autotrascendimento della natura umana che si determina come ragione e libertà. Nietzsche, però, ci fa ancora da guida quando osserva che l‟invidia è una passione che non si manifesta apertamente: “Invidia e gelosia sono le parti pudende dell‟anima umana” (Umano troppo umano, I, 503). Poiché non si dichiara, l‟invidia si maschera. Può mascherarsi da giudizio morale, che vede tracotanza e colpa in ogni successo, in ogni gioia. Può mascherarsi da severità critica, che si accanisce a scovare e ingigantire i difetti di chi, in realtà, non sopporta per le sue doti. L‟invidia può mascherarsi anche da senso della giustizia, rivendicando un‟uguaglianza livellatrice che non concede a nessuno di risaltare sugli altri. Naturalmente, sostenere che il giudizio morale, la severità critica, le richieste di uguaglianza e di giustizia sociale possono essere maschere o razionalizzazioni dell‟invidia non vuol dire che lo siano in ogni caso e che la moralità, il senso critico, il principio d‟uguaglianza non abbiano altri, più degni fondamenti. Se ci rivolgiamo ora alla nostra società possiamo riconoscervi parecchi fattori che sono incentivi all‟invidia. L‟uguaglianza è un presupposto giuridico costitutivo delle società contemporanee ed ha creato una mentalità per cui, in linea di principio, tutti hanno diritto alle stesse posizioni ed alle stesse cose: non ci sono beni o posizioni che è vietato desiderare, che siano sottratti alla competizione. Meno chiaro diventa che ci sono doti, dedizioni, sacrifici che fanno legittimamente le differenze; mentre influiscono più sulla mentalità corrente i casi – purtroppo reali e troppo frequenti – in cui le differenze sono determinate dal privilegio, dal capriccio, dalla spregiudicatezza, quando non dalla mancanza di scrupoli. Caratteristico della nostra società è poi il forte aumento di beni e status che si possono desiderare, ottenere ed esibire; la nostra società consumistica e competitiva crea le condizioni materiali per un aumento dell‟invidia. A questo fattore si lega la tendenza dell‟uomo contemporaneo a pensare la propria realizzazione in termini di affermazione individuale, e quindi in termini di competizione con gli altri. È possibile respingere l‟invidia, cercare di svincolarsi da questa passione senza gioia? Poiché – come abbiamo visto – essa si condensa nella sguardo, il superamento dell‟invidia passa per una “rettificazioni” dello sguardo. Se l‟invidia nasce da una sorta di sfiducia o senso di impotenza, rettificare lo sguardo verso se stessi vorrà dire trovare la fiducia di conseguire i beni di cui si ha bisogno, forse non quei beni che si invidiano, ma altri che possono dare sufficiente serenità e soddisfazione alla propria vita. Verso il bene degli altri si tratterà di andare oltre la logica del possesso e dell‟esclusione, imparando ad essere lieti perché il bene c‟è e costituisce una luce e una promessa per tutti. Si libera infine dell‟invidia chi non si colloca al centro del mondo e sa guardarlo o con la fiducia di potervi scorgere un nascosto disegno divino, o con gli occhi di Spinoza, che contemplò l‟ordine necessario e razionale del Tutto, amò quell‟ordine – che per lui era Dio –, vide in esso il Bene oggettivo, universale e 24
vide il proprio bene nel semplice fatto di contemplare l‟Universo, riconoscervi il proprio posto e amarlo. Gustave Dorè, Caino e Abele 25 Gianni Castagnello