26-30 MGCnews.indd - Missionari OMI
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mgcnews<br />
di Giovanni Varuni<br />
e Irene Benedetto<br />
Sette giovani del<br />
Movimento Costruire,<br />
accompagnati da<br />
un Oblato, hanno<br />
condiviso la vita<br />
dei <strong>Missionari</strong><br />
<strong>OMI</strong> in Uruguay.<br />
Un’esperienza davvero<br />
unica.<br />
Perché proporre anche quest’anno<br />
un viaggio missionario in Uruguay<br />
per i giovani del Movimento Costruire?<br />
Per il desiderio, nato nell’Mgc calabrese,<br />
di conoscere l’aspetto della<br />
missione ad gentes degli Oblati. Così<br />
per tre settimane, nel mese di agosto,<br />
cinque giovani calabresi sono volati<br />
in Uruguay, nazione defi nita l’appendice<br />
del Brasile. A questo gruppo si<br />
sono aggiunti altri due ragazzi della<br />
Campania. Ma andiamo con ordine e<br />
MISSIONI <strong>OMI</strong><br />
n. 10/2008 <strong>26</strong><br />
seguiamo più nel dettaglio la cronaca<br />
di questo viaggio missionario.<br />
I partecipanti si sono ritrovati a Frascati<br />
(Rm) presso Casa provincializia<br />
degli Oblati italiani, il <strong>26</strong> luglio. Sono<br />
stati giorni di grazia quelli che hanno<br />
preceduto la partenza perché, grazie<br />
anche alla presenza di altri giovani<br />
MGC, il gruppo ha sentito di non<br />
partire da solo e che portava con sé<br />
tutto il Movimento. Sono stati tanti i<br />
riferimenti, in quei tre giorni, a San<br />
Paolo, che è stato adottato come compagno<br />
di viaggio.<br />
Dopo il viaggio aereo, non privo di<br />
qualche imprevisto, l’arrivo a Montevideo.<br />
Il Cerro è un quartiere periferico<br />
della capitale, dove la povertà sembra<br />
passare indifferente agli occhi della<br />
parte ricca della città, ma su invito<br />
di p. Mimmo Di Meo i giovani si sono<br />
soffermati su una frase: “non c’è nulla<br />
da capire, ma solo d’amare”.<br />
Così è iniziata l’avventura, senza sciupare<br />
un solo attimo, né sprecare alcun<br />
sorriso. Il numero non alto dei<br />
partecipanti ha permesso ai giovani di<br />
spostarsi facilmente e vedere l’impegno<br />
missionario degli Oblati in quel-<br />
Tra i poveri<br />
con gioia<br />
la terra. Un lavoro fatto con la passione<br />
di portare Cristo agli altri, non<br />
curandosi di fare chilometri di strada<br />
sterrata o di celebrare una messa con<br />
poche persone. Ma anche un lavoro<br />
concreto con i ‘merenderos’, il Politecnico<br />
del Cerro e i CAIF (asili).<br />
Nella settimana centrale di questa<br />
esperienza missionaria i partecipanti<br />
si sono divisi tra Cerro (Montevideo),<br />
Playa Pascual e Libertad.<br />
Nel primo luogo sono stati presenti<br />
Stefania Sarubbo, Sara Tripicchio e<br />
Giovanni Varuni; nel secondo p. Pasquale<br />
Castrilli, Irene Benedetto e<br />
Claudia Sarubbo; nel terzo Angelica<br />
Ciccone e Luigi Ferrara. Punto forte<br />
di questa fase: la vita di comunità. Infatti,<br />
uno degli aspetti più belli vissuti<br />
dai giovani italiani è stato la forte<br />
esperienza di comunità e i rapporti<br />
costruiti con la gente. Il viaggio missionario<br />
in Uruguay ha permesso di<br />
conoscere un aspetto essenziale del<br />
carisma oblato e prendere coscienza<br />
che il clima di famiglia è lo stesso<br />
in tutto il mondo oblato, unito alla<br />
passione di testimoniare e annunciare<br />
Gesù.
I PARTECIPANTI<br />
AL VIAGGIO<br />
RACCONTANO…<br />
(*) Anche questa volta,<br />
come ogni volta che faccio<br />
un’esperienza di Dio<br />
forte, ho trovato una frase<br />
del Vangelo che sintetizza<br />
la mia esperienza:<br />
“se avrete fede pari a un<br />
granellino di senapa, potrete<br />
dire a questo monte:<br />
spostati da qui a là, ed<br />
esso si sposterà, e niente<br />
vi sarà impossibile.” (Mt.<br />
17, 20). Parlare in un lingua<br />
non mia, riuscire ad<br />
abbracciare bimbi sporchi, insomma<br />
abbattere tanti muri che non mi avrebbero<br />
fatto vivere a pieno questa esperienza<br />
missionaria. Non credo che sia<br />
un caso che questo viaggio preceda la<br />
mia laurea e un capitolo nuovo della<br />
mia vita in cui insicurezza e instabilità<br />
sembrano prevalere. La cosa importante<br />
è avere fiducia in Lui come l’ho<br />
avuta per il viaggio e metterci anche<br />
di mio e non avere paura delle cose<br />
che Dio mi chiede.<br />
Sicuramente mi hanno aiutato il partire<br />
senza aspettative, senza sapere<br />
cosa sarei andato a fare in una terra<br />
lontana. Questo è stato una spinta a<br />
vivere tutte le cose che gli oblati ci<br />
hanno proposto dalla semplice visita<br />
ad una realtà (o alla città di Montevideo)<br />
al vivere la comunità insieme<br />
a loro. Ed è proprio questa seconda<br />
cosa un altro punto importante della<br />
mia esperienza: la vita di comunità.<br />
Sembrava proprio che il Signore abbia<br />
voluto farmi rivivere pezzi di Centro<br />
Giovanile, quasi a ricordarmi da dove<br />
vengo e quali sono le esperienze passate<br />
che mi hanno formato e su quale<br />
binario devo viaggiare. (Giovanni Varuni<br />
– Napoli)<br />
(*) Il timore della partenza portava<br />
dentro di me tanta inquietudine; ma<br />
questa prima difficoltà è subito svanita<br />
nei giorni di Vermicino e nel forte<br />
abbraccio che la famiglia oblata ci ha<br />
riservato, soprattutto nella Messa del<br />
mandato a Marino, la loro preghiera<br />
era una grande forza per tutti noi.<br />
Sconfitte le prime paure, ero pronto ad<br />
affrontare quel “viaggio senza ritorno”,<br />
fatte mie queste parole di P. Adriano,<br />
ROMA, 27 luglio: i giovani partenti per l’Uruguay, insieme<br />
con P. Pasquale Castrilli <strong>OMI</strong>, partecipano<br />
alla trasmissione TV “A Sua immagine”<br />
l’Uruguay sembrava molto<br />
più vicino.<br />
Guardando indietro, mi<br />
accorgo che ogni giorno<br />
qualcosa di nuovo è entrato<br />
nella mia vita, i primi<br />
giorni vissuti al Cerro<br />
mi hanno fatto conoscere<br />
la povertà sia materiale<br />
che spirituale della gente,<br />
e qui ho avuto modo<br />
di comprendere al meglio<br />
parte del carisma oblato,<br />
fino ad allora, a me sconosciuto<br />
e soprattutto<br />
il loro essere speranza<br />
per tante persone che<br />
non hanno nulla. La frase,<br />
pilota, “non cercare di capire ma<br />
ama” risuonava in tutti gli incontri che<br />
si facevano: in strada, nelle scuole e<br />
sentivo che alle persone bastava poco<br />
per renderli felici, anche solo un<br />
semplice sorriso. A Libertad Dio mi<br />
ha fatto sperimentare il senso della<br />
comunità: il vivere nell’essenziale, il<br />
condividere tutto, anche le cose negative<br />
e sperimentare che nell’unità<br />
e nel dialogo Lui non è mai lontano,<br />
ma e con te attraverso gli altri; una<br />
seconda traccia che questa settimana<br />
ha portato è stato il calore della<br />
gente e il loro accoglierti come uno<br />
di famiglia. Sento che nel mio essere<br />
cristiano mancava un’esperienza di<br />
Vangelo vissuto tra i meno fortunati<br />
e un’impronta questa esperienza<br />
la lascerà soprattutto nel cercare di<br />
vivere nel quotidiano l’amore che ho<br />
sperimentato in Uruguay. (Luigi Ferrara<br />
– S. Maria a Vico (Ce)<br />
(*) La prima cosa che mi ha colpito arrivando<br />
al Cerro è stata la concretezza<br />
del carisma oblato. E questo è stato<br />
particolarmente evidente nell’incarnazione<br />
del carisma da parte dei laici e<br />
dei giovani che abbiamo conosciuto.<br />
Sembrerà banale, ma ciò che mi ha<br />
colpito è stato notare che in ogni casa<br />
e in ogni cappella degli oblati, anche<br />
la più sperduta, è presente un’immagine<br />
di Sant’Eugenio. Queste cose mi<br />
hanno dato l’impressione di un carisma<br />
oblato davvero molto vivo e vi-<br />
MISSIONI <strong>OMI</strong><br />
27 n. 10/2008
tale, di una consapevolezza di essere<br />
Chiesa, ma con la nostra specificità. Mi<br />
piaceva particolarmente ciò che scriveva<br />
Fabiana Ferrari riguardo al loro<br />
essere laici oblati: “Un gruppo di laici,<br />
che vibrando con il carisma oblato e<br />
vivendo vicino a loro, sentono la necessità<br />
di donarlo agli altri vivendolo<br />
in prima persona. Perché sono sicura<br />
che Dio vuole che in quel luogo dove<br />
c’è una comunità oblata, anche lì<br />
devono esserci quei laici ‘innamorati”<br />
del carisma’”.<br />
Il secondo punto importante di questa<br />
esperienza è aver vissuto la comunità.<br />
Per me la comunità è stata la vera<br />
forza di questo viaggio missionario. Ne<br />
ho avuto la prova soprattutto nei giorni<br />
trascorsi insieme al Cerro, dove gli<br />
oblati ci hanno accolto allargando la<br />
loro comunità e rendendoci parte di<br />
essa. La terza cosa importante di questa<br />
esperienza è stato l’incontro con<br />
la povertà. Inutile dire che l’incontro<br />
con la realtà uruguaiana mi ha messo<br />
dentro un richiamo all’essenzialità e<br />
alla consapevolezza di ciò che ho. Di<br />
certo il momento di questo viaggio che<br />
non dimenticherò mai è il pomeriggio<br />
trascorso con i bambini a Tobogan.<br />
Appena arrivati, i bimbi si sono appesi<br />
alla ‘camioneta’ per salutare p. Stefano.<br />
Non c’è stato nessun problema<br />
e nessun timore davanti a quei volti<br />
sporchi, a quei vestiti strappati, se non<br />
la voglia di amarli in quell’istante. Ma<br />
mi risuona nella mente una domanda<br />
che un giorno mi ha fatto p. Mariusz:<br />
“ma davanti a tutto questo, noi cosa<br />
possiamo fare?” Impossibile rispondere<br />
a questa domanda, soprattutto dopo<br />
aver visto che gli oblati veramente<br />
fanno di tutto. Quello che ho capito è<br />
che l’unica risposta che si può dare<br />
è quella dell’amore. (Angelica Ciccone<br />
– Roma)<br />
(*) Con una sola parola posso dire che<br />
l’esperienza in Uruguay è stata per me<br />
una Grazia! Prima di partire avevo timore<br />
e il fatto di essere in un’estate<br />
di passaggio tra il liceo e l’università<br />
mi preoccupava un po’, però basta<br />
davvero fidarsi di Gesù ed è fatta! Sicuramente<br />
mi hanno aiutato i giorni<br />
MISSIONI <strong>OMI</strong><br />
n. 10/2008 28<br />
a Roma prima della partenza. L’accoglienza<br />
all’aeroporto di Montevideo è<br />
stata bellissima… Una cosa che mi ha<br />
reso estremamente felice è stata l’aria<br />
di famiglia oblata che accomuna tutti<br />
i posti e tutte le persone che hanno<br />
contatti con gli Omi. L’impatto con la<br />
povertà è stato molto forte… La prima<br />
mattina, mentre facevano il giro del<br />
Cerro, pensavo “non cercare di capire,<br />
ma ama”… E queste parole le ho scoperte<br />
concrete nel lavoro degli oblati,<br />
che riescono ad essere presenti sempre,<br />
però lavorando quasi dietro le quinte,<br />
in silenzio, dando fiducia, apprezzando<br />
e valorizzando l’altro. Uno dei momenti<br />
più forti l’ho vissuto a Tobogan,<br />
non tanto per come si vive, quanto per<br />
l’amore e l’affetto di ogni bambino. Il<br />
primo pomeriggio che sono andata<br />
ero un po’ spaesata, e p. Stefano mi<br />
ha completamente scioccata per come<br />
riesce ad amarli, in ogni piccolissimo<br />
gesto, e mi sono buttata anch’io. Del<br />
Centro Talitakum ce ne aveva parlato<br />
Anna Cerro del Comi, prima di partire<br />
e conoscere questa realtà in prima persona<br />
è stato interessante; sono molto<br />
entusiasta di questo progetto, anche<br />
perché mi ha confermato la scelta dei<br />
miei prossimi studi.<br />
I punti che sento forti sono stati la<br />
comunità e la comunione: aver fatto<br />
un’esperienza intensa di comunità<br />
oblata e aver costruito rapporti in<br />
Dio con gli oblati; la comunione tra di<br />
noi Mgc che siamo partiti e anche con<br />
tutto l’Mgc nazionale. Un altro punto<br />
importante è stato l’andare oltre me<br />
stessa, oltre le mie esigenze e oltre le<br />
mie paure, mi rendo conto che se non<br />
mi fossi fidata di Gesù tanti piccoli passi<br />
non li avrei fatti, sia a livello umano,<br />
sia a livello spirituale. È stata una vera<br />
e propria palestra di Amore, dove ho<br />
cercato di buttarmi e di amare senza<br />
riserve. (Irene Benedetto – Roggiano<br />
Gravina (Cs)<br />
(*) L’impatto con la realtà uruguayana<br />
mi ha richiamato all’essenzialità, al vivere<br />
nel poco senza che manchi nulla.<br />
Ho potuto così sperimentare la libertà<br />
di amare senza ‘distrazioni’, senza<br />
tutte le cose inutili che normalmente<br />
fanno parte della mia vita e che l’appesantiscono,<br />
distogliendomi da ciò<br />
che conta davvero, dai rapporti umani,<br />
dall’attenzione all’altro.<br />
Nei giorni al Cerro l’accoglienza da<br />
parte di tutti i padri, la loro continua<br />
attenzione prima di tutto alla persona,<br />
mi hanno fatta sentire amata e parte<br />
integrante della comunità. Ho assaporato<br />
in modo più pieno la bellezza della<br />
vita comunitaria, condividendo con<br />
gli oblati il loro ordinario reso straordinario<br />
dalla presenza di Gesù, continuamente<br />
generata dall’amore con cui<br />
si fa ogni cosa, ogni attività, ogni più<br />
semplice lavoro domestico.<br />
Le visite nelle altre comunità e il contatto<br />
con i gruppi delle diverse realtà,<br />
mi hanno dato un quadro più completo<br />
di come possa trovare concretezza<br />
il carisma oblato e di quanto forte sia<br />
il senso di appartenenza ad esso da<br />
parte dei laici che lo vivono in prima<br />
persona. Anche nella famiglia che mi<br />
ha ospitata, accogliendomi nella sua<br />
casa e nella sua quotidianità, ho sperimentato<br />
come la condivisione del<br />
carisma accomuni più della identità<br />
linguistica e culturale. Una delle cose<br />
più importanti è stato l’incontro con<br />
la povertà; pur sapendo che esiste,<br />
l’ho sempre sentita lontana e averla<br />
davanti mi ha fatto rendere conto di<br />
quanto poco si possa conoscerla se<br />
non la si vive. È stato difficile, guardando<br />
i bambini, non farsi domande,<br />
non pretendere di capire, superare il<br />
senso di inutilità. Su tutto è prevalso<br />
il desiderio di amare quel bambino in<br />
quel momento con un abbraccio, con<br />
un gioco o con una caramella portata<br />
per lui. L’esperienza uruguayana mi<br />
ha aperto il cuore ad una nuova realtà<br />
che ora, inevitabilmente, sento un po’<br />
anche mia. (Stefania Sarubbo – Praja<br />
a mare (CS)<br />
MONTEVIDEO, un momento comunitario
Testimoni in 1000 modi<br />
a cura della Comunità MGC<br />
di Messina<br />
Come fare a esserlo? Chiediamolo<br />
a p. Wilhelm Steckling,<br />
adattando a mo’ di intervista alcuni<br />
brani del suo messaggio al<br />
Festival del Carisma della Gioventù<br />
oblata in occasione della<br />
XXIII GMG. Quando un cristiano<br />
può dirsi “testimone”? Solo se vi<br />
è stata un’esperienza di Cristo nella<br />
sua vita, se parla di cose che gli<br />
sono effettivamente accadute, delle<br />
quali è convinto.<br />
Quando si fa una vera esperienza<br />
di Dio? Per alcune persone le cose<br />
succedono solamente, non riflettono<br />
su di esse e non imparano nulla da<br />
esse. Le esperienze devono essere<br />
esaminate, digerite ed esposte agli<br />
occhi di Dio. Ciò che può sembrare<br />
brutto può diventare un’utile esperienza,<br />
ed anche un’esperienza di Dio,<br />
se è mostrata a Lui.<br />
Come comunicare agli altri questa<br />
esperienza? Abbiamo bisogno<br />
di uno speciale dono dello Spirito<br />
Santo per diventare testimoni. Questo<br />
speciale dono è anche chiamato<br />
“carisma”. Per noi è il carisma oblato.<br />
Esso ha preso forma dopo l’esperienza<br />
di Dio di Sant’Eugenio quel<br />
venerdì santo.<br />
Da soli o in comunità? Restando<br />
da soli non dureremmo a lungo, ma<br />
lo Spirito crea sempre una comunità<br />
per sostenerci e sfidarci. Personalmente<br />
io, Wilhelm Steckling, difficilmente<br />
sarei diventato un missionario<br />
senza il sostegno e la sfida della<br />
comunità.<br />
Testimoni da vent’anni<br />
Nel Congresso di Lourdes del luglio<br />
1988 nasceva il Movimento Giovanile<br />
Costruire. In questi vent’anni abbiamo<br />
vissuto tante esperienze di incontri<br />
nazionali, che non sono mai state<br />
semplici celebrazioni ma veri eventi<br />
missionari. Ad esempio, nell’estate<br />
del 2005 abbiamo organizzato il<br />
“Campus”, per approfondire capacità<br />
utili all’evangelizzazione. In quell’occasione<br />
sono state pensate scuole di<br />
canto, musica, multimedia, missione,<br />
formazione, con l’intendimento di arricchire<br />
le zone mgc di giovani con<br />
maggiore esperienza in queste discipline.<br />
Nacque l’esigenza di trovare<br />
una modalità in cui applicare subito<br />
ciò che si andava approfondendo, entrando<br />
immediatamente in azione su<br />
di un territorio, in una zona concreta:<br />
una scuola più pratica, più “artigianale”,<br />
in cui le discipline approfondite<br />
trovassero applicazione e revisione.<br />
Nasceva l’idea di un Convegno mis-<br />
sionario, di un tempo di incontro (il<br />
Convegno) in cui l’approfondimento<br />
teorico trovasse applicazione concreta<br />
(il Convegno missionario). Nel ventennale<br />
del MGC, dal 12 al 17 agosto<br />
scorso abbiamo cercato di realizzare<br />
questa prospettiva attraverso l’esperienza<br />
missionaria vissuta sul lungomare<br />
di Divieto (Messina) intitolata:<br />
“La tenda siamo noi”.<br />
Una tenda, un luogo semplice, povero,<br />
ma segno della presenza di Dio tra la<br />
gente, costruito non con ricchezza di<br />
materiali ma dall’inventiva e dall’amore<br />
concreto di persone vive, bambini,<br />
giovani, adulti. Tutti insieme a contemplare,<br />
quasi sfogliando un album<br />
di foto, le grandi opere che Dio ha<br />
compiuto in alcuni giganti della fede:<br />
Padre Pio, Madre Teresa di Calcutta,<br />
Eugenio de Mazenod, Chiara Lubich,<br />
Bernadette Soubirous, Giovanni Paolo<br />
II. L’iniziativa ha avuto anche un<br />
obiettivo concreto: allestire una mostra<br />
missionaria il cui ricavato sarà<br />
destinato alla missione oblata della<br />
Guinea-Bissau.<br />
Giochi, canti, balli, indovinelli ma anche<br />
riflessione e preghiera sono stati<br />
punti importanti di questa animazione<br />
tra la gente, in un’atmosfera popolare<br />
che ci ha fatto gustare lo stile<br />
tipicamente oblato, di una chiesa<br />
profondamente vicina alla gente: una<br />
vera tenda missionaria!<br />
Ma ecco le nostre esperienze.<br />
(*) Sono partita per questa missione<br />
senza praticamente sapere quello<br />
che avrei dovuto fare e quello che mi<br />
avrebbe aspettata qui, quindi anche<br />
un po’ inconsapevole di ciò che voleva<br />
dire fare testimonianza. Già dalla<br />
prima sera invece ho sperimentato<br />
concretamente l’andare incontro all’altro,<br />
il rischiare tutto senza la paura<br />
di non esserne capace o di “perdere<br />
la faccia”. Mi sono messa in gioco<br />
completamente, anche nelle piccole<br />
cose che possono risultare stupide e<br />
inutili, come fare i gestini durante un<br />
canto, o leggere davanti a tutti, ma<br />
MISSIONI <strong>OMI</strong><br />
29 n. 10/2008
che per me hanno significato tanto. I<br />
temi affrontati e ripercorrere la storia<br />
del MGC mi hanno aiutata a sentirmi<br />
parte di un’unica grande comunità.<br />
Non sono solo io che vado incontro<br />
ai giovani, non siamo solo noi che siamo<br />
fisicamente qui a Messina, ma è<br />
tutto il movimento che con noi cerca<br />
di trasmettere la vita del nostro<br />
carisma. Per la prima volta credo di<br />
aver capito cosa significa fare la volontà<br />
di Dio, perdendo un po’ di me,<br />
non pensando a quello che voglio io,<br />
a quello che mi fa vergognare e mi<br />
blocca, riuscendo così, spero, ad essere<br />
testimone credibile dell’amore<br />
di Dio. (Elena – MGC Firenze)<br />
(*) Alla grande! Sta andando davvero<br />
alla grande!!!! Non soltanto per l’accoglienza<br />
amorevole che ci sta riservando<br />
la comunità Oblata di Gesso,<br />
non soltanto per la grande organizzazione,<br />
cooperazione e pazienza che<br />
stanno avendo i padri, ma soprattutto<br />
perché i componenti del MGC<br />
di questa missione, in soli 4 giorni,<br />
hanno saputo tessere una serie di<br />
relazioni tali da sembrare che stiano<br />
insieme da mesi. Questo è il punto<br />
focale per imprigionare nella rete<br />
dell’amore tanti altri ragazzi. (Silvestro<br />
– MGC Roma)<br />
(*) All’inizio di questa esperienza ho<br />
provato un po’ di difficoltà nel lasciare<br />
tutti i miei pensieri e i vari impegni<br />
e nel buttarmi fuori ad amare.<br />
Ho avvertito però una spinta forte<br />
sia per il clima che si è creato tra di<br />
noi, sia per aver riflettuto su alcuni<br />
punti del messaggio scritto dal generale:<br />
l’esortazione rivolta ai giovani<br />
MGC ad essere testimoni credibili del<br />
Vangelo, cosa per cui è fondamentale<br />
aver fatto un cammino, un’esperienza<br />
personale di Dio. (Elvira – MGC<br />
Messina)<br />
Un’estate in profondità<br />
Centro Agape, casa degli oblati di<br />
Messina. Dall’8 al 12 luglio otto ragazzi,<br />
dal 15 al 19 luglio nove ragazze,<br />
hanno vissuto cinque giorni “in profondità”.<br />
Mettiti in gioco e Un mondo<br />
di colori il titolo dei due incontri:<br />
due cammini distinti, nello sport e<br />
MISSIONI <strong>OMI</strong><br />
n. 10/2008 <strong>30</strong><br />
nel mondo dell’arte, per descrivere<br />
la vita con il suo impegno, disciplina,<br />
scelte. Ascoltiamo i ragazzi:<br />
W il gioco di squadra! Questo campo<br />
mi ha insegnato a stare bene con<br />
gli altri e a vivere meglio lo sport sia<br />
nella vittoria che nella sconfitta. Se si<br />
perde mettendocela tutta c’è già una<br />
vittoria. Dobbiamo dare il meglio di<br />
noi, giocare con tutti e non deridere<br />
l’insuccesso altrui. Il gioco di squadra<br />
è molto importante, da soli non<br />
si arriva da nessuna parte. Nella vita,<br />
ma anche quando si gioca, non<br />
dobbiamo imbrogliare sia per noi,<br />
perché la vittoria non la sentiremmo<br />
meritata e ci peserà qualcosa sulla<br />
coscienza, ma anche nei confronti<br />
degli altri, perché verranno penalizzati.<br />
(Daniele)<br />
Amarci per vincere. Il mio allenatore<br />
mi diceva sempre di migliorarmi,<br />
ero una frana nel tiro libero, mi<br />
diceva di allenarmi meglio, di non<br />
mancare agli allenamenti, di avere<br />
più visione di gioco. In questi cinque<br />
giorni, invece, Dio mi ha detto<br />
di contare sulla squadra, mi ha detto<br />
che dovevamo amarci per vincere,<br />
vincere nel Suo amore, di non temere<br />
l’ombra e di trovare la nostra<br />
luce in Lui. Ora che questi giorni di<br />
allenamento sono terminati inizierà<br />
il campionato, lì fuori, dove non<br />
tutti hanno la nostra stessa visione,<br />
ma io credo che possiamo vincere,<br />
contando sulla nostra squadra, sulla<br />
squadra in cui ci troveremo qualsiasi<br />
essa sia. (Federico)<br />
Dare sempre il massimo. Questo<br />
campo mi è piaciuto molto perché<br />
abbiamo giocato e ci siamo divertiti,<br />
siamo andati al mare, a giocare<br />
a calcio, a ventuno, e mi è piaciuto<br />
pure stare insieme agli altri, andare<br />
a Messa ogni giorno, pregare la<br />
mattina, la sera, prima e dopo i pasti.<br />
Il messaggio che mi porto dentro è<br />
che devo fare un buon gioco di squadra<br />
e devo dare sempre il massimo.<br />
(Francesco)<br />
Lasciare me stesso per accogliere<br />
l’altro. Questo campo estivo è stato<br />
un po’ più impegnativo rispetto<br />
agli altri, poiché quando si è in tan-<br />
ti c’è molta più scelta di compagnia<br />
e si passa molto meno tempo con la<br />
stessa persona. Se due anni fa, in cinquanta,<br />
non avevo ottimi rapporti con<br />
qualcuno, avevo larghe alternative e<br />
non saltavano fuori tanto facilmente<br />
i difetti. In questi cinque giorni non<br />
avevo molta scelta di compagnia e,<br />
stando sempre tutti insieme, saltavano<br />
fuori quei difettucci e quelle incomprensioni<br />
con cui bisogna quotidianamente<br />
convivere. Ho fatto, così,<br />
l’esperienza di lasciare me stesso un<br />
po’ da parte per accogliere l’altro più<br />
facilmente. (Giovanni V.)<br />
Ecco le ragazze:<br />
Condividere per crescere. Questa<br />
esperienza ci ha unite perché condividendo<br />
le proprie esperienze, sia<br />
positive che negative, ci si capisce<br />
meglio e si impara a fidarsi gli uni<br />
degli altri. Abbiamo avuto modo di<br />
crescere e di far diventare la fine di<br />
questo campo l’inizio di qualcosa di<br />
più grande. (Nina)<br />
Unite anche dopo. Quest’anno abbiamo<br />
avuto la fortuna di essere poche<br />
e di unirci tanto. Anche quando<br />
facevamo le pulizie è stato bellissimo<br />
perché ognuna aiutava l’altra senza<br />
dire di no. Abbiamo fatto progetti per<br />
restare unite anche dopo. Tutti i temi<br />
che abbiamo affrontato mi hanno<br />
fatto riflettere su cose a cui prima<br />
non facevo caso. La cosa bella è stata<br />
che abbiamo messo in pratica ciò che<br />
abbiamo ascoltato. (Santina)<br />
Un’amicizia più forte.<br />
È stato un bel campo perché siamo<br />
riuscite a rafforzare la nostra conoscenza<br />
facendola diventare qualcosa<br />
di importante. La sera raccontavamo<br />
le nostre esperienze. Inconsapevolmente<br />
le persone che appartengono<br />
a questo gruppo mi hanno donato<br />
qualcosa che ricorderò per sempre.<br />
(Sinuccia)<br />
All’inizio ero un po’ scettica. All’inizio<br />
ero un po’ scettica su questo<br />
campo di sole ragazze invece,<br />
fin dal primo giorno, abbiamo legato<br />
tantissimo. Tutti i momenti sono<br />
stati belli, in particolare le preghiere<br />
serali, in cui pregavamo insieme.<br />
(Maria Teresa)