pratica che comporti<br />
matrimonio, promessa di matrimonio o cessione della donna deciso da terzi, ogni istituzione o<br />
pratica che comporti da parte dei genitori o di un tutore la possibilità di affidare ad un terzo, con o<br />
senza pagamento, un minore di 18 anni per consentirne lo sfruttamento.<br />
COLLOCAZIONE NELLA TIPOLOGIA DEI <strong>DI</strong>RITTI<br />
FONDAMENTALI<br />
Il diritto a non essere tenuto in stato di schiavitù è uno dei diritti civili di prima generazione più<br />
importanti tra i diritti fondamentali di ogni essere umano e trova riconoscimento e tutela a livello<br />
internazionale in numerose convenzioni e dichiarazioni, e a livello nazionale nella Costituzione<br />
Italiana, nel Codice Penale e in diverse Leggi.<br />
La schiavitù lede il diritto di libertà e la dignità che ogni essere umano acquista alla nascita<br />
(Preambolo dell’Accordo addizionale concernente l’abolizione della schiavitù del 1956).<br />
BREVE STORIA SULLA NASCITA DEI PRIMI ATTI <strong>IN</strong>TERNAZIONALI<br />
CONCERNENTI LA SCHIAVITU’<br />
Nell’antichità l’istituto della schiavitù, intesa come il “dominio dell’uomo sull’uomo”, era<br />
disciplinato dal diritto bellico consuetudinario. La cattura degli schiavi rientrava nei diritti del<br />
vincitore, era conforme alle norme vigenti a quel tempo e rappresentava un istituto dello iuris<br />
gentium (Maria Rita Saulle- “Dalla tutela all’esercizio dei diritti umani”, “La schiavitù”, ESI<br />
1999).<br />
Con la scoperta dell’America e l’espansione europea nei territori africani, al concetto di schiavitù<br />
si associò quello di “commercio” e di “tratta”, e al dominio dell’uomo sull’uomo si aggiunse la<br />
messa all’asta e il trasporto per mare degli schiavi, prima in Spagna e Portogallo e poi nelle<br />
Americhe.<br />
La condizione disumana nella quale vivevano gli schiavi in qualsiasi parte del mondo, fece sì che<br />
gli Stati avvertissero la necessità, prima, di vietare la tratta e, successivamente, di stabilire<br />
l’abolizione della schiavitù.<br />
Le prime disposizioni che affrontarono il problema, dunque, furono norme di diritto interno.<br />
L’affermazione dei diritti degli individui nell’ambito della Rivoluzione americana e francese<br />
contribuì notevolmente a sensibilizzare i legislatori del tempo, al punto che la Francia (nel 1791),<br />
la Danimarca (nel 1792), la Gran Bretagna (nel 1807), gli Stati Uniti (il Vermont fu il primo degli<br />
Stati Uniti nel 1777), l’Olanda (nel 1815), la Svezia, gli Stati dell’America Centrale (il Messico<br />
5
nel 1810), il Cile (nel 1811), l’Argentina (nel 1912), la Spagna (nel 1817), il Portogallo (nel<br />
1839), il Brasile (nel 1850) provvidero all’abolizione nel loro ordinamento della tratta degli<br />
schiavi. Contemporaneamente molti tra gli Stati citati liberarono gli schiavi e/o li emanciparono,<br />
adottando leggi che abolivano la schiavitù. L’ultimo Stato ad abolire la schiavitù nel Nuovo<br />
Mondo fu il Brasile nel 1888. Va ricordato però che in Corea la schiavitù, abolita formalmente<br />
nel 1894, rimase fino al 1930, e in Cina l’abolizione della schiavitù fu sancita solo nel 1906 con<br />
effetto dal 1910 (op. cit. pag.17).<br />
A livello di diritto internazionale il problema della schiavitù fu affrontato per la prima volta solo<br />
al Congresso di Vienna del 1815 dove venne approvata la prima “Dichiarazione relativa<br />
all’abolizione universale della tratta degli schiavi” nella quale si affermò la contrarietà della<br />
tratta al diritto delle genti e alla morale internazionale.<br />
Successivamente con l’Atto generale della Conferenza di Berlino del 26 febbraio 1885 si vietò<br />
la tratta e le operazioni per mare e per terra dirette a consentire la stessa. Gli Stati aderenti, tra cui<br />
anche l’Italia, decisero di bloccare la costa di Zanzibar e del Mozambico con diritto reciproco di<br />
visita delle navi sospette.<br />
Si dovette attendere la Conferenza di Bruxelles del 2 luglio 1890 per avere la prima Convenzione<br />
volta a vietare ogni commercio di schiavi da parte dei sudditi degli Stati partecipanti e a concedere<br />
a questi ultimi il diritto di visita reciproca alle navi in zone di mare determinate. La Convenzione<br />
prevedeva anche numerose misure di carattere amministrativo e penale da introdurre nelle<br />
legislazioni nazionali degli Stati al fine di combattere la tratta degli schiavi.<br />
Il fenomeno della tratta, grazie alla citata Convenzione, subì una consistente riduzione ma non la<br />
totale abolizione, al punto che la Società delle Nazioni si fece promotrice della Convenzione di<br />
Ginevra del 1926 sull’abolizione della schiavitù in ogni sua forma e dovunque essa fosse stata<br />
praticata . Sottoscrivendo questa Convenzione gli Stati partecipanti si impegnarono<br />
reciprocamente a prevedere nelle proprie legislazioni nazionali sanzioni gravi nei casi di schiavitù<br />
e di tratta e a darsi reciproca assistenza in questo settore.<br />
Una Commissione della Società delle nazioni registrò tuttavia nel 1932 l’esistenza di forme<br />
legalmente riconosciute di schiavitù in Tibet, in Abissinia e in Arabia.<br />
I valori incarnati dalla convenzione furono quindi sanciti dalla Dichiarazione universale dei<br />
diritti umani ratificata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite nel 1948.<br />
La Convenzione di Ginevra del 7 settembre 1956, supplementare, relativa alla abolizione della<br />
schiavitù, della tratta degli schiavi e delle pratiche analoghe alla schiavitù in parte modificò quella<br />
del 1926 (vedi: Normativa internazionale).<br />
A conclusione di questa breve rassegna sulla nascita delle prime norme nazionali ed internazionali<br />
sulla schiavitù va ricordato una forma particolare di schiavitù, “il lavoro forzato”, ritenuto<br />
comunemente assimilabile al fenomeno trattato.<br />
La prima Convenzione che tratta del problema risale al 21 giugno 1930 ed è stata sottoposta<br />
dall’Organizzazione internazionale del lavoro agli Stati membri che si sono impegnati ad<br />
abolire nel più breve tempo possibile l’impiego di lavoro forzato o obbligatorio in tutte le sue<br />
forme (art.1).<br />
A questa Convenzione è seguita quella del 25 giugno 1957 n. 105, che ha vietato ogni forma di<br />
lavoro forzato qualora questo si estrinsechi in un lavoro previsto come misura di coercizione o di<br />
educazione politica o come mezzo di sanzione verso coloro i quali esprimono opinioni politiche<br />
diverse o manifestano ideologie in contrasto con l’ordine politico, sociale ed economico stabilito<br />
(art. 1).<br />
Attualmente il fenomeno della schiavitù nel senso originario dell’istituto può considerarsi quasi<br />
scomparso. Il risultato è da attribuirsi sia alle norme internazionali che lo vietano e alla<br />
6
qualificazione di queste come ius cogens ( non suscettibile di deroghe), sia alla scomparsa del<br />
sistema colonialistico e alla decolonizzazione (vedi op. cit. pag.22).<br />
D’altra parte va rilevato che il concetto di schiavitù ha subito un’evoluzione al punto che la<br />
normativa elaborata nel periodo di tempo successivo alla seconda guerra mondiale e fondata in<br />
prevalenza sulla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948, considera altre forme di<br />
soggezione “dell’uomo verso l’uomo”, comunemente definite le “nuove forme di schiavitù”.<br />
La già citata Convenzione di Ginevra del 7 settembre 1956, infatti, elenca una serie di pratiche che<br />
vengono ritenute equiparate alla schiavitù. Tra queste figura il lavoro minorile, la schiavitù per<br />
debiti, il matrimonio servile e la vendita di schiave.<br />
7
2. NORMATIVA <strong>IN</strong>TERNAZIONALE<br />
La normativa internazionale che tratta del problema della schiavitù è vasta, pertanto si è scelto di<br />
soffermare l’attenzione sulle Convenzioni e/o Dichiarazioni e/o Protocolli più significativi,<br />
evidenziando di volta in volta gli aspetti ritenuti rilevanti ai fini del presente lavoro.<br />
1815<br />
“Dichiarazione relativa all’abolizione universale della tratta degli schiavi”: è il primo<br />
strumento internazionale di condanna alla schiavitù.<br />
1885<br />
“Atto Generale della Conferenza di Berlino” del 26 febbraio 1885, l’art. 9 vieta la tratta e le<br />
operazioni per mare per terra dirette a consentirla.<br />
1890<br />
“Convenzione di Bruxelles” del 2 luglio 1890 con la quale gli Stati partecipanti vietano ogni<br />
commercio di schiavi da parte dei loro sudditi e prevedono il diritto reciproco di visita alle navi in<br />
zone di mare determinate.<br />
1926<br />
“Convenzione sulla schiavitù”: promulgata dalla Società delle Nazioni il 25 settembre 1926,<br />
definisce la schiavitù e proibisce il commercio degli schiavi in tutte le sue forme.<br />
1930<br />
Tout travail ou service exigè d’un individu sous la menace d’une peine quelconque et pour le<br />
quel ledit individu ne s’est pas offert de plein grè.<br />
“Convenzione sul lavoro forzato” adottata dall’OIL il 21/06/1930 con cui gli Stati membri si<br />
impegnano ad abolire nel più breve termine possibile l’impiego del lavoro forzato o obbligatorio<br />
in tutte le sue forme (art. 1). Si definisce lavoro forzato quello estorto a una persona sotto minaccia<br />
di una punizione o per la quale detta persona non si sia offerta spontaneamente (art. 2.1).<br />
1933<br />
“Convenzione internazionale per la soppressione del traffico delle donne”, venne promossa<br />
dalla Società delle Nazioni.<br />
8
1948<br />
“Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”: approvata il 10 dicembre 1948<br />
dall’Assemblea Generale dell’ONU, è giuridicamente una risoluzione e dunque non vincolante per<br />
gli stati aderenti, ma in forza della consuetudine, i suoi contenuti sono riconosciuti come norme di<br />
diritto internazionale. L’art. 4 recita: nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di<br />
servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma”.<br />
1949<br />
“Convenzione per la repressione della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della<br />
prostituzione”: adottata dall’Assemblea generale delle nazioni Unite con risoluzione 317 (IV) del<br />
2 dicembre 1949, resa esecutiva in Italia con legge 23 novembre 1966 n. 1173.<br />
Con questa convenzione gli Stati parte si impegnano ad adottare le misure necessarie per<br />
combattere il traffico di esseri umani ai fini della prostituzione, ritenuta non punibile qualora<br />
svolta in modo volontario. Viene inoltre sancito l’illegittimità di ogni richiesta all’individuo che<br />
comporti attività di lavoro forzato o obbligatorio.<br />
1950<br />
“Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà<br />
fondamentali”: adottata dal comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 4 novembre 1950 ed<br />
entrata in vigore nel 1953.<br />
L’art. 4 sancisce che nessuno può essere tenuto in condizioni di schiavitù o servitù, né costretto a<br />
compiere un lavoro forzato o obbligatorio.<br />
1956<br />
“Convenzione Supplementare sull’abolizione della schiavitù, del traffico di schiavi e delle<br />
istituzioni e pratiche analoghe alla schiavitù”: adottata dall’ONU il 7 settembre 1956, contiene<br />
indicazioni e impegni più precisi per gli Stati, spingendoli ad operare positivamente per<br />
contrastare il fenomeno, ma soprattutto elenca una serie di pratiche che vengono ritenute<br />
equiparate alla schiavitù. Tra queste figura il lavoro infantile, la schiavitù per debiti, il matrimonio<br />
servile e la vendita di schiave.<br />
L’art. 1 della Convenzione stabilisce che gli Stati partecipanti devono prendere tutte le misure<br />
necessarie per ottenere l’abolizione completa della schiavitù e delle pratiche analoghe ivi elencate.<br />
In particolare:<br />
a) la servitù per debiti, ossia lo stato o la condizione di chi, essendo debitore, si è obbligato<br />
a fornire, a garanzia d’un debito, i suoi servizi o quelli di persona soggetta alla sua<br />
autonomia, qualora l’equo valore di questi servizi non sia destinato all’estinzione del<br />
debito o se la durata degli stessi non sia determinata oppure la loro natura non sia definita.<br />
9
) La servitù della gleba, ossia la condizione di chi sia tenuto dalla legge, dall’uso o da un<br />
accordo a vivere e lavorare su terra altrui e a fornire, con o senza compenso, determinati<br />
servizi senza poter mutare il proprio stato.<br />
c) Ogni istituzione o pratica secondo la quale: 1- una donna sia promessa o data in<br />
matrimonio mediante compenso, fornito ai genitori, o al tutore o a qualsiasi altra persona;<br />
2- il marito di una donna, la famiglia o il clan dello stesso abbia il diritto di cederla a un<br />
terzo mediante compenso; 3- la moglie, morto il marito, sia trasmissibile per successione a<br />
un’altra persona.<br />
d) Ogni istituzione o pratica secondo la quale un fanciullo o un adolescente minore di 18<br />
anni sia dai genitori o da uno di essi o dal tutore, consegnato a un terzo perché ne adoperi<br />
la persona o il lavoro.<br />
Per quanto riguarda la tratta degli schiavi (regolata dall’art. 3) si prevede l’obbligo per gli Stati<br />
partecipanti di stabilire sanzioni rigorose a carico di coloro che trasportano o tentino di trasportare<br />
schiavi da un paese ad un altro.<br />
1957<br />
“Convenzione sull’abolizione del lavoro forzato”,adottata dalla Conferenza generale<br />
dell’Organizzazione Internazionale del lavoro il 25 giugni 1957 ed entrata in vigore il 17/01/1957,<br />
con la quale si sono impegnati il lavoror forzato od obbligatorio e a non ricorrervi sotto alcuna<br />
forma.<br />
1959<br />
“Dichiarazione dei diritti del fanciullo” adottata dall’ONU in base alla quale il “fanciullo deve<br />
essere protetto contro ogni forma di negligenza, di crudeltà, di sfruttamento. Egli non deve essere<br />
sottoposto a nessuna forma di tratta”<br />
1961<br />
“Carta sociale europea” adottata dal Consiglio d’Europa il 18 ottobre 1961 e ratificata in Italia il<br />
22 ottobre 1965 con la quale gli Stati parte, tra l’altro, devono fissare a 15 anni l’età minima di<br />
ammissione al lavoro (sono previste deroghe per lavori leggeri); a 18 anni l’età minima di<br />
ammissione al lavoro per alcune attività pericolose. L’art. 30 tuttavia prevede che in caso di guerra<br />
o di altro pericolo pubblico tutte le parti contraenti possono prendere misure in deroga agli<br />
obblighi previsti dalla Carta.<br />
1966<br />
“Patto internazionale sui diritti civili e politici”: adottato dall’Assemblea Generale il 16<br />
dicembre 1966 ed entrato in vigore nel 1976.<br />
L’art. 8 recita :”1. Nessuno può essere tenuto in stato di schiavitù; la schiavitù e la tratta degli<br />
schiavi sono proibite sotto qualsiasi forma. 2. Nessuno può essere tenuto in stato di servitù. 3.<br />
nessuno può essere costretto a compiere un lavoro forzato od obbligatorio”.<br />
10
1973<br />
“Convenzione 138 sull’età minima”: adottata dall’OIL il 26 giugno 1973, stabilisce che l’età<br />
minima per l’accesso al lavoro dei più giovani debba coincidere con quella del loro pieno sviluppo<br />
fisico e intellettuale. Per questo non può essere inferiore all’età in cui si terminano gli studi<br />
dell’obbligo scolastico e in ogni caso non può essere inferiore ai 15 anni.<br />
1975<br />
Gruppo di lavoro sulle forme contemporanee di schiavitù: viene istituito dalle nazioni Unite<br />
per monitorare il fenomeno, anche attraverso il coinvolgimento delle organizzazioni della società<br />
civile.<br />
1979<br />
Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne”, adottata<br />
dalle nazioni Unite con la quale gli Stati si sono impegnati anche a sopprimere ogni forma di<br />
traffico di donne e di sfruttamento della prostituzione<br />
1989<br />
“Convenzione sui diritti del fanciullo” : adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il<br />
20 novembre 1989. E’ la più significativa espressione dei diritti umani dei minori. Essa definisce<br />
minore ogni individuo di età inferiore a 18 anni.<br />
L’art. 32 contiene principi molto chiari per proteggere i bambini dallo sfruttamento economico,<br />
obbligando gli Stati parti a fare in modo che il minore non venga costretto ad alcun lavoro che<br />
comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua<br />
salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale.<br />
1991<br />
“Risoluzione n. 46/7122”: adottata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 17 dicenbre 1991,<br />
istituisce il “Fondo volontario sulle forme contemporanee di schiavitù”. Tale Fondo, alimentato<br />
economicamente dalle donazioni degli Stati membri e dalle donazioni private, è destinato a<br />
finanziare l’opera di ricerca, monitoraggio e asistenza del gruppo di lavoro istituito nel 1975.<br />
1994<br />
“Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne”. Questo documento, seppure<br />
non vincolante sul piano giuridico, è molto interessante perché viene specificato il concetto di<br />
“violenza” intesa anche come il danno fisico, sessuale e psicologico, includendo una serie di<br />
comportamenti o di atti violenti tracci la violenza collegata allo sfruttamento, all’intimidazione<br />
sessuale sul lavoro, al traffico di donne e alla prostituzione forzata.<br />
11
1999<br />
“Convenzione n.182 sulla Proibizione ed immediata azione per l’eliminazione delle forme<br />
peggiori di lavoro minorile”: approvata dall’OIL il 17 giugno 1999, viene accompagnata da una<br />
Raccomandazione (N. 190) molto dettagliata. Gli Stati che l’hanno ratificata devono adottare<br />
concrete misure per combattere le peggiori forme di sfruttamento minorile, individuate in tutte<br />
quelle tipologie che comportano schiavitù o condizioni ad essa assimilabili quali la vendita o la<br />
tratta dei minori, la servitù per debiti e l’asservimento, il lavoro forzato i l’impiego in conflitti<br />
armati (art. 3 lett. a ), impiego dei minori nella prostituzione (art. 3 lett. b ), in attività illecite o<br />
pericolose per la sicurezza, la salute e la moralità dei minori (art. 3 lett. d).<br />
2000<br />
“Convenzione internazionale contro il crimine transnazionale organizzato” e “protocollo<br />
addizionale in tema di favoreggiamento di immigrazione clandestina, traffico di persone,<br />
specialmente donne e minori e traffico e fabbricazione di armi da fuoco”,adottati nella<br />
conferenza svoltasi a Palermo nel dicembre 2000 da 120 Stati aderenti all’ONU.<br />
“Protocollo facoltativo alla Convenzione sui diritti dell’infanzia riguardante il traffico dei<br />
bambini, la prostituzione infantile e la pornografia infantile”: adottato dall’Assemblea<br />
Generale il 15 maggio 2000, prevede una serie di misure che gli Stati dovrebbero adottare al fine<br />
di garantire la protezione del fanciullo dalla vendita, dalla prostituzione e dalla pornografia<br />
infantile, protezione che deve avvenire anche nella fase del procedimento penale in cui il fanciullo<br />
è parte del procedimento in qualità di testimone.<br />
“Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea” approvata a Nizza nel dicembre 2000<br />
che proibisce la schiavitù e il lavoro forzato su tutto il territorio della Comunità<br />
2002<br />
“Raccomandazione n. R(91) del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa” agli Stati<br />
membri adottata il 9 settembre nel corso della riunione n. 461 dei Delegati dei Ministri, sullo<br />
sfruttamento sessuale, la pornografia, la prostituzione e il traffico dei minori.<br />
12
LEGISLAZIONE NAZIONALE<br />
1930<br />
Codice Penale art. 600: chiunque riduce una persona in schiavitù, o in una condizione analoga<br />
alla schiavitù, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni.<br />
Art. 602 bis: vieta anche altre forme di sfruttamento, tali da ridurre le persone in condizioni<br />
analoghe alla schiavitù.<br />
1958<br />
Legge n. 75 del 20 febbraio 1958 concernente l’”Abolizione della regolamentazione della<br />
prostituzione lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui”<br />
1966<br />
Legge n. 1173 del 23 novembre 1966 con la quale l’Italia ha aderito alla “Convenzione per la<br />
repressione della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione altrui.<br />
”<br />
1967<br />
Legge n. 977 “Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti” : fissa l’età minima del lavoro<br />
minorile a 15 anni (14 per il lavoro agricolo, i servizi familiari e le mansioni leggere<br />
nell’industria).<br />
1998<br />
Legge n. 269 “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione della pornografia, del<br />
turismo sessuale in danno dei minori quali nuove forme di riduzione in schiavitù”: stabilisce,<br />
tra l’altro, pesanti pene detentive e sanzioni pecuniarie per chi compie reati a sfondo sessuale su<br />
minori o ne agevola il compimento, anche per via telematica e consente di arrestare e processare,<br />
al suo rientro nel paese, il cittadini italiano che abbia compiuto i reati previsti da questa legge,<br />
fuori dai confini dello stato.<br />
Decreto legislativo del 25 luglio 1998 n. 286: “Testo unico delle disposizioni concernenti la<br />
disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”.<br />
L’art. 18 ( Soggiorno per motivi di protezione sociale) prevede che qualora vengano accertate<br />
situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di uno straniero ed emergano concreti<br />
pericoli per la sua incolumità, il Questore può rilasciare uno speciale permesso di soggiorno per<br />
consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza e ai condizionamenti dell’organizzazione<br />
criminale e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale.<br />
13
1999<br />
Decreto del P.R. del 31 agosto 1999 n. 394, Regolamento recante le norme di attuazione del testo<br />
unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione<br />
dello straniero. (in particolare si ricordano gli art. 27 e 52).<br />
“Disegno di legge contro lo sfruttamento”: è stato approvato dal Governo italiano e prevede<br />
delle sanzioni a carico di coloro che effettuano il traffico di persone “in tutte le sue forme e per<br />
tutti gli scopi illeciti: sia lo sfruttamento sessuale- che coinvolge soprattutto donne e minori- sia<br />
alcune forme di lavoro forzato in condizioni di semischiavitù”.<br />
1999-2000<br />
Legge n. 9/1999, Legge n. 144/2000, DPR 257/2000: elevano l’obbligo scolastico a 15 anni e<br />
prevedono il diritto alla frequenza di iniziative formative fino a 18 anni.<br />
Legge n. 148/2000: viene ratificata la Convenzione dell’OIL n. 182 del 1999.<br />
2002<br />
Legge n. 46 dell’11/3/2002: ratifica e da esecuzione ai protocolli opzionali alla Convenzione dei<br />
diritti del fanciullo, concernenti rispettivamente la vendita dei bambini, la prostituzione dei<br />
bambini, e la pornografia rappresentante dei bambini ed il coinvolgimento dei bambini nei<br />
conflitti armati, fatti a New York il 6/9/2000.<br />
14
3. TITOLARI DEL <strong><strong>DI</strong>RITTO</strong><br />
I Preamboli delle Convenzioni internazionali, adottate dall’Assemblea generale dell’ONU,<br />
richiamano costantemente le finalità e i principi affermati nella Carta delle Nazioni Unite e nella<br />
Dichiarazione Universale dei diritti umani.<br />
In particolare vengono riaffermati quei principi secondo i quali:<br />
- tutti i diritti umani derivano dalla dignità e dal valore inerente della persona umana<br />
- la persona umana è il soggetto centrale dei diritti umani e delle libertà fondamentali<br />
- la libertà è un diritto che ogni essere umano acquista alla nascita<br />
- il riconoscimento dei diritti umani costituisce il fondamento della libertà, della<br />
giustizia e della pace nel mondo.<br />
I titolari del “diritto a non essere tenuto in stato di schiavitù” sono dunque tutti gli esseri umani.<br />
Qualunque uomo o donna, cittadino o straniero o immigrato che si trovi nello stato di servitù<br />
o schiavitù descritto nelle citate Convenzioni, senza distinzione di status sociale, nazionalità,<br />
credo religioso.<br />
Qualunque minore che sia sfruttato sessualmente, o nel lavoro, o usato nei conflitti armati, o<br />
schiavo per debito o oggetto di traffico.<br />
4. CON<strong>TENUTO</strong> E IMPLICAZIONI GIURI<strong>DI</strong>CHE E POLITICHE<br />
DEL <strong><strong>DI</strong>RITTO</strong><br />
Il “diritto a non essere tenuto in stato di schiavitù” si concretizza nel diritto di ogni essere umano a<br />
non essere messo nello stato o condizione in cui si è completamente e involontariamente<br />
assoggettati ad un’altra persona che esercita su di esso gli attributi del diritto di proprietà.<br />
Il diritto a non essere in stato di schiavitù è interdipendente con gli altri diritti umani, poiché la<br />
sua violazione pregiudica diritti inalienabili come il diritto alla vita, quello alla dignità, alla libertà<br />
e alla sicurezza, il diritto alla salute, all’eguaglianza, nonché i diritti previsti a tutela del<br />
lavoratore.<br />
“Laddove la schiavitù esiste, la stessa dignità umana viene negata portando vergogna a tutti<br />
coloro che si profetano compassionevoli e impegnati verso i deboli e i vulnerabili del nostro<br />
mondo. I diritti umani non significano altro che la libertà dall’asservimento e dalla coercizione in<br />
ogni aspetto della vita.” (Kofi Annan, segretario generale delle Nazioni Unite)<br />
Riconoscere e tutelare questo diritto significa quindi garantire nel contempo le diverse categorie di<br />
diritti umani che vi sono collegati e riaffermare il primato della libertà della persona.<br />
15
La tutela di questo diritto da parte degli singoli Stati si concretizza anzitutto con la ratifica e<br />
l’esecuzione delle Convenzioni o dei Protocolli che displinano il problema della schiavitù.<br />
Nel dare esecuzione alle norme internazionali lo Stato partecipante deve quindi operare delle<br />
scelte di natura giuridica che presuppongono scelte di tipo politico e amministrativo, affinché<br />
venga assicurato il rispetto delle norme, siano garantite le vittime e puniti i trasgressori.<br />
A titolo di esempio delle diverse scelte che si possono effettuare nel momento in cui lo Stato<br />
emana una legge a tutela di questo diritto, e tenendo conto delle tipologie selezionate per lo<br />
sviluppo del presente lavoro (prostituzione-tratta e sfruttamento minorile), si possono citare le<br />
politiche istituzionali che gli Stati hanno scelto e sviluppato attorno al problema della<br />
prostituzione e del relativo sfruttamento.<br />
• Molti degli Stati dell’ONU hanno adottato il cosiddetto modello abolizionista (adottato<br />
anche dalle Convenzioni delle Nazioni Unite), in base al quale commette reato non chi si<br />
prostituisce ma chi gestisce e trae guadagno dal lavoro delle prostitute (è il sistema.<br />
europeo più diffuso).<br />
• Altri Stati hanno invece optato per il modello proibizionista, caratterizzato dal divieto<br />
giuridico di vendere prestazioni sessuali, con eventuali sanzioni penali per il cliente.<br />
• Il terzo modello è quello regolamentarista in base al quale si prevede la presenza di<br />
locali preposti ad accogliere le prostitute direttamente gestititi dallo Stato (es la Grecia).<br />
In generale si può affermare che lo Stato che intende tutelare il diritto a non essere tenuto in stato<br />
di schiavitù, deve adottare leggi mirate e provvedimenti amministrativi specifici volti a prevenire e<br />
nel contempo a perseguire le situazioni illecite. Nel contempo lo Stato deve:<br />
• attivarsi nel cercare di eliminare le cause che provocano il fenomeno<br />
• collaborare con gli altri paesi dove si genera o si sviluppa il problema<br />
• controllare gli spostamenti della popolazione<br />
• definire programmi di azione idonei a prevenire il fenomeno e a proteggere le persone<br />
vittime di sfruttamento (come prevede ad esempio la Convenzione contro il crimine<br />
organizzato transnazionale)<br />
• aiutare le vittime sotto il profilo umano e sociale con forme di garanzia ad hoc<br />
• promuovere iniziative di scolarizzazione e di educazione volte a prevenire qualsiasi forma<br />
di discriminazione.<br />
L’Italia si sta movendo in questo senso e la riprova è nella recente legge del 3 agosto 1998 n. 269<br />
già citata.<br />
Il Governo italiano, inoltre, ha istituito Commissioni nazionali o Comitati di coordinamento o altre<br />
forme di azione per contrastare il fenomeno della schiavitù.<br />
Certo la strada è ancora lunga ma, come sostiene il “Rapporto sullo sviluppo umano 2000” delle<br />
Nazioni Unite, “a lungo andare la vittoria è ancora possibile”.<br />
16
5. LA CONTROPARTE<br />
- Per quanto riguarda la “controparte” intesa come “chi ha l’obbligo di soddisfare il diritto”<br />
trattato, va ricordato che gli Stati partecipanti alle Convenzioni internazionali assumono l’obbligo<br />
di adottare ogni misura che di volta in volta è ritenuta essenziale per raggiungere le finalità<br />
specifiche dell’accordo. Ne consegue che nel momento in cui la Convenzione diventa esecutiva<br />
nel territorio dei singoli Stati questi devono attivarsi emanando le norme che danno attuazione<br />
agli obblighi assunti.<br />
- Le Pubbliche Istituzioni e in particolare il Governo, le Amministrazioni locali, le Forze<br />
dell’ordine, i Magistrati, gli Ispettori del lavoro, gli assistenti sociali e tutti quelli che comunque<br />
operano all’interno degli Stati, hanno il compito di operare affinché siano attivate tutte le<br />
procedure amministrative previste dalla legge per combattere il fenomeno della schiavitù, si<br />
svolgano i dovuti controlli e indagini.<br />
- Qualunque persona ha l’obbligo di rispettare le norme che tutelano il diritto in questione,<br />
sia che agisca individualmente che all’interno di organizzazione o come rappresentante di<br />
un’istituzione.<br />
- Sarà compito della magistratura nazionale quindi procedere al giudizio delle persone<br />
ritenute responsabili in base alle leggi dello Stato.<br />
- I responsabili di gravi violazioni come la riduzione in schiavitù possono essere sottoposti<br />
ad un processo diretto ad accertare la verità anche a livello internazionale. La Corte Europea dei<br />
diritti dell’uomo costituisce uno strumento internazionale di protezione dei diritti dichiarati nella<br />
Convenzione Europea dei diritti dell’uomo: i privati cittadini possono chiedere giustizia alla Corte<br />
se ritengono di essere vittime di una violazione, da parte degli Stati contraenti, dei diritti garantiti<br />
dalla Convenzione stessa, tra i quali vi è il diritto a non essere tenuto in stato di schiavitù (art. 4).<br />
17
GIURISPRUDENZA DELLA SUPREMA CORTE SUL TEMA<br />
DELLA PROSTITUZIONE<br />
Cassazione<br />
Giurisprudenza di merito<br />
Leggi nazionali<br />
Provvedimenti<br />
sovranazionali<br />
CASSAZIONE<br />
Riduzione in schiavitù - Locali adibiti all’esercizio della prostituzione - Sfruttamento - Favoreggiamento -<br />
Cliente - Art. 18 - Turismo sessuale - Minore - Violenza sulle prostitute<br />
Riduzione in schiavitù<br />
Corte di cassazione Sezioni Unite penali<br />
Sentenza 20/11/1996 - 19/01/1997 n. 261<br />
"Condizione analoga" alla schiavitù è situazione di fatto e<br />
non di reato (La)<br />
Oltre al testo della sentenza, è presente un commento di C. Maina, Per l'applicazione<br />
della norma penale basta il totale asservimento di una persona.<br />
Locazione Centro Studi: 8998B<br />
Cassazione Penale, sez. V<br />
Sentenza n. 1982 del 6/12/2000<br />
Con questa sentenza la Cassazione si è pronunciata in materia riduzione in schiavitù in<br />
un caso relativo a due cittadini albanesi condannati dal Gip presso il tribunale di Alba per<br />
illeciti connessi alla prostituzione di donne condotte dalla Bulgaria in Italia.<br />
Locazione Centro Studi: C6813<br />
Locali adibiti all’esercizio della prostituzione<br />
Corte di cassazione Sezione III penale<br />
Cassazione 9401/99<br />
Casa di tolleranza si riconosce anche dagli arredi (La)<br />
Secondo la Cassazione, la destinazione dei locali di un appartamento all'esercizio del<br />
meretricio è un dato oggettivo idoneo a configurare il reato di sfruttamento della<br />
prostituzione.<br />
Locazione Centro Studi: G2909<br />
Corte di cassazione Sezione III penale<br />
Cassazione 10333/99<br />
Non è "libero scambio" ma sesso a pagamento Club privé: è<br />
prostituzione anche senza soldi<br />
La Terza Sezione penale della Cassazione ha stabilito che, sebbene gli avventori solitari<br />
dei "club privé" non paghino la partner ed ignorino che si tratta di prestazioni<br />
18
induzione e tolleranza della prostituzione pagando le prestazioni delle ragazze assunte<br />
come animatrici.<br />
Locazione Centro Studi: G2911<br />
Corte di cassazione<br />
Sentenza n. 42534/02<br />
Per piacere non toccate le ballerine. Altrimenti è<br />
sfruttamento della prostituzione<br />
La Cassazione ha ritenuto sussistere gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di<br />
sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione dei confronti dei gestori di un club<br />
privato in cui venivano impiegate come ballerine giovani donne extracomunitarie.<br />
Locazione Centro Studi: G9309<br />
Sfruttamento<br />
Corte di cassazione Sezione terza penale<br />
Sentenza n. 4751/2000<br />
Prostituzione, sfruttamento ricevere il compenso in natura<br />
La Cassazione ha stabilito che commette il reato di sfruttamento della prostituzione<br />
anche chi, pur non prendendo i soldi provenienti dall'attività di meretricio, usufruisce<br />
gratuitamente dei "favori in natura" delle ragazze come compenso per essere state<br />
introdotte in Italia. La Cassazione ha quindi confermato la condanna ad un uomo che<br />
aveva clandestinamente accompagnato delle giovani rumene nel loro viaggio clandestino<br />
facendosi pagare in natura per il suo servizio di guida.<br />
Locazione Centro Studi: G4320<br />
Favoreggiamento<br />
Cassazione Sezione III penale<br />
Sentenza 13/4 - 19/7/2000<br />
Solidarietà tra prostitute non è favoreggiamento (La)<br />
Secondo la Cassazione, la prostituta che invita una "collega" a trasferirsi nella sua casa,<br />
affinché entrambe possano darsi un reciproco sostegno continuando ad esercitare il<br />
meretricio, non può essere accusata di favoreggiamento della prostituzione. Oltre alla<br />
sentenza è presente un breve commento.<br />
Locazione Centro Studi: B4501<br />
Cassazione penale Sezione terza<br />
Sentenza 28/6 - 18/9/2001, n. 33850<br />
Favoreggiamento reciproco se le "lucciole" sono in...<br />
cooperativa<br />
Secondo la Cassazione il legislatore ha inteso punire il favoreggiamento della<br />
prostituzione in qualsiasi modo attuato, indipendentemente da un rapporto di gerarchia,<br />
di supremazia od organizzativo tra gente e vittima, per cui ove si riscontri un fatto<br />
agevolativo, non può disconoscersi la configurabilità del reato di favoreggiamento, anche<br />
se si è in presenza di un rapporto di convivenza tra prostitute, da qualsiasi motivazione<br />
occasionato.<br />
Locazione Centro Studi: D1918<br />
19
Cassazione terza penale<br />
Sentenza n. 32169 del 26/9/2002<br />
Sentenza in materia di favoreggiamento ravvisato nella condotta di chi offra alle<br />
prostitute i profilattici di cui sia in possesso (nella specie, si trattava di 1728 pezzi<br />
rinvenuti nella sua automobile nonché di altri 1584 rinvenuti nella sua abitazione).<br />
Locazione Centro Studi: G9305<br />
Cliente<br />
Corte di Cassazione Terza sezione<br />
Sentenza 14/2 - 23/4/2001<br />
Prostituzione — Favoreggiamento<br />
La Cassazione ha confermato che il riaccompagnamento della prostituta sul luogo di<br />
lavoro da parte del cliente motorizzato non integra il delitto di sfruttamento della<br />
prostituzione. Il testo integrale della sentenza è locato in C3221.<br />
Locazione Centro Studi: 2282C<br />
Cassazione penale, Sez. III<br />
Sentenza 14/2 - 23/4/2001<br />
Sentenza della Cassazione in ordine alla rilevanza penale (da escludersi) del<br />
comportamento del cliente della prostituta, riaccompagnata dal primo, con l'auto sul<br />
luogo di lavoro. Vedi anche 2282C.<br />
Locazione Centro Studi: C3221<br />
Corte di cassazione<br />
Sentenza n. 41521/02<br />
Collaboratore domestico delle prostitute risponde di<br />
favoreggiamento (Il)<br />
Secondo la Cassazione, risponde di agevolazione e favoreggiamento della prostituzione il<br />
"collaboratore domestico" di due prostitute che aveva vigilato le autovetture dei clienti,<br />
nonché effettuato pulizie e acquistato caffè.<br />
Locazione Centro Studi: G9308<br />
Art. 18<br />
Corte di cassazione Sezione I civile<br />
Sentenza 17/5 - 28/8/2000, n. 11209<br />
Solo gli organi pubblici accertano le situazioni di<br />
sfruttamento<br />
Secondo questa sentenza della Cassazione, l'accertamento dei presupposti per la<br />
concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari deve essere compiuto da<br />
organi pubblici. Alle organizzazioni private la legge affida altri compiti. Sulla base di<br />
questi presupposti, la Cassazione ha respinto il ricorso di una ragazza russa contro il<br />
decreto di espulsione nei suoi confronti e per ottenere il permesso di soggiorno per<br />
motivi umanitari.<br />
Locazione Centro Studi: E1412<br />
20
Turismo sessuale<br />
Cassazione sezione terza penale<br />
Sentenza 44153/01; depositata il 12/12/2001<br />
Non c'era bisogno della nuova legge per punire il turismo<br />
sessuale<br />
Con questa sentenza la Cassazione ha confermato la condanna per "lenocinio" a un tour<br />
operator milanese dedito all'organizzazione di viaggi di "piacere" in Thailandia,<br />
affermando che il reato di intermediazione della prostituzione continua a sussistere e ad<br />
essere punito in base alla legge Merlin del 1958, anche con l'introduzione del nuovo<br />
reato (organizzazione del turismo sessuale) qualora l'organizzazione dei viaggi non sia<br />
soltanto il mezzo indiretto per procurare clienti a chi sfrutta la prostituzione ma<br />
costituisca un aiuto diretto e sia connesso al cosiddetto lenocinio.<br />
Locazione Centro Studi: G7008<br />
Minore<br />
Cassazione penale Sez. III<br />
Sentenza n. 17717 del 10/5/2002<br />
Sentenza in materia di induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di<br />
una minore rumena e di rapporti tra art. 600 bis c.p. e L. 75/58.<br />
Locazione Centro Studi: G9910<br />
Violenza sulle prostitute<br />
Corte di Cassazione Sezione terza penale<br />
Sentenza n. 37815/2001<br />
Violenza costringere la prostituta a finire il rapporto<br />
Secondo la Cassazione, è colpevole di violenza sessuale il cliente che, anche dopo aver<br />
pagato la prostituta, la costringe a prolungare l'amplesso malgrado il suo rifiuto.<br />
Locazione Centro Studi: C0521<br />
21
BIBLIOGRAFIA E SITI <strong>IN</strong>TERNET<br />
Comune di Padova, Regione Veneto “Le nuove schiavitù e il traffico di esseri umani”<br />
Associazione Diritti Umani – Sviluppo Umano Sfruttamento sessuale, migrazioni, diritti umani nel<br />
diritto internazionale - 2002<br />
- Regione Toscana “ Mai più schiavitù- liberi per cambiare il mondo”<br />
Manitese-COSPE- ucodep Dossier per le scuole medie superiori – 2001<br />
-Amnesty International “La forza della solidarietà”<br />
Ed. ECP - 2001<br />
- Saulle Maria Rita “Dalla tutela giuridica all’esercizio dei diritti umani”<br />
ESI 1999<br />
- Manitese “ Gli articoli del mese di Giugno 2002”<br />
Contro lo sfruttamento infantile – 2002<br />
- Comitato Italiano per l’UNICEF- ONLUS “La Collana temi –I bambini che lavorano”<br />
Alberto Attori - 2000<br />
- Non c’è pace senza giustizia” “Supplemento del periodico quadrim. n.2 del 20/1/02<br />
SITI <strong>IN</strong>TERNET:<br />
• centrostudi.Gruppoabele.org/servizi/normativa/prostituzione<br />
• www.unicef.org<br />
• www.minori.it<br />
• www.infoius.it<br />
• www.apg23.org<br />
• www.sempreapg23.org<br />
• www.onu.it<br />
• www.npwi.org<br />
• www.repubblica.it<br />
• http://wwwcartadeidiritti.net<br />
22
6. RICOSTRUZIONE STORICA<br />
• RICOSTRUZIONE STORICA DELLA SCHIAVITU’<br />
- La schiavitù nell’antica Grecia<br />
- La schiavitù a Roma<br />
- La schiavitù nel Medioevo<br />
- Il commercio atlantico<br />
• MODULO SULLO SFRUTTAMENTO M<strong>IN</strong>ORILE<br />
• APPROFON<strong>DI</strong>MENTO: “VITE <strong>IN</strong>F<strong>IN</strong>ITAMENTE OSCURE”<br />
SEZIONE <strong>DI</strong> LAVORO SVOLTO DAI DOCENTI:<br />
CELI LAURA<br />
CERVELL<strong>IN</strong> SONIA<br />
VETTURI LUISA<br />
23
STORIA DELLA SCHIAVITÙ<br />
<strong>IN</strong>TRODUZIONE<br />
“L’accumulazione capitalistica presuppone la presenza della plusvalenza e questa la produzione<br />
capitalistica,che a sua volta non appare se non al momento in cui delle masse di capitali e di forze<br />
operaie assai consistenti trovansi di già accumulate nelle mani dei produttori mercanti.<br />
Tutto questo movimento sembra dunque aggirarsi in un circolo vizioso,dal quale non si saprebbe<br />
uscire senza ammettere un’accumulazione primitiva (previous accumulation, dice Adamo Smith),<br />
anteriore all’accumulazione capitalistica e facente ufficio di punto di partenza alla produzione<br />
capitalistica,a luogo di derivarne.” (da : Il Capitale di Karl Marx).<br />
Una delle ipotesi più diffuse tra gli storici è che la schiavitù, come forma di lavoro coatto,sia un<br />
fatto primitivo contemporaneo all’origine della società stessa.<br />
“ Il bisogno di mobilitare forza lavoro per operazioni che sono al di là della capacità del singolo o<br />
della famiglia risale indietro nel tempo sino alla preistoria.<br />
Un tale bisogno si presentava ogni volta che una società perveniva ad uno stadio di sufficiente<br />
accumulazione di risorse e di potere nelle mani di qualcuno(che fosse il re,il tempio,la tribù<br />
dominante o l’aristocrazia).<br />
La forza lavoro necessaria la si otteneva coattivamente: -con la forza delle armi o con quella della<br />
legge e della consuetudine,di solito con entrambe congiuntamente – per conseguire tutte quelle<br />
finalità (o rispondere a quegli interessi) che non avrebbero potuto dar luogo ad una spontanea<br />
cooperazione:nell’agricoltura come nell’attività mineraria,nei lavori pubblici come nella<br />
fabbricazione delle armi.” (da: Schiavitù antica e ideologie moderne di Moses Finley).<br />
LA SCHIAVITÙ NELL’ANTICA GRECIA<br />
Fin dalle epoche più remote dell’umanità,la schiavitù era largamente diffusa. Queste le sue<br />
peculiarità:<br />
-la persona diventava proprietà di un altro;<br />
-la sua volontà era soggetta all’autorità del padrone;<br />
-il suo lavoro, ottenuto per costrizione,acquisito in toto dal padrone.<br />
Lo schiavo era pertanto un bene mobile.<br />
Nel mondo greco , “ il doulos”,lo schiavo, in quanto merce,era soggetto non solo alla completa<br />
alienazione delle proprie capacità produttive,ma anche alla totale perdita del controllo della sua<br />
persona,situazione che si estendeva alla sua discendenza.<br />
Come bottino di guerra non aveva alcuna identità giuridica,aveva perduto ogni vincolo di<br />
parentela.<br />
Gli storici hanno genericamente suddiviso in tre categorie gli schiavi greci:<br />
- schiavi del tempio, schiavi pubblici e schiavi privati.<br />
24
I primi godettero di una condizione privilegiata rispetto agli altri per le loro mansioni inerenti<br />
all’ambito religioso.<br />
A Sparta, gli Iloti, di oscura provenienza, costituirono un altro caso di schiavi appartenenti allo<br />
Stato e largamente utilizzati in diversi ambiti. Gli schiavi quindi non costituirono una classe<br />
sociale uniforme,la stessa divisione tra schiavitù e libertà,nella società greca.deve essere<br />
considerata in ragione dell’esistenza di una serie di status intermedi.<br />
Il progressivo aumento della schiavitù e il suo ruolo nell’economia greca portarono ad una<br />
riflessione filosofica sulla legittimità etica di questa istituzione.<br />
Platone nella “Repubblica”,opera in cui il filosofo stabilisce le forme di governo della polis, è un<br />
convinto assertore di una gerarchia naturale degli uomini:”servi e padroni non saranno mai amici,e<br />
nemmeno uomini dappoco e uomini di valore…infatti l’uguaglianza tra ineguali diventa<br />
ineguaglianza,se manca la giusta misura;ed è a causa appunto dell’uguaglianza e<br />
dell’ineguaglianza che le sedizioni pullulano negli Stati. In realtà l’antica massima che<br />
l’uguaglianza genera amicizia,rispondente com’è a verità,dice cosa molto giusta e conforme al<br />
buon ordine;senonchè siccome non è ben chiaro quale sia l’uguaglianza capace di produrre tale<br />
effetto,la cosa ci mette in gran imbarazzo.<br />
Vi sono infatti due specie d’uguaglianze che portano lo stesso nome,ma che di fatto in molti casi<br />
sono quasi opposte:una consiste nell’uguaglianza di misura,di peso e di numero,e qualunque<br />
Stato,qualunque legislatore può introdurla nella distribuzione degli onori,dandole per guida la<br />
sorte;ma ve n’è un’altra,ed è la vera e perfetta uguaglianza,che non a ognuno riesce facile<br />
conoscere. Essa è il giudizio di Giove, e ben poca se ne trova ordinariamente tra gli uomini, ma<br />
tutto quel po’ che di essa si trova, sia nelle pubbliche amministrazioni sia fra i privati produce ogni<br />
bene; essa infatti assegna di più al più grande, di meno al minore, dando all’uno e all’altro in<br />
misura corrispondente alla loro natura; e così conferisce onori sempre maggiori a coloro che<br />
possiedono maggiori virtù, e a coloro che si trovano nel caso opposto in fatto di virtù e di<br />
educazione,dà proporzionalmente ciò che ad essi può spettare. In questo appunto consiste sempre<br />
per noi la giustizia sociale,alla quale (…) dobbiamo tendere,avendo l’occhio fisso a questa specie<br />
di uguaglianza,nel costituire lo Stato che adesso fondiamo;e chi in avvenire penserà di fondarne<br />
qualche altro,deve avere di mira questo medesimo scopo,non già l’interessedi pochi o d’un<br />
solo,ovvero la signoria del popolo,ma sempre la giustizia,ossia,come dianzi abbiamo detto,stabilire<br />
fra ineguali l’uguaglianza che ha fondamento nella natura. (Leggi,VI,757 a-d).<br />
Nella “Politica” Aristotele si fa difensore della “naturalità” della schiavitù,partendo dal<br />
presupposto che,come l’anima e l’intelletto per natura comandano sul corpo,così quegli uomini in<br />
cui predominano l’anima e l’intelletto debbono comandare quelli su cui non predominano.<br />
Tutti gli uomini si differiscono dai loro simili tanto quanto l’anima differisce dal corpo e l’uomo<br />
dalla belva (e sono in questa condizione quelli il cui compito implica l’uso del corpo,che è ciò che<br />
essi hanno di meglio), sono schiavi per natura e per essi il partito migliore è sottomettersi<br />
all’autorità di qualcuno,se ciò vale per gli esempi che sopra abbiamo arrecato. È schiavo per<br />
natura chi appartiene a qualcuno in potenza(e per ciò diventa possesso di qualche altro in atto)e<br />
partecipa alla ragione soltanto per quel che spetta alla sensibilità immediata,senza possederla<br />
propriamente,mentre gli altri animali non hanno neppure il grado di ragione che compete alla<br />
sensibilità, ma obbediscono alle passioni. Ed il loro modo di impiego differisce di poco, perché gli<br />
uni e gli altri,schiavi e animali domestici,si utilizzano per i servizi necessari al corpo.<br />
(Politica,A5,1254b 16-26).<br />
25
LA SCHIAVITÙ A ROMA<br />
Non in tutte le regioni dell’Impero Romano erano presenti società schiavistiche (economie<br />
totalmente basate sul lavoro servile),coesistevano regimi di lavoro e modi di produzione diversi<br />
tenuti assieme da vincoli politici.<br />
Durante l’Impero si ipotizza che la popolazione ridotta in schiavitù ammontasse a dieci milioni su<br />
un totale di cinquanta;nell’età Repubblicana la presenza di schiavi restò abbastanza limitata,<br />
l’incremento decisivo si ebbe nel periodo successivo alle guerre puniche.<br />
È in ogni caso il periodo che va dalla tarda Repubblica all’alto Impero,soprattutto in Italia,che si<br />
registra una grande trasformazione nella condizione delle campagne e del sistema di sfruttamento<br />
degli schiavi.<br />
Le difficoltà dell’economia agricola determinate dalle conquiste territoriali,dalla conseguente<br />
concorrenza della produzione agricola delle province e dai prodotti che giungevano come<br />
tributi,spinsero i proprietari di piccole aziende agricole a vendere i loro fondi.<br />
Accanto alle ville padronali sorsero vaste tenute agricole con la necessità di impiegare masse di<br />
manodopera. Questa domanda portò all’organizzazione,da parte di impresari,di squadre di<br />
manovali di condizione servile,che venivano distribuiti stagionalmente in una o in un’altra<br />
azienda,alloggiati in baraccamenti gli “ergastula”.<br />
Questa pratica offriva doppi vantaggi:da un lato ragguardevoli guadagni a chi metteva a<br />
disposizione gli schiavi,dall’altro non costringeva il proprietario terriero a investire grossi capitali<br />
e a sostenere l’onere di mantenere e governare grandi masse di schiavi.<br />
Il trattamento riservato agli schiavi,malgrado esempi di incredibile crudeltà,in genere rispettava<br />
alcuni doveri morali stabiliti dalla consuetudine.<br />
Da un punto di vista giuridico,lo schiavo romano.veniva considerato come un semplice oggetto di<br />
diritto,classificabile tra le cose materiali, sebbene la sua specificità in quanto essere dotato di<br />
volontà-lo portava ad essere soggetto di diritto.<br />
Questa eventualità si verificò quando fu concessa l’azione giuridica contro il padrone e quindi<br />
l’atto formale di diritto con cui veniva sancito l’affrancamento di uno schiavo;è questa la figura del<br />
liberto di chi – a differenza di quanto accadeva in Grecia – dopo aver conosciuto lo stato di<br />
schiavitù,ha guadagnato la libertà o per volontà del padrone (attraverso la manomissione) o in virtù<br />
di una sentenza del magistrato su iniziativa dello schiavo stesso.<br />
Le rivolte servili infine sono uno degli eventi più significativi legati allo sfruttamento<br />
schiavistico;in caso di ribellione o fuga individuale, lo schiavo veniva restituito al proprietario,che<br />
provvedeva alla punizione.<br />
Quando invece la rivolta assumeva maggiori proporzioni o giungeva a minacciare la sicurezza<br />
dello stato,la risposta era di altro genere.<br />
Il caso della rivolta guidata da Spartaco nel 71 a.C.,quando ben seimila schiavi vennero crocifissi<br />
ed esposti sulla strada che conduceva da Capua a Roma,è sicuramente il più noto.<br />
26
LA SCHIAVITÙ NEL ME<strong>DI</strong>OEVO<br />
Non è un periodo che permette una facile ricostruzione storica.<br />
Perfino i termini con i quali si pensava di poter chiaramente definire una specifica realtà, si sono<br />
dimostrati ingannevoli;è il caso del concetto di “servitù della gleba”che lo storico Marc Bloch ha<br />
dimostrato essere un’invenzione moderna,mai esistita nella teoria medioevale nel senso di un<br />
vincolo con la terra giuridicamente definito.<br />
Un fatto certo è che la schiavitù aveva raggiunto una grande diffusione in ogni settore<br />
dell’economia:mogliaia di schiavi erano impiegati nei campi, nelle miniere, nelle botteghe, nelle<br />
case e nelle officine.<br />
I nuovi vincoli padronali,comuni a gran parte d’Europa,caratteristici della servitù della gleba<br />
furono:<br />
• -il testatico,una tassazione non sul censo ma sulla persona;<br />
• -l’obbligo di chiedere il permesso di sposarsi;<br />
• -il ritorno della proprietà al padrone in mancanza di eredi<br />
Un elemento da tenere in considerazione è l’atteggiamento del Cristianesimo sulla gestione della<br />
schiavitù:<br />
la Chiesa considerò l’affrancamento dello schiavo un gesto che, a imitazione di Cristo affrancatore<br />
del genere umano dalla schiavitù del peccato,avrebbe contribuito alla salvezza personale. Sono<br />
numerosi i documenti riguardanti manomissioni di schiavi,ma in realtà il vincolo,la dipendenza<br />
economica con il soggetto affrancato non decade;la nuova forma prevedeva la consuetudine dell’<br />
“obsequium”, che stabiliva oneri ben precisi in termini pecuniari o lavorativi.<br />
I mutamenti nella struttura del lavoro servile si registrano anche a livello linguistico: il termine<br />
“servus” definiva una categoria di individui legati all’ex-padrone a cui dovevano “corvees” spesso<br />
pesanti.<br />
Si diffusero in Francia e in Germania e poi al resto d’Europa nuovi vocaboli : “esclave”in francese,<br />
“sklaven” in tedesco, “slave” in inglese – a sottolineare la censura tra il nuovo tipo di servaggio e<br />
il vecchio rapporto che rendeva lo schiavo una proprietà del padrone.<br />
Lo studio dell’evoluzione e della diffusione del termine “schiavo” presenta non poche<br />
difficoltà:legato alla definizione di precise etnie, gli Slavi, con il passare del tempo oltre ad<br />
indicare lo stato servile,fu usato per sottolineare come gli schiavi in Europa Occidentale, fossero in<br />
genere, stranieri.<br />
IL COMMERCIO ATLANTICO<br />
La scoperta delle contrade aurifere ed argentifere dell’America,la riduzione del numero degli<br />
schiavi indigeni,il fatto che questi vennero sepolti nelle miniere o sterminati,le cominciate<br />
conquiste e le depredazioni delle Indie Orientali,la trasformazione dell’Africa in una specie di<br />
parco commerciale per la caccia di pelli nere,ecco gli idilliaci processi di accumulazione<br />
primitiva,che segnalano l’aurora dell’era capitalistica. Subito dopo scoppia la guerra mercantile;<br />
essa ha per teatro il mondo intero. I vari metodi di accumulazione primitiva si combinano in un<br />
complesso sistematico, che comprende,nello stesso tempo,il regime coloniale,il credito pubblico,<br />
la finanza moderna ed il sistema protezionista. Alcuni fra questi metodi sono basati sull’uso della<br />
forza brutale,ma tutti senza eccezione, si avvalgono del potere dello Stato,la forza concentrata ed<br />
organizzata della società,onde precipitare violentemente il passaggio dall’ordine economico<br />
27
feudale all’ordine economico capitalistico,ed abbreviare le fasi di transizione. Di vero, la forza è<br />
destinata a facilitare il cammino di tutte le vecchie società che sono sul punto di trasformarsi. La<br />
forza è un agente economico (dal primo libro “Il Capitale di Karl Marx).<br />
La scoperta europea del Nuovo Mondo non presupponeva un’automatica espansione della<br />
schiavitù africana nelle Americhe.<br />
Il tracollo demografico della popolazione indigena,dovuto sia all’ imposizione di pesanti regimi<br />
lavorativi nei campi e nelle miniere sia allo shock anafilattico provocato dai microbi portati dagli<br />
europei,e lo spostamento del sistema coloniale all’interno del continente, resero necessario<br />
l’impiego di schiavi africani in virtù della loro affidabilità e resistenza al lavoro.<br />
Già nel 1501,nove anni dopo il primo viaggio di Colombo,la corona spagnola aveva emanato leggi<br />
riguardanti l’esportazione di schiavi in America, nell’isola di Hispaniola; nei secoli che seguirono<br />
vi giunsero dall’Africa circa dieci milioni di schiavi.<br />
Sono i Portoghesi gli iniziatori del commercio atlantico degli schiavi africani. Grazie all’impulso<br />
del sovrano Enrico il Navigatore, i portoghesi avevano intensificato i loro viaggi lungo le coste<br />
africane ed erano entrati in contatto con il commercio sahariano. Il successivo consolidamento<br />
della loro presenza sulle coste occidentali e la colonizzazione delle isole atlantiche,Madeira ,le<br />
Azzorre e le Isole di Capo Verde, incrementò notevolmente i traffici commerciali.<br />
La Spagna,in ragione del trattato di Tordesillas,stipulato con il Portogallo nel 1496, non disponeva<br />
di basi commerciali sulla costa africana,di conseguenza,l’arrivo di schiavi nelle colonie del nuovo<br />
mondo dipendeva da altre nazioni. Anche il commercio di schiavi era una prerogativa del re e la<br />
corona spagnola stabilì che questo fosse regolato attraverso la concessione di licenze assegnate a<br />
mercanti che avevano dunque in appalto questo traffico. Attraverso un formale contratto l’asiento,<br />
“l’asiento de negros”, si determinarono le condizioni di vendita,il prezzo,la consegna.<br />
Carlo V nel 1518 assegnò un primo importante assento a uno dei suoi cortigiani, l’olandese<br />
Laurent de Gorrevod,che dietro congruo compenso lo cedette ad un consorzio ispano-genovese.<br />
Attraverso l’Atlantico,gli schiavi venivano inizialmente sbarcati a Cartagena,per poi essere<br />
convogliati verso il porto di Portobello sull’istmo di Panama.<br />
Un dato generale sulla colonizzazione da tenere in considerazione è che l’immigrazione spagnola<br />
su base annua fu quantitativamente superata dal corrispettivo arrivo di schiavi dall’Africa. Ciò<br />
portò ad una ricomposizione razziale: nel 1636 gli abitanti di Lima erano 27394 di cui ben 14481<br />
neri o mulatti,a Città del Messico vi erano 8000 spagnoli,8000 schiavi neri,1000 mulatti.<br />
L’aspetto più singolare della schiavitù africana nelle colonie spagnole fu quello relativo alla scarsa<br />
attenzione che la questione suscitò nelle coscienze. Il dibattito sulla natura delle popolazioni<br />
indigene e sulla legittimità del loro asservimento vide la partecipazione dei principali esponenti<br />
della cultura laica e religiosa. Non si registrò uguale fermento per la schiavitù africana. Lo stesso<br />
Bartolomeo de Las Casas cambiò opinione solo in un secondo momento,ma pochi lo seguirono su<br />
questo terreno.<br />
Nel diciottesimo secolo,i propugnatori del commercio schiavista usarono spesso una lettura<br />
distorta dei fenomeni di asservimento esistenti negli stati africani come argomentazione contro<br />
gli abolizionisti:la deportazione nelle colonie americane rappresentava una forma di liberazione da<br />
una condizione giudicata peggiore.<br />
In effetti la schiavitù nel continente africano non fu un fenomeno secondario,come nel medioevo<br />
europeo,fu un’istituzione di scarso significato prima dell’inizio del commercio atlantico;pochi<br />
erano gli stati che svilupparono forme di produzione alimentare da lavoro servile.<br />
È la società inglese del sedicesimo secolo che può offrire una lettura dell’atteggiamento europeo<br />
verso gli africani in considerazione della diversità razziale.<br />
Nel libro “il fardello dell’uomo bianco”, Jordan scrive che : “l’idea della blackness rappresentava<br />
per gli inglesi il simbolo di alcuni dei loro più radicati valori,e soltanto il bianco,fra gli altri<br />
colori,aveva su di loro,dal punto di vista emotivo,un impatto altrettanto forte”.<br />
28
Nell’Oxford English Dictionary alla voce “nero” sono riportate le seguenti accezioni negative:<br />
sporco-lurido-malvagio-mortale- pernicioso-sinistro-cattivo-orribile-perfido- a dimostrazione di<br />
come questo colore fosse emotivamente legato al quanto di più basso e maligno si potesse<br />
immaginare.<br />
Uno degli elementi che contribuì a creare un’immagine animalesca degli africani nella mentalità<br />
inglese fu la presenza in quei luoghi, dei mammiferi più simili agli uomini,gli orangutan .<br />
Edward Topsell nella sua opera “Historie of foure-footed Beastes” del 1607 sottolineando la<br />
generale “disposizione lussuriosa” delle scimmie rileva che “gli uomini con narici basse e piatte<br />
sono lascivi come le scimmie che attentano alle donne”.<br />
Queste associazioni spinsero a supporre l’esistenza di una sorta di parentela tra animale<br />
antropomorfi e uomini animaleschi.<br />
Malgrado la scienza avesse dissipato ogni dubbio sulla presunta comune identità tra uomini e<br />
scimmie,l’idea di un legame sessuale tra scimmie e africani continuò ad alimentare le fantasie<br />
degli europei. Scrive John Atkins,colto medico della Marina di sua Maestà, nel Settecento:<br />
.<br />
Se le spiegazioni di ordine naturalistico risultano poco soddisfacenti,un’alternativa può essere<br />
trovata nelle Scritture,in due capitoli della Genesi ad esempio.<br />
Cam,figlio di Noè,aveva osato guardare il padre ubriaco nella tenda,mentre Sem e Jafet lo avevano<br />
coperto senza guardarlo. Al risveglio Noè aveva maledetto Canaan,figlio di Cam,condannandolo a<br />
diventare “servo dei servi” dei suoi stessi fratelli.(Genesi 9-10).<br />
L’insubordinazione camitica viene definita anche nel Levitino(25,44-46), nella narrazione<br />
biblica,che per molti rappresenta simbolicamente la schiavitù,non vi è però alcun riferimento al<br />
colore della pelle,anche se le genealogie bibliche indicano che i figli di Cam avevano popolato<br />
l’area nord africana,dalla Libia all’Egitto,parti dell’Arabia e della Palestina fino all’odierna<br />
Etiopia.<br />
Il diffondersi del pensiero illuministico ha contribuito alla liberazione dello spirito europeo dalla<br />
soggezione servile all’autorità, alla tradizione,alla superstizione,attraverso l’uso della ragione.<br />
Le pagine del quindicesimo libro dello “Spirito delle leggi” (1748) di Montesquieu rappresentano<br />
il più influente attacco intellettuale contro la schiavitù che sia stato scritto nel Settecento.<br />
.<br />
29
La conclusione storica della tratta atlantica non ha posto fine al problema della schiavitù: di fatto,<br />
durante tutto il ventesimo secolo nuove forme di assoggettamento servile si sono sovrapposte a<br />
quelle più tradizionali coinvolgendo nei cinque continenti,un numero incalcolabile di individui.<br />
La schiavitù contemporanea conosce nuove forme di sopraffazione umana, ha allargato i confini<br />
del suo dominio;si ripropone una questione etica che deve impegnare ogni società civile in una<br />
sorta di nuovo abolizionismo: “Non c’è luogo della terra in cui gli schiavi non continuino a<br />
lavorare e sudare, costruire e soffrire. Può darsi che le scarpe che calzate e il tappeto che calpestate<br />
siano state fatte da schiavi pakistani, o che a portare lo zucchero nelle vostre cucine e i giocattoli<br />
tra le mani dei vostri figli siano stati degli schiavi caraibici. Può darsi che la camicia che indossate<br />
e l’anello che portate al dito siano stati rispettivamente cuciti e levigati da qualche schiavo indiano.<br />
Schiavi non pagati”(da K.Bales “I nuovi schiavi.La merce umana nell’economia globale, MI 1999<br />
p.9).<br />
30
Bibliografia<br />
Aristotele La Politica,IX, BA La Terza 1983<br />
Bales K. I Nuovi Schiavi. La merce umana nell’economia globale. MI 1999<br />
Bloch M. La servitù nella società medievale, FI 1975<br />
Braudel F. Civiltà e Imperi nel Mediterraneo nell’età di Filippo II, TO 1946<br />
Carandini A. Schiavi in Italia. Gli strumenti pensanti dei Romani fra tarda Repubblica<br />
e Medio Impero . Roma 1988<br />
Castagneto P. Schiavi antichi e moderni,le Bussole Roma ,Carrocci editore,2001<br />
Cavalli Sforza L.L. Geni ,popoli e lingue, MI 1996<br />
Cherubini E. (a cura di ) Storia della società italiana MI 1983<br />
Davidson B. Madre nera. L’Africa nera e il commercio degli schiavi TO 1966<br />
Davis D.B. Il problema della schiavitù nella cultura occidentale TO 1982<br />
Finley M.I. Schiavitù antica e ideologie moderne Bari 1981<br />
(a cura di ) La schiavitù nel mondo antico Bari 1990<br />
Genovese E. L’economia politica della schiavitù TO 1952<br />
Jordan W.D. Il fardello dell’uomo bianco. Origini del razzismo in USA FI 1976<br />
Marx K. Il Capitale. Critica dell’economia politica TO 1946<br />
Mcalister L.N. Dalla scoperta alla conquista. Spagna e Portogallo nel nuovo mondo BO 1986<br />
Montesquieu Lo spirito delle leggi (a cura di Sergio Cotta) TO 1952<br />
Platone La Repubblica VI Bari 1982<br />
Vegetti M. (a cura di) Marxismo e società antica MI 1977<br />
Vogt J. - L’uomo e lo schiavo nel mondo antico – Roma, 1969.<br />
31
LO SFRUTTAMENTO <strong>IN</strong>FANTILE<br />
Introduzione<br />
I comportamenti più spontanei di una società,come le cure dedicate al corpo, la maniera di<br />
vestirsi,l’organizzazione del lavoro e il calendario delle attività quotidiane riflettono un sistema di<br />
rappresentazione del mondo che li collegano in profondità alle formulazioni più elaborate come il<br />
diritto,le concezioni religiose,il pensiero filosofico.<br />
“L’aspirazione di tutti gli uomini dopo quella alla sopravvivenza e al rispetto dei più elementari<br />
diritti è quella ad un lavoro degno. La strada da percorrere perché a tutti sia garantita questa<br />
possibilità passa necessariamente per una visione integrata dello sviluppo: non esiste sviluppo<br />
economico senza sviluppo sociale;non esiste sviluppo senza equità” (Juan Somavia,direttore<br />
generale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro).<br />
La povertà delle famiglie,delle comunità e dei Paesi è alla radice della tragedia;quest’ultima è a sua<br />
volta causa di povertà,in una spirale perversa fatta di fatica,analfabetismo,malattie e<br />
malnutrizione,invecchiamento precoce.<br />
Lo sfruttamento infantile riassume tutte le miserie ed è uno dei termometri della condizione sociale<br />
di un Paese.(Manitese giugno 2002).<br />
Il modulo elaborato organizza contenuti che,oltre a rappresentare un momento di riflessione<br />
personale,sono adatti ad una classe V^ di un Istituto Superiore ad indirizzo umanistico. Con i dovuti<br />
aggiustamenti può essere proposto ad una classe V^ Elementare o ad una III^ Media.<br />
I contenuti sono in funzione della costruzione di due concetti:<br />
• Società di classe :visto in stretta relazione con i processi di industrializzazione in<br />
collegamento con lo sviluppo delle ideologie liberale,democratica, socialista;<br />
• Lavoro minorile : visto in collegamento all’elemento precedente e ai risvolti sociali,a una<br />
storia sociale.<br />
32
1) CONOSCENZA<br />
Gli alunni e le alunne sanno:<br />
Descrittori relativi a :<br />
1.1 Individuare e spiegare all’interno del periodo preso in esame i mutamenti economici e<br />
sociali.<br />
1.2 Definire e confrontare le seguenti concettualizzazioni:società medioevale,società per ceti,<br />
società di classe.<br />
1.3 Analizzare i rapporti tra le diverse classi sociali in relazione al problema e al ruolo dei figli.<br />
1.4 Proporre ipotesi esplicative sul rapporto tra sviluppo economico,sociale e culturale e tutela<br />
dei minori.<br />
2) COMPETENZA<br />
Gli alunni e le alunne sanno :<br />
2.1 Leggere selettivamente il manuale<br />
2.2 Verbalizzare in forma orale e scritta<br />
2.3 Analizzare gli aspetti peculiari relativi all’argomento e alla cronologia<br />
2.4 Individuare la tesi storiografica<br />
3) CAPACITÀ<br />
Gli alunni e le alunne sanno:<br />
3.1 Esporre le proprie conoscenze<br />
3.2 Individuare e sviluppare collegamenti pluridisciplinari tra i fenomeni e gli eventi studiati e le<br />
manifestazioni contemporane<br />
3.3 Sostenere un’ ipotesi interpretativa utilizzando una corretta struttura argomentativa.<br />
33
Fasi del modulo Obiettivi Attività docente Attività Studente<br />
1.1Il lavoro nel<br />
mondo medioevale<br />
1.2I mutamenti<br />
nell’economia del-<br />
l’umanesimo-rina-<br />
scimento<br />
1.3La rivoluzione<br />
industriale<br />
dell’800<br />
2.1Dal mutamento<br />
economico a quel-<br />
lo sociale e politi-<br />
co<br />
2.2Società per ceti<br />
e società di classe<br />
3.1Periodizzazione<br />
degli eventi<br />
3.2Cronologia<br />
*motivazione<br />
*riconoscere la<br />
continuità<br />
*distinguere le pecu –<br />
liarità dei momenti<br />
storici esaminati<br />
*definire i cambiamen<br />
ti economici<br />
*analizzare il rapporto<br />
tra condizione econo<br />
mica e sociale in ri-<br />
ferimento alla forza<br />
lavoro impiegata<br />
*definire società per<br />
ceti e società di clas-<br />
se<br />
*individuare le radici<br />
della società di classe<br />
*conoscere gli eventi<br />
relativi ai periodi<br />
esaminati<br />
*analizzare elementi<br />
di continuità e discon<br />
tinuità<br />
*analizzare e confron-<br />
tare ipotesi storiogra-<br />
fiche<br />
4.1Conclusione *utilizzare le compe –<br />
tenze acquisite per<br />
generare nuove cono<br />
scenze<br />
*guida la discussione<br />
e l’analisi dei periodi<br />
storici presi in esame<br />
*conduce alla defini-<br />
zione di economia:<br />
-agricola di sussisten –<br />
za<br />
-borghese<br />
-industriale<br />
*pone il problema : il<br />
mutamento economi<br />
co implica il muta –<br />
mento sociale<br />
*guida alla definizio<br />
ne di società per ceti<br />
e società di classe<br />
* conduce al collega -<br />
mento tra società di<br />
classe e sviluppo in –<br />
dustriale<br />
*propone il compito<br />
di ricostruire i proces<br />
si di sviluppo eviden-<br />
ziando analogie e dif<br />
ferenze(nei modelli<br />
esaminati)<br />
*guida l’analisi e l’ela<br />
borazione del model-<br />
lo di spiegazione<br />
*guida la discussione<br />
sul confronto tra le<br />
ipotesi storiografiche<br />
*propone agli alunni<br />
di ipotizzare soluzio<br />
ni al problema in rife<br />
rimento all’economia<br />
di Paesi dell’Ameri –<br />
ca Latina o del Sud-<br />
Est asiatico<br />
*propone agli alunni<br />
di ipotizzare soluzio<br />
ni al problema dei<br />
bambini ai semafori<br />
A SCUOLA:-partecipa alla discussione e prende<br />
appunti.<br />
A CASA: consulta il manuale;legge bra-<br />
ni scelti da:* J. Kuczynski,Na-<br />
scita della classe operaia (MI-<br />
Il Saggiatore,1967).*P.Deane,<br />
La prima rivoluzione industria-<br />
le. –Realizza una carta temati-<br />
ca d’Europa che evidenzi le a-<br />
ree industrializzate. *Altre fon-<br />
ti sono riportate nella biblio-<br />
grafia.<br />
A SCUOLA:-rileva e annota differenze,par-<br />
tecipa alla discussione.<br />
A CASA :-studia dal libro di testo i capito-<br />
li dedicati all’argomento trattato<br />
-compila una tabella che sintetiz<br />
zi i concetti esaminati.<br />
-legge brani tratti da M.Dobb,<br />
Problemi di storia del capita-<br />
lismo.<br />
K.Marx Engels, Il Manifesto<br />
del partito comunista.<br />
Altre fonti sono riportate nella<br />
bibliografia.<br />
A SCUOLA:-confronta il proprio lavoro con<br />
quello degli altri;-sistema la ta –<br />
bella;-prende appunti;individua<br />
la tesi e lo sviluppo argomenta-<br />
tivo dei brani letti a casa..<br />
A CASA :-costruisce una tabella di sintesi<br />
di brani scelti da: C.Dickens,<br />
Tempi difficili. Collotti,La sto-<br />
ria contemporanea attraverso i<br />
documenti. E.Becchi, I bambini<br />
nella storia. J.Zucchi, I piccoli<br />
schiavi dell’arpa. Altre fonti so-<br />
no riportate nella bibliografia.<br />
<strong>IN</strong> CLASSE: -confronta il lavoro svolto a<br />
sa . –In gruppo svolge il com-<br />
pito. – Socializza i risultati.<br />
34
BIBLIOGRAFIA<br />
AA.VV. “Le fonti della storia,documenti” FI –La nuova Italia-<br />
AA.VV. “Storia della rivoluzione industriale” TO – Einaudi – 1978<br />
AA.VV. “Sulla pelle dei bambini:il loro sfruttamento e le nostre complicità”/Centro nuovo modello<br />
di sviluppo.-2^ ed.-Bologna: Editrice Missionaria Italiana.<br />
Barbieri G. “La nascita della grande industria in Europa” – Loescher-<br />
Becchi E. “I bambini nella storia”-Roma – Laterza-1994<br />
Bloch M. “Apologia della storia” – TO – Einaudi –1969<br />
Cipolla C.M. “Uomini,tecniche,economia” –MI – Feltrinelli –1972<br />
Collotti E. e Collotti Pischel “La storia contemporanea attraverso i documenti” -BO – Zanichelli,<br />
1974<br />
Deane P. “La prima rivoluzione industriale” –BO- Il Mulino ,1971<br />
Dobb M. “Problemi di storia del Capitalismo” – RO – Editori Riuniti-1970<br />
Engels F. “La situazione della classe operaia in Inghilterra – Editori Riuniti –<br />
Hobs Bawm E.J. “Le rivoluzioni borghesi 1789-1848” – MI – Il Saggiatore-1966<br />
Marx –Engels “Li Manifesto del partito comunista” – RO- Editori Riuniti-1977<br />
Moore B. “Le origini sociali della dittatura e della democrazia” –TO- Einaudi- 1970<br />
Kuczynski “Nascita della classe operaia” –MI – Il Saggiatore-1967<br />
Runcini R. “Illusione e paura nel mondo borghese da Dickens a Orwell – BA – Laterza-1968<br />
Villari R. “Storia moderna” –RO – BA- Laterza 1993<br />
Villari R. “Storia contemporanea” -RO- -BA-Laterza 1993<br />
Zucchi J. “I piccoli schiavi dell’arpa”: “Storie di bambini italiani a Parigi,Londra e New York”-GE-<br />
Manetti 1999.<br />
35
Il lavoro di seguito proposto è un approfondimento sul tema del “ruolo della donna nella storia, del<br />
problema della sessualità e della prostituzione”. Rappresenta una chiave di lettura che consente di<br />
conoscere e di comprendere meglio la genesi del fenomeno della prostituzione.<br />
VITE <strong>IN</strong>F<strong>IN</strong>ITAMENTE OSCURE<br />
<strong>IN</strong>TRODUZIONE<br />
Il 22 dicembre 1990 la Camera dei Deputati ha approvato il disegno di legge “sulle pari<br />
opportunità”,che ha lo scopo di realizzare una sostanziale eguaglianza tra uomini e donne nel lavoro<br />
anche adottando misure, “azioni positive”,a beneficio delle sole donne.<br />
Nel dicembre 1977 la legge n°.903 dettava norme relative alla parità tra uomini e donne in materia<br />
di lavoro,dando attuazione alle direttive CEE 75/117 – parità salariale – e 76/207 – parità di<br />
trattamento.<br />
La conquista della parità giuridica per le donne è una lotta ardua contro pregiudizi maschili<br />
consolidati da anni. Il pensiero della differenza sessuale è una filosofia in fase di sviluppo,molto si<br />
deve all’elaborazione teorica di Luce Irigaray e di Patrizia Violi.<br />
L’abbandono di una terminologia giuridica che fa prevalere il maschile sul femminile(nelle leggi si<br />
parla sempre di diritti dell’uomo,del cittadino) può portare un contributo non irrilevante per<br />
mascherare la apparente “neutralità del diritto” e per significare che anche ai fini del diritto vi sono<br />
uomini e donne,cittadini e cittadine,lavoratori e lavoratrici. Non sarà certo facile la conquista del<br />
“diritto alla differenza”,ricostruire un ordinamento giuridico a “misura di donna”,presuppone<br />
l’acquisizione di una coscienza collettiva della differenza sessuale e del suo valore positivo.<br />
La categoria della differenza sessuale si è rivelata in questi ultimi anni centrale,tale da indurre ad un<br />
salto di qualità rispetto al concetto stesso di uguaglianza che,per la sua valenza uniformante, rischia<br />
appiattimento e omologazione. Mettere in gioco la differenza sessuale come criterio ermeneutico<br />
significa proporre il concetto che l’umanità non è composta di un solo genere indifferenziato,ma di<br />
due sessi ben distinti : quello maschile e quello femminile. Nel corso della storia il primo ha<br />
prevalso sul secondo imponendo come universali i suoi modelli. La differenza sessuale si costruisce<br />
sulla differenza culturale e sociale,un mutamento dei quadri interpretativi nella definizione dei<br />
soggetti e degli oggetti di ricerca. Molti sono i segnali che registrano l’interesse verso questa svolta<br />
culturale:dalla collana sulla differenza sessuale curata da Luisa Muraro per gli Editori Riuniti a<br />
quella della Rosenberg Sellier “soggetto donna” laboratorio di riflessione ed esperienze,fino a “La<br />
storia delle donne” della Laterza.<br />
Le ricostruzioni del passato femminile mostrano un serie di tratti avvincenti sia nell’oggetto che ci<br />
restituiscono –la donna di tempi e luoghi diversi dai nostri – sia per quanto riguarda la riflessione<br />
che esse producono nei modi di pensare,al passato ma anche al presente,la donna e la sua storia,<br />
proprio per le suggestioni di natura epistemologica che ci offrono.<br />
La studiosa Egle Becchi distingue due diversi gruppi di storia delle donne:<br />
• uno che vede la donna oggetto di ricostruzione diacronica:una “storia scientifica” nel senso<br />
che ha pretese di rigore,asseconda griglie interpretative e metodologiche riconosciute e<br />
consolidate anche nello studio di temi diversi,con le difficoltà legate alla elusività e alla<br />
scarsezza delle fonti. Quella che risulta da queste analisi è perlopiù una donna di cui si<br />
conosce la vita,di cui si sa la biografia,quindi rara ed eccezionale,una donna impigliata nella<br />
famiglia,nella quale ha un posto di spicco più o meno alto,chiusa in istituzioni<br />
extradomestiche, impegnata in una società che le riconosce uno spazio angusto;una donna la<br />
36
cui figura bisognosa di sfondo per carenza di documentazione,quello che questo tipo di<br />
storiografia mette in luce sono le circostanze nelle quali la donna vive, oppure,nel caso delle<br />
biografie, vite di particolare rilievo,meglio documentate o illustrate da testimonianze<br />
eccezionali – ad esempio Dhuoda,Eloisa, le grandi politiche tra Ottocento e Novecento-<br />
Questa storiografia appare limitata,meno pronta ad abbandonare prospettive di tempi brevi,di<br />
tipo EVENEMENZIALE ,a ricorrere ad archivi iconografici e orali,cioè meno tradizionali. Ne è<br />
prova il persistere del modo biografico, il ricorso alla categoria<br />
dell’eccezionalità,l’inquadramento in scene istituzionali – la donna in famiglia,in convento,a<br />
scuola,in fabbrica – a dimostrare la “resistenza” dell’oggetto ad approcci diversi.<br />
• C’è un’altra storiografia che muove da altre preoccupazioni:non solo si impegna a ricostruire<br />
quello che la donna è stata nel passato ma cerca anche di individuare cosa abbia significato<br />
essere stata donna nei secoli scorsi,esserlo stata in modo differenziale e peculiare. Un modo<br />
di fare storia che tenta di coniugare presente e passato in modo stretto,che mescola altre<br />
prospettive disciplinari:antropologia culturale,sociologia, psicoanalisi,filosofia.<br />
di Gianna Pomata.<br />
Ne risulta un modo di fare storia assai differente da quello “scientifico”,uno stile nel quale i tempi si<br />
accostano e le categorie urgenti dell’oggi servono per la lettura dell’ieri; i modi di esistere e le<br />
reazioni alla vita proprie del nostro presente valgono come linee euristiche di ricostruzione del<br />
passato. La stessa identità del soggetto femminile è un termine “polittico”:la donna è un soggetto<br />
ambiguo,diverso anche per statuto concettuale oltre che culturale e sociale,a seconda dei luoghi in<br />
cui è esistita ed esiste: . (Gianna Pomata op.cit.)<br />
Altro aspetto è l’importanza dell’emozionale e dell’immaginario,difficili da definire in modo<br />
univoco perché “a categoriali”. La storia così si arricchisce dell’analisi di sentimenti, affetti,<br />
passioni: dall’amicizia alla follia, dall’amore alla solidarietà, analisi dove le dinamiche emozionali<br />
attraversano ceti, età, epoche.<br />
Sono storie di donne diverse rispetto a quelle molto più definite nei contesti nei quali sono<br />
vissute,ma forse più prossime e più travagliate di quelle che ci propone la storiografia “scientifica”.<br />
Donne dentro, fuori, contro le istituzioni,in mondi dove pubblico e privato,soggettivo e societario si<br />
incrociano perdendo di esclusività.<br />
La proposta di lavoro riassunta nella mappa concettuale intende delineare un percorso didattico<br />
interdisciplinare relativo al ruolo della donna,al problema della sessualità,al fenomeno della<br />
prostituzione.<br />
La storia del mondo antico è essenzialmente storia di uomini. In genere essi vengono presentati<br />
dagli scrittori greci e romani come personaggi eccezionali sia nel bene che nel male:come eroi<br />
ovvero come tiranni,a volte come entrambe le cose insieme. Del tutto accessoria e complementare è<br />
37
la presenza, accanto ad essi di figure femminili notevoli,di solito madri (Cornelia), figlie o consorti<br />
(come Porcia,figlia di Catone e sposa di Giunio Bruto). Eppure, l’antichità classica conosce anche<br />
una tipologia femminile profondamente diversa, trasgressiva e a volte destabilizzante, tuttavia non<br />
meno significativa dal punto di vista storico. In Grecia, dove le donne di buona famiglia erano<br />
escluse dalla vita pubblica, erano le etère, ossia le cortigiane di lusso,a conquistarsi posizioni di<br />
primo piano nelle relazioni sociali e a favorire con la propria cultura e intelligenza, l’ascesa politica<br />
dei propri amanti. A Roma, dove un diritto più pragmatico e “flessibile” offriva alle donne ben altri<br />
poteri,sono proprio le matrone di nobile nascita a rifiutare le ingombranti pastoie della morale avita<br />
e a ricercare esperienze stimolanti fuori del focolare domestico. Un simile comportamento ha però<br />
un prezzo da pagare:alcune verranno pubblicamente rovinate da accusa di adulterio,altre andranno<br />
incontro alla infamante taccia di “meretrici”. Per la mentalità dei Romani tradizionalisti, ogni donna<br />
che appaia determinata a rivendicare la propria indipendenza non è altro -per dirla con Cicerone-<br />
che una “sgualdrina impenitente”.<br />
38
Io non dico che la libertà è vendere il proprio corpo.<br />
O meglio la libertà è un’altra cosa.<br />
Vendere il proprio corpo,vendere le proprie braccia,vendere la propria testa sono cose che<br />
non c’entrano con la libertà.<br />
Fanno parte della condizione umana (R. Totafiore)<br />
L’epopea di Gilgamesh:<br />
La prostituzione sacra presso sumeri<br />
e babilonesi.<br />
Storia dei costumi sessuali<br />
La figura femminile nel mondo<br />
ellenico: Santippe<br />
(moglie di Socrate). Il “posto” della<br />
donna negli scritti<br />
di Aristotele e Platone. Etera<br />
Il rapporto tra i sessi nella<br />
morale cristiana:Guy Bechtel “Le<br />
quattro donne di Dio”<br />
Il Seicento Barocco:La caccia alle streghe e<br />
La pratica giudiziaria della tortura<br />
.<br />
Sante e streghe. Biografie e documenti dal<br />
XIV al XVII sec.<br />
“…Il nostro dovere verso il<br />
partito…” il puritanesimo<br />
sessuale in “1984”di G. Orwell<br />
VITE<br />
<strong>IN</strong>F<strong>IN</strong>ITAMENTE<br />
OSCURE<br />
Il contributo della psicoanalisi:<br />
Tre saggi sulla teoria della sessualità<br />
di Sigmund Freud<br />
Demimondaines e Dollymops<br />
“La sessualità nell’età vittoria<br />
na”:l’aumento delle malattie veneree e la<br />
“caccia” alle ver-gini.Storia dei costumi<br />
sessuali.<br />
Violetta Valerey<br />
La “donna ignobile”nella<br />
Traviata di Verdi<br />
“ Clarissa » di Samuel Richardson<br />
“La monaca” di Denis Diderot<br />
“La nouvelle Eloise » di Rousseau<br />
« Justine…” del marchese De Sade<br />
39
BIBLIOGRAFIA<br />
AA.VV. Diotima “Il pensiero della differenza sessuale” MI –La Tartaruga-1987<br />
Ballestrero M.V. “Parità e oltre. Parità,pari opportunità,azioni positive” –BA- Ediesse 1989<br />
Bucci S. “La condizione della donna nel XVII e XVIII secolo” –RO- Crucci-1982<br />
Dhuoda E. “Le grandi politiche tra Ottocento e Novecento”<br />
Diderot Denis “La monaca” –MI- Garzanti- 1978<br />
Freud S. “Sessualità femminile” in opere (1930-1938) TO-Boringhieri- 1979<br />
Irigaray L. “Questo sesso che non è un sesso” MI- Feltrinelli-1975<br />
Levay Simon “Le radici della sessualità” RO- BA- Laterza 1994<br />
Muraro L. “La differenza sessuale”collana RO-Editori Riuniti<br />
Pomata Gianna “Il mondo contemporaneo” a cura di N.Tranfaglia- FI- La Nuova Italia -1983<br />
Richardson Samuel “ Clarissa” MI- Frassinelli 1996<br />
Rosenberg Sellier “Soggetto donna” laboratorio di riflessioni ed esperienze RO-Laterza<br />
Rosenberg Sellier “La storia delle donne” RO-BA- Laterza<br />
Sapio Roberta “Prostituzione :dal diritto ai diritti” MI- Leoncavallo libri 1999<br />
Tannamill.R “Storia dei costumi sessuali” (trad.di Anna Sordelli) MI- Rizzoli-1985<br />
Woolf V. “ Una stanza tutta per sé” –MI- Il Saggiatore- 1991<br />
Valery Violetta “La donna ignobile” traviata di Verdi<br />
Altri Autori vedi grafico.<br />
40
7. TIPOLOGIA DELLE VIOLAZIONI<br />
• <strong>DI</strong>FFERENZA TRA VECCHIA E NUOVA SCHIAVITU’<br />
• SFRUTTAMENTO DEL LAVORO M<strong>IN</strong>ORILE<br />
- differenze tra child work, child labour e le peggiori forme di lavoro minorile<br />
- le cause<br />
- i numeri dello sfruttamento del lavoro infantile<br />
- i beni e i servizi prodotti dai bambini<br />
- l’impegno dell’OIL contro il lavoro minorile<br />
- l’autoriscatto<br />
• BAMB<strong>IN</strong>I SOLDATO<br />
- le cause<br />
- le conseguenze<br />
• LA PROSTITUZIONE<br />
- definizione di tratta e le cause<br />
- la schiavitù sessuale in Italia<br />
- il caso delle nigeriane, delle albanesi e delle donne dell’Est europeo, delle<br />
cinesi<br />
- l’azione del Governo italiano contro la tratta<br />
• L’APARTHEID E’ F<strong>IN</strong>ITO?<br />
- il caso del popolo Chakma<br />
Sezione di lavoro eseguito dai Docenti:<br />
MARTUCCIO ASSUNTA<br />
LISTA ANNA<br />
GATTI MARA<br />
GUAZZO ELISABETTA<br />
41
“Nessuno può essere tenuto in schiavitù o servitù; la schiavitù e il commercio di schiavi<br />
sono proibiti in tutte le loro forme”<br />
Art. 4, Dichiarazione universale dei diritti umani<br />
LA SCHIAVITU’ ESISTE ANCORA.<br />
Il pregiudizio moderno ci porta idealmente ad associare la schiavitù al passato, legata a condizioni<br />
di vita primitive. La realtà è ben diversa: l’ONU ha dimostrato come al mondo, OGGI, gli schiavi<br />
siano circa 200 milioni, una cifra incredibile e purtroppo in continuo aumento.<br />
Quello che dobbiamo comprendere è il fatto che la schiavitù è una realtà proteiforme e diffusa<br />
ovunque, tutt’altro che sepolta, in grado purtroppo di modernizzarsi ed adattarsi a tutte le situazioni.<br />
Caratteristiche della schiavitù moderna<br />
Uno schiavo è:<br />
costretto a lavorare, attraverso minacce fisiche o mentali<br />
posseduto o controllato da un “padrone”, solitamente attraverso violenza fisica o mentale o<br />
minaccia di violenza<br />
privato di umanità, libertà e diritti, trattato come una merce o comprato e venduto come una<br />
“proprietà”<br />
rinchiuso o limitato nella sua libertà di movimento<br />
VECCHIA E NUOVA SCHIAVITU’<br />
CAUSE:<br />
incremento demografico<br />
corruzione e crisi dei governi<br />
concentrazione delle ricchezze nelle mani di pochi<br />
impoverimento e peggioramento delle condizioni di vita di vasti strati della popolazione mondiale<br />
forte emigrazione dai paesi più poveri<br />
economia capitalistica basata sul profitto<br />
<strong>DI</strong>FFERENZE:<br />
Vecchia schiavitù:<br />
proprietà legale accettata<br />
alto costo d’acquisto<br />
bassi profitti<br />
scarsità di potenziali schiavi<br />
rapporto di lungo periodo con il padrone<br />
schiavi mantenuti a vita<br />
importanza delle differenze etniche<br />
Nuova schiavitù:<br />
proprietà legale evitata<br />
bassissimo costo d’acquisto<br />
elevatissimi profitti<br />
surplus di potenziali schiavi<br />
rapporto di breve periodo con lo sfruttatore<br />
schiavi usa e getta<br />
importanza delle differenze di ricchezza<br />
CONSEGUENZE:<br />
maggiore sfruttamento, brutalità, inumanità, violenza versi i nuovi schiavi.<br />
I diversi tipi di schiavitù<br />
42
E' possibile individuare i tre ambiti all'interno del quale si materializzano le forme contemporanee<br />
di riduzione in schiavitù:<br />
la prima forma di schiavitù è quella che si basa sul possesso. E' quella più vicina alle forme<br />
classiche e sopravvive in alcune zone dell'Africa; qui lo schiavo si compra e si vende, i figli sono a<br />
loro volta proprietà padronale, eccetera;<br />
la seconda forma di schiavitù è quella da debito. E' quella più comune in diverse parti del<br />
mondo e assume molte configurazioni specifiche. Costante tra tutte è l'erogazione del lavoro in<br />
maniera gratuita, offerto per pagare un debito contratto per soddisfare altre esigenze. I termini del<br />
rimborso sono determinati dal creditore, il quale li modifica a seconda della convenienza. Non c'è<br />
proprietà, ma soltanto controllo e possesso dei prodotti del lavoratore-schiavo. Il debito in alcuni<br />
casi si trasmette anche per via ereditaria ai parenti di prossimità della vittima;<br />
la terza forma di schiavitù è quella contrattualizzata. E' quella nella quale alcune delle<br />
moderne relazioni di lavoro sono usate per nascondere la schiavitù. Il lavoratore invischiato in tale<br />
meccanismo ha una relazione di lavoro legale ma al contempo è sottoposto a restrizioni di varia<br />
natura, non ha libertà di movimento e la sua agibilità sociale è controllata. Inoltre, può essere<br />
minacciato o sottoposto a violenza in caso di disubbidienza e di attivazione di conflitti finalizzati ad<br />
allentare i vincoli da indebitamento.<br />
Ciascuna di queste forme si può sovrapporre alle altre. In particolar modo le ultime due, in quanto<br />
sono anche quelle maggiormente diffuse. La schiavitù da debito - prendendo innumerevoli forme<br />
concrete - è comunque molto difficile da definire, anche perché si basa anche su contratti formali<br />
e/o informali apparentemente ineccepibili.<br />
Trafficking e smuggling<br />
Parlando di schiavitù da debito legata all'immigrazione occorre distinguere tra due categorie che<br />
determinano forme diverse di possibile assoggettamento e sulle quali, nelle ondate di allarme<br />
sociale legate al fenomeno dell'immigrazione, si tende spesso a fare confusione:<br />
il trafficking in human beings (la c.d. tratta) è lo sfruttamento economico (sessuale o<br />
lavorativo) delle persone costrette o indotte attraverso l'inganno o le minacce a migrare;<br />
lo smuggling of migrant è l'atto di aiutare l'ingresso illegale dei migranti nei paesi di<br />
destinazione o di transito.<br />
Nel primo caso, quindi si tratta di un raggiro o di una violenza perpetrata ai danni di una persona<br />
che si cerca di far emigrare per poi sfruttarla nel paese di destinazione. Mentre nel secondo caso è<br />
l'emigrante che contatta lo smuggler e paga per essere aiutato. Nel caso del trafficking quindi siamo<br />
in presenza di una forma di possibile schiavitù coatta, mentre nel secondo caso sono semmai<br />
possibili forme di servitù da debito nelle quali la persona introdotta nel paese paga il viaggio con un<br />
periodo di lavoro (ma, anche, ripaga un debito contratto con la propria famiglia lavorando molto nel<br />
paese di emigrazione).<br />
Tali aberrazioni sono diffuse praticamente in tutti gli stati, per cui di schiavitù contemporanea si<br />
deve parlare anche per comunità che sembrerebbero oggi “al di sopra di ogni sospetto”.<br />
43
La schiavitù non e' scomparsa: c'e' persino in Svizzera<br />
Da: da Social Trands on line<br />
Commenti<br />
Molti trovano sorprendente che nel XXI secolo esistano ancora la schiavitù per debiti e altre forme<br />
di servitù. In fondo, tutti i paesi hanno reso illegale possedere un essere umano ed esercitare un<br />
controllo totale su di esso. Eppure, ci sono persone che rimangono schiave: forse 27 milioni in tutto<br />
il mondo. Se gli schiavisti non possiedono più schiavi in senso legale, in che modo riescono a<br />
esercitare un controllo tale che, in certi casi, sono gli stessi schiavi liberati a ripristinare il vincolo<br />
servile? Uno schiavo liberato non sa dove andare e non sa cosa fare: per questo preferisce ritornare<br />
schiavo. Questo è solo uno dei rompicapo che fanno della schiavitù la maggiore sfida per le scienze<br />
sociali dei nostri giorni. Benché sia una delle forme di relazione umana più antiche e persistenti,<br />
individuabile nella maggior parte delle società in qualche stadio della loro storia, si sa ancora poco<br />
della schiavitù. Per esempio, alla elevata mole di materiale raccolto dagli storici sulla schiavitù<br />
prima della guerra di secessione in America corrisponde il nulla delle conoscenze su altri tipi di<br />
schiavitù. Una simile ignoranza non ha praticamente paragoni in nessun altro aspetto del sapere<br />
umano ai giorni nostri.<br />
stima del numero di schiavi per Paese<br />
Austria 1000 - 2000<br />
Belgio 5000 - 7000<br />
Canada 10.000 - 20.000<br />
Danimarca 1000 - 2000<br />
Francia 10.000 - 20.000<br />
Germania 5000 - 9000<br />
Giappone 5000 - 10.000<br />
Grecia 5000 - 9000<br />
Israele 4000 - 6000<br />
Italia 30.000 - 40.000<br />
Lussemburgo 2000 - 3000<br />
Paesi Bassi 3000 - 5000<br />
Regno Unito 4000 - 5000<br />
Stati Uniti 100.000 - 150.000<br />
Svezia 2000 - 3000<br />
Svizzera 1000 - 1500<br />
Turchia 20.000 - 30.000<br />
da EURISKO - Social Trends<br />
Copyright©2000-2003 SocialistiPuntoNet<br />
Dopo tali necessarie precisazioni, è fondamentale fare riferimento ad alcune macro forme di nuova<br />
schiavitù quali:<br />
• sfruttamento del lavoro minorile;<br />
• fenomeno dei bambini soldato;<br />
• prostituzione.<br />
44
Alcune cifre<br />
BAMB<strong>IN</strong>I E LAVORO - Scheda d'informazione sul fenomeno<br />
Il lavoro minorile è un fenomeno volatile, invisibile; prospera al di fuori dell'economia formale ed è<br />
difficile da quantificare. Bisogna dunque leggere queste cifre con estrema cautela. Le stime globali<br />
per l'anno 2000 evidenziano che 351.7 milioni di bambini tra i 5 e i 17 anni sono coinvolti in<br />
qualche forma di attività economica, 210.8 milioni hanno un età compresa tra 5 e 14 anni e 140.9<br />
milioni tra 15 e 17 anni.<br />
Definizioni<br />
Lavoro accettabile (child work): tra i lavori svolti da bambini cosiddetti "attivi economicamente" vi<br />
è una base considerata di lavoro accettabile, in quanto attività leggera e dalla durata contenuta.<br />
L'UNICEF giudica tollerabile un impiego all'interno della famiglia contadina o artigiana, purché si<br />
tratti di attività lieve e non pericolosa e purché lasci al bambino tempo sufficiente per andare a<br />
scuola e giocare. Un simile lavoro è da considerarsi non solo ammissibile, ma anche positivo, in<br />
quanto può favorire lo sviluppo fisico, mentale e sociale del minore e consentirgli, in alcuni casi, di<br />
mantenersi agli studi.<br />
Sfruttamento del lavoro infantile (child labour): se il lavoro occupa il bambino a tempo pieno o<br />
comunque ad un elevato numero di ore, se lo sottopone a indebite pressioni fisiche o mentali o a<br />
eccessive responsabilità, se lo costringe a una vita di strada e ad una misera paga o, ancora, se gli<br />
impedisce di ricevere un'istruzione adeguata, allora si parla di sfruttamento del lavoro infantile.<br />
Diversi gradi sono stati individuati dall'UNICEF e presentati nella convenzione 182 ILO: Attività<br />
pericolose: lavoro che, a causa della sua natura o della quantità di ore lavorate, minaccia la salute, la<br />
sicurezza o la morale del minore.<br />
Forme peggiori di lavoro (worst forms of child labour): tutte le forme di schiavitù (compresa la<br />
servitù per debiti), il lavoro forzato, il reclutamento di bambini-soldati, la prostituzione e la<br />
partecipazione alla produzione di materiale pornografico, attività illecite di vario genere. Si tratta<br />
della peggior forma di sfruttamento dei minori.<br />
Secondo una valutazione dell'Organizzazione internazionale del Lavoro (ILO), su 351.7 milioni di<br />
bambini attivi economicamente, 106 milioni lo sono attraverso forme accettabili di lavoro, mentre<br />
per 245.5 milioni di bambini si può parlare di sfruttamento infantile. All'interno di questa sordida<br />
categoria, si valuta che 171 milioni di bambini svolgono attività pericolose e 8.4 milioni forme<br />
peggiori di lavoro, come schiavitù o lavoro forzato (5.7 milioni), prostituzione e produzione di<br />
materiale pornografico (1.8 milioni). Senza contare la partecipazione ai conflitti armati, nei quali<br />
sono coinvolti alcuni bambini che hanno meno di 10 anni (0.3 milioni) e altre attività illecite non<br />
meglio classificate (0.6 milioni).<br />
Settori d'attività e distribuzione geografica<br />
Oltre al lavoro agricolo svolto dai bambini nell'ambito di un'economia familiare di sussistenza, i<br />
bambini si dedicano a ogni tipo di attività, sopratutto nel settore cosiddetto informale, cioè del<br />
lavoro nero e di subappalto. Il lavoro minorile è spesso pericoloso, sempre duro e assume forme<br />
molto diverse:<br />
nell'agricoltura: braccianti nelle piantagioni delle culture d'esportazione;<br />
nell'industria d'estrazione: giovani lavoratori in cave e in miniere;<br />
nella produzione di beni: in laboratori tessili e di giocattoli, in fabbriche d'abbigliamento (per<br />
esempio le cosiddette "maquiladoras" delle zone franche del Centro America), ecc.;<br />
nel lavoro domestico: spesso schiavi venduti dai genitori per rimborsare debiti;<br />
nel commercio: piccoli ambulanti; nelle discariche dei rifiuti e nell'edilizia;<br />
nella prostituzione, nella guerra e nel narcotraffico;<br />
45
Secondo le statistiche della ILO, la regione Asia-Pacifico conta il più grande numero di bambini -<br />
lavoratori di meno di 14 anni (60% del totale mondiale); seguono l'Africa sub-sahariana (23%),<br />
l'America latina e i Caraibi (8%), il Medio-Oriente e l'Africa del Nord (6%). Non mancano i paesi<br />
industrializzati (1.5%) e i paesi "in transizione" dell'Europa Centrale e Orientale e dell'ex<br />
URSS (1.5%).<br />
Perché questo sfruttamento<br />
Diversi fattori, sia macro che microeconomici o sociologici, concorrono a spiegare questo<br />
fenomeno:<br />
la povertà,<br />
l'analfabetismo,<br />
l'assenza di meccanismi di protezione sociale (scuola, sanità pubblica, sicurezza sociale),<br />
la globalizzazione dell'economia che spinge le imprese di alcuni settore a spostare la produzione<br />
laddove il costo del lavoro è il più basso,<br />
il debito dei paesi del Sud e i programmi di aggiustamento strutturale imposti dal FMI che<br />
impongono troppo spesso un taglio nelle già insufficienti spese sociali.<br />
È proprio questo sfruttamento che impedisce di uscire dalla miseria, in quanto i bambini che non<br />
possono andare a scuola non diventeranno mai forze di lavoro qualificate. Per questo motivo, nella<br />
sua lotta al lavoro minorile, l'UNICEF dà la priorità assoluta all'istruzione.<br />
I NUMERI DELLO SFRUTTAMENTO DEL LAVORO <strong>IN</strong>FANTILE<br />
Nonostante le leggi operanti in tutti i paesi e nonostante la Convenzione 138 dell'Organizzazione<br />
internazionale del Lavoro (ILO) che fissa l'età minima di ammissione al lavoro al compimento della<br />
scuola dell'obbligo, il lavoro dei bambini al di sotto dei 15 anni è una realtà universale dai<br />
diversificati aspetti.<br />
In Asia, Africa e America Latina...<br />
Secondo L'Organizzazione internazionale del Lavoro sono 120 milioni i bambini fra i 5 e i 14 anni<br />
che lavorano a tempo pieno; per altrettanti il lavoro è un’attività 'secondaria'. Sono concentrati in<br />
Asia, Africa e America Latina, perché la povertà delle famiglie e delle realtà locali è la prima causa<br />
del lavoro in età precoce.<br />
...in Europa e Stati Uniti<br />
Per troppo tempo sono stati sottovalutati il lavoro infantile (under 15) e l'evasione scolastica nei<br />
paesi appartenenti all'Ocse o addirittura ai G7, le sette potenze più industrializzate del mondo.<br />
Troviamo così che negli Stati Uniti centinaia di migliaia di piccoli, soprattutto di origine messicana,<br />
lavorano in condizioni di pericolo in agricoltura e nei laboratori tessili, anche per l'export; fra il<br />
1983 e il 1990 si è riscontrato un aumento del 250% delle violazioni delle leggi contro il lavoro<br />
infantile. Peraltro gli Usa non hanno ratificato la Convenzione dell'ILO n. 138 sull'età minima di<br />
ammissione al lavoro. In Gran Bretagna fra il 15% e il 26% dei bambini di 11 anni svolgerebbe<br />
qualche attività lavorativa. Quanto all'Italia sono recenti le stime del sindacato che denuncia in circa<br />
300.000 i bambini al di sotto dei 15 anni al lavoro nel nostro paese, soprattutto nei settori agricolo,<br />
tessile e commerciale. In enorme crescita l'impiego di minori non perseguibili nelle attività<br />
criminali.<br />
I <strong>DI</strong>VERSI SETTORI<br />
Sotto i riflettori finiscono solo i bambini dei paesi del Sud del mondo che lavorano nei settori<br />
destinati all'export (tappeti, palloni,...). In realtà essi sono solo il 5% del totale dei bambini occupati<br />
a tempo pieno.<br />
Una vera e propria moltitudine di bambini viene invece impiegata in lavori faticosi nell'agricoltura,<br />
nell'edilizia, nel settore secondario organizzato in modo informale, nei servizi domestici presso<br />
famiglie abbienti. Una piaga a se stante è poi lo sfruttamento sessuale dei bambini, diffuso ovunque.<br />
<strong>DI</strong>FFERENZA FRA SFRUTTAMENTO DEL LAVORO <strong>IN</strong>FANTILE E ALTRE FORME<br />
<strong>DI</strong> ATTIVITA' AL <strong>DI</strong> SOTTO DEI 15 ANNI.<br />
46
Sarebbe semplicistico e fuorviante fare di tutta l'erba un fascio. Il lavoro dei bambini al di sotto dei<br />
15 anni non è tutto uguale. Lo sfruttamento infantile di cui si chiede l'abolizione, il "child labour",<br />
riguarda i bambini che lavorano troppo piccoli, o per troppe ore (non potendo così andare a scuola),<br />
in condizioni di pericolo, di danno fisico o di violenza fisica.<br />
Diverso è il lavoro di bambini che comunque vanno a scuola, che sono impiegati per poche ore in<br />
lavori non pregiudizievoli per la crescita e la cui attività si svolge nell'ambito della famiglia:<br />
sarebbe un fattore di impoverimento economico impedire tali attività senza offrire alternative.<br />
Non bisogna dimenticare che, in certe situazioni di povertà, il lavoro dei bambini esercitato in una<br />
quantità di ore né totalizzante né fisicamente provante, diventa diritto allo studio perché può fornire<br />
i mezzi materiali necessari per il materiale e un'alimentazione sufficiente.<br />
LE CAUSE<br />
In effetti, se si vuole liberare i bambini dal bisogno di dedicare al lavoro molte ore al giorno, è<br />
importante incidere sulle cause familiari, locali e nazionali di cui il lavoro infantile è conseguenza.<br />
Le cause comprendono in genere: un reddito familiare insufficiente, dovuto alla mancanza di risorse<br />
produttive (la terra, i mezzi di produzione, il credito) e/o l'insufficienza della paga ricevuta dagli<br />
adulti; l'insufficienza delle infrastrutture essenziali in una data area (è classico il caso dei bambini<br />
che non possono andare a scuola perché la scuola è lontana e perché devono andare a raccogliere<br />
l'acqua o la legna lontano dal villaggio); situazioni estreme come la schiavitù per debiti legata<br />
all'ignoranza delle leggi.<br />
A loro volta queste cause del lavoro infantile hanno le loro radici in meccanismi di ingiustizia<br />
internazionale che vanno attaccati (vedi la bozza di proposte al governo italiano).<br />
Sulle situazioni di bisogno si innestano gli interessi dei datori di lavoro e committenti che pagano<br />
poco gli adulti e ancor meno i bambini. Anche la mancanza di consapevolezza è un fattore<br />
importante, ma non basta se non si incide sulle condizioni materiali delle famiglie e delle comunità.<br />
I prodotti e i servizi dei bambini<br />
Lo sfruttamento dei bambini trova il suo ambiente favorevole nell'economia informale, nel lavoro in<br />
nero, che in molti Paesi costituisce una realtà rilevantissima (nella stessa Italia, potenza economica<br />
mondiale). In effetti, pressoché ovunque le leggi vietano l'impiego degli under 14 in attività di<br />
lavoro dipendente, salvo eccezioni per attività leggere.<br />
Ma nelle case, nelle campagne, nelle bidonville…succede di tutto. Ecco una carrellata, non certo<br />
esaustiva, dei beni e servizi prodotti dalle mani e dalle spalle dei bambini. Capiremo così che non di<br />
soli palloni e tappeti è fatto lo sfruttamento infantile<br />
M<strong>IN</strong>I-BRACCIANTI<br />
Quasi la metà dei bambini tra i 5 ed i 14 anni attivi economicamente è impiegata nell’agricoltura,<br />
uno dei settori dell’economia in cui il lavoro è meno considerato e retribuito. Secondo un recente<br />
rapporto dell'OIL, in alcuni Paesi in via di sviluppo quasi un terzo della forza lavoro agricola è<br />
composto da bambini. In particolare, in Brasile, Kenya e Messico i bambini sotto i 15 anni<br />
costituiscono il 25-30% della forza lavorativa totale del settore agricolo. Il fenomeno dello<br />
sfruttamento del lavoro infantile assume proporzioni considerevoli nell’ambito dell’agricoltura<br />
commerciale, associata alla produzione di cacao, caffè, cotone, gomma sisal e tè. Si prenda, ad<br />
esempio, la Costa d’Avorio, principale produttore mondiale del cacao: circa 15.000 minori tra i 9 e i<br />
12 anni, per la maggioranza bambine, provenienti da Burkina Faso, Mali, Benin e Togo<br />
lavorerebbero nelle piantagioni di cacao del Nord del paese.<br />
Ma il lavoro nelle piantagioni non è un’esclusiva dell’Africa: in Bangladesh l'80% dei 6 milioni di<br />
bambini economicamente attivi è occupato nel settore agricolo, spesso sotto padrone.<br />
Si tratta di un fenomeno diffuso, dunque, e complesso. Spesso esso è collegato alla pratica<br />
dell’affidamento a parenti, presso i quali i minori vengono mandati per ricevere un’istruzione;<br />
altrettanto spesso il lavoro nelle piantagioni è presentato come un’esperienza di socializzazione, che<br />
impartisce ai bambini importanti abilità per il futuro. La realtà è ben diversa: in molti casi i bambini<br />
sono venduti come bestiame e lavorano come schiavi, senza salari né protezione sociale. Secondo<br />
un rapporto congiunto UNICEF-OIL del febbraio 2000, i datori di lavoro comprano i bambini<br />
47
lavoratori dagli intermediari per circa 50 dollari l’uno; questi bambini restano, poi, legati agli stessi<br />
datori per almeno un anno.<br />
Tutto ciò per quanto riguarda i Paesi in via di sviluppo; ma il coinvolgimento dei bambini<br />
nell’agricoltura è drammaticamente aumentato anche in molti paesi ad economia in via di<br />
transizione e nei paesi industrializzati, in concomitanza con il frazionamento di fattorie collettive in<br />
imprese private medio-piccole, in cui la necessità da far lavorare i membri familiari è più alta.<br />
<strong>IN</strong> M<strong>IN</strong>IERE, CAVE, VETRERIE E FORNACI<br />
In molti paesi, in Africa, America Latina ed Asia, ci sono migliaia di bambini che lavorano in cave<br />
e miniere. Benché il loro numero non sia altissimo, la frequenza di incidenti e malattie è molto<br />
elevata: cave e miniere costituiscono uno dei settori più pericolosi per i bambini lavoratori.<br />
Nelle cave raramente ci sono limiti alla durata della giornata lavorativa, ed i regolamenti sulla<br />
sicurezza e sulla salute, ove esistono, sono a malapena applicati. I bambini lavorano senza<br />
addestramento, protezione e abiti adeguati, fino a 12 ore al giorno, con pause di appena 30-60<br />
minuti; non è raro che alcuni di essi muoiano a causa di esplosioni o crolli, e costante è la minaccia<br />
di malattie respiratorie e di avvelenamento da gas o polvere.<br />
Per fare qualche esempio concreto della vita di questi piccoli minatori, si pensi che in Africa<br />
bambini di 8 o 9 nove anni scendono fino a 30 metri di profondità nel suolo e trascorrono 7 od 8 ore<br />
al giorno scavando tra stretti passaggi senza ventilazione o sufficiente illuminazione, e con frequenti<br />
crolli della roccia. Nelle miniere di gemme della Tanzania, spesso i ragazzini si nascondono nei<br />
tunnel delle miniere durante le esplosioni per essere i primi a trovare le gemme: i "bonus" che<br />
ricevono per queste scoperte rappresentano la loro unica speranza di ricevere la paga. Lo stesso<br />
avviene, ad esempio, in Guatemala. In Colombia, poi, i bambini rischiano di entrare nel mondo<br />
dell’estrazione dell’oro, degli smeraldi, del carbone e dell’argilla fin dai 5 anni, ed il loro<br />
coinvolgimento cresce quando ne compiono appena 7. Nonostante la quantità di ore lavorative<br />
sostenute (dalle 14 alle 27 ore settimanali), il 60 % di questi bambini non è retribuito.<br />
SCHIAVI PER DEBITI<br />
Spesso i bambini sono schiavi per debiti: con il loro lavoro, cioè, sono il mezzo per ripagare i soldi<br />
dati alle famiglie. Essi lavorano percependo paghe irrisorie, se non addirittura nulle, e finiscono per<br />
trovarsi in una situazione di lavoro forzato senza via d’uscita. Il cosiddetto "debt bondage" è una<br />
forma di schiavitù, riconosciuta e condannata come tale anche dalla Convenzione OIL n.182.<br />
La schiavitù per debiti, indipendentemente dal fatto che i genitori abbiano contratto un debito con<br />
l’accordo di ripagarlo in prima persona o con il lavoro dei propri figli, pone in ultima istanza<br />
sempre i bambini alla mercé dei creditori: molto spesso, infatti, la condizione di schiavitù si<br />
tramanda di padre in figlio, sicché i bambini si trovano sulle spalle, senza averne alcuna<br />
responsabilità, ingenti somme da pagare.<br />
La schiavitù per debiti è presente in tutto il mondo (non solo in Asia, dove è maggiormente diffusa,<br />
ma anche in America Latina ed Africa), ed in tutti i settori produttivi. Il fenomeno molto spesso è<br />
collegato al lavoro agricolo: le famiglie povere, senza terra o con risorse troppo scarse per accedere<br />
ai sussidi statali, cadono facilmente nella trappola del debito nei confronti dei proprietari terrieri o<br />
di terzi, e in questo caso non possono fare altro che mettere i propri figli a disposizione degli stessi<br />
per svolgere lavoro agricolo o domestico finché il debito non viene ripagato. Altrettanto spesso i<br />
piccoli schiavi per debiti sono impiegati nel lavoro nelle miniere (ciò accade ad esempio nelle<br />
miniere d’oro in Perù) e nelle attività connesse (in Sud Asia i bambini lavorano forzatamente nella<br />
produzione di mattoni). In Pakistan si stima che siano 8 milioni i bambini in schiavitù. In generale,<br />
le Nazioni Unite parlano di 20 milioni di bambini ridotti in schiavitù nel mondo<br />
Infine, va sottolineato che la schiavitù per debiti è sempre più collegata al traffico dei minori<br />
finalizzato al loro sfruttamento.<br />
LO SFRUTTAMENTO PER SCOPI SESSUALI<br />
Ogni anno circa un milione di bambini entra nel mondo del commercio sessuale. Nonostante sia<br />
difficile raccogliere dati accurati sul fenomeno, si sa che il commercio sessuale è un settore nel<br />
quale sono in gioco cifre altissime. Le ricerche mostrano che l’età dei bambini che vi sono coinvolti<br />
sta diminuendo: la maggior parte sono bambini poveri tra i 13 e i 18 anni, ma è provato che anche<br />
bambini molto piccoli, persino neonati, cadono nella trappola di questo orribile commercio.<br />
48
Purtroppo è difficile frenare un fenomeno, così diffuso e "redditizio". La mancanza di educazione e<br />
di opportunità economiche da parte delle famiglie fa sì che queste, attratte dalla prospettiva di alti<br />
guadagni, affidino i figli al mondo della prostituzione, e spesso gli stessi figli si sentono<br />
moralmente obbligati a supportare economicamente i genitori facendo ogni genere di lavoro.<br />
Sull’altro versante c’è la forte domanda, che alimenta senza fine il mercato dello sfruttamento<br />
sessuale. I clienti del turismo sessuale sono sia uomini sia donne, e lo stesso vale per le loro vittime,<br />
anche se di recente si è registrato un aumento dello sfruttamento sessuale dei maschi soprattutto in<br />
paesi come Sri Lanka e Pakistan.<br />
SFRUTTATI TRA LE MURA DOMESTICHE NELLE FAMIGLIE ME<strong>DI</strong>O-RICCHE<br />
Non li vede nessuno, ma sono milioni i bambini che lavorano come domestici nelle famiglie medioricche<br />
del mondo. La maggior parte dei piccoli domestici, soprattutto bambine, ha un’età compresa<br />
tra i 12 ed i 17 anni, ma nelle famiglie sono impiegati anche bambini di appena 5 o 6 anni.<br />
Centinaia di migliaia di bambine, approssimativamente il 10% della forza lavoro minorile, lavorano<br />
per molte ore al giorno in ambienti in cui le percosse, gli insulti e le molestie sessuali sono<br />
all’ordine del giorno. Ad Haiti sono 250.000 i figli di famiglie disagiate mandati a servizio presso le<br />
famiglie ricche - i cosiddetti "restaveck", che significa "resta con".<br />
In Nepal, ad esempio, più della metà dei bambini presi a servizio domestico è costituito da maschi;<br />
in Bangladesh, almeno il 17%. In India questi bambini lavorano in media 15 ore al giorno, per tutti i<br />
giorni della settimana, e devono essere pronti a soddisfare le richieste dei padroni giorno e notte. Le<br />
mansioni più comuni comprendono cucinare, stirare, pulire, fare la spesa ed occuparsi dei figli dei<br />
loro padroni, anche accompagnarli a scuola e portare loro lo zaino! Questi bambini, spesso isolati e<br />
lontani dalle loro famiglie, sono sotto controllo totale dei padroni e vivono privati di ogni supporto<br />
emotivo, di un’alimentazione adeguata e dell’istruzione: spesso essi dormono nei bagni o nei<br />
sottoscala e mangiano gli avanzi dei padroni. Il monitoraggio di questo fenomeno è difficile: le<br />
famiglie di destinazione di questi bambini affermano di aver adottato i piccoli o di averli presi in<br />
affidamento. Dietro questa facciata il rapporto sfocia facilmente in puro sfruttamento! A sconcertare<br />
vi è un ulteriore dato: spesso questi piccoli servitori vengono portati verso i paesi occidentali, come<br />
è stato rilevato nel 1994 dall'associazione AntiSlavery International, che ha denunciato famiglie di<br />
diplomatici di stanza in Svizzera e Francia.<br />
I BAMB<strong>IN</strong>I SULLA STRADA<br />
I bambini che lavorano sulla strada sono probabilmente la faccia più evidente dello sfruttamento del<br />
lavoro infantile. Le loro attività sono diverse: vendere cibo o beni di piccolo consumo, lustrare le<br />
scarpe dei passanti, lavare i vetri e riparare i pneumatici delle auto, spazzare le strade e raccogliere i<br />
rifiuti, fare il facchino e tante altre ancora. Oltre a soffrire dei pericoli insiti nelle singole attività,<br />
questi bambini sono quotidianamente esposti all’inquinamento, ai fumi di scarico, alle molestie e<br />
violenze di strada.<br />
80.000.000 di bambini lavorano per strada, anche se i più hanno una "casa". Alla periferia di Manila<br />
sono in decine di migliaia a scalare le montagne "fumanete" (di rifiuti) per selezionare il minimo<br />
residuo utile. Lo stesso avviene nelle vie e nelle discariche di tutte le città dei Paesi poveri del<br />
mondo. Un lavoro ad estremo rischio, che attira il disprezzo su chi lo svolge come nel caso degli<br />
"asini": bambini gracili che trasportano esseri umani e merci, sfruttati dai proprietari dei rickshaws,<br />
le biciclette con "carretto" così diffuse in Asia.<br />
Milioni, infine, sono i bambini che si aggirano per le strade chiedendo l’elemosina. Il fenomeno<br />
dell’accattonaggio non è più solo una questione dei Paesi poveri: anche nelle nostre città è cresciuto<br />
il numero di bambini mandati ad elemosinare ai semafori con addosso pochi stracci. Bambini<br />
stranieri preda di organizzazioni criminali: i piccoli schiavi del nostro continente, che passano ore<br />
sulla strada e se non riescono a "guadagnare" abbastanza vengono picchiati dai loro aguzzini. E<br />
tutto avviene alla luce del sole. I bambini di strada, visibili in tutte le metropoli latino-americane,<br />
africane ed, oramai, anche in Europa, sono il facile bersaglio di azioni repressive.<br />
CONCIATI PER LE FESTE<br />
Nelle concerie lavora una parte dell'1,4 milioni di piccoli egiziani fra i 6 e i 14 anni. Le condizioni<br />
di lavoro sono le stesse da sempre: ma si sono aggiunti molti prodotti chimici e i bambini<br />
49
continuano a lavorare a mani e piedi nudi. In India, Brasile o nel SudEst asiatico lo spettacolo è più<br />
o meno lo stesso.<br />
ABITI, SETA E SCARPE PER CONSUMATORI LONTANI<br />
Sono i prodotti di bassa tecnologia e largo consumo quelli con la cui produzione per l'esportazione<br />
di Paesi come Thailandia, Cina, Indonesia e India stanno tentando la scalata dello sviluppo<br />
industriale. Di mezzo ci sono le multinazionali che in genere appaltano il lavoro a ditte locali, le<br />
quali a loro volta lo subappaltano a ditte più piccole. In questo "giro" si annida il lavoro dei<br />
bambini, difficilissimo da scovare. In Indonesia il lavoro minorile è legalizzato (ma solo per 4 ore al<br />
giorno) e le piccole tute blu dell'industria manifatturiera sono almeno 300.000. Per salari bassissimi<br />
bambini e bambine lavoratori di 10-12 anni, assunti al posto dei genitori, vivono lontano dalle<br />
famiglie, poverissime e rurali.<br />
PALLONI E TAPPETI<br />
Un milione di bambini tessono tappeti su decine di migliaia di telai sparsi fra il Pakistan, l'India e il<br />
Nepal. Antiche ditte di esportazione si rivolgono a intermediari locali che a loro volta girano<br />
l'ordine ai proprietari di telai. Questi affidano il compito a tessitori che producono con l'aiuto di<br />
salariati, spesso bambini: preferiti non solo per via delle piccole dita molto adatte al lavoro, ma<br />
anche perché gli adulti non sono disposti a farsi sfruttare proprio fino all'osso. Non di rado i piccoli<br />
tessitori sono "ostaggi", perché schiavi per debiti.<br />
L’India ed il Pakistan sono, poi, tra i produttori principali di articoli sportivi: secondo un recente<br />
studio dell’associazione "Indian Committee for the Netherlands", migliaia di bambini in Pakistan e<br />
India sono sfruttati nella produzione di palloni. In particolare, il problema riguarda la regione di<br />
Sialkot in Pakistan, dove si concentra l'80% della produzione, e nel Punjab indiano, dove vi sono<br />
bambini di meno di 10 anni che cuciono palloni in condizioni proibitive. La gran parte di questi<br />
bambini è costretta a lavorare per aiutare le famiglie a sopravvivere. Talvolta essi aiutano la<br />
famiglia a cucire a cottimo per poche rupie, oppure sono direttamente impiegati in laboratori<br />
semiclandestini nei villaggi. Mentre aiutano le famiglie, i bambini perdono le opportunità educative<br />
essenziali, creando un circolo vizioso di povertà ed analfabetismo.<br />
Nel 1998 la FIFA ha adottato un codice di condotta per proibire lo sfruttamento del lavoro minorile<br />
e per richiedere condizioni lavorative adeguate per i lavoratori adulti impiegati nella fabbricazione<br />
di tutti i prodotti a marchio FIFA. Tuttavia, i fatti evidenziano che ci sono continue violazioni di<br />
suddette condizioni da parte dei produttori degli articoli sportivi: in India, ad esempio, anche se<br />
esiste un sistema di monitoraggio delle imprese, manca trasparenza e non ci sono informazioni<br />
pubbliche sul suo funzionamento e sui risultati. Inoltre, in altri Paesi dove si producono palloni ed<br />
articoli sportivi, come in Cina, non esiste un sistema di monitoraggio credibile.<br />
BAMB<strong>IN</strong>I <strong>IN</strong> <strong>DI</strong>VISA<br />
Il Global Report on child soldiers 2001, lanciato dalla Coalizione Internazionale "Stop all'uso dei<br />
bambini soldato!", denuncia il reclutamento, in più di 87 Paesi, di almeno mezzo milione di<br />
bambini sia nelle forze armate governative che nei gruppi armati d’opposizione; essi sono esposti ai<br />
pericoli degli scontri armati, trattati brutalmente e puniti in modo estremamente severo in caso di<br />
errore. Una tentata diserzione può portare agli arresti e, in qualche caso, ad una esecuzione<br />
sommaria. Dei minori reclutati, la maggioranza ha tra i 15 e i18 anni, ma ci sono anche reclute di 10<br />
anni e la tendenza è verso un abbassamento della soglia di età. Anche le ragazze, sebbene in misura<br />
minore, sono reclutate e soggette soprattutto a violenze sessuali. Alcuni sono soldati a tutti gli<br />
effetti, altri sono usati come portatori di munizioni, vettovaglie ecc. L’uso di armi leggere ha<br />
contribuito ad accrescere il problema perché ha reso più facile l’uso di minori, i quali non chiedono<br />
paghe e sono più controllabili ed influenzabili di un adulto. Il problema è più grave in Africa dove i<br />
bambini soldato con meno di 18 anni sono circa 120.000. Una situazione inaccettabile se si pensa<br />
che l’esperienza della guerra è, per coloro che sopravvivono, psicologicamente devastante.<br />
IL FOCUS SULLE FORME <strong>IN</strong>TOLLERABILI <strong>DI</strong> LAVORO <strong>IN</strong>FANTILE<br />
Nell'ambito dello sfruttamento del lavoro infantile sono state evidenziate alcune tipologie<br />
particolarmente gravi, così pregiudizievoli per il fisico e la mente da dover essere considerate in via<br />
50
prioritaria. Ecco perché si sta discutendo della necessità di approvare una nuova Convenzione dell'<br />
ILO contro le "forme estreme di sfruttamento infantile".<br />
Esse riguardano:<br />
- tutte le forme di schiavitù o pratiche similari, come la vendita e il traffico di bambini, il lavoro<br />
forzato, la schiavitù per debiti;<br />
- l'uso e l'offerta di un bambino in attività illegali, per la prostituzione, la produzione pornografica;<br />
- ogni altro lavoro che per la sua natura o per le circostanze in cui è effettuato, possa pregiudicare la<br />
salute, la sicurezza morale e materiale dei bambini.<br />
Tali intollerabili attività, che secondo il settore non governativo dovrebbero includere anche i<br />
bambini - soldato e il lavoro domestico sotto terzi, richiedono interventi, attenzione e risorse per la<br />
loro eliminazione tempestiva.<br />
Per questo è importante che una nuova Convenzione sia approvata.<br />
CHE FARE?<br />
I tribunali devono certo fare il loro lavoro perseguendo gli individui colpevoli di sfruttamento dei<br />
bambini. Ma il problema spesso è legato a meccanismi molto complicati che richiedono interventi<br />
su più fronti, anche strutturali, come indicano le richieste della Marcia globale.<br />
Il lavoro infantile può essere la leva su cui agire per incidere sulla cause.<br />
La situazione<br />
I BAMB<strong>IN</strong>I SOLDATO<br />
Più di 300.000 minori di 18 anni sono attualmente impegnati in conflitti nel mondo. Centinaia<br />
di migliaia hanno combattuto nell'ultimo decennio, alcuni negli eserciti governativi, altri nelle<br />
armate di opposizione. La maggioranza di questi hanno da 15 a 18 anni ma ci sono reclute anche di<br />
10 anni e la tendenza che si nota è verso un abbassamento dell'età. Decine di migliaia corrono<br />
ancora il rischio di diventare soldati.<br />
Il problema è più grave in Africa (il rapporto presentato nell'aprile scorso a Maputo parla di<br />
120.000 soldati con meno di 18 anni) e in Asia ma anche in America e Europa parecchi stati<br />
reclutano minori nelle loro forze armate.<br />
Negli ultimi 10 anni è documentata la partecipazione a conflitti armati di bambini dai 10 ai 16<br />
anni in 25 Paesi. Alcuni sono soldati a tutti gli effetti, altri sono usati come "portatori" di<br />
munizioni, vettovaglie ecc. e la loro vita non è meno dura e a rischio dei primi. Alcuni sono<br />
regolarmente reclutati nelle forze armate del loro stato, altri fanno parte di armate di opposizione ai<br />
governi; in ambedue i casi sono esposti ai pericoli della battaglia e delle armi, trattati brutalmente e<br />
puniti in modo estremamente severo per gli errori. Una tentata diserzione può portare agli arresti e,<br />
in qualche caso, ad una esecuzione sommaria. Anche le ragazze, sebbene in misura minore, sono<br />
reclutate e frequentemente soggette allo stupro e a violenze sessuali. In Etiopia, per esempio, si<br />
stima che le donne e le ragazze formino fra il 25 e il 30 per cento delle forze di opposizione armata.<br />
Le cause<br />
Anche nella storia passata i ragazzi sono stati usati come soldati, ma negli ultimi anni questo<br />
fenomeno è in netto aumento perché è cambiata la natura della guerra, diventata oggi<br />
prevalentemente etnica, religiosa e nazionalista. I "signori della guerra" che le combattono non si<br />
curano delle Convenzioni di Ginevra e spesso considerano anche i bambini come nemici. Secondo<br />
uno studio UNICEF, i civili rappresentavano all'inizio del secolo il 5 per cento delle vittime di<br />
guerra. Oggi costituiscono il 90 per cento.<br />
L'uso di armi automatiche e leggere ha reso più facile l'arruolamento dei minori; oggi un bambino<br />
di 10 anni può usare un AK-47 come un adulto. I ragazzi, inoltre, non chiedono paghe, e si fanno<br />
51
indottrinare e controllare più facilmente di un adulto, affrontano il pericolo con maggior incoscienza<br />
(per esempio attraversando campi minati o intrufolandosi nei territori nemici come spie).<br />
Inoltre la lunghezza dei conflitti rende sempre più urgente trovare nuove reclute per rimpiazzare le<br />
perdite. Quando questo non è facile si ricorre a ragazzi di età inferiore a quanto stabilito dalla legge<br />
o perché non si seguono le procedure normali di reclutamento o perché essi non hanno documenti<br />
che dimostrino la loro vera età.<br />
Si dice che alcuni ragazzi aderiscono come volontari: in questo caso le cause possono essere<br />
diverse: per lo più lo fanno per sopravvivere, perché c'è di mezzo la fame o il bisogno di<br />
protezione. Nella Rep. Democratica del Congo, per esempio, nel '97 da 4.000 a 5.000 adolescenti<br />
hanno aderito all'invito, fatto attraverso la radio, di arruolarsi: erano per la maggior parte "ragazzi<br />
della strada".<br />
Un altro motivo può essere dato da una certa cultura della violenza o dal desiderio di vendicare<br />
atrocità commesse contro i loro parenti o la loro comunità. Una ricerca condotta dall'ufficio dei<br />
Quaccheri di Ginevra mostra come la maggioranza dei ragazzi che va volontario nelle truppe di<br />
opposizione lo fa come risultato di una esperienza di violenze subite personalmente o viste<br />
infliggere ai propri familiari da parte delle truppe governative<br />
Le conseguenze<br />
Per i ragazzi che sopravvivono alla guerra e non hanno riportato ferite o mutilazioni, le conseguenze<br />
sul piano fisico sono comunque gravi: stati di denutrizione, malattie della pelle, patologie<br />
respiratorie e dell'apparato sessuale, incluso l'AIDS. Inoltre ci sono le ripercussioni psicologiche<br />
dovute al fatto di essere stati testimoni o aver commesso atrocità: senso di panico e incubi<br />
continuano a perseguitare questi ragazzi anche dopo anni. Si aggiungano le conseguenze di<br />
carattere sociale: la difficoltà dell'inserirsi nuovamente in famiglia e del riprendere gli studi spesso<br />
è tale che i ragazzi non riescono ad affrontarla. Le ragazze poi, soprattutto in alcuni ambienti, dopo<br />
essere state nell'esercito, non riescono a sposarsi e finiscono col diventare prostitute. L'uso dei<br />
bambini soldato ha ripercussioni anche su gli altri ragazzi che rimangono nell'area del conflitto,<br />
perché tutti diventano sospettabili in quanto potenzialmente nemici. Il rischio è che vengano uccisi,<br />
interrogati, fatti prigionieri. Qualche volta i bambini soldato possono rappresentare un rischio anche<br />
per la popolazione civile in senso lato: in situazioni di tensione sono meno capaci di autocontrollo<br />
degli adulti e quindi sono "dal grilletto facile".<br />
Una forma di sfruttamento<br />
Per quanto molti stati siano riluttanti ad ammetterlo, l'uso di bambini soldato può essere considerato<br />
come una forma di lavoro illegittimo per la natura pericolosa del lavoro. L'ILO riconosce che: "il<br />
concetto di età minima per l'ammissione all'impiego o lavoro che per sua natura o per le circostanze<br />
in cui si svolge porti un rischio per la salute, la sicurezza fisica o morale dei giovani, può essere<br />
applicata anche al coinvolgimento nei conflitti armati". L'età minima, secondo la Convenzione n°<br />
138, corrisponde ai 18 anni. Ricerche ONU hanno mostrato come la principale categoria di ragazzi<br />
che diventa soldato in tempo di guerra, sia soggetta allo sfruttamento lavorativo in tempo di pace.<br />
La maggioranza dei bambini soldato appartiene a queste categorie:<br />
• ragazzi separati dalle loro famiglie (orfani, rifugiati non accompagnati, figli di single)<br />
• provenienti da situazioni economiche o sociali svantaggiate (minoranze, ragazzi di strada,<br />
sfollati)<br />
• ragazzi che vivono nelle zone calde del conflitto.<br />
Chi vive in campi profughi è particolarmente a rischio di essere sfruttato da gruppi armati. Le<br />
famiglie e le comunità sono distrutte, i ragazzi sono abbandonati a se stessi e la situazione è di<br />
grande incertezza. I rifugiati sono così spesso alla mercé dei gruppi armati.<br />
"Informazioni sul Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti dell'infanzia"<br />
Il 25 maggio 2000, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato il testo definitivo del<br />
Protocollo opzionale alla Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia, riguardante il<br />
52
coinvolgimento dei minori nei conflitti armati. Dal giugno successivo, il documento è aperto alla<br />
firma e alla ratifica di tutti gli stati. Il Protocollo opzionale rappresenta un passo importante per la<br />
comunità internazionale, ma non soddisfa completamente la Coalizione. Infatti limite minimo di 18<br />
anni viene imposto soltanto per l'arruolamento coercitivo, ma non per il reclutamento volontario<br />
degli eserciti regolari.<br />
Il lungo cammino che ha portato all'adozione di questo documento è iniziato nel 1994, quando la<br />
Commissione ONU sui diritti umani decise di costituire un gruppo di lavoro apposito (Risoluzione<br />
1994/91:<br />
Implementation of the Convention on the Rights of the Child). In seguito Graca Machel, già<br />
Ministro dell'educazione in Mozambico, fu incaricata dal Segretario Generale dell'ONU di uno<br />
studio sull'impatto dei conflitti armati sui bambini.Preparato da un lavoro di due anni, il documento<br />
fu approvato dall'Assemblea Generale nel 1996 (Impact of armed conflict on children, Documento<br />
delle N.U. A/51/306 del 26 agosto 1996 e del 9 settembre 1996). Lo studio contiene la<br />
raccomandazione agli stati di portare a conclusione la redazione del protocollo alla Convenzione sui<br />
diritti dell'infanzia, che innalzi l'età per il reclutamento e la partecipazione volontaria nelle forze<br />
armate ai 18 anni.<br />
A favore dell'innalzamento dell'età minima ai 18 anni si sono pronunciati: il Parlamento europeo<br />
(Risoluzione del dicembre 1998), il Consiglio dei ministri dell'organizzazione dell'Africa unita<br />
(Risoluzione 1659 adottata a Yaounde (Camerun) nel 1996. L'Assemblea congiunta degli stati<br />
europei e africani si è riunita a Strasburgo nella prima settimana dell'aprile 1999, e ha elaborato una<br />
risoluzione nella quale si chiede agli stati membri della Convenzione di Lomé di vietare il<br />
reclutamento e la partecipazione di minori ai conflitti e di elaborare programmi per la<br />
smobilitazione e il reinserimento sociale degli ex bambini soldato.<br />
L’impegno dell’OIL contro il lavoro minorile<br />
L’attività normativa<br />
1919 : alla sua prima sessione, la Conferenza internazionale del Lavoro adotta la<br />
Convenzione N. 5 sull’età minima nell’assunzione all’impiego nell’industria<br />
1919-1973 : la Conferenza adotta cinque altre convenzioni e quattro raccomandazioni<br />
sull’età minima in settori particolari di attività economica<br />
1973 : la Conferenza adotta la Convenzione N. 138 sull’età minima nell’assunzione<br />
all’impiego (con relativa Raccomandazione N. 146). Questa convenzione riveste carattere<br />
generale e sostituisce la precedente normativa<br />
1992 : inizio del programma IPEC<br />
1998 : la Conferenza adotta la Dichiarazione sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro.<br />
L’abolizione effettiva del lavoro minorile viene inserita nell’elenco dei quattro diritti<br />
fondamentali (gli altri tre sono : libertà di associazione e diritto di contrattazione collettiva ;<br />
eliminazione di ogni forma di lavoro forzato ; eliminazione della discriminazione<br />
nell’accesso al lavoro). La Dichiarazione prevede un rapporto globale annuale sulla<br />
situazione mondiale in relazione ai quattro diritti fondamentali (ogni anno viene esaminato<br />
uno dei quattro diritti fondamentali : il rapporto del 2002 verte sul lavoro minorile)<br />
1999 : la Conferenza adotta la Convenzione N. 182 sulla proibizione delle forme peggiori di<br />
lavoro minorile e l’azione immediata per la loro eliminazione (con relativa<br />
Raccomandazione N. 190)<br />
2002 : viene presentato alla Conferenza internazionale del Lavoro il rapporto globale A<br />
future without child labour come richiesto dalla Dichiarazione fondamentale del 1998<br />
53
Il rapporto globale A future without child labour<br />
Il rapporto globale A future without child labour – lo studio più approfondito finora<br />
realizzato sull’argomento – indica che lavorano nel mondo 246 milioni di minori – ossia uno<br />
ogni sei minori tra i 5 e i 17 anni. Fra i risultati più clamorosi, il rapporto segnala inoltre che<br />
ca. 179 milioni di minori tra i 5 e i 17 anni (uno su otto) è tuttora esposto alle forme peggiori<br />
di lavoro :<br />
– circa 111 milioni di bambini sotto i 15 anni sono costretti a lavori pericolosi dai quali<br />
dovrebbero essere immediatamente ritirati ;<br />
– 59 milioni di giovani dai 15 ai 17 anni, anch’essi sottoposti a lavori pericolosi, hanno<br />
urgente necessità di protezione e dovrebbero essere ritirati dal lavoro ;<br />
– 8,4 milioni di bambini sono sottoposti alle forme peggiori di lavoro minorile quali<br />
schiavitù, schiavitù per debiti, e altre forme di lavoro forzato come l’arruolamento forzato in<br />
vista della partecipazione a conflitti armati, prostituzione, pornografia e altre attività illecite.<br />
Dal punto di vista della ripartizione geografica, il maggior numero di bambini al lavoro tra i<br />
5 e i 14 anni si trova nella regione Asia-Pacifico : 127 milioni, il 60 percento del totale<br />
mondiale. Seguono l’Africa subsahariana con 48 milioni (23 percento), l’America latina e i<br />
Caraibi con 17,4 milioni (8 percento) e il Medio Oriente e l’Africa del Nord con 13,4<br />
milioni (6 percento).<br />
Il lavoro minorile rimane un fenomeno mondiale dal quale nessun paese o regione è del tutto<br />
al riparo. Crisi di ogni tipo – catastrofi naturali, grave recessione economica, AIDS, guerra –<br />
spingono un numero crescente di giovani verso forme di lavoro debilitanti, alle volte illegali<br />
e clandestine quali la prostituzione, lo spaccio di droga, la pornografia e altre attività illecite.<br />
Il lavoro minorile all’inizio del XXI secolo viene descritto come un fenomeno mutevole<br />
dalle forme più diverse. Sulla base dei dati più recenti si stimano in 352 milioni i bambini<br />
dai 5 ai 14 anni che esercitano oggi una attività economica.<br />
Il Programma internazionale dell’OIL per l’eliminazione del lavoro minorile (IPEC)<br />
IPEC è il più impegnativo programma di cooperazione tecnica per l’eliminazione del lavoro<br />
minorile.<br />
IPEC punta ad arrestare lo sfruttamento dei bambini rafforzando le capacità nazionali di<br />
affrontare il problema promuovendo lo sviluppo, offrendo ai bambini alternative educative<br />
adeguate e ai genitori un lavoro dignitoso e un reddito sufficiente.<br />
Il programma è stato lanciato nel 1992 e attualmente, con il sostegno finanziario di 25<br />
donatori tra i paesi sviluppati (tra cui l’Italia e l’Unione Europea), coinvolge circa 75 paesi,<br />
di cui ispira, orienta e sostiene gli interventi diretti.<br />
IPEC dà la massima priorità alle azioni contro le forme estreme di sfruttamento minorile,<br />
come il lavoro in condizioni pericolose, l’asservimento dei figli per ripagare i debiti, la<br />
prostituzione e il traffico di minori.<br />
IPEC rivolge una speciale attenzione ai minori in condizioni di vulnerabilità, in particolare<br />
ai bambini di età inferiore ai 12 anni e alle bambine.<br />
IPEC promuove lo sviluppo di una legislazione protettiva e sostiene l’applicazione di misure<br />
tese alla prevenzione, al ritiro dei bambini dagli impieghi pericolosi e all’offerta di<br />
alternative transitorie in vista dell’eliminazione del lavoro infantile.<br />
IPEC, infine, per integrare in modo sistematico le questioni relative al lavoro infantile nelle<br />
politiche di sviluppo economico e sociale dei diversi paesi, riproduce ed espande progetti<br />
precedenti che abbiano dato risultati di successo.<br />
Creata da FR. Approvata da MS. Ultima modifica : 2 luglio 2002.<br />
54
AUTORISCATTO<br />
NOTA A MARG<strong>IN</strong>E<br />
di Manuel Finelli di "NATS", rivista dei bambini e degli adolescenti lavoratori<br />
Nel momento in cui al termine "lavoro" viene affiancato l'aggettivo "minorile", l'idea che prende<br />
forma nell'immaginario dell'opinione pubblica è quella di uno scandalo terrificante,<br />
indipendentemente dalla modalità e dai contesti in cui viene espletato. Ma una differenziazione si<br />
impone. Se adottiamo la definizione di Giangi Schibotto, il "lavoro infantile è qualsiasi attività di un<br />
minore di età che, non esercitata con prevalente intenzionalità di gioco, contribuisce al<br />
soddisfacimento sia delle necessità materiali basiche (di natura fisico-biologica) sia degli<br />
indispensabili processi di socializzazione". In questa definizione non rientrano tutte quelle<br />
dimensioni di analfabetismo o deprivazione che sono le drammaticamente normali conseguenze di<br />
un abuso del lavoro minorile.<br />
ABERRAZIONI<br />
E' importante quindi ricordare le risposte popolari che al fenomeno del lavoro minorile si stanno<br />
tentando di dare attraverso un approccio alternativo, un approccio che lotta e combatte per ottenere<br />
una ridefinizione del lavoro infantile e della legislazione che lo concerne. In tutte quelle realtà in cui<br />
il lavoro dei bambini è esercitato in una quantità di ore né totalizzante né psicofisicamente provante,<br />
infatti, il diritto al lavoro diventa diritto allo studio e, per contro, impedire ai ragazzi di guadagnare i<br />
loro salari significa impedire loro di comprarsi il materiale didattico e l'alimentazione che i<br />
ministeri dell'educazione continuano progressivamente a scaricare sull'economia di famiglie sempre<br />
più indigenti. Negli ultimi anni il Sud del mondo è stato lo scenario in cui le problematiche relative<br />
alle peggiori aberrazioni capitalistiche hanno preso forma. Parallelamente a queste, però, hanno<br />
irrotto sulla medesima scena anche tutta una serie di risposte costituite da un insieme eterogeneo di<br />
cooperative, autogestioni, movimenti per i diritti umani, movimenti di rivendicazione culturale e<br />
indigena e via dicendo.<br />
ORGANIZZAZIONI<br />
In questo quadro, l'esperienza dei "NATS" (Bambini e adolescenti lavoratori) che si associano è<br />
divenuta fra le più importanti, in quanto essi si organizzano nella loro condizione di povertà per<br />
combatterla e non solamente per sopravviverci. L'esperienza dei movimenti dei bambini lavoratori<br />
nasce nel 1978 in Perù e si estende poi agli altri paesi poveri, latinoamericani prima, africani e<br />
asiatici poi. Nel loro quotidiano, essi operano per ottenere il riconoscimento dell'innegabile ruolo<br />
socioeconomico che i singoli "NATS" rivestono da tempo nei rispettivi paesi. Un movimento<br />
"NATS" struttura la sua azione sulla base di valori forti e precisi che sintetizziamo. Il protagonismo<br />
infantile è "per il cambiamento", nel senso che esso deve poter attivare un'azione che non si limiti a<br />
essere una sfida per la sopravvivenza, ma sia invece un fattore di riscatto. Si punta innanzitutto sulla<br />
"valorizzazione critica del lavoro": nel momento in cui i contesti e le modalità lavorative divengono<br />
quelle auspicate dal movimento, quindi al di là di ogni sfruttamento, il lavoro ha la possibilità di<br />
conferire elementi preziosi alla socializzazione del minore.<br />
SCUOLA<br />
C'è poi il "valore della scuola": una valorizzazione critica del lavoro non relega la scuola in secondo<br />
piano; al contrario la considera uno dei contesti ideali per la formazione anche intellettuale del<br />
soggetto, purché non si tratti di un'isola separata da ogni realtà contingente. Numerosi centri<br />
educativi evidenziano la possibilità di unire armonicamente i vantaggi formativi della scuola e del<br />
lavoro, incrementando la frequenza e migliorando i contenuti. Esiste anche un "valore del ruolo<br />
degli adulti": essi devono gestire insieme ai bambini e agli adolescenti i loro programmi di<br />
apprendimento e accompagnare le iniziative. Le opportunità possibili sono molteplici, ma tutte<br />
dirette alla trasmissione, nel bambino/adolescente lavoratore, di una serie di strumenti che,<br />
impostati ai valori appena citati, permettano una sua promozione culturale e una sua autodifesa<br />
dallo sfruttamento socioeconomico caratteristico, ma non per sua oggettiva natura, delle situazioni<br />
di marginalità in cui normalmente vive.<br />
55
LA PROSTITUZIONE<br />
“La prostituzione e il male che la accompagna, vale a dire la tratta degli esseri umani ai fini della<br />
prostituzione, sono incompatibili con la dignità e il valore della persona umana e mettono in<br />
pericolo il benessere dell’individuo, della famiglia e della comunità” (preambolo della<br />
Convenzione per la repressione della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della<br />
prostituzione altrui del 1949 delle Nazioni Unite).<br />
Viene definita prostituzione l’attività che prevede atti sessuali prestati dietro pagamento. Il<br />
pagamento non consiste necessariamente in una transizione monetaria, ma può assumere la forma di<br />
un luogo dove abitare, qualcosa da mangiare, sostanze stupefacenti, o altre forme di pagamento in<br />
natura.<br />
Bisogna però distinguere tra i diverse tipologie di prostituzione:<br />
1. prostituzione volontaria;<br />
2. sfruttamento e riduzione in schiavitù.<br />
Nel primo caso si tratta di donne che non hanno il protettore ed esercitano in casa, magari in<br />
due o tre per tutelarsi e dividono nettamente il luogo di vita da quello del lavoro. Per loro la<br />
prostituzione è una scelta, determinata dagli alti guadagni e svolta anche solo per un certo periodo.<br />
Sono persone che tutelano la propria salute e che scelgono dove, come e con chi prostituirsi. Di<br />
questo gruppo fanno parte anche casalinghe e studentesse che si prostituiscono part time, per noia o<br />
per denaro.<br />
Accanto a quest’offerta, ci sono anche le/i tossicodipendenti, i travestiti e i transessuali. I primi si<br />
prostituiscono per procurare la droga per sè e/o per il proprio compagno. Per i travestiti e i<br />
transessuali la prostituzione rappresenta spesso l’unica possibilità di lavoro, a causa dei pregiudizi<br />
nei confronti di persone considerate “diverse” per le loro scelte sessuali non conformiste e che<br />
pregiudicano il loro inserimento nel settore del lavoro tradizionale.<br />
Si parla invece di sfruttamento e riduzione in schiavitù quando si tratta di prostituzione forzata,<br />
e quindi ogni qualvolta siano coinvolti minori. I soggetti coinvolti sono per lo più donne straniere,<br />
legate a organizzazioni criminali specializzate nel traffico di esseri umani.<br />
Si possono distinguere tre tipologie di prostituzione forzata:<br />
- prostituzione in locali pubblici e/o notturni, mascherata da attività professionali (ballerina,<br />
entreineuse, estetista, accompagnatrice). E’ più diffusa nel Nord Europa, meno da noi;<br />
- prostituzione in locali chiusi (appartamenti privati, case-vetrine di quartieri a luci rosse, pensioni,<br />
alberghi). Questa forma è più tollerata dall’opinione pubblica, ma come emerge dall’analisi di C. de<br />
Stoop 1 , nasconde spesso condizioni di vita durissime e meno controllate;<br />
- prostituzione di strada, in luogo aperto. E’ la più diffusa e interessa la maggior parte delle donne<br />
estere immigrate.<br />
Definizione di tratta<br />
Il 18 gennaio 1996 a Strasburgo, il rapporto presentato su iniziativa della “Commissione<br />
parlamentare sulle libertà pubbliche e gli affari interni” sul traffico di esseri umani a fine di<br />
sfruttamento sessuale ha dato la seguente definizione di tratta: si “intende per tratta di esseri umani<br />
l’atto illegale di chi, direttamente o indirettamente, favorisce l’entrata o il soggiorno di un cittadino<br />
proveniente da un Paese terzo ai fini del suo sfruttamento utilizzando l’inganno o qualunque altra<br />
forma di costrizione o abusando di una situazione di vulnerabilità o di incertezza amministrativa” -<br />
(art. 1)<br />
In seguito, un rapporto presentato alla Commissione sui Diritti Umani nel 2000, sostiene che il<br />
traffico di persone può essere definito come il reclutamento, il trasporto, l’acquisto, la vendita,<br />
l’alloggio o il ricevimento di persone, tramite minacce o l’uso della violenza, il sequestro, la frode,<br />
1 De Stoop Cris, “Elles sont si gentilles, Monsieur”, La longue vie, Paris, 1993.<br />
56
l’inganno o la coercizione, o tramite la contrazione di un debito capestro allo scopo di costringere la<br />
persona oggetto di traffico a svolgere pratiche di lavoro forzato o in condizioni di schiavitù, a<br />
prescindere dal pagamento del debito e in una comunità diversa da quella in cui viveva al momento<br />
della contrazione del debito.<br />
“Le donne sono particolarmente soggette a diventare vittime della tratta di esseri umani a causa<br />
della femminilizzazione della povertà, della discriminazione sessuale e della mancanza di istruzione<br />
e opportunità professionali nei loro paesi di origine” 2<br />
Le cause<br />
La prostituzione coinvolge tutta la società, che in un certo senso è responsabile di questo<br />
fenomeno: dai clienti che richiedono prestazioni sempre più varie e diversificate, alla povertà, alla<br />
miseria, alle guerre, che inducono migliaia di persone ad affidarsi ai trafficanti internazionali che le<br />
sfrutteranno nei mercati del sesso. Responsabile è anche il sistema consumistico che propone<br />
modelli e stili di vita falsi.<br />
Come evidenziato da Mirta Da Pra Pocchiesa 3 , il fenomeno della prostituzione può essere infatti<br />
ricondotto a quattro fattori scatenanti:<br />
- POVERTA’ - La principale causa del fenomeno della prostituzione è da sempre la difficile<br />
situazione economica e sociale delle vittime: carestie, guerre, tracolli economici, condizioni di<br />
inferiorità della donna. La prostituzione diventa quindi un elemento di “emancipazione” per<br />
cambiare il proprio futuro e quello della propria famiglia .<br />
- MERCATI SEMPRE PIU’ <strong>DI</strong>VERSIFICATI - Il mercato del sesso deve fare fronte a una<br />
sempre maggiore “domanda”e deve rispondere a richieste sempre più diversificate (omosessuali,<br />
transessuali, straniere, italiane, prestazioni sado-maso, scambio di coppie, minori). Viene esercitato<br />
per le strade, ma anche nei locali notturni, nei saloni di bellezza, in club privati, in alberghi<br />
compiacenti e prevede anche viaggi-vacanza a scopo sessuale (turismo sessuale).<br />
La diversificazione dei mercati riguarda anche la criminalità e le mafie. Le organizzazioni criminali<br />
si sono infatti dimostrate capaci e spietate nell’usare e spostare cose e persone, favorite anche da<br />
minor disturbo rispetto agli altri traffici illegali. Il mercato del sesso rappresenta una notevole<br />
valvola di sicurezza nella diversificazione degli investimenti: costa poco, rappresenta un<br />
investimento sul lungo periodo, i guadagni sono considerevoli (una ragazza guadagna anche 500<br />
euro a sera) e i rischi sono pochi (pene basse e comunque di difficile applicazione).<br />
- <strong>IN</strong>DUZIONE AL CONSUMO - La pornografia stampata o telematica, ma anche messaggi<br />
pubblicitari ambigui, cinema, televisione inducono a cercare il “piacere” a qualsiasi costo, anche e<br />
soprattutto a scapito dei più deboli.<br />
- CRISI DEI RUOLI E <strong>DI</strong>FFICOLTA’ <strong>DI</strong> COMUNICAZIONE TRA I SESSI - Alla base della<br />
domanda sempre più forte di sesso a pagamento c’è una crisi nelle relazioni tra uomo e donna e la<br />
paura del confronto e del giudizio. La prostituzione rappresenta una sorta di fuga che pone il cliente,<br />
perché paga, in una situazione di potere.<br />
2<br />
Commissione Europea, La tratta delle donne. Il dramma dietro il sogno: dalla povertà alla schiavitù sessuale, dal sito<br />
web: www.europa.eu.it<br />
3<br />
“Prostitute, prostituite, clienti. Che fare? Il fenomeno della prostituzione e la tratta degli esseri<br />
umani” a cura di Mirta Da Pra Pocchiesa e Leopoldo Grosso, Edizioni Gruppo Abele, 2001.<br />
57
La schiavitù sessuale in Italia<br />
Oggi in Italia il fenomeno della prostituzione riguarda soprattutto le donne immigrate. Portate dai<br />
trafficanti di esseri umani a scopo di abuso sessuale, all’ingresso in Italia gli sfruttatori sottraggono<br />
loro i documenti (passaporto, permesso di soggiorno turistico) e le costringono ad un lavoro<br />
schiavo.<br />
L’evoluzione del fenomeno ha attraversato tre fasi:<br />
- La prima fase va dai primi anni Ottanta fino al 1988 e riguarda donne provenienti per lo più<br />
dall’America Latina. Sono donne sole e povere, allettate dall’idea di arrivare in un paese ricco, ma<br />
spesso costrette a scegliere la strada. Fenomeno parallelo, ma più limitato, è la prostituzione<br />
maschile (viados e altri). C’è anche una presenza di donne dell’Est, inserite nel giro dei night-club,<br />
club privati, dove vengono offerte prestazioni sessuali a pagamento.<br />
- La seconda fase inizia nel 1988/89 e si prolunga fino al 1992. Coincide con la coscienza che<br />
l’AIDS si trasmette anche per via eterosessuale. Ciò provoca il ritiro dalle strade delle donne<br />
italiane, che lasciano il posto alle prostitute immigrate. La caduta del muro di Berlino e l’inizio<br />
della guerra nella ex Jugoslavia favoriscono inoltre i flussi migratori (sanati dalla Legge Martelli n°<br />
39 del 1990) dall’Est (Polonia e Russia) e dall’Africa sub-shariana (Nigeria, Ghana, Togo). La<br />
prostituzione diventa tratta di donne, uomini e minori per sfruttamento sessuale. Il mercato è gestito<br />
direttamente in Africa e all’Est da concittadini che irretiscono e convincono con forme amicali e si<br />
avvale di forti connivenze di alcune ambasciate. Si tratta di prostituzione esclusivamente di strada.<br />
La quasi totalità delle donne africane giunge in questo periodo (14/15.000 unità), spesso con visti<br />
acquisiti attraverso favori e complicità di funzionari compiacenti.<br />
- La terza fase, ancora attuale, è caratterizzata dall’arrivo delle donne albanesi. Gli sfruttatori diretti<br />
sono i connazionali, molto legati alle autorità locali e con forti connivenze con la nostra criminalità<br />
organizzata, che forniscono documenti di viaggio, visti d’ingresso, permessi di soggiorno, biglietti<br />
aerei, traversate in gommone. Dal 1995 si assiste a nuovi flussi di arrivo dalla ex Jugoslavia, dai<br />
Paesi dell’Est (Ungheria, Bulgaria, Ucraina, Romania, Russia, Polonia, Repubblica Ceca e<br />
Slovacca). Negli ultimi tempi stanno giungendo anche donne dalla Cina e dal Marocco, fino a poco<br />
fa quasi assenti.<br />
Tutte queste donne partono dal loro Paese con il desiderio di cambiare la propria vita e quella della<br />
propria famiglia, con la speranza di uscire dalla povertà e dalla miseria, o dalla sudditanza dalle<br />
figure maschili. Esse “sono accomunate anche dalle modalità di reclutamento per giungere in Italia<br />
e in Europa: attraverso connazionali che si relazionano con la criminalità dei Paesi ospitanti (è il<br />
caso ad esempio della criminalità albanese che agisce in accordo con la Sacra Corona Unita<br />
pugliese o con la malavita cinese, centro-nord africana e slovena) per la gestione del territorio o di<br />
altri traffici paralleli.” 4 Il 99% di loro non faceva la prostituta nel Paese di provenienza. Quasi tutte<br />
le ragazze sanno, alla partenza, che tipo di lavoro faranno, ma non conoscono la condizione coatta.<br />
A spingerle sono il desiderio di fuggire da una situazione senza prospettive, sognando un Occidente<br />
ricco, dove regna l’abbondanza e dove si può guadagnare facilmente senza che nessuno sia a<br />
conoscenza del modo. Altro elemento che le accomuna è la clandestinità, oltre alla giovane età e<br />
alla scarsa conoscenza della lingua del Paese in cui giungono.<br />
I meccanismi di sfruttamento sono invece molto diversi a seconda della nazionalità di<br />
appartenenza.<br />
Il caso delle nigeriane<br />
A fine 1988 inizia l’immigrazione organizzata e massiccia di donne africane dell’area subsahariana.<br />
La maggior parte di loro proviene dalle stesse aree del Sud della Nigeria, dalle città di<br />
4 cfr. idem<br />
58
Benin City, Lagos, o da qualche cittadina dell’interno e appartengono alle tribù Igbo, Yoruba, Bini,<br />
Edo. Parecchie sono separate, abbandonate dai mariti e hanno figli, alcune sono giovanissime;<br />
mediamente hanno un’età che va dai 17 ai 30 anni. Il loro numero è cresciuto costantemente e a<br />
tutt’oggi sono la comunità più numerosa.<br />
Tutte partono dall’aeroporto di Lagos, dopo aver ottenuto un visto di transito da 3 a 15 giorni,<br />
rilasciato dall’ambasciata italiana, pagando l’equivalente di 1000-3000 dollari a cittadini nigeriani<br />
che hanno accesso agli uffici consolari dell’ambasciata. La corruzione dei funzionari non riguarda<br />
solo la nostra ambasciata, ma anche quelle di altri Paesi europei. Il passaporto viene ottenuto<br />
direttamente dalla polizia locale che lo prepara e lo vende. Sono documenti “regolari”, acquisiti<br />
attraverso l’organizzazione criminale che poi mette o sostituisce la fotografia. L’arrivo per quasi<br />
tutte è l’aeroporto di Roma, Linate o Malpensa, ma anche Amsterdam, Londra, Bruxelles, Parigi.<br />
Il reclutamento avviene in Nigeria attraverso altre donne, le maman, che a loro volta hanno fatto le<br />
prostitute, le quali promettono loro compensi a fronte di un impegno a restituire una determinata<br />
cifra (il famoso debito), sottoscrivendo un contratto o, più spesso, attraverso un rito vodou. Il debito<br />
ormai si aggira sui 40-50.000 euro in cambio del passaporto (che viene loro ritirato all’arrivo in<br />
Italia), del visto e del biglietto aereo, oltre a un indirizzo e una base dove andare. Altra figura<br />
centrale nell’organizzazione è quella dello “sponsor” (uomo o donna), che si occupa<br />
dell’importazione delle ragazze, della loro vendita, del procacciamento dei passaporti e del<br />
superamento dei controlli di frontiera.<br />
Le maman sono comunque le vere gestrici del tutto e a loro va consegnato il denaro. Sono loro che<br />
picchiano le donne che guadagnano poco o le minacciano riguardo a ciò che potrebbe succedere a<br />
loro o ai loro cari secondo il rito vodou cui si sono sottoposte. Le ricattano dicendo che riveleranno<br />
ai familiari la loro vera attività o le segnaleranno alle forze dell’ordine.<br />
59
Il caso delle albanesi e delle donne dell’Est europeo<br />
Dal 1994 inizia in Italia l’arrivo massiccio di ragazze albanesi accompagnate da loro connazionali,<br />
collusi con organizzazioni criminali, note per i loro metodi brutali e violenti con i quali hanno<br />
imposto la loro presenza in questo nuovo e lucroso mercato.In alcune città italiane gli albanesi che<br />
sono legati a organizzazioni delinquenziali già presenti in Albania, hanno eliminato la concorrenza<br />
della prostituzione di origine africana o sudamericana e hanno di fatto monopolizzato lo<br />
sfruttamento delle donne.<br />
Il numero delle ragazze coinvolte è indicato oggi in forte crescita: circa 7-8.000 unità.<br />
L’aggancio avviene attraverso agenzie che promettono lavori come bariste, commesse o altro in<br />
Italia. Sono stati segnalati anche molti casi di rapimenti di ragazze, specie nelle zone rurali, ma<br />
spesso le famiglie conoscono la destinazione vera della donna (magari ignara) e si prestano al gioco.<br />
Inizia così il contatto con persone che le possono far espatriare clandestinamente. Dopo un viaggio<br />
lungo e faticoso le donne rumene, ucraine e moldave arrivano in Albania e qui inizia il mercato di<br />
esseri umani, venduti solitamente a organizzazioni formate da serbi, bosniaci, croati o albanesi. A<br />
Valona o in altri centri si effettua la vera e propria tratta delle bianche: le donne possono essere<br />
vendute anche più volte.<br />
Partono nei modi più disparati:<br />
con passaporto valido e soggiorno contraffatto, sulla nave di linea per Trieste o per la costa<br />
pugliese;<br />
senza documenti su motoscafi o gommoni per le coste della Puglia.<br />
Il racket albanese procura il passaporto in pieno accordo con la polizia locale (quasi totalmente e<br />
apertamente coinvolta) e la criminalità organizzata italiana, che spesso accetta lo scambio “donne<br />
contro droga”. La quasi totalità della prostituzione albanese è coatta, anche se a convincere le<br />
ragazze a partire sono sempre gli stessi motivi: miseria, mancanza di lavoro, di prospettive, ecc. A<br />
questo si aggiunge il fatto che per la tradizione contadina e montanara albanese, una ragazza<br />
“chiacchierata” o di strada non può più essere accettata dalla comunità di appartenenza.<br />
Una volta giunte a destinazione inizia una sorta di conquista da parte di una persona del clan, allo<br />
scopo di creare un rapporto affettivo di dipendenza che permette ai capi di controllare meglio le loro<br />
donne. Si tratta di un’organizzazione capace e spietata, dove non sempre la vittima è affettivamente<br />
separata dal carnefice, il che rende l’offerta di aiuto alle vittime e le indagini delle forze dell’ordine<br />
più difficili e delicate, senza contare il fatto che spesso le donne subiscono in silenzio per paura che<br />
i loro parenti in patria ne facciano le spese, infatti circa il 18 % delle donne provenienti dai Paesi<br />
dell’Est ha lasciato dei figli nella sua terra.<br />
In Italia abitano a piccoli gruppi di due, tre o quattro, anche di nazionalità diverse, ma sempre<br />
dell’Est (albanesi, bulgare, ucraine); vengono tenute sotto stretto controllo, talora legate o picchiate<br />
se si dubita che vogliano uscire dal giro o denunciare i loro sfruttatori. Spesso le organizzazioni<br />
minacciano di morte o di sequestro i familiari delle donne, per tenerle più saldamente sotto<br />
controllo.<br />
61
Il caso delle cinesi<br />
Ancora<br />
diversa è la situazione delle donne cinesi, di cui comunque si conosce ancora poco, a causa<br />
della chiusura della comunità cinese, che lascia pochi spazi di penetrazione. Le persone giungono in<br />
Europa con la prospettiva di maggiori opportunità di lavoro e gli investimenti in un progetto<br />
migratorio sono ideati pensando al lungo periodo (anche due anni per giungere in Italia). Chi di loro<br />
finisce nel giro della prostituzione lo fa sotto copertura di saloni di bellezza,o sale-massaggi o<br />
ristoranti gestiti da connazionali. Il viaggio in Italia presuppone un debito da pagare (da 5 a 13.000<br />
euro) per il quale garantiscono parenti o conoscenti che sono presenti sul territorio nazionale e che<br />
pagano alla consegna una parte ingente della cifra; ciò presuppone ovviamente che la persona venga<br />
fatta lavorare sotto il loro stretto controllo. Le donne sanno di dover pagare il loro debito lavorando<br />
per il padrone, ma non immaginano le reali condizioni di sfruttamento e la possibilità di essere<br />
oggetto di compravendita.63<br />
“Nelle comunità cinesi vigono regole e tradizioni che risalgono molto indietro nel tempo. Molto<br />
spiccata è, per esempio, l’attitudine alla sottomissione, forte il senso del dovere e di obbedienza nei<br />
confronti di chi riveste un ruolo di comando e direzione nella comunità, diffusa è l’omertà,<br />
soprattutto quando si è a conoscenza di episodi di punizioni esemplari.”<br />
ina: lo Zhejiang e il Fujan<br />
giunte nel nostro Paese, le donne vengono sequestrate, segregate in casa e sottoposte a<br />
5<br />
La maggior parte delle persone proviene dalle regioni del Sud-Est della C<br />
e arrivano in Italia con la complicità di organizzazioni criminali transnazionali, dopo essere stati<br />
forniti di documenti falsificati. Spesso i clandestini vengono trasportati in aereo a Kiev, in Ucraina.<br />
Il lungo viaggio prosegue per l’Ungheria e la Slovenia e da qui vengono introdotti in territorio<br />
italiano attraverso il confine italo-austriaco, o seguendo rotte marittime verso la Puglia o le coste del<br />
Nord-Est.<br />
Una volta<br />
minacce e violenze fisiche.<br />
L’azione del Governo italiano contro la tratta<br />
Tra<br />
gli obiettivi strategici del Dipartimento per le pari opportunità vi è la promozione di iniziative di<br />
contrasto delle situazioni di violenza connesse al fenomeno del traffico di donne e minori ai fini di<br />
sfruttamento sessuale. Per il raggiungimento di tale obiettivo sono stati predisposti strumenti<br />
normativi e operativi. Ricordiamo in particolare la Convenzione del febbraio 2000 che rende<br />
operativi i progetti in grado di applicare in pieno l’articolo 18, che prevede il rilascio di un<br />
permesso di soggiorno di permesso temporaneo per poter accedere ai progetti di protezione sociale.<br />
Il 26 luglio 2000 è stato presentato e attivato il Numero Verde sulla tratta: 800-290290 ; è un<br />
servizio gratuito, attivo 24 ore su 24, tutti i giorni. Ha la funzione di:<br />
ricevere le richieste di aiuto e di informazione,<br />
mettere in contatto le donne con gli operatori dei progetti di protezione sociale attivi nel<br />
territorio,<br />
raccordare le richieste tra i progetti locali e la rete nazionale.<br />
L’APARTHEID E’ F<strong>IN</strong>ITO?<br />
“ I Chakma sono un popolo semplice, innocente e amante della pace. Sono di religione Buddista e<br />
abitano nell’Arunachal Pradesh, Assam, Tritura, Mizoram in India e nel Chittagong Hill Tracts<br />
(CHT) nel Bangladesh. Hanno il loro modo di vivere, la loro lingua, i loro valori e la loro cultura.<br />
5 E. Ciconte, P. Romani, “Le nuove schiavitù”, Editori Riuniti, 2002.<br />
63
Avevano un alto grado di istruzione, di cultura e di civiltà ma la sfortuna e le circostanze avverse li<br />
hanno ridotti in condizioni molto tristi. Essi sono rifugiati nella loro stessa terra.<br />
Vittime della Spartizione dell’India. La Spartizione dell’India del 1947 è stata la causa principale<br />
delle attuali sofferenze dei Chakma. Essi sono state vittime sfortunate di questa spartizione. I<br />
Chakma, essendo di religione Buddista, avrebbero voluto unirsi all’India nel 1947 ma la loro terra<br />
d’origine, Chittagong Hill Tracts, ora in Bangladesh, venne ceduta al Pakistan contro la loro volontà<br />
e questo segnò l’inizio della loro lotta per la sopravvivenza. Il loro destino è stato ben triste da quel<br />
15 Agosto 1947.<br />
Profughi. I Chakma<br />
sono anche vittime della costruzione di una diga, fatta nel nome del progresso.<br />
A causa della costruzione di una centrale idroelettrica, la loro terra coltivabile è stata inondata ed<br />
essi sono stati privati delle loro case e dei loro campi senza ottenere nessun risarcimento.<br />
Vittime del fanatismo religioso. I Chakma sono stati vittime di ripetuti attacchi religiosi e tentativi<br />
di conversione accompagnati da atrocità quali stupri, genocidio, incendi dolosi, infanticidi…<br />
Situazione dell’Arunachal Pradesh. In seguito ai problemi causati dalla costruzione della centrale<br />
idroelettrica di Captai, dalla persecuzione religiosa e dalla repressione, nel 1964 circa 30.000<br />
Chakma lasciarono il Pakistan dell’Est, ora Bangladesh, ed emigrarono nell’allora stato di Assam,<br />
ora Arunachal Pradesh, nella speranza di trovarvi rifugio e protezione. Ma si trattò di un incubo per<br />
questo popolo sfortunato ed inerme. Essendo stati reitegrati nell’ Arunachal Pradesh, essi si diedero<br />
da fare per ricostruire e ricomporre la loro cultura, le loro tradizioni, la loro religione e il loro<br />
sistema di vita; ma dopo trenta anni di convivenza pacifica ci fu un’immprovvisa ondata di anti-<br />
Chakma da parte del governo statale. Il governo dell’Arunachal Pradesh cominciò un processo<br />
sistematico di de-indianizzazione togliendo i servizi dei quali fino ad allora i Chakma avevano<br />
beneficiato.<br />
Ma le atrocità<br />
e le discriminazioni contro i Chakma si intensificarono con la pubblicazione<br />
dell’avviso Quit Arunachal da parte del All Arunachal Pradesh Students Union (AAPSU) con<br />
l’appoggio di alcuni leader importanti e dello stesso governo. Qui di seguito trovate alcuni esempi<br />
di discriminazione nei confronti dei Chakma.<br />
Impiego. I Chakma dell’Arunachal Pradesh non possono diventare funzionari statali. Quelli che<br />
avevano già un impiego statale furono arbitrariamente licenziati nel 1994 o subito dopo. Come<br />
risultato, molti giovani con un buon grado di istruzione fanno i contadini, con grande spreco di<br />
talento ed energie.<br />
Il problema dell’istruzione.<br />
Gli effetti più gravi e duraturi si hanno sull’istruzione. I Chakma non<br />
hanno accesso ai servizi scolastici. I ragazzi e le ragazze non hanno dove alloggiare e ai Chakma<br />
non viene concesso il terreno su cui costruire un alloggio per i propri ragazzi, neanche a spese loro.<br />
I ragazzi e le ragazza Chakma vengono molestati quando chiedono l’ammissione nelle scuole e<br />
molto spesso vengono assaliti dai ragazzi del luogo. I bisogni e le lamentele degli studenti Chakma<br />
non vengono presi in considerazione dalle autorità scolastiche e amministrative e questa politica<br />
ostile non fa che aumentare i maltrattamenti da parte degli studenti del luogo. Mentre borse di<br />
studio e buoni-libro sono a disposizione degli studenti del luogo, ai Chakma non viene nemmeno<br />
permesso di prendere parte alle attività culturali e sportive.<br />
L’ostilità, la discriminazione e le molestie sono peggiorate dopo il 1994. Le scuole che esistevano<br />
nel territorio abitato dai Chakma sono state tutte chiuse e gli insegnanti mandati via e ai Chakma è<br />
stato vietato l’accesso alle altre scuole dello stato. In questo modo è stata rovinata la vita di migliaia<br />
di poveri ragazzi e ragazze che, a causa delle loro difficoltà economiche, non possono permettersi di<br />
studiare in altri stati.<br />
Vie di comunicazione.<br />
Le zone abitate dai Chakma non hanno una buona rete di strade e così gli<br />
abitanti dei villaggi non possono ottenere buoni prezzi per i loro prodotti agricoli. Il Governo ha<br />
speso molti soldi per lo sviluppo delle comunicazioni, ma le aree abitate dai Chakma non ne hanno<br />
beneficiato e sono rimaste isolate.<br />
Traffici e commercio. Le licenze<br />
commerciali sono fuori questione per i Chakma. Essi non<br />
possono essere proprietari neanche di una piccola attività commerciale o azienda. Le licenze<br />
commerciali date ai Chakma prima del 1975 (sotto le condizioni dell’Union Territory) sono state<br />
64
itirate causando la rovina di molti piccoli negozianti. Non tutti i commercianti e i negozianti<br />
possono difendere i loro diritti in tribunale.<br />
Appalti ed altre attività economiche. I Chakma non possono partecipare alle gare di appalto o<br />
altre attività di tipo economico. A causa di questo continuo ostruzionismo la gente non può<br />
nemmeno vendere al mercato i prodotti agricoli ottenuti con un durissimo lavoro.<br />
Terreni agricoli. Solo la metà della popolazione Chakma ricava di che vivere dalla terra concessa<br />
loro dal Ministero della Reintegrazione. Il resto della popolazione è stato insediato in aree non<br />
adatte alla coltivazione. Inoltre, molte famiglie che si erano stabilite sulle rive del fiume Noa-<br />
Dehing sono colpite dalle inondazioni, dall’erosione del suolo e molti terreni sono spazzati via dalla<br />
violenza delle acque. Nessun tipo di risarcimento è mai stato dato alle vittime delle inondazioni.<br />
Nessun risarcimento o ridistribuzione di terre è mai stato dato alle vittime di raids da parte di gente<br />
del luogo, incendi dolosi ed altre atrocità commesse nei confronti dei Chakma.<br />
Atrocità. I Chakma sono stati molestati e torturati. Le donne e le ragazze sono state molestate e<br />
violentate. Le loro case sono state bruciate. Ci sono state detenzioni da parte della polizia, arresti<br />
arbitrari, uccisioni, ecc…<br />
Cure mediche. Ai Chakma vengono negate le cure mediche fondamentali e il tasso di mortalità è<br />
molto alto. La gente muore a causa di semplici malattie facilmente curabili, per mancanza di cure<br />
adeguate e tempestive. Centinaia di persone, soprattutto giovani, sono morti di malaria nel 1995 a<br />
causa della mancanza di cure mediche. Non c’è posto di primo soccorso per le 700 famiglie che<br />
vivono a Chowngkham, nel distretto di Lohit. C’è un unico posto di primo soccorso per 50.000<br />
persone a Diyun, nel distretto di Changlang. Ai villaggi Chakma non viene fornito neanche<br />
l’insetticida.<br />
Condizioni economiche. Le condizioni economiche dei Chakma sono al di sotto della soglia di<br />
povertà. Abitano in case fatte di canne e di fango e la maggior parte di essi non possiedono terra e<br />
sono lavoratori giornalieri. La loro principale risorsa economica è l’agricoltura, che dipende dai<br />
monsoni. La politica di discriminazione e negazione dei diritti non fa che aumentare la loro povertà.<br />
Perfino i benefici del Public Distribution System, istituito per aiutare i poveri, non vengono<br />
concessi ai Chakma.<br />
Per fortuna è intervenuta la Commissione per i Diritti Umani dell’India (NHRC) che ha fatto causa<br />
al Governo dell’Arunachal Pradesh presso la Suprema Corte indiana. Il verdetto emesso nel 1966<br />
dichiara che la vita e la proprietà dei Chakma devono essere protette; essi non devono essere<br />
allontanati dallo stato e possono fare domanda di cittadinanza.<br />
In un altro caso, la Corte Suprema di Delhi nel settembre 2000 ha ordinato al Governo dello Stato di<br />
iscrivere nelle liste elettorali tutti i cittadini Chakma aventi diritto nati tra il 1 Gennaio 1950 e il 1<br />
Luglio 1987 poiché essi sono cittadini per nascita. Purtroppo la situazione dei Chakma non è<br />
sostanzialmente migliorata poiché questa sentenza non è stata ancora implementata. Nessun<br />
Chakma che fosse cittadino per nascita è stato iscritto nelle liste. Ci vorranno degli anni prima che<br />
questo problema sia completamente risolto ed è proprio in questo periodo di crisi che abbiamo<br />
bisogno del vostro aiuto.<br />
Vedendo la situazione dei Chakma, già molte Organizzazioni Non Governative (NGO) si sono fatte<br />
avanti per aiutare come meglio possono. Le seguenti NGO nel campo dell’istruzione stanno<br />
fornendo aiuto scolastico gratis ai bambini Chakma: Vidya Bearti, Dehli, ha accettao 7 ragazzi;<br />
Shishu Karuna Sangh, Calcutta, 250 ragazzi; Mahabodhi Society, Bangalore, 50 ragazzi; DAV, 2<br />
ragazzi; Universal Education Project, Varanasi, 6 ragazzi.<br />
Ma per quanto dovremo dipendere dagli altri? E per quanto queste NGO potranno aiutarci? Se<br />
anche continueranno a farlo, ciò non risolverà comunque i nostri problemi. Ci sono migliaia di<br />
bambini le cui vite sono rovinate a causa della povertà e della mancanza di istruzione. Noi vogliamo<br />
essere autosufficienti, costruire le nostre scuole, impartire un’istruzione di qualità a tutti i bambini<br />
Chakma, i poveri, gli orfani e quelli che vivono nelle tribù rurali più retrograde, senza<br />
discriminazioni di casta, credo o religione. La nostra Fondazione darà speciale preferenza alle<br />
ragazze. Vogliamo inoltre aprire ospedali per offrire almeno il minimo di assistenza medica per<br />
avere un domani dei buoni cittadini in una società sana.<br />
65
Il mondo ha fatto incredibili progressi scientifici e materiali e i vizi non sono per niente diminuiti. Il<br />
mondo è ancora pieno di violenza, cupidigia, ira, odio, gelosia e invidia perché l’attuale sistema<br />
educativo non punta allo sviluppo spirituale dei bambini rendendoli egoisti, materialisti,<br />
accentratori ed arroganti invece di inculcare in loro la moralità, la sollecitudine, la filantropia e<br />
l’umanità. Per sviluppare in modo armonioso i futuri cittadini di questo paese vogliamo istituire una<br />
scuola basata sugli ideali e sugli insegnamenti del Buddha poiché riteniamo che persone con alti<br />
principi, ben inserite, soddisfatte e felici formina la spina dorsale di ogni paese; che bambini ben<br />
disciplinati e con il senso della moralità siano il dono più bello per una nazione; che sia importante<br />
infondere fin da giovani il senso della patria mentre le loro menti sono ancora duttili,altrimenti poi<br />
diventa molto difficile farli crescere in modo sano.<br />
Queste saranno le caratteristiche salienti della scuola:<br />
1. Formare i futuri cittadini di questo paese affinché diventino uomini caritatevoli, compassionevoli,<br />
solleciti, pronti al sacrificio, alla rinuncia, al servizio; liberi dall’invidia, dalla cupidigia, dall’odio,<br />
dalla gelosia e dall’egoismo.<br />
2. Sviluppare un nuovo sistema educativo basato su una sintesi di valori tradizionali e valori morali<br />
con l’aiuto di un programma integrato che assicuri lo sviluppo del carattere morale, della<br />
personalità e di sani atteggiamenti mentali assieme all’eccellenza dei risultati accademici.<br />
3. Formare i bambini in spirito di verità, onestà, senso della giustizia e dell’ingiustizia, integrità,<br />
sincerità, semplicità, generosità e senso del dovere.<br />
4. Aiutare i bambini ad esplorare la loro personalità e a realizzare le loro potenzialità, sviluppando<br />
gli aspetti positivi del loro carattere ed eliminandone i difetti e le debolezze.<br />
5. Tentare di sviluppare la personalità nella sua interezza al fine di formare persone consapevoli,<br />
sicure, capaci di affrontare le dure sfide di una vita caratterizzata da una forte competizione. Agli<br />
studenti verrà impartita, comunque, un’educazione basata su virtù e valoti umani tradizionali.<br />
6. Formare studenti creativi, sicuri di sé, indipendenti, ricchi di zelo e spirito di iniziativa.<br />
7. Creare consapevolezza dei problemi ecologici e dell’ambiente.<br />
8. Risvegliare lo spirito con la pratica della meditazione buddista Vipassana.”<br />
66
BIBLIOGRAFIA SULLA PROSTITUZIONE<br />
• Cris de Stoop, Elles sont si gentilles, Monsieur, La longue vie, Paris, 1993.<br />
• Kevin Bales, I nuovi schiavi . La merce umana nell’economia globale, Feltrinelli, Milano,<br />
2000.<br />
• Prostitute, prostituite, clienti. Che fare? Il fenomeno della prostituzione e della tratta degli<br />
esseri umani, a cura di Mirta Da Pra Pocchiesa e Leopoldo Grosso, EGA, 2001.<br />
• E. Ciconte, P. Romani, Le nuove schiavitù, Editori Riuniti, 2002.<br />
• P. Monzini, Il mercato delle donne. Prostituzione, tratta e sfruttamento, Donzelli, Roma,<br />
2002.<br />
• Convegno La situazione della tratta delle donne estere immigrate in Italia, a cura di Fredo<br />
Olivero, Torino, gennaio 2002.<br />
Fonti Internet:<br />
• www.aidos.it<br />
• www1.diocesi.torino.it<br />
• www.cestim.org<br />
• www.ecn.org<br />
• www.unimondo.org<br />
• www.onuitalia.it<br />
• www.europa.eu.int<br />
• www.mlal.org<br />
• www.unimondo.org<br />
• www.caritas.it<br />
• www.interno.it<br />
• www.palazzochigi.it/pari opportunità<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
SULLO SFRUTTAMENTO M<strong>IN</strong>ORILE<br />
I BAMB<strong>IN</strong>I SOLDATO E L’APARTHAID<br />
http://www.manitese.it/mensile/289/bambini3.htm<br />
http://www.manitese.it/pavar/marcia/numeri.htm<br />
http://www.helvetas.ch/italiano/info/comunicati/scheda.html<br />
http://www.socialisti.net/archivio21/00000ce7.htm<br />
http://www.grisnet.it/filb/schedansch.html<br />
http://www.liceo-classico.arezzo.it/produzio/slaves/01.htm<br />
http://www.ilo.org/public/italian/region/eurpro/rome/press/minori/attivita.htm<br />
Kelvin Bales, I nuovi schiavi, Universale Economica Feltrinelli<br />
E. Ciconte, P. Romani, Le nuove schiavitù, Editori Riuniti<br />
67
8. CHI E COME PROMUOVONO E TUTELANO IL <strong><strong>DI</strong>RITTO</strong><br />
• LE ISTITUZIONI E LE ORGANIZZAZIONI <strong>IN</strong>TERNAZIONALI<br />
- Quali sono e come promuovono e tutelano il diritto a non essere tenuto in stato<br />
di schiavitù<br />
• LE ORGANIZZAZIONI <strong>NON</strong> GOVERNATIVE<br />
- Le principali ONG: quali sono e come promuovono e tutelano il diritto a non<br />
essere tenuto in stato di schiavitù<br />
• <strong>IN</strong> ITALIA<br />
- Le Organizzazioni e le Istituzioni che promuovono e tutelano il diritto<br />
- Cosa possiamo fare noi<br />
Sezione di lavoro svolto dai Docenti:<br />
PAN ERICA<br />
LAZZARETTO PATRIZIA<br />
POZZATO CATER<strong>IN</strong>A<br />
68
CHI E COME PROMUOVONO E TUTELANO IL <strong><strong>DI</strong>RITTO</strong> A <strong>NON</strong> <strong>ESSERE</strong><br />
RIDOTTI <strong>IN</strong> SCHIAVITU<br />
’<br />
PR<strong>IN</strong>CIPALI ISTITUZIONI <strong>IN</strong>TERNAZIONALI E NAZIONALI, ORGANIZZAZIONI <strong>NON</strong><br />
GOVERNATIVE, ENTI LOCALI E REGIONALI<br />
Molti passi in avanti sono stati compiuti dall’Ottocento ad oggi per combattere le diverse forme di<br />
schiavitù ma, in base alle informazioni raccolte durante questa ricerca, si può affermare che il<br />
fenomeno è stato limitato, nelle sue forme tradizionali, grazie all’introduzione progressiva di atti<br />
internazionali accompagnati da una specifica normativa all’interno dei singoli ordinamenti statali.<br />
S’intendono qui analizzare alcune istituzioni e organizzazioni internazionali che a partire dal<br />
Novecento hanno adottato norme, creato enti e programmi per contrastare le pratiche schiavistiche,<br />
monitorare le situazione e promuovere alternative concrete.<br />
Tipologia: ISTITUZIONI <strong>IN</strong>TERNAZIONALI<br />
Chi sono Come promuovono e tutelano<br />
Società delle<br />
La Società delle Nazioni, in seguito ad un’inchiesta effettuata per<br />
Nazioni Organizzazione<br />
accertare la recrudescenza del fenomeno della schiavitù in Africa<br />
tropicale e in Abissinia, fu promotrice di una Convenzione, la:<br />
internazionale istituita<br />
Slavery Convention del 1926 (resa esecutiva nel 1928) il cui<br />
dalle potenze vincitrici<br />
scopo era quello di pervenire alla soppressione progressiva della<br />
della prima guerra<br />
schiavitù. Al suo interno si affermava che gli stati che avevano<br />
mondiale, con lo scopo di<br />
aderito s’impegnavano a prevenire e sopprimere la tratta degli<br />
mantenere la pace e<br />
schiavi attraverso le proprie legislazioni nazionali e ad abolire la<br />
sviluppare la cooperazione<br />
schiavitù in qualsiasi sua forma. A questa Convenzione seguì la<br />
internazionale nel campo<br />
Convenzione di Ginevra del 1956, supplementare, relativa<br />
economico e sociale.<br />
all’abolizione della schiavitù, della tratta degli schiavi e delle<br />
Essa si estinse<br />
istituzioni e pratiche che inducono schiavitù.<br />
formalmente il 18 aprile<br />
1946 quando entrò in vigore<br />
Lo stesso organismo fu promotore anche della:<br />
lo Statuto delle Nazioni Convenzione internazionale per la soppressione del traffico delle<br />
Unite.<br />
donne del 1933.<br />
ONU: (Organizzazione<br />
delle Nazioni Unite)<br />
l’organizzazione è nata nel<br />
1945, in sostituzione della<br />
Società delle Nazioni . Il<br />
suo principale scopo fu<br />
quello di operare per<br />
mantenere la pace e la<br />
sicurezza internazionale<br />
(art. 1 della Carta di San<br />
Francisco), ma le vennero<br />
affidati anche altri scopi<br />
attinenti azioni in campo<br />
economico e sociale come<br />
“conseguire la<br />
cooperazione internazionale<br />
nella soluzione dei problemi<br />
Tra gli interventi attuati si annoverano:<br />
Dichiarazione universale dei diritti umani approvata il<br />
10/12/1948 nella quale, all’art. n. 4, si afferma: “Nessun<br />
individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù;<br />
la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto<br />
qualsiasi forma”.<br />
Convenzione per la repressione della tratta degli esseri umani e<br />
dello sfruttamento della prostituzione, risoluzione n. 317 del 2<br />
/12/ 1949 (entrata in vigore il 25/07/1951) nella quale<br />
l’obiettivo è più lo sfruttatore che la prostituta. Si richiede agli<br />
stati sottoscrittori di introdurre misure dedicate alla<br />
prevenzione della prostituzione e alla riabilitazione delle<br />
prostitute; inoltre si chiede l’impegno di controllare il traffico di<br />
persone di entrambi i sessi e di emanare leggi, regolamenti, o<br />
speciali forme di registrazione per coloro che sono implicati<br />
nella prostituzione.<br />
69
nella soluzione dei problemi<br />
di carattere economico,<br />
sociale, culturale e<br />
umanitario e nel<br />
promuovere ed incoraggiare<br />
il rispetto dei diritti<br />
dell’uomo e delle libertà<br />
fondamentali per tutti<br />
senza distinzioni di razza,<br />
di sesso, di lingua o di<br />
religione”.<br />
Organismi coordinati<br />
dall’Onu :<br />
Gruppo di lavoro sulle<br />
forme moderne di<br />
schiavitù<br />
E’ stato costituito nel 1988<br />
Accordo addizionale concernente l’abolizione della schiavitù,<br />
della tratta degli schiavi , del 7/09/1956 (entrato in vigore il<br />
30/04/1957) nel quale si chiede agli stati di prendere<br />
provvedimenti per ottenere l’abolizione completa o l’abbandono<br />
delle seguenti forme di schiavitù: servitù per debiti; la servitù<br />
della gleba; la pratica dei matrimoni su promessa di compensa in<br />
denaro o in natura; lo sfruttamento dei bambini minori di 18 anni<br />
per lavoro; la tratta degli schiavi.<br />
Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1959 in base alla quale<br />
il “fanciullo deve essere protetto contro ogni forma di<br />
negligenza, di crudeltà e di sfruttamento. Egli non deve essere<br />
sottoposto a nessuna forma di tratta”.<br />
Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966 dove,<br />
all’art. 8, si dichiara che “nessuno può essere tenuto in stato di<br />
schiavitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi sono proibiti sotto<br />
qualsiasi forma; …nessuno può essere costretto a compiere un<br />
lavoro forzato od obbligatorio”.<br />
Convenzione internazionale sui diritti dell’Infanzia del 1989,<br />
entrata in vigore il 2/12/1990. Negli art. 32-34-36 si dichiara<br />
che gli stati parte riconoscono il diritto di tutti i bambini ad<br />
essere protetti dal rischio di sfruttamento sessuale, economico,<br />
da altre forme di sfruttamento, inclusa la loro vendita, il<br />
traffico o il coinvolgimento in conflitti armati. Questa<br />
Convenzione integra ed innova tutte le disposizioni precedenti<br />
introducendo il concetto del bambino come soggetto di diritti e<br />
non soltanto oggetto di tutela.<br />
Dichiarazione sulla violenza nei confronti della donna adottata<br />
nel 1993. Al suo interno, dopo aver sottolineato che i diritti<br />
umani delle donne e delle bambine sono parte integrante e<br />
indivisibile dei diritti umani universali, si afferma che la violenza<br />
sessuale e tutte le forme di molestia e sfruttamento sessuale,<br />
incluse quelle derivate da pregiudizi culturali e da traffici<br />
internazionali, sono incompatibili con la dignità e i valori della<br />
persona e devono essere eliminate.<br />
Protocollo alla Convenzione sui diritti del fanciullo, sul<br />
coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati, adottata il 25<br />
maggio 2000 dall’Assemblea generale (A-RES-54-263), in vigore<br />
dal 12 febbraio 2002. E’ stata firmata da oltre 130 governi e<br />
ratificata da 40 Paesi tra cui l’Italia (legge 12/03/2002). Il<br />
Protocollo innalza a 18 anni l’età minima per l’arruolamento<br />
coercitivo e per la partecipazione nei conflitti.<br />
Il Consiglio di Sicurezza ha, inoltre, adottato nuove risoluzioni<br />
creando una base di riferimento per la tutela dei bambini nelle<br />
situazioni di conflitto (Risoluzioni: n.1261 del 1999; n.1314 del<br />
2000; n.1379 del 2001)<br />
Riceve informazioni dagli stati sui passi in avanti che stanno<br />
compiendo per l’implementazione delle tre Convenzioni in tema di<br />
schiavitù. La documentazione prodotta dal Gruppo ha permesso di<br />
diffondere informazioni sui tratti caratterizzanti il lavoro<br />
schiavile nel mondo.<br />
70
ed è composto da cinque<br />
esperti scelti sulla base di<br />
un’equa rappresentatività<br />
geografica fra i membri<br />
della Sotto-Commissione<br />
sulla Prevenzione della<br />
discriminazione e della<br />
Protezione delle Minoranze.<br />
Il Gruppo s’incontra<br />
annualmente e<br />
relaziona alla Sotto-<br />
Commissione.<br />
OIL: (Organizzazione<br />
Internazionale del<br />
Lavoro); in inglese ILO<br />
(International Labour<br />
Organization);<br />
in francese BIT(Bureau<br />
International di Travail).<br />
Questa organizzazione, di<br />
cui fanno parte 193 stati, è<br />
nata nel 1919. Oltre a<br />
promuovere interventi<br />
legislativi, fornisce<br />
consulenza al “Gruppo di<br />
lavoro” sulle moderne<br />
forme di schiavitù e ha<br />
elaborato un programma di<br />
assistenza tecnica per<br />
combattere il lavoro<br />
minorile, il lavoro coatto e<br />
altre forme di<br />
sfruttamento.<br />
Ha responsabilità in generale per lo studio della schiavitù in tutti i<br />
suoi aspetti. Compie azioni di monitoraggio.<br />
Sceglie ogni anno un tema da affrontare e sottoporre<br />
all’attenzione della Sotto-Commissione.<br />
In una sua ricerca del 1993 veniva individuato il meccanismo del<br />
debito come una dimensione della schiavitù collegata al tentativo<br />
delle popolazioni più indigene, che non dispone di capitali, di<br />
mantenere l’attività agricola sganciata dall’economia di mercato.<br />
Il Gruppo di lavoro promuove, inoltre, conferenze internazionali e<br />
programmi d’intervento nazionali o internazionali.<br />
Al fine di sopprimere il lavoro forzato nelle sue varie forme,<br />
questa organizzazione internazionale ha sottoposto alla ratifica<br />
degli stati membri i seguenti provvedimenti:<br />
Convenzione n. 5 del 1919, che fissava a 14 anni l’età minima per<br />
l’impiego nell’industria (elevata con la Convenzione n.138 del<br />
1973);<br />
Convenzione sul lavoro forzato e obbligatorio: n. 29 del<br />
21/06/1930 (entrata in vigore il 01/05/ 1932) proibisce il lavoro<br />
forzato in tutte le sue forme.<br />
Convenzione sull’abolizione del lavoro forzato: n. 105 del<br />
25/06/1957 (entrata in vigore il 17/01/1959) proibisce l’uso del<br />
lavoro forzato per lo sviluppo.<br />
Convenzione sull’età minima n. 138 del 26/ 06/1973 (entrata in<br />
vigore il 19/06/ 1976) eleva l’età minima per lavorar che non<br />
deve essere inferiore a quella necessaria per completare gli<br />
studi obbligatori e in ogni caso non inferiore ai 15 anni (14 per i<br />
paesi in via di sviluppo) e non inferiore ai 18 anni per lavorare “in<br />
condizione di tutela per la salute, e di sicurezza fisica e morale”.<br />
Raccomandazione relativa all’età minima per l’assunzione<br />
all’impiego n. 146 adottata il 26/06/1973<br />
Programma per l’eliminazione del lavoro minorile, denominato<br />
IPEC, progetto nato nel 1991 di cui fa parte anche l’UNICEF. Si<br />
pone l’obiettivo di giungere alla progressiva eliminazione del<br />
lavoro minorile attraverso il potenziamento delle capacità dei<br />
singoli paesi e il coinvolgimento di vasti settori delle società<br />
nazionali. Con priorità si guarda alle forme più gravi di<br />
sfruttamento economico: bambini schiavi o impiegati in<br />
produzioni molto nocive per la salute, lavoratori di età inferiore<br />
ai 12 anni, e in particolare alle bambine lavoratrici. Ll’IPEC ha<br />
realizzato fino ad oggi oltre mille progetti in 60 paesi in via di<br />
sviluppo.<br />
Convenzione sulle forme peggiori di lavoro minorile n. 182 del<br />
17/06/1999 (entrata in vigore il 19/11/2000)<br />
Per quanto riguarda le stime sul lavoro minorile, secondo l’OIL<br />
(1994) il 56% dei bambini lavoratori nei paesi in via di sviluppo<br />
sono maschi, mentre le bambine svolgono attività soprattutto<br />
nelle abitazioni private.<br />
71
WHO: (World Health<br />
Organization) Organizzazione<br />
Mondiale della Sanità (OMS)<br />
UNESCO (United<br />
Nations Educational,<br />
Scientific and Cultural<br />
Organization)<br />
Organizzazione delle<br />
Nazioni Unite per<br />
l’Educazione, la Scienza e la<br />
Cultura<br />
UNICEF (United<br />
Nations Children’s Fund)<br />
Si occupa del problema della prostituzione infantile e di prevenzione e<br />
cura di rischi per la salute offrendo supporto tecnico per progetti<br />
specifici. Da questa organizzazione sono state predisposte le linee<br />
guida per affrontare il problema del traffico degli organi umani a<br />
scopo di trapianto.<br />
Sotto il patrocinio di questa organizzazione è stato avviato uno studio<br />
sulla protezione dei minori dalla pornografia. Nel 1988 l’UNESCO ha<br />
studiato gli effetti dei conflitti armati sui bambini e ha fornito ai<br />
paesi indicazioni su come proteggerli e promuoverne i diritti in quella<br />
situazione.<br />
Nel 1991 ha organizzato un incontro sulla Convenzione del 1949 per la<br />
soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della<br />
prostituzione.<br />
Svolge un ruolo cruciale per l’individuazione di strategie internazionali<br />
volte a combattere le moderne forme di schiavitù. Ha dato un notevole<br />
contributo all’adozione e alla ratifica della Convenzione dei Diritti<br />
dell’Infanzia e anche per questo, oltre che per l’applicazione del Piano<br />
d’Azione, ha organizzato il Samit Mondiale per l’infanzia a New York il<br />
29-30 settembre 1990.<br />
In questa occasione i paesi partecipanti sono stati costretti ad operare<br />
per il recupero di milioni di bambini che vivono in circostanze<br />
particolarmente difficili, come orfani o bambini di strada, rifugiati o<br />
sbandati, vittime di guerra o di catastrofi naturali o provocate<br />
dall’uomo, ecc..<br />
L’UNICEF ritiene che l’ingiusta gestione delle risorse economiche e il<br />
pesante fardello del debito estero siano le cause strutturali della<br />
povertà materiale dei paesi in via di sviluppo e all’origine del fenomeno<br />
del lavoro minorile. Per questo auspica la realizzazione di un “nuovo<br />
ordine economico internazionale”, proposta già fatta propria dall’<br />
Assemblea Generale dell’ONU nella prima metà degli anni Settanta.<br />
Per quanto riguarda ancora il lavoro minorile UNICEF ed OIL, oltre a<br />
quaranta paesi, hanno partecipato alla Conferenza Internazionale<br />
tenutasi ad Oslo nell’ottobre del 1997 su invito del governo norvegese.<br />
L’UNICEF giudica necessario affrontare questo problema secondo una<br />
visione globale, coinvolgendo il maggior numero possibile di attori<br />
sociali ed istituzionali: bambini, le famiglie, i governi, le organizzazioni<br />
non governative locali e internazionali, ma anche sindacati, datori del<br />
lavoro, leader spirituali. Ritiene inoltre che sia necessario creare<br />
alternative al lavoro per non creare nuove forme di miseria.<br />
Tra le modalità d’intervento adottate da questa organizzazione<br />
propone campagne di sensibilizzazione e chiede alle imprese nazionali e<br />
multinazionali di dotarsi di un codice di condotta che garantisca<br />
l’impiego dei minori nel rispetto dei loro diritti e delle normative.<br />
Propone inoltre politiche di acquisto che assicurino l’interesse e la<br />
tutela dei minori.<br />
Si deve ricordare il sostegno all’economia familiare in modo da rendere<br />
meno necessario il ricorso al lavoro dei più piccoli e attività di<br />
cooperazione finalizzate allo sviluppo umano, in collaborazione con i<br />
72
FAO (Food and<br />
Agricolture Organization)<br />
Organizzazione per<br />
l’Alimentazione e<br />
l’Agricoltura<br />
UNHCR ( Office of<br />
the United Nations High<br />
Commissioner for<br />
Refugees)<br />
United Nations<br />
Commision on the<br />
Status of Women<br />
United Nations<br />
Crime Prevention<br />
and Criminal<br />
Justice Branch<br />
International<br />
Criminal Police<br />
Organization<br />
governi locali che non possono risolvere con le loro forze questioni<br />
sociali. UNICEF chiede, inoltre, che l’istruzione elementare diventi<br />
obbligatoria anche nei paesi sottosviluppati, aperta a tutti senza<br />
discriminazioni e soprattutto sia gratuita Per questo è necessario un<br />
incremento degli investimenti nel sistema educativo nazionale in quei<br />
paesi che presentano i più alti tassi di analfabetismo e di abbandono<br />
scolastico.<br />
Un’altra proposta dell’UNICEF per combattere l’indebitamento delle<br />
famiglie povere, a causa del quale si sviluppa il lavoro minorile, è stata<br />
l’istituzione di una forma di credito a basso tasso d’interesse definita<br />
Microcredito. Grazie a piccoli prestiti, da parte delle banche dei paesi<br />
in via di sviluppo, alcuni contadini hanno potuto avviare nuove attività.<br />
L’organizzazione affronta le problematiche relative alla schiavitù dei<br />
bambini e alla schiavitù per debito come forme collegate all’abbandono<br />
delle terre. Ha quindi avviato attività volte a promuovere la<br />
partecipazione della gente a dare assistenza ai piccoli agricoltori per<br />
combattere la schiavitù per debito.<br />
Un comitato di questa organizzazione effettua un monitoraggio sulla<br />
situazione dei bambini rifugiati e sui problemi che essi incontrano. In<br />
modo particolare si occupano dei bambini che vengono reclutati durante<br />
i conflitti armati e di quelli abbandonati che vengono adottati<br />
Al suo interno opera una commissione che si occupa in particolare di<br />
problemi legati alla schiavitù che affligge le donne. Fornisce<br />
costantemente informazioni al Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite<br />
sulle forme di moderne schiavitù.<br />
Opera all’interno delle Nazioni Unite per lo studio sulla schiavitù<br />
infantile incluso il traffico e la vendita dei bambini . Promuove azioni di<br />
prevenzione; cura la rieducazione delle vittime; collabora con la<br />
macchina della giustizia per colpire e punire chi commette questi reati;<br />
cura e rieduca i criminali di questi reati.<br />
Collabora con il Gruppo di Lavoro dell’ONU procurando informazioni<br />
sulle pratiche assimilabili alla schiavitù.<br />
73
(<strong>IN</strong>TERPOL)<br />
Forme di tutela<br />
La Giustizia penale internazionale<br />
A monito di tutti coloro che pensano di poter agire impunemente intervengono nuovi strumenti<br />
internazionali di protezione dei diritti umani, che spesso sostituiscono l’assenza dello Stato o agiscono<br />
in concorso con i tribunali nazionali.<br />
I responsabili di gravi violazioni, definite crimini internazionali dell’individuo, come il genocidio, la<br />
riduzione in schiavitù, la deportazione, lo stupro collettivo, possono essere sottoposti ad un processo e<br />
condannati ad una pena, se colpevoli.<br />
La giustizia penale internazionale è l’insieme di tutti i tribunali e giudici, nazionali ed internazionali, che<br />
garantiscono la protezione dei diritti umani fondamentali attraverso l’individuazione dei responsabili di<br />
crimini gravissimi, il loro assoggettamento ad un processo diretto ad accertare la verità e la loro<br />
condanna facendo così giustizia alle vittime di gravi crimini.<br />
Alcuni noti tribunali internazionali:<br />
- Corte europea dei diritti dell’uomo: un’istituzione giudiziaria del Consiglio d’Europa, organismo<br />
composto da 43 Stati membri che ha sede a Strasburgo.<br />
- Corte di giustizia della Comunità europea: assicura il rispetto del diritto comunitario,<br />
l’interpretazione e l’applicazione dei trattati istitutivi dell’Unione europea, ha sede a Lussemburgo.<br />
- Corte Penale Internazionale: organo giudiziario delle Nazioni Unite, istituito nel 1994, con sede<br />
all’Aja . Essa giudica singoli individui colpevoli di: : crimini di genocidio, perpetrati al fine di<br />
distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso ; crimini contro<br />
l’umanità, atti perpetrati in modo sistematico contro una popolazione civile, con premeditazione;<br />
crimini di guerra. Si tratta di un vero e proprio tribunale penale che però non si sostituisce ai<br />
tribunali nazionali. Sono, infatti, le autorità degli stati i primi soggetti a promuovere la giustizia.<br />
Solo se nessuno stato è interessato a incriminare i sospetti autori di un crimine, il procuratore<br />
della Corte penale internazionale può avviare il procedimento. Gli stati hanno anche il dovere di<br />
cooperare con la Corte in tutte le attività.<br />
Con una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU è stata decisa l’istituzione di due tribunali<br />
per giudicare i crimini di genocidio ed altre violazioni dei diritti umani in Ruanda e nella ex<br />
Jugoslavia. Sono così sorti:<br />
- Tribunale penale internazionale per la ex-Jugoslavia (TPIJ): venne istituito nel 1993 con la<br />
risoluzione ONU n. 827 per punire i responsabili delle violazioni gravi, del diritto internazionale<br />
umanitario, commesse nel territorio della ex-Jugoslavia dopo il 1991. Il Tribunale ha sede all’ Aja<br />
(Paesi Bassi);<br />
- Tribunale penale internazionale per il Ruanda: fu istituito in seguito ai massacri e alle gravi<br />
atrocità perpetrate nel corso della guerra civile scoppiata il 6 aprile del 1994 in Ruanda - dopo che<br />
era stato abbattuto l’aereo sul quale faceva rientro nella capitale il presidente del Ruanda – dalle<br />
Nazioni Unite con la risoluzione n. 955 dell’8 novembre 1994. La sede è ad Arusha (Tanzania). Lo<br />
scopo era quello di perseguire i criminali di gravi violazioni dei diritti e porre le fondamenta per<br />
una riconciliazione nazionale.<br />
74
Bibliografia:<br />
- I bambini che lavorano, Collana “temi”, n.1, Comitato italiano per l’UNICEF, Roma 1999.<br />
- M.R.Saulle, Dalla tutela giuridica all’esercizio dei diritti umani, Esi, 1999.<br />
- Suggerimenti per la didattica., in Diritti umani e pace. Materiali e proposte per l’educazione,<br />
“Quaderni”, n.4, a cura di P. Degani, P. De Stefani, 2001.<br />
- Mai più schiavi. Liberi per cambiare il mondo, Meeting sui diritti umani. Dossier per le scuole<br />
medie e superiori, a cura di ucodep, manitese,cospe, Firenze, 2001.<br />
- No Peace Without Justice, periodico, n.2, 20/01/2002<br />
- M. Toschi, Il lavoro delle Nazioni Unite su bambini e conflitti armati, in Cittadini in crescita, !/<br />
2002, pp. 32-44.<br />
- P Degani, Diritti umani e traffico di persone a scopo di sfruttamento sessuale: uno sguardo allo<br />
scenario internazionale, pubblicazione ondine sul sito dell’Archivio Pace Diritti Umani:<br />
www.cepadu.unipd.it<br />
75
ALCUNE TRA LE PR<strong>IN</strong>CIPALI ORGANIZZAZIONI <strong>NON</strong><br />
GOVERNATIVE<br />
Le organizzazioni non governative (ONG) sono associazioni private, senza fini di lucro, che<br />
promuovono e realizzano azioni di cooperazione internazionale finalizzate allo sviluppo dei paesi<br />
poveri. Operano sulla base dei principi di solidarietà tra popoli, per la promozione ed il rispetto dei<br />
diritti fondamentali dell'umanità.<br />
Nello scenario internazionale, le ONG rappresentano la capacità e la presenza della SOCIETA'<br />
CIVILE organizzata, sia dei paesi del Nord sia dei paesi del Sud del mondo, nella cooperazione<br />
internazionale per lo sviluppo. In Italia, le ONG per lo sviluppo iniziano a fare la loro comparsa<br />
negli anni Sessanta. Associazioni nate sulla spinta delle missioni cattoliche presenti in Africa ed in<br />
America Latina, ed altre associazioni sorte dall'impegno internazionalista e politico, proprio della<br />
spinta ideale e militante di quel periodo. Già negli anni Settanta, il radicamento nella società italiana<br />
e la presenza nei PAESI <strong>IN</strong> VIA <strong>DI</strong> SVILUPPO di queste associazioni inizia ad essere rilevante e<br />
coinvolge molti giovani che si appassionano e iniziano a vivere esperienze di volontariato e di<br />
militanza a sostegno dei movimenti di liberazione, al fianco delle popolazioni e delle organizzazioni<br />
che lottano per l'indipendenza, per i propri <strong>DI</strong>RITTI FONDAMENTALI, per la democrazia, per<br />
riconquistare la propria terra e la propria dignità. Dagli anni Sessanta ad oggi, le ONG hanno<br />
vissuto notevoli cambiamenti, passando da una sorta di organizzazione volontaristica e militante,<br />
fortemente orientata all'impegno politico internazionale, ad una organizzazione più efficiente,<br />
sempre più condizionata dai flussi di finanziamento pubblico piuttosto che dal legame con il proprio<br />
ambito di provenienza.<br />
L'agire stesso delle ONG è cambiato, modificando la propria capacità progettuale, da semplice a<br />
complessa, per rispondere alle esigenze ed ai bisogni dei partner locali, che passano ad essere da<br />
beneficiari a "soci", a soggetti responsabili e protagonisti del proprio presente e futuro. Il<br />
PROGETTO acquista la centralità dell'azione della ONG, svincolato dai modelli di sviluppo<br />
economici e sempre più legato ai bisogni ed alla capacità di gestione e di assunzione della<br />
responsabilità della popolazione locale; per poi passare al programma integrale ed allo sviluppo<br />
locale, sostenibile, partecipato, alle POLITICHE AMBIENTALI ed alle politiche di GENERE.<br />
Si tratta di un processo di specializzazione e di consolidamento professionale indispensabile e<br />
talvolta rischioso per la natura stessa e la peculiarità della ONG che, nella maggior parte dei casi, è<br />
stato accompagnato dal mantenimento dell'identità sociale e solidaristica, che caratterizza le<br />
organizzazioni non governative per lo sviluppo italiane, soprattutto nella centralità del rapporto con<br />
i partner del Sud del mondo, nell'approccio e nell'azione che coinvolge direttamente la popolazione<br />
locale, anticipando, nei fatti, la pratica della "cooperazione decentrata" e le politiche di SVILUPPO<br />
UMANO, oggi assunte e portate ad esempio dalle stesse NAZIONI UNITE come strategie di<br />
riferimento per le politiche di sviluppo e di lotta contro la povertà. In effetti, nonostante la costante<br />
diminuzione, nell'ultimo decennio, dei fondi pubblici per la cooperazione allo sviluppo, le ONG<br />
sono riuscite a mantenere la realizzazione di veri e propri progetti di sviluppo in condizioni di<br />
estrema difficoltà, grazie al rapporto diretto con i partner locali, ad una sempre maggiore capacità di<br />
mobilitare risorse finanziarie ed umane della società civile, degli enti locali, delle Regioni e<br />
dell'UNIONE EUROPEA, al coinvolgimento del mondo del lavoro, delle organizzazioni sindacali,<br />
delle università, di altri soggetti dell'associazionismo e del TERZO SETTORE. Dove la diplomazia<br />
ufficiale e la cooperazione bilaterale (tra governo e governo) si fermano, spesso vediamo in azione<br />
solamente le ONG, con i propri progetti, che mantengono vivo il rapporto internazionale,<br />
prevenendo le crisi e difendendo la pace, rispondendo ai bisogni fondamentali là dove i diritti<br />
vengono sistematicamente negati. E' in questi casi che emerge la specificità della ONG: il suo<br />
essere società civile, ponte di solidarietà e di cittadinanza. Si possono sintetizzare le caratteristiche<br />
76
delle associazioni di solidarietà e di COOPERAZIONE <strong>IN</strong>TERNAZIONALE (le ONG), in questi<br />
tre aspetti: nella capacità di costruire rapporti di partenariato tra paesi poveri e paesi ricchi,<br />
finalizzati a costruire un più equo sistema di relazioni internazionali, culturali, economiche e<br />
politiche; nelle competenze per una progettualità che comprenda interventi di sviluppo, emergenza<br />
e ricostruzione nei paesi in via di sviluppo e programmi di informazione e di formazione rivolti alla<br />
nostra società sui temi della mondializzazione; nella partecipazione e mobilitazione di risorse sul<br />
proprio territorio (umane, finanziarie, servizi, materiali).<br />
Si considera che in Italia le ONG registrate idonee in base alla legge 49/87 sono circa 150, mentre il<br />
numero di associazioni che operano sul territorio nazionale, realizzando azioni e progetti di<br />
cooperazione internazionale sono oltre il migliaio.<br />
TIPOLOGIA DESCRIZIONE – ATTIVITÁ - PROGETTI<br />
Antislavery<br />
International<br />
Amnesty<br />
International<br />
Organizzazione non governativa che ha come obiettivo la cessazione di<br />
ogni forma di schiavitù. Nata nel 1839 attraverso la realizzazione di una<br />
campagna contro il lavoro schiavo in Europa. L’Asi opera attraverso<br />
organizzazioni locali, investigando e denunciando gli schiavisti,<br />
facendo pressione sui governi nazionali ed esercitando la propria<br />
influenza sulle nazioni unite.<br />
Amnesty International è un movimento internazionale, indipendente da<br />
qualsiasi governo, parte politica, interesse economico o credo religioso.<br />
Ecco i valori fondamentali dell’associazione:<br />
Universalità indivisibilità' dei diritti umani:<br />
L’ impegno a proteggere tutti i diritti umani di ogni individuo,<br />
indipendentemente dal suo paese o dalla sua cultura.<br />
L’attenzione verso i minori<br />
Il lavoro di Amnesty International a favore dell'infanzia prevede due<br />
settori di attività.<br />
La promozione di tutti i diritti dell'infanzia attraverso la<br />
diffusione e il rispetto dei principi contenuti nella Convenzione<br />
sui Diritti dell'Infanzia.<br />
La denuncia delle violazioni e la difesa delle vittime in tre aree di<br />
intervento:<br />
giustizia minorile: tortura e trattamenti crudeli e degradanti in<br />
custodia o per opera di agenti di polizia; processi non equi; pena<br />
di morte;<br />
conflitti armati: sfruttamento dei bambini soldato; condizioni dei<br />
bambini rifugiati; violazioni del diritto umanitario che<br />
colpiscono i minori;<br />
Terre des hommes Organizzazione non governativa che ha alcuni obiettivi prioritari di<br />
fronte al problema della schiavitù e del traffico di minori.<br />
1 Liberare i minori da forme di sfruttamento<br />
2 Assicurare una protezione immediata, efficace e durevole dei minori<br />
nell’ambito della famiglia<br />
3 Accertamento dei fatti attraverso testimonianze raccolte dai minori<br />
4 Assistere e rappresentare le vittime sul piano legale, senza sostituirsi a<br />
loro<br />
5 Partecipare alle misure di prevenzione del traffico<br />
6 Dare priorità assoluta al bambino e il suo benessere.<br />
77
Caritas La Caritas italiana viene costituita il 2 luglio 1971 con decreto della<br />
CEI, dopo la cessazione nel 1968 della POA (Pontificia opera di<br />
assistenza). Nel 1998 la Caritas istituisce il “Progetto donna: liberare<br />
dalla schiavitù perché si riaccenda la speranza”, in collegamento con<br />
realtà diverse, impegnate sul fronte della prostituzione coatta, presenti<br />
sul nostro territorio. In merito si è organizzato uno sportello di ascolto<br />
per avere un primo contatto con le donne coinvolte nella prostituzione<br />
coatta. La Caritas è in collegamento con altre associazioni che svolgono<br />
un primo approccio con le donne direttamente “sulla strada” per poi, in<br />
un successivo momento accoglierle in una comunità cercando di offrire<br />
una formazione socioculturale e professionale. Inoltre le donne sono<br />
assistite sotto il profilo ammministrativo-legale. Nel 1999 la Cartitas ha<br />
avuto contatti con 135 donne, nel 2000 i contatti sono stati 143, nel 2001<br />
si sono registrati 169 contatti. Un’altra iniziativa importante che sta<br />
svolgendo tuttora la Cariata è quella di contattare anche il “cliente”,<br />
proprio per cercare di differenziare anche la tipologia delle persone<br />
coinvolte in questi avvenimenti. Si distingue, ovviamente tra il<br />
procacciatore di donne –schiave, e l’uomo che , a volte, si rivolge alla<br />
prostituta per vari problemi personali (la solitudine, difficili rapporti<br />
familiari, ecc., ce) illudendosi di colmare quel vuoto esistenziale.<br />
Manitese Organismo non governativo di cooperazione allo sviluppo, opera dal<br />
1964 a livello nazionale ed internazionale per favorire l’instaurazione di<br />
nuovi rapporti con i popoli, fondati sulla giustizia, la solidarietà, il<br />
rispetto delle diverse identità culturali. Realizza progetti di solidarietà<br />
nel Sud del mondo e svolge una costante opera di informazione, di<br />
educazione allo sviluppo e di pressione politica.<br />
78
Ecpat ECPAT è una rete internazionale di organizzazioni che operano insieme<br />
per eliminare la prostituzione e la pornografia infantili e il traffico di<br />
minori a scopo sessuale.<br />
ECPAT è oggi presente in oltre 60 paesi.<br />
Nasce in Italia nel 1994. È promotrice della Legge 269/98 (contro lo<br />
sfruttamento sessuale dei minori quale nuova forma di schiavitù).<br />
Ecpat Italia persegue la propria mission su diversi fronti: molte, infatti,<br />
sono le attività in cui risulta impegnata.<br />
In concreto:<br />
- Lavora a stretto contatto con le istituzioni italiane, le agenzie dell'ONU<br />
(UNICEF, ILO e OMT) e le organizzazioni non-governative che<br />
diifendono i diritti dei minori<br />
- Collabora con le Forze dell'Ordine italiane<br />
- Affianca l'industria turistica nella lotta contro il turismo sessuale che<br />
sfrutta i bambini<br />
- Sensibilizza le autorità dei paesi di destinazione dei flussi turistici<br />
affinché mettano a punto strategie per la protezione dei bambini da ogni<br />
forma di sfruttamento sessuale<br />
- Identifica e denuncia le attività degli sfruttatori in Italia e all'estero<br />
- Svolge azione di lobbying per l'approvazione di leggi o il<br />
miglioramento di quelle esistenti per una più efficace protezione dei<br />
minori<br />
- Lavora con insegnanti e studenti per approfondire lo studio dei diritti<br />
umani, dello squilibrio Nord-Sud e del turismo responsabile, rispettoso<br />
della dignità dell'altro<br />
- Vigila sui media e su Internet per contrastare l'uso del bambino per la<br />
produzione di materiale pornografico<br />
- Conduce attività di ricerca a carattere sociologico e giuridico<br />
- Si occupa della prevenzione dello sfruttamento sessuale dei minori nei<br />
paesi a rischio tramite il sostegno a distanza<br />
- Porta avanti progetti riguardanti la riabilitazione delle vittime<br />
- Favorisce lo studio e la ricerca da parte dei laureandi in<br />
Giurisprudenza, Sociologia e Psicologia sul tema dello sfruttamento<br />
sessuale dei minori.<br />
Emergency Fin dall’inizio, le attività umanitarie di EMERGENCY si sono<br />
concentrate sui casi di civili feriti di guerra, in particolare sul trattamento<br />
e sulla riabilitazione delle vittime di mine antiuomo.<br />
Complessivamente, dall’inizio dell’attività, EMERGENCY ha assistito<br />
oltre 580.000 vittime di guerra<br />
79
Cocis Il COCIS è una federazione di organizzazioni non governative che<br />
operano in diversi settori della cooperazione allo sviluppo, condividendo<br />
un'etica basata sulla promozione dell'autosviluppo, la solidarietà tra i<br />
popoli e la centralità della persona.<br />
Il COCIS promuove la proposta politica delle ONG associate,<br />
rappresentando per esse il luogo di confronto, elaborazione,<br />
collaborazione e rappresentanza congiunta.<br />
La visione politica comune, esplicitata nella "carta dei principi", si basa<br />
sui valori morali e culturali della cooperazione solidale tra i popoli e si<br />
pone come finalità il superamento delle iniquità prodotte dall'attuale<br />
sistema dei rapporti internazionali e dai meccanismi economici che lo<br />
sostengono, attraverso:<br />
- la promozione di rapporti equi tra i popoli, i generi e le culture, nella<br />
valorizzazione delle differenze,<br />
- la promozione di processi di sviluppo endogeni ed autocentrati,<br />
- l'indipendenza e l'autonomia sociopolitica, economica e culturale<br />
Save the children Save the Children è il più grande movimento internazionale<br />
indipendente per la tutela e la promozione dei diritti dei bambini.<br />
Opera in più di 120 paesi nel mondo con una rete di 29 organizzazioni<br />
nazionali, senza fini di lucro e indipendenti, e un ufficio di<br />
coordinamento internazionale: la International Save the Children<br />
Alliance.<br />
Save the Children porta aiuti immediati ai bambini in situazioni di<br />
emergenza, come guerre o catastrofi naturali, e sviluppa progetti che<br />
consentono miglioramenti sostenibili e di lungo periodo a beneficio<br />
delle generazioni future.<br />
Save the Children è presente in Italia dalla fine del 1998 e, dalla<br />
primavera del 2000, ha una sede operativa a Roma. L'Organizzazione<br />
Internazionale è impegnata a tutelare e promuovere i diritti dei bambini<br />
anche nel nostro paese, concentrandosi su situazioni dell'infanzia<br />
particolarmente svantaggiate o difficili. La lotta al razzismo e alla<br />
discriminazione, le iniziative in risposta alla drammatica condizione dei<br />
minori coinvolti nel traffico degli esseri umani, la non facile situazione<br />
dei bambini che, per diversi motivi, si trovano in Italia senza la propria<br />
famiglia, sono solo alcune delle iniziative nelle quali Save the Children è<br />
impegnata attivamente.<br />
Anche se ancora giovane in Italia, Save the Children sta ponendo le basi<br />
per contribuire con determinazione a rinforzare una cultura dell'infanzia<br />
basata, non solo sull'assistenza e la risposta ai bisogni, ma soprattutto<br />
sull'attivo e concreto riconoscimento dei diritti di cui ogni bambino,<br />
senza eccezione, è titolare.<br />
80
Alisei ALISEI ha a cuore tutte quelle priorità dei paesi più deboli su cui risulta<br />
più urgente promuovere una cultura della solidarietà.<br />
All'interno dei vastissimi ambiti di Educazione allo Sviluppo su cui per<br />
tanti anni ha operato e lavora abitualmente contro ogni forma di<br />
discriminazione ed esclusione sociale, ci sono ambiti su cui ci<br />
impegniamo con maggiore forza :<br />
Con gli occhi di chi?2<br />
Campagna contro lo sfruttamento del lavoro minorile al Sud e al Nord<br />
del Mondo<br />
Il filone tematico che il progetto si propone di sviluppare è quello del<br />
drammatico fenomeno dello sfruttamento del lavoro minorile e delle<br />
conseguenti esclusione e marginalità sociali di milioni di bambini e<br />
ragazzi nel Mondo. Saranno affrontati aspetti rilevanti del fenomeno:<br />
sua vastità ed estensione; cause interne .; responsabilità internazionali;<br />
distinzione fra categorie di bambini lavoratori; effetti dello sfruttamento<br />
sulla crescita fisica e psichica del bambino o ragazzo. Uno specifico<br />
approfondimento riguarderà i possibili sviluppi del fenomeno negli anni<br />
a venire e quanto sarà necessario ancora fare per implementare un'azione<br />
efficace per superarlo. Per realizzare l'obiettivo principale, che è quello<br />
di accrescere i livelli di informazione e di consapevolezza dell'opinione<br />
rispetto a questo fenomeno, è stata condotta in Italia ed in Irlanda una<br />
inchiesta sociale finalizzata a conoscere il livello di informazione e<br />
l'atteggiamento di giovani (tra 16 e 20 anni, studenti e lavoratori), sul<br />
fenomeno dello sfruttamento del lavoro minorile nei paesi in via di<br />
sviluppo, e più generalmente rispetto al "lavoro" e "lavoro minorile" al<br />
Nord del Mondo. I risultati della ricerca saranno a breve pubblicati<br />
all'interno di un volume. Inoltre, è stata realizzata una brochure<br />
informativa sulle principali questioni connesse al tema dello<br />
sfruttamento, non soltanto lavorativo, dei minori. Infine, il progetto<br />
prevede la realizzazione di percorsi formativi, destinati a due distinti<br />
gruppi bersaglio: un primo percorso rivolto al mondo del lavoro, che<br />
prevede la realizzazione di seminari per sindacalisti di vario livello, a<br />
Perugia e Caserta; un secondo percorso formativo è invece rivolto al<br />
mondo della scuola e prevede la realizzazione di corsi di aggiornamento<br />
per insegnanti a Roma, Perugia e Napoli, sul ruolo che la scuola può e<br />
deve assumersi per contrastare il fenomeno del lavoro minorile<br />
attraverso la lotta all'insuccesso e all'evasione scolastica. Sono state<br />
anche organizzate rassegne cinematografiche di pellicole di autore sul<br />
lavoro minorile nel mondo, a Roma, Napoli e Perugia, destinata al corpo<br />
insegnante ed alla popolazione scolastica e laboratori nelle classi, per<br />
stimolare nei giovani la rielaborazione creativa di quanto introiettato<br />
attraverso la produzione di video amatoriali.<br />
81
Cospe Cooperazione per lo sviluppo dei paesi emergenti, è un’associazione che<br />
opera per il dialogo fra le colture, lo sviluppo equo e sostenibile, i diritti<br />
umani. E’ nato nel 1983 a Firenze per contribuire al superamento delle<br />
condizioni di povertà ed ingiustizia sociale nel mondo. E’ impegnato in<br />
alcuni paesi quali L’Africa, L’America Latina, l’Asia, Sud Est Europa,<br />
in programmi che promuovono lo sviluppo economico, ambientale e<br />
sociale.<br />
In Italia ed Europa, il Cospe realizza programmi di ed. all’antirazzismo,<br />
allo sviluppo, all’interculturalità e per la difesa dei diritti fondamentali.<br />
E’ impegnato nella tutela dei rifugiati, dei profughi.<br />
82
Macondo Promuove scambi e solidarietà con gli enti, le associazioni, le comunità<br />
e le persone che animano, guidano progetti, scuole, strutture educative a<br />
favore dei bambini abbandonati, in particolare dei "bambini di strada".<br />
Macondo ha il compito di collegare persone e gruppi dentro progetti di<br />
solidarietà, non solo per aiutare ed assistere, ma anche per sensibilizzare<br />
ai bisogni dell'uomo che vive in situazioni di disagio socioculturale.<br />
Macondo è presente soprattutto in Brasile, ma anche in Bolivia, in<br />
Messico, in Guatemala, in Argentina.<br />
Le sue attività principali sono la rivista Madrugada,<br />
la formazione costante dei giovani alla mondialità,<br />
la preparazione personale del viaggio interiore in America Latina<br />
che accresca l'amicizia, la sensibilità e la solidarietà tra gli uomini.<br />
L’impegno contro lo sfruttamento dei bambini soldato.<br />
Progetto São Martinho<br />
Rio de Janeiro – BRASILE<br />
Fondata nel 1983 da suor Adima e Roberto dos Santos, sotto il<br />
patrocinio dei Padri Carmelitani. Segue ed accompagna 2000 ragazzi e<br />
ragazze di strada.<br />
Opera nei comuni di Rio de Janeiro e di Niteroi attraverso una rete di<br />
animatori di strada, di centri di prima accoglienza, di ospitalità, di<br />
attività di produzione e di orientamento al lavoro, di prevenzione, di<br />
difesa e di formazione. Viene finanziata anche attraverso l'adozione a<br />
distanza.<br />
Progetto "Caminho da cidadania"<br />
Rio de Janeiro - BRASILE<br />
È un progetto sorto alla periferia di Rio de Janeiro, a Campo Grande,<br />
diretto dalle suore "Serve di Maria Riparatrici". Coppie di genitori<br />
adottivi accompagnano nel processo educativo bambini e bambine<br />
abbandonati e che frequentano la scuola pubblica. L'obiettivo è quello di<br />
proporre un ambiente che ricostruisca quello familiare. Divenuti grandi,<br />
i ragazzi e le ragazze vengono avviati al lavoro, attraverso la frequenza a<br />
scuole professionali.<br />
Progetto Casa Accoglienza<br />
Cordoba – ARGENT<strong>IN</strong>A<br />
È destinata all'incontro, alla formazione ed all'educazione di quaranta<br />
giovani e bambini, ospitati e seguiti all'interno di famiglie di nuova<br />
accoglienza, che hanno la funzione di sostituire o di aiutare il lavoro<br />
educativo delle famiglie di provenienza dei ragazzi; famiglie che vivono<br />
disagi legati alla povertà o alla disgregazione.<br />
Il progetto è patrocinato dalla Parrocchia di Nostra Signora del Lavoro.<br />
83
Global March Associazione non governativa, nata nel 1998 per combattere la<br />
schiavitù dei bambini in India. Migliaia di persone hanno marciato per<br />
proteggere e promuovere i diritti di tutti i bambini. Grazie alla sua<br />
attività di pressione sui governi e sull’OIL, l’iniziativa ha contribuito<br />
alla approvazione della Convenzione n° 182, adottata il17 Giugno 1999<br />
relativa alla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile. Dal<br />
gennaio 2000, Manitese ha assunto il coordinamento europeo della<br />
Global March 2000 ed ha realizzato un piano triennale per il<br />
raggiungimento di due fondamentali obiettivi:<br />
Lotta contro le forme peggiori di sfruttamento<br />
Garanzia di istruzione universale gratuita e di qualità per tutti i bambini<br />
del mondo.<br />
Tipologia delle organizzazioni o delle<br />
istituzioni<br />
Commissione nazionale per il coordinamento<br />
degli interventi in materia di maltrattamenti,<br />
abusi, e sfruttamento sessuale dei minori-<br />
Presidenza del Consiglio dei Ministri-<br />
Dipartimento degli Affari Sociali<br />
Comitato di coordinamento nazionale delle<br />
azioni contro la tratta di donne e minori ai<br />
fini di sfruttamento sessuale (Presidenza del<br />
Consiglio dei Ministri- Ministero per le Pari<br />
Opportunità)<br />
Progetto “Oltre la strada” – Regione Emilia<br />
Romagna<br />
Comitato Italiano Contro la Schiavitù<br />
Moderna (CCSM)<br />
Tutore pubblico dei minori (Friuli – Venezia<br />
Giulia L.R. 49/93; Veneto L.R. 42/88)<br />
Comitato nazionale per la lotta alla tratta<br />
delle persone – ne fanno parte Caritas Italiana,<br />
Fondazione Migrantes, USMI, UISG, Gruppo<br />
Abele<br />
<strong>IN</strong> ITALIA<br />
Come promuovono e tutelano<br />
La commissione, istituita nel 1998, ha prodotto<br />
“Proposte d’intervento per la prevenzione e il<br />
contrasto del fenomeno del maltrattamento<br />
Contrasta il fenomeno del commercio delle<br />
donne e dei bambini<br />
Progetto di intervento nel campo della<br />
prostituzione in collaborazione con le<br />
amministrazioni pubbliche e in stretto rapporto<br />
con i soggetti del privato sociale e del<br />
volontariato<br />
Agisce attraverso<br />
• studio e ricerca;<br />
• iniziative editoriali;<br />
• assistenza sociale, umana, legale,<br />
psicologica e sanitaria;<br />
• formazione e aggiornamento;<br />
• educazione alle conoscenze e all’uso dei<br />
servizi socio-sanitari<br />
• dibattito<br />
Tra gli altri impegni:<br />
• Individua e prepara persone disponibili a<br />
svolgere funzioni di tutela e curatela;<br />
• Segnala ai servizi sociali e all’autorità<br />
giudiziaria situazioni che richiedono<br />
interventi immediati<br />
84
Tavolo Interistituzionale sulle nuove Schiavitù<br />
– a cui partecipano Comunità europea, Provincia<br />
di Milano, Regione Lombardia, Comune di<br />
Milano, Tribunale Minorile, Procura della<br />
Repubblica, Questura di Milano, gruppo<br />
Promozione Donna, Centro Azione Milano<br />
donne e Centro Nazionale di Prevenzione e<br />
Difesa sociale<br />
Missione OIM di Roma(Organizzazione<br />
internazionale per le Migrazioni)<br />
• È riconosciuta quale agenzia<br />
internazionale di riferimento per<br />
affrontare il tema della tratta delle<br />
persone a fine di sfruttamento sessuale;<br />
• Ha un progetto insieme con il Governo<br />
italiano nell’ambito del Programma Stop<br />
della Commissione europea.<br />
Centro di ricerca per la pace di Viterbo • Porta avanti una campagna contro la<br />
schiavitù in Italia<br />
Fondazione Internazionale Lelio Basso • Opera nel campo della ricerca sul lavoro<br />
servile e para schiavistico in Italia<br />
ULS n° 16 di Padova – Progetto Vita • Recupero e reinserimento delle donne<br />
che si liberano dalla prostituzione<br />
Progetto “Città prostituzione” a Mestre • Recupero e reinserimento delle donne<br />
Progetti affidati a enti di volontariato (comunità<br />
Papa Giovanni XXIII e Caritas diocesana) in<br />
convenzione con Comune e Provincia di Vicenza<br />
(applicazione art. 18)<br />
che si liberano dalla prostituzione<br />
• Recupero e reinserimento nel lavoro di<br />
donne liberate dalla schiavitù per<br />
prostituzione<br />
85
Bibliografia<br />
Fascicolo informativo del 2° Corso di formazione per il personale docente e dirigenziale della<br />
scuola nella Regione Veneto – Adotta un diritto umano – Diritto a non essere tenuto in Stato di<br />
Schiavitù.<br />
Università degli Studi di Padova – Cattedra UNESCO “Diritti umani democrazia e pace”, Diritti<br />
umani e pace. Materiali e proposte per l’educazione . Serie Quaderni n.° 4 – 2001<br />
Appunti Incontro con responsabile Comunità Papa Giovanni XXIII e rappresentante Caritas<br />
Diocesana-Progetto Donna.<br />
• Mai più schiavi. Liberi per cambiare. Dossier per le scuole medie e superiori. V Meeting sui<br />
diritti umani. FI 2001.A cura di ucodep – manitese – COSPE.<br />
• Centro Nuovo Modello di Sviluppo, Guida al Consumo critico. Editrice Missionaria<br />
Italiana, 2000.<br />
• G. Nebbia, Lo sviluppo sostenibile. Edizioni Cultura della Pace.<br />
• BOYCOTT. Supplemento bimestrale di MANITESE<br />
86
COSA POSSIAMO FARE NOI COME SEMPLICI CITTAD<strong>IN</strong>I<br />
Nessuna società moderna può conservare la propria dignità se si dimostra incapace di tutelare un<br />
diritto umano fondamentale come quello di non essere tenuti in stato di schiavitù. Lo<br />
sfruttamento dei bambini nel mondo del lavoro, quello della donna per scopi sessuali, l’utilizzo<br />
dei minori dei conflitti armati, il traffico dei minori, la schiavitù per debito e tante altre forme di<br />
sfruttamento della persona umana sono espressione di una civiltà che non può definirsi<br />
civilizzata e progredita. Nonostante possa sembrare paradossale, nell’epoca della<br />
globalizzazione la schiavitù si moltiplica e, per esempio, il traffico di esseri umani supera la<br />
quota 200milioni di persone.<br />
Quando i mezzi di comunicazione di massa c’informano su episodi di questo tipo, consapevoli<br />
dell’ingiustizia subita e dell’efferatezza degli atti compiuti, spesso proviamo sentimenti di<br />
sconcerto, d’indignazione ma non sappiamo come agire e ci sentiamo impotenti. Attendiamo<br />
che altri, i governi o gli organismi internazionali, trovino delle soluzioni.<br />
In realtà come singoli cittadini possiamo offrire il nostro piccolo contributo per combattere le<br />
situazioni di sfruttamento. Segnaliamo come esempio le seguenti azioni:<br />
Campagne di pressione: inviare lettere, firmare petizioni, fare pressioni su imprese,<br />
governi, istituzioni, con lo scopo di cambiare un certo comportamento;<br />
Boicottaggio: non comprare certi prodotti in occasione di campagne organizzate con lo<br />
scopo di ottenere una modifica delle politiche scorrette<br />
Consumo critico: scegliere i prodotti da acquistare in modo responsabile, valutando le<br />
conseguenze sociali, ambientali, ecc.. Scegliere prodotti che fanno parte del commercio<br />
equo e solidale che, garantendo ai produttori del sud del mondo un compenso equo per il<br />
lavoro, permette a molte famiglie ricondurre una vita dignitosa limitando i fenomeni di<br />
indebitamento e sfruttamento del lavoro<br />
Impegno nel mondo dell’associazionismo per essere correttamente informati e<br />
impegnarsi, compiendo una scelta di volontariato o lavorativa, in attività o gruppi che si<br />
occupano di cooperazione internazionale, commercio equo, diritti umani<br />
Risparmio consapevole: affidare i propri risparmi a gruppi finanziari (Banca Etica,<br />
Mutue di Autogestione) che investono in attività dal forte contenuto etico e sociale<br />
Turismo responsabile: viaggiare scegliendo di non avvallare lo sfruttamento di altre<br />
persone, ma di basarsi su principi di equità, sostenibilità sociale e ambientale,nel rispetto<br />
dei paesi e delle popolazioni che ci ospitano.<br />
87
9. CONTESTUALIZZAZIONE DEL <strong><strong>DI</strong>RITTO</strong> NEL TERRITORIO<br />
• Il problema della prostituzione nel territorio<br />
• Chi sta provvedendo sul territorio e come<br />
Sezione di lavoro svolta dai docenti:<br />
GAZZETTA MARIANGELA<br />
GASPAROTTO ROSANNA<br />
88
“Educazione alla cittadinanza e alla solidarietà: cultura dei diritti umani”<br />
“Diritto a non essere tenuto in stato di schiavitù”<br />
CONTESTUALIZZAZIONE DEL <strong><strong>DI</strong>RITTO</strong> NEL TERRITORIO<br />
A – Secondo una recente ricerca in Italia le donne straniere coinvolte nella prostituzione (per la<br />
maggior parte provenienti dai paesi dell’Est) andrebbero dalle 18.000 alle 25.000: se l’offerta è così<br />
alta questo significa che, purtroppo, anche la domanda è elevata. La Caritas diocesana in questi<br />
ultimi anni si è interrogata su questo problema cercando, prima di tutto, di capire e conoscere quello<br />
che capita anche nel nostro territorio, dove questa realtà è molto presente! Il fenomeno della<br />
prostituzione schiavizzata nel vicentino è presente dal 1995 con una evoluzione fino al 1999; in<br />
provincia sono presenti dal 1995 due organizzazioni a favore della prostituzione, una albanese e<br />
una nigeriana, entrambe patriarcali, con la differenza che la prima è gestita da uomini la seconda da<br />
donne. Altre sono le organizzazioni presenti nel territorio del Veneto a PD e a VR; nel vicentino 4/5<br />
sono i casi di ragazze considerate schiavizzate e controllate da 1/2 persone. Si può dire che nel<br />
vicentino c’è un continuo riciclo, quelle che hanno lavorato nel 2000, oggi non ci sono più a VI<br />
perché fatte transitare nel padovano, veronese e trevisano. In questi giorni (30/Aprile), i mezzi di<br />
comunicazione locali hanno reso nota la scoperta di una cosiddetta “casa chiusa” precisamente in<br />
centro città a VR, un palazzo di Piazza Brà, da circa 20 anni era diventato luogo per un<br />
”commercio” molto proficuo, i cui clienti e prestanti erano persone che rappresentavano il mondo<br />
della borghesia e dell’imprenditorialità veronese. Molte ragazze anche nel vicentino sono coinvolte<br />
nel fenomeno del debito dal quale faticano a liberarsi, e questo rappresenta un altro grave aspetto<br />
della prostituzione. Il debito si contrae come qualsiasi situazione di schiavitù: A) Con colui che è il<br />
proprietario dei documenti. B) Per firma dei genitori della ragazza. C) Con il contratto di<br />
servilismo (la tua famiglia mi paga attraverso le figlie). Molte ragazze soprattutto dell’Est, che ben<br />
conoscono la povertà e la miseria del loro paese di provenienza, vengono adescate, imbrogliate ma<br />
di fronte alle 400/500 mila a serata, cominciano ad acquisire un valore diverso dei soldi, sono<br />
ragazze arrivate in Italia attraverso delle organizzazioni o delle agenzie che gestiscono il viaggio o<br />
meglio a volte potrebbe essere definito un esodo. Purtroppo diverse sono quelle approdate su un<br />
gommone rischiando l’annegamento o la vita. Le fortunate arrivano con un volo, vengono poi<br />
tenute 20 giorni in strutture protette, per esempio l’albergo, e poi immesse nei diversi giri della<br />
prostituzione. Rimini rimane comunque il centro di smistamento più significativo.<br />
3.000 sono le prostitute rumene che lavorano in Italia, 13.000 lavorano nel proprio paese con<br />
prestazioni a basso costo (5 euro), molte sono le minorenni richieste. In Romania è stata aperta una<br />
struttura che lavora a livello internazionale, seguita da Arianna Peterson e ciò permette di conoscere<br />
la realtà rumena, molte sono anche le italiane che lavorano in Romania ed esiste addirittura una<br />
organizzazione gestita da italiani e rumeni. Ci sono organizzazioni italiane in contatto con la<br />
prostituzione internazionale, molti i casi di rapimento ma pochi quelli denunciati;: in Thailandia<br />
sono diverse le italiane schiavizzate da bambine, a febbraio è stata rintracciata una ragazza di 16<br />
anni che era costretta a lavorare da sei anni.<br />
I luoghi dove le ragazze sono costrette per la maggior parte a lavorare diversamente dal 2000 dove<br />
numerose lavoravano sulla strada, oggi sono gli appartamenti. A PD in Via Anelli c’è una vecchia<br />
struttura universitaria che oggi è diventata un incrocio di etnie; ci sono 7 condomini da 50/60<br />
appartamenti, locali gestiti per la prostituzione. La presenza di ragazze immigrate a VI va da 40 a<br />
80/90 ragazze; molte hanno il permesso di soggiorno, qualcuna ha scelto di rimanere clandestina.<br />
Le italiane professioniste sulla strada sono poche; dopo la sanatoria le presenze delle ragazze che si<br />
prostituiscono si verificano in giorni specifici, anche infrasettimanali, altre, soprattutto ragazze<br />
provenienti dall’Est asiatico (Cina), lavorano in saloni di bellezza come massaggiatrici (tre giorni la<br />
settimana), ristoranti, hotel, luoghi che fungono ovviamente da copertura. Le zone più note nella<br />
89
città di VI e periferia sono le seguenti: via dei Mille, zona motorizzazione, Caserma Ederle,<br />
Stazione, Questura e la statale 11. Le forze dell’ordine hanno scoperto un giro di prostituzione<br />
anche in alcuni paesi della provincia (un appartamento di Noventa Vicentina per esempio…). Poche<br />
rimangono fortunatamente le schiavizzate, non esiste più il fenomeno della prostituta<br />
tossicodipendente, ma va manifestandosi sempre di più quello di studentesse che lavorano per<br />
procurarsi i soldi anche facendo l’accompagnatrice, soprattutto a VR e a PD, grossi centri urbani<br />
universitari. Va’ ricordato che la prostituzione non è solo femminile ma contempla la totalità delle<br />
categorie; da circa 3 mesi a VI sono presenti i Viados, oltre che i transessuali 6 nella statale N° 11 e<br />
11 di origine cinese nella zona di Montecchio maggiore; pagano una parcella o una “quota di<br />
piazzola”, nella zona che occupano, sono presenti in numero molto più elevato nel padovano.<br />
Chi sono i clienti? Uomini dai 35/50 anni con mogli e figli, giovani dai 27/29 anni e anche donne.<br />
B – CHI STA PROVVEDENDO NEL TERRITORIO E COME<br />
La Comunità Papa Giovanni XXIII e la CARITAS diocesana sono le due associazioni che lavorano<br />
nel nostro territorio per il recupero e con progetti di integrazione delle donne vittime della<br />
prostituzione, in collaborazione con enti locali, Comune, Questura , volontari privati e istituti<br />
religiosi.<br />
La Comunità Papa Giovanni XXIII: è un’associazione internazionale privata di fedeli di diritto<br />
pontificio, riconosciuta dal Pontificio dicastero dei laici il 7 ottobre 1998 e civilmente riconosciuta<br />
con DPR 5 luglio 1972, n° 597. Da trent’anni opera nel mondo dell’emarginazione in Italia e<br />
all’estero, secondo lo stile della condivisione diretta di vita con gli ultimi e con l’intento di<br />
rimuovere le cause che provocano emarginazione e ingiustizia.<br />
Per gli interventi nel campo della prostituzione, si tiene un incontro mensile fra i venti referenti di<br />
zona, con i seguenti scopi:<br />
• formazione<br />
• analisi dei casi<br />
• valutazione di problemi emergenti e problemi solving<br />
• elaborazione di linee comuni nel rapporto con l’ente pubblico e con altre associazioni<br />
• organizzazione di momenti pubblici per la sensibilizzazione.<br />
Per ottimizzare il lavoro e rendere effettivo il complesso degli interventi è attivo un coordinatore<br />
generale, cui tutti i referenti di zona fanno capo per problemi emergenti, richieste di accoglienza,<br />
indicazioni di metodo. La supervisione è affidata a Don ORESTE BENZI. L’associazione dispone<br />
di uno studio legale per l’analisi e la soluzione di questioni giuridiche e legali.<br />
La Comunità Papa Giovanni XXIII ha collaborato nel 2000 con un primo progetto gestito dal<br />
Comune di Vicenza; non è sempre facile la realizzazione di tali progetti perché i bisogni sono nella<br />
realtà più alti della disponibilità economica. Per esempio in un budget di 70 milioni, 40 vanno per le<br />
spese assistenziali (psicologo, assistente sociale…), e 30 per i fabbisogni delle ragazze. A VI il<br />
Comune è venuto incontro a 8/10 programmi di integrazione sociale che comprende tutto un iter di:<br />
• prima struttura accoglienza<br />
• struttura residenziale<br />
• lavoro.<br />
Nel 2000, 47 sono state le ragazze uscite grazie a questo progetto del Comune.<br />
Nello specifico dell’intervento:<br />
1. Esiste, grazie alla Comunità Papa Giovanni una “Casa di Fuga”, che funge da prima<br />
accoglienza di queste ragazze attraverso l’intervento degli operatori.<br />
2. Dopo 2/3 mesi si ricrea la storia della ragazza e se lo si ritiene con essa stessa si procede alla<br />
denuncia di quanto subito. Purtroppo molte volte è la paura che impedisce alla ragazza di<br />
procedere, paura di subire delle ripercussioni all’interno della sua stessa famiglia. Altrimenti<br />
si procede attraverso un percorso alternativo secondo l’art. 27 fornendo comunque degli<br />
elementi alla questura per togliere la ragazza dall’organizzazione, definitivamente.<br />
90
3. Si procede all’acquisizione dei primi documenti, tra i quali il passaporto che risulta il più<br />
importante tra questi, per cui necessita la collaborazione e il contratto con le ambasciate.<br />
4. Le ragazze, poi, vengono inserite in un percorso di integrazione scolastica per permettere<br />
loro di acquisire un vocabolario più fornito e di comunicare nel modo più idoneo alle<br />
necessità a cui andranno incontro.<br />
5. Si procede poi ad un’integrazione sociale per avviarle e poter vivere in modo appunto più<br />
integrato socialmente, ad esempio come gestire la vita quotidiana in un appartamento.<br />
6. Ottenuto il permesso di soggiorno viene loro trovato un lavoro in fabbrica (molte nel settore<br />
tessile) oppure nell’assistenza domiciliare. A volte è possibile che vengano schiavizzate<br />
nella famiglia per abuso sessuale, dove non c’è stato un vero e proprio controllo è successo.<br />
7. Infine, un’altra iniziativa è stata l’apertura di uno sportello, in collaborazione con la<br />
Questura e l’aiuto del Comune.<br />
Altre iniziative di intervento presenti nelle province di VI, PD,VE e VR sono le seguenti:<br />
• Esiste un n° verde, l’800290290 istituito dal ministero per le pari opportunità, affisso<br />
nei punti strategici delle strade e delle città, il cui contenuto è tradotto in lingue<br />
diverse, per permettere alle ragazze di telefonare per un primo intervento.<br />
• E’ stato realizzato il “Progetto vita” a PD con l’avvio di un percorso di integrazione<br />
completo attraverso i servizi sociali, le cooperative, le strutture di volontariato per un<br />
inserimento nel mondo del lavoro.<br />
• A Mestre attraverso “Città prostituzione”, è stato realizzato il coinvolgimento delle<br />
famiglie per l’ospitalità temporanea di 10/15 giorni della ragazze, prima di un<br />
inserimento più stabile.<br />
• A TV nel Comune di Fontanella in collaborazione con la Caritas si è avviata una<br />
certa collaborazione anche con gli imprenditori della zona.<br />
• Intorno alle 2/3 del mattino, si possono presentare situazioni di emergenza nelle<br />
quali il volontariato svolge un ottimo intervento di aiuto.<br />
• A VR ci sono anche delle organizzazioni religiose che stanno lavorando per far<br />
fronte a questo grave problema della prostituzione con strutture di accoglienza,<br />
ancora prima che fosse messa in atto la normativa.<br />
La Caritas diocesana: si è attivata di fronte alla realtà della prostituzione con lo scopo di scuotere<br />
le comunità cristiane di fronte a questo fenomeno, attraverso la Commissione “Prostituzione<br />
Coatta e Comunità Cristiana”. Secondo il pensiero e il “cuore” della Caritas, queste donne<br />
ingannate, schiavizzate e gettate sulle strade, nei bordelli, negli appartamenti sono “l’icona vivente<br />
dell’ingiusta discriminazione tra Nord e Sud del mondo, tra uomo e donna, tra ricchi e poveri”.<br />
Non va’ dimenticato che le donne sono innanzitutto persone, che piangono come noi, che soffrono<br />
come noi, che gioiscono come noi, sono adolescenti e giovani donne con tanti sogni e speranze nel<br />
cuore.<br />
Anche Gesù nei Vangeli si pone con cuore e sguardo compassionevole di fronte ad alcune categorie<br />
di donne, la figura della Maddalena in Lc. 7,36-50, è emblematica e di forte richiamo per un<br />
atteggiamento di accoglienza, di perdono, di incontro di simili storie di sofferenze e violenze,<br />
alimentate spesso anche da una cultura e da società perbenista ed emarginante.<br />
La Caritas intende promuovere una mentalità diversa di fronte a questo fenomeno, intende<br />
interpellare la pastorale della Chiesa, nei suoi aspetti educativi. Forte è inoltre l’appello sul modo di<br />
interrogarsi, a partire dalla domanda suggerita dal testo biblico:”Caino, dov’è Abele, tuo fratello?”.<br />
Spesso tale domanda trova anche tale risposta:”Non lo so. Sono forse io il guardiano di mio<br />
fratello?”. Allora è proprio questa domanda che deve scuotere ognuno di noi e non deve lasciarci<br />
indifferenti tanto quanto la grave piaga della prostituzione. L’ambito comunque preferenziale della<br />
Caritas è quello pastorale-relazionale, supportato anche da quello scientifico. La Caritas diocesana<br />
allora in concreto agisce da alcuni anni attraverso le seguenti iniziative:<br />
91
• Servizio-segno: da circa quattro anni tramite la Commissione “Prostituzione coatta…”, ha<br />
cominciato a realizzare un’esperienza di “relazione” con donne vittime della tratta, presenti<br />
in forma più consistente sulle strade della nostra città e della nostra provincia. Il Serviziosegno<br />
tramite il volontariato, ha dato risposte concrete di accoglienza.<br />
• Il primo impegno è stato quello dell’accoglienza di queste donne in luoghi diversi:<br />
famiglie, persone singole, istituti religiosi, altre Caritas diocesane.<br />
• Dopo la fase di allontanamento dalla strada, la problematica principale è la<br />
normalizzazione della loro vita, affrontando i seguenti problemi: problemi di documenti, di<br />
abitazione, problemi familiari, problemi personali (non mancano le ragazze con figli a<br />
carico), problemi affettivi. I progetti e i percorsi di uscita dalla prostituzione sono un lavoro<br />
faticoso, delicato e in questi anni numerose sono state le giovani donne tolte dalla strada,<br />
come pure quelle avviate all’interno di un processo di normalizzazione di vita e di<br />
integrazione, anche se rimangono comunque processi lunghi e complessi, a livello umano e<br />
sociale.<br />
• Da due anni a questa parte la Caritas sta portando avanti un progetto di accoglienza,<br />
promozione e formazione di donne, in collaborazione con la comunità dell’associazione<br />
Papa Giovanni XXIII.<br />
• La Commissione “Prostituzione…” ha attivato il “PROGETTO DONNA” con l’obiettivo<br />
di liberare dalla schiavitù perché si accenda una speranza. (Vedi nell’allegato il progetto<br />
più dettagliato).<br />
• E’ aperto uno “Sportello-donna”, accessibile a tutte le donne costrette alla prostituzione<br />
coatta, a tutti i cittadini e ai clienti; lo sportello viene gestito in Via Torrette, con annessi 3<br />
appartamenti di comunità e 2 di accoglienza , anche per le donne in stato di gravidanza.<br />
• Viene organizzata la formazione con le prostitute “autodeterminate” (donne coinvolte in<br />
trasmissione televisive, tra cui alcune sono scrittrici), che vivono a Perdendone con una<br />
collaborazione a livello nazionale.<br />
• La Caritas si fa promotrice di incontrare ed instaurare relazioni anche con i clienti,<br />
cercando di capirne le loro problematiche e conseguenti comportamenti, creando un gruppo<br />
di auto-mutuo-aiuto, coordinato dai facilitatori e con l’appoggio di professionisti che<br />
lavorano nell’ambito familiare (terapeuti, psicologi…). A tal proposito la Caritas ha<br />
preparato un volantino dal titolo “Parliamone assieme” per i clienti, da distribuire nelle<br />
farmacie, nei luoghi pubblici. Metterà in azione un cellulare e attraverso la Radio lancerà<br />
uno spot.<br />
• Infine la Caritas si sta occupando inoltre della situazione delle “badanti”, problema<br />
sollevato soprattutto dalle Caritas del N/E; a VI sono stati aperti degli sportelli dal 1999<br />
con il n° seguente di contatti di donne: 1999 n° 135; 2000 n° 143; 2001 n° 169 da genn. Ad<br />
ott., n° 141 da lug. a giu. 2002.<br />
Purtroppo il turismo sessuale rimane ancora un gravissimo ed infernale nemico da combattere,<br />
organizzato da vere e proprie agenzie e frequentato anche da molti italiani.<br />
Il terzo millennio cristiano è oramai già iniziato, grandi conquiste sono state fatte in vari campi, da<br />
quello tecnologico a quello della medicina, purtroppo non dobbiamo dimenticare un mondo<br />
sommerso carico di problemi, di sofferenza e di violenza, un grosso macigno quindi, che deve<br />
scuotere la coscienza sociale e comunitaria.<br />
Credenti e non siamo chiamati a “tirarci su le maniche”, per far uscire la nostra società da questo<br />
stallo pericoloso delle nuove e sempre più emergenti forme di schiavitù, dove la violazione dei<br />
diritti e della dignità della persona vengono calpestati nel silenzio e nell’indifferenza della maggior<br />
parte della gente. Allora la domanda che Dio pone a ciascuno di noi “Dov’è tuo fratello, dov’è tua<br />
sorella?”, non deve rimanere senza risposta, tutti dobbiamo diventare responsabili di fronte alla<br />
vita, ai fatti che capitano e attraverso i quali possiamo intravedere che siamo chiamati a vivere con<br />
gli occhi aperti sul mondo e non ripiegando lo sguardo su noi stessi.<br />
92
Concludo con la significativa testimonianza di Liliana:<br />
“Fino a 26 anni ho esercitato la professione di infermiera in Albania. A causa di un<br />
incidente mi si è formato un grosso ematoma al cranio. Sono arrivata in Italia in<br />
gommone nell’Aprile 2000. Prezzo pagato per me e il mio ragazzo: 3 milioni di lire. Il<br />
mio “ragazzo” mi portò in Italia per “curarmi” e ricostruirci una vita insieme. In Italia<br />
sarebbe stato facile, mi diceva, trovare lavoro. Sbarcati a Taranto, andammo subito<br />
a Napoli, ospiti di un amico per due mesi. Dopo una settimana fui costretta a<br />
prostituirmi sulla strada. Io non volevo, ho provato a ribellarmi: non è servito a<br />
nulla, se non a prendere botte. Quando il mio ragazzo si accorse che non rendevo<br />
abbastanza, mi vendette per 8 milioni di lire ad un altro albanese. Il nuovo padrone<br />
mi portò a Messina. Sono riuscita a scappare e mi sono rifugiata presso la Caritas,<br />
poi alla Comunità di Papa Giovanni XXIII dove ora vivo. Spero solo di dimenticare<br />
questa esperienza che mi ha segnato nel corpo e nello spirito. Ancora oggi curo le<br />
ferite e gli ematomi provocati dalle botte ricevute”.<br />
Istituto Comprensivo di Orgiano<br />
Prof.ssa Gazzetta Mariangela<br />
All. N° 1- “Progetto donna” Relazione e caratteristiche del progetto.<br />
93
10. IL CONFRONTO TRA CULTURE<br />
• I paesi dell’Est, in particolare l’Albania<br />
• I paesi asiatici e in particolare l’Indocina<br />
• Il Brasile e in particolare la regione del Nordest<br />
- il racconto di esperienze personali sulla condizione della donna e dei<br />
giovani nel Nordest del Brasile<br />
- una lettura del problema della tratta delle donne nella chiave della<br />
globalizzazione<br />
- La tratta: riflessioni di carattere etico<br />
- Conclusioni: un’esortazione per la donna a”prendere la parola”<br />
- Quadro comparativo delle culture<br />
Sezione di lavoro svolta dai docenti:<br />
GAZZETTA MARIANGELA<br />
GASPAROTTO ROSANNA<br />
PIZZOLATO LUCIANA<br />
99
IL CONFRONTO TRA LE CULTURE:<br />
I PAESI DELL’EST ED <strong>IN</strong> PARTICOLARE L’ALBANIA.<br />
A - Cenni storici sulla situazione politico-economica dell’Albania.<br />
L’Albania è rimasta nell’isolamento per 50 anni, durante i quali il dittatore comunista Enver Hoxha<br />
l’ha trasformata in una grande prigione e nel paese più povero d’Europa, cosparso di bunker in<br />
cemento armato, se ne contano ancora 600.000. I cittadini come in altre realtà dell’est, erano<br />
completamente presi a balia dallo stato, che pensava a tutto dal lavoro alla casa, alla vecchiaia ecc.<br />
in cambio si chiedeva solo fedeltà al regime. Nel 1990 quando il regime è stato rovesciato mancava<br />
tutto, la situazione economica era disastrosa con un reddito procapite che era il più basso d’Europa.<br />
C’è stata una ripresa economica dal 1993 al 1995, ma nonostante ciò l’Albania continua a vivere in<br />
situazione di grave povertà con disagi sociali non indifferenti. Dopo il regime, la voglia di<br />
arricchirsi al più presto e a qualunque costo ha portato molti sulla via del contrabbando, della droga<br />
e della prostituzione, o ad uscire dalla propria patria, fosse anche in modo clandestino, in cerca di<br />
fortuna, ma spesso a scapito della propria dignità e sicurezza personale. In questi ultimi anni il<br />
traffico di clandestini si è trasformato in una vera industria di trasporti e nelle montagne circostanti<br />
Valona, per esempio, la droga viene coltivata come il basilico. Anche la prostituzione, in questo<br />
“teatro di disperazione”, ha trovato terreno fertile dando vita ad un vero e proprio traffico di “merce<br />
umana” e l’Albania svolge un ruolo di primo piano in questo traffico.<br />
B – La disperata condizione delle ragazze dell’Est e in particolare di quelle albanesi.<br />
Reclutate in Kosovo, Bosnia, Croazia e Serbia, il racket, soprattutto quello albanese, si<br />
approvvigiona mediante il rapimento, l’inganno del finto fidanzato, del finto sposo, l’acquisto<br />
diretto dai genitori. Un buon numero di ragazze viene spedito nei famigerati campi di avviamento<br />
alla prostituzione. Christian Amiard, capo dell’ufficio centrale di repressione, ha fatto fatica ad<br />
accettare che esistono “veri e propri campi di asservimento dove le ragazze sono stuprate e<br />
addestrate”. Se le donne si rifiutano, i protettori albanesi non esitano a torturarle con bruciature,<br />
scosse elettriche e amputazioni; oppure eliminandole. Lì diventano per sempre proprietà del<br />
criminale che le compra.<br />
Arrivano da Romania, Ungheria, Bulgaria, Moldavia, Uzbekistan e dalla regione di Mosca. Entrano<br />
in Italia con visti ottenuti dalle ambasciate di frontiera dei paesi che aderiscono al trattato di<br />
Schengen: Belgio, Inghilterra, Olanda…Le ragazze dell’Est passano dalla Serbia all’Albania e di<br />
qui in Italia. Gli albanesi hanno creato un vero e proprio cartello della prostituzione, allacciando<br />
rapporti d’affari con altre organizzazioni criminali e diversificando le proprie attività. Le reti<br />
albanesi in genere hanno sede in Belgio, soprattutto a Bruxelles, dove si scontrano con Kurdi e<br />
turchi per il possesso delle “case chiuse”, e ad Anversa, dove sono state censite 450 prostitute<br />
dell’Est. Le prostitute dell’Est, arrivate in Italia in modo massiccio da due o tre anni, rappresentano<br />
più della metà delle straniere. Nell’epoca della globalizzazione, si globalizza anche la tratta delle<br />
donne, esiste uno sfruttamento della prostituzione su larga scala, che genera notevoli profitti. Il<br />
crollo dell’impero sovietico e la disgregazione Jugoslavia hanno causato un’accelerazione di questo<br />
fenomeno, la cui causa ormai nota è la MISERIA! Paesi rimasti economicamente alla deriva, quelli<br />
dell’est, come la Moldavia, la Romania, l’Ucraina e appunto anche l’Albania, nei quali molte donne<br />
sperano di guadagnare abbastanza per tornare nel loro paese e dare da vivere alla loro famiglia. Tre<br />
quarti di loro non si sono mai prostituite prima. Sono per la maggior parte donne laureate o<br />
diplomate, che lasciano in patria marito e figli. Spesso cadono vittime di un inganno velato, di un<br />
condizionamento psicologico e di forti argomenti persuasivi: come la soluzione dei problemi<br />
economici, la possibilità di matrimonio o di carriera. Anche per loro la proposta di emigrare può<br />
100
giungere da un parente. Non immaginano lontanamente quali siano le condizioni di schiavitù,<br />
prigionia, sfruttamento, violenza alle quali saranno sottoposte dai trafficanti, molte ragazze sono<br />
tenute in ostaggio, altre minacciate e percosse.<br />
L’art. 4 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani così enuncia:“Nessun individuo potrà<br />
essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù: la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno<br />
proibite sotto qualsiasi forma”. Una Dichiarazione firmata nel 1948 e purtroppo non ancora<br />
rispettata, infatti la tratta di esseri umani è una pratica ancora ampiamente diffusa che va assumendo<br />
forme sempre più organizzate e si qualifica come una moderna schiavitù: il suo scopo è quello di<br />
assoggettare le persone, prevedendo un’organizzazione ben strutturata che procede al trasporto delle<br />
vittime, al loro sfruttamento e all’aggiramento delle leggi nazionali e internazionali. L’opinione<br />
pubblica e le istituzioni si sono rese conto ormai che il fenomeno della prostituzione, soprattutto<br />
quella che riguarda donne straniere provenienti anche dai paesi dell’Est europeo e dall’ex<br />
Jugoslavia e dall’Albania è un’autentica tratta di nuove schiave.<br />
C – Quale allora, la situazione culturale della donna in Albania?<br />
La struttura della società albanese tradizionale è riuscita a resistere attraverso gli anni ed agli<br />
attacchi del regime comunista. In sostanza essa è basata sulla famiglia allargata a struttura<br />
patriarcale. Ancora nel 1989 il 24% delle cooperative rurali aveva tre generazioni che vivevano<br />
sotto lo stesso tetto. In questa famiglia tradizionale il ruolo della donna, che pure era stato<br />
innalzato a livello di parità dal regime, è senz’altro subordinato. Le donne hanno assai poche<br />
possibilità di partecipare ai processi decisionali. Nonostante i cambiamenti cui sta andando<br />
incontro la società, che formalmente assegna un ruolo paritario ai due sessi, ancora oggi nel<br />
Governo albanese su 21 ministri uno solo è di sesso femminile, e sui 140 membri del parlamento<br />
solo 8 lo sono. Ma accanto a queste disparità è conoscenza comune il fatto che siano proprio le<br />
donne le principali lavoratrici nella realtà albanese. Gli uomini tradizionalmente si dedicavano alla<br />
politica ed alla vita militare.<br />
Purtroppo la prostituzione e la “Tratta di ragazze” hanno trovato terreno favorevole per dilagare<br />
sempre più diventando una piaga sociale non indifferente, violando ogni crisma del rispetto della<br />
persona e dei suoi diritti. In Albania la ragazza non è considerata persona ma è vista come una<br />
proprietà dei genitori, i quali possono disporne a piacimento e persino venderla. Fin dal<br />
fidanzamento e durante il matrimonio la donna diventa possesso dell’uomo; è una merce: può<br />
essere rapita come si rapisce un animale. La prostituzione non appartiene alla cultura del popolo<br />
albanese, discendente dagli antichi Illiri. Specialmente nei villaggi di montagna, essi sono fieri<br />
combattenti, fedeli alla legge del Kanun cioè un “canone” o insieme di norme che regola i<br />
comportamenti sociali in Albania. Viene tramandato di generazione in generazione, e i suoi<br />
articoli hanno valore di una legge e chi li trasgredisce incorre in severe conseguenze; un canone che<br />
prevede la vendetta come punizione per il male ricevuto.<br />
C.1 - Alcuni articoli della legge del Kanun<br />
Art. 20: L’eredità della donna albanese – “La donna albanese non ha diritto ad alcuna eredità<br />
dai suoi parenti, né la casa né altre proprietà. Il Kanun considera le donne come qualcosa di<br />
superfluo in famiglia. I parenti non si preoccupano del corredo, né di qualsiasi altra necessità della<br />
figlia: tutto l’onere spetta a chi la prende in moglie. I parenti del fidanzato hanno l’obbligo di<br />
provvedere al necessario per il matrimonio della ragazza”.<br />
101
Art. 28: Non la donna ma i suoi parenti saranno oggetto della vendetta – “…come i parenti<br />
della donna si rendono responsabili di qualunque atto disonorante che essa commetta in casa del<br />
marito o dovunque, così il prezzo del sangue da lei sparso è dovuto da loro e non dal marito, né dal<br />
figlio. D’altro canto, il marito compra il lavoro e la convivenza della moglie, ma non la sua vita. Se<br />
la donna incorre in una disgrazia per colpa del marito, la famiglia di lei chiede a costui<br />
soddisfazione secondo le prescrizioni. Tuttavia, il marito che bastona la moglie non si rende<br />
responsabile dinanzi alla legge, né i parenti di lei potranno chiedere alcuna riparazione. Se il<br />
marito ferisce la moglie e questa ne sporge querela presso i parenti, lui dovrà rendere ragione ai<br />
medesimi”.<br />
Art. 29: La donna è un otre fatta solo per sopportare – “Finché si trova in casa del marito la<br />
donna è considerata come un piccolo otre, che sopporta pesi e fatiche: non per questo i suoi<br />
parenti si disinteressano a lei, ché anzi assumono la responsabilità della sua condotta e chiedono<br />
ragione di ogni fatto o incidente che le accada”.<br />
Art. 33: I diritti del marito e del padre –<br />
“Il marito ha diritto:<br />
a) di consigliare e correggere la moglie;<br />
b) di bastonarla e legarla quando disprezza le sue parole e i suoi ordini.<br />
Il padre può:<br />
a) esercitare il diritto sulla vita e il sostentamento dei figli;<br />
b) bastonare, legare, incarcerare e perfino uccidere il figlio e la figlia senza che la legge lo<br />
punisca, perché questo suo atto è equiparato al suicidio e chi uccide se stesso è considerato<br />
invendicabile;<br />
c) collocare ogni volta che gli aggrada i figli a servizio, dietro pagamento, perché il principio<br />
della legge dice che finché il padre è vivo, il figlio è considerato come colono;<br />
d) disporre di qualsiasi guadagno del figlio;<br />
e) vendere e comprare, dare e ricevere;<br />
f) licenziare dalla casa il figlio che si ribella ai suoi ordini, senza dargli alcuna parte degli<br />
averi. Alla morte del padre, però, il figlio riacquista il diritto all’eredità.<br />
I doveri del padre:<br />
a) il padre è in dovere di adoperarsi per il bene dei figli, sia riguardo all’onore che alla<br />
ricchezza;<br />
b) provvedere d’armi i figli quando si siano resi idonei;<br />
c) non fa testamento se ha figli;<br />
d) lascia uguale eredità ai figli maschi.<br />
102
CONFRONTO TRA CULTURE:<br />
I PAESI ASIATICI E <strong>IN</strong> PARTICOLARE L’<strong>IN</strong>DOC<strong>IN</strong>A<br />
Posizione di diverse realtà culturali in merito agli articoli 4 e 5 della Dichiarazione dei diritti<br />
umani<br />
Dall’analisi della situazione mondiale e dal confronto tra diverse culture emerge una situazione<br />
sconsolante , non esiste situazione culturale in cui le nuove forme di schiavitù siano assenti in<br />
modo totale , gli articoli di legge e le costituzioni la vietano, ma tali leggi vengono molto spesso<br />
eluse o violate e purtroppo molto spesso si tratta dell’ennesimo sfruttamento dei paesi sviluppati<br />
nei confronti di quelli in via di sviluppo , la logica del mercato di questi ultimi provoca situazioni di<br />
schiavitù indiretta proprio perché essa è uno dei modi possibili e in talune realtà , l’unico possibile<br />
per sfuggire alla fame , in altre parole sembra che il diritto alla libertà sia secondario rispetto al<br />
diritto alla vita , se per sopravvivere si vende , seppur a caro prezzo, la propria persona, ancor più<br />
gravi sono quelle forme nelle quali si vende la propria libertà personale per acquistare oggetti<br />
(televisioni , automobili e quant’altro).<br />
Come è emerso dal gruppo di lavoro debbono considerarsi forme di schiavitù le dipendenze<br />
personali coatte nelle seguenti forme:<br />
schiavitù per debiti, lavoro coatto minorile , prostituzione.<br />
In tutte le società nelle quali i figli sono considerati un “bene” principalmente nei paesi ad alto tasso<br />
di natalità esiste la possibilità di far lavorare i minori , di farli assumere come servi , o anche di<br />
venderli in pagamento di debiti o semplicemente per guadagnare denaro per sfamarsi. Non<br />
dobbiamo stupirci di quest’uso che storicamente era presente in Europa prima della legislazione<br />
sociale di inizio secolo scorso , è anche doveroso sottolineare che se l’Europa legisferasse contro gli<br />
abusi che si compiono in altri continenti , ad esempio controllando che i prodotti importati non<br />
siano di produzione da lavoro coatto o minorile , le cose potrebbero cambiare , in quanto , come<br />
insegnano le leggi dell’economia , se nel mercato la domanda cessa l’offerta non ha più ragion<br />
d’essere.<br />
Il lavoro da me svolto riguarda la situazione relativa alla prostituzione nell’area asiatica ed in<br />
particolare in Indocina.<br />
Mentre cercavo materiale documentario mi sono resa conto che la prostituzione è solo uno degli<br />
aspetti di un problema più ampio ,che è il ruolo e la posizione della donna in una società, per<br />
questo motivo il mio lavoro si muove in linea sincronica e diacronica e cercherà di documentare ,<br />
oltre alla situazione relativa alla prostituzione , anche il grado di libertà personale e decisionale<br />
vissuto dalla donna nelle diverse realtà sociali da me analizzate: Il controllo social – patriarcale<br />
della donna è ancora ampiamente diffuso , anche nella società occidentale nonostante si possa<br />
pensare il contrario , a parer mio “ serpeggia” nelle immagini e nei ruoli assegnati alla donna<br />
particolarmente dai mass- media, che presentano tuttora modelli femminili che pongono la donna<br />
in funzione o in contrapposizione/gara al maschile, apparentemente ancora incapace di esprimersi<br />
attraverso un modello tutto proprio nuovo e originale.<br />
La presa di coscienza di sé e della propria dignità è la strada che conduce all’emancipazione e<br />
conseguentemente al riconoscimento e alla richiesta di difesa dei propri diritti , tale processo ,<br />
almeno da quanto emerge dai testi da me consultati , va di pari passo con il processo di<br />
laicizzazione della società e/o con la lotta agli integralismi dei quali alcuni hanno origini religiose.<br />
Al di là di queste considerazioni generali sento doveroso affermare che si debba essere molto cauti<br />
nel dare la responsabilità ad un credo di comportamenti lesivi e offensivi la dignità umana ,<br />
principalmente per evitare di assumere atteggiamenti di giustificazione e di deresponsabilizzazione<br />
del proprio operato.<br />
103
Nessuna religione è stata generosa con la donna , la giustificazione religiosa è servita nella<br />
maggioranza delle situazioni social-culturali a mantenere la donna in stato di inferiorità giuridica ,<br />
mascherando così un atteggiamento di autentica ginofobia.La donna ha sempre suscitato al tempo<br />
stesso attrattiva e inquietudini nei suoi patner , è la paura profonda e incontrollata della diversità, la<br />
causa reale della discriminazione, come è risaputo , sull’argomento forse vale la pena ricordare il<br />
celeberrimo “La paura in occidente “ dello storico Delumeau.<br />
Analizzerò qui di seguito alcuni atteggiamenti nei confronti della donna in alcune tra le religioni più<br />
diffuse.<br />
Cristianesimo: Guy Bechtel nel suo “ Le quattro donne di Dio “ analizza storicamente il ruolo<br />
della donna nel cristianesimo, esso per secoli ha avuto come assioma fondamentale l’inferiorità<br />
della donna , Bechtel analizza la concezione della donna nell’antico testamento , quindi<br />
nell’ebraismo , attraverso le ambiguità di S. Paolo e Sant’Agostino , per giungere ai giorni nostri<br />
quando ancora si “tutela” la donna attraverso il controllo della sua sessualità e maternità. Nel suo<br />
libro analizza quelli che a parer suo sono i possibili ruoli assegnati alla donna dal cattolicesimo nel<br />
corso dei secoli , tutti aventi come presupposto l’inferiorità sia fisica che mentale della donna; la<br />
Santa, l’oca, la strega, LA PUTTANA. Afferma “le altre religioni non sono state più generose: se la<br />
donna cristiana è stata calunniata e disprezzata, non ha conosciuto le mutilazioni sessuali delle<br />
africane o i piedi fasciate delle cinesi e la donna cristiana ha visto a poco a poco attenuarsi la<br />
propria oppressione.”<br />
Islamismo : Molto complessa è la situazione relativa alle area in cui tale religione è praticata ,<br />
infatti in alcuni paesi si sono sviluppati quasi contemporaneamente e forse per contatto con le donna<br />
occidentali i primi movimenti a favore dell’emancipazione femminile ( inizio XX secolo) “le<br />
società islamiche non si sono mostrate più repressive di altre nei confronti delle donne e codici<br />
giuridici e norme variano di Stato in Stato in quanto l’Islam mostrò tale flessibilità da consentirgli<br />
di innestarsi sulle tradizioni preesistenti dei popoli con i quali venne a contatto”( Alessandro Aruffo<br />
“ Donne e Islam” Datanews – Roma 2000)<br />
Paesi come la Turchia , il Marocco , l’Egitto hanno avuto movimenti di emancipazione della donna<br />
e conseguentemente norme giuridiche paritarie. Anche la tanto dibattuta questione del chador , va<br />
rivista , secondo lo stesso autore , in un ottica non eurocentrica , e in alcune realtà , ad esempio in<br />
Iran al momento dell’abbattimento del regime dello scià, velarsi rappresentava un momento di<br />
identificazione popolare alla lotta. In Pakistan il governo del Partito Popolare di Benazir<br />
sottoscriveva la Convenzione delle Nazioni Unite contro tutti i tipi di discriminazione e emanava<br />
leggi mitigando , seppur provvisoriamente , le leggi antifemminili. Attualmente è in atto una<br />
recrudescenza antifemminile che si manifesta nella demonizzazione della donna in televisione come<br />
simbolo della corruzione sociale; a Karachi esiste un mercato delle schiave in cui giovani donne<br />
vengono vendute e comprate mentre in Bangladesh resta la pratica dell’infanticidio femminile.<br />
E’ interessante sottolineare che Maometto nella sua dottrina , non aveva alcuna norma<br />
antifemminile , come dimostra ampiamente Adel Smith in “ La Donna nella Bibbia e nel Corano “<br />
(Alethes 1991)ed è durante il regno degli omayyadi e degli abbassidi che si cristallizza la situazione<br />
antifemminile (Aruffo op.cit.)<br />
In particolare la schiavitù femminile legata alle vittorie militari conseguite dai soldati musulmani<br />
che prevedeva anche il loro sfruttamento sessuale venne fortemente limitato da Maometto. Il corano<br />
impone di non aver rapporti con una schiava non consenziente o con donne che intendano<br />
preservare la loro verginità. Per quanto riguarda LA PROSTITUZIONE il Corano la condanna<br />
quando viene svolta dietro costrizione , nell’impero persiano e in Egitto vi era una legislazione che<br />
prevedeva la registrazione dei nominativi e l’autorizzazione all’esercizio rilasciata dietro<br />
pagamento di una tassa. In Andalusia ,l’imposta pagata dalla prostituta era equiparata all’imposta<br />
fondiaria pagata dai non musulmani. In Siria l’imposta era progressiva calcolata in base all’età,<br />
all’avvenenza e al fascino della prostituta. In genere le prostitute erano socialmente “identificate”<br />
mediante un particolare tipo di abbigliamento(Aruffo op.cit.).<br />
Asia orientale ( Induismo , confucianesimo e buddhismo)<br />
104
“Nel buddhismo una sola corrente Mayana pare porre la donna in situazione egualitaria rispetto<br />
all’uomo , esistono ordini di monache in Corea e a Taiwan , ma occupano posizioni subalterne<br />
rispetto agli uomini.In Thailandia esse sono le serventi ( mae chi) dei templi o monasteri.<br />
L’induismo , fino alla metà del XX secolo bruciava le spose dei rajah prescriveva alle vedove del<br />
popolo di non risposarsi. Il confucianesimo cinese le considerava meno di nulla , sempre<br />
sottomesse al padre e al marito e tollerava la poligamia ”( Bechtel op. cit.)<br />
Indocina - Fonte principale sull’argomento è stato il testo di Kevin Bales “ I nuovi schiavi” , tutte le<br />
frasi tra virgolette sono citate dal testo.<br />
“ La schiavitù cresce e attecchisce su un terreno di estrema povertà. I suoi presupposti sono dunque<br />
economici e sociali”<br />
“Nel Nord della Thailandia montagnoso , qui la povertà è diffusa , per sopravvivere le famiglie<br />
vendono i figli preferibilmente le femmine che attraverso stupri e prostituzione coatta diventano<br />
merce sessuale. La frequenza dei bordelli è un’usanza molto diffusa socialmente , nelle classi<br />
elevate come segno di prestigio in tutto il sud- est asiatico , in Cina e Giappone , agli orientali si<br />
sono aggiunti gli occidentali , il cosiddetto turismo sessuale è una delle motivazioni che spingono<br />
molti europei a intraprendere viaggi di piacere in queste località “ Tutto ciò a mio modo di vedere<br />
sta a dimostrare come una mentalità poco rispettosa della dignità della donna sia universalmente<br />
ancora diffusa. Le prostitute vengono “reclutate” giovanissime , sempre più giovani per evitare che<br />
possano aver già contratto malattie sessualmente trasmissibili , principalmente virus HIV, altro fatto<br />
gravissimo è la richiesta di ragazze vergini da parte dei clienti , si tratta di una vera è propria tratta<br />
di persone che ha il suo smercio principale tra Thailandia del nord, Laos e Birmania.<br />
Bales afferma che una delle cause di tale situazione sarebbe da ascriversi alla religione buddista e<br />
alla posizione della donna in tale religione , inoltre le donne thailandesi preferirebbero la frequenza<br />
da parte dei loro mariti dei bordelli ,piuttosto che altre forme di sesso extraconiugale. Mi pare<br />
evidente che nella seconda motivazione si può notare l’assenza di una legislazione locale che tuteli<br />
sufficientemente la donna , onde evitare atteggiamenti culturali di parzialità , mi sembra doveroso<br />
ricordare che è solo negli anni settanta con la nuova legislazione sul diritto di famiglia che tale<br />
mentalità , fino agli anni cinquanta dello scorso secolo ancora diffusa, è stata abbandonata<br />
faticosamente e non ancora completamente in Italia se le cronache dei quotidiani riportano ancora<br />
notizie di sfruttamento della prostituzione e se è possibile tracciare mappe dei percorsi intrapresi dal<br />
moderno “commercio triangolare” tra Nigeria e Italia , Ucraina e altri paesi dell’est europeo e Italia.<br />
Cina “ Diceva il vecchio Mao , una cinquantina d’anni fa , che “ le donne reggono la metà del<br />
cielo”. Tecnicamente aveva ragione. Negli anni settanta , all’epoca dell’ideologia trionfante e del<br />
femminismo di battaglia , si pensava che in Cina la questione femminile fosse stata risolta” .Queste<br />
parole sono di Xinran autrice di “ La metà dimenticata” ,mia fonte principale per l’analisi della<br />
situazione in questa area dell’Asia. Qui non c’era neanche una “donna oggetto”: le donne vestivano<br />
come gli uomini, lavoravano come gli uomini, avevano quindi raggiunto la parità grazie al<br />
presidente Mao con un colpo di bacchetta magica.Ma le cose non stanno così e i cambiamenti<br />
rispetto a tradizioni culturali secolari sono difficili e richiedono tempi lunghi per essere realmente<br />
maturati.<br />
“ Ancor oggi in Cina nascere femmina è la più grande disgrazia che possa capitare e lo rivelano le<br />
storie di donne da Xiran raccolte nel suo libro. Nel paese denominato Colle Urlante presso Xi’an ,<br />
le donne oltre ad essere soggette ad un regime igienico mutilante hanno diritto ad un uovo sbattuto e<br />
minestra solo se partoriscono un figlio maschio.Nel dicembre 2001 la polizia ha liberato un<br />
centinaio di donne messe in vendita in un capannone alla periferia di una città della provincia del<br />
Sichuan; sui corpi avevano i segni delle percosse subite , ai piedi cartelli in cui si specificava che<br />
cosa sapevano fare: lavandaia, ricamatrice, balia, calzolaia ,stiratrice….In Cina le femmine sono<br />
merce, merce per la quale la domanda è in crescita in un Paese che si avvia ad essere popolato<br />
prevalentemente da maschi come drammatica conseguenza della politica del “ figlio unico” che si<br />
preferisce per tradizione culturale sia maschio.Oggi succede che questi maschi in soprannumero<br />
comprino le mogli , per questo nelle campagne i rapimenti di giovani donne sono diventati un<br />
incubo costante e siccome in Cina vige la legge del mercato e sul mercato la domanda di femmine è<br />
105
in aumento già si nota il trend: bambine da vendere, produzione casalinga, piccole schiave buone a<br />
tutto offronsi….<br />
Termina qui ciò che ho potuto documentare , ma credo che se si approfondisse ancora la ricerca<br />
potrebbero emergere altre situazioni inquietanti .Non ho infatti avuto modo di documentarmi sulla<br />
situazione in India , ma la politica demografica intrapresa in questo paese è simile a quella della<br />
Cina, pertanto potrebbero evidenziarsi delle analogie anche nei confronti delle tendenze attuali<br />
relative alla schiavitù. Ho anticipato in apertura le mie considerazioni trovo quindi poco opportuno<br />
ripeterle.<br />
Dal punto di vista didattico potrebbe essere interessante svolgere un’unità didattica trasversale che<br />
potrebbe coinvolgere insegnanti di Storia, Italiano,religione,Ed artistica,geografia. Poiché io opero<br />
alla scuola Media inferiore potrebbe essere indirizzata ad una classe terza .Lettura di documenti<br />
,educazione all’affettività e sessualità educazione all’immagine attraverso attività di cineforum .<br />
Testo elaborato da Luciana Pizzolato SMS “ A. Frank” Montecchio Maggiore (VI) sez. staccata<br />
Alte<br />
106
BIBLIOGRAFIA<br />
- “PROSTITUTE, vi passeranno davanti nel Regno dei Cieli” di Don<br />
Oreste Benzi – Mondadori Ed.<br />
- Relazione Sr. Celina su “Prostituzione coatta realtà vicina o<br />
problema d’altri?”, Cuore Immacolato del 16 febbraio 2001.<br />
- Relazione Caritas Vicentina “Progetto donna”: “Il ritorno della<br />
schiavitù”, Monte di Malo 11 febbraio 2001.<br />
- “PROGETTO DONNA” anno 2001 Caritas Vicentina.<br />
- “Prostituzione senza frontiere” da Le Monde diplomatique – Nov.<br />
2001.<br />
- “Albania, quelli che non ce la fanno” da Panorama 19/11/98.<br />
- Speciale Albania – “Albania, dopo l’emergenza la speranza” da<br />
Segnosette -A.C. N° 17 - 5/5/1996.<br />
107
IL CONFRONTO TRA CULTURE:<br />
IL BRASILE E <strong>IN</strong> PARTICOLARE LA REGIONE DEL<br />
NORDEST<br />
E as poucas luzes se acenderam<br />
E eu vi vocé, gotas cairam dos meus olhos<br />
Por ver vocé<br />
De manha o sol rasgou o céu<br />
E eu fui vendo tudo que era meu<br />
Grandes casaroes, portas abertas<br />
Risos de irmaos e amigos meus<br />
Grandes coraçoes, todos abertos<br />
Onde se acredita mais em Deus<br />
Na capela toca o sino, som dominical<br />
Serra Bela Vila, vila bela,<br />
ontem vila e hoje Serra, Talhada pela<br />
natureza nasceu<br />
Serra, ontem vila hoje bela 6<br />
6<br />
“Le poche luci si sono accese/ Ed io ti ho visto, lacrime sono cadute dai miei occhi/ Per averti visto/ Di mattina il sole<br />
ha strappato il cielo/ Ed io ho visto tutto ciò che era mio/ Grandi case, porte aperte/ Dove si crede di più in Dio/ Nella<br />
Chiesa suona la campana, suono domenicale/ Serra Bella Piccola città, piccola città bella,/ ieri piccola città e oggi<br />
Serra, tagliata dalla/ natura è nata/ Serra, ieri piccola città oggi bella.” – ( Arnaud Rodriguez)<br />
108
Sono alla stazione delle corriere di Recife piena di sonno e stanca. Per<br />
l’ennesima volta guardo l’orologio e sono le 22 e 30. L’autobus per Serra<br />
Talhada parte alle 23 e 30 e devo resistere.<br />
…<br />
Comunque ne ho viste di belle in questi due giorni (sono stata ospite in un<br />
appartamento a Recife di una famiglia di Serra Talhada), soprattutto per<br />
quanto riguarda le dinamiche familiari e i rapporti di dipendenza. Non sono<br />
riuscita a sapere il nome della “domestica” perché la “padrona” parlava sempre<br />
al suo posto dicendo: “Vive con noi”, “E’ della famiglia”. Di fatto preparava<br />
sempre lei pranzo e cena, mangiava in un cantuccio, alle volte accovacciata<br />
per terra, non parlava con nessuno di casa e mi mandava sguardi e sorrisi<br />
forse per dirmi qualcosa , ma non so bene cosa. Sarà stata la mia voglia di<br />
sapere qualcosa di lei che mi faceva supporre gli stessi “pensieri”. Grande,<br />
grande pena per una ragazza così giovane a cui nemmeno è permesso di dire il<br />
suo nome ma solo di affaccendarsi nei lavori di casa… Chissà quali potenzialità<br />
e possibilità è costretta a lasciare… Pena, grande pena…<br />
Di fatto ho conosciuto parecchia gente di Serra che studia, vive, lavora qui a<br />
Recife. Mi sembra che non siano di chissà quale classe sociale elevata, per lo<br />
meno economicamente (media borghesia?), ma senz’altro culturalmente si<br />
distinguono: medici, architetti, laureati in lettere, insegnanti in pensione…<br />
Che mi ha colpita è stato anche il fatto di avere la televisione accesa dal<br />
momento della sveglia a quando si va a letto e la cura per se stessi e per gli<br />
altri della famiglia: bagni, manicure e pedicure, massaggi e unzioni ai capelli<br />
della figlia fatti dalla madre… e tutto così, nel mezzo del menage quotidiano,<br />
facendo salotto… Impressione strana. Forse è perché non ho mai avuto questo<br />
tipo di “attenzioni” da parte di mia madre? Ma non le avrei nemmeno volute!…<br />
Pudore?<br />
L’attenzione a se stessi e al proprio corpo mi interroga: o hanno poco altro da<br />
fare (vedi la presenza della domestica dove, fra l’altro, la madre giovane è già<br />
in pensione) o il corpo merita così tante attenzioni? E’ una buona carta da<br />
giocare in questo contesto di maschilismo...<br />
(dal mio diario, 11/06/1993)<br />
Nella periferia di Serra Talhada, nel Nordest del Brasile, ho conosciuto Dona<br />
Lourdes.<br />
All’asilo suo figlio, George, si è dimostrato fin dall’inizio un bambino<br />
problematico: non camminava, si trascinava sul pavimento, sempre sporco e<br />
chiedendo l’attenzione esclusiva dell’insegnante.<br />
La madre, Dona Lourdes, è conosciuta nella città come prostituta : sempre con<br />
il rossetto, sdentata, precocemente invecchiata, sporca, sfinita, sempre a<br />
chiedere soldi…<br />
I tre figli li porta spesso con sé in città, toglie loro i vestiti e li manda a<br />
chiedere soldi: alla stazione, al mercato, fuori dai negozi…<br />
Spesso, con uno di loro in braccio, si avvicina a qualche uomo gridando:<br />
“Questo è tuo figlio, dammi dei soldi per comperargli da mangiare!”, e lo<br />
stesso lo ripete agli altri uomini che incontra, che la conoscono e che la<br />
definiscono una “approfittatrice”, fra i quali sicuramente c’è il vero padre di<br />
George.<br />
Ma Dona Lourdes è una prostituta… e George non si alza in piedi…<br />
109
IL POLIGONO DELLA SICCITA’<br />
Il territorio della cittadina di Serra Talhada, attraversato dal rio Pajeù,<br />
nell’”interno” nel Nordest del Brasile, si trova nel centro del “sertao”<br />
pernambucano, noto come “poligono della siccità”, a 400 km da Recife, la<br />
capitale dello stato di Pernambuco 7 .<br />
Il Nordest è una delle regioni più sottosviluppate del Brasile e non esiste<br />
nessun progetto a breve, medio o lungo termine che miri a sradicarne la<br />
miseria. Il “colonnelismo” tuttora forte, centralizzato, violento, modernizzato,<br />
controlla la vita della gente, mantenendo rapporti clientelari paternalisti,<br />
corrodendo la coscienza delle persone, svuotando di significato le forme di<br />
rappresentanza democratica. La giustizia non funziona: domina imperturbata la<br />
legge del più forte. La miseria è la condizione per il mantenimento del potere<br />
vigente.<br />
La povertà e la disoccupazione generata dall’abbandono di attività tradizionali,<br />
come la lavorazione della manioca, della canna da zucchero, del cotone, delle<br />
fibre tessili, schiacciata dalla concorrenza, obbligano la gente a migrare verso il<br />
sud e le grandi città. Ciò determina una grande mobilità sociale, da<br />
disgregazione dei nuclei familiari, la perdita dell’identità culturale.<br />
Serra Talhada è una cittadina di 45.000 abitanti. L’area rurale è molto estesa e<br />
abitata da circa 30.000 persone, tra cui piccoli e medi proprietari, mezzadri e<br />
braccianti. Vi si pratica un’agricoltura di sopravvivenza; l’allevamento è limitato<br />
dalle ricorrenti siccità. Il commercio, un tempo fiorente, è in crisi. Fenomeno<br />
nuovo, ma già molto sviluppato, è la coltivazione clandestina della coca,<br />
subentrata alle coltivazioni tradizionali messe in crisi dalla concorrenza del<br />
mercato internazionale.<br />
Nel territorio del comune operano quattro parrocchie, il cui lavoro pastorale si<br />
articola sulla formazione dei quadri (catechisti, animatori, animatori giovanili),<br />
sulla crescita dello spirito comunitario (organizzazione e animazione delle<br />
comunità ecclesiali di base, consigli comunitari) e sull’attenzione agli ultimi<br />
(comunità periferiche, gruppi sociali più a rischio, bambini e adolescenti).<br />
Il Brasile è stato l’ultimo paese ad abolire la schiavitù, nel 1888. Fino ad allora, sostiene José<br />
de Souza Martins, sociologo, professore all’università di Sao Paulo, “(…) molti politici erano<br />
liberali, ammiratori della Francia rivoluzionaria del XVIII secolo e (…), contraddittoriamente,<br />
proprietari di schiavi (…). Tale strana combinazione potè sopravvivere perché, nel concetto di<br />
queste élite, il mondo era formato da due umanità differenti: quella dei bianchi e dei signori,<br />
padroni della terra e del potere, grandi fazendeiros che applicavano, tra di loro, i principi<br />
liberali; e quella dei poveri, neri, meticci, indios e persino emigranti stranieri, membri di una<br />
umanità minore e non emancipata, priva di diritti perché inferiore, soggetta alla tutela del<br />
bianco” 8 .<br />
7<br />
Questa regione è stata ben rappresentata da recente film “Central do Brasil” di Walter Salles, vincitore dell’Orso<br />
d’Oro come Miglior Film al Festival di Berlino 1998 e dell’Orso d’Argento come Migliore Interpretazione Femminile.<br />
Il film, ambientato e girato nel sertao pernambucano, ci mette a contatto con diverse situazioni di povertà,<br />
emarginazione e violenza presenti nel Brasile. In modo particolare viene denunciato il tradimento, da parte della società<br />
e delle istituzioni brasiliane, dei diritti e della dignità di tanti ragazzi abbandonati e costretti a vivere in mezzo alla<br />
strada, senza alcuna tutela né difesa.<br />
8<br />
J. De Souza Martins, Una terra macchiata di sangue, in “Nigrizia”, giugno 1989, p. 29.<br />
110
LA CON<strong>DI</strong>ZIONE DELLA DONNA E DEI GIOVANI<br />
La vita nel sertao non è facile (il Pernambuco è uno degli stati brasiliani con<br />
maggiore emigrazione): una “lotta per la sopravvivenza che non conosce<br />
tregua”.<br />
Nella famiglia, molto spesso, non c’è un rapporto paritario tra moglie e marito,<br />
né tra padre e figli, soprattutto se femmine. Alcune immagini di uomini e<br />
donne, di diversi ceti sociali, posso essere così descritte: moglie sottomessa,<br />
lavoratrice agricola, casalinga,madre, abbandonata per lunghi periodi, picchiata<br />
spesso, non considerata nelle decisioni familiari, marito impossibilitato ad<br />
avere un lavoro fisso, partecipa molto raramente alla vita della comunità.<br />
La condizione della donna è molto problematica. Le donne non lavorano con<br />
retribuzione e se lavorano, non hanno un salario sufficiente per poter vivere da<br />
sole. La mancanza di autonomia economica condiziona molto i rapporti con<br />
l’uomo, dal quale molto spesso dipende per necessità.<br />
La mentalità maschilista pesa ancora molto sulla condizione della donna: la<br />
donna deve sposarsi quanto prima; dopo i 20-23 anni il fatto di non essere<br />
sposata diventa una dramma e ciò non è dovuto solamente ad una fragilità<br />
psicologica ma culturale, ed ha una forte connotazione economica. Molte donne<br />
impegnate nei movimenti popolari, e che hanno una coscienza politica,<br />
rinunciano a sposarsi o arrivano a separarsi dal marito perché coscienti del<br />
maschilismo e dell’impegno di liberazione. L’educazione familiare, soprattutto<br />
nell’ambiente rurale, rispecchia e perpetua questa mentalità e “sono le stesse<br />
donne che, pur subendo il maschilismo, educano ancora i figli secondo lo<br />
stesso modello maschilista” 9 . Il sistema è quello del patriarcato 10 : in molte<br />
famiglie solo i ragazzi vanno a scuola e a volte, con enormi sacrifici, anche<br />
all’università; le figlie devono restare in casa e ad aiutare nel lavoro dei campi.<br />
La famiglia in Brasile, spesso molto numerosa, tiene in grande considerazione i<br />
legami di sangue e riesce a far fronte anche ai vari problemi che si presentano,<br />
soprattutto per la partecipazione della donna che, nel sertao brasiliano terra di<br />
emigrazione, è quella persona forte che spesso deve assumere il ruolo di padre<br />
e di madre, caricandosi dell’educazione dei figli, della manutenzione della casa<br />
e facendo lavori molto pesanti. Il padre non c’è perché è andato in cerca di<br />
lavoro in città; spesso non torna e costituisce una nuova famiglia. Questo<br />
abbandono familiare nel sertao viene identificato con le “vedove dalla siccità”.<br />
I problemi sono talmente gravi e concatenati che difficilmente sembrano<br />
trovare vie di soluzione. Anche la scuola e l’educazione vede un grande<br />
abbandono a causa del lavoro minorile. Da una ricerca compiuta nel 1985 è<br />
risultato che il 66% dei giovani comincia a lavorare prima dei 14 anni, senza<br />
preparazione professionale né riconoscimenti legali.<br />
Questo sfruttamento è doppio per le bambine e le ragazze che vanno a<br />
lavorare nella città come collaboratrici domestiche, ma con poca preparazione<br />
e soprattutto tanta ingenuità, prive di una educazione affettivo-sessuale.<br />
Parecchie, lasciato il lavoro, si trovano già nella fase di fare il primo passo nella<br />
prostituzione. Spesso l’abuso sessuale è avvenuto nella “casa di famiglia” dove<br />
hanno lavorato, come “normale”. Da una indagine del 1970 è risultata una<br />
9<br />
Da una intervista a George, agronomo, volontario di una ONG tedesca a Serra Talhada, 10 agosto 1990.<br />
10<br />
Vedi tabella “QUADRO COMPARATIVO DELLE CULTURE”, Allegato 1.<br />
111
percentuale di ragazze gravide, al di sotto dei 14 anni, del 7%; nel 1985 del<br />
15%, sempre al di sotto dei 14 anni 11 .<br />
La fase della giovinezza, dell’innamoramento, della scoperta e della<br />
valorizzazione di sé, soprattutto per la donna, non c’è.<br />
L’iniziazione sessuale per i giovani maschi, secondo una sofferta testimonianza<br />
della presidente del sindacato delle lavoratrici domestiche del Pernambuco,<br />
“tradizionalmente avveniva con una prostituta ed era il padre ad<br />
accompagnare il figlio” 12 .<br />
Le problematiche della gioventù, in Brasile, sono indicative di una situazione<br />
generale: il 60% della popolazione è costituito da giovani, e delle classi<br />
lavoratrici e marginalizzate.<br />
I BAMB<strong>IN</strong>I E LE BAMB<strong>IN</strong>E <strong>DI</strong> STRADA<br />
La situazione dei bambini e delle bambine di strada viene costantemente<br />
messa in evidenza nei rapporti di Amnesty International che riceve un numero<br />
sempre crescente di denunce riguardo a maltrattamenti, torture e assassinii di<br />
bambini in Brasile, nella misura in cui essi, sempre di più, sono obbligati ad<br />
uscire nelle strade per aiutare le famiglie o per la propria sopravvivenza. Si<br />
calcola che in Brasile 7 milioni di bambini vivano e lavorino nelle strade ed<br />
alcuni, ma non tutti, vengono attratti da una vita criminosa, come rapinatori o<br />
corrieri della droga per bande di trafficanti; altri vivono chiedendo l’elemosina,<br />
vendendo oggetti o frugando nei depositi dell’immondizia. Il semplice fatto di<br />
stare nella strada, malvestiti e malnutriti, fa sì che questi bambini vengano<br />
considerati come possibili criminali da molti ufficiali della Polizia Civile e di<br />
quella Militare, e pertanto passibili di trattamento arbitrario” 13 . Questi dati<br />
vengono confermati anche da Mario Volpi, del ‘Movimento nacional de meninos<br />
e meninas de rua’: “Almeno sette milioni di bambini e adolescenti vivono<br />
abbandonati per le strade delle principali città brasiliane, e in media quattro di<br />
essi sono assassinati ogni giorno da gruppi di sterminio o dalla polizia.” 14<br />
Fino a pochi anni fa gli abitanti delle metropoli erano il 30% della popolazione<br />
totale del Brasile, oggi raddoppiate. La situazione sociale e politica del paese e<br />
l’esistenza di una riforma agraria varata ma mai decollata spiegano<br />
l’inurbamento che, in pochi anni, ha creato nelle grandi città quartieri ghetto<br />
dove si vive appena al di sopra del limite di sopravvivenza, dove il crimine<br />
dilaga tra l’indifferenza generale. Tantissimi sono gli adolescenti che devono<br />
sopravvivere, circa sette milioni, di cui almeno due si prostituiscono. Gli altri si<br />
arrangiano con ogni tipo di lavoro, con furti e droga.<br />
11 Dati forniti da Zefinha Santos, rappresentante del movimento delle donne, in una intervista del 10 agosto 1990.<br />
12 Intervento all’incontro degli operatori di pastorale del Centro Ecclesiale Italiano per l’America Latina (CEIAL) sul<br />
tema; “A partire dal rapporto uomo-donna, alcuni gruppi di donne leggono la realtà brasiliana: quali prospettive per un<br />
cammino di liberazione?”, Salvador – Bahia, luglio 1994.<br />
13 Fatti in Brasile, bimestrale di informazione e solidarietà, n. 59, novembre-dicembre 1990, verona, pp. 3-4<br />
(ciclostilato).<br />
14<br />
Mario Volpi, responsabile del “Movimento nacional de meninos e meninas de rua”. Da anni questo movimento si<br />
batte per la difesa dei diritti e l’autorganizzazione dei minori in Brasile. “Movimento nacional”, laico, apartitico e non<br />
governativo, ha sviluppato una forte capacità di intervento e mobilitazione nel sociale e nuove metodologie di<br />
formazione degli educatori di strada.<br />
112
Il loro comportamento è gravemente antisociale, risentito, diffidente e la<br />
società si difende spesso uccidendoli: il piccolo delinquente di oggi sarà il<br />
grande delinquente di domani. I “bambini di strada” diventano così un<br />
problema che va risolto. Solo negli ultimi 5 anni, secondo i dati della<br />
Commissione parlamentare di indagine sulla violenza contro i minori, sono stati<br />
16.414 i “bambini di strada” assassinati dagli squadroni della morte. In questa<br />
realtà la famiglia non ce la fa, è distrutta. Infatti, dietro un bambino<br />
abbandonato c’è una famiglia abbandonata e una società che<br />
l’abbandona.<br />
Purtroppo la violenza sui bambini in Brasile non è solo quella compiuta dai<br />
poliziotti, dai “gruppi di sterminio” finanziati da commercianti e industriali o dai<br />
“gruppi di giustizieri” che controllano il traffico di droga, ma è anche lo<br />
sfruttamento del lavoro minorile. “I bambini resi schiavi, segregati nei<br />
postriboli o costretti a lavorare nell’acqua nelle miniere per estrarre l’oro –<br />
sostiene Volpi – in Brasile sono molto più numerosi dei bambini di strada, ma<br />
quelli non si vedono, non danno fastidio e la società civile tollera”. Ed esistono<br />
altri 30 milioni di potenziali “meninos de rua” tanti quanti sono i bambini che<br />
vivono in famiglie con un reddito mensile inferiore ai 70 dollari.<br />
Questa realtà di bambini lavoratori e di “meninos na rua” (bambini nella<br />
strada, che la notte fanno ritorno nelle proprie famiglie per dormire, che quindi<br />
non hanno tagliato totalmente il legame con la propria famiglia) è<br />
maggiormente presente nelle piccole città o nelle realtà rurali e in particolare<br />
nel sertao. Troviamo spesso bambini lustrascarpe, “carroceiros”, che con una<br />
carriola aspettano fuori dal supermercato per portare le borse della spesa al<br />
domicilio della “dona” 15 in cambio di una mancia, venditori ambulanti,<br />
“pedintes” (chiedono l’elemosina), e naturalmente anche autori di furti, ecc.<br />
I meninos na rua mantengono un legame con la comunità e quindi, per gli<br />
operatori, c’è la possibilità di “agire maggiormente in termini di prevenzione e<br />
di educazione, anche con le famiglie” 16 .<br />
E qui entra in azione un grande strumento nuovo e democratico per il Brasile,<br />
anche come forma di partecipazione della società civile organizzata: il Consiglio<br />
Tutelare. I Consigli Tutelari, organi permanenti ed autonomi con mandato di<br />
tre anni, sorti a partire dal 1990 in tutti i comuni del Brasile, hanno il compito<br />
di controllare se vengono rispettati i diritti dei bambini e degli adolescenti,<br />
definiti nella Legge n° 8069 del 13 luglio 1990: l’”Estatuto da Criança e do<br />
Adolescente”.<br />
“Lo Statuto è un passo avanti nella ricerca del tempo perduto”, così scriveva il<br />
Governatore del Pernambuco, Joaquim Francisco, nel 1992 nella presentazione<br />
della riedizione dello Statuto.<br />
“E’ assolutamente necessario suscitare/resuscitare il bambino che c’è in<br />
ognuno di noi e farci fratelli del Cristo che tutti i bambini porta con sé,<br />
soprattutto quando vittime delle nostre negligenze sacrileghe e delle nostre<br />
15<br />
“Dona”: la traduzione letterale è “padrona” e sta ad indicare “signora”.<br />
16<br />
Erinaldo Amorim da Silva, responsabile diocesano della Pastorale dei Minori, già presidente del Consiglio<br />
Municipale per i Bambini e Adolescenti di Serra Talhada, consigliere comunale del Partito dei Lavoratori e ora<br />
assessore all’Assistenza Sociale del comune e da sempre grande divulgatore dello “Statuto da Criança e do<br />
Adolescente”, legge del 1990. Questa legge ha vincolato tutti i comuni del Brasile alla creazione dei Consigli<br />
Municipali e dei Consigli Tutelari.<br />
113
gratuite oppressioni. Ecco che in ogni momento si fa più urgente riscattare<br />
l’infanzia e l’adolescenza dal castigo senza crimine che il nostro crimine senza<br />
castigo impone loro. Lo Statuto è un passo avanti nella ricerca del tempo<br />
perduto. Senza ciò, che specchio sopporterà la nostra immagine? Che perdono<br />
cancellerà a nostra disumana condizione?” 17<br />
IL TURISMO SESSUALE<br />
Il turismo sessuale inizia alla fine degli anni ’60. I paesi in via di sviluppo non<br />
erano solo il paradiso di vacanze economiche ma paesi in cui potevano trovare<br />
realizzazione a bassi costo le fantasie erotiche. In Europa donne e bambini di<br />
paesi come Thailandia e Filippine erano descritti da riviste e déplians come<br />
persone docili e carine, accondiscendenti e sottomesse. Le agenzie di viaggio<br />
iniziarono a organizzare viaggi superconvenienti nei paesi asiatici, africani e<br />
latinoamericani, “tutto compreso”. Poi il deteriorarsi della situazione economica<br />
in questi paesi “in via di sottosviluppo”, ma anche nell’Europa dell’Est si creò<br />
ancor più povertà, disoccupazione e di conseguenza prostituzione.<br />
Donne e bambini si muovono dalla campagna verso la città con la speranza di<br />
trovare lavoro. Ma solo poche persone possono trovare un impiego nelle<br />
fabbriche o un lavoro domestico o diventare venditori ambulanti. La<br />
maggioranza di loro non trova nulla per sopravvivere e quindi sono forzate a<br />
vendere l’unica proprietà che hanno: il loro corpo.<br />
L’industria del sesso è in continua crescita e altrettanto lo è la richiesta di un<br />
“servizio” sessuale a basso costo. Il turismo sessuale, inoltre, mette ogni<br />
giorno le donne, che vivono nei paesi in via di sviluppo, a confronto con la<br />
ricchezza del mondo occidentale, dove tutti sono ricchi. I trafficanti colgono<br />
quindi l’occasione per adescare queste donne. Questo traffico si è sviluppato ed<br />
è diventato criminalità organizzata: “una rete estesa opera nell’ambito della<br />
tratta come forza multinazionale anonima”. 18<br />
L’IMPATTO DELLA VITA URBANA<br />
Fra le trasformazioni avvenute nel Nordest, nelle ultime due decadi, si possono osservare i<br />
cambiamenti nella vita urbana, con la crescita della popolazione nelle grandi metropoli e nelle<br />
piccole città (60.33% della popolazione totale), l’aumento dell’offerta di servizi e la crescita<br />
nonché il miglioramento dei trasporti e delle comunicazioni.<br />
Oltre alle tre metropoli regionali – Salvador, Fortaleza e Recife -, è avvenuta una grande<br />
crescita delle città, capitali di stato, come Sao Luìs, Teresina, Natal, Joao Pessoa, Maceiò,<br />
Aracajù, e di altre che sono diventate centri regionali (…). I trasporti e le comunicazioni tra<br />
queste città avvengono tramite strada o per via aerea. Ci sono comunque seri problemi per<br />
quanto riguarda la manutenzione delle strade, molte volte quasi impercorribili, e per quanto<br />
riguarda la sicurezza. In alcuni stati si registrano, con notevole frequenza, assalti a veicoli nelle<br />
strade, obbligando molte volte i governi a pattugliare queste strade con la polizia e addirittura,<br />
in alcuni tratti, ad organizzare carovane di camion, automobili e autobus, al fine di affrontare<br />
gli assaltanti. Si sviluppa, così, un banditismo moderno e motorizzato.<br />
Le stesse città risentono la carenza di una maggiore presenza della polizia e l’insicurezza arriva<br />
a poter essere comparata con quella delle metropoli come Rio de Janeiro e Sao Paulo, riguardo<br />
17 Estatuto da Criança e do Adolescente, Recife 1992, p. 11.<br />
18<br />
Convegno Nazionale “Fame e sete di giustizia”, Brescia 8-11 marzo 2000 in: Tratta di esseri umani, Caritas Italiana.<br />
114
agli assalti compiuti sia dagli adulti che dai bambini, oltre alla prostituzione che si<br />
moltiplica; si ammette addirittura, nelle città litoranee, l’esistenza di scuole di<br />
formazione di prostitute, e la prostituzione infantile aumenta con la stessa velocità<br />
con cui cresce il turismo.<br />
Questi fatti sono provocati dalla disoccupazione generalizzata ed ora sono in<br />
aumento a causa del processo di globalizzazione e del neoliberalismo, così come dei<br />
bassi salari.<br />
In una intervista, una prostituta minorenne ha affermato che si prostituiva perché in<br />
una notte con un “gringo” guadagnava di più che in un mese come domestica in una<br />
casa di famiglia, con diritto al salario minimo, e fra l’altro, nella casa di famiglia era<br />
pure “usata” sessualmente senza diritto a remunerazione 19 .<br />
Tale analisi sugli effetti dell’inurbamento trova riscontro anche in un saggio di<br />
Sérgio Buarque de Hollanda, “Radici del Brasile”, pubblicato nel 1936:<br />
“In Brasile, dove imperò, sin dai tempi più antichi, il tipo primitivo della famiglia patriarcale, lo<br />
sviluppo dell’urbanizzazione, che non consiste soltanto nella crescita della città, ma anche nella<br />
crescita dei mezzi di comunicazione che attraggono vaste aree rurali nella sfera di influenza<br />
della città, avrebbe provocato una squilibrio sociale i cui effetti sono vivi ancor oggi.” 20<br />
(…) il confronto tra la vita in città e quella in campagna, in quest’epoca non doveva essere<br />
molto favorevole alla città, se è vero quel che diceva il Conte di Cunha, primo viceré del<br />
Brasile, in una lettera scritta al re del Portogallo nel 1767 (…).<br />
(…) La ricchezza dei possedimenti rurali, comparata alla modestia delle città, rappresenta un<br />
fenomeno che si produsse nel Paese con i coloni portoghesi, dal momento in cui si radicarono<br />
nel territorio. E tale peculiarità appare ancora più netta quando la si contrappone a quel che<br />
realizzarono gli olandesi nel Pernambuco. (…) la Compagnia delle Indie Occidentali (…),<br />
durante la conquista del Nordest, (…) riuscì soltanto ad incrementare l’afflusso di coloni nelle<br />
città. La vita urbana si sviluppò in maniera anomala e prematura. Nel 1640 (…) a Recife (…) si<br />
aveva grande carenza di abitazioni per poter accogliere i nuovi abitanti che non cessavano di<br />
affluire. Riferiscono documenti olandesi che dappertutto si improvvisavano letti per i nuovi<br />
venuti nella colonia. A volte in una sola stanza, con un caldo insopportabile, dormivano tre,<br />
quattro, sei, ed a volte otto persone. Se le autorità olandesi non avessero preso provvedimenti<br />
rigorosi per facilitare l’alloggio di tutta questa gente, la sola soluzione possibile sarebbe stata<br />
di abitare nelle locande del porto. “E queste – dice un rapporto olandese – sono i peggiori<br />
lupanari del mondo. Guai a un giovane di buona famiglia che vi ci caschi! Sarà<br />
irrimediabilmente condannato alla perdizione” 21 .<br />
19<br />
Manuel Correia de Andrade, A TERRA E O HOMEM NO NORDESTE. Contribuiçao ao estudo da questao Agrària<br />
no Nordeste, Editora Universitària/UFPE, Recife 1998, pp. 234-235. Vedi Allegato 2.<br />
20<br />
Sérgio Buarque de Hollanda, Radici del Brasile, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze 2000, p. 160.<br />
21<br />
Hermann Watjen, Das hollandische Kolonialreich in Brasilien, Gotha 1921, p. 244, tratto da Sérgio Buarque de<br />
Hollanda, op. cit., pp. 104-105.<br />
115
UNA LETTURA DEL PROBLEMA DELLA TRATTA DELLE<br />
DONNE NELLA CHIAVE DELLA GLOBALIZZAZIONE<br />
PROCESSI ECONOMICI ALLA BASE DEL FENOMENO 22<br />
Prof.ssa Giuliana Martirani –<br />
Dipartimento di Sociologia - Università di Torino<br />
La tratta delle donne<br />
I processi culturali, sociali, economici e politici che sono<br />
dietro il tristissimo fenomeno della tratta delle donne a scopo di<br />
prostituzione devono essere analizzati non solo nei paesi di<br />
provenienza, che sono paesi “impoveriti” del Sud del mondo o<br />
dell’Est, questi ultimi oggi chiamati paesi in transizione (in<br />
transizione cioè, verso il modello occidentale), ma anche nei<br />
paesi del Nord del mondo a cui queste donne sono destinate.<br />
Tra i processi culturali che possono indurre nei paesi del Sud<br />
le donne stesse a credere in ipotetici lavori puliti offerti da<br />
sconosciuti, oppure millantati da conoscenti, a volte da<br />
fidanzati, a volte da familiari stessi possiamo ritenere che ci<br />
sia la perdita di identità culturale, lo scontro tra tradizione e<br />
modernità, lo sbalzo dal villaggio alle megalopoli, e ce ne sono<br />
tante nei paesi del Sud, e per i paesi dell’Est lo sbalzo da una<br />
società socialista ad una capitalista. Per entrambi, Sud ed Est,<br />
poi, sicuramente l’effetto mediatico offerto da allettamenti che<br />
si vedono per televisione o sui giornali, determinano processi<br />
culturali che hanno poi gravi conseguenze anche nella sfera<br />
economica. Nei paesi di destinazione della tratta, invece,<br />
sembrano determinanti l’arroganza culturale che fa pensare alle<br />
persone del Nord di poter tutto avere e tutto comperare,<br />
accompagnata, questa sfrenata ipotesi di assoluta libertà, dalla<br />
perdita di valori certi nelle società occidentali che vivono il<br />
passaggio all’epoca post-industriale che è caratterizzata dalla<br />
forte circolazione di danaro, da un’esistenza che si svolge<br />
prevalentemente nell’anonimato delle grandi città e in una<br />
solitudine che spesso diventa porno-voyeurismo televisivo di<br />
canali che offrono di tutto e soprattutto l’immagine di una donna<br />
mero oggetto di piacere.<br />
22 Convegno Nazionale “Fame e sete di giustizia”, Brescia 8-11 marzo 2000 in: Tratta di esseri umani, Caritas Italiana,<br />
pp. 29-30.<br />
116
Tra i processi sociali la mancanza di un’educazione di genere<br />
tanto nei paesi del Sud e dell’Est quanto nei paesi di<br />
destinazione del Nord del mondo non offre con chiarezza all’uomo<br />
l’importanza di un’identità maschile determinata dalla<br />
caratteristiche di genere piuttosto che da quelle sessuali e alla<br />
donna l’importanza della donna e non la sua insignificanza e<br />
quella di un’identità femminile costruita sul pensiero, sulla<br />
prospettiva e sulla visione di una vita femminile, piuttosto che<br />
su quella meramente sessuale, riproduttiva (la donna madre) o di<br />
piacere (la donna oggetto, e la donna prostituta). Per cui questo<br />
tipo di donna oggetto finisce col prevalere nel Sud e fenomeni<br />
come l’escissione e l’infibulazione (chirurgia sociale) ne sono la<br />
drammatica sanzione consuetudinaria, ma prevale anche nei paesi<br />
del Nord dove una donna-oggetto non è solo quella dei porno video<br />
e dei porno-giornali, ma anche la donna-oggetto degli innocenti<br />
quanto schiocchi spettacoli a quiz conditi di un po’ di pepe<br />
erotico.<br />
Ad aggravare questi processi sociali legati all’identità di genere<br />
l’analfabetismo dei paesi del Sud che lascia le donne vittime<br />
della loro ignoranza e di quella dei loro uomini, e la<br />
despiritualizzazione dei paesi del Nord che lascia le donne<br />
vittime del loro e dell’altrui materialismo.<br />
Inoltre il matrimonio in giovane età nei vari Sud e il matrimonio<br />
come patto a termine nei vari Nord, lascia la sessualità al mero<br />
gioco dell’impreparazione e dell’alea. Che diventano ben presto<br />
nel Sud poligamia e nel Nord l’amante o il secondo coniuge.<br />
Tra i processi economici c’è in primo luogo il lavoro agricolo<br />
pesante nei paesi del Sud del mondo, a cui corrisponde la<br />
Divisione Internazionale del Lavoro con cui il Nord impone ai<br />
paesi “terroni” del Sud del mondo di produrre, attraverso le<br />
multinazionali, alimenti per le proprie città fameliche e obese.<br />
Questo lavoro agricolo che è fatto in prevalenza dalle donne<br />
induce a voler scappare da tali situazioni: Sempre nei paesi del<br />
Sud altri fattori che alimentano il bisogno di andar via a<br />
qualunque condizione c’è la mancanza della proprietà delle terre<br />
che sfocia nel fenomeno dei senza terra, i braccianti dell’umanità<br />
assoldati dalle multinazionali che potremmo chiamare le Nomadi per<br />
far profitto, in quanto si spostano di terra in terra per produrre<br />
e fare profitti. C’è poi la mancanza di riforme agricole, la<br />
mancanza di lavoro nel Sud e il mutamento di aspettative<br />
lavorative nel Nord dove certi tipi di lavoro duro e sporco non si<br />
vogliono più fare, e c’è la disuguaglianza nel trattamento<br />
lavorativo tra donne e uomini nel Sud. Ma c’è anche la<br />
globalizzazione e la deregolamentazione che sempre più grava sui<br />
paesi del Nord ma ancor più su quelli del Sud, accompagnata<br />
dall’escalation mafiosa. E infine sia nel Nord quanto nel Sud un<br />
consumismo, indotto da propagande e mode, di prodotti di base nel<br />
Sud e di prodotti extra nel Nord.<br />
Infine i processi politici che sono alla base di spostamenti<br />
non solo consueti e normali di immigrati ma anche coatti, come la<br />
tratta delle donne, sono determinati nel Sud dall’impoverimento<br />
117
causato dal debito estero e da politiche di riaggiustamenti<br />
strutturali che lo hanno ancor più aggravato, cui corrispondono le<br />
politiche monetarie dei paesi del Nord, ma anche i regimi<br />
dittatoriali, spesso favoriti e appoggiati dalla politica estera<br />
dei G7. La mancanza di sicurezza nei paesi del Sud, determinata da<br />
rivalità etniche, da guerre tribali e di vicinato, trova un<br />
corrispettivo nelle politiche estere dei paesi del Nord ma anche<br />
nella vendita di armi e prima ancora nella fittizia creazione di<br />
confini, realizzata in epoca coloniale.<br />
Un ulteriore elemento è legato alla qualità tutta femminile degli<br />
esodi di rifugiate e profughe, ma anche inoccupate, perché non<br />
pagate nel loro lavoro, che determina un prolungamento di<br />
quest’esodo nell’emigrazione verso terre ancor più lontane, in<br />
regimi di assoluta insicurezza, vittime delle mafie che ne<br />
organizzano i flussi.<br />
Infine la scarsa rappresentanza femminile nelle istituzioni<br />
politiche dei paesi del Sud è più che bilanciata dallo scarso<br />
interesse, nei paesi del Nord e spesso da parte delle donne del<br />
Nord che sono in istituzioni rappresentative, per le donne del Sud<br />
e le loro situazioni politiche, economiche e culturali.<br />
LE DONNE CHIEDONO LA PAROLA<br />
“A PARTIRE DAL RAPPORTO UOMO-DONNA, ALCUNI GRUPPI <strong>DI</strong> DONNE LEGGONO LA<br />
REALTA’ BRASILIANA: QUALI PROSPETTIVE PER UN CAMM<strong>IN</strong>O <strong>DI</strong> LIBERAZIONE?”<br />
Sono due i motivi per approfondire il tema del rapporto uomo-donna: la storia,<br />
le trasformazioni culturali degli ultimi decenni, e la coscienza che una “pratica di<br />
liberazione” resterebbe incompleta se no arrivasse a porre in questione il nostro<br />
rapporto uomo-donna, i nostri modelli culturali e non ci portasse a reinventarci come<br />
uomini e come donne. Ci hanno aiutato nella riflessione alcune donne tra cui una<br />
psicologa, una sociologa, due teologhe e due sindacaliste. Le testimonianze di<br />
volontarie italiane del MLAL e di alcune donne appartenenti al Sindacato delle<br />
Domestiche e al Movimento das Mulheres Unidas na Caminhada ci hanno mostrato, in<br />
forma vibrante e appassionata, come alcuni gruppi di donne brasiliane degli ambienti<br />
popolari hanno cercato e cercano di costruire una realtà nuova per la donna<br />
lavoratrice, domestica o contadina, certamente due tra le categorie più<br />
emarginate nella nostra società.<br />
Per molte donne la Chiesa è lo spazio ALTERNATIVO ALLA CASA E VI<br />
ESERCITANO LA PROPRIA “CITTAD<strong>IN</strong>ANZA” NELLA CHIESA, soprattutto quando sono<br />
povere: è la comunità ecclesiale che dà e permette loro una maggiore coscienza<br />
sociale.<br />
Proclamare la Parola è avere la parola, e il potere. Ciò trova riscontro nel ruolo<br />
profetico delle donne nella Bibbia.<br />
Difficoltà nel considerare correttamente la presenza delle donne nella Chiesa<br />
sono date da una certa lettura, non corretta, della Bibbia, dalla identificazione, a<br />
livello teologico, di Dio con il “maschile”, dalla influenza ellenista nella concezione<br />
della corporeità. Abbiamo avvertito il condizionamento prodotto anche nella nostra<br />
formazione da una lettura della Bibbia, spesso segnata da una ideologia maschilista e<br />
moralista.<br />
118
Si rivela invece di grande aiuto alla maturazione del rapporto uomo-donna nella<br />
Chiesa e nella società, una lettura di fede della Parola di Dio, che diventa fondante di<br />
una ecclesiologia meno discriminante e di una gestione più evangelica del potere.<br />
La realtà della donna povera è di oppressione: prima del padre, poi del marito,<br />
del prete… Nonostante la presenza importante delle donne nelle comunità ecclesiali, le<br />
sfere decisionali non vengono raggiunte: la donna, come gli altri laici, non vi ha<br />
accesso. Altro problema è la mancanza di accompagnamento della donna “militante”,<br />
che si sente spesso abbandonata dalla Chiesa (identificata con la gerarchia). Ciò<br />
introduce la questione della coscienza ecclesiale dei laici e di una Chiesa in cui la<br />
componente gerarchica vive ancora dentro schemi “patriarcali”.<br />
In vista di una liberazione integrale, non sono più sufficienti solo le categorie<br />
economiche, politiche e sociali. E’ indispensabile introdurre la categoria di genere:<br />
andare oltre gli schemi culturali del maschile e del femminile per vivere la reciprocità<br />
tra uomini e donne.<br />
Nella mentalità capitalista, che ci penetra e condiziona, è arrivato il tempo di<br />
contrapporre al criterio della produttività quello della gratuità, dando spazio per<br />
esempio alla dimensione “ludica” come festa, come piacere dell’incontro, puntando<br />
sempre più all’integrazione corpo-spirito-intelletto.<br />
Nel processo di inserimento che viviamo nasce sempre più l’esigenza che alla<br />
mistica del donare e del donarsi si aggiunga la mistica del ricevere. In questa ottica di<br />
interscambio poi, cosa significa e come diventa possibile il dare e il ricevere tra Chiesa<br />
italiana e chiesa brasiliana, e viceversa?<br />
E’ necessario realizzare sempre più una lettura biblica con l’ottica femminile, sia<br />
a livello teologico come riflessione sistematica, sia a livello di azione pastorale.<br />
In tutto questo lavoro sono emerse delle proposte al fine di migliorare il nostro<br />
rapporto uomo-donna e il nostro impegno pastorale. Dal punto di vista biblico e<br />
teologico ci si propone di esplicitare maggiormente i fondamenti teologico-biblici<br />
motivanti il cambiamento; realizzare sempre più una ecclesiologia trinitaria dove la<br />
presenza dello Spirito Santo è presenza della gratuità; la donna deve uscire dalla<br />
“invisibilità” attraverso due azioni fondamentali:<br />
- prendere la Parola,<br />
- recuperare la memoria.<br />
A livello pratico:<br />
- vivere la solidarietà come incontro con l’altro, che mi definisce, mi dà il nome;<br />
- dare di fatto più attenzione alle difficoltà di relazione uomo-donna nella nostra<br />
pastorale e nella vita personale, a partire dal quotidiano, dal linguaggio…;<br />
- realizzare sempre più una formazione di insieme che miri a smascherare il<br />
maschilismo esistente nell’uomo e nella donna;<br />
- dedicarci alla gratuità dei rapporti di modo che non siano solo funzionali e di lavoro,<br />
ma la reale possibilità di “manifestarci”.<br />
Sintetizziamo dicendo, accettando il rischio di fraintendimento, che bisogna<br />
coltivare la seduzione, la seduzione disarmata, ossia la qualità dei rapporti e delle<br />
relazioni umane.<br />
Durante l’incontro ognuno di noi ha vissuto in prima persona l’esperienza che è<br />
possibile abbattere tutte le barriere di classe, di sesso, di cultura, di religione e<br />
costruire nuovi rapporti in cui non ci sia più “né uomo né donna, né schiavo né libero,<br />
né Greco né Romano” (Gal. 3,28).<br />
Rosanna, Egidio e Graziano<br />
Incontro pastorale in Brasile CUM-CEIAL<br />
Salvador de Bahia, Luglio 1994<br />
119
LA TRATTA: RIFLESSIONI <strong>DI</strong> CARATTERE ETICO 23<br />
Mons. Enrico Chiavacci – Teologo della Morale – Firenze<br />
I mezzi di comunicazione di massa hanno bisogno del sesso, prima di<br />
tutto a scopo pubblicitario. Difficile trovare una pubblicità in cui in qualche<br />
modo, velato o scoperto, non c’entri il sesso. Basta vedere la televisione, basta<br />
navigare su Internet. Chi ha voglia e tempo trova il modo di soddisfarli in<br />
qualche modo. E a questa enormità della domanda corrisponde un’enorme<br />
offerta a livello planetario. C’è un’offerta di sesso che ha dimensioni<br />
spaventose.<br />
Fino a un paio di decenni fa la prostituzione era un fenomeno locale. Ogni<br />
città aveva i suoi luoghi di prostituzione: c’erano le ragazze che venivano dalla<br />
campagna e si mettevano lungo i viali. Il fenomeno è esploso perché l’offerta è<br />
cominciata ad arrivare dalla periferia alle strade cittadine. Soprattutto il<br />
fenomeno è esploso nel campo dei minori, perché nei Paesi europei è difficile<br />
trovare il sesso minorile senza gravi rischi penali, ma al di fuori non ci sono<br />
grandi problemi. Ora, salvo casi marginali, come si è costituita questa offerta<br />
di sesso? La risposta è una sola: è la miseria. Ci sono anche da noi le ragazze<br />
che vogliono guadagnare rapidamente, probabilmente permettersi qualche<br />
lusso e allora offrono sesso. Ma sono fenomeni del tutto marginali. La base<br />
dell’offerta è la miseria. Non sono molte le persone che si prostituiscono –<br />
maschi o femmine, bambini o adulti – per amore del sesso. Quasi nessuno.<br />
La grande massa dell’offerta viene esclusivamente dalla miseria, dalla<br />
tragedia di un mondo in cui l’80% delle persone vive nella miseria. Il mercato è<br />
planetario e quindi la miseria di altre aree del mondo, di altri continenti viene a<br />
incontrare la domanda di sesso del nostro continente, della nostra area<br />
culturale occidentale. Il problema è quindi la miseria del mondo non quella<br />
della singola persona. Infatti, se c’è la tratta, cioè la compravendita di persone<br />
in misura massiva, organizzata da una parte all’altra della terra, per rispondere<br />
alla domanda di sesso dell’Occidente, è perché c’è la miseria di interi popoli.<br />
Proviamo a comparare quello che succede nelle varie aree del mondo. I<br />
Paesi ricchi hanno tra 20mila e 35mila dollari pro-capite in termini di<br />
produzione di beni. (…) Mediamente tutta l’America Latina, Messico compreso,<br />
ha un decimo della nostra ricchezza. (…) Ancora più grave la realtà nell’Africa<br />
subsahariana, che è la parte più povera della terra in assoluto. L’Asia presenta<br />
a sua volta una situazione più complessa (…). L’India e la Cina messe insieme<br />
fanno 2 miliardi e 300 milioni di esseri umani. Molto più di un terzo della<br />
famiglia umana e mediamente lì si arriva ad un dollaro e mezzo al giorno. (…)<br />
Esaminiamo un secondo indicatore, l’attesa media di vita: un indicatore<br />
molto forte, perché sintetico di tutta la realtà. Se a livello planetario l’attesa<br />
media di vita è di 50-60 anni (e la nostra è di 76-80), vuol dire che c’è uno<br />
squilibrio fortissimo, sintomo di un degrado umano totale (…). Basti pensare<br />
23 Estratto da Convegno Nazionale “Fame e sete di giustizia”, Brescia 8-11 marzo 2000 in: Tratta di esseri umani,<br />
Caritas Italiana, pp. 38-41.<br />
120
che nell’Africa subsahariana non si arriva a 50 anni. Pensiamo al dato della<br />
mortalità infantile (…). Nei paesi ricchi stiamo sempre sul 6 per mille, la media<br />
europea è 5,6. Ma se si passa all’America Latina siamo mediamente (salvo<br />
Cuba) tra 20 e 60 per mille. Il Brasile, che è dopo il Messico il paese più ricco<br />
dell’area e potenzialmente ricchissimo, ha addirittura un dato di 55, ma che è<br />
poco credibile perché molti bambini non vengono registrati. Se si va in Africa<br />
subsahariana siamo sopra quota 100, cioè più del 10% dei bambini che<br />
nascono muore nel primo anno di vita. E in Asia le cose non vanno molto<br />
meglio. In Cambogia 106 per mille, Bangladesh 79, India 71. Siamo di fronte<br />
ad un dramma che investe l’80% della famiglia umana. (…)<br />
E c’è poi il dato delle sperequazioni interne, degli squilibri fortissimi<br />
all’interno dei singoli paesi. In Brasile, più della metà della ricchezza appartiene<br />
al dieci per cento della popolazione. Su 150 milioni di persone, 30 milioni più o<br />
meno stanno bene e gli altri 120 milioni vivono in condizioni miserabili. E i<br />
bambini si vendono. Una famiglia con quattro o cinque bambini non sa come<br />
dare loro da mangiare. Se ne vende uno, il maschio o femmina che sia, per<br />
una lavoro schiavizzato ma anche per la prostituzione.<br />
Si può vendere una ragazzina di undici anni, ad esempio, perché la<br />
mamma malata ai polmoni non ha modo di curarsi. E per 500 dollari la<br />
bambina finisce al proprietario di un bordello che a undici anni le chiede dieci<br />
prestazioni per notte. Queste sono situazioni molto comuni nel Sud-Est<br />
asiatico, dove vendere un bambino o una bambina o noleggiarlo per un certo<br />
numero di anni per lavoro schiavizzato o per prostituzione è cosa normale. Ma<br />
si vendono anche per altri scopi: per trapianti, per adozioni.<br />
C’è tutto un commercio di minori amplissimo che non è solo a scopo<br />
sessuale e che fa parte del commercio internazionale. Sono “beni”: si<br />
comprano proprio come uno spazzolino da denti. E’ manodopera a bassissimo<br />
costo, perché uno compra un bambino e poi lo tiene chiuso e lui lavora finchè<br />
non muore. Come dimenticare che ci sono aeroplani interi pieni di cercatori di<br />
sesso che vanno a Bangkok o in tanti altri posti? Persone usate come merce,<br />
che poi viene anche da noi o noi andiamo da loro, secondo i casi.<br />
Ma se poi uno viene in Europa per sopravvivere, che cosa trova? Una<br />
povera ragazza trova il lavoro che può. Viene subito messa nel giro di<br />
un’organizzazione che la usa, la inserisce in un mercato e lei trova più o meno<br />
di che sopravvivere e magari qualcosa da mandare a casa. Questa è una<br />
normalità. Dobbiamo renderci conto che non siamo di fronte ad un fenomeno<br />
occasionale, a qualche caso specifico. Siamo di fronte a un commercio<br />
mondiale come quello delle banane, delle automobili, dei dentifrici, della Coca<br />
Cola. Oggi non esiste nessun problema nell’accettare la merce sesso a livello<br />
planetario perché si sposta come si vuole e ha un suo prezzo che è dato dal<br />
mercato stesso. Questa è la tragica realtà con cui dobbiamo in qualche modo<br />
fare i conti.<br />
Piuttosto è interessante, ed è spesso dimenticato, il fatto che anche in<br />
paesi ricchi ci sono queste enormi aree di miseria. E qui parlo degli Stati Uniti.<br />
Sono il motore dell’economia, della finanza mondiale, ma hanno indicatori di<br />
qualità della vita peggiori di molti paesi europei. La vita media ha addirittura<br />
121
due cifre: white and black. La vita media del bianco è quella europea, la vita<br />
media del colorato (black vuol dire nero ma anche ormai ispano-americano) è<br />
minore. Il 30% circa degli abitanti degli Stati Uniti vive al di sotto delle<br />
condizioni minime di povertà, che per una famiglia di tre persone viene<br />
calcolata in 12mila dollari all’anno. In Europa la situazione è meno drammatica<br />
perché ci sono reti di sostegno, che ci sembrano insufficienti ma che sono<br />
comunque la migliori del mondo.(…)<br />
(…) La vera tragedia è che sta crescendo una logica di convivenza gestita<br />
dalle grandi centrali di potere economico. C’è una corsa ad omologare l’intera<br />
umanità intorno a questo modello del tutto individualista, liberista. Il vero<br />
problema va dunque colto nella sua vera radice che è la stessa sia per la<br />
domanda, l’egoismo sessuale, sia per l’offerta, la creazione e il mantenimento<br />
di miseria. E’ dunque un problema di modelli culturali. E proprio per<br />
questo non si presenta facile (…)<br />
-----------------------------------------------------------------------------<br />
I bambini hanno bisogno di affetto ovunque<br />
e le donne hanno bisogno di rispetto e<br />
dignità ovunque. Non immagino una donna che<br />
sogni di essere segregata. Va al di fuori<br />
della mia immaginazione, dei miei ricordi,<br />
dei miei sogni, dei miei sentimenti, dei<br />
miei istinti, di tutto ciò che ho imparato…<br />
(Furio Colombo) 24<br />
24 Furio Colombo, Disputa sull’Occidente, in: MicroMega – Giustizia e Pace, guerra e regime, n. 2/2003, p. 203.<br />
122
Che fare?<br />
CONCLUSIONI<br />
• Innanzitutto considerare il problema della prostituzione e della condizione della<br />
donna e delle bambine come un problema di miseria: “La base dell’offerta è la<br />
miseria. Non sono molte le persone che si prostituiscono – maschi o femmine,<br />
bambini o adulti – per amore del sesso. Quasi nessuno” 25 . Ed è la miseria di interi<br />
popoli, la povertà e la miseria del Sud del mondo con tutta una logica di convivenza<br />
perversa che va denunciata e necessariamente modificata. Innanzitutto è<br />
necessario modificare il nostro modo di concepire la convivenza dell’intera famiglia<br />
umana capovolgendo il liberismo egoista dominante, sia nella dimensione privata e<br />
comunitaria sia in quella strutturale e planetaria.<br />
• Parlando di sviluppo umano e di liberazione integrale, non sono più sufficienti solo<br />
le categorie economiche, politiche e sociali. E’ indispensabile introdurre la categoria<br />
di genere: andare oltre gli schemi culturali del maschile e del femminile per vivere<br />
la reciprocità tra uomini e donne. Investire sulla formazione, soprattutto delle nuove<br />
generazioni, a rapporti nuovi, a relazioni nuove. Il discorso sulla sessualità non va<br />
isolato dal discorso complessivo sulla persona, una persona capace di rapportarsi<br />
agli altri in termini di uguaglianza, di rispetto, di incontro e di dialogo. Educare ai<br />
rapporti autentici costruendo nuove forme di cittadinanza e superando la<br />
predominante visione individualistica della propria esistenza: una “concezione<br />
liberista che da liberismo economico si è mutato in liberismo globale, sociale,<br />
politico, per cui ciascuno deve poter fare ciò che vuole” 26 . Nella mentalità<br />
capitalista, che ci penetra e condiziona, è arrivato il tempo di contrapporre al<br />
criterio della produttività quello della gratuità, dando spazio per esempio alla<br />
dimensione “ludica” come festa, come piacere dell’incontro, puntando sempre di più<br />
all’integrazione corpo-spirito-intelletto.<br />
• Scoprire i segni di cambiamento in atto a partire dal Sud del mondo, valorizzando il<br />
protagonismo dei soggetti e sostenendo le iniziative in atto 27 . Credere nel “lavoro<br />
delle formiche” e nella possibilità di cambiamento tramite la coscientizzazione e il<br />
lavoro comunitario (mutirao). Che speranza dal basso? Le cose vanno sempre<br />
peggio per i poveri… eppure “(…) La speranza viene prima di tutto dai poveri che<br />
hanno una forza d’animo che non si riesce a spiegare: hanno una voglia matta di<br />
vivere, di danzare la vita e che la fanno rinascere dentro di te. Per cui, se riesco ad<br />
andare avanti è grazie ai poveri (…)” 28 .<br />
• Mobilitare l’opinione pubblica a livello mondiale: solo la mobilitazione della società<br />
civile organizzata è capace di far evolvere la situazione ingiusta dell’impoverimento<br />
di interi popoli e di ridare speranza e voce a centinaia di milioni di persone che<br />
vivono nell’estrema povertà. “Rompere” la spirale del debito che sta strangolando le<br />
25<br />
Enrico Chiavacci, op. cit., p. 38.<br />
26<br />
Enrico Chiavacci, op. cit., p. 40.<br />
27<br />
Vedi le iniziative di microcredito che si stanno diffondendo nel Sud del mondo per finanziare progetti a misura<br />
d’uomo (e di donna) per uscire dall’indigenza con finanziamenti “nonprofit”. In “La Repubblica”, 4/05/2003, p. 14-15.<br />
28<br />
Dalla testimonianza di Alex Zanotelli, missionario comboniano, e già direttore del mensile missionario Nigrizia,<br />
Schio (Vicenza), novembre 2002.<br />
123
economie di interi popoli con le conseguenti politiche di “aggiustamento<br />
strutturale” 29 . E’ fondamentale una azione istituzionale e politico-economica. Le<br />
cose possibili sono davvero tante a partire dal ragionare sui modelli di sviluppo e sui<br />
modelli di consumo. E’ significativo il fatto che dinanzi alla globalizzazione, così<br />
difficile da governare, le associazioni dei consumatori riescano ad essere così<br />
incisive!<br />
• Ma oltre ai modelli di sviluppo e di consumo è necessario riflettere anche su certe<br />
mentalità rispetto al lavoro. “(…) Mi pare che la tratta delle donne sia la punta<br />
dell’iceberg di un nuovo concetto di lavoro inteso come servitù. Oggi abbiamo i<br />
nuovi servi della gleba. Chi ti porta il cane a passeggio, chi ti porta la pizza, chi ti<br />
presta l’utero per fare i figli e chi viene a soddisfare i tuoi bisogni. E’ il concetto di<br />
una nuova servitù a fronte dei lavori nobili, altamente tecnologizzati, propri di<br />
coloro che non hanno più tempo per fare i servizi poveri e li delegano ad altri” 30 . Ci<br />
sono nuove servitù che creano altre schiavitù: la tratta di donne per sfruttamento e<br />
abusi sessuali ma anche le tratte dei lavoratori extracomunitari per fare lavori che<br />
gli italiani non vogliono più fare. Abbiamo ingegneri del terzo mondo che lavorano<br />
nelle fonderie…<br />
• Infine la Chiesa e le Chiese, ossia un’azione pastorale. Per molte donne<br />
latinoamericane la Chiesa è lo spazio alternativo alla casa e il luogo in cui esercitano<br />
la propria “cittadinanza”, soprattutto quando sono povere: è la comunità ecclesiale<br />
che dà e permette loro una maggiore coscienza sociale. Per il grande significato e<br />
valore che rappresentano le Comunità Ecclesiali di Base in Brasile e in America<br />
Latina, e per l’appartenenza e il protagonismo delle donne in queste comunità, vale<br />
certamente la pena insistere sul ruolo che il cristianesimo può e deve svolgere per<br />
la valorizzazione della donna e nella difesa dei diritti umani 31 . Si rivela di grande<br />
aiuto alla maturazione del rapporto uomo-donna nella Chiesa e nella società, una<br />
lettura di fede della Parola di Dio che diventa fondante di una ecclesiologia meno<br />
discriminante e di una gestione più evangelica del potere. E’ necessario perciò<br />
realizzare sempre più una lettura biblica con l’ottica femminile 32 , sia a livello<br />
teologico che a livello di azione pastorale, migliorando il rapporto uomo-donna<br />
anche nell’ambito ecclesiale e comunitario. Dal punto di vista biblico e teologico ci si<br />
propone di esplicitare maggiormente i fondamenti teologico-biblici motivanti il<br />
cambiamento; realizzare sempre più una ecclesiologia trinitaria dove la presenza<br />
dello Spirito Santo è presenza della gratuità.<br />
• La donna deve uscire dall’“invisibilità” attraverso due azioni fondamentali:<br />
- Prendere la Parola 33 –<br />
29<br />
A livello mondiale, la petizione “Jubilee 2000” ha raccolto oltre 24 milioni di firme e la questione del debito è ora<br />
all’ordine del giorno degli incontri internazionali. Siamo però ben lontani dalla soluzione del problema. Gli sgravi del<br />
debito sono troppo limitati e il numero dei paesi interessati da tali sgravi è ancora troppo basso. Recentemente, la crisi<br />
in Argentina ci ha mostrato quali disastri possano provocare un debito di entità insostenibile e gli aggiustamenti<br />
strutturali del Fondo Monetario Internazionale. Molti paesi rischiano di andare in rovina allo stesso modo, se nulla verrà<br />
fatto.<br />
30<br />
Don Mario Operti, Direttore Ufficio nazionale Pastorale sociale e del lavoro – CEI, in Convegno Nazionale “Fame e<br />
sete di giustizia”, Brescia 8-11 marzo 2000, in: Tratta di esseri umani, Caritas Italiana, p. 43.<br />
31<br />
Ivone Gebarra – Maria Clara L. Birgemer, Maria, Mae de Deus e Mae dos Pobres. Um ensaio a partir da mulher e da<br />
America Latina, Vozes, Petròpolis 1988.<br />
32<br />
Alice L. Laffey, Introduçao ao Antigo Testamento. Perspectiva feminista, Ed. Paulus, Sao Paulo 1994.<br />
33<br />
“Proclamare la Parola è avere la parola, e il potere. Ciò trova riscontro nel ruolo profetico delle donna nella Bibbia.<br />
Difficoltà nel considerare correttamente la presenza delle donne nella Chiesa sono date da una certa lettura, non<br />
124
- Recuperare la memoria. 34<br />
A livello pratico:<br />
- vivere la solidarietà come incontro con l’altro, che mi definisce, mi dà il nome;<br />
- dare di fatto più attenzione alle difficoltà di relazione uomo-donna nella pastorale<br />
e nella vita personale, a partire, dal quotidiano, dal linguaggio;<br />
- realizzare sempre più una formazione di insieme che miri a smascherare il<br />
maschilismo esistente nell’uomo e nella donna;<br />
- dedicarsi alla gratuità dei rapporti di modo che non siano solo funzionali e di<br />
lavoro, ma la reale possibilità si “manifestarsi”.<br />
In sintesi: coltivare la qualità dei rapporti e delle relazioni umane.<br />
La nostra vera battaglia va combattuta su molti fronti ma la radice è proprio<br />
questa logica di convivenza che va denunciata.<br />
Abbiamo perciò un’enorme responsabilità, più profonda di quello che è<br />
l’immediato sostegno al misero: modificare il modo di concepire la convivenza<br />
dell’intera famiglia umana sulla faccia della terra, capovolgendo il liberismo<br />
egoista dominante, sia nella dimensione privata e comunitaria sia in quella<br />
strutturale e planetaria.<br />
Allegato 1: “O IMPACTO DA VIDA URBANA”<br />
Allegato 2: tabella“QUADRO COMPARATIVO DELLE CULTURE”<br />
Prof.ssa Rosanna Gasparotto<br />
Istituto Comprensivo “Rodari” – Rossano Veneto<br />
corretta, della Bibbia, dalla identificazione, a livello teologico, di Dio con il “maschile”, dalla influenza ellenista nella<br />
concezione della corporeità. Si avverte il condizionamento prodotto, anche nella formazione, da una certa lettura della<br />
Bibbia, spesso segnata da una ideologia maschilista e moralista”.<br />
34<br />
Dall’incontro CEIAL-CUM dei missionari italiani a Salvador de Bahia, Le donne chiedono la parola, luglio 1994.<br />
Sono intervenute, nell’approfondimento del tema, una psicologa, una sociologa, due teologhe e due sindacaliste, alcune<br />
volontarie italiane del MLAL e alcune donne appartenenti al Sindacato delle Domestiche e al Movimento das Mulheres<br />
Unidas na Caminhada mostrando come alcuni gruppi di donne brasiliane degli ambienti popolari hanno cercato e<br />
cercano di costruire una realtà nuova per la donna lavoratrice, domestica o contadina, certamente due tra le categorie<br />
più emarginate nella società brasiliana.<br />
125
BIBLIOGRAFIA<br />
- J. De Souza Martins, Una terra macchiata di sangue, in “Nigrizia”, giugno 1989<br />
- LE DONNE CHIEDONO LA PAROLA all’incontro degli operatori di pastorale del<br />
Centro Ecclesiale Italiano per l’America Latina (CEIAL) sul tema; “A partire dal rapporto<br />
uomo-donna, alcuni gruppi di donne leggono la realtà brasiliana: quali prospettive per un<br />
cammino di liberazione?”, Salvador – Bahia, luglio 1994.<br />
- Fatti in Brasile, bimestrale di informazione e solidarietà, n. 59, novembre-dicembre 1990,<br />
verona, pp. 3-4 (ciclostilato).<br />
- Legge n° 8069 del 13 luglio 1990: l’”Estatuto da Criança e do Adolescente”, Recife 1992<br />
- Convegno Nazionale “Fame e sete di giustizia”, Brescia 8-11 marzo 2000 in: Tratta di esseri<br />
umani, Caritas Italiana.<br />
- Manuel Correia de Andrade, A TERRA E O HOMEM NO NORDESTE. Contribuiçao ao<br />
estudo da questao Agrària no Nordeste, Editora Universitària/UFPE, Recife 1998.<br />
- Sérgio Buarque de Hollanda, Radici del Brasile, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze 2000.<br />
- Hermann Watjen, Das hollandische Kolonialreich in Brasilien, Gotha 1921, p. 244, tratto da<br />
Sérgio Buarque de Hollanda, op. cit..<br />
- Furio Colombo, Disputa sull’Occidente, in: MicroMega – Giustizia e Pace, guerra e regime,<br />
n. 2/2003.<br />
- “La Repubblica”, 4/05/2003.<br />
- Alex Zanotelli, missionario comboniano, e già direttore del mensile missionario Nigrizia,<br />
Schio (Vicenza), novembre 2002.<br />
- Don Mario Operti, Direttore Ufficio nazionale Pastorale sociale e del lavoro – CEI, in<br />
Convegno Nazionale “Fame e sete di giustizia”, Brescia 8-11 marzo 2000.<br />
- Ivone Gebarra – Maria Clara L. Birgemer, Maria, Mae de Deus e Mae dos Pobres. Um<br />
ensaio a partir da mulher e da America Latina, Vozes, Petròpolis 1988.<br />
- Alice L. Laffey, Introduçao ao Antigo Testamento. Perspectiva feminista, Ed. Paulus, Sao<br />
Paulo 1994.<br />
- film “Central do Brasil” di Walter Salles.<br />
- Pippo Morelli, Viaggio dentro il Brasile, Edizioni Lavoro, Roma 1983<br />
- Pedro Casaldaliga, In cerca di giustizia e libertà, EMI, Bologna 1990<br />
- Sandro Spinelli, La grande sete. Teologia della liberazione nella quotidianità, Bine Editore,<br />
Cernusco sul Naviglio 1984<br />
126
O IMPACTO DA VIDA URBANA<br />
Entre as transformaçoes ocorridas no Nordeste, nas duas duas ùltimas décadas,<br />
observa-se a dinamizaçao da vida urbana, com o crescimento da populaçao de<br />
cidades e vilas (60,33% da populaçao total), o aumento da oferta de serviços e o<br />
crescimento e melhoria dos transportes e comunicaçoes.<br />
Além das tres metròpoles regionais – Salvador, Fortaleza e Recife -, houve um<br />
grande crescimento das cidades, capitais de estado, como Sao Luìs, Teresina, Natal,<br />
Joao Pessoa, Maceiò, Aracaju, ede algumas outras que apresentaram expressao de<br />
centros regionais, como Imperatriz no Maranhao, Parnaìba no Piauì, Sobral e<br />
Juazeiro do Norte no Cearà, Mossorò no Rio Grande do Norte, Campina Grande na<br />
Paraìba, Caruaru e Petrolina em Pernambuco, Arapiraca em Alagoas e Feira de<br />
Santana, Ilhéus, Itabuna e Juazeiro na Bahia. Algumas destas cidades estao<br />
conurbadas, como Juazeiro do Norte e Crato, Petrolina e Juazeiro e Ilhéus e Itabuna.<br />
Os transportes e as comunicaçoes entre estas cidades e suas àreas de influencia<br />
sao feitos através de rodovias e, ou por linhas aéreas. Hà, porém, sérios problemas<br />
quanto à conservaçao das estradas, muitas vezes quase intransitàveis, e quanto à<br />
segurança. Em alguns estados observam-se, com frequencia, assaltos a veìculos<br />
nas estradas, forçando muitas vezes os governos a patrulharem as mesmas com<br />
forças policiais e até, em certos trechos, de organizarem comboios de caminhoes,<br />
automòveis e onibus, a fim de enfrentar os assaltantes. Desenvolve-se, assim, um<br />
banditismo moderno e motorizado.<br />
As proprias cidades carecem de um maior policiamento e a insegurança chega a<br />
poder comparar-se com o que ocorre em cidades maiores como Rio de Janeiro e<br />
Sao Paulo, em vista dos assaltos feitos tanto por adultos como por crianças,<br />
enquanto a prostituiçao se dissemina; admite-se até, nas cidades litoraneas,<br />
a existencia de escolas de formaçao de prostitutas, e a prostituiçao infantil<br />
aumenta na mesma velocidade que cresce o turismo.<br />
Estes fatos sao provocados pelo desempregp generalizado e agora<br />
intensificado devido ao processo de globalizaçao e ao neoliberismo, assim<br />
como aos baixos salàrios.<br />
Em entervista, uma prostituta de menor idade afirmou que se prostituìa porque<br />
em uma noite com um “gringo” ganhava mais do que em um mes como<br />
empregada doméstica em casa de famìlia, com direito a salàrio mìnimo, e<br />
demais, na casa de famìlia também era usada sexualmente sem direito à<br />
remuneraçao.<br />
(Manuel Correia de Andrade, A TERRA E O HOMEM NO<br />
NORDESTE. Contribuiçao ao estudo da questao agrària no<br />
Nordeste, Editora Universitària/UFPE, Recife 1998, pp. 234-235)<br />
127
QUADRO COMPARATIVO DELLE CULTURE<br />
CULTURA<br />
(aspetti)<br />
AGRICOLA<br />
(RURALE)<br />
Pre-moderna<br />
8.000 a.C. – 1.750<br />
d.C.<br />
1. famiglia PATRIARCALE:<br />
tribale, unione,<br />
aiuto reciproco,<br />
divisione dei<br />
compiti,<br />
partecipazione della<br />
comunità<br />
2. religione Tradizionale,<br />
sacramentale,<br />
religiosità popolare<br />
radicata, legata alle<br />
società civili,<br />
egemonica<br />
3. valori <strong>ESSERE</strong>: stabili,<br />
tradizione, famiglia,<br />
rispetto<br />
dell’autorità, della<br />
morale, delle<br />
tradizioni –<br />
religione, Dio, onore<br />
4. natura Terra madre,<br />
sussistenza (fonte<br />
di), identificazione<br />
con la natura<br />
5. corposesso<br />
Fonte di<br />
sostentamento e<br />
procreazione, tabù<br />
e repressioni<br />
6. cultura Tradizionale,<br />
radicata, (rurale),<br />
costumi ancestrali,<br />
popolare,<br />
maschilista<br />
7. arte Artigianale,<br />
popolare, rivolta al<br />
sacro, utile alla<br />
comunità<br />
<strong>IN</strong>DUSTRIALE<br />
(TECNOLOGICA)<br />
Moderna-urbana<br />
1.750 – 1.950 d.C.<br />
NUCLEARE: padre,<br />
madre e figli, ruoli<br />
definiti,<br />
partecipazione<br />
nell’economia<br />
familiare<br />
Rinnovata,<br />
secolarizzata,<br />
privata, razionale,<br />
spiritualista<br />
AVERE: razionali,<br />
produttivi, ordine,<br />
lavoro, progresso,<br />
libertà,<br />
democrazia<br />
Materia prima<br />
(mera fornitrice),<br />
fonte di ricchezza,<br />
sfruttamento per il<br />
lucro<br />
Mano d’opera, uso<br />
e sfruttamento in<br />
tutti i livelli,<br />
genialità (sesso)<br />
Urbana, di massa,<br />
industriale,<br />
scientifica,<br />
razionale,<br />
consumista<br />
Padronizzata,<br />
(standardizzata),<br />
soggettiva<br />
POST-<br />
<strong>IN</strong>DUSTRIALE<br />
Post-moderna<br />
1.950…<br />
LIBERA: con molte<br />
forme, per scelta<br />
personale, uomini<br />
e donne alla pari<br />
Cosmica,<br />
sincretista,<br />
misticista,<br />
personale intimista<br />
PIACERE:<br />
sentimentali,<br />
benessere, libertà,<br />
cura delle relazioni<br />
Preservazione,<br />
equilibrio<br />
ecologico,<br />
recupero<br />
Culto del corpoedonismo,<br />
piacere,<br />
affettività,<br />
genialità<br />
Pluralista, senza<br />
identità,<br />
mistificata,<br />
frammentata,<br />
senza schemi, non<br />
direzionata,<br />
emergere della<br />
donna e del<br />
povero<br />
Libera, simbolica,<br />
mistificata, parte<br />
del quotidiano,<br />
acritica, anarchista<br />
128
8. tempio Chiesa – proprietà –<br />
terra – luogo sacro<br />
9. settore<br />
predominante<br />
Agricoltura,<br />
feudalesimo,<br />
religioso (egemonia<br />
della religione)<br />
10. giovane Lavoratore, onesto,<br />
dipendente,<br />
rispettoso, mano<br />
d’opera (aiuta la<br />
11.<br />
occupazione<br />
12.<br />
tecnologia<br />
famiglia)<br />
Agricoltore,<br />
pescatore,<br />
minatore,<br />
bracciante, trazione<br />
animale<br />
Manuale –<br />
domestica –<br />
rudimentale –<br />
materia prima<br />
13. mentalità Rurale – mitica –<br />
geocentrica –<br />
conservatrice –<br />
“chiusa”<br />
14. pastorale<br />
giovanile<br />
Associazioni<br />
religiose, gruppi<br />
legati alla comunità<br />
Fabbrica, banche,<br />
luogo di preghiera,<br />
patrimoni storici<br />
Industria,<br />
borghesia,<br />
commercio<br />
Mano d’opera a<br />
buon mercato,<br />
massificazione,<br />
contestatore<br />
Operaio,<br />
ingegnere,<br />
operatore di<br />
macchinari<br />
Macchine di<br />
produzione in<br />
serie,<br />
meccanizzazione<br />
Razionale, urbana,<br />
progressista,<br />
scientifica,<br />
liberale, “aperta”<br />
Gruppi<br />
parrocchiali,<br />
movimenti<br />
spiritualizzati,<br />
gruppi legati al<br />
lavoro, alla scuola,<br />
alla comunità<br />
(specifici)<br />
15. filosofia Scolastica Razionalismo,<br />
spiritismo,<br />
esistenzialismo<br />
16. potere Latifondisti Industriali,<br />
commercianti<br />
Shopping centers<br />
– fonti di energia –<br />
luogo di magia<br />
Informatica,<br />
computerizzazione<br />
, servizi, mezzi di<br />
comunicazione<br />
sociale (MCS)<br />
Ambientalista,<br />
consumista,<br />
massificato,<br />
acritico, “ognuno<br />
per sé”<br />
Tecnico di<br />
computer/informat<br />
ica,<br />
programmatore/op<br />
eratore di<br />
computer<br />
Computer,<br />
tecnologia di<br />
punta,<br />
biotecnologia,<br />
forza delle idee<br />
Teleprogrammata,<br />
edonista,<br />
consumista,<br />
frammentata,<br />
attenta alle piccole<br />
cause<br />
Gruppi per<br />
interesse e<br />
affinità, esige<br />
nuove proposte di<br />
aggregazione e<br />
organizzazione<br />
Irrazionalismo,<br />
essoterismo,<br />
nichilismo positivo<br />
(vivere il<br />
presente)<br />
Padroni dei mezzi<br />
di comunicazione<br />
sociale<br />
Osservando le colonne della MEDERNITA’ e POST-MODERNITA’ si può<br />
caratterizzare la cultura dominante come:<br />
129
secolare: i sistemi di legittimazione non provengono dalla religione ma<br />
dalle ideologie, e specialmente da quelle che stanno “dietro”<br />
alle culture;<br />
pluralistica: c’è una diversificazione e frammentazione di significati, con<br />
tendenza a relativizzare tutto;<br />
materialista: il consumo di massa tende ad essere considerato come valore<br />
centrale;<br />
narcisista: dirige ad un “io” un interesse di ipervalorizzazione delle<br />
energie, che rende difficile il raggiungimento dell’autotrascendenza;<br />
scientifico-tecnica: il rendimento, l’efficacia, la produzione determinano il<br />
valore delle persone.<br />
130
PER I PUNTI N. 1-2-3-4-5<br />
11. BIBLIOGRAFIA E SITI <strong>IN</strong>TERNET<br />
PER SEZIONI <strong>DI</strong> LAVORO<br />
Comune di Padova, Regione Veneto “Le nuove schiavitù e il traffico di esseri umani”<br />
Associazione Diritti Umani – Sviluppo Umano Sfruttamento sessuale, migrazioni, diritti umani nel<br />
diritto internazionale - 2002<br />
- Regione Toscana “ Mai più schiavitù- liberi per cambiare il mondo”<br />
Manitese-COSPE- ucodep Dossier per le scuole medie superiori – 2001<br />
-Amnesty International “La forza della solidarietà”<br />
Ed. ECP - 2001<br />
- Saulle Maria Rita “Dalla tutela giuridica all’esercizio dei diritti umani”<br />
ESI 1999<br />
- Manitese “ Gli articoli del mese di Giugno 2002”<br />
Contro lo sfruttamento infantile – 2002<br />
- Comitato Italiano per l’UNICEF- ONLUS “La Collana temi –I bambini che lavorano”<br />
Alberto Attori - 2000<br />
- Non c’è pace senza giustizia” “Supplemento del periodico quadrim. n.2 del 20/1/02<br />
SITI <strong>IN</strong>TERNET:<br />
• centrostudi.Gruppoabele.org/servizi/normativa/prostituzione<br />
• www.unicef.org<br />
• www.minori.it<br />
• www.infoius.it<br />
• www.apg23.org<br />
• www.sempreapg23.org<br />
• www.onu.it<br />
• www.npwi.org<br />
• www.repubblica.it<br />
• http://wwwcartadeidiritti.net<br />
* * *<br />
PER IL PUNTO N. 6 (RICOSTRUZIONE STORICA)<br />
Aristotele La Politica,IX, BA La Terza 1983<br />
Bales K. I Nuovi Schiavi. La merce umana nell’economia globale. MI 1999<br />
Bloch M. La servitù nella società medievale, FI 1975<br />
131
Braudel F. Civiltà e Imperi nel Mediterraneo nell’età di Filippo II, TO 1946<br />
Carandini A. Schiavi in Italia. Gli strumenti pensanti dei Romani fra tarda Repubblica<br />
e Medio Impero . Roma 1988<br />
Castagneto P. Schiavi antichi e moderni,le Bussole Roma ,Carrocci editore,2001<br />
Cavalli Sforza L.L. Geni ,popoli e lingue, MI 1996<br />
Cherubini E. (a cura di ) Storia della società italiana MI 1983<br />
Davidson B. Madre nera. L’Africa nera e il commercio degli schiavi TO 1966<br />
Davis D.B. Il problema della schiavitù nella cultura occidentale TO 1982<br />
Finley M.I. Schiavitù antica e ideologie moderne Bari 1981<br />
(a cura di ) La schiavitù nel mondo antico Bari 1990<br />
Genovese E. L’economia politica della schiavitù TO 1952<br />
Jordan W.D. Il fardello dell’uomo bianco. Origini del razzismo in USA FI 1976<br />
Marx K. Il Capitale. Critica dell’economia politica TO 1946<br />
Mcalister L.N. Dalla scoperta alla conquista. Spagna e Portogallo nel nuovo mondo BO 1986<br />
Montesquieu Lo spirito delle leggi (a cura di Sergio Cotta) TO 1952<br />
Platone La Repubblica VI Bari 1982<br />
Vegetti M. (a cura di) Marxismo e società antica MI 1977<br />
Vogt J. - L’uomo e lo schiavo nel mondo antico – Roma, 1969.<br />
AA.VV. “Le fonti della storia,documenti” FI –La nuova Italia-<br />
AA.VV. “Storia della rivoluzione industriale” TO – Einaudi – 1978<br />
AA.VV. “Sulla pelle dei bambini:il loro sfruttamento e le nostre complicità”/Centro nuovo modello<br />
di sviluppo.-2^ ed.-Bologna: Editrice Missionaria Italiana.<br />
Barbieri G. “La nascita della grande industria in Europa” – Loescher-<br />
Becchi E. “I bambini nella storia”-Roma – Laterza-1994<br />
Bloch M. “Apologia della storia” – TO – Einaudi –1969<br />
Cipolla C.M. “Uomini,tecniche,economia” –MI – Feltrinelli –1972<br />
Collotti E. e Collotti Pischel “La storia contemporanea attraverso i documenti” -BO – Zanichelli,<br />
1974<br />
Deane P. “La prima rivoluzione industriale” –BO- Il Mulino ,1971<br />
Dobb M. “Problemi di storia del Capitalismo” – RO – Editori Riuniti-1970<br />
Engels F. “La situazione della classe operaia in Inghilterra – Editori Riuniti –<br />
Hobs Bawm E.J. “Le rivoluzioni borghesi 1789-1848” – MI – Il Saggiatore-1966<br />
Marx –Engels “Li Manifesto del partito comunista” – RO- Editori Riuniti-1977<br />
Moore B. “Le origini sociali della dittatura e della democrazia” –TO- Einaudi- 1970<br />
Kuczynski “Nascita della classe operaia” –MI – Il Saggiatore-1967<br />
Runcini R. “Illusione e paura nel mondo borghese da Dickens a Orwell – BA – Laterza-1968<br />
Villari R. “Storia moderna” –RO – BA- Laterza 1993<br />
Villari R. “Storia contemporanea” -RO- -BA-Laterza 1993<br />
Zucchi J. “I piccoli schiavi dell’arpa”: “Storie di bambini italiani a Parigi,Londra e New York”-GE-<br />
Manetti 1999.<br />
AA.VV. Diotima “Il pensiero della differenza sessuale” MI –La Tartaruga-1987<br />
Ballestrero M.V. “Parità e oltre. Parità,pari opportunità,azioni positive” –BA- Ediesse 1989<br />
Bucci S. “La condizione della donna nel XVII e XVIII secolo” –RO- Crucci-1982<br />
Dhuoda E. “Le grandi politiche tra Ottocento e Novecento”<br />
Diderot Denis “La monaca” –MI- Garzanti- 1978<br />
Freud S. “Sessualità femminile” in opere (1930-1938) TO-Boringhieri- 1979<br />
Irigaray L. “Questo sesso che non è un sesso” MI- Feltrinelli-1975<br />
Levay Simon “Le radici della sessualità” RO- BA- Laterza 1994<br />
Muraro L. “La differenza sessuale”collana RO-Editori Riuniti<br />
132
Pomata Gianna “Il mondo contemporaneo” a cura di N.Tranfaglia- FI- La Nuova Italia -1983<br />
Richardson Samuel “ Clarissa” MI- Frassinelli 1996<br />
Rosenberg Sellier “Soggetto donna” laboratorio di riflessioni ed esperienze RO-Laterza<br />
Rosenberg Sellier “La storia delle donne” RO-BA- Laterza<br />
Sapio Roberta “Prostituzione :dal diritto ai diritti” MI- Leoncavallo libri 1999<br />
Tannamill.R “Storia dei costumi sessuali” (trad.di Anna Sordelli) MI- Rizzoli-1985<br />
Woolf V. “ Una stanza tutta per sé” –MI- Il Saggiatore- 1991<br />
Valery Violetta “La donna ignobile” traviata di Verdi<br />
Altri Autori vedi grafico.<br />
* * *<br />
PER IL PUNTO N. 7 (TIPOLOGIE DELLE VIOLAZIONI)<br />
• Cris de Stoop, Elles sont si gentilles, Monsieur, La longue vie, Paris, 1993.<br />
• Kevin Bales, I nuovi schiavi . La merce umana nell’economia globale, Feltrinelli, Milano,<br />
2000.<br />
• Prostitute, prostituite, clienti. Che fare? Il fenomeno della prostituzione e della tratta degli<br />
esseri umani, a cura di Mirta Da Pra Pocchiesa e Leopoldo Grosso, EGA, 2001.<br />
• E. Ciconte, P. Romani, Le nuove schiavitù, Editori Riuniti, 2002.<br />
• P. Monzini, Il mercato delle donne. Prostituzione, tratta e sfruttamento, Donzelli, Roma,<br />
2002.<br />
• Convegno La situazione della tratta delle donne estere immigrate in Italia, a cura di Fredo<br />
Olivero, Torino, gennaio 2002.<br />
Fonti Internet:<br />
• www.aidos.it<br />
• www1.diocesi.torino.it<br />
• www.cestim.org<br />
• www.ecn.org<br />
• www.unimondo.org<br />
• www.onuitalia.it<br />
• www.europa.eu.int<br />
• www.mlal.org<br />
• www.unimondo.org<br />
• www.caritas.it<br />
• www.interno.it<br />
• www.palazzochigi.it/pari opportunità<br />
http://www.manitese.it/mensile/289/bambini3.htm<br />
http://www.manitese.it/pavar/marcia/numeri.htm<br />
http://www.helvetas.ch/italiano/info/comunicati/scheda.html<br />
http://www.socialisti.net/archivio21/00000ce7.htm<br />
http://www.grisnet.it/filb/schedansch.html<br />
http://www.liceo-classico.arezzo.it/produzio/slaves/01.htm<br />
http://www.ilo.org/public/italian/region/eurpro/rome/press/minori/attivita.htm<br />
Kelvin Bales, I nuovi schiavi, Universale Economica Feltrinelli<br />
E. Ciconte, P. Romani, Le nuove schiavitù, Editori Riuniti<br />
* * *<br />
PER IL PUNTO N. 8 (CHI E COME PROMUOVONO E TUTELANO IL <strong><strong>DI</strong>RITTO</strong>)<br />
133
- I bambini che lavorano, Collana “temi”, n.1, Comitato italiano per l’UNICEF, Roma 1999.<br />
- M.R.Saulle, Dalla tutela giuridica all’esercizio dei diritti umani, Esi, 1999.<br />
- Suggerimenti per la didattica., in Diritti umani e pace. Materiali e proposte per l’educazione,<br />
“Quaderni”, n.4, a cura di P. Degani, P. De Stefani, 2001.<br />
- Mai più schiavi. Liberi per cambiare il mondo, Meeting sui diritti umani. Dossier per le scuole<br />
medie e superiori, a cura di ucodep, manitese,cospe, Firenze, 2001.<br />
- No Peace Without Justice, periodico, n.2, 20/01/2002<br />
- M. Toschi, Il lavoro delle Nazioni Unite su bambini e conflitti armati, in Cittadini in crescita,<br />
!/ 2002, pp. 32-44.<br />
- P Degani, Diritti umani e traffico di persone a scopo di sfruttamento sessuale: uno sguardo<br />
allo scenario internazionale, pubblicazione ondine sul sito dell’Archivio Pace Diritti Umani:<br />
www.cepadu.unipd.it<br />
• Mai più schiavi. Liberi per cambiare. Dossier per le scuole medie e superiori. V Meeting sui<br />
diritti umani. FI 2001.A cura di ucodep – manitese – COSPE.<br />
• Centro Nuovo Modello di Sviluppo, Guida al Consumo critico. Editrice Missionaria<br />
Italiana, 2000.<br />
• G. Nebbia, Lo sviluppo sostenibile. Edizioni Cultura della Pace.<br />
• BOYCOTT. Supplemento bimestrale di MANITESE<br />
* * *<br />
PER IL PUNTO N. 9 (CONTESTUALIZZAZIONE DEL <strong><strong>DI</strong>RITTO</strong>)<br />
- “PROSTITUTE, vi passeranno davanti nel Regno dei Cieli” di Don Oreste Benzi – Mondadori<br />
Ed.<br />
- Relazione Sr. Celina su “Prostituzione coatta realtà vicina o problema d’altri?”, Cuore<br />
Immacolato del 16 febbraio 2001.<br />
- Relazione Caritas Vicentina “Progetto donna”: “Il ritorno della schiavitù”, Monte di Malo 11<br />
febbraio 2001.<br />
- “PROGETTO DONNA” anno 2001 Caritas Vicentina.<br />
- “Prostituzione senza frontiere” da Le Monde diplomatique – Nov. 2001.<br />
- “Albania, quelli che non ce la fanno” da Panorama 19/11/98.<br />
- Speciale Albania – “Albania, dopo l’emergenza la speranza” da Segnosette -A.C. N° 17 -<br />
5/5/1996.<br />
* * *<br />
PER IL PUNTO N. 10 (CONFRONTO TRA CULTURE)<br />
- J. De Souza Martins, Una terra macchiata di sangue, in “Nigrizia”, giugno 1989<br />
- LE DONNE CHIEDONO LA PAROLA all’incontro degli operatori di pastorale del<br />
Centro Ecclesiale Italiano per l’America Latina (CEIAL) sul tema; “A partire dal rapporto<br />
uomo-donna, alcuni gruppi di donne leggono la realtà brasiliana: quali prospettive per un<br />
cammino di liberazione?”, Salvador – Bahia, luglio 1994.<br />
- Fatti in Brasile, bimestrale di informazione e solidarietà, n. 59, novembre-dicembre 1990,<br />
verona, pp. 3-4 (ciclostilato).<br />
- Legge n° 8069 del 13 luglio 1990: l’”Estatuto da Criança e do Adolescente”, Recife 1992<br />
- Convegno Nazionale “Fame e sete di giustizia”, Brescia 8-11 marzo 2000 in: Tratta di esseri<br />
umani, Caritas Italiana.<br />
- Manuel Correia de Andrade, A TERRA E O HOMEM NO NORDESTE. Contribuiçao ao<br />
estudo da questao Agrària no Nordeste, Editora Universitària/UFPE, Recife 1998.<br />
134
- Sérgio Buarque de Hollanda, Radici del Brasile, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze 2000.<br />
- Hermann Watjen, Das hollandische Kolonialreich in Brasilien, Gotha 1921, p. 244, tratto da<br />
Sérgio Buarque de Hollanda, op. cit..<br />
- Furio Colombo, Disputa sull’Occidente, in: MicroMega – Giustizia e Pace, guerra e regime,<br />
n. 2/2003.<br />
- “La Repubblica”, 4/05/2003.<br />
- Alex Zanotelli, missionario comboniano, e già direttore del mensile missionario Nigrizia,<br />
Schio (Vicenza), novembre 2002.<br />
- Don Mario Operti, Direttore Ufficio nazionale Pastorale sociale e del lavoro – CEI, in<br />
Convegno Nazionale “Fame e sete di giustizia”, Brescia 8-11 marzo 2000.<br />
- Ivone Gebarra – Maria Clara L. Birgemer, Maria, Mae de Deus e Mae dos Pobres. Um<br />
ensaio a partir da mulher e da America Latina, Vozes, Petròpolis 1988.<br />
- Alice L. Laffey, Introduçao ao Antigo Testamento. Perspectiva feminista, Ed. Paulus, Sao<br />
Paulo 1994.<br />
- film “Central do Brasil” di Walter Salles.<br />
- Pippo Morelli, Viaggio dentro il Brasile, Edizioni Lavoro, Roma 1983<br />
- Pedro Casaldaliga, In cerca di giustizia e libertà, EMI, Bologna 1990<br />
- Sandro Spinelli, La grande sete. Teologia della liberazione nella quotidianità, Bine Editore,<br />
Cernusco sul Naviglio 1984<br />
135