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mette al ser<strong>vizi</strong>o del mercato, aggiogandolo al suo immaginario<br />
preconfezionato e virtuale, e del lavoro, sfruttandone le energie per una<br />
rincorsa senza fine della soddisfazione; il secondo perché è cieco, cioè<br />
incapace di conoscere la società del suo tempo e le potenzialità che essa offre,<br />
perché è animato da un sentimento prepotente di fuga dalla condizione<br />
vivacemente magmatica in cui è immerso il nostro tempo. Nel mezzo si<br />
stende il velo immenso dell‟ipocrisia, che relega le condotte sessuali<br />
eterogenee all‟orizzonte del notturno che emerge solo nell‟anonimato del dato<br />
statistico.<br />
Proviamo, allora, ad uscire dall‟incertezza. Se pratichiamo una “epoché etica”<br />
rispetto a qualsiasi orizzonte normativo di riferimento, il primo punto che<br />
risulta evidente è che la lussuria è legata al piacere. Ma in termini hegeliani,<br />
l‟elemento del piacere è troppo immediato per essere oggetto di pensiero e<br />
quindi, preso per sé, resta indeterminato. Lo dovremo ritrovare alla fine di un<br />
processo in cui emergerà pieno di pensiero come sintesi del processo stesso e<br />
finalmente ci si rivelerà nella sua pienezza. Infatti poiché la lussuria non è solo<br />
piacevolezza ma è anche un pensiero determinato sull‟esperienza del piacere,<br />
dobbiamo dire che l‟idea che ne abbiamo è storica e relativa a una certo<br />
orizzonte di senso, il nostro. È la nostra “gettatezza” – direbbe Heidegger –,<br />
in cui ci muoviamo come il pesce che non bada all‟acqua in cui nuota.<br />
Riconoscere l‟esistenza relativa dell‟orizzonte di senso in cui siamo collocati è<br />
il primo passo per uscire dall‟ingenuità gnoseologica e affrontare il problema<br />
conoscitivo della lussuria da un punto di vista più consapevole.<br />
Storicamente, nel nostro orizzonte, la lussuria sta dalla parte del male. Il male<br />
in occidente è incarnato dall‟icona di Satana spesso rappresentato nella forma<br />
di un essere dalla sessualità ambigua e incerta, lascivamente femminile ma<br />
anche bestiale e oscena. È associato alla malattia, alla sporcizia, alla carnalità<br />
derelitta. Ma dobbiamo stare attenti. L‟icona satanica viene da lontano e nel<br />
suo viaggio ha raccolto i relitti del naufragio degli dèi del paganesimo antico<br />
che, designificati e pervertiti, con il trionfo del cristianesimo si sono prestati a<br />
dare forma a tutti gli incubi della nuova morale e a tutte le devianze rispetto<br />
alla norma della nuova società faticosamente emersa dall‟alto medioevo<br />
barbarico. È un‟operazione che gli storici delle religioni conoscono bene: gli<br />
dèi sconfitti, tramontato l‟ordine sociale, morale e culturale a cui presiedevano,<br />
vengono assunti dall‟ideologia vincitrice come demoni, e con essi tutto ciò che<br />
rappresentavano viene volto al grottesco, al ridicolo, al patologico, all‟erroneo,<br />
al male. Va detto che nel disastro del crollo del mondo antico la Chiesa ha<br />
svolto una grandiosa opera civilizzatrice, inventando dalle macerie una società<br />
nuova e una cultura nuova. E lo ha fatto anche normando la sessualità. Ecco<br />
allora un punto nuovo: il sesso non è una cosa privata ma è di interesse<br />
sociale. Osserviamo, allora i luoghi e le figure sociali che la rappresentano.<br />
Sono i bassifondi, caratterizzati dal degrado e dalla devianza dalla norma e<br />
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