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Foto: AP/LaPresse<br />

COSE CHE SANNO TUTTI DA TEMPO<br />

Il punto non è Fiat a Detroit<br />

ma portare Volkswagen in Italia<br />

di Oscar Giannino<br />

La riesplosione del caso Fiat a me<br />

pare singolarmente patetica.<br />

Nell’ottobre 2011 e nella primavera<br />

2012, personalmente ho realizzato<br />

due puntate della Versione di<br />

Oscar su Radio24 chiedendo ai miei<br />

ospiti di indicare quali tra i cinque<br />

stab<strong>il</strong>imenti italiani Fiat a loro giudizio<br />

sarebbero stati dismessi, poiché<br />

le parole di Marchionne con grande<br />

chiarezza indicavano <strong>il</strong> calcolo esplicito<br />

che almeno uno se non due fossero<br />

ormai di troppo. Ma <strong>il</strong> copione<br />

NON SONO<br />

D’ACCORDO<br />

che si è continuato a recitare è stato un altro, lo stesso a<br />

cui abbiamo assistito nello scontro sulle relazioni industriali,<br />

con Cisl, U<strong>il</strong> e centrodestra vicini all’azienda, che<br />

aveva ottenuto al prezzo di durissime polemiche un’intesa<br />

di produttività sostitutiva del contratto nazionale. Anche<br />

a costo di uscire da Confindustria. Dall’altra parte, ad<br />

attaccare a testa bassa stavano coloro che nel no all’intesa<br />

avevano giocato tutto, cioè la Fiom<br />

e la sinistra antagonista.<br />

Ridurre <strong>il</strong> caso Fiat allo scontro<br />

sull’intesa aziendale si è rivelata però<br />

una colossale cortina fumogena.<br />

Che ha finito per avv<strong>il</strong>uppare politica<br />

e sindacati, rendendoli schiavi dei<br />

sì e dei no che su quell’intesa avevano<br />

pronunciato, e giocoforza meno attenti<br />

alla semplice e trasparente vicenda<br />

industriale. Non so se Marchionne<br />

abbia volutamente impostato la battaglia<br />

sulla produttività al fine di rendere<br />

meno perspicua la sempre maggior<br />

debolezza di Fiat in Italia. C’è chi pensa di sì, la mia esperienza<br />

mi fa propendere per <strong>il</strong> no. Per esempio l’uscita<br />

da Confindustria non è stata studiata a tavolino. Tecnicamente,<br />

era infondata. La Fiat ha sbattuto la porta di una<br />

Confindustria che ha fatto dei contratti nazionali derogati<br />

e dei contratti aziendali sostitutivi una duplice modalità<br />

di relazione industriale a fianco del contratto nazionale<br />

di categoria, in precedenza l’unico modello. E lo<br />

ha fatto prima e a prescindere dal caso Fiat. Firmando le<br />

intese senza Cg<strong>il</strong>, poi aspettando che anche la Cg<strong>il</strong>, l’anno<br />

successivo, maturasse <strong>il</strong> suo sì. È stato allora che Fiat è<br />

Un osservatore che conosca <strong>il</strong> mercato dell’auto<br />

avrebbe chiesto più di un anno fa a Marchionne:<br />

lei come fa a credere ancora di moltiplicare per<br />

quattro la produzione in Italia entro <strong>il</strong> 2014?<br />

L’OBIETTORE<br />

scattata: ma come, reimbarcate la Cg<strong>il</strong> mentre la Fiom a<br />

noi fa la guerra? Sabotaggio! La Marcegaglia è amica dei<br />

comunisti, str<strong>il</strong>larono <strong>il</strong> Pdl, Libero e <strong>il</strong> Giornale. Solenni<br />

fesserie, che spiegano poi perché <strong>il</strong> Pdl, che oggi rimprovera<br />

<strong>il</strong> governo, sia stato <strong>il</strong> primo a restare prigioniero della<br />

scelta iperideologica con cui ha sempre giocato questa<br />

partita. Qualunque osservatore che conosca l’andamento<br />

dell’auto nel mondo avrebbe chiesto più di un anno fa a<br />

Marchionne: lei come fa a credere ancora di moltiplicare<br />

come ha promesso per più di quattro volte la produzione<br />

di auto in Italia entro <strong>il</strong> 2014? A un giornalista, Marchionne<br />

rispose infatti che non ci credeva più. Tanto meno può<br />

crederci oggi, col mercato dell’auto europeo che nel 2012<br />

resterà di 2,5 m<strong>il</strong>ioni sotto quello del 2007, e con le vendite<br />

in Italia tornate ad agosto ai livelli di 40 anni fa.<br />

La vicenda mi sembra riproporre l’inadeguatezza<br />

complessiva delle nostre classi dirigenti. Imprenditoriali,<br />

sindacali e politiche. Imprenditoriali, perché su Fiat l’impresa<br />

italiana si è divisa un anno fa, e adesso Della Valle<br />

e Romiti (che addirittura sostiene la Fiom!) r<strong>il</strong>anciano la<br />

divisione. Chiunque attacchi la libertà dell’impresa di allocare<br />

la produzione dove convenga indebolisce la battaglia<br />

comune per un’Italia più produttiva. Sindacali, perché<br />

un conto era dividersi tra chi – con responsab<strong>il</strong>ità e<br />

coraggio – ha scelto la produttività confutando l’accusa<br />

Fiom di attentato ai diritti, e chi invece su questo ha fatto<br />

battaglia politica. Ma altro conto, a maggior ragione<br />

avendo votato sì, era <strong>il</strong> dovere di incalzare l’azienda sul<br />

fatto che i suoi sv<strong>il</strong>uppi americani e i dati del mercato<br />

euro-italiano rendevano Fabbrica Italia sempre più una<br />

chimera. Quanto alla politica, per un secolo ha sussidiato<br />

l’azienda torinese, per poi negli ultimi anni non porsi<br />

mai <strong>il</strong> problema di fondo: come attirare in Italia altri<br />

produttori a cominciare da Volkswagen? Invece continua<br />

a rivolgersi alla Fiat dicendo mafiosamente: l’Italia ti ha<br />

dato molto, ergo non sei libera di fare quel che vuoi. Fortuna<br />

che, con Marchionne, questo discorso non attacca.<br />

L’unico modo per rimanere tra i big<br />

Due volte Marchionne ha salvato Fiat dal fallimento in<br />

Italia. È meglio una Fiat per la prima volta saldamente<br />

in America, oltre che in Polonia e Bras<strong>il</strong>e e Serbia, perché<br />

solo così avrà chance di produrre anche in Russia, India<br />

e Cina, senza di che la sua partita è comunque al ribasso<br />

tra i big player. Ma porsi <strong>il</strong> problema di un automotive<br />

italiano di eccellenza, che senza Fiat vale ancora 42<br />

m<strong>il</strong>iardi, quello sì che è un problema politico. È aperto<br />

da anni, ma la politica di destra e dei tecnici ha finto di<br />

non vederlo. La soluzione non è mettere soldi pubblici,<br />

all’americana o alla francese o alla tedesca. Ma attirare direttamente<br />

i tedeschi a casa nostra. Scommetto che non<br />

avverrà. Già si pensa a nuovi incentivi, dimenticando che<br />

saranno i concorrenti di Fiat a beneficiarne. E poi mi chiedono<br />

perché ho lanciato <strong>il</strong> movimento Fermare<strong>il</strong>declino!<br />

| | 26 settembre 2012 | 13

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