29.05.2013 Views

adattarsi Moquette e carta da parati, pia - Segnalo.it

adattarsi Moquette e carta da parati, pia - Segnalo.it

adattarsi Moquette e carta da parati, pia - Segnalo.it

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

<strong>a<strong>da</strong>ttarsi</strong><br />

Sistemare una stanza<br />

Durata: interm<strong>it</strong>tente Materiale: alcune stanze Effetto: <strong>a<strong>da</strong>ttarsi</strong><br />

<strong>Moquette</strong> e <strong>carta</strong> <strong>da</strong> <strong>parati</strong>, <strong>pia</strong>strelle e intonaco, im<strong>pia</strong>nto elettrico, fasci di luce, porte, finestre,<br />

tende, cuscini, mobili, <strong>pia</strong>nte... Bisogna decidere il posto degli oggetti, il colore e lo stile. Ciò che è<br />

interessante è che non si sa come fare. Imparate ad ascoltare quello che dice la stanza. Ogni<br />

luogo vuole una certa forma e una certa sistemazione. Non si può averne una conoscenza<br />

globale né razionale. È come se in ogni posto lo spir<strong>it</strong>o del luogo parlasse una propria lingua, che<br />

voi dovete imparare utilizzando le vostre risorse. Bisogna quindi lasciarsi impregnare <strong>da</strong>lle<br />

caratteristiche del luogo: volume, luci, superfici, materiali, trama. E poi procedere a tentoni.<br />

Una buona sistemazione non nasce mai <strong>da</strong> una prima intuizione. Bisogna procedere per<br />

approssimazione, passo dopo passo, per tentativi ed errori. Saper tacere e dimenticare,<br />

riscoprire, agire al di là delle parole e delle rappresentazioni. Non completamente in modo teorico<br />

e astratto. Posate un colore e gli altri tutt'intorno si trasformano. Mettete un mobile e i volumi<br />

cambiano, talvolta anche i colori e le luci. Ogni cosa è sempre in stretto rapporto con il resto. Per<br />

questo non dovete lasciarvi ingannare, quando non conoscete esattamente l'<strong>it</strong>inerario <strong>da</strong> seguire.<br />

L'esperienza obbedisce a regole ogni volta diverse. Voi dovete lasciar fare e agire al tempo<br />

stesso. Siete voi al centro delle manovre, ma avrete successo se non im¬porrete nulla. D'altro<br />

canto le conseguenze di questa relativa passiv<strong>it</strong>à saranno in ragione di quello che siete. Ciò che il<br />

luogo suggerisce, ciò che esige su misura non è evidentemente identico per tutte le persone: il<br />

luogo è la gui<strong>da</strong>, ma siete voi il conducente e non qualcun altro. Non state quindi soltanto<br />

arre<strong>da</strong>ndo una stanza, ma anche voi stessi.<br />

Questa esperienza vi insegna che siete parte integrante dell'ambiente che vi circon<strong>da</strong>. Non un<br />

attore, o un arch<strong>it</strong>etto, insomma una volontà esterna che decide solo delle apparenze. Siete un<br />

elemento della stanza ed essa diventa uno degli elementi del vostro essere. Se qualcuno vi dice<br />

«come è bella la tua casa», potrete percepirla come una banal<strong>it</strong>à oppure pensare che la ver<strong>it</strong>à<br />

alla lunga produce qualche effetto.<br />

in Roger - Pol Dro<strong>it</strong>, Piccola filosofia portatile. 101 esperimenti di pensiero quotidiano, Rizzoli<br />

<strong>a<strong>da</strong>ttarsi</strong><br />

Cedere nel giusto modo<br />

Il navigatore cede alla barca in movimento; la barca cede al mare in movimento; il mare cede al<br />

Tutto in movimento.<br />

Poiché il minimo è influenzato <strong>da</strong>l massimo, e il massimo è influenzato <strong>da</strong>l minimo, sii il massimo e il<br />

minimo.<br />

Quando cedi, cedi sia come massimo che come minimo. Allora si verificherà un cedere nel giusto<br />

modo.<br />

Ray Grigg, Il Tao della barca, Corbaccio, 1994, p. 131<br />

in Ray Grigg, Il Tao della barca, Corbaccio, p. 131


<strong>a<strong>da</strong>ttarsi</strong><br />

Cedi e rimarrai intatto<br />

Le barche che non cedono finiscono per essere distrutte <strong>da</strong>lle onde; le persone che non cedono<br />

finiscono per essere distrutte <strong>da</strong>lle circostanze.<br />

Perciò, muov<strong>it</strong>i come si muove una barca. Procedi tranquillo. Rimani in equilibrio. Rispetta la natura<br />

delle cose. Accor<strong>da</strong>ti al r<strong>it</strong>mo del mare. Non essere né energico né ambiguo.<br />

Con i gentili... sii Gentile. Piegati ai potenti... cedi ai prepotenti. Cedi e rimarrai intatto. Rimani intatto<br />

e sarai completo.<br />

La completezza sa che interiore ed esteriore sono tutt'uno, che io e non-io emergono l'uno<br />

<strong>da</strong>ll'altro e sono la stessa cosa. Ecco perché quando si cede nulla va perduto e perché quando<br />

non si cede non si gua<strong>da</strong>gna niente.<br />

Ecco perché il saggio può cedere senza cedere.<br />

in Ray Grigg, Il Tao della barca, Corbaccio, p. 137<br />

<strong>a<strong>da</strong>ttarsi</strong><br />

Seduto, semplicemente<br />

Senza alcun controllo... le onde s'infrangono sulle rive... i venti spirano... le nuvole si muovono.<br />

Nessun problema. Nessuna preoccupazione. Addir<strong>it</strong>tura nessuno sforzo.<br />

Seduto, semplicemente... tenendo soltanto il timone... i venti gonfiano le vele e la barca muove se<br />

stessa.<br />

in Ray Grigg, Il Tao della barca, Corbaccio, 1994, p. 163<br />

amicizia<br />

Quello che ci <strong>pia</strong>ce negli amici è la considerazione che hanno di noi.<br />

in Tristan Berbard<br />

AMICIZIA EROTISMO MASCHIO FEMMINA<br />

L'amicizia fra un uomo e una donna è sempre un poco erotica, anche se inconsciamente.<br />

in Borges Jorge Luis<br />

ammalarsi<br />

Con quella che sul mio polmone fu detta ombra, un'ombra era di nuovo calata sulla mia esistenza<br />

in BERNHARD THOMAS


AMORE CONIUGALE<br />

Nel letto accompagnando la sua Donna<br />

Vieni o Signora mia, che le mie forze<br />

per te operose si faranno, e intente<br />

nel lavoro saranno, a tanto impegno.<br />

Il nemico, quando un nemico avvista<br />

si sfianca in ozio, pur senza lottare.<br />

Via quella tua cintura scintillante,<br />

stellato ciel, su cielo ancor più vago,<br />

via quel velo <strong>da</strong>i seni, che ti cela<br />

a difesa di sguardi intenti e sciocchi.<br />

E armoniosa, deponi ogni legame,<br />

che è giunto il tempo di letto d'amore.<br />

Via quel divino busto, invidia mia,<br />

perchè per sempre può averti vicino.<br />

Ca<strong>da</strong> la veste e il dolcissimo corpo<br />

mi si riveli, come quando l'ombra<br />

<strong>da</strong>l colle scema e mostra i prati in fiore.<br />

Via quei fermagli <strong>da</strong>i capelli, sciogli<br />

il diadema di chiome sul tuo capo.<br />

Via quei calzari e penetra nel sacro<br />

mio letto, soffice tempio d'amore.<br />

In bianche vesti gli Angeli celesti<br />

erano attesi <strong>da</strong>gli uomini, ed Angelo<br />

anche tu sei, che mi riveli un cielo<br />

qual'è di Maometto il paradiso.<br />

E sebbene gli spettri ci confon<strong>da</strong>no<br />

biancovest<strong>it</strong>i, pure agevolmente<br />

<strong>da</strong> questi Angeli noi li distinguiamo:<br />

perche quelli ci rizzano i capelli<br />

e questi invece, divini, la carne.<br />

Consenti alle mie mani accarezzare<br />

e dietro e avanti, e in mezzo, e il sopra e il sotto.<br />

Oh tu America mia, mia Nuova Terra,<br />

mio regno tanto più difeso, quanto<br />

più <strong>da</strong> me solo, uomo a presidiare.<br />

O mia miniera di gemme, mio Impero<br />

ed io beato qui, a discoprirti!<br />

Essere liberi è legarsi in vincolo<br />

e in tal sigillo porrò la mia mano.<br />

O nud<strong>it</strong>à completa, di ogni gioia<br />

umana sei tu causa prima e vera.<br />

E come l'anima incorporea va,<br />

così il tuo corpo senza veli avrà<br />

eterna perfezione. E quei diademi<br />

con cui vaghe voi donne v'adornate<br />

aurei pomi son come d'Atalanta<br />

gettati per inganno avanti a un uomo<br />

folle, attirato più <strong>da</strong> fredde gemme<br />

che <strong>da</strong> colei che ardente li esibisce.<br />

Come p<strong>it</strong>tura, o come legatura<br />

di libro è l'indumento di una donna:<br />

lei dentro, sola, è mistica scr<strong>it</strong>tura


che a noi degnati <strong>da</strong> divina grazia<br />

sua rivelata, ammirare possiamo.


E dunque a me, affinchè possa vedere,<br />

te stessa mostra come a levatrice,<br />

lentamente spogliandoti di tutti<br />

quei bianchi lini, perchè all'innocenza<br />

mai più s'imponga alcuna pen<strong>it</strong>enza.<br />

Io nudo, amore a te insegno e perchè<br />

allora stai, più vest<strong>it</strong>a di me?<br />

in John Donne<br />

amore relazione<br />

Platone: «Gli amanti che passano la v<strong>it</strong>a insieme non sanno dire che cosa vogliono l’uno <strong>da</strong>ll’altro.<br />

Non si può certo credere che solo per il commercio dei <strong>pia</strong>ceri carnali essi provano una passione<br />

così ardente a essere insieme. E’ allora evidente che l’anima di ciascuno vuole altra cosa che non<br />

è capace di dire, e perciò la esprime con vari presagi, come divinando <strong>da</strong> un fondo enigmatico e<br />

buio»<br />

in Platone<br />

amore relazione<br />

«E un’altra volta, ancora in quel viaggio, durante la traversata di quello stesso oceano, anche<br />

quella volta era già notte, nel salone del ponte principale, l’esplosione di un valzer di Chopin che<br />

lei conosceva in modo segreto e intimo, perché per mesi aveva tentato di impararlo e non era mai<br />

riusc<strong>it</strong>a a suonarlo bene, mai, tanto che poi sua madre le aveva permesso di non studiare più il<br />

<strong>pia</strong>noforte. Quella notte, perduta tra tante e tante notti, la ragazza, di questo era certa, l’aveva<br />

trascorsa su quella nave e c’era quando ciò era successo, quando era esplosa la musica di<br />

Chopin sotto il cielo luminescente. Non c’era un al<strong>it</strong>o di vento e la musica si era propagata per<br />

tutto il piroscafo buio, come un’ingiunzione del cielo, come un ordine divino <strong>da</strong>ll’ignoto significato.<br />

E la ragazza si era alzata come per an<strong>da</strong>re a uccidersi a sua volta, a buttarsi a sua volta in mare<br />

e poi aveva <strong>pia</strong>nto, perché aveva pensato all’uomo di Cholen e tutto a un tratto non era più sicura<br />

di non averlo amato, solo che quell’amore non l’aveva visto perché si era perso nella storia come<br />

acqua nella sabbia e lei lo r<strong>it</strong>rovava soltanto ora, nell’istante della musica sul mare».<br />

(MARGUERITE DURAS, L’amante)<br />

in MARGUERITE DURAS<br />

ANIMALI<br />

Gli animali sono amici così simpatici: non fanno domande, non muovono cr<strong>it</strong>iche.<br />

in ELIOT GEORGE


ANIMALI CAPRE<br />

Due capre<br />

Capra <strong>da</strong>l muso affilato<br />

e occhi d'ambra;<br />

capra che cambia in poche ore<br />

la fisionomia di un caprifoglio,<br />

in mattinata turgido di gemme<br />

e adesso spoglio. Capra che fai<br />

la guardia a una casa<br />

che non è mai stata ab<strong>it</strong>ata:<br />

tu sei sorella inconsapevole<br />

di un totem - un'altra capra<br />

che veglia casa mia, però impagliata.<br />

Il naturale vigila sul vuoto,<br />

sol<strong>it</strong>ario; mentre l'uomo sgrana<br />

con l'artificio il suo rosario.<br />

in Marcoaldi Franco, Animali in versi, Einaudi, 2006, p.8<br />

ARTE MUSICA<br />

Non abbiamo altro scopo, per quanto mi riguar<strong>da</strong>, che riflettere il nostro tempo, le s<strong>it</strong>uazioni<br />

intorno a noi e le cose che sap<strong>pia</strong>mo dire con la nostra arte, le cose che milioni di persone non<br />

sanno dire. Penso che questa sia la funzione dell'artista e, naturalmente, chi di noi è così<br />

fortunato, lascia un'ered<strong>it</strong>à che sopravvivrà quando non ci saremo più"<br />

in Nina Simone<br />

ascoltare<br />

Tom Wa<strong>it</strong>s è uno che canta e nella sua voce ci sono le voci di tutti i barboni ubriaconi del mondo.<br />

Non è una voce, è una discarica pubblica, è una sigaretta lunga anni, è milioni di birre e chilometri,<br />

e centinaia di amori e motel.<br />

E' una voce delle più emozionanti che vi può cap<strong>it</strong>are di ascoltare<br />

in BARICCO ALESSANDRO<br />

ascoltare<br />

Ci racconta qualcosa di Duke Ellington ?<br />

"Duke era unico perché riusciva a <strong>da</strong>rti un'idea visiva della musica che bisognava seguire per<br />

meglio entrare nella composizione.<br />

Il suo spart<strong>it</strong>o non conteneva soltanto note, ma anche una storia <strong>da</strong> raccontare, con cui<br />

immedesimarsi. Se per esempio bisognava eseguire un brano come African Flower, Ellington ti<br />

diceva che suonando dovevi immaginare il più bel fiore della foresta, un fiore vergine che non<br />

aveva toccato mai nessuno"<br />

in Ellington Duke<br />

ascoltare<br />

Senza musica la v<strong>it</strong>a sarebbe un errore<br />

in Friedrich Nietzsche<br />

ascoltare STRANGE FRUITS<br />

"Gli alberi del sud partoriscono strani frutti, sangue sulle foglie e sangue nelle radici"<br />

in Billie Holi<strong>da</strong>y


BELLEZZA<br />

La bellezza non è una qual<strong>it</strong>à delle cose stesse: essa esiste soltanto nella mente che le<br />

contempla ed ogni mente percepisce una diversa bellezza.<br />

in David Hume<br />

BIOGRAFIA MORTE<br />

L’autrice racconta, o meglio fa raccontare in prima persona, ad Adriano la propria v<strong>it</strong>a e ne<br />

raccoglie le impressioni, quando l’imperatore e’ ormai prossimo alla morte e scrive al figlio adottivo<br />

Marco Aurelio.<br />

L’imperatore esprime i suoi pensieri piu’ intimi, le sue c<strong>it</strong>azioni sui r<strong>it</strong>i religiosi (rimase<br />

particolarmente colp<strong>it</strong>o e influenzato <strong>da</strong>l culto del dio M<strong>it</strong>ra), e rivive la sua giovinezza lontano <strong>da</strong><br />

Roma, al segu<strong>it</strong>o degli eserc<strong>it</strong>i Romani.<br />

Adriano sa di dover morire ed aspetta questo evento, pronto a riceverlo. La lettera che egli scrive<br />

al figlio adottivo e’ lo sfogo (comprensibile) di un uomo che non puo’ piu’ segurie gli affari<br />

dell’Impero, ormai svuotato di ogni energia, e traspare nell’imperatore , nell’uomo, la sofferenza di<br />

un malato che libera i ricordi.<br />

Adriano rivis<strong>it</strong>a i momenti importanti e significativi del suo lungo regno (21 anni), partendo <strong>da</strong>i<br />

rapporti e <strong>da</strong>lla confidenza che lo legava alla amica-madre Plotinia, proseguendo con il racconto<br />

delle sue campagne mil<strong>it</strong>ari, dei viaggi, dei luogi vis<strong>it</strong>ati e che lo colpirono particolarmente (Asia<br />

minore, B<strong>it</strong>inia, la c<strong>it</strong>ta’ di Nicomedia, ect.).<br />

Esprime pensieri e giudizi sulla sua famiglia, sui libri, sullo “sport” allora piu’ in voga: la caccia. Ci<br />

parla delle sue dissertazioni filosofiche, dei suoi amori, dei rapporti con l’imperatore (e padre<br />

adottivo) Traiano, del suo matrimonio non felice.<br />

La Yourcenar fa raccontare la suo protagonista la sua esperienza umana, ricchissima, di un<br />

uomo che facendo tesoro di ogni esperienza vissuta nei sui 21 anni di regno diventa uno statista,<br />

arricch<strong>it</strong>o <strong>da</strong>ll’emergere della ver<strong>it</strong>a’ interiore che l’imperatore aveva conquistato.<br />

La scr<strong>it</strong>trice in questo romanzo che puo’ sembrare solo epistolare, ri<strong>da</strong>’ v<strong>it</strong>a a poco a poco alla<br />

personal<strong>it</strong>a’ di Adriano, alla sua grandezza, all’ambiente nel quale visse piu’ di 2000 anni fa’.<br />

L’imperatore negli ultimi giorni di v<strong>it</strong>a esamina le debolezze del suo spir<strong>it</strong>o, fa considerazioni sulla<br />

sua esistenza, ed esprime sentimenti di grat<strong>it</strong>udine per le poche persone che gli sono sempre<br />

state vicine e che non l’abbandonano nemmeno negli ultimi dolorosi e disperati momenti della sua<br />

v<strong>it</strong>a.<br />

Chiudo questa recensione ricor<strong>da</strong>rdo i versi composti <strong>da</strong>ll’imperatore Adriano poco prima di<br />

morire:<br />

“Piccola anima smarr<strong>it</strong>a e soave, compagna e osp<strong>it</strong>e del corpo, ora ti appresti a scendere in<br />

luoghi incolori, ardui e spogli, ove non avrai piu’ gli svaghi consueti.<br />

Un istante ancora, guardiamo insieme le rive familiari, le cose che ceramente non vedremo mai<br />

piu’… cerchiamo di entrare nella morte ad occhi aperti…”<br />

(Marguer<strong>it</strong>e Yourcenar - Memorie di Adriano - Ed. Einaudi)<br />

in YOURCENAR, Memorie di Adriano


iografia pol<strong>it</strong>ica storia<br />

Agli uomini senza ambizioni pol<strong>it</strong>iche,<br />

senza particolari doti d’ingegno, senza relazioni influenti,<br />

cioè senza possibil<strong>it</strong>à di scambio o di scampo,<br />

che caddero oscuramente,<br />

mossi <strong>da</strong> elementari bisogni e <strong>da</strong> elementari ideali.<br />

A questi uomini che in morte come in v<strong>it</strong>a<br />

non ebbero mai né chiesero quartiere,<br />

e di cui la storia, che pure di essi soprattutto<br />

si nutre, disperde prudentemente le tracce.<br />

in Luca Canali, in Resistenza impura, Mon<strong>da</strong>dori<br />

BLOG<br />

Quindi, scrivo un diario on-line e in qualche modo mi racconto a persone che non mi conoscono.<br />

Lo facevo anche prima, ma scrivevo in quaderni che ora ho abbandonato anche perché è più<br />

facile scrivere direttamente sulla tastiera del pc. No che non ti posso spiegar tutta la tecnologia,<br />

ma conto sulla tua intelligenza e la tua capac<strong>it</strong>à di comprendere, di là <strong>da</strong>lle mie righe.<br />

Insomma nonno, scrivo io, scrive un altro e un altro ancora e ci conosciamo per caso on-line.<br />

In queste s<strong>it</strong>uazioni ognuno fa come si sente, personalmente scrivo alle persone che mi<br />

sembrano simpatiche e che non si dimostrano troppo diffidenti. Sono due presupposti importanti<br />

per un’amicizia. No che non la capisco la diffidenza in rete, sto attenta anch’io, ma non troppo,<br />

come in tutte le cose che voglio sperimentare nella v<strong>it</strong>a.<br />

in clear<br />

BLOG<br />

sono attirato come un'ape laboriosa ai blog o post che hanno più il tono del "diario pubblico".<br />

inoltre sono interessato a questo "ragionare sullo strumento" (il blog ) mentre lo si usa.<br />

non sono in grado ancora (bisognerebbe farlo in modo più sistematico) di intravvedere i tipi di<br />

blog che le persone fanno.<br />

però qualche idea me la sono fatta.<br />

c'è il blog-diario. è quello più caldo<br />

c'è il blog -invettiva. conviene starci alla larga<br />

c'è il blog-informazione. talvolta più interessante di una enciclopedia<br />

c'è il blog-gioco. talvolta con regole così complicate che ci vorrebbero ore per giocarci<br />

... il blog-poesia ...il blog-musica<br />

e naturalmente altri ancora. e intrecci fra i vari tipi<br />

una cosa è certa: i blog sono una espansione della nostra soggettiv<strong>it</strong>à.<br />

sono dei modi per coltivare se stessi.<br />

per certi versi sono drammatici: parlano della nostra sol<strong>it</strong>udine. esseri soli, in epoca di decadenza<br />

delle grandi aggregazioni sociali, che hanno voglia di esprimere se stessi attraverso delle ident<strong>it</strong>à<br />

protettive. delle maschere comunicanti.<br />

<strong>da</strong>ll'altra parte espandono la comunicazione. si fanno incontri insperati. si allarga il giro delle<br />

conoscenze. la reciproca conoscenza non è più coloro che ci sono vicini. ma è l'intera <strong>it</strong>alia.<br />

in


BLOG<br />

Recentemente l'amico musicista Enzo Nini, mi raccontava un processo creativo che ha condiviso<br />

con altri musicisti.<br />

A me è venuto in mente che il web e, precisamente, il blog, permette una comunicazione a 260° (<br />

mancano ancora i profumi e le texture).<br />

Certo una e-mail o un post, non hanno la magia di una lettera scr<strong>it</strong>ta a mano: non c'è l'inchiostro,<br />

la <strong>carta</strong>, la calligrafia, il profumo della mano che l'ha vergata, la sorpresa, i chilometri percorsi...<br />

ma compensano con la plural<strong>it</strong>à di opzioni.<br />

Per quel che mi riguar<strong>da</strong>, nettamente superiori a una telefonata in quant<strong>it</strong>à di sfumature<br />

trasmesse, anche se trovo irrinunciabile la voce, direi la musica in parole.<br />

in VALERIA


BLOG<br />

"Cosa si fa sui blog?” chiese Incredulo<br />

"Sui blog si fa conversazione!" rispose Sperimentatore<br />

Questo dialoghetto tra Amalteo e SurferRosa mi ha fatto ricor<strong>da</strong>re alcuni frammenti e c<strong>it</strong>azioni<br />

tratte <strong>da</strong>l libro di Dacia e Fosco Maraini, Il gioco dell’universo. Le lascio qui.<br />

“Fosco era uno sperimentatore nato. Il campo dei suoi esperimenti era il linguaggio. Quasi<br />

mettendo in pratica la famosa frase di Roland Barthes: “Ogni rifiuto del linguaggio è una morte”.<br />

Con la morte lui ci giocava a rim<strong>pia</strong>ttino: le parole gli rivelavano i nascondigli più sicuri, più<br />

impensabili per tenerla a ba<strong>da</strong>. Ma rivela anche altro questa passione, come dice T.S. Eliot nel<br />

saggio del Bosco Sacro dedicato a Philip Massinger, ovvero che una evoluzione v<strong>it</strong>ale del<br />

linguaggio è anche una evoluzione del sentimento. Quindi non gioco di superficie, fine a se<br />

stesso, ma scavo, attraverso la lingua scr<strong>it</strong>ta, nella terra dura del pensiero. […]<br />

… Il linguaggio comune, salvo rari casi, mira ai significati univoci, puntuali, a centratura precisa.<br />

Nel linguaggio metasemantico invece le parole non infilano le cose come frecce, ma le sfiorano<br />

come piume, o colpi di brezza, o raggi di sole, <strong>da</strong>ndo luogo a molteplici diffrazioni, a richiami<br />

armonici, a cromatismi polivalenti, a fenomeni di fecon<strong>da</strong>zione secon<strong>da</strong>ria, ed è facile vedere i<br />

“duomi del pensiero” che si muovono lenti spinti <strong>da</strong>i “moti più segreti”.<br />

Nel linguaggio comune dinanzi a cose, eventi, emozioni, pensieri nuovi, o r<strong>it</strong>enuti tali, si trovano<br />

suoni che <strong>da</strong>nno loro foneticamente corpo e v<strong>it</strong>a, che li ren<strong>da</strong>no moneta del discorso.<br />

Nel linguaggio metasemantico, o nella poesia, avviene proprio il contrario. Si propongono dei suoni<br />

e si attende che il proprio patrimonio d’esperienze interiori, magari il proprio subconscio, dia loro<br />

significati, valori emotivi, profond<strong>it</strong>à e bellezze. E’ dunque la parola come musica e come scintilla.<br />

… La parola è come una caramella, qualcosa <strong>da</strong> rigirare tra lingua e palato con voluttà, a lungo,<br />

estraendone fiumi di sapori e delizie.<br />

… Parole belle, parole brutte, parole misteriose, parole semplici, parole complesse, parole<br />

di<strong>da</strong>scaliche, parole poetiche, parole logiche, parole in libertà… . […]<br />

… Fosco confesserà inoltre che quasi ogni sua parola è frutto d’un lungo studio. Certe<br />

espressioni proprio non gli venivano per mesi, sapeva quello che cercava, ma il sassolino giusto<br />

la marea non glie lo gettava mai sulla s<strong>pia</strong>ggia. Poi un certo giorno, magari facendosi la barba,<br />

cambiando una gomma della macchina, studiando gli ideogrammi cinesi o seduto nella neve al<br />

sole, eccoti il sassolino cercato. Adesso gli resta solo <strong>da</strong> sperare di non aver scr<strong>it</strong>to in una lingua<br />

privata e segreta, come dire per lui solo; ciò che proprio gli dis<strong>pia</strong>cerebbe.<br />

… La tensione poetica accompagnerà Fosco per tutta la v<strong>it</strong>a. Ma non scriverà molti versi. La sua<br />

scr<strong>it</strong>tura tendeva allo scientifico e allo storico. Eppure la gioia della poesia si insinua spesso<br />

anche fra i suoi più cocciuti elenchi. La poesia come gioco verbale, la poesia come<br />

affrancamento di una fantasia troppo costretta e razionalizzante, la poesia come alta acrobazia<br />

verbale, la poesia come gioco che si gioca. Tale la troviamo in questa fànfola:<br />

Il giorno ad urlapicchio


Ci son dei giorni smègi e lombidiosi


col cielo <strong>da</strong>gro e un fònzero gongruto<br />

ci son meriggi gnàlidi e budriosi<br />

che plògi<strong>da</strong>n sul mondo infrangelluto,<br />

ma oggi è un giorno a zìmpagi e zirlecchi<br />

un giorno tutto gnacchi e timparlini,<br />

le nuvole buzzìllano, i bernecchi<br />

ludèrchiano coi fèrnagi tra i pini;<br />

è un giorno per le vànvere, un festicchio<br />

un giorno carmidioso e prodigiero,<br />

è il giorno a cantileni, ad urlapicchio<br />

in cui m’hai detto “t’amo per <strong>da</strong>vvero”.<br />

Ma cosa sono le fànfole? Fosco rispondeva con una c<strong>it</strong>azione <strong>da</strong> Palazzeschi.<br />

“cosa ci hanno con noi quelle due sbrèndole, quelle ciufféche, quelle cirimbràccole?” –<br />

Palazzeschi<br />

La fànfola è una forma dialettale, un ghirigoro linguistico, un grammelot finissimo ed esilarante<br />

che fa esplodere il linguaggio <strong>da</strong>ll’interno, mostrando le sue contraddizioni, le sue povertà e le sue<br />

ricchezze. Rivelando soprattutto quanto il suono spesso prevalga sul significato, il fonema sul<br />

semantema.<br />

… Ah, la magia delle parole! Che non smettono mai di sorprendere, di cicalare, di ridere, di<br />

manifestarsi e poi sparire nel nulla.<br />

… E alla fine di tutte le nostre “esplorazioni” arriveremo dove abbiamo cominciato e per la prima<br />

volta conosceremo il “posto”. (T.S. Eliot)<br />

Così Fosco accumulava parole con la pazienza di un grande camminatore della mente.”<br />

Allora:<br />

“Cosa si fa sui blog?” Chiese Incredulo<br />

“Sui blog si fanno blogaloghi!” rispose Amalteo-Sperimentatore… ossia varianti dei dialoghi faccia<br />

a faccia.


Non vi sembra una “fànfola”?


in MONICA


BLOG<br />

Sui Blog<br />

In quanto vivente nella modern<strong>it</strong>à vivo non solo il pol<strong>it</strong>eismo dei valori, ma anche quello dei ruoli e<br />

delle s<strong>it</strong>uazioni.<br />

Ma se dovessi ricor<strong>da</strong>re per il futuro la "cifra" di questi mesi dovrei riferirla alla mia avventura sui<br />

Blog. E alla mia vorace curios<strong>it</strong>à per questa forma di comunicazione biografica resa possibile<br />

<strong>da</strong>lle tecnologie del Web.<br />

Sull' argomento ho avuto una interessante discussione con Ruckert che vorrei fissare anche nel<br />

mio blocco degli appunti.<br />

Paolo a Ruckert Mi è <strong>pia</strong>ciuta la tua rievocazione biografica sul Blog del 14 aprile . Volevo dirti<br />

sub<strong>it</strong>o - in breve - perchè trovo di grandissimo interesse culturale i Blog. Perchè credo che<br />

attraverso questi scr<strong>it</strong>ti e nei commenti stia avvenendo una rivoluzione. Cioè la costruzione di una<br />

intelligenza associativa. Ossia l'elaborazione di nuovi modi di pensare il mondo attraverso piccoli<br />

francobolli che fanno vedere le associazioni fra gli eventi e la loro interpretazione. Qualcosa che<br />

ha un equivalente storico solo con la nasc<strong>it</strong>a della "opinione pubblica" che è avvenuta con<br />

l'illuminismo francese. Nei blog vedo cultura, interessi, passioni. Tutte spezzettate: ma questa è la<br />

modern<strong>it</strong>à. La modern<strong>it</strong>à è frammento. Solo ogni singolo individuo può tentare di "mettere<br />

assieme". Così i tuoi foglietti ne cassetti possono uscire. E magari incuriosire qualcuno .. che così<br />

incontra altri pensieri ... Una grandissima rivoluzione. Tanto più profon<strong>da</strong> perchè molecolare. Con<br />

i blog si vede vistosamante che non c'è la "massa" (il riferimento-base dei fascismi e dei<br />

comunismi) ma individui pensanti che associano le loro intelligenze e sentimenti.<br />

Ruckert: l'idea reticolare nella diffusione delle idee è interessante, bisognerà capire se e come<br />

prenderà piede, se non c’è il rischio che la rete possa imprigionare piuttosto che liberare, magari<br />

inserendoci in piccole comun<strong>it</strong>à autoreferenziali. Il rischio, inutile negarlo, esiste come la<br />

potenzial<strong>it</strong>à. Come spesso accade il problema è bilnaciare le due cose e fare in modo che <strong>da</strong><br />

questa babele di passione interessi ideali possa venir fuori una massa cr<strong>it</strong>ica (o magari diverse<br />

masse cr<strong>it</strong>iche) di maggiore respiro. Anche qua il tempo ci risponderà, per ora possiamo solo<br />

immaginare... Ciao :)<br />

Paolo: "se non c’è il rischio che la rete possa imprigionare piuttosto che liberare, magari<br />

inserendoci in piccole comun<strong>it</strong>à autoreferenziali" E' vero. Allora l'unico ragionamento possibile è:<br />

qual'è il minore dei mali? LE autoreferenzial<strong>it</strong>à? o il pensiero unico (insisto: quello delle culture<br />

total<strong>it</strong>arie)? Propendo per il primo corno del dilemma. Trovo più libertà di pensiero in piccoli gruppi<br />

che condividono più comuni sentire. Il vero problema lo vedo nella possibile superficial<strong>it</strong>à dei<br />

contatti. Relazioni sociali basate su "francobolli" tendono ad impoverire i significati di conoscenze<br />

più profonde e complessive.<br />

Ciao Amalteo<br />

Ruckert: vero, ma se ci fosse la terza via? L'ideale sarebbe combattere l'aureferenzial<strong>it</strong>à in modo<br />

tale <strong>da</strong> ampliare sempre di più le piccole comun<strong>it</strong>à che poi interagendo tra loro riescono a fare<br />

quella massa in grado di sviluppare la circolazione delle idee, che ne pensi?<br />

Paolo: Caro Ruck, questa volta temo che o non siamo in sintonia o non ci ca<strong>pia</strong>mo. E' la parola<br />

massa che mi incute timore, pensando al passato, soprattutto al secolo breve (1917-1945).<br />

Meglio infin<strong>it</strong>amente meglio individui che comunicano. Parlanti che crescono individualmente sulle<br />

normali sfide di una normale v<strong>it</strong>a: nasc<strong>it</strong>a, cresc<strong>it</strong>a, espansione della personal<strong>it</strong>à, fatica del lavoro,<br />

accettazione della morte. Nella massa c'è sempre bisogno di un capo. Come insegna anche la<br />

vicen<strong>da</strong> pol<strong>it</strong>ica <strong>it</strong>aliana: un popolo televisivo (non i parlanti dei blog) ha ancora acclamato un<br />

capo. Che non accetta le regole della democrazia. Ben sapendo che le televisioni sono sufficienti<br />

a creare qual "senso comune" che gli consentirà (probabilmente grazie a Bertinotti) di vincere per<br />

la terza volta. La televisone fà massa, i blog possono fare individui che trovano quei comuni<br />

sentire basati sul'intelligenza associativa. Ciao e grazie per gli stimoli a pensare<br />

Ruckert: Non credo che non siamo in sintonia forse bisogna solo capirsi. Proviamoci magari


partendo <strong>da</strong> un linguaggio comune perché bisogna intendersi sul senso delle parole. Al termine<br />

massa cr<strong>it</strong>ica non voglio <strong>da</strong>re quel significato. Preferisco immaginare che l'insieme, anzi meglio la


presenza sempre più numerosa di individui che comunicano e interagiscono tra loro crescendo<br />

individualmente, possano consentire un miglioramento qual<strong>it</strong>ativo della società nelle sue divers<strong>it</strong>à.<br />

Più la massa dei pensieri liberi aumenterà, più sarà possibile avere un miglioramento, a condizione<br />

però che tutti questi individui mantengano il più possibile un atteggiamento aperto verso l'esterno,<br />

in modo tale anche <strong>da</strong> far sviluppare in modo reticolare questo modello. E questa massa a<br />

differenza del passato potrebbe non avere necess<strong>it</strong>à di un capo gerarchicamente sovraordinato<br />

proprio per la presenza di un reticolo che si muove orizzontalmente. Che dici? Siamo <strong>da</strong>vvero<br />

così distanti? Ciao :)<br />

Paolo: caro Ruck. Era proprio un malinteso linguistico sulla parola "massa". Sono del tutto in<br />

accordo con il tuo ragionamento. Fra l'altro, nel tuo caso, non è solo un "ragionamento" ma una<br />

pratica attiva. La tua intelligenza e capac<strong>it</strong>à di pensiero la vedo sempre messa in atto nelle tue<br />

interazioni con amìci di vecchia <strong>da</strong>ta o occasionali. Ti sei costru<strong>it</strong>o con loro un cerchio-reticolo in<br />

cui amplificate le vostre esperienze ed i vissuti. Ecco la forza dei blog: una rivoluzione attraverso<br />

il parlarsi. Insomma una volta tanto la scienza e le tecniche possono essere utilizzate in modo<br />

attivo e partecipato. Dati i tempi che continuano ad essere piuttosto crudeli è <strong>da</strong>vvero molto. ciao,<br />

a presto<br />

MariaPrivi ad agosto sarà un anno che frequento il mondo bloggaro. Tempo di consuntivi? Ma no!<br />

Non ci credo.<br />

Solo un momento per conversare.<br />

Il blog è uno specchio abbastanza fedele dei tanti pubblici "reali". Un mezzo con buone peculiar<strong>it</strong>à<br />

ed inev<strong>it</strong>abili difetti.<br />

Permette rapi<strong>da</strong>, ed a volte mirata circolar<strong>it</strong>à delle idee, ma si rischia di ricevere informazioni<br />

errate.<br />

Eppure <strong>da</strong> Alex, con i blog, abbiamo ottenuto persino risultati concreti -vedi <strong>da</strong> me: Come muore la<br />

mia terra-.<br />

Io con il blog faccio di tutto: amicizia, lavoro, passatempo.<br />

Per alcune persone può diventare indispensabile (vecchi, persone sole, persone con bisogno ed<br />

impossibil<strong>it</strong>à di comunicare altrimenti), per altre una droga (autoreferenzial<strong>it</strong>à, sindrome del<br />

contatore, sost<strong>it</strong>uzione impropria del virtuale con il reale), c'è chi lo adopera per raccattare sesso<br />

e chi per susc<strong>it</strong>are compassione.<br />

Un buon mezzo, un cattivo mezzo, secondo l'uso -sia attivo, sia passivo- che se ne fa. Un mezzo<br />

sicuramente in linea con il carattere del nostro tempo.<br />

Paolo condivisione piena, cara mariaprivi. Ben r<strong>it</strong>rovata! Mi fa immenso <strong>pia</strong>cere che anche tu<br />

valuti pos<strong>it</strong>ivamenta la rivoluzione comunicativa dei Blog. Condivido tutto, ma proprio tutto, quello<br />

che dici: luogo innanz<strong>it</strong>utto di conversazione; specchio fedele (quasi un campione) della opinione<br />

pubblica; rapid<strong>it</strong>à nella circolazione delle informazioni; nuovi tipi di amicizia, non basata sulla<br />

vicinanza fisica, eppure forte ed affettuosa; spazio comunicativo per le persone sole anziane<br />

(direi anche: allenamento del cervello e quindi prevenzione della decadenza della memoria);<br />

compulsiv<strong>it</strong>à per alcuni (è vero: però meno <strong>da</strong>nnosa dei telefonini, perchè è mediata <strong>da</strong>lla lingua<br />

scr<strong>it</strong>ta, che è sempre un esercizio di ordine); certo anche luogo per promuovere incontri sessuali<br />

(che, però se consenzienti e sicuri, sono una gioia della v<strong>it</strong>a).<br />

Vero, verissimo: un mezzo, uno strumento. Non un fine. Uno strumento al servizio della<br />

personal<strong>it</strong>à.<br />

Dei blog amo moltissimo le coincidenze (incrociare persone particolari che magari mai avrei potuto<br />

conoscere) e le occasioni. Per esempio in queste ore sul blog di ruckert (post Gotan project) sta<br />

avviandosi la stesura di una discografia jazz interattiva che potrebbe concludersi con un testo<br />

quasi collettivo su questo genere musicale del novecento. ciao carissima. a pres


in AA VV


BUONI PROPOSITI<br />

Buoni propos<strong>it</strong>i<br />

* Leggere per vivere, non solo per divertirsi o imparare.<br />

* Compilare un catalogo delle banal<strong>it</strong>à che ottundono il suono della v<strong>it</strong>a; una volta fatto,<br />

escluderle completamente <strong>da</strong>i suoni ricevibili.<br />

* Amare la scr<strong>it</strong>tura in modo discreto ma sostanziale, come un asceta il deserto o come il<br />

monaco zen la disciplina del respiro.<br />

* Cercare la felic<strong>it</strong>à nell’ozio e nel silenzio.<br />

* Fare in modo che nessuno, in futuro, possa mai credere che ho vissuto<br />

in cleliamazzini.tumblr.com/post/27505687


caduc<strong>it</strong>à e etern<strong>it</strong>à<br />

Non molto tempo fa, in compagnia di un amico silenzioso e di un poeta già famoso nonostante la<br />

sua giovane età, feci una passeggiata in una contra<strong>da</strong> estiva in piena fior<strong>it</strong>ura. Il poeta ammirava<br />

la bellezza della natura intorno a noi ma non ne traeva gioia. Lo turbava il pensiero che tutta<br />

quella bellezza era destinata a perire, che col sopraggiungere dell'inverno sarebbe scomparsa:<br />

come del resto ogni bellezza umana, come tutto ciò che di bello e nobile gli uomini hanno creato o<br />

potranno creare. Tutto ciò che egli avrebbe altrimenti amato e ammirato gli sembrava svil<strong>it</strong>o <strong>da</strong>lla<br />

caduc<strong>it</strong>à cui era destinato.<br />

Da un simile precip<strong>it</strong>are nella trans<strong>it</strong>orietà di tutto ciò che è bello e perfetto sap<strong>pia</strong>mo che possono<br />

derivare due diversi moti dell'animo. L'uno porta al tedio universale del giovane poeta, l'altro alla<br />

rivolta contro il presunto <strong>da</strong>to di fatto.<br />

No! è impossibile che tutte queste meraviglie della natura e dell'arte, che le delizie della nostra<br />

sensibil<strong>it</strong>à e del mondo esterno debbano veramente finire nel nulla. Crederlo sarebbe troppo<br />

insensato e troppo nefando. In un modo o nell'altro devono riuscire a perdurare, sottraendosi a<br />

ogni forza distruttiva.<br />

Ma questa esigenza di etern<strong>it</strong>à è troppo chiaramente un risultato del nostro desiderio per poter<br />

pretendere a un valore di realtà: ciò che è doloroso può pur essere vero. Io non sapevo<br />

decidermi a contestare la caduc<strong>it</strong>à del tutto e nemmeno a strappare un'eccezione per ciò che è<br />

bello e perfetto. Contestai però al poeta pessimista che la caduc<strong>it</strong>à del bello implichi un suo<br />

svilimento.<br />

Al contrario, ne aumenta il valore! Il valore della caduc<strong>it</strong>à è un valore di rar<strong>it</strong>à nel tempo. La<br />

lim<strong>it</strong>azione della possibil<strong>it</strong>à di godimento aumenta il suo pregio. Era incomprensibile, dissi, che il<br />

pensiero della caduc<strong>it</strong>à del bello dovesse turbare la nostra gioia al riguardo. Quanto alla bellezza<br />

della natura, essa r<strong>it</strong>orna, dopo la distruzione dell'inverno, nell'anno nuovo, e questo r<strong>it</strong>orno, in<br />

rapporto alla durata della nostra v<strong>it</strong>a, lo si può dire un r<strong>it</strong>orno eterno. Nel corso della nostra<br />

esistenza vediamo svanire per sempre la bellezza del corpo e del volto umano, ma questa breve<br />

durata aggiunge a tali attrattive un nuovo incanto. Se un fiore fiorisce una sola notte, non per ciò<br />

la sua fior<strong>it</strong>ura ci appare meno splendi<strong>da</strong>. E così pure non riuscivo a vedere come la bellezza e la<br />

perfezione dell'opera d'arte o della creazione intellettuale dovessero essere svil<strong>it</strong>e <strong>da</strong>lla loro<br />

lim<strong>it</strong>azione temporale. Potrà venire un tempo in cui i quadri e le statue che oggi ammiriamo saranno<br />

caduti in pezzi, o una razza umana dopo di noi che non comprenderà più le opere dei nostri poeti<br />

e dei nostri pensatori, o addir<strong>it</strong>tura un'epoca geologica in cui ogni forma di v<strong>it</strong>a sulla terra sarà<br />

scomparsa: il valore di tutta questa bellezza e perfezione è determinato soltanto <strong>da</strong>l suo<br />

significato per la nostra sensibil<strong>it</strong>à viva, non ha bisogno di sopravviverle e per questo è<br />

indipendente <strong>da</strong>lla durata temporale assoluta.<br />

Mi pareva che queste considerazioni fossero incontestabili, ma mi accorsi che non avevo fatto<br />

alcuna impressione né sul poeta né sull'amico. Questo insuccesso mi portò a r<strong>it</strong>enere che un<br />

forte fattore affettivo intervenisse a turbare il loro giudizio; e più tardi credetti di aver individuato<br />

questo fattore. Doveva essere stata la ribellione psichica contro il lutto a svilire ai loro occhi il<br />

godimento del bello. L'idea che tutta quella bellezza fosse effimera faceva presentire a queste<br />

due anime sensibili il lutto per la sua fine; e, poiché l'animo umano rifugge istintivamente <strong>da</strong> tutto<br />

ciò che è doloroso, essi avvertivano nel loro godimento del bello l'interferenza perturbatrice del<br />

pensiero della caduc<strong>it</strong>à.<br />

Il lutto per la perd<strong>it</strong>a di qualcosa che abbiamo amato o ammirato sembra talmente naturale che il<br />

profano non es<strong>it</strong>a a dichiararlo ovvio. Per lo psicologo invece il lutto è un grande enigma, uno di<br />

quei fenomeni che non si possono spiegare ma ai quali si riconducono altre cose oscure. Noi<br />

reputiamo di possedere una certa quant<strong>it</strong>à di capac<strong>it</strong>à di amare che chiamiamo libido la quale agli<br />

inizi del nostro sviluppo è rivolta al nostro stesso Io. In segu<strong>it</strong>o, ma in realtà molto presto, la libido<br />

si distoglie <strong>da</strong>ll'Io per dirigersi sugli oggetti, che noi in tal modo accogliamo per così dire nel nostro<br />

Io. Se gli oggetti sono distrutti o vanno perduti per noi, la nostra capac<strong>it</strong>à di amare (la libido) torna<br />

ad essere libera. Può prendersi altri oggetti come sost<strong>it</strong>uti o tornare provvisoriamente all'Io. Ma<br />

perché questo distacco della libido <strong>da</strong>i suoi oggetti debba essere un processo così doloroso<br />

resta per noi un mistero sul quale per il momento non siamo in grado di formulare alcuna ipotesi.<br />

Noi vediamo unicamente che la libido si aggrappa ai suoi oggetti e non vuole rinunciare a quelli<br />

perduti, neppure quando il loro sost<strong>it</strong>uto è già pronto. Questo è dunque il lutto.<br />

La mia conversazione col poeta era avvenuta nell'estate prima della guerra. Un anno dopo la<br />

guerra scoppiò e depredò il mondo delle sue bellezze. E non distrusse soltanto la bellezza dei


luoghi in cui passò e le opere d'arte che incontrò sul suo cammino; infranse anche il nostro


orgoglio per le conquiste della nostra civiltà, il nostro rispetto per moltissimi pensatori ed artisti, le<br />

nostre speranze in un defin<strong>it</strong>ivo superamento delle differenze tra popoli e razze. Insozzò la<br />

sublime imparzial<strong>it</strong>à della nostra scienza, mise brutalmente a nudo la nostra v<strong>it</strong>a pulsionale,<br />

scatenò gli spir<strong>it</strong>i malvagi che albergano in noi e che credevamo di aver debellato per sempre,<br />

grazie all'educazione che i nostri spir<strong>it</strong>i più eletti ci hanno impart<strong>it</strong>o nel corso dei secoli. Rifece<br />

piccola la nostra patria e di nuovo lontano e remoto il resto della terra. Ci depredò di tante cose<br />

che avevamo amate e ci mostrò quanto siano effimere molte altre cose che consideravamo<br />

durevoli.<br />

Non c'è <strong>da</strong> stupire se la nostra libido, così impover<strong>it</strong>a di oggetti, ha invest<strong>it</strong>o con intens<strong>it</strong>à tanto<br />

maggiore ciò che ci è rimasto; se l'amor di patria, la tenera sollec<strong>it</strong>udine per il nostro prossimo e la<br />

fierezza per ciò che ci accomuna sono diventati d'improvviso più forti. Ma quali altri beni, ora<br />

perduti, hanno perso <strong>da</strong>vvero per noi il loro valore, perché si sono dimostrati così precari e<br />

incapaci di resistere? A molti di noi sembra così, ma anche qui, r<strong>it</strong>engo, a torto. Io credo che<br />

coloro che la pensano così e sembrano pre<strong>parati</strong> a una rinuncia defin<strong>it</strong>iva perché ciò che è<br />

prezioso si è dimostrato per<strong>it</strong>uro, si trovano soltanto in uno stato di lutto per ciò che hanno<br />

perduto. Noi sap<strong>pia</strong>mo che il lutto, per doloroso che sia, si estingue spontaneamente. Se ha<br />

rinunciato a tutto ciò che è perduto, ciò significa che esso stesso si è consunto e allora la nostra<br />

libido è di nuovo libera (nella misura in cui siamo ancora giovani e v<strong>it</strong>ali) di rim<strong>pia</strong>zzare gli oggetti<br />

perduti con nuovi oggetti, se possibile altrettanto o più preziosi ancora. C'è <strong>da</strong> sperare che le<br />

cose non va<strong>da</strong>no diversamente per le perd<strong>it</strong>e provocate <strong>da</strong> questa guerra. Una volta superato il<br />

lutto si scopr<strong>it</strong>à che la nostra alta considerazione dei beni della civiltà non hanno sofferto per<br />

l'esperienza della loro precarietà. Torneremo a ricostruire tutto ciò che la guerra ha distrutto,<br />

forse su un fon<strong>da</strong>mento più solido e duraturo di prima.<br />

1915<br />

(<strong>da</strong> SIGMUND FREUD, )<br />

in Sigmunf Freud,Opere. 1915-1917 Volume 8°, BORINGHIERI 1976<br />

cambiare<br />

Sai cos'è la cosa più stupen<strong>da</strong>?<br />

Che il cambiamento può essere così costante che non senti nemmeno la differenza fino a<br />

quando non cambia tutto.<br />

Può essere un processo così lento che non ti accorgi che la tua v<strong>it</strong>a è meglio o peggio finch'è non<br />

è diversa.<br />

Oppure il cambiamento può essere radicale e tutto è diverso in un attimo.<br />

in KEVIN KLINE, attore in


campo psicoterapeutico<br />

PROGETTO E DESTINO: il «diventa ciò che sei» pin<strong>da</strong>rico e la sua scomposizione nel campo<br />

psicoterapeutico<br />

Si tratta di «AIUTARE I SINGOLI A DIVENTARE QUELLO CHE SONO», facendo bene attenzione al<br />

cambiamento che subisce il ‘campo’ sul quale si eserc<strong>it</strong>a l’azione terapeutica, in quanto la formula<br />

<strong>da</strong> cui siamo part<strong>it</strong>i si moltiplica nelle altre formule: «DIVENTA CIÒ CHE NON SEI», «NON<br />

DIVENTARE CIÒ CHE SEI», «NON DIVENTARE CIÒ CHE NON SEI».<br />

In questo senso, occorrerà capire bene cosa implichi il motto DIVENTA CIÒ CHE SEI. Una persona<br />

deve essere aiutata a realizzare la propria natura, più che a passare a vivere quella che a noi<br />

sembra la forma di v<strong>it</strong>a migliore. Allora, tornare a vivere ‘libera-mente’ significa imparare a<br />

riconoscere e ad accettare come un <strong>da</strong>to il proprio Sé. A questo deve conformarsi la vera o<br />

pretesa libertà dell’Io. Ogni eventuale integrazione o «riparazione» del proprio nucleo originario<br />

non comporterà mai un mutamento sostanziale o un annullamento di quella parte di sé che «non<br />

<strong>pia</strong>ce». Su questa base teorica e metodologica l’asserto di partenza si potrà chiarire, allora, con<br />

le espressioni popolari «SII TE STESSO», «NON TRADIRE TE STESSO». La fuoriusc<strong>it</strong>a <strong>da</strong>lla<br />

tossicodipendenza coinciderà, per il resto della v<strong>it</strong>a della persona, con l’accettazione del proprio<br />

DESTINO.<br />

«DIVENTA CIÒ CHE NON SEI», ovvero la possibil<strong>it</strong>à del mutamento. L’esperienza ci ha insegnato<br />

che il PROGETTO supera il destino quando si avverte come possibile la trasformazione della<br />

propria v<strong>it</strong>a sotto la spinta di mete ideali, per quanto esse siano arginate <strong>da</strong>l principio di realtà.<br />

L’uto<strong>pia</strong>, l’esodo, la speranza non sono es<strong>it</strong>i negati <strong>da</strong>lla psicotera<strong>pia</strong>. Rispetto al «diventa ciò che<br />

sei», il «diventa ciò che non sei» non si pone come opposto che lo esclude ma come elemento<br />

complementare. Si tratta di far interagire ‘libera-mente’ i due momenti nella relazione terapeutica,<br />

orientando l’ascolto nella direzione sugger<strong>it</strong>a <strong>da</strong>lle modificazioni che intervengono nel ‘campo’ e<br />

<strong>da</strong>i ‘punti di resistenza’ che affiorano.<br />

«NON DIVENTARE CIÒ CHE SEI» o della liberazione lim<strong>it</strong>ata <strong>da</strong>i condizionamenti. Sia i<br />

condizionamenti naturali che i condizionamenti culturali cost<strong>it</strong>uiscono una determinazione che<br />

occulta una natura più originaria che non possiamo escludere di poter realizzare nel corso della<br />

nostra v<strong>it</strong>a. Non saremo noi a suggerire all’utente questa meta come senz’altro desiderabile, in<br />

quanto essa si mostrerà spontaneamente e in forme imprevedibili nello spazio terapeutico. La<br />

problematic<strong>it</strong>à di quest’ultimo decide sul corso che prenderanno le cose. L’altro si dislocherà<br />

‘libera-mente’ sotto la gui<strong>da</strong> accorta dell’operatore.<br />

«NON DIVENTARE CIÒ CHE NON SEI»: fedeltà al <strong>da</strong>to originario e perseverazione nella libertà<br />

fin<strong>it</strong>a. Solo apparentemente siamo r<strong>it</strong>ornati al prim<strong>it</strong>ivo «diventa ciò che sei». In realtà, il progetto<br />

(diventare) si adegua al destino (ciò che sei) con un movimento che potremmo dire centrifugo,<br />

mentre nella forma originaria il movimento è, per così dire, centripeto. Qui si ammette la possibil<strong>it</strong>à<br />

di diventare «altro», pertanto di assumere forme, norme, stereotipi e mo<strong>da</strong>l<strong>it</strong>à forn<strong>it</strong>i <strong>da</strong>i modelli<br />

storici diffusi in una determinata cultura, e questa possibil<strong>it</strong>à è assunta come rischio di fuga <strong>da</strong><br />

sé, come pericolo di infedeltà al <strong>da</strong>to originario. Tuttavia questa possibil<strong>it</strong>à, per quanto astratta,<br />

comporta quella libertà senza la quale ogni imperativo non avrebbe senso. Si tratta di una libertà<br />

fin<strong>it</strong>a, una libertà che si eserc<strong>it</strong>a all’interno di condizioni sia pure non del tutto necess<strong>it</strong>anti. La<br />

possibil<strong>it</strong>à di essere se stessi assume valore proprio perché viene preservata questa libertà<br />

fin<strong>it</strong>a. L’altro oscillerà ‘libera-mente’ dentro la personale dialettica libertà-necess<strong>it</strong>à.


La scomposizione in quattro momenti, a partire <strong>da</strong>lla formula di partenza, è tipica della<br />

fon<strong>da</strong>mentale problematic<strong>it</strong>à che dischiude dinanzi a noi il campo psicoterapeutico: solo in questo<br />

spazio di incertezza cost<strong>it</strong>utiva si manifestano sia le possibil<strong>it</strong>à autentiche del diventare se stessi<br />

e del non fuggire <strong>da</strong> se stessi, sia i rischi fecondi della trasformazione del <strong>da</strong>to originario e del<br />

mutamento della direzione.<br />

Brani liberamente tratti e a<strong>da</strong>ttati <strong>da</strong><br />

IN http://www.gabrieleder<strong>it</strong>is.<strong>it</strong>/?p=590<br />

in MARIO TREVI, Il lavoro psicoterapeutico. Lim<strong>it</strong>i e controversie, THEORIA 1993


Chesil Beach<br />

Ian McEwan - Chesil Beach<br />

<strong>da</strong> frailibri di francesca g.<br />

tram<strong>it</strong>e Elementi condivisi di Clelia Mazzini<br />

Einaudi *Supercoralli* (2007), 136 pagine, euro 15,50<br />

mcewan_chesil.jpgLa passione per Ian McEwan è arrivata all’improvviso, quando “Cortesie per<br />

gli osp<strong>it</strong>i” mi ha chiamato <strong>da</strong>llo scaffale della Feltrinelli di Largo Argentina. È stato amore a prima<br />

lettura; quel suo stile morbido e avviluppante cattura fin <strong>da</strong>lla prima pagina e la storia di quella<br />

cop<strong>pia</strong> di sposi in vacanza non mi ha lasciato per tanto tempo dopo che avevo fin<strong>it</strong>o di<br />

leggere.Protagonisti del suo ultimo romanzo, “Chesil Beach” sono ancora una cop<strong>pia</strong> di novelli<br />

sposi che, a differenza dei “predecessori”, nella storia appaiono soli: Edward e Florence, a<br />

partire <strong>da</strong>lla loro prima, primissima notte di nozze.<br />

Nel periodo storico in cui è ambientato il romanzo (primi anni ’60), il matrimonio aveva un<br />

significato sociale molto forte: “Erano ancora tempi, destinati a concludersi alla fine di quel<br />

famoso decennio, in cui essere giovani cost<strong>it</strong>uiva un ingombro sociale, un marchio di irrilevanza,<br />

una condizione di leggero imbarazzo per la quale il matrimonio rappresentava l’inizio di una<br />

tera<strong>pia</strong>. Grossomodo estranei, eccoli là, stranamente insieme su una nuova vetta dell’esistenza,<br />

lieti al pensiero che il loro status recente permettesse di sospingerli sul radioso cammino di una<br />

interminabile giovinezza: Edward e Florence, finalmente liberi!”<br />

Una cop<strong>pia</strong> di individui sembra spiccare il volo di una nuova v<strong>it</strong>a, con aspettative e speranze a<br />

lungo – una carriera scintillante nella musica lei, la fama <strong>da</strong> scr<strong>it</strong>tore di storia lui – e a breve<br />

termine – una libertà che non è solo sociale, ma è anche sessuale; la possibil<strong>it</strong>à di concedersi<br />

liberamente l’una all’altro fuori <strong>da</strong> ogni giudizio.<br />

Proprio la naturalezza di un primo rapporto fra mar<strong>it</strong>o e moglie è la causa che spezza la seren<strong>it</strong>à<br />

(come era successo in “Cortesie per gli osp<strong>it</strong>i”, in cui la causa era “esterna” però alla cop<strong>pia</strong>).<br />

Quel sole che sembra illuminare i personaggi dei romanzi nelle prime pagine, <strong>pia</strong>no <strong>pia</strong>no assume<br />

il glaciale bagliore del dubbio, dell’ambigu<strong>it</strong>à, della sofferenza.<br />

Florence non vuole concedersi a Edward, non ha interesse per il sesso, prova addir<strong>it</strong>tura<br />

repulsione di fronte a un atto così carnale.<br />

Si scava nel passato dei due sposi per cercare di conoscerli e capirli, attraverso le famiglie,<br />

l’infanzia. Se ne segue poi l’evoluzione in un futuro oltre una sliding door che si apre su due<br />

possibil<strong>it</strong>à e su parecchie opportun<strong>it</strong>à. Edward e Florence, coerenti e orgogliosi, resi poco liberi<br />

<strong>da</strong>lle loro stesse convinzioni e fermi sulle loro posizioni, passano oltre la “porta”, senza nemmeno<br />

guar<strong>da</strong>re i “se” che offre e vanno dr<strong>it</strong>ti per le loro strade.<br />

Solo una volta si volteranno indietro e vedendosi l’un l’altro nelle proprie v<strong>it</strong>e si chiederanno “e<br />

se…”; e sarà – forse – troppo tardi.<br />

Romanzo forse meno “ansiogeno” di “Cortesie per gli osp<strong>it</strong>i”, lontano <strong>da</strong>i thriller che ti fanno venire<br />

i brividi alla schiena, gioca sulla tenerezza e sulla apparente “linear<strong>it</strong>à” dei personaggi, che si<br />

scoprono invece complessi e s<strong>pia</strong>zzanti man mano che si procede a scavare nel passato, ma<br />

soprattutto a seguirli in questo post-matrimonio che è la spina dorsale del romanzo.<br />

in Ian McEwan<br />

CICLO DI VITA<br />

La v<strong>it</strong>a è un'avventura con un'inizio deciso <strong>da</strong> altri, una fine non voluta <strong>da</strong> noi, e tanti intermezzi<br />

scelti a caso <strong>da</strong>l caso.<br />

Roberto Gervaso<br />

in Roberto Gervaso


CICLO DI VITA<br />

SENECA: De brev<strong>it</strong>ate v<strong>it</strong>ae<br />

I. La maggior parte dei mortali, o Paolino, si lagna per la cattiveria della natura, perché siamo<br />

messi al mondo per un esiguo periodo di tempo, perché questi periodi di tempo a noi concessi<br />

trascorrono così velocemente, così in fretta che, tranne pochissimi, la v<strong>it</strong>a abbandoni gli altri nello<br />

stesso sorgere della v<strong>it</strong>a. Né di tale calam<strong>it</strong>à, comune a tutti, come credono, si lamentò solo la<br />

folla e il dissennato popolino; questo stato d’animo susc<strong>it</strong>ò le lamentele anche di personaggi<br />

famosi. Da qui deriva la famosa esclamazione del più illustre dei medici, che la v<strong>it</strong>a è breve, l’arte<br />

lunga; di qui la contesa, poco decorosa per un saggio, dell’esigente Aristotele con la natura delle<br />

cose, perché essa è stata tanto benevola nei confronti degli animali, che possono vivere cinque<br />

o dieci generazioni, ed invece ha concesso un tempo tanto più breve all’uomo, nato a tante e così<br />

grandi cose. Noi non disponiamo di poco tempo, ma ne abbiamo perduto molto. La v<strong>it</strong>a è lunga<br />

abbastanza e ci è stata <strong>da</strong>ta con larghezza per la realizzazione delle più grandi imprese, se<br />

fosse impiegata tutta con diligenza; ma quando essa trascorre nello spreco e nell’indifferenza,<br />

quando non viene spesa per nulla di buono, spinti alla fine <strong>da</strong>ll’estrema necess<strong>it</strong>à, ci accorgiamo<br />

che essa è passata e non ci siamo accorti del suo trascorrere. È così: non riceviamo una v<strong>it</strong>a<br />

breve, ma l’abbiamo resa noi, e non siamo poveri di essa, ma prodighi. Come sontuose e regali<br />

ricchezze, quando siano giunte ad un cattivo padrone, vengono dissipate in un attimo, ma,<br />

benché modeste, se vengono affi<strong>da</strong>te ad un buon custode, si incrementano con l’investimento,<br />

così la nostra v<strong>it</strong>a molto si estende per chi sa bene gestirla. II. Perché ci lamentiamo della natura<br />

delle cose? Essa si è comportata in maniera benevola: la v<strong>it</strong>a è lunga, se sai farne uso. C’è chi è<br />

preso <strong>da</strong> insaziabile avid<strong>it</strong>à, chi <strong>da</strong>lle vuote occupazioni di una frenetica attiv<strong>it</strong>à; uno è fradicio di<br />

vino, un altro languisce nell’inerzia; uno è stressato <strong>da</strong> un’ambizione sempre dipendente <strong>da</strong>i<br />

giudizi altrui, un altro è sballottato per tutte le terre <strong>da</strong> un’avventata bramosia del commercio, per<br />

tutti i mari <strong>da</strong>l miraggio del gua<strong>da</strong>gno; alcuni tortura la smania della guerra, vogliosi di creare<br />

pericoli agli altri o preoccupati dei propri; vi sono altri che logora l’ingrato servilismo dei potenti in<br />

una volontaria schiav<strong>it</strong>ù; molti sono prigionieri della brama dell’altrui bellezza o della cura della<br />

propria; la maggior parte, che non ha riferimenti stabili, viene sospinta a mutar parere <strong>da</strong> una<br />

leggerezza volubile ed instabile e scontenta di sé; a certuni non <strong>pia</strong>ce nulla a cui drizzar la rotta,<br />

ma vengono sorpresi <strong>da</strong>l destino intorpid<strong>it</strong>i e negh<strong>it</strong>tosi, sicché non ho alcun dubbio che sia vero<br />

ciò che vien detto, sotto forma di oracolo, nel più grande dei poeti: “Piccola è la porzione di v<strong>it</strong>a<br />

che viviamo”. Infatti tutto lo spazio rimanente non è v<strong>it</strong>a, ma tempo. I vizi premono ed assediano<br />

<strong>da</strong> ogni parte e non permettono di risollevarsi o alzare gli occhi a discernere il vero, ma li<br />

schiacciano immersi ed inchio<strong>da</strong>ti al <strong>pia</strong>cere. Giammai ad essi è permesso rifugiarsi in se stessi;<br />

se talora gli tocca per caso un attimo di tregua, come in alto mare, dove anche dopo il vento vi è<br />

perturbazione, ondeggiano e mai trovano pace alle loro passioni. Pensi che io parli di costoro, i<br />

cui mali sono evidenti? Guar<strong>da</strong> quelli, alla cui buona sorte si accorre: sono soffocati <strong>da</strong>i loro beni.<br />

Per quanti le ricchezze cost<strong>it</strong>uiscono un fardello! A quanti fa sputar sangue l’eloquenza e la<br />

quotidiana ostentazione del proprio ingegno! Quanti sono pallidi per i continui <strong>pia</strong>ceri! A quanti non<br />

lascia un attimo di respiro l’ossessionante calca dei clienti! Dunque, passa in rassegna tutti<br />

costoro, <strong>da</strong>i più umili ai più potenti: questo cerca un avvocato, questo è presente, quello cerca di<br />

esibire le prove, quello difende, quello è giudice, nessuno rivendica per se stesso la propria<br />

libertà, ci si consuma l’uno per l’altro. Infòrmati di costoro, i cui nomi si imparano, vedrai che essi<br />

si riconoscono <strong>da</strong> questi segni: questo è cultore di quello, quello di quell’altro; nessuno appartiene<br />

a se stesso. Insomma è estremamente irragionevole lo sdegno di taluni: si lamentano dell’alterigia<br />

dei potenti, perché questi non hanno il tempo di venire incontro ai loro desideri. Osa lagnarsi della<br />

superbia altrui chi non ha tempo per sé? Quello almeno, chiunque tu sia, benché con volto<br />

arrogante ma qualche volta ti ha guar<strong>da</strong>to, ha abbassato le orecchie alle tue parole, ti ha accolto<br />

al suo fianco: tu non ti sei mai degnato di guar<strong>da</strong>re dentro di te, di ascoltarti. Non vi è motivo<br />

perciò di rinfacciare ad alcuno questi servigi, poiché li hai fatti non perché desideravi stare con<br />

altri, ma perché non potevi stare con te stesso. III. Per quanto siano concordi su questo solo<br />

punto gli ingegni più illustri che mai rifulsero, mai abbastanza si meraviglieranno di questo<br />

appannamento delle menti umane: non tollerano che i propri campi vengano occupati <strong>da</strong> nessuno<br />

e, se sorge una pur minima disputa sulla mo<strong>da</strong>l<strong>it</strong>à dei confini, si precip<strong>it</strong>ano alle pietre ed alle armi:<br />

permettono che altri inva<strong>da</strong>no la propria v<strong>it</strong>a, anzi essi stessi vi fanno entrare i suoi futuri padroni;<br />

non si trova nessuno che sia disposto a dividere il proprio denaro: a quanti ciascuno distribuisce<br />

la propria v<strong>it</strong>a! Sono avari nel tenere i beni; appena si giunge alla perd<strong>it</strong>a di tempo, diventano


molto prodighi in quell’unica cosa in cui l’avarizia è un pregio. E così <strong>pia</strong>ce c<strong>it</strong>are uno <strong>da</strong>lla folla


degli anziani: “Vediamo che sei arrivato al termine della v<strong>it</strong>a umana, hai su di te cento o più anni:<br />

suvvia, fa un bilancio della tua v<strong>it</strong>a. Calcola quanto <strong>da</strong> questo tempo hanno sottratto i cred<strong>it</strong>ori,<br />

quanto le donne, quanto i patroni, quanto i clienti, quanto i l<strong>it</strong>igi con tua moglie, quanto i castighi dei<br />

servi, quanto le vis<strong>it</strong>e di dovere attraverso la c<strong>it</strong>tà; aggiungi le malattie, che ci siamo procurati con<br />

le nostre mani, aggiungi il tempo che giacque inutilizzato: vedrai che hai meno anni di quanti ne<br />

conti. R<strong>it</strong>orna con la mente a quando sei stato fermo in un propos<strong>it</strong>o, quanti pochi giorni si sono<br />

svolti così come li avevi programmati, a quando hai avuto la disponibil<strong>it</strong>à di te stesso, a quando il<br />

tuo volto non ha mutato espressione, a quando il tuo animo è stato coraggioso, che cosa di<br />

pos<strong>it</strong>ivo hai realizzato in un periodo tanto lungo, quanti hanno depre<strong>da</strong>to la tua v<strong>it</strong>a mentre non ti<br />

accorgevi di cosa stavi perdendo, quanto ne ha sottratto un vano dis<strong>pia</strong>cere, una stupi<strong>da</strong> gioia,<br />

un’avi<strong>da</strong> bramosia, una <strong>pia</strong>cevole discussione, quanto poco ti è rimasto del tuo: capirai che muori<br />

anz<strong>it</strong>empo”. Dunque qual è il motivo? Vivete come se doveste vivere in eterno, mai vi sovviene<br />

della vostra caduc<strong>it</strong>à, non ponete mente a quanto tempo è già trascorso; ne perdete come <strong>da</strong> una<br />

rend<strong>it</strong>a ricca ed abbon<strong>da</strong>nte, quando forse proprio quel giorno, che si regala ad una certa<br />

persona od attiv<strong>it</strong>à, è l’ultimo. Avete paura di tutto come mortali, desiderate tutto come immortali.<br />

Udirai la maggior parte dire: “Dai cinquant’anni mi metterò a riposo, a sessant’anni mi r<strong>it</strong>irerò a v<strong>it</strong>a<br />

privata”. E che garanzia hai di una v<strong>it</strong>a tanto lunga? Chi permetterà che queste cose va<strong>da</strong>no così<br />

come hai programmato? Non ti vergogni di riservare per te i rimasugli della v<strong>it</strong>a e di destinare alla<br />

sana riflessione solo il tempo che non può essere utilizzato in nessun’altra cosa? Quanto tardi è<br />

allora cominciare a vivere, quando si deve finire! Che sciocca mancanza della natura umana<br />

differire i buoni propos<strong>it</strong>i ai cinquanta e sessanta anni e quindi voler iniziare la v<strong>it</strong>a lì dove pochi<br />

sono arrivati! IV. Vedrai sfuggire di bocca agli uomini più potenti e più altolocati parole con le quali<br />

aspirano al tempo libero, lo lo<strong>da</strong>no e lo antepongono a tutti i loro beni. Talvolta desiderano<br />

scendere giù <strong>da</strong> quel loro piedistallo, se la cosa potesse avvenire in tutta sicurezza; infatti, anche<br />

se niente preme e turba <strong>da</strong>ll’esterno, la fortuna crolla su se stessa. Il divo Augusto, al quale gli<br />

dei concessero più che a chiunque altro, non cessò di augurarsi il riposo e di chiedere di essere<br />

sollevato <strong>da</strong>gli impegni pubblici; ogni suo discorso ricadeva sempre su questo, la speranza del<br />

tempo libero: alleviava le sue fatiche con questo conforto, per quanto illusorio tuttavia <strong>pia</strong>cevole,<br />

che un giorno sarebbe vissuto per se stesso. In una lettera inviata al senato, dopo aver<br />

promesso che il suo riposo sarebbe stato non privo di decoro ne in contrasto con la sua gloria<br />

passata, ho trovato queste parole: “Ma queste cose sarebbe più bello poterle mettere in pratica<br />

che prometterle. Tuttavia il desiderio di quel tempo tanto desiderato mi ha condotto, poiché finora<br />

la gioia della realtà si fa attendere, a pregustare un po’ di <strong>pia</strong>cere <strong>da</strong>lla dolcezza delle parole.”<br />

Così grande cosa gli sembrava il tempo libero, che, poiché non poteva goderne, se lo pregustava<br />

con l’immaginazione. Colui che vedeva tutto dipendere <strong>da</strong> lui solo, che stabiliva il destino per gli<br />

uomini e i popoli, pensava a quel felicissimo giorno in cui avrebbe abbandonato la propria<br />

grandezza. Conosceva per esperienza quanto sudore costano quei beni rifulgenti per tutta la<br />

terra, quante nascoste fatiche celano. Costretto a combattere con armi <strong>da</strong>pprima con i<br />

conc<strong>it</strong>tadini, poi con i colleghi, infine con i parenti, versò sangue per terra e per mare: dopo<br />

essere passato in guerra attraverso la Macedonia, la Sicilia, l’Eg<strong>it</strong>to, la Siria e l’Asia e quasi tutte<br />

le coste, volse contro gli stranieri gli eserc<strong>it</strong>i stanchi di strage romana. Mentre pacificava le Alpi e<br />

domava i nemici mischiati in mezzo alla pace e all’impero, mentre spostava i confini oltre il Reno,<br />

l’Eufrate ed il Danubio, proprio a Roma si affilavano contro di lui i pugnali di Murena, di Cepione, di<br />

Lepido, di Egnazio e di altri. Non era ancora sfugg<strong>it</strong>o alle insidie di costoro e la figlia e tanti giovani<br />

nobili legati <strong>da</strong>l vincolo dell’adulterio come <strong>da</strong> un giuramento ne atterrivano la stanca età e ancor<br />

più e di nuovo una donna era <strong>da</strong> temere con un Antonio. Aveva tagliato via queste fer<strong>it</strong>e con le<br />

stesse membra: altre ne rinascevano; come un corpo pieno di troppo sangue, sempre si crepava<br />

in qualche parte. E così anelava al tempo libero, nella cui speranza e nel cui pensiero si<br />

placavano i suoi affanni: questo era il voto di colui che poteva render gli altri paghi dei loro voti. V.<br />

Marco Cicerone, sballottato tra i Catilina e i Clodii e poi tra i Pompei e i Crassi, quelli avversari<br />

manifesti, questi amici dubbi, mentre fluttuava assieme allo Stato e lo sorreggeva mentre an<strong>da</strong>va<br />

a fondo, alla fine sopraffatto, non calmo nella buona sorte e incapace di sopportare quella<br />

cattiva, quante volte impreca contro quel suo stesso consolato, lo<strong>da</strong>to non senza ragione ma<br />

senza fine! Che dolenti parole esprime in una lettera ad Attico, dopo aver vinto Pompeo padre,<br />

mentre in Spagna il figlio rimetteva in sesto le armate scompaginate! “Mi domandi” dice “cosa<br />

faccio qui? Me ne sto mezzo libero nel mio podere di Tuscolo”. Poi aggiunge altre parole, con le<br />

quali rim<strong>pia</strong>nge il tempo passato, si lamenta del presente e dispera del futuro. Cicerone si definì<br />

semilibero: ma perdiana giammai un saggio si spingerà in un aggettivo così mortificante, giammai


sarà mezzo libero, sarà sempre in possesso di una libertà totale e assoluta, svincolato <strong>da</strong>l<br />

proprio potere e più in alto di tutti. Cosa infatti può esserci sopra uno che è al di sopra della<br />

fortuna? VI Livio Druso, uomo rude ed impulsivo, avendo rimosso le nuove leggi e i disatri dei<br />

Gracchi, pressato <strong>da</strong> una grande aggregazione dell’Italia intera, non prevedendo l’es<strong>it</strong>o degli<br />

avvenimenti, che non poteva gestire e ormai non era libero di abbandonarli una volta iniziati, si<br />

dice che maledicendo la sua v<strong>it</strong>a, irrequieta fin <strong>da</strong>gli inizi, abbia detto che solo a lui neppure <strong>da</strong><br />

bambino erano toccate vacanze. Infatti osò ancor minorenne e poi adolescente raccoman<strong>da</strong>re gli<br />

imputati ai giudici e interporre i suoi buoni uffici nel foro con tanta efficacia che alcune sentenze<br />

siano risultate <strong>da</strong> lui estorte. Dove non sarebbe sfociata una così prematura ambizione? Capiresti<br />

che una così precoce au<strong>da</strong>cia sarebbe an<strong>da</strong>ta a finire in un grave <strong>da</strong>nno sia pubblico che<br />

privato. Perciò tardi si lamentava che non gli fossero state concesse vacanze fin <strong>da</strong> piccolo,<br />

l<strong>it</strong>igioso e di peso per il foro. Si discute se si sia tolto la v<strong>it</strong>a; infatti, fer<strong>it</strong>o <strong>da</strong> un improvviso colpo<br />

all’inguine, si accasciò, e vi è chi dub<strong>it</strong>a che la sua morte sia stata volontaria, ma nessuno che<br />

essa sia stata opportuna. È del tutto inutile ricor<strong>da</strong>re i tanti che, pur apparendo felicissimi agli<br />

occhi degli altri, testimoniarono in se stessi il vero ripudiando ogni azione della loro v<strong>it</strong>a; ma con<br />

tali lamentele non cambiarono né gli altri né se stessi: infatti, una volta che le parole siano volate<br />

via, gli affetti r<strong>it</strong>orneranno secondo il consueto modo di vivere. Perdiana, ammesso pure che la<br />

vostra v<strong>it</strong>a superi i mille anni, si ridurrebbe ad un tempo ristrettissimo: questi vizi divoreranno ogni<br />

secolo; in ver<strong>it</strong>à questo spazio che, benché la natura faccia defluire, la ragione dilata, è<br />

ineluttabile che presto vi sfugga: infatti non afferrate né trattenete o r<strong>it</strong>ar<strong>da</strong>te la più veloce di tutte<br />

le cose, ma permettete che va<strong>da</strong> via come una cosa inutile e recuperabile. VII. Tra i primi<br />

annovero senz’altro coloro che per nessuna cosa hanno tempo se non per il vino e la lussuria;<br />

nessuno infatti è occupato in maniera più vergognosa. Gli altri, anche se sono ossessionati <strong>da</strong> un<br />

effimero pensiero di gloria, tuttavia sbagliano con garbo; elencami pure gli avari, gli iracondi o<br />

coloro che perseguono ingiusti rancori o guerre, tutti costoro peccano più virilmente: la colpa di<br />

coloro che sono ded<strong>it</strong>i al ventre e alla libidine è vergognosa. Esamina tutti i giorni di costoro, vedi<br />

quanto tempo per<strong>da</strong>no nel pensare al proprio interesse, quanto nel tramare insidie, quanto<br />

nell’aver timore, quanto nell’essere servili, quanto li tengano occupati le proprie promesse e quelle<br />

degli altri, quanto i pranzi, che ormai sono diventati anch’essi dei doveri: vedrai in che modo i loro<br />

mali o beni non permettano loro di respirare. Infine tutti convengono che nessuna cosa può<br />

esser ben gest<strong>it</strong>a <strong>da</strong> un uomo affaccen<strong>da</strong>to, non l’eloquenza, non le arti liberali, <strong>da</strong>l momento che<br />

un animo intento a più cose nulla recepisce più in profond<strong>it</strong>à, ma ogni cosa respinge come se<br />

fossa introdotta a forza. Nulla è di minor importanza per un uomo affaccen<strong>da</strong>to che il vivere: di<br />

nessuna cosa è più difficile la conoscenza. Dappertutto vi sono molti insegnanti delle altre arti, e<br />

alcune di esse sembra che i fanciulli le abbiano così assimilate <strong>da</strong> poterle anche insegnare: tutta<br />

la v<strong>it</strong>a dobbiamo imparare a vivere e, cosa della quale forse ti meraviglierai, tutta la v<strong>it</strong>a dobbiamo<br />

imparare a morire. Tanti uomini illustri, dopo aver abbandonato ogni ostacolo e aver rinunziato a<br />

ricchezze, cariche e <strong>pia</strong>ceri, solo a questo anelarono fino all’ultima ora, di saper vivere; tuttavia<br />

molti di essi se ne an<strong>da</strong>rono confessando di non saperlo ancora, a maggior ragione non lo sanno<br />

costoro. Credimi, è tipico di un uomo grande e che si eleva al di sopra degli errori umani<br />

permettere che nulla venga sottratto <strong>da</strong>l suo tempo, e la sua v<strong>it</strong>a è molto lunga per questo,<br />

perché, per quanto si sia protratta, l’ha dedicata tutta a se stesso. Nessun periodo quindi restò<br />

trascurato ed inattivo, nessuno sotto l’influenza di altri; e infatti non trovò alcunché che fosse<br />

degno di essere barattato con il suo tempo, gelosissimo custode di esso. Perciò gli fu sufficiente.<br />

Ma è inev<strong>it</strong>abile che sia venuto meno a coloro, <strong>da</strong>lla cui v<strong>it</strong>a molto tolse via la gente. E non credere<br />

che essi una buona volta non capiscano il proprio <strong>da</strong>nno; certamente udirai la maggior parte di<br />

quelli, sui quali pesa una grande fortuna, tra la molt<strong>it</strong>udine dei clienti o la gestione delle cause o tra<br />

le altre dign<strong>it</strong>ose miserie esclamare di tanto in tanto: “Non mi è permesso vivere.” E perché non gli<br />

è permesso? Tutti quelli che ti chiamano a sé, ti allontanano <strong>da</strong> te. Quell’imputato quanti giorni ti<br />

ha sottratto? Quanti quel candi<strong>da</strong>to? Quanti quella vecchia stanca di seppellire eredi? Quanti<br />

quello che si è finto ammalato per susc<strong>it</strong>are l’ingordigia dei cacciatori di testamenti? Quanti<br />

quell’influente amico, che vi tiene non per amicizia ma per esterior<strong>it</strong>à? Passa in rassegna, ti dico,<br />

e fai un bilancio dei giorni della tua v<strong>it</strong>a: vedrai che ne sono rimasti ben pochi e male spesi. Quello,<br />

dopo aver ottenuto le cariche che aveva desiderato, desidera abbandonarle e ripetutamente<br />

dice: “Quando passerà quest’anno?” Quello allestisce i giochi, il cui es<strong>it</strong>o gli stava tanto a cuore e<br />

dice: “Quando li fuggirò?” Quell’avvocato è conteso in tutto il foro e con grande ressa tutti si<br />

affollano fin oltre a dove può essere ud<strong>it</strong>o; dice: “Quando verranno proclamate le ferie?” Ognuno<br />

consuma la propria v<strong>it</strong>a e si tormenta per il desiderio del futuro e per la noia del presente. Ma


quello che sfrutta per se stesso tutto il suo tempo, che programma tutti i giorni come una v<strong>it</strong>a, non<br />

desidera il domani né lo teme. Cosa vi è infatti che alcuna ora di nuovo <strong>pia</strong>cere possa apportare?<br />

Tutto è noto, tutto è stato assaporato a sazietà. Per il resto la buona sorte disponga come vorrà:<br />

la v<strong>it</strong>a è già al sicuro. Ad essa si può aggiungere, ma nulla togliere, e aggiungere così come del<br />

cibo ad uno ormai sazio e pieno, che non ne desidera ma lo accoglie. Perciò non c’è motivo che tu<br />

r<strong>it</strong>enga che uno sia vissuto a lungo a causa dei capelli bianchi o delle rughe: costui non è vissuto<br />

a lungo, ma è stato in v<strong>it</strong>a a lungo. E così come puoi r<strong>it</strong>enere che abbia molto navigato uno che<br />

una violenta tempesta ha sorpreso fuori <strong>da</strong>l porto e lo ha sbattuto di qua e di là e lo ha fatto girare<br />

in tondo entro lo stesso spazio, in balia di venti che soffiano <strong>da</strong> direzioni opposte? Non ha<br />

navigato molto, ma è stato sballottato molto. VIII. Mi stupisco sempre quando vedo alcuni chiedere<br />

tempo e quelli, a cui viene richiesto, tanto accondiscendenti; l’uno e l’altro guar<strong>da</strong>no al motivo per<br />

il quale il tempo viene richiesto, nessuno dei due alla sua essenza: lo si chiede come se fosse<br />

niente, come se fosse niente lo si concede. Si gioca con la cosa più preziosa di tutte; (il tempo)<br />

invece li inganna,poiché è qualcosa di incorporeo, perché non cade sotto gli occhi, e pertanto è<br />

considerato cosa di poco conto, anzi non ha quasi nessun prezzo. Gli uomini accettano assegni<br />

annui e donativi come cose di caro prezzo e in essi ripongono le loro fatiche, il loro lavoro e la<br />

loro scrupolosa attenzione: nessuno considera il tempo: ne fanno un uso troppo sconsiderato,<br />

come se esso fosse (un bene) gratu<strong>it</strong>o. Ma guar<strong>da</strong> costoro (quando sono) ammalati, se il pericolo<br />

della morte incombe molto <strong>da</strong> vicino, avvinghiati alle ginocchia dei medici, se temono la pena<br />

cap<strong>it</strong>ale, pronti a sborsare tutti i loro averi pur di vivere: quanta contraddizione si trova in essi.<br />

Che se si potesse in qualche modo mettere <strong>da</strong>vanti (a ciascuno) il numero di anni passati di<br />

ognuno, così come quelli futuri, come trepiderebbero coloro che ne vedessero restare pochi,<br />

come ne risparmierebbero! Eppure è facile gestire ciò che è sicuro, per quanto esiguo; si deve<br />

invece curare con maggior solerzia ciò che non sai quando finirà. E non v’è motivo che tu cre<strong>da</strong><br />

che essi non sap<strong>pia</strong>no che cosa preziosa sia:: sono sol<strong>it</strong>i dire, a coloro che amano più<br />

intensamente, di essere pronti a <strong>da</strong>re parte dei loro anni. Li <strong>da</strong>nno e non capiscono: cioè li <strong>da</strong>nno<br />

in modo <strong>da</strong> sottrarli a se stessi senza peraltro incrementare quelli. Ma non si accorgono proprio di<br />

toglierli; perciò per essi è sopportabile la perd<strong>it</strong>a di un <strong>da</strong>nno nascosto. Nessuno (ti) rest<strong>it</strong>uirà gli<br />

anni, nessuno ti renderà nuovamente a te stesso; la v<strong>it</strong>a andrà per dove ha avuto principio e non<br />

muterà né arresterà il suo corso; non farà alcun rumore, non lascerà nessuna traccia della<br />

propria veloc<strong>it</strong>à: scorrerà silenziosamente; non si estenderà oltre né per ordine di re né per favor<br />

di popolo: correrà così come ha avuto inizio <strong>da</strong>l primo giorno, non cambierà mai traiettoria, mai si<br />

attarderà. Cosa accadrà? Tu sei tutto preso, la v<strong>it</strong>a si affretta: nel frattempo si avvicinerà la<br />

morte, per la quale, volente o nolente, bisogna avere tempo. IX. Cosa potresti immaginare di più<br />

insensato di quegli uomini che menano vanto della propria lungimiranza? Sono affaccen<strong>da</strong>ti in<br />

modo molto impegnativo: per poter vivere meglio organizzano la v<strong>it</strong>a a scap<strong>it</strong>o della v<strong>it</strong>a. Fanno<br />

progetti a lungo termine; d’altra parte la più grande sciagura della v<strong>it</strong>a è il suo procrastinarla:<br />

innanz<strong>it</strong>utto questo fatto riman<strong>da</strong> ogni giorno, distrugge il presente mentre promette il futuro. Il più<br />

grande ostacolo al vivere è l’attesa, che dipende <strong>da</strong>l domani, (ma) perde l’oggi. Disponi ciò che è<br />

posto in grembo al fato e trascuri ciò che è in tuo potere. Dove vuoi mirare? Dove vuoi arrivare?<br />

Sono avvolti <strong>da</strong>ll’incertezza tutti gli avvenimenti futuri: vivi senza arrestarti. Ecco, gri<strong>da</strong> il sommo<br />

poeta [Virgilio, Georgiche] e come ispirato <strong>da</strong> bocca divina eleva un carme salvifico: “I primi a<br />

fuggire per gli infelici mortali sono i giorni migliori della v<strong>it</strong>a.” Dice: “Perché es<strong>it</strong>i? Perché indugi? Se<br />

non te ne appropri, (i giorni migliori) fuggono.” E pure quando te ne sarai impossessato, essi<br />

fuggiranno: pertanto bisogna combattere con il farne rapi<strong>da</strong>mente uso (lett.: la rapid<strong>it</strong>à del farne<br />

uso) contro la veloc<strong>it</strong>à del tempo e attingerne rapi<strong>da</strong>mente come <strong>da</strong> un torrente impetuoso e che<br />

non scorre per sempre. Anche ciò è molto bello, che per rimproverare un indugio senza fine, dica<br />

non “il tempo migliore”, ma “i giorni migliori.” Perché tu, tranquillo e indifferente in tanto fuggire del<br />

tempo prefiguri per te una lunga serie di mesi e di anni, a secon<strong>da</strong> che appaia opportuno alla tua<br />

avid<strong>it</strong>à? (Virgilio) ti parla di un giorno e di un giorno che fugge. Vi è dunque dubbio che i migliori<br />

giorni fuggano ai mortali sventurati, cioè affaccen<strong>da</strong>ti? Sui loro animi ancora infantili preme la<br />

vecchiaia, alla quale giungono impre<strong>parati</strong> ed indifesi; nulla infatti fu previsto: improvvisamente e<br />

senza aspettarselo si imbatterono in essa, non si accorgevano che essa si avvicinava giorno<br />

dopo giorno. Allo stesso modo che un discorso o una lettura o un pensiero alquanto intenso trae<br />

in inganno chi percorre un cammino e si accorge di essere giunto prima di essersi avvicinato (alla<br />

meta), così questo viaggio della v<strong>it</strong>a, costante e velocissimo, che percorriamo con la stessa<br />

an<strong>da</strong>tura <strong>da</strong> svegli e <strong>da</strong> addormentati, non si manifesta agli affaccen<strong>da</strong>ti se non alla fine. X Se<br />

volessi dividere ciò che ho esposto e le argomentazioni, mi verrebbero in aiuto molte cose


attraverso le quali posso dimostrare che la v<strong>it</strong>a degli affaccen<strong>da</strong>ti è molto breve. Soleva<br />

affermare Fabiano [Papirio Fabiano, filosofo neop<strong>it</strong>agorico, molto stimato <strong>da</strong> Seneca], il quale non<br />

fa parte di questi filosofi cattedratici ma di quelli genuini e vecchio stampo, che contro le passioni<br />

bisogna combattere d’istinto, non di sottigliezza, e respingerne la schiera (delle passioni) non con<br />

piccoli colpi ma con un assalto: infatti esse devono essere pestate, non punzecchiate. Tuttavia,<br />

per rinfacciare ad esse il loro errore, bisogna non tanto rimproverarle ma ammaestrarle. La v<strong>it</strong>a si<br />

divide in tre tempi: passato, presente e futuro. Di questi il presente è breve, il futuro incerto, il<br />

passato sicuro. Solo su quest’ultimo, infatti, la fortuna ha perso la sua autor<strong>it</strong>à, perché non può<br />

essere ridotto in potere di nessuno. Questo perdono gli affaccen<strong>da</strong>ti: infatti non hanno il tempo di<br />

guar<strong>da</strong>re il passato e, se lo avessero, sarebbe sgradevole il ricordo di un fatto di cui pentirsi.<br />

Malvolentieri pertanto rivolgono l’animo a momenti mal vissuti e non osano riesaminare cose, i cui<br />

vizi si manifestano ripensandole, anche quelli che vengono nascosti con qualche artificio del<br />

<strong>pia</strong>cere presente. Nessuno, se non coloro che hanno sempre ag<strong>it</strong>o secondo la propria<br />

coscienza, che mai si inganna, si rivolge volentieri al passato; chi ha desiderato molte cose con<br />

ambizione, ha sprezzato con superbia, si è imposto senza regola né freno, ha ingannato con<br />

perfidia, ha sottratto con cupidigia, ha sprecato con leggerezza, ha paura della sua memoria.<br />

Eppure questa è la parte del nostro tempo sacra ed inviolabile, al di sopra di tutte le vicende<br />

umane, posta al di fuori del regno della fortuna, che non turba né la fame, né la paura, né l’assalto<br />

delle malattie; essa non può essere turbata né sottratta: il suo possesso è eterno e inalterabile.<br />

Soltanto a uno a uno sono presenti i giorni e momento per momento; ma tutti (i giorni) del tempo<br />

passato si presenteranno quando tu glielo ordinerai, tollereranno di essere esaminati e trattenuti a<br />

tuo <strong>pia</strong>cimento, cosa che gli affaccen<strong>da</strong>ti non hanno tempo di fare. È tipico di una mente serena<br />

e tranquilla spaziare in ogni parte della propria v<strong>it</strong>a; gli animi degli affaccen<strong>da</strong>ti, come se fossero<br />

sotto un giogo, non possono piegarsi né voltarsi. La loro v<strong>it</strong>a dunque precip<strong>it</strong>a in un baratro e<br />

come non serve a nulla, qualsiasi quant<strong>it</strong>à tu possa ficcarne dentro, se non vi è sotto qualcosa<br />

che la raccolga e la contenga [come un recipiente senza fondo], così non importa quanto tempo è<br />

concesso, se non vi è nulla dove posarsi: viene fatto passare attraverso animi fiaccati e bucati.<br />

Il presente è brevissimo, tanto che a qualcuno sembra inesistente; infatti è sempre in corsa,<br />

scorre e si precip<strong>it</strong>a; smette di esistere prima di giungere, e non ammette indugio più che il creato<br />

o le stelle, il cui moto sempre incessante non rimane mai nello stesso luogo. Dunque agli<br />

affaccen<strong>da</strong>ti spetta solo il presente, che è così breve <strong>da</strong> non poter essere afferrato e che si<br />

sottrae a chi è oppresso <strong>da</strong> molte occupazioni. XI. Vuoi dunque sapere quanto poco tempo (gli<br />

affaccen<strong>da</strong>ti) vivano? Vedi quanto desiderano vivere a lungo. Vecchi decrep<strong>it</strong>i mendicano con<br />

suppliche l’aggiunta di pochi anni: fingono di essere più giovani; si lusingano con la bugia e<br />

illudono se stessi così volentieri come se ingannassero al tempo stesso il destino. Però quando<br />

qualche inferm<strong>it</strong>à (li) ammonisce del loro stato mortale, come muoiono terrorizzati, non come<br />

uscendo <strong>da</strong>lla v<strong>it</strong>a, ma come se ne fossero tirati fuori! Van gri<strong>da</strong>ndo di essere stati stolti, tanto <strong>da</strong><br />

non aver vissuto e se in qualche modo vengono fuori <strong>da</strong> quella malattia, di voler vivere in pace;<br />

allora pensano a quante cose si siano procurate invano, e delle quali non avrebbero fatto uso,<br />

come nel vuoto sia caduta ogni loro fatica. Ma per chi la v<strong>it</strong>a trascorre lungi <strong>da</strong> ogni faccen<strong>da</strong>,<br />

perché non dovrebbe essere di lunga durata? Nulla di essa è affi<strong>da</strong>to (ad altri), nulla è<br />

sparpagliato qua e là, nulla perciò è affi<strong>da</strong>to alla fortuna, nulla si consuma per noncuranza, nulla<br />

si dissipa per prodigal<strong>it</strong>à, nulla è superfluo: tutta (la v<strong>it</strong>a), per così dire, produce un redd<strong>it</strong>o. Per<br />

quanto breve, dunque, è abbon<strong>da</strong>ntemente sufficiente, e perciò, quando che venga il giorno<br />

estremo, il saggio non es<strong>it</strong>erà ad an<strong>da</strong>re incontro alla morte con passo fermo. XII. Chiedi forse chi<br />

io definisco affaccen<strong>da</strong>ti? Non pensare che io bolli come tali solo quelli che soltanto cani aizzati<br />

riescono a cacciar fuori <strong>da</strong>lla basilica [il centro degli affari], quelli che vedi esser str<strong>it</strong>olati o con<br />

maggior lustro nella propria folla [di clienti] o più vergognosamente il quella [dei clienti] altrui, quelli<br />

che gli impegni spingono fuori <strong>da</strong>lle proprie case per schiacciarli con gli affari altrui, o che l’asta<br />

del pretore fa travagliare con un gua<strong>da</strong>gno disonorevole e destinato un giorno ad incancrenire [si<br />

riferisce alla vend<strong>it</strong>a all’asta dei bottini di guerra e degli schiavi, il cui commercio era r<strong>it</strong>enuto<br />

disonorevole]. Il tempo libero di alcuni è tutto impegnato: nella loro villa o nel loro letto, nel bel<br />

mezzo della sol<strong>it</strong>udine, benché si siano isolat <strong>da</strong> tutti, sono fastidiosi a se stessi: la loro non deve<br />

definirsi una v<strong>it</strong>a sfaccen<strong>da</strong>ta ma un inoperoso affaccen<strong>da</strong>rsi. Puoi chiamare sfaccen<strong>da</strong>to chi<br />

dispone in ordine con minuziosa pignoleria bronzi di Corinto, pregiati per la passione di pochi, e<br />

spreca la maggior parte dei giorni tra laminette rugginose? Chi in palestra (infatti, che orrore!,<br />

neppur romani sono i vizi di cui soffriamo) siede come spettatore di ragazzi che lottano? Chi<br />

divide le mandrie dei propri giumenti in coppie di uguale età e colore? Chi nutre gli atleti (giunti)


ultimi? E che? Chiami sfaccen<strong>da</strong>ti quelli che passano molte ore <strong>da</strong>l barbiere, mentre si estirpa<br />

qualcosa che spuntò nell’ultima notte, mentre si tiene un consulto su ogni singolo capello, mentre<br />

o si rimette a posto la chioma in disordine o si sistema sulla fronte <strong>da</strong> ambo i lati quella ra<strong>da</strong>?<br />

Come si arrabbiano se il barbiere è stato un po’ disattento, come se tosasse un uomo! Come si<br />

irr<strong>it</strong>ano se viene tagliato qualcosa <strong>da</strong>lla loro criniera, se qualcosa è stato mal acconciato, se tutto<br />

non ricade in anelli perfetti! Chi di costoro non preferisce che sia in disordine lo Stato piuttosto<br />

che la propria chioma? Che non sia più preoccupato della grazia della sua testa che della sua<br />

incolum<strong>it</strong>à? Che non preferisca essere più elegante che dign<strong>it</strong>oso? Questi tu definisci<br />

sfaccen<strong>da</strong>ti, affaccen<strong>da</strong>ti tra il pettine e lo specchio? Quelli che sono ded<strong>it</strong>i a comporre, sentire<br />

ed imparare canzoni, mentre torcono in modulazioni di r<strong>it</strong>mo molto modesto la voce, di cui la<br />

natura rese il corretto cammino il migliore e il più semplice, le cui d<strong>it</strong>a cadenzanti suonano sempre<br />

qualche carme dentro di sé, e di cui si ode il silenzioso r<strong>it</strong>mo quando si rivolgono a cose serie e<br />

spesso anche tristi? Costoro non hanno tempo libero, ma occupazioni oziose. Di certo non<br />

annovererei i banchetti di costoro tra il tempo libero, quando vedo con quanta premura<br />

dispongono l’argenteria, con quanta cura sistemano le tuniche dei loro amasi [giovani che si<br />

vendevano per libidine], quanto siano trepi<strong>da</strong>nti per come il cinghiale vien fuori <strong>da</strong>lle mani del<br />

cuoco, con quanta sollec<strong>it</strong>udine i glabri [schiavi che si facevano depilare per assumere un<br />

aspetto femmineo] accorrono ai loro servigi ad un <strong>da</strong>to segnale, con quanta maestria vengano<br />

tagliati gli uccelli in pezzi non irregolari, con quanto zelo infelici fanciulli detergano gli sputi degli<br />

ubriachi: <strong>da</strong> essi si cerca fama di eleganza e di lusso e a tal punto li seguono le loro aberrazioni in<br />

ogni recesso della v<strong>it</strong>a, che non bevono né mangiano senza ostentazione. Neppure annovererai<br />

tra gli sfaccen<strong>da</strong>ti coloro che vanno in giro sulla portantina o sulla lettiga e si presentano all’ora<br />

delle loro passeggiate come se non gli fosse permesso rinunziarvi, e che un altro deve avvertire<br />

quando si devono lavare, quando devono nuotare o cenare: e a tal punto illanguidiscono in troppa<br />

fiacchezza di un animo delicato, <strong>da</strong> non potersi accorgere <strong>da</strong> soli se hanno fame. Sento che uno<br />

di questi delicati - se pure si può chiamare delicatezza il disimparare la v<strong>it</strong>a e la consuetudine<br />

umana - , trasportato a mano <strong>da</strong>l bagno e sistemato su una portantina, abbia detto chiedendo:<br />

“Sono già seduto?”. Tu reputi che costui che ignora se sta seduto sap<strong>pia</strong> se è vivo, se vede e se<br />

è sfaccen<strong>da</strong>to? Non è facile dire se mi fa più pena se non lo sapeva o se fingeva di non saperlo.<br />

Certamente di molte cose soffrono in realtà la dimenticanza, ma di molte anche la simulano; alcuni<br />

vizi li allettano come oggetto di felic<strong>it</strong>à; sembra che il sapere cosa fai sia tipico dell’uomo umile e<br />

disprezzato; ora va e credi che i mimi inventano molte cose per biasimare il lusso. Certo<br />

trascurano più di quanto rappresentano ed è apparsa tanta abbon<strong>da</strong>nza di vizi incredibili in<br />

questo solo secolo, che ormai possiamo dimostrare la trascuratezza dei mimi. Vi è qualcuno che<br />

si consuma a tal punto nelle raffinatezze <strong>da</strong> credere ad un altro se è seduto! Dunque costui non è<br />

sfaccen<strong>da</strong>to, <strong>da</strong>gli un altro nome: è malato, anzi è morto; sfaccen<strong>da</strong>to è quello che è<br />

consapevole del suo tempo libero. Ma questo semivivo, a cui è necessaria una s<strong>pia</strong> che gli faccia<br />

capire lo stato del suo corpo, come può costui essere padrone di alcun momento? XIII. Sarebbe<br />

lungo enumerare uno ad uno coloro la cui v<strong>it</strong>a consumarono gli scacchi o la palla o la cura del<br />

corpo con il sole. Non sono sfaccen<strong>da</strong>ti quelli i cui <strong>pia</strong>ceri costano molta fatica.. Infatti di essi<br />

nessuno dub<strong>it</strong>erà che non fanno nulla con fatica, che si tengono occupati in studi di inutili opere<br />

letterarie, le quali ormai anche presso i Romani sono un cospicuo numero. Fu malattia dei Greci<br />

questo doman<strong>da</strong>rsi quanti rematori abbia avuto Ulisse, se sia stata scr<strong>it</strong>ta prima l’Iliade o l’Odissea<br />

e inoltre se fossero dello stesso autore, e poi altre cose di questo genere che, se le tieni per te<br />

per nulla sono utili ad una silenziosa conoscenza, se le divulghi non sembrerai più istru<strong>it</strong>o ma più<br />

importuno. Ecco che ha invaso anche i Romani un vano desiderio di apprendere cose superflue.<br />

In questi giorni ho sent<strong>it</strong>o un tizio che an<strong>da</strong>va dicendo quali cose ognuno dei generali romani ha<br />

fatto per primo: per primo Duilio vinse in una battaglia navale, per primo Curio Dentato introdusse<br />

gli elefanti nella sfilata del trionfo. Ancora queste cose, anche se non mirano ad una vera gloria,<br />

almeno trattano esempi di opere civili: questa conoscenza non sarà di util<strong>it</strong>à, perlomeno è tale <strong>da</strong><br />

tenerci interessati <strong>da</strong>lla splendi<strong>da</strong> van<strong>it</strong>à delle cose. Perdoniamo anche ciò a chi si chiede chi per<br />

primo convinse i Romani a salire su una nave - è stato Claudio, proprio per questo chiamato<br />

Codice [”caudica” era una barca, ricavata in un tronco, detto “caudex”], perché l’aggregato di<br />

parecchie tavole era chiamato “codice” presso gli antichi, per cui i pubblici registri si dicono<br />

“codici” e anche ora le navi, che trasportano le derrate lungo il Tevere, per antica consuetudine<br />

vengono chiamate “codicarie” - ; certamente anche ciò ha importanza, che Valerio Corvino per<br />

primo debellò Messina e fu il primo della gente Valeria ad esser chiamato Messana, avendo<br />

trasfer<strong>it</strong>o nel suo nome quello della c<strong>it</strong>tà conquistata, e poi fu detto Messalla avendone il popolo


poco alla volta alterato le lettere: ma permetterai anche che qualcuno si occupi del fatto che Lucio<br />

Silla per primo presentò nel circo leoni sciolti, quando normalmente venivano esib<strong>it</strong>i legati,<br />

essendo stati inviati <strong>da</strong>l re Bocco [re della Maur<strong>it</strong>ania] degli arcieri per ucciderli? E si perdoni pure<br />

questo: forse che serve a qualcosa di buono che Pompeo per primo abbia allest<strong>it</strong>o nel circo una<br />

battaglia di diciotto elefanti opposti come in combattimento a dei con<strong>da</strong>nnati? Il primo della c<strong>it</strong>tà e<br />

tra i primi degli antichi, come si traman<strong>da</strong>, di eccezionale bontà, considerò un genere di spettacolo<br />

degno di esser ricor<strong>da</strong>to il far morire degli uomini in una maniera nuova. “Combattono all’ultimo<br />

sangue? È poco. Sono dilaniati? È poco: vengano schiacciati <strong>da</strong>ll’enorme mole degli animali!”. Era<br />

meglio che queste cose an<strong>da</strong>ssero nel dimenticatoio, affinché in segu<strong>it</strong>o nessun potente<br />

imparasse ed invidiasse una cosa del tutto disumana. Quanta nebbia mette avanti alle nostre<br />

menti una grande fortuna! Egli allora r<strong>it</strong>enne di essere al di sopra della natura, esponendo a bestie<br />

nate sotto un cielo straniero tante schiere di infelici, organizzando combattimenti tra animali tanto<br />

dissimili, spandendo molto sangue al cospetto del popolo Romano, che presto lo avrebbe<br />

costretto a versarne di più [si riferisce alla guerra civile di Pompeo contro Cesare]; ma poi,<br />

ingannato <strong>da</strong>lla perfidia alessandrina [il tradimento del faraone Tolomeo, fratello di Cleopatra], si<br />

offrì per essere ucciso <strong>da</strong>ll’ultimo schiavo [l’eunuco Achillas, che pugnalò Pompeo a tradimento],<br />

capendo solo allora l’inutile vanagloria del proprio soprannome [Magno]. Ma per tornar lì <strong>da</strong> dove<br />

princi<strong>pia</strong>i e per dimostrare nella stessa materia il vacuo zelo di certuni, quello stesso narrava che<br />

Metello, dopo aver sconf<strong>it</strong>to in Sicilia i Cartaginesi, fu il solo tra quelli che ottennero il trionfo tra<br />

tutti i Romani ad aver condotto <strong>da</strong>vanti al cocchio centoventi elefanti prigionieri; che Silla fu l’ultimo<br />

dei Romani ad aver ampliato il pomerio [spazio di terreno, consacrato e lasciato libero, all’interno<br />

e all’esterno della cinta muraria di Roma], che mai fu esteso, per antica consuetudine, con<br />

l’acquisizione di terreno provinciale, ma <strong>it</strong>alico. Sapere ciò è più utile (che sapere) che il monte<br />

Aventino si trova fuori <strong>da</strong>l pomerio, come quegli asseriva, per uno dei due motivi: o perché la<br />

plebe <strong>da</strong> lì aveva fatto la secessione [nel 494 a.C.], o perché mentre in quel luogo Remo prendeva<br />

gli auspici, gli uccelli non avevano <strong>da</strong>to buoni presagi, e via dicendo altre cose innumerevoli, che<br />

o sono farc<strong>it</strong>e di bugie o sono simili a bugie. Infatti, anche ammesso che essi dicano tutto ciò in<br />

buona fede, che scrivano cose che sono in grado di dimostrare, tuttavia di chi queste cose<br />

faranno diminuire gli errori? Di chi freneranno le passioni? Chi renderanno più saldo, chi più<br />

giusto, chi più altruista? Talora il nostro Fabiano diceva di dub<strong>it</strong>are se fosse meglio non<br />

accostarsi a nessuno studio piuttosto che impelagarsi in questi. XIV Soli tra tutti sono sfaccen<strong>da</strong>ti<br />

coloro che si dedicano alla saggezza, essi soli vivono; e infatti non solo custodiscono bene la<br />

propria v<strong>it</strong>a: aggiungono ogni età alla propria; qualsiasi cosa degli anni prima di essi è stata fatta,<br />

per essi è cosa acquis<strong>it</strong>a. Se non siamo persone molto ingrate, quegli illustrissimi fon<strong>da</strong>tori di<br />

sacre dottrine sono nati per noi, per noi hanno preparato la v<strong>it</strong>a. Siamo gui<strong>da</strong>ti <strong>da</strong>lla fatica altrui<br />

verso nobilissime imprese, fatte uscire fuori <strong>da</strong>lle tenebre verso la luce; non siamo vietati a<br />

nessun secolo, in tutti siamo ammessi e, se ci aggra<strong>da</strong> di venir fuori con la grandezza dell’animo<br />

<strong>da</strong>lle angustie della debolezza umana, vi è molto tempo attraverso cui potremo spaziare.<br />

Possiamo discorrere con Socrate, dub<strong>it</strong>are con Carneade, riposare con Epicuro, vincere con gli<br />

Stoici la natura dell’uomo, an<strong>da</strong>rvi oltre con i Cinici. Permettendoci la natura di estenderci nella<br />

partecipazione di ogni tempo, perché non (elevarci) con tutto il nostro spir<strong>it</strong>o <strong>da</strong> questo esiguo e<br />

caduco passar del tempo verso quelle cose che sono immense, eterne e in comune con i migliori?<br />

Costoro, che corrono di qua e di là per gli impegni, che non lasciano in pace se stessi e gli altri,<br />

quando sono bene impazz<strong>it</strong>i, quando hanno quotidianamente peregrinato per gli usci gli tutti e non<br />

hanno trascurato nessuna porta aperta, quando hanno portato per case lontanissime il saluto<br />

interessato [del cliente verso il patrono, ricompensato in cibarie], quanto e chi hanno potuto<br />

vedere di una c<strong>it</strong>tà tanto immensa e avvinta in varie passioni? Quanti saranno quelli di cui il sonno<br />

o la libidine o la grossolan<strong>it</strong>à li respingerà! Quanti quelli che, dopo averli tormentati a lungo, li<br />

trascureranno con finta premura! Quanti ev<strong>it</strong>eranno di mostrarsi per l’atrio zeppo di clienti e<br />

fuggiranno via attraverso usc<strong>it</strong>e segrete delle case, come se non fosse più scortese l’inganno<br />

che il non lasciarli entrare! Quanti mezzo addormentati e imbols<strong>it</strong>i <strong>da</strong>lla gozzoviglia del giorno<br />

precedente, a quei miseri che interrompono il proprio sonno per aspettare quello altrui, a stento<br />

sollevando le labbra emetteranno con arroganti sbadigli il nome mille volte sussurrato! Si può ben<br />

dire che indugiano in veri impegni coloro che vogliono essere ogni giorno quanto più intimi di<br />

Zenone, di P<strong>it</strong>agora, di Democr<strong>it</strong>o e degli altri sacerdoti delle buone arti, di Aristotele e di<br />

Teofrasto. Nessuno di costoro non avrà tempo, nessuno non accomiaterà chi viene a lui più<br />

felice ed affezionato a sé, nessuno permetterà che qualcuno va<strong>da</strong> via <strong>da</strong> lui a mani vuote; <strong>da</strong> tutti<br />

i mortali possono essere incontrati, di notte e di giorno. XV. Nessuno di essi ti costringerà a


morire, tutti (te lo) insegneranno; nessuno di essi logorerà i tuoi anni o ti aggiungerà i propri; di<br />

nessuno di essi sarà pericoloso il parlare, di nessuno sarà letale l’amicizia, di nessuno sarà<br />

dispendiosa la considerazione. Otterrai <strong>da</strong> loro qualsiasi cosa vorrai; non dipenderà <strong>da</strong> essi che<br />

tu non assorba quanto più riceverai. Che gioia, che serena vecchiaia attende chi si rifugia in seno<br />

alla clientela di costoro! Avrà con chi riflettere sui più piccoli è sui più grandi argomenti, chi<br />

consultare ogni giorno su se stesso, <strong>da</strong> chi udire il vero senza oltraggio, <strong>da</strong> chi esser lo<strong>da</strong>to<br />

senza servilismo, a somiglianza di chi conformarsi. Siamo sol<strong>it</strong>i dire che non era in nostro potere<br />

scegliere i gen<strong>it</strong>ori che ci sono toccati in sorte: ma ci è permesso nascere secondo la nostra<br />

volontà. Vi sono famiglie di eccelsi ingegni: scegli in quale (di esse) vuoi essere accolto; non solo<br />

sarai adottato nel nome, ma anche negli stessi beni, che non dovranno essere custod<strong>it</strong>i né con<br />

avarizia né con grettezza: (i beni) diverranno più grandi quanto a più li distribuirai. Costoro ti<br />

indicheranno il cammino verso l’etern<strong>it</strong>à e ti eleveranno in quel luogo <strong>da</strong>l quale nessuno viene<br />

cacciato via. Questo è il solo modo di estendere lo stato mortale, anzi di mutarlo in stato<br />

immortale. Onori, monumenti, tutto ciò che l’ambizione ha stabil<strong>it</strong>o con decreti o ha costru<strong>it</strong>o con le<br />

opere, presto va in rovina, nulla non distrugge e trasforma una lunga vecchiaia; ma non può<br />

nuocere a quelle cose che la saggezza ha consacrato; nessuna età (le) cancellerà o (le)<br />

sminuirà; quella seguente e poi quelle sempre successive apporteranno qualcosa in venerabil<strong>it</strong>à,<br />

poiché appunto <strong>da</strong> vicino domina l’invidia, più schiettamente ammiriamo quando (l’invidia) e s<strong>it</strong>uata<br />

in lontananza. Dunque molto si estende la v<strong>it</strong>a del saggio, non lo angustia lo stesso confine che<br />

(angustia) gli altri: lui solo è svincolato <strong>da</strong>lle leggi della natura umana, tutti i secoli gli sono soggetti<br />

come a un dio. Passa un certo tempo: lo tiene legato col ricordo; è pressante: se ne serve; sta<br />

per arrivare: lo anticipa. Gli rende lunga la v<strong>it</strong>a la raccolta di ogni tempo in uno solo. XVI. Molto<br />

breve e travagliata è la v<strong>it</strong>a di coloro che sono dimentichi del passato, trascurano il presente,<br />

hanno timori sul futuro: quando saranno giunti all’ultima ora, tardi comprendono, infelici, di essere<br />

stati a lungo affaccen<strong>da</strong>ti, pur non avendo combinato nulla. E non vi è motivo di credere che si<br />

possa provare che essi abbiano una lunga v<strong>it</strong>a col fatto che invochino spesso la morte: li<br />

tormenta l’ignoranza in sentimenti incerti, che incorrono in quelle stesse cose che temono; perciò<br />

invocano spesso la morte, perché (la) temono. Non è neppure prova credere che vivano a lungo<br />

il fatto che spesso il giorno sembri ad essi eterno, che mentre arriva l’ora convenuta per la cena<br />

si lamentino che le ore scorrano lentamente; difatti, se talora le occupazioni li abbandonano,<br />

ardono abbandonati nel tempo libero e non sanno come disporne e come impiegarlo. E così si<br />

rivolgono a qualsiasi occupazione e tutto il tempo che intercorre è per essi gravoso, proprio così<br />

come, quando è stato fissato un giorno per uno spettacolo di gladiatori, o quando si attende il<br />

momento stabil<strong>it</strong>o di qualche altro spettacolo o <strong>pia</strong>cere, vogliono saltare i giorni di mezzo. Per essi<br />

è lungo ogni rinvio di una cosa sperata: ma è breve e rapido quel tempo che amano, e molto più<br />

breve per colpa loro; infatti passano <strong>da</strong> un posto all’altro e non possono fermarsi in un’unica<br />

passione. Per essi non sono lunghi i giorni, ma odiosi; ma invece come sembrano brevi le notti<br />

che trascorrono nel vino o nell’amplesso delle meretrici! Dsi qui anche la follia dei poeti, che<br />

alimentano con le (loro) favole gli errori umani: secondo loro pare che Giove, sedotto<br />

<strong>da</strong>ll’amplesso [lett.: addolc<strong>it</strong>o <strong>da</strong>l <strong>pia</strong>cere], abbia raddop<strong>pia</strong>to (il tempo di) una notte [è il m<strong>it</strong>o di<br />

Alcmena, cui Giove si era presentato sotto le sembianze del mar<strong>it</strong>o Anf<strong>it</strong>rione: raddoppiò la durata<br />

della notte, frutto della quale sarebbe stato poi Ercole]. Cosa altro è alimentare i nostri vizi che<br />

attribuire ad essi gli dei quali autori e <strong>da</strong>re al male giustificata licenza mediante l’esempio della<br />

divin<strong>it</strong>à? Possono a costoro non sembrare brevissime le notti che acquistano a caro prezzo?<br />

Perdono il giorno nell’attesa della notte, la note per paura del giorno. XVII. Gli stessi loro <strong>pia</strong>ceri<br />

sono ansiosi ed inquieti per vari timori e subentra l’angosciosa doman<strong>da</strong> di chi è al massimo del<br />

<strong>pia</strong>cere [lett.: di chi massimamente gioisce]: “Fino a quanto ciò (durerà)?”. Da questo stato<br />

d’animo dei re <strong>pia</strong>nsero la propria potenza, né li consolò la grandezza della propria fortuna, ma li<br />

atterrì la fine imminente. Avendo dispiegato l’eserc<strong>it</strong>o attraverso enormi spazi di terr<strong>it</strong>ori e non<br />

abbracciandone il numero ma la dimensione, l’orgogliosissimo re dei Persiani [Serse] versò<br />

lacrime, perché di lì a cento anni nessuno di tanta gioventù sarebbe sopravvissuto: ma ad essi<br />

stava per affrettare il destino proprio lui che (li) <strong>pia</strong>ngeva e che ne avrebbe perduti altri in mare,<br />

altri in terra, altri in battaglia, altri in fuga ed in breve tempo avrebbe portato alla rovina quelli per i<br />

quali temeva il centesimo anno. E pure le loro gioie non sono forse ansiose? Non appoggiano<br />

infatti su solide basi, ma sono turbate <strong>da</strong>lla stessa null<strong>it</strong>à <strong>da</strong>lla quale traggono origine. Quali perciò<br />

credi che siano i periodi tristi per loro stessa ammissione, quando anche questi (periodi), nei<br />

quali si inorgogliscono e si pongono al di sopra dell’uman<strong>it</strong>à, sono poco ver<strong>it</strong>ieri? Tutti i beni più<br />

grandi sono ansiogeni e non bisogna fi<strong>da</strong>rsi di nessuna fortuna meno che di quella più


favorevole: è necessaria nuova felic<strong>it</strong>à per preservare la felic<strong>it</strong>à e si devono fare voti proprio per<br />

i voti che si sono esaud<strong>it</strong>i. Infatti tutto quel che avviene per caso è instabile; ciò che assurgerà<br />

più in alto, più facilmente (cadrà) in basso. Certamente le cose caduche non fanno <strong>pia</strong>cere a<br />

nessuno: è dunque inev<strong>it</strong>abile che sia penosissima e non solo brevissima la v<strong>it</strong>a di coloro che si<br />

procacciano con grande fatica cose <strong>da</strong> possedere con fatica maggiore. Faticosamente<br />

ottengono ciò che vogliono, ansiosamente gestiscono ciò che hanno ottenuto; mentre nessun<br />

calcolo si fa del tempo che non tornerà mai più: nuove occupazioni subentrano a quelle vecchie,<br />

una speranza risveglia la speranza, un’ambizione l’ambizione. Non si cerca la fine delle<br />

sofferenze, ma si cambia la materia. Le nostre cariche ci hanno tormentato: ci tolgono più tempo<br />

quelle altrui; abbiamo smesso di penare come candi<strong>da</strong>ti: ricominciamo come elettori; abbiamo<br />

rinunziato al fastidio dell’accusare: cadiamo (in quello) del giudicare; ha cessato di essere<br />

giudice: diventa inquis<strong>it</strong>ore; è invecchiato nell’amministrazione a pagamento dei beni altrui: è<br />

tenuto occupato <strong>da</strong>i propri averi. Il servizio mil<strong>it</strong>are ha conge<strong>da</strong>to Mario: (lo) affatica il consolato.<br />

Quinzio [Cincinnato] si affanna ad ev<strong>it</strong>are la carica di d<strong>it</strong>tatore [lett.: la d<strong>it</strong>tatura]: sarà richiamato<br />

<strong>da</strong>ll’aratro. Scipione marcerà contro i Cartaginesi non ancora maturo per tanta impresa; vinc<strong>it</strong>ore<br />

di Annibale [a Zama, nel 202 a.C.], vinc<strong>it</strong>ore di Antioco [re di Siria, a Magnesia nel 190 a.C.],<br />

orgoglio del proprio consolato, garante di quello fraterno [Lucio], se non vi fosse stata<br />

opposizione <strong>da</strong> parte sua, sarebbe collocato accanto a Giove [Scipione rifiutò che la sua statua<br />

fosse posta nel tempio di Giove Cap<strong>it</strong>olino]: sommosse civili coinvolgeranno (lui) salvatore dei<br />

c<strong>it</strong>tadini e dopo gli onori pari agli dei, rifiutati <strong>da</strong> giovane, ormai vecchio (lo) com<strong>pia</strong>cerà<br />

l’ostentazione di un orgoglioso esilio. Non mancheranno mai motivi lieti o tristi di preoccupazione;<br />

la v<strong>it</strong>a si trascinerà attraverso le occupazioni: giammai si vivrà il tempo libero, sempre verrà<br />

desiderato. XVIII. Allontànati dunque <strong>da</strong>lla folla, carissimo Paolino, e r<strong>it</strong>irati alfine in un porto più<br />

tranquillo, spintovi non a causa della durata della v<strong>it</strong>a. Pensa quanti flutti hai affrontato, quante<br />

tempeste private hai sopportato, quante (tempeste) pubbliche ti sei attirato; già abbastanza il tuo<br />

valore è stato dimostrato attraverso faticosi e pesanti esempi: sperimenta cosa (il tuo valore) può<br />

fare senza impegni. La maggior parte della v<strong>it</strong>a, di certo la migliore, sia pur stata dedicata alla<br />

cosa pubblica: prend<strong>it</strong>i un pò di tempo pure per te. E non sto ad inv<strong>it</strong>arti ad una pigra ed inerte<br />

inattiv<strong>it</strong>à, non perché tu immerga quanto c’è in te di vigorosa indole nel torpore e nei <strong>pia</strong>ceri cari al<br />

volgo: questo non è riposare; troverai attiv<strong>it</strong>à più importanti di tutte quelle finora valorosamente<br />

trattate, che portai compiere appartato e tranquillo. Tu di certo amministrerai gli affari del mondo<br />

tanto disinteressatamente come (di) altri, tanto scrupolosamente come tuoi, con tanto zelo come<br />

pubblici. Ti gua<strong>da</strong>gni la stima in un incarico in cui non è facile ev<strong>it</strong>are il malvolere: ma tuttavia,<br />

credimi, è meglio conoscere il calcolo della propria v<strong>it</strong>a che (quello) del grano statale. Allontana<br />

questa vigoria dell’animo, capacissima delle cose più grandi, <strong>da</strong> un ufficio sì onorifico ma poco<br />

a<strong>da</strong>tto ad una v<strong>it</strong>a serena e pensa che non ti sei occupato, fin <strong>da</strong>lla tenera età, di ogni cura degli<br />

studi liberali perché ti fossero felicemente affi<strong>da</strong>te molte migliaia (di moggi) di grano: avevi<br />

aspirato per te a qualcosa di più grande e di più elevato. Non mancheranno uomini di perfetta<br />

sobrietà e di industriosa attiv<strong>it</strong>à: tanto più a<strong>da</strong>tte a portar pesi sono lente giumente che nobili<br />

cavalli, la cui generosa agil<strong>it</strong>à chi mai ha oppresso con una gravosa soma? Pensa poi quanto<br />

affanno sia il sottoporti ad un onere così grande: ti occupi del ventre umano; il popolo affamato<br />

non sente ragioni, non è placato <strong>da</strong>lla giustizia né piegato <strong>da</strong>lla preghiera. Or ora, entro quei pochi<br />

giorni in cui morì Caio Cesare [Caligola] - se vi è una qualche sensibil<strong>it</strong>à nell’aldilà, sostenendo ciò<br />

con animo molto grato, perché calcolava che al popolo Romano superst<strong>it</strong>e rimanessero<br />

certamente cibarie per sette o otto giorni -, mentre egli congiunge ponti di navi [Caligola fece<br />

costruire un ponte di navi <strong>da</strong> Baia a Pozzuoli, come ci traman<strong>da</strong> Svetonio] e gioca con le risorse<br />

dell’impero, si avvicinava il peggiore dei mali anche per gli assediati, la mancanza di viveri;<br />

consistette quasi nella morte e nella fame e, conseguenza della fame, la rovina di ogni cosa e<br />

l’im<strong>it</strong>azione di un re dissennato e straniero e tristemente orgoglioso [il re Serse, che costruì un<br />

porto sullo stretto dei Dar<strong>da</strong>nelli per la sfortunata spedizione in Grecia]. Che animo ebbero allora<br />

quelli a cui era stata affi<strong>da</strong>ta la cura del grano pubblico, soggetti alle pietre, al ferro, alle fiamme, a<br />

Gaio? Con enorme dissimulazione coprivano un male così grande nascosto tra le viscere e a<br />

ragion veduta; infatti alcuni mali vanno curati all’insaputa degli ammalati: per molti causa di morte è<br />

stato il conoscere il proprio male. XIX. Rifugiati in queste cose più tranquille, più sicure, più grandi!<br />

Credi che sia la stessa cosa se curi che il frumento venga travasato nei granai integro sia <strong>da</strong>lla<br />

frode che <strong>da</strong>ll’incuria dei trasportatori, che non sia madido di umid<strong>it</strong>à accumulata e non fermenti,<br />

che sia conforme alla misura e al peso, o se ti accosti a queste cose sacre e sublimi per<br />

conoscere quale sia la materia di Dio, quale la volontà, la condizione, la forma; quale condizione


atten<strong>da</strong> il tuo spir<strong>it</strong>o; dove la natura ci disponga una volta usc<strong>it</strong>i <strong>da</strong>i (nostri) corpi; cosa sia che<br />

sostenga ogni cosa più pesante al centro di questo mondo, sospen<strong>da</strong> al di sopra quelle leggere,<br />

sollevi il fuoco in cima, ecc<strong>it</strong>i gli astri nei loro percorsi; e via via le altre cose colme di strabilianti<br />

fenomeni? Vuoi, una volta abbandonata la terra, rivolgere l’attenzione a queste cose? Ora, finché<br />

il sangue è caldo, pieni di vigore dobbiamo tendere a cose migliori. Ti aspettano in questo genere<br />

di v<strong>it</strong>a molte buone attiv<strong>it</strong>à, l’amore e la pratica delle virtù, l’oblio delle passioni, il saper vivere e il<br />

saper morire (lett.: la conoscenza del vivere e del morire), una profon<strong>da</strong> quiete delle cose. XX.<br />

Certamente miserevole è la condizione di tutti gli affaccen<strong>da</strong>ti, ma ancor più misera (quella) di<br />

coloro che non si <strong>da</strong>nno <strong>da</strong> fare nemmeno per le loro faccende, dormono in relazione al sonno<br />

altrui, camminano secondo il passo altrui, a cui viene prescr<strong>it</strong>to (come) amare e odiare, cose che<br />

sono le più spontanee di tutte. Se costoro vogliono sapere quanto sia breve la loro v<strong>it</strong>a,<br />

considerino quanto esigua sia la loro quota parte. Perciò quando vedrai una toga pretesta già più<br />

volte indossata o un nome famoso nel foro, non provare invidia: queste cose si ottengono a<br />

scap<strong>it</strong>o della v<strong>it</strong>a. Affinché un solo anno si <strong>da</strong>ti <strong>da</strong> loro, consumeranno tutti i loro anni [gli anni si<br />

<strong>da</strong>tavano <strong>da</strong>l nome dei consoli]. Prima di inerpicarsi in cima all’ambizione, alcuni la v<strong>it</strong>a abbandonò<br />

mentre si dibattevano tra le prime (difficoltà); ad alcuni, essendo passati attraverso mille<br />

disonestà per il raggiungimento della posizione, venne in mente l’amara considerazione di essersi<br />

<strong>da</strong>nnati per l’ep<strong>it</strong>affio; di certuni venne meno l’estrema vecchiaia, mentre come la gioventù<br />

attendeva a nuove speranze, indebol<strong>it</strong>a tra sforzi enormi e gravosi. Vergognoso colui che il fiato<br />

abbandonò in tribunale, in età avanzata, difendendo l<strong>it</strong>iganti del tutto sconosciuti e cercando<br />

l’assenso di un ud<strong>it</strong>orio ignorante; infame colui che stanco del vivere più che del lavorare, crollò<br />

tra i suoi stessi impegni; infame colui che l’erede, a lungo trattenuto, deride mentre egli muore<br />

dedicandosi ai suoi conti. Non posso tralasciare un esempio che mi sovviene: Sesto Turranio è<br />

stato un vecchio di accurata coscienzios<strong>it</strong>à, che dopo i novant’anni, avendo ricevuto<br />

inaspettatamente <strong>da</strong> Caio Cesare [Caligola] l’esonero <strong>da</strong>lla procura, diede disposizioni di essere<br />

composto sul letto e di esser <strong>pia</strong>nto come morto <strong>da</strong>lla famiglia attorno a lui. Piangeva la casa<br />

l’inattiv<strong>it</strong>à del vecchio padrone e non cessò il lutto prima che gli fosse rest<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o il suo lavoro. A tal<br />

punto è <strong>pia</strong>cevole morire affaccen<strong>da</strong>to? Lo stesso stato d’animo ha la maggior parte: in essi vi è<br />

più a lungo il desiderio che la capac<strong>it</strong>à del lavoro; combattono contro la decadenza del corpo, la<br />

stessa vecchiaia giudicano gravosa e con nessun altro nome, perché li mette <strong>da</strong> parte. La legge<br />

non chiama sotto le armi a partire <strong>da</strong>i cinquant’anni, non convoca il senatore <strong>da</strong>i sessanta: gli<br />

uomini ottengono il riposo più difficilmente <strong>da</strong> se stessi che <strong>da</strong>lla legge. Nel frattempo, mentre<br />

sono rapinati e rapinano, mentre vicendevolmente si tolgono la pace, mentre sono<br />

reciprocamente infelici, la v<strong>it</strong>a è senza frutto, senza <strong>pia</strong>cere, senza nessun progresso dello<br />

spir<strong>it</strong>o: nessuno ha la morte <strong>da</strong>vanti agli occhi, nessuno non proietta lontano le speranze, alcuni<br />

poi organizzano pure quelle cose che sono oltre la v<strong>it</strong>a, grandi moli di sepolcri e dediche di opere<br />

pubbliche e giochi funebri (lett.: presso il rogo) ed esequie sfarzose. Ma sicuramente i funerali di<br />

costoro, come se avessero vissuto pochissimo, devono celebrarsi alla luce di fiaccole e ceri.


in seneca


CICLO DI VITA INFANZIA<br />

SAROYAN WILLIAM, LA COMMEDIA UMANA,<br />

OVERSEAS EDITIONS, Inc New York, 1945<br />

IL PICCOLO Ulisse Macauley stava un giorno tutto intento ad osservare il nuovo buco di talpa, che<br />

c'era nel giardinetto dietro casa, a Santa Giara Avenue, in Itaca, c<strong>it</strong>tadina della California. La<br />

talpa di questo nuovo buco buttava fuori gran quant<strong>it</strong>à di terriccio fresco e s<strong>pia</strong>va il ragazzine,<br />

che era certamente un estraneo, ma non forse proprio un nemico. Prima che Ulisse avesse fin<strong>it</strong>o<br />

di godersi questo miracolo, uno dei tanti uccelli di Itaca volò dietro il fogliame del vecchio noce, e,<br />

preso posto su un ramo, dette la stura alla sua gioia, richiamando così l'attenzione del ragazzo<br />

<strong>da</strong>lla terra all'albero. Un treno merci rombava e sbuffava <strong>da</strong> lontano. Il ragazzine stette a sentire:<br />

la corsa del treno gli faceva tremare la terra sotto ai piedi. B allora scappò di gran corsa, e gli<br />

parve di an<strong>da</strong>r più svelto di tutte le cose del mondo.<br />

Arrivò proprio in tempo per vedere tutto il treno al passaggio al livello, <strong>da</strong>lla locomotiva all'ultimo<br />

carro. Fece segno con la mano al macchinista, ma quello non si smosse. Fece segno a cinque o<br />

sei altri passeggeri, e anche quelli niente. Avrebbero potuto benissimo ricambiar il gesto, ma non<br />

lo fecero. E in ultimo, vide un negro che si sporgeva <strong>da</strong> un carro merci: il suo canto gli giunse<br />

sopra il fracasso del treno.<br />

«Oh, non <strong>pia</strong>ngere, mia cara. Oh, non <strong>pia</strong>nger tutto il dì ! Canteremo una canzone — la canzone<br />

della casa, Della nostra vecchia casa — nel lontano Kentucky. »<br />

Ulisse fece segno anche al negro, e allora si vide una gran cosa straordinaria, che nessuno mai<br />

se la sarebbe aspettata: quell'uomo nero e diverso <strong>da</strong> tutti gli altri fece segno a lui e gridò: «Vado<br />

a casa, ragazzo! Me ne torno a casa mia!»<br />

E continuarono a salutarsi con gran gesti, finché il treno quasi non sì vedeva più.<br />

A questo punto Ulisse si guardò intorno, ed ecco, vide lì proprio intorno a sé questo suo mondo<br />

strano, pieno di gramigne e rottami, meraviglioso, illogico, eppure bellissimo. Un vecchio con un<br />

sacco sulle spalle veniva giù lungo la ferrovia. Anche a lui Ulisse mandò un saluto con la mano,<br />

ma quello era troppo vecchio e stanco per gradire le espansioni di un ragazzino. Lo guardò come<br />

fossero già morti tutti e due.<br />

E così Ulisse andò <strong>pia</strong>n <strong>pia</strong>no verso casa, e dentro di sé ascoltava ancora quel treno, e il canto dì<br />

quel negro e le allegre parole: «Vado a casa, ragazzo! Me ne torno a casa mia.» Si fermò vicino<br />

a un nespolo per ripensarci meglio, prendendo a calci le nespole marce e giallastre, che stavano<br />

in terra. E, passato un momento, fece il sorriso specialissimo dei Macauley, quel sorriso gentile,<br />

saggio e riservato che dice di sì a tutte le cose.<br />

Quando voltò all'angolo e scorse la casa dei Macauley, Ulisse cominciò a saltellare su un piede e<br />

poi sull'altro; inciampò e cadde <strong>da</strong>lla gioia, ma si rimise in piedi e riprese la corsa.<br />

La mamma era nel giardinetto a <strong>da</strong>r <strong>da</strong> mangiare ai polli, e guar<strong>da</strong>va il suo bambino correre,<br />

cascare, rialzarsi, inciampare di nuovo. Svelto ma tranquillo, le venne vicino, e poi andò a cercare<br />

le uova nel cesto delle galline. Ne trovò uno. Lo guardò ben bene per \in momento, lo prese, lo<br />

portò alla mamma, e glielo porse cautamente; e con questo intendeva dire una cosa che nessun<br />

uomo può indovinare e nessun bambino può ricor<strong>da</strong>re per raccontarla poi.<br />

in SAROYAN WILLIAM


CICLO DI VITA INFANZIA<br />

SAROYAN WILLIAM, LA COMMEDIA UMANA,<br />

OVERSEAS EDITIONS, Inc New York, 1945<br />

Che cos'è che tieni in mano? Una lettera? Ho fin<strong>it</strong>o di parlare. Via, leggi la tua lettera, ragazzo.»<br />

«E una lettera di mio fratello Marco,» disse Omero". «Non ho ancora avuto un momento per<br />

aprirla.»<br />

«Aprila dunque,» disse il vecchio telegrafista. «Leggi la lettera di tuo fratello. Leggila ad alta<br />

voce.»<br />

«Vuoi sentire quello che dice, signor Grogan?» disse Omero.<br />

«Sì, se non ti dis<strong>pia</strong>ce, mi farebbe molto <strong>pia</strong>cere di sentirla, » disse il vecchio telegrafista, e fece<br />

un'altra bevuta.<br />

Omero lacerò la busta, tirò fuori la lettera di suo fratello Marco, la spiegò, e cominciò a leggere<br />

molto lentamente.<br />

«Caro Omero» — lesse. «Prima di tutto, ogni cosa che mi appartiene in casa è tua ormai — <strong>da</strong><br />

<strong>da</strong>re poi a Ulisse quando tu non saprai più che fartene: i miei libri, il grammofono, i dischi, i miei<br />

vest<strong>it</strong>i quando ti staranno, la bicicletta, il microscopio, gli arnesi <strong>da</strong> pesca, la collezione di minerali<br />

e tutte le altre cose che mi appartengono son tue. Le cedo a te, piuttosto che a Bellina, perché<br />

ora sei tu l'uomo della famiglia Macauley di Itaca. Quello che ho gua<strong>da</strong>gnalo l'anno scorso alla<br />

fabbrica, l'ho <strong>da</strong>to alla Mamma, naturalmente, per essere d'aiuto in casa. So però che non può<br />

minimamente bastare, e presto la mamma e Bellina penseranno di mettersi a lavorare. Non ti<br />

posso chiedere di impedirglielo, ma spero che penserai <strong>da</strong> te a non permetterglielo. Credo che lo<br />

farai, perché io pure farei così. Certo la Mamma vorrà an<strong>da</strong>re a lavorare e Bellina pure. Ma<br />

questa sarà per te una ragione di più per opporti. Non so come farai tu a man<strong>da</strong>re avanti la<br />

baracca e a, studiare nello stesso tempo, ma ho fiducia che troverai la maniera. La Mamma riceve<br />

la mia paga di sol<strong>da</strong>to, salvo qualche dollaro che devo tenere per me, ma questi quattrini non<br />

possono bastare. M'è difficile chiedere tanto a te, quando io stesso non ho cominciato a lavorare<br />

prima di diciannove anni; ma ho una strana fiducia che tu sarai capace di fare quello che non è<br />

riusc<strong>it</strong>o di fare a me.<br />

Tu mi manchi molto, si capisce, e penso a te costantemente. Sono sereno, e anche se non ho mai<br />

creduto nelle guerre, — e so che sono assurde, anche quando sono necessarie, — sono<br />

orgoglioso di servire il mio paese, che per me significa Itaca, la nostra casa e tutti i Macauley.<br />

Non riconosco nemici al mondo, perché nessun essere umano può essere mio nemico. Chiunque<br />

esso sia, di qualunque colore abbia la pelle, per quanto errate possano essere le sue opinioni, mi<br />

è amico, e non nemico, perché egli non è diverso <strong>da</strong> me. Io non ce l'ho con lui, ma con quella<br />

parte di lui che prima di tutto cerco di distruggere in me stesso.<br />

Non mi sento un eroe. Non sono portato a sentimenti di questo genere. Non odio nessuno. Non mi<br />

sento neanche patriottico, perché è naturale per me amare il mio paese, i suoi ab<strong>it</strong>anti, le sue<br />

c<strong>it</strong>tà, la mia casa e la mia famiglia. Preferirei non essere sol<strong>da</strong>to. Preferirei che non ci fossero<br />

guerre, ma siccome sono sol<strong>da</strong>to e siccome una guerra c'è, è <strong>da</strong> un pezzo che mi sono proposto<br />

di fare il possibile per essere un buon sol<strong>da</strong>to.<br />

Non so affato che cosa mi aspetti, ma qualunque cosa sia, sono umilmente pronto ad accettarla.<br />

Ho una gran paura — te lo devo dire; ma so che quando verrà il momento, farò il mio dovere, e<br />

forse anche un po' più del mio dovere; ma voglio che tu sap<strong>pia</strong> che io non obbedisco a nessun<br />

comando, ma solo a quello che mi coman<strong>da</strong> il cuore. Mi faranno compagnia ragazzi di tutta<br />

l'America, di migliaia di c<strong>it</strong>tà come Itaca. Potrei morire in questa guerra. Devo farmi coraggio e<br />

dirtelo. Non mi <strong>pia</strong>ce per niente l'idea di morire. Più di ogni altra cosa al mondo desidero tornare a<br />

Itaca, e vivere molti, molti anni con te, con mia madre, mia sorella e mio fratello. Desidero tornare<br />

per Maria e per la casa e la famiglia che metteremo su insieme. E probabile che si parta presto —<br />

per il fronte. Non si sa quale fronte, ma è sicuro che partiremo presto. Può <strong>da</strong>rsi quindi che tu non<br />

riceva più lettere mie per un pezzo. Spero però che questa non sia la mia ultima lettera. Se così<br />

fosse, sentimi vicino lo stesso. Non credere che io sia an<strong>da</strong>to via per sempre. Fa che gli altri rron<br />

lo cre<strong>da</strong>no. Ho un amico qui che è orfano — un trovatello; è strano che fra tutti i ragazzi proprio<br />

lui sia diventato mio amico. Si chiama Tobey George. Gli ho parlato di Itaca e della nostra famiglia.<br />

Un giorno lo porterò a Itaca con me. Quando leggerai questa lettera, non essere triste. Sono<br />

contento di essere io quello dei Macauley che è in guerra, perché sarebbe peccato, e non


sarebbe giusto, che fossi tu.<br />

Posso scriverti ora quello che non ti ho mai potuto dire a voce. Tu sei il migliore dei Macauley.


Devi segu<strong>it</strong>are ad essere<br />

il migliore. Niente te lo deve impedire. Hai quattordici anni, ora, ma devi vivere fino a venti, trenta,<br />

quaranta, cinquanta, sessanta. E negli anni della tua v<strong>it</strong>a, devi vivere per l'etern<strong>it</strong>à. Credo che lo<br />

farai. Io ti guarderò sempre. Tu rappresenti quello per cui noi combattiamo. Sì, tu, mio fratello.<br />

Come potrei dirti queste cose, se fossimo insieme? Tu mi salteresti addosso e ti metteresti a far la<br />

lotta con me, e diresti che son pazzo; ma malgrado tutto, quello che ho detto è vero. Ora scriverò<br />

qui il tuo nome, perché tu te ne ricordi: Omero Macauley. Ecco quello che sei. Mi manchi molto.<br />

Non vedo l'ora di rivederti. Quando questo si avvererà, quando saremo di nuovo insieme, faremo<br />

la lotta, e mi lascerò buttare a terra <strong>da</strong> te in salotto, <strong>da</strong>vanti alla Mamma e a Bettina e. a Ulisse, e<br />

forse anche a Maria; ti lascerò vincere, perché sarò tanto felice di rivederti. Dio ti benedica.<br />

Addio. Tuo fratello, Marco. »<br />

in SAROYAN WILLIAM<br />

cinema film<br />

La cinematografia è un nuovo modo di scrivere, e quindi ha una sensibil<strong>it</strong>à altra, un altro<br />

movimento interiore.<br />

Non si tratta di "arte di serie B" o di sintesi succe<strong>da</strong>nea rispetto a teatro, letteratura o p<strong>it</strong>tura, ma<br />

della scoperta di altri mondi dentro di noi.<br />

in clelia mazzini


CINEMA LETTERATURA<br />

Non è un paese per vecchi: "Joel & Ethan Coen: così hanno trad<strong>it</strong>o un grandissimo libro e ne<br />

hanno fatto un grandissimo film"<br />

<strong>da</strong> Biblioteca di Garlasco di Silvana<br />

"Non è un paese per vecchi è il primo verso di una poesia di William Butler Yeats int<strong>it</strong>olata Sailing<br />

to Byzantium, in cui il poeta irlandese immortala le generazioni destinate a scomparire e parla di<br />

'ciò che è passato, sta passando e sta per venire'.<br />

Quando lo ha scelto come t<strong>it</strong>olo del suo penultimo romanzo, Cormac McCarthy ha utilizzato il<br />

verso per commentare lo stato d'animo del suo protagonista, lo sceriffo Ed Tom Bell, un uomo<br />

prossimo alla vecchiaia, che parla ripetutamente del tempo passato e pronuncia frasi come: 'Ero<br />

sceriffo di questa contea quando avevo venticinque anni'. Chiamati <strong>da</strong> Scott Rudin a dirigere<br />

l'a<strong>da</strong>ttamento cinematografico del romanzo, Joel ed Ethan Coen hanno immaginato sub<strong>it</strong>o per il<br />

ruolo dello sceriffo un attore carismatico come Tommy Lee Jones, ma hanno modificato il<br />

personaggio: il libro, che racconta il violentissimo inseguimento di un cacciatore che si imbatte in<br />

una valigia con due milioni di dollari, <strong>da</strong> parte di un assassino psicopatico, un bounty killer e vari<br />

narcotrafficanti, è punteggiato <strong>da</strong>l diario dello sceriffo, che riflette sul male e sulla sua misteriosa<br />

natura. Il film è molto fedele al libro sul <strong>pia</strong>no del plot, ma minimizza le riflessioni filosofiche del<br />

protagonista, che compaiono in una voce off iniziale e sono integrate in alcuni dialoghi. Non si<br />

tratta solo di una scelta tesa a spettacolarizzare l'a<strong>da</strong>ttamento cinematografico (il primo nella<br />

carriera dei Coen): a differenza di McCarthy, i due registi non sono interessati a riflettere sul<br />

perché esista la violenza, ma ne sembrano, invece, affascinati e risolvono la storia sul <strong>pia</strong>no delle<br />

immagini forti e dei dettagli apparentemente insignificanti che risultano però rivelatori, degli effetti<br />

sorprendenti. Fanno, in altre parole, del grande, grandissimo cinema, che esalta le potenzial<strong>it</strong>à<br />

drammaturgiche di una caccia all'uomo avvincente <strong>da</strong>l primo all'ultimo fotogramma, ma rischia di<br />

tradire l'essenza più intima e dolente del romanzo del grande scr<strong>it</strong>tore americano. Non è un paese<br />

per vecchi, che ha ottenuto mer<strong>it</strong>atamente otto candi<strong>da</strong>ture all'Oscar, è stato girato nei luoghi<br />

descr<strong>it</strong>ti nel romanzo, tra il New Mexico e il confine meridionale del Texas. E' l'area semidesertica<br />

dove è già stata ambientata la trilogia della frontiera di McCarthy e in cui, sulla montagna più alta,<br />

campeggia enorme la scr<strong>it</strong>ta 'La Bibbia è la ver<strong>it</strong>à, leggila'. E' un mondo in cui gli ab<strong>it</strong>anti vivono<br />

costantemente alla presenza della morte e i Coen immortalano questa condizione negli sguardi<br />

disincantati dei protagonisti, nell'ironia senza speranza e nelle esplosioni di crudeltà senza senso.<br />

Una battuta chiave è: 'Non puoi fermare quello che sta arrivando'. [...] Ma l'invenzione più<br />

affascinante e azzar<strong>da</strong>ta è quella relativa al personaggio di Anton Chigurh. Fedeli<br />

all'insegnamento di H<strong>it</strong>chcock, secondo cui più è riusc<strong>it</strong>o il cattivo più è riusc<strong>it</strong>o il film, i Coen<br />

hanno dedicato la massima attenzione a questo assassino psicopatico, che hanno trasformato<br />

nel vero protagonista. [...] Chigurh è una raffigurazione del male assoluto e risulta spaventoso<br />

proprio grazie alla scelta di farlo agire goffamente: il totale distacco con cui uccide, che si alterna<br />

a lampi di furia assassina, ne fanno uno dei malvagi più memorabili della storia del cinema. Il film<br />

ha un altro elemento vincente: non ha alcun commento musicale. I Coen non hanno mai fatto un<br />

cinema realistico, e anche in questo caso non cercano l'effetto ver<strong>it</strong>à: è la natura a parlare, con i<br />

suoi suoni esterni, e insieme a essa il fragore delle armi. Il panorama che si estende sconfinato<br />

intorno ai protagonisti, filmato con colori solenni <strong>da</strong> Roger Deakins, sembra identico a quello di<br />

milioni di anni fa, ma l'intervento dell'uomo porta costantemente volgar<strong>it</strong>à e degrado. In quella<br />

vasta area bruciata <strong>da</strong>l sole, dove un flusso di clandestini attraversa ogni giorno il Rio Grande, gli<br />

uomini si massacrano per una volontà di dominio che nega la dimensione del sogno e<br />

dell'emancipazione sociale. In un universo così degra<strong>da</strong>to non può che trionfare il diabolico Anton<br />

Chigurh: lui non ha né sogni, né ambizioni, e testimonia l'ineluttabil<strong>it</strong>à del male in un mondo che ha<br />

scelto le tenebre. E' questo il motivo per cui 'non è un paese per vecchi': chiunque abbia a cuore<br />

valori o sentimenti è destinato a soccombere, e solo lo sceriffo Bell sa che il passato non è<br />

necessariamente migliore del presente, ma porta almeno con sé la dign<strong>it</strong>à del vissuto." (<strong>da</strong><br />

Antonio Mon<strong>da</strong>, Joel & Ethan Coen: così hanno trad<strong>it</strong>o un grandissimo libro e ne hanno fatto un<br />

grandissimo film, "Il Venerdì di Repubblica", 15/02/'08)<br />

"No Country for Old Men: Texas Noir" (<strong>da</strong> NYTimesBooks)<br />

"No Country For Old Men: Are the Coens finally growing up?" (<strong>da</strong> Telegraph.co.uk)


in Cormac McCarthy<br />

CITARE<br />

"ripetere gli scr<strong>it</strong>ti gli uni degli altri, servono <strong>da</strong> strumenti a questo Spir<strong>it</strong>o per <strong>da</strong>re al mondo opere<br />

sempre nuove. E se le anime sapessero sottoporsi a quest'azione, la loro v<strong>it</strong>a non sarebbe che<br />

una continuazione<br />

delle divine scr<strong>it</strong>ture, le quali si esprimono fino alla fine del mondo non più con l'inchiostro e sulla<br />

<strong>carta</strong>, ma nei cuori."<br />

J.P. de Caussade, L'abbandono alla divina provvidenza, (proposta <strong>da</strong> Prisma)<br />

in J.P. de Caussade<br />

c<strong>it</strong>are<br />

Perché c<strong>it</strong>are? I motivi sono due: la modestia e l'orgoglio.<br />

Si c<strong>it</strong>a per modestia, riconoscendo che la giusta convinzione che condividiamo è stata originata<br />

<strong>da</strong> altri e che noi siamo arrivati dopo.<br />

Si c<strong>it</strong>a per orgoglio, poiché è più dign<strong>it</strong>oso e più cortese, secondo quanto disse Borges (mi<br />

perdoneranno la c<strong>it</strong>azione?), an<strong>da</strong>re orgogliosi delle pagine che si sono lette che non di quelle<br />

che si sono scr<strong>it</strong>te […] c<strong>it</strong>are è un altro modo di dire "non ho vissuto invano" (in questo caso<br />

"non ho letto invano") e anche "stavo pensando a te"<br />

SAVATER FERNANDO<br />

in SAVATER FERNANDO


c<strong>it</strong>azioni<br />

C<strong>it</strong>azione: motivo linguistico, figurativo o sonoro tratto <strong>da</strong> un contesto estraneo, quindi facilmente<br />

riconoscibile, e inser<strong>it</strong>o in un contesto attuale.<br />

La c<strong>it</strong>azione è uno dei concetti con cui convenzionalmente si indica la memoria intertestuale dei<br />

testi nella filologia tradizionale. Un altro "interlocutore", assente, viene destato ed evocato nel<br />

proprio discorso.<br />

Nel Medioevo e nell'Antich<strong>it</strong>à si c<strong>it</strong>ava "a senso", non letteralmente - e quindi propriamente in<br />

modo "errato" - invece, a partire <strong>da</strong>l XVI secolo, le virgolette indicano la letteral<strong>it</strong>à dell'estratto.<br />

Attraverso la c<strong>it</strong>azione un testo dichiara di richiamarsi all'autor<strong>it</strong>à di un altro e interpreta un<br />

presente trascorso come tuttora efficace.<br />

La c<strong>it</strong>azione è una mo<strong>da</strong>l<strong>it</strong>à di formazione della memoria attraverso la ripetizione. Essa è attestata<br />

e messa a disposizione in raccolte o antologie di c<strong>it</strong>azioni, i "luoghi", in cui la circolazione della<br />

c<strong>it</strong>azione si sedimenta ed emerge la tensione tra ripet<strong>it</strong>iv<strong>it</strong>à e ricercatezza. Nella misura in cui la<br />

c<strong>it</strong>azione fa tornare presente il passato inserendolo in un nuovo contesto essa può fungere <strong>da</strong><br />

caso paradigmatico, o addir<strong>it</strong>tura <strong>da</strong> modello del ricordo in generale.<br />

La facile c<strong>it</strong>abil<strong>it</strong>à e la dign<strong>it</strong>à di c<strong>it</strong>azione indicano due aspetti della c<strong>it</strong>azione come mo<strong>da</strong>l<strong>it</strong>à di<br />

trasmissione culturale.<br />

Il primo aspetto corrisponde alla forma con cui qualcosa si insinua nella memoria. Si indica con<br />

essa una sorta di posterior<strong>it</strong>à di ciò che viene ricor<strong>da</strong>to: tale posterior<strong>it</strong>à non è un presupposto,<br />

ma piuttosto un effetto della c<strong>it</strong>azione<br />

Il secondo aspetto è un modo dell''auctor<strong>it</strong>as, di quell'autor<strong>it</strong>à che attraverso la c<strong>it</strong>azione viene<br />

chiamata in causa e così trasfer<strong>it</strong>a sulla c<strong>it</strong>azione stessa. L'atto di c<strong>it</strong>are esibisce e dimostra il<br />

suo presupposto: la disponibil<strong>it</strong>à di ciò che viene richiamato e ripetuto e l'autor<strong>it</strong>à del discorso<br />

c<strong>it</strong>ato. Ciò che viene presentificato nella c<strong>it</strong>azione racchiude un presente che solo la c<strong>it</strong>azione<br />

conquista e che non è <strong>da</strong>to prima della ripetizione in essa: una presenza che si <strong>da</strong> a posteriori,<br />

postuma.<br />

Nella c<strong>it</strong>azione l'evocazione del ricordo è un "travisare", il contesto <strong>da</strong> cui la c<strong>it</strong>azione è tratta<br />

viene spezzato e la c<strong>it</strong>azione ne viene estrapolata per poter essere conservata e quindi poter<br />

tornare in uso.<br />

W. Benjamin ha proposto una formula per indicare questo nesso di distruzione e permanenza:<br />

«alcuni traman<strong>da</strong>no le cose rendendole intangibili e conservandole, altri le s<strong>it</strong>uazioni, mettendole<br />

a disposizione e liqui<strong>da</strong>ndole» (in II carattere distruttivo).<br />

In quanto c<strong>it</strong>azioni le parole o le frasi sono svincolate <strong>da</strong>l contesto in cui generano senso.<br />

Trasfer<strong>it</strong>o e inser<strong>it</strong>o in un'altra costellazione ciò che viene c<strong>it</strong>ato diviene leggibile tram<strong>it</strong>e il testo in<br />

cui è c<strong>it</strong>ato, stabilendo nuove connessioni e acquisendo un nuovo contesto. Anche la scr<strong>it</strong>tura<br />

della storia può essere defin<strong>it</strong>a - in senso lato - come una forma di «c<strong>it</strong>azione» attraverso cui<br />

«quello che di volta in volta è l'oggetto storico viene strappato al suo contesto»<br />

(Benjamin, I passages di Parigi)<br />

e in tal modo conservato per divenire finalmente leggibile.<br />

La dign<strong>it</strong>à di c<strong>it</strong>azione e la facile c<strong>it</strong>abil<strong>it</strong>à impostano la differenza fra la consacrazione di un nome<br />

attraverso la c<strong>it</strong>azione e l'anonim<strong>it</strong>à della c<strong>it</strong>azione.<br />

Come topos, fra l'attribuzione di autor<strong>it</strong>à attraverso la voce di una personal<strong>it</strong>à del passato e<br />

l'anonimato di ciò che viene semplicemente ripetuto. Ciò che viene c<strong>it</strong>ato abbastanza di frequente<br />

non esige più alcuna autor<strong>it</strong>à alle spalle, ma piuttosto una ricorrenza, che lo rende un luogo<br />

comune, e una ripetibil<strong>it</strong>à (meme).<br />

Il "detto proverbiale" può anche aver conservato nel lessico delle c<strong>it</strong>azioni il riferimento alla fonte<br />

originaria , tuttavia, più è proverbiale, meno fa riferimento a quest'origine.<br />

La c<strong>it</strong>azione è una cerniera fra passato e presente nella misura in cui interrompe il discorso<br />

presente per richiamare il passato e inserirlo come frammento. La condizione interessa il<br />

discorso attuale, ma mantiene lo stesso la possibil<strong>it</strong>à, che le aleggia intorno come uno spettro, di<br />

un'ulteriore penetrazione del testo attraverso altri discorsi.<br />

In: Nicolas Pethes, Jens Ruchatz (edizione <strong>it</strong>aliana a cura di Andrea Borsari, Dizionario della<br />

memoria e del ricordo, Bruno Mon<strong>da</strong>dori, 2002, pagg. 87-89


in Nicolas Pethes, Jens Ruchatz<br />

c<strong>it</strong>tà amster<strong>da</strong>m<br />

Amster<strong>da</strong>m<br />

A portarmi fu il caso tra le nove<br />

e le dieci d’una domenica mattina<br />

svoltando a un ponte, uno dei tanti, a destra<br />

lungo il semigelo d’un canale. E non<br />

questa è la casa, ma soltanto<br />

– mille volte già vista –<br />

sul cartello dimesso: “Casa di Anna Frank”.<br />

Disse più tardi il mio compagno: quella<br />

di Anna Frank non dev’essere, non è<br />

privilegiata memoria. Ce ne furono tanti<br />

che crollarono per sola fame<br />

senza il tempo di scriverlo.<br />

Lei, è vero, lo scrisse.<br />

Ma a ogni svolta a ogni ponte lungo ogni canale<br />

continuavo a cercarla senza trovarla più<br />

r<strong>it</strong>rovandola sempre.<br />

Per questo è una e inson<strong>da</strong>bile Amster<strong>da</strong>m<br />

nei suoi tre quattro variabili elementi<br />

che fonde in tante un<strong>it</strong>à ricorrenti, nei suoi<br />

tre quattro fradici o acerbi colori<br />

che quanto è grande il suo spazio perpetua,<br />

anima che s’irraggia ferma e limpi<strong>da</strong><br />

su migliaia d’altri volti, germe<br />

dovunque e germoglio di Anna Frank.<br />

Per questo è sui suoi canali vertiginosa Amster<strong>da</strong>m.<br />

in v<strong>it</strong>torio sereni<br />

V<strong>it</strong>torio Sereni


CLASSICI<br />

PERCHE' LEGGERE I CLASSICI<br />

Nel 1981 Calvino pubblicò un breve saggio sul perchè leggere i classici (e su cosa si debba<br />

intendere per un "classico").<br />

1. I classici sono quei libri di cui si sente dire di sol<strong>it</strong>o "sto rileggendo..." e non "sto leggendo..."<br />

2. Si dicono classici quei libri che cost<strong>it</strong>uiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati; ma<br />

cost<strong>it</strong>uiscono una ricchezza non minore per chi si riserba la fortuna di leggerli per la prima volta<br />

nelle condizioni migliori per gustarli<br />

3. I classici sono libri che eserc<strong>it</strong>ano un'influenza particolare sia quando s'impongono come<br />

indimenticabili, sia quando si nascondono nelle pieghe della memoria mimetizzandosi <strong>da</strong> inconscio<br />

collettivo o individuale<br />

4. D'un classico ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima<br />

5. D'un classico ogni prima lettura è in realtà una rilettura<br />

6. Un classico è un libro che non ha mai fin<strong>it</strong>o di dire quel che ha <strong>da</strong> dire<br />

7. I classici sono quei libri che ci arrivano portando su di sé la traccia delle letture che hanno<br />

preceduto la nostra e dietro di sé la traccia che hanno lasciato nella cultura o nelle culture che<br />

hanno attraversato (o più semplicemente nel linguaggio o nel costume)<br />

8. Un classico è un'opera che provoca incessantemente un pulviscolo di discorsi cr<strong>it</strong>ici su di sé,<br />

ma continuamente se li scrolla di dosso<br />

9. I classici sono libri che quanto più si crede di conoscere per sent<strong>it</strong>o dire, tanto più quando si<br />

leggono <strong>da</strong>vvero si trovano nuovi, inaspettati, ined<strong>it</strong>i<br />

10. Chiamasi classico un libro che si configura come equivalente dell'universo, al pari degli antichi<br />

talismani<br />

11. Il "tuo" classico è quello che non può esserti indifferente e che ti serve per definire te stesso<br />

in rapporto e magari in contrasto con lui<br />

12. Un classico è un libro che viene prima degli altri classici; ma chi ha letto prima gli altri e poi<br />

legge quello, riconosce sub<strong>it</strong>o il suo posto nella genealogia<br />

13. E' classico tutto ciò che tende a relegare l'attual<strong>it</strong>à al rango di rumore di fondo, ma nello<br />

stesso tempo di questo rumore di fondo non può fare a meno<br />

14. E' classico ciò che persiste come rumore di fondo anche là dove l'attual<strong>it</strong>à più incompatibile fa<br />

<strong>da</strong> padrona.<br />

Italo Calvino. Da "Perchè leggere i classici", 1981<br />

====================<br />

Sulla lettura:<br />

Il decalogo dei dir<strong>it</strong>ti del lettore<br />

Non l'ho letto e non mi <strong>pia</strong>ce<br />

Contorsioni di una lettrice<br />

Tecniche di sopravvivenza di una lettrice comune


L'arte di non leggere


in <strong>it</strong>alo calvino<br />

complotto contro l'America<br />

di PattyBruce<br />

"Il complotto contro l'America" - Philip Roth - Einaudi ET - pagg. 410 - €. 12,80<br />

Philp Roth si cimenta nel romanzo ucronico, quel genere che si potrebbe chiamare "fantastoria"<br />

perché reinventa la Storia tram<strong>it</strong>e la modificazione di alcuni avvenimenti, che <strong>da</strong>nno il via ad una<br />

catena di conseguenze possibili, che nella realtà non si sono mai verificate (un altro esempio<br />

famoso di romanzo ucronico è "La svastica sul sole" di P.K.Dick).<br />

Stati Un<strong>it</strong>i 1940: alle elezioni presidenziali C.A. Lindbergh, noto isolazionista e filonazista (nonché<br />

eroe dell'aeronautica che trasvolò per primo l'oceano a bordo dello "Spir<strong>it</strong> of St.Louis") ottiene una<br />

v<strong>it</strong>toria schiacciante contro F.D. Roosevelt, che si candi<strong>da</strong> per il suo terzo man<strong>da</strong>to<br />

presidenziale. Da questo momento inizia il calvario per gli ebrei americani, e la famiglia del piccolo<br />

Philip viene travolta <strong>da</strong> una serie di tragedie a catena.<br />

Tutto plausibile, tutto possibile, narrato <strong>da</strong>l punto di vista di un bambino e della sua comunissima<br />

famiglia di ebrei americani, che sono e si sentono americani come chiunque altro e vivono la loro<br />

semplice esistenza strettamente legata ai loro vicini a Newark, in un quartiere quasi totalmente<br />

ab<strong>it</strong>ato <strong>da</strong> ebrei.<br />

Riflettendo, ho pensato che se non avessi saputo nulla della Storia degli ultimi 68 anni, avrei<br />

creduto che questa fosse una storia vera, testimonianza di chi ha vissuto un periodo<br />

particolarmente cupo e pericoloso. Come sempre, la capac<strong>it</strong>à di Roth di creare e descrivere<br />

personaggi straordinari nella loro semplic<strong>it</strong>à, mi incanta, e il suo stile di scr<strong>it</strong>tura mi trasporta<br />

letteralmente in altri luoghi ed in altri tempi.<br />

in Philip Roth<br />

comunicare<br />

"Parliamoci chiaro"<br />

Ho sempre temuto questa frase, che non è mai un inv<strong>it</strong>o alla trasparenza, ma l'apertura delle<br />

ostil<strong>it</strong>à<br />

PONTIGGIA Giuseppe<br />

in PONTIGGIA Giuseppe


comunicare asimmetria comunicativa<br />

Ad rivum eundem Lupus et Agnus venerant s<strong>it</strong>i compulsi: superior stabat Lupus, longeque<br />

inferior Agnus: tunc fauce improba latro inc<strong>it</strong>atus jurgii causam intul<strong>it</strong>. Cur, inqu<strong>it</strong>, turbulentam<br />

fecisti mihi istam bibenti? Laniger contra timens, qui possum, quaeso, facere quod quereris,<br />

Lupe? A te decurr<strong>it</strong> ad meos haustus liquor. Repulsus ille ver<strong>it</strong>atis viribus, ante hos sex menses<br />

male, a<strong>it</strong>, dixisti mihi. Respond<strong>it</strong> Agnus: equidem natus non eram. Pater hercle tuus, inqu<strong>it</strong>,<br />

maledix<strong>it</strong> mihi. Atque <strong>it</strong>a correptum lacerat injusta nece.<br />

Haec popter illos scripta est homines fabula, qui ficti caussi innocentes opprimunt.<br />

Un lupo e un agnello, spinti <strong>da</strong>lla sete, si r<strong>it</strong>rovarono a bere nello stesso ruscello. Il lupo era più a<br />

monte, mentre l'agnello beveva a una certa distanza, verso valle. La fame però spinse il lupo ad<br />

attaccar briga e allora disse: "Perché osi intorbi<strong>da</strong>rmi l'acqua?"<br />

L'agnello tremando rispose: "Come posso fare questo se l'acqua scorre <strong>da</strong> te a me?"<br />

"E' vero, ma tu sei mesi fa mi hai insultato con brutte parole".<br />

"Impossibile, sei mesi fa non ero ancora nato".<br />

"Allora" riprese il lupo "fu certamente tuo padre a rivolgermi tutte quelle villanie". Quindi saltò<br />

addosso all'agnello e se lo mangiò.<br />

Questo racconto è rivolto a tutti coloro che opprimono i giusti nascondendosi dietro falsi pretesti.<br />

Il lupo e l'agnello (Lupus et agnus) di Fedro<br />

in Fedro<br />

comunicare film<br />

Il senso di un film è incorporato al suo r<strong>it</strong>mo come il senso di un gesto è immediatamente leggibile<br />

nel gesto,<br />

e il film non vuoi dire nient'altro che se stesso. [...]<br />

È la felic<strong>it</strong>à dell'arte di mostrare come qualcosa diventi significato [...]<br />

grazie alla disposizione temporale o spaziale degli elementi.<br />

Merleau-Ponty, Maurice<br />

in Merleau-Ponty, Maurice<br />

comunicare film<br />

Fare un film significa migliorare la v<strong>it</strong>a, sistemarla a modo proprio, significa prolungare i giochi<br />

dell'infanzia<br />

Truffaut Francois<br />

in Truffaut Francois<br />

comunicare lingue straniere<br />

non utilizzare mai un'espressione straniera, un termine scientifico o una parola difficile se puoi<br />

trovare l'equivalente nel linguaggio quotidiano<br />

ORWELL GEORGE<br />

in ORWELL GEORGE<br />

comunicare TELEVISIONE<br />

La televisione è un'invenzione che vi permette di farvi divertire nel vostro soggiorno <strong>da</strong> gente che<br />

non vorreste mai avere in casa<br />

Frost David<br />

in Frost David


COMUNICAZIONE<br />

E’ facile dire: “Eccomi!” - Bisogna anche esserci.<br />

Stanisław Jerzy Lec, Pensieri spettinati<br />

in Stanisław Jerzy Lec<br />

comunicazione ascolto<br />

Barthes ha distinto tra tipi di ascolto:<br />

quello degli indizi sonori, dei nostri progen<strong>it</strong>ori, animali e primati: l'ascolto come allarme.<br />

L'ascolto come decifrazione: è l'ascolto dell'uomo, decifra e interpreta.<br />

E l'ascolto «applicato»: l'atto intenzionale dell'ascolto, fenomeno del tutto moderno. Questo tipo di<br />

ascolto, quello contemporaneo, è tuttavia ancora un ascolto panico: aperto a tutte le forme di<br />

ascolto. Qui siamo vicini all'ascolto delle spie, delle talpe.<br />

Parlando di questo terzo ascolto Barthes ha scr<strong>it</strong>to che non c'è più <strong>da</strong> una parte chi si confi<strong>da</strong>,<br />

confessa, e <strong>da</strong>ll'altra chi ascolta, tace, sanziona, valuta: ciascuno è nello stesso tempo ascoltato<br />

e a sua volta ascolta. La contemporane<strong>it</strong>à è dunque il paradiso delle spie?<br />

Barthes parla di «ascolto libero», un ascolto che circola e scambia, quindi disgrega con la sua<br />

mobil<strong>it</strong>à la rete rigi<strong>da</strong> degli antichi luoghi d'ascolto: il carcere, il confessionale, la camera <strong>da</strong> letto.<br />

in Barthes<br />

COMUNICAZIONE CONVERSAZIONE<br />

le discussioni pacate sono quelle che prediligo perchè sono certamente più costruttive.<br />

Si può pensare in maniera opposta ma discutere in modo civile, così si riesce a trovare sempre<br />

un punto di contatto.<br />

Come posso ev<strong>it</strong>o le polemiche fini a se stesse perchè non aggiungono niente, di sol<strong>it</strong>o.<br />

in DODO<br />

COMUNICAZIONE CONVERSAZIONE CONFLITTI<br />

"Per eserc<strong>it</strong>are la nostra umiltà e pazienza Dio si serve di persone che ci fanno male. Un giorno<br />

vedremo quanto ci sono utili coloro che ci crocifiggono."<br />

Jacques Bénigne Bossuet<br />

in Bossuet acques Bénigne


COMUNICAZIONE internet RETE<br />

Milano, 5 giugno 2007<br />

Nell’era delle tecnologie il 52% degli <strong>it</strong>aliani non usa ancora Internet. E parliamo di qualcosa come<br />

26.6 milioni di <strong>it</strong>aliani. Se poi si analizza quel 31% che rappresenta la reale “avanguardia<br />

tecnologica” si assiste ad un’ulteriore suddivisione: a fronte di un 14% della popolazione<br />

(qualcosa come 7.4 milioni di <strong>it</strong>aliani) che abbina un uso consapevole, interattivo ed evoluto delle<br />

tecnologie con un’elevata propensione al consumo di contenuti culturali (sono i cosiddetti<br />

Eclettici), troviamo un 17%, pari a 8.9 milioni di <strong>it</strong>aliani (i cosiddetti Technofan) che utilizzano le<br />

tecnologie per lo più in modo passivo, come svago o per comunicare. Dai <strong>da</strong>ti che emergono<br />

<strong>da</strong>ll’in<strong>da</strong>gine probabilmente questo gap rischia nel futuro di aumentare.<br />

E’ questa la fotografia (in allegato la sintesi) tracciata <strong>da</strong> ACNielsen nell’in<strong>da</strong>gine “Liquidi e mutanti.<br />

Industrie dei contenuti & consumatori dig<strong>it</strong>ali” commissionata <strong>da</strong>ll’Osservatorio permanente sui<br />

contenuti dig<strong>it</strong>ali, presentata oggi a Roma. La ricerca è stata realizzata su un campione<br />

rappresentativo della popolazione <strong>it</strong>aliana di 8.500 individui con più di 14 anni per la parte<br />

quant<strong>it</strong>ativa e su specifici focus group per cinque tipologie di utilizzatori di contenuti (<strong>da</strong>i 13 ai<br />

50enni) per la parte qual<strong>it</strong>ativa. Cosa ne è emerso?<br />

Gli <strong>it</strong>aliani un popolo con bassa propensione alla cultura e tecnologicamente poco evoluti? Ad<br />

orientare gli utenti verso un utilizzo evoluto e interattivo delle nuove tecnologie (più cultura=uso<br />

più consapevole ed evoluto delle tecnologie) non è tanto la disponibil<strong>it</strong>à o l’uso frequente delle<br />

tecnologie nuove e di tendenza: la tecnologia di per sé cost<strong>it</strong>uisce uno strumento neutro. Quello<br />

che fa la differenza è l’ab<strong>it</strong>udine alla fruizione di consumi culturali. Maggiore è il consumo di<br />

cultura e maggiore è la propensione all’uso di tecnologie innovative: sono gli Eclettici, forti lettori,<br />

alti acquirenti di musica e DVD e consumatori di cinema, i più forti utilizzatori delle potenzial<strong>it</strong>à<br />

offerte <strong>da</strong>l Web 2.0.<br />

I forti fru<strong>it</strong>ori di programmi TV tendono invece a un consumo tecnologico ridotto: più che di dig<strong>it</strong>al<br />

divide è quindi più corretto parlare di cultural divide. Non emergono nemmeno grandi differenze<br />

tra Nord e Sud, conta invece molto di più se si vive in una grande c<strong>it</strong>tà o in un piccolo centro.<br />

E il futuro? Uso evoluto delle tecnologie e forti consumi culturali sono strettamente legati:<br />

<strong>da</strong>ll’in<strong>da</strong>gine emerge chiaramente però che - ed è questo il segnale più preoccupante - anche i<br />

gen<strong>it</strong>ori tecnologicamente più avanzati, non riescano a trasmettere la passione per la cultura ai<br />

figli, che, di conseguenza sempre di più, utilizzeranno le tecnologie come puro gadget. Anche i<br />

figli di gen<strong>it</strong>ori Eclettici, legati cioè alle tecnologie e alla cultura, stanno migrando nel gruppo dei<br />

Technofan, sicuramente emancipati in fatto di tecnologia, ma poco dotati di strumenti culturali che<br />

permettano loro di controllarla e gestirla.<br />

Le ragazze hanno più confidenza con le tecnologie? Un segnale pos<strong>it</strong>ivo viene <strong>da</strong>lle più giovani:<br />

non solo le 14-24enni usano Internet quanto i loro colleghi maschi ma l’utilizzo settimanale di forum<br />

e blog vede un’incidenza superiore tra le donne giovani (14-24 anni) rispetto ai loro coetanei<br />

maschi (43% vs 35% tra le 14-19enni e 28% vs 19% tra le 20-24enni, base utilizzatori internet),<br />

probabilmente per maggior bisogno confronto e condivisione. A partire <strong>da</strong>i 25 anni sono invece i<br />

maschi ad essere maggiori utilizzatori. Al contrario l’utilizzo di sistemi di file sharing risulta un<br />

“fatto maschile” in tutte le fasce d’età.<br />

Le <strong>pia</strong>ttaforme più utilizzate: (almeno una volta alla settimana) il PC con DVD (39%) e il cellulare<br />

conMP3/video/fotocamera (33%), segu<strong>it</strong>o <strong>da</strong>l lettore DVD (26%). Lettore MP3/i-Pod e TV LCD/al<br />

plasma seguono con il 15%. Sistemi di messaggistica istantanea (Messenger, Skype) e<br />

forum/blog sono i servizi Internet più frequentemente utilizzati: lo usano almeno una volta la<br />

settimana rispettivamente il 27% e il 22% degli utilizzatori di internet.<br />

Gli acquisti di contenuti online: fenomeno emergente. L’acquisto di CD, DVD e libri avviene ancora<br />

massicciamente offline. L’online è un fenomeno ancora contenuto che interessa ad oggi circa il<br />

10% degli heavy user di internet, coloro che si connettono <strong>da</strong> casa tutti i giorni o quasi (e il 3% se


iportato alla popolazione <strong>it</strong>aliana nel suo complesso). Il ruolo di internet è ancora solo emergente<br />

con la parziale eccezione del P2P per la musica (15% della popolazione) e i video (11% della


popolazione) ok. Il free download per la musica si attesta all’8% della popolazione.<br />

“L’in<strong>da</strong>gine evidenzia in modo chiaro che l’utilizzo consapevole ed evoluto delle tecnologie<br />

dipende in gran parte <strong>da</strong>gli strumenti culturali di cui gli utilizzatori sono dotati – ha sottolineato il<br />

presidente del Gruppo Ed<strong>it</strong>oria Dig<strong>it</strong>ale di AIE, Fernando Folini – Solo creando condizioni per il loro<br />

sviluppo sarà possibile sfruttare e sviluppare al meglio le opportun<strong>it</strong>à che le innovazioni man<br />

mano presenteranno. Per questo AIE, AIDRO, FIMI, UNIVIDEO e CINECITTÁ HOLDING hanno scelto<br />

di <strong>da</strong>re v<strong>it</strong>a ad un osservatorio permanente. Da questi <strong>da</strong>ti ripartiamo, non solo per avvicinare la<br />

cultura e i contenuti culturali in dig<strong>it</strong>ale ai giovani e meno giovani, ma anche per capire come<br />

sensibilizzare al meglio gli <strong>it</strong>aliani su temi delicati per noi irrinunciabili come la tutela del dir<strong>it</strong>to<br />

d’autore”.<br />

IN http://www.acnielsen.<strong>it</strong>/news/Osservatorio.shtml<br />

in<br />

comunicazione nemico<br />

Diffama sempre il tuo nemico. Vedrai che qualcosa resta nella memoria della gente.<br />

Francis Bacon<br />

in Francis Bacon<br />

comunicazione parole<br />

amare le parole col gusto che il musicista ha per i suoni ed i timbri, il p<strong>it</strong>tore per i colori e gli<br />

impasti, lo scultore per le forme e la pelle della materia<br />

Fosco Maraini<br />

in maraini fosco


COMUNICAZIONE SCRITTURA AFORISMA<br />

L’aforisma è una breve frase che esprime in modo conciso e sostanzioso riflessioni e<br />

considerazioni personali, basate su una lunga esperienza di v<strong>it</strong>a e un’attenta osservazione della<br />

realtà (<strong>da</strong>l greco aphorizein, delim<strong>it</strong>are).<br />

Fa parte, sin <strong>da</strong>ll’epoca classica, di una famiglia di forme brevi del modo «gnomico» o<br />

moraleggiante: il proverbio, la sentenza, la massima, l’epigramma. Si distingue <strong>da</strong>lle forme più<br />

vicine, come il proverbio, perché non vuol essere espressione di un’esperienza generale, e la<br />

sentenza (o massima), perché è più sciolto, arguto, soggettivo.<br />

Fra le sue caratteristiche stilistiche: l’uso di figure come l’ant<strong>it</strong>esi, il paradosso, l’enfasi, l’iperbole.<br />

Spesso presenta anche una certa ambigu<strong>it</strong>à e allusiv<strong>it</strong>à; il che significa che l’aforisma si presenta<br />

al lettore non come forma chiusa in sé, ma sollec<strong>it</strong>andolo a lasciarsi coinvolgere, a contribuire<br />

con una propria riflessione.<br />

Gli aforismi sono a volte raccolti per temi (come avviene nelle opere di Kraus e di Nietzsche),<br />

oppure senza nessun ordine, come «frammenti di pensieri» posti l’uno accanto all’altro. Già<br />

praticati nella letteratura classica e in quella europea del passato (hanno spesso un carattere<br />

aforistico, per esempio, i Ricordi di Guicciardini, i Saggi di Montaigne, i Pensieri di Pascal), gli<br />

aforismi sono divenuti un modo d’espressione tipico di quegli scr<strong>it</strong>tori moderni che privilegiano<br />

l’esperienza soggettiva e intu<strong>it</strong>iva del pensiero, preferiscono la penetrazione al sistema, rifiutano i<br />

valori stabil<strong>it</strong>i e chiusi e le grandi costruzioni filosofiche (F.Schlegel, A. Schopenauer,<br />

F.Nietzsche, S.Kierkegaard, P.Valéry, K.Kraus, R.Musil, W.Benjamin, T.W.Adorno).<br />

<strong>da</strong> REMO CESERANI - LIDIA DE FEDERICIS, Il materiale e l’immaginario. Laboratorio di analisi dei<br />

testi e di lavoro cr<strong>it</strong>ico, 8 tomo primo, LOESCHER EDITORE 1982, pag.434<br />

in REMO CESERANI - LIDIA DE FEDERICIS<br />

COMUNICAZIONE SILENZIO<br />

"A parole sceme, orecchie sorde"<br />

Proverbio sardo ricor<strong>da</strong>to <strong>da</strong> Beppe Pisanu<br />

in Beppe Pisanu<br />

CONCETTI<br />

I regimi di funzionamento delle opposizioni concettuali (cfr. concetto) sono differenti nel m<strong>it</strong>o (cfr.<br />

natura/cultura e anthropos, maschile/femminile, caos/cosmo, natura e mythos/logos), nelle<br />

filosofie (cfr. essere, ident<strong>it</strong>à/differenza, filosofia/filosofie) e nel pensiero scientifico (cfr.<br />

astratto/concreto, qual<strong>it</strong>à/quant<strong>it</strong>à conoscenza, scienza), e si diversificano ancora in rapporto<br />

alle configurazioni storiche del sapere. Ma, in quanto forma fon<strong>da</strong>mentale del pensiero<br />

categoriale (cfr. categorie/categorizzazione e sistematica e classificazione), le opposizioni<br />

concettuali informano nello stesso tempo quelle configurazioni. La loro classificazione, <strong>da</strong>lle<br />

simmetrie (cfr. simmetria) fino alle contraddizioni (cfr. opposizione/contraddizione), deve tener<br />

conto di quest’ambigu<strong>it</strong>à che è loro cost<strong>it</strong>utiva; essa si forma <strong>da</strong> un lato a partire <strong>da</strong>lla logica della<br />

negazione e <strong>da</strong>lle corrispondenti figure di mediazione (cfr. dialettica), <strong>da</strong>ll’altro collegando le<br />

opposizioni a coppie di intuizioni semantiche soggiacenti al discorso e alla cognizione (cfr.<br />

semantica), in particolare: continuo/discreto, analogico/dig<strong>it</strong>ale, metaforia/metonimia,<br />

analisi/sintesi, integrazione e differenziamento, uno/molti.<br />

in<br />

[ Sintesi della voce Coppie filosofiche, curata <strong>da</strong> Fernando Gil, Enciclopedia 3, pp.1050-1095 ]


CONOSCENZA<br />

SINTESI DELLA VOCE CONOSCENZA, CURATA DA FERNANDO GIL<br />

Volume 3° dell’Enciclopedia Einaudi, pp.778-805<br />

La problematic<strong>it</strong>à della conoscenza è associata alle mo<strong>da</strong>l<strong>it</strong>à della sua trasmissione: così, le<br />

forme della conoscenza possono essere disposte attorno alla grande opposizione orale/scr<strong>it</strong>to,<br />

alla luce della quale si descriverà il passaggio storico <strong>da</strong> una conoscenza basata sulla parola<br />

(magari consegnata in un libro sacro: un libro che parla) a un sapere socialmente mediato<br />

attraverso la scr<strong>it</strong>tura (cfr. anche esoterico/essoterico). La conoscenza moderna si basa sulla<br />

produzione di un sapere cumulativo e sistematico (cfr. sistematica e classificazione), universale<br />

ed astratto (cfr. in generale astratto/concreto, analisi/sintesi) ben diverso <strong>da</strong> quello consegnato<br />

nelle antiche discipline (cfr. disciplina/discipline). Preannunziata <strong>da</strong>lla ricerca medievale e<br />

rinascimentale di un metodo la conoscenza moderna ha trovato la sua figura più propria nella<br />

scienza, e il suo veicolo di trasmissione nella scuola (cfr. insegnamento). La scienza è<br />

artefattuale (cfr. naturale/artificiale, convenzione) sia nel modo di produzione dei suoi concetti<br />

(cfr. concetto), sia nei suoi procedimenti (cfr. esperimento, osservazione), sia infine nei suoi<br />

oggetti (cfr. empiria/esperienza). Trasportata <strong>da</strong> un movimento senza fine in vista della<br />

corroborazione delle sue teorie (cfr. teoria, verificabil<strong>it</strong>à/falsificabil<strong>it</strong>à), la scienza ha come ideale<br />

un sapere obiettivo (cfr. soggetto/oggetto) e formalizzato (cfr. formalizzazione), peraltro sempre<br />

legato a determinate pratiche sociali (cfr. teoria/pratica).Complementare ad essa sul <strong>pia</strong>no<br />

psicologico è una teoria della cognizione che vede l’apprendimento come un processo di<br />

socializzazione, col passaggio <strong>da</strong>lla soggettiv<strong>it</strong>à individuale a una razional<strong>it</strong>à condivisa (cfr.<br />

ragione, razionale/irrazionale). Sul <strong>pia</strong>no filosofico (cfr. filosofia/filosofie), il confronto fra le teorie<br />

aristotelica e cartesiana dell’errore, la distinzione tra qual<strong>it</strong>à primarie e secon<strong>da</strong>rie, permettono di<br />

cogliere simultaneamente aspetti epistemologici e psicologici, e la scienza appare in tal modo<br />

come uno strumento privilegiato per assicurare una comunicazione tra soggetti «normalizzati».<br />

in FERNANDO GIL<br />

controllare<br />

PARSONS T.descrive tre metodi di controllo sociale:<br />

-isolamento<br />

scopo di tenere il deviante lontano <strong>da</strong>gli<br />

altri<br />

-allontanamento<br />

lim<strong>it</strong>a i contatti del deviante con gli altri<br />

ma non lo segrega completamente <strong>da</strong>lla società<br />

e gli consente,dopo un certo tempo, di<br />

r<strong>it</strong>ornare ad accettare le norme della società<br />

-riabil<strong>it</strong>azione<br />

processo attraverso il quale molti devianti<br />

vengono aiutati a riassumere il loro ruolo<br />

nella società (anche la psicotera<strong>pia</strong>)<br />

in PARSONS TALCOTT


controllare<br />

I modi del controllo sociale.<br />

Mezzi:<br />

1) controllo diretto (fisico): violenza<br />

2) controllo organizzativo: ap<strong>parati</strong> burocratici<br />

3) controllo dei risultati: competizione economica<br />

4) controllo ideologico: manifestazione dell'adesione<br />

5) controllo d'amore: identificazione totale o espressione della fiducia<br />

6) controllo per saturazione: diffusione di un solo testo indefin<strong>it</strong>ivamente ripetuto<br />

7) controllo per dissuasione: instaurazione di un sistema di sche<strong>da</strong>tura e di un apparato<br />

poliziesco che metta in rotta ogni tentativo di contestazione<br />

in ENRIQUEZ EUGENE<br />

conversare<br />

la conversazione è fecon<strong>da</strong> soltanto fra spir<strong>it</strong>i ded<strong>it</strong>i a consoli<strong>da</strong>re le proprie perpless<strong>it</strong>à<br />

la conversation n'est féconde qu'entre espr<strong>it</strong>s attachés à consolider leurs perplex<strong>it</strong>és<br />

Cioran Emil<br />

in CIORAN EMIL<br />

CONVERSAZIONE<br />

"una buona conversazione ha presa: ci apre gli occhi su qualcosa, ci fa drizzare le orecchie. una<br />

buona conversazione lascia degli echi: più tardi, nel corso della giornata, nella nostra mente si<br />

continua a parlare; e il giorno dopo ci si r<strong>it</strong>rova ancora a conversare con quello che è stato detto.<br />

... e' necessario ripensare a cosa è la conversazione. Il termine significa 'cambiare direzione<br />

con', tornare indietro, invertire il movimento, e probabilmente ha a che fare con l'an<strong>da</strong>re avanti e<br />

indietro con qualcuno o qualcosa, voltandosi e dirigendosi verso lo stesso terreno <strong>da</strong>lla direzione<br />

opposta. Una conversazione fa cambiare direzione alle cose e per ogni conversazione esiste un<br />

'verso' un rovescio, un lato opposto.<br />

... per questo lo stile delle nostre conversazioni deve essere un po' sconcertante, cambiando la<br />

direzione prevista di un pensiero o di un sentimento. Ed è per questo che dobbiamo parlare con<br />

ironia, e perfino con scherno, con sarcasmo. magari scioccando anche: perché la coscienza<br />

arriva attraverso un piccolo shock di consapevolezza, tenendoci sul filo, acuti, desti, e un<br />

pochino di traverso."<br />

James Hillman, Cent'anni di psicanalisi. E il mondo va sempre peggio, Rizzoli Bur<br />

in


CORPO<br />

Lady Lazarus<br />

L’ho rifatto.<br />

Un anno ogni dieci<br />

ci riesco –<br />

Una specie di miracolo ambulante, la mia pelle<br />

splendente come un paralume Nazi,<br />

un fermacarte il mio<br />

piede destro,<br />

la mia faccia un anonimo, perfetto<br />

lino ebraico.<br />

Via il drappo,<br />

o mio nemico!<br />

Faccio forse paura? –<br />

Il naso, le occhiaie, la chiostra dei denti?<br />

Il fiato puzzolente<br />

in un giorno svanirà.<br />

Presto, ben presto la carne<br />

che il sepolcro ha mangiato si sarà<br />

ab<strong>it</strong>uata a me<br />

e io sarò una donna che sorride.<br />

Non ho che trent’anni.<br />

E come il gatto ho nove v<strong>it</strong>e <strong>da</strong> morire.<br />

Questa è la numero tre.<br />

Quale ciarpame<br />

<strong>da</strong> far fuori ogni decennio.<br />

Che miriade di filamenti.<br />

La folla sgranocchiante noccioline<br />

si accalca per vedere<br />

che mi sben<strong>da</strong>no mano e piede –<br />

Il grande spogliarello.<br />

Signori e signore, ecco qui<br />

le mie mani,<br />

i miei ginocchi.<br />

Sarò anche pelle e ossa,<br />

ma pure sono la stessa identica donna.<br />

La prima volta successe che avevo dieci anni.<br />

Fu un incidente.<br />

Ma la secon<strong>da</strong> volta ero decisa<br />

a insistere, a non recedere assolutamente.<br />

Mi dondolavo chiusa<br />

come conchiglia.<br />

Dovettero chiamare e chiamare<br />

e staccarmi via i vermi come perle appiccicose.<br />

Morire<br />

è un’arte, come ogni altra cosa.<br />

Io lo faccio in modo eccezionale.<br />

Io lo faccio che sembra come inferno.<br />

Io lo faccio che sembra reale.<br />

Ammettete che ho la vocazione.<br />

E’ facile abbastanza <strong>da</strong> farlo in una cella.<br />

E’ facile abbastanza farlo e starsene lì.<br />

E’ il teatrale<br />

r<strong>it</strong>orno in pieno giorno<br />

a un posto uguale, uguale viso, uguale<br />

urlo divert<strong>it</strong>o e animale:<br />

“Miracolo!”


E’ questo che mi ammazza.


C’è un prezzo <strong>da</strong> pagare<br />

per s<strong>pia</strong>re<br />

le mie cicatrici, per auscultare<br />

il mio cuore – eh sì, batte.<br />

E c’è un prezzo, un prezzo molto caro,<br />

per una toccatina, una parola,<br />

o un po’ del mio sangue<br />

o di capelli o un filo dei miei vest<strong>it</strong>i.<br />

Eh sì, Herr Doktor.<br />

Eh sì, Herr Nemico.<br />

Sono il vostro opus magnum.<br />

Sono il vostro gioiello,<br />

creatura d’oro puro<br />

che a uno strillo si liquefà.<br />

Io mi rigiro e brucio.<br />

Non crediate che io sottovaluti le vostre ansietà.<br />

Cenere, cenere –<br />

Voi attizzate e frugate.<br />

Carne, ossa, non ne trovate –<br />

Un pezzo di sapone,<br />

una fede nunziale,<br />

una protesi dentale.<br />

Herr dio, Herr Lucifero,<br />

attento.<br />

Attento.<br />

Dalla cenere io rivengo<br />

Con le mie rosse chiome<br />

E mangio uomini come aria di vento.<br />

in Sylvia Plath<br />

CORPO VOLTO PSICHE<br />

Sylvia Plath<br />

Il volto è la parte privilegiata del corpo umano; è ciò che ci comunica l'essenza di una persona.<br />

Ma il volto è anche una "forma" dotata di una determinata superficie; è faccia su cui si rivelano le<br />

emozioni, i sentimenti, i pensieri segreti. Il volto è "lo specchio dell'anima".<br />

Nel mondo fisico, ha scr<strong>it</strong>to Simmel, non c'è nessuna struttura "che come il volto umano riesca a<br />

convogliare una così gran varietà di forme e superfici in un'incondizionata un<strong>it</strong>à di senso". [Marco<br />

Belpol<strong>it</strong>i - Doppio Zero]<br />

in MAZZINI CLELIA<br />

crescere<br />

C'era una volta …<br />

"Un re!" diranno sub<strong>it</strong>o i miei piccoli lettori.<br />

No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno<br />

in COLLODI CARLO


crescere<br />

In un college del New England arriva a insegnare un professore, K<strong>it</strong>ting, molto diverso <strong>da</strong>gli altri -<br />

siamo negli anni cinquanta -. Le lezioni sono strane e vive, e del tutto anticonformiste: una volta<br />

l'insegnante fa strappare <strong>da</strong>i libri di poesia tutte le cr<strong>it</strong>iche iniziali. L'idea è quella di viver secondo<br />

le proprie att<strong>it</strong>udini e non secondo quelle ered<strong>it</strong>ate. Uno degli studenti - che adorano l'insegnante -<br />

, in confl<strong>it</strong>to col padre, si uccide. Il preside e il "sistema" cercano di attribuirne la responsabil<strong>it</strong>à<br />

all'insegnante, che deve lasciare la scuola. Film fon<strong>da</strong>mentale dell'era moderna del cinema, dove<br />

è molto difficile portare qualcosa di nuovo.<br />

Sono presenti gli studenti Todd e Knox che si alzano in piedi, il preside Nolan e K<strong>it</strong>ting. TODD<br />

Professor K<strong>it</strong>ting, mi hanno costretto a firmare.<br />

La prego, deve credermi, è vero!<br />

PRESIDE NOLAN Si sie<strong>da</strong>, signore.<br />

PROF. KITTING Certo che ci credo Todd.<br />

PRESIDE NOLAN Ho detto: si sie<strong>da</strong> signor Anderson: un'altra intemperanza sua o di chiunque<br />

altro e sarà espulso <strong>da</strong>lla scuola. Se ne va<strong>da</strong> professore! Ho detto: se ne va<strong>da</strong> K<strong>it</strong>ting!<br />

TODD Cap<strong>it</strong>ano, mio cap<strong>it</strong>ano.<br />

PRESIDE NOLAN Si sie<strong>da</strong> immediatamente Anderson. Mi ha sent<strong>it</strong>o vero? Si sie<strong>da</strong>. Guardi è<br />

l'ultima volta che glielo dico:<br />

come si permette? Mi ha sent<strong>it</strong>o Anderson?<br />

KNOX Cap<strong>it</strong>ano, mio cap<strong>it</strong>ano.<br />

PRESIDE NOLAN Signor Anderson l'avverto: si sie<strong>da</strong> immediatamente. Seduti ho detto. A sedere:<br />

dico a tutti, voglio che vi sediate. Tutti a sedere! Cap<strong>it</strong>o? Lei se ne va<strong>da</strong> K<strong>it</strong>ting. Scendete, avanti!<br />

Scendete tutti! Mi avete cap<strong>it</strong>o? Se-du-ti!<br />

PROF. KITTING Grazie figlioli, grazie!<br />

(tratto <strong>da</strong>: Daniela Farinotti, Domani è un altro giorno: sessanta finali di sessanta film leggen<strong>da</strong>ri<br />

…, La Tartaruga Edizioni, Milano 1995)<br />

in


crescere<br />

Stavo per superare Salvatore quando ho sent<strong>it</strong>o<br />

mia sorella che urlava. Mi sono girato e l'ho vista<br />

sparire inghiott<strong>it</strong>a <strong>da</strong>l grano che copriva la collina.<br />

Non dovevo portarmela dietro, mamma me<br />

l'avrebbe fatta pagare cara.<br />

Mi sono fermato. Ero su<strong>da</strong>to. Ho preso fiato e<br />

l'ho chiamata. - Maria? Maria?<br />

Mi ha risposto una vocina sofferente. - Michele<br />

!<br />

- Ti sei fatta male ?<br />

- Si, vieni.<br />

- Dove ti sei fatta male ?<br />

- Alla gamba.<br />

Faceva finta, era stanca. Vado avanti, mi sono<br />

detto. E se si era fatta male <strong>da</strong>vvero?<br />

Dov'erano gli altri?<br />

Vedevo le loro scie nel grano. Salivano <strong>pia</strong>no,<br />

in file parallele, come le d<strong>it</strong>a di una mano, verso<br />

la cima della collina, lasciandosi dietro una co<strong>da</strong><br />

di steli abbattuti.<br />

in AMMANITI NICCOLO'<br />

crescere<br />

A quattordici anni ero educan<strong>da</strong> in un collegio dell'Appenzell. Luoghi dove Robert Walser aveva<br />

fatto molte passeggiate quando stava in manicomio, a Herisau, non lontano <strong>da</strong>l nostro ist<strong>it</strong>uto. E’<br />

morto nella neve. Fotografìe mostrano le sue orme e la pos<strong>it</strong>ura del corpo nella neve. Noi non<br />

conoscevamo lo scr<strong>it</strong>tore. E non lo conosceva neppure la nostra insegnante di letteratura. A<br />

volte penso sia bello morire così, dopo una passeggiata, lasciarsi cadere in un sepolcro naturale,<br />

nella neve dell'Appenzell, dopo quasi trent'anni di manicomio, a Herisau. E un vero peccato che<br />

non sapessimo dell'esistenza di Walser, avremmo colto un fiore per lui.<br />

in JAEGGY FLEUR<br />

crescere<br />

Non ho mai raccontato a nessuno questa storia, e non ho mai pensato di doverlo fare - non<br />

perché temessi di non essere creduto, ma esattamente perché mi vergognavo... e perché era mia.<br />

in KING STEPHEN<br />

crescere<br />

Quello della svolta era un bel giorno, una bella mattina di maggio<br />

in KING STEPHEN


crescere<br />

Nell'Aprile del 1831, Clementina Sanv<strong>it</strong>ale entrò insieme alle sorelle minori, Paolina e Virginia, nel<br />

Collegio Lasagna di Parma. Aveva quattordici anni<br />

in CITATI PIETRO<br />

crescere<br />

Tra i vari edifici pubblici di una certa c<strong>it</strong>tà che per molte ragioni ev<strong>it</strong>o di nominare e a cui non voglio<br />

<strong>da</strong>re alcun nome f<strong>it</strong>tizio, ve n'è uno comune <strong>da</strong> tempo a molte c<strong>it</strong>tà grandi e piccole, voglio dire<br />

l'ospizio di mendic<strong>it</strong>à<br />

in DICKENS CHARLES<br />

crescere<br />

Se <strong>da</strong>vvero avete voglia di sentire questa storia, magari vorrete sapere prima di tutto dove sono<br />

nato e come è stata la mia infanzia schifa e che cosa facevano i miei gen<strong>it</strong>ori e compagnia bella<br />

prima che arrivassi io, e tutte queste baggianate alla David Copperfield, ma a me non va proprio di<br />

parlarne<br />

in SALINGER JEROME D.<br />

crescere<br />

L'amicizia è una trovata di Dio per farsi perdonare l'ist<strong>it</strong>uto della famiglia.<br />

in MCINERNEY JAY<br />

crescere<br />

Mark aveva undici anni e fumava saltuariamente già <strong>da</strong> due anni<br />

in GRISHAM JOHN<br />

crescere<br />

Sono un trovatello.<br />

in MALOT HECTOR<br />

crescere<br />

Nell'ombra della casa, sulle rive soleggiate del fiume presso le barche, nell'ombra del bosco di Sal,<br />

all'ombra del fico crebbe Siddharta, il bel figlio del Brahmino, il giovane falco, insieme all'amico<br />

suo, Govin<strong>da</strong>, anch'egli figlio di Brahmino.<br />

Sulla riva del fiume, nei bagni, nelle sacre abluzioni, nei sacrifici votivi il sole bruniva le sue spalle<br />

lucenti. Ombre attraversavano i suoi occhi neri nel boschetto di mango, durante i giochi infantili, al<br />

canto di sua madre, durante i santi sacrifici, alle lezioni di suo padre, così dotto, durante le<br />

conversazioni dei saggi. Già <strong>da</strong> tempo Siddharta prendeva parte alle conversazioni dei saggi, si<br />

eserc<strong>it</strong>ava con Govin<strong>da</strong> nell'arte oratoria, nonché nell'esercizio delle facoltà di osservazione e<br />

nella pratica della concentrazione interiore. Già egli sapeva come si pronuncia impercettibilmente<br />

l'Om, la parola suprema, sapeva assorbirla in se stesso pronunciandola silenziosamente nell'atto<br />

di inspirare, sapeva emetterla silenziosamente nell'atto di espirare, con l'anima raccolta, la fronte<br />

raggiante dello splendore che emana <strong>da</strong> uno spir<strong>it</strong>o luminoso. Già egli sapeva, nelle profond<strong>it</strong>à del<br />

proprio essere, riconoscere l'Atman, indistruttibile, uno con la total<strong>it</strong>à del mondo.<br />

Il cuore del padre balzava di gioia per quel figlio così studioso, così avido di sapere; era un<br />

grande sapiente, un sommo sacerdote quello ch'egli vedeva svilupparsi in lui: un principe fra i<br />

Brahmini.<br />

in HESSE HERMANN


crescere<br />

Il mondo aveva i denti e in qualsiasi momento ti poteva morsicare.<br />

Questo Trisha McFarland scoprì a nove anni<br />

in KING STEPHEN<br />

crescere adolescenza<br />

L'adolescenza non è solo una stagione della v<strong>it</strong>a, ma una mo<strong>da</strong>l<strong>it</strong>à ricorsiva della psiche dove i<br />

tratti dell'incertezza, l'ansia per il futuro, l'irruzione delle istanze pulsionali, il bisogno di<br />

rassicurazione e insieme di libertà si <strong>da</strong>nno talvolta convegno per celebrare, in una stagione, tutte<br />

le possibili espressioni in cui può cadenzarsi la v<strong>it</strong>a. Per questo di fronte agli adolescenti siamo<br />

ansiosi.<br />

Essi ci testimoniano tutto il possibile che in noi non è divenuto reale.<br />

in GALIMBERTI UMBERTO<br />

crescere formazione<br />

Direi volentieri (e non è una battuta) che il primo obiettivo dell'educatore è quello di formare degli<br />

autodi<strong>da</strong>tti, perché dopo il periodo di formazione, ognuno sarà portato tutti i giorni a rispondere<br />

alla doman<strong>da</strong> "che cosa devo fare? e come devo farla?", e difficilmente ci sarà qualcuno di<br />

fianco per dirgli quello che deve fare e come.<br />

Questa è la scuola. Il bravo allievo, a scuola, chiede al professore: "Che cosa devo fare, e come<br />

devo farlo?". Ma quando sarà anch'egli alle prese con la v<strong>it</strong>a personale, professionale, familiare,<br />

amorosa, affettiva ecc., è lui che dovrà scoprire ciò che dovrà fare e come dovrà farlo. Il<br />

problema della conoscenza è tutto qui.<br />

Penso che la conoscenza abbia due versanti. C'è il sapere acquis<strong>it</strong>o, quello che gli altri hanno<br />

trovato, ed è quello che si impara a scuola, ciò che hanno scoperto gli altri, che è importante<br />

sapere, ma è solo la metà. L'altra metà si deve scoprire <strong>da</strong> soli; del resto, quello che si impara a<br />

scuola è quanto altri hanno scoperto senza che si sia detto loro che cosa dovevano scoprire, e<br />

dunque esiste tutta quella dialettica tra ciò che si è imparato <strong>da</strong>gli altri e ciò che si deve trovare <strong>da</strong><br />

soli per comunicarlo agli altri. Il rapporto tra gli altri e se stessi, tra ciò che si è imparato <strong>da</strong>gli altri<br />

e ciò che dobbiamo insegnare loro, è dunque al centro della nozione di formazione, di<br />

educazione.<br />

Penso che per formare qualcuno alle sue responsabil<strong>it</strong>à sul <strong>pia</strong>no della scoperta, della creazione,<br />

occorre fargli scoprire che cosa sia la sua propria libertà; che non è la libertà di fare qualunque<br />

cosa, ma la libertà responsabile.<br />

in DE MONTMOLLIN FRERE DANIEL


CRIMINI VITTIME<br />

Quello che mi disturba e mi dis<strong>pia</strong>ce è che la società contemporanea tende alla<br />

deresponsabilizzazione (per usare un termine che non ho mai usato perché astratto), alla<br />

cancellazione della responsabil<strong>it</strong>à personale, della colpa. Ecco, noto che c'è la tendenza a<br />

svuotare molti reati, anche i più gravi, della responsabil<strong>it</strong>à morale che implicano, a preoccuparsi<br />

esclusivamente della pronta riabil<strong>it</strong>azione anziché del giusto risarcimento per quello che hanno<br />

pat<strong>it</strong>o le v<strong>it</strong>time. C'è un profondo squilibrio: è molto importante la riabil<strong>it</strong>azione dei colpevoli, infatti<br />

sono contrario alla pena di morte e alle forme pun<strong>it</strong>ive che offendono la persona, ma lo è<br />

altrettanto la sicurezza della pena. Se un individuo ha commesso una colpa grave è giusto anche<br />

che paghi e questo va considerato sia come strumento di riabil<strong>it</strong>azione per il colpevole, sia come<br />

risarcimento per la società; per questo la pena ma non va cancellata. Invece c'è la gravissima<br />

tendenza a dimenticare questo secondo aspetto e la cosa genera nei c<strong>it</strong>tadini un senso di<br />

frustrazione e di angoscia.<br />

Ci spieghi meglio questo concetto.<br />

Quando uno ha la casa devastata <strong>da</strong>i ladri e sa che i ladri non saranno pun<strong>it</strong>i, quando ha un<br />

parente che è stato invest<strong>it</strong>o <strong>da</strong> una macchina pirata e sa che il colpevole se la caverà con poco<br />

o niente, allora la v<strong>it</strong>tima prova un senso di abbandono e di angoscia. Penso che questa società,<br />

indebolendo la certezza della pena, tolga alla giustizia una delle sue funzioni più importanti cioè<br />

quella di deterrente: molte persone sicure dell'impun<strong>it</strong>à commettono reati. Pensiamo a quello che è<br />

successo recentemente alla Malpensa, per parlare di un reato non dei più atroci ma comunque<br />

grave: il crimine è stato commesso <strong>da</strong> persone che erano state scagionate o comunque non<br />

pun<strong>it</strong>e in un precedente processo. Domina purtroppo l'idea assur<strong>da</strong> che usando l'indulgenza si<br />

agevoli l'esercizio della giustizia, invece si offende la v<strong>it</strong>tima, privandola del giusto risarcimento, si<br />

favorisce la replica del reato, anzi la sua moltiplicazione matematica, e si genera uno stato di<br />

angoscia nei c<strong>it</strong>tadini.<br />

<strong>da</strong> "Alice.<strong>it</strong>", 27 giugno 2003<br />

in giuseppe pontiggia


CULTURE<br />

A conclusione di questo <strong>it</strong>inerario nel rancore, incontriamo un elemento che riconnette quanto<br />

detto ora sulla s<strong>it</strong>uazione <strong>it</strong>aliana con il significato più generale del "populismo globale". E che ci<br />

consente di individuare i segni tangibili di un percorso che non ha un solo luogo d'elezione: ha<br />

infatti a disposizione il mondo intero. Si tratta dei temi evocati <strong>da</strong>l sociologo tedesco Hans Magnus<br />

Enzensberger ne Il perdente radicale (Einaudi, 2007). Enzensberger segue le tracce di quella<br />

scia di sangue che attraversa l'orizzonte contemporaneo e che <strong>da</strong>lle nostre piccole barbarie<br />

domestiche ci conduce fino a incontrare la figura dei terroristi kamikaze. Dal caso degli<br />

adolescenti assassini nei college americani fino all'11 settembre c'è – suggerisce Enzensberger –<br />

un filo di disperazione e di rabbia, di cieca violenza e di studiata esaltazione del rancore che<br />

finisce per legare gli assassini di provincia ai killer delle Twin Towers. I primi indicano una<br />

tendenza, una possibil<strong>it</strong>à che si cela nelle contraddizioni manifeste di un modello culturale in crisi,<br />

i secondi fanno parte dell'eserc<strong>it</strong>o di coloro che socializzano questa crisi e ne fanno la bandiera<br />

di una guerra planetaria. In comune, questi due esempi apparentemente così lontani tra loro,<br />

hanno il senso della sconf<strong>it</strong>ta, la percezione di una inadeguatezza che si trasforma in furia<br />

omici<strong>da</strong>, in uno sterminato desiderio di morte e di distruzione. In entrambi i casi siamo di fronte a<br />

quelli che lo studioso tedesco presenta come "i perdenti radicali". Definizione riferibile non tanto a<br />

coloro che si possono percepire come gli sconf<strong>it</strong>ti della globalizzazione o delle trasformazioni<br />

culturali ins<strong>it</strong>e nella modern<strong>it</strong>à, quanto a quelli che non sono stati o non sono in grado di elaborare<br />

un vocabolario del cambiamento, un lessico emozionale con cui rispondere alle modifiche di breve<br />

o di lungo corso che attraversano il loro spazio di v<strong>it</strong>a. «In ogni momento — scrive Enzensberger<br />

— il perdente può esplodere. Questa è l'unica soluzione del problema che riesce a immaginare: il<br />

parossismo del disagio che lo fa soffrire».<br />

Il vero problema nasce però quando <strong>da</strong>lla follia individuale si passa a ciò che il sociologo<br />

definisce come la "socializzazione del rancore". «Che cosa accade quando il perdente radicale<br />

supera il suo isolamento, quando si socializza, quando trova una patria dei perdenti, <strong>da</strong> cui si<br />

ripromette non solo comprensione, ma riconoscimento, un collettivo di simili che lo accoglie a<br />

braccia aperte e ha bisogno di lui?», si chiede Enzensberger. È questo, ad esempio, l'orizzonte<br />

nel quale il terrorista kamikaze diventa una figura centrale, il simbolo di una cultura di morte che<br />

«progetta il suicidio di un'intera società». Qualcosa, conclude lo studioso tedesco, che l'Europa<br />

ha già conosciuto, proprio in Germania nel periodo tra le due guerre mondiali: quel vasto<br />

movimento all'insegna della frustrazione patriottica e del risentimento dei giovani maschi tornati <strong>da</strong>l<br />

fronte e non più esaltati come eroi, che fu lo scenario dell'ascesa del nazismo.<br />

in Hans Magnus Enzensberger


CULTURE<br />

«L'Occidente non ha conquistato il mondo con la superior<strong>it</strong>à delle sue idee, dei suoi valori o della<br />

sua religione ma attraverso la sua superior<strong>it</strong>à nell'uso della violenza organizzata (il potere<br />

mil<strong>it</strong>are). Gli occidentali lo dimenticano spesso, i non occidentali mai. (...) Alcuni occidentali hanno<br />

sostenuto che l'Occidente non ha alcun problema con l'Islam, ma solo con gli estremisti islamici<br />

violenti. Millequattrocento anni di storia dimostrano tuttavia il contrario. I rapporti tra Islam e<br />

cristianesimo sono stati spesso burrascosi. Per entrambi, la parte opposta ha sempre<br />

rappresentato "l'Altro" (...) Le cause di questa costante confl<strong>it</strong>tual<strong>it</strong>à non vanno ricercate in<br />

fenomeni trans<strong>it</strong>ori quali il fervore cristiano del XII secolo o il fon<strong>da</strong>mentalismo musulmano del XX,<br />

bensì nella natura stessa di queste due religioni e delle civiltà su di esse fon<strong>da</strong>te, nelle loro<br />

differenze e nelle loro simil<strong>it</strong>udini». Perciò, «una guerra planetaria che coinvolga gli stati gui<strong>da</strong><br />

delle maggiori civiltà del mondo è altamente improbabile ma non impossibile. Un simile confl<strong>it</strong>to<br />

potrebbe scaturire <strong>da</strong>ll'escalation di una guerra (locale) tra musulmani e non musulmani».<br />

Sono passati più di dieci anni <strong>da</strong> quando Samuel Phillips Huntington propose questa lettura delle<br />

future relazioni internazionali alla luce di una netta contrapposizione tra ciò che definiva come<br />

"Islam" e ciò che definiva come "Occidente". L'11 settembre non c'era ancora stato,<br />

l'amministrazione statun<strong>it</strong>ense non aveva ancora dichiarato la "guerra permanente al terrorismo",<br />

il dibatt<strong>it</strong>o internazionale ruotava in larga misura intorno alle promesse annunciate <strong>da</strong>l pieno<br />

dispiegarsi dei processi di globalizzazione. Eppure, era proprio muovendo <strong>da</strong> un'analisi del<br />

"nuovo" mondo globalizzato, che questo docente di Harvard – stimato specialista di studi<br />

strategici e direttore del John T. Olin Inst<strong>it</strong>ute for Strategic Studies – aveva pubblicato, già nel<br />

1993, sulla rivista <strong>da</strong> lui fon<strong>da</strong>ta, Foreign Affairs, un articolo int<strong>it</strong>olato "The Clash of Civilizations?"<br />

che sarebbe poi stato sviluppato nell'omonimo saggio del 1996, ed<strong>it</strong>o <strong>da</strong>ll'importante ed<strong>it</strong>ore Simon<br />

and Schuster e tradotto in tutto il mondo (in Italia la prima edizione è del 1997, Lo scontro delle<br />

civiltà e il nuovo ordine mondiale, Garzanti).<br />

Da allora, le tesi di Huntington che annunciavano come possibile, prossimo e in qualche misura<br />

inev<strong>it</strong>abile lo "scontro di civiltà" tra gli occidentali e i musulmani – i primi rappresentati come i<br />

depos<strong>it</strong>ari della filosofia dei dir<strong>it</strong>ti dell'uomo e i secondi più o meno come dei "barbari" – hanno non<br />

solo caratterizzato il dibatt<strong>it</strong>o pol<strong>it</strong>ico e culturale internazionale, ma, come una sorta di terribile<br />

profezia, sono apparse come il drammatico annuncio di quanto poi si sarebbe concretamente<br />

verificato. Questo almeno in apparenza. In realtà, Lo scontro delle civiltà è diventato la bandiera<br />

dietro la quale buona parte delle culture di destra dell'Occidente hanno ridefin<strong>it</strong>o la propria ident<strong>it</strong>à.<br />

Dalla dottrina neoconservatrice sbarcata alla Casa Bianca fin <strong>da</strong>lla prima elezione di George W.<br />

Bush alla gui<strong>da</strong> degli Stati Un<strong>it</strong>i nel 2000, ai tanti paladini dell'ident<strong>it</strong>à occidentale apparsi negli ultimi<br />

anni in Europa, <strong>da</strong> Orfana Fallaci a Pym Fortuyn, solo per c<strong>it</strong>are due esempi, tutti sembrano aver<br />

fatto proprie le parole di Huntington. Così, come sottolinea Mondher Kilani, docente di Atropologia<br />

culturale dell'Univers<strong>it</strong>à di Losanna, in Niente sarà più come prima (Medusa, 2002): «Sono<br />

parecchi i commentatori occidentali che, dopo l'11 settembre, hanno tenuto a ricor<strong>da</strong>re l'origine<br />

occidentale dei dir<strong>it</strong>ti dell'uomo, contribuendo così (...) a sostenere la profezia autorealizzantesi<br />

della tesi di Huntington sullo "scontro di civiltà". Una tesi che, come è noto, ha la particolar<strong>it</strong>à di<br />

scambiare la conseguenza (i confl<strong>it</strong>ti e le contraddizioni che risultano <strong>da</strong> rapporti di forza storici e<br />

congiunturali) con la causa (una irriducibil<strong>it</strong>à di valori tra l'"Occidente cristiano" e il "mondo arabomusulmano")».<br />

Le tesi di Huntington, un conservatore vicino ma non assimilabile tout-court all'ambiente neocon<br />

americano, hanno così fin<strong>it</strong>o per assumere il significato di una via d'usc<strong>it</strong>a <strong>da</strong> destra di fronte alla<br />

crisi dello Stato-nazione e all'avvento dell'era globale. «La mia ipotesi – spiegava infatti l'autore di<br />

Lo scontro delle civiltà – è che la fonte di confl<strong>it</strong>to fon<strong>da</strong>mentale nel mondo in cui viviamo non<br />

sarà sostanzialmente né ideologica né economica. Le grandi divisioni dell'uman<strong>it</strong>à saranno legate<br />

alla cultura (...) I confl<strong>it</strong>ti più importanti avranno luogo tra gruppi di diverse civiltà». «Questo<br />

perché – aggiungeva Huntington – nel mondo post-Guerra fred<strong>da</strong>, la cultura è una forza al<br />

contempo disgregante e aggregante. Popolazioni divise <strong>da</strong>ll'ideologia ma culturalmente omogenee<br />

vengono a unificarsi, come hanno fatto le due Germanie (...) Società un<strong>it</strong>e <strong>da</strong>ll'ideologia o <strong>da</strong><br />

circostanze storiche ma appartenenti a differenti civiltà finiscono viceversa con lo sgretolarsi,<br />

com'è accaduto all'Unione Sovietica».


La rinasc<strong>it</strong>a ident<strong>it</strong>aria, le tendenze comun<strong>it</strong>aristiche, "la rivinc<strong>it</strong>a di Dio" – come lo stesso


Huntington definiva il prepotente r<strong>it</strong>orno della religione nella pol<strong>it</strong>ica e nella sfera pubblica di molte<br />

società – più che essere presentate come altrettante possibili derive assunte <strong>da</strong>ll'uman<strong>it</strong>à in una<br />

condizione di crisi, diventavano "la risposta" alle trasformazioni introdotte <strong>da</strong>lla globalizzazione. Al<br />

punto che lo scienziato pol<strong>it</strong>ico di Harvard annunciava già all'epoca quelli che sarebbero stati i<br />

temi delle sue riflessioni successive, raccolti nel 2004 in La nuova America. Le sfide della società<br />

multiculturale (Garzanti, 2005), un violento manifesto contro il modello di melting pot statun<strong>it</strong>ense<br />

e in particolare contro l'emergere della presenza degli immigrati "latinos" negli Usa. «La cultura<br />

occidentale - si poteva leggere in Lo scontro delle civiltà – è minacciata <strong>da</strong> gruppi operanti<br />

all'interno delle stesse società occidentali. Una di queste minacce è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a <strong>da</strong>gli immigrati<br />

provenienti <strong>da</strong> altre civiltà che rifiutano l'assimilazione e continuano a praticare e propagare<br />

valori, usanze e culture delle proprie società d'origine. Questo fenomeno prevale soprattutto tra i<br />

musulmani in Europa, che sono, comunque, una piccola minoranza, ma è presente anche, in<br />

minor misura, tra gli ispanici degli Stati Un<strong>it</strong>i, che invece sono una minoranza molto nutr<strong>it</strong>a».<br />

Le "civiltà" poste <strong>da</strong> Huntington al centro della sua riflessione rappresentano perciò ent<strong>it</strong>à<br />

defin<strong>it</strong>e, stabili e connotate secondo cr<strong>it</strong>eri pressoché "etnici", al punto che la frontiera che lui<br />

stesso fa correre tra occidentali e musulmani conosce poi il suo doppio all'interno di ogni società<br />

tra gli "autoctoni" e gli "stranieri". «Il pol<strong>it</strong>ologo di Harvard – spiega a questo riguardo Annamaria<br />

Rivera, etnologa dell'Univers<strong>it</strong>à di Bari e autrice di La guerra dei simboli (De<strong>da</strong>lo, 2005) – propone,<br />

attraverso nozioni totalizzanti come quella di civiltà, una configurazione dei rapporti di forza<br />

internazionali basata su rigide linee di frattura culturalreligiose. Nella "cattiva antropologia" di<br />

Huntington, le "civiltà" sono viste come universi compatti, autonomi, irriducibili, potenzialmente o<br />

effettivamente ostili l'uno all'altro; i rapporti del cosiddetto Occidente con altre aree, paesi e<br />

culture sono rappresentati nei termini dell'opposizione fra the West and the Rest».<br />

Sono "mondi chiusi", impenetrabili, quelli che, secondo Huntington, sono destinati ad incrociarsi<br />

solo per l'inev<strong>it</strong>abile clash. In questo quadro, si può leggere ancora ne Lo scontro delle civiltà, «il<br />

vero problema per l'Occidente non è il fon<strong>da</strong>mentalismo islamico, ma l'Islam in quanto tale, una<br />

civiltà diversa le cui popolazioni sono convinte della superior<strong>it</strong>à della propria cultura e<br />

ossessionate <strong>da</strong>llo scarso potere di cui dispongono. Il problema dell'Islam non è la Cia o il<br />

Dipartimento della Difesa degli Stati Un<strong>it</strong>i, ma l'Occidente (...) Sono questi gli ingredienti di base<br />

che alimentano la confl<strong>it</strong>tual<strong>it</strong>à tra Islam e Occidente». Perciò, come suggerisce il sociologo afrobr<strong>it</strong>annico<br />

Paul Gilroy nel suo Dopo l'impero (Meltemi, 2006) «vecchie questioni coloniali tornano in<br />

gioco quando i confl<strong>it</strong>ti geopol<strong>it</strong>ici vengono declinati come una battaglia tra civiltà omogenee».<br />

Gilroy paragona il libro di Huntington al Saggio sull'ineguaglianza delle razze pubblicato a metà<br />

dell'Ottocento <strong>da</strong>l conte de Gobineau e considerato come il testo fon<strong>da</strong>nte il razzismo moderno.<br />

«Nonostante le molte differenze – spiega il sociologo –, entrambi gli autori condividono la<br />

preoccupazione per le dinamiche di mutua repulsione delle civiltà e le disastrose conseguenze<br />

dei tentativi di incrocio. Gobineau identificò il pericolo mortale per le civiltà in ogni deviazione <strong>da</strong>lla<br />

"omogene<strong>it</strong>à necessaria alla loro v<strong>it</strong>a" (...) Huntington specifica lo stesso tipo di problema,<br />

geopol<strong>it</strong>ico e scientifico-razziale, sotto forma aforistica, nell'idioma contemporaneo del<br />

multiculturalismo e della global<strong>it</strong>à».<br />

in Samuel Phillips Huntington


CULTURE<br />

confl<strong>it</strong>to etnico<br />

confl<strong>it</strong>to ètnico Locuzione con cui nelle scienze sociali si fa riferimento ai confl<strong>it</strong>ti in cui i<br />

protagonisti principali organizzano le proprie posizioni ideologiche sulla base dell'appartenenza a<br />

uno specifico gruppo etnico, i cui valori culturali e religiosi vengono r<strong>it</strong>enuti preferenziali e utilizzati<br />

come strumenti ident<strong>it</strong>ari <strong>da</strong> opporre a quelli di altri gruppi compresenti nel medesimo amb<strong>it</strong>o<br />

terr<strong>it</strong>oriale. Soprattutto presso le moderne società industrializzate le cause dei confl<strong>it</strong>ti etnici<br />

vanno ricercate nelle contraddizioni del più vasto sistema sociale in cui essi hanno luogo,<br />

all'interno del quale antagonismi di varia natura sono concettualizzati e gest<strong>it</strong>i nei termini<br />

dell'"etnic<strong>it</strong>à" dei gruppi coinvolti.<br />

In<br />

http://www.treccani.<strong>it</strong>/Portale/elements/categoriesItems.jsp?pathFile=/BancaDati/Enciclopedia_onl<br />

ine/00_Re<strong>da</strong>zione_Portale/confl<strong>it</strong>to_etnico.xml<br />

in


CULTURE RELIGIONI ISLAMISMO<br />

Il fon<strong>da</strong>mentalista riluttante di Mohsin Hamid<br />

<strong>da</strong> Biblioteca di Garlasco di Silvana<br />

"Un fatto è una civiltà che ha tra i m<strong>it</strong>i fon<strong>da</strong>tori quello del figlio che uccide il padre. Tutt'altro la<br />

civiltà nella quale sono invece i padri a sterminare i figli. 'Edipo contro l'antica m<strong>it</strong>ologia indù', è il<br />

modo volutamente semplificato con cui Mohsin Hamid riassume la differenza tra Occidente e<br />

Oriente e soprattutto la propria ident<strong>it</strong>à 'divisa' di scr<strong>it</strong>tore nato in Pakistan 36 anni fa, ma educato<br />

nelle migliori univers<strong>it</strong>à angloamericane e oggi residente a Londra. 'In Edipo il futuro trionfa sul<br />

passato, ci si rinnova drammaticamente nell'annullamento del gen<strong>it</strong>ore. E' la freschezza<br />

irresponsabile del nuovo sempre proiettato in avanti, del dinamismo, del processo a tutti i costi.<br />

Con il rischio costante di cadere nell'uto<strong>pia</strong>, nell'illusione che, ogni volta, a ogni generazione, sia<br />

possibile creare un mondo migliore', dice per sintetizzare i suoi 20 anni trascorsi in occidente.<br />

Quanto al retaggio dei 16 anni in Pakistan aggiunge: 'Nel secondo caso però vince l'immobilismo,<br />

la conservazione. Il passato uccide il nuovo, ci si chiude nella nostalgia dell'età dell'oro, nella<br />

convinzione della supremazia delle proprie antiche tradizioni, senza mai avere il coraggio di<br />

confrontarle con il diverso e con le sfide del mutamento'. Hamid guar<strong>da</strong> con sofferta<br />

partecipazione emozionale e ricercato distacco intellettuale alle cronache che arrivano <strong>da</strong>l suo<br />

Paese natale. 'Ero a casa dei miei gen<strong>it</strong>ori a Lahore, quando venne assassinata Benazir Bhutto.<br />

Tutti sapevamo che poteva essere uccisa. Ma quando avvenne, lo choc fu fortissimo, mi r<strong>it</strong>rovai<br />

attaccato al mio Paese come mai avrei pensato'. Poi però è rientrato a Londra, dove sta scrivendo<br />

un nuovo romanzo dopo il successo di Il fon<strong>da</strong>mentalista riluttante, e lunedì non tornerà in<br />

Pakistan per votare. Qui a Londra ha r<strong>it</strong>rovato l'equilibrio. Nella sua ricerca di un'ident<strong>it</strong>à autonoma<br />

si definisce 'uno scr<strong>it</strong>tore molto pakistano, ma anche parecchio americano, c<strong>it</strong>tadino br<strong>it</strong>annico e<br />

attirato <strong>da</strong>lla tradizione moderna europea di Calvino, Camus e Nabokov'. Otto anni fa la cr<strong>it</strong>ica lo<br />

rivelò come la miglior promessa tra gli scr<strong>it</strong>tori pakistani. Il suo Nero Pakistan (Piemme) fu a lungo<br />

in testa alle classifiche.<br />

Poi arrivò l'11 settembre. Lui era immerso nella stesura di un secondo romanzo incentrato su<br />

quella che i russi chiamerebbero la 'polu-intelligentsia', gli intellettuali nati nella bambagia delle loro<br />

lim<strong>it</strong>ate società di origine e poi influenzati <strong>da</strong> correnti culturali molto cosmopol<strong>it</strong>e ed aperte. Hamid<br />

pensava ai difficili processi di integrazione nei grandi atenei occidentali di studenti che, come lui,<br />

arrivavano nel mondo musulmano. Voleva controbattere alle teorie dello 'scontro di civiltà'. Si<br />

sentiva totalmente assimilato e voleva dimostrarlo. Ma fu rivoluzione: guerra, caccia al terrorismo,<br />

questione sicurezza, dibatt<strong>it</strong>o su Islam e democrazia. 'Da allora posso affermare che il crollo<br />

delle Torri Gemelle rappresentò per me, e tanti altri immigrati <strong>da</strong>i Paesi musulmani, quello che per<br />

Primo Levi fu l'Olocausto: divenne un elemento centrale del nostro pensare, del nostro vivere e<br />

del nostro scrivere'. Gli ci vollero altri sei anni per terminare Il fon<strong>da</strong>mentalista riluttante. Appena<br />

poco più di cento pagine, però gron<strong>da</strong>nti emozioni, intime e traumatiche esperienze<br />

autobiografiche. [...] Attraverso la metafora del contrasto tra Edipo e gli antichi m<strong>it</strong>i indù, Hamid<br />

sintetizza anche i motivi dello stato di paralisi che a suo dire ammorba il suo paese e tanti<br />

intellettuali musulmani. 'Il Pakistan post-Benazir Bhutto e nell'era della decadenza del presidente<br />

Pervez Musharraf è uno stato bloccato tra le spinte verso la modernizzazione e l'incapac<strong>it</strong>à di<br />

reagire a causa dei condizionamenti di un sistema tribale e religioso repressivo, immobile'. Hamid<br />

condensa tutto ciò in una sola parola: inadeguatezza. 'Il nostro governo è inadeguato alle<br />

domande del Paese, alle sfide della mondializzazione, come del resto sono inadeguati gli<br />

intellettuali musulmani nel confronto con il mondo occidentale'. Le conseguenze sono traumatiche:<br />

'Ecco <strong>da</strong> cosa nasce il fon<strong>da</strong>mentalismo, <strong>da</strong>ll'incapac<strong>it</strong>à di fare fronte alle compless<strong>it</strong>à del mondo<br />

moderno e <strong>da</strong>l rifiuto di assumersi le proprie responsabil<strong>it</strong>à'. Eppure anche la tentazione di<br />

esaltare ciecamente Edipo comporta conseguenze negative. [...] Così può anche togliersi il gusto<br />

di cr<strong>it</strong>icare le società occidentali per quella che lui definisce la loro 'carenza di religios<strong>it</strong>à'. '[...]<br />

L'Islam con il suo sistema di regole, con il ruolo centrale <strong>da</strong>to agli anziani, i profondi legami familiari<br />

e comun<strong>it</strong>ari, in qualche modo offre ancora risposte a queste domande. Se gli Stati Un<strong>it</strong>i, prima di<br />

lasciarsi an<strong>da</strong>re alla rabbia e alla vendetta dopo l'11 setembre, avessero cercato di condividere il<br />

loro senso del lutto con il resto del mondo, forse le loro reazioni apparirebbero oggi meno<br />

inadeguate." (<strong>da</strong> Lorenzo Cremonesi, Edipo contro i m<strong>it</strong>i indù, "Corriere della sera", 16/02/'08)<br />

"Mohsin Hamid and The Reluctant Fun<strong>da</strong>mentalist" (<strong>da</strong> Npr.org)


in<br />

CURE PSICOLOGICHE<br />

Le grandi forme di pensiero dell'Occidente sospendono l'uomo sull'abisso del nulla e poi tentano di<br />

convincerlo che gli è consent<strong>it</strong>o essere in qualche modo felice.<br />

Spingono la morte appena un passo più in là, appena dietro la porta, e mentre se ne sente il<br />

respiro terribile vogliono convincere che si ha a che fare con la v<strong>it</strong>a.<br />

Anche le scienze psicologiche credono, come i pazienti <strong>da</strong> esse curati, che <strong>da</strong> ultimo, ad<br />

attendere l'uomo, non vi sia che il nulla <strong>da</strong> cui l'uomo proviene. Stando anch'esse su questo<br />

fon<strong>da</strong>mento disperato vogliono guarire l'uomo <strong>da</strong>lla disperazione — <strong>da</strong>ll'angoscia, <strong>da</strong>lle anomalie<br />

psichiche. Anche le terapie psicologiche tentano di spingere sullo sfondo lo spettacolo terribile<br />

del nulla e di trattenere lo sguardo di chi si angoscia all'interno dello spazio breve, dove si può<br />

credere di incontrare il successo, la v<strong>it</strong>a, il benessere, la felic<strong>it</strong>à.<br />

In Emanuele Severino, La legna e la cenere, Rizzoli, 2000, p. 68/69<br />

in Emanuele Severino<br />

DESIDERIO POSSIBILITA'<br />

si può portare un cavallo al fiume ma non si può costringerlo a bere<br />

in<br />

DESTINI<br />

Non c'è trama della v<strong>it</strong>a che sia mia in via esclusiva; qua e là emerge un volto, una frase, una<br />

semplice parola <strong>da</strong> qualche punto oscuro dell'esistenza. Può essere che quel flash mi lasci<br />

smarr<strong>it</strong>a a cercare complicate ipotesi di salvezza, più probabile che esso fugga via, preso <strong>da</strong>lla<br />

corrente del tempo che non indugia sulle piccole sorti private, preoccupato com'è a modificare la<br />

sostanza universale degli eventi.<br />

Qualcuno lo chiama destino e ci si affi<strong>da</strong>: non io, perché non sono mai riusc<strong>it</strong>a a riconoscere un<br />

valore d'ineluttabil<strong>it</strong>à ai giorni futuri, e neppure a far gravare su di essi il macigno di quelli passati.<br />

Forse non mi resta che il presente, che non mi dà gioia, ma neanche dolore. E questo non è poco.<br />

Anzi.<br />

in mazzini clelia


DIARIO<br />

254. Sono una "diarista" convinta (e questo blog ne è in qualche modo testimone). Amo anche (e<br />

soprattutto) i diari degli altri, perché mi <strong>da</strong>nno l'impressione di entrare nella loro psicologia, di<br />

comprendere a fondo quello che in altre letture resta solo in superficie. Il diario che mi ha<br />

affascinato più di tutti è quello di André Gide, perché è la storia di uno spir<strong>it</strong>o inquieto, ma anche<br />

la lezione di un maestro del gusto.<br />

Forse nella letteratura <strong>it</strong>aliana non abbiamo una grande tradizione diaristica. Se guardo all'800<br />

penso a Niccolò Tommaseo, al suo "pecco, mi pento, ripecco". Il suo è un buon diario, non<br />

costru<strong>it</strong>o "ad arte". Quello di Leopardi non si può definire "strictu sensu" un diario; troppo<br />

compos<strong>it</strong>o, poco incline al biografismo sincero (che invece è assai più deducibile <strong>da</strong>l suo<br />

epistolario). Per quanto riguar<strong>da</strong> il '900, invece, mi sono <strong>pia</strong>ciuti molto i diari "morali" di Corrado<br />

Alvaro, scr<strong>it</strong>tore che credo abbia scr<strong>it</strong>to proprio fra quelle pagine le sue cose migliori. E poi c'è<br />

Tommaso Landolfi (ancora lui): i suoi diari sono solo in apparenza lavori "letterari", in realtà non<br />

fanno altro che denunciare una tragedia. Anche D'Annunzio (autore che non sta di sol<strong>it</strong>o in cima<br />

ai miei pensieri) ha scr<strong>it</strong>to buone pagine di journal, a volte mi diletto a leggerle, anche con<br />

passione.<br />

in<br />

DIARIO BLOG<br />

"Questo, lettore, é' un libro sincero. Ti avverto fin <strong>da</strong>ll'inizio che non mi sono proposto, con esso,<br />

alcun fine, se non domestico e privato. Non ho tenuto in alcuna considerazione nè il tuo vantaggio<br />

nè la mia gloria. Le mie forze non sono sufficienti per un tale propos<strong>it</strong>o.<br />

Se lo avessi scr<strong>it</strong>to per procacciarmi il favore della gente, mi sarei adornato meglio e mi<br />

presenterei con atteggiamento studiato.Voglio che mi si ve<strong>da</strong> qui nel mio modo d'essere semplice,<br />

naturale e consueto,senza affettazione ne artificio: perché è me stesso che dipingo.<br />

Si leggeranno qui i miei difetti presi sul vivo e la mia immagine naturale, per quanto me l'ha<br />

permesso il rispetto pubblico. Ché se mi fossi trovato tra quei popoli che si dice vivano ancora<br />

nella dolce libertà delle prim<strong>it</strong>ive leggi della natura, ti assicuro che ben volentieri mi sarei qui dipinto<br />

per intero, e tutto nudo.<br />

Cosi', lettore, sono io stesso la materia del mio libro: non c'e' ragione che tu spen<strong>da</strong> il tuo tempo<br />

su un argomento tanto frivolo e vano.<br />

Addio dunque, <strong>da</strong> Montaigne il primo marzo millecinquecentottanta."<br />

Michel de Montaigne. Testi presentati <strong>da</strong> André Gide, Adelphi, p. 43<br />

traduzione di Fausta Garavini<br />

in Montaigne<br />

DIARIO CITAZIONI<br />

Un buon pensiero che abbiamo letto, una cosa che ci abbia colp<strong>it</strong>o nell'ascoltarla, li riportiamo<br />

volentieri nel nostro diario. Se ci prendessimo però ugualmente la pena di annotare <strong>da</strong>lle lettere<br />

dei nostri amici osservazioni, caratteristiche, garbati giudizi, detti fugaci e arguti, potremmo<br />

divenire molto ricchi. Ci sono lettere che si conservano per non rileggerle mai più, infine viene il<br />

giorno che si distruggono per discrezione, e così ne scompare il più bello e più immediato al<strong>it</strong>o di<br />

v<strong>it</strong>a, e non sarà possibile né per noi né per altri riprodurlo mai più. Io mi propongo di riparare a<br />

questa negligenza...<br />

Johann Wolfgang Goethe - Le affin<strong>it</strong>à elettive<br />

in Goethe Johann Wolfgang


DIFFERENZE DI GENERE UOMO DONNA<br />

le parole di NADIA FUSINI: «Di un essere che definiamo un uomo, una donna, dovremmo poi dire il<br />

come: come è donna quella donna? E come è uomo quell’uomo? Troveremo che siamo tutti<br />

sempre spostati, sempre obliqui, sempre almeno in parte eccentrici rispetto a quel significante,<br />

alla sua legge. Questa è la condizione della donna e dell’uomo moderni». E più avanti: «Come<br />

sono donna, mi chiedo, io che sono una donna? Quanto incarno di quel significante nel reale? La<br />

ver<strong>it</strong>à che scopro interrogandomi è una penosa distanza, un fon<strong>da</strong>mentale smarrimento rispetto a<br />

quel nome comune di “donna”; ed è l’avventura in questo smarrimento, o errore, che mi definisce<br />

in modo assolutamente decentrato rispetto al punto no<strong>da</strong>le di quella mia doman<strong>da</strong> a me stessa. E<br />

questo accade non solo a me, che sono una donna, ma scopro lo stesso gioco di complic<strong>it</strong>à, e di<br />

estrane<strong>it</strong>à insieme, in ogni maschio che si interroghi riguardo alla legge che lo vuole identificare.<br />

Che non si abbandoni incosciente al privilegio della sua ident<strong>it</strong>à - pur sempre parziale,<br />

quand’anche si aggiudichi pretese universali. Perché, prima o poi, viene per tutti il giorno in cui<br />

dovremo <strong>da</strong>re conto di chi siamo a qualcuno che veramente lo chiede; e allora quella anonima<br />

maschera di genere non servirà. L’ident<strong>it</strong>à sessuale oggi più che mai è un miraggio, e qualora si<br />

dia come compiuta, essa è effetto di un fon<strong>da</strong>mentale misconoscimento. Perché, in ver<strong>it</strong>à, non ci<br />

sono che esperienze in eccesso o in difetto rispetto al polo maschile o femminile dell’ident<strong>it</strong>à.<br />

Mogli obbedienti, madri perfette, padri severi, mar<strong>it</strong>i autor<strong>it</strong>ari, maschi aggressivi, femmine passive<br />

- chi crede più a queste maschere? […] Ciò che scopro, insomma, se osservo con attenzione il<br />

mondo che mi circon<strong>da</strong>, è che il sapere della differenza sessuale, il taglio, cioè, che<br />

l’appartenenza all’uno o all’altro sesso scava nel corpo umano, coincide con ciò che<br />

nell’esperienza veniamo a conoscere della nostra radicale, disperata distanza <strong>da</strong> una sicura<br />

ident<strong>it</strong>à basata sul sesso. […] Non è <strong>da</strong> lì che possiamo trarre, uomini e donne moderni, un<br />

orientamento o un destino. Neppure l’indicazione di un comp<strong>it</strong>o. […] Non siamo animali; e, a<br />

differenza di loro, che hanno la propria immagine dentro, a noi l’immagine viene <strong>da</strong> fuori, è un<br />

riflesso. E’ specchiandoci l’uno nell’altra che ci riconosciamo. Se siamo maschi e femmine, lo<br />

sapremo <strong>da</strong>ll’altro. E ciò che potremo fare e essere a partire <strong>da</strong> questo si inscrive oggi<br />

nell’orizzonte della nostra libertà». (pp.8-10)<br />

in NADIA FUSINI


DOLORE<br />

La v<strong>it</strong>a segreta delle parole di Isabel Coixet<br />

recensione tratta <strong>da</strong> Lella Ravasi Bellocchio, Gli occhi d'oro, ancora. Il cinema nella stanza<br />

dell'analisi, Moretti & V<strong>it</strong>ali, 2008, p. 101-106<br />

Una <strong>pia</strong>ttaforma petrolifera in mezzo al mare. Un incidente. Un uomo fer<strong>it</strong>o, Josef, ustionato<br />

gravemente nell'incidente, ha perso la vista temporaneamente. Una giovane infermiera, Hanna,<br />

straniera, ha un apparecchio acustico; quando vuole isolarsi <strong>da</strong>l mondo spegne l'interruttore. Due<br />

v<strong>it</strong>e segnate nel corpo <strong>da</strong> una possibile incomunicabil<strong>it</strong>à. Lui non la vede. Lei lo sente solo se<br />

vuole. Ma la storia è molto più complessa, e fin <strong>da</strong>ll'inizio entriamo nel mistero di lei: la vediamo<br />

operaia in fabbrica, chiusa al mondo, senza amici, una v<strong>it</strong>a difesa <strong>da</strong>i sentimenti; in mensa mangia<br />

<strong>da</strong> sola - riso in bianco, petto di pollo, mela - sempre lo stesso non sapore; quando rientra a casa<br />

l'aspetta il vuoto asettico, garant<strong>it</strong>o <strong>da</strong> saponi impilati con cura accanto al lavandino. Una fobica,<br />

così appare. C'è una piccola voce di bimba che parla, all'inizio del film: l'accompagna, racconta la<br />

cura dell'immaginario che la ragazza ha di lei, il suo pensarla, con una salopette rossa e un<br />

golfino azzurro, capelli lunghi, capelli corti, come se fosse una figlia perduta, o una figlia non<br />

nata, una parte di lei inabissata. E la voce di bambina dice «ci sono così poche cose: silenzio e<br />

parole.. .nel fondo del mare».<br />

Costretta a una vacanza, <strong>da</strong> sola in albergo su un oceano freddo e ventoso, Hanna ascolta per<br />

caso di una persona ustionata che ha bisogno di cura; si propone. Meglio che stare <strong>da</strong> sola con i<br />

suoi fantasmi. Sulla <strong>pia</strong>ttaforma petrolifera entra in contatto con Josef, con la sua rabbia<br />

provocatoria, le fer<strong>it</strong>e, il buio degli occhi. Il suo modo di stargli accanto è professionalmente<br />

perfetto, ma lui chiede una presenza che lei non gli può <strong>da</strong>re; lui ha bisogno di perdonarsi, non<br />

solo di guarire. Hanna ha lo stesso bisogno. La distanza, lo sapremo poi, è l'unica difesa possibile<br />

<strong>da</strong>ll'orrore pat<strong>it</strong>o, <strong>da</strong>lla malattia di essere viva che le è rimasta addosso. All'inizio la guarigione di<br />

lei, l'avvicinamento alla v<strong>it</strong>a, passa <strong>da</strong>l cibo: c'è un cuoco sulla terra-non terra che è la <strong>pia</strong>ttaforma<br />

petrolifera; quando cucina ascolta la musica del paese <strong>da</strong> cui viene la ricetta, «cucino per me,<br />

per<br />

non impazzire», dice. Così un <strong>pia</strong>tto di gnocchi al pomodoro nasce ispirato <strong>da</strong> una canzone di<br />

Paolo Conte. Josef la interroga: «Cosa ti <strong>pia</strong>ce?», e alla sua risposta «pollo, riso in bianco, mela»<br />

le dice con stran<strong>it</strong>a dolcezza «che cosa c'è che non va? Che cosa ti fa tanta paura?» E lei, quasi<br />

furtivamente, comincia ad assaggiare gli gnocchi <strong>da</strong>l <strong>pia</strong>tto di lui.<br />

È l'inizio di un cambiamento: <strong>da</strong>l vuoto del non-senso, del non-sapore, <strong>da</strong>l silenzio di chi è<br />

portatore di fer<strong>it</strong>e indicibili, a una possibile parola, semplice, nell'intim<strong>it</strong>à che si crea tra loro nella<br />

terra del dolore, di cui sono entrambi prigionieri. È l'attenzione al corpo fer<strong>it</strong>o che cura lui e cura<br />

lei. Che cosa passa <strong>da</strong> tutto questo soffrire? I due imparano ad accettare l'uno dell'altro i silenzi,<br />

imparano che è possibile non farsi male, che la vergogna e la pietà possono anche curare. La<br />

commozione di chi è nel buio della sala è sobria, gui<strong>da</strong>ta <strong>da</strong>lla ver<strong>it</strong>à delle immagini.<br />

Nel microcosmo che è la v<strong>it</strong>a sulla <strong>pia</strong>ttaforma petrolifera c'è un campionario normale nella sua<br />

bizzarria: oltre al cuoco, qualche marinaio, uno studioso dell'oceano che misura la forza delle<br />

onde, e per hobby controlla le cozze, un'oca selvatica addomesticata che passeggia <strong>da</strong> padrona,<br />

un'altalena su cui lasciarsi dondolare. Il mondo è altrove. L'essere lontani, un punto di luce<br />

nell'oceano, garantisce la v<strong>it</strong>a segreta delle parole.<br />

Hanna tocca Josef, con delicatezza lo lava, lo massaggia, permette al corpo di lui di lasciarsi<br />

an<strong>da</strong>re al tocco gentile di lei che lo cura, come fa una madre con un bambino. Passa <strong>da</strong>l corpo,<br />

<strong>da</strong>gli occhi ciechi di lui che immaginano lei, <strong>da</strong>l sentirne l'odore. Solo alla fine, quando stanno per<br />

separarsi, quando lui verrà trasportato sulla terraferma in un ospe<strong>da</strong>le, quando le dice la<br />

vergogna di avere portato via la donna a un amico (il cui suicidio è all'origine dell'incidente di lui<br />

che si è gettato nel fuoco invano per salvarlo), quando lei è sicura che non avranno un futuro le<br />

parole tra loro, Hanna gli racconta la sua storia.<br />

Irrompe con la grazia del suo racconto di ragazza, <strong>da</strong>l ricordo leggero delle risate con l'amica del<br />

cuore, irrompe senza <strong>da</strong>rci il tempo di pensare, entra in scena la sciagura: la guerra in Bosnia,<br />

l'albergo in cui Hanna e l'amica - che hanno lasciato la scuola infermiere per tornare a casa per<br />

un breve viaggio - vengono portate. Sono arrivate a pochi chilometri <strong>da</strong> casa; i sol<strong>da</strong>ti - quelli che<br />

parlano la loro lingua, per primi, e poi i caschi blu - sono loro gli uomini del male, e loro, le ragazze,<br />

belle, ridenti, bottino di guerra, corpi <strong>da</strong> trapassare. Le torture. La violenza. L'amica morta.


L'indicibile del male. La v<strong>it</strong>a segreta delle parole trova nell'intim<strong>it</strong>à della cura di un corpo di uomo<br />

fer<strong>it</strong>o, il modo di dirsi. Dai tanti libri, <strong>da</strong>lle tante storie lette, <strong>da</strong>l tanto - e poco - saputo di quegli


anni, <strong>da</strong> quella guerra così vicina e così dimenticata, riaffiora il mistero di come si fa a<br />

sopravvivere in un corpo di donna, nella vergogna di essere al mondo, tu sì e altre no,<br />

nell'incancellabile sporca guerra addosso che lascia la traccia di sperma e sangue, che nessun<br />

sapone laverà mai via.<br />

È l'incontro allora, l'abbraccio, a rest<strong>it</strong>uire il <strong>pia</strong>nto e l'innocenza alla donna e all'uomo. Hanna se<br />

ne va, anche se lui urla il suo nome, lontano sull'elicottero che lo porta via. Torna lei al suo lavoro<br />

in fabbrica, ai suoi saponi. Ma l'uomo deve cercarla: sa che è l'incontro con lei che potrà salvare<br />

entrambi. È a lui che tocca la riparazione. Inizia il percorso della ricerca incontrando la persona di<br />

cui trova traccia in un taccuino di lei; è la psicoanalista di Hanna, la donna che sa di Hanna e delle<br />

altre; sa le storie racchiuse negli sche<strong>da</strong>ri dell'associazione che si occupa della cura delle donne<br />

che hanno sub<strong>it</strong>o l'orrore. Non lo incoraggia l'analista, gli prospetta il fallimento possibile di un<br />

incontro con una donna così fer<strong>it</strong>a, ma non gli impedisce l'incontro. E lui va avanti.<br />

Lo vedremo nell'ultima parte del film, seguiremo con lui i passi semplici e durissimi del faccia a<br />

faccia con i <strong>da</strong>nni della guerra nel corpo e nella psiche di Hanna, come delle altre donne violate. E<br />

quando lei gli dice di aver paura che un giorno potrebbe cominciare a <strong>pia</strong>ngere, e che queste<br />

lacrime non si fermerebbero più, tanto <strong>da</strong> inon<strong>da</strong>re lo spazio, <strong>da</strong> riempire una stanza, <strong>da</strong> farli<br />

annegare entrambi, lui (che le aveva confessato il segreto di essere un marinaio che non sa<br />

nuotare <strong>da</strong> quando, bambino, il padre l'aveva gettato in mare facendolo quasi annegare) le<br />

risponde solo «imparerò a nuotare».<br />

Sono semplici le parole tra loro, semplici ed essenziali. Infine la v<strong>it</strong>a ricomincia. Hanna è in una<br />

casa, normale, si prepara una tazza di té, i suoi bambini sono in giardino. Si ascolta la voce della<br />

bambina dell'inizio: torna a salutare, forse per sempre, Hanna e "i fratellini". Riporta John Berger,<br />

nelle note al i film, la frase, che tocca e cura, di uno scr<strong>it</strong>tore vietnam<strong>it</strong>a Le i Thi Diem Thuy:<br />

«Lascia che la parola sia umile, lascia che si sap<strong>pia</strong> che il mondo non è cominciato con parole, ma<br />

con due corpi stretti l'uno all'altro, uno che <strong>pia</strong>nge e l'altro che canta». Raramente un film<br />

trasporta nei luoghi dello strazio, dello smarrimento della guerra, del lavoro del lutto, della<br />

riparazione, con tanta intensa e sobria commozione senza cedere ad alcuna forma di<br />

sentimentalismo. Raramente cura con l'umiltà delle emozioni fisiche che entrano nelle nostre v<strong>it</strong>e<br />

oltre le parole. È "la v<strong>it</strong>a segreta delle parole" allora a prendersi cura di noi: è il dire che non si<br />

esaurisce nel detto, che rimane segreto nelle v<strong>it</strong>e, illuminate e in ombra, nelle parti di noi, fer<strong>it</strong>e,<br />

che accettano di tornare a vivere, segretamente, non in pace ma in tregua, come in questi versi<br />

tratti <strong>da</strong> un testo che si int<strong>it</strong>ola Notti di pace occidentale. Sono versi scr<strong>it</strong>ti vedendo alla televisione<br />

la guerra e l'immagine è quella di una donna bosmaca, colta in un attimo dell'assurdo quotidiano:<br />

Correva verso un rifugio, si proteggeva la testa.<br />

Apparteneva a un'immagine stanca<br />

non diversa <strong>da</strong> una donna qualsiasi<br />

che la pioggia sorprende.<br />

Non volevo dire della guerra<br />

ma della tregua<br />

med<strong>it</strong>are sullo spazio e dunque sui dettagli<br />

la mano che saggia il muro, la candela per un attimo accesa<br />

e - fuori - le fulgide foglie.<br />

Ancora un recinto con spine confuse ad altre spine<br />

spine di terra che bruciano i talloni.<br />

Ciò che si stende tra il peso del prima<br />

e il precip<strong>it</strong>are del poi:<br />

questo io chiamo tregua<br />

misura che rende misura lo spavento<br />

metro che non protegge.<br />

Alla tregua come al treno occorre la <strong>pia</strong>nura<br />

un sogno di orizzonte<br />

con alberi levati verso il cielo<br />

uniche lance, sentinelle sole.<br />

ANTONELLA ANEDDA


in Isabel Coixet<br />

DOLORE<br />

La potenza del male è grande, ma la potenza del dolore è maggiore. Solo il dolore è più forte del<br />

male: l’unica speranza di debellare il male è affi<strong>da</strong>ta al dolore, che per travagliosa e dilaniante che<br />

sia la sua opera è l’energia nascosta del mondo, la sola capace di fronteggiare ogni tendenza<br />

distruttiva e di vincere gli effetti letali del male.<br />

LUIGI PAREYSON, Filosofia e libertà<br />

in LUIGI PAREYSON,<br />

Dominare il mondo, organizzare mezzi in vista della produzione di scopi<br />

Lungo l'intera storia del pensiero occidentale, permane un tratto comune: l'affermazione<br />

dell'irrequietezza del mondo, gen<strong>it</strong>rice del dolore, l'affermazione del divenire del mondo.<br />

Il dolore è il divenire. E il divenire si manifesta come dolore estremo, quando è inteso in senso<br />

ontologico, cioè come oscillazione tra l'essere e il niente <strong>da</strong> parte degli enti.<br />

La fede in questo senso estremo del divenire, è il fon<strong>da</strong>mento dell'intero pensiero occidentale,<br />

ossia è comune sia all'intera storia dell'episteme, sia all'intera storia della distruzione dell'<br />

episteme: e pertanto è comune anche alla civiltà della tecnica.<br />

Dominare il mondo, organizzare mezzi in vista della produzione di scopi, significa organizzare il<br />

divenire delle cose.<br />

Non può esserci volontà che non sia volontà di far diventare le cose altro <strong>da</strong> quello che sono.<br />

Le cose del mondo, per l'Occidente, sono enti. La volontà dell'Occidente è volontà di far diventare<br />

gli enti altro <strong>da</strong> quello che sono. Essa presuppone, quindi, l'esistenza del divenire degli enti.<br />

Questo tratto permane anche nelle forme del pensiero contemporaneo apparentemente più<br />

lontane <strong>da</strong>ll'affermazione della volontà di potenza.<br />

In Emanuele Severino, Lezioni sulla pol<strong>it</strong>ica: i greci e la tendenza fon<strong>da</strong>mentale del nostro tempo,<br />

Christian Marinotti edizioni, 2002, p. 167/68<br />

in Emanuele Severino<br />

DONNE<br />

"Le donne sono fatte per essere amate non per essere comprese."<br />

Oscar Wilde<br />

in Oscar Wilde<br />

DONNE<br />

"Ricor<strong>da</strong>, un uomo ti ferisce, ma una donna ti finisce".<br />

in


dono volontariato<br />

MASSIMO CACCIARI,<br />

Liberi di donare<br />

[La parola "volontariato" non rende adeguatamente il significato del dono, che si fon<strong>da</strong> sulla<br />

libertà intesa come responsabil<strong>it</strong>à.]<br />

Premessa<br />

Tenterò di riflettere sui fon<strong>da</strong>menti del volontariato, ossia la sua ragione di fondo.<br />

Intanto, in senso provocatorio, mi chiedo se il termine volontariato ren<strong>da</strong> l'idea. Forse non fa<br />

giustizia delle ragioni del volontariato.<br />

Vorrei ricor<strong>da</strong>re quei versi di Dante nel canto di Paolo e Francesca, quando dice "…Quali<br />

colombe <strong>da</strong>l disio chiamate con l’ali alzate e ferme al dolce nido vengono per l’aere <strong>da</strong>l voler<br />

portate". Qui le anime di due <strong>da</strong>nnati che hanno sottomesso la ragione al loro arb<strong>it</strong>rio vengono<br />

r<strong>it</strong>ratte volando per l’aere <strong>da</strong>l voler portate. Cioè la volontà può essere r<strong>it</strong>enuta causa sui: la<br />

nostra volontà, se ci pensiamo, è sempre già accaduta. La nostra volontà segue<br />

necessariamente il nostro essere. Se ci limi-tassimo alla nostra volontà dovremmo dire che il<br />

nostro operare segue al nostro es-sere.<br />

Volontà e libertà<br />

R<strong>it</strong>engo che non vi sia nessun sviluppo lineare tra volontà e ciò che il volontariato intende. Cioè il<br />

volontariato parla di volontà, ma intende un’altra cosa, che non ha nessun rapporto semplice,<br />

lineare, univoco, con la volontà. Intende cioè la libertà.<br />

Ma libera non è mai la volontà in quanto tale. Ciò che noi possiamo dire è che desi-deriamo<br />

ardentemente di essere liberi, però non c’è nessuna dimostrazione possibi-le che siamo<br />

effettivamente liberi. Per affrontare il problema dobbiamo procedere fi-no a disperare della nostra<br />

volontà: lì vi è il contraccolpo che dà v<strong>it</strong>a al volontariato. Cattivo nome, io r<strong>it</strong>engo. Perché doveva<br />

inventare un nome che non ha la sua radi-ce nella volontà, ma nella libertà.<br />

Se noi comprendiamo come sia impossibile <strong>da</strong>re una dimostrazione razionale della libertà e tanto<br />

più della volontà, ebbene se noi giungiamo fino a questo fondo, fino all’angustia dicevano i padri<br />

medievali, fino a sentirci soffocare <strong>da</strong>ll’impossibil<strong>it</strong>à di definire ciò che ardentemente desideriamo,<br />

cioè l’essere libero, <strong>da</strong> lì scatta il fatto di essere costretti a prenderci cura di questa nostra<br />

angustia.<br />

La volontà si vuole libera, decide di essere libera <strong>da</strong>l fondo della sua humil<strong>it</strong>as, per-ché noi<br />

reagiamo a questo soffocamento quando comprendiamo quanto ardente-mente desideriamo ciò<br />

che ci è impossibile definire. Quando comprendiamo che non siamo in grado di dirci liberi, di dirci<br />

causa sui.<br />

La libertà è la volontà che si vuole libera, che decide per la propria libertà, o meglio ancora che<br />

crede nella propria libertà.<br />

Il volontario è colui che crede nella propria libertà, perché sente fino in fondo in-sopportabile il<br />

soffocamento, l’angustia per la necess<strong>it</strong>à, propria e di chiunque al-tro. E crede di potersi far<br />

libero. Crede, ma non è possibile dimostrarlo. Questo è un fatto fon<strong>da</strong>mentale, perché su questa<br />

base il volontario è sempre caratterizzato <strong>da</strong> una profon<strong>da</strong> humil<strong>it</strong>as e <strong>da</strong> una profon<strong>da</strong><br />

insecur<strong>it</strong>as. È <strong>da</strong>vvero nel suo atteg-giamento l’opposto di alcunché di confessionale e di<br />

fon<strong>da</strong>mentalista, proprio per-ché è colui che cerca disperatamente di farsi libero e di fare libero. E<br />

questo essere insecurus, humilis lo caratterizza laicamente rispetto a tanto fon<strong>da</strong>mentalismo<br />

laici-sta che circola. Quindi il volontario è il vero laico, perché il vero laico <strong>da</strong>l punto di vista<br />

filosofico razionale è colui che sa, ma mentre il pensiero puramente laico come quello di Spinoza<br />

si conclude necessariamente in una posizione scettica, il volonta-rio decide, e questo non ha a<br />

che fare con un fon<strong>da</strong>mento razionale, decide o scommette di credere di poter essere libero e di<br />

poter fare libero.<br />

La responsabil<strong>it</strong>à come risposta<br />

Il volontario è quello che risponde allo stato di necess<strong>it</strong>à, colui che risponde all’angustia, propria e


a quella degli altri, perché vede il mondo dominato <strong>da</strong>lla ne-cess<strong>it</strong>à, e questo gli è insostenibile e<br />

inaccettabile e perciò crede di poter essere li-bero.


La responsabil<strong>it</strong>à è un grande nome che non può continuare ad essere ridotto ad un’etica del<br />

calcolo razionale. La responsabil<strong>it</strong>à viene <strong>da</strong> un termine impegnativo. Spendo in greco voleva dire<br />

"libare agli dei". E respondere in latino viene <strong>da</strong>llo stes-so termine <strong>da</strong> cui viene sposare, cioè una<br />

promessa che ti impegna integralmente.<br />

Il volontario è colui che risponde, cioè colui il cui esserci è determinato <strong>da</strong>l tentati-vo, <strong>da</strong>lla ricerca<br />

di <strong>da</strong>re risposta all’angustia, allo stato di massima necess<strong>it</strong>à, di massima sofferenza. Che è di<br />

ognuno di noi nel momento in cui sente che ciò che massimamente desidera, l’essere libero, non<br />

gli è afferrabile, non è determinabile. Allora c’è la simpatia, la consofferenza. Il termine chiave <strong>da</strong><br />

usare è responsabil<strong>it</strong>à, ma secondo il grande impegno del termine. Si risponde alla disperazione.<br />

A colui che non pensa più di poter essere salvo, di potersi conservare. E ciò propriamente fa il<br />

volontariato, questa è la sua cura.<br />

Questo significa essere figli, perché è figlio colui che risponde, che necessariamente è in<br />

relazione, perché il figlio è inconcepibile senza una radice, un’appartenenza, senza l’hu-mil<strong>it</strong>as.<br />

Cioè il fatto di sapere che la sua volontà è determinata, che sono una serie di cause che hanno<br />

necess<strong>it</strong>ato il suo volere. E quindi la libertà del figlio si determina tutta nella capac<strong>it</strong>à di rispondere.<br />

Ecco l’abisso con la concezione con-temporanea di libertà. La libertà come idea di obbligazione<br />

non è un concetto solo cristiano o islamico, è un’idea romana. Quando la libertà non è<br />

obbligazione i ro-mani la chiamavano licentia. C’è la libertà che è obbligazione e c’è la libertà che è<br />

li-cenza e che non è libertà, perché la libertà è tutta nella capac<strong>it</strong>à di rispondere, ma dove la<br />

risposta non è quella del papà buono, ma quella del servo co-sofferente: niente di filantropico.<br />

La radical<strong>it</strong>à del dono<br />

Ormai certi termini stanno perdendo ogni significato, li usano tutti <strong>da</strong>ppertutto. Li-bertà,<br />

responsabil<strong>it</strong>à, democrazia, sono diventati flatus voci, musica d’atmosfera. Bisogna ridefinire i<br />

termini e su questa base definire <strong>da</strong> che parte stare.<br />

Libertà è obbligazione, responsabil<strong>it</strong>à. La libertà obbliga, non libera. Ma allora se la libertà ha<br />

questo significato è evidente che se la libertà si caratterizza come respon-sabil<strong>it</strong>à, al colmo della<br />

libertà starà la mia capac<strong>it</strong>à di abbandonarmi completamen-te nella risposta, proprio di farmi tutto<br />

risposta. Allora, se la libertà è responsabili-tà, sarò completamente libero quando mi sarò<br />

svuotato completamente nella rispo-sta. Quando non sarò altro che risposta. Ecco il concetto<br />

radicale di dono, che do-vrà illuminare ogni atto donativo: la libertà come responsabil<strong>it</strong>à si<br />

conclude neces-sariamente nella mia capac<strong>it</strong>à di farmi dono, di farmi risposta, e il donare è <strong>da</strong><br />

que-sto punto di vista l’immagine più propria della libertà.<br />

Da questo punto di vista non si distingue tra credente e non credente. Il credente è colui che<br />

crede che la sua libertà e la sua capac<strong>it</strong>à di donare gli sia a sua volta do-nata, e questo non lo<br />

può dire il non credente. Ma sul fatto che libertà è concepibile solo come responsabil<strong>it</strong>à e dono<br />

non vi può essere differenza tra i due. La differenza si pone a tutt’altro livello, più propriamente<br />

teologico.<br />

E allora, lungo il cammino che ci conduce a questa idea di libertà come responsabi-l<strong>it</strong>à e dunque<br />

dono, vi è in tutta la sua drammatica evidenza la parabola evangelica, quella di Luca 17,10.<br />

Quando dice che alcuni servi fanno tutto quello che il padrone gli aveva coman<strong>da</strong>to e alla fine<br />

della loro giornata di lavoro sono chiamati a dire: abbiamo fatto tutto quello che dovevamo, siamo<br />

servi inutili. Siamo servi perché semplicemente facendo il nostro lavoro abbiamo obbed<strong>it</strong>o, in più<br />

inutili, <strong>da</strong>l radica-lissimo punto di vista del Vangelo. Cioè fintanto che tu obbedisci soltanto in<br />

questa chiave e non ami, e cioè non dimostri questa tua sovrumana e indefinibile libertà<br />

attraverso il dono e il sacrificio di te che è il dono della tua libertà, non solo sei ser-vo ma sei<br />

anche inutile. Eppure sono persone che hanno fatto fino in fondo il loro dovere, assolutamente<br />

incontestabili.<br />

Questa è la radical<strong>it</strong>à con cui dobbiamo affrontare queste questioni. Perché qual-siasi nostra<br />

pratica viene illuminata <strong>da</strong>lla sua idea lim<strong>it</strong>e. E all’interno di questa possiamo sviluppare anche tutte<br />

le nostre pol<strong>it</strong>iche, che staranno <strong>da</strong> una parte pre-cisa, in giusto confl<strong>it</strong>to con le altre. Perché il<br />

confl<strong>it</strong>to è sano visto che fa maturare delle decisioni e senza le decisioni non c’è figlio, non c’è<br />

uomo maturo, non c’è volontariato.


in cacciari


Emanuele Severino<br />

Lungo l'intera storia del pensiero occidentale, permane un tratto comune: l'affermazione<br />

dell'irrequietezza del mondo, gen<strong>it</strong>rice del dolore, l'affermazione del divenire del mondo.<br />

Il dolore è il divenire. E il divenire si manifesta come dolore estremo, quando è inteso in senso<br />

ontologico, cioè come oscillazione tra l'essere e il niente <strong>da</strong> parte degli enti.<br />

La fede in questo senso estremo del divenire, è il fon<strong>da</strong>mento dell'intero pensiero occidentale,<br />

ossia è comune sia all'intera storia dell'episteme, sia all'intera storia della distruzione dell'<br />

episteme: e pertanto è comune anche alla civiltà della tecnica.<br />

Dominare il mondo, organizzare mezzi in vista della produzione di scopi, significa organizzare il<br />

divenire delle cose.<br />

Non può esserci volontà che non sia volontà di far diventare le cose altro <strong>da</strong> quello che sono.<br />

Le cose del mondo, per l'Occidente, sono enti. La volontà dell'Occidente è volontà di far diventare<br />

gli enti altro <strong>da</strong> quello che sono. Essa presuppone, quindi, l'esistenza del divenire degli enti.<br />

Questo tratto permane anche nelle forme del pensiero contemporaneo apparentemente più<br />

lontane <strong>da</strong>ll'affermazione della volontà di potenza.<br />

In Emanuele Severino, Lezioni sulla pol<strong>it</strong>ica: i greci e la tendenza fon<strong>da</strong>mentale del nostro tempo,<br />

Christian Marinotti edizioni, 2002, p. 167/68<br />

in<br />

EMPATIA<br />

Al riguardo UMBERTO GALIMBERTI ha scr<strong>it</strong>to:<br />

«L’empatia è quella capac<strong>it</strong>à di intendere l’altro al di là della comunicazione esplic<strong>it</strong>a, di cui tutti si<br />

r<strong>it</strong>engono forn<strong>it</strong>i, soprattutto quelli che si fi<strong>da</strong>no ciecamente della loro “prima impressione”, senza<br />

neppure sospettare che con la prima impressione si viene a conoscere non tanto l’altro, quanto,<br />

appunto, la propria impressione cioè l’effetto che l’altro ha fatto su di noi, che non siamo specchi<br />

cristallini, ma vetri deformati <strong>da</strong>lla nostra v<strong>it</strong>a e <strong>da</strong>lla nostra esperienza, per cui, <strong>da</strong>lle nostre<br />

impressioni è più facile ricavare chi noi siamo e non tanto chi è l’altro. L’empatia mette in gioco<br />

spazio e tempo, in quella “giusta distanza” che impedisce all’amore di travolgere e all’indifferenza<br />

di raggelare. Empatia vuol dire “giusto tempo”, perché dove è in gioco il dolore (ma anche l’amore)<br />

ciò che conta non è la ver<strong>it</strong>à, che gli psicologi chiamano “diagnosi”, ma il tempo della sua<br />

comunicazione, che non deve essere né anticipato né r<strong>it</strong>ar<strong>da</strong>to. Anche per questo i Greci<br />

avevano una parola: kairós, il tempo opportuno, il tempo deb<strong>it</strong>o, il tempo dove la parola si incontra<br />

con l’ascolto senza fraintendimento in quella giusta coincidenza che la lunga frequentazione<br />

rende possibile e che conduce alla scoperta dell’irripetibil<strong>it</strong>à dell’individuo come intersezione di<br />

<strong>pia</strong>ni spazio-temporali imprevedibili, nonché al senso di un accadere infon<strong>da</strong>to, rivelato <strong>da</strong>l caso e<br />

intuibile nell’istante come kairós terreno, «tempo deb<strong>it</strong>o» di ogni cosa e di ciascuno, r<strong>it</strong>aglio<br />

temporale che ci viene offerto in dono, e dove la nostra quotidiana esperienza può trovare<br />

un’occasione per tornare a manifestarsi.»<br />

in GALIMBERTI


EROS<br />

SINTESI DELLA VOCE EROS CURATA DA GIOVANNI BOTTIROLI<br />

ENCICLOPEDIA EINAUDI - VOLUME 5 (Pag.656-681)<br />

L’eros comunemente viene connesso all’amore, per sottolinearne la differenza o la<br />

complementar<strong>it</strong>à: l’eros è qualcosa di diverso <strong>da</strong>ll’amore, l’eros si completa con l’amore e<br />

viceversa; ma anche: l’eros si oppone all’amore, l’eros è la parte di amore a cui va applicata una<br />

decisa censura. Tutte queste convinzioni, che cost<strong>it</strong>uiscono un complesso luogo comune,<br />

diversamente connotato a secon<strong>da</strong> dell’ideologia che ad esso si applica, sembrano trascurare<br />

anche in minima parte la lezione freudiana (più di rado ne cost<strong>it</strong>uiscono una qualche forma di<br />

superamento). <br />

Se infatti il soddisfacimento, più o meno completo, delle pulsioni (cfr. pulsione, inconscio), anzi la<br />

risoluzione di qualsiasi confl<strong>it</strong>to, fon<strong>da</strong>ta sul superamento di ogni forma di castrazione e<br />

complesso (o almeno di quelle dominanti), si considera come punto di riferimento necessario,<br />

allora l’eros difficilmente potrà venire assimilato a un generico desiderio e/o <strong>pia</strong>cere senza amore<br />

(e l’amore non rischierà di essere considerato al di là del <strong>pia</strong>cere); né tanto meno si potrà<br />

sostenere generalizzando che all’eros sia riservato il desiderio e all’amore il <strong>pia</strong>cere. <br />

SINTESI DELLA VOCE EROS CURATA DA GIOVANNI BOTTIROLI<br />

ENCICLOPEDIA EINAUDI - VOLUME 5 (Pag.656-681)<br />

L’eros comunemente viene connesso all’amore, per sottolinearne la differenza o la<br />

complementar<strong>it</strong>à: l’eros è qualcosa di diverso <strong>da</strong>ll’amore, l’eros si completa con l’amore e<br />

viceversa; ma anche: l’eros si oppone all’amore, l’eros è la parte di amore a cui va applicata una<br />

decisa censura. Tutte queste convinzioni, che cost<strong>it</strong>uiscono un complesso luogo comune,<br />

diversamente connotato a secon<strong>da</strong> dell’ideologia che ad esso si applica, sembrano trascurare<br />

anche in minima parte la lezione freudiana (più di rado ne cost<strong>it</strong>uiscono una qualche forma di<br />

superamento). <br />

Se infatti il soddisfacimento, più o meno completo, delle pulsioni (cfr. pulsione, inconscio), anzi la<br />

risoluzione di qualsiasi confl<strong>it</strong>to, fon<strong>da</strong>ta sul superamento di ogni forma di castrazione e<br />

complesso (o almeno di quelle dominanti), si considera come punto di riferimento necessario,<br />

allora l’eros difficilmente potrà venire assimilato a un generico desiderio e/o <strong>pia</strong>cere senza amore<br />

(e l’amore non rischierà di essere considerato al di là del <strong>pia</strong>cere); né tanto meno si potrà<br />

sostenere generalizzando che all’eros sia riservato il desiderio e all’amore il <strong>pia</strong>cere. <br />

Se l’eros è (o rappresenta?) l’intera pulsione di v<strong>it</strong>a, che ha bisogno di una certa «energia» per<br />

affermarsi (la libido, in particolare, per le pulsioni sessuali), allora l’eros assume effettivamente,<br />

com’è stato detto, una portata speculativa generale, cost<strong>it</strong>uendo quasi il luogo, culturalmente e<br />

non solo biologicamente defin<strong>it</strong>o (cfr. maschile/femminile, uomo/donna, donna), della sessual<strong>it</strong>à,<br />

senza però che quest’ultima, trasfer<strong>it</strong>a in un discorso e/o in un’immagine, cessi di esistere come<br />

tale.<br />

Nel Conv<strong>it</strong>o, PAUSANIA distingue <strong>da</strong>ll’eros volgare, che si rivolge ai corpi, l’eros celeste, che si<br />

rivolge alle anime. Il medico ERISSIMACO vede nell’amore una forza cosmica che determina le<br />

proporzioni e l’armonia di tutti i fenomeni così nell’uomo come nella natura. ARISTOFANE, col m<strong>it</strong>o<br />

degli esseri prim<strong>it</strong>ivi composti d’uomo e di donna (androgini), divisi <strong>da</strong>gli dèi per punizione in due<br />

metà di cui l’una va in cerca dell’altra per unirlesi e ricost<strong>it</strong>uire l’essere prim<strong>it</strong>ivo, esprime uno dei<br />

caratteri fon<strong>da</strong>mentali che l’amore rivela nell’uomo: l’insufficienza. Da questo carattere, appunto,<br />

prende le mosse SOCRATE: l’amore desidera qualche cosa che non ha, ma di cui ha bisogno, ed<br />

è quindi mancanza. Il m<strong>it</strong>o infatti lo dice figlio di Povertà (Penìa) e di Acquisto (Poros); come tale<br />

esso non è un dio, ma un dèmone; perciò non ha la bellezza ma la desidera, non ha la sapienza<br />

ma aspira a possederla ed è quindi filosofo, mentre gli dèi sono sapienti. L’amore è dunque<br />

desiderio di bellezza; e la bellezza si desidera perché è il bene che rende felici. L’uomo che è<br />

mortale tende a generare nella bellezza e quindi a perpetuarsi attraverso la generazione,<br />

lasciando dopo di sé un essere che gli somiglia. La bellezza è il fine, l’oggetto dell’amore. Ma la<br />

bellezza ha gradi diversi ai quali l’uomo può sollevarsi solo successivamente attraverso un lento<br />

cammino. In primo luogo, è la bellezza di un corpo quella che attrae ed avvince l’uomo. Poi egli si<br />

accorge che la bellezza è uguale in tutti i corpi e così passa a desiderare e ad amare tutta la<br />

bellezza corporea. Ma al di sopra di essa c’è la bellezza dell’anima; al di sopra ancora, la bellezza<br />

delle ist<strong>it</strong>uzioni e delle leggi e poi la bellezza delle scienze e infine, al di sopra di tutto, la bellezza


in sé, che è eterna, superiore al divenire e alla morte, perfetta, sempre uguale a se stessa, fonte<br />

di ogni altra bellezza e oggetto della filosofia». (<strong>da</strong> N.ABBAGNANO-G.FORNERO, Filosofi e


filosofie nella storia, PARAVIA 1986, pag.130)<br />

in


Es<strong>pia</strong>zione<br />

ESPIAZIONE - Il libro, il film<br />

<strong>da</strong> NonSoloProust di gabrilu<br />

Il romanzo Es<strong>pia</strong>zione (Atonement), dello scr<strong>it</strong>tore inglese Ian McEwan, è del 2001, ha avuto un<br />

grande successo, e <strong>da</strong> esso è stato tratto anche un film oggi candi<strong>da</strong>to a ben 7 Oscar.<br />

Inghilterra. Una torri<strong>da</strong> estate del 1935. La guerra che impazza nel continente si avvicina sempre<br />

di più.<br />

Nella villa dei Tallis, nel Surrey, Cecilia e Briony si preparano all'arrivo del fratello Leon e di un suo<br />

amico.<br />

Briony ha 13 anni. Vede <strong>da</strong>lla finestra una scena tra sua sorella e Robbie, il figlio della cameriera<br />

che è cresciuto con loro, legge una lettera di Robbie che non è destinata a lei, coglie di sorpresa<br />

Robbie e la sorella in un amplesso in biblioteca e, quando più tardi, di notte, vede nel buio del<br />

giardino una figura maschile che si allontana <strong>da</strong>lla cugina Lola, non es<strong>it</strong>a un attimo ad indicare<br />

Robbie come lo stupratore. La testimonianza di Briony distruggerà la v<strong>it</strong>a del ragazzo e di Cecilia.<br />

In rete non mancano ottime recensioni che affrontano a tutto campo sia il libro che il film.<br />

Io però qui voglio parlare solo di un aspetto particolare del libro, quello che per me cost<strong>it</strong>uisce<br />

l'elemento più interessante del romanzo: il perchè del comportamento di Briony.<br />

Che cosa la spinge a commettere quello che lei stessa, in segu<strong>it</strong>o, chiamerà "crimine", e cioè<br />

accusare ingiustamente di stupro un innocente?<br />

"Da dove partire per comprendere la mente di questa bambina?" si chiede Robbie Turner a metà<br />

del romanzo ed è appunto quello che mi sono chiesta anch' io.<br />

La Briony di McEwan è una ragazzina molto affezionata al fratello Leon ed alla sorella Cecilia,<br />

che ammira molto. Ha una fervi<strong>da</strong> immaginazione, alla sua età mostra già passione e talento per la<br />

scr<strong>it</strong>tura. Grande ammiratrice di Virginia Woolf, appena adolescente ha già letto tre volte il suo<br />

splendido ma anche impervio Le onde. Ha un' "indole metodica", il suo amore per l'ordine è<br />

addir<strong>it</strong>tura maniacale. E' una perfezionista. A mio parere la chiave di tutto sta in questa frase di<br />

McEwan che descrive Briony come "una di quelle bambine possedute <strong>da</strong>l desiderio che al mondo<br />

fosse tutto assolutamente perfetto" (p.8)<br />

Saoirse Ronan


Quando Briony assiste <strong>da</strong>lla finestra alla scena tra Cecilia e Robbie, quella scena le appare<br />

senza senso. Ma lei non può tollerare che le cose non abbiano un senso, tutto deve avere una<br />

logica. Briony dunque interpreta a modo suo, con gli strumenti cogn<strong>it</strong>ivi della sua età. Il


fraintendimento prosegue con l'episodio della lettera e della scena cui assiste in biblioteca e tutto<br />

questo avrà ripercussioni drammatiche per l'esistenza di Cecilia e di Robbie.<br />

C'è un brano che voglio riportare perchè mi sembra fon<strong>da</strong>mentale per la comprensione del<br />

romanzo. Anche qui, Briony guar<strong>da</strong> <strong>da</strong>lla finestra ma questa volta lei è fuori la villa e guar<strong>da</strong><br />

dentro.<br />

"...alla luce di un'unica lampa<strong>da</strong>, parzialmente nascosta <strong>da</strong> un lembo del tendone di velluto, riuscì<br />

a scorgere un'estrem<strong>it</strong>à del divano dove stava appoggiato di sghembo un oggetto cilindrico che<br />

<strong>da</strong>va l'impressione di essere sospeso. Solo dopo avere coperto un'altra cinquantina di metri capì<br />

che stava guar<strong>da</strong>ndo una gamba isolata <strong>da</strong>l resto del corpo. Avvicinatasi ulteriormente, afferrò il<br />

gioco di prospettive: la gamba era di sua madre [...]. La sua figura era quasi del tutto nascosta<br />

<strong>da</strong>ll'ombra delle tende, e la gamba visibile era sostenuta <strong>da</strong>l ginocchio dell'altra, ragione per cui<br />

appariva obliqua e sollevata <strong>da</strong>l divano" (p.168)<br />

La fonte luminosa è una sola, la prospettiva può ingannare. Una gamba "isolata <strong>da</strong>l resto del<br />

corpo" può sembrare ciò che non è, per esempio "un oggetto cilindrico". Modificando le distanze,<br />

cambia il punto di vista e muta l'ident<strong>it</strong>à dell'oggetto osservato...<br />

Il senso più profondo di Es<strong>pia</strong>zione, secondo me, sta nel suo essere un romanzo sulla mo<strong>da</strong>l<strong>it</strong>à di<br />

percezione della realtà, sugli strumenti che ciascuno di noi più o meno consapevolmente utilizza<br />

per <strong>da</strong>re un senso, un ordine, una logica al mondo che ci circon<strong>da</strong>.<br />

Briony è assolutamente innocente ed in buona fede, quando dice "l'ho visto", ed "è stato lui". Ma<br />

la sua è un'innocenza che si rivela catastrofica. C'è anche chi ha visto in Es<strong>pia</strong>zione un romanzo<br />

sui rischi della fantasia. Questo elemento è senza dubbio presente, ma credo che il "peccato" di<br />

Briony consista soprattutto nella sua assoluta, incontrollata esigenza di voler "<strong>da</strong>re ordine al disordine",<br />

bisogno questo che la spinge ad una sorta di delirio di onnipotenza nel voler eserc<strong>it</strong>are<br />

un controllo sulla v<strong>it</strong>a altrui. Di tutto questo si renderà conto, almeno in parte, molto più tardi, e<br />

cercherà di "es<strong>pia</strong>re". Ma, pur senza rivelare il finale della storia a chi non avesse letto il libro nè<br />

visto il film, voglio dire che la stessa mo<strong>da</strong>l<strong>it</strong>à con cui Briony cercherà di es<strong>pia</strong>re il suo "crimine"<br />

mantiene in qualche modo la caratteristica di voler re-inventare, ri-scrivere la realtà manifestando,<br />

ancora una volta, un desiderio di controllo sugli altri.<br />

Es<strong>pia</strong>zione mi ha richiamato alla mente un altro romanzo considerato ormai un classico, scr<strong>it</strong>to<br />

anche questo <strong>da</strong> un inglese: parlo di Passaggio in India di Edward Morgan Forster. Ho colto tra i<br />

due romanzi parecchie analogie (ma anche molte differenze). Sarebbe interessante poterle<br />

sviluppare e ragionarci sopra, io credo.<br />

Il film del 2007, diretto <strong>da</strong> Joe Wright, molto ben realizzato e <strong>pia</strong>cevolissimo <strong>da</strong> vedere, è però uno<br />

di quei film che, pur restando molto fedele al libro per quanto riguar<strong>da</strong> il plot, banalizza però --- e<br />

non di poco, a mio parere -- il significato del comportamento di Briony. Nel film, infatti, viene fatto<br />

intendere abbastanza chiaramente come Briony abbia consapevolmente testimoniato il falso e<br />

che il suo movente sia stato <strong>da</strong> una parte il suo amore non corrisposto per Robbie e la sua invidia<br />

e gelosia nei confronti della sorella Cecilia. Per car<strong>it</strong>à, la storia regge bene anche così, ed il film


isulta comunque un ottimo film. Ma chi abbia letto attentamente il romanzo non può non cogliere


questo impoverimento di senso.<br />

in Ian McEwan


etica<br />

“Morale” è ciò che pertiene ai mores, all’insieme dei comportamenti e delle ab<strong>it</strong>udini cui un popolo<br />

obbedisce, anche senza che alcuna legge li abbia stabil<strong>it</strong>i. E’ così che mos può accompagnarsi,<br />

ma può anche opporsi a lex. Per sua natura (per la sua essenza convenzionale e pattizia) la<br />

legge non potrà mai esprimere quella “volontà generale” che invece si manifesta nella quasi<br />

intemporale consuetudine del costume. Questa diversa origine può sempre portare a confl<strong>it</strong>ti: il<br />

costume resiste all’invadenza della legge “scr<strong>it</strong>ta”, e la laic<strong>it</strong>à della legge vede nella sacral<strong>it</strong>à del<br />

costume qualcosa che per essenza lim<strong>it</strong>a il proprio potere.<br />

L’amb<strong>it</strong>o del mos, comunque, non può in nessun caso essere ridotto a quello della legge e<br />

dell’obbedienza alla legge. Esso coinvolge l’intera memoria veterum: custodisce l’insieme delle<br />

cerimonie, dei culti, degli ist<strong>it</strong>uti che i padri hanno traman<strong>da</strong>to. E per i quali si ha pietas - una cura<br />

tutta particolare: quella che si deve alla propria stessa radice, che sostiene la cresc<strong>it</strong>a presente.<br />

Si potrebbe dire che “morale” è l’indefettibile pietas per il proprio portante passato: avvertire il<br />

proprio stesso passato come eterno.<br />

Ancora più ricco di significati e implicazioni è il termine greco ethos che i latini traducono,<br />

appunto, con mos. L’opera lunga e complessa di intere generazioni che produce l’ethos non può<br />

concepirsi se non collocata. Ogni ethos ha il suo “pascolo” proprio, la sua certa dimora. Per<br />

essere, deve ab<strong>it</strong>are. Socrate non oltrepassa mai i confini di Atene. Grazie a questo suo<br />

radicamento (al suo apparire, quasi, prodotto <strong>da</strong>l genius loci), tale ethos verrà <strong>da</strong> molti condiviso,<br />

creerà legami di reciproca appartenenza. Da ethos viene così hetairos, il compagno, l’”alleato” più<br />

sicuro, poiché allevato con me nel medesimo oikos (casa - ma la radice del termine greco è la<br />

stessa del vicus latino. L’hetairos non è il fratello di sangue, il parente, ma colui con il quale si<br />

condivide l’insieme delle consuetudini più antiche, e la pietas per esse). E un’affin<strong>it</strong>à profon<strong>da</strong><br />

collega questa famiglia di termini a quella che designa l’insieme dei liberi: la gente figlia leg<strong>it</strong>tima di<br />

una terra comune, nutr<strong>it</strong>a <strong>da</strong> un “pascolo” comune. Ne risulta perciò questo quadro d’insieme:<br />

veramente libero (cioè, padrone di sé: e nel suus latino sembra risuonare la radice di ethos) è<br />

solo il comportamento etico-morale, nel senso che soltanto chi “interiorizza” perfettamente le<br />

ab<strong>it</strong>udini, i costumi, le memorie della sua patria, e sulla loro base stringe durature alleanze, può<br />

dirsi veramente figlio della terra che lo nutre.<br />

In che senso potremmo, oggi, parlare di ethos? Dove vi è traccia ancora di una vivente<br />

memoria veterum? Come potremmo chiamare oikos la nostra “residenza” occasionale, fortu<strong>it</strong>a? O<br />

hetairos, compagno, quel “passante” che incontriamo? Non consiste il senso stesso della nostra<br />

civiltà nell’”estenderci” oltre il passato, nel rimuoverlo, nell’”infuturarci” tutti? Non vi è più tempo<br />

perché organicamente si formi un’ab<strong>it</strong>udine, un costume; i valori cui siamo educati son quelli della<br />

mobil<strong>it</strong>à, della peregrinazione. E vengon <strong>da</strong> molto lontano: già l’ethos ellenistico, nel suo astratto<br />

universalismo, non è più ethos, secondo il più autentico etimo. Una “morale universale” (che il<br />

saggio illustra in ogni luogo e ad ogni uomo) non ha nulla a che fare né con i mores, né con gli<br />

ethe. E spietata, irreversibile si abbatte poi sugli dèi della polis e della stessa civ<strong>it</strong>as la cr<strong>it</strong>ica<br />

cristiana. Nessuna casa, nessuna c<strong>it</strong>tà appaiono più idonee ad offrire rifugio alle miserie<br />

dell’uomo - anzi, esse saranno <strong>da</strong> riguar<strong>da</strong>re piuttosto come luoghi sempre in potenza ag<strong>it</strong>ati <strong>da</strong><br />

passioni e sopraffazioni, <strong>da</strong> sedizioni e l<strong>it</strong>i. L’idea di fratellanza si astrae poderosamente <strong>da</strong> ogni<br />

so<strong>da</strong>lizio propriamente etico (ethos e so<strong>da</strong>lis hanno la stessa radice), per significare l’universale<br />

appartenenza alla Parola, all’Annuncio. La divers<strong>it</strong>à dei luoghi e delle loro storie appare come una<br />

resistenza <strong>da</strong> superare, così come i tempi delle diverse nazioni e c<strong>it</strong>tà si riducono all’indifferente<br />

un<strong>it</strong>à del nostro computo degli anni.<br />

Senza incanti, senza nostalgie regressive va affrontato il problema: non solo nell’attuale v<strong>it</strong>a<br />

metropol<strong>it</strong>ana non vi è neppure memoria della dimensione della polis (che si accompagna al senso<br />

intatto dell’ethos - di più: polis presuppone l’assoluto primato del suo “tutto”, del suo cosmo, sulla<br />

molteplic<strong>it</strong>à degli individui), ma neppure più vi si dà traccia di civ<strong>it</strong>as (che è termine secon<strong>da</strong>rio,<br />

derivante <strong>da</strong>i cives), poiché civ<strong>it</strong>as non può esservi al di fuori di quella “volontà generale” che si<br />

esprime nei mores e nell’effettivo riconoscimento del loro valore. Nell’”esplosione” della forma<br />

dell’urbs, del luogo della c<strong>it</strong>tà, consiste l’estremo prodotto di questa storia di dissoluzione<br />

dell’ethos. Non è che finisca la forma tradizionale della c<strong>it</strong>tà e perciò va<strong>da</strong> in malora ogni<br />

dimensione propriamente etica - è invece la crisi dell’idea di ethos che con<strong>da</strong>nna la c<strong>it</strong>tà: l’urbs<br />

diviene un indifferente momento dello spazio, o, piuttosto, un ostacolo, un pesante retaggio, per<br />

una civiltà della “universale mobil<strong>it</strong>azione”, un insopportabile arresto nel flusso del suo tempo. E di<br />

questo tempo noi siamo, volenti-nolenti, i “figli”: di nessun luogo e di nessun tempo, cioè,<br />

eticamente considerati. Da tale condizione dobbiamo partire, per cogliere i segni della sua


possibile “catastrofe”, di un altro possibile mutamento di stato - che mai potrà semplicemente


estaurare tramontate “morali”.<br />

La “libertà“, per noi, <strong>da</strong> carattere proprio dei figli (dei liberi, appunto) stabilmente residenti in un<br />

luogo e custodi dei suoi valori, si è trasformata in libertà <strong>da</strong> ogni stabile legame, in libertà di<br />

movimento lungo tutte le direzioni. Avvertiamo come “nemico” ciò che ostacola o frena<br />

l’universale circolazione di cose, uomini, idee. Il movimento “progressivo” che ha assal<strong>it</strong>o la c<strong>it</strong>tà<br />

tende, fin <strong>da</strong>lla sua origine, a soddisfare una tale doman<strong>da</strong>, o, meglio, è parte integrante della<br />

cultura che tale esigenza esprime. […]<br />

(<strong>da</strong> MASSIMO CACCIARI, Ethos e metropoli,<br />

MicroMega 1/1990, pp.39-48)<br />

in MASSIMO CACCIARI<br />

ETICA<br />

Le posizioni in tema di etica possono essere prese in due modi. In nome della ver<strong>it</strong>à e del dogma,<br />

con regole generali e astratte; oppure in nome della car<strong>it</strong>à e della compassione, con atteggiamenti<br />

e comportamenti concreti<br />

Giovanni Botero nella sua Della Ragione di Stato del 1589 scriveva, a propos<strong>it</strong>o dei Modi di<br />

propagan<strong>da</strong>r la religione: "Tra tutte le leggi, non ve n'è alcuna più favorevole a' Prencipi, che la<br />

Christiana: perché questa sottomette loro, non solamente i corpi e le facoltà de'sudd<strong>it</strong>i, dove<br />

conviene, ma gli animi ancora; e lega non solamente le mani, ma gli affetti ancora e i pensieri".<br />

Botero era uomo della controriforma. Purtroppo, c'è chi pensa ancora così, tra i nostri moderni<br />

"prencipi". Essi potrebbero far loro il motto di un discepolo di Botero che scriveva: "questa è la<br />

ragion di stato, fratel mio, obbedire alla Chiesa cattolica". Ora, se l'obbedienza alla Chiesa<br />

cattolica è la ragion di stato, è chiaro che i laici non troveranno mai un approdo comune con<br />

costoro<br />

Gustavo Zagrebelsky<br />

in Gustavo Zagrebelsky


etica<br />

«… La condotta di un individuo può essere giudicata morale a secon<strong>da</strong> della conform<strong>it</strong>à o meno<br />

alle regole o ai valori vigenti e proposti. Eppure non basta. L’individuo diviene <strong>da</strong>vvero soggetto<br />

morale se si rende responsabile della sua condotta, sia essa conforme alle regole e alle ab<strong>it</strong>udini<br />

o difforme <strong>da</strong> esse. Nessun individuo può divenire <strong>da</strong> solo soggetto morale, ma non vi è morale<br />

se non vi è assunzione di responsabil<strong>it</strong>à. Allo stesso modo non vi è né vi potrebbe mai essere<br />

credenza se l’individuo non divenisse interprete - più o meno originale - dell’universo simbolico a<br />

cui appartiene ed entro cui opera.<br />

Ha ragione Foucault: “Se è vero che ogni azione morale implica un rapporto con il reale in cui si<br />

compie e un rapporto con il codice cui si riferisce, è vero altresì che essa implica un rapporto con<br />

se stessi, e questo rapporto non è semplicemente ‘coscienza di sé’, bensì cost<strong>it</strong>uzione di sé<br />

come soggetto morale”.<br />

Bisogna dunque cost<strong>it</strong>uirsi come “soggetti morali”. Questo è più che mai urgente nel mondo<br />

contemporaneo. La complessificazione della società ha disarticolato i vecchi riferimenti: in essa si<br />

vengono sempre di più differenziando le prestazioni e i codici di condotta. Viviamo in una<br />

crescente asimmetria sociale che non è <strong>da</strong> concepire solo in termini di dispersione, ma anche di<br />

arricchimento. La dinamica della compless<strong>it</strong>à ha dilatato gli spazi di libertà, ha implementato le<br />

nostre possibil<strong>it</strong>à di scegliere e soprattutto di sceglierci, di modellare noi stessi con più am<strong>pia</strong><br />

discrezione di un tempo. Ma per trarre giovamento <strong>da</strong>i mutamenti del presente bisogna esserne<br />

all’altezza. Gli uomini vivono sempre sotto il segno dell’ambigu<strong>it</strong>à e la condizione contemporanea,<br />

al pari delle altre nella storia, non ne è priva. Ma vi sono difficoltà che sono specificamente<br />

nostre. Siamo esposti a rischi fino a ora mai sperimentati. Ne segnalo due: innanz<strong>it</strong>utto, corriamo<br />

spesso il pericolo d’essere travolti <strong>da</strong> quella stessa mobil<strong>it</strong>à <strong>da</strong> cui dovremmo trarre vantaggi; in<br />

secondo luogo, per ev<strong>it</strong>are la perd<strong>it</strong>a d’ident<strong>it</strong>à indotta <strong>da</strong>lla celer<strong>it</strong>à stessa delle mutazioni,<br />

ripariamo difensivamente nella serie. Abbiamo paura e perciò, lungi <strong>da</strong>l valorizzare le occasioni di<br />

libertà, accettiamo il regime: diveniamo passivi ed eterodiretti. Obbedienti involontari, senza<br />

neppure i vantaggi di questa celebre, antica virtù.<br />

Per trovare stabil<strong>it</strong>à in questa deriva dobbiamo cost<strong>it</strong>uirci più che mai come soggetti morali. A tale<br />

scopo è necessario ripiegare su di sé: bisogna raccogliere e governare la propria potenza.<br />

Divenire “soggetto morale” vuoi dire cost<strong>it</strong>uirsi come punto di resistenza a fronte della mobil<strong>it</strong>à e<br />

delle perturbazioni dell’ambiente; ergersi a momento stabile di selezione/decisione. Se occorre,<br />

farsi luogo di neutralizzazione e di indifferenza: di assenza. Per far questo ci vuole abil<strong>it</strong>à. In<br />

effetti questo è il significato originario della parola arete: virtù. Virtuoso è in primo luogo colui che<br />

è dotato di agil<strong>it</strong>à, che sa trarsi fuori <strong>da</strong>lle difficoltà. Divenire legge a se stessi significa volgere la<br />

propria po­tenza in forma, il proprio desiderio in carattere. Questa e non altra era la ragione per<br />

cui gli antichi dicevano che ciò che è buono è bello e ciò che è bello è buono.<br />

Ma il governo di sé non è operazione solipsistica. L’idea di virtù è sin <strong>da</strong>ll’inizio legata al rapporto<br />

con gli altri, al riconoscimento. Questo meglio lo si comprende se si considera il significato del<br />

verbo greco cresco. Il termine deriva <strong>da</strong>lla medesima radice ar - <strong>da</strong> cui, appunto, arete - e vuoi<br />

dire <strong>pia</strong>ccio, com<strong>pia</strong>ccio, riesco grad<strong>it</strong>o; significa perfino faccio ammen<strong>da</strong>. Virtuoso dunque è<br />

colui che se la sa cavare, ma è anche colui che sa com<strong>pia</strong>cere, che sa chiedere scusa. Chi è<br />

legge a se stesso non invade lo spazio degli altri. In effetti, gli individui riescono a essere tanto<br />

più se stessi, quanto più si pongono in relazione agli altri: altri uomini, ma anche culture altre,<br />

tradizioni etiche diverse. È nell’incontro/scontro con le differenze che si gua<strong>da</strong>gna l’ident<strong>it</strong>à. Non<br />

vi può essere consapevolezza di sé al di fuori dell’esperienza della differenza. …»<br />

(SALVATORE NATOLI, Dizionario dei vizi e delle virtù, FELTRINELLI 1996, pp.8-9)<br />

in SALVATORE NATOLI,


etica della responsabil<strong>it</strong>à<br />

L’etica della responsabil<strong>it</strong>à è TIPICAMENTE un’etica laica. In che senso? Nel senso che non<br />

discende <strong>da</strong>ll’adesione ad un sistema di valori ma <strong>da</strong>ll’analisi della s<strong>it</strong>uazione concreta cui la si<br />

applica. Chi vi aderisce si chiede quali conseguenze scaturiranno <strong>da</strong>i suoi atti. E se ne assume la<br />

responsabil<strong>it</strong>à.<br />

L’etica dei principi o etica assoluta ( o della testimonianza o dei sentimenti o delle intenzioni) è<br />

un’etica TIPICAMENTE “religiosa”, nel senso più lato del termine.<br />

Chi vi aderisce si chiede se le sue azioni siano coerenti e lo mantengano fedele alla sua “chiesa”,<br />

o sistema di riferimento. In questo modo tende a respingere la sua responsabil<strong>it</strong>a nei confronti<br />

delle conseguenze delle sue azioni.<br />

in<br />

Europa nazioni<br />

L’Europa non può che essere una comun<strong>it</strong>à di nazioni. Per diventarlo deve però riscoprire il<br />

senso e la funzione della Nazione, comun<strong>it</strong>à molto più antica e forte, nella psiche collettiva, dello<br />

Stato moderno: il secondo legato alla conquista e gestione del potere, la prima legata all’ident<strong>it</strong>à e<br />

rappresentazione dei popoli.<br />

in claudio risè


FAMIGLIE<br />

POLGAR A., PICCOLE STORIE SENZA MORALE,<br />

ADELPHI, 1994, p. 29-31<br />

Ora che il bambino è venuto al mondo, tutti, tranne il neonato, sono colmi di gioia. Parenti e<br />

conoscenti si volgono sorridendo all'omuncolo grinzoso, rosso come un tizzone, che dovrebbe<br />

risvegliare piuttosto un sentimento di pietà perché nell'attimo stesso in cui è entrato nella v<strong>it</strong>a è<br />

anche entrato nella morte, e ogni secondo che lo allontana <strong>da</strong>ll'istante del suo principio lo avvicina<br />

all'istante della sua fine. Ancora immortale nove mesi prima come un'idea eterna, come un<br />

principio divino, egli è già ora in balìa della morte; del cap<strong>it</strong>olo del tempo di cui dovrà dirsi pago, ha<br />

già consumato un giorno intero. « Me genésthai! » dice il saggio, la cosa migliore è non essere<br />

generati. Ma a chi tocca questa fortuna? A stento a uno, su milioni e milioni.<br />

Il bambino strilla. Angustia e malessere sono i primi a bussare alla porta ancora serrata della<br />

coscienza, e con i loro colpi lo disturbano nel sonno. Gri<strong>da</strong>ndo, il bambino leva un lamento,<br />

un'accusa per il fatto di essere al mondo. Gli adulti, assuefatti, incall<strong>it</strong>i forzati della v<strong>it</strong>a, accolgono<br />

il nuovo venuto con il tipico umorismo che cela l'imbarazzo. Ipocr<strong>it</strong>amente doman<strong>da</strong>no: «<br />

Insomma, che c'è? » come se non sapessero benissimo che cosa c'è.<br />

Intonando nenie carezzevoli, il padre esorta il bambino a sorridere. Con occhi avidi va s<strong>pia</strong>ndo<br />

questo sorriso come un segno che il povero essere si è rassegnato al destino di stare al mondo.<br />

« Avanti, fammi una risatina! » sussurra, e questo vuoi dire: Mostra che mi perdoni di averti<br />

scaraventato nella comun<strong>it</strong>à dei viventi! L'amore paterno è in parte senso di colpa verso il figlio<br />

che è nato. Ma nei padri, com'è naturale, questo sentimento è incapsulato fino a essere quasi<br />

impercettibile, represso com'è <strong>da</strong>ll'orgoglio del creatore, sebbene la breve mansione del padre nel<br />

generare la creatura, se la si paragona alla prestazione materna, non sia poi così<br />

impressionante.<br />

Dimora già un'anima nel mucchietto di cellule ar-moniosamente disposte? Sono già venute le<br />

buone fate a recare doni e talenti, e le streghe malvage che portano i primi complessi? La piccola<br />

macchina lavora a pieno r<strong>it</strong>mo; il cuore batte, il sangue corre, le ghiandole secernono, i polmoni<br />

liberano ossido di carbonio, e le d<strong>it</strong>a piccine, minuscole punte di una forchettina di bambola, si<br />

serrano al d<strong>it</strong>o del padre commosso. Il bambino afferra ciò che può raggiungere. Ecco, è un<br />

uomo!<br />

Ogni volta che un neonato apre gli occhi per la prima volta, si compie per suo tram<strong>it</strong>e la rinasc<strong>it</strong>a<br />

dell'universo. È lui che schiude al mondo le porte attraverso le quali il mondo deve entrare per<br />

poter esistere. L'assalto è impetuoso, i teneri cancelli devono essere continuamente richiusi. Ma<br />

non c'è fretta, ogni cosa a suo tempo.<br />

L'occhio del bambino: qui un mondo si sporge a guar<strong>da</strong>re dentro. L'occhio dell'adulto: un mondo si<br />

sporge qui a guar<strong>da</strong>re fuori. Per questo esso è torbido come il vetro di un bicchiere sul quale<br />

aderiscono ancora molte tracce di ciò che è stato bevuto. Il bambino strilla. Ma quando riceve <strong>da</strong><br />

bere, <strong>da</strong> un tenero, tenerissimo sospiro di sollievo, i suoi lineamenti si distendono, e a ogni piccolo<br />

sorso di latte sugge sul volto un sorso di pace. Così, fin <strong>da</strong>ll'inizio, gli esseri umani sono corrotti<br />

<strong>da</strong>l nutrimento, piegati a reprimere i loro pensieri più veri, a non disturbare, a stare buoni. Ah,<br />

com'è buono il bambino! Anche il male è buono purché sia in miniatura. E buoni sarebbero l'inferno<br />

in formato tascabile, e perfino il diavolo, se apparisse grande quanto un pollice e con una codina<br />

di topo.<br />

La madre riposa, palli<strong>da</strong> e spossata. Si sente strana, così gradevolmente vuota e così<br />

dolorosamente abbandonata, così colma di doni e così brutalmente adoperata. E la sua anima,<br />

che rende grazie a Dio, confi<strong>da</strong> intimamente nella sua grat<strong>it</strong>udine. Può ben pretenderlo, questo: il<br />

Creatore vive nelle sue creature, e ogni pezzette di nuova v<strong>it</strong>a che nasce si aggiunge alla v<strong>it</strong>a di<br />

Lui.<br />

Lieve, la porta si apre. La madre non si meravi-glierebbe per nulla se entrassero in punta di piedi i<br />

tre re dell'Oriente.<br />

Ma è solo lo zio Poldi.


in POLGAR


FAMIGLIE CRESCITA SICUREZZA<br />

All'inizio è sempre geografia.<br />

Parola che mi porta a casa, parola che mi porta via.<br />

Basta pensarla, ne nasce storia.<br />

È il primo inverno della v<strong>it</strong>a che ricordo. La notte cala presto.<br />

In cucina, vicino al fuoco, io e la nonna. Scoppiettio della legna e lenta sonnolenza, dentro. Fuori è<br />

il finimondo <strong>da</strong> tormenta, acqua, grandine, tuoni e fulmini. Il vento si infila tra le <strong>pia</strong>gne del tetto,<br />

nelle fessure delle finestre muove vetri e telai, fa tremare le porte, ulula, fischia e risucchia tra le<br />

scale e il solaio.<br />

La nonna sta apparecchiando. La sua presenza argina e dissolve ogni paura possibile. E la mia<br />

forza, la mia sicurezza. Sostiene la casa tutta e il mondo intorno.<br />

«Bimbo! vai di sopra a prendere due mele che la nonna è stanca e non sta tanto bene.»<br />

È una richiesta spaventosa! Si tratta di uscire in corridoio, salire le scale fino al primo <strong>pia</strong>no, aprire<br />

la porta cigolante scura e pesante della sala, attraversarla che, nell'angolo, sulle assi del<br />

pavimento sono conservate le mele dell'orto per l'inverno.<br />

Dire no alla nonna non si può. Dire sì come si fa? Di là <strong>da</strong>lla porta della cucina c'è il buio, gli<br />

spifferi gelidi, i rumori, le scale che <strong>da</strong>l fondo non si vede in cima. La paura.<br />

«Non avrai mica paura? Questa è la nostra casa e tu sei già un ometto.» Devo farlo. Non c'è<br />

dubbio. «Lascia la porta aperta così ci vedi.» La scala è ripi<strong>da</strong>, gli scalini altissimi, sarà dura. I<br />

primi scalini li faccio in ginocchio tirandomi su a fatica.<br />

«Come va?» la voce della nonna mi rincuora. «Nonna.» «Sì, bimbo.» «Va bene, nonna.»<br />

La voce combatte la paura. Mi alzo in piedi e attaccato al corrimano salgo.<br />

Ogni scalino, prima un piede poi tutti due, un richiamo. «Nonna.» «Sì, bimbo.» «Sono qui.»<br />

«Bravo.» «Va bene.» «Bravo.»<br />

Dieci scalini, è fatta, spingo la porta e la grande stanza è tutta ombre.<br />

Solo la voce mi può aiutare. Più forte: «Nonna». «Sì, bimbo.» «Sono qui. Nella sala.»<br />

«Bravo. Prendi due mele e portale giù. Attento a non cadere.»<br />

Occhi e orecchie sbarrati arrivo alle mele e mi volto. La luce fioca che sale col tepore del fuoco,<br />

adesso in fronte, fa più facile il r<strong>it</strong>orno, ma le gambe mi tremano e devo sedermi sul primo scalino<br />

per riprendermi.<br />

Due mele nelle mani: «Nonna, ecco». L'ecc<strong>it</strong>azione addosso e l'orgoglio di aver compiuto<br />

l'impresa.<br />

«Bravo bimbo, diventi grande alla svelta e la nonna è contenta, si può fi<strong>da</strong>re di te. A tavola,<br />

adesso, che la cena stasera te la sei gua<strong>da</strong>gnata come un ometto.»<br />

Questo è il primo ricordo che lego alla scoperta del mondo. Una scoperta concentrica per<br />

allargamento. ...<br />

In Giovanni Lindo Ferretti, Reduce, Mon<strong>da</strong>dori, 2006, 41-43<br />

in Giovanni Lindo Ferretti


FAMIGLIE EDUCAZIONE<br />

“Per quanto riguar<strong>da</strong> l’educazione dei figli, penso che si debbano insegnar loro non le piccole<br />

virtù, ma le grandi. Non il risparmio, ma la generos<strong>it</strong>à e l’indifferenza al denaro; non la prudenza,<br />

ma il coraggio e lo sprezzo del pericolo; non l’astuzia, ma la schiettezza e l’amore della ver<strong>it</strong>à; non<br />

la diplomazia, ma l’amore al prossimo e l’abnegazione; non il desiderio del successo, ma il<br />

desiderio di essere e di sapere.<br />

Di sol<strong>it</strong>o invece facciamo il contrario: ci affrettiamo a insegnare il rispetto per le piccole virtù,<br />

fon<strong>da</strong>ndo su di esse tutto il nostro sistema educativo. Scegliamo, in questo modo, la via più<br />

como<strong>da</strong>… . Trascuriamo d’insegnare le grandi virtù, e tuttavia le amiamo, e vorremmo che i nostri<br />

figli le avessero: ma nutriamo fiducia che scaturiscano spontaneamente nel loro animo, un giorno<br />

avvenire, r<strong>it</strong>enendole di natura istintiva, mentre le altre, le piccole, ci sembrano il frutto d’una<br />

riflessione e di un calcolo e perciò noi pensiamo che debbano assolutamente essere insegnate.<br />

In realtà la differenza è solo apparente: Anche le piccole virtù provengono <strong>da</strong>l profondo del<br />

nostro istinto, <strong>da</strong> un istinto di difesa: ma in esse la ragione parla, sentenzia, disserta, brillante<br />

avvocato dell’incolum<strong>it</strong>à personale. Le grandi virtù sgorgano <strong>da</strong> un istinto in cui la ragione non<br />

parla, un istinto a cui mi sarebbe difficile <strong>da</strong>re un nome. E il meglio di noi è in quel muto istinto: e<br />

non nel nostro istinto di difesa, che argomenta, sentenzia, disserta con la voce della ragione.<br />

L’educazione non è che un certo rapporto che stabiliamo fra noi e i nostri figli, un certo clima in<br />

cui fioriscono i sentimenti, gli istinti, i pensieri. Ora io credo che un clima tutto ispirato al rispetto<br />

per le piccole virtù, maturi insensibilmente al cinismo, o alla paura di vivere. Le piccole virtù, in se<br />

stesse, non hanno nulla <strong>da</strong> fare col cinismo, o con la paura di vivere: ma tutte insieme, e senza le<br />

grandi, generano un’atmosfera che porta a quelle conseguenze. Non che le piccole virtù, in se<br />

stesse, siano spregevoli: ma il loro valore è di ordine complementare e non sostanziale; esse non<br />

possono stare <strong>da</strong> sole senza le altre, e sono, <strong>da</strong> sole senza le altre, per la natura umana un<br />

povero cibo. Il modo di eserc<strong>it</strong>are le piccole virtù, in misura temperata e quando sia del tutto<br />

indispensabile, l’uomo può trovarlo intorno a sé e berlo nell’aria: perché le piccole virtù sono di un<br />

ordine assai comune e diffuso tra gli uomini. Ma le grandi virtù, quelle non si respirano nell’aria: e<br />

debbono essere la prima sostanza del nostro rapporto coi nostri figli, il primo fon<strong>da</strong>mento<br />

dell’educazione.<br />

Inoltre, il grande può anche contenere il piccolo: ma il piccolo, per legge di natura, non può in<br />

alcun modo contenere il grande.”<br />

Natalia Ginzburg, Le piccole virtù<br />

in GINZBURG<br />

FAMIGLIE MADRI<br />

Certe madri hanno bisogno di figli infelici, altrimenti la loro bontà di madri non può manifestarsi."<br />

Friedrich Wilhelm Nietzsche<br />

in Friedrich Wilhelm Nietzsche


filosofia<br />

“Si ignora anche la grandezza filosofica di Eschilo.<br />

E la cosa è anche più grave. Insieme a pochi altri,<br />

egli apre il cammino dell’Occidente.”<br />

(E. Severino, Il nulla e la poesia)<br />

Esiste un arco che ha ai suoi estremi Eschilo e Leopardi. La parabola che corre <strong>da</strong>ll’uno all’altro è<br />

ciò che chiamiamo Occidente. Con Eschilo nasce infatti l’illusione essenziale: che la conoscenza<br />

della ver<strong>it</strong>à - quella parte della ver<strong>it</strong>à certa e immutabile a portata della ragione degli uomini - è il<br />

solo rimedio che la nostra specie abbia per salvarsi <strong>da</strong>l dolore. Il dolore essenziale è quello della<br />

morte. La ver<strong>it</strong>à è il rimedio al dolore per la propria incompiutezza e mortal<strong>it</strong>à perché la ver<strong>it</strong>à<br />

come epistéme “è il rimedio al dolore, perché mostra incontrovertibilmente che la sostanza di tutti<br />

gli essenti, è eterna, “sempre salva” <strong>da</strong>l niente (Aristotele, Metaph. 983 b 13” (E. Severino, Il nulla<br />

e la poesia).<br />

Solo con Leopardi questo percorso trova il suo epilogo; perché “Leopardi, per primo, pensa che<br />

la ver<strong>it</strong>à è appunto l’annientamento della v<strong>it</strong>a e delle cose e che quindi non può essere il rimedio<br />

del dolore. La ver<strong>it</strong>à è il dolore” (Ibid.).<br />

Ancora:<br />

“Nel pensiero di Leopardi la fede nell’“evidenza” del divenire acquista una intens<strong>it</strong>à che non<br />

aveva mai avuto: con estrema potenza testimonia ciò che per essa è la visibil<strong>it</strong>à pura, la luce<br />

piena dove appare che l’annientamento non distrugge (e la creazione non produce)<br />

semplicemente gli aspetti accidentali e individuali, ma la sostanza stessa e l’intera consistenza<br />

dell’essente. Testimonia il “nulla verissimo e certissimo delle cose” (Zib. 103)” (Ibid.).<br />

“Che l’angoscia estrema sia prodotta <strong>da</strong>ll’annientamento degli essenti e <strong>da</strong>l loro provenire <strong>da</strong>l nulla<br />

è uno dei tratti essenziali e decisivi delle origini del pensiero filosofico. Riceve la sue espressione<br />

più grandiosa <strong>da</strong> Eschilo; gui<strong>da</strong> l’intera storia dell’Occidente; il pensiero di Leopardi ne è la<br />

testimonianza più pura, all’inizio del processo in cui la cultura contemporanea rifiuta il rimedio che<br />

la tradizione dell’Occidente aveva preparato contro l’angoscia del nulla: la ragione come rimedio.<br />

E’ “la ragione umana... incapace di farci non dico felici ma meno infelici”; anzi, è “fonte ... di<br />

assoluta e necessaria pazzia” - anche se, certo, “verissima pazzia” (Zib. 103-4).” (Ibid.).<br />

in eschilo, leopardi


filosofia<br />

Gli altri formano l'uomo; io lo racconto e ne rappresento uno in particolare assai mal fatto, e il<br />

quale, se avessi <strong>da</strong> modellare nuovamente, farei invero diverso <strong>da</strong> quel che è. Oramai, è fatto.<br />

Ora, le linee del mio r<strong>it</strong>ratto non si disperdono, benché cambino e si diversifichino. Il mondo non è<br />

che un movimento continuo. Ogni cosa vi si muove senza tregua: la terra, le rocce del Caucaso,<br />

le piramidi d'Eg<strong>it</strong>to, e del movimento pubblico e del proprio. La stessa costanza altro non è che un<br />

movimento più languido. Non posso assicurare il mio oggetto. Se ne va fosco e barcollante, di una<br />

ebbrezza naturale. Lo colgo in questo punto, come si presenta, nell'istante in cui me ne<br />

interesso. Non dipingo l'essere. Dipingo il passaggio [.]. E' un controllo di diversi e mutevoli<br />

avvenimenti cangianti e d'immaginazioni irrisolte e, quando cap<strong>it</strong>a, contrarie; che io sia un altro me<br />

stesso, o che io colga i soggetti <strong>da</strong> altre circostanze e considerazioni. Tant'è che mi contraddico<br />

talvolta, ma la ver<strong>it</strong>à, come diceva Demadio, non la contraddico affatto. Se la mia anima potesse<br />

essere ferma, non mi saggerei, mi risolverei; è sempre in formazione e in prova. Quella che<br />

propongo è una v<strong>it</strong>a semplice e senza lustro, è un tutt'uno. Si può legare altrettanto bene tutta la<br />

filosofia morale a una v<strong>it</strong>a popolare e privata che a una v<strong>it</strong>a di stoffa più ricca; ciascun uomo<br />

porta in sé la forma intera dell'umana condizione.<br />

Michel de Montaigne<br />

Saggi (vol.III)<br />

-------------------------------------------------------------------------------------------------------<br />

Analisi testuale<br />

T<strong>it</strong>olo:<br />

Il t<strong>it</strong>olo sembra perdersi nell'insieme tanto vasto quanto anonimo del genere del saggio. In realtà, il<br />

contenuto di questo passo mostra fino a che punto esso sia significativo ed appropriato: il libro si<br />

int<strong>it</strong>ola "saggio" precisamente e letteralmente perché lo scopo dell'autore è quello di saggiarsi<br />

attraverso la scr<strong>it</strong>tura, e allo stesso tempo quello di farsi saggiare <strong>da</strong>l lettore. Infatti, l'oggetto del<br />

libro è il racconto di sé in quanto uomo ("io racconto [l'uomo] e ne rappresento uno in<br />

particolare"). Un riferimento chiaro al legame che c'è tra il t<strong>it</strong>olo e il saggiarsi si trova alla fine del<br />

primo paragrafo: "Se la mia anima potesse essere ferma, non mi saggerei, mi risolverei"; qui<br />

Montaigne indica esplic<strong>it</strong>amente la ragione del suo libro, e quella della scelta del t<strong>it</strong>olo.<br />

Oggetto:<br />

Se è vero che l'oggetto del racconto è un uomo "in particolare", ciò non significa che esso sia<br />

"degno" di essere "raccontato" per motivi a lui intrinseci: quest'uomo non è né particolarmente<br />

importante né in alcun modo esemplare ("ne rappresento uno assai mal fatto" - par. 1; "Quella che<br />

propongo è una v<strong>it</strong>a semplice e senza lustro" - par. 2). In altre parole, qui non si tratta, come nel<br />

caso delle Confessioni di Rousseau (1765-70), di parlare di sé perché si vuole rivendicare la<br />

dign<strong>it</strong>à del soggetto individuale. L'IO narrante parla di sé unicamente perché appartiene al genere<br />

umano, come uno dei tanti possibili rappresentanti dell'Uomo, perché "si può legare altrettanto<br />

bene tutta la filosofia morale a una v<strong>it</strong>a popolare e privata che a una v<strong>it</strong>a di stoffa più ricca" (par.<br />

2).<br />

Forma:<br />

Come abbiamo già detto, l'oggetto del libro è il racconto di sé. Ma questa osservazione necess<strong>it</strong>a<br />

di alcune precisazioni. Gli Essais (Saggi) di Montaigne non sono né un diario né un'autobiografia:<br />

infatti, a differenza del diario, non abbiamo nessuna successione cronologica né divisione in<br />

sezioni con <strong>da</strong>tazioni diverse; e a differenza dell'autobiografia, non ci viene presentata la v<strong>it</strong>a di<br />

un uomo che è importante nella sua individual<strong>it</strong>à (storica, sociale, ecc.), raccontandola secondo<br />

uno schema ordinato e volto a dimostrare qualcosa. Gli Essais sono il risultato di una scr<strong>it</strong>tura<br />

aperta, il cui unico scopo è quello di "raccontare" un uomo.<br />

R<strong>it</strong>mo:


Dato che non segue nessun ordine, né cronologico né causale, la narrazione, ci avverte<br />

Montaigne, si sviluppa seguendo i pensieri del narratore, attraverso un movimento fluido e


altalenante, retto unicamente <strong>da</strong>lla legge della libera associazione di idee. Essa perciò sembra<br />

essere lasciata an<strong>da</strong>re a briglia sciolta, in maniera disordinata e incoerente; in realtà, è il frutto di<br />

un attento cr<strong>it</strong>erio stilistico, di un vero e proprio metodo sperimentale: come ha fatto notare un<br />

famoso cr<strong>it</strong>ico, Auerbach*, il r<strong>it</strong>mo narrativo in Montaigne è spiegato e giustificato (<strong>da</strong>llo stesso<br />

autore-narratore) attraverso un preciso sillogismo: 1. Io racconto un uomo particolare (me<br />

stesso) 2. Ogni cosa nel mondo è in continuo movimento e cambiamento 3. Perciò: io, che faccio<br />

parte del mondo, sono in continuo movimento, e la mia narrazione, che si vuole a<strong>da</strong>ttare al suo<br />

oggetto, è altrettanto mutevole.<br />

Temi principali:<br />

*<br />

Il divenire: la maggior parte del primo paragrafo è interamente dedicata a questo tema.<br />

Attraverso la constatazione che tutto, nel mondo, è in movimento, per motivi esterni o propri ("del<br />

movimento pubblico e del proprio"), Montaigne arriva a spiegare come il suo oggetto (cioè se<br />

stesso) gli sfugga ("se ne va fosco e barcollante"). L'unico modo per lui di "assicurarlo" (di<br />

catturarlo, di coglierlo) è quello di prenderlo "così come si presenta", cioè in movimento. Perciò<br />

può affermare di non dipingere l'essere (ciò che è stabile), ma il passaggio. Per lo stesso motivo<br />

lui, al contrario degli altri, non può formare l'uomo, ma soltanto raccontarlo, poiché per formarlo<br />

bisognerebbe averne prima fissato l'essenza. Di nuovo, questa è pure la ragione per cui egli, in<br />

quanto essere mutevole, non può risolversi, ma unicamente saggiarsi.<br />

* La semplic<strong>it</strong>à: Montaigne insiste nel ribadire che egli non "racconta" se stesso perché ha<br />

particolari qual<strong>it</strong>à che lo rendono interessante in quanto individuo. Si presenta come "una v<strong>it</strong>a<br />

semplice e senza lustro", non tanto perché ciò sia vero in pratica (Montaigne era, in effetti, un<br />

nobile ed una delle persone più in vista in Francia all'epoca in cui ha vissuto), quanto perché così<br />

è nelle intenzioni: se avesse voluto raccontare di sé come uomo illustre, avrebbe potuto farlo<br />

benissimo, ma ciò che gli preme è il raccontarsi come uomo. Egli richiede a se stesso una sola<br />

qual<strong>it</strong>à: l'uman<strong>it</strong>à, perché tanto basta alla sua filosofia morale.<br />

* La ver<strong>it</strong>à: l'unica condizione richiesta <strong>da</strong>l suo lavoro è la sincer<strong>it</strong>à nel parlare di sé. Questa<br />

condizione è segu<strong>it</strong>a in maniera molto rigorosa <strong>da</strong> Montaigne, tanto <strong>da</strong> poter affermare che<br />

persino nella sua incoerenza egli è in realtà perfettamente coerente con la propria natura ("mi<br />

contraddico talvolta, ma la ver<strong>it</strong>à, come diceva Demadio, non la contraddico affatto").<br />

Osservazioni conclusive:<br />

* La differenza tra un libro come Le confessioni di Rousseau e i Saggi di Montaigne riflette la<br />

differenza che esiste tra due secoli tanto distanti come il '700 e il '500. Quando Rousseau, <strong>da</strong><br />

vero pre-romantico, decide di scrivere un libro su se stesso, l'intento principale è quello di<br />

rivendicare la dign<strong>it</strong>à della propria persona in quanto possibile oggetto di un libro (ricordiamo che<br />

Rousseau era un borghese, e che si rivolgeva ad un pubblico principalmente aristocratico). In<br />

Montaigne non c'è alcuna rivendicazione personale ed individuale: se scrive di sé, è il proprio<br />

essere uomo che lo interessa, ed in questo rispecchia perfettamente il '500, secolo<br />

dell'Umanesimo.<br />

* Come abbiamo visto, gli elementi principali di questo passo sono: 1) la volontà di presentare<br />

se stessi in maniera semplice e al contempo rigorosa; 2) la necess<strong>it</strong>à di parlare del proprio<br />

oggetto attenendosi alla ver<strong>it</strong>à; 3) il desiderio di cogliere questo oggetto nella sua compless<strong>it</strong>à e<br />

total<strong>it</strong>à; 4) la necess<strong>it</strong>à di adeguare lo stile narrativo all'oggetto della narrazione. Tutti questi<br />

elementi riflettono perfettamente il pensiero rinascimentale, che si contraddistingue, tra l'altro, per<br />

il tentativo di costruire un sistema stabile al cui centro stia una visione armoniosa e completa<br />

dell'Uomo.<br />

* Erich Auerbach, Mimesis (Il realismo nella letteratura occidentale), Vol. II, cap. 2.


in Michel de Montaigne<br />

filosofia coscienza laica<br />

“coscienza laica”:<br />

“intendendo con ciò quella parte della coscienza, presente in ogni uomo, credente o non<br />

credente, che cerca la ver<strong>it</strong>à per se stessa e non per appartenere a un'ist<strong>it</strong>uzione; quella parte<br />

della coscienza che vuole aderire alla ver<strong>it</strong>à, ma vuole farlo senza alcuna forzatura ideologica, di<br />

nessun tipo, e se accetta una cosa, lo fa perché ne è profon<strong>da</strong>mente convinta, e non perché<br />

l'abbia detto uno dei numerosi papi, o uno degli altrettanto numerosi antipapi della cultura laicista.<br />

La vera laic<strong>it</strong>à significa r<strong>it</strong>enere conclusivo non il principio di autor<strong>it</strong>à ma la luce della coscienza.”<br />

V<strong>it</strong>o Mancuso, L’anima e il suo destino, Raffaello Cortina 2007, pag 1<br />

in V<strong>it</strong>o Mancuso<br />

filosofia coscienza laica<br />

"coscienza laica: quella parte di coscienza, presente in ogni uomo, credente o non credente, che<br />

cerca la ver<strong>it</strong>à per se stessa e non peR appartenere a una ist<strong>it</strong>uzione; quella parte della<br />

coscienza che vuole aderire alla ver<strong>it</strong>à, ma vuole farlo senza alcuna forzatura ideologica, di<br />

nessun tipo, e se accetta una cosa lo fa perchè ne è profon<strong>da</strong>mante convinta e non perchè<br />

l'abbia detto uno dei numerosi papi o uno degli altrettanto numerosi papi della cultura laicista"<br />

V<strong>it</strong>o Mancuso, L'anima e il suo destino, Raffeallo Cortina, 2007 p. 1<br />

in V<strong>it</strong>o Mancuso


FILOSOFIA ETICA<br />

La legge morale - dice Kant nella Cr<strong>it</strong>ica alla ragion pratica, I, 1, 3 - deve essere concep<strong>it</strong>a e<br />

accettata come un dovere "utile e valido" in sé (questo è quanto ribadisce anche Hegel nel<br />

paragrafo 503 dell'Enciclopedia delle scienze filosofiche). Il punto è comunque sempre relativo<br />

alla questione dell'autor<strong>it</strong>à. E' necessaria un'autor<strong>it</strong>à che parli agli altri o "per conto degli altri" sui<br />

temi della morale? E se sì, <strong>da</strong> dove questa autor<strong>it</strong>à trae e leg<strong>it</strong>tima (vorrei quasi dire "sussume",<br />

visto che l'amb<strong>it</strong>o morale è sempre personale) le proprie argomentazioni fino a reputarle<br />

"leg<strong>it</strong>time"? E ancora, possono queste argomentazioni avere valore universale? Se consideriamo<br />

la morale al pari delle altre forme di conoscenza, dovremmo dire che non esiste in sé una logica<br />

che giustifichi un'autor<strong>it</strong>à nel campo della morale. Kantianamente parlando, ognuno costruisce la<br />

propria impalcatura morale inserendola nel più ampio "spettro" delle morali altrui al fine di<br />

coab<strong>it</strong>arvi. Se invece vogliamo considerare, con Hume e i naturalisti, la morale svincolata <strong>da</strong>lle<br />

altre forme di conoscenza umana e collocarla in un amb<strong>it</strong>o più "util<strong>it</strong>aristico", legata cioè alle<br />

contingenze temporali e pratiche, allora il discorso cambierebbe ancora. Ma risulta chiaro che<br />

essa perderebbe gran parte di quei "valori" universali a cui potrebbe far riferimento, di volta in<br />

volta, una qualsiasi autor<strong>it</strong>à che volesse proporla o - peggio ancora - "imporla".<br />

A differenza di altri, sui temi della morale non ho certezze, anche se - ovviamente - è uno dei temi<br />

che più in<strong>da</strong>go e che più mi sta a cuore. Non credo che una v<strong>it</strong>a incentrata su una morale - per<br />

così dire - "autonoma", abbia minori garanzie di "valid<strong>it</strong>à" rispetto a quella che segue principi<br />

"dettati" <strong>da</strong>ll'alto. Non credo cioè sia una questione di valori "orizzontali" o "verticali" ad informare<br />

un principio etico, quanto piuttosto la capac<strong>it</strong>à di considerare che le pretese dell'altro, se non<br />

vogliono conculcare il mio "principio particolare", sono lec<strong>it</strong>e. Diverso è quando, su molto vaghi e<br />

fumosi "principi universali", si vuole concentrare una vasta idea di morale; qui il rischio di sfociare<br />

in un certo "assolutismo" del pensiero è assai probabile. Come probabile diventa anche il pericolo<br />

di una radicalizzazione delle varie "morali", fino al mancato riconoscimento dell'altro o - peggio<br />

ancora - alla pretesa "immoral<strong>it</strong>à" di chi non accoglie il principio etico di una autor<strong>it</strong>à<br />

autoproclamatasi "morale", anche in palese contraddizione con la propria storia e la propria<br />

pratica quotidiana.<br />

in KANT<br />

FILOSOFIA LOGOS<br />

Logos in greco è un termine assai plastico, che significa ab<strong>it</strong>ualmente «parola», intesa nelle sue<br />

forme più diverse («discorso», «racconto», «detto», «resa dei conti»…). Ma vuol dire anche<br />

«ragione», «senso», e la sua radice leg- richiama una raccolta, un nesso, un legame. Appartiene<br />

al linguaggio comune, ma <strong>da</strong> Eracl<strong>it</strong>o nel VI sec. a.C., è stato introdotto in quello filosofico per<br />

indicare il principio universale e coesivo del mondo<br />

in


FILOSOFIA MICHEL DE MONTAIGNE<br />

«Non conosco libro più calmo, e che disponga maggiormente alla seren<strong>it</strong>à» scrisse Flaubert dei<br />

Saggi, e certo, tra i grandi libri in cui si è espressa la cultura occidentale, non molti sono quelli che<br />

presentano altrettanto immediata l’impronta di uno spir<strong>it</strong>o sereno, coordinatore sovrano e<br />

misurato di un’infin<strong>it</strong>a e fluttuante varietà di contenuti. Sorretta <strong>da</strong> una curios<strong>it</strong>à che non si arresta<br />

<strong>da</strong>vanti a nulla, l’in<strong>da</strong>gine serrata (se pure niente affatto sistematica) che Montaigne conduce nel<br />

suo libro vede i suoi risultati ridotti a un’unica costante che è lo studio di sé, delle proprie<br />

humeurs et cond<strong>it</strong>ions, e attraverso di esso arriva alla rappresentazione dell’uomo «dipinto per<br />

intero, e tutto nudo». Persuaso che tutto sia stato detto e preoccupato di dimostrare che lo spir<strong>it</strong>o<br />

umano rimane sempre simile a se stesso, egli giunge, paradossalmente, alla conclusione che<br />

nulla può dirsi che sia certo, se non che tutto è incerto. Questo gli apre le porte per un viaggio<br />

senza fine all’interno di se stesso, solo oggetto possibile della sua ricerca perché il solo<br />

verificabile mediante l’esperienza diretta e, in fondo, il solo interessante per lui: «Io oso non<br />

soltanto parlare di me, ma parlare soltanto di me…». Le parti sono così rovesciate; l’uomo non<br />

deve accettare una linea di condotta precost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a, anche se resa venerabile <strong>da</strong> una tradizione<br />

soli<strong>da</strong> e ormai acquis<strong>it</strong>a, né districare nella selva di dottrine contradd<strong>it</strong>torie quella che gli serva<br />

come filo conduttore per la propria v<strong>it</strong>a; egli deve piuttosto esprimere un modo di v<strong>it</strong>a che si<br />

propone appunto di essere peculiare e unico. Questa accan<strong>it</strong>a, quasi puntigliosa reductio di tutta<br />

la cultura precedente è stata indubbiamente la grande scoperta di Montaigne, e quella che ha<br />

fatto dei Saggi un punto fermo nella storia della cultura occidentale. Il libro è sì la grande summa in<br />

cui vengono esposte, cr<strong>it</strong>icate, parzialmente accettate o respinte con stupefacente libertà di<br />

giudizio le teorie tradizionali più generalmente accolte, il grande serbatoio attraverso cui fluisce lo<br />

spir<strong>it</strong>o classico e in cui si raccolgono, filtrate, tutte le principali correnti del pensiero antico, ma<br />

soprattutto è la prima grande rappresentazione moderna dell’uomo nella sua condizione tutta<br />

umana, sradicata, parrebbe, <strong>da</strong>l suo rapporto esistenziale con la total<strong>it</strong>à – ma non <strong>da</strong> quello con la<br />

Natura –, dell’uomo come unico punto di riferimento per ogni azione e ogni giudizio. L’uomo di<br />

Montaigne, questo soggetto «vano, vario e ondeggiante», non è più l’eroe che cerca di superare<br />

la propria condizione in uno sforzo tragico o mistico, ma l’uomo nuovo, l’honnête homme, che<br />

accetta se stesso, le sue potenzial<strong>it</strong>à e i suoi lim<strong>it</strong>i. I Saggi sono perciò il primo grande sforzo,<br />

pienamente consapevole, di fare dell’in<strong>da</strong>gine psicologica e morale la sostanza stessa dell’attiv<strong>it</strong>à<br />

letteraria, giacché il chiarire a se stessi per mezzo della parola le proprie «fantasie informi»<br />

diventa in realtà un modo di vivere più compiutamente: «Non son tanto io che ho fatto il mio libro,<br />

quanto il mio libro che ha fatto me, libro consustanziale al suo autore, di un’util<strong>it</strong>à personale,<br />

membro della mia v<strong>it</strong>a...».<br />

Da risvolto della edizione Adelphi<br />

in DE MONTAIGNE


FILOSOFIA MICHEL DE MONTAIGNE<br />

QUALCHE RIFLESSIONE SU MICHEL DE MONTAIGNE<br />

Giovanni Greco<br />

Univers<strong>it</strong>à di Bologna<br />

Il Viaggio in Italia di Montaigne - per molte ragioni già chiar<strong>it</strong>e <strong>da</strong> voci attendibili e per altre che<br />

tenterò qui di esporre - può considerarsi un classico tout court. Così, preliminarmente, mi chiedo<br />

con Roberto Roversi: «Sono ancora i classici il ponte di liane degli incas, tremolanti su tremendi<br />

strapiombi, che con filo di dura cor<strong>da</strong> e pezzetti di legno uniscono ripe lontane e contrapposte<br />

altrimenti inaccessibili? Resistono ancora ad essere lo specifico miracoloso di lunga durata?». E<br />

la risposta, per me come per numerosi altri lettori, è sì: non dobbiamo, per esempio, resistere alla<br />

tentazione di attraversare la passerella tesa fra la società organizzata e la giustizia ingiusta<br />

dell’emarginazione, o fra le più diverse sensibil<strong>it</strong>à contemporanee e le antiche tradizioni culturali.<br />

Per di più, i classici antichi e moderni ci consentono di alimentare - è proprio Montaigne a<br />

sostenerlo persuasivamente - «un retrobottega tutto nostro, assolutamente autonomo, ove<br />

conservare la nostra libertà, avere il nostro più importante rifugio, godere della nostra sol<strong>it</strong>udine».<br />

Montaigne non coltiva pregiudizi di stile, ma ha il culto costante dell’antico classico, a cui<br />

consacra riflessioni di notevole respiro, alla Sainte-Beuve per intenderci. Nel panorama del<br />

pensiero moderno poi, come si sa, occupa un ruolo <strong>da</strong>vvero centrale il nostro Michel Eyquem,<br />

signore di Montaigne, latifondista benestante e produttore di vini, autore sostanzialmente di<br />

un’unica, incomparabile opera, i Saggi. Invero, il Viaggio in Italia di cui ora ci occuperemo - anche<br />

leggendolo come uno specchio dell’epoca mirabile e miserabile in cui è stato steso - può<br />

considerarsi de plano un arricchimento ed un potenziamento degli Essais, nonché una chiave con<br />

cui penetrare nell’essenza spir<strong>it</strong>uale del Rinascimento europeo.<br />

Montaigne - questo inesauribile maître à penser cinquecentesco che ci accade così sovente di<br />

sentir prossimo alla nostra inquieta “condizione postmoderna” - soffre sì del mal della pietra, ma<br />

trova nelle ragioni terapeutiche pure un pretesto onde intraprendere un viaggio intensamente<br />

desiderato: si reca, pertanto, nelle più rinomate stazioni termali dell’epoca, <strong>da</strong>i bagni di Plombières<br />

ai Bagni della Villa (l’odierna Bagni di Lucca), presso cui si sottopone alle varie cure con una<br />

diligenza venata di scetticismo, che non sa farsi troppe illusioni su risultati e giovamenti.<br />

Montaigne amava talmente viaggiare, vis<strong>it</strong>are luoghi sconosciuti che, alla stessa stregua del<br />

lettore trasportato ed avvinto <strong>da</strong>l libro che sfoglia, soffriva nel timore che l’opera stesse per<br />

giungere alla conclusione: «aveva tanto <strong>pia</strong>cere di viaggiare che odiava la vicinanza del luogo in<br />

cui si sarebbe dovuto fermare».<br />

Il Viaggio in Italia non era destinato alla pubblicazione, e fu scr<strong>it</strong>to in buona parte (poco meno della<br />

metà) <strong>da</strong> un famiglio di Montaigne di cui non ci è nota l’ident<strong>it</strong>à, ma che - come acutamente<br />

chiar<strong>it</strong>o <strong>da</strong> Fausta Garavini, esegeta ed interprete straordinaria dell’intera opera montaignana -<br />

era tutt’altro che sprovveduto <strong>da</strong>l punto di vista culturale. A partire <strong>da</strong>l soggiorno lucchese,<br />

Montaigne prova quindi a cimentarsi con la lingua <strong>it</strong>aliana, che dimostra peraltro di saper usare<br />

con una certa studiata familiar<strong>it</strong>à.<br />

Se il Viaggio in Italia di Stendhal «è uno stupendo romanzo», se quello di Montesquieu - anch’egli,<br />

come Montaigne, grande c<strong>it</strong>tadino di Bordeaux - risulta ictu oculi pieno di v<strong>it</strong>a, colore e gusto, il<br />

Viaggio in Italia del nostro homme de lettres - lo ha sostenuto con dovizia di argomenti Guido<br />

Piovene - è certamente assai meno pretenzioso, ma, fra tutti i libri riconducibili a questo genere<br />

oltremodo apprezzato e fortunato, è il più bello e il più moderno in assoluto. Non casualmente<br />

Sergio Solmi r<strong>it</strong>eneva che i lavori di Montaigne rappresentassero un’autobiografia di pensieri più<br />

che di fatti: peraltro, già il grande Sainte-Beuve era convinto che Montaigne, autore superbo per<br />

profond<strong>it</strong>à e universal<strong>it</strong>à, fosse l’ “Orazio dei francesi”: «Il suo libro è un tesoro di osservazioni<br />

morali e di esperienza. A qualsiasi pagina lo si apra e in qualsiasi condizione di spir<strong>it</strong>o, si può star<br />

sicuri di trovarci qualche pensiero saggio espresso in modo vivido e duraturo, che spicca<br />

immediatamente e s’imprime, un bel significato in una parola piena e sorprendente, in una sola


lega forte, familiare o grande».


Montaigne ha quella che è forse la dote più rilevante dell’autentico viaggiatore, ossia la<br />

consapevolezza di non essere superiore a nessuno; non accetta che il viaggiatore girovaghi per<br />

il mondo lamentandosi di non trovare ciò a cui è ab<strong>it</strong>uato: gli <strong>pia</strong>ce per contro adeguarsi alle varie<br />

peculiar<strong>it</strong>à terr<strong>it</strong>oriali, e mai compirebbe un viaggio per comprovare un preconcetto.<br />

Ciononostante, il confronto fra i paesi tedeschi e gli <strong>it</strong>aliani è a nostro netto svantaggio per<br />

l’ordine, la cucina, il benessere, l’onestà, gli edifici, le fin<strong>it</strong>ure, le finestre senza vetri, gli alloggi,<br />

le seduzioni inferiori alle attese, le donne etc.<br />

Il “bastione Montaigne”, per utilizzare certe tipologie di Albert Thibaudet, è il bastione dell’uomo<br />

interiore, con gocce di sangue ebraico (la madre era ebreo-spagnola), tradizionalista, moderno,<br />

cosmopol<strong>it</strong>a, cattolico, antisistematico, tant’è che «stoicismo, epicureismo, scetticismo coesistono<br />

in lui». Montaigne è, per dirla con Giovanni Macchia, il maestro del dubbio, del dubbio inteso come<br />

antidoto onde tentare di giungere alla ver<strong>it</strong>à per quanto concerne sia il passato sia il presente, il<br />

dubbio, ancora, che pervade le ombre e i contorni del futuro. Montaigne sostiene poi che «la<br />

peste dell’uomo è il credere di sapere», e desidera discorsi che «colpiscano il dubbio là dov’è più<br />

forte», coltivando perciò il dubbio e le cose nella loro essenza. Non per caso Sainte-Beuve definì<br />

ore rotundo Montaigne «le français le plus sage qui aie jamais existé». Fra le altre cose, il nostro<br />

filosofo dirà dei commentatori dei suoi tempi che «c’è più <strong>da</strong> fare a interpretare le interpretazioni<br />

che a interpretare le cose».<br />

Montaigne, che ha conosciuto il latino come lingua madre e nutre un’autentica adorazione per la<br />

poesia, è nemico giurato della noia e di ogni forma passiva e sterile di ozio, nonché scr<strong>it</strong>tore che<br />

afferma persuasivamente di sforzarsi di comporre la sua opera con la maggior sincer<strong>it</strong>à<br />

possibile: egli sottolinea con energia quest’ultima, rara qual<strong>it</strong>à già nel decisivo ed incisivo incip<strong>it</strong><br />

dei Saggi («Questo, lettore, è un libro sincero»), indicando così con efficacia il percorso che<br />

intende seguire, un progetto che al centro ha la sua stessa persona («sono io la materia del mio<br />

libro»). Del resto, in uno dei suoi più riusc<strong>it</strong>i autor<strong>it</strong>ratti egli prova a spiegare come vede se stesso<br />

e perché parli di sé in quel suo modo sconcertante e inconfondibile: «Se dico cose diverse di me,<br />

è perché mi guardo <strong>da</strong> angolature diverse. Tutti gli opposti si r<strong>it</strong>rovano in me in qualche piega o<br />

maniera. Discuto, insolente; casto, lussurioso; chiacchierone, tac<strong>it</strong>urno; laborioso, svogliato;<br />

ingegnoso, ottuso; triste, allegro; imbroglione, sincero; dotto, ignorante e liberale, e avaro, e<br />

prodigo, tutto ciò io lo vedo in me in qualche modo, a secon<strong>da</strong> di come mi giri; e chiunque si studi<br />

attentamente trova in se stesso, e anzi nel suo stesso giudizio, questa volubil<strong>it</strong>à e discor<strong>da</strong>nza.<br />

Non posso dir nulla di me una volta per tutte, semplicemente e per sempre, senza confusione e<br />

mescolanza, né in una parola».<br />

Montaigne è l’uomo di provincia esemplare, è <strong>da</strong>vvero uno scr<strong>it</strong>tore nato, è una coscienza fine ed<br />

irrequieta legata anche sentimentalmente alle discipline giuridiche, è un letterato che, per così<br />

dire, si consegna alla <strong>carta</strong>, è un filosofo che r<strong>it</strong>iene l’aspirazione alla saggezza una sorta di gioia<br />

permanente. Ha una visione grosso modo laica di quel cattolicesimo che stima una pratica<br />

virtuosa significativa, il miglior modo (forse) di cogliere elementi di autentica religios<strong>it</strong>à.<br />

E’ perfettamente consapevole, comunque, della straordinaria difficoltà, per gli uomini, di<br />

riconoscere ed afferrare la ver<strong>it</strong>à, convinto com’è che la ver<strong>it</strong>à umana, per dirla con Spagnol, si<br />

trova più spesso arrotolata fra i panni sporchi che non nelle pieghe delle solenni <strong>carta</strong>pecore. Gli<br />

è inoltre ben noto che, non di rado, la conoscenza del vero è conoscenza del nero (Rigoni).<br />

Montaigne sembra persino credere che, se è opportuno tendere sempre e comunque alla ver<strong>it</strong>à,<br />

essa tuttavia va probabilmente rivelata solo di quando in quando. In piena sintonia con lui è un<br />

altro grande moraliste, quell’Oscar Wilde persuaso del fatto che «la ver<strong>it</strong>à di rado è pura, e non è<br />

mai semplice». Ancora, basta una semplice lettura dell’opera montaignana per comprendere non<br />

solo quanto gli stessero a cuore quei temi e problemi di natura morale e pe<strong>da</strong>gogica che an<strong>da</strong>va<br />

costantemente in<strong>da</strong>gando nei suoi diletti libri, così come nel proprio non meno amato percorso<br />

esistenziale, ma anche quanto fosse forte in lui - che reputava fra l’altro, evangelicamente, l’uomo<br />

un umilissimo vaso d’argilla - il gusto per le sentenze bibliche e classiche.<br />

La sua Weltanschauung sfocia nel concetto di salute fisica e morale, come acutamente sostenne<br />

in pagine famose Sergio Solmi, che definì la “salute” di Montaigne una qual<strong>it</strong>à innata, un<br />

elementare e supremo equilibrio di v<strong>it</strong>a. Quindi: tener saldo il fisico e non consentire alcun


condizionamento alla moral<strong>it</strong>à, per definire un modello di v<strong>it</strong>a preciso e costruttivo. E non mi<br />

sembra <strong>da</strong>vvero un caso che uomini tutt’altro che ingenui e sprovveduti abbiano deciso di<br />

formarsi in maniera a un tempo virtuosa e serena, severa e tollerante, virile e delicata, leggendo e<br />

rileggendo Montaigne: in ver<strong>it</strong>à, gli Essais sanno susc<strong>it</strong>are come ben pochi libri, nell’animo del<br />

lettore non distratto, il desiderio autentico, la volontà di autoeducarsi in maniera equilibrata.<br />

Nei Saggi - ove l’antropologo (in senso etimologico) prevale sul cronista, che la fa invece <strong>da</strong><br />

padrone nel Viaggio in Italia - la preoccupazione maggiore di Montaigne è, come accennato, che<br />

le sue pagine siano immediatamente percep<strong>it</strong>e come un libro sincero. Aspira perciò a presentarsi<br />

senza infingimenti ed assicura che, se si fosse trovato fra popoli prim<strong>it</strong>ivi, si sarebbe denu<strong>da</strong>to<br />

completamente: «Voglio che mi si ve<strong>da</strong> qui nel mio modo d’essere semplice, naturale e consueto,<br />

senza affettazione né artificio: perché è me stesso che dipingo. Si leggeranno i miei difetti presi<br />

sul vivo e la mia immagine naturale».<br />

in Montaigne


FILOSOFIA PSICANALISI SENSO<br />

L'ultimo tratto di percorso del Pensiero Uno è scatur<strong>it</strong>o, al termine del mio percorso, come ultima<br />

risposta all'interrogativo che mi si era imposto fin <strong>da</strong>ll'infanzia:<br />

- Cosa vuole dire che è ciò che è?<br />

Incalzata <strong>da</strong> questo interrogativo, durante l'adolescenza ne cercai risposta nel pensiero<br />

filosofico. Ma neppure l'ontologia hegeliana, pur nella sua visione di sintesi, mi si presentava<br />

come esaustiva, in quanto la v<strong>it</strong>a, nella sua concreta oggettual<strong>it</strong>à, ne era irrecuperabilmente<br />

esclusa. La v<strong>it</strong>a stessa allora mi costrinse a cercare la risposta nella scienza biologica, la quale<br />

immediatamente mi svelò l'ordine evolutivo delle forme viventi come l'ordine di una dinamica<br />

evolutiva del pensiero. Mi sembrò allora giunto il momento di tornare alla filosofia, per trovare la<br />

sintesi tra spir<strong>it</strong>o e materia nella r<strong>it</strong>rovata coincidenza tra pensiero e v<strong>it</strong>a. Ma ancora una volta la<br />

v<strong>it</strong>a mi indicò che era un'altra la stra<strong>da</strong> <strong>da</strong> percorrere, quella della riflessione della v<strong>it</strong>a su se<br />

stessa: la stra<strong>da</strong> della psicoanalisi. Fu così che scoprii anz<strong>it</strong>utto che il metodo psicoanal<strong>it</strong>ico è<br />

l'attuazione concreta della dialettica hegeliana, in quanto in esso è il soggetto umano, e non più un<br />

soggetto astratto, a prendere <strong>da</strong> sé la distanza riflessiva per conoscere se stesso; e scoprii<br />

ancora che ciò di cui il soggetto umano fa conoscenza è lo stesso metodo del conoscersi del<br />

Pensiero che, a partire <strong>da</strong>l primo manifestarsi dell'Essere, quale proiezione del Soggetto Pensante<br />

Uno fuori di sé, ha <strong>da</strong>to luogo a tutto ciò che è. A questo punto un nuovo tentativo di evidenziare<br />

la sintesi tra spir<strong>it</strong>o e materia in una rilettura dialettica del pensiero filosofico fu ancora una volta<br />

reindirizzato verso una trattazione scientifica dello strutturarsi del cosmo, a partire <strong>da</strong>l primo farsi<br />

della materia quale oggettiva-zione del Pensiero nel pensato di sé che è ancora lui stesso. È qui<br />

che in me si fece l'esperienza vivente della originaria dual<strong>it</strong>à dell'Uno e si compì un ulteriore salto<br />

riflessivo, grazie al quale la logica della separazione tra soggetto e oggetto si risolse nella logica<br />

un<strong>it</strong>aria dell'in-tersoggettiv<strong>it</strong>à. Da qui in poi, grazie alla progressiva consapevolizzazione di questo<br />

più elevato livello di riflessione come realtà concreta nella quotidiana esperienza<br />

dell'intersoggettiv<strong>it</strong>à, il Pensiero affrontò e infine risolse il problema della coincidenza tra il<br />

noumenico e il fenomenico; coincidenza nella quale esso riconobbe la sua realtà di Unico Vivente.<br />

È a questo punto che la v<strong>it</strong>a mi ha risospinto infine verso la filosofia, per ripercorrere la via <strong>da</strong><br />

essa tracciata a partire <strong>da</strong>lla crisi del Pensiero Uno, già colta <strong>da</strong> me adolescente, scatur<strong>it</strong>a<br />

all'inizio del XX secolo <strong>da</strong>lla messa in questione del pensiero hegeliano e risolta all'inizio del nuovo<br />

millennio nella visione un<strong>it</strong>aria dell'Essere quale punto di arrivo del pensiero psicoanal<strong>it</strong>ico. E <strong>da</strong><br />

questa visione un<strong>it</strong>aria dell'Essere è emersa l'ultima risposta all'interrogativo essenziale della mia<br />

esistenza:<br />

- Cosa vuole dire che è ciò che è?<br />

- Vuole dire che ciò che è è l'esserci della presenza al cospetto d'altra presenza quale è infin<strong>it</strong>o<br />

della v<strong>it</strong>a.<br />

In : Silvia Montefoschi, L'ultimo tratto di percorso del Pensiero Uno. Escursione nella filosofia del<br />

XX secolo, Zephyro Edizioni, Milano 2006<br />

in silvia montefoschi<br />

filosofia religione<br />

Qual è la differenza tra religione e filosofia?<br />

Per la filosofia la trascendenza è l'uomo stesso che, pur essendo un ente fin<strong>it</strong>o, è capace di<br />

pensare l'infin<strong>it</strong>o. La religione stabilisce una scissione tra immanenza e trascendenza,<br />

proponendo se stessa come tram<strong>it</strong>e tra queste due ent<strong>it</strong>à altrimenti tra di loro incommensurabili<br />

Massimo Cacciari<br />

in cacciari


GIARDINO<br />

Un commento di Federico al post precedente mi fa doman<strong>da</strong>re a quale albero o <strong>pia</strong>nta potrei mai<br />

rinunciare. Non mi priverei certamente del viburnum tinus (soprattutto di quello "francese": più<br />

compatto e rosato), e poi, potrei rinunciare ad avere almeno un lillà? Di rose ne ho sempre volute<br />

tante, a partire <strong>da</strong>lla mia prefer<strong>it</strong>a la rosa bracteata (quella cinese, per intenderci).<br />

Ma, fra tutti gli alberi e le <strong>pia</strong>nte che possiedo, non farei mai e poi mai a meno dei miei alberi di<br />

magnolia (<strong>da</strong> quelli sempreverdi a quelli che, un po' prematuramente, sono in fiore adesso). Le<br />

magnolie oltre ad essere <strong>pia</strong>nte molto belle hanno in sé qualcosa di misterioso che me le ha fatte<br />

sentire vicine <strong>da</strong> sempre (e un giorno, se avrò voglia, inserirò qui le ricerche che, in vari campi,<br />

ho fatto su questo albero). In questo momento qui in giardino non saprei a quale essere più<br />

affezionata; ne ho tirate su molte con pazienza e passione. Rustiche e resistenti al freddo amano<br />

avere i piedi nelle profonde terre delle valli. Solo il vento, e in particolare quello secco, è<br />

decisamente loro nemico.<br />

Ho cap<strong>it</strong>o che le magnolie amano i posti tranquilli e ri<strong>parati</strong>: non sono certo <strong>pia</strong>nte "<strong>da</strong> battaglia". E<br />

anche in questo mi somigliano.<br />

in mazzini clelia<br />

giardino<br />

Più m<strong>it</strong>i sono ora le mattine,<br />

le noci si colorano di scuro;<br />

più roton<strong>da</strong> è la guancia delle bacche,<br />

la rosa ha lasciato la c<strong>it</strong>tà.<br />

L’acero sfoggia sciarpe più festose,<br />

ed il prato si veste di scarlatto -<br />

Per paura di essere fuori mo<strong>da</strong>,<br />

voglio mettermi un ciondolo.<br />

Emily Dickinson<br />

in Emily Dickinson


gioco<br />

Questa pagina finale è scr<strong>it</strong>ta non per chi gioca, ma piuttosto per chi, tradizionalmente, non gioca:<br />

le madri, i padri, i nonni, le zie e gli zii, i fratelli e le sorelle maggiori, le maestre, i professori...<br />

Cari amici e colleghi, se avete un atteggiamento di 'sufficienza' rispetto al gioco, se contrapponete<br />

'per gioco' e 'sul serio', riflettete un poco, vi prego, su questo mio «elogio del gioco».<br />

Una delle minacce più gravi che incombe sulla nostra «civiltà occidentale», anzi uno dei fenomeni<br />

che già la corrode e la guasta, è il consumismo, è la passiv<strong>it</strong>à, è la non partecipazione. Viviamo<br />

in una società troppo ricca, ma malamente ricca, che fa tutto lei, che ti fa trovare tutto bello e<br />

pronto e impacchettato: i giochi colle loro regole prestabil<strong>it</strong>e, gli spettacoli sempre e soltanto <strong>da</strong><br />

vedere, le trasmissioni della TV preparate <strong>da</strong> altri, i viaggi organizzati, le part<strong>it</strong>e di scacchi tra<br />

Karpov e Korchnoj <strong>da</strong> rifare sulla base delle tabelle che trovi sui settimanali, la musica <strong>da</strong><br />

asportare, i film <strong>da</strong> guar<strong>da</strong>re...<br />

Viviamo in una società che non ci chiede di inventare, che non ci stimola a creare. Viviamo in una<br />

società nella quale c'è ben poco spazio per «giocare».<br />

Recuperiamo la gioia, il gusto, di suonare (male), di dipingere (peggio), di rec<strong>it</strong>are (<strong>da</strong> cani), di<br />

fare film (pessimi)... ma di suonare, dipingere, rec<strong>it</strong>are, fare film noi. Ebbene, il gioco intelligente<br />

collettivo è una delle forme più semplici, e secondo me più efficaci, per recuperare la creativ<strong>it</strong>à<br />

nella passiva e passivizzante società dei consumi.<br />

Ma ci sono molte altre ragioni di elogio del gioco.<br />

La cultura di base, quella senza la quale si è un pover'uomo, è fatta anche di una serie di regole,<br />

nozioni, nomi che è molto noioso imparare sui libri o sui banchi di scuola. Parlo delle regole della<br />

ortografia, di certe abil<strong>it</strong>à di calcolo mentale, dei nomi degli Stati e delle loro cap<strong>it</strong>ali, di fiumi e laghi<br />

e local<strong>it</strong>à varie. Ebbene: sciarade figurate, gioco dello 'spelling', gioco degli uomini celebri,<br />

cruciverba una lettera per uno, sono, tra l'altro, eccezionali esercizi di ortografia (di nomi <strong>it</strong>aliani, e<br />

anche stranieri); «fiori, frutta e c<strong>it</strong>tà» è un ottimo controllo di nozioni acquis<strong>it</strong>e; la camiciaia,<br />

ancora gli uomini celebri, il gioco dei matti sono un modo semplice divertente per ampliare le<br />

conoscenze, e con ciò se pure indirettamente, la propria cultura; il gioco dei 'sì' e dei 'no' impone<br />

la sistematic<strong>it</strong>à logica; alcune varianti del «gioco di Carlotta» sono un ottimo esercizio per fare<br />

divisioni a mente.<br />

Doman<strong>da</strong> (molto seria, vi prego di credere, cari colleghi insegnanti): ma perché qualche volta, per<br />

controllare quello che i vostri allievi hanno imparato, non fate in classe un'ora di palestra di giochi<br />

intelligenti, invece di interrogare?<br />

Imparare a giocare, stabilendo e rispettando regole oneste, crea l'ab<strong>it</strong>udine a una convivenza<br />

civile molto di più che non lunghe prediche di 'educazione civica'.<br />

II gioco a squadre 'socializza', insegna ad aiutare e a rispettare i più piccoli e i più deboli, a<br />

bilanciare equamente le forze. I giochi che proponiamo sono anche un mezzo, non facilmente<br />

sost<strong>it</strong>uibile, per il «recupero» dello stare insieme gioioso tra grandi e piccoli, tra gen<strong>it</strong>ori e figli, tra<br />

maestri e allievi.<br />

Giocare bene significa avere gusto per la precisione, amore per la lingua, capac<strong>it</strong>à di esprimersi<br />

con linguaggi non verbali; significa acquisire insieme intuizione e razional<strong>it</strong>à, ab<strong>it</strong>udine alla<br />

lealtà e alla collaborazione. E l'elogio del gioco potrebbe continuare. Ma mi fermo qui. Ho<br />

cominciato a scrivere questo libro per spasso, ma, via via che an<strong>da</strong>vo avanti, pur continuando a<br />

divertirmi, mi rendevo conto sempre più chiaramente che stavo scrivendo un libro serio. Forse<br />

il più serio di tutti quelli che ho scr<strong>it</strong>to<br />

Lucio Lombardo Radice, Elogio del gioco, in Il giocattolo più grande, Giunti Marzocco, 1979, p. 104


in Lucio Lombardo Radice<br />

GIUDICARE<br />

"Si v<strong>it</strong>am inspicias hominum, si denique mores, cum culpam alios, nemo sine crimine viv<strong>it</strong>":<br />

Guar<strong>da</strong>li, gli uomini, come vivono, mentre biasimano gli altri: nessuno è senza colpa.<br />

Catone, Distici<br />

nella traduzione di Giancarlo Pontiggia<br />

in Catone<br />

GIUDICARE<br />

Ai felici è difficile il giudicare rettamente le miserie degli altri.<br />

Marco Fabio Quintiliano<br />

in Marco Fabio Quintiliano<br />

GIUSTIZIA<br />

Vi è una sola cosa peggiore dell'ingiustizia: la giustizia senza la spa<strong>da</strong> in mano.<br />

Quando il dir<strong>it</strong>to non è la forza è male.<br />

Oscar Wilde<br />

in Oscar Wilde


guerra e pace<br />

A LETTO CON TOLSTOJ<br />

<strong>da</strong> NonSoloProust di gabrilu<br />

Michail Illarionovich Kutuzov (1745-1813) e Piotr Ivanonovic Bagratiòn (1765-1812)<br />

In questi giorni vedo molti film e qualcuno probabilmente se ne è pure accorto , ma non è che<br />

abbia smesso di leggere, anzi.<br />

Gli è che ho deciso di rileggermi <strong>da</strong> cima a fondo Guerra e Pace. La prima lettura risale ormai a<br />

tanti anni fa. Allora l'ho divorato, adesso invece sto procedendo con molta calma,<br />

centellinandomelo. Tanto, non mi insegue nessuno.<br />

La prima volta mi ero appassionata, come del resto credo succe<strong>da</strong> più o meno a tutti, alle storie<br />

private di Natasha Rostov, Pierre Bezuchov e Andrej Bolkonskj; adesso invece mi sto gustando<br />

molto anche tutte quelle lunghe sezioni dedicate alla guerra ed alle descrizioni di battaglie, pagine<br />

che allora avevo letto un po' superficialmente, magari resistendo anche alla tentazione di saltarle<br />

perchè mi sembravano un tantino noiose. Non riuscivo a coglierne la grande bellezza.<br />

E così, per ora vado a letto presto la sera e mi immergo nella lettura in compagnia di Kutuzov,<br />

Napoleone e Bagratiòn, l'altro terzetto protagonista del romanzo.<br />

L'altro ieri sera, per esempio, ero sul campo di battaglia di Ulm, e assieme ad Andrea Bolkonskj<br />

ammiravo l'autorevolezza di Bagratiòn.<br />

Ieri sera, invece, sono stata ad Austerl<strong>it</strong>z, ad assistere alla battaglia "dei tre imperatori": "Dal<br />

mezzodi del 19 nelle supreme sfere dell'eserc<strong>it</strong>o ebbe principio un gran movimento, tra affannoso<br />

ed ecc<strong>it</strong>ato, che durò fino al mattino del giorno dopo, 20 novembre, in cui fu <strong>da</strong>ta la così<br />

memorabile battaglia di Austerl<strong>it</strong>z."<br />

La guerra è un meccanismo che Tolstoj descrive così.<br />

E poi, "quando il sole [ne] fu emerso interamente e con un fulgore abbagliante spruzzò i suoi raggi<br />

sui campi e sulla nebbia, Napoleone (come se aspettasse soltanto questo per <strong>da</strong>r principio alla<br />

battaglia) si tolse un guanto scoprendo una mano bella e bianca; fece col guanto un segno ai<br />

marescialli, e diede l'ordine di <strong>da</strong>r principio all'azione"<br />

Ad Austerl<strong>it</strong>z Napoleone gliele ha suonate di santa ragione, ai Russi. Ma diamo tempo al tempo, e<br />

vedremo che Kutuzov gliela farà pagare...<br />

Per ora sono (nel libro) all'inizio dell'inverno, e Napoleone sta med<strong>it</strong>ando la campagna di Russia,<br />

porello. Non sa quello che lo aspetta, <strong>da</strong> quelle parti.<br />

Ho scoperto solo in questi giorni che in TV hanno recentemente trasmesso una fiction tratta <strong>da</strong><br />

Guerra e Pace. Ne ho sbirciato qualche sequenza su YouTube e <strong>da</strong> quel poco che ho visto sono<br />

ben lieta di essermela risparmiata.<br />

Ieri invece ho ordinato su Internet i tre DVD dell'integrale del film di Serghej Bon<strong>da</strong>rchuk del 1967<br />

(in russo con sottot<strong>it</strong>oli in <strong>it</strong>aliano). L'avevo visto al cinema -- ma non integrale -- secoli fa, e<br />

l'avevo trovato molto, molto più bello di quello di King Vidor del 1956.<br />

La cosa curiosa è però che il film americano di Vidor si trova facilmente anche nei negozi. Quello<br />

russo di Bon<strong>da</strong>rchuk è fuori catalogo, lo si trova solo in rete e solo in alcuni negozi on line.<br />

Eppure, con tutto il mio rispetto e la mia ammirazione per Vidor, Audrey Hepburn, Mel Ferrer ed<br />

Henry Fon<strong>da</strong>, pur essendo il loro Guerra e Pace molto buono (e infatti ho comperato anche


quello), <strong>da</strong>vvero non ci sono paragoni, tra le due produzioni.<br />

Tornando al libro: Guerra e Pace è sterminato, e con il r<strong>it</strong>mo di lettura che ho deciso di adottare


non so quando riemergerò e potrò leggere altro.<br />

Ma la cosa non mi dis<strong>pia</strong>ce nè poco nè punto<br />

in TOLSTOJ<br />

IDEOLOGIE<br />

L'immagine di frammentazione, che in molti casi fa soffrire, invece, si vede molto spesso intorno a<br />

temi ideologici. E non potrebbe essere altrimenti, visto che le ideologie sono forme di<br />

aggregazione che tende a includere chi è d'accordo con i presupposti e a escludere chi non è<br />

d'accordo: le discussioni ideologiche non sono mai relative ai fatti, ma tendono a concentrarsi<br />

sempre intorno all'esatta applicazione delle ideologie stesse ai fatti stessi.<br />

http://blog.debiase.com/2008/02/03.html#a1631<br />

in<br />

ILLUMINISMO<br />

È Kant che, in un testo famoso, uno dei più belli mai prodotti <strong>da</strong>i pensatori del suo tempo,<br />

pubblicato nel dicembre 1784, avrebbe <strong>da</strong>to in poche pagine, sulle quali non ci stancheremo mai<br />

di tornare, la definizione più esatta di Illuminismo, e quella più vicina allo spir<strong>it</strong>o dei philosophes:<br />

«L'illuminismo è l'usc<strong>it</strong>a dell'uomo <strong>da</strong>llo stato di minor<strong>it</strong>à che egli deve imputare a se stesso.<br />

Minor<strong>it</strong>à è l'incapac<strong>it</strong>à di valersi del proprio intelletto senza la gui<strong>da</strong> di un altro [...] Sapere aude!<br />

Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell'lluminismo»<br />

in Zeen Sternhell, Contro l'illuminismo <strong>da</strong>l XVIII secolo alla guerra fred<strong>da</strong>, Baldini Castoldi, p. 70-71<br />

in KANT


INDIVIDUO INTERSOGGETTIVITA'<br />

“Se cerco di cogliere sul <strong>pia</strong>no esperienziale il fenomeno intersoggettivo che io assumo come<br />

parametro, strumento e final<strong>it</strong>à del mio interagire col paziente, devo dire che esso si rivela a me<br />

come la feli­ce condizione dell'esistere con l'altro senza bisogni.<br />

Se però analizzo questa condizione mi accorgo che essa si fon<strong>da</strong> sul soddisfacimento di due<br />

bisogni che le sono essenziali; quello che l'altro ci sia, in quanto è grazie all'esserci dell'altro che<br />

io mi mani­festo come esistente e mi riconosco, e quello che io ci sia in libertà, poiché mi<br />

riconosco solo se sono libera di dirmi e di <strong>da</strong>rmi così come, di volta in volta, l'esistere dell'altro mi<br />

rivela a me stessa.<br />

In questa felice condizione, quindi, non percepisco altri bisogni se non quelli della presenza<br />

dell'altro e della mia libertà. Non sono forse questi i requis<strong>it</strong>i dell'esistere dell'uomo come soggetto?<br />

…<br />

Devo procedere nell'analisi di queste caratteristiche: la relazione e la libertà.<br />

Il primo bisogno del soggetto per essere tale è l'esistenza di un altro <strong>da</strong> sé. Molte sono le forme<br />

sotto le quali questo altro si fa presenza agli occhi dell'uomo: può essere, di volta in volta, il<br />

mondo esterno, ovvero il mondo delle cose e dei valori sociali, o il mondo interno, ovvero il mondo<br />

dei pensieri e degli affetti; può essere il Tu umano, l'altro dell'incontro, o il Tu interiore, l'altro cui<br />

l'uomo si riferisce quando è con se stesso; può essere la corpore<strong>it</strong>à dell'uomo o i suoi<br />

comporta­menti o i suoi modi di rapportarsi al mondo, nel momento in cui egli se ne distacca per<br />

riconoscerli e riferirli a sé; può essere infine l'uomo nella sua global<strong>it</strong>à, quando l'uomo stesso<br />

prende <strong>da</strong> se medesimo la distanza necessaria per definirsi in una ident<strong>it</strong>à."<br />

in Silvia Montefoschi, L’Uno e l’Altro: interdipendenza e intersoggettiv<strong>it</strong>à, Feltrinelli, 1977, ora in<br />

Silvia Montefoschi, L’evoluzione della coscienza, Opere, Volume Secondo – Tomo 1, Zephyro<br />

Edizioni, Milano 2008, p. 74-75.<br />

in Silvia Montefoschi


INDIVIDUO INTERSOGGETTIVITA'<br />

Paolo Conte, Bella di giorno, in Psiche, 2008<br />

Io so chi tu sei<br />

so neanche chi sei<br />

ma so che tu sei<br />

si so che tu sei tanto amata<br />

amata e desiderata<br />

l'istinto ti sa<br />

trattare ti sa<br />

gui<strong>da</strong>re ti sa<br />

con poche parole precise<br />

poche parole decise<br />

e uno sguardo d'intesa<br />

un'elegantissima scusa<br />

come una bella di giorno<br />

tu sei il mondo che hai intorno<br />

sei bella senza r<strong>it</strong>egno<br />

nell'acqua fresca di un bagno<br />

io so che tu sei<br />

so neanche chi sei<br />

ma so che tu sei<br />

si so che tu sei tanto amata<br />

amata e desiderata<br />

e sola<br />

in Paolo Conte


INDIVIDUO INTERSOGGETTIVITA'<br />

ieri sera mi sono lasciata an<strong>da</strong>re al riposo conservando nella mente e nel cuore questa vostra<br />

SPLENDIDA, EMOZIONANTE associazione.<br />

l'intu<strong>it</strong>o mi ha fatto soffermare anche su quel "tu sei il mondo che hai intorno".. parole che mi<br />

hanno fatto an<strong>da</strong>re al libro "Il Sistema Uomo" di Silvia Montefoschi.. allora<br />

".. tu sei il soggetto che mostra se stesso, quale presenza nel mondo, nel farci riflettere il<br />

mondo"...<br />

".. Il soggetto si rivela pertanto nel momento riflessivo in cui il mondo riflette se stesso; il momento<br />

in cui il mondo si crea discorrendo di sé. Esso è dunque "l'ineffabile", così come lo è il parlante<br />

che non può parlare di sé se non come oggetto del suo stesso discorso. Il soggetto pertanto non<br />

è, ma diviene, sfuggendo sempre alla sua oggettivazione.<br />

Ma se del soggetto non si può parlare come di un oggetto del mondo, perché è esso stesso che<br />

parla di sé parlando del mondo, ciò vuol dire che esso, "l'ineffabile", è del mondo, quale<br />

scaturigine del discorso che non è mai fin<strong>it</strong>o.<br />

Sicché, se "[su] ciò di cui non si può parlare si deve tacere " (W<strong>it</strong>tgenstein) è perché si deve<br />

necessariamente stare in silenzio fintanto che in noi l'ineffabile non parli, parlando del mondo, o è<br />

forse meglio dire fintanto che il mondo non torni a parlare in noi, parlando di sé."...<br />

Così..<br />

"ripetere gli scr<strong>it</strong>ti gli uni degli altri, servono <strong>da</strong> strumenti a questo Spir<strong>it</strong>o per <strong>da</strong>re al mondo opere<br />

sempre nuove. E se le anime<br />

sapessero sottoporsi a quest'azione, la loro v<strong>it</strong>a non sarebbe che una continuazione<br />

delle divine scr<strong>it</strong>ture, le quali si esprimono fino alla fine del mondo non più con l'inchiostro e sulla<br />

<strong>carta</strong>, ma nei cuori."<br />

J.P. de Caussade<br />

L'abbandono alla divina provvidenza<br />

prisma<br />

in<br />

INDIVIDUO INTERSOGGETTIVITA'<br />

un frammento di intersoggetiv<strong>it</strong>à preso <strong>da</strong>l film L'amore ha due facce di Barbra Streisand (amabile<br />

donna!):<br />

"Ti amo anche se sei bella!"<br />

in<br />

INDIVIDUO PSICHE<br />

Un buon metodo per star bene, conosciuto <strong>da</strong> sempre, potrebbe essere quello di cercare di<br />

essere se stessi, senza continuamente conformarsi, o dipendere <strong>da</strong>ll’approvazione degli altri<br />

in Claudio Risè


individuo psiche<br />

Fu una pioggia di stelle sul mio viso.<br />

Sentii gravarmi <strong>da</strong> un infin<strong>it</strong>o cielo<br />

soffice, di cal<strong>da</strong> luce.<br />

Sentii la terra nelle mani<br />

e nei capelli,<br />

e fu il sapore di quella terra in bocca<br />

e di quel bacio,<br />

e fu il risucchio del mio corpo<br />

<strong>da</strong>lle profond<strong>it</strong>à abissali di quel cielo,<br />

e fu un sussulto, un grido<br />

di sovraumana gioia,<br />

a sentire quel cielo entro il mio ventre,<br />

quel cielo e quella terra,<br />

la mia stessa terra<br />

fatta della mia carne e del mio sangue.<br />

Fu come un dileguarmi<br />

in quella pioggia d'infin<strong>it</strong>e stelle,<br />

e r<strong>it</strong>rovarmi<br />

nella dolcezza di un abbraccio amico,<br />

umido ancora<br />

di un sapor di latte,<br />

di lacrime infantili<br />

e di lontani baci.<br />

in Silvia Montefoschi(a 26 anni), Fu una pioggia di stelle sul mio viso (Napoli 1952), Laboratorio<br />

Ricerche Evolutive di Giampietro Gnesotto Ed<strong>it</strong>ore, 1989<br />

in Silvia Montefoschi<br />

INDIVIDUO PSICHE INTERSOGGETTIVITA'<br />

se cerco di cogliere sul <strong>pia</strong>no esperienziale il fenomeno intersoggettivo … devo dire che esso si<br />

rivela a me come la felice condizione dell'esistere con l'altro senza bisogni.<br />

Se poi analizzo questa condizione mi accorgo che essa si fon<strong>da</strong> sul soddisfacimento di due<br />

bisogni che le sono essenziali; quello che l'altro ci sia, in quanto è grazie all'esserci dell'altro che<br />

io mi manifesto come esistente e mi riconosco, e quello che io ci sia in libertà, poichè mi riconosco<br />

solo se sono libera di dirmi e di <strong>da</strong>rmi così come, di volta in volta, l'esistere dell'altro mi rivela a me<br />

stessa<br />

Silvia Montefoschi, L'uno e l'altro, Feltrinelli, 1977, p. 32<br />

in Silvia Montefoschi<br />

INDIVIDUO PSICHE INTERSOGGETTIVITA'<br />

“Solo quando la percezione dell’unione delle presenze pensanti uscirà <strong>da</strong>l chiuso di una<br />

esperienza personale, anche se fatta nella dual<strong>it</strong>à della cop<strong>pia</strong> dialogante, e si <strong>da</strong>rà non più<br />

frammentata nei tanti incontri duali tra loro se<strong>parati</strong> <strong>da</strong>llo spazio e <strong>da</strong>l tempo, si realizzerà un<br />

punto di vista ancora superiore <strong>da</strong>l quale si vede che l’essere tutto non è se non relazione. […]<br />

E solo nel perseverare nel faticoso esercizio del mantenere costantemente vigile la presenza<br />

riflessiva, noi […] operiamo ai fini che avvenga lo svelamento […] della logica dell’uno tutt’uno con<br />

l’uno che non può dire di sè se non è cio che è…. “.<br />

SILVIA MONTEFOSCHI<br />

in SILVIA MONTEFOSCHI


INDIVIDUO PSICHE INTERSOGGETTIVITA'<br />

lascio qui, per tutti, “Il canto d’amore del Vivente ovvero l’epifania dell’infin<strong>it</strong>o” in “La glorificazione<br />

del vivente nell’intersoggettiv<strong>it</strong>à tra l’uno e l’altro”.<br />

Tu sei<br />

in quanto io ti penso<br />

quale pensante me<br />

e io sono<br />

in quanto tu mi pensi<br />

quale pensante te<br />

sicchè<br />

tu non cessi di pensarmi<br />

e quindi di esserci<br />

finchè io ti penso<br />

e io non cesso di pensarti<br />

e quindi di esserci<br />

finchè tu mi pensi<br />

E se<br />

è il mio pensarti<br />

a far sì che tu ci sia<br />

quale pensante me<br />

ed è il tuo pensarmi<br />

a far sì che io ci sia<br />

quale pensante te<br />

tu non puoi cessare<br />

di pensare me<br />

perché io non posso cessare<br />

di pensare te<br />

e noi<br />

non possiamo che<br />

pensarci all’infin<strong>it</strong>o<br />

Ma se<br />

è il nostro reciproco pensarci<br />

a porci in essere<br />

nell’infin<strong>it</strong>o dirci<br />

“Tu sei”<br />

che<br />

quale atto supremo dell’amore<br />

ci fa l’un l’altro<br />

garanti della v<strong>it</strong>a<br />

noi stessi siamo l’infin<strong>it</strong>o<br />

L’infin<strong>it</strong>o infatti<br />

si dà solamente<br />

nell’intersoggettiv<strong>it</strong>à<br />

dove<br />

il soggetto che pensa<br />

non ha più bisogno<br />

per esserci<br />

quale pensante<br />

di conoscersi nella fin<strong>it</strong>udine<br />

del suo pensato<br />

perché si riconosce<br />

nel pensare infin<strong>it</strong>o<br />

dell’altro soggetto che pensa


E se noi stessi


siamo l’infin<strong>it</strong>o<br />

l’infin<strong>it</strong>o<br />

finalmente è<br />

perché<br />

l’infin<strong>it</strong>o non è<br />

se non<br />

in chi è infin<strong>it</strong>amente<br />

in SILVIA MONTEFOSCHI


INDIVIDUO PSICHE INTERSOGGETTIVITA'<br />

Il canto d’amore del Vivente ovvero l’epifania dell’infin<strong>it</strong>o<br />

Tu sei<br />

in quanto io ti penso<br />

quale pensante me<br />

e io sono<br />

in quanto tu mi pensi<br />

quale pensante te<br />

sicchè<br />

tu non cessi di pensarmi<br />

e quindi di esserci<br />

finchè io ti penso<br />

e io non cesso di pensarti<br />

e quindi di esserci<br />

finchè tu mi pensi<br />

E se<br />

è il mio pensarti<br />

a far sì che tu ci sia<br />

quale pensante me<br />

ed è il tuo pensarmi<br />

a far sì che io ci sia<br />

quale pensante te<br />

tu non puoi cessare<br />

di pensare me<br />

perché io non posso cessare<br />

di pensare te<br />

e noi<br />

non possiamo che<br />

pensarci all’infin<strong>it</strong>o<br />

Ma se<br />

è il nostro reciproco pensarci<br />

a porci in essere<br />

nell’infin<strong>it</strong>o dirci<br />

“Tu sei”<br />

che<br />

quale atto supremo dell’amore<br />

ci fa l’un l’altro<br />

garanti della v<strong>it</strong>a<br />

noi stessi siamo l’infin<strong>it</strong>o<br />

L’infin<strong>it</strong>o infatti<br />

si dà solamente<br />

nell’intersoggettiv<strong>it</strong>à<br />

dove<br />

il soggetto che pensa<br />

non ha più bisogno<br />

per esserci<br />

quale pensante<br />

di conoscersi nella fin<strong>it</strong>udine<br />

del suo pensato<br />

perché si riconosce


nel pensare infin<strong>it</strong>o<br />

dell’altro soggetto che pensa


E se noi stessi<br />

siamo l’infin<strong>it</strong>o<br />

l’infin<strong>it</strong>o<br />

finalmente è<br />

perché<br />

l’infin<strong>it</strong>o non è<br />

se non<br />

in chi è infin<strong>it</strong>amente<br />

in Silvia Montefoschi, La glorificazione del vivente nell’intersoggettiv<strong>it</strong>à tra l’uno e l’altro, Golden<br />

Press, Genova<br />

in silvia montefoschi<br />

infanzia giovinezza Heimat<br />

La "Heimat" è il paese della infanzia e della giovinezza.<br />

Chi l'ha smarr<strong>it</strong>a resta spaesato, per quanto all'estero possa avere appreso a non barcollare<br />

come un ubriaco e ad appoggiare il piede in terra senza troppi timori<br />

Hans Mayer, Jean Amery<br />

in Hans Mayer, Jean Amery<br />

INNOVAZIONE TRADIZIONE<br />

Ogni innovazione è una tradizione ben riusc<strong>it</strong>a<br />

PETRINI CARLO, "Carlin Petrin", animatore della Slow Food e di Terra Madre<br />

in PETRINI CARLO "Carlin Petrin"<br />

INTERSOGGETTIVITA'<br />

L'avvocato Utterson era un uomo <strong>da</strong>ll'aspetto rude, non s'illuminava mai di un sorriso; freddo,<br />

misurato e imbarazzato nel parlare, riservato nell'esprimere i propri sentimenti; era un uomo<br />

magro, lungo, polveroso e triste, eppure in un certo senso amabile. Nelle riunioni di amici, quando<br />

il vino era di suo gusto, gli traspariva negli occhi qualcosa di veramente umano; qualcosa che non<br />

trovava mai modo di risultare nelle sue parole, e che si manifestava, oltre che in quella silenziosa<br />

espressione della faccia dopo una cena, più spesso ancora e più vivamente nelle azioni della<br />

sua v<strong>it</strong>a. L'avvocato era severo nei riguardi di se stesso; quando si trovava solo, beveva gin, per<br />

mortificare l'inclinazione verso i buoni vini; e, sebbene il teatro lo attirasse, non aveva mai<br />

varcato la soglia di un teatro in vent'anni. Nei riguardi del prossimo era tuttavia di una grande<br />

indulgenza; talvolta si meravigliava, quasi con invidia, della forza con la quale certi animi potevano<br />

venire spinti alla malvag<strong>it</strong>à; e, in ogni occasione, era disposto più ad aiutare che a disapprovare.<br />

«Io tendo all'eresia di Caino,» soleva dire argutamente, «lascio che mio fratello se ne va<strong>da</strong> al<br />

diavolo come meglio gli <strong>pia</strong>ce.»<br />

Avendo un simile carattere, gli accadeva spesso di essere l'ultimo conoscente stimato, e di<br />

eserc<strong>it</strong>are l'ultima buona influenza nella v<strong>it</strong>a di uomini perduti.<br />

Robert Louis Stevenson, Lo strano caso del dottor Jeckill e del signor Hyde<br />

in STEVENSON


INTERSOGGETTIVITA'<br />

Tredici spunti per la v<strong>it</strong>a (di Gabriel Garcia Marquez)<br />

Tredici spunti per la v<strong>it</strong>a<br />

1. Ti amo non per chi sei ma per chi sono io quando sono con te.<br />

2. Nessuna persona mer<strong>it</strong>a le tue lacrime, e chi le mer<strong>it</strong>a sicuramente non ti farà <strong>pia</strong>ngere.<br />

3. Il fatto che una persona non ti ami come tu vorresti non vuol dire che non ti ami con tutta se<br />

stessa.<br />

4. Un vero amico è chi ti prende per la mano e ti tocca il cuore.<br />

5. Il peggior modo di sentire la mancanza di qualcuno è esserci seduto accanto e sapere che non<br />

l’avrai mai.<br />

6. Non smettere mai di sorridere, nemmeno quando sei triste, perché non sai chi potrebbe<br />

innamorarsi del tuo sorriso.<br />

7. Forse per il mondo sei solo una persona, ma per qualche persona sei tutto il mondo.<br />

8. Non passare il tempo con qualcuno che non sia disposto a passarlo con te.<br />

9. Forse Dio vuole che tu conosca molte persone sbagliate prima di conoscere la persona giusta,<br />

in modo che, quando finalmente la conoscerai, tu sap<strong>pia</strong> essere grato.<br />

10. Non <strong>pia</strong>ngere perché qualcosa finisce, sorridi perché è accaduta.<br />

11. Ci sarà sempre chi ti cr<strong>it</strong>ica, l’unica cosa <strong>da</strong> fare è continuare ad avere fiducia, stando attento<br />

a chi <strong>da</strong>rai fiducia due volte.<br />

12. Cambia in una persona migliore e assicurati di sapere bene chi sei prima di conoscere<br />

qualcun’altro e aspettarti che questa persona sap<strong>pia</strong> chi sei.<br />

13. Non sforzarti tanto, le cose migliori accadono quando meno te le aspetti.<br />

in Gabriel Garcia Marquez<br />

intersoggettiv<strong>it</strong>à<br />

A differenza dei greci, dove il pensiero si esauriva nell'atto del pensare, con Montefoschi e i suoi<br />

discepoli- maestri il pensiero si dà nella relazione, dunque l'altro diventa lo specchio della mia<br />

ombra.<br />

Siamo dunque tutti piccole parti di ciascuno, oggetti <strong>da</strong> ricomporre, frammenti dell'un<strong>it</strong>à che<br />

abbiamo dimenticato<br />

<strong>da</strong> un commento di Claudia Reghenzi, su Facebook<br />

in silvia montefoschi<br />

invecchiare<br />

Invecchiare mi fa orrore, ma è l'unico modo che ho trovato per non morire giovane<br />

in PENNAC DANIEL<br />

invecchiare<br />

Io sono quasi al termine del mio viaggio. La salute del corpo e della mente è buona, la capac<strong>it</strong>à di<br />

lavoro non è diminu<strong>it</strong>a e la fantasia è sempre quella che mi ha tenuto compagnia per tanti anni,<br />

conducendomi a progettare il futuro e a fingermi nuovi sentieri <strong>da</strong> esplorare e percorrere.<br />

Eppure sento che il viaggio volge alla fine.<br />

Lo sento <strong>da</strong> molti segnali, il primo dei quali è propriamente quello di sentirlo. E poi <strong>da</strong>lla pienezza di<br />

me che ho finalmente raggiunto; perché ora sono certo che tutto ciò che la mia natura era capace<br />

di esprimere nel pensare e nel fare, io l'ho fatto e pensato.<br />

Posso ripetermi e forse pensare e fare meglio; meglio, ma non diverso.<br />

in SCALFARI EUGENIO


invecchiare<br />

E viene, nella v<strong>it</strong>a, il momento che l'ombra della morte ci è al fianco, e non se ne stacca. Non più<br />

insofferenze, ribellioni, paure...; la consapevolezza solo di una necess<strong>it</strong>à ineluttabile. Un evento<br />

naturale la morte; come il succedersi ordinato delle quattro stagioni, come l'avvicen<strong>da</strong>rsi regolare<br />

della luce e del buio.<br />

in PETRONIO GIUSEPPE<br />

invecchiare<br />

Eccoci qui, ancora soli. C'è un'inerzia, in tutto questo, una pesantezza, una tristezza ... Fra poco<br />

sarò vecchio. E la sarà fin<strong>it</strong>a, una buona volta. Gente n'è venuta tanta, in camera mia. Tutti han<br />

detto qualcosa. Mica m'han detto gran che. Se ne sono an<strong>da</strong>ti. Si sono fatti vecchi, miserabili e<br />

torpidi, ciascuno in un suo cantuccio di mondo.<br />

in CELINE LOUIS - FERDINAND<br />

invecchiare<br />

La vecchiaia è una condizione pietosa, con i ricordi che incombono, la decadenza fisica, la<br />

pigrizia, le angosce che aumentano, e la gente che ti guar<strong>da</strong> storto, perché con i tuoi passi lenti<br />

ingombri la stra<strong>da</strong>, fai allungare le file, ti muovi in modo impacciato come i bambini.<br />

Però la vecchiaia ti conferisce anche una maggiore autor<strong>it</strong>à, anche se un po' ipocr<strong>it</strong>a: ti<br />

riconoscono il ruolo del saggio, ma a patto che te ne stai in disparte.<br />

In realtà i vecchi li si vorrebbe eliminare: perché la nostra cultura ha paura di tutto,<br />

dell'insuccesso, della malattia, della morte.<br />

La funzione del comico è, appunto, quella di esorcizzare questo timore di vivere".<br />

in VILLAGGIO PAOLO<br />

invecchiare<br />

Io sono quasi al termine del mio viaggio. La salute del corpo e della mente è buona, la capac<strong>it</strong>à di<br />

lavoro non è diminu<strong>it</strong>a e la fantasia è sempre quella che mi ha tenuto compagnia per tanti anni,<br />

conducendomi a progettare il futuro e a fìngermi nuovi sentieri <strong>da</strong> esplorare e percorrere.<br />

Eppure sento che il viaggio volge alla fine.<br />

Lo sento <strong>da</strong> molti segnali, il primo dei quali è propriamente quello di sentirlo. E poi <strong>da</strong>lla pienezza di<br />

me che ho finalmente raggiunto; perché ora sono certo che tutto ciò che la mia natura era capace<br />

di esprimere nel pensare e nel fare, io l'ho fatto e pensato.<br />

Posso ripetermi e forse pensare e fare meglio; meglio, ma non diverso.<br />

O forse in modo più stanco e meccanico, più trasan<strong>da</strong>to e impreciso. Comunque, che queste<br />

aggiunte vi siano o no, non cambierà gran cosa.<br />

Non lascio nulla che non sia stato compiuto, nei lim<strong>it</strong>i in cui ho potuto e saputo.<br />

I disegni rimasti a mezzo, i destini non realizzati fino in fondo, è perché fin lì la mia natura è<br />

riusc<strong>it</strong>a a viverli; più oltre avrebbe fatto violenza a sé stessa e non è an<strong>da</strong>ta, ma certo ha teso la<br />

sua cor<strong>da</strong> con tutte le forze che aveva a disposizione.<br />

in SCALFARI EUGENIO


ISTITUZIONI GIOCHI DILEMMA DEL PRIGIONIERO<br />

"A volte sembra che la razional<strong>it</strong>à impedisca agli individui di ottenere risultati ottimali, soprattutto<br />

nei casi in cui la cooperazione sarebbe inequivocabilmente la scelta migliore per tutte le parti<br />

interessate. Su questa considerazione si fon<strong>da</strong> il noto argomento a favore delle ist<strong>it</strong>uzioni quali<br />

mezzi per controllare e indirizzare il comportamento egoistico. In effetti, coloro che per primi<br />

proposero il contratto sociale quale fon<strong>da</strong>mento leg<strong>it</strong>timo dell'obbligo pol<strong>it</strong>ico, descrissero gli<br />

individui come perennemente coinvolti in un dilemma del prigioniero, e incapaci di arrivare a un<br />

accordo cooperativo a meno di non esservi costretti. Nel modello di Hobbes, gli individui si<br />

accor<strong>da</strong>no per consegnare il proprio potere di resistenza al sovrano, che imporrà loro di<br />

cooperare. Riconsiderando gli esempi precedenti, possiamo osservare che l'ist<strong>it</strong>uzione in grado di<br />

garantire il risultato ottimale non deve essere necessariamente lo stato: potrebbe essere un<br />

sistema legale, un trattato internazionale, un codice d'onore, o anche un insieme di principi morali<br />

condivisi. Ciò che importa è che una o entrambe le parti possono impegnarsi in modo credibile a<br />

perseguire un determinato corso d'azione, laddove la credibil<strong>it</strong>à è garant<strong>it</strong>a <strong>da</strong>lla presenza di<br />

un’ist<strong>it</strong>uzione …"<br />

in Cristina Bicchieri, Azione collettiva e razional<strong>it</strong>à sociale, Feltrinelli, p. 194<br />

in


ISTITUZIONI GIOCHI DILEMMA DEL PRIGIONIERO<br />

Finchè morte non ci separi<br />

Harry e Sophie volevano prendere sul serio le parole che il sacerdote avrebbe pronunciato allo<br />

scambio degli anelli: «Queste due v<strong>it</strong>e sono ora un<strong>it</strong>e in un cerchio ininterrotto». Ciò voleva dire<br />

anteporre l'interesse della cop<strong>pia</strong> a quel¬lo individuale. Se fossero riusc<strong>it</strong>i a farlo, il matrimonio<br />

avrebbe funzionato me¬glio per entrambi.<br />

Ma Harry aveva visto i suoi divorziare, e troppi amici fer<strong>it</strong>i e rapporti gua¬stati <strong>da</strong>l tradimento e<br />

<strong>da</strong>ll'inganno, per accettarlo senza condizioni. La parte calcolatrice del suo cervello pensò che, se<br />

faceva un passo indietro rispetto a Sophie, lei avrebbe tratto vantaggio <strong>da</strong>l matrimonio, e lui no. In<br />

altri termini, rischiava di passare per fesso, se ev<strong>it</strong>ava romanticamente di fare il proprio<br />

in¬teresse.<br />

Sophie pensava cose simili. Ne avevano anche parlato, decidendo che non sarebbero stati<br />

egoisti nel matrimonio. Ma nessuno dei due era certo che l'al¬tro avrebbe mantenuto la sua<br />

promessa, quindi la cosa più sicura per entram¬bi era ba<strong>da</strong>re segretamente al proprio interesse.<br />

Ciò significava inev<strong>it</strong>abilmen¬te che il matrimonio non avrebbe funzionato al meglio. Ma di certo,<br />

era l'uni¬ca decisione razionale possibile...<br />

Qualcosa non torna. Due persone stanno cercando di decidere razionalmente che cosa sia nel<br />

loro interesse. Se entrambi agisco¬no in un certo modo, il risultato migliore è assicurato. Ma se<br />

uno agisce in modo diverso, si assicura tutti i vantaggi a spese dell'altro. E così, per cautelarsi<br />

contro questa eventual<strong>it</strong>à, tutti e due finiscono per ottenere un risultato peggiore di quello che<br />

potreb¬bero ottenere se entrambi facessero ciò che sarebbe meglio.<br />

Si tratta di una variante del celebre «dilemma del prigionie¬ro»: due prigionieri, chiusi in celle<br />

separate e incapaci di comu¬nicare, devono perorare la loro causa. Dilemmi siffatti si verifìcano<br />

quando è necessaria la collaborazione per ottenere un miglio¬re risultato, ma nessuna delle due<br />

parti può garantire che l'altro stia al gioco. Lo stesso dilemma può sorgere tra persone che<br />

divi¬dono lo stesso letto. Il fatto è che si tradisce segretamente la fi¬ducia dei partner, spesso<br />

senza farsi scoprire per anni.<br />

Il dilemma rivela i lim<strong>it</strong>i della ricerca razionale del proprio in¬teresse. Se tutti decidessimo<br />

individualmente di fare ciò che con¬viene a ciascuno di noi, finiremmo peggio di quanto<br />

accadrebbe se scegliessimo di cooperare. Ma per cooperare efficacemente, pur ba<strong>da</strong>ndo al<br />

nostro interesse, dobbiamo fi<strong>da</strong>rci gli uni degli altri. E la fiducia non si basa su argomentazioni<br />

razionali.<br />

Ecco perché il dilemma di Harry e Sophie è così toccante. La loro capac<strong>it</strong>à di fi<strong>da</strong>rsi è stata erosa<br />

<strong>da</strong>ll'esperienza del tradimento e del divorzio. Senza questa fiducia, il rapporto ha maggiori<br />

proba¬bil<strong>it</strong>à di essere poco soddisfacente o addir<strong>it</strong>tura di fallire. Ma chi può biasimarli per il loro<br />

scetticismo? Non è perfettamente razio¬nale? Dopotutto, si fon<strong>da</strong> esclusivamente su una corretta<br />

valutazione di come ci si comporta nel matrimonio moderno.<br />

Questa storia contiene forse una morale più profon<strong>da</strong>: per ot¬tenere il massimo <strong>da</strong>lla v<strong>it</strong>a è<br />

necessaria la fiducia, anche se ciò comporta l'assunzione non razionale di qualche rischio. È<br />

vero che, se ci fidiamo gli uni degli altri, ci esponiamo allo sfrutta¬mento, ma diversamente ci<br />

precludiamo la possibil<strong>it</strong>à di avere il meglio <strong>da</strong>lla v<strong>it</strong>a. La strategia razionale, sicura, di Harry e<br />

Sophie li protegge <strong>da</strong>l peggio del matrimonio, ma allo stesso modo li al¬lontana <strong>da</strong>l meglio.<br />

in


ITALIANI<br />

… il più celebre fra questi testi, e il più ricco e articolato, rimane sempre I Libri della Famiglia,<br />

opera di Leon Battista Alberti, vissuto fra il 1404 e il 1472 a Firenze. L'Alberti vi appare come il<br />

teorico della «masserizia», l'arte di gestire la famiglia mercantile, nella quale concorrono, accanto<br />

e insieme alla rete dei rapporti primari e affettivi, gli interessi dell'azien<strong>da</strong>, strettamente intrecciati e<br />

confusi con quelli, e ciò nel quadro di v<strong>it</strong>a della comun<strong>it</strong>à c<strong>it</strong>tadina. In tale contesto la famiglia<br />

appare, come osservano Ruggiero Romano e Alberto Tenenti, «come una cellula chiusa, un<br />

microrganismo, un fattore aristocratico, la cui azione è fine a se stessa. Non si scorge mai,<br />

assolutamente mai, nell'opera di Leon Battista, un "grappolo" di famiglie, che giungano a formare<br />

una civ<strong>it</strong>as, una società. Per l'appunto, la famiglia albertiana è un amb<strong>it</strong>o racchiuso in sé; è essa<br />

stessa una società, ma chiusa, isolata, impermeabile» (R. Romano e A. Tenenti, in Leon Battista<br />

Alberti, 1972, pag. XXV).<br />

«Da natura l'amore, la pietà a me fa più cara la famiglia che cosa alcuna», dice l'Alberti per bocca<br />

di Giannozzo, il personaggio del suo dialogo famigliare che compare come il più anziano ed<br />

esperto. «E per reggere la famiglia si cerca la roba; e per conservare la famiglia e la roba si<br />

vogliono amici, co' quali ti consigli, i quali t'aiutino sostenere e fuggire avverse fortune; e per<br />

avere con gli amici frutto della roba, della famiglia e della amicizia, si convene ottenere qualche<br />

onestanza e onorata autor<strong>it</strong>à» {Ibidem, pag. 226). La gerarchia di valori è qui ben precisa: al<br />

vertice la famiglia, come valore assoluto di riferimento, segu<strong>it</strong>a <strong>da</strong>ll'azien<strong>da</strong>, e poi <strong>da</strong>gli amici e<br />

clienti. La c<strong>it</strong>tà e la pol<strong>it</strong>ica vengono in considerazione solo in quanto possano giovare a questo<br />

insieme gerarchicamente ordinato di valori sociali.<br />

Questo appare chiaramente <strong>da</strong>l dialogo fra Giannozzo e Lionardo: «Leonardo. Chiamate voi<br />

forse, come questi nostri c<strong>it</strong>tadini, onore trovarsi negli uffici e nello stato? Giannozzo. Niuna cosa<br />

manco, Lionardo mio, niuna cosa manco figliuoli miei. Niuna cosa a me pare meno degna di<br />

reputarsela ad onore che r<strong>it</strong>rovarsi in questi stati (impegnati nello stato)... Ogni altra v<strong>it</strong>a a me<br />

sempre <strong>pia</strong>cque più troppo di quella delli, così diremo, statuali».<br />

La v<strong>it</strong>a pol<strong>it</strong>ica (statuale) è defin<strong>it</strong>a molestissima e piena di sospetti, di fatiche e di serv<strong>it</strong>ù. «Che<br />

vedi tu <strong>da</strong> questi i quali si travagliano agli stati (che si occupano della cosa pubblica) essere<br />

differenza a pubblici servi?» afferm Giannozzo e aggiunge: «Eccoti sedere in ufficio. Che n'hai tu<br />

d'utile se non uno solo: potere rubare e sforzare (fare violenza) con qualche licenza?» {Ibi dem,<br />

pagg. 218-219). Il solo motivo quindi per partecipare alla gestione dell; comun<strong>it</strong>à è quello di poter<br />

arrivare, con la frode o la violenza, a ricavarne van taggi per la gestione dell'azien<strong>da</strong>-famiglia,<br />

sost<strong>it</strong>uto esclusivo della società.<br />

Da cui una vera e propria invettiva contro coloro che sentono il dovere civico di partecipare al<br />

governo della cosa pubblica: «Pazzi che vi sponete ad ogni pericolo, porgetevi alla morte... E<br />

chiamate onore essere nel numero de rapinatori, chiamate onore convenire e pascere e servire<br />

agli uomini servili! ... E che <strong>pia</strong>cere d'animo mai può avere costui, se già e' non sia di natura feroce<br />

e bestiale, il quale al continuo abbia a prestare orecchie a doglianze, lamenti, <strong>pia</strong>nti di pupilli, di<br />

vedove e di uomini calam<strong>it</strong>osi e miseri?» {Ibidem, pag. 220). E conclude: «E si vuole (conviene)<br />

vivere a sé, non al comune (per la società), essere soliic<strong>it</strong>o per gli amici, vero, ove tu non<br />

interlasci (trascuri) e' fatti tuoi, e ove a te non risulti <strong>da</strong>nno troppo grande» {Ibidem, pag. 221).<br />

Alla radice di questa filosofìa sta una concezione rigi<strong>da</strong>mente util<strong>it</strong>aristica: «Tanto siamo quasi <strong>da</strong><br />

natura tutti proclivi e inclinati all'utile, che per trarre ad altrui (estorcere agli altri) e conservare a<br />

noi, dotti (istru<strong>it</strong>i) credo <strong>da</strong>lla natura, sap<strong>pia</strong>mo e simulare benevolenza, e fuggire amicizia quanto<br />

ci attaglia (conviene)» {Ibidem, pag. 345).<br />

L'ist<strong>it</strong>uto nel quale si accentra ogni valore, che sia conseguente ad una tale visione del mondo, è<br />

la famiglia allargata, con l'appendice puramente strumentale, e non affettivamente connotata, delle<br />

amicizie utili. La società come tale, e i doveri civili, sono in questa prospettiva radicalmente<br />

squalificati. Tutto questo cost<strong>it</strong>uisce un insieme di modelli culturali di comportamento incompatibile<br />

con una società, che non sia una società di fazioni, e comporta l'esclusione di ogni senso di<br />

corresponsabilizzazione sociale. Là dove l'etica calvinista, metodista, pur<strong>it</strong>ana, stabilisce<br />

attraverso la dottrina della grazia e della predestinazione, uno stretto legame fra la salvezza<br />

eterna, il successo personale negli affari e le esigenze di salvaguardia dell'ordine sociale, quella<br />

alber-tiana, tipica come abbiamo visto di un'intera classe sociale, che è quella egemone, è<br />

radicalmente particolaristica e sostanzialmente anarchica. Mentre nella prima verranno a<br />

maturazione quelle condizioni che caratterizzeranno la società defin<strong>it</strong>a col termine di<br />

democratico-borghese, culla delle libertà pol<strong>it</strong>iche civili e dei doveri di soli<strong>da</strong>rietà collettiva, e<br />

aperta ai processi di mobil<strong>it</strong>à sociale, nella società <strong>it</strong>aliana post-comunale si porranno le premesse


per una società chiusa nei particolarismi, dominata <strong>da</strong> una struttura gerarchica e rigi<strong>da</strong> di potere


di classe, sede di una forma di dominio eserc<strong>it</strong>ato <strong>da</strong> poteri dinastici, <strong>it</strong>aliani e stranieri, senza<br />

traccia di dialettica democratica, all'ombra della contrioriforma e della morale gesu<strong>it</strong>ica"<br />

in Carlo Tullio - Altan, La nostra Italia, clientelismo, trasformismo e ribellismo <strong>da</strong>ll?un<strong>it</strong>à al 2000,<br />

Egea - Univers<strong>it</strong>à Bocconi Ed<strong>it</strong>ore, 2000, p. 19-21<br />

in Leon Battista Alberti<br />

JAZZ MINIMALISM<br />

The Necks: A Review<br />

by Rob Nugent<br />

8 pm, 19 February 2008. Venue: The Street Theatre, ANU.<br />

The three members of The Necks walk silently onto stage and focus on their instruments. There<br />

is a theatrical hush while they prepare themselves. Three notes on the double bass play<br />

repet<strong>it</strong>ively for a minute before a single note on the grand <strong>pia</strong>no builds slowly into a fluttering trill.<br />

You don’t notice the brush on the snare and the pulse of the kick drum at first. The journey<br />

begins. We are heading into badlands and strange spaces. This could be the beginning of a<br />

murder plot or a crime of passion. There are no slamming doors. They creak open, as things<br />

creep up on you. Thoughts slowly resolve themselves, or are overwhelmed and consumed.<br />

I found the music of The Necks created spaces for all sorts of imaginings. You can superimpose<br />

the events of your life onto <strong>it</strong>, or simply be carried off into cinematic landscapes. Sometimes you<br />

are there w<strong>it</strong>h <strong>it</strong>, other times <strong>it</strong> leaves you behind and you have to catch up. Wonderful stuff.<br />

I tre membri dei colli camminano silenziosamente sulla fase e mettono a fuoco sui loro strumenti.<br />

Ci è un silenzio teatrale mentre si preparano. Tre note sul gioco della dop<strong>pia</strong> spigola ripetutamente<br />

per un minuto prima di singola nota sulle configurazioni del grande <strong>pia</strong>no lentamente in un trill<br />

d'ondeggiamento. Non notate inizialmente la spazzola sulla trappola e l'impulso del tamburo di<br />

scossa. Il viaggio comincia. Capo nei calanchi e negli spazi sconosciuti. Ciò ha potuto essere<br />

l'inizio di un diagramma di omicidio o di un crimine di passione. Non ci sono portelli sbattenti. Creak<br />

aperto, poichè le cose salgono su voi. I pensieri si risolvono lentamente, o sono sopraffatti e<br />

consumati.<br />

Ho trovato la musica degli spazi generati colli per tutte le specie dei imaginings. Potete<br />

sovrapporre gli eventi della vostra v<strong>it</strong>a su esso, o semplicemente be siete trasportati fuori nei<br />

paesaggi cinematografici. A volte siete là con esso, altre volte che lo lascia dietro e dovete<br />

prendere. Roba meraviglioso.<br />

in THE NECKS


JAZZ MINIMALISM<br />

I heard this album driving home one <strong>da</strong>y around about mid<strong>da</strong>y. The drive was probably about 10<br />

minutes long. Instead the drive took an hour which roughly the length of this monstrous, free jazz<br />

masterpiece. I was completely encapsulated and unable to move from my car. Any song, let<br />

alone album that stops me from leaving my sh<strong>it</strong> bomb (but much loved) of a car is worth my<br />

praise. By far this is my favour<strong>it</strong>e album from 2007.<br />

Briefly for those that don't know The Necks they are a free-form experimental jazz group from<br />

Australia. The group consists of Chris Abrahams on <strong>pia</strong>no, Tony Buck on drums and Lloyd<br />

Swanton on bass. The three are concerned w<strong>it</strong>h exploring improvisation and the removal of ones<br />

self from the music making process. Chris Abrahams said on ABC radio this year that ‘the point<br />

is to avoid those conscious, ego driven decisions’ and any performance that has a feeling of<br />

premed<strong>it</strong>ation is regarded as substan<strong>da</strong>rd to ones that don’t. This is music w<strong>it</strong>hout cognisant<br />

suggestion though the only way to explain <strong>it</strong> is to do just that. I’ve heard many descriptions such<br />

as <strong>it</strong>’s like seeing a world in a grain of sand, the shrilling of birds or a cluster of mountain goats<br />

from the Himalayas. The fact that the three avoid applying these worldly connotations to their<br />

music actually allows the listener to find these analogies more easily. W<strong>it</strong>hout egotistical input the<br />

movement of the music follows a natural progression that is mediated by human imprecision.<br />

The album consists of one hour long piece recorded just outside of the Australian town of<br />

Townsville. The band records all their live performances but they believed that this one had an<br />

exceptional form and progression. Chris also mentioned that fact that when they arrived the<br />

concert stan<strong>da</strong>rd Yamaha that they asked for was not delivered. Instead he used a much older<br />

<strong>pia</strong>no and thankfully this meant a unique performance. In some sections he precedes to give the<br />

<strong>pia</strong>no a great workout, pushing the keys to their lim<strong>it</strong>s to create a distortion that isn’t typical of a<br />

<strong>pia</strong>no’s range.<br />

Ho sent<strong>it</strong>o questo album gui<strong>da</strong> casa uno giorni intorno a mezzogiorno. The drive was probably<br />

about 10 minutes long. L'un<strong>it</strong>à è stata probabilmente di circa 10 minuti. Instead the drive took an<br />

hour which roughly the length of this monstrous, free jazz masterpiece. Invece l'un<strong>it</strong>à che ha<br />

preso un'ora circa la lunghezza di questo mostruoso, free jazz capolavoro. I was completely<br />

encapsulated and unable to move from my car. Ero completamente incapsulato e in grado di<br />

passare <strong>da</strong> mia auto. Any song, let alone album that stops me from leaving my sh<strong>it</strong> bomb (but<br />

much loved) of a car is worth my praise. Ogni canzone, per non parlare di album che si ferma <strong>da</strong><br />

me di lasciare il mio mer<strong>da</strong> bomba (ma molto amato) di un auto che vale la mia lode. By far this is<br />

my favour<strong>it</strong>e album from 2007. Di gran lunga questo è il mio album prefer<strong>it</strong>o <strong>da</strong>l 2007.<br />

Briefly for those that don't know The Necks they are a free-form experimental jazz group from<br />

Australia. Brevemente per quelli che non conoscono il collo sono una forma sperimentale freejazz<br />

gruppo <strong>da</strong> Australia. The group consists of Chris Abrahams on <strong>pia</strong>no, Tony Buck on drums<br />

and Lloyd Swanton on bass. Il gruppo è composto <strong>da</strong> Chris Abrahams sul <strong>pia</strong>noforte, Tony Buck<br />

alla batteria e al basso, Lloyd Swanton. The three are concerned w<strong>it</strong>h exploring improvisation<br />

and the removal of ones self from the music making process. I tre sono interessati ad esplorare<br />

con l'improvvisazione e la rimozione di quelli autonomi <strong>da</strong>lla musica processo decisionale. Chris<br />

Abrahams said on ABC radio this year that ‘the point is to avoid those conscious, ego driven<br />

decisions’ and any performance that has a feeling of premed<strong>it</strong>ation is regarded as substan<strong>da</strong>rd<br />

to ones that don’t. Chris ha detto Abrahams ABC radio su questo anno che 'il punto è di ev<strong>it</strong>are<br />

quelle consapevole, ho gui<strong>da</strong>to le decisioni' e tutte le prestazioni che ha un senso di<br />

premed<strong>it</strong>azione è considerato di sotto di quelli che non lo fanno. This is music w<strong>it</strong>hout cognisant<br />

suggestion though the only way to explain <strong>it</strong> is to do just that. Questa è la musica senza<br />

cognisant suggerimento anche se l'unico modo di spiegare che è proprio a questo scopo. I’ve<br />

heard many descriptions such as <strong>it</strong>’s like seeing a world in a grain of sand, the shrilling of birds<br />

or a cluster of mountain goats from the Himalayas. Ho sent<strong>it</strong>o molte descrizioni di come è come<br />

vedere un mondo in un granello di sabbia, il shrilling di uccelli o di un cluster di capre di montagna<br />

<strong>da</strong> Himalaya. The fact that the three avoid applying these worldly connotations to their music<br />

actually allows the listener to find these analogies more easily. Il fatto che i tre ev<strong>it</strong>are<br />

l'applicazione di tali connotazioni mon<strong>da</strong>na alla loro musica permette all'ascoltatore di trovare più


facilmente queste analogie. W<strong>it</strong>hout egotistical input the movement of the music follows a natural<br />

progression that is mediated by human imprecision. Egoistici, senza immettere il movimento della


musica segue una naturale progressione, che è mediata <strong>da</strong> imprecisione umana.<br />

The album consists of one hour long piece recorded just outside of the Australian town of<br />

Townsville. L'album consiste di un'ora lungo pezzo registrato appena fuori della c<strong>it</strong>tà di<br />

Townsville in Australia. The band records all their live performances but they believed that this<br />

one had an exceptional form and progression. La band registra tutti i loro spettacoli <strong>da</strong>l vivo, ma<br />

in cui si credeva che questa ha avuto un eccezionale forma e la progressione. Chris also<br />

mentioned that fact that when they arrived the concert stan<strong>da</strong>rd Yamaha that they asked for<br />

was not delivered. Chris anche menzionato il fatto che, quando sono arrivati il concerto stan<strong>da</strong>rd<br />

Yamaha, che hanno chiesto di non è stato recap<strong>it</strong>ato. Instead he used a much older <strong>pia</strong>no and<br />

thankfully this meant a unique performance. Invece ha usato un <strong>pia</strong>no molto più antica e<br />

fortunatamente ciò significava una singolare performance. In some sections he precedes to give<br />

the <strong>pia</strong>no a great workout, pushing the keys to their lim<strong>it</strong>s to create a distortion that isn’t typical of<br />

a <strong>pia</strong>no’s range. In alcune sezioni egli precede il <strong>pia</strong>noforte di <strong>da</strong>re un grande allenamento,<br />

premendo i tasti per i loro lim<strong>it</strong>i a creare una distorsione che non è tipico di un <strong>pia</strong>noforte la gamma.<br />

in THE NECKS


JAZZ MINIMALISM<br />

“The Necks communicate a fierce energy and warmth at the same time. Their music is a thrilling,<br />

emotional journey into the unknown.” The Guardian<br />

”Absolutely riveting…how three musicians can sound like eighteen is a mystery.” Financial Times<br />

“The Necks turned the aud<strong>it</strong>orium into a majestic, vibrating cathedral of sound” The Age<br />

Fresh from a hugely successful European tour, including two sell-out shows in London, cult<br />

minimalist jazz trio The Necks (Chris Abrahams <strong>pia</strong>no, Lloyd Swanton bass, Tony Buck drums)<br />

return to home soil for an eagerly awa<strong>it</strong>ed Australian tour.<br />

Fans worldwide of this extraordinary band who have been lucky enough to catch them live will<br />

know that no two Necks concerts are the same. For over two decades now, The Necks have<br />

been stepping on stage w<strong>it</strong>h absolutely nothing pre-arranged, yet have managed to conjure<br />

intoxicating sonic journeys, frequently underpinned by an insistent deep groove, that often last<br />

for up to an hour and leave audiences hypnotized and transformed.<br />

“One of the joys for me, after twenty years of making music w<strong>it</strong>h this group, is that we’re still<br />

completely unable to predict where our pieces will go. I think that’s one of the things that our<br />

audience loves about The Necks,” says bassist Lloyd Swanton.<br />

The Necks have produced 14 cr<strong>it</strong>ically acclaimed, highly successful albums that have sold in the<br />

thousands. They have won two ARIA awards for Best Jazz Album – ‘Chemist’ in 2007 and ‘Drive<br />

By’ in 2004 which has also recently been included in The Guardian’s ‘1000 Albums To Hear<br />

Before You Die’. Their latest gem, ‘Townsville’ released in Sept 2007 has also been attracting<br />

excellent reviews worldwide including The Wire’s (UK) Top Ten Jazz/Improv Releases of 2007.<br />

“Teetering perpetually on the edge of creation, Townsville is a sort of rhapsodic minimalism, as<br />

magical in <strong>it</strong>s own way as a ping-pong ball pirouetting on a jet of air” 4 stars - The Independent<br />

(UK)<br />

"La Colli comunicare una feroce energia e di calore allo stesso tempo. Their music is a thrilling,<br />

emotional journey into the unknown.” The Guardian La loro musica è un entusiasmante,<br />

emozionante viaggio verso l'ignoto. "The Guardian<br />

”Absolutely riveting…how three musicians can sound like eighteen is a mystery.” Financial Times<br />

"Assolutamente rivettatura tre musicisti… come può sembrare diciotto è un mistero." Financial<br />

Times<br />

“The Necks turned the aud<strong>it</strong>orium into a majestic, vibrating cathedral of sound” The Age "Il collo<br />

l'aud<strong>it</strong>orium trasformato in un maestoso, cattedrale di suono vibrante" The Age<br />

Fresh from a hugely successful European tour, including two sell-out shows in London, cult<br />

minimalist jazz trio The Necks (Chris Abrahams <strong>pia</strong>no, Lloyd Swanton bass, Tony Buck drums)<br />

return to home soil for an eagerly awa<strong>it</strong>ed Australian tour. Fresco <strong>da</strong> un tour europeo di grande<br />

successo, tra cui due sell-out mostra a Londra, culto minimalista Il trio jazz Colli (Chris Abrahams<br />

<strong>pia</strong>noforte, Lloyd Swanton basso, Tony Buck batteria) r<strong>it</strong>orno a casa del suolo per un attesissimo<br />

tour australiano.<br />

Fans worldwide of this extraordinary band who have been lucky enough to catch them live will<br />

know that no two Necks concerts are the same. Fan di tutto il mondo di questa straordinaria band<br />

che hanno avuto la fortuna di vivere cattura loro sapranno che non esistono due concerti al collo<br />

sono gli stessi. For over two decades now, The Necks have been stepping on stage w<strong>it</strong>h<br />

absolutely nothing pre-arranged, yet have managed to conjure intoxicating sonic journeys,<br />

frequently underpinned by an insistent deep groove, that often last for up to an hour and leave<br />

audiences hypnotized and transformed. Per oltre due decenni ormai, il collo è stato il<br />

rafforzamento sul palco con assolutamente nulla prefissata, ma sono riusc<strong>it</strong>i a evocare inebriante<br />

sonic viaggi, spesso sostenuta <strong>da</strong> un insistente groove profondo, che spesso durano fino a<br />

un'ora e lasciare ipnotizzato il pubblico e Trasformato.


“One of the joys for me, after twenty years of making music w<strong>it</strong>h this group, is that we’re still<br />

completely unable to predict where our pieces will go. "Una delle gioie per me, dopo vent'anni di


fare musica con questo gruppo, è che non siamo ancora completamente in grado di prevedere<br />

dove i nostri pezzi andrà. I think that’s one of the things that our audience loves about The<br />

Necks,” says bassist Lloyd Swanton. Penso che una delle cose che il nostro pubblico ama su<br />

The Colli ", dice il bassista Lloyd Swanton.<br />

The Necks have produced 14 cr<strong>it</strong>ically acclaimed, highly successful albums that have sold in the<br />

thousands. La Colli hanno prodotto 14 premiati <strong>da</strong>lla cr<strong>it</strong>ica, album di grande successo che hanno<br />

venduto in migliaia. They have won two ARIA awards for Best Jazz Album – ‘Chemist’ in 2007<br />

and ‘Drive By’ in 2004 which has also recently been included in The Guardian’s ‘1000 Albums To<br />

Hear Before You Die’. Hanno vinto due premi per il Miglior ARIA Jazz Album - 'Chimico' nel 2007 e<br />

'Drive In' nel 2004 che è anche stato recentemente incluso nel The Guardian's'1000 Album To<br />

Hear Before You Die '. Their latest gem, ‘Townsville’ released in Sept 2007 has also been<br />

attracting excellent reviews worldwide including The Wire’s (UK) Top Ten Jazz/Improv Releases<br />

of 2007. La loro ultima gemma, 'Townsville' usc<strong>it</strong>o nel settembre 2007 è stata inoltre attirare<br />

eccellenti recensioni in tutto il mondo tra cui The Wire (UK) Top Ten Jazz / Improv Comunicati del<br />

2007.<br />

“Teetering perpetually on the edge of creation, Townsville is a sort of rhapsodic minimalism, as<br />

magical in <strong>it</strong>s own way as a ping-pong ball pirouetting on a jet of air” 4 stars - The Independent<br />

(UK) "Teetering perennemente sul bordo della creazione, Townsville è una sorta di minimalismo<br />

rhapsodic, come magica e per la propria stra<strong>da</strong>, come una pallina <strong>da</strong> ping-pong pirouetting su un<br />

getto d'aria" 4 stelle - The Independent (UK)<br />

in THE NECKS


JAZZ MINIMALISM<br />

The Necks - Review<br />

Riverside Theatre, 9 February 2008<br />

The Necks‘ live performances have been described as minimalist, revolutionary, experimental,<br />

post-jazz, ambient, even mystical experiences. The nature of improvised music is that you never<br />

qu<strong>it</strong>e know what you’re going to hear - and the same goes for the performers.<br />

The Necks<br />

Sometimes they discuss what they might do, but after 21 years together, they don’t rehearse<br />

anymore. Tony Buck (drums), Lloyd Swanton (bass) and Chris Abrahams (<strong>pia</strong>no) have an ESPlike<br />

communication on stage which gives every performance the sort of tension and exc<strong>it</strong>ement<br />

you sometimes miss from more trad<strong>it</strong>ional bands.<br />

Between them, they have over 200 recording cred<strong>it</strong>s, and have played w<strong>it</strong>h groups from around<br />

the world. But as The Necks they have developed a cult following.<br />

Tony Buck says they just started out playing the sort of music they wanted to hear - rhythmic,<br />

experimental, evolving soundscapes, pieces that continue for forty or fifty minutes at a stretch.<br />

“We didn’t know what people would think of <strong>it</strong>, but they seemed to like <strong>it</strong>.” 13 albums later, the<br />

group spends equal time in Europe and Australia, and they are currently embarked on a national<br />

tour.<br />

A typical gig begins w<strong>it</strong>h the three performers motionless at their instruments, eyes closed. One<br />

starts to play, perhaps some pattern from the <strong>pia</strong>no, a low hum from the bass, the stroke of a<br />

drum skin. Unplanned, but entirely under control, the piece grows as they introduce changes, a<br />

new beat, bass chords, textures. The crowd s<strong>it</strong>s, often w<strong>it</strong>h eyes closed, exploring the worlds<br />

the band throws out to them.<br />

Every performance is unique. It is a temporary aural installation. You s<strong>it</strong> down, experience <strong>it</strong>, and<br />

<strong>it</strong> is gone. Unlike a band playing pre-rehearsed numbers, there is always the tension of creativ<strong>it</strong>y:<br />

the question of whether new ideas will work.<br />

It is cerebral, thinking music, where you find yourself at the end of a set, in silence and often<br />

awe, wondering where the time has gone. Sometimes <strong>it</strong>’s good. Sometimes <strong>it</strong>’s bliss. Always <strong>it</strong>’s<br />

v<strong>it</strong>al, inspiring, a privilege to experience. (Lachlan Jobbins).<br />

La Colli 'live performance sono state descr<strong>it</strong>te come minimalista, rivoluzionario, sperimentale,<br />

post-jazz, ambient, anche esperienze mistiche. The nature of improvised music is that you never<br />

qu<strong>it</strong>e know what you’re going to hear - and the same goes for the performers. La natura della<br />

musica improvvisata è che lei non è mai sapere che cosa si sta an<strong>da</strong>ndo ad ascoltare - e lo<br />

stesso vale per gli artisti.<br />

La Colli<br />

Sometimes they discuss what they might do, but after 21 years together, they don’t rehearse<br />

anymore. Talvolta, discutono di quello che potrebbe fare, ma dopo 21 anni insieme, che non<br />

provano più. Tony Buck (drums), Lloyd Swanton (bass) and Chris Abrahams (<strong>pia</strong>no) have an<br />

ESP-like communication on stage which gives every performance the sort of tension and<br />

exc<strong>it</strong>ement you sometimes miss from more trad<strong>it</strong>ional bands. Tony Buck (batteria), Lloyd Swanton<br />

(basso) e Chris Abrahams (<strong>pia</strong>noforte) hanno un ESP-come sul palcoscenico di comunicazione<br />

che dà la performance ogni sorta di tensione e di emozioni che vengono talvolta <strong>da</strong> perdere più


tradizionali bande.<br />

Between them, they have over 200 recording cred<strong>it</strong>s, and have played w<strong>it</strong>h groups from around


the world. Tra di loro, sono più di 200 cred<strong>it</strong>i registrazione, e hanno suonato con gruppi<br />

provenienti <strong>da</strong> tutto il mondo. But as The Necks they have developed a cult following. Il collo, ma<br />

come essi hanno sviluppato un segu<strong>it</strong>o di culto.<br />

Tony Buck says they just started out playing the sort of music they wanted to hear - rhythmic,<br />

experimental, evolving soundscapes, pieces that continue for forty or fifty minutes at a stretch.<br />

Tony Buck dice che hanno appena iniziato a giocare il tipo di musica che volevano sentire -<br />

r<strong>it</strong>mica, experimental, soundscapes evoluzione, che continuano pezzi per quaranta o cinquanta<br />

minuti a un tratto. “We didn’t know what people would think of <strong>it</strong>, but they seemed to like <strong>it</strong>.” 13<br />

albums later, the group spends equal time in Europe and Australia, and they are currently<br />

embarked on a national tour. «Noi non sapevamo quello che la gente potrebbe pensare di esso,<br />

ma sembrava like <strong>it</strong>." 13 album più tardi, il gruppo spende tempo pari in Europa e Australia, e sono<br />

attualmente impegnati in un tour nazionale.<br />

A typical gig begins w<strong>it</strong>h the three performers motionless at their instruments, eyes closed. Un<br />

tipico concerto comincia con i tre esecutori di strumenti a loro immobile, gli occhi chiusi. One<br />

starts to play, perhaps some pattern from the <strong>pia</strong>no, a low hum from the bass, the stroke of a<br />

drum skin. Uno inizia a giocare, forse qualche modello <strong>da</strong> <strong>pia</strong>noforte, un basso ronzio <strong>da</strong>l basso,<br />

la corsa di un tamburo di pelle. Unplanned, but entirely under control, the piece grows as they<br />

introduce changes, a new beat, bass chords, textures. Impreviste, ma del tutto sotto controllo, il<br />

pezzo cresce come introdurre cambiamenti, di una nuova battuta, basse corde, texture. The<br />

crowd s<strong>it</strong>s, often w<strong>it</strong>h eyes closed, exploring the worlds the band throws out to them. La folla si<br />

siede, spesso con gli occhi chiusi, esplorare il mondo della band butta fuori di essi.<br />

Every performance is unique. Ogni performance è unica. It is a temporary aural installation. Si<br />

tratta di una installazione temporanea fonetica. You s<strong>it</strong> down, experience <strong>it</strong>, and <strong>it</strong> is gone. Lei<br />

siede, l'esperienza, e è an<strong>da</strong>to. Unlike a band playing pre-rehearsed numbers, there is always<br />

the tension of creativ<strong>it</strong>y: the question of whether new ideas will work. A differenza di un gruppo<br />

di pre-provato a giocare i numeri, c'è sempre la tensione della creativ<strong>it</strong>à: la questione di sapere se<br />

le nuove idee di lavoro.<br />

It is cerebral, thinking music, where you find yourself at the end of a set, in silence and often<br />

awe, wondering where the time has gone. È cerebrale, il pensiero musicale, dove vi trovate alla<br />

fine di un set, spesso nel silenzio e stupore, chiedendomi dove il tempo è passato. Sometimes <strong>it</strong>’s<br />

good. A volte è buona. Sometimes <strong>it</strong>’s bliss. A volte è Bliss. Always <strong>it</strong>’s v<strong>it</strong>al, inspiring, a privilege<br />

to experience. Sempre è v<strong>it</strong>ale, ispirato, un privilegio di vivere. (Lachlan Jobbins). (Jobbins<br />

Lachlan).<br />

in THE NECKS


JAZZ MINIMALISM<br />

“For those unfamiliar w<strong>it</strong>h The Necks… their approach is to take a musical idea, sometimes a<br />

seemingly inconsequential musical idea, w<strong>it</strong>h a short life expectancy, and develop <strong>it</strong>, slowly<br />

transform <strong>it</strong>, roll <strong>it</strong> around for approaching the hour mark, riveting your attention throughout”<br />

The Wire - David Stubbs<br />

Chris Abraham (<strong>pia</strong>no), Tony Buck (drums), and Lloyd Swanton(bass) conjure a chemistry<br />

together that defies description in orthodox terms.<br />

These three musicians are among the most respected and in-demand in Australia, working in<br />

every field from pop to avant-garde. Over 200 albums feature their presence individually or<br />

together, but the music of The Necks stands apart from everything else they have done.<br />

Featuring lengthy pieces which slowly unravel in the most intoxicating fashion, frequently<br />

underpinned by an insistent deep groove, The Necks stand up to listening time and time again.<br />

The deceptive simplic<strong>it</strong>y of their music throws forth new charms on each hearing. Not entirely<br />

avant-garde, nor minimalist, nor ambient, nor jazz, the music of The Necks is possibly unique in<br />

the world to<strong>da</strong>y.<br />

“Australia&#039;s the Necks defy conventions about making and listening to music. Each<br />

performance … is an hour of unbroken improvisation, each one different to the last. So if you are<br />

a Necks fan, you cannot be sure you will hear your favour<strong>it</strong>e Necks moment again. After 20<br />

years, there are no greatest h<strong>it</strong>s, only what is next.”<br />

The Guardian – John L Walters<br />

in THE NECKS<br />

la letteratura “serve”<br />

Le due v<strong>it</strong>e<br />

C’è un momento in cui possiamo affermare con assoluta certezza che la letteratura “serve”?<br />

Credo di sì, e questo non soltanto nel preciso istante in cui qualcuno ne fruisce leggendola.<br />

La letteratura ci viene in aiuto anche quando un brano o dei versi sono più utili di un ragionamento<br />

complesso o di un’astrazione teorica per comprendere - e quindi per meglio affrontare - la v<strong>it</strong>a<br />

reale. A me è cap<strong>it</strong>ato spesso che l’altra v<strong>it</strong>a contamini di sé questa v<strong>it</strong>a, e la sensazione che ha<br />

lasciato è sempre stata pos<strong>it</strong>iva, come i risultati.<br />

<strong>da</strong> akatalēpsía, 16 ottobre 2006<br />

in


laic<strong>it</strong>à<br />

Il senso del laico<br />

Questo termine non è un sinonimo di ateo o miscredente ma implica rispetto per gli altri e libertà <strong>da</strong><br />

ogni idolatria<br />

di Claudio Magris<br />

Quando, all'univers<strong>it</strong>à, con alcuni amici studiavamo tedesco, lingua allora non molto diffusa, e<br />

alcuni compagni che l'ignoravano ci chiedevano di insegnar loro qualche dolce parolina romantica<br />

con cui attaccar bottone alle ragazze tedesche che venivano in Italia, noi suggerivamo loro un<br />

paio di termini tutt'altro che galanti e piuttosto irriferibili, con le immaginabili conseguenze sui loro<br />

approcci. Questa goliar<strong>da</strong>ta, stupidotta come tutte le goliar<strong>da</strong>te, conteneva in sé il dramma della<br />

Torre di Babele: quando gli uomini parlano senza capirsi e credono di dire una cosa usando una<br />

parola che ne indica una opposta, nascono equivoci, talora drammatici sino alla violenza. Nel<br />

penoso autogol in cui si è risolta la gazzarra contro l'inv<strong>it</strong>o del Papa all'univers<strong>it</strong>à di Roma,<br />

l'elemento più pacchiano è stato, per l'ennesima volta, l'uso scorretto, distorto e capovolto del<br />

termine «laico», che può giustificare un ennesimo, nel mio caso ripet<strong>it</strong>ivo, tentativo di chiarirne il<br />

significato.<br />

Laico non vuol dire affatto, come ignorantemente si ripete, l'opposto di credente (o di cattolico) e<br />

non indica, di per sé, né un credente né un ateo né un agnostico. Laic<strong>it</strong>à non è un contenuto<br />

filosofico, bensì una forma mentis; è essenzialmente la capac<strong>it</strong>à di distinguere ciò che è<br />

dimostrabile razionalmente <strong>da</strong> ciò che è invece oggetto di fede, a prescindere <strong>da</strong>ll'adesione o<br />

meno a tale fede; di distinguere le sfere e gli amb<strong>it</strong>i delle diverse competenze, in primo luogo<br />

quelle della Chiesa e quelle dello Stato.<br />

La laic<strong>it</strong>à non si identifica con alcun credo, con alcuna filosofia o ideologia, ma è l'att<strong>it</strong>udine ad<br />

articolare il proprio pensiero (ateo, religioso, idealista, marxista) secondo principi logici che non<br />

possono essere condizionati, nella coerenza del loro procedere, <strong>da</strong> nessuna fede, <strong>da</strong> nessun<br />

pathos del cuore, perché in tal caso si cade in un pasticcio, sempre oscurantista. La cultura—<br />

anche cattolica — se è tale è sempre laica, così come la logica — di San Tommaso o di un<br />

pensatore ateo — non può non affi<strong>da</strong>rsi a cr<strong>it</strong>eri di razional<strong>it</strong>à e la dimostrazione di un teorema,<br />

anche se fatta <strong>da</strong> un Santo della Chiesa, deve obbedire alle leggi della matematica e non al<br />

catechismo.<br />

Una visione religiosa può muovere l'animo a creare una società più giusta, ma il laico sa che essa<br />

non può certo tradursi immediatamente in articoli di legge, come vogliono gli aberranti<br />

fon<strong>da</strong>mentalisti di ogni specie. Laico è chi conosce il rapporto ma soprattutto la differenza tra il<br />

quinto coman<strong>da</strong>mento, che ingiunge di non ammazzare, e l'articolo del codice penale che punisce<br />

l'omicidio. Laico — lo diceva Norberto Bobbio, forse il più grande dei laici <strong>it</strong>aliani — è chi si<br />

appassiona ai propri «valori caldi» (amore, amicizia, poesia, fede, generoso progetto pol<strong>it</strong>ico) ma<br />

difende i «valori freddi» (la legge, la democrazia, le regole del gioco pol<strong>it</strong>ico) che soli permettono a<br />

tutti di coltivare i propri valori caldi. Un altro grande laico è stato Arturo Carlo Jemolo, maestro di<br />

dir<strong>it</strong>to e libertà, cattolico fervente e religiosissimo, difensore strenuo della distinzione fra Stato e<br />

Chiesa e duro avversario dell'inaccettabile finanziamento pubblico alla scuola privata — cattolica,<br />

ebraica, islamica o domani magari razzista, se alcuni gen<strong>it</strong>ori pretenderanno di educare i loro figli<br />

in tale credo delirante.<br />

Laic<strong>it</strong>à significa tolleranza, dubbio rivolto anche alle proprie certezze, capac<strong>it</strong>à di credere<br />

fortemente in alcuni valori sapendo che ne esistono altri, pur essi rispettabili; di non confondere il<br />

pensiero e l'autentico sentimento con la convinzione fanatica e con le viscerali reazioni emotive;<br />

di ridere e sorridere anche di ciò che si ama e si continua ad amare; di essere liberi <strong>da</strong>ll'idolatria e<br />

<strong>da</strong>lla dissacrazione, entrambe servili e coatte. Il fon<strong>da</strong>mentalismo intollerante può essere clericale<br />

(come lo è stato tante volte, anche con feroce violenza, nei secoli e continua talora, anche se<br />

più blan<strong>da</strong>mente, ad esserlo) o faziosamente laicista, altrettanto antilaico.<br />

I bacchettoni che si scan<strong>da</strong>lizzano dei nudisti sono altrettanto poco laici quanto quei nudisti che,


anziché spogliarsi leg<strong>it</strong>timamente per il <strong>pia</strong>cere di prendere il sole, lo fanno con l'enfatica<br />

presunzione di battersi contro la repressione, di sentirsi piccoli Galilei <strong>da</strong>vanti all'Inquisizione, mai


contenti finché qualche tonto prete non cominci a blaterare contro di loro.<br />

Un laico avrebbe dir<strong>it</strong>to di diffi<strong>da</strong>re formalmente la cagnara svoltasi alla Sapienza <strong>da</strong>l fregiarsi<br />

dell'appellativo «laico». È lec<strong>it</strong>o a ciascuno cr<strong>it</strong>icare il senato accademico, dire che poteva fare<br />

anche scelte migliori: inv<strong>it</strong>are ad esempio il Dalai Lama o Jamaica Kincaid, la grande scr<strong>it</strong>trice nera<br />

di Antigua, ma è al senato, eletto secondo le regole accademiche, che spettava decidere; si<br />

possono cr<strong>it</strong>icare le sue scelte, come io cr<strong>it</strong>icavo le scelte inqualificabili del governo Berlusconi,<br />

ma senza pretendere di impedirgliele, visto che purtroppo era stato eletto secondo le regole della<br />

democrazia.<br />

Si è detto, in un dibatt<strong>it</strong>o televisivo, che il Papa non doveva parlare in quanto la Chiesa si affi<strong>da</strong> a<br />

un'altra procedura di percorso e di ricerca rispetto a quella della ricerca scientifica, di cui<br />

l'univers<strong>it</strong>à è tempio. Ma non si trattava di ist<strong>it</strong>uire una cattedra di Paleontologia cattolica,<br />

ovviamente una scemenza perché la paleontologia non è né atea né cattolica o luterana, bensì di<br />

ascoltare un discorso, il quale — a secon<strong>da</strong> del suo livello intellettuale e culturale, che non si<br />

poteva giudicare prima di averlo letto o sent<strong>it</strong>o — poteva arricchire di poco, di molto, di moltissimo<br />

o di nulla (come tanti discorsi tenuti all'inaugurazione di anni accademici) l'ud<strong>it</strong>orio. Del resto, se si<br />

fosse inv<strong>it</strong>ato invece il Dalai Lama — contro il quale giustamente nessuno ha né avrebbe<br />

sollevato obiezioni, che è giustamente visto con simpatia e stima per le sue opere, alcune delle<br />

quali ho letto con grande prof<strong>it</strong>to — anch'egli avrebbe tenuto un discorso ispirato a una logica<br />

diversa <strong>da</strong> quella della ricerca scientifica occidentale.<br />

Ma anche a questo propos<strong>it</strong>o il laico sente sorgere qualche dubbio. Così come il Vangelo non è il<br />

solo testo religioso dell'uman<strong>it</strong>à, ma ci sono pure il Corano, il Dhammapa<strong>da</strong> buddhista e la<br />

Bhagavadg<strong>it</strong>a induista, anche la scienza ha metodologie diverse. C'è la fisica e c'è la letteratura,<br />

che è pure oggetto di scienza — L<strong>it</strong>eraturwissenschaft, scienza della letteratura, dicono i<br />

tedeschi — e la cui in<strong>da</strong>gine si affi<strong>da</strong> ad altri metodi, non necessariamente meno rigorosi ma<br />

diversi; la razional<strong>it</strong>à che presiede all'interpretazione di una poesia di Leopardi è diversa <strong>da</strong> quella<br />

che regola la dimostrazione di un teorema matematico o l'analisi di un periodo o di un fenomeno<br />

storico. E all'univers<strong>it</strong>à si studiano appunto fisica, letteratura, storia e così via. Anche alcuni<br />

grandi filosofi hanno insegnato all'univers<strong>it</strong>à, proponendo la loro concezione filosofica pure a<br />

studenti di altre convinzioni; non per questo è stata loro tolta la parola.<br />

Non è il cosa, è il come che fa la musica e anche la libertà e razional<strong>it</strong>à dell'insegnamento.<br />

Ognuno di noi, volente o nolente, anche e soprattutto quando insegna, propone una sua ver<strong>it</strong>à,<br />

una sua visione delle cose. Come ha scr<strong>it</strong>to un genio laico quale Max Weber, tutto dipende <strong>da</strong><br />

come presenta la sua ver<strong>it</strong>à: è un laico se sa farlo mettendosi in gioco, distinguendo ciò che<br />

deriva <strong>da</strong> dimostrazione o <strong>da</strong> esperienza verificabile <strong>da</strong> ciò che è invece solo illazione ancorché<br />

convincente, mettendo le carte in tavola, ossia dichiarando a priori le sue convinzioni, scientifiche<br />

e filosofiche, affinché gli altri sap<strong>pia</strong>no che forse esse possono influenzare pure<br />

inconsciamente la sua ricerca, anche se egli onestamente fa di tutto per ev<strong>it</strong>arlo. Mettere sul<br />

tavolo, con questo spir<strong>it</strong>o, un'esperienza e una riflessione teologica può essere un grande<br />

arricchimento. Se, invece, si affermano arrogantemente ver<strong>it</strong>à <strong>da</strong>te una volta per tutte, si è<br />

intolleranti total<strong>it</strong>ari, clericali.<br />

Non conta se il discorso di Benedetto XVI letto alla Sapienza sia creativo e stimolante oppure<br />

rigi<strong>da</strong>mente ingessato oppure — come accade in circostanze ufficiali e retoriche quali le<br />

inaugurazioni accademiche — dotto, beneducato e scialbo. So solo che — una volta deciso <strong>da</strong><br />

chi ne aveva leg<strong>it</strong>timamente la facoltà di inv<strong>it</strong>arlo — un laico poteva anche preferire di an<strong>da</strong>re quel<br />

giorno a spasso piuttosto che all'inaugurazione dell'anno accademico (come io ho fatto quasi<br />

sempre, ma non per contestare gli oratori), ma non di respingere il discorso prima di ascoltarlo.<br />

Nei confronti di Benedetto XVI è scattato infatti un pregiudizio, assai poco scientifico. Si è detto<br />

che è inaccettabile l'opposizione della dottrina cattolica alle teorie di Darwin. Sto <strong>da</strong>lla parte di<br />

Darwin (le cui scoperte si pongono su un altro <strong>pia</strong>no rispetto alla fede) e non di chi lo vorrebbe<br />

mettere al bando, come tentò un ministro del precedente governo, anche se la contrapposizione<br />

fra creazionismo e teoria della selezione non è più posta in termini rozzi e molte voci della Chiesa,<br />

in nome di una concezione del creazionismo più credibile e meno m<strong>it</strong>ica, non sono più su quelle<br />

posizioni anti<strong>da</strong>rwiniane. Ma Benedetto Croce cr<strong>it</strong>icò Darwin in modo molto più grossolano,


ifiutando quella che gli pareva una riduzione dello studio dell'uman<strong>it</strong>à alla zoologia e non essendo<br />

peraltro in grado, diversamente <strong>da</strong>lla Chiesa, di offrire una risposta alternativa alle domande<br />

sull'origine dell'uomo, pur sapendo che il P<strong>it</strong>ecantropo era diverso <strong>da</strong> suo zio filosofo Bertrando<br />

Spaventa. Anche alla matematica negava dign<strong>it</strong>à di scienza, definendola «pseudoconcetto». Se<br />

l'inv<strong>it</strong>ato fosse stato Benedetto Croce, grande filosofo anche se più antiscientista di Benedetto<br />

XVI, si sarebbe fatto altrettanto baccano? Perché si fischia il Papa quando nega il matrimonio<br />

degli omosessuali e non si fischiano le ambasciate di quei Paesi arabi, filo- o anti-occidentali, in<br />

cui si decap<strong>it</strong>ano gli omosessuali e si lapi<strong>da</strong>no le donne incinte fuori <strong>da</strong>l matrimonio?<br />

In quella trasmissione televisiva Pannella, oltre ad aver infelicemente accostato i professori<br />

protestatari della Sapienza ai professori che rifiutarono il giuramento fascista perdendo la<br />

cattedra, il posto e lo stipendio, ha fatto una giusta osservazione, denunciando ingerenze della<br />

Chiesa e la frequente supina sudd<strong>it</strong>anza <strong>da</strong> parte dello Stato e degli organi di informazione nei<br />

loro riguardi. Se questo è vero, ed in parte è certo vero, è <strong>da</strong> laici adoperarsi per combattere<br />

quest'ingerenza, per <strong>da</strong>re alle altre confessioni religiose il pieno dir<strong>it</strong>to all'espressione, per<br />

respingere ogni invadenza clericale, insomma per <strong>da</strong>re a Cesare quel che è di Cesare e a Dio<br />

quel che è di Dio, principio laico che, come è noto, è proclamato nel Vangelo.<br />

Ma questa doverosa battaglia per la laic<strong>it</strong>à dello Stato non autorizza l'intolleranza in altra sede,<br />

come è accaduto alla Sapienza; se il mio vicino fa schiamazzi notturni, posso denunciarlo, ma<br />

non ammaccargli per rivalsa l'automobile.<br />

Una cosa, in tutta questa vicen<strong>da</strong> balor<strong>da</strong>, è preoccupante per chi teme la regressione pol<strong>it</strong>ica del<br />

Paese, i rigurg<strong>it</strong>i clericali e il possibile r<strong>it</strong>orno del devastante governo precedente. È<br />

preoccupante vedere come persone e forze che si dicono e certo si sentono sinceramente<br />

democratiche e dovrebbero dunque razionalmente operare tenendo presente la grav<strong>it</strong>à della<br />

s<strong>it</strong>uazione pol<strong>it</strong>ica e il pericolo di una regressione, sembrano colte <strong>da</strong> una febbre autodistruttiva,<br />

<strong>da</strong> un'allegra irresponsabil<strong>it</strong>à, <strong>da</strong> una spensierata vocazione a una disastrosa sconf<strong>it</strong>ta.<br />

20 gennaio 2008<br />

in claudi magris<br />

lavorare<br />

Ama il modesto mestiere che hai imparato e accontentati di esso<br />

in MARCO AURELIO


leggere<br />

Di esso ROLAND BARTHES scriveva nel 1979 (Voce Lettura dell’Enciclopedia Einaudi 8, pp.176-<br />

199) che «leggere è una tecnica», «leggere è una pratica sociale», «leggere è una forma di<br />

gestual<strong>it</strong>à», «leggere è una forma di saggezza», «leggere è un metodo», «leggere è un’attiv<strong>it</strong>à<br />

voluttuaria». Oggetto, Operazione, Fenomeno, in esso è implicato il desiderio; senso e intertesto<br />

ne cost<strong>it</strong>uiscono l’anima come pratica della testual<strong>it</strong>à, commercio con i testi.<br />

Ebbene, secondo Hadot, quasi tutti i filosofi antichi hanno scr<strong>it</strong>to in funzione della scuola,<br />

pensando ai loro allievi, a partire <strong>da</strong> problemi specifici. Anche le opere più ardue e<br />

apparentemente sistematiche in realtà non lo sono quasi mai: gli antichi pensavano in termini di<br />

ricerca, di formulazione dei problemi <strong>da</strong> punti di vista sempre diversi.<br />

Leggere per loro significava questo: riservare il commento, la silloge, il trattato a interlocutori<br />

diversi. Diverso era il grado della conoscenza posseduto, diversi i testi a cui far accostare gli<br />

allievi, gli interlocutori, il pubblico. La lettura dei testi filosofici per gli antichi è pratica degli esercizi<br />

spir<strong>it</strong>uali.<br />

«La filosofia appare allora - nel suo aspetto originario - non più come una costruzione teorica, ma<br />

come un metodo inteso a formare una nuova maniera di vivere e di vedere il mondo, come uno<br />

sforzo di trasformare l’uomo. In genere gli storici contemporanei della filosofia hanno<br />

scarsamente la tendenza a prestare attenzione a questo aspetto, nondimeno essenziale»<br />

(PIERRE HADOT, Esercizi spir<strong>it</strong>uali e filosofia antica, EINAUDI 2002, pag.66).<br />

Da http://www.gabrieleder<strong>it</strong>is.<strong>it</strong>/?p=447<br />

in barthes, hadot<br />

leggere<br />

« Quale benessere ci offrono i nuovi libri! Io vorrei che ogni giorno mi cadessero <strong>da</strong>l cielo a grandi<br />

fasci i libri che raccontano la giovinezza delle immagini. Questo voto è naturale. Questo prodigio<br />

è facile. Lassù, in cielo, non è forse il paradiso un'immensa biblioteca? ».<br />

Ma non basta ricevere, bisogna raccogliere. Bisogna, dicono a una sola voce il pe<strong>da</strong>gogo e la<br />

dietologa « assimilare ». Per questo, ci consigliano di non leggere troppo velocemente, e di<br />

guar<strong>da</strong>rsi <strong>da</strong>ll'inghiottire pezzi troppo grossi. Dividete, ci dicono, ogni difficoltà in tutte le particelle<br />

possibili per risolverla meglio. Masticate bene, bevete a piccole sorsate, assaporate verso per<br />

verso i poemi.<br />

Tutti questi precetti sono belli e buoni. Ma un principio li coman<strong>da</strong>. È necessario <strong>da</strong>pprima un buon<br />

desiderio di mangiare, di bere e di leggere. Bisogna desiderare di leggere molto, leggere ancora,<br />

leggere sempre.<br />

« Fin <strong>da</strong>l mattino, <strong>da</strong>vanti ai libri accumulati sulla mia tavola, faccio la mia preghiera al dio della<br />

lettura: « Dacci oggi la nostra fame quotidiana... ».<br />

in BACHELARD GASTON


LEGGERE<br />

Degli esercizi spir<strong>it</strong>uali sugger<strong>it</strong>i <strong>da</strong> PIERRE HADOT come pratiche filosofiche tese a formare<br />

l’anima quelli provenienti <strong>da</strong>lla cultura pagana sono sostanzialmente quattro: imparare a vivere,<br />

imparare a morire, imparare a dialogare, imparare a leggere.<br />

Se i primi tre attirano sub<strong>it</strong>o la nostra attenzione e ci spingono a scavare nel testo di Hadot, in<br />

cerca delle parole greche, delle definizioni, delle formule, delle massime, delle prescrizioni <strong>da</strong><br />

seguire, una curios<strong>it</strong>à più grande susc<strong>it</strong>a il quarto esercizio.<br />

Di esso ROLAND BARTHES scriveva nel 1979 (Voce Lettura dell’Enciclopedia Einaudi 8, pp.176-<br />

199) che «leggere è una tecnica», «leggere è una pratica sociale», «leggere è una forma di<br />

gestual<strong>it</strong>à», «leggere è una forma di saggezza», «leggere è un metodo», «leggere è un’attiv<strong>it</strong>à<br />

voluttuaria». Oggetto, Operazione, Fenomeno, in esso è implicato il desiderio; senso e intertesto<br />

ne cost<strong>it</strong>uiscono l’anima come pratica della testual<strong>it</strong>à, commercio con i testi.<br />

Ebbene, secondo Hadot, quasi tutti i filosofi antichi hanno scr<strong>it</strong>to in funzione della scuola,<br />

pensando ai loro allievi, a partire <strong>da</strong> problemi specifici. Anche le opere più ardue e<br />

apparentemente sistematiche in realtà non lo sono quasi mai: gli antichi pensavano in termini di<br />

ricerca, di formulazione dei problemi <strong>da</strong> punti di vista sempre diversi.<br />

Leggere per loro significava questo: riservare il commento, la silloge, il trattato a interlocutori<br />

diversi. Diverso era il grado della conoscenza posseduto, diversi i testi a cui far accostare gli<br />

allievi, gli interlocutori, il pubblico. La lettura dei testi filosofici per gli antichi è pratica degli esercizi<br />

spir<strong>it</strong>uali.<br />

«La filosofia appare allora - nel suo aspetto originario - non più come una costruzione teorica, ma<br />

come un metodo inteso a formare una nuova maniera di vivere e di vedere il mondo, come uno<br />

sforzo di trasformare l’uomo. In genere gli storici contemporanei della filosofia hanno<br />

scarsamente la tendenza a prestare attenzione a questo aspetto, nondimeno essenziale»<br />

(PIERRE HADOT, Esercizi spir<strong>it</strong>uali e filosofia antica, EINAUDI 2002, pag.66).<br />

Per comprendere chi è Hadot, basti pensare<br />

all’opera Il velo di Iside. Storia dell’idea di natura (Einaudi, 2006), risultato di 40 anni di studi,<br />

costru<strong>it</strong>a a partire <strong>da</strong>l frammento di Eracl<strong>it</strong>o: «La natura ama nascondersi»,<br />

a Plotino o la semplic<strong>it</strong>à dello sguardo (Einaudi, 1999),<br />

a Che cos’è la filosofia antica? (Einaudi 1998).<br />

Imparare a leggere - Παιδεια<br />

<strong>da</strong> Limen di gabriele de r<strong>it</strong>is<br />

in<br />

leggere CLASSICI<br />

Un classico è qualcosa che tutti vorrebbero aver letto e nessuno vuol leggere<br />

in Mark Twain


leggere scrivere<br />

Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scr<strong>it</strong>tore è soltanto una sorta di<br />

strumento ottico offerto al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non<br />

avrebbe visto in se stesso<br />

in PROUST MARCEL<br />

LIBERTA'<br />

Vi è una sola cosa che - non so perché - gli uomini non hanno la forza di desiderare: la libertà, un<br />

bene tanto grande e dolce! Non appena la si perde, sopraggiungono tutti i mali possibili e senza di<br />

essa, tutti gli altri beni, corrotti <strong>da</strong>lla serv<strong>it</strong>ù, perdono gusto e sapore. Sembra che gli uomini<br />

tengano in poco conto la libertà, infatti, se la desiderassero, l'otterrebbero; si direbbe quasi che<br />

rifiutino di fare questa preziosa conquista perché è troppo facile.<br />

"Il en est une seule que les hommes, je ne sais pour-quoi, n'ont pas la force de désirer: c'est la<br />

liberté, bien si grand et si doux! Dès qu'elle est perdue, tous les maux s'ensuivent, et sans elle<br />

tous les autres biens, corrompus par la serv<strong>it</strong>ude, perdent entièrement leur goùt et leur saveur.<br />

La liberté, les hommes la dé<strong>da</strong>ignent uniquement, sem-ble-t-il, parce que s'ils la désiraient, ils<br />

l'auraient; comme s'ils refusaient de faire cette précieuse acquis<strong>it</strong>ion parce qu'elle est trop aisée"<br />

La Boétie, Discorso sulla serv<strong>it</strong>ù volontaria, La V<strong>it</strong>a Felice, Milano 2007<br />

traduzione di Giuseppe Pintorno<br />

in LA BOETIE


LIBRI<br />

Quando si svegliava in mezzo ai boschi nel buio e nel freddo della notte allungava la mano per<br />

toccare il bambino che gli dormiva accanto. Notti più buie del buio e giorni uno più grigio di quello<br />

appena passato. Come l'inizio di un freddo glaucoma che offuscava il mondo. La sua mano si<br />

alzava e si abbassava a ogni prezioso respiro. Si tolse di dosso il telo di plastica, si tirò su<br />

avvolto nei vest<strong>it</strong>i e nelle coperte puzzolenti e guardò verso est in cerca di luce ma non ce n'era.<br />

Nel sogno <strong>da</strong> cui si era svegliato vagava in una caverna con il bambino che lo gui<strong>da</strong>va tenendolo<br />

per mano. Il fascio di luce della torcia <strong>da</strong>nzava sulle pareti umide piene di concrezioni calcaree.<br />

Come vian<strong>da</strong>nti di una favola inghiott<strong>it</strong>i e persi nelle viscere di una bestia di gran<strong>it</strong>o. Profonde gole<br />

di pietra dove l'acqua sgocciolava e mormorava. I minuti della terra scand<strong>it</strong>i nel silenzio, le sue<br />

ore, i giorni, gli anni senza sosta. Poi si r<strong>it</strong>rovavano in una grande sala di pietra dove si apriva un<br />

lago nero e antico. E sulla spon<strong>da</strong> opposta una creatura che alzava le fauci gron<strong>da</strong>nti <strong>da</strong> quel<br />

pozzo carsico e fissava la luce della torcia con occhi bianchissimi e ciechi come le uova dei<br />

ragni. Dondolava la testa appena sopra il pelo dell'acqua come per annusare ciò che non riusciva<br />

a vedere. Rannicchiata li, palli<strong>da</strong>, nu<strong>da</strong> e trasluci<strong>da</strong>, con le ossa opalescenti che proiettavano la<br />

loro ombra sulle rocce dietro di lei. Le sue viscere, il suo cuore vivo. Il cervello che pulsava in una<br />

campana di vetro opaco. Dondolava la testa <strong>da</strong> una parte all'altra, emetteva un mugolio profondo,<br />

si voltava e si allontanava flui<strong>da</strong> e silenziosa nell'oscur<strong>it</strong>à.<br />

Con la prima luce grigiastra l'uomo si alzò, lasciò il bambino addormentato e uscf sulla stra<strong>da</strong>, sì<br />

accovacciò e studiò il terr<strong>it</strong>orio a sud. Arido, muto, senza dio. Gli pareva che fosse ottobre ma<br />

non ne era sicuro. Erano anni che non possedeva un calen<strong>da</strong>rio. Si stavano spostando verso<br />

sud. Li non sarebbero sopravvissuti a un altro inverno.<br />

…..<br />

Si accovacciarono sulla stra<strong>da</strong> e mangiarono riso e fagioli freddi che avevano cucinato giorni<br />

prima. Cominciavano già a fermentare. Non c'era un posto dove accendere il fuoco senza essere<br />

visti. Dormirono l'uno contro l'altro fra le trapunte puzzolenti nel buio e nel freddo. Lui teneva il<br />

bambino stretto a sé. Cosi magro. Angelo mio, disse. Angelo mio. Ma ammesso che fosse un<br />

buon padre sapeva che le cose potevano stare proprio come aveva detto lei. Che il bambino era<br />

l'unica cosa che lo separava <strong>da</strong>lla morte.pag. 23<br />

in CORMAC McCARTHY


LIBRI<br />

Lo aspettò sulla stra<strong>da</strong> e quando l'uomo riemerse <strong>da</strong>l bosco aveva in mano la valigia e le coperte<br />

su una spalla. Ne scelse una e la diede al bambino. Ecco, disse. Mett<strong>it</strong>ela addosso, che hai<br />

freddo. Il bambino fece per <strong>da</strong>rgli la pistola ma l'uomo non la volle. Quella tienila tu, disse.<br />

Ok.<br />

Lo sai come si usa?<br />

Si.<br />

Ok.<br />

E il mio papa ?<br />

Non c'è nient'altro che possiamo fare per lui.<br />

Mi sa che voglio an<strong>da</strong>re a salutarlo.<br />

Ce la fai <strong>da</strong> solo ?<br />

Si.<br />

Allora vai. Ti aspetto.<br />

Tornò nel bosco e si inginocchiò accanto al padre. Era avvolto in una coperta, come l'uomo aveva<br />

promesso, e il bambino non lo scopri ma gli si sedette vicino e si mise a <strong>pia</strong>ngere senza riuscire a<br />

fermarsi. Pianse per un bel pezzo. Ti parlerò tutti i giorni, sussurrò. E non mi dimenticherò. Per<br />

niente al mondo. Poi si alzò, si voltò e tornò verso la stra<strong>da</strong>.<br />

Quando la donna lo vide lo abbracciò e lo tenne stretto. Oh, gli disse, come sono contenta di<br />

vederti. Ogni tanto la donna gli parlava di Dio. Lui ci provava a parlare con Dio, ma la cosa migliore<br />

era parlare con il padre, e infatti ci parlava e non lo dimenticava mai. La donna diceva che<br />

an<strong>da</strong>va bene cosi. Diceva che il respiro di Dio è sempre il respiro di Dio, anche se passa <strong>da</strong> un<br />

uomo all'altro in eterno.<br />

Una volta nei torrenti di montagna c'erano i salmeri-ni. Li potevi vedere fermi nell'acqua ambrata<br />

con la punta bianca delle pinne che ondeggiava <strong>pia</strong>no nella corrente. Li prendevi in mano e<br />

odoravano di muschio. Erano lucenti e forti e si torcevano su se stessi. Sul dorso avevano dei<br />

disegni a vermicelli che erano mappe del mondo in divenire. Mappe e labirinti. Di una cosa che non<br />

si poteva rimettere a posto. Che non si poteva riaggiustare. Nelle forre dove vivevano ogni cosa<br />

era più antica dell'uomo, e vibrava di mistero.<br />

in CORMAC McCARTHY<br />

LIBRI<br />

Chi accumula libri, accumula desideri; e chi ha molti desideri è molto<br />

giovane, anche a ottant'anni.<br />

in Ojetti Ugo<br />

LIBRI<br />

«Ci sono libri che si posseggono <strong>da</strong> vent'anni senza leggerli, che si tengono sempre vicini, che<br />

uno porta con sé di c<strong>it</strong>tà in c<strong>it</strong>tà, di paese in paese, imballati con cura, anche se abbiamo<br />

pochissimo posto, e forse li sfogliamo al momento di toglierli <strong>da</strong>l baule; tuttavia ci guardiamo bene<br />

<strong>da</strong>l leggerne per intero anche una sola frase. Poi, dopo vent'anni, viene un momento in cui<br />

d'improvviso quasi per una fortissima coercizione, non si può fare a meno di leggere uno di questi<br />

libri d'un fiato, <strong>da</strong> capo a fondo: è come una rivelazione. Ora sap<strong>pia</strong>mo perché lo abbiamo trattato<br />

con tante cerimonie. Doveva stare a lungo vicino a noi; doveva viaggiare; doveva occupare<br />

posto; doveva essere un peso; e adesso si svela, adesso illumina i vent'anni trascorsi in cui è<br />

vissuto, muto, con noi. Non potrebbe dire tanto se per tutto quel tempo non fosse rimasto muto, e<br />

solo un idiota si azzarderebbe a credere che dentro ci siate state sempre le medesime cose»<br />

ELIAS CANETTI, LA PROVINCIA DELL'UOMO, ADELPHI<br />

in ELIAS CANETTI


libri<br />

"Come accade per gli uomini, ho avuto l'impressione che anche i libri possie<strong>da</strong>no dei loro peculiari<br />

destini. vanno verso le persone che li attendono e le raggiungono nel momento giusto. sono<br />

composti di materia vivente e continuano a gettare luce attraverso l'oscur<strong>it</strong>à per molto tempo dopo<br />

la morte dei loro autori"<br />

Miguel Serrano, Il cerchio ermetico (1966), casa ed<strong>it</strong>rice astrolabio, 1976, pag. 10<br />

in miguel serrano<br />

LIBRI DI AMICI<br />

Le parole dell’infanzia:<br />

1) Alcott, Piccole donne- Piccole donne crescono<br />

2) Raimond Queneau, Zazie nel metro<br />

3) Italo Calvino, Fiabe <strong>it</strong>aliane<br />

Le parole dell’adolescenza:<br />

4) Goethe, Gli anni di viaggio di Wilhelm Meister, o i Rinuncianti<br />

5) Goethe, Le affin<strong>it</strong>à elettive<br />

6) Herman Hesse: tutto.<br />

7) Robert Musil, Il giovane Torless<br />

8) Charles Schultz, tutti i fumetti.<br />

Le parole meno confuse dell’ “era univers<strong>it</strong>aria”<br />

9) Artur Sch<strong>it</strong>zlner, tutto<br />

10) Thomas mann, Il doctor Faustus<br />

11) Thomas Mann, La montagna incantata<br />

12) Tommaso Landolfi, tutto<br />

13) Thomas Bernard, Il soccombente<br />

14) Borges, L’aleph<br />

15) Borges, Finzioni<br />

16) Borges, Altre inquisizioni<br />

17) Rudolph Arnheim, Film come arte<br />

18) Sartre, La nausée<br />

19) Sartre, Le parole<br />

20) Carlos Castane<strong>da</strong>, tutto<br />

21) Maurice Blanchot, Lo spazio letterario<br />

22) Angelo Maria Ripellino, Praga magica<br />

23) Giovanni Macchia, La stanza delle passioni<br />

24) Emilio Garroni, Senso e paradosso<br />

Le parole dell’età adulta<br />

25) Ch<strong>it</strong>ra Divakaruni, tutto; Murakami;, J. Cohen; Banana Yoshimoto; Manuel Vasquez Montalban,<br />

Antonio Tabucchi ecc, ecc.<br />

Nota: ogni volta che mi metto a fare cataloghi, dopo mi accorgo che è rimasto fuori l’essenziale.<br />

Per es., Deleuze e Roland Barthes dove li metto? E Franco Basaglia?<br />

Renata Turco<br />

in renata


logos<br />

In principio era il pensiero<br />

en archè en o logos<br />

Giovanni evangelista, cap<strong>it</strong>olo 1, versetto 1<br />

in Giovanni evangelista<br />

LUOGHI TEMPO<br />

Un luogo privilegiato<br />

Essere amata e amare un albero, un monte, una radura. Amare la meraviglia e il terrore della<br />

natura (ieri sera un vento impetuoso mi ha colta lontano <strong>da</strong> casa, costringendomi a trovare riparo<br />

in un casolare abbandonato).<br />

Poi contemplare anche, “degustarsi”, assaporare la propria sostanza. Basta questo a riempire la<br />

v<strong>it</strong>a. Basta che una cosa non rimanga come prima di averla contemplata. Svegliare un mondo<br />

sonnolento e renderlo vivo allo spir<strong>it</strong>o, fare di ogni immagine un luogo privilegiato.<br />

Infine non curarsi troppo del futuro, perché - tanto - è come camminare verso il nulla.<br />

http://cleliamazzini.tumblr.com/post/29459977<br />

in<br />

MALINCONIA<br />

Questo deve fare la poesia, oggi: catturare le parti più celate della v<strong>it</strong>a e rest<strong>it</strong>uirle con una voce<br />

nuova, semplice, che lasci sempre e comunque il segno di un percorso che viene <strong>da</strong> lontano, ma<br />

che non condurrà mai vicino.<br />

Gron<strong>da</strong>i così <strong>da</strong>lla parola:<br />

un frammento di notte<br />

a braccia spalancate<br />

una bilancia solo<br />

per soppesare fughe<br />

in questo tempo stellare<br />

calata nella polvere<br />

impressa d'orme.<br />

E' tardi ormai. Ciò che è lieve mi lascia<br />

e ciò che è greve<br />

già vanno via le spalle<br />

come nubi<br />

braccia e mani<br />

libere nel gesto.<br />

Molto scuro è sempre il colore del ricordo<br />

Mi riprende così<br />

la notte in suo possesso.<br />

Nelly Sachs<br />

<strong>da</strong> Poeti della malinconia<br />

in Nelly Sachs


MANGIARE<br />

«Astenetevi, o mortali, <strong>da</strong>l contaminarvi il corpo con pietanze empie! Ci sono i cereali, ci sono i<br />

frutti che piegano con il loro peso i rami, grappoli d'uva turgidi sulle v<strong>it</strong>i. Ci sono verdure deliziose,<br />

ce n'è di quelle che si possono rendere più buone con la cottura.<br />

E nessuno vi proibisce il latte, e il miele che profuma di timo. La terra generosa vi fornisce ogni<br />

ben di dio e vi offre banchetti senza bisogno di uccisioni e di sangue.<br />

Ah, che del<strong>it</strong>to enorme è cacciare visceri nei visceri, ingrassare il corpo ingordo stipandovi<br />

dentro un altro corpo, vivere della morte di un altro essere vivente!<br />

In mezzo a tutta l'abbon<strong>da</strong>nza di prodotti della Terra, la migliore di tutte le madri, <strong>da</strong>vvero non ti<br />

<strong>pia</strong>ce altro che masticare con dente crudele povere carni <strong>pia</strong>gate, facendo il verso col muso ai<br />

Ciclopi? E solo distruggendo un altro potrai placare lo sfinimento di un ventre vorace e vizioso?»<br />

Ovidio, Le metamorfosi, XV, 75-95<br />

in Ovidio<br />

massa<br />

"La calca s’era ispess<strong>it</strong>a all’imbrunire, ogni istante di più, fino a che, all’accendersi dei becchi,<br />

cominciò a fluire in due opposte direzioni dense e continue. Le mie osservazioni furono, <strong>da</strong><br />

principio, astratte e generiche. Cominciai col considerare i passanti sotto il loro aspetto di massa<br />

e avendo la mente solo ai loro rapporti collettivi. Ma venni dipoi ai particolari e m’applicai in un<br />

minuto esame allo scopo di vagliare la divers<strong>it</strong>à dei tipi <strong>da</strong>i loro vest<strong>it</strong>i, <strong>da</strong>ll’aspetto, <strong>da</strong>ll’an<strong>da</strong>tura,<br />

<strong>da</strong>i volti. [...] Allorché la fisionomia di un vecchio attirò la mia attenzione, per l’ossuta singolar<strong>it</strong>à<br />

della sua espressione. E, compreso d’un desiderio ardente di non perdere di vista quell’uomo e di<br />

conoscere sul suo conto qualcosa di più, mi lanciai nella stra<strong>da</strong>, aprendomi a fatica una via nella<br />

calca nella stesa direzione in cui quegli sembrava essere scomparso. Gli tenni dietro, a distanza<br />

breve, studioso di non risvegliare alcun suo sospetto [...] Mosse qualche passo e poi ripiegò nella<br />

direzione del fiume fintanto che giunse in vista d’uno dei maggiori teatri della c<strong>it</strong>tà, nel mentre che<br />

la folla, a spettacolo fin<strong>it</strong>o, si riversava, <strong>da</strong> tutte le porte spalancate, nella stra<strong>da</strong>. Il vecchio,<br />

allora, aperse la bocca come per emettere un gran respiro che avesse covato, e lo vidi buttarsi a<br />

capof<strong>it</strong>to frammezzo alla folla. L’espressione di profon<strong>da</strong> angoscia, di cui portava i segni sul viso,<br />

parve distendersi. Ma poiché il gruppo dietro al quale egli sembrava essersi messo, si dira<strong>da</strong>va<br />

man mano, m’accorgevo che il poveretto era riacciuffato <strong>da</strong>lla sua inquietudine di prima. Si<br />

trascinò ancora qualche tempo dietro un ultimo rel<strong>it</strong>to di folla, una dozzina appena di<br />

schiamazzatori, ma come costoro, separandosi un po’ alla volta, rimasero, allo svolto d’un vicolo<br />

oscuro, soltanto in tre, lo sconosciuto si fermò e rimase un attimo sopra pensiero. [...] Ma nel<br />

mentre che noi procedevamo, il rumore della v<strong>it</strong>a ci veniva incontro, man mano, sempre più<br />

distinto e, a un tratto, vedemmo nell’oscur<strong>it</strong>à scomposte torme di gente che s’ag<strong>it</strong>ava. Il vecchio<br />

parve allora rianimarsi di nuovo e palp<strong>it</strong>are d’un guizzo di v<strong>it</strong>a simile a quello che man<strong>da</strong> una<br />

lampa<strong>da</strong> che sia presso a estinguersi, e ancora una volta riprese a camminare con una certa<br />

risoluzione e sped<strong>it</strong>ezza"<br />

(tratto <strong>da</strong>l racconto "L'uomo della folla" di Edgar Allan Poe).<br />

in Edgar Allan Poe


MATRIMONIO CONVERSAZIONE<br />

"Il matrimonio come lunga conversazione - Al momento di sposarsi bisogna porsi una doman<strong>da</strong>:<br />

credi di poter conversare <strong>pia</strong>cevolmente con questa donna, fino alla vecchiaia? Tutto il resto del<br />

matrimonio è trans<strong>it</strong>orio, ma per la maggior parte del tempo il rapporto è conversazione"<br />

in Troppo umano, I, 1878, 406<br />

in NIETZSCHE<br />

matur<strong>it</strong>à gioventù<br />

La delusione della matur<strong>it</strong>à segue l'illusione della gioventù.<br />

Benjamin Disraeli<br />

in Benjamin Disraeli


MEMORIA CONDIVISA FASCISMO ANTIFASCISMO<br />

<strong>da</strong> Sergio Luzzatto, La crisi dell'antifascismo, Einaudi 2002<br />

"Cap<strong>it</strong>a oggi di assistere a un paradosso: gli uomini e le donne i quali scegliendo a vent’anni<br />

l’antifascismo anziché il fascismo, contribuirono in maniera straordinaria a redimere l’Italia <strong>da</strong>lla<br />

colpa storica della d<strong>it</strong>tatura, si trovano adesso <strong>da</strong> ottuagenari a doversi confessare per peccati<br />

che non hanno materialmente commesso. Oppure si preparano a morire tacendo"<br />

“confusione che oggi si fa tra memoria condivisa e storia condivisa; più in generale tra bisogno di<br />

memoria e bisogno di storia.... Occorrerebbe spiegare che la memoria collettiva sulla quale si<br />

affaticava la mente geniale di uno studioso come Marc Bloch non equivale necessariamente alla<br />

memoria condivisa" (pag. 15) di cui tessono l’elogio i revisionisti <strong>da</strong> strapazzo. "L’una (la storia)<br />

riman<strong>da</strong> a un unico passato, cui nessuno di noi può sottrarsi, mentre l"altra (la memoria<br />

condivisa) sembra presumere un’operazione più o meno forzosa di azzeramento delle ident<strong>it</strong>à e<br />

di occultamento delle differenze. Il rischio di una memoria condivisa è una smemoratezza<br />

patteggiata, la comunione nella dimenticanza" (pag. 25).<br />

"Credo sia venuto il momento di dire ai cattivi maestri - votino a destra o a sinistra - una cosa<br />

semplicissima, ma di dirla forte e chiara: la guerra civile combattuta tra il 1943 e 45 (o 46) non ha<br />

bisogno di interpretazioni bipartisan che ridistribuiscano equamente ragioni e torti, elogi e<br />

necrologi. Perché certe guerre civili mer<strong>it</strong>ano di essere combattute. E perché la moral<strong>it</strong>à della<br />

Resistenza consistette anche nella determinazione degli antifascisti di rifon<strong>da</strong>re l"Italia anche a<br />

costo di spargere sangue" (pag. 29). "Ripeto: si può condividere una storia - e si può condividere<br />

una nazione o addir<strong>it</strong>tura una patria - senza per questo dover dividere delle memorie. Dico di più:<br />

una nazione e perfino una patria hanno bisogno come del pane di memorie antagonistiche,<br />

fon<strong>da</strong>te su lacerazioni originarie, su valori ident<strong>it</strong>ari, su appartenenze non abdicabili né<br />

contrattabili".<br />

Oggi, con il mio collega storico - nonchè mio ex professore alla Normale - Roberto Vivarelli io<br />

certamente condivido, <strong>da</strong> c<strong>it</strong>tadino <strong>it</strong>aliano, tutta una storia. È quella stessa storia (a poste¬riori<br />

cosi straziante, e infatti cosi poco studia¬ta) che fece in maggioranza degli ebrei <strong>it</strong>aliani, e forse<br />

di mio nonno, altrettanti volenterosi am¬miratori di Mussolini. Ma se parliamo di me¬moria, io<br />

desidero e pretendo che la mia e quel¬la di Vivarelli restino memorie divise. Si tenga pure, lui, la<br />

memoria di suo padre squadrista, marciatore su Roma, volontario in tutte le guer¬re del duce; si<br />

tenga la memoria di se stesso, im¬berbe volontario delle brigate nere. Io mi ten¬go la memoria del<br />

nonno che non ho mai cono¬sciuto: del medico che perse, dopo la cattedra univers<strong>it</strong>aria, ogni<br />

dir<strong>it</strong>to di curare pazienti «ariani», prima di nascondersi a Lucca come un topo braccato per<br />

sfuggire ai risultati estremi della persecuzione razziale. E mi tengo la memoria di mio padre<br />

bambino, che dovette cela¬re tra i monti della Garfagnana la sua origina¬ria condizione di<br />

«mezzo» ebreo, cosi <strong>da</strong> sottrarsi al treno per Auschw<strong>it</strong>z.<br />

Inoltre, sostengo che è assurdo pretendere di versare il sangue di mio nonno, di mio padre, o di<br />

qualunque altro ebreo fortunosamente scam¬pato alla Soluzione finale, nell'improbabile<br />

cal¬derone di un sangue dei vinc<strong>it</strong>ori in tutto e per tutto distinto <strong>da</strong>l sangue dei vinti. No, <strong>da</strong>vvero<br />

non riesco a pensare a mio nonno come a un vin¬c<strong>it</strong>ore: lui che nel 1915, <strong>da</strong> fervido irredentista<br />

triestino, si era arruolato volontario nella Gran¬de Guerra per combattere sotto le insegne di<br />

Ca¬sa Savoia; lui che, vent'anni più tardi, ha letto la firma del suo maestro Pende in calce al<br />

«Ma¬nifesto della razza»; lui che il io giugno del 1940 - ormai <strong>da</strong> ebreo persegu<strong>it</strong>ato - è<br />

nondimeno sceso con suo figlio (mio padre) in <strong>pia</strong>zza De Fer¬rari, a Genova, per raccogliere<br />

<strong>da</strong>ll'altoparlante la voce di Mussolini che annunciava stentorea l'entrata dell'Italia fascista nella<br />

secon<strong>da</strong> guerre mondiale; lui che, nell'Italia della Repubblica, non avrebbe comunque più r<strong>it</strong>rovato<br />

lo scranne della sua cattedra univers<strong>it</strong>aria.<br />

Tra i due schieramenti vi era incompatibil<strong>it</strong>à di valori:<br />

"La qual<strong>it</strong>à etica dei valori in nome dei quali le brigate partigiane (anche le Garibaldi) fecero la<br />

Resistenza risiede precisamente nella loro incompatibil<strong>it</strong>à con i valori in nome dei quali le brigate<br />

nere spalleggiarono la Wehrmacht e le SS nell’opera di repressione del band<strong>it</strong>ismo<br />

antifascista"(pag. 31).


Compresi gli antifascisti comunisti.<br />

Scrive infatti Luzzatto:


"Dobbiamo rim<strong>pia</strong>ngere che operai comunisti delle c<strong>it</strong>tà <strong>it</strong>aliane si siano fatti gappisti e abbiano<br />

reso la v<strong>it</strong>a impossibile agli occupanti tedeschi, mentre l’esistenza di H<strong>it</strong>ler e dei capi nazisti non è<br />

stata minacciata, fino all’entrata dell’Armata rossa a Berlino, se non <strong>da</strong> una trama putschista di alti<br />

ufficiali aristocratici?"<br />

"Mi riesce più grad<strong>it</strong>o riconoscere nella guerra partigiana la <strong>carta</strong> di ident<strong>it</strong>à del paese in cui sono<br />

nato e mi riesce necessario pensare all’Italia della Resistenza come al terreno dove gli Italiani<br />

devono tracciare ‘ora e sempre’ i confini non negoziabili della loro ident<strong>it</strong>à, la soglia del non<br />

rinunciabile <strong>da</strong> sé" (pag. 33).<br />

l revisionismo pol<strong>it</strong>ico, che fa di ogni erba un fascio, non vuole chiarezza di idee su questo punto<br />

e tende ad espungere <strong>da</strong>ll’antifascismo il contributo decisivo dei comunisti. Scrive ancora<br />

Luzzatto:<br />

"Le nuove generazioni rischiano di non imparare il contributo decisivo dei comunisti <strong>it</strong>aliani alla<br />

nasc<strong>it</strong>a dell’Italia nuova... e i bambini come i miei non sentiranno più pronunciare, sui banchi di<br />

scuola, i nomi venerandi di chi spese il meglio della propria esistenza per liberare l’Italia <strong>da</strong>lla<br />

d<strong>it</strong>tatura e fon<strong>da</strong>re la Repubblica: comunisti senza macchia e senza paura che si chiamavano<br />

Giorgio Amendola o Umberto Terracini, Camilla Ravera o Giancarlo Paietta" (pag. 37). E ancora:<br />

"La v<strong>it</strong>toria del comunista delle Garibaldi ha significato un’Italia libera, la v<strong>it</strong>toria del fascista di Salò<br />

avrebbe significato un’Italia schiava" (pag. 40).<br />

Verso la fine del suo bellissimo libro Luzzatto si chiede:<br />

"L’Italia del terzo millennio può rinunciare a quanto appreso in conseguenza di un lontano<br />

Ventennio? Per quel che vale , la mia risposta è no. Inoculato a carissimo prezzo, il vaccino<br />

antifascismo riesce tuttora indispensabile alla salute del nostro corpo pol<strong>it</strong>ico" (pag. 88<br />

in LUZZATTO SERGIO<br />

MEZZI FINI<br />

Gli strumenti di cui l’uomo dispone hanno la tendenza a trasformare la propria natura. Da mezzi<br />

tendono a diventare scopi. Oggi questo fenomeno ha raggiunto la sua forma più radicale.<br />

L’insieme degli strumenti delle società avanzate diventa lo scopo fon<strong>da</strong>mentale di tali società. Nel<br />

senso che esse mirano soprattutto ad accrescere la potenza dei propri strumenti…<br />

L’Apparato ha trasformato la propria natura, e <strong>da</strong> mezzo, strumento, è diventato scopo. Da<br />

mezzo, per la realizzazione degli scopi ideologici, l’incremento indefin<strong>it</strong>o della potenza<br />

dell’Apparato è diventato lo scopo supremo delle ideologie, lo scopo cioè al quale viene<br />

subodinata la realizzazione degli scopi ideologici.<br />

[Emanuele Severino - La tendenza fon<strong>da</strong>mentale del nostro tempo]<br />

in Emanuele Severino


MITI<br />

Che cos'è il m<strong>it</strong>o? Non una raccolta di storie, e neppure un'esperienza religiosa, bensì un puro e<br />

semplice "incontro" (basta ricor<strong>da</strong>re i colloqui di Odisseo con Athena per capirlo). Scrive Calasso<br />

ne La letteratura e gli dèi:<br />

...gli dèi sono osp<strong>it</strong>i fuggevoli della letteratura. La attraversano, con la scia dei loro nomi. Ma<br />

presto anche la disertano. Ogni volta che lo scr<strong>it</strong>tore accenna una parola, deve riconquistarli. La<br />

mercurial<strong>it</strong>à, che preannuncia gli dei, è anche il segno della loro evanescenza. Non sempre così<br />

era stato. Almeno, finché sussisteva una l<strong>it</strong>urgia...<br />

Ecco la linea di discrimine: la l<strong>it</strong>urgia, l'interrotto contatto "diretto", la "mediazione". Odisseo parla<br />

con Athena "faccia a faccia", senza turbamento, profeticamente. Non ha bisogno di alcuna<br />

"r<strong>it</strong>ual<strong>it</strong>à", tranne quella, implic<strong>it</strong>a, dell'accettazione del suo status di "ri-conoscente".<br />

Ho sempre visto Athena come una dea cruciale nel complesso rapporto uomo-m<strong>it</strong>o (Bachofen la<br />

fa assurgere addir<strong>it</strong>tura a figura-chiave, nelle sue fasi più ancestrali, per l'acquisizione del lógos<br />

<strong>da</strong> parte dell'uomo; quasi una sorta di "Prometeo" al femminile. Mentre Gottfried Benn pensa bene<br />

di metterle in mano lo strumento dell' artistik, nel tentativo di trasformare Odisseo nell'artefice del<br />

suo <strong>pia</strong>no che, seppur eterodiretto, ha - forse per la prima volta - uno sguardo che va oltre la<br />

pura e semplice idea dell'or<strong>da</strong>lìa finale. E' l'unione tutta "palladiana" tra technè e metis).<br />

In molti hanno parlato, e tanto a lungo, del complesso rapporto di Odisseo con le donne (o con le<br />

dee) con le quali si è imbattuto nel corso del suo lunghissimo nóstos: Calipso, Nausicaa, Circe,<br />

Penelope (così mutata nel corso dei vent'anni di separazione); nessuno - forse - ha posto<br />

l'attenzione su quanto fosse saldo ed esclusivo il rapporto con Athena. Solo il vecchio Nestore<br />

pare accorgersene quando dice a Telemaco, <strong>da</strong> lui giunto implorante a cercare suo padre:<br />

Se Athena <strong>da</strong>ll'occhio azzurro tanto volesse amarti, così come proteggeva il glorioso Odisseo<br />

nella terra dei Teucri, dove tante pene soffrimmo noi Achei - e mai ho visto dèi amare così<br />

apertamente, così come Pallade Athena gli stava vicino - se tanto amarti volesse e prenderti a<br />

cuore, allora qualcuno arriverebbe persino a scor<strong>da</strong>re le nozze... [Od. III, 218-224]<br />

Eppure il rapporto con la dèa sembra non varcare mai i lim<strong>it</strong>i del lec<strong>it</strong>o; <strong>da</strong> nessuna delle due parti<br />

si intravede un gesto, una parola, una s<strong>it</strong>uazione che possa far intuire una "relazione" più diretta.<br />

Questo perché il rapporto Athena-Odisseo, non è mai stato un rapporto "par<strong>it</strong>ario". Odisseo è<br />

sempre stato (e ha accettato sempre di essere) uno "strumento" nelle mani di Athena (basti<br />

pensare alle continue trasformazioni somatiche alle quali essa "magicamente" lo sottopone, e<br />

delle quali l'eroe mai si lamenta). Athena infatti, attraverso Odisseo, vuole ripristinare uno statu<br />

quo ante la guerra di Troia, un confl<strong>it</strong>to a cui Odisseo era ostile e contro cui ha fatto il possibile<br />

per non partecipare (e non perdonò mai a Palamede di averlo costretto a partire suo malgrado).<br />

Ecco dunque il "matrocinio" del viaggio à rebours verso Itaca; ecco l'accorato appello <strong>da</strong>vanti al<br />

consesso divino; ecco il rivendicare <strong>da</strong>vanti a Zeus il suo ruolo di "generata <strong>da</strong>l padre", fino a far<br />

vincere a quest'ultimo ogni r<strong>it</strong>rosia <strong>da</strong>vanti al fatto di esautorare il fratello Poseidone del "dir<strong>it</strong>to"<br />

alla vendetta su colui che aveva accecato Polifemo.<br />

Athena vuole, fortissimamente vuole, rest<strong>it</strong>uire Odisseo al suo mondo. Un mondo sovvert<strong>it</strong>o <strong>da</strong>l<br />

movimento tellurico della guerra, un mondo che egli dovrà riacquisire così come lo ha lasciato,<br />

intatto. Per cui dovrà lottare fino in fondo, in una sorta di palingenesi che, pur chiedendo altro<br />

sangue, sfocerà - sempre sotto i buoni uffici della "dèa <strong>da</strong>gli occhi azzurri" - nella pace<br />

finalmente raggiunta con i maggiorenti di Itaca.<br />

Solo allora la parentesi di una guerra infame sarà finalmente chiusa, anche se tutto, fuori<br />

dell'assolato e finalmente pacifico mondo di Itaca, sarà ormai ineluttabilmente cambiato.<br />

Per sempre. Tanto che Odisseo sarà di nuovo "costretto" a partire, come gli aveva predetto<br />

Tiresia. Senza che Athena - questa volta - possa far niente per proteggerlo e farlo tornare.<br />

369. Se, frantumati i loro simulacri, / noi li scacciammo via <strong>da</strong>i loro templi, / non sono morti per ciò<br />

gli dèi. / O terra della Ionia, ancora t'amano, l'anima loro ti ricor<strong>da</strong> ancora. / Come aggiorna su te<br />

l'alba d'agosto, / nell'aria varca della loro v<strong>it</strong>a un èmp<strong>it</strong>o, / e un'eteria parvenza d'efebo, /


indefin<strong>it</strong>a, con passo celere, / varca talora sulle tue colline.<br />

[Costantino Kavafis - Ionica in " Poesie"]


370. Forse così presi <strong>da</strong>l cercare il tempo perduto non abbiamo tenuto conto di un fattore<br />

importante che riguar<strong>da</strong> proprio il Tempo.<br />

Siamo sicuri che lui voglia farsi trovare?<br />

inser<strong>it</strong>o <strong>da</strong> Clelia Mazzini @ 03:05 - permalink<br />

in<br />

MODERNITA' TRADIZIONE PARZIALITA' VITTIME COLPEVOLI<br />

... Il passato è ridotto ad unica valenza negativa. Il nuovo è il solo bene. Esiste solo io, oggi, primo<br />

e ultimo giorno del mondo e un domani preteso garant<strong>it</strong>o e defin<strong>it</strong>o, co<strong>pia</strong> dell'oggi, migliore.<br />

Tutto è giustificabile, giustificato.<br />

I carnefici riscuotono interesse e simpatia, le v<strong>it</strong>time ripugnanza. Il male è sempre nuovo,<br />

ecc<strong>it</strong>ante. Il bene superato noioso comunque. Molto moderno e indice di ottimi sentimenti altruistici<br />

è il ribaltamento dei ruoli.<br />

Il colpevole è v<strong>it</strong>tima. La v<strong>it</strong>tima a ben vedere colpevole.<br />

Vacante il senso di responsabil<strong>it</strong>à e riconoscere le proprie colpe, caso mai succe<strong>da</strong>, serve a fare<br />

risaltare quelle ben più gravi degli altri. Perso il senso dell'onore.<br />

Tutto è dovuto e un desiderio formulato ed espresso equivale ad un dir<strong>it</strong>to.<br />

All'idea del nuovo si è intrecciata l'idea di total<strong>it</strong>à come moderna categoria dell'umano. L'uomo<br />

totale, padrone assoluto di tutto, proteso senza lim<strong>it</strong>i tende all'onnipotenza.<br />

Pol<strong>it</strong>ica, economia, scienza anche in ordine inverso sono le tre idolatrie del moderno.<br />

Non parzial<strong>it</strong>à indispensabili alla convivenza degli uomini.<br />

Non tensione ad un equilibrio tra l'irriducibile individual<strong>it</strong>à e l'altrettanto irriducibile esigenza della<br />

collettiv<strong>it</strong>à in cui ogni essere nasce, cresce, vive e muore, che niente è a sè nè l'uno nè i tanti. ...<br />

in FERRETTI GIOVANNI OLINDO<br />

morire LUTTO<br />

"....Anz<strong>it</strong>utto per noi non c'è nulla che possa rim<strong>pia</strong>zzare l'assenza di una persona cara, ne è<br />

cosa questa che dobbiamo tentare; è un fatto che bisogna semplicemente sopportare e <strong>da</strong>vanti al<br />

quale bisogna tener duro.<br />

A prima vista sembra molto difficile, mentre è anche una grande consolazione: perché, restando<br />

effettivamente aperto il vuoto, si resta anche reciprocamente legati <strong>da</strong> esso.<br />

Si sbaglia quando si dice che DIO riempie il vuoto; non lo riempie affatto anzi lo mantiene appunto<br />

aperto e ci aiuta in questo modo a conservare l'autentica comunione tra di noi, sia pure nel dolore.<br />

Inoltre quanto più belli e densi sono i ricordi, tanto più pesante è la separazione.<br />

Ma la grat<strong>it</strong>udine trasforma il momento del ricordo in una gioia silenziosa. Portiamo allora dentro di<br />

noi tutta la bellezza del passato non come una spina, ma come un dono prezioso.<br />

Bisogna guar<strong>da</strong>rsi <strong>da</strong>l frugare nel passato, <strong>da</strong>l consegnarsi ad esso, così come un dono<br />

prezioso non lo si rimira continuamente, ma solo in momenti particolari,e per il resto lo si possiede<br />

come un tesoro nascosto della cui esistenza si è sicuri; allora <strong>da</strong>l passato si irradiano una gioia e<br />

una forza durature …”<br />

in<br />

Bonhofer


morire LUTTO<br />

"....Anz<strong>it</strong>utto per noi non c'è nulla che possa rim<strong>pia</strong>zzare l'assenza di una persona cara, ne è<br />

cosa questa che dobbiamo tentare; è un fatto che bisogna semplicemente sopportare e <strong>da</strong>vanti al<br />

quale bisogna tener duro.<br />

A prima vista sembra molto difficile, mentre è anche una grande consolazione: perché, restando<br />

effettivamente aperto il vuoto, si resta anche reciprocamente legati <strong>da</strong> esso.<br />

Si sbaglia quando si dice che DIO riempie il vuoto; non lo riempie affatto anzi lo mantiene appunto<br />

aperto e ci aiuta in questo modo a conservare l'autentica comunione tra di noi, sia pure nel dolore.<br />

Inoltre quanto più belli e densi sono i ricordi, tanto più pesante è la separazione.<br />

Ma la grat<strong>it</strong>udine trasforma il momento del ricordo in una gioia silenziosa. Portiamo allora dentro di<br />

noi tutta la bellezza del passato non come una spina, ma come un dono prezioso.<br />

Bisogna guar<strong>da</strong>rsi <strong>da</strong>l frugare nel passato, <strong>da</strong>l consegnarsi ad esso, così come un dono<br />

prezioso non lo si rimira continuamente, ma solo in momenti particolari,e per il resto lo si possiede<br />

come un tesoro nascosto della cui esistenza si è sicuri; allora <strong>da</strong>l passato si irradiano una gioia e<br />

una forza durature …”<br />

in Bonhofer


MORTE<br />

il pensiero della morte, a volte<br />

Quando arriva, e in un piccolo giornale di provincia ne arrivano, la notizia della morte di qualcuno<br />

che magari ho conosciuto, tempo fa, mi soprendo, sempre, nel sentirmi sorpreso di fronte alla<br />

morte.<br />

(Penso anche alla donna che parla con i morti, no, non al libro, a quella che ho conosciuto:<br />

perché per lei la morte è una pausa, un riposo, tra una morte e una ri-nasc<strong>it</strong>a).<br />

Comunque, ho frugato negli archivi del mio blog. Trovando queste due cose.<br />

aprile 2006<br />

Per stra<strong>da</strong> un gatto, bianco e rosso.<br />

Accanto a lui, sull’asfalto, una grande macchia, di sangue.<br />

Parrebbe a<strong>da</strong>giato, come usano fare i gatti quando dormono, ma la testa è eretta, pare staccata,<br />

non appartenere al corpo.<br />

Fissa il vuoto, maestoso.<br />

Sembra irreale, scolp<strong>it</strong>o, di pietra.<br />

Aspetta.<br />

Piove, appena appena.<br />

maggio 2006<br />

Poco più di un anno fa in un paesino al confine di due province non importa Dove morì una<br />

giovane donna.<br />

Aveva 39 anni.<br />

Noi giornalisti usiamo scrivere “aveva solo 39 anni”.<br />

Fu uccisa <strong>da</strong> un male incurabile: nel giornalismo si usa scrivere così.<br />

Per una notizia così basta una breve, oppure niente.<br />

Dipende <strong>da</strong>l giornale, <strong>da</strong>l capore<strong>da</strong>ttore, <strong>da</strong>lle altre notizie: che, se ci sono, a quella la fanno finire<br />

nel cestino.<br />

E invece si parlò molto di questa donna.<br />

Una donna particolare.<br />

Il giorno primo di morire inviò degli sms ai suoi amici.<br />

Poi contattò l’agenzia di pompe funebri.<br />

E dettò il testo del suo manifesto listato a lutto e comprensivo della sua foto.<br />

Dettò:<br />

Vi annuncio la mia morte.<br />

Ora<br />

La morte è un brutto pensiero. O forse no. Pensandoci, almeno qualche volta, ci si accorge che il<br />

tempo, grosso modo, può essere diviso in due categorie: quello perso, e quello no.<br />

Remo Bassini<br />

in http://www.remobassini.<strong>it</strong>/blog/?p=1016<br />

in


MORTE<br />

'A livella<br />

Ogn'anno,il due novembre,c'é l'usanza<br />

per i defunti an<strong>da</strong>re al Cim<strong>it</strong>ero.<br />

Ognuno ll'ad<strong>da</strong> fà chesta crianza;<br />

ognuno ad<strong>da</strong> tené chistu penziero.<br />

Ogn'anno,puntualmente,in questo giorno,<br />

di questa triste e mesta ricorrenza,<br />

anch'io ci vado,e con dei fiori adorno<br />

il loculo marmoreo 'e zi' Vicenza.<br />

St'anno m'é cap<strong>it</strong>ato 'navventura...<br />

dopo di aver compiuto il triste omaggio.<br />

Madonna! si ce penzo,e che paura!,<br />

ma po' facette un'anema e curaggio.<br />

'O fatto è chisto,statemi a sentire:<br />

s'avvicinava ll'ora d'à chiusura:<br />

io,tomo tomo,stavo per uscire<br />

buttando un occhio a qualche sepoltura.<br />

"Qui dorme in pace il nobile marchese<br />

signore di Rovigo e di Belluno<br />

ardimentoso eroe di mille imprese<br />

morto l'11 maggio del'31"<br />

'O stemma cu 'a curona 'ncoppa a tutto...<br />

...sotto 'na croce fatta 'e lampadine;<br />

tre mazze 'e rose cu 'na lista 'e lutto:<br />

cannele,cannelotte e sei lumine.<br />

Proprio azzeccata 'a tomba 'e stu signore<br />

nce stava 'n 'ata tomba piccerella,<br />

abbandunata,senza manco un fiore;<br />

pe' segno,sulamente 'na crucella.<br />

E ncoppa 'a croce appena se liggeva:<br />

"Espos<strong>it</strong>o Gennaro - netturbino":<br />

guar<strong>da</strong>nnola,che ppena me faceva<br />

stu muorto senza manco nu lumino!<br />

Questa è la v<strong>it</strong>a! 'ncapo a me penzavo...<br />

chi ha avuto tanto e chi nun ave niente!<br />

Stu povero maronna s'aspettava<br />

ca pur all'atu munno era pezzente?<br />

Mentre fantasticavo stu penziero,<br />

s'era ggià fatta quase mezanotte,<br />

e i'rimanette 'nchiuso priggiuniero,<br />

muorto 'e paura...nnanze 'e cannelotte.<br />

Tutto a 'nu tratto,che veco 'a luntano?<br />

Ddoje ombre avvicenarse 'a parte mia...<br />

Penzaje:stu fatto a me mme pare strano...<br />

Stongo scetato...dormo,o è fantasia?


Ate che fantasia;era 'o Marchese:


c'o' tubbo,'a caramella e c'o' pastrano;<br />

chill'ato apriesso a isso un brutto arnese;<br />

tutto fetente e cu 'nascopa mmano.<br />

E chillo certamente è don Gennaro...<br />

'omuorto puveriello...'o scupatore.<br />

'Int 'a stu fatto i' nun ce veco chiaro:<br />

so' muorte e se r<strong>it</strong>irano a chest'ora?<br />

Putevano sta' 'a me quase 'nu palmo,<br />

quanno 'o Marchese se fermaje 'e botto,<br />

s'avota e tomo tomo..calmo calmo,<br />

dicette a don Gennaro:"Giovanotto!<br />

Da Voi vorrei saper,vile carogna,<br />

con quale ardire e come avete osato<br />

di farvi seppellir,per mia vergogna,<br />

accanto a me che sono blasonato!<br />

La casta è casta e va,si,rispettata,<br />

ma Voi perdeste il senso e la misura;<br />

la Vostra salma an<strong>da</strong>va,si,inumata;<br />

ma seppell<strong>it</strong>a nella spazzatura!<br />

Ancora oltre sopportar non posso<br />

la Vostra vicinanza puzzolente,<br />

fa d'uopo,quindi,che cerchiate un fosso<br />

tra i vostri pari,tra la vostra gente"<br />

"Signor Marchese,nun è colpa mia,<br />

i'nun v'avesse fatto chistu tuorto;<br />

mia moglie è stata a ffa' sta fesseria,<br />

i' che putevo fa' si ero muorto?<br />

Si fosse vivo ve farrei cuntento,<br />

pigliasse 'a casciulella cu 'e qquatt'osse<br />

e proprio mo,obbj'...'nd'a stu mumento<br />

mme ne trasesse dinto a n'ata fossa".<br />

"E cosa aspetti,oh turpe malcreato,<br />

che l'ira mia raggiunga l'eccedenza?<br />

Se io non fossi stato un t<strong>it</strong>olato<br />

avrei già <strong>da</strong>to piglio alla violenza!"<br />

"Famme vedé..-piglia sta violenza...<br />

'A ver<strong>it</strong>à,Marché,mme so' scucciato<br />

'e te senti;e si perdo 'a pacienza,<br />

mme scordo ca so' muorto e so mazzate!...<br />

Ma chi te cride d'essere...nu ddio?<br />

Ccà dinto,'o vvuo capi,ca simmo eguale?...<br />

...Muorto si'tu e muorto so' pur'io;<br />

ognuno comme a 'na'ato é tale e quale".<br />

"Lurido porco!...Come ti permetti<br />

paragonarti a me ch'ebbi natali<br />

illustri,nobilissimi e perfetti,<br />

<strong>da</strong> fare invidia a Principi Reali?".


"Tu qua' Natale...Pasca e Ppifania!!!<br />

T''o vvuo' mettere 'ncapo...'int'a cervella<br />

che staje malato ancora e' fantasia?...<br />

'A morte 'o ssaje ched''e?...è una livella.<br />

'Nu rre,'nu maggistrato,'nu grand'ommo,<br />

trasenno stu canciello ha fatt'o punto<br />

c'ha perzo tutto,'a v<strong>it</strong>a e pure 'o nomme:<br />

tu nu t'hè fatto ancora chistu cunto?<br />

Perciò,stamme a ssenti...nun fa''o restivo,<br />

suppuorteme vicino-che te 'mporta?<br />

Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive:<br />

nuje simmo serie...appartenimmo à morte!"<br />

Tot', Antonio De Curtis<br />

in TOTO'<br />

MORTE TEMPO ETERNITA'<br />

Giudicherai sventura gravissima la perd<strong>it</strong>a di una persona che ami, eppure ciò sarà altrettanto<br />

insensato quanto <strong>pia</strong>ngere la caduta delle foglie <strong>da</strong>gli alberi leggiadri che ornano la tua casa. Tutti<br />

gli esseri che ti <strong>da</strong>nno gioia, guar<strong>da</strong>li come guarderesti quegli alberi, godili finché sono in fiore. La<br />

sorte farà cadere un giorno l'uno, un giorno l'altro. Ma come la caduta delle fronde è un evento<br />

facile <strong>da</strong> sopportare perché le foglie rinascono, così si può dire della perd<strong>it</strong>a delle persone che<br />

ami e che tu consideri come la gioia della tua v<strong>it</strong>a, perché, anche se non rinascono, possono<br />

essere rim<strong>pia</strong>zzate <strong>da</strong> altre. "Ma non saranno le stesse", mi dici. Neppure tu lo sarai. Ogni giorno,<br />

ogni ora produce in te un cambiamento, senonché negli altri quest'azione travolgente del tempo<br />

appare con più evidenza, mentre in te rimane nascosta, perché è un processo che non si svolge<br />

apertamente. Gli altri ci sono strappati, noi, invece, siamo tolti a noi stessi furtivamente. Orbene,<br />

non farai alcuna di queste riflessioni e non opporrai rimedi alle fer<strong>it</strong>e, ma ti creerai motivi di<br />

inquietudine, ora sperando, ora disperando? Se sei saggio, tempererai l'una cosa con l'altra: non<br />

spererai senza una nota di disperazione e non dispererai senza una nota di speranza.<br />

Lucio Anneo Seneca > Epistulae morales ad Lucilium > 104, 11-12<br />

in Seneca Lucio Anneo<br />

MORTE TEMPO ETERNITA'<br />

Il contadino, se sono stati abbattuti degli alberi, perché il vento li ha sradicati o un turbine<br />

scatenatosi con furia improvvisa li ha spezzati, copre di cure i germogli che ne restano e, al<br />

posto degli alberi perduti, dispone sùb<strong>it</strong>o con ordine sementi e polloni; e in un attimo - poiché il<br />

tempo, se è travolgente nel <strong>da</strong>nneggiare, è altrettanto veloce a incrementare - crescono più<br />

rigogliosi di quelli perduti. Orbene, così fai tu, sost<strong>it</strong>uisci i cari che hai perduto con quelli che ti<br />

restano (o che verranno) e riempi i posti vuoti; allevierai così un solo dolore con una dop<strong>pia</strong><br />

consolazione. E' vero che la natura dei mortali è fatta così: nulla ci <strong>pia</strong>ce di più di quello che si è<br />

perduto. Ma così facendo siamo ingiusti verso ciò che ci ci rimane, perché non facciamo altro che<br />

rim<strong>pia</strong>ngere ciò che invece ci è stato ormai defin<strong>it</strong>ivamente strappato.<br />

Lucio Anneo Seneca > Consolatio ad Marciam > 16, 7-8<br />

in Seneca Lucio Anneo


MUSICA<br />

La musica è un regalo e una difficoltà che ho avuto sin <strong>da</strong> quando riesco a ricor<strong>da</strong>re di esistere<br />

Nina Simone<br />

in simone nina<br />

MUSICA<br />

Ora, qualche minuto appena dopo che il piccolo <strong>pia</strong>nista<br />

aveva cominciato a suonare ... tutt'a un tratto, dopo una<br />

nota alta lungamente tenuta per due battute ...<br />

egli riconobbe, segreta, frusciante e divisa,<br />

la frase aerea e olezzante che amava.<br />

Ed era così particolare, aveva un fascino così singolare e<br />

insost<strong>it</strong>uibile, che per Swann fu come r<strong>it</strong>rovare in un salotto<br />

amico una persona che avesse ammirata per la stra<strong>da</strong><br />

e disperato di poter mai rivedere.<br />

Marcel Proust, Dalla parte di Swann<br />

in Marcel Proust<br />

musica<br />

Musica: tu ci hai insegnato a vedere con l'orecchio e a udire con il cuore.<br />

Kahlil Gibran<br />

in Gibran Kahlil<br />

MUSICA<br />

Ci sono solo due modi per riassumere la musica: o è buona, o è cattiva.<br />

Se è buona non te ne fai un problema, te la godi semplicemente<br />

in ARMSTRONG LOUIS<br />

musica bach<br />

Ogni nota che suoni è legata alla successiva,ed ogni nota deve essere esegu<strong>it</strong>a perfettamente o<br />

si perde l'effetto d'insieme. Una volta che capii la musica di BACH, non volli pensare ad altro, se<br />

non diventare una concertista; BACH mi ha portato a dedicare la mia v<strong>it</strong>a alla musica, e fu Mrs<br />

Massinov<strong>it</strong>ch che mi fece conoscere questo mondo. Avevo cominciato un viaggio che diventava<br />

più bello ed ecc<strong>it</strong>ante ogni giorno<br />

NINA SIMONE)<br />

in nina simone<br />

MUSICA BLUES<br />

Non sempre, ma ogni tanto ci vuole un po’ di blues per vivere. Senza sarebbe ancora più difficile,<br />

perché questa musica possiede la magia di emanare una sorta di malinconica forza in grado di<br />

scuoterti dentro senza mentirti. Una forza di cui tutti sentiamo il bisogno senza preavviso. Perché<br />

il blues è così: schietto, forte, autentico, immediato… necessario.<br />

In: http://ruckert.splinder.com/post/11460021<br />

in RUCKERT


musica drone<br />

drone, ovvero la dilatazione parossistica della nota, del rumore e della vibrazione.<br />

in<br />

MUSICA JAZZ<br />

Oggi, in sottofondo costante, le note di un superbo lavoro di Thelonius Monk (Monk Alone: The<br />

Complete Solo Studio Recordings of Thelonious Monk 1962-1968 ), pieno di quella semplic<strong>it</strong>à<br />

disadorna e di quella linear<strong>it</strong>à compos<strong>it</strong>iva che sembrano rasentare spesso la banal<strong>it</strong>à (e lo dico in<br />

senso buono, perché è ideale per accompagnare lo scorrere lento della mia v<strong>it</strong>a quotidiana). Mi<br />

pare che le armonie di Monk siano pura economia della materia musicale, e che contribuiscano a<br />

quella identificazione estrema dell'autore con quell'oggetto musicale che risponde al nome di<br />

<strong>pia</strong>noforte.<br />

I surrender, dear, il mio pezzo prefer<strong>it</strong>o in assoluto.<br />

in clelia mazzini<br />

MUSICA KEITH JARRETT<br />

DARK INTERVALS<br />

Piccoli istanti ne' giorno ne' notte, come il disco di Ke<strong>it</strong>h Jarrett, quel magnifico inno panteistico che<br />

rappresenta il disco del 1988, un susseguirsi di piccoli intensi intervalli scuri, aperture improvvise<br />

di un lirismo struggente, la meraviglia di queste note che riverberano. Si sente la gioia del suono,<br />

la meraviglia di ascoltare quelle note apparire e vivere di tutta l’intens<strong>it</strong>a’ che solo la creazione<br />

spontanea ed istantanea sa creare e portare a galla<br />

in QUOYLE


MUSICA Modern Jazz Quartet Fontessa<br />

Modern Jazz Quartet<br />

{Fontessa a Milano, 1958)<br />

(<strong>pia</strong>noforte e vibrafono)<br />

Da Piace Vendòme a la Concorde discorrono<br />

fiori di stucchi e specchi dove in <strong>pia</strong>tti<br />

d'ottone tremano coppe fragili. Fuori<br />

uno spruzzo di pioggia è di prammatica:<br />

un carillon. Qualcuno scende in fretta<br />

la scalinata - un soffio di piumino<br />

sulle guance paffute - mani brune<br />

intinti di rosolio e d'anice<br />

offrono pasticcini.<br />

(<strong>pia</strong>noforte)<br />

Sull'argine il pioppeto frulla al vento<br />

un tremolo ora verde ed ora argento -<br />

alla chiusa il canale nella bruma è<br />

(quello sfregare in cerchio delle spazzole)<br />

gorgoglio e risucchio: una gorgiera<br />

di schiuma. Filtra il brusio della gora<br />

nel silenzio che c'era.<br />

(batteria e contrabbasso)<br />

Folate di piovasco. La marea<br />

risale a tonfo a tonfo sulle sponde -<br />

batte nel rio un alone che dilata<br />

gonfi profili in concavi fiamminghi.<br />

Ombre nel chiaroscuro delle calli -<br />

balla la masquerade.<br />

Gian C<strong>it</strong>ton, Devozioni musicali per vecchi fan, Mobydick, 2008<br />

in Modern Jazz Quartet<br />

musica rock blog<br />

Il rocker è un po' il poeta metropol<strong>it</strong>ano del '900; colui che spesso ha descr<strong>it</strong>to in maniera<br />

essenziale e luci<strong>da</strong> la v<strong>it</strong>a<br />

in andrea66<br />

nani sulle spalle dei giganti<br />

«Siamo come nani sulle spalle dei giganti, sì che possiamo vedere più cose di loro e più lontane,<br />

non per l’acutezza della nostra vista, ma perché sostenuti e portati in alto <strong>da</strong>lla statura dei<br />

giganti» Bernardo di Chartres, XII secolo<br />

in Bernardo di Chartres<br />

NATURA<br />

Leopardi: la presenza del male nella natura<br />

in LEOPARDI


nostalgia<br />

Nostalgia: sentimento di lontananza <strong>da</strong> un luogo o un’epoca in cui siamo stati felici. In origine è un<br />

termine medico (nostos, r<strong>it</strong>orno + algos, dolore = dolore del r<strong>it</strong>orno), coniato <strong>da</strong> Johannes Hofer<br />

nel XVII secolo per descrivere il male dei mercenari. La parola assume un significato poetico con<br />

il Romanticismo: prima in rapporto a un’epoca storica di perfezione estetica o morale (la Grecia<br />

classica, il Medioevo cristiano), poi come condizione esistenziale, rim<strong>pia</strong>nto di un’età dell’oro<br />

indefin<strong>it</strong>a e irraggiungibile. Nell’arte si può forse parlare di una “nostalgia dello sguardo”. È il senso<br />

di esilio caro a Henry James, per cui è possibile scrivere di un luogo soltanto <strong>da</strong> lontano, e di<br />

un’epoca dopo che è passata. È uno sguardo sensibile al tempo, allo scorrere del tempo che<br />

rende la scr<strong>it</strong>tura necessaria: scriviamo storie per fermare il fiume, per superare la nostra natura<br />

mortale, per costruire luoghi in cui le persone che abbiamo amato, e noi stessi mentre le<br />

amavamo, possano vivere per sempre.<br />

Paolo cognetti<br />

in<br />

NOVECENTO<br />

Il mondo di ieri di Stefan Zweig compendia gli orrori e le memorie del '900. Descrive il maestoso<br />

congedo di un'epoca, sotto i colpi di due guerre mondiali e due total<strong>it</strong>arismi. Zweig,<br />

inconsciamente conservatore, tratteggia l'avvento di un'età pervasa di fanatismo e di giovanilismo<br />

che volta le spalle alla tradizione. Pur annunciando una catastrofe, il testo di Zweig (assieme a<br />

quelli magistrali di Roth, Lernet-Holenia e Kraus) conserva l'aura serena di un caffè viennese: è<br />

difficile pensare che dopo aver scr<strong>it</strong>to quel libro e prima che fosse pubblicato, lo scr<strong>it</strong>tore<br />

austriaco, assieme a sua moglie, si sia tolto la v<strong>it</strong>a nel tragico inverno di 65 anni fa. Di quel<br />

tramonto Zweig fu testimone e v<strong>it</strong>tima, consegnò la sua v<strong>it</strong>a al mondo di ieri, rifiutando<br />

categoricamente il passaporto per quello di domani.<br />

Non aveva tutti i torti (visto ciò che accadde), non aveva tutte le ragioni (visto come andò a<br />

finire). Ma questo càp<strong>it</strong>a, soprattutto quando non si hanno più speranze. E' allora che nel giardino<br />

dell'anima sbocciano solo le paure; "fiori" che portano sempre con sé - inev<strong>it</strong>abilmente - il profumo<br />

della disperazione.<br />

in Stefan Zweig<br />

nulla morte occidente<br />

Le grandi forme di pensiero dell'Occidente sospendono l'uomo sull'abisso del nulla e poi tentano di<br />

convincerlo che gli è con¬sent<strong>it</strong>o essere in qualche modo felice. Spingono la morte appena un<br />

passo più in là, appena dietro la porta, e mentre se ne sente il respiro terribile vogliono<br />

convincere che si ha a che fare con la v<strong>it</strong>a. Anche le scienze psicologiche credono, come i<br />

pazienti <strong>da</strong> esse curati, che <strong>da</strong> ultimo, ad attendere l'uomo, non vi sia che il nulla <strong>da</strong> cui l'uomo<br />

proviene. Stando anch'esse su questo fon<strong>da</strong>¬mento disperato vogliono guarire l'uomo <strong>da</strong>lla<br />

disperazione — <strong>da</strong>ll'angoscia, <strong>da</strong>lle anomalie psichiche. Anche le terapie psicolo¬giche tentano di<br />

spingere sullo sfondo lo spettacolo terribile del nulla e di trattenere lo sguardo di chi si angoscia<br />

all'interno dello spazio breve, dove si può credere di incontrare il successo, la v<strong>it</strong>a, il benessere,<br />

la felic<strong>it</strong>à.<br />

In Emanuele Severino, La legna e la cenere, Rizzoli, 2000, p. 68/69<br />

in Emanuele Severino


nuvole<br />

Se io capissi<br />

quel che vuole dire<br />

- non vederti più -<br />

credo che la mia v<strong>it</strong>a<br />

qui - finirebbe.<br />

Ma per me la terra<br />

è soltanto la zolla che calpesto<br />

e l'altra<br />

che calpesti tu:<br />

il resto<br />

è aria<br />

in cui - zattere sciolte - navighiamo<br />

a incontrarci.<br />

Nel cielo limpido infatti<br />

sorgono a volte piccole nubi,<br />

fili di lana<br />

o piume - distanti -<br />

e chi guar<strong>da</strong> di lì a pochi istanti<br />

vede una nuvola sola<br />

che si allontana.<br />

(Antonia Pozzi, Ricongiungimento)<br />

in antonia pozzi<br />

ONTOLOGIA INTERPRETAZIONI<br />

difficile opposizione:<br />

l'ontologia, ossia lo studio dell'essere in quanto tale<br />

e gli EFFETTI di senso determinati <strong>da</strong>lla INTERPRETAZIONE dei fatti<br />

in<br />

OPINIONI<br />

Le persone stupide sono piene di opinioni e non ne comprendono una.<br />

Oscar Wilde<br />

in Oscar Wilde<br />

OPINIONI<br />

Fama di loro il mondo esser non lassa;<br />

misericordia e giustizia li sdegna:<br />

non ragioniam di lor, ma guar<strong>da</strong> e passa<br />

Da: Divina Commedia, Inferno, Canto III, 51<br />

in <strong>da</strong>nte alighieri


organizzare<br />

Fu chiesto a Franco Basaglia: "Che cosa farebbe se il black-out cap<strong>it</strong>asse improvvisamente a<br />

casa sua?"<br />

Rispose: "Accetterei il buio e organizzerei la s<strong>it</strong>uazione.<br />

Mi metterei cioè a fare insieme con altri un'attiv<strong>it</strong>à giusta per il buio"<br />

Contesto della c<strong>it</strong>azione:<br />

UN'ATTIVITÀ GIUSTA PER IL BUIO...<br />

Il caso ci offre a volte esempi inattesi e concreti a convali<strong>da</strong> delle nostre astrazioni e proprio<br />

mentre cercavo il modo di chiarire il mio pensiero fui colp<strong>it</strong>a, parecchi anni fa, <strong>da</strong>ll'affermazione di<br />

F. Basaglia al quale nel corso di un'intervista avevano posto la doman<strong>da</strong>:<br />

"Che cosa farebbe se il black-out (l'improvviso oscuramento totale che allora colpì New York)<br />

cap<strong>it</strong>asse a casa sua?".<br />

La risposta fu:<br />

"Accetterei il buio e organizzerei la s<strong>it</strong>uazione. Mi metterei cioè a fare insieme con altri un'attiv<strong>it</strong>à<br />

giusta per il buio".<br />

Questo risuona in me come una di quelle espressioni emblematiche capaci di aprire porte ad ogni<br />

livello. Una specie di Apr<strong>it</strong>i Sesamo universale. Forse l'intervistato non si è reso conto di aver<br />

impart<strong>it</strong>o un insegnamento eccezionalmente concreto e al tempo stesso di una portata che<br />

supera immensamente il caso specifico che l'ha provocato.<br />

Accetterei il buio... mi metterei in condizione di fare un'attiv<strong>it</strong>à giusta per il buio....<br />

Lascio a voi — e a me stessa! — la facoltà di sost<strong>it</strong>uire "il buio" con s<strong>it</strong>uazioni ben diverse <strong>da</strong><br />

quelle create <strong>da</strong> una semplice interruzione di corrente (inferm<strong>it</strong>à? Insuccesso?, Vecchiaia?) e di<br />

chiedersi "sarei io capace di assumere, di ricreare?".... Il che equivale a dire "sono io disposto a<br />

vivere oppure a 'essere vissuto' ?"<br />

in: Giovannella Baggio, Adulti e gioco, Anziani Oggi n.2/3 1998, p. 77<br />

Giovannella Baggio è Geriatra in Sassari<br />

in BASAGLIA FRANCO<br />

organizzare<br />

Invece di maledire il buio è meglio accendere una candela<br />

in Lao Tzu


organizzare<br />

LEGGE DI MURPHY<br />

Se qualcosa può an<strong>da</strong>r male, lo farà.<br />

Corollari<br />

l. Niente è facile come sembra.<br />

2. Tutto richiede più tempo di quanto si pensi.<br />

3. Se c’è una possibil<strong>it</strong>à che varie cose va<strong>da</strong>no male, quella che causa il <strong>da</strong>nno maggiore sarà la<br />

prima a farlo.<br />

4. Se si prevedono quattro possibili modi in cui qualcosa può an<strong>da</strong>r male, e si prevengono,<br />

immediatamente se ne rivelerà un quinto.<br />

5. Lasciate a se stesse, le cose tendono a an<strong>da</strong>re di male in peggio.<br />

6. Non ci si può mettere a far qualcosa senza che qualcos’altro non va<strong>da</strong> fatto prima.<br />

7. Ogni soluzione genera nuovi problemi. 8. I cretini sono sempre più ingegnosi delle<br />

precauzioni che si prendono per impedirgli di nuocere.<br />

9.Per quanto nascosta sia una pecca, la natura riuscirà sempre a scovarla.<br />

10. Madre Natura è una puttana.<br />

LA FILOSOFIA DI MURPHY Sorridi... Domani sarà peggio.<br />

POSTULATO DI BOLINGSe sei dí buon umore, non ti preoccupare. Ti passerà.<br />

SECONDA LEGGE DI CHISHOLM Quando tutto va bene, qualcosa andrà male. Corollari l.<br />

Quando non può an<strong>da</strong>r peggio di così, lo farà. 2. Se le cose sembrano an<strong>da</strong>r meglio, c’è<br />

qualcosa di cui non stiamo tenendo conto.<br />

TERZA LEGGE DI CHISHOLM Le proposte sono sempre cap<strong>it</strong>e <strong>da</strong>gli altri in maniera diversa <strong>da</strong><br />

come le concepisce chi le fa.<br />

LEGGE DI SIMON Qualsiasi aggregato prima o poi cade a pezzi.<br />

TEOREMA DI GINSBERG 1. Non puoi víncere. 2. Non puoi pareggiare. 3. Non puoi nemmeno<br />

abbandonare.<br />

SECONDA LEGGE DI EVERITT SULLA TERMODINAMICA La confusione nella società è sempre in<br />

aumento. Solo 1’enorme sforzo di qualcuno o di qualcosa può lim<strong>it</strong>are tale confusione in un’area<br />

circoscr<strong>it</strong>ta. Tuttavia, questo sforzo porterà a un aumento della confusione totale della società.<br />

QUATTORDICESIMO COROLLARIO DI ATWOOD Non si perde mai nessun libro prestandolo, a<br />

eccezione di quelli cui si tiene particolarmente.<br />

TERZA LEGGE DI JOHNSON Se si perde un numero di una qualsiasi rivista,<br />

sar… il numero che conteneva 1'articolo che si era tanto ansiosi di leggere. Corollario<br />

Tutti gli amici 1'avranno perso, smarr<strong>it</strong>o o gettato.<br />

Se qualcosa può an<strong>da</strong>r male, lo farà.<br />

Corollari<br />

l. Niente è facile come sembra.<br />

2. Tutto richiede più tempo di quanto si pensi.<br />

3. Se c’è una possibil<strong>it</strong>à che varie cose va<strong>da</strong>no male, quella che causa il <strong>da</strong>nno maggiore sarà la<br />

prima a farlo.<br />

4. Se si prevedono quattro possibili modi in cui qualcosa può an<strong>da</strong>r male, e si prevengono,<br />

immediatamente se ne rivelerà un quinto.<br />

5. Lasciate a se stesse, le cose tendono a an<strong>da</strong>re di male in peggio.<br />

6. Non ci si può mettere a far qualcosa senza che qualcos’altro non va<strong>da</strong> fatto prima.<br />

7. Ogni soluzione genera nuovi problemi. 8. I cretini sono sempre più ingegnosi delle<br />

precauzioni che si prendono per impedirgli di nuocere.<br />

9.Per quanto nascosta sia una pecca, la natura riuscirà sempre a scovarla.<br />

10. Madre Natura è una puttana.<br />

LA FILOSOFIA DI MURPHY<br />

Sorridi... Domani sarà peggio.


POSTULATO DI BOLING


Se sei dí buon umore, non ti preoccupare. Ti passerà.<br />

SECONDA LEGGE DI CHISHOLM<br />

Quando tutto va bene, qualcosa andrà male. Corollari<br />

l. Quando non può an<strong>da</strong>r peggio di così, lo farà.<br />

2. Se le cose sembrano an<strong>da</strong>r meglio, c’è qualcosa di cui non stiamo tenendo conto.<br />

TERZA LEGGE DI CHISHOLM<br />

Le proposte sono sempre cap<strong>it</strong>e <strong>da</strong>gli altri in maniera diversa <strong>da</strong> come le concepisce chi le fa<br />

LEGGE DI SIMON<br />

Qualsiasi aggregato prima o poi cade a pezzi.<br />

TEOREMA DI GINSBERG<br />

l. Non puoi víncere.<br />

2. Non puoi pareggiare.<br />

3. Non puoi nemmeno abbandonare.<br />

SECONDA LEGGE DI EVERITT SULLA TERMODINAMICA<br />

La confusione nella società è sempre in aumento. Solo 1’enorme sforzo di qualcuno o di qualcosa<br />

può lim<strong>it</strong>are tale confusione in un’area circoscr<strong>it</strong>ta. Tuttavia, questo sforzo porterà a un aumento<br />

della confusione totale della società.<br />

in BLOCH ARTHUR<br />

organizzare<br />

La cosa bella degli stan<strong>da</strong>rd è che ce ne sono tanti <strong>da</strong> scegliere<br />

in TANENBAUM ANDREW<br />

organizzare gioco scacchi<br />

Alle volte gli sembrava d'essere sul punto di scoprire un sistema coerente e armonioso che<br />

sottostava alle infin<strong>it</strong>e difform<strong>it</strong>à e disarmonie, ma nessun modello reggeva il confronto con quello<br />

del gioco degli scacchi.<br />

Forse, ..., bastava giocare una part<strong>it</strong>a secondo le regole, e contemplare ogni successivo stato<br />

della scacchiera come una delle innumerivoli forme che il sistema delle forme mette insieme e<br />

distrugge.<br />

in Calvino Italo<br />

organizzare progetti<br />

FA PIU' RUMORE UN ALBERO CHE CADE DI UNA FORESTA CHE CRESCE<br />

in


organizzare progetti<br />

Il problema dell'osservatore - progettista ci appare cap<strong>it</strong>ale, cr<strong>it</strong>ico, decisivo ... Deve disporre di<br />

un metodo che gli permetta di progettare la molteplic<strong>it</strong>à dei punti di vista e poi di passare <strong>da</strong> un<br />

punto di vista all'altro. Deve disporre di contetti teorici che, invece di chiudere e isolare, le ent<strong>it</strong>à,<br />

gli permettano di circolare produttivamente<br />

in Morin Edgar<br />

ORTO<br />

Si hortum in bibliotheca habes, deer<strong>it</strong> nihil<br />

in Cicerone


parabole talenti<br />

LA PARABOLA DEI TALENTI<br />

Come spendere bene i propri talenti e farli fruttare non solo nell’interesse personale, ma in quello<br />

della comun<strong>it</strong>à in cui si opera”.<br />

È il cap. 25 del Vangelo secondo Matteo, che dice:<br />

«[14]Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro<br />

i suoi beni. [15]A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la<br />

sua capac<strong>it</strong>à, e partì. [16]Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò sub<strong>it</strong>o a impiegarli e ne<br />

gua<strong>da</strong>gnò altri cinque. [17]Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne gua<strong>da</strong>gnò altri due.<br />

[18]Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi<br />

nascose il denaro del suo padrone. [19]Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle<br />

regolare i conti con loro. [20]Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque,<br />

dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho gua<strong>da</strong>gnati altri cinque. [21]Bene,<br />

servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti <strong>da</strong>rò autor<strong>it</strong>à su molto;<br />

prendi parte alla gioia del tuo padrone. [22]Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti,<br />

disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho gua<strong>da</strong>gnati altri due. [23]Bene, servo<br />

buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti <strong>da</strong>rò autor<strong>it</strong>à su molto; prendi<br />

parte alla gioia del tuo padrone. [24]Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse:<br />

Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai<br />

sparso; [25]per paura an<strong>da</strong>i a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. [26]Il padrone gli<br />

rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove<br />

non ho sparso; [27]avresti dovuto affi<strong>da</strong>re il mio denaro ai banchieri e così, r<strong>it</strong>ornando, avrei<br />

r<strong>it</strong>irato il mio con l’interesse. [28]Toglietegli dunque il talento, e <strong>da</strong>telo a chi ha i dieci talenti.<br />

[29]Perché a chiunque ha sarà <strong>da</strong>to e sarà nell’abbon<strong>da</strong>nza; ma a chi non ha sarà tolto anche<br />

quello che ha. [30]E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà <strong>pia</strong>nto e stridore di<br />

denti» (Mt 25, 14-30).<br />

La “parabola dei talenti” fa parte delle parabole caratteristiche costru<strong>it</strong>e con tre scene diverse.<br />

La prima scena è la consegna dei talenti (il “talento” non è una moneta, ma è una misura di peso,<br />

equivale più o meno a trentanove chili, quindi il valore del talento è trentanove chili di argento).<br />

Uno deve partire per un viaggio, e i beni che ha li mette nelle mani dei suoi servi: cinque, due e<br />

uno.<br />

La secon<strong>da</strong> scena è occupata solo <strong>da</strong>i servi. Il padrone non c’è, è an<strong>da</strong>to lontano, e i servi<br />

devono gestire il patrimonio che hanno ricevuto; alcuni lo gestiscono con spir<strong>it</strong>o imprend<strong>it</strong>oriale<br />

(diremmo noi oggi) e raddop<strong>pia</strong>no il patrimonio; uno lo gestisce con paura e lo nasconde,<br />

semplicemente lo conserva così com’è.<br />

Nella terza scena invece r<strong>it</strong>orniamo alla prima, c’è il padrone con i suoi servi; quindi il rendiconto.<br />

Che cosa significa questa articolazione del racconto?<br />

Significa una cosa molto semplice: la v<strong>it</strong>a dell’uomo è la secon<strong>da</strong> scena, in cui ci sono come attori<br />

solo i servi; però la secon<strong>da</strong> scena non è tutto, per capirla bene bisogna tenere presente la prima<br />

scena dove c’è anche il padrone, e la terza scena dove ci sarà ancora il padrone. Dicevo, la<br />

nostra v<strong>it</strong>a è la secon<strong>da</strong> scena, ma prima della nostra v<strong>it</strong>a c’è qualche cosa, e dopo la nostra v<strong>it</strong>a<br />

ci sarà qualche cosa d’altro.<br />

Il senso delle parabole è: aiutare l’uomo a leggere la sua esistenza in un’ottica di fede,<br />

esaminando non solo la secon<strong>da</strong> scena, perché questo sarebbe vedere come vanno le cose nel<br />

mondo, ma riportandola alla prima scena che ne è il fon<strong>da</strong>mento e alla terza che ne è la<br />

conclusione.<br />

La spiegazione della “parabola dei talenti”<br />

In concreto la nostra “parabola dei talenti” vuole dire: viviamo nella secon<strong>da</strong> scena con dei talenti,<br />

cioè con un patrimonio. Dentro i “talenti” metteteci dentro tutto quello che voi volete: la dotazione<br />

fisica, psichica, culturale, la dotazione di abil<strong>it</strong>à lavorative… tutto quello che entra nel fare, nel


saper fare o nel possedere… è il mio patrimonio, la mia dotazione. Doman<strong>da</strong>: che cosa ne faccio?<br />

Come devo usarla? Per quale fine, scopo obiettivo?


Secondo la parabola, quando ho questi talenti, ci sono due possibil<strong>it</strong>à.<br />

1. Usarli e produrli, quindi aumentare il patrimonio, in concreto raddop<strong>pia</strong>re.<br />

2. Oppure non usare e rendere il patrimonio sterile; quel talento che è sotterrato è un patrimonio<br />

sterile, non produce niente per nessuno.<br />

È strano, però non c’è la terza possibil<strong>it</strong>à, che a me verrebbe in mente sub<strong>it</strong>o e credo anche a voi.<br />

Cioè la terza di colui che si impegna e gli va male: usa i cinque talenti, fa un affare sbagliato, e<br />

alla fine si r<strong>it</strong>rova senza nemmeno i cinque talenti. Ci sarebbe anche questa possibil<strong>it</strong>à, invece<br />

nella parabola non è presa in considerazione. Io mi sono chiesto: perché? Se i talenti fossero<br />

semplicemente una questione di soldi, questa è una possibil<strong>it</strong>à chiarissima. Ve ne intendete molto<br />

meglio di me, ma tutte le volte che uno mette in gioco un patrimonio – finanziario o con un’impresa<br />

economica, ecc. – gli può an<strong>da</strong>re bene ma anche male, perlomeno un certo rischio (non so quale<br />

sia la percentuale di rischio) c’è. Bisognerebbe prenderlo in considerazione, invece non viene<br />

presa, perché?<br />

Perché credo che il discorso dei talenti nell’ottica del Vangelo non sia prettamente economico. È<br />

vero che i talenti sono un patrimonio pecuniario (come dicevo una quarantina di chili di argento),<br />

ma l’ottica della parabola non è tanto quella, ma piuttosto fa riferimento all’esperienza dell’uomo<br />

nell’integr<strong>it</strong>à della sua pienezza (cfr. Lc 17, 6).<br />

L’importante per la parabola non è riuscire ad avere un successo verificabile, ma è trafficare i<br />

talenti bene, metterci tutto l’impegno, in modo che quello che tu hai ricevuto lo vivi per colui che te<br />

lo ha <strong>da</strong>to. Dopo, il risultato esterno conta poco, il Signore sa vedere nel cuore l’intenzione o<br />

l’atteggiamento. Questo non è un discorso <strong>da</strong> imprend<strong>it</strong>ore, dove evidentemente il risultato è<br />

importantissimo, ma è un discorso di fede dove quello che conta innanz<strong>it</strong>utto è l’atteggiamento<br />

interiore del cuore (cfr. Ez 36, 26ss).<br />

Che l’ottica sia questo è confermato anche <strong>da</strong>lla terza scena. Perché quando si fa il rendiconto i<br />

servi che hanno gua<strong>da</strong>gnato con il loro impegno sono ricompensati; come?: Con una grande<br />

somma? Con un grande potere? No, ma dice: «[21]Bene, servo buono e fedele (…) sei stato<br />

fedele nel poco, ti <strong>da</strong>rò autor<strong>it</strong>à su molto; entra nella gioia del tuo padrone». Vuole dire: come<br />

ricompensa non è <strong>da</strong>to qualche cosa, è <strong>da</strong>ta una comunione di v<strong>it</strong>a, una partecipazione alla gioia,<br />

alla pienezza (cfr. Mt 8, 10-11).<br />

Perché il vero problema della parabola è: con quei cinque o due o un talento che tu hai ricevuto,<br />

hai saputo amare il padrone e quindi usare i talenti per lui rispondendo alla sua fiducia e alla sua<br />

speranza? Aveva messo speranza in te e tu hai risposto a questa fiducia, o sei rimasto<br />

indifferente? Perché per la parabola il peccato non è buttare via il talento, ma è nasconderlo, non<br />

usarlo. Il metterlo sotto terra, questo è peccato; quindi, torno a dire, non il buttarlo via, ma il non<br />

trafficarlo; perché?<br />

Quando il terzo servo, quello che ha nascosto il talento, spiega il suo comportamento dice:<br />

«Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai<br />

sparso; [25]per paura an<strong>da</strong>i a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo»; «per paura».<br />

“Paura” vuole dire: questo servo vede nel padrone un avversario della sua v<strong>it</strong>a, un altro che può<br />

diventare ostile nei suoi confronti. Il che tradotto vuole dire: questo servo vede il talento che ha<br />

ricevuto non come un atto di fiducia in lui, ma piuttosto come un peso che gli è stato messo<br />

addosso <strong>da</strong> un padrone che lo sta sfruttando. La sua immagine è questa: “Il padrone mi dà<br />

questo talento per sfruttarlo, io lavoro e alla fine il premio, il gua<strong>da</strong>gno, andrà a finire nelle sue<br />

tasche. Guai… guai… Io non mi muovo, io il talento glielo tengo, glielo rest<strong>it</strong>uisco, quindi non potrà<br />

lamentarsi, gli do quello che lui mi ha <strong>da</strong>to, ma guai a mettere della mia fatica… per chi? Per che<br />

cosa?”.


Al contrario vuole dire che gli altri due si sono <strong>da</strong>ti <strong>da</strong> fare; perché lo hanno fatto? Evidentemente


per fiducia, hanno avuto fiducia nel loro padrone, hanno riconosciuto il dono del talento o dei<br />

talenti come un dono di speranza, come qualche cosa che valorizzava la loro ident<strong>it</strong>à e<br />

personal<strong>it</strong>à e hanno risposto con una capac<strong>it</strong>à di amore e di fedeltà (cfr. Sal 17, 6-7).<br />

In http://www.gabrieleder<strong>it</strong>is.<strong>it</strong>/?p=443<br />

in<br />

parole<br />

AMARI<br />

Le parole sono pietre dicono, e allora i silenzi sono mari.<br />

Mari amari.<br />

in bolilla<br />

PAROLE LINGUAGGIO<br />

l’idea di SALVATORE VECA- contenuta in Dell’incertezza. Tre med<strong>it</strong>azioni filosofiche (Feltrinelli<br />

1997) - che si debba «prendere sul serio il linguaggio, che vuol dire tracciare o riconoscere i<br />

confini e l’intreccio con attiv<strong>it</strong>à, esperienze, emozioni, scopi, interessi, final<strong>it</strong>à, transazioni e azioni<br />

intrinsecamente non linguistiche». In un mondo che scoprono «strano e complicato che non è<br />

intrinsecamente “loro”, gli uomini e le donne si impegnano ricorrentemente nell’impresa mai fin<strong>it</strong>a di<br />

adottare e rimaneggiare vocabolari, per descrivere e ridescrivere se stessi e il mondo,<br />

comunicare ciò ad altri avendo di mira una varietà di ud<strong>it</strong>ori e, congiuntamente, sulla base di una<br />

varietà di scopi, interessi, ideali, valori o bisogni che concernono trattamenti, modi di vivere le v<strong>it</strong>e<br />

fin<strong>it</strong>e che hanno, dopo tutto, in comune <strong>da</strong> vivere.<br />

(L’idea qui è la seguente: noi siamo essenzialmente interessati alla conversione di un mondo in<br />

una realtà, durevolmente condivisa con altri, di fatti e di valori. Miriamo a condividere ciò che vi è<br />

e ciò che, per noi, vale)».<br />

in SALVATORE VECA


PARTENZE<br />

Partenza (anime che se ne vanno)<br />

In me il tuo ricordo è un fruscìo<br />

solo di velocipedi che vanno<br />

quietamente là dove l'altezza<br />

del meriggio discende<br />

al più fiammante vespero<br />

tra cancelli e case<br />

e sospirosi declivi<br />

di finestre riaperte sull'estate.<br />

Solo, di me, distante<br />

dura un lamento di treni,<br />

d'anime che se ne vanno.<br />

E là leggera te ne vai sul vento,<br />

ti perdi nella sera.<br />

Dicono le ortensie:<br />

- è part<strong>it</strong>a stanotte<br />

e il buio paese s'è racchiuso<br />

dietro la lanterna<br />

che gui<strong>da</strong>va i suoi passi -<br />

dicono anche: - è fin<strong>it</strong>a<br />

l'estate, è morta in lei,<br />

e niente ne sapranno i freddi<br />

verdi astri d'autunno -.<br />

Un cane abbaiava all'ora fon<strong>da</strong><br />

alla pioggia all'ombra del mulino<br />

e la casa il giardino<br />

si vela di leggera umid<strong>it</strong>à.<br />

V<strong>it</strong>torio Sereni<br />

<strong>da</strong> Frontiera<br />

Ed. di "Corrente", Milano, 1941<br />

in V<strong>it</strong>torio Sereni<br />

passato presente<br />

Il vero metodo per renderci presenti le cose è rappresentarle nel nostro spazio (e non di<br />

rappresentare noi nel loro). E’ questo il caso anche delle grandi cose del passato. Non siamo noi<br />

a trasferirci in loro, ma loro ad entrare nella nostra v<strong>it</strong>a.<br />

WALTER BENJAMIN<br />

in WALTER BENJAMIN<br />

passato presente<br />

Non è forse l’interesse delle cose presenti che principalmente ci muove ad esaminare le passate?<br />

[…] In tutto ciò che riguar<strong>da</strong> l’uomo noi siamo l<strong>it</strong>iganti e non giudici, e quelle che vorremmo<br />

profferire come sentenze non sono per lo più altro che arringhe.<br />

ALESSANDRO MANZONI<br />

in ALESSANDRO MANZONI


passato presente<br />

Nel corso della loro v<strong>it</strong>a postuma le grandi opere si arricchiscono di nuovi significati, di nuovi<br />

sensi e, per così dire, sorpassano quelli che erano all’epoca della loro creazione. Possiamo dire<br />

che né Shakespeare, né i suoi contemporanei conoscono il “grande Shakespeare” che noi<br />

adesso conosciamo. Comprimere nell’età elisabettiana il nostro Shakespeare è assolutamente<br />

impossibile.<br />

MICHAIL BACHTIN<br />

in MICHAIL BACHTIN<br />

pensare ITALIANI CULTURA POLITICA<br />

Veramente sono già due volte che (Berlusconi) vince le elezioni. Gli <strong>it</strong>aliani sono così creduloni?<br />

Che vuole, ogni popolo ha il governo che si mer<strong>it</strong>a.<br />

in BIAGI ENZO<br />

pensare AZIONE POLITICA<br />

Non si può fermare l'acqua con le mani<br />

in BERSANI PIER LUIGI - parlamentare dei DS Democratici di sinistra<br />

pensare bellezza<br />

"La bellezza non è una qual<strong>it</strong>à delle cose stesse: essa esiste soltanto nella mente che le<br />

contempla ed ogni mente percepisce una diversa bellezza."<br />

David Hume<br />

in David Hume<br />

pensare bisogni<br />

Stato in cui si trova un essere riguardo a ciò che gli manca per realizzare i propri scopi<br />

in LECHELIER J. (1832-1918), FILOSOFO FRANCESE<br />

pensare bisogni<br />

Non posso desiderare ciò che ho sotto mano<br />

e d'altra parte, in quanto vivo, desidero più di quello che ho,<br />

ed è questo il senso stesso della v<strong>it</strong>a<br />

in Minkowski Eugène


pensare COMPLESSITA'<br />

Che cos'è la compless<strong>it</strong>à? In prima istanza, la compless<strong>it</strong>à è un tessuto (complexus: ciò che è<br />

tessuto insieme) di cost<strong>it</strong>uenti eterogenei inseparabilmente associati: pone il paradosso del¬l'uno<br />

e del molteplice. In secon<strong>da</strong> istanza, la compless<strong>it</strong>à è effettivamente il tessuto di fatti, azioni,<br />

interazioni, retroazioni, determinazioni, alea, che cost<strong>it</strong>uiscono il nostro mondo fenomenico. Ma<br />

allora la compless<strong>it</strong>à si presenta con i lineamen¬ti inquietanti dell'accozzaglia, dell'inestricabile, del<br />

disordine, dell'ambigu<strong>it</strong>à, dell'incertezza... Di qui la necess<strong>it</strong>à, per la conoscenza, di mettere<br />

ordine nei fenomeni respingendo il disordine, di allontanare l'incerto, vale a dire di selezionare gli<br />

elementi di ordine e di certezza, di depurare <strong>da</strong>ll'ambigu<strong>it</strong>à, di chiarire, distinguere,<br />

gerarchizzare... Ma simili operazioni, ne¬cessarie ai fini dell'intelligibil<strong>it</strong>à, rischiano di rendere<br />

ciechi se eliminano gli altri caratteri del complexus; ed effettivamente ci hanno resi ciechi.<br />

Ora la compless<strong>it</strong>à è tornata a noi, nelle scienze, per lo stesso cammino che l'aveva espulsa ...<br />

… è emerso che la v<strong>it</strong>a non è una sostanza, bensì un fenomeno di auto-eco-organizzazione<br />

straordinariamente com¬plesso che produce autonomia. Da questo punto in poi, è eviden¬te che i<br />

fenomeni antropologico-sociali non potranno certo obbedire a principi di intelligibil<strong>it</strong>à meno<br />

complessi di quelli ormai richiesti per i fenomeni naturali. Dobbiamo affrontare la compless<strong>it</strong>à<br />

antropologico-sociale, e non più dissolverla od occultarla.<br />

La difficoltà del pensiero complesso consiste nel dover affron¬tare l'accozzaglia (il gioco infin<strong>it</strong>o<br />

delle inter-retroazioni), la correlazione dei fenomeni tra loro, la nebbia, l'incertezza, la<br />

contraddizione. Possiamo però elaborare alcuni degli strumenti concettuali, alcuni dei principi per<br />

questa avventura distinzione/congiunzione che consenta di distinguere senza disgiungere, di<br />

associare senza identificare o ridurre.<br />

Edgar Morin, Introduzione al pensiero complesso. Gli strumenti per affrontare la sfi<strong>da</strong> della<br />

compless<strong>it</strong>à (1990), Sperling & Kupfer, 1993, p. 10-11<br />

Ma la compless<strong>it</strong>à non comprende solo quant<strong>it</strong>à di un<strong>it</strong>à e interazioni che sfi<strong>da</strong>no le nostre<br />

possibil<strong>it</strong>à di calcolo; compren¬de anche incertezze, indeterminazioni, fenomeni aleatori. La<br />

compless<strong>it</strong>à, in un certo senso, ha sempre a che fare con il caso.<br />

La compless<strong>it</strong>à quindi coincide con una quota di incertezza, vuoi relativa ai lim<strong>it</strong>i del nostro<br />

intelletto, vuoi intrinseca ai fenomeni. Ma la compless<strong>it</strong>à non si riduce all'incertezza, è l'incertezza<br />

all'interno di sistemi altamente organizzati. Essa riguar<strong>da</strong> dei sistemi semi-aleatori il cui ordine è<br />

inseparabile <strong>da</strong>lle alee che li caratterizzano. La compless<strong>it</strong>à è dunque legata a una certa<br />

commistione di ordine e di disordine, commistione intima, a differenza dell'ordine/disordine<br />

statistico, in cui l'or¬dine (povero e statico) regna al livello delle grandi popolazioni e il disordine<br />

(povero, in quanto pura indeterminatezza) regna al livello delle un<strong>it</strong>à elementari.<br />

Edgar Morin, Introduzione al pensiero complesso. Gli strumenti per affrontare la sfi<strong>da</strong> della<br />

compless<strong>it</strong>à (1990), Sperling & Kupfer, 1993, p. 32-33<br />

in Morin Edgar<br />

pensare compless<strong>it</strong>à<br />

E per quanto quell'uomo proponesse di fermarsi, non per restar passivi, ma per osservare<br />

attentamente il sole e le stelle e di nuovo orientarsi e solo allora seguire con decisione la via, non<br />

lo ascoltarono.<br />

E là continuano tutti a vagare ancora oggi<br />

in Tolstoy Lev N.


pensare condizioni tempo<br />

Nel mio eremo in Francia c'è un cespuglio di japonica, il melo cotogno giapponese.<br />

Di sol<strong>it</strong>o fiorisce in primavera, ma in un inverno <strong>da</strong>l clima piuttosto tiepido i boccioli erano comparsi<br />

in anticipo. Una notte arrivò un'on<strong>da</strong>ta di freddo e portò con sé il gelo. Il giorno dopo, durante la<br />

med<strong>it</strong>azione camminata, notai che tutti i boccioli del cespuglio erano morti; mi venne <strong>da</strong> pensare:<br />

«A Capo<strong>da</strong>nno non avremo abbastanza fiori per decorare l'altare del Buddha».<br />

Poche settimane dopo il clima ricominciò a intiepidirsi. Camminando in giardino vidi nuovi boccioli:<br />

la japonica manifestava un'altra generazione di fiori. Chiesi loro: «Siete gli stessi fiori che sono<br />

morti per il gelo, o siete altri fiori?». I boccioli mi risposero: «Thày, non siamo gli stessi e non siamo<br />

altri. Quando le condizioni sono sufficienti ci manifestiamo, quando le condizioni non sono<br />

sufficienti torniamo a nasconderci. È così semplice!<br />

E' quello che ci ha insegnato il Buddha:<br />

quando le condizioni sono sufficienti le cose si manifestano;<br />

quando le condizioni non sono più sufficienti le cose si r<strong>it</strong>irano<br />

in attesa che arrivi il momento giusto per manifestarsi di nuovo».<br />

In Thich Nhat Hanh, Il segreto della pace. Trasformare la paura, conoscere la libertà, Mon<strong>da</strong>dori<br />

2003, pag. 5-6<br />

in Thich Nhat Hanh<br />

pensare democrazia<br />

Per democrazia non intendo affatto qualcosa di vago come "il governo del popolo" o "il governo<br />

della maggioranza", ma un insieme di ist<strong>it</strong>uzioni (e fra esse specialmente le elezioni generali, cioè<br />

il dir<strong>it</strong>to del popolo di licenziare il governo) che permettano il controllo pubblico dei governanti e il<br />

loro licenziamento <strong>da</strong> parte dei governati e che consentano ai governati di ottenere riforme senza<br />

ricorrere alla violenza e anche contro la volontà dei governanti<br />

POPPER KARL R.<br />

in POPPER KARL R.<br />

pensare democrazia storia stati un<strong>it</strong>i d'america<br />

Noi r<strong>it</strong>eniamo che le seguenti ver<strong>it</strong>à siano [sacre e innegabili] self-evident (di per sé evidenti): che<br />

tutti gli uomini sono creati eguali e indipendenti, che <strong>da</strong> questa creazione su basi di eguaglianza<br />

derivino dei dir<strong>it</strong>ti intrinseci e inalienabili, fra i quali la preservazione della v<strong>it</strong>a, la libertà e la ricerca<br />

della felic<strong>it</strong>à; che allo scopo di garantire questi dir<strong>it</strong>ti, sono ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i fra gli uomini i governi, i quali<br />

ottengono i loro giusti poteri <strong>da</strong>l consenso dei governati; che ogni qua) volta una qualsiasi forma<br />

di governo ten<strong>da</strong> a distruggere tali fini, è dir<strong>it</strong>to del popolo modificarla o abolirla, e ist<strong>it</strong>uire un<br />

nuovo governo, che si fondi su principi e che abbia i propri poteri ordinati in modo che appaia<br />

maggiormente idoneo al raggiungimento della sicurezza e della felic<strong>it</strong>à<br />

in JEFFERSON THOMAS (Stati Un<strong>it</strong>i, 1743-1826)


pensare dipendenze<br />

I tossicomani non sono né delinquenti che possano essere rieducati con il lavoro né malati che si<br />

possano guarire con prodotti magici.<br />

Sono esseri umani che hanno un rapporto particolare con la droga, come altri l'hanno con l'alcool,<br />

con il tabacco o con i tranquillanti.<br />

Già <strong>da</strong> un pezzo i tossici non formano più una zona marginale ben delim<strong>it</strong>ata: sono tra noi, a volte<br />

sono anzi bene integrati. Ne incontriamo tutti i giorni. La tossicomania è mobile, plastica, resiste<br />

a<strong>da</strong>ttandosi meravigliosamente a tutte le s<strong>it</strong>uazioni, a tutte le repressioni, perché nasce <strong>da</strong> un<br />

bisogno, <strong>da</strong> una mancanza, <strong>da</strong> una sfi<strong>da</strong>, <strong>da</strong> una ricerca febbrile di altro - tutte fonti che<br />

persistono e persisteranno sempre.<br />

Ogni società genera i tossicomani che le sono propri - dipendenti <strong>da</strong>ll'eroina, <strong>da</strong>ll'alcool o <strong>da</strong>i<br />

tranquillanti. Quando si <strong>da</strong>' come idolo supremo il v<strong>it</strong>ello d'oro e quando la retta via assume la<br />

forma di un'autostra<strong>da</strong> a pagamento, i devianti prendono la fuga e prolifera-no nelle campagne.<br />

in OLIEVENSTEIN CLAUDE<br />

pensare elementi reverie<br />

Nella fiamma il tempo stesso si mette a vegliare.<br />

Sì, chi veglia <strong>da</strong>vanti alla fiamma non legge più. Pensa alla v<strong>it</strong>a. Pensa alla morte.<br />

La fiamma è precaria e vacillante.<br />

Questa luce basta un soffio ad annientarla, una scintilla a riaccenderla<br />

in Bachelard Gaston


pensare esercizi filosofici<br />

“Osservare la polvere in un raggio di sole ci aiuta a vedere l’invisibile”<br />

Un esercizio per il 2003<br />

Durata: <strong>da</strong>i quindici ai trenta minuti<br />

Materiale: una camera, un raggio di luce<br />

Effetto: rassicurante<br />

Una stanza alquanto buia. Imposte socchiuse. Attraverso esse un raggio di luce. Sole vivo,<br />

cocente, raggi obliqui dell'alba o del tramonto. Nella luce che attraversa l'ombra si stagliano<br />

innumerevoli scintillii. È certamente uno degli spettacoli più emozionanti e più magici che gli uomini<br />

possano contemplare.<br />

Migliaia di piccolissime schegge che trattengono e riflettono la luminos<strong>it</strong>à piroettano, girano,<br />

passano e ripassano. Puntini, bastoncini, microscopiche piume, infimi fiocchi, minuscole cose<br />

aeree, leggere, <strong>da</strong>nzanti attraversano la luce in modo sublime, serio e gioioso, terribilmente<br />

in<strong>da</strong>ffarati, ag<strong>it</strong>ati <strong>da</strong> vortici e <strong>it</strong>inerari impossibili <strong>da</strong> seguire. Frammenti di traiettorie, puri lampi di<br />

v<strong>it</strong>a.<br />

Ciò che colpisce di più in questo miracolo dello scintillio è la dens<strong>it</strong>à. Tralasciate i ricordi<br />

dell'infanzia, i giochi di un tempo, le case di campagna, l'odore degli armadi se è il caso. Non vi<br />

aggrappate a questi strabilianti granelli. Il confine tra la luce e le tenebre è improvvisamente così<br />

rigido, netto e diretto che ci sembra quasi possibile toccarlo con mano. Il brulichio delle particelle<br />

appare e scompare <strong>da</strong>ll'altra parte della barriera. Ed è qui che è possibile sognare.<br />

Sono poche le esperienze semplici che <strong>da</strong>nno così intensamente la sensazione di un mondo<br />

invisibile improvvisamente svelato. Nel raggio di luce appare come un pezzo di spazio diverso,<br />

inser<strong>it</strong>o nel nostro, un universo dell'altra faccia, del rovescio del globo, dell'altrove, reso di colpo<br />

visibile come per effrazione.<br />

Come sarebbe il mondo se vedessimo scintillare continuamente, ovunque e sempre la polvere?<br />

Non c'è continuamente, ovunque e sempre uno strato invisibile e al tempo stesso presente? Uno<br />

strato che è possibile raggiungere, uno spazio incastrato in quello che conosciamo?<br />

E se si trattasse solo di saper socchiudere bene le imposte?<br />

in POL DROIT ROGER<br />

pensare etica<br />

Chi vorrà provarsi a "confutare scientificamente" l'etica del Sermone della Montagna, o, per<br />

esempio, la massima: "non far resistenza al male", oppure l'immagine del porgere l'altra guancia?<br />

Eppure é chiaro che, <strong>da</strong>l punto di vista mon<strong>da</strong>no, vi si predica un'etica della mancanza di dign<strong>it</strong>à:<br />

bisogna scegliere tra la dign<strong>it</strong>à religiosa, che è il fon<strong>da</strong>mento di questa etica, e la dign<strong>it</strong>à virile, che<br />

predica qualcosa di ben diverso: "Devi far resistenza al male, altrimenti sei anche tu<br />

responsabile se questo prevale".<br />

Dipende <strong>da</strong>l proprio atteggiamento rispetto al fine ultimo che l'uno sia il diavolo e l'altro il dio, e sta<br />

al singolo decidere quale sia per lui il dio e quale il diavolo. E così avviene per tutti gli ordinamenti<br />

della v<strong>it</strong>a.[...]Ma il destino della nostra civiltà è appunto questo, di essere noi oggi divenuti<br />

nuovamente e più chiaramente consapevoli di ciò che un millennio di orientamento - che si<br />

presume o si afferma esclusivo - verso il grandioso pathos dell'etica cristiana aveva celato ai<br />

nostri occhi.<br />

in Weber Max


pensare etica<br />

Qui sta il punto decisivo. Dobbiamo renderci chiaramente conto che ogni agire orientato in senso<br />

etico può oscillare tra due massime radicalmente diverse e inconciliabilmente opposte: può esser<br />

cioè orientato secondo l' « etica della convinzione» (gesinnungsethisch) oppure secondo l'« etica<br />

della responsabil<strong>it</strong>à» (verantwortungs-ethisch).<br />

Non che l'etica della convinzione coinci<strong>da</strong> con la mancanza di responsabil<strong>it</strong>à e l'etica della<br />

responsabil<strong>it</strong>à con la mancanza di convinzione. Non si vuol certo dir questo.<br />

Ma v'è una differenza incolmabile tra l'agire secondo la massima dell'etica della convinzione, la<br />

quale — in termini religiosi — suona: « II cristiano opera <strong>da</strong> giusto e rimette l'es<strong>it</strong>o nelle mani di<br />

Dio», e l'agire secondo la massima dell'etica della responsabil<strong>it</strong>à, secondo la quale bisogna<br />

rispondere delle conseguenze (prevedibili) delle proprie azioni.<br />

MAX WEBER (1864-1920)<br />

in WEBER MAX (1864-1920)<br />

pensare famiglie matrimonio<br />

Il confronto che due partner portano avanti per tutta la v<strong>it</strong>a, il legame di un uomo con una donna<br />

fino alla morte, potrebbe cost<strong>it</strong>uire una via speciale nella ricerca della propria anima, una forma<br />

speciale d’individuazione.<br />

Uno dei tratti distintivi di questo percorso di salvezza è l’ineluttabil<strong>it</strong>à: così come l’anacoreta non<br />

può sfuggire a se stesso, così nessuno dei due coniugi può sfuggire al partner.<br />

E’ questa impossibil<strong>it</strong>à di fuga, in parte esaltante e in parte tormentosa, che cost<strong>it</strong>uisce la<br />

specific<strong>it</strong>à di questo percorso.<br />

In Adolf Guggenbuhl - Craig, Matrimonio, vivi o morti, Moretti & V<strong>it</strong>ali, 2000, p. 61<br />

in Guggenbhul Craig,<br />

pensare FORMAZIONE CONCETTI<br />

I concetti sono la via attraverso cui la mente umana semplifica il mondo esterno<br />

in DE BONO EDWARD<br />

pensare futuro<br />

Se Cassandra fosse stata creduta, Troia non sarebbe caduta<br />

in<br />

pensare idee<br />

"Si battono per l'idea, non avendone"<br />

in FLAIANO ENNIO<br />

pensare ideologie<br />

R<strong>it</strong>engo che l'essenza del fanatismo stia nel desiderio di costringere gli altri a cambiare.<br />

Quell'inclinazione comune a rendere migliore il tuo vicino, educare il tuo coniuge, programmare<br />

tuo figlio, raddrizzare il fratello, piuttosto che lasciarli vivere<br />

in OZ AMOS<br />

pensare individuo cultura etica<br />

il cielo stellato sopra di me, la legge morale in me<br />

in KANT IMMANUEL


pensare io e altri<br />

l'egoismo non consiste nel vivere come ci pare ma nel pretendere che gli altri vivano come pare a<br />

noi<br />

in WILDE OSCAR<br />

pensare ITALIANI CULTURA CIVICA MICROMEGALOMANI<br />

… tanti altri predicatori che occupano il video, tutti gli arrabbiati e gli incazzati, quelli che si<br />

sentono sempre nel giusto e nel vero, eterodiretti e videodipendenti, perchè soffrono se non<br />

compaiono in televisione.<br />

C<strong>it</strong>erei una definizione di Carmelo Bene: "micromegalomani", personaggi cioè convinti di aver<br />

sempre grandi messaggi <strong>da</strong> indirizzare all'uman<strong>it</strong>à … (<strong>da</strong> una intervista a Goffredo Fofi)<br />

in CARMELO BENE<br />

pensare metodo<br />

Il metodo non può che cost<strong>it</strong>uirsi nella ricerca.<br />

Qui bisogna accettare di camminare senza sentiero,<br />

di tracciare il sentiero nel cammino.<br />

in Morin Edgar<br />

pensare mezzi e fini<br />

Mantenere il rapporto dei mezzi col fine è sempre la preoccupazione di chi non vuole esporsi al<br />

rischio di vedere la dialettica degli interessi rovesciare i castelli di <strong>carta</strong> creati <strong>da</strong>lla dialettica dei<br />

sentimenti.<br />

in NENNI<br />

pensare mezzi e fini<br />

Convinzione ogni giorno più radicata<br />

che non meno delle iniziative<br />

conta il controllo che l’iniziativa sia attuata,<br />

che mezzi e fini coinci<strong>da</strong>no perfettamente<br />

e che si può parlare di volere un fine<br />

solo quando si sanno predisporre<br />

con esattezza, cura, meticolos<strong>it</strong>à<br />

i mezzi adeguati, sufficienti e necessari.<br />

in Gramsci Antonio<br />

pensare opinioni<br />

Le opinioni sono come i coglioni.<br />

Ognuno ha i suoi<br />

in EASTWOOD CLINT<br />

pensare opinioni<br />

Soltanto chi non ha approfond<strong>it</strong>o nulla può avere delle convinzioni<br />

Cioran Emil<br />

in Cioran Emil


pensare opinioni<br />

... In quanti modi diversi noi giudichiamo le cose? Quante volte cambiamo idea?<br />

Quello che r<strong>it</strong>engo oggi e quello che credo, lo r<strong>it</strong>engo e lo credo con tutta la mia convinzione; tutti i<br />

miei strumenti e tutti i miei congegni sostengono quest'opinione e me ne <strong>da</strong>nno garanzia per<br />

quanto possono. "Non potrei abbracciare alcuna ver<strong>it</strong>à né conservarla con maggior forza di<br />

questa. Ad essa mi son <strong>da</strong>to intero, mi son <strong>da</strong>to veramente; ma non mi è successo, non una<br />

volta, ma cento, ma mille, e tutti i giorni, di aver abbracciato qualche altra cosa con questi stessi<br />

strumenti, in questa stessa maniera, e averla poi giudicata "falsa?<br />

Bisogna almeno diventar saggi a proprie spese.<br />

Se spesso mi son trovato trad<strong>it</strong>o per questa ragione, se la mia pietra di paragone si rivela di sol<strong>it</strong>o<br />

falsa e la mia bilancia inesatta e ingiusta, come posso esserne sicuro questa volta più delle<br />

altre? Non è una sciocchezza lasciarmi ingannare tante volte <strong>da</strong> una stessa gui<strong>da</strong>? Benché la<br />

fortuna ci muova cinquecento volte di posto e non faccia che vuotare e riempire continuamente,<br />

come un vaso, la nostra credenza di opinioni sempre diverse, la presente e l'ultima è sempre<br />

quella certa .e infallibile. Per essa bisogna abbandonare i beni, l'onore, la v<strong>it</strong>a e la salute e tutto...<br />

Io che mi spio più <strong>da</strong> vicino, che ho gli occhi incessantemente fissi su me stesso, come chi non<br />

ha molto <strong>da</strong> fare altrove ... a malapena oserei dire quanta van<strong>it</strong>à e debolezza trovo in me. Ho il<br />

piede così instabile e malsicuro, lo trovo così facile a crollare e così pronto a vacillare, e la mia<br />

vista così sregolata, che a digiuno mi sento tutt'altro che dopo il pasto; se la salute mi ride e la<br />

seren<strong>it</strong>à di una bella giornata, eccomi amabile; se ho un callo che mi fa dolere l'al- luce, eccomi<br />

corrucciato, stizzoso e intrattabile. Una stessa an<strong>da</strong>tura del cavallo mi sembra ora rude, ora<br />

dolce, e la stessa stra<strong>da</strong> in questo momento più breve, un'altra volta più lunga, e una stessa<br />

forma ora più, óra meno gradevole. Ora mi va di far tutto, ora niente; quello che mi fa <strong>pia</strong>cere in<br />

questo momento, talvolta mi sarà penoso. Mille impulsi disordinati e casuali si producono in me. O<br />

mi prende l'umore melanconico, o quello collerico; e ora predomina in me la tristezza con la sua<br />

privata autor<strong>it</strong>à, ora l'allegria. Quando prendo in mano dei libri, se avrò scorto nel tal passo delle<br />

grazie rare e che avranno colp<strong>it</strong>o la mia anima, che questo mi ca<strong>da</strong> sot-t'occhio un'altra volta, ho<br />

un bel girarlo e rigirarlo, ho un bel piegarlo e maneggiarlo, è per me una massa sconosciuta e<br />

informe. Nei miei stessi scr<strong>it</strong>ti non sempre r<strong>it</strong>rovo il tono della mia prima idea; non so che cosa ho<br />

voluto dire, e mi nuoccio spesso cercando di correggere e di <strong>da</strong>rvi un nuovo senso, perché ho<br />

perso il primo che era migliore. Non faccio che an<strong>da</strong>re e venire: il mio giudizio non va sempre<br />

avanti; ondeggia, vaga qua e là ... Molte volte (come facilmente mi accade di fare), avendo<br />

cominciato per esercizio e per divertimento a sostenere un'opinione contraria alla mia, il mio<br />

spir<strong>it</strong>o, applicandosi e volgendosi <strong>da</strong> quella parte, mi ci attacca così bene che non trovo più la<br />

ragione della mia prima opinione, e me ne allontano. Mi lascio quasi trascinare dove pendo,<br />

comunque sia, e mi lascio portare <strong>da</strong>l mio peso.<br />

Ognuno direbbe pressappoco lo stesso di sé, se si guar<strong>da</strong>sse come faccio io... Insomma, non c'è<br />

alcuna esistenza costante, né del nostro essere né di quello degli oggetti. E noi, e il nostro<br />

giudizio, e tutte le cose mortali andiamo scorrendo e rotolando senza posa. Così non si può<br />

stabilire nulla di certo <strong>da</strong>ll'uno all'altro, tanto il giudicante quanto il giudicato essendo in continuo<br />

mutamento e movimento. Non abbiamo alcuna comunicazione con l'essere, poiché ogni natura<br />

umana è sempre a metà fra il nascere e il morire, non manifestando di sé che un'oscura<br />

apparenza e un'ombra, e un'opinione incerta e debole. E se, per caso, fissate il vostro pensiero<br />

per voler afferrare il suo essere, sarà né più né meno che se voleste afferrare l'acqua: poiché<br />

quanto più esso serrerà e stringerà ciò che per sua natura cola via <strong>da</strong>ppertutto, tanto più perderà<br />

ciò che voleva tenere e stringere in pugno. Così, essendo tutte le cose soggette a passare <strong>da</strong><br />

un cambiamento all'altro, la ragione, cercandovi una reale consistenza, si trova delusa, non<br />

potendo afferrar nulla di consistente e permanente, poiché tutto o sta per essere e non è ancora<br />

del tutto, o comincia a morire prima di esser nato...<br />

in De Montaigne Michel


pensare organizzazioni<br />

Chi è capace di pensieri<br />

pensa anche in mezzo<br />

alle contraddizioni<br />

in KRAUS KARL<br />

pensare parole<br />

"Non capisco che cosa volete intendere dicendo "gloria" ", disse Alice<br />

Humpty Dumpty sorrise con aria di superior<strong>it</strong>à:<br />

E' naturale che tu non capisca finchè non te lo spiegherò io. Volevo dire che "questo è un ottimo<br />

argomento per <strong>da</strong>rti torto" "<br />

"Ma "Gloria" non significa "un ottimo argomento per <strong>da</strong>rti torto" " obiettò Alice<br />

"Quando io adopero una parola - disse Humpty Dumpty con un tono piuttosto sdegnoso - " essa<br />

ha esattamente il significato che io le voglio <strong>da</strong>re. Né più né meno"<br />

in CARROLL LOUIS<br />

pensare pol<strong>it</strong>ica<br />

il pol<strong>it</strong>ico pensa alle prossime elezioni, lo statista alle prossime generazioni<br />

in Bismarck Otto von<br />

pensare POLITICA<br />

Se va bene ce n'è per tutti.<br />

Se va male non ce n'è per nessuno.<br />

in BERSANI PIER LUIGI - parlamentare dei DS Democratici di sinistra e Ministro<br />

pensare pol<strong>it</strong>ica<br />

Non sei solo in questo destino - bisogna dire.<br />

Cos'è fare pol<strong>it</strong>ica, se non dire al tuo prossimo che non è solo ?<br />

Massimo Cacciari<br />

in Cacciari Massimo<br />

pensare pol<strong>it</strong>ica<br />

Dispotismo.<br />

Uno principe, e tutti li altri servi<br />

in Machiavelli Niccolò (1469 - 1527)


pensare pol<strong>it</strong>ica<br />

È mia convinzione che, esprimendo il problema della pol<strong>it</strong>ica nella forma:<br />

"Chi deve governare?"<br />

o "La volontà di chi dev’essere decisiva?"<br />

Platone ha prodotto una durevole confusione nel campo della filosofia pol<strong>it</strong>ica. […]<br />

È evidente che, una volta formulata la doman<strong>da</strong>: "Chi deve governare?", non si possono ev<strong>it</strong>are<br />

risposte di questo genere: "i migliori" o "i più sapienti" o "il governante nato"…<br />

Ma una risposta siffatta, per quanto convincente possa sembrare — infatti, chi potrebbe<br />

propugnare il governo del "peggiore" o del "più grande stolto" o dello "schiavo nato"? — è, come<br />

cercherò di dimostrare, assolutamente sterile.[…]<br />

Ma ciò ci porta a un nuovo approccio al problema della pol<strong>it</strong>ica, perché ci costringe a sost<strong>it</strong>uire<br />

alla vecchia doman<strong>da</strong> Chi deve governare la nuova doman<strong>da</strong><br />

Come possiamo organizzare le ist<strong>it</strong>uzioni pol<strong>it</strong>iche in modo <strong>da</strong> impedire che i governanti cattivi o<br />

incompetenti facciano troppo <strong>da</strong>nno? […]<br />

in POPPER KARL R.<br />

pensare pol<strong>it</strong>ica democrazie<br />

la democrazia è "come un vecchio autobus che tutti possono prendere.per an<strong>da</strong>re <strong>da</strong> qualche<br />

parte, magari senza pagare il biglietto. È poco esigente, lascia fare, si lascia maltrattare.<br />

È un regime che sopporta pazientemente violazioni, degrado, cattiverie, scortesie, volgar<strong>it</strong>à. Infatti<br />

non pretende di mutare la natura umana, si a<strong>da</strong>tta a convivere con principi e impulsi<br />

antidemocratici, anzi li fa prosperare. In questo senso è tollerante e non solo nel dominio delle<br />

opinioni".<br />

in DONOLO CARLO<br />

pensare pol<strong>it</strong>ica estremisti<br />

Tra dieci anni sarete tutti notai<br />

in IONESCO EUGENE<br />

pensare pol<strong>it</strong>ica giustizia<br />

"Resistere, resistere, resistere come su una irrinunciabile linea del Piave ...<br />

contro le accuse di parzial<strong>it</strong>à rivolte alla Magistratura ...<br />

contro le ricorrenti demonizzazioni di questo o quel magistrato<br />

contro chi ha tolto la scorta ai PM che in<strong>da</strong>gano sul capo del Governo ...<br />

contro gli interventi di sabotaggio di certi processi ..."<br />

in BORRELLI SAVERIO


pensare pol<strong>it</strong>iche sociali<br />

La doman<strong>da</strong> che dobbiamo porci a questo punti è. perché i servizi sono cresciuti e continuano a<br />

crescere in modo così elevato.<br />

Per rispondere dobbiamo analizzare questo settore così complesso dell'economia, esaminando i<br />

vari tipi di servizi separatamente:<br />

a) I servizi alle imprese (business services), come per esempio marketing, contabil<strong>it</strong>à,<br />

progettazione, ingegneria. Questi sono nati prima all'interno delle imprese, ora vengono contrattati<br />

<strong>da</strong>lle imprese esternamente, e questo spiega la grande cresc<strong>it</strong>a di questo tipo di servizi (che nei<br />

paesi dell'Ocse, ad esempio, si è duplicato nel corso degli ultimi trent'anni) Rientrano in questa<br />

categoria i servizi finanziari, assicurativi e immobiliari, che offrono consulenza non solo al mondo<br />

imprend<strong>it</strong>oriale, ma anche alla società in generale.<br />

b) I servizi di distribuzione dei prodotti, sia materiali, sia immateriali come conoscenza e<br />

informazione. Essi includono i servizi di commercio e di comunicazione (occupazione<br />

prevalentemente femminile) e di trasporto (prevalentemente maschile). Questi servizi<br />

rappresentano in genere il 20% di tutta l'occupazione nei paesi dell'Ocse e della Ue. Negli Usa,<br />

invece, la percentuale è maggiore, ttestandosi intorno al 32%, conseguenza di un orientamento<br />

consumistico maggiore e di un commercio più sviluppato.<br />

e) I servizi rivolti alla persona che includono ristoranti, lavanderie, parrucchieri, servizi di pulizia e<br />

domestici. Sono, m genere, servizi che richiedono una bassa qualifica, e che fino a poco tempo<br />

fa si realizzavano prevalentemente in casa.<br />

L'integrazione della donna nel mercato del lavoro ha incrementato considerevolmente la doman<strong>da</strong><br />

di questo tipo di servizi. Negli Usa è stato calcolato che per ogni donna che entra nel mercato del<br />

lavoro si crea una doman<strong>da</strong> che produce tre nuovi posti di lavoro proprio nell'amb<strong>it</strong>o dei servizi<br />

alla persona. Perciò una delle ragioni che spinge ad accrescere l'integrazione della donna nel<br />

mercato del lavoro è <strong>da</strong>ta <strong>da</strong>l fatto che questa incrementa il numero di posti di lavoro. Come si<br />

dice negli Usa «Working women create job» (le donne che lavorano creano posti di lavoro).<br />

in NAVARRO VICENTE, pref. BERLINGUER GIOVANNI<br />

pensare pol<strong>it</strong>iche sociali<br />

L'unica certezza nella esplorazione del futuro economico è quella esplic<strong>it</strong>ata <strong>da</strong> Keynes: "Sul<br />

lungo periodo siamo tutti morti"<br />

in KEYNES<br />

pensare pol<strong>it</strong>iche sociali<br />

Verso dove possiamo quindi rivolgerci per trovare maggiore sicurezza in un ambiente così ostile<br />

come quello della moderna economia globale?<br />

L'inverosimile punto di partenza per una risposta è "An<strong>da</strong>ndo a caccia di orsi", uno dei nostri libri<br />

per bambini prefer<strong>it</strong>i, nel quale una famiglia parte alla ricerca di un orso, solo per trovare una<br />

serie di ostacoli: fango profondo, un fiume freddo, una foresta buia, una terribile tempesta.<br />

Alla vista di ognuno di questi ostacoli la famiglia canta: “Non possiamo passarci sopra. Non<br />

possiamo passarci sotto. Dovremo passarci attraverso”.<br />

Questa è la sfi<strong>da</strong> che la maggior parte di noi si trova a dover affrontare nella precaria economia<br />

<strong>da</strong>lla quale oggi dipende il nostro stipendio.<br />

Dobbiamo spronarci ad an<strong>da</strong>re avanti, senza essere certi di cosa troveremo di fronte a noi, ma<br />

sapendo che non abbiamo alternative.<br />

in Leadbeater Charles<br />

pensare pol<strong>it</strong>iche sociali<br />

Nulla è più ingiusto<br />

che far parti uguali<br />

fra disuguali<br />

in Milano Don Lorenzo


pensare pol<strong>it</strong>iche sociali<br />

la legge, nella sua maestosa equanim<strong>it</strong>à, proibisce sia ai ricchi che ai poveri di dormire sotto i ponti<br />

in FRANCE ANATOLE<br />

pensare pol<strong>it</strong>iche sociali<br />

Nessun pasto è gratis<br />

in Friedman Milton<br />

pensare pol<strong>it</strong>iche sociali<br />

non c'è miglior investimento per qualsiasi comun<strong>it</strong>à che mettere del latte dentro i bambini<br />

in CHURCHILL WINSTON<br />

pensare popolazione<br />

Il numero dei mangianti supera quello dei mangiati<br />

in SARTORI GIOVANNI<br />

pensare qual<strong>it</strong>à<br />

La Qual<strong>it</strong>à... Sap<strong>pia</strong>mo cos'è, eppure non lo sap<strong>pia</strong>mo.<br />

Questo è contradd<strong>it</strong>torio. Alcune cose sono meglio di altre, cioè hanno più Qual<strong>it</strong>à. Ma quando<br />

provi a dire in che cosa consiste la Qual<strong>it</strong>à astraendo <strong>da</strong>lle cose che la posseggono, paff, le<br />

parole ti sfuggono. Ma se nessuno sa cos'è, ai fini pratici non esiste per niente.<br />

Invece esiste eccome. Su cos'altro sono basati i voti, se no? Perché mai la gente pagherebbe<br />

una fortuna per certe cose, e ne getterebbe altre nella spazzatura? Ovviamente alcune sono<br />

meglio di altre... Ma in cosa consiste il « meglio »?…<br />

in PIRSIG ROBERT M.<br />

pensare religioni<br />

"Ma che lei, <strong>da</strong> musulmano, ignori che quel simbolo significa perdono senza rappresaglia, amore<br />

senza ricompensa, essere innalzati nella sconf<strong>it</strong>ta.<br />

E che tutto questo, poi, sia stato trad<strong>it</strong>o miliardi di volte <strong>da</strong>lla cristian<strong>it</strong>à ... miliardi di volte. Tanto<br />

che l'ultimo papa chiede perdono.<br />

Ma che lei tutto questo lei non lo dica <strong>da</strong> musulmano, <strong>da</strong> fratello musulmano, questo <strong>da</strong>rà fiato alle<br />

peggiori trombe di questo paese.<br />

A quelli che vanno alla guerra coi pifferi e sventolando bandiere.<br />

Non con il cuore che <strong>pia</strong>nge.<br />

E questo, mi cre<strong>da</strong>, è una tragedia"<br />

Dalla trasmissione TV 1 - "Porta a porta", 5 novembre 2001<br />

risposta di Massimo Cacciari al presidente dell'Unione musulmani d'Italia, che aveva affermato:<br />

"A un bambino che guar<strong>da</strong> il crocifisso si può dire che rappresenta il ca<strong>da</strong>vere di un uomo nudo,<br />

affisso su un pezzo di legno usato <strong>da</strong>i romani per punire i peggiori criminali dell'epoca. A<br />

prescindere <strong>da</strong>ll'aspetto scioccante che può avere la croce per chi non è cristiano, non è sempre<br />

<strong>pia</strong>cevole vedere un ca<strong>da</strong>vere in miniatura" ... "La croce simbolo di amore !? No ! La croce è il<br />

simbolo di un suicidio e di un deicidio !"<br />

in CACCIARI MASSIMO


pensare religioni<br />

Il Corano, questo cattivo libro, fu sufficiente per fon<strong>da</strong>re una religione mondiale, per soddisfare il<br />

bisogno metafisico di milioni e milioni di uomini, per definire il fon<strong>da</strong>mento della loro morale - e di un<br />

notevole disprezzo della morte, ma anche per esaltarli convolgendoli in guerre sanguinose e<br />

nelle conquiste più estese.<br />

Nel Corano troviamo la forma più squalli<strong>da</strong> e più povera di teismo...<br />

In quest'opera, io non sono riusc<strong>it</strong>o a scoprire nemmeno un pensiero dotato di valore<br />

in Schopenhauer Arthur<br />

pensare scienza<br />

Tutte le scienze esatte sono dominate <strong>da</strong>ll'approssimazione<br />

in RUSSELL BERTRAND<br />

pensare s<strong>it</strong>uazioni problematiche<br />

PROBLEMI SITUAZIONE PROBLEMATICA P. 18<br />

"La più fecon<strong>da</strong>, forse, delle distinzioni sulle quali lavora l'immaginazione sociologica è quella che<br />

contrappone le "difficoltà personali d'ambiente" ed i " problemi pubblici di struttura sociale".<br />

Questa distinzione è uno strumento caratteristico di ogni opera classica di scienza sociale.<br />

Le "difficoltà" (troubles) si verificano nell'amb<strong>it</strong>o del carattere dell'individuo e dei suoi rapporti<br />

immediati con il prossimo; sono connesse con il suo io e con quelle zone circoscr<strong>it</strong>te di v<strong>it</strong>a<br />

sociale delle quali è direttamente e personalmente conscio. La definizione e la risoluzione delle<br />

difficoltà appartengono all'individuo come ent<strong>it</strong>à biologica e al suo ambiente immediato, cioè al<br />

quadro sociale che si apre direttamente alla sua esperienza personale e , entro certi lim<strong>it</strong>i, alla<br />

sua attiv<strong>it</strong>à volontaria. Le difficoltà sono questioni personali, consistono nella sensazione<br />

<strong>da</strong>ll'individuo che i suoi valori prediletti sono minacciati.<br />

I problemi (issue) si riferiscono invece a questioni che trascendono l'ambiente particolare<br />

dell'individuo e i confini della sua v<strong>it</strong>a interiore. Si riferiscono all'organizzazione di molti ambienti<br />

individuali nelle ist<strong>it</strong>uzioni di una società storica come complesso, nella quale questi ambienti<br />

individuali diversi si sovrappongono e compenetrano, formando la più vasta struttura della v<strong>it</strong>a<br />

sociale e storica. Un problema è questione pubblica, un gruppo di individui sente che uno dei suoi<br />

valori prediletti è minacciato.<br />

Wright Mills, L'immaginazione sociologica<br />

in Wright Mills<br />

pensare sport<br />

il calcio è popolare perché la stupid<strong>it</strong>à è popolare<br />

in Borges Jorge Luis<br />

pensare teoria e prassi<br />

Quellli che si innamorano di pratica senza scienza, son come il nocchiere ch'entra in un naviglio<br />

senza timoner o bussola, che mai ha certezza dove si va<strong>da</strong>.<br />

Sempre la pratica deve essere edificata sopra una buona teoria<br />

in Da Vinci Leonardo


pensare VALORI<br />

Chi vive nel "mondo" non può esperire in sé nient'altro che la lotta tra una molt<strong>it</strong>udine di valori.<br />

Egli deve scegliere quale di questi dei vuole o deve servire<br />

in WEBER MAX<br />

pensiero<br />

Perché un pensiero cambi il mondo, bisogna che cambi prima la v<strong>it</strong>a dell'uomo che lo esprime.<br />

Che cambi in esempio<br />

Albert Camus, Taccuini<br />

in Albert Camus<br />

PIACERI<br />

"Ogni <strong>pia</strong>cere ha il suo momento culminante quando sta per finire."<br />

Lucio Anneo Seneca<br />

in Lucio Anneo Seneca<br />

PITTURA<br />

"i quadri di hopper sono brevi attimi isolati di descrizione che suggeriscono il tono di ciò che li<br />

seguirà proprio mentre portano in primo <strong>pia</strong>no il tono di ciò che li ha preceduti. Il tono ma non il<br />

contenuto. le implicazioni ma non i segni evidenti. sono saturi di suggestioni . più sono teatrali,<br />

simili a messe in scena, più ci spingono ad immaginare cosa succederà poi"<br />

Mark Strand, Edward Hopper, Un poeta legge un p<strong>it</strong>tore (1994), Donzelli ed<strong>it</strong>ore, 2001, pag. 33<br />

in mark strand edward hopper<br />

POESIA<br />

La poesia è una foto della v<strong>it</strong>a scattata con le parole.<br />

E' l'osservazione minuziosa della realtà, i dettagli della propria v<strong>it</strong>a e di quelle altrui, filtrata,<br />

interpretata <strong>da</strong>i nostri occhi, le nostra parole, la nostra sensibil<strong>it</strong>à.<br />

Andrea di http://nonsequ<strong>it</strong>ur.splinder.com/<br />

in


POESIA<br />

c'è qualcosa di miracoloso nel vedere come le parole poetiche (le cose più "gratu<strong>it</strong>a", nel senso di<br />

sottratte alle regole del mercato) possano invece incontrare menti e cuori attenti.<br />

domenica scorsa riotta, nella sua interessantissima trasmissione di presentazione dei libri<br />

tracciava questi <strong>da</strong>ti: 2000 premi di poesia, 5000 libri all'anno di poesia (10 % del fatturato) 43<br />

milioni di poesie disseminate su internet.<br />

interpreto questi segnali come un indicatore di individualizzazione, ciè voglia di esprimersi <strong>da</strong><br />

parte delle persone.<br />

e in questa individualizzazione (non individualismo: ma desiderio di soggettiv<strong>it</strong>à) vedo il tuo<br />

malessere per la pol<strong>it</strong>ica.<br />

più si è individuati più è difficile trovare sintesi nelle attuali culture pol<strong>it</strong>iche.<br />

io sono persona più semplice di un poeta: sono un semplice vivente che si colloca in modo<br />

diverso sui vari <strong>pia</strong>ni della comunicazione inter-umana.<br />

un conto sono io come individuo. un conto sono io come membro di una cultura. un conto sono io<br />

come membro di una società. faccio interagire questi contesti e non pretendo che le logiche<br />

dell'uno siano le stesse di quello dell'altro<br />

in<br />

POESIA haiku<br />

Haiku<br />

poesia giapponese cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a <strong>da</strong> tre righe (sarebbe improprio dire cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a <strong>da</strong> tre versi) di 5, 7, 5<br />

sillabe (totale 17: notevole per la numerologia); ha per oggetto la natura e contiene una parola che<br />

evoca una stagione.<br />

Comporre haiku è un'arte Zen. Come ha spiegato Roland Barthes, gli haiku <strong>da</strong>nno luogo ad una<br />

"visione senza commenti", riproducono "il gesto del bambino che mostra col d<strong>it</strong>o qualsiasi cosa<br />

dicendo soltanto "quello!"<br />

...<br />

Giuseppe Ungaretti fu tra i primi a conoscere gli haiku, a Parigi; li chiamava Haikai, come fanno<br />

ancora i francesi: propriamente Haikai era una forma antica dell'haiku, con regole un po' diverse<br />

ma con lo stesso cr<strong>it</strong>erio di brev<strong>it</strong>à.<br />

...<br />

Ci si può ispirare al moderno haiku cercando di ridurre poesie già brevi a moduli esatti di 5, 7, 5<br />

sillabe. Per esmpio partendo <strong>da</strong> quei versi che dicono "balaustrata brezza/per appoggiare<br />

stasera/la mia malinconia" può ottenere: "balaustrata/di brezza per la mia/malinconia"<br />

in


POESIA VALORE<br />

Valore<br />

Considero valore ogni forma di v<strong>it</strong>a, la neve, la fragola, la mosca.<br />

Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle.<br />

Considero valore il vino finche' dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si e'<br />

risparmiato, due vecchi che si amano.<br />

Considero valore quello che domani non varra' piu' niente e quello che oggi vale ancora poco.<br />

Considero valore tutte le fer<strong>it</strong>e.<br />

Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un<br />

grido, chiedere permesso prima di sedersi,<br />

provare grat<strong>it</strong>udine senza ricor<strong>da</strong>re di che .<br />

Considero valore sapere in una stanza dov'e' il nord, qual'e' il nome del vento che sta asciugando<br />

il bucato.<br />

Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,<br />

la pazienza del con<strong>da</strong>nnato, qualunque colpa sia.<br />

Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore.<br />

Molti di questi valori non ho conosciuto.<br />

in De Luca, Erri


POLITICA<br />

È uno scontro che segna un'epoca, perché chiude la prima fase di un quindicennio berlusconiano<br />

di poteri contrastati ma bilanciati e ne apre un'altra, che ha l'impronta risolutiva di una resa dei<br />

conti cost<strong>it</strong>uzionale, per arrivare a quella che Max Weber chiama l'"ist<strong>it</strong>uzionalizzazione del<br />

carisma" e alla rottura degli equilibri repubblicani: con la minaccia di una sorta di plebisc<strong>it</strong>o<br />

popolare per forzare il sistema esistente, disegnare una Cost<strong>it</strong>uzione su misura del Premier, e far<br />

nascere infine un nuovo governo, come fonte e risultato di questa concezione tecnicamente<br />

bonapartista, sia pure all'<strong>it</strong>aliana.<br />

un caso di amore e di disperazione tra gen<strong>it</strong>ori e figlia che cercava di sciogliersi nella legal<strong>it</strong>à<br />

dopo un tormento di 17 anni, è stato trasformato ieri <strong>da</strong> Silvio Berlusconi in un confl<strong>it</strong>to<br />

ist<strong>it</strong>uzionale senza precedenti tra il governo e il Quirinale, con il Capo dello Stato che non ha<br />

firmato il decreto d'urgenza del governo sul caso Englaro, dopo aver inutilmente inv<strong>it</strong>ato il Premier<br />

a riflettere sulla sua incost<strong>it</strong>uzional<strong>it</strong>à, e con Berlusconi che ha contestato le prerogative del<br />

Presidente della Repubblica, annunciando la volontà di governare a colpi di decreti legge senza il<br />

controllo del Quirinale<br />

il governo assumerà il potere legislativo attraverso i decreti legge, della cui ammissibil<strong>it</strong>à sarà<br />

l'unico giudice, con le Camere chiamate ad una ratifica automatica di maggioranza e il Capo dello<br />

Stato costretto ad una firma cieca e meccanica.<br />

È un progetto bonapartista, con il Premier che chiede di fatto pieni poteri in nome del legame<br />

emotivo e carismatico con la propria comun<strong>it</strong>à pol<strong>it</strong>ica, si pone come rappresentante diretto della<br />

nazione e pretende la subordinazione di ogni potere all'esecutivo.<br />

la <strong>da</strong>ta di ieri apre una fase nuova nella v<strong>it</strong>a del Paese, una Terza Repubblica basata su una<br />

nuova geografia del potere, una nuova leg<strong>it</strong>tim<strong>it</strong>à cost<strong>it</strong>uzionale, un nuovo concetto di sovran<strong>it</strong>à,<br />

trasfer<strong>it</strong>o <strong>da</strong>l popolo al leader<br />

La svolta bonapartista di EZIO MAURO<br />

in La Repubblica 7 febbraio 2009<br />

in EZIO MAURO<br />

pol<strong>it</strong>ica destini<br />

In pol<strong>it</strong>ica le cose sono 10% decisioni e 90% destini<br />

Massimo Cacciari<br />

in massimo cacciari<br />

POLITICA DESTRA SINISTRA<br />

la sinistra è un male che solo la presenza della destra rende sopportabile<br />

in D'ALEMA MASSIMO


POLITICA ESTERA<br />

Solo pochi anni fa, si pensava alla globalizzazione come alla possibile forzata<br />

occidentalizzazione del mondo. Invece il mondo, sempre più, sta diventando multipolare: con le<br />

sue straordinarie opportun<strong>it</strong>à di umanizzazione e con gli altrettanto enormi rischi per la stabil<strong>it</strong>à<br />

finanziaria e la giustizia sociale, per l’equilibrio ambientale e per la pace.<br />

L’ampliarsi degli orizzonti del mondo rende ancora più attuali le quattro direttrici storiche della<br />

nostra pol<strong>it</strong>ica estera. E rende ancora più evidente e necessario il principio che è la forza di ogni<br />

Paese: la prior<strong>it</strong>à assoluta sono gli interessi nazionali, non quelli di parte.<br />

Si potrà e si dovrà, se necessario, dissentire tra maggioranza e opposizione su questa o quella<br />

scelta concreta. E’ avvenuto in passato e altrove, è possibile che continui a succedere. Ma un<br />

grande Paese, una grande democrazia come noi vogliamo essere, non è tale senza una visione<br />

condivisa della collocazione dell’Italia nel mondo e del nostro, comune interesse nazionale.<br />

Il primo pilastro della nostra pol<strong>it</strong>ica estera è, continua ad essere, la partecipazione attiva dell’Italia<br />

al processo di integrazione pol<strong>it</strong>ica dell’Europa: l’Europa massima possibile, non quella minima<br />

indispensabile, l’Europa come risposta a chi crede che la globalizzazione sia ingovernabile.<br />

Noi facciamo nostro e chiediamo alle altre forze pol<strong>it</strong>iche di fare altrettanto, l’appello del<br />

Presidente Napol<strong>it</strong>ano, al quale rivolgiamo <strong>da</strong> qui il nostro saluto più affettuoso, per una sollec<strong>it</strong>a<br />

ratifica parlamentare del trattato di Lisbona.<br />

Nella prossima legislatura, le nostre prior<strong>it</strong>à in campo europeo saranno una soli<strong>da</strong> pol<strong>it</strong>ica di<br />

sicurezza comune, una pol<strong>it</strong>ica dell’energia coerente con la strategia dell’abbattimento delle<br />

emissioni e dello sviluppo delle fonti rinnovabili, una rappresentanza un<strong>it</strong>aria sui mercati esterni,<br />

una pol<strong>it</strong>ica della ricerca e delle reti europee <strong>da</strong> finanziarsi anche mediante l’emissione di eurobond.<br />

Il secondo pilastro della nostra pol<strong>it</strong>ica estera è il Med<strong>it</strong>erraneo, che dopo secoli di marginal<strong>it</strong>à ha<br />

oggi <strong>da</strong>vanti a sé la straordinaria opportun<strong>it</strong>à di proporsi come l’hub pol<strong>it</strong>ico ed economico<br />

mondiale di questo secolo. Un hub che collega Europa e Nord Africa, Caspio e area del Golfo, a<br />

sua volta porta per l’Asia. Un hub per le merci e per l’energia, per le migrazioni e il dialogo<br />

religioso.<br />

Essere parte e perno di un forte circu<strong>it</strong>o “euro-med<strong>it</strong>erraneo” è per l’Italia la condizione principale<br />

per il rilancio del Mezzogiorno, per rovesciare finalmente la prospettiva e fare del nostro Sud non<br />

più il principale problema ma la più importante risorsa sottoutilizzata del Paese.<br />

Il terzo pilastro è il rafforzamento dell’amicizia e della collaborazione, nazionale ed europea, con<br />

gli Stati Un<strong>it</strong>i. Amicizia e collaborazione fon<strong>da</strong>te ovviamente sull’autonomia, e non sulla<br />

dipendenza. Sul legame che la storia ci ha consegnato, e sui comp<strong>it</strong>i che il presente ci assegna.<br />

Concorrere alla costruzione di uno spazio comune transatlantico è fon<strong>da</strong>mentale nel campo<br />

tradizionale della pol<strong>it</strong>ica estera e di difesa. Ed è decisivo in campo economico, dove serve una<br />

cooperazione che rafforzi il governo della globalizzazione e della liberalizzazione dei mercati, e<br />

diminuisca il rischio di crescenti protezionismi.<br />

Europa e Stati Un<strong>it</strong>i assieme rendono tutto più facile e possibile. La partnership atlantica è la base<br />

migliore per un nuovo dialogo con il mondo arabo e islamico. E’ un’opportun<strong>it</strong>à per il governo delle<br />

crisi, a cominciare <strong>da</strong> quella israelo-palestinese. E’ la chiave per la piena integrazione dei Balcani<br />

occidentali nel sistema europeo, e per un approccio pos<strong>it</strong>ivo nei confronti delle nuove potenze<br />

emergenti e dei rischi della proliferazione nucleare e del riarmo.<br />

Il quarto pilastro di una pol<strong>it</strong>ica estera che auspichiamo condivisa <strong>da</strong>l più ampio arco di forze<br />

parlamentari è il multilateralismo, e in particolare il sostegno alle Nazioni Un<strong>it</strong>e, al loro<br />

imprescindibile ruolo, alla loro necessaria autoriforma.


Dopo il successo dell’iniziativa sulla moratoria delle esecuzioni cap<strong>it</strong>ali, l’Italia deve continuare a


attersi per la tutela dei dir<strong>it</strong>ti umani e per l’affermazione e il rispetto della legal<strong>it</strong>à internazionale,<br />

tram<strong>it</strong>e la Corte di Giustizia e il Tribunale Penale Internazionale.<br />

E io continuo a credere che faremmo un torto alla nostra civiltà, oltre che al futuro stesso<br />

dell’uman<strong>it</strong>à, se non assumessimo in modo più stringente e vincolante la lotta alla povertà e alla<br />

fame e il raggiungimento degli altri Obiettivi di Sviluppo del Millennio.<br />

in walter veltroni<br />

POLITICA OCCIDENTE COLPA<br />

«Viviamo tempi in cui gli uomini, spinti <strong>da</strong> spir<strong>it</strong>i mediocri o <strong>da</strong> feroci ideologie, si ab<strong>it</strong>uano a<br />

provare vergogna di qualsiasi cosa. Vergogna di se stessi, vergogna di essere felici, d'amare e<br />

di creare. [...] È necessario quindi sentirsi colpevoli. Eccoci trascinati al confessionale laico, il<br />

peggiore di tutti. » Albert Camus, Actuelles. Ecr<strong>it</strong>s pol<strong>it</strong>iques, 1948<br />

in Albert Camus


POLITICA PARTITO DEMOCRATICO ELEZIONI APRILE 2008 SCHEMA FORZE IN CAMPO<br />

non abbiamo avuto paura di rompere il vecchio schema pol<strong>it</strong>ico.<br />

Probabilmente chi ha guar<strong>da</strong>to a noi con gli occhi di una volta avrà pensato fosse solo tattica,<br />

fossero solo parole.<br />

Se è così, ha avuto non solo il tempo per ricredersi, ma anche per maturare il convincimento che<br />

la nostra scelta di presentarci agli <strong>it</strong>aliani, <strong>da</strong> soli con le nostre idee e le nostre proposte,<br />

finalmente liberi, segna la fine di un’epoca e obbliga tutti al cambiamento.<br />

E’ stato sufficiente aver avuto il coraggio per farlo, ed è come se una voce si fosse alzata a dire<br />

che “il re è nudo”.<br />

Improvvisamente tutti hanno visto quel che era evidente: siamo an<strong>da</strong>ti avanti per quindici anni con<br />

alleanze tanto grandi quanto eterogenee, f<strong>it</strong>tizie, pensate solo per battere l’avversario, anzi per<br />

distruggere il nemico. Poi, puntualmente, esecutivi che non potevano realizzare programmi e<br />

governare. E altrettanto puntualmente pun<strong>it</strong>i <strong>da</strong>gli elettori la volta dopo, visto che nessun governo,<br />

in questa lunga stagione di bipolarismo abbozzato, è stato confermato per due volte di segu<strong>it</strong>o.<br />

Non lo si è voluto fare insieme? Noi abbiamo cominciato unilateralmente a cambiare la pol<strong>it</strong>ica<br />

<strong>it</strong>aliana.<br />

E’ questo che sta facendo il Part<strong>it</strong>o democratico. E’ questo che sta accadendo dopo che noi<br />

abbiamo deciso: basta mediare, basta attenuare, basta r<strong>it</strong>ar<strong>da</strong>re o rinunciare.<br />

Oggi siamo finalmente liberi di dire agli <strong>it</strong>aliani quello che pensiamo e vogliamo. E se<br />

gua<strong>da</strong>gneremo la loro fiducia saremo finalmente liberi di governare. Liberi di imprimere al Paese la<br />

svolta riformista che serve.<br />

La radical<strong>it</strong>à della nostra scelta ha prodotto e sta producendo effetti di autentico terremoto della<br />

v<strong>it</strong>a pol<strong>it</strong>ica <strong>it</strong>aliana. E’ quanto pensavamo sarebbe successo. E’ quanto è giusto acca<strong>da</strong>.<br />

Noi abbiamo scelto di chiudere l’esperienza nazionale di coalizioni la cui eterogene<strong>it</strong>à<br />

programmatica è ogni giorno confermata <strong>da</strong>lle dichiarazioni, che rispetto, degli amici della sinistra<br />

Arcobaleno, ai quali voglio rivolgere un augurio di buona fortuna per la loro scelta di autonomia.<br />

Noi con questa scelta abbiamo defin<strong>it</strong>o con chiarezza il nostro campo e il campo del governo che<br />

ci sarà. E’ il campo del centrosinistra riformista. Chi voterà per noi avrà la certezza che il<br />

riformismo, libero <strong>da</strong> condizionamenti e veti, diventerà governo del Paese.<br />

Ma il vero terremoto è ora nel centrodestra.<br />

Precip<strong>it</strong>ati verso le elezioni con la bottiglia di champagne in mano, ora per effetto della nostra<br />

iniziativa vedono squadernate le loro divisioni e le loro lacerazioni. Impossibil<strong>it</strong>ati a fare quello che<br />

avevano pensato, e cioè una coalizione di 18 part<strong>it</strong>i che dopo la nostra scelta sarebbe apparsa<br />

“marziana”, sono stati costretti <strong>da</strong> un lato a improvvisare un cartello che non si capisce se sia un<br />

part<strong>it</strong>o o una lista elettorale, e <strong>da</strong>ll’altro a scaricare alleati.<br />

Ma al contrario di quanto abbiamo fatto noi, che abbiamo concluso la nostra esperienza con la<br />

sinistra radicale, Forza Italia ha r<strong>it</strong>enuto di dover concludere la sua esperienza con le forze<br />

moderate di centro, alleandosi con AN e con il movimento di estrema destra gui<strong>da</strong>to <strong>da</strong>lla signora<br />

Mussolini.<br />

Così il panorama pol<strong>it</strong>ico <strong>it</strong>aliano è cambiato. E’ obiettivamente, nessuno lo può negare, uno<br />

spostamento a destra.


in walter veltroni


POLITICA PARTITO DEMOCRATICO PROGRAMMA ELEZIONI APRILE 2008<br />

Nei prossimi giorni il Coordinamento pol<strong>it</strong>ico discuterà e approverà un documento programmatico<br />

che tradurrà questi principi in una organica proposta al Paese.<br />

Qui mi lim<strong>it</strong>erò ad indicare dodici grandi obiettivi, dodici proposte innovative che possono cambiare<br />

l’Italia.<br />

1. Primo: modernizzare l’Italia significa scegliere come prior<strong>it</strong>à le infrastrutture e la qual<strong>it</strong>à<br />

ambientale.<br />

Partiamo <strong>da</strong> qui, <strong>da</strong> un programma straordinario che si proponga di colmare il grave r<strong>it</strong>ardo che<br />

l’Italia ha accumulato.<br />

Il Paese ha bisogno di infrastrutture e servizi che oggi sono ostacolati più <strong>da</strong> incapac<strong>it</strong>à di<br />

decisione che <strong>da</strong> carenza di risorse finanziarie.<br />

Ecco la nov<strong>it</strong>à del nostro ambientalismo del fare: sì al coinvolgimento, alla partecipazione, alla<br />

consultazione dei c<strong>it</strong>tadini in tutte le fasi di localizzazione, progettazione e costruzione; ma basta<br />

con l'ambientalismo che cavalca ogni movimento di protesta del tipo Nimby, “non nel mio giardino”,<br />

e impedisce di fare le infrastrutture necessarie al Paese.<br />

Noi riformeremo la normativa di valutazione ambientale delle opere, con l'eliminazione dei tre<br />

passaggi attuali e la concentrazione in un’unica procedura di autorizzazione, <strong>da</strong> concludere in tre<br />

mesi. Una volta assunta la decisione, deve essere previsto un divieto di revoca o l'applicazione<br />

di sanzioni pecuniarie elevate con responsabil<strong>it</strong>à erariale a carico degli amministratori pubblici<br />

interessati.<br />

La prior<strong>it</strong>à va <strong>da</strong>ta agli im<strong>pia</strong>nti per produrre energia pul<strong>it</strong>a, ai rigassificatori indispensabili per<br />

liberalizzare e diversificare l'approvvigionamento di metano, ai termovalorizzatori e agli altri<br />

im<strong>pia</strong>nti per il trattamento dei rifiuti, alla manutenzione ordinaria e straordinaria della rete idrica.<br />

E poi al trasporto ferroviario. L’Alta Veloc<strong>it</strong>à è il più grande investimento infrastrutturale in corso<br />

nel nostro Paese: va completato e utilizzato appieno. Il completamento della TAV metterà a<br />

disposizione del trasporto regionale un aumento del 50 per cento delle tratte ferroviarie. Noi le<br />

useremo per ridurre il traffico attorno alle grandi c<strong>it</strong>tà e per <strong>da</strong>re ai pendolari un servizio<br />

finalmente decente.<br />

Dotare il Paese delle necessarie infrastrutture non solo non è in contraddizione con l’obiettivo di<br />

tutelare e valorizzare l’ambiente, ma ne è il presupposto. Allo stesso modo, le tecnologie per<br />

l'ambiente saranno nei prossimi vent'anni ciò che il comparto della comunicazione è stato nei venti<br />

precedenti: la forza trainante dello sviluppo e di un più vasto cambiamento economico e sociale.<br />

Produrre il 20 per cento di energia con il sole e con il vento significa risparmiare miliardi di euro<br />

sulle importazioni di petrolio; migliorare l'efficienza energetica significa più compet<strong>it</strong>iv<strong>it</strong>à per le<br />

imprese e risparmio per le famiglie.<br />

E la nostra proposta è un <strong>pia</strong>no per realizzare in dieci anni la trasformazione delle fonti principali<br />

di riscal<strong>da</strong>mento degli edifici, privati e pubblici, in modo <strong>da</strong> creare al tempo stesso un gigantesco<br />

risparmio energetico e un grande volano di cresc<strong>it</strong>a economica.<br />

Per anni abbiamo incentivato la rottamazione delle auto. Ora incentiviamo la rottamazione del<br />

petrolio.<br />

2. Il secondo grande obiettivo di innovazione è il Mezzogiorno, è la sua cresc<strong>it</strong>a, che è poi la<br />

cresc<strong>it</strong>a dell’Italia.


Gran parte delle pol<strong>it</strong>iche per il Mezzogiorno è incentrata sull'utilizzo delle risorse comun<strong>it</strong>arie.<br />

L’efficacia di questa spesa è stata tuttavia spesso deludente, si è assist<strong>it</strong>o alla dispersione dei


fondi in una miriade di programmi e si sono così mancate importanti occasioni per utilizzare le<br />

risorse in modo <strong>da</strong> superare i rilevanti gap del Mezzogiorno nelle infrastrutture e nei servizi<br />

collettivi.<br />

Si deve quindi procedere a una drastica e veloce revisione dei programmi, e ad un altrettanto<br />

drastico accentramento delle risorse su pochi obiettivi, quantificabili e controllabili.<br />

La prior<strong>it</strong>à è quella di portare entro il 2013 la rete delle infrastrutture, a cominciare <strong>da</strong>l sistema dei<br />

trasporti – strade, ferrovie, porti, aeroporti e autostrade del mare – su un livello quant<strong>it</strong>ativo e<br />

qual<strong>it</strong>ativo confrontabile con l’Europa sviluppata. E lo stesso vale per servizi essenziali come<br />

quelli idrici e ambientali.<br />

Pensiamo alla Sicilia, alla sua collocazione strategica, al suo essere approdo quasi naturale per i<br />

traffici commerciali delle economie emergenti dell’area, che fa dell’Isola l’avamposto europeo nel<br />

Med<strong>it</strong>erraneo. Perché questo circu<strong>it</strong>o virtuoso si sviluppi la Sicilia ha bisogno di una rete<br />

infrastrutturale che le consenta di diventare <strong>da</strong>vvero, con le altre regioni del nostro Mezzogiorno,<br />

la naturale <strong>pia</strong>ttaforma logistica per gli scambi di servizi, di beni, di persone, di culture in un’area<br />

cruciale del mondo.<br />

3. Terzo grande obiettivo di innovazione è il controllo della dinamica della spesa pubblica. E’<br />

aumentarne la produttiv<strong>it</strong>à e renderla finalmente quel fattore di sviluppo e di uguaglianza che oggi<br />

ancora non è.<br />

Nei cinque anni di governo del centrodestra la spesa corrente primaria è aumentata di due punti e<br />

mezzo di PIL. Un'enorm<strong>it</strong>à, che spiega <strong>da</strong> sola il fallimento delle pol<strong>it</strong>iche economiche della Casa<br />

delle libertà.<br />

In tutto il mondo, la destra liberista ha come slogan “meno Stato più mercato”.<br />

Solo in Italia il centrodestra pensava di poter governare riducendo le tasse e aumentando la<br />

spesa.<br />

Alla fine dei cinque anni del governo Berlusconi, la pressione fiscale era stata leggermente<br />

ridotta. Peccato però che la spesa corrente primaria, che il centrodestra aveva trovato nel 2000<br />

al 37,3 per cento del PIL sia stata lasciata al 39,9 per cento nel 2005: più 2,6.<br />

Tra minori entrate e maggiori usc<strong>it</strong>e, 3 punti e mezzo di PIL <strong>da</strong> finanziare: questa è l’ered<strong>it</strong>à che ha<br />

trovato il Governo Prodi.<br />

E’ quindi vero che il miglioramento dei conti pubblici, che ha portato alla fuoriusc<strong>it</strong>a dell'Italia <strong>da</strong>lla<br />

procedura di infrazione per defic<strong>it</strong> eccessivo in cui era precip<strong>it</strong>ata nel quinquennio 2001-2006,<br />

deriva per la parte maggiore <strong>da</strong> un aumento della pressione fiscale: peraltro, in parte consistente,<br />

frutto del successo nella lotta all'evasione fiscale.<br />

Ma non è meno vero, che per la prima volta dopo dieci anni un Governo stava riuscendo a<br />

mettere sotto controllo la spesa corrente primaria, che è passata <strong>da</strong>l 39,9 del 2005 al 39,3 del<br />

2007.<br />

Proprio l’esperienza di questi due anni ci consente di dire credibilmente ai c<strong>it</strong>tadini <strong>it</strong>aliani che nella<br />

prossima legislatura, il banco di prova decisivo per il Governo del Part<strong>it</strong>o Democratico è quello<br />

riqualificare e ridurre la spesa pubblica. Senza ridurre, anzi facendo gradualmente crescere in<br />

rapporto al PIL, la spesa sociale.<br />

Spendere meglio, spendere meno.<br />

Mezzo punto di PIL di spesa corrente primaria in meno nel primo anno, un punto nel secondo e un<br />

punto nel terzo: il conseguimento di questo risultato è condizione irrinunciabile per onorare l'altro


impegno che assumiamo con i contribuenti <strong>it</strong>aliani, famiglie e imprese: rest<strong>it</strong>uire loro, con riduzioni


di aliquota e detrazioni, ogni Euro di gett<strong>it</strong>o aggiuntivo, derivante <strong>da</strong>lla lotta all'evasione fiscale.<br />

Procederemo con innovazioni legislative certo. Ma, soprattutto, con attiv<strong>it</strong>à di alta<br />

amministrazione.<br />

Un maggiore controllo della spesa pubblica è possibile, come dimostrano i <strong>da</strong>ti pos<strong>it</strong>ivi del 2007.<br />

Occorre continuare con tenacia e con rigore.<br />

Noi risparmieremo sugli acquisti di beni e servizi, ricorrendo a grandi <strong>pia</strong>ttaforme di acquisto.<br />

Aumenteremo l’efficienza del lavoro pubblico, collegando all’effettiva produttiv<strong>it</strong>à la dinamica delle<br />

retribuzioni, oltre che valutando <strong>da</strong>vvero i dirigenti sulla base del raggiungimento degli obiettivi.<br />

E a propos<strong>it</strong>o di valutazione, è tempo di <strong>da</strong>re ai c<strong>it</strong>tadini la reale possibil<strong>it</strong>à di giudicare i servizi<br />

ricevuti, di fornire indicazioni per il loro miglioramento e di operare per realizzarlo. Non può<br />

sempre passare tutto sulla testa delle persone. Questa è una innovazione profon<strong>da</strong>, per mettere<br />

l’Italia sullo stesso <strong>pia</strong>no delle grandi democrazie moderne.<br />

E ancora, per questo: semplificare il nostro barocco sistema amministrativo, ridurre le<br />

sovrapposizioni fra uffici, livelli ist<strong>it</strong>uzionali, organismi ed enti pubblici, accorpare in un’unica sede<br />

provinciale tutti gli uffici periferici dello Stato.<br />

Anche in attesa di una riforma ist<strong>it</strong>uzionale più complessiva, che assesti finalmente il T<strong>it</strong>olo V della<br />

Cost<strong>it</strong>uzione, cominceremo <strong>da</strong> sub<strong>it</strong>o abolendo le Province nei grandi Comuni metropol<strong>it</strong>ani, ai<br />

quali andranno <strong>da</strong>ti poteri reali in settori importanti come la mobil<strong>it</strong>à.<br />

Utilizzeremo in modo produttivo il grande patrimonio demaniale, con l’accordo di Stato e Comuni, in<br />

modo <strong>da</strong> abbattere contestualmente di qualche punto il deb<strong>it</strong>o pubblico, che potrà così scendere<br />

più rapi<strong>da</strong>mente al di sotto della soglia del 100 per cento sul PIL.<br />

Libereremo così risorse per almeno un punto di PIL all’anno, attualmente impiegate per pagare<br />

interessi sul deb<strong>it</strong>o: una posta di bilancio che oggi si mangia quasi la metà dell’intero gett<strong>it</strong>o IRPEF.<br />

Insomma: una pol<strong>it</strong>ica forte e autorevole, un quadro ist<strong>it</strong>uzionale più sereno, un lavoro di lunga<br />

lena ma realistico, possono permetterci, nell’arco di pochi anni, di ridurre la percentuale di spesa<br />

pubblica sul PIL e, soprattutto, di migliorare la qual<strong>it</strong>à della spesa.<br />

4. Quarto obiettivo, fare quello che non è mai stato fatto e che oggi è possibile fare: ridurre<br />

<strong>da</strong>vvero le tasse ai contribuenti leali, che sono tanti, lavoratori dipendenti e autonomi, e che<br />

pagano <strong>da</strong>vvero troppo.<br />

Il risanamento della finanza pubblica realizzato negli ultimi due anni, combinato con questo<br />

credibile e concreto programma di riduzione e riqualificazione della spesa e con la prosecuzione<br />

della lotta all’evasione, permette per il futuro, anche per quello immediato, di programmare una<br />

riduzione del carico fiscale.<br />

Per sostenere il potere d’acquisto delle famiglie <strong>it</strong>aliane e affrontare la questione salariale.<br />

Per rest<strong>it</strong>uire alle famiglie e alle imprese i frutti della lotta all’evasione e all’elusione.<br />

Per rendere il fisco più amico dello sviluppo delle persone e dell’economia.<br />

Pagare meno, pagare tutti: è questo il terzo grande obiettivo programmatico del Part<strong>it</strong>o<br />

Democratico.<br />

Un obiettivo che si traduce, sub<strong>it</strong>o, in un incremento della detrazione IRPEF a favore dei lavoratori


dipendenti. E dunque in un aumento di salari e stipendi.


La manovra è attuabile in più fasi, in progressiva cresc<strong>it</strong>a nel tempo, partendo <strong>da</strong>i redd<strong>it</strong>i mediobassi.<br />

E può essere usato per portare a regime l'intervento per la rest<strong>it</strong>uzione del fiscal-drag: ogni<br />

anno, la detrazione aumenta per neutralizzare l'effetto del drenaggio fiscale.<br />

La detrazione può essere utilizzata anche per sperimentare forme di sostegno ai redd<strong>it</strong>i più bassi,<br />

come trasferimento a favore dei lavoratori che hanno un redd<strong>it</strong>o così basso <strong>da</strong> non poter<br />

usufruire delle detrazioni di cui pure avrebbero dir<strong>it</strong>to.<br />

Proprio perché abbiamo dimostrato di saper fare la lotta all’evasione fiscale, insieme al controllo<br />

della spesa, possiamo essere credibili se ci assumiamo l’impegno, a partire <strong>da</strong>l 2009, di ridurre<br />

gradualmente tutte le aliquote IRPEF: un punto in meno all'anno, per tre anni.<br />

Sub<strong>it</strong>o ridurremo invece la pressione fiscale sulla quota di salario <strong>da</strong> contrattazione di secondo<br />

livello: azien<strong>da</strong>, gruppo, distretto, terr<strong>it</strong>orio.<br />

Ridurre le tasse sul salario di produttiv<strong>it</strong>à è la stra<strong>da</strong> maestra per favorire la cresc<strong>it</strong>a e, allo<br />

stesso tempo, per redistribuire finalmente un po’ dei vantaggi <strong>da</strong> aumento della produttiv<strong>it</strong>à anche<br />

a favore dei lavoratori.<br />

Per pagare le tasse, le piccolissime imprese commerciali ed artigiane sopportano esorb<strong>it</strong>anti costi<br />

di regolare tenuta della contabil<strong>it</strong>à. Va dunque significativamente elevato il tetto di 30 mila euro di<br />

fatturato per il pagamento a forfa<strong>it</strong> delle diverse imposte e tributi, anche attraverso una<br />

differenziazione del tetto stesso per settori e comparti, <strong>da</strong> concor<strong>da</strong>re con tutte le categorie<br />

interessate.<br />

Ad esempio: più alto, fino a 50 mila Euro, per chi produce beni, un po’ più basso per chi produce<br />

servizi.<br />

Agli artigiani, ai commercianti, alle piccole imprese in generale voglio dire che semplificheremo<br />

drasticamente l’applicazione degli studi di settore per imprese in monocomm<strong>it</strong>tenza e contoterzisti,<br />

fino a consentire loro la totale fuoriusc<strong>it</strong>a <strong>da</strong>ll'uso di questo strumento.<br />

La revisione degli studi di settore si applicherà all’anno d’imposta in corso e non sarà mai<br />

retroattiva.<br />

Abrogheremo la norma che prevede la possibil<strong>it</strong>à di re<strong>it</strong>erare gli accertamenti.<br />

Daremo maggiore rilevanza alla dimensione terr<strong>it</strong>oriale nella definizione degli indicatori utilizzati<br />

negli studi.<br />

Potenzieremo la formazione congiunta tra Agenzia delle Entrate e Associazioni di categoria.<br />

5. Il quinto grande obiettivo di innovazione è investire più di quanto mai sia stato fatto sul lavoro<br />

delle donne.<br />

Il modello sociale <strong>it</strong>aliano è oggi affl<strong>it</strong>to <strong>da</strong> tre gravi patologie: bassi tassi di occupazione femminile,<br />

bassa natal<strong>it</strong>à e alti tassi di povertà minorile.<br />

Si tratta di un circolo vizioso, che blocca la cresc<strong>it</strong>a economica, demografica e “civile” dell’Italia.<br />

Che futuro può avere il Mezzogiorno se un quarto dei suoi bambini nasce povero e vive<br />

un’infanzia deprivata? Se i suoi quindicenni hanno una preparazione scolastica più simile a quella<br />

di Thailandia e Uruguay che a quella della Francia o della Germania, e anche del Trentino e della<br />

Lombardia? Che sicurezza economica possono avere le famiglie <strong>it</strong>aliane se la loro maggioranza,<br />

soprattutto fra quelle con figli, può contare su un solo percettore di redd<strong>it</strong>o, quasi<br />

immancabilmente il maschio adulto?


Per questo noi vogliamo trasformare l’enorme cap<strong>it</strong>ale umano femminile inattivo in un “asso” <strong>da</strong>


giocare nella part<strong>it</strong>a dello sviluppo, della compet<strong>it</strong>iv<strong>it</strong>à, del benessere sociale.<br />

Vogliamo rovesciare il circolo vizioso in un circolo virtuoso. Più donne occupate significa infatti<br />

più cresc<strong>it</strong>a, più nasc<strong>it</strong>e (come dimostra l’esperienza degli altri paesi europei), famiglie più sicure<br />

economicamente e più dinamiche e meno minori in povertà.<br />

Per favorire l’occupazione femminile, noi introdurremo incentivi fiscali mirati per il lavoro delle<br />

donne, anche al fine di favorire il secondo redd<strong>it</strong>o familiare, e incentivi fiscali per promuovere, sul<br />

mercato, un settore di servizi “avanzati” alle famiglie, che sia insieme un settore di occupazione<br />

per le donne e un mezzo di conciliazione.<br />

In particolare, pensiamo ad un cred<strong>it</strong>o d'imposta rimborsabile per le donne che lavorano, adeguato<br />

a sostenere le spese di cura, così <strong>da</strong> essere incentivante e graduato in rapporto al numero dei<br />

figli e al livello di redd<strong>it</strong>o. Tutte le donne lavoratrici, siano dipendenti, autonome o atipiche, con figli<br />

e redd<strong>it</strong>o familiare al di sotto di una certa soglia che potrà crescere nel tempo, dovranno poterne<br />

beneficiare. Nei primi due anni della legislatura, il cred<strong>it</strong>o d’imposta potrà essere applicato alle<br />

donne lavoratrici del Sud, per poi essere esteso a tutto il terr<strong>it</strong>orio nazionale.<br />

Vareremo inoltre una legge sull’eguaglianza di genere nel mercato del lavoro, come in Spagna, e<br />

stabiliremo punteggi più elevati nelle graduatorie per gli appalti alle aziende che rispettano la par<strong>it</strong>à<br />

di genere.<br />

E ai livelli più alti, vogliamo che i Consigli d’Amministrazione delle aziende pubbliche siano formati,<br />

per metà, <strong>da</strong> donne.<br />

Per la conciliazione tra lavoro e matern<strong>it</strong>à, proponiamo orari flessibili e “lunghi” negli asili, nelle<br />

scuole elementari e negli uffici pubblici che rendono i principali servizi ai c<strong>it</strong>tadini; gli asili dovranno<br />

chiudere solo una settimana a Ferragosto; le scuole elementari dovranno organizzare attiv<strong>it</strong>à<br />

estive e restare aperte anche al pomeriggio; gli orari del commercio dovranno essere liberalizzati.<br />

Proponiamo anche un nuovo congedo di patern<strong>it</strong>à interamente retribu<strong>it</strong>o, <strong>da</strong>lle imprese, come nei<br />

paesi scandinavi, addizionale alla matern<strong>it</strong>à/patern<strong>it</strong>à già oggi prevista, e non fruibile <strong>da</strong>lle donne;<br />

congedi parentali al 100 per cento per 12 mesi, come in Francia; incentivi alla flessibil<strong>it</strong>à di orario<br />

richiesta <strong>da</strong>l dipendente.<br />

E se parliamo di dign<strong>it</strong>à femminile, di libertà e responsabil<strong>it</strong>à delle donne <strong>it</strong>aliane, fatemi dire ancora<br />

una volta con estrema chiarezza: la legge 194 è una buona legge, è una legge contro il dramma<br />

dell’aborto, tanto che ha sottratto le donne <strong>da</strong>ll’incubo della clandestin<strong>it</strong>à e in trent’anni ha quasi<br />

dimezzato il numero degli aborti. Discutiamo di come applicarla integralmente, di come<br />

valorizzarne gli aspetti di prevenzione. Ma è una legge che va difesa ed è un tema che va tenuto<br />

fuori <strong>da</strong>lla campagna elettorale.<br />

6. Il sesto obiettivo di innovazione è aumentare il numero di case in aff<strong>it</strong>to.<br />

In Italia la quota di patrimonio immobiliare in aff<strong>it</strong>to è pari al 19 per cento, contro il 60 in Germania,<br />

tra il 40 e il 50 in Austria, Danimarca, Francia, Paesi Bassi e Svezia, il 30 nel Regno Un<strong>it</strong>o.<br />

La scarsa disponibil<strong>it</strong>à di case in aff<strong>it</strong>to blocca la mobil<strong>it</strong>à, specie dei giovani e delle giovani<br />

coppie. Il terzo delle famiglie che non possiede ab<strong>it</strong>azioni è esposto al rischio di aumenti dei costi<br />

degli aff<strong>it</strong>ti e alle difficoltà di poter acquistare una casa senza venderne un'altra.<br />

Tra le misure che proporremo per aumentare l’offerta di case in aff<strong>it</strong>to, un grande progetto di<br />

social housing realizzato <strong>da</strong> fondi immobiliari di tipo etico a controllo pubblico, con ruolo centrale<br />

della Cassa Depos<strong>it</strong>i e Prest<strong>it</strong>i, che può mobil<strong>it</strong>are risorse per 50 miliardi di euro, senza intervento<br />

di spesa pubblica, per la costruzione e gestione di 700 mila un<strong>it</strong>à ab<strong>it</strong>ative <strong>da</strong> mettere sul mercato<br />

a canoni compresi fra i 300 e i 500 euro.


E una coraggiosa riforma del regime fiscale degli aff<strong>it</strong>ti: tassare il redd<strong>it</strong>o <strong>da</strong> aff<strong>it</strong>to ad aliquota<br />

fissa, ferma restando l’opzione per la condizione di miglior favore; e consentire la detraibil<strong>it</strong>à di<br />

una quota fissa dell’aff<strong>it</strong>to pagato fino a 250 euro mensili.<br />

7. Il settimo grande obiettivo programmatico del Part<strong>it</strong>o Democratico è quello di invertire l’attuale<br />

trend demografico, aiutando in modo significativo le famiglie con figli, mediante l’ist<strong>it</strong>uzione della<br />

Dote fiscale per il figlio, proposta <strong>da</strong>lla Conferenza governativa di Firenze sulla famiglia.<br />

La Dote sost<strong>it</strong>uisce gli attuali Assegni per il nucleo familiare e le detrazioni Irpef per figli a carico,<br />

assicura trattamenti significativamente superiori a quelli attuali, si rivolge anche ai lavoratori<br />

autonomi.<br />

La Dote parte <strong>da</strong> un valore pieno di 2.500 euro annui sul primo figlio, aumentando col numero dei<br />

figli secondo parametri di equivalenza e riducendosi regolarmente in funzione del redd<strong>it</strong>o<br />

familiare, ma in modo <strong>da</strong> migliorare i trattamenti anche per i redd<strong>it</strong>i medi e medio-alti.<br />

Per le famiglie incapienti con figli, la Dote stessa fa <strong>da</strong> imposta negativa in quanto viene erogata<br />

come trasferimento.<br />

L'asilo nido deve diventare un servizio universale, disponibile per chiunque ne abbia bisogno. Il<br />

nostro obiettivo, in collaborazione con le Regioni e gli enti locali, è quello di raddop<strong>pia</strong>re il numero<br />

dei posti entro cinque anni, in modo <strong>da</strong> assicurare il servizio ad almeno il 20 per cento dei bambini<br />

<strong>da</strong> 0 a 3 anni.<br />

E’ anche con questi strumenti che si sostiene la famiglia, che la si aiuta a svolgere la sua<br />

importante funzione sociale.<br />

Dobbiamo fare della nostra una società a misura di bambino, riservando all’infanzia i tempi e gli<br />

spazi di cui ha bisogno.<br />

E difendendo i bambini <strong>da</strong>lle violenze, spesso familiari, e <strong>da</strong>lle insidie che una società predona<br />

mette in atto nei loro confronti.<br />

Lo dico tornando per un momento all’esperienza che ho vissuto negli ultimi sette anni. Come<br />

Sin<strong>da</strong>co ho incontrato migliaia di bambini. Li ho visti felici negli asili, nelle scuole, nei parchi giochi<br />

insieme ai loro gen<strong>it</strong>ori. Li ho visti non perdere il sorriso e l’allegria negli ospe<strong>da</strong>li. Ho incontrato, ed<br />

è questa la cosa più dura, lo sguardo dei bambini che avevano sub<strong>it</strong>o un trauma, una violenza,<br />

un abuso.<br />

Io su poche cose non ho dubbi come su questa: la pedofilia è per me il più orrendo dei crimini, è<br />

equiparabile ad un del<strong>it</strong>to, perché è la v<strong>it</strong>a di un piccolo innocente che si spezza. Come tale la<br />

giustizia lo deve perseguire, con la più assoluta durezza, anche nell’erogazione della pena.<br />

8. Ottavo obiettivo, ottava sfi<strong>da</strong> di innovazione: fare della Scuola, dell’Univers<strong>it</strong>à, della Ricerca un<br />

sistema all’altezza delle sfide della società della conoscenza. Mi lim<strong>it</strong>o qui ad anticipare alcune<br />

proposte.<br />

Abbiamo bisogno di “campus” scolastici e univers<strong>it</strong>ari. Abbiamo bisogno che per i ragazzi i luoghi<br />

di formazione non siano come una fabbrica o un ufficio, ma dei centri di v<strong>it</strong>a e di formazione<br />

permanente.<br />

Ci sono risorse non solo per riqualificare le strutture esistenti, ma per farne i luoghi più belli e<br />

accoglienti del quartiere. Scuole aperte il pomeriggio, con arch<strong>it</strong>etture nuove, attrezzature<br />

di<strong>da</strong>ttiche di qual<strong>it</strong>à, strumenti tecnologici e im<strong>pia</strong>nti sportivi.<br />

Cento “campus”, univers<strong>it</strong>ari e scolastici, dovranno essere pronti per il 2010. Delle centrali di<br />

sapere per le comun<strong>it</strong>à locali. Dei luoghi di formazione e di “internazionalizzazione” per i nostri


agazzi.


Il secondo impegno riguar<strong>da</strong> la valutazione. Tutti gli studenti delle scuole <strong>it</strong>aliane saranno<br />

periodicamente sottoposti a test oggettivi, che serviranno alle famiglie per valutare la qual<strong>it</strong>à<br />

dell’apprendimento dei ragazzi e della scuola che frequentano.<br />

Perché è sul talento e sul mer<strong>it</strong>o che la società <strong>it</strong>aliana dovrà contare. Perché il talento e il mer<strong>it</strong>o,<br />

se un<strong>it</strong>i alla costruzione di un sistema di pari opportun<strong>it</strong>à, sono il miglior propellente della cresc<strong>it</strong>a<br />

e della coesione sociale.<br />

E fatemi dire, a quarant’anni <strong>da</strong>l ’68, che chi allora proponeva il “6 pol<strong>it</strong>ico” produceva un falso<br />

egual<strong>it</strong>arismo che perpetuava le divisioni sociali e di classe esistenti.<br />

Il terzo impegno riguar<strong>da</strong> gli insegnanti: noi investiremo sulla loro passione e la loro competenza,<br />

la vera risorsa di una scuola di qual<strong>it</strong>à, avviando una vera e propria carriera professionale degli<br />

insegnanti che valorizzi, anche qui, il mer<strong>it</strong>o e l’impegno.<br />

Investire sulla professional<strong>it</strong>à docente significa ad esempio prevedere per gli insegnanti periodi<br />

sabbatici di aggiornamento intensivo, così come avviene per i professori univers<strong>it</strong>ari.<br />

Quanto alla ricerca, dobbiamo spingere le imprese a investire più risorse, concentrando solo sugli<br />

investimenti in ricerca e sviluppo i contributi a fondo perduto.<br />

9. Il nostro nono grande obiettivo è in realtà una prior<strong>it</strong>à assoluta: la lotta alla precarietà. E in<br />

senso più ampio la qual<strong>it</strong>à del lavoro, la sua sicurezza.<br />

Comincio <strong>da</strong> questa: si tratta di difendere e promuovere stan<strong>da</strong>rd minimi di civiltà. Ma si tratta<br />

anche di far avanzare un’idea alta della competizione e della produttiv<strong>it</strong>à. Dobbiamo vincere sui<br />

mercati internazionali per la qual<strong>it</strong>à delle nostre produzioni, quindi per la forza del nostro lavoro,<br />

non perché ci illudiamo di poter competere sui costi, mettendo in pericolo la sicurezza e<br />

sacrificando i dir<strong>it</strong>ti dei lavoratori.<br />

Ed io sono orgoglioso di potervi annunciare la prima candi<strong>da</strong>tura del Part<strong>it</strong>o Democratico alle<br />

prossime elezioni: è quella di Antonio Boccuzzi, operaio della Thyssen, sin<strong>da</strong>calista, unico<br />

sopravvissuto dei sette che quella notte si trovavano sulla linea cinque.<br />

La sicurezza del lavoro, poter lavorare senza morire e senza farsi male, è un dir<strong>it</strong>to fon<strong>da</strong>mentale<br />

della persona umana, che non può essere comprato e venduto a nessun prezzo.<br />

Bisogna creare un'unica Agenzia Nazionale per la sicurezza sul lavoro, come luogo di indirizzo e<br />

coordinamento per l'attiv<strong>it</strong>à ispettiva, preventiva e repressiva, anche rafforzando il ruolo della<br />

concertazione.<br />

Anche grazie all'attiv<strong>it</strong>à dell'Agenzia, potrà essere realizzato un sistema di forti premi per le<br />

imprese che investono in sicurezza, agendo sul livello della contribuzione;<br />

I lavoratori in nero sono anche i più esposti al rischio infortuni. Vanno quindi premiate le imprese<br />

che accolgono l'inv<strong>it</strong>o a regolarizzarsi e a rispettare i contratti.<br />

In Italia un numero consistente di lavoratori ha retribuzioni inaccettabilmente basse; si trovano per<br />

questo in una s<strong>it</strong>uazione di povertà che riguar<strong>da</strong> soprattutto i lavoratori atipici, giovani, donne, e<br />

che si cumula spesso con condizioni di precarietà dell'occupazione.<br />

Noi intendiamo contrastare con decisione questa s<strong>it</strong>uazione, con misure diverse e convergenti.<br />

La più importante è la sperimentazione di un compenso minimo legale, concertato tra le parti<br />

sociali e il governo, per i collaboratori economicamente dipendenti, con l'obiettivo di raggiungere<br />

1.000 euro mensili.


Troppi giovani sono ora “intrappolati” troppo a lungo, spesso per anni, in rapporti di lavoro<br />

precari.<br />

Noi contrasteremo questa s<strong>it</strong>uazione, facendo costare di più i lavori atipici e favorendo un<br />

percorso graduale verso il lavoro stabile e garant<strong>it</strong>o.<br />

Un percorso che preve<strong>da</strong> un allungamento del periodo di prova e una incentivazione e<br />

modulazione del contratto di apprendistato come strumento principale di formazione e di ingresso<br />

dei giovani nel lavoro.<br />

In un primo periodo, di lunghezza variabile <strong>da</strong> definire con le parti secondo le necess<strong>it</strong>à di<br />

formazione, i trattamenti e le agevolazioni all’impresa restano quelle attuali; alla fine di questo<br />

periodo si procede alla verifica della qualificazione dell’apprendista, con la possibil<strong>it</strong>à di<br />

continuare il rapporto, se necessario a completare la formazione, con ulteriori agevolazioni.<br />

Dopo questo ulteriore periodo vanno previsti incentivi all’impresa che trasforma il rapporto in<br />

contratto di lavoro a tempo indeterminato.<br />

10. Il decimo obiettivo di innovazione riguar<strong>da</strong> uno dei primi dir<strong>it</strong>ti, forse il primo, che ogni individuo<br />

ha: quello alla sicurezza.<br />

Malgrado l’impegno generoso delle forze dell’ordine, i c<strong>it</strong>tadini si sentono più insicuri: la qual<strong>it</strong>à<br />

della v<strong>it</strong>a ne viene gravemente <strong>da</strong>nneggiata. E il <strong>da</strong>nno è più grave per chi è più debole.<br />

Far sentire sicuri i c<strong>it</strong>tadini, aumentando la presenza di agenti per stra<strong>da</strong> e anche utilizzando<br />

nuove tecnologie è uno dei principali obiettivi programmatici del Part<strong>it</strong>o Democratico.<br />

E’ questione di ent<strong>it</strong>à delle risorse pubbliche dedicate, ma è soprattutto questione di migliore<br />

impiego delle risorse umane e finanziarie già disponibili. Se si vogliono più agenti in divisa a<br />

presidio del terr<strong>it</strong>orio, di giorno e di notte, in centro e in periferia, nelle c<strong>it</strong>tà e nelle campagne, si<br />

impongono misure radicali.<br />

Trasferiremo ai comuni funzioni amministrative e vareremo un <strong>pia</strong>no di mobil<strong>it</strong>à interna alla<br />

Pubblica Amministrazione di personale civile oggi sottoutilizzato, per impiegarlo nelle attiv<strong>it</strong>à<br />

amministrative di supporto alle attiv<strong>it</strong>à di polizia.<br />

Le nuove tecnologie, a cominciare <strong>da</strong>lle reti senza fili a larga ban<strong>da</strong> (WI-FI, WIMAX) consentono<br />

un’infin<strong>it</strong>a possibil<strong>it</strong>à di controllo del terr<strong>it</strong>orio. Col loro impiego si possono aiutare i c<strong>it</strong>tadini più<br />

esposti alla paura: le donne che escono sole di notte, gli anziani che si muovono nel quartiere, i<br />

bambini che vanno a scuola, possono essere protetti <strong>da</strong>lla rete, attivando un allarme in caso di<br />

pericolo.<br />

Le stesse iniziative di video sorveglianza dei privati, che nascono come funghi, potrebbero avere<br />

convenienza a diventare un terminale della rete, contribuendo alla sua espansione e ottenendo in<br />

cambio preziosi vantaggi.<br />

Stazioni e fermate del trasporto pubblico possono diventare, <strong>da</strong> luogo insicuro per definizione,<br />

l’esatto contrario: le “boe della sicurezza” nel mare metropol<strong>it</strong>ano, consentendo collegamenti agili<br />

con le forze dell’ordine.<br />

La sicurezza dipende anche <strong>da</strong>lla certezza della pena. Troppo frequenti sono i casi di con<strong>da</strong>nnati<br />

per reati di particolare allarme sociale che vengono ammessi a rilevanti benefici di legge senza<br />

avere mai scontato un giorno di carcere.<br />

Il “pacchetto sicurezza” approvato <strong>da</strong>l Consiglio dei Ministri il 30 ottobre scorso aveva ampliato il<br />

numero dei reati particolarmente odiosi, fra questi la rapina, il furto in appartamento, lo scippo,<br />

l’incendio boschivo e la violenza sessuale aggravata. E in tutti questi casi prevedeva l’obbligo


della custodia cautelare in carcere, il giudizio immediato, l’applicazione d’ufficio della custodia


cautelare in carcere già con la sentenza di primo grado e l’immediata esecuzione della sentenza<br />

di con<strong>da</strong>nna defin<strong>it</strong>iva senza meccanismi di sospensioni.<br />

Su questa linea noi proseguiremo.<br />

11. Di innovazione ha bisogno un’altra sfera decisiva nella v<strong>it</strong>a di un Paese e di ogni suo c<strong>it</strong>tadino:<br />

quella della giustizia, della legal<strong>it</strong>à.<br />

Da troppi anni, in Italia, il confronto e lo scontro sulla giustizia riguar<strong>da</strong>no esclusivamente i rapporti<br />

tra la pol<strong>it</strong>ica e la magistratura.<br />

Su questo tema il Presidente Napol<strong>it</strong>ano ha pronunciato giovedì scorso, <strong>da</strong>vanti al plenum del<br />

Csm, parole chiare e <strong>da</strong>l nostro punto di vista conclusive.<br />

Vorrei tuttavia che, in materia di etica pubblica e di moral<strong>it</strong>à pol<strong>it</strong>ica, noi fossimo capaci di essere<br />

più severi con noi stessi di qualunque legge e qualunque magistrato.<br />

Il Part<strong>it</strong>o Democratico non può disporre per altri part<strong>it</strong>i. Ma per se stesso, sia attraverso il codice<br />

etico, sia attraverso norme statutarie relative ai comportamenti di suoi iscr<strong>it</strong>ti eletti nelle ist<strong>it</strong>uzioni,<br />

il part<strong>it</strong>o stabilisce indicazioni rigorose in particolare sulla qual<strong>it</strong>à delle nomine di cui i suoi<br />

rappresentanti dispongono.<br />

Codici di comportamento e regole deontologiche lasciano il tempo che trovano, osserveranno gli<br />

scettici. Non è vero: i c<strong>it</strong>tadini sono sensibili all’onestà in pol<strong>it</strong>ica e, se l’onestà diventa un<br />

vantaggio compet<strong>it</strong>ivo, anche gli altri part<strong>it</strong>i seguiranno l’esempio del nostro.<br />

In ogni caso, noi proporremo norme innovative per la trasparenza delle nomine di competenza<br />

della pol<strong>it</strong>ica. Per ognuna di esse, dovranno essere predeterminati e resi pubblici cr<strong>it</strong>eri di scelta<br />

fon<strong>da</strong>ti sulle competenze; attivate procedure di sollec<strong>it</strong>azione pubblica delle candi<strong>da</strong>ture; infine,<br />

pubblicato lo stato e gli es<strong>it</strong>i delle procedure di selezione.<br />

Noi proporremo anche di introdurre nel nostro ordinamento il principio della non candi<strong>da</strong>bil<strong>it</strong>à al<br />

Parlamento dei c<strong>it</strong>tadini con<strong>da</strong>nnati per reati gravissimi come quelli connessi alla mafia e alla<br />

camorra, alle varie forme di criminal<strong>it</strong>à organizzata, o per corruzione o concussione.<br />

Ma la vera emergenza giustizia, quella che l’opinione pubblica avverte come tale, perché ha effetti<br />

devastanti sia sulla sicurezza dei c<strong>it</strong>tadini che sullo sviluppo economico del Paese, è quella dei<br />

tempi del processo, sia penale che civile, che vedono l’Italia agli ultimi posti in Europa e nel<br />

confronto coi Paesi avanzati di tutto il mondo.<br />

Il nostro undicesimo grande obiettivo programmatico è allora ridurre sensibilmente questi tempi,<br />

portandoli entro la legislatura a livelli europei.<br />

Noi porteremo a compimento le riforme avviate negli scorsi anni, come la razionalizzazione e<br />

l’accelerazione del processo civile e di quello penale. Ma adotteremo anche provvedimenti<br />

amministrativi che possono essere presi immediatamente, per accrescere l’efficienza del sistema<br />

giudiziario <strong>it</strong>aliano.<br />

Penso ad esempio alla gestione manageriale degli Uffici giudiziari, anche prevedendo la figure del<br />

manager dell'Ufficio Giudiziario, un magistrato appos<strong>it</strong>amente formato per l'assolvimento di questo<br />

comp<strong>it</strong>o. Penso alla realizzazione del processo telematico, per eliminare gli infin<strong>it</strong>i <strong>it</strong>er <strong>carta</strong>cei. O<br />

ancora alla modifica dei contratti tra avvocati e clienti, attualmente basati sulla durata del<br />

processo, verso forme basate su premi alla rapid<strong>it</strong>à.<br />

C’è poi il nodo delle intercettazioni telefoniche, informatiche e telematiche. E’ uno strumento<br />

essenziale al fine di contrastare la criminal<strong>it</strong>à organizzata e assicurare alla giustizia chi compie i<br />

del<strong>it</strong>ti di maggiore allarme sociale, quali la pedofilia e la corruzione. Si tratta di conciliare queste


final<strong>it</strong>à con i dir<strong>it</strong>ti fon<strong>da</strong>mentali, come quello all’informazione e quelli alla riservatezza e alla tutela


della persona.<br />

In parole semplici: ai magistrati deve essere garant<strong>it</strong>a la massima libertà, ai c<strong>it</strong>tadini la massima<br />

tutela.<br />

Il divieto assoluto di pubblicazione di tutta la documentazione relativa alle intercettazioni e delle<br />

richieste e delle ordinanze emesse in materia di misura cautelare fino al termine dell’udienza<br />

preliminare, e delle in<strong>da</strong>gini, serve a tutelare i dir<strong>it</strong>ti fon<strong>da</strong>mentali del c<strong>it</strong>tadino e le stesse in<strong>da</strong>gini,<br />

che risultano spesso compromesse <strong>da</strong>lla divulgazione indeb<strong>it</strong>a di atti processuali.<br />

E’ necessario individuare nel Pubblico Ministero il responsabile della custodia degli atti, ridurre<br />

drasticamente il numero dei centri di ascolto e determinare sanzioni penali e amministrative molto<br />

più severe delle attuali, per renderle tali <strong>da</strong> essere un’efficace deterrenza alla violazione di dir<strong>it</strong>ti<br />

cost<strong>it</strong>uzionalmente tutelati.<br />

12. Dodicesimo obiettivo di innovazione, dodicesima sfi<strong>da</strong>: portare la ban<strong>da</strong> larga in tutta Italia e<br />

garantire a tutti gli <strong>it</strong>aliani una TV di qual<strong>it</strong>à.<br />

L’effettiva possibil<strong>it</strong>à di accesso alla rete a ban<strong>da</strong> larga deve diventare un dir<strong>it</strong>to riconosciuto a<br />

tutti i c<strong>it</strong>tadini e a tutte le imprese, su tutto il terr<strong>it</strong>orio nazionale, esattamente come avviene per il<br />

servizio idrico o per l’energia elettrica.<br />

Noi realizzeremo, a partire <strong>da</strong>lle grandi c<strong>it</strong>tà, reti senza fili a ban<strong>da</strong> larga per creare un ambiente<br />

disponibile alla gestione di nuovi servizi collettivi. Non c’è bisogno di grandi investimenti pubblici:<br />

sono tecnologie infin<strong>it</strong>amente meno costose delle classiche opere pubbliche. Soprattutto, sono<br />

sistemi che attivano l’iniziativa dei privati, creano nuove convenienze a cooperare, attraggono<br />

investimenti.<br />

Sviluppare un programma nazionale per le info-c<strong>it</strong>tà è tanto più importante per far entrare l’Italia<br />

nell'era della TV dig<strong>it</strong>ale con più libertà, più concorrenza, più qual<strong>it</strong>à, più autonomia <strong>da</strong>lla pol<strong>it</strong>ica.<br />

Più libertà significa superamento del duopolio, oggi reso possibile <strong>da</strong>ll'aumento di canali garant<strong>it</strong>o<br />

<strong>da</strong>lla TV dig<strong>it</strong>ale. Per an<strong>da</strong>re oltre il duopolio occorre correggere gli eccessi di concentrazione<br />

delle risorse economiche, accrescendo così il grado di pluralismo e di libertà del sistema.<br />

La libertà di informazione è un cardine della democrazia, come ci ha insegnato un grande<br />

giornalista, che resta nel cuore di tutti gli <strong>it</strong>aliani, Enzo Biagi.<br />

Più concorrenza significa ricondurre il regime di assegnazione delle frequenze ai principi della<br />

normativa europea e della giurisprudenza della Corte cost<strong>it</strong>uzionale.<br />

Più qual<strong>it</strong>à: noi proponiamo di ist<strong>it</strong>uire un fondo, finanziato <strong>da</strong> una aliquota sui ricavi pubblic<strong>it</strong>ari,<br />

che finanzi le produzioni di qual<strong>it</strong>à. Dire qual<strong>it</strong>à e dire Italia è la stessa cosa. Vale se pensiamo alla<br />

nostra cultura. Se pensiamo a un settore in cui non è possibile che il nostro Paese abbia pero<br />

tante posizioni: quello del turismo.<br />

Più autonomia della televisione <strong>da</strong>lla pol<strong>it</strong>ica significa, sub<strong>it</strong>o, nuove regole per il governo della<br />

RAI. La nostra idea è quella di una Fon<strong>da</strong>zione t<strong>it</strong>olare delle azioni, che nomina un amministratore<br />

unico del servizio pubblico responsabile della gestione.<br />

Queste sono alcune delle nostre idee per cambiare il Paese. Questo è il cammino di innovazione<br />

che attende l’Italia.


in walter veltroni<br />

pol<strong>it</strong>ica qualunquismo<br />

La controprova del senso di questo risultato si ebbe invece con il successo dell'Uomo qualunque,<br />

un movimento nato <strong>da</strong>l giornale omonimo diretto <strong>da</strong>l commediografo Guglielmo Giannini, e che si<br />

era distinto, ottenendo un rapidissimo successo, soprattutto per il modo in cui aveva attaccato le<br />

forze pol<strong>it</strong>iche ufficiali, accusate di un eccesso di impegno riformatore, cr<strong>it</strong>ica che venne<br />

sintetizzata nello slogan famoso: "basta con la pol<strong>it</strong>ica, viva l'amministrazione!" Alle spalle di<br />

questo movimento, che portò di colpo alla Assemblea cost<strong>it</strong>uente una trentina di deputati, senza<br />

nessuna struttura organizzativa, con la sola forza propagandistica del giornale, non stava<br />

certamente nessun movimento di idee, né un preciso programma, ma uno stato d'animo<br />

diffusissimo soprattutto nei ceti medi impiegatizi e nella piccola borghesia e radicato nella<br />

tradizione nazionale, e cioè un atteggiamento individualistico e particolaristico, in cui la morale<br />

albertiana trovava una sua versione a<strong>da</strong>tta ai nuovi tempi. Fu un'esplosione momentanea, perché<br />

gli elettori dell'Uomo qualunque rifluirono poi nei part<strong>it</strong>i della destra, scomparendo <strong>da</strong>l panorama<br />

pol<strong>it</strong>ico ufficiale. Ma questo successo, sia pure temporaneo, indicava chiaramente e in modo<br />

impressionante la tenace persistenza di una dimensione, non poi tanto latente, della coscienza<br />

nazionale, che fu causa in segu<strong>it</strong>o di non poche conseguenze operando all'interno dei part<strong>it</strong>i che<br />

accolsero i qualunquisti.<br />

Carlo Tullio-Altan, La nostra Itralia-Arretratezza socioculturale, clientelismo, trasformismo e<br />

ribellismo <strong>da</strong>ll'Un<strong>it</strong>à ad oggi, Feltrinelli 1986, 131<br />

in Tullio Altan


POLITICA REGIME<br />

regime<br />

regime /re'dʒ ime/, non com. /'rɛ dʒ ime/ s. m. [<strong>da</strong>l lat. regĭmen regimĭnis "governo,<br />

amministrazione", der. di regĕre "reggere"]. - 1. (pol<strong>it</strong>.) a. Ordinamento pol<strong>it</strong>ico, forma o sistema<br />

statuale o di governo: r. democratico, parlamentare, presidenziale; r. assembleare, in cui il potere<br />

risiede nelle assemblee parlamentari; r. monarchico, assoluto, autor<strong>it</strong>ario, mil<strong>it</strong>are. b. Stato o<br />

governo autor<strong>it</strong>ario, e in partic. quello fascista, o anche ordinamento che ha impostazioni e<br />

tendenze autor<strong>it</strong>arie all'occupazione di tutti i posti di potere: un governo democratico che si sta<br />

trasformando in regime. ▲ Locuz. prep.: di regime, che si uniforma alle direttive del governo:<br />

giornali di regime. 2. (estens.) a. Modo di comportarsi e di regolarsi nella v<strong>it</strong>a economica e sociale:<br />

avere un alto (o un buon) r. di v<strong>it</strong>a. b. Modo di comportarsi nell'alimentazione, come ab<strong>it</strong>udine o<br />

norma spec. igienica o medica: seguire un buon r. alimentare; r. ipocalorico o ipercalorico,<br />

ipolipidico o iperlipidico, ecc. ● Espressioni: essere (o stare o mettersi) a regime, seguire una<br />

dieta. 3. (econ... regime /re'dʒ ime/, non com. /'rɛ dʒ ime/ s. m. [<strong>da</strong>l lat. regĭmen regimĭnis<br />

"governo, amministrazione", der. di regĕre "reggere"]. - 1. (pol<strong>it</strong>.) a. Ordinamento pol<strong>it</strong>ico, forma o<br />

sistema statuale o di governo: r. democratico, parlamentare, presidenziale; r. assembleare, in cui<br />

il potere risiede nelle assemblee parlamentari; r. monarchico, assoluto, autor<strong>it</strong>ario, mil<strong>it</strong>are. b.<br />

Stato o governo autor<strong>it</strong>ario, e in partic. quello fascista, o anche ordinamento che ha impostazioni<br />

e tendenze autor<strong>it</strong>arie all'occupazione di tutti i posti di potere: un governo democratico che si sta<br />

trasformando in regime. ▲ Locuz. prep.: di regime, che si uniforma alle direttive del governo:<br />

giornali di regime. 2. (estens.) a. Modo di comportarsi e di regolarsi nella v<strong>it</strong>a economica e sociale:<br />

avere un alto (o un buon) r. di v<strong>it</strong>a. b. Modo di comportarsi nell'alimentazione, come ab<strong>it</strong>udine o<br />

norma spec. igienica o medica: seguire un buon r. alimentare; r. ipocalorico o ipercalorico,<br />

ipolipidico o iperlipidico, ecc. ● Espressioni: essere (o stare o mettersi) a regime, seguire una<br />

dieta. 3. (econ., pol<strong>it</strong>.) Modo in cui è regolata e disciplinata un'attiv<strong>it</strong>à: commercio in r. di monopolio.<br />

● Espressioni: regime valutario, il complesso di norme che disciplinano, in uno stato, le operazioni<br />

valutarie con l'estero. 4. a. An<strong>da</strong>mento di un fenomeno in un determinato periodo di tempo e in<br />

determinate condizioni: r. permanente, uniforme, stazionario, continuo e r. variabile, trans<strong>it</strong>orio; r.<br />

delle precip<strong>it</strong>azioni. b. Rifer<strong>it</strong>o a un corso d'acqua, an<strong>da</strong>mento della portata: r. di piena, di magra di<br />

un fiume. c. Fase di funzionamento di una macchina: il massimo r. di giri di un motore. ▲ Locuz.<br />

prep. (anche con uso fig.): a pieno regime, alla massima veloc<strong>it</strong>à costante consent<strong>it</strong>a e, fig.,<br />

incessantemente, senza posa: un motore che funziona a pieno r.; lavorare a pieno r.; a regime, a<br />

veloc<strong>it</strong>à costante nel tempo e, fig., in condizioni di pieno funzionamento: la riforma andrà a r.<br />

l'anno prossimo.<br />

Enciclopedia Treccani<br />

in<br />

POLITICA SINISTRA<br />

"estremismo massimalista"<br />

in<br />

POLITICA TASSAZIONE<br />

la tassazione è una componente del CONTRATTO SOCIALE<br />

che si stipula fra i CITTADINI e lo STATO<br />

in


POLITICA UTOPISMO IDEOLOGICO TOTALITARISMO<br />

Dio ci scampi <strong>da</strong>gli utopisti, uomini pieni di zelo e sicuri del cammino verso l’ordine sociale e<br />

perfetto. Eccoli di nuovo, total<strong>it</strong>aristi sotto altre spoglie, innocui e isolati adesso, ma in costante<br />

cresc<strong>it</strong>a e pieni di rabbia e smaniosi di un ennesimo bagno di sangue<br />

IAN MCEWAN, SABATO, EUNAUDU, 2005<br />

in IAN MCEWAN<br />

problermi<br />

Mai fasciarsi la testa prima di cadere e anche se cadi non disperare: le possibil<strong>it</strong>à di "rialzarsi"<br />

aumentano di giorno in giorno.<br />

JazzFan<br />

in JazzFan


Prometeo Epimeteo<br />

Tutti conoscono la storia di Prometeo, colui che prima pensa e poi agisce, pochi conoscono la<br />

storia di suo fratello Epimeteo, colui che prima agisce e poi pensa. Eppure i loro destini sono<br />

inscindibili.<br />

«Vi fu un’epoca in cui gli Dei esistevano, ma gli esseri mortali non esistevano ancora. Quando<br />

arrivò il tempo destinato alla loro nasc<strong>it</strong>a, gli Dei li formarono sotto la terra, con terra, fuoco e tutto<br />

ciò che si mescola con questi elementi. Volendo portarli poi alla luce, gli Dei ordinarono a<br />

Prometeo e ad Epimeteo di ornare quegli esseri e di distribuire tra di loro le capac<strong>it</strong>à secondo<br />

quanto a ciascuno di loro spettava. Epimeteo ottenne <strong>da</strong> Prometeo di poter procedere <strong>da</strong> solo alla<br />

distribuzione. L’imprudente distribuì tutto tra gli animali, in modo che l’uomo restò completamente<br />

indifeso e nudo. Così il provvido Prometeo non poté fare a meno di rubare il fuoco e le arti di<br />

Efesto e di Pallade Atena <strong>da</strong>l loro tempio comune, per regalarli al genere umano. Da allora l’uomo è<br />

capace di vivere, ma Prometeo - per quanto la colpa fosse di Epimeteo - fu pun<strong>it</strong>o per la sua<br />

azione. E fu pun<strong>it</strong>o, come era giusto, tram<strong>it</strong>e il fratello Epimeteo. » (K.KERENYI, Gli dei e gli eroi<br />

della Grecia, Garzanti, Milano, 1982).<br />

- Figlio di Giapeto, tu che sai più di tutti gli altri, tu ti rallegravi di aver rubato il fuoco e di avermi<br />

ingannato; ma ciò sarà a <strong>da</strong>nno tuo e degli uomini futuri. Essi infatti riceveranno <strong>da</strong> me, in cambio<br />

del fuoco, una maledizione di cui gioiranno, circon<strong>da</strong>ndo d’amore ciò che cost<strong>it</strong>uirà la loro<br />

disgrazia.<br />

Così parlò il padre degli Dei e degli uomini e rise. Egli ordinò sub<strong>it</strong>o a Efesto di mescolare un po’<br />

di terra e acqua, d’introdurvi voce umana e forza e di creare una bella e desiderabile fanciulla<br />

simile nell’aspetto alle Dee immortali. Ad Atena fu ordinato di insegnarle l’arte di tessere, lavoro<br />

femminile, all’aurea Afrod<strong>it</strong>e di circonfondere la testa della fanciulla di fascino amoroso e di<br />

desideri struggenti. A Ermes Zeus ordinò di dotare la fanciulla di una spudoratezza <strong>da</strong> cagna e di<br />

fallac<strong>it</strong>à. Tutti obbedirono all’ordine del sovrano. Il celebre artefice fece con la terra l’immagine di<br />

una pudica fanciulla. Pallade Atena la ornò di una cintura e di una veste. Le Car<strong>it</strong>i e Pe<strong>it</strong>o le misero<br />

al collo una collana d’oro. Le Ore inghirlan<strong>da</strong>rono la fanciulla con fiori primaverili. Ermes le pose<br />

nel petto la menzogna, le lusinghe e l’inganno. Il messaggero degli Dei le conferì voce e chiamò la<br />

donna Pandora, poiché tutti gli Olimpici l’avevano creata come un dono, a <strong>da</strong>nno degli uomini<br />

mangiatori di pane.<br />

Quando fu pronta l’insidia minacciosa, contro la quale non vi è difesa, il padre inviò il celebre e<br />

veloce messaggero <strong>da</strong> Epimeteo, con il dono. Questi non si preoccupò di ciò che Prometeo una<br />

volta gli aveva detto, cioè di non accettare alcun regalo <strong>da</strong> parte di Zeus, bensì di riman<strong>da</strong>rgli<br />

tutto, affinché nessun male derivasse ai mortali. Prese il dono e solo in segu<strong>it</strong>o si accorse del<br />

male. Prima il genere umano era vissuto sulla terra senza alcun male, senza fatiche e malattie che<br />

dovessero portare alla morte gli uomini. Ora invece la donna levò il coperchio del grosso vaso e<br />

lasciò che si diffondesse <strong>da</strong>ppertutto il suo contenuto, a triste scap<strong>it</strong>o degli uomini. Soltanto Elpis,<br />

la Speranza, rimase dentro il carcere indistruttibile, sotto l’orlo del vaso, e non volò fuori. Davanti<br />

a lei la donna chiuse il coperchio, secondo la volontà di Zeus. Il resto dello sciame, innumerevole<br />

e triste, circola <strong>da</strong> allora <strong>da</strong>ppertutto tra gli uomini e la terra è piena di male e pieno di male è il<br />

mare. Le malattie colpiscono gli uomini di giorno, vengono inattese di notte, fatali e mute, poiché<br />

Zeus astuto negò loro la voce. Non vi è dunque alcuna via per ingannare la perspicacia di Zeus.<br />

La storia della creazione della donna continuava raccontando come la giovane creatura, di<br />

fresco venuta al mondo, avesse levato per curios<strong>it</strong>à il coperchio di un recipiente del tipo di quei<br />

grandi vasi di terracotta in cui noi ancora oggi conserviamo l’olio e il frumento, lasciando libero lo<br />

sciame dei mali che vi erano rinchiusi. Con questi mali, e precisamente con le malattie, venne nel<br />

mondo anche la morte e così si compì la distinzione tra gli uomini e gli Dei immortali<br />

In sintesi, Prometeo aiuta l’uomo a vivere, strappando i segreti agli Dei, Epimeteo porta<br />

all’uman<strong>it</strong>à la morte abbandonandosi spensieratamente all’Eros.<br />

Prometeo è l’eroe che lotta per strappare agli Dei il controllo sul destino umano,<br />

Epimeteo è l’eroe che vuole godere i doni degli Dei a costo di ammalarsi e morire.<br />

Prometeo non teme il destino, le catene e la morte, Epimeteo si accorge che deve morire quando<br />

è ormai troppo tardi. Entrambi amano la v<strong>it</strong>a ma Prometeo la abbraccia, Epimeteo ne è<br />

abbracciato. <br />

Prometeo contempla la v<strong>it</strong>a e la può «salvare», Epimeteo s’abbandona alla v<strong>it</strong>a e può


«perderla».<br />

Prometeo aiuta a «vivere», Epimeteo deve essere aiutato a «morire».


Con queste parole di FRANCESCO CAMPIONE più di dieci anni fa veniva inaugurata la<br />

pubblicazione di una rivista, ZETA. RICERCHE E DOCUMENTI SULLA MORTE E SUL MORIRE, di cui<br />

abbiamo voluto riproporre per intero l’Ed<strong>it</strong>oriale del primo numero. Le ragioni ideali che la<br />

animavano sono ancora le nostre. Non siamo riusc<strong>it</strong>i a trovare la sede della Re<strong>da</strong>zione, per<br />

chiedere il permesso di riprodurre quel testo esemplare.<br />

Ma proseguiamo nella sua lettura.<br />

Ecco perché una rivista che si propone, come quella che oggi vede la luce, di occuparsi e<br />

preoccuparsi dell’uomo che muore per mano di Eros (cioè, perché prima agisce e poi pensa,<br />

perché agisce istintivamente, perché vuole vivere pienamente la sua natural<strong>it</strong>à), deve essere<br />

int<strong>it</strong>olata a Epimeteo piuttosto che a Prometeo, diversamente <strong>da</strong> come tendono a pensare coloro<br />

che vivono al di sopra di Eros (ci si riferisce qui alla frequente mancata integrazione della<br />

dimensione erotico-biologico-pulsionale nel modo di intendere l’esistenza che si basi su principi<br />

ideali o etici).<br />

In altre parole, questo nostro lavoro è dedicato a Epimeteo, cioè all’uomo-eroe che,<br />

abbandonandosi alla v<strong>it</strong>a, proprio per ciò la consuma e continuamente «muore», all’uomo che nel<br />

tentativo di essere pienamente se stesso scopre continuamente di non esserlo mai del tutto,<br />

perché è stanco, malato, spossessato, bisognoso, bramoso del nuovo, inebet<strong>it</strong>o, incosciente,<br />

drogato, incompleto, vuoto, solo, falso, fer<strong>it</strong>o, umiliato, moribondo, angosciato.<br />

http://www.gabrieleder<strong>it</strong>is.<strong>it</strong>/?p=558<br />

in<br />

PSICANALISI<br />

Ci sono scr<strong>it</strong>tori che "creano" i propri lettori, li stuzzicano, li provocano, li modellano. E lo fanno<br />

proponendo loro una serie di enigmi che questi saranno chiamati a risolvere nel corso del libro.<br />

Perché dico questo?<br />

Perché ho appena terminato di rileggere L'albero filosofico di Carl Gustav Jung, un'opera che mi<br />

ha rest<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o intatte le emozioni della prima lettura (ma, un<strong>it</strong>a ad esse, ho trovato anche una nuova<br />

consapevolezza, dovuta forse alle esperienze e al tempo trascorsi <strong>da</strong> quella prima volta).<br />

Per chi vive "in sospensione" come me, all'eterna ricerca del "mistero" della v<strong>it</strong>a (senza<br />

implicazioni religiose o pseudo-spir<strong>it</strong>ualistiche, ma unicamente logico-filosofiche) questa è<br />

<strong>da</strong>vvero un'opera fon<strong>da</strong>mentale. Da associare forse alle migliori di Prigogine (penso per esempio<br />

a Tra il tempo e l'etern<strong>it</strong>à) o di Monod (come Il caso e la necess<strong>it</strong>à).<br />

Direi che qui c'è tutto: il valore di scienza come "ipotesi", come "metafora" di partenza sul<br />

cammino, a volte improbo, della conoscenza; il senso del "linguaggio" psicologico, che non è - e<br />

non sarà mai - avulso <strong>da</strong> quello filosofico (<strong>da</strong> cui, anzi, per certi versi dipende); la "matrice" del<br />

vivere nella "ramificazione" dell'esistere, con tutti i corollari legati al senso della v<strong>it</strong>a, alla morale <strong>da</strong><br />

<strong>da</strong>re ad essa, al "giusto mezzo" per raggiungere gli scopi che ci siamo prefissati, e potrei<br />

continuare.<br />

Insomma, un'opera imprescindibile, <strong>da</strong> non dimenticare.<br />

E dico questo a me stessa, naturalmente.<br />

in Carl Gustav Jung


PSICANALISI SIMBOLI<br />

Si trovava nella sua stanza intento a studiare, con la porta mezz'aperta che immetteva nella sala<br />

<strong>da</strong> pranzo, dove la madre, ormai vedova, stava lavorando a maglia accanto alla finestra: ed ecco<br />

che improvvisamente risuonò un forte scoppio, come un colpo d'arma <strong>da</strong> fuoco, e nel grande<br />

tavolo rotondo in legno di noce, che si trovava vicino alla madre, si aprì una fend<strong>it</strong>ura, <strong>da</strong>l bordo<br />

fino a oltre il centro. Questo nonostante il tavolo fosse molto solido, in legno di noce massiccio,<br />

perfettamente stagionato <strong>da</strong> almeno settanta anni. Due settimane dopo, il giovane studente,<br />

tornando a casa una sera, trovò la madre, la sorella quattordicenne e la domestica in pre<strong>da</strong> a una<br />

grande ag<strong>it</strong>azione: circa un'ora prima si era verificato un altro scoppio assor<strong>da</strong>nte, proveniente<br />

questa volta <strong>da</strong> una pesante credenza dell'Ottocento. Le donne l'avevano sub<strong>it</strong>o esaminata,<br />

senza tuttavia trovarvi nessun segno particolare. Ma lì accanto, nel cassetto in cui era riposto il<br />

cestino del pane, Jung trovò il coltello usato per tagliare il pane con la lama d'acciaio in frantumi: in<br />

un angolo del cestino c'era il manico, e in ognuno degli altri un pezzette della lama. Per tutta la<br />

v<strong>it</strong>a, Jung conservò frammenti di quell'avvenimento concreto.<br />

In Jung, Scr<strong>it</strong>ti scelti, a cura di Joseph Campbell, Red Edizioni, pag XII<br />

in JUNG GUSTAV<br />

PSICHE DIPENDENZA<br />

L'unica scelta efficace per uscire <strong>da</strong> ogni possibile forma di dipendenza (<strong>da</strong>l mondo, <strong>da</strong>gli altri,<br />

<strong>da</strong>lla routine della v<strong>it</strong>a) è quella di somigliare solo a se stessi.<br />

Altre vie praticabili non credo che esistano. Io almeno non ho trovato che questa.<br />

in MAZZINI CLELIA<br />

Psicosocioanalisi<br />

è la teoria, il metodo e la tecnica fon<strong>da</strong>ti sulla costante attenzione a ciò che connette individuocop<strong>pia</strong>-gruppo-ist<strong>it</strong>uzione-polis<br />

in<br />

psyche <strong>da</strong>imon<br />

"Se prendiamo la parola Daimon nel suo senso greco, così come è utilizzata ad esempio <strong>da</strong><br />

Socrate, i Daimon sono dei geni, che albergano in noi e nello stesso tempo fuori di noi. Il Daimon ci<br />

gui<strong>da</strong> e ci insegna. Si è posseduti <strong>da</strong> un Daimon, come in quei r<strong>it</strong>i nel corso dei quali un Dio si<br />

incarna in una persona e parla per bocca sua. Nel mondo contemporaneo possiamo essere<br />

posseduti <strong>da</strong>lle idee e <strong>da</strong>lla loro forza v<strong>it</strong>ale: una forza v<strong>it</strong>ale che è in noi e fa battere il nostro<br />

cuore e sollevare i nostri polmoni. Noi siamo posseduti <strong>da</strong> questa forza di v<strong>it</strong>a, che alcuni<br />

chiamano i geni, e che non è altro che l’organizzazione biologica, sviluppata e trasmessa di<br />

generazione in generazione. Noi siamo nello stesso tempo posseduti <strong>da</strong>lla cultura che ci arriva<br />

<strong>da</strong>lla società, che ci ha insegnato un linguaggio, delle norme, delle regole. Ma nello stesso tempo<br />

possiamo dialogare con ciò che ci possiede e acquisire una certa autonomia, una certa libertà."<br />

in http://francescomorace.nova100.ilsole24ore.com/2008/01/c<strong>it</strong>azione-fm.html<br />

in


QUI ED ORA<br />

Prendo una sedia.<br />

Mi <strong>pia</strong>zzo al centro della stanza.<br />

Non mi manca nulla.<br />

E’ un momento prezioso.<br />

Non mi manca nulla:<br />

il vento, la luce, il sole roteano come ricordi<br />

sul cielo della stanza.<br />

Non vorrei un’altra v<strong>it</strong>a,<br />

non mi interessa essere al posto di nessun altro.<br />

Mi è an<strong>da</strong>ta bene in questo mondo,<br />

sarei potuta nascere con la testa di Berlusconi o di La Russa.<br />

Mi è an<strong>da</strong>ta bene in questo mondo,<br />

ho percep<strong>it</strong>o fin <strong>da</strong> sub<strong>it</strong>o<br />

che il fischio del treno può portarti lontano,<br />

che gli spaventapasseri insegnano il silenzio,<br />

che la mancanza è una risorsa<br />

e le Pleiadi lucciole notturne che hanno una forma, ma non un confine.<br />

Mi è an<strong>da</strong>ta bene in questo mondo,<br />

a 5 anni ho incontrato il primo uomo<br />

che mi ha insegnato a cercare la Poesia.<br />

Su un quaderno nero, tra le mani callose,<br />

nel cammino lento, enigmatico<br />

e complesso di una tartaruga.<br />

Sono al centro di una stanza,<br />

le cose accolgono la Notte.<br />

Ed io sono felice.<br />

in RENèE DICICHè


RELAZIONI<br />

"Tutto ciò che degli altri ci irr<strong>it</strong>a può portarci alla comprensione di noi stessi."<br />

Carl Gustav Jung<br />

in<br />

Carl Gustav Jung<br />

relazioni<br />

Ci si può sputare addosso senza aprire la bocca.<br />

<strong>da</strong> Stanisław Jerzy Lec, Pensieri spettinati<br />

in Stanisław Jerzy Lec<br />

RELAZIONI<br />

SCONFINAMENTO<br />

Ora che posso invadere la tua parte del letto<br />

scopro il piccolo spazio qui<br />

tra il comodino e la parete, di cui<br />

non sapevo – lì hai fatto<br />

un’istallazione simile a un k<strong>it</strong> di sopravvivenza<br />

biro occhiali limette romanzi riviste<br />

tubetti di blandi medicamenti e pomate<br />

una scatola decorata con dentro niente.<br />

Sollevo quel niente e lo fisso.<br />

Mai il niente mi è sembrato tanto splendido.<br />

Impaur<strong>it</strong>o di lasciarci uno sbaffo e rovinarlo<br />

l’ho sub<strong>it</strong>o rimesso dentro e chiuso il coperchio.<br />

in Jamie Mckendrick<br />

RELAZIONI DISTURBANTI<br />

Jamie Mckendrick<br />

Si puliva i denti come se non sapesse fare altro.<br />

Lasciava il suo stecchino al lato del <strong>pia</strong>tto per riprendere a stuzzicarseli appena fin<strong>it</strong>o di<br />

masticare. Ore ed ore, <strong>da</strong>ll'alto in basso, <strong>da</strong> destra a sinistra, <strong>da</strong> sinistra a destra, <strong>da</strong> avanti a<br />

dietro, <strong>da</strong> dietro ad avanti. Sollevando il labbro superiore, come un coniglio, mostrando - uno dopo<br />

l'altro - gli incisivi giallastri; abbassando il labbro inferiore fino alla gengiva corrosa; finché gli<br />

sanguinò, solo un poco. Gli trasformai lo stuzzicadenti in baionetta, conficcandoglielo fino alle<br />

nocche.<br />

Max Aub, Del<strong>it</strong>ti esemplari, Sellerio ed<strong>it</strong>ore, 1981, p. 14-15<br />

in Max Aub


RELIGIONI<br />

The Passion sembra stare alle trasposizioni cinematografiche di ogni fede, come i sermoni in<br />

cassetta o via internet degli integralisti stanno a ciascuna comun<strong>it</strong>à religiosa. Segnando il<br />

defin<strong>it</strong>ivo affermarsi dell'era della globalizzazione fon<strong>da</strong>mentalista. Del resto, durante i mesi di<br />

lavorazione del film negli stabilimenti di Cinec<strong>it</strong>tà, Gibson ha voluto che ogni giorno fosse<br />

celebrata una messa per chi era impegnato sul set. Non una messa qualunque, ma secondo il r<strong>it</strong>o<br />

tridentino, <strong>da</strong>l Concilio di Trento, detta anche messa di San Pio V, officiata <strong>da</strong> due sacerdoti<br />

francesi: Jean Charles-Roux, della congregazione dei rosminiani e Michel Debourges dell'Ist<strong>it</strong>uto<br />

di Cristo Re di Gricigliano, Firenze, vicino alle posizioni della Fratern<strong>it</strong>à San Pio X, il<br />

raggruppamento tradizionalista fon<strong>da</strong>to <strong>da</strong> Monsignor Lefebvre. E quale sia la "cifra" del<br />

sentimento religioso nel quale l'attore e regista è stato allevato, è piuttosto evidente. Suo padre,<br />

Hutton Gibson, è stato a lungo legato ai tradizionalisti cattolici, ma, come ha spiegato uno dei<br />

portavoce della Fratern<strong>it</strong>à, l'abate Alain Lorans, ha scelto negli ultimi anni di separarsi <strong>da</strong> loro<br />

giudicandoli «troppo liberali e troppo moderni». Hutton Gibson si è quindi avvicinato ai cosiddetti<br />

"sedevacantisti", quella frangia del cattolicesimo ultrà che non riconosce i Papi post-conciliari.<br />

Con i proventi derivanti <strong>da</strong>i suoi successi cinematografici, Mel Gibson ha costru<strong>it</strong>o a proprie<br />

spese a Malibu, in California, una chiesa per questi fedeli <strong>da</strong>vvero particolari. Ma Hutton Gibson,<br />

85 anni, sembra avere idee molto chiare anche su altri argomenti. A pochi giorni <strong>da</strong>ll'usc<strong>it</strong>a di The<br />

Passion negli Stati Un<strong>it</strong>i, volendo rispondere a suo modo all'accusa di antisem<strong>it</strong>ismo mossa al film<br />

<strong>da</strong> diverse organizzazioni e personal<strong>it</strong>à della comun<strong>it</strong>à ebraica, ha pensato bene di spiegare<br />

come per lui «l'Olocausto è un'invenzione».<br />

Ma che The Passion rappresenti qualcosa di più del frutto avvelenato di una cultura di estrema<br />

destra, è altrettanto evidente. Come ha spiegato su Le Monde Henri Tincq, «il film di Gibson rivela<br />

la frontiera che separa i due versanti attuali del cristianesimo. Da un lato, una fede cristiana che<br />

si appoggia sulla ragione, una fede intellettualizzata <strong>da</strong> secoli di scolastica, <strong>da</strong>ll'approccio cr<strong>it</strong>ico<br />

dei testi ammesso <strong>da</strong>lla tradizione luterana come <strong>da</strong>l Concilio Vaticano II. Dall'altro, un<br />

cristianesimo fon<strong>da</strong>to sull'emozione, sul realismo magicoreligioso, sul fon<strong>da</strong>mentalismo<br />

"evangelico" e su una pietà morbosa». «È questa secon<strong>da</strong> corrente – conclude lo specialista di<br />

religioni del quotidiano parigino – che ha oggi il vento in poppa – negli Stati Un<strong>it</strong>i come nelle<br />

megalopoli povere del Terzo mondo – e che, attraverso il successo del film di Gibson, mostra la<br />

sua capac<strong>it</strong>à di espansione».<br />

in MEL GIBSON<br />

RELIGIONI<br />

Lo Stato liberale è interessato all'ammissione di voci religiose nella sfera pubblica pol<strong>it</strong>ica, come<br />

pure alla partecipazione pol<strong>it</strong>ica delle organizzazioni religiose. Esso non può scoraggiare i<br />

credenti e le comun<strong>it</strong>à religiose <strong>da</strong>ll'esprimersi in quanto tali anche pol<strong>it</strong>icamente, perchè non può<br />

sapere se in caso contrario la società laica non si privi di importanti risorse di creazione di senso<br />

J. Habermas<br />

in Habermas J.


RELIGIONI buddismo<br />

Disciplina spir<strong>it</strong>uale fon<strong>da</strong>ta <strong>da</strong> Buddha, vissuto nell'India nord-orient. fra 6° e 5° sec. a.C. Nei<br />

secoli successivi il b. assunse i caratteri di dottrina filosofica e di religione ateistica,<br />

diffondendosi in gran parte del subcontinente e in vaste zone dell'Asia orientale. Il b. appare<br />

come ricerca speculativa intesa a trovare la soluzione del problema dell'eterno morire e rinascere<br />

dell'uomo, nel ciclo delle esistenze, posto <strong>da</strong>l pensiero indiano. Il b. detto del piccolo veicolo<br />

(Hīnayāna), a carattere essenzialmente monastico e più vicino alla dottrina dei primi tempi, è<br />

tuttora popolare a Ceylon e nel Sud-Est asiatico. Il b. del grande veicolo (Mahāyāna), che dà una<br />

grande importanza alla compassione e al culto dei bodhisattva, è il più diffuso.<br />

http://www.treccani.<strong>it</strong>/Portale/elements/categoriesItems.jsp?pathFile=/BancaDati/Enciclopedia_Un<br />

iversale_3_Volumi/VOL01/ENCICLOPEDIA_UNIVERSALE_3_VOLUMI_VOL1_008304.xml<br />

in<br />

RELIGIONI CULTURE ISLAM<br />

Bernard Lewis, arabista di Princeton che tanta parte ha avuto in questa concezione dell’islam<br />

scelta <strong>da</strong> Bush, pensa che “un nuovo movimento nell’islam è emerso grazie a una combinazione<br />

pol<strong>it</strong>ica ed economica. È un pericolo che ricor<strong>da</strong> il nazismo. La Germania aveva <strong>da</strong>to un grande<br />

contributo alla civiltà e il nazismo fu una mostruos<strong>it</strong>à tedesca. Oggi vediamo una simile<br />

perversione nell’islam. È una minaccia per tutto il mondo”. Sebbene il contributo attivo<br />

dell’occidente sia in qualche modo lim<strong>it</strong>ato (“i veri cambiamenti possono essere raggiunti soltanto<br />

<strong>da</strong>i musulmani”), il grande studioso avverte: “Abbiamo soltanto una scelta: liberiamoli o ci<br />

distruggeranno”.<br />

in Bernard Lewis<br />

RELIGIONI DIO<br />

Di lui dopo Auschw<strong>it</strong>z<br />

Due cose a volte<br />

immagino di lui<br />

che esista<br />

e dorma<br />

fuori <strong>da</strong>l tempo<br />

mentre noi<br />

lo invochiamo<br />

<strong>da</strong> dentro<br />

Alberto Vigevani<br />

in Alberto Vigevani


RELIGIONI DISINCANTO MAX WEBER<br />

Comunque finiscano poi le elezioni, l’affermazione dei due leader ha fin d’ora un grande<br />

significato psicologico rispetto ad alcuni luoghi comuni molto diffusi nelle interpretazioni circolanti<br />

sul nostro tempo. Un secolo fa, il 900 sembrò inaugurare l’era del «disincanto» (come lo chiamò il<br />

sociologo Max Weber), quella della fine delle credenze religiose (già annunciata nella teoria della<br />

«morte di Dio» di Friedrich Nietzsche) e del rinchiudersi dell’uomo nell’universo delle cose, dei<br />

corpi e del denaro. Insomma in un’ottica materialista.<br />

Come si vede, non è an<strong>da</strong>ta così: un secolo dopo, nel più grande e potente Paese occidentale, i<br />

candi<strong>da</strong>ti alla presidenza si confrontano proprio su chi di loro sia più affi<strong>da</strong>bile come inviato «in<br />

missione per conto di Dio», come dicevano di sé i popolarissimi Blues Brothers. Ciò d’altra parte si<br />

accompagna ad una rinnovata passione per i temi dell’appartenenza religiosa in tutto il mondo, un<br />

modo di sentire che ha già fortemente contribu<strong>it</strong>o alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, negli<br />

anni 90<br />

http://claudiorise.blogsome.com/2008/01/07/p346/<br />

in


RELIGIONI LAICITA'<br />

Quando gli uomini parlano senza capirsi e credono di dire una cosa usando una parola che ne<br />

indica una opposta, nascono equivoci, talora drammatici sino alla violenza. Nel penoso autogol in<br />

cui si è risolta la gazzarra contro l’inv<strong>it</strong>o del Papa all’univers<strong>it</strong>à di Roma l’elemento più pacchiano è<br />

stato, per l’ennesima volta, l’uso scorretto, distorto e capovolto del termine «laico», che può<br />

giustificare un ennesimo […] tentativo di chiarirne il significato.<br />

Laico non vuol dire affatto, come ignorantemente si ripete, l’opposto di credente (o di cattolico) e<br />

non indica, di per sé, né un credente né un ateo né un agnostico. Laic<strong>it</strong>à non è un contenuto<br />

filosofico, bensì una forma mentis; è essenzialmente la capac<strong>it</strong>à di distinguere ciò che è<br />

dimostrabile razionalmente <strong>da</strong> ciò che è invece oggetto di fede, a prescindere <strong>da</strong>ll’adesione o<br />

meno a tale fede; di distinguere le sfere e gli amb<strong>it</strong>i delle diverse competenze, in primo luogo<br />

quelle della Chiesa e quelle dello Stato.<br />

La laic<strong>it</strong>à non si identifica con alcun credo, con alcuna filosofia o ideologia, ma è l’att<strong>it</strong>udine ad<br />

articolare il proprio pensiero (ateo, religioso, idealista, marxista) secondo principi logici che non<br />

possono essere condizionati, nella coerenza del loro procedere, <strong>da</strong> nessuna fede, <strong>da</strong> nessun<br />

pathos del cuore, perché in tal caso si cade in un pasticcio, sempre oscurantista. La cultura —<br />

anche cattolica — se è tale è sempre laica, cosi come la logica — di San Tommaso o di un<br />

pensatore ateo — non può non affi<strong>da</strong>rsi a cr<strong>it</strong>eri di razional<strong>it</strong>à e la dimostrazione di un teorema,<br />

anche se fatta <strong>da</strong> un Santo della Chiesa, deve obbedire alle leggi della matematica e non al<br />

catechismo.<br />

Una visione religiosa può muovere l’animo a creare una società più giusta, ma il laico sa che essa<br />

non può certo tradursi immediatamente in articoli di legge, come vogliono gli aberranti<br />

fon<strong>da</strong>mentalisti di ogni specie. Laico è chi conosce il rapporto ma soprattutto la differenza tra il<br />

quinto coman<strong>da</strong>mento, che ingiunge di non ammazzare, e l’articolo del codice penale che punisce<br />

l’omicidio. Laico — lo diceva Norberto Bobbio, forse il più grande dei laici <strong>it</strong>aliani — è chi si<br />

appassiona ai propri «valori caldi» (amore, amicizia, poesia, fede, generoso progetto pol<strong>it</strong>ico) ma<br />

difende i «valori freddi» (la legge, la democrazia, le regole del gioco pol<strong>it</strong>ico) che soli permettono a<br />

tutti di coltivare i propri valori caldi. Un altro grande laico è stato Arturo Carlo Jemolo, maestro di<br />

dir<strong>it</strong>to e libertà, cattolico fervente e religiosissimo, difensore strenuo della distinzione fra Stato e<br />

Chiesa e duro avversario dell’inaccettabile finanziamento pubblico alla scuola privata — cattolica,<br />

ebraica, islamica o domani magari razzista, se alcuni gen<strong>it</strong>ori pretenderanno di educare i loro figli<br />

in tale credo delirante.<br />

Laic<strong>it</strong>à significa tolleranza, dubbio rivolto anche alle proprie certezze, capac<strong>it</strong>à di credere<br />

fortemente in alcuni valori sapendo che ne esistono altri, pur essi rispettabili; di non confondere il<br />

pensiero e l’autentico sentimento con la convinzione fanatica e con le viscerali reazioni emotive;<br />

di ridere e sorridere anche di ciò che si ama e si continua ad amare; di essere liberi <strong>da</strong>ll’idolatria e<br />

<strong>da</strong>lla dissacrazione, entrambe servili e coatte. Il fon<strong>da</strong>mentalismo intollerante può essere clericale<br />

(come lo è stato tante volte, anche con feroce violenza, nei secoli e continua talora, anche se<br />

più blan<strong>da</strong>mente, ad esserlo) o faziosamente laicista, altrettanto antilaico.<br />

[Articolo apparso sul Corriere della Sera del 20 gennaio 2008.]<br />

in


RELIGIONI NASCITA<br />

... trovarono Maria e Giuseppe e il bambino giacente nella mangiatoia.<br />

È tutto. Questo presepio di dieci parole è dell'evangelista Luca che nemmeno lui lo vide, come non<br />

lo vide il suo maestro Paolo di Tarso: soltanto quei pastori notturni polverizzati nel nulla. Tre nomi,<br />

un arnese. Facciamolo anche noi così piccolo e vero il presepio. Leggiamo e rileggiamo queste<br />

dieci parole — come ci si curva su un diamante fino ad appannarlo col fiato. Sono tutto il nostro<br />

Natale: le ha scr<strong>it</strong>te un medico di Antiochia, senza che la sua penna tremasse per la tentazione di<br />

dire di più.<br />

in Luigi Santucci, Volete an<strong>da</strong>rvene anche voi?, Mon<strong>da</strong>dori, 1969, p. 33<br />

in Luigi Santucci<br />

RESILIENZA<br />

" Finché non saremo riusc<strong>it</strong>i a sopprimere nessuna delle cause della disperazione umana, non<br />

avremo il dir<strong>it</strong>to di provare a sopprimere i mezzi attraverso i quali l'uomo prova a pulirsi della<br />

disperazione. "<br />

Antonin Artaud.<br />

Non so bene a quali mezzi Artaud si riferisse.<br />

Lec<strong>it</strong>i, illec<strong>it</strong>i, boh.<br />

Antonin però è sacro e qualunque cosa dica ha un senso, per me.<br />

Provo a svelare tre o quattro cose che faccio io, in stati catatonici-semicomatosi<br />

(Grazie al cielo, questo è un periodo buono).<br />

1) Rileggo un elogio alla vera leggerezza, scr<strong>it</strong>to all’età di 13 anni.<br />

2) Cerco di distinguere i “falsi problemi”. Sono quelli che complicano maledettamente le cose,<br />

creando una baraon<strong>da</strong> indistinta sena capo, né co<strong>da</strong>.<br />

3) Ludotera<strong>pia</strong>, a manetta, con film che esasperano il problema, rendendolo una cosa<br />

piccolissima e ridicola.<br />

4) Scrivo su un blog, facendo accurata attenzione a svelare tutti i cazzi miei.<br />

Se mai, un giorno, renderemo conto ad un Giudice universale, tra trombe, angeli e tremori,<br />

tutti insieme, appassionatamente, non vedo perché dovrei tutelare adesso una Privacy emotiva,<br />

che circola e circola, chiedendo solo di uscire.<br />

5) Mi illudo, considerando l’illusione un bozzolo di desiderio, uno scenario a venire,<br />

una v<strong>it</strong>a parallela diretta <strong>da</strong> un regista colorato e stravagante. Il problema più grosso,<br />

in realtà, è quando il desiderare-con forza- una jouissance qualunque ti si spezza.<br />

O è spezzata <strong>da</strong>lle cose reali e <strong>da</strong>lle voci distanti.<br />

Tutto ciò è peggio di in cancro, in fase terminale.<br />

6) Contatti umani, tanti, cercando di non considerare mai nessuno<br />

una pattumiera muta e stracolma di pazienza. Perché, se no qualcuno,<br />

problema o non problema, disperazione o non disperazione,<br />

a quel paese, prima o poi, ti ci man<strong>da</strong>, aggravando, o risolvendo defin<strong>it</strong>ivamente la s<strong>it</strong>uazione. :*<br />

7) Ecco, se tutto ciò non dovesse ancora funzionare, e la Malinconia persiste,<br />

chiudo la luce e dormo. Anche di giorno. Sperando di sognare<br />

un angolo della Costiera Amalf<strong>it</strong>ana, magari Pos<strong>it</strong>ano,<br />

di sera, con le luci che giocano sulla scogliera,<br />

e, sotto, una pizzeria profumatissima di basilico e limoni.<br />

Un cameriere, con la faccia <strong>da</strong> gu<strong>it</strong>to, non mi fa aspettare.<br />

Ed io divoro con le mani una Gigantesca Margher<strong>it</strong>a.<br />

Renèe Dicichè<br />

in http://diciche.splinder.com/post/14856376<br />

in Renèe Dicichè


RESILIENZA<br />

Resilienza<br />

tracceUn articolo di Aldo Romano sulla Stampa di oggi recupera un grande concetto e principio<br />

orientatore del lavoro di servizio:<br />

resilienza<br />

Perfino la pubblic<strong>it</strong>à di un noto materasso ne parla:<br />

“Uno strato superiore di esclusivo materiale sensibile alla temperatura viene laminato su una base<br />

in poliuretano ad alta resilienza di 8 cm. Il sistema di flusso d’aria fra lo strato e la base in<br />

espanso permette un’ulteriore resilienza in profond<strong>it</strong>à e ventilazione in tutto il materasso.”<br />

E, anche se non la chiamerebbe mai così, Pippo Delbono ha "fatto resilienza" ai suoi problemi.<br />

Con il teatro.<br />

Perchè ci sono molte vie di resilienza.<br />

Come racconta in "Racconti di giugno: incontro con se stesso".<br />

Lui <strong>da</strong> solo sul palco. A raccontarsi con totale e perfino estrema sincer<strong>it</strong>à.<br />

pippodelbono<br />

Cosa significa Resilienza?<br />

Quando una parola è poco conosciuta conviene partire <strong>da</strong>l vocabolario.<br />

- Capac<strong>it</strong>á di un materiale di resistere a urti improvvisi senza spezzarsi (Lo Zingarelli, Zanichelli,<br />

Milano, 1995):<br />

- capac<strong>it</strong>à di un materiale di resistere a deformazioni o rotture dinamiche, rappresentata <strong>da</strong>l<br />

rapporto tra il lavoro occorrente per rompere un’asta di tale materiale e la sezione dell’asta<br />

stessa: indice, valore di resilienza<br />

- capac<strong>it</strong>à di un filato o di un tessuto di riprendere la forma originale dopo una deformazione (Da<br />

Dizionario De Mauro)<br />

Se consideriamo questo concetto in rapporto alle scienze sociali, possiamo dire che<br />

“la resilienza corrisponderebbe alla capac<strong>it</strong>á umana di affrontare le avvers<strong>it</strong>á della v<strong>it</strong>a, superarle<br />

e uscirne rinforzato o, addir<strong>it</strong>tura, trasformato” (Grotberg, 1996).<br />

Da questo punto di vista la parola viene associata sempre con tensione, stress, ansietá,<br />

s<strong>it</strong>uazioni traumatiche che ci colpiscono durante la nostra v<strong>it</strong>a.<br />

Si tratta di qualcosa che corrisponde alla natura umana, ma che non sempre si riesce a mettere in<br />

atto e, anche se a volte si attiva, non sempre si arriva a generare s<strong>it</strong>uazioni pos<strong>it</strong>ive.<br />

Questa misteriosa possibil<strong>it</strong>á ha una base innegabile, e cioé, l´evidenza che gli elementi cost<strong>it</strong>utivi<br />

della resilienza sono presenti in ogni essere umano e la loro evoluzione accompagna le diverse<br />

fasi dello sviluppo o del ciclo v<strong>it</strong>ale dell´uomo: è un comportamento intu<strong>it</strong>ivo durante la infanzia, poi


si rinforza fino ad essere attivo nella adolescenza, e dopo ancora sará completamente<br />

incorporato alla condotta propria dell´etá adulta.


Ma ci vuole educazione per farlo (una sfaccettatura della educazione dei sentimenti? care Astime<br />

e Maf?).<br />

Occorre ancoraggio a valori solidi.<br />

Anche se hanno 2000 anni.<br />

Decisione nel volere ottenere questo risultato educativo. Padri “morbidi” ed impaur<strong>it</strong>i e madri<br />

decisioniste come delle dirigenti di azien<strong>da</strong> difficilmente ci riescono. E lo si vede.<br />

La resilienza é piú della semplice capac<strong>it</strong>á di resistere alla distruzione proteggendo il proprio io <strong>da</strong><br />

circostanze difficili<br />

E’ anche la possibil<strong>it</strong>á di reagire pos<strong>it</strong>ivamente a scap<strong>it</strong>o delle difficoltá e la voglia di costruire<br />

utilizzando la forza interiore propria degli essere umani.<br />

Non é solo sopravvivere a tutti i costi, ma é anche avere la capac<strong>it</strong>á di usare l´esperienza nata<br />

<strong>da</strong> s<strong>it</strong>uazioni difficili per costruire il futuro.<br />

Si dice, si racconta, si narra che ci sono alcune caratteristiche tipiche della resilienza:<br />

• “insight” o introspezione: la capac<strong>it</strong>á di esaminare sé stessi, farsi le domande difficili e<br />

rispondersi con sincer<strong>it</strong>á<br />

• Indipendenza: la capac<strong>it</strong>á di mantenersi a una certa distanza, fisica e emozionale, dei problemi,<br />

ma senza isolarsi<br />

• Interazione: la capac<strong>it</strong>á per stabilire rapporti intimi e soddisfacenti con altre persone<br />

• Iniziativa: la capac<strong>it</strong>á di affrontare i problemi, capirli e riuscire a controllarli<br />

• Creativ<strong>it</strong>á: la capac<strong>it</strong>á per creare ordine, bellezza e obbiettivi partendo <strong>da</strong>l caos e <strong>da</strong>l disordine<br />

• Allegria: disposizione dello spir<strong>it</strong>o all´allegria, ci permette di allontanarci <strong>da</strong>l punto focale della<br />

tensione, relativizzare e pos<strong>it</strong>ivizzare gli avvenimenti che ci colpiscono<br />

Anche la Teoria Sistemica (“se cambia un soggetto della relazione cambiano anche le relazioni<br />

fra i soggetti della relazione”) arriva alla conclusione che la resilienza sarebbe di grande aiuto<br />

durante il processo di tera<strong>pia</strong> alla famiglia, poichè è:<br />

“la capac<strong>it</strong>á che ha un sistema per resistere i cambiamenti provocati <strong>da</strong>ll´esterno, per<br />

sovrapporsi e superare queste crisi, approf<strong>it</strong>tando il cambiamento qual<strong>it</strong>ativo e mantenendo la<br />

coesione strutturale attraverso il processo di sviluppo” (Hernandez Córdoba, 1997).<br />

Durante una crisi la famiglia trasforma la sua struttura, coesiste per resistere la tempesta: non sa<br />

quanto puó durare quella energia. Deve trovare fattori interni ed esterni che possano aiutarla per<br />

diventare meno vulnerabile e impedire che la crisi aumenti di proporzione, in principio, e dopo<br />

superarla in modo che possa affrontare una ristrutturazione del sistema, che possa uscirne<br />

rinforzata e possa trasformarla in un elemento utile al cambiamento e alla cresc<strong>it</strong>a pos<strong>it</strong>iva.<br />

La resilienza é un fattore che puó essere accresciuto durante l’infanzia, nelle diverse tappe dello<br />

sviluppo, per mezzo dello stimolo delle aree affettive, cogn<strong>it</strong>iva e del comportamento, sempre<br />

d’accordo con l´etá e il livello di comprensione delle diverse s<strong>it</strong>uazioni di v<strong>it</strong>a. Il periodo che va<br />

<strong>da</strong>lla nasc<strong>it</strong>a fino alla adolescenza sarebbe quello piú opportuno per svegliare e sviluppare<br />

questa qual<strong>it</strong>á interiore che permette di affrontare le avvers<strong>it</strong>á.<br />

Riassumendo si può dire che la resilienza é<br />

la capac<strong>it</strong>á umana a<strong>da</strong>tta ad affrontare gli avvenimenti dolorosi e a risorgere <strong>da</strong>lle s<strong>it</strong>uazioni<br />

traumatiche.


Principio storicamente dimostrato nei momenti di stragi mondiali e di genocidi provocati <strong>da</strong>ll´uomo.<br />

Ci sono poi possibil<strong>it</strong>á di sviluppo della resilienza che si ottengono agendo sulle risorse personali<br />

e sociali, in stato di latenza, in ogni individuo ed anche in ogni comun<strong>it</strong>à .<br />

Tra queste possiamo nominare: l´autostima pos<strong>it</strong>iva, i legami affettivi significativi, la creativ<strong>it</strong>á<br />

naturale, il buon umore, una rete sociale e di appartenenza, una ideologia personale che<br />

consenta di <strong>da</strong>re un senso al dolore, in modo <strong>da</strong> diminuire l’aspetto negativo di una s<strong>it</strong>uazione<br />

carica di confl<strong>it</strong>ti, permettendo il risorgere di alternative di soluzione <strong>da</strong>vanti alla sofferenza.<br />

La resilienza puó venire incontro al lavoro sociale e psicologico a livello di: prevenzione,<br />

riabil<strong>it</strong>azione, collaborazione in educazione, assistenza alle famiglie e ai diversi gruppi sociali,<br />

perché non attinge la sua forza soltanto <strong>da</strong>lle condizioni naturali degli individui, ma ha bisogno di<br />

un aiuto esterno e di un ambiente che facil<strong>it</strong>i e appoggi uno sviluppo personale che conduca<br />

verso un apprendimento.<br />

L´obiettivo di questa noterella é di ricor<strong>da</strong>re innanz<strong>it</strong>utto a me stesso (ottimo metodo quello di<br />

riflettere su di sé, prima di proiettare sugli altri <strong>da</strong> sé) che la pratica della resilienza è abbastanza<br />

consolante.<br />

Non risolutiva, ma consolante.<br />

Ogni persona possiede questa caratteristica, ma <strong>da</strong> ciascuno di noi dipende che possa essere<br />

sviluppata, se ci concediamo la possibil<strong>it</strong>á di farlo, magari scegliendoci con cura, attenzione,<br />

accudimento ed amore le persone con cui camminare.<br />

Lo spir<strong>it</strong>o di resilienza è un principio informatore ed “educatore” che può anche essere usato<br />

anche nei post e nei commenti dei blog, dove il pensiero associativo che qui si sviluppa talvolta<br />

genera tensioni, eccessi informativi, rabbia compulsiva, aggressiv<strong>it</strong>à, depressione, proiezioni.<br />

Riprendendo l’aurea scaletta sopra riportata:<br />

- esaminare sé stesso, farsi le domande difficili e rispondersi con sincer<strong>it</strong>á. Tanto siamo in<br />

s<strong>it</strong>uazioni di “relazioni gratu<strong>it</strong>e”<br />

- mantenere a una certa distanza <strong>da</strong>i problemi, tuttavia senza isolarsi. Qui abbiamo già<br />

accettato di comunicare ed esporci. Occorre farlo con cautela. Adottando il metodo del “buon<br />

padre di famiglia” (così, per essere in sintonia con la dop<strong>pia</strong> manifestazione di sabato scorso)<br />

- Interagire, stabilire anche rapporti intimi con le persone. Purchè siano soddisfacenti, ossia<br />

tendenzialmente benefici per la psiche. Il tempo stringe. Nessuno ci obbliga a stare qui. Perché<br />

farci del male? Ci pensano già i musulmani ((nella variante culturale “perdenti radicali”) <strong>da</strong>l 2001 a<br />

farci del male: almeno qui possiamo dire “no, grazie”<br />

- Affrontare qualche problema, provarsi a capirlo, anche con l’aiuto delle “sfaccettature”<br />

(vero Prisma?), provare a controllarlo. Cioè vederli, questi problemi. Come lo psichiatra Hannibal<br />

Lecter quando, nel romanzo Il silenzio degli innocenti, dice a Clarice Sterling: “Rifletti … cosa<br />

osserva lui ? ….. cosa sta facendo? … hai tutti i <strong>da</strong>ti in mano … cosa fa? …. Lui d e s i d e r a<br />

….”


- Essere creativi. Qui non controlla nessuno. Sì certo, si può essere assal<strong>it</strong>i <strong>da</strong> commenti<br />

lividi e cattivi. Può anche cap<strong>it</strong>are che qualcuno ti aizzi addosso i suoi amici di blog (mi è cap<strong>it</strong>ato<br />

e non me ne sono dimenticato ed ho provveduto a difendermi). Però, con qualche cautela, puoi<br />

far lasciare an<strong>da</strong>re i pensieri. Si può provare a <strong>da</strong>re ordine, partendo <strong>da</strong>l caos e <strong>da</strong>l disordine<br />

- Dare spazio al folletto “Spir<strong>it</strong>o allegro”. Buffoneggiare, anche (vero Surferella?). Una<br />

disposizione all’allegria, permette di allontanarci <strong>da</strong>lle tensioni, di relativizzare e di vedere pos<strong>it</strong>ivo.<br />

“Penso pos<strong>it</strong>ivo perché son vivo”, ma senza l’infin<strong>it</strong>a tristezza culturale dei newagisti che<br />

ruminano l’ideologia del pensiero pos<strong>it</strong>ivo. E che diventano così tetri e tristi<br />

Il tema della resilienza deve molto allo psicologo rumeno Boris Cyrulnik (figlio di deportati ad<br />

Auschw<strong>it</strong>z che riuscì a fuggire <strong>da</strong>l treno diretto ai campi di concentramento):<br />

“Due sono le parole chiave che caratterizzeranno il modo di osservare e di comprendere il<br />

mistero di chi ha superato un trauma e, una volta adulto, riguar<strong>da</strong> le cicatrici del passato.<br />

Le due strane parole che preparano il nostro sguardo sono «resilienza» e «ossimoro».<br />

Il termine «resilienza» è stato coniato in fìsica per descrivere l'att<strong>it</strong>udine di un corpo a resistere a<br />

un urto. Ma tale definizione attribuiva eccessiva importanza alla sostanza.<br />

Il termine è stato mutuato <strong>da</strong>lle scienze sociali per indicare «la capac<strong>it</strong>à di riuscire, di vivere e<br />

svilupparsi pos<strong>it</strong>ivamente, in maniera socialmente accettabile, nonostante lo stress o un evento<br />

traumatico che generalmente comportano il grave rischio di un es<strong>it</strong>o negativo» (Vanisten<strong>da</strong>el S.,<br />

Cles pour devenir: la resilience, 1998).<br />

Come diventare umani nonostante gli scherzi del destino? Questi interrogativi pieni di ammirazione<br />

sono emersi quando si è deciso di esplorare il continente dimenticato dell'infanzia.<br />

Il dolce Remi, in Senza famiglia, poneva il problema con parole molto chiare:<br />

«Sono un trovatello. Ho creduto di avere una mamma, come tutti gli altri bambini...»<br />

Due volumi dopo, una volta conosciuta l'infanzia di stra<strong>da</strong>, lo sfruttamento del lavoro minorile, le<br />

percosse, il furto e la malattia, Remi si gua<strong>da</strong>gna il dir<strong>it</strong>to di condurre una v<strong>it</strong>a socialmente<br />

accettabile a Londra e conclude con una canzone napoletana che canta le «dolci parole» e il<br />

«dir<strong>it</strong>to di amare».<br />

Il principio è esattamente lo stesso adottato <strong>da</strong> Charles Dickens che aveva attinto il tema della<br />

sofferenza e della v<strong>it</strong>toria <strong>da</strong>lla sua infanzia infelice e sfruttata.<br />

«Non vedevo alcuna ragione per cui [...] la feccia del popolo non servisse [...] a fini morali, così<br />

come il suo fiore più fine [...] Essa comprende le più belle e le più brutte sfumature della nostra<br />

natura [...] i suoi aspetti più vili e parte dei più belli.».<br />

Dopo aver letto Giovinezza di Lev Tolstoi, torna sempre alla mente il verso di Aragon: «È così che<br />

vivono gli uomini?» Anche Infanzia di Maksim Gorki descrive lo stesso percorso archetipico. Atto<br />

I, la desolazione: La mia infanzia (1913-1914); atto II, la riparazione: Fra la gente (1915-1916);<br />

atto III, il trionfo: Le mie univers<strong>it</strong>à (1923).<br />

Tutti i romanzi popolari c<strong>it</strong>ati sono imperniati su un'unica idea: le nostre sofferenze non sono<br />

vane, una v<strong>it</strong>toria è sempre possibile.<br />

Un tema che viene assurto a bisogno fon<strong>da</strong>mentale, a unica speranza dei disperati:<br />

«Se sai veder distrutta l'opera della tua v<strong>it</strong>a / E senza dire una sola parola rimetterti a costruire [...j<br />

/ Se sai essere duro senza mai infuriarti [...] / Se sai essere coraggioso e mai imprudente [...J /<br />

Se sai ottenere la v<strong>it</strong>toria dopo la sconf<strong>it</strong>ta [...] / Sarai un uomo figlio mio» (Rudyard Kipling).


Pel di carota, il bambino maltrattato, riacquista la speranza alla fine del libro; Hervé Bazin r<strong>it</strong>rova la


pace quando suo padre finalmente mette a tacere Folcoche; Tarzan, bimbo indifeso in una<br />

giungla ostile, finisce per diventare l'amatissimo capo degli animali più feroci; Zorro e Superman,<br />

eroi <strong>da</strong>lla dop<strong>pia</strong> v<strong>it</strong>a, <strong>da</strong> un lato comuni individui e <strong>da</strong>ll'altro paladini della giustizia; Francois<br />

Truffaut e Jean-Luc Lahaye raccontano il vero romanzo della loro infanzia tormentata. Ne "La<br />

c<strong>it</strong>tà della gioia", Dominique Lapierre descrive l'incredibile seren<strong>it</strong>à dei derel<strong>it</strong>ti come confermato<br />

<strong>da</strong> tutte le persone che si sono occupate dei bambini di stra<strong>da</strong>”<br />

L’articolo di Aldo Romano <strong>da</strong> cui ha preso avvio questa reminiscenza della resilienza è qui:<br />

Ormai non ci sono dubbi, Silvio Berlusconi è dotato di acuta resilienza.<br />

Che non è una malattia, ma la capac<strong>it</strong>à di riprendere forma e vigore dopo i colpi più duri.<br />

Non è l’unico esponente della pol<strong>it</strong>ica <strong>it</strong>aliana a godere di quella magica qual<strong>it</strong>à, ma certo che gli<br />

ultimi quindici giorni hanno <strong>da</strong>to una spettacolare dimostrazione del suo primato nel settore.<br />

La netta v<strong>it</strong>toria elettorale in Sicilia è stata interamente sua prima che della Casa delle Libertà,<br />

come gli riconoscono i meno frustrati tra gli avversari sconf<strong>it</strong>ti. La sua partecipazione al Family<br />

Day ha impresso una curvatura partigiana ad un evento che voleva essere trasversale e<br />

problematico per entrambi gli schieramenti. Insomma, il Cavaliere Resiliente si è ripreso la scena. E<br />

può permettersi di tormentare i propri alleati con nuove angherie. Ora minacciando di passare il<br />

bastone del comando direttamente alla giovane outsider Michela V<strong>it</strong>toria Brambilla, ora buttando lì<br />

la possibil<strong>it</strong>à di <strong>da</strong>rsi alle larghe intese, ora fantasticando di un Part<strong>it</strong>o della libertà <strong>da</strong> creare<br />

<strong>da</strong>ll’oggi al domani con quelli che ci volessero stare.<br />

Il sol<strong>it</strong>o leader <strong>da</strong>lle sette v<strong>it</strong>e, si dirà, capace di r<strong>it</strong>rovarsi alla testa delle proprie truppe<br />

sconfiggendo ogni avvers<strong>it</strong>à. Eppure non è detto che si tratti di una buona notizia per il<br />

centrodestra. Perché al di là dell’attivismo effettivamente miracoloso di Berlusconi, <strong>da</strong> tempo poco<br />

o niente sta accadendo <strong>da</strong>lle parti dell’opposizione al governo Prodi. Nessun segno di v<strong>it</strong>al<strong>it</strong>à<br />

propriamente pol<strong>it</strong>ica, niente che faccia pensare che in quel vasto settore del Parlamento si stia<br />

lavorando ad un’idea del Paese diversa <strong>da</strong> quella che viene espressa <strong>da</strong>lla maggioranza di<br />

centrosinistra.<br />

Molta propagan<strong>da</strong> ma poche idee su tutti i grandi aspetti della v<strong>it</strong>a pol<strong>it</strong>ica. In economia è evidente<br />

il mutismo di uno schieramento che si lim<strong>it</strong>a a ripetere lo slogan del «meno tasse» – peraltro senza<br />

poter vantare alcuna sensibile riduzione del carico fiscale negli anni in cui ha governato il Paese<br />

– non riuscendo ad orientare neanche marginalmente la discussione sulla necess<strong>it</strong>à di<br />

un’apertura della società <strong>it</strong>aliana ai valori liberali e della concorrenza. In pol<strong>it</strong>ica estera la brillante<br />

strategia del centrodestra è tutta nel «tanto peggio, tanto meglio», pronta ad attendere l’ennesimo<br />

scivolone internazionale di Prodi o D’Alema senza fornire alcun indizio alternativo che non sia una<br />

più tenace fedeltà all’alleato americano. Sul <strong>pia</strong>no più generalmente ideologico e culturale, siamo<br />

fermi ad un anticomunismo che resiste negli anni ad ogni sment<strong>it</strong>a del mondo e della stessa<br />

sinistra <strong>it</strong>aliana.<br />

E se non fosse per il nuovo protagonismo della Chiesa cattolica sui temi della v<strong>it</strong>a e della famiglia,<br />

nemmeno per Berlusconi vi sarebbe alcuna occasione di sort<strong>it</strong>e opportunistiche.<br />

In sostanza, il centrodestra sta replicando la strategia della passiv<strong>it</strong>à mostrata <strong>da</strong>l centrosinistra<br />

nella scorsa legislatura. Quando l’opportun<strong>it</strong>à di metter mano ad un progetto per il Paese mentre si<br />

era opposizione fu sacrificata alla conservazione degli equilibri pol<strong>it</strong>ici e personali su cui si<br />

reggeva la coalizione. Le conseguenze di quella scelta si vedono oggi nella stanchezza<br />

dell’azione di governo, nell’impressione di un esecutivo che resiste più per il favore delle<br />

condizioni esterne che per le proprie virtù pol<strong>it</strong>iche e progettuali. Ma disporre di un’opposizione<br />

che non riesce ad an<strong>da</strong>re oltre la propagan<strong>da</strong> non fa certo bene al governo. Così come non giova<br />

all’Italia, che ormai è dovunque circon<strong>da</strong>ta <strong>da</strong> Paesi che sono riusc<strong>it</strong>i a dotarsi di leadership<br />

nuove e più dinamiche. Perché l’attivismo del Cavaliere riempie di sé ogni spazio lasciato libero<br />

<strong>da</strong>ll’assenza di una vera concorrenza pol<strong>it</strong>ica nel suo campo. Ma il vuoto di idee è destinato a<br />

rimanere tale, anche quando permette l’esibizione di spettacolari capac<strong>it</strong>à di rimbalzo.<br />

In Aldo Romano, Berlusconi sta bene il Polo no, in La Stampa 16 maggio 2007


In: http://amalteo.splinder.com/post/12222179/Resilienza<br />

in Amalteo<br />

RESPONSABILITA'<br />

Questa prospettiva introduce direttamente al tema della responsabil<strong>it</strong>à.<br />

Se l'ident<strong>it</strong>à è processo di identizzazione e se l'individuo coincide con la sua azione per<br />

individuarsi, il problema diventa quello di definire chi sceglie come organizzare il campo:<br />

sincronicamente (chi sono io in questo momento?)<br />

e nel tempo (chi sono io rispetto a ieri o a domani, rispetto alla memoria o al progetto?).<br />

Il tema della responsabil<strong>it</strong>à diventa centrale e il termine stesso responsabil<strong>it</strong>à va assunto nella sua<br />

accezione più letterale e profon<strong>da</strong>, che rinvia alla capac<strong>it</strong>à di rispondere.<br />

Se dell'ident<strong>it</strong>à non si dà più un nucleo essenziale né una continu<strong>it</strong>à metafisica, la possibil<strong>it</strong>à di<br />

definirne i confini e di mantenerne la continu<strong>it</strong>à è affi<strong>da</strong>ta alla nostra capac<strong>it</strong>à di rispondere, cioè<br />

alla capac<strong>it</strong>à di riconoscere e di scegliere possibil<strong>it</strong>à e lim<strong>it</strong>i di quel campo di relazioni che ci<br />

cost<strong>it</strong>uisce in un certo momento. La capac<strong>it</strong>à di rispondere contiene nella sua stessa definizione<br />

un duplice significato: si tratta infatti di rispondere di, e di rispondere a, di riconoscere ciò che<br />

siamo e di s<strong>it</strong>uarci nelle relazioni.<br />

La mia responsabil<strong>it</strong>à nei confronti di quel campo di possibil<strong>it</strong>à e di lim<strong>it</strong>i che sono io stesso, è <strong>da</strong><br />

un lato la capac<strong>it</strong>à di rispondere di, di assumere il lim<strong>it</strong>e, la memoria, la struttura biologica, la storia<br />

personale; ma <strong>da</strong>ll'altro è la capac<strong>it</strong>à di rispondere a, cioè di scegliere le possibil<strong>it</strong>à e di<br />

raccogliere le chances, di collocarmi nelle relazioni con altri e di prendere il mio posto nel mondo.<br />

Da: Alberto Melucci, Il gioco dell'io, il cambiamento di sé in una società globale, Feltrinelli, 1991, p.<br />

55<br />

in Melucci Alberto


RESPONSABILITA' AMORE AZIONI PROMESSE<br />

Ciò che si può promettere. Si possono promettere azioni, ma non sentimenti, perché questi sono<br />

involontari. Chi promette a qualcuno di amarlo sempre o di odiarlo sempre o di essergli sempre<br />

fedele, promette qualcosa che non è in suo potere; invece può ben promettere quelle azioni, che<br />

sono sì, di sol<strong>it</strong>o, effetto dell’amore, dell’odio e della fedeltà, ma che possono anche scaturire <strong>da</strong><br />

altri motivi: giacché a un’azione conducono più vie e motivi. La promessa di amare sempre<br />

qualcuno significa cioè: finché ti amerò, compirò verso di te le azioni dell’amore; se non ti amerò<br />

più, continuerai a ricevere <strong>da</strong> me le stesse azioni, anche se per altri motivi, sicché nella testa del<br />

prossimo persiste l’illusione che l’amore sia immutato e sempre il medesimo. Si promette, dunque,<br />

di continuare nell’apparenza dell’amore quando, senza accecarsi <strong>da</strong> sé, si giura a qualcuno<br />

eterno amore. (FRIEDRICH NIETZSCHE, Umano, troppo umano, I, ARNOLDO MONDADORI EDITORE<br />

1970, pag.58)<br />

in FRIEDRICH NIETZSCHE<br />

RETE FORMATO AVI<br />

Il formato "AVI" è un cosiddetto formato "conten<strong>it</strong>ore". Contiene cioè una traccia audio e una<br />

traccia video distinte, entrambe compresse.<br />

La traccia audio sol<strong>it</strong>amente è compressa con un codec MP3 ("codec" sta per "codificatore -<br />

decodificatore"), e non ci sono mai problemi a leggerla. Spesso cap<strong>it</strong>a infatti che, quando sul<br />

computer mancano i codec video, avviando il file.avi venga riprodotta solo la traccia audio.<br />

La traccia video invece dovrebbe essere compressa con i codec "DivX" oppure "XviD". Il nome<br />

del secondo non a caso è il contrario del primo, essendo nato come "concorrente" del codec<br />

DivX, <strong>da</strong> cui deriva indirettamente... ma questa è un'altra storia :-)<br />

Sebbene esistano altri codec per comprimere le tracce video, i formati AVI utilizzano sempre<br />

questi 2 codec. Per avere i codec DivX basta scaricare e installare il setup dei DivX, <strong>da</strong> qui:<br />

http://www.divx.com/divx/windows/...<br />

Per quanto riguar<strong>da</strong> gli XviD invece... non ricordo di averli mai installati, ma non ho problema a<br />

riprodurre video compressi in XviD, quindi devo averli pur presi <strong>da</strong> qualche parte... ora che ci<br />

penso mi sembra che siano compresi anch'essi nel setup dei DivX.<br />

Una volta installati saranno automaticamente riconosciuti <strong>da</strong> qualsiasi lettore tu abbia sul<br />

computer, tipo Windows Media Player, WinAmp, Real Player, VLC Player, ecc....<br />

in


RETI SOCIALI<br />

Reti sociali e dinamiche dell'innovazione<br />

<strong>da</strong> Luca De Biase<br />

Le reti sociali e le ex-él<strong>it</strong>e<br />

Appunti sull'emergere delle relazioni simbiotiche tra chi gui<strong>da</strong> e chi partecipa<br />

Le reti sociali non sono i social network. Le reti sociali sono formate <strong>da</strong> tutte le relazioni tra le<br />

persone. Le reti sociali classiche sono quelle della parentela e del vicinato. E oggi si aggiungono<br />

fortissime quelle che nascono nei posti di lavoro. I social network e la blogosfera sono dimensioni<br />

nuove di una storia ovviamente antica.<br />

Le ricerche sulle dinamiche degli ecosistemi, quelle sviluppate con la scienza della compless<strong>it</strong>à e<br />

con la teoria delle reti, aiutano a leggere la forma delle relazioni sociali con l'aiuto di concetti e<br />

approcci interpretativi nuovi. E la dimensione internettiana delle reti sociali consente di realizzare<br />

una quant<strong>it</strong>à impressionante di scoperte in materia.<br />

Per esempio: si ridefinisce completamente il rapporto tra él<strong>it</strong>e e popolazione, che diventa una<br />

relazione tra chi gui<strong>da</strong> di volta in volta i processi e chi partecipa. E' essenziale, per comprendere<br />

questo cambiamento, intendere che chi gui<strong>da</strong> i processi non lo fa in quanto dotato di uno status<br />

ma solo in quanto si pone al servizio dell'insieme (e dunque non è alla gui<strong>da</strong> per sempre ma solo<br />

nel tempo in cui <strong>da</strong>vvero offre un servizio). Di fatto, l'él<strong>it</strong>e r<strong>it</strong>orna a essere leg<strong>it</strong>tima solo se si<br />

pone in relazione simbiotica con l'ecosistema e non in relazione parass<strong>it</strong>aria.<br />

L'esempio più semplice <strong>da</strong> riportare è quello del motore di ricerca. Nella rete dei s<strong>it</strong>i è sicuramente<br />

in posizione di vertice perché ottiene molti vis<strong>it</strong>atori, ma non interpreta questa posizione di vertice<br />

come potere. Di fatto, la sua importanza è intrinsecamente determinata <strong>da</strong>lla quant<strong>it</strong>à e qual<strong>it</strong>à dei<br />

s<strong>it</strong>i <strong>da</strong> ricercare. E questi traggono vantaggio <strong>da</strong> un buon motore che aiuta a farli trovare.<br />

Insomma: tra il motore e la lunga co<strong>da</strong> di s<strong>it</strong>i online c'è una relazione simbiotica perché la v<strong>it</strong>a di<br />

una di queste categorie di s<strong>it</strong>i dipende <strong>da</strong>lla v<strong>it</strong>a dell'altra.<br />

Vediamo un esempio nella dinamica dell'innovazione. A partire <strong>da</strong> questo approccio si scopre che<br />

una rete sociale formata <strong>da</strong> persone che avvertono l'urgenza di contribuire a cambiare il mondo<br />

dà forma a un vero e proprio ecosistema dell'innovazione. I partecipanti possono occuparsi di<br />

molte attiv<strong>it</strong>à specifiche (<strong>da</strong>lla ricerca scientifica alla produzione di software, <strong>da</strong>lla scr<strong>it</strong>tura di<br />

blog all'arte di stra<strong>da</strong>, <strong>da</strong>ll'arch<strong>it</strong>ettura dei sistemi informativi alla definizione di pol<strong>it</strong>iche<br />

dell'innovazione, <strong>da</strong>lla produzione di visioni sul futuro alla scr<strong>it</strong>tura di romanzi di fantascienza,<br />

<strong>da</strong>lla condivisione di musica e video autoprodotti alla realizzazioni di installazioni, <strong>da</strong>lla proposta di<br />

playlist alla definizione di nuovi cr<strong>it</strong>eri del gusto sull'entertainment dig<strong>it</strong>ale, <strong>da</strong>ll'adozione<br />

pionieristica delle nuove tecnologie all'esplorazione dei servizi online... la lista è infin<strong>it</strong>a e molto<br />

molto varia) e/o possono vivere con piglio innovativo le loro attiv<strong>it</strong>à tradizionali (nelle aziende e<br />

nella pubblica amministrazione, nella scuola o in famiglia e così via...).<br />

Ebbene: ogni innovatore è un po' un ribelle e spesso si definisce inizialmente in un rapporto<br />

confl<strong>it</strong>tuale rispetto a ciò che r<strong>it</strong>iene possa essere migliorato e superato. Ma la dinamica del<br />

confl<strong>it</strong>to è solo la prima parte del suo comp<strong>it</strong>o. Successivamente, l'adozione generalizzata della<br />

sua innovazione passa anche per l'armonizzazione del confl<strong>it</strong>to.<br />

A questo punto entrano in gioco le reti sociali per la diffusione e l'armonizzazione<br />

dell'innovazione. E sap<strong>pia</strong>mo che le reti sociali sono morfologicamente composte di diversi nodi:<br />

quelli che smistano l'informazione, quelli che la producono, quelli che la valutano. Nell'innovazione<br />

qualcuno la propone e qualcuno la adotta: ma se la proposta dell'innovazione è spesso un atto di<br />

ribellione, quasi sempre l'adozione è anche un atto di armonizzazione. Chi gui<strong>da</strong> il processo è<br />

inizialmente il promotore dell'innovazione, poi chi riesce a metterla insieme con una qual<strong>it</strong>à più<br />

profon<strong>da</strong> perché tiene conto di molte dimensioni culturali con le quali l'innovazione interagisce.<br />

Per questo va coltivato l'approccio sbarazzino dell'innovatore ribelle e contemporaneamente il<br />

rispetto per il generatore di sintesi e armonizzazioni. La nov<strong>it</strong>à e la prospettiva sono dimensioni


entrambe necessarie. L'ingegneria e la storia, l'azione e la riflessione, l'estensione e la profond<strong>it</strong>à<br />

sono tutti elementi necessari all'ecosistema culturalmente sano.


L'approccio all'innovazione basato sul concetto di ecosistema rinnova il senso di tutte le<br />

componenti. Valorizza l'infodivers<strong>it</strong>à. E il rispetto di tutti. Purché valga il principio dell'ascolto e del<br />

servizio reciproco.<br />

http://blog.debiase.com/2008/02/20.html#a1664<br />

in Luca De Biase<br />

ricor<strong>da</strong>re<br />

La v<strong>it</strong>a non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricor<strong>da</strong> e come la si ricor<strong>da</strong> per raccontarla<br />

in MARQUEZ GABRIEL GARCIA<br />

ricor<strong>da</strong>re<br />

Noi siamo la nostra memoria,<br />

siamo questo museo chimerico di forme incostanti,<br />

questo mucchio di specchi rotti.<br />

in Borges Jorge Luis<br />

ricor<strong>da</strong>re<br />

Per molto tempo mi sono coricato presto la sera.<br />

A volte, non appena spenta la candela, mi si chiudevano gli occhi così sub<strong>it</strong>o che neppure potevo<br />

dire a me stesso "M'addormento".<br />

in PROUST MARCEL<br />

ricor<strong>da</strong>re<br />

Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendia si sarebbe<br />

ricor<strong>da</strong>to di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio.<br />

Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costru<strong>it</strong>o sulla riva di<br />

un fiume <strong>da</strong>lle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi<br />

come uova preistoriche. Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per<br />

c<strong>it</strong>arle bisognava indicarle col d<strong>it</strong>o.<br />

in MARQUEZ GABRIEL GARCIA<br />

ricor<strong>da</strong>re<br />

Chi non conosce la storia sarà costretto a riviverla<br />

(cartello all'ingresso di Auschw<strong>it</strong>z)<br />

in<br />

ricor<strong>da</strong>re<br />

I giorni indimenticabili della v<strong>it</strong>a di un uomo sono cinque o sei in tutto.<br />

Gli altri fanno volume<br />

in FLAIANO ENNIO


icor<strong>da</strong>re<br />

Si può ricor<strong>da</strong>re sia secondo la mo<strong>da</strong>l<strong>it</strong>à dell'avere, sia secondo quella dell'essere; ma tra le due<br />

forme di memoria c'è una differenza, legata soprattutto al tipo di connessione che si opera. Nella<br />

mo<strong>da</strong>l<strong>it</strong>à mnemonica dell'avere, la connessione è in tutto e per tutto meccanica* come si verìfica<br />

quando la connessione tra una parola e la successiva è stabil<strong>it</strong>a e confermata <strong>da</strong>lla frequenza<br />

con cui viene ist<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a. In altre parole, le connessioni possono essere puramente logiche, come la<br />

connessione tra opposti oppure tra concetti convergenti, o ancora col tempo, lo spazio, la<br />

dimensione, il colore, o nella cornice di un determinato sistema mentale.<br />

Nel caso della mo<strong>da</strong>l<strong>it</strong>à dell'essere, invece, ricor<strong>da</strong>re significa richiamare attivamente alla mente<br />

parole, idee, cose viste, dipinti, suoni musicali; in altre parole, consiste nel connettere il singolo<br />

<strong>da</strong>to <strong>da</strong> rammentare ai molti altri <strong>da</strong>ti con i quali è correlato. Le connessioni, in questa secon<strong>da</strong><br />

mo<strong>da</strong>l<strong>it</strong>à, non sono né meccaniche né puramente logiche, bensì viventi. Un concetto è connesso<br />

a un altro <strong>da</strong> un atto produttivo di pensiero (o emozionale) che entra in azione quando si va alla<br />

ricerca della parola giusta.<br />

[…]<br />

Ricor<strong>da</strong>re secondo la mo<strong>da</strong>l<strong>it</strong>à dell'essere implica riportare in v<strong>it</strong>a qualcosa che si è visto o ud<strong>it</strong>o<br />

prima. È un processo mnemonico produttivo di cui possiamo fare esperienza cercando di<br />

visualizzare il volto di una persona o una scena <strong>da</strong> noi vista una volta. Né nell'uno né nell'altro<br />

caso saremo in grado di richiamarcela istantaneamente alla memoria: dobbiamo ricreare la<br />

s<strong>it</strong>uazione, riportarla in v<strong>it</strong>a nella nostra mente. È un modo di ricor<strong>da</strong>re non sempre facile: per<br />

rammentare appieno il volto o la scena è necessario che li si sia osservati con sufficiente<br />

concentrazione; e quando questo processo riesce appieno, la persona di cui ci si ricor<strong>da</strong> il volto<br />

è così viva, la scena ricor<strong>da</strong>ta così pregnante, come se l'uno e l'altra fossero tìsicamente,<br />

concretamente presenti.<br />

in FROMM ERICH<br />

ricor<strong>da</strong>re<br />

Il passato è sempre con noi. La sua sorte dipende <strong>da</strong>lla decisione del presente di rimuoverlo o di<br />

assumerlo. Per assumerlo non dobbiamo far altro che voltarci, ma voltarci costa, <strong>da</strong>rsi<br />

un'occhiata alle spalle è spesso un'operazione insopportabile. Guardiamoci <strong>da</strong> tutti coloro che<br />

dopo ogni strage dicono che "la v<strong>it</strong>a deve an<strong>da</strong>re avanti", che a un certo punto dobbiamo pur<br />

"metterci una pietra sopra". Costoro stanno preparando il terreno al r<strong>it</strong>orno di tutto ciò che si è<br />

deciso di dimenticare.<br />

Quanto detto per le stragi vale anche per il razzismo, l'antisem<strong>it</strong>ismo e il neonazismo, tre nozioni<br />

che indicano il grado zero dello sviluppo dell'uman<strong>it</strong>à. Gli ebrei hanno tenuto alta la memoria, gli<br />

zingari, i nomadi, il cui sterminio statisticamente parlando è stato più drastico di quello degli ebrei,<br />

non hanno avuto la possibil<strong>it</strong>à di farlo, e lo stesso può dirsi degli armeni sottoposti, a più riprese<br />

nella storia, a genocidio. Queste cancellazioni della memoria rendono ora possibile il genocidio in<br />

Bosnia.<br />

in GALIMBERTI UMBERTO


icor<strong>da</strong>re nostalgia<br />

Nostalgia è una parola introdotta <strong>da</strong> uno studente di medicina diciannovenne che nel 1688<br />

presenta a Basilea una tesi di laurea in cui propone di nominare nostalgia una sindrome che<br />

colpiva mil<strong>it</strong>ari mercenari in terra straniera, ragazze al servizio presso famiglie lontane <strong>da</strong>lla loro<br />

terra na-tia, esuli, sradicati, stranieri. Il termine ebbe fortuna e sost<strong>it</strong>uì la parola Heimweh, dove<br />

nella radice heim c'è il richiamo alla parola patria (Heimat), alla casa, al villaggio, a ciò che è<br />

familiare (heimlich).<br />

Heim proseguì la sua storia nella versione negativa di Unheimlich, l'Inquietante, che r<strong>it</strong>orna in<br />

Heidegger e Freud, mentre Nostalgia, che lo studente Johannes Hofer coniò componendo due<br />

parole greche, nóstos (r<strong>it</strong>orno) e algos (dolore), ebbe la sua storia come variante della<br />

malinconia, e precisamente come quella malinconia che assale chi soffre per la lontananza <strong>da</strong>lla<br />

sua patria e ne agogna il r<strong>it</strong>orno.<br />

"La nostalgia - scrive il nostro laureando in medicina - è sintomo di una immaginazione turbata,<br />

prodotto degli spir<strong>it</strong>i v<strong>it</strong>ali che nel loro moto perseguono quasi un unico percorso lungo i condotti<br />

bianchi dei corpi striati del cervello e i canaletti del centro ovale, e quindi susc<strong>it</strong>ano nell'anima<br />

l'idea esclusiva e persistente del r<strong>it</strong>orno in patria. A tale sintomo se ne accompagnano poi altri, più<br />

o meno gravi. In questa mia descrizione colloco quella malattia tra i sintomi di un'immaginazione<br />

turbata, in quanto non credo che anche con uno studio accurato si possa trovarle una<br />

collocazione migliore".<br />

Due secoli prima di Freud questo giovane studente aveva quindi ipotizzato che una dimensione<br />

dello spir<strong>it</strong>o, l'immaginazione, potesse ammalare il corpo e condurlo alla morte.<br />

in GALIMBERTI UMBERTO<br />

ridere<br />

Beati quelli che sanno ridere di se stessi: beati, perché non finiranno mai di divertirsi<br />

in<br />

RIFLESSIONE<br />

Rifletti, prima di pensare!<br />

<strong>da</strong> Stanisław Jerzy Lec, Pensieri spettinati<br />

in Stanisław Jerzy Lec<br />

rottura della comunicazione<br />

è tutto un complesso di cose<br />

che fa si che io mi fermi qui<br />

Paolo Conte in Bartali<br />

in Paolo Conte<br />

SCOMPARIRE<br />

“Ogni tanto puoi semplicemente scomparire.<br />

Seduto in giardino, inizi a sentire che stai scomparendo: osserva come ti sembra il mondo,<br />

quando te ne sei allontanato, quando non fai più parte del mondo, quando sei diventato<br />

assolutamente trasparente.<br />

Anche per un secondo, cerca di non essere”<br />

Osho, La matur<strong>it</strong>à, Edizioni Riza, 2004, p.162<br />

in OSHO


SCRITTURA<br />

Co<strong>pia</strong>re <strong>da</strong> un altro autore è un reato di plagio. Co<strong>pia</strong>re <strong>da</strong> più autori è, invece, un’opera<br />

mer<strong>it</strong>evole e viene chiamata «ricerca».<br />

Trovo questa battuta su una rivista, in una rubrica di «detti», e la «copio» per proporla oggi ai miei<br />

lettori. Certo, anch’io cado sotto le forche caudine di quel motto: ogni giorno compio un atto di<br />

plagio «co<strong>pia</strong>ndo» una frase altrui, oppure, reimpastando più di una frase o idea, passo al genere<br />

della «ricerca» che però è pur sempre dipendenza. In ver<strong>it</strong>à, tra «co<strong>pia</strong>re» e «ricercare» la<br />

differenza c’è e basta solo comparare il comp<strong>it</strong>o di un ragazzo che è ricorso a Internet per la sua<br />

«ricerca» e il saggio di uno studioso che gron<strong>da</strong> di riferimenti bibliografici. È, comunque, possibile<br />

costruire attorno alla battuta c<strong>it</strong>ata un paio di considerazioni.<br />

La prima è all’insegna dell’umiltà o almeno del r<strong>it</strong>egno. Un autore medievale, Bernardo di Chartres,<br />

ha coniato una frase spesso c<strong>it</strong>ata: «Noi siamo nani sulle spalle di giganti». Solo per questo<br />

riusciamo a vedere un po’ più in là di loro. Fanno ridere certi autori che sbeffeggiano secoli di<br />

pensiero occidentale per rifilarci i loro prodotti che spesso sono solo pessime rimasticature del<br />

già detto o infime nov<strong>it</strong>à. «Co<strong>pia</strong>re» <strong>da</strong>l passato può essere, quindi, un atto necessario e segno di<br />

intelligenza. Il grande Montaigne non es<strong>it</strong>ava a confessare di ricorrere alle c<strong>it</strong>azioni per «far dire<br />

agli altri quello che non so dire bene, talora per debolezza del mio linguaggio, altre volte per<br />

debolezza della mia intelligenza». L’altra considerazione è conseguente alla prima: per «co<strong>pia</strong>re»<br />

bisogna leggere. L’augurio è che, in un paese come il nostro di non-lettori, questa pratica cresca<br />

senza riserve e remore, soprattutto quando si tratta di classici.<br />

Gianfranco Ravasi, il mattutino<br />

in ravasi gianfranco<br />

scrivere<br />

Scrivere è un modo di parlare senza essere interrotti<br />

in RENARD JULES<br />

scrivere<br />

Sono vivo e vegeto.<br />

Sono vivo. E vegeto<br />

in Paolo Cananzi, in BARICCO A., TARICCO F., VASTA G., VOLTOLINI,<br />

SCUOLA FAMIGLIE<br />

certo, quello della scuola è un ruolo diverso <strong>da</strong> quello proprio della famiglia, di chi ha messo al<br />

mondo quell’allievo (gen<strong>it</strong>ore) o comunque di chi si è assunto il comp<strong>it</strong>o di condurlo nel mondo<br />

(madre e padre). diverso, anche se complementare. Alla scuola, infatti, spetta il comp<strong>it</strong>o di<br />

inserire l’allievo dentro la storia e dentro la cultura di un borgo, di una c<strong>it</strong>tà, di una nazione e del<br />

mondo intero. oggi anche dentro casa ci sono stimoli e capac<strong>it</strong>à di insegnamento, ma non certo le<br />

condizioni per farlo in maniera strutturata, coordinata e completa.<br />

in ANDREOLI VITTORINO


SENSI<br />

"Poiché gli uomini potevano chiudere gli occhi <strong>da</strong>vanti alla grandezza, <strong>da</strong>vanti all'orrore, <strong>da</strong>vanti<br />

alla bellezza, e turarsi le orecchie <strong>da</strong>vanti a melodie o a parole seducenti. Ma non potevano<br />

sottrarsi al profumo. Poiché il profumo era fratello del respiro. Con esso penetrava negli uomini, a<br />

esso non potevano resistere, se volevano vivere. E il profumo scendeva in loro, direttamente al<br />

cuore, e là distingueva categoricamente la simpatia <strong>da</strong>l disprezzo, il disgusto <strong>da</strong>l <strong>pia</strong>cere, l'amore<br />

dell'odio. Colui che dominava gli odori, dominava i cuori degli uomini."<br />

Patrick Süskind: Il profumo<br />

Longanesi Ed<strong>it</strong>ore, Milano -1999<br />

traduzione <strong>da</strong>l tedesco di Giovanna Agabio<br />

pagg. 160-161<br />

in Patrick Süskind<br />

SENTIMENTI IRA DOLORE RISENTIMENTO<br />

Ben più gravi sono gli effetti prodotti in noi <strong>da</strong>ll'ira e <strong>da</strong>l dolore, con cui reagiamo alle cose, che<br />

non quelli prodotti <strong>da</strong>lle cose stesse, per le quali ci adiriamo o ci addoloriamo.<br />

Marco Aurelio<br />

in Marco Aurelio<br />

SENTIMENTI odiare<br />

Poche persone riescono a essere felici senza odiare qualche altra persona, nazione o credo<br />

Bertrand Russell<br />

in Bertrand Russell<br />

Bertrand Russell


SENTIMENTI <strong>pia</strong>ngere sentimento<br />

Piangere al cinema<br />

Durata: circa novanta minuti<br />

Materiale-, un lungometraggio<br />

Effetto: calmante<br />

II film deve essere a<strong>da</strong>tto: niente film per intellettuali, ma uno facile <strong>da</strong> seguire, prevedibile, con un<br />

intreccio leggero. Una storia d'amore è l'ideale. Meglio sedersi molto vicini allo schermo come per<br />

non perdersi neanche un'esclamazione, diventare un tutt'uno con esso, dimenticare tutto. E per<br />

finire credere che tutto quanto si vede è vero e immenso. Assolutamente bello e triste al tempo<br />

stesso. Diventare farfallone, sartina, si-gnorinella. Ma totalmente, altrimenti non è cinema. Non<br />

avere alcun distacco cr<strong>it</strong>ico, nessuna triste serietà. Smontare sistematicamente ogni diffidenza,<br />

ogni dubbio. Diventare un ottimo spettatore, farlo con spudoratezza e decisione.<br />

E quando gli amanti si separano, l'eroina muore, l'assassino, il male, o l'imbecill<strong>it</strong>à trionfano, i sogni<br />

si spezzano, i cuori si lacerano e i violini suonano in sottofondo e le percussioni rimbombano,<br />

allora lasciatevi an<strong>da</strong>re al <strong>pia</strong>nto liberatorio a calde lacrime. Senza riflettere o vergognarvi.<br />

Cal<strong>da</strong>mente, intensamente, senza fine. Sent<strong>it</strong>evi pure disperati e rassicurati al tempo stesso,<br />

travolti <strong>da</strong>lla storia, incapaci della minima resistenza, distrutti <strong>da</strong>l dis<strong>pia</strong>cere, felici di lasciarlo<br />

fluire, incuranti del resto.<br />

Poiché di questi tempi si coltivano sempre più il cinismo, la freddezza, la denigrazione, la<br />

derisione, conviene sperimentare di spontanea volontà e liberamente i buoni sentimenti. Senza<br />

calcolo alcuno, solo per il <strong>pia</strong>cere di farlo. Questa fiera mollezza delle lacrime innocenti nasconde<br />

un <strong>pia</strong>cere particolare, un crollo delle barriere, una perd<strong>it</strong>a temporanea della corazza.<br />

Roger - Pol Dro<strong>it</strong>, Piccola filosofia portatile. 101 esperimenti di pensiero quotidiano, Rizzoli, 2001<br />

in Roger - Pol Dro<strong>it</strong><br />

sentirsi diversi<br />

Sono Gimpel l'idiota, ma non credo d'esser stupido. Anzi<br />

in SINGER ISAAC<br />

sentirsi diversi<br />

Non lo nego: sono ricoverato in un manicomio; il mio infermiere mi osserva di continuo, quasi non<br />

mi toglie gli occhi di dosso perché nella porta c'è uno spioncino, e lo sguardo del mio infermiere<br />

non può penetrarmi perché lui ha gli occhi bruni, mentre i miei sono celesti<br />

in GRASS GUNTHER


sentirsi diversi<br />

Un teppista, crudelissimo e sadico e pieno di fantasia criminale, insieme ai suoi degni compari vive<br />

di violenza, stupra, deruba e uccide. Finché la polizia riesce a catturarlo e gli rivolta contro le sue<br />

stesse att<strong>it</strong>udini. R<strong>it</strong>enendolo un soggetto molto interessante, sperimenta su di lui certe terapie<br />

che gli tarpino gli istinti aggressivi: lo costringe a sentire continuamente una certa musica e ad<br />

assistere contemporaneamente a scene di violenza. Per qualche tempo il giovane si ribella,<br />

resiste, poi capisce che è meglio fìngere di integrarsi. Potrà continuare a fare le stesse cose, ma<br />

protetto <strong>da</strong>l sistema. Tratto <strong>da</strong> un romanzo di Anthony Burgess, un altro film che fece epoca. Per<br />

la tecnica registica di Kubrick e per la violenza espressa, che allora era <strong>da</strong>vvero una nov<strong>it</strong>à,<br />

Arancia meccanica continua ad essere un manifesto di quella generazione, insoddisfatta e alla<br />

ricerca di altri valori.<br />

Alex (McDowell) e Frederick, un ministro del regime, si r<strong>it</strong>rovano dopo la cura cui è stato<br />

sottoposto il primo, che è ancora in ospe<strong>da</strong>le, piuttosto provato.<br />

FREDERICK Capisci Alex? Mi sono spiegato chiaro?<br />

ALEX Come un lago senza fango, sir. Così limpido come un cielo d'estate sempre blu. Fi<strong>da</strong>ti di me,<br />

Fred.<br />

FREDERICK Bravo, sei un amico. Ah, già, mi hanno detto che ti <strong>pia</strong>ce la musica. Ho una piccola<br />

sorpresa per tè.<br />

ALEX Sorpresa?<br />

FREDERICK Be', spero che ti <strong>pia</strong>ccia come, come diciamo così, come simbolo della nostra nuova<br />

intesa. Una nuova intesa fra due vecchi amici.<br />

ALEX Ero guar<strong>it</strong>o, eccome.<br />

(tratto <strong>da</strong>: Daniela Farinotti, Domani è un altro giorno: sessanta finali di sessanta film leggen<strong>da</strong>ri<br />

…, La Tartaruga Edizioni, Milano 1995)<br />

in


sessantotto<br />

Il Pci ai giovani!<br />

di Pier Paolo Pasolini<br />

E’ Triste. La polemica contro<br />

il Pci an<strong>da</strong>va fatta nella prima metà<br />

del decennio passato. Siete in r<strong>it</strong>ardo, figli.<br />

E non ha nessuna importanza se allora non eravate ancora nati.<br />

Adesso i giornalisti di tutto il mondo (compresi<br />

quelli delle televisioni)<br />

vi leccano (come credo ancora si dica nel linguaggio<br />

delle Univers<strong>it</strong>à) il culo. lo no, amici.<br />

Avete facce di figli di papà.<br />

Buona razza non mente.<br />

Avete lo stesso occhio cattivo.<br />

Siete paurosi, incerti, disperati<br />

(benissimo!) ma sapete anche come essere<br />

prepotenti, ricattatori e sicuri:<br />

prerogative piccolo-borghesi, amici.<br />

Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte<br />

coi poliziotti<br />

io simpatizzavo coi poliziotti!<br />

Perché i poliziotti sono figli di poveri.<br />

Vengono <strong>da</strong> periferie, contadine o urbane che siano.<br />

Quanto a me, conosco assai bene,<br />

il loro modo di esser stati bambini e ragazzi<br />

le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui,<br />

a causa della miseria, che non dà autor<strong>it</strong>à.<br />

La madre incall<strong>it</strong>a come un facchino, o tenera,<br />

per qualche malattia, come un uccellino;<br />

i tanti fratelli; la casupola<br />

tra gli orti con la salvia rossa (in terreni<br />

altrui,<br />

lottizzati); i bassi<br />

sulle cloache; o gli appartamenti nei grandi<br />

caseggiati popolari, ecc. ecc.<br />

E poi, guar<strong>da</strong>teli come si vestono: come pagliacci,<br />

con quella stoffa ruvi<strong>da</strong> che puzza di rancio<br />

fureria e popolo. Peggio di tutto, naturalmente<br />

è lo stato psicologico cui sono ridotti<br />

(per una quarantina di mille lire al mese):<br />

senza più sorriso,<br />

senza più amicizia col mondo,<br />

se<strong>parati</strong>,<br />

esclusi (in una esclusione che non ha uguali);<br />

umiliati <strong>da</strong>lla perd<strong>it</strong>a della qual<strong>it</strong>à di uomini<br />

per quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare).<br />

Hanno vent'anni, la vostra età, cari e care.<br />

Siamo ovviamente d'accordo contro l'ist<strong>it</strong>uzione della polizia.<br />

Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete!<br />

I ragazzi poliziotti<br />

che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione<br />

risorgimentale)<br />

di figli di papà avete bastonato,<br />

appartengono all'altra classe sociale.<br />

A Valle Giulia, si é così avuto un frammento<br />

di lotta di classe: e voi, amici (benché <strong>da</strong>lla parte<br />

della ragione) eravate, i ricchi,


mentre i poliziotti (che erano <strong>da</strong>lla parte


del torto) erano i poveri. Bella v<strong>it</strong>toria, dunque,<br />

la vostra! in questi casi,<br />

ai poliziotti si <strong>da</strong>nno i fiori, amici/<br />

“Popolo” e “Corriere della sera”, “Newsweek” e “Monde”<br />

vi leccano il culo. Siete i loro figli<br />

la loro speranza,<br />

il loro futuro: se vi rimproverano<br />

non si preparano certo a una lotta di classe<br />

contro di voi! Se mai,<br />

alla vecchia lotta intestina.<br />

Per chi, intellettuale o operaio,<br />

è fuori <strong>da</strong> questa vostra lotta, è molto divertente l’idea<br />

che un giovane borghese riem<strong>pia</strong> di botte un vecchio<br />

borghese, e che un vecchio borghese mandi in galera<br />

un giovane borghese.<br />

Blan<strong>da</strong>mente<br />

i tempi di H<strong>it</strong>ler r<strong>it</strong>ornano: la borghesia<br />

ama punirsi con le sue proprie<br />

mani.<br />

Chiedo perdono a quei mille o duemila giovani miei fratelli<br />

che operano a Trento o a Torino,<br />

a Pavia o a Pisa,<br />

a Firenze e anche un po' a Roma,<br />

ma devo dire: il Movimento Studentesco<br />

non frequenta i vangeli la cui lettura<br />

i suoi adulatori di mezza età gli attribuiscono,<br />

per sentirsi giovani e crearsi vergin<strong>it</strong>à ricattatrici:<br />

una sola cosa gli studenti realmente conoscono:<br />

il moralismo del padre magistrato o professionista,<br />

la violenza conformista del fratello maggiore<br />

(naturalmente avviato per la stra<strong>da</strong> del padre)<br />

l’odio per la cultura che ha la loro madre, di origini<br />

contadine, anche se già lontane.<br />

Questo, cari figli, sapete.<br />

E lo applicate attraverso inderogabili sentimenti:<br />

la coscienza dei vostri dir<strong>it</strong>ti (si sa, la democrazia<br />

prende in considerazione solo voi) e l'aspirazione al potere.<br />

Sì, i vostri slogan vertono sempre la presa di potere.<br />

Leggo nelle vostre barbe ambizioni impotenti<br />

nei vostri pallori snobismi disperati,<br />

nei vostri occhi sfuggenti dissociazioni sessuali,<br />

nella troppa salute prepotenza, nella poca salute disprezzo<br />

(solo per quei pochi di voi che vengono <strong>da</strong>lla borghesia<br />

infima, o <strong>da</strong> qualche famiglia operaia<br />

questi difetti hanno qualche nobiltà:<br />

conosci te stesso e la scuola di Barbiana!)<br />

Occupate le univers<strong>it</strong>à<br />

ma d<strong>it</strong>e che la stessa idea venga<br />

a dei giovani operai.<br />

E allora:<br />

“Corriere della Sera” e “Popolo”, “Newsweek” e “Monde”<br />

avranno tanta sollec<strong>it</strong>udine<br />

nel cercar di comprendere i loro problemi.<br />

La polizia si lim<strong>it</strong>erà a prendere un po’ di botte<br />

dentro una fabbrica occupata?<br />

E’ un'osservazione banale;<br />

e ricattatoria. Ma soprattutto vana:<br />

perché voi siete borghesi


e quindi anticomunisti. Gli operai, loro,<br />

sono rimasti al 1950 e più indietro.<br />

Un'idea antica come quella della Resistenza (che an<strong>da</strong>va contestata venti anni fa,<br />

e peggio per voi se non eravate ancora nati)<br />

alligna ancora nei petti popolari in periferia.<br />

Sarà che gli operai non parlano né il francese né l'inglese,<br />

e solo qualcuno, poveretto, la sera, in cellula,<br />

si è <strong>da</strong>to <strong>da</strong> fare per imparare un po' di russo.<br />

Smettetela di pensare ai vostri dir<strong>it</strong>ti,<br />

smettetela di chiedere il potere.<br />

Un borghese redento deve rinunciare a tutti i suoi dir<strong>it</strong>ti<br />

e bandire <strong>da</strong>lla sua anima, una volta per sempre,<br />

l'idea del potere. Tutto ciò è liberalismo: lasciatelo<br />

a Bob Kennedy.<br />

I Maestri si fanno occupando le fabbriche<br />

non le univers<strong>it</strong>à: i vostri adulatori ( anche comunisti)<br />

non vi dicono la banale ver<strong>it</strong>à che siete una nuova<br />

specie idealista di qualunquisti come i vostri padri,<br />

come i vostri padri, ancora, figli.<br />

Ecco,<br />

gli Americani, vostri adorabili coetanei,<br />

coi loro sciocchi fiori, si stanno inventando,<br />

loro, un linguaggio rivoluzionario “nuovo”!<br />

Se lo inventano giorno per giorno!<br />

Ma voi non potete farlo perché in Europa ce n'e già uno:<br />

potreste ignorarlo?<br />

Sì, voi volete ignorarlo (con grande soddisfazione<br />

del “Times” e del “Tempo”).<br />

Lo ignorate an<strong>da</strong>ndo, col moralismo delle profonde province,<br />

“più a sinistra”. strano,<br />

abbandonando il linguaggio rivoluzionario<br />

del povero, vecchio, togliattiano, ufficiale<br />

Part<strong>it</strong>o Comunista,<br />

ne avete adottato una variante eretica<br />

ma sulla base del più basso gergo dei sociologi senza ideologia (o dei babbi burocrati).<br />

Così parlando,<br />

chiedete tutto a parole,<br />

mentre, coi fatti,<br />

chiedete solo ciò<br />

a cui avete dir<strong>it</strong>to (<strong>da</strong> bravi figli borghesi):<br />

una serie di improrogabili riforme, l’applicazione di nuovi metodi pe<strong>da</strong>gogici<br />

e il rinnovamento di un organismo statale.<br />

Bravi!<br />

Santi sentimenti!<br />

Che la buona stella della borghesia vi assista!<br />

Innebriati <strong>da</strong>lla v<strong>it</strong>toria contro i giovanotti<br />

della polizia costretti <strong>da</strong>lla povertà a essere servi,<br />

(e ubriacati <strong>da</strong>ll'interesse dell’opinione pubblica<br />

borghese con cui voi vi comportate come donne<br />

non innamorate, che ignorano e maltrattano<br />

lo spasimante ricco)<br />

mettete <strong>da</strong> parte l'unico strumento <strong>da</strong>vvero pericoloso<br />

per combattere contro i vostri padri:<br />

ossia il comunismo.<br />

Spero che l'abbiate cap<strong>it</strong>o<br />

che fare del Pur<strong>it</strong>anesimo<br />

è un modo per impedirsi<br />

un'azione rivoluzionaria vera.


Ma an<strong>da</strong>te, piuttosto, figli, ad assalire le Federazioni!An<strong>da</strong>te a invadere cellule!<br />

An<strong>da</strong>te ad occupare gli uffici<br />

del Com<strong>it</strong>ato Centrale! An<strong>da</strong>te, an<strong>da</strong>te<br />

ad accamparvi in Via delle Botteghe Oscure!<br />

Se volete il Potere, impadron<strong>it</strong>evi, almeno, del potere<br />

di un part<strong>it</strong>o che è tuttavia all'opposizione<br />

(anche se malconcio, per l’autor<strong>it</strong>à di signori<br />

in modesto doppiopetto, bocciofili, amanti della l<strong>it</strong>ote,<br />

borghesi coetanei dei vostri stupidi padri)<br />

ed ha come obiettivo teorico la distruzione del Potere.<br />

Che esso si deci<strong>da</strong> a distruggere, intanto,<br />

ciò che di borghese ha in sé, dub<strong>it</strong>o molto, anche se col vostro apporto,<br />

se, come dicevo, buona razza non mente…Ad ogni modo: il Pci ai giovani!Ma, ahi, cosa vi<br />

sto suggerendo? cosa vi sto<br />

consigliando? A cosa vi sto sospingendo?<br />

Mi pento, mi pento<br />

Ho preso la stra<strong>da</strong> che porta al minor male,<br />

che Dio mi maledica. Non ascoltatemiAhi, ahi, ahi,<br />

ricattato ricattatore,<br />

<strong>da</strong>vo fiato alle trombe del buon senso!<br />

MI son fermnato appena in ternpo,<br />

salvando insieme, il dualismo fanatico e l’ambigu<strong>it</strong>à…Ma son giunto sull’orlo della<br />

vergogna…(oh Dio! che debba prendere in considerazione<br />

l’eventual<strong>it</strong>à di fare al vostro fianco la Guerra Civile<br />

accantonando la mia vecchia idea di Rivoluzione?)<br />

Fonte: “Il Pci ai giovani!”, pubblicato<br />

su Nuovi Argomenti, n.10, aprile-giugno 1968<br />

in Pier Paolo Pasolini


SESSUALITA' RUOLI SESSUALI<br />

Donni e Uome<br />

Una ricerca dimostra che i ruoli sessuali sono cambiati, i generi sono sempre più vicini. E che il<br />

co<strong>it</strong>o stanca (ma la tenerezza no)<br />

L’amore si fa in quattro: due corpi biologici (maschio e femmina) seguono il drive evolutivo alla<br />

riproduzione (consegnare i propri geni al futuro), mentre due individui (uomo e donna), elaborati<br />

<strong>da</strong>lla cultura nella mente e nel corpo, cercano di ottenere il controllo dei primi due. A stento, <strong>da</strong>to<br />

che, nella nostra società postmoderna, si è consoli<strong>da</strong>ta l’asimmetria tra riproduzione e sesso,<br />

simile alla differenza che intercorre tra alimentazione e gastronomia, o tra emissione di vocalismi<br />

e canto. Il guaio è che, in Occidente, uomini e donne cominciano a fare confusione tra la stanza<br />

dei bottoni e quella <strong>da</strong> letto. È una questione di modelli. Un tempo era tutto chiaro: Marte amava<br />

Venere, facendo cornuto il deforme Efesto (Odissea, VIII, 266-366); nel frattempo il bell’Apollo<br />

inseguiva le ninfe e, al momento topico, non combinava niente. Mercurio faceva l’accompagnatore<br />

di anime morte, portando avanti le fantasie erotiche. Le Dee, per pudore, non stavano a<br />

guar<strong>da</strong>re. Oggi, rispetto ai tempi di Omero, sono saltate le distinzioni binarie. Per quanto riguar<strong>da</strong> il<br />

sesso, gli <strong>it</strong>aliani sono diventati donni e/o uome. Così pare nell’analisi condotta <strong>da</strong>ll’Ist<strong>it</strong>uto GPF per<br />

Pfeizer, Gli Italiani e la sessual<strong>it</strong>à (2007), dove si incontrano strani soggetti sessuali. “La prima<br />

macroevidenza dell’in<strong>da</strong>gine è l’allineamento delle risposte di uomini e donne sulla maggior parte<br />

degli indicatori. Il <strong>da</strong>to rivela l’avvicinamento dei generi, fon<strong>da</strong>to su un processo di revisione dei<br />

ruoli sessuali”. Come direbbe Simone de Beauvoir: «Essere donna vuol dire essere un uomo<br />

come un altro ». Con plauso delle donne, la pubblic<strong>it</strong>à espone il corpo maschile nudo. Ottimo<br />

risultato, come quello che ha consent<strong>it</strong>o alle donne di fare il sol<strong>da</strong>to e ammazzare bambini. D’altra<br />

parte, “i pubblic<strong>it</strong>ari sono mercanti di sabbia che lavorano per l’espansione del deserto” (Gruppo<br />

Marcuse, 2006).<br />

Ancora la ricerca GPF: “Gli uomini sono oggi più disposti a parlare della propria sessual<strong>it</strong>à e dei<br />

problemi a essa legati e si mostrano più propensi a risolvere eventuali forme di disagio con un<br />

approccio che coniughi l’esigenza di trovare comprensione e ascolto, e la sicurezza <strong>da</strong>ta <strong>da</strong> una<br />

prospettiva di supporto medicale”. I son<strong>da</strong>ggi, si sa, contengono essenzialmente narrazioni di sé,<br />

di come vorremmo essere e non di come si è. Freud non interpretava i sogni, ma analizzava come<br />

essi venissero narrati, parola per parola. È così che andrebbero letti i son<strong>da</strong>ggi. A quanto pare,<br />

l’<strong>it</strong>aliano di oggi è fautore della cop<strong>pia</strong> d’amore (per il 76,6% degli uomini e l’85,6% delle donne,<br />

“non è possibile avere rapporti sessuali soddisfacenti senza coinvolgimento affettivo”). L’uomo si<br />

immagina tenero con le donne, ma sicuro della sua “durezza farmaceutica” sotto la cintura.<br />

A tale propos<strong>it</strong>o stiamo assistendo a una serie di trasformazioni comportamentali nella sfera della<br />

sessual<strong>it</strong>à che mostrano un’inversione dei caratteri sessuali secon<strong>da</strong>ri. Il fenomeno, come<br />

sempre nell’immaginario, coinvolge più il corpo femminile che non quello maschile. Il sesso non è<br />

più considerato quello che si attiva verso i gen<strong>it</strong>ali (caratteri sessuali primari), ma quello che<br />

gestisce quelli secon<strong>da</strong>ri (sederi, seni, piedi, labbra, ombelico, schiena, capelli, muscoli e<br />

lunghezza del pene per gli uomini ecc.). Questo è il regno della leggerezza e della tenerezza,<br />

come insegna il latin lover. Il sesso primario è sangue e sudore; quello secon<strong>da</strong>rio è l’elogio<br />

dell’impermanenza. Ecco perché è area di mercato. La tenerezza non lascia conseguenze, il co<strong>it</strong>o<br />

sì. La tenerezza si ricompra all’infin<strong>it</strong>o. Il co<strong>it</strong>o stanca. Va allora riconsiderata la soddisfazione<br />

sessuale: si rivolge al sesso primario o a quello secon<strong>da</strong>rio? Credo che oggi gli <strong>it</strong>aliani siano molto<br />

soddisfatti per questa secon<strong>da</strong>, nuova, forma di sesso legata ai caratteri secon<strong>da</strong>ri: gli uomini<br />

sono tutti guardoni e abili nella mano morta; le donne sono diventate esibizioniste (al punto che<br />

così è rappresentata, con tanto di impermeabile aperto, una vecchietta di una pubblic<strong>it</strong>à<br />

telefonica). Una bella soddisfazione.<br />

IN http://dweb.repubblica.<strong>it</strong>/dettaglio/Saremo-UOME-o-DONNI/37361?page=3<br />

in


SIMBOLI ALBERI<br />

L'ALBERO<br />

Noi siamo l'albero, eppure sediamo sotto l'albero, tra le foglie siamo l'uccello nascosto, siamo il<br />

cantore e siamo il canto. (Conrad Aiken)<br />

L'albero è un compagno silenzioso, umile, protagonista non c<strong>it</strong>ato, presente con discrezione<br />

nelle nostre passeggiate, nel nostro stesso cercare ossigeno, aria e libertà. E' ancora<br />

fon<strong>da</strong>mentale per la clorofilla, per i frutti, per la cellulosa e per la protezione idrogeologica,<br />

sebbene oggi nelle nostre c<strong>it</strong>tà sia sacrificato e inquinato.<br />

Esso ha accompagnato l'essere umano nella sua plurimillenaria esperienza e ne è stato<br />

compagno, specchio, simbolo, espressione di fecond<strong>it</strong>à e simbolo di trascendenza.<br />

Alla nasc<strong>it</strong>a di mio figlio un caro amico ha <strong>pia</strong>ntato un albero, un piccolo melo che cresce con<br />

lui, riavviando un percorso antico come l'uomo, che ci lega alla terra e al cosmo.<br />

L'essere umano fino <strong>da</strong>gli albori della coscienza si è serv<strong>it</strong>o dell'albero come modello, a livello<br />

simmetrico e complementare, di confronto, di ident<strong>it</strong>à e di trasformazione.<br />

L'albero, secondo antichissime tradizioni, siamo noi stessi, e la nostra stessa sorte è<br />

connessa alla sua.<br />

L'albero si ricollega attraverso invisibili radici, con il ricco e misterioso mondo della madre terra,<br />

quel "sotto" che affascina tanto i bambini.<br />

Si intuisce che sotto il tronco non solo la v<strong>it</strong>a non è interrotta, ma possiede invece una sua<br />

straordinaria magica potenza.<br />

L'intuizione che anche noi siamo alberi viventi, può portare rispondenze nel nostro intimo, e non<br />

a caso l'albero evoca med<strong>it</strong>azione, contemplazione, concentrazione, è il primo compagno che la<br />

natura offre.<br />

Secondo molti m<strong>it</strong>i l'uomo discende <strong>da</strong>gli alberi, l'eroe è chiuso nell'albero materno, come<br />

Osiride.<br />

L'albero <strong>da</strong> sempre è legato al culto di dei e dee ai quali talune specie di alberi erano<br />

consacrate. Artemide era le dea del cedro, Attis si identifica con un pino, l'olivo era l'albero di<br />

Atena. Il culto dell'albero è stato diffuso nelle civiltà pre-elleniche e presupponeva r<strong>it</strong>i destinati ad<br />

aiutare la vegetazione, come quello dello strappamento di un arbusto sacro in cui si celebrava la<br />

morte annuale della vegetazione, il cordoglio della natura.<br />

L'albero, che oggi non è protagonista nella nostra v<strong>it</strong>a cementata, continua a essere invece<br />

protagonista nei sogni, come simbolo universale pregno di significati vivificanti e attuali. Un<br />

esempio:<br />

"La sognatrice si trova in un bosco, alla base di un albero che è anche una croce e un Cristo."<br />

Le associazioni libere delle persone comuni che sognano tale simbolo sono:<br />

la cresc<strong>it</strong>a, la v<strong>it</strong>a, l'estrinsecarsi della forma in senso fisico e spir<strong>it</strong>uale, lo sviluppo, la cresc<strong>it</strong>a<br />

<strong>da</strong>ll'alto verso il basso, l'aspetto materno (protezione, ombra, riparo, frutti nutr<strong>it</strong>ivi), infine la morte<br />

e la rinasc<strong>it</strong>a.<br />

L'albero è r<strong>it</strong>enuto proiezione della personal<strong>it</strong>à in cresc<strong>it</strong>a: la linea di sviluppo <strong>da</strong>l basso verso<br />

l'alto suggerisce vari significati: passaggio <strong>da</strong>ll'inconscio (radici, origine, profond<strong>it</strong>à) al conscio,<br />

aspirazioni, divenire, social<strong>it</strong>à ed estroversione verso l'alto.<br />

Il fusto rappresenta il centro, il mezzo, il sostegno; durevole e stabile è in contrapposizione al<br />

fogliame che ha invece carattere trans<strong>it</strong>orio e ornamentale.<br />

Il test proiettivo dell'albero, non a caso, parte <strong>da</strong>l disegno di un albero per tracciare una<br />

descrizione della personal<strong>it</strong>à.<br />

Ma il simbolismo dell'albero va ben oltre: simbolo di v<strong>it</strong>a in continua evoluzione, in ascensione<br />

verso il cielo, esso evoca in questo senso il simbolismo della vertical<strong>it</strong>à. Contemporaneamente<br />

rappresenta il carattere ciclico dell'evoluzione cosmica, morte e rigenerazione.<br />

L'albero mette in comunicazione i tre livelli del cosmo: quello sotterraneo, per le radici che<br />

scavano la profond<strong>it</strong>à in cui affon<strong>da</strong>no, la superficie della terra, per il tronco e per i rami e infine i<br />

cieli per i rami superiori e la cima attirata <strong>da</strong>lla luce del sole.<br />

Rettili strisciano tra le radici e uccelli volano e ab<strong>it</strong>ano le sue fronde:<br />

l'albero mette in relazione il mondo ctonio con quello uranio e riunisce in sé tutti gli elementi:<br />

l'acqua circola con la linfa, la terra si integra al suo corpo tram<strong>it</strong>e le radici, l'aria nutre le foglie e il<br />

fuoco si sprigiona <strong>da</strong>l legno.


Per le sue radici affon<strong>da</strong>te nel suolo e per i rami che si innalzano al cielo l'albero è r<strong>it</strong>enuto<br />

universalmente un simbolo dei rapporti tra terra e cielo. L'albero del mondo diventa sinonimo di


asse del mondo.<br />

L'albero è simbolo della perpetua rigenerazione e perciò della v<strong>it</strong>a stessa nel suo senso<br />

dinamico.<br />

E' carico di forze sacre perché verticale, fiorisce, perde e r<strong>it</strong>rova le sue foglie e si rigenera:<br />

muore e rinasce innumerevoli volte. L'albero secondo M. Eliade diventa una manifestazione<br />

archetipale della Potenza.<br />

In quanto simbolo di v<strong>it</strong>a, della v<strong>it</strong>a a tutti i livelli, <strong>da</strong>ll'elementare al mistico, l'albero è stato<br />

assimilato alla madre, alla fonte, portandone tutta la forza ambivalente.<br />

Ma esso è simbolo anche fallico, come descr<strong>it</strong>to nell'albero filosofico.<br />

L'albero, insieme fallo e matrice, diviene un simbolo del sé raffigurato come processo di<br />

cresc<strong>it</strong>a.<br />

Nella tradizione cristiana l'albero rappresenta la v<strong>it</strong>a dello spir<strong>it</strong>o, tanto che il Cristo è insieme<br />

sole ed albero.<br />

L'albero rappresenta la maturazione <strong>da</strong>lla materia allo spir<strong>it</strong>o.<br />

L'albero non è solo di questo mondo, va <strong>da</strong>gli inferi al cielo come una via di comunicazione<br />

vivente, il che spiega l'immagine dell'albero come palo sciamanico.<br />

L'albero è anche considerato un simbolo dell'unione tra continuo e discontinuo.<br />

Di qui la presenza nella Bibbia dell'Albero della V<strong>it</strong>a, cioè della v<strong>it</strong>a eterna, e dell'albero della<br />

conoscenza del bene e del male.<br />

L'albero è paragonato al pilastro che sostiene il tempio e la casa, alla colonna vertebrale del<br />

corpo: le stelle sono i frutti dell'albero cosmico.<br />

Gli studiosi delle religioni parlano dell'albero cosmico come asse del mondo.<br />

Su di esso sale lo sciamano per arrivare attraverso i nove gradini del cielo al trono di dio.<br />

L'albero è un "passaggio", una soglia di entrata in invisibili mondi iniziatici.<br />

Il nero (le radici), il bianco (il tronco) e il rosso (la chioma solare) sono tre dimensioni del sacro<br />

necessariamente complementari.<br />

Le implicazioni cosmiche dell'albero, quale colonna e asse del mondo, tornano a dire, nelle<br />

fantasie e nei sogni dell'uomo moderno, la necess<strong>it</strong>à di recuperare le dimensioni archetipali che<br />

albergano in noi. L'albero diviene allora, per l'uomo, strumento di contatto con la v<strong>it</strong>a, come risulta<br />

<strong>da</strong>l seguente scr<strong>it</strong>to di Crisostomo:<br />

"Questo legno mi appartiene per la mia salvezza eterna.<br />

Io me ne nutro, me ne cibo: mi attacco alle sue radici, mi stendo sotto i suoi rami, al suo soffio<br />

mi abbandono con delizia come al vento. Sotto la sua ombra ho <strong>pia</strong>ntato la mia ten<strong>da</strong>, e al riparo<br />

<strong>da</strong>l calore eccessivo, ho trovato riposo. Io fiorisco con i suoi fiori, i suoi frutti mi procurano una<br />

gioia perfetta, frutti che io colgo pre<strong>parati</strong> per me fin <strong>da</strong>ll'inizio del mondo."<br />

Simonetta Figuccia<br />

in http://www.geagea.com/40indi/40_05.htm<br />

in


SIMBOLI ANGELI<br />

L'ANGELO DELLA STORIA<br />

“C’è un quadro di Klee che s’int<strong>it</strong>ola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di<br />

allontanarsi <strong>da</strong> qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali<br />

distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci<br />

appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su<br />

rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre<br />

l’infranto. Ma una tempesta spira <strong>da</strong>l paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è cosi forte che<br />

egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le<br />

spalle, mentre il cumulo delle rovine sale <strong>da</strong>vanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è<br />

questa tempesta”.<br />

W. Benjamin, Angelus novus, Tesi di filosofia della storia, Einaudi, 1962, pp. 76-77<br />

in Benjamin


SIMBOLI ARCHETIPI GRANDE MADRE MEDITERRANEA<br />

“La chiave che permette di schiudere l’enigma dell’anima <strong>it</strong>aliana è la constatazione che in Italia<br />

regna la Grande Madre med<strong>it</strong>erranea, la quale non ha perduto nei millenni né di potenza né di<br />

influenza. Essa è la premessa archetipica che si ravviva in ogni singola donna <strong>it</strong>aliana se si fa<br />

appello alle sue qual<strong>it</strong>à materne.<br />

…<br />

Nel dominio psichico essa produce prima di tutto una specifica att<strong>it</strong>udine materna. L’istinto<br />

materno la impegna interamente alla cura e alla protezione del bambino, un atteggiamento che si<br />

estende all’infin<strong>it</strong>o attraverso meccanismi di proiezione; poiché dovunque essa trovi un oggetto,<br />

qualcosa a cui attribuire il significato di ‘figlio’, ivi si fissa, per rivolgerglisi maternamente. Essa<br />

accoglie ogni moto del ‘bambino’, afferra tutto, comprende tutto, perdona tutto, sopporta tutto.<br />

Quanto più bisognoso il bambino, più sofferente, più povero, più trascurato, tanto più vicino è al<br />

suo cuore.<br />

…<br />

La mancanza di puntual<strong>it</strong>à e di fi<strong>da</strong>tezza degli <strong>it</strong>aliani si fon<strong>da</strong> in parte su questa fon<strong>da</strong>mentale<br />

struttura psichica, poiché a chi è dominato <strong>da</strong>lla Grande Madre mancano capac<strong>it</strong>à d’astrazione e<br />

di disciplina virili, o meglio queste soccombono inesorabilmente quando vengono a confl<strong>it</strong>to con la<br />

Grande Madre. Tutto ciò che è impersonale, per principio, essa cerca di trasformarlo in rapporto<br />

personale, attraverso il quale, come è noto, in Italia si può raggiungere quasi tutto.<br />

…<br />

Niente è più espressivo che l’interiezione “Pazienza!” che l’<strong>it</strong>aliano pronunzia in modo quasi<br />

riflessivo quando qualcosa non è an<strong>da</strong>to come doveva, a mo’ di rassegnazione e di conforto<br />

insieme, secondo quanto gli suggerisce la Grande Madre consolatrice. … Poiché la<br />

rassegnazione contenuta in quel “Pazienza!” ha infine la propria radice in una genuina fiducia nel<br />

corso delle cose, in quella sicurezza che al figlio dà protezione materna, che giunge fino a quel<br />

‘completo abbandono alla Provvidenza’ che è uno dei pilastri naturali della religios<strong>it</strong>à cristiana in<br />

Italia.<br />

Ma la Grande Madre med<strong>it</strong>erranea in Italia è una madre prim<strong>it</strong>iva. Essa vizia per lo più i suoi figli<br />

con la massima istintiv<strong>it</strong>à, e i figli di conseguenza sono esigenti. Ma quanto più li vizia tanto più li<br />

rende dipendenti <strong>da</strong> sé, tanto più naturale le sembra la propria pretesa sui figli e tanto più questi si<br />

sentono ad essa legati e obbligati. A questo punto la buona madre nutrice e protettiva si<br />

trasforma nel proprio aspetto negativo, nella cattiva madre che trattiene e divora e che con le sue<br />

pretese ormai egoistiche impedisce ai figlie il raggiungimento dell’indipendenza e li rende inermi e<br />

infelici.<br />

…<br />

Spesso sono mogli e madri energiche, ricche di mer<strong>it</strong>i, capaci, con un mar<strong>it</strong>o per lo più debole,<br />

senza interesse o capac<strong>it</strong>à per le cose concrete, che creano e mantengono la posizione della<br />

famiglia, che dirigono aziende, fabbriche, alberghi, negozi o perlomeno la carriera del mar<strong>it</strong>o …<br />

Oppure sono donne sofferenti, malate o malaticce, il più delle volte con un mar<strong>it</strong>o estroverso, che<br />

sono state imped<strong>it</strong>e nella loro evoluzione spir<strong>it</strong>uale e psichica … Ambedue i tipi di madre, l’attivo<br />

come il passivo, hanno un’influenza ugualmente forte sul destino dei componenti della famiglia.<br />

Data la posizione dominante della madre nella psicologia <strong>it</strong>aliana, è naturale che la maggior parte<br />

delle nevrosi sia determinata principalmente <strong>da</strong> complesso materno. Molto spesso noi troviamo<br />

nell’uomo turbe di potenza, dongiovannismo, omosessual<strong>it</strong>à, disturbi del lavoro. Nella donna<br />

troviamo sfiducia nelle sue qual<strong>it</strong>à femminili, mancanza di fiducia nei decorsi naturali,<br />

mestruazione, gravi<strong>da</strong>nza, parto, sviluppo dei bambini con i relativi disturbi: resistenza sessuale,<br />

frigid<strong>it</strong>à, lesbismo, ipercompensazione intellettuale. In generale: disturbi dei rapporti fra i sessi,<br />

difficoltà nella ricerca del compagno, matrimoni infelici, angosce, depressioni, complessi<br />

d’inferior<strong>it</strong>à e un’infin<strong>it</strong>a schiera di disturbi psicosomatici, <strong>da</strong>lla frequentissima emicrania alla col<strong>it</strong>e,<br />

alla nevrosi cardiaca, all’asma, fino all’ulcera gastrica.<br />

…<br />

In una civiltà di stampo matriarcale l’elemento maschile rappresenta per definizione il lato<br />

indifferenziato, l’Ombra. Poiché la madre rappresenta l’inconscio nel suo aspetto predominante,<br />

l’uomo <strong>it</strong>aliano è facilmente esposto ai suoi influssi e dispone di fronte a esso d’un Io<br />

relativamente debole; egli si identifica più o meno con l’Anima.


L’'ident<strong>it</strong>à con i lato pos<strong>it</strong>ivo materno è evidente. E’ commovente vedere come i padri <strong>it</strong>aliani sanno<br />

trattare coi loro bambini, come li sanno comprendere, proteggere, curare,. Sovente ridiventano


ambini essi stessi, figli della Grande Madre, perché in fondo non hanno mai cessato di esserlo,<br />

compagni di gioco delle proprie figlie e dei propri figli, proprio come avviene presso i prim<strong>it</strong>ivi<br />

organizzati patriarcalmente, dove il posto del padre, con i suoi dir<strong>it</strong>ti e doveri, è preso <strong>da</strong>l fratello<br />

della madre, <strong>da</strong>llo zio materno. …<br />

L’elemento maschile indifferenziato tende in linea di massima a fissarsi in una condizione di “figlio<br />

di mamma”, sovente nella forma di eterno Puer, cioè in una psicologia di pubertà. Questo produce<br />

per un verso l’attaccamento e la venerazione commoventi che l’uomo <strong>it</strong>aliano ha per la propria<br />

madre, e con essi il suo tradizionalismo e il suo conservatorismo in tutti i domini, naturalmente<br />

anche nei confronti della Chiesa. …<br />

Per altro verso questa psicologia di pubertà così caratteristica per l’uomo si manifesta<br />

pos<strong>it</strong>ivamente come ribellione, ardimento, slancio, entusiasmo, intuizione creativa e schietto<br />

impulso all’avventura, negativamente come faciloneria, esibizionismo, van<strong>it</strong>à, gallismo o disprezzo<br />

della donna, spesso con tratti manifesti o latenti di omosessual<strong>it</strong>à, e come tendenza a ogni<br />

possibile eccesso”<br />

in Ernst Bernhard, Il complesso della Grande Madre. Problemi e possibil<strong>it</strong>à della psicologia anal<strong>it</strong>ica<br />

in Italia, in Tempo Presente dicembre 1961, ripubblicato in M<strong>it</strong>obiografia, Adelphi. 1969, pagg.<br />

168-174<br />

in Ernst Bernhard<br />

SIMBOLI ARCHETIPI Shakespeare<br />

I grandi personaggi di Shakespeare - Macbeth, Cleopatra, gli intelligentissimi Rosalin<strong>da</strong>, Amleto,<br />

Falstaff (per cui ho una predilezione personale) - sono più veri delle persone che ci sembra di<br />

conoscere. Sono più veri della v<strong>it</strong>a stessa. Sono talmente convincenti che io non riesco a<br />

credere che Shakespeare non li avesse visti <strong>da</strong>vvero, e semplicemente r<strong>it</strong>ratti.<br />

in MAZZINI CLELIA<br />

SIMBOLI ARCHETIPI Shakespeare<br />

Nietzsche segue l'esempio di Amleto quando dice che ciò per cui troviamo le parole è spesso già<br />

morto nel nostro cuore e che quindi vi è sempre una sorta di disprezzo nell'atto del parlare. Prima<br />

che Amleto ci insegnasse a non avere fiducia nel linguaggio né in noi stessi, essere uomini era<br />

molto più semplice ma anche molto meno interessante. Grazie ad Amleto, Shakespeare ci ha<br />

trasmesso lo scetticismo nei confronti di qualsiasi relazione, perché abbiamo imparato a dub<strong>it</strong>are<br />

dell'eloquenza nella dimensione affettiva. [Harold Bloom - Shakespeare]<br />

in MAZZINI CLELIA


SIMBOLI MITI MITOLOGEMI<br />

Il m<strong>it</strong>ologema è un materiale m<strong>it</strong>ico che viene continuamente rivis<strong>it</strong>ato, rimodellato e plasmato,<br />

come un fiume di immagini senza fine.<br />

K. Kerenyi, Prolegomeni allo studio scientifico della m<strong>it</strong>ologia, trad. <strong>it</strong>. A. Brelich, Boringhieri,<br />

Torino, 1983, pagg. 15-17<br />

Esiste un materiale particolare che determina l’arte della m<strong>it</strong>ologia: un’antica massa di materiale<br />

traman<strong>da</strong>ta in racconti ben conosciuti che tuttavia non escludono ogni ulteriore modellamento, –<br />

“m<strong>it</strong>ologema” è per essa il migliore termine greco, – racconti intorno a dèi, esseri divini, lotte di<br />

eroi, discese agli inferi. La m<strong>it</strong>ologia è il movimento di questa materia; qualcosa di solido e tuttavia<br />

mobile, materiale e tuttavia non statico, bensí suscettibile di trasformazioni.<br />

Il paragone piú appropriato – che io devo sempre ripetere per illustrare quest’aspetto della<br />

m<strong>it</strong>ologia – è quello con la musica. M<strong>it</strong>ologia in quanto arte e m<strong>it</strong>ologia in quanto materiale sono<br />

fuse in un unico e identico fenomeno, nella stessa maniera in cui lo sono l’arte del compos<strong>it</strong>ore e il<br />

suo materiale, il mondo sonoro. L’opera musicale ci mostra l’artista quale plasmatore e nello<br />

stesso tempo ci fa vedere il mondo sonoro nell’atto di plasmare se stesso. Nei casi in cui non ci<br />

sia in primo <strong>pia</strong>no nessun modellatore di spir<strong>it</strong>o particolarmente eccezionale, come nelle grandi<br />

m<strong>it</strong>ologie degli Indî, dei Finni e degli Oceaniani, si può parlare con ancor maggiore ragione di una<br />

siffatta relazione; di un’arte cioè che si manifesta nel plasmare e di un particolare materiale che si<br />

plasma, come di un<strong>it</strong>à inscindibile di un unico e identico fenomeno.<br />

Il modellamento, nella m<strong>it</strong>ologia, è immaginifico. Scaturisce un fiume di immagini m<strong>it</strong>ologiche. Uno<br />

scaturire che nello stesso tempo è un esplicarsi: fissato, come i m<strong>it</strong>ologemi sono fissati nelle<br />

sacre tradizioni, esso è una specie di opera d’arte. Vi possono essere diversi sviluppi dello<br />

stesso tema fon<strong>da</strong>mentale, uno accanto all’altro o uno dopo l’altro, simili alle diverse variazioni di<br />

un tema musicale. Benché, infatti, il flusso stesso si presenti sempre in immagini, il paragone con<br />

le opere musicali conserva la sua valid<strong>it</strong>à. Sempre, intanto, con opere: vale a dire con qualcosa di<br />

obiettivato, qualcosa che è già diventato oggetto autonomo che parla <strong>da</strong> sé, qualcosa a cui non<br />

si rende giustizia con interpretazioni e spiegazioni, bensí tenendolo presente e lasciando che<br />

pronunci <strong>da</strong> sé il proprio senso.<br />

Nel caso di un m<strong>it</strong>ologema autentico questo senso non è una cosa che si possa esprimere<br />

altrettanto bene e completamente anche in un linguaggio non m<strong>it</strong>ologico. La m<strong>it</strong>ologia non è<br />

soltanto una maniera d’espressione al cui posto si potrebbe sceglierne un’altra, piú semplice e piú<br />

comprensibile che tutt’al piú non si sarebbe potuta adottare in quella <strong>da</strong>ta epoca perché in quella<br />

la m<strong>it</strong>ologia sarebbe stata l’unica maniera d’espressione conforme ai tempi. Conforme o meno<br />

conforme ai tempi può essere la m<strong>it</strong>ologia, esattamente come la musica. Vi sono forse epoche<br />

che solo in musica possono esprimere la loro piú alta idea. Ma quella piú alta idea è, in questo<br />

caso, qualcosa che non potrebbe essere espresso se non, appunto, in musica. Cosí è anche per<br />

la m<strong>it</strong>ologia. Come la musica ha anche un aspetto pieno di significato, il quale soddisfa nello<br />

stesso modo in cui una total<strong>it</strong>à piena di significato può soddisfare, cosí succede per ogni<br />

m<strong>it</strong>ologema autentico. Se tale significato si traduce cosí difficilmente nel linguaggio della scienza,<br />

è appunto perché esso non può venir espresso completamente se non in forma m<strong>it</strong>ologica.<br />

Da quest’aspetto immaginifico-significativo-musicale della m<strong>it</strong>ologia deriva che l’unico giusto modo<br />

di comportarsi nei suoi riguardi è quello di lasciar parlare i m<strong>it</strong>ologemi per se stessi e prestar loro<br />

semplicemente ascolto. La spiegazione deve rimanere in questo caso sullo stesso <strong>pia</strong>no che<br />

occupa la spiegazione di un’opera musicale o, tutt’al piú, poetica. Che questo richie<strong>da</strong> un<br />

particolare “orecchio”, esattamente come occuparsi di musica o di poesia, s’intende <strong>da</strong> sé.<br />

“Orecchio” significa anche qui un vibrar insieme, anzi un espandersi insieme. “Colui che si<br />

spande come una sorgente, viene conosciuto <strong>da</strong>lla conoscenza” (Rainer Maria Rilke). Dove è<br />

però la sorgente della m<strong>it</strong>ologia? In noi? Soltanto in noi? Anche al di fuori, o soltanto al di fuori di<br />

noi? È questa sorgente che va cercata. Ne troveremo piú facilmente la via se partiremo <strong>da</strong> un<br />

altro aspetto della m<strong>it</strong>ologia, <strong>da</strong> un suo aspetto che qui va esaminato piú diffusamente di quanto<br />

sia stato nei miei lavori precedenti.


Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991, vol. V, pagg. 129-


130<br />

in<br />

social network<br />

social network:<br />

forma di analisi della struttura sociale che vede la società organizzata attraverso nodi, individui<br />

od organizzazioni e legami cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i <strong>da</strong> valori di amicizia, scambio, visione, commercio, odio,<br />

condivisione, contrapposizione di idee.<br />

in<br />

sognare anima <strong>da</strong>imon<br />

IL SOGNO DEL NEGRO SOFFERENTE<br />

Sono all'aperto, in un cantiere stra<strong>da</strong>le. Gli operai sono sporchi di sudore.<br />

Nel punto in cui si deve stendere il nastro di asfalto c'è un uomo di carnagione scura, avvolto in<br />

un pastrano. E' steso su una rete appoggiata sull'asfalto liquido, Fra i piedi tiene una pertica di<br />

ferro e la muove a leva su e giù, per fare attr<strong>it</strong>o.<br />

E' così che si deve fare per stendere l'asfalto. E' così che deve fare lui. E' lui che lavora e gli altri<br />

operari sono intorno che lo guar<strong>da</strong>no.<br />

Questa azione è terribilmente faticosa e vedo il suo sguardo carico di dolore. I suoi occhi (ah che<br />

occhi ! ...) parlano di una fatica intollerabile e di un carico di dolore che solo lui deve sopportare.<br />

Si ferma. Non ce la fa più.<br />

Lo tirano fuori, con il suo pastrano che lo copriva.<br />

Mi guar<strong>da</strong> e incrocio i suoi occhi che incarnano la sofferenza<br />

4 marzo 2009<br />

--------------------------------------------------------------------------------------<br />

Connessioni intersoggettive di Baldo Lami:<br />

Questo sogno mi ha profon<strong>da</strong>mente colp<strong>it</strong>o.. dicevamo a propos<strong>it</strong>o dell’angelo/<strong>da</strong>imon.. della<br />

tua/nostra precedente sottovalutazione.. e dell’essere cui il sogno appartiene e a cui così<br />

rispondo.. Ci sono lavori in corso di costruzione di una nuova stra<strong>da</strong>.. un nuovo ennesimo canale,<br />

una nuova ennesima via di collegamento e di comunicazione vuol solcare la terra..<br />

L’uomo nero col pastrano nero sta tirando l’asfalto.. o b<strong>it</strong>ume della giudea.. Chi è?...<br />

Fatica e dolore intollerabili trasu<strong>da</strong>no <strong>da</strong>i suoi occhi (“ah che occhi!” Paolo, li ho visti anch’io, me li<br />

hai fatti vedere).. è letteralmente stremato, sfin<strong>it</strong>o, non ce la fa più.. ed ecco che.. il <strong>da</strong>imon si<br />

accascia!.. Certo, perché è lui, non ci sono dubbi.. perché è il <strong>da</strong>imon che fa tutto (come anche<br />

Gabriele ha sostanzialmente detto riportando il tema di un suo precedente scr<strong>it</strong>to sul<br />

volontariato).. è lui che opera, l’operatore, il maestro e l’operaio.. per noi.. ma noi dove siamo?<br />

È per questo che la sua è opera di dolore.. ed è per questo che le strade che hanno fatto la<br />

grandiosa storia della civiltà dell’uomo sono strade di lacrime e sangue.. Ma ora tutto il costruibile<br />

è stato costru<strong>it</strong>o, il lavoro più duro, più pesante, è stato fatto, tutte le vie tracciate.. nel bene e nel<br />

male. Adesso è giunto il momento, il tempo, dell’incontro con l’angelo.. ed è nell’incrocio dei vostri<br />

sguardi che è inscr<strong>it</strong>to l’appuntamento.. per cui questo tempo che resta è il tempo dell’attesa<br />

dell’angelo.. il nuovo vero evento nella storia dell’uomo (se saprà coglierlo).<br />

in


SOGNI<br />

Il tempo, nei sogni, è inafferrabile, così mi suggerisce l'opera di María Zambrano, I sogni e il tempo.<br />

Convengo con lei. Nell'attiv<strong>it</strong>à onirica ci sono infatti pezzi di etern<strong>it</strong>à che si consumano in una<br />

frazione di secondo, e istantanee che restano sospese sull'intera notte.<br />

A volte mi sveglio, dopo aver sognato, e non c'è verso, non riesco più a ricomporre il fastello di<br />

immagini e rintocchi, mentre l'orologio con il tempo va per la sua stra<strong>da</strong>: immutabile, <strong>pia</strong>na, persino<br />

ovvia.<br />

Se voglio rientrare in sincronia con il tempo ab<strong>it</strong>uale devo costringermi a riaddormentarmi.<br />

Sempre sperando di non tornare a sognare.<br />

in MAZZINI CLELIA<br />

SOGNI<br />

Freud cercava nel sogno le tracce dei desideri che la cultura aveva rimosso; Jung invece vedeva<br />

nel sogno le anticipazioni di sviluppi futuri, che avrebbero potuto rinnovare il senso di una v<strong>it</strong>a<br />

altrimenti destinata alla steril<strong>it</strong>à e alla paralisi.<br />

Per quel che mi riguar<strong>da</strong>, non discostandomi <strong>da</strong>lla via psicoanal<strong>it</strong>ica, r<strong>it</strong>engo che il sogno<br />

circoscriva uno spazio ignoto e, se posso cercare una sintesi tra le due autorevoli tesi, noi stessi<br />

ci muoviamo nel sogno sospesi tra due ignoti: il passato m<strong>it</strong>ico (e proib<strong>it</strong>o) della libertà istintiva, e<br />

il futuro altrettanto m<strong>it</strong>ico (e utopico) della pienezza di senso.<br />

Su quale delle due "rive" decidiamo di appro<strong>da</strong>re credo che, paradossalmente, molto dipen<strong>da</strong> non<br />

non tanto <strong>da</strong>llo stato incosciente di sogno, ma assai di più <strong>da</strong> quello cosciente di veglia, di cui il<br />

precedente non è che il riflesso.<br />

in MAZZINI CLELIA<br />

SOGNI IDEOLOGIE<br />

"Non tutti gli uomini sognano allo stesso modo, coloro che sognano di notte nei ripostigli polverosi<br />

della loro mente, scoprono al risveglio la van<strong>it</strong>à di quelle immagini, ma quelli che sognano di giorno<br />

sono uomini pericolosi perché può <strong>da</strong>...rsi che rec<strong>it</strong>ano i loro sogni ad occhi aperti per attuarli…"<br />

Lawrence d'Arabia<br />

in Lawrence d'Arabia<br />

SOGNI INCONSCIO<br />

Metti al lavoro il tuo inconscio.<br />

L'inconscio è specializzato nel trovare le soluzioni per i problemi più personali.<br />

Affi<strong>da</strong>ti a lui e concedi una tregua alla tua mente razionale.<br />

in WILSON PAUL


STORIA TEMPO POESIA<br />

La storia non si sno<strong>da</strong><br />

come una catena<br />

di anelli ininterrotta.<br />

In ogni caso<br />

molti anelli non tengono. [...]<br />

La storia<br />

non si fa stra<strong>da</strong>, si ostina,<br />

detesta il poco a poco, non procede<br />

né recede, si sposta di binario<br />

e la sua direzione<br />

non è nell'orario. [...]<br />

La storia non è poi<br />

la devastante ruspa che si dice.<br />

Lascia sottopassaggi, cripte, buche<br />

e nascondigli. C'è chi sopravvive.<br />

[...] La storia gratta il fondo<br />

come una rete a strascico<br />

con qualche strappo e più di un pesce sfugge.<br />

Eugenio Montale, La Storia, in Satura<br />

in EUGENIO MONTALE<br />

tempo<br />

Mirari soleo cum video aliquos tempus petentes et eos qui rogantur facillimos; illud uterque<br />

spectat propter quod tempus pet<strong>it</strong>um est, ipsum quidem neuter: quasi nihil pet<strong>it</strong>ur quasi nihil <strong>da</strong>tur.<br />

Re omnium pretiosissima lud<strong>it</strong>ur; fall<strong>it</strong> autem illos, quia res incorporalis est, quia sub oculos non<br />

ven<strong>it</strong> ideoque vilissima aestimatur, imno paene nullum eius pretium est.<br />

L. A. Seneca: De brev<strong>it</strong>ate v<strong>it</strong>ae 8-1<br />

Mi meraviglio sempre quando vedo alcuni chiedere ad altri il loro tempo, e quelli sono più che<br />

disposti a concederlo.<br />

Nessuno dei due guar<strong>da</strong> al tempo in sé, ma solo al motivo per cui è stato richiesto: lo si chiede<br />

come fosse nulla e come nulla fosse lo si concede. Si scherza con la cosa più preziosa di tutte<br />

senza accorgersene, perché è immateriale e non cade sotto gli occhi; perciò se ne fa pochissimo<br />

conto, anzi non gli si dà alcun valore.<br />

in Seneca<br />

TEMPO<br />

“Perciò, invece di occuparci incessantemente ed esclusivamente di <strong>pia</strong>ni e di progetti per<br />

l’avvenire, o, viceversa, abbandonarci a rim<strong>pia</strong>ngere il passato, dovremmo non dimenticar mai<br />

che il presente solo è reale e certo e, che l’avvenire, al contrario, si presenta quasi sempre ben<br />

diverso <strong>da</strong> quello che pensavamo, come pure fu del passato; ciò che in conclusione fa che<br />

avvenire e passato hanno molto minor importanza che non sembri.”<br />

La saggezza della v<strong>it</strong>a. Aforismi, di Arthur Schopenhauer<br />

in Arthur Schopenhauer


TEMPO<br />

...sine dilatione omne gaudium haur<strong>it</strong>e: nihil de hodierna nocte prom<strong>it</strong>t<strong>it</strong>ur. Nimis magnam<br />

advocationem dedi: nihil de hac hora. Festinandum est, instatur a tergo: iam disicietur iste<br />

com<strong>it</strong>atus, iam contubernia ista sublato clamore solventur...<br />

L. Annei Senecae<br />

Ad Marciam, de consolatione, X, 4<br />

[..assaporate senza indugio ogni gioia. Non ci è assicurata neppure la prossima notte, anzi, vi ho<br />

<strong>da</strong>to un termine troppo lungo: neppure l'ora presente. Bisogna affrettarsi, siamo incalzati alle<br />

spalle: questa compagnia sarà presto dispersa, questo gruppo sparirà tra un levarsi di gri<strong>da</strong>...]<br />

in Seneca<br />

TEMPO<br />

Attraversare il tempo. Un esercizio che ricor<strong>da</strong> la passeggiata dell'equilibrista su una cor<strong>da</strong>.<br />

Un'esperienza che agli altri mortali può senz'altro provocare le vertigini e che Paolo Lagazzi<br />

affronta invece con cura e maestrìa in Vertigo, l'ansia moderna del tempo dove, in particolare,<br />

rende molto chiaro il meccanismo compos<strong>it</strong>ivo e narrativo di tre capolavori: Lord Jim di Conrad,<br />

La donna che visse due volte (Vertigo) di H<strong>it</strong>chcock e Il commesso di Malamud.<br />

Tre med<strong>it</strong>azioni "sui modi di sentire, di vivere e di esprimere il tempo nella modern<strong>it</strong>à", fino ad<br />

arrivare a una conclusione che faccio mia perché la perseguo <strong>da</strong> tempo:<br />

Tutto ciò che dobbiamo imparare per salvare in noi la fede nel tempo è solo, forse, l'arte di<br />

attendere.<br />

in<br />

TEMPO<br />

Il tempo è la cosa più importante: esso è un semplice pseudonimo della v<strong>it</strong>a stessa<br />

Antonio Gramsci<br />

in Antonio Gramsci


TEMPO<br />

Pensavo al problema cruciale: e cioè alla nostra collocazione in quell'ent<strong>it</strong>à che abbiamo chiamato<br />

tempo (so che non è una nov<strong>it</strong>à, ne ho parlato così tanto). Ogni volta che apro un libro - di<br />

narrativa, di filosofia o di scienza - finisco irrimediabilmente per imbattermi in un cap<strong>it</strong>olo, in un<br />

periodo, in una frase o anche solo in una parola che mi riporta a questa malattia mortale che ogni<br />

essere umano si porta addosso fin <strong>da</strong>lla nasc<strong>it</strong>a. Non possiamo agire che quando ci sentiamo<br />

portati e protetti <strong>da</strong>gli istanti. Quando ci abbandonano, siamo privi della molla imprescindibile per la<br />

produzione di un'azione, sia cap<strong>it</strong>ale sia comune. Così Cioran ne La caduta nel tempo. Ed è un<br />

buon corollario, non c'è che dire. In fondo è stata questa nostra propensione all'azione ad averci<br />

scaraventati giù per la china del tempo. Gli animali non umani non lo conoscono, o se - come<br />

asseriscono certi primatologi - lo intuiscono sommariamente, di sicuro non ne sono condizionati.<br />

L'uomo invece fa continuamente i conti con il tempo: con quello che non ha, con quello che gli<br />

resta e con quello che vorrebbe avere (magari per sprecarne ancora un po'). Ma il suo <strong>da</strong>re e<br />

avere, la sua part<strong>it</strong>a dop<strong>pia</strong> con il tempo è sempre inesorabilmente in perd<strong>it</strong>a.<br />

Il tempo è una creatura che è sfugg<strong>it</strong>a di mano al suo creatore. Ora è lui ad averci in pugno, e la<br />

sua stretta è forte, soffocante, micidiale. Implorare clemenza è inutile, fuggire impensabile.<br />

Non resta che attendere il nulla cui siamo destinati, cioè quell'unica ent<strong>it</strong>à (?) che non ha bisogno<br />

di spazio e quindi nemmeno di tempo.<br />

Nell'eterno di ciò che non sarà si romperà l'illusione di ciò che abbiamo creduto di poter diventare.<br />

In: http://akatalepsia.blogspot.com/2008/01/610.html<br />

in<br />

TEMPO<br />

Natale 1926<br />

Del tempo ho paura, del tempo che fugge così in fretta. Fugge? No, non fugge, e nemmeno vola:<br />

scivola, dilegua, scompare, come la rena che <strong>da</strong>l pugno chiuso filtra giù attraverso le d<strong>it</strong>a, e non<br />

lascia sul palmo che un senso s<strong>pia</strong>cevole di vuoto. Ma, come della rena restano, nelle rughe della<br />

pelle, dei granellini sparsi, così anche del tempo che passa resta a noi la traccia<br />

Antonia Pozzi<br />

in Antonia Pozzi<br />

TEMPO<br />

Come se il tempo non avesse direzione, sentirmi sommersa <strong>da</strong> un'infin<strong>it</strong>a fin<strong>it</strong>ezza…<br />

in clelia mazzini<br />

TEMPO ciclo di v<strong>it</strong>a<br />

“Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della v<strong>it</strong>a”.<br />

Paul Nizan<br />

in Paul Nizan


tempo presente<br />

Un violinista nella metro<br />

Un uomo si mise a sedere in una stazione della metro a Washington DC ed iniziò a suonare il<br />

violino; era un freddo mattino di gennaio. Suonò sei pezzi di Bach per circa 45 minuti. Durante<br />

questo tempo, poiché era l'ora di punta, era stato calcolato che migliaia di persone sarebbero<br />

passate per la stazione, molte delle quali sulla stra<strong>da</strong> per an<strong>da</strong>re al lavoro.<br />

Passarono 3 minuti ed un uomo di mezza età notò che c'era un musicista che suonava. Rallentò il<br />

passo e si fermò per alcuni secondi e poi si affrettò per non essere in r<strong>it</strong>ardo sulla tabella di<br />

marcia.<br />

Alcuni minuti dopo, il violinista ricevette il primo dollaro di mancia: una donna tirò il denaro nella<br />

cassettina e senza neanche fermarsi continuò a camminare.<br />

Pochi minuti dopo, qualcuno si appoggiò al muro per ascoltarlo, ma l'uomo guardò l'orologio e<br />

ricominciò a camminare.<br />

Quello che prestò maggior attenzione fu un bambino di 3 anni. Sua madre lo tirava, ma il<br />

ragazzino si fermò a guar<strong>da</strong>re il violinista. Finalmente la madre lo tirò con decisione ed il bambino<br />

continuò a camminare girando la testa tutto il tempo. Questo comportamento fu ripetuto <strong>da</strong> diversi<br />

altri bambini. Tutti i gen<strong>it</strong>ori, senza eccezione, li forzarono a muoversi.<br />

Nei 45 minuti in cui il musicista suonò, solo 6 persone si fermarono e rimasero un momento. Circa<br />

20 gli diedero dei soldi, ma continuarono a camminare normalmente. Raccolse 32 dollari.<br />

Quando finì di suonare e tornò il silenzio, nessuno se ne accorse. Nessuno applaudì, ne' ci fu<br />

alcun riconoscimento.<br />

Nessuno lo sapeva ma il violinista era Joshua Bell, uno dei più grandi musicisti al mondo. Suonò<br />

uno dei pezzi più complessi mai scr<strong>it</strong>ti, con un violino del valore di 3,5 milioni di dollari.<br />

Due giorni prima che suonasse nella metro, Joshua Bell fece il tutto esaur<strong>it</strong>o al teatro di Boston e i<br />

posti costavano una media di 100 dollari.<br />

Questa è una storia vera. L'esecuzione di Joshua Bell in incogn<strong>it</strong>o nella stazione della metro fu<br />

organizzata <strong>da</strong>l quotidiano Washington Post come parte di un esperimento sociale sulla<br />

percezione, il gusto e le prior<strong>it</strong>à delle persone.<br />

La doman<strong>da</strong> era: "In un ambiente comune ad un'ora inappropriata: perce<strong>pia</strong>mo la bellezza? Ci<br />

fermiamo ad apprezzarla? Riconosciamo il talento in un contesto inaspettato?".<br />

Ecco una doman<strong>da</strong> su cui riflettere mentre iniziamo un nuovo anno: "Se non abbiamo un momento<br />

per fermarci ed ascoltare uno dei migliori musicisti al mondo suonare la miglior musica mai scr<strong>it</strong>ta,<br />

quante altre cose ci stiamo perdendo?".<br />

in Joshua Bell


TEMPO PROGETTO POSSIBILITA'<br />

Ho dovuto ab<strong>it</strong>uarmi al possibile e perdere di vista il "progettabile". Se un progetto è una forma di<br />

ipoteca sul futuro, il possibile è la mia cassetta di sicurezza sul presente. Arricchisce e dilata<br />

ogni labile "adesso", lo accompagna come un basso continuo.<br />

Eppure l'indeterminata apertura di ogni possibile a volte mi paralizza non meno dello sguardo di<br />

Medusa, sarà per via di quella sovrabbon<strong>da</strong>nza che è sempre "fatto" e mai "antefatto"; fatto che<br />

affianca e interseca ogni azione, fino a farla diventare storia. Personale quanto si vuole, ma<br />

sempre storia.<br />

Il possibile anziché fare <strong>da</strong> sfondo agli atti realmente compiuti, li sop<strong>pia</strong>nta; viene esso stesso in<br />

primo <strong>pia</strong>no, fino ad occupare l'intero proscenio. Se non fosse così, l'informe presidierebbe la mia<br />

v<strong>it</strong>a quotidiana fino a conferirle una tonal<strong>it</strong>à che non mi per<strong>it</strong>erei a definire "preistorica".<br />

Convivere con il possibile esige <strong>da</strong> parte mia un duplice requis<strong>it</strong>o. Per un verso, occorre che io<br />

sap<strong>pia</strong> che l'azione in corso non realizza mai la potenza che la origina (in questo modo non<br />

chiudo la porta a possibili alternative). Per altro verso, devo riconoscere che il possibile si dà a<br />

vedere solo a partire <strong>da</strong> una mia azione specifica e circoscr<strong>it</strong>ta, che è frutto di un "presente in<br />

bilico" che si è fatto passato, ma che non per questo è meno immanente.<br />

Nella cassetta di sicurezza del possibile ho messo quanto di me ho potuto salvare, e nel farlo ho<br />

rovistato tra le macerie proprio come si fa dopo una catastrofe tellurica. Sono soddisfatta di<br />

quanto ho salvato e non mi dispero per tutto quello che è an<strong>da</strong>to perduto. Per sempre.<br />

Mi è serv<strong>it</strong>o per capire che la v<strong>it</strong>a va avanti per sottrazioni. Le altre tre operazioni non rientrano<br />

nella sfera del possibile, e quindi non le frequento più. E così sia.<br />

in clelia mazzini


trasformazione della terza età<br />

La nostra v<strong>it</strong>a è un continuo susseguirsi di cambiamenti, giorno dopo giorno, e perfino ora dopo<br />

ora, le cellule del nostro corpo si trasformano. Per quanto possiamo affannarci per cercare di<br />

mantenere le cose come stanno, programmando noi stessi i modo <strong>da</strong> conservare lo status quo,<br />

nella nostra psiche sono sempre in atto dei mutamenti. Talvolta si tratta di cambiamenti talmente<br />

sottili e graduali che facciamo fatica ad accorgercene. Altre volte, invece, essi esplodono nella<br />

nostra v<strong>it</strong>a con una tale violenza che non possiamo ignorarli. In genere tendiamo a <strong>da</strong>re er<br />

scontati tutti i cambiamenti impercettibili e sottili, ma anche uesti possono alterare il nostro<br />

equilibrio, provocando dolore e senso di smarrimento. Ogni nuova integrazione è<br />

necessariamente preceduta <strong>da</strong> un processo di disintegrazione: perché il tutto si ricomponga in un<br />

nuovo ordine occorre che il vecchio ordine venga sconvolto.<br />

Uno dei cambiamenti più importanti che si verificano nella nostra v<strong>it</strong>a sta cominciando solo <strong>da</strong><br />

poco a essere oggetto di menzione.<br />

Negli anni compresi fra la mezza età e la vecchiaia, i quel periodo della v<strong>it</strong>a in cui non si è più nel<br />

fiore degli anni la neppure ancora <strong>da</strong>vvero vecchi, la maggior parte di noi subisce un processo di<br />

transizione. Corpo ed anima indugiano alla soglia della vecchiaia. Fra i cinquanta e i settant'anni<br />

siamo chiamati ad affrontare una profon<strong>da</strong> trasformazione. La v<strong>it</strong>a cambia radicalmente e lo<br />

stesso succede a noi, al nostro srpo, alla nostra psiche, alla nostra mente e al nostro spir<strong>it</strong>o,<br />

questo, anche se è augurabile, è proprio ciò che ci fa paura.<br />

….<br />

Le persone che appartengono a questa fascia d'età non sono né di mezza età né vecchie. Sono<br />

un gruppo a sé stante. Ma, nonostante ciò, ben poco è stato scr<strong>it</strong>to specificamente per loro o di<br />

loro.<br />

Al giorno d'oggi, nel mondo occidentale, la durata della v<strong>it</strong>a è in aumento e, man mano che la v<strong>it</strong>a<br />

si allunga, cresce l'esigenza di una maggiore saggezza che possa aiutare le persone anziane ad<br />

apprezzare, invece di rifiutarle, i cedimenti fisici e psicologici che precedono una fior<strong>it</strong>ura tardiva.<br />

I colpi che questo periodo infligge e gli a<strong>da</strong>ttamenti che richiede possono annientare. Non è solo la<br />

nostra percezione cosciente e ab<strong>it</strong>uale di noi stessi, modellatasi nel corso di una v<strong>it</strong>a intera, a<br />

essere messa a dura prova, ma anche la psiche e il soma, e spesso in modi che possono<br />

rivelarsi estremamente dolorosi. Non siamo sicuri che ci faccia <strong>pia</strong>cere, ma, che ci <strong>pia</strong>ccia o no,<br />

siamo in una fase di transizione. La nostra v<strong>it</strong>a sta cambiando, ma nessuno ci dice come porci<br />

rispetto a tali cambiamenti. Cerchiamo risposte, ma troviamo scarse informazioni. Come dice<br />

un'analista ottantenne, Jane Wheelwright, le persone anziane possono chiedersi "dove sono le<br />

linee-gui<strong>da</strong> per noi come individui?" e scoprire che non esistono.<br />

…<br />

Noi che viviamo ora gli anni che conducono alla vecchiaia, siamo gli esploratori di una fase della<br />

v<strong>it</strong>a che è ormai diversa <strong>da</strong> come l'avevano vissuta le generazioni che ci hanno preceduto. Gli<br />

anni che conducono alla vecchiaia rappresentano oggi una nuova sfi<strong>da</strong> e, come molte sfide,<br />

portano con sé lo stress della scomparsa dei percorsi che ci erano familiari. Passare attraverso i<br />

cambiamenti di questa fase della v<strong>it</strong>a può essere entusiasmante e faticoso come per qualsiasi<br />

altro viaggio. Quelli di noi che stanno avvicinandosi ora alla vecchiaia sono dei pionieri e si spera<br />

che possano tracciare un sentiero per tutti coloro che li seguiranno.<br />

In Jane R. Prétat, La terza donna. Gli anni d'oro della trasformazione della terza età (Coming to<br />

age. The croning Years and Late-Life Transormation, 1994), Zephyro Edizioni, Milano 2000<br />

in Jane R. Prétat


vecchiaia<br />

Per cui<br />

un vecchio come me si alza <strong>da</strong>lla sua<br />

sedia senza vacillare e si guar<strong>da</strong><br />

d'intorno. E s'accorge, senza averne<br />

spavento, che il tempo scivola come<br />

rena, e che il nuovo è tutto <strong>da</strong> venire<br />

ancora tutto <strong>da</strong> venire: e sente<br />

dire in sé sommessamente, <strong>da</strong>lla v<strong>it</strong>a:<br />

siamo parte dell'humus che prepara<br />

il futuro, noi che ce ne andiamo.<br />

Carlo Betocchi , Prime e ultimissime, ed. Mon<strong>da</strong>dori, 1974<br />

in Carlo Betocchi<br />

VENEZIA<br />

Strofe veneziane, 2, VIII<br />

...<br />

Scrivo questi versi, seduto all'aperto su una sedia bianca,<br />

d'inverno, con la sola giacca addosso,<br />

dopo molti bicchieri, allargando gli zigomi<br />

con frasi in madrelingua.<br />

Nella tazza si raffred<strong>da</strong> il caffe.<br />

Sciabor<strong>da</strong> la laguna, punendo con cento minimi sprazzi<br />

la torbi<strong>da</strong> pupilla con l'ansia di fissare nel ricordo<br />

questo paesaggio, capace di fare a meno di me.<br />

1982<br />

Josif Brodskij, Poesie <strong>it</strong>aliane. Milano, Adelphi, 1996. Traduzione di Giovanni Buttafava.<br />

in Josif Brodskij


VERITA'<br />

La ver<strong>it</strong>a' - piccola dissertazione filosofica<br />

La ver<strong>it</strong>a' (che viene <strong>da</strong>l greco eletheya = svelamento) distingue fra le cose reali e le cose che si<br />

assomigliano ma sono finte.<br />

E' una distinzione importante, oserei dire fon<strong>da</strong>mentale nella nostra v<strong>it</strong>a. Per affermare che<br />

qualcosa e' vero non usiamo semplici parole, ma frasi. Con le frasi noi facciamo delle asserzioni,<br />

cioe' diciamo veramente come stanno le cose.<br />

La ver<strong>it</strong>a' dunque ha a che fare solo con le asserzioni , e non con le domande, i comandi, le<br />

esortazioni o le preghiere. Quando diciamo la parola vero noi usiamo le nostre frasi (i nostri<br />

enunciati) come vere e proprie asserzioni; dichiariamo che qualcosa e' vero.<br />

Siamo sostenuti in questo <strong>da</strong>lla fiducia, <strong>da</strong>lla logica e <strong>da</strong>l fatto (importante) che nella nostra v<strong>it</strong>a<br />

"dobbiamo ragionare e spesso".<br />

Quando abbiamo a che fare con la ver<strong>it</strong>a', con le mille ver<strong>it</strong>a' che ci accompagnano, abbiamo a<br />

che fare con un bel po' di ragioni e giustificazioni.<br />

A costo di sembrare noioso e ripet<strong>it</strong>ivo ribadisco che la ver<strong>it</strong>a' e' una cosa molto importante e che<br />

va presa sul serio. Non va lasciata a chi non mer<strong>it</strong>a la nostra fiducia.<br />

La ver<strong>it</strong>a' ci deve gui<strong>da</strong>re quando cerchiamo di orientarci in questo difficile mondo e non e' solo<br />

una faccen<strong>da</strong> di parole, ma una faccen<strong>da</strong> di cose.<br />

Se qualcosa e' vero non lo e' solo per noi e' vero per chiunque. La ver<strong>it</strong>a' e' il modo giusto (ma<br />

non il piu' facile lo riconosco) di rapportarci con gli altri, con il singolo, di coordinarci con il mondo<br />

intero.<br />

Per farmi perdonare questo "post semi-filosofico" e raffred<strong>da</strong>re le mie povere cellule cerebrali in<br />

fiamme vi dedico, cari bloggers una poesia di Alfonso Gatto che si int<strong>it</strong>ola "Chissa'" e che ha<br />

qualche attinenza con questo post.<br />

Una palla e' una palla<br />

e non sara' mai quadra.<br />

Chi sa se la farfalla<br />

sa d'essere farfalla.<br />

E la gazza ladra?<br />

Chissa' se il mare ha paura dell'on<strong>da</strong>,<br />

chissa' se il vento a furia di chiamare<br />

quando nessuno risponde<br />

si vede solo e nero<br />

come un cim<strong>it</strong>ero.<br />

Chissa' se le stelle son belle<br />

come dicono tutti,<br />

se in mezzo ai flutti<br />

o in mezzo alle procelle<br />

la barca si sente tremare<br />

tutta sola col mare.<br />

Chissa' se poi il mondo sapra'<br />

di stare sospeso nel cielo<br />

senza un filo, senza un gancio<br />

nel suo colore d'arancio,<br />

strinato e soffuso come un velo<br />

di nuvole azzurre e lilla'.<br />

Io credo che non lo sa.<br />

(<strong>da</strong> "Il vaporetto" di Alfonso gatto, Mon<strong>da</strong>dori - Milano 2001)<br />

Spunto per questo post : "Il giardino delle idee" di Salvatore Veca - Ed.Frassinelli<br />

http://duev<strong>it</strong>e.splinder.com/post/12402871/La+ver<strong>it</strong>a%27+-+piccola+dissertazione+filosofica<br />

in


VIAGGI BORGHI<br />

Non sarà certo lo scriba che scoprirà che la Toscana è terra di tesori.<br />

Ma quello che sorprende è la capac<strong>it</strong>à di questa terra di reinventarsi, scoprirsi e riscoprirsi con<br />

evenienze sempre stupefacenti, che metà farebbero la gioia di una mezza nazione. Allora ecco<br />

inciampare tra le pur famose San Miniato e San Gimignano in questa inattingibile Montaione,<br />

paesello conficcato sulla cima di una collina pressochè isolata. E, certo, con la sua cinta di mura<br />

intatta e superfetata nei regolari accidenti edilizi di mille anni di costruzioni in aderenza, con la sua<br />

ricerca di una spina nobile nell'Alto Medioevo, con il suo bel palazzo in pietra e laterizio, ora<br />

divenuto uno splendido hotel. Certo, in Toscana: millanta che tutta notte canta ve ne sono, e<br />

meglio e peggio, ma qui è Montaione, e se lo chiedi al tuo vicino di banco non saprà nemmeno<br />

dove.<br />

Eppure annesso all'hotel si è deciso di rinverdire questo ristorante con una gestione<br />

professionale, un Ma<strong>it</strong>re appassionato e generoso, gran conosc<strong>it</strong>ore di terr<strong>it</strong>orii, e uno chef<br />

attento e volonteroso. L' ambiente è gradevole, i tavoli distanti.<br />

Avrai perciò ottimo pane fatto in casa e una eccellente focaccia per degustare olii d'oliva<br />

importanti, una piccola, bella <strong>carta</strong> di Toscani non certo banali, e un menù che varia sulla<br />

stagione. Potrai spaziare in ricchi antipasti, ma non perderti la pasta fresca, fatta al momento, con<br />

il gustoso ragù d'anatra, i tagliolini al tartufo, la tagliata ben frollata (e che il fatidico scriba<br />

avrebbe visto cotta un mezzo minuto di meno) ed altro <strong>da</strong>l terr<strong>it</strong>orio, elevato <strong>da</strong> un'attenzione<br />

encomiabile. Spazi per il miglioramento e tanta passione.<br />

All'addizione avrete un 25/40 secondo gli stomaci, ma sarete coccolati e viziati.<br />

E non è male.<br />

in BOLILLA


VIAGGIO CASA<br />

Itaca<br />

Se per Itaca volgi il tuo viaggio,<br />

fa’ voti che ti sia lunga la via,<br />

e colma di vicende e conoscenze.<br />

Non temere i Lestrígoni e i Ciclopi<br />

o Posidone incoller<strong>it</strong>o: mai<br />

troverai tali mostri sulla via,<br />

se resta il tuo pensiero alto, e squis<strong>it</strong>a<br />

è l’emozione che ti tocca il cuore<br />

e il corpo. Né Lestrígoni o Ciclopi<br />

né Posidone asprigno incontrerai,<br />

se non li rechi dentro, nel tuo cuore,<br />

se non li drizza il cuore innanzi a te.<br />

Fa’ voti che ti sia lunga la via.<br />

E siano tanti i mattini d’estate<br />

che ti ve<strong>da</strong>no entrare (e con che gioia<br />

allegra!) in porti sconosciuti prima.<br />

Fa’ scalo negli empori dei Fenici<br />

per acquistare bella mercanzia,<br />

madrepore e coralli, ebani e ambre,<br />

voluttuosi aromi d’ogni sorta,<br />

quanti piú puoi voluttuosi aromi.<br />

Rècati in molte c<strong>it</strong>tà d’Eg<strong>it</strong>to,<br />

a imparare imparare <strong>da</strong>i sapienti.<br />

Itaca tieni sempre nella mente.<br />

La tua sorte ti segna quell’approdo.<br />

Ma non precip<strong>it</strong>are il tuo viaggio.<br />

Meglio che duri molti anni, che vecchio<br />

tu finalmente attracchi all’isoletta,<br />

ricco di quanto gua<strong>da</strong>gnasti in via,<br />

senza aspettare che ti dia ricchezze.<br />

Itaca t’ha donato il bel viaggio.<br />

Senza di lei non ti mettevi in via.<br />

Nulla ha <strong>da</strong> <strong>da</strong>rti piú.<br />

E se la trovi povera, Itaca non t’ha illuso.<br />

Reduce cosí saggio, cosí esperto,<br />

avrai cap<strong>it</strong>o che vuol dire un’Itaca.<br />

Costantino Kavafis<br />

postata <strong>da</strong>: http://nonsequ<strong>it</strong>ur.splinder.com/post/12948112<br />

in Kavafis Costantino


v<strong>it</strong>a morte bellezza natura libido<br />

Caduc<strong>it</strong>à di Sigmund Freud<br />

Non molto tempo fa, in compagnia di un amico silenzioso e di un poeta già famoso nonostante la<br />

sua giovane età, feci una passeggiata in una contra<strong>da</strong> estiva in piena fior<strong>it</strong>ura. Il poeta ammirava<br />

la bellezza della natura intorno a noi ma non ne traeva gioia. Lo turbava il pensiero che tutta<br />

quella bellezza era destinata a perire, che col sopraggiungere dell’inverno sarebbe scomparsa:<br />

come del resto ogni bellezza umana, come tutto ciò che di bello e nobile gli uomini hanno creato o<br />

potranno creare. Tutto ciò che egli avrebbe altrimenti amato e ammirato gli sembrava svil<strong>it</strong>o <strong>da</strong>lla<br />

caduc<strong>it</strong>à cui era destinato.<br />

Da un simile precip<strong>it</strong>are nella trans<strong>it</strong>orietà di tutto ciò che è bello e perfetto sap<strong>pia</strong>mo che possono<br />

derivare due diversi moti dell’animo. L’uno porta al tedio universale del giovane poeta, l’altro alla<br />

rivolta contro il presunto <strong>da</strong>to di fatto.<br />

No! è impossibile che tutte queste meraviglie della natura e dell’arte, che le delizie della nostra<br />

sensibil<strong>it</strong>à e del mondo esterno debbano veramente finire nel nulla. Crederlo sarebbe troppo<br />

insensato e troppo nefando. In un modo o nell’altro devono riuscire a perdurare, sottraendosi a<br />

ogni forza distruttiva.<br />

Ma questa esigenza di etern<strong>it</strong>à è troppo chiaramente un risultato del nostro desiderio per poter<br />

pretendere a un valore di realtà: ciò che è doloroso può pur essere vero. Io non sapevo<br />

decidermi a contestare la caduc<strong>it</strong>à del tutto e nemmeno a strappare un’eccezione per ciò che è<br />

bello e perfetto. Contestai però al poeta pessimista che la caduc<strong>it</strong>à del bello implichi un suo<br />

svilimento.<br />

Al contrario, ne aumenta il valore! Il valore della caduc<strong>it</strong>à è un valore di rar<strong>it</strong>à nel tempo. La<br />

lim<strong>it</strong>azione della possibil<strong>it</strong>à di godimento aumenta il suo pregio. Era incomprensibile, dissi, che il<br />

pensiero della caduc<strong>it</strong>à del bello dovesse turbare la nostra gioia al riguardo. Quanto alla bellezza<br />

della natura, essa r<strong>it</strong>orna, dopo la distruzione dell’inverno, nell’anno nuovo, e questo r<strong>it</strong>orno, in<br />

rapporto alla durata della nostra v<strong>it</strong>a, lo si può dire un r<strong>it</strong>orno eterno. Nel corso della nostra<br />

esistenza vediamo svanire per sempre la bellezza del corpo e del volto umano, ma questa breve<br />

durata aggiunge a tali attrattive un nuovo incanto. Se un fiore fiorisce una sola notte, non per ciò<br />

la sua fior<strong>it</strong>ura ci appare meno splendi<strong>da</strong>. E così pure non riuscivo a vedere come la bellezza e la<br />

perfezione dell’opera d’arte o della creazione intellettuale dovessero essere svil<strong>it</strong>e <strong>da</strong>lla loro<br />

lim<strong>it</strong>azione temporale. Potrà venire un tempo in cui i quadri e le statue che oggi ammiriamo saranno<br />

caduti in pezzi, o una razza umana dopo di noi che non comprenderà più le opere dei nostri poeti<br />

e dei nostri pensatori, o addir<strong>it</strong>tura un’epoca geologica in cui ogni forma di v<strong>it</strong>a sulla terra sarà<br />

scomparsa: il valore di tutta questa bellezza e perfezione è determinato soltanto <strong>da</strong>l suo<br />

significato per la nostra sensibil<strong>it</strong>à viva, non ha bisogno di sopravviverle e per questo è<br />

indipendente <strong>da</strong>lla durata temporale assoluta.<br />

Mi pareva che queste considerazioni fossero incontestabili, ma mi accorsi che non avevo fatto<br />

alcuna impressione né sul poeta né sull’amico. Questo insuccesso mi portò a r<strong>it</strong>enere che un<br />

forte fattore affettivo intervenisse a turbare il loro giudizio; e più tardi credetti di aver individuato<br />

questo fattore. Doveva essere stata la ribellione psichica contro il lutto a svilire ai loro occhi il<br />

godimento del bello. L’idea che tutta quella bellezza fosse effimera faceva presentire a queste<br />

due anime sensibili il lutto per la sua fine; e, poiché l’animo umano rifugge istintivamente <strong>da</strong> tutto<br />

ciò che è doloroso, essi avvertivano nel loro godimento del bello l’interferenza perturbatrice del<br />

pensiero della caduc<strong>it</strong>à.<br />

Il lutto per la perd<strong>it</strong>a di qualcosa che abbiamo amato o ammirato sembra talmente naturale che il<br />

profano non es<strong>it</strong>a a dichiararlo ovvio. Per lo psicologo invece il lutto è un grande enigma, uno di<br />

quei fenomeni che non si possono spiegare ma ai quali si riconducono altre cose oscure. Noi<br />

reputiamo di possedere una certa quant<strong>it</strong>à di capac<strong>it</strong>à di amare che chiamiamo libido la quale agli<br />

inizi del nostro sviluppo è rivolta al nostro stesso Io. In segu<strong>it</strong>o, ma in realtà molto presto, la libido<br />

si distoglie <strong>da</strong>ll’Io per dirigersi sugli oggetti, che noi in tal modo accogliamo per così dire nel nostro


Io. Se gli oggetti sono distrutti o vanno perduti per noi, la nostra capac<strong>it</strong>à di amare (la libido) torna<br />

ad essere libera. Può prendersi altri oggetti come sost<strong>it</strong>uti o tornare provvisoriamente all’Io. Ma


perché questo distacco della libido <strong>da</strong>i suoi oggetti debba essere un processo così doloroso<br />

resta per noi un mistero sul quale per il momento non siamo in grado di formulare alcuna ipotesi.<br />

Noi vediamo unicamente che la libido si aggrappa ai suoi oggetti e non vuole rinunciare a quelli<br />

perduti, neppure quando il loro sost<strong>it</strong>uto è già pronto. Questo è dunque il lutto.<br />

La mia conversazione col poeta era avvenuta nell’estate prima della guerra. Un anno dopo la<br />

guerra scoppiò e depredò il mondo delle sue bellezze. E non distrusse soltanto la bellezza dei<br />

luoghi in cui passò e le opere d’arte che incontrò sul suo cammino; infranse anche il nostro<br />

orgoglio per le conquiste della nostra civiltà, il nostro rispetto per moltissimi pensatori ed artisti, le<br />

nostre speranze in un defin<strong>it</strong>ivo superamento delle differenze tra popoli e razze. Insozzò la<br />

sublime imparzial<strong>it</strong>à della nostra scienza, mise brutalmente a nudo la nostra v<strong>it</strong>a pulsionale,<br />

scatenò gli spir<strong>it</strong>i malvagi che albergano in noi e che credevamo di aver debellato per sempre,<br />

grazie all’educazione che i nostri spir<strong>it</strong>i più eletti ci hanno impart<strong>it</strong>o nel corso dei secoli. Rifece<br />

piccola la nostra patria e di nuovo lontano e remoto il resto della terra. Ci depredò di tante cose<br />

che avevamo amate e ci mostrò quanto siano effimere molte altre cose che consideravamo<br />

durevoli.<br />

Non c’è <strong>da</strong> stupire se la nostra libido, così impover<strong>it</strong>a di oggetti, ha invest<strong>it</strong>o con intens<strong>it</strong>à tanto<br />

maggiore ciò che ci è rimasto; se l’amor di patria, la tenera sollec<strong>it</strong>udine per il nostro prossimo e la<br />

fierezza per ciò che ci accomuna sono diventati d’improvviso più forti. Ma quali altri beni, ora<br />

perduti, hanno perso <strong>da</strong>vvero per noi il loro valore, perché si sono dimostrati così precari e<br />

incapaci di resistere? A molti di noi sembra così, ma anche qui, r<strong>it</strong>engo, a torto. Io credo che<br />

coloro che la pensano così e sembrano pre<strong>parati</strong> a una rinuncia defin<strong>it</strong>iva perché ciò che è<br />

prezioso si è dimostrato per<strong>it</strong>uro, si trovano soltanto in uno stato di lutto per ciò che hanno<br />

perduto. Noi sap<strong>pia</strong>mo che il lutto, per doloroso che sia, si estingue spontaneamente. Se ha<br />

rinunciato a tutto ciò che è perduto, ciò significa che esso stesso si è consunto e allora la nostra<br />

libido è di nuovo libera (nella misura in cui siamo ancora giovani e v<strong>it</strong>ali) di rim<strong>pia</strong>zzare gli oggetti<br />

perduti con nuovi oggetti, se possibile altrettanto o più preziosi ancora. C’è <strong>da</strong> sperare che le<br />

cose non va<strong>da</strong>no diversamente per le perd<strong>it</strong>e provocate <strong>da</strong> questa guerra. Una volta superato il<br />

lutto si scopr<strong>it</strong>à che la nostra alta considerazione dei beni della civiltà non hanno sofferto per<br />

l’esperienza della loro precarietà. Torneremo a ricostruire tutto ciò che la guerra ha distrutto,<br />

forse su un fon<strong>da</strong>mento più solido e duraturo di prima.<br />

1915<br />

(<strong>da</strong> SIGMUND FREUD, Opere. 1915-1917 Volume 8°, BORINGHIERI 1976)<br />

in SIGMUND FREUD


VITA MORTE POLITICA<br />

si possono cogliere almeno tre impressioni fon<strong>da</strong>mentali: la volontà della Chiesa cattolica, meglio<br />

del Vaticano, di dimostrare la forza del suo potere sulla classe pol<strong>it</strong>ica <strong>it</strong>aliana; la mossa irr<strong>it</strong>uale,<br />

comprensibile ma forse sbagliata nella valutazione delle conseguenze, <strong>da</strong> parte del presidente<br />

Napol<strong>it</strong>ano, quando ha sped<strong>it</strong>o la lettera con il preventivo «no» al decreto; il pugno di Berlusconi,<br />

con un duplice obbiettivo, di mettere in difficoltà il Presidente della Repubblica e di dimostrare la<br />

necess<strong>it</strong>à di una riforma cost<strong>it</strong>uzionale che rafforzi i poteri del premier.<br />

Questo corrisponde alla prevalenza, ormai evidente nel pontificato di Benedetto XVI, degli aspetti<br />

teologici su quelli diplomatici. Un carattere che tende a sottovalutare il ruolo anche di capo di Stato<br />

che il Pontefice riveste e, quindi, delle pesanti conseguenze che certe parole e certe accuse<br />

possono avere sul rapporto tra Vaticano e presidente di uno Stato laico.<br />

Nella part<strong>it</strong>a a scacchi tra organi dello Stato che si è svolta ieri resta <strong>da</strong> notare la determinazione<br />

del presidente del Consiglio nell’imboccare consapevolmente la via dello scontro col Quirinale.<br />

Non tanto e non solo per piegarsi alle volontà del Vaticano, assumendo il ruolo di difensore della<br />

fede e della morale cattolica nella pol<strong>it</strong>ica <strong>it</strong>aliana, in una versione confessionale dell’ered<strong>it</strong>à<br />

democristiana. Quanto per assestare, in modo clamoroso, un colpo al prestigio e al ruolo del Capo<br />

dello Stato e a chi, come Fini, ne segue troppo pedissequamente i consigli.<br />

LUIGI LA SPINA<br />

Lo strapotere della Chiesa lo scivolone del Quirinale il pugno del Cavaliere<br />

La Stampa 7 febbraio 2009<br />

in LUIGI LA SPINA


VITA MORTE POLITICA<br />

Perché Berlusconi è arrivato fino a questo punto, rompendo deliberatamente quello sforzo di<br />

armonia ist<strong>it</strong>uzionale che pure aveva sempre ricercato col Quirinale, e proprio su un tema - quello<br />

della bioetica - su cui fino a ieri aveva esib<strong>it</strong>o un prudente e accorto disinteresse?<br />

C'è chi dice che gliel'abbia ordinato il Vaticano. Non è vero. Il Vaticano non crede ai suoi occhi,<br />

non se l'aspettava, anche se ne è felice e cr<strong>it</strong>ica Napol<strong>it</strong>ano.<br />

C'è chi dice che Berlusconi l'abbia fatto perché ha dei son<strong>da</strong>ggi. Troppo banale; e poi i son<strong>da</strong>ggi -<br />

finora - non sembravano così schierati contro Beppino Englaro.<br />

C'è chi dice che l'abbia fatto per buttare giù Napol<strong>it</strong>ano <strong>da</strong>l Colle e salirci lui. Troppo impol<strong>it</strong>ico, non<br />

è nel pieno di una guerra civile ist<strong>it</strong>uzionale che Berlusconi potrà mai arrivare al Quirinale.<br />

C'è chi dice - lo dicono molti ministri del suo governo - che l'ha fatto per convinzione. Si è convinto<br />

cioè che Eluana è viva e che tocca a lui salvarla <strong>da</strong>l padre.<br />

Ma non credo che il premier abbia aperto una guerra termonucleare nelle ist<strong>it</strong>uzioni senza<br />

valutarne le conseguenze. Anzi, secondo me l'ha aperta proprio per provocare delle<br />

conseguenze. Credo che Berlusconi si sia convinto che l'ab<strong>it</strong>o ist<strong>it</strong>uzionale attuale gli stia così<br />

stretto che può soffocarlo.<br />

Dunque vuole cambiare le norme che non gli consentono di coman<strong>da</strong>re. Il presidenzialismo di<br />

fatto che lui ha in testa fin <strong>da</strong>l suo esordio in pol<strong>it</strong>ica, si scontra col parlamentarismo del sistema<br />

attuale. La vicen<strong>da</strong> di Eluana, così terribile nel suo simbolismo, così eccezionale perché si<br />

intreccia su una v<strong>it</strong>a umana, gli è forse sembrata valere uno strappo che su un'altra materia più<br />

prosaica non avrebbe potuto rischiare.<br />

07-02-2009<br />

"La prima prova del presidenzialismo alla Berlusconi "<br />

di Antonio Pol<strong>it</strong>o<br />

<strong>da</strong> "Il Riformista",<br />

in Antonio Pol<strong>it</strong>o<br />

v<strong>it</strong>a vivere<br />

Sento un gran parlare di v<strong>it</strong>a e di come promuoverla, valorizzarla e difenderla "fino <strong>da</strong>l<br />

concepimento", e allora ripenso al genio di Robert Louis Stevenson che fa dire a James Durie,<br />

protagonista del suo bellissimo romanzo The Master of Ballantrae, le seguenti parole:<br />

"La v<strong>it</strong>a in sé non vale niente, mentre conta moltissimo il vivere."<br />

in http://akatalepsia.blogspot.com/2008/06/754.html<br />

in stevenson<br />

vivere SINCERITA' CORDOGLIO<br />

È sincero il dolore di chi <strong>pia</strong>nge in segreto<br />

in MARZIALE<br />

vivere ANIMALI<br />

Mangiare carne è digerire le agonie di altri esseri viventi.<br />

in Yourcenar Marguer<strong>it</strong>e


vivere biografia<br />

Si sentirono attratti <strong>da</strong> quel piccolo uomo angelico. Un turbine di passione emanava <strong>da</strong> lui, un<br />

flusso trascinante, al quale nessuno riusciva a opporsi — tanto più che nessuno avrebbe voluto<br />

opporvisi — poiché era quello stesso a smuovere la volontà e a sospingerla verso quell'uomo.<br />

Avevano formato un cerchio attorno a lui, venti, trenta persone, e questo cerchio si strìngeva<br />

sempre più. Presto il cerchio non riuscì più a contenerle tutte, ed esse cominciarono a premere, a<br />

spingere e a incalzare, ognuno voleva essere più vicino al centro.<br />

E poi d'un tratto crollò in loro l'ultima inibizione, il cerchio si sfasciò. Si precip<strong>it</strong>arono su<br />

quell'angelo, si avventarono su di lui, lo gettarono a terra. Ognuno voleva, toccarlo, ognuno<br />

voleva una parte di lui, una piccola piuma, un'ala, una scintilla della sua fiamma meravigliosa. Gli<br />

strapparono <strong>da</strong>l corpo i vest<strong>it</strong>i, i capelli, la pelle, lo fecero a brandelli, affon<strong>da</strong>rono unghie e denti<br />

nella sua carne, gli si buttarono addosso come iene.<br />

Ma il corpo di un uomo è tenace, e non si lascia squartare così facilmente, persine per i cavalli<br />

cost<strong>it</strong>uisce un'enorme fatica. E così, presto lampeggiarono i pugnali, e affon<strong>da</strong>rono nella carne e<br />

la squarciarono, e asce e lame robuste si abbatterono sibilando sulle sue giunture, gli<br />

schiantarono le ossa. In brevissimo tempo l'angelo fu smembrato in trenta parti, e ogni membro<br />

delk masna<strong>da</strong> ne afferrò avi<strong>da</strong>mente un pezzo, si tirò indietro in pre<strong>da</strong> a una brama voluttuosa, e<br />

lo divorò. Dopo mezz'ora anche la più piccola fibra di Jean-Baptiste Grenouille era spar<strong>it</strong>a <strong>da</strong>lla<br />

terra.<br />

Quando i cannibali alla fine del pasto si r<strong>it</strong>rovarono insieme accanto al fuoco, nessuno disse una<br />

parola. Di tanto in tanto qualcuno ruttava leggermente, sputava un ossicino, faceva schioccare<br />

<strong>pia</strong>n <strong>pia</strong>no la lingua, spingeva col piede un residuo della giacca blu tra le fiamme: tutti provavano<br />

un lieve imbarazzo e non osavano guar<strong>da</strong>rsi. Ognuno di loro, uomo o donna, aveva già<br />

commesso una volta un del<strong>it</strong>to o qualche altro crimine abietto. Ma divorare un uomo intero? Mai e<br />

poi mai avrebbero pensato di poter compiere un gesto tanto orribile. E tuttavia si meravigliavano di<br />

come fosse stato facile per loro, e di non avvert<strong>it</strong>e neppure un'ombra di rimorso, pur con tutto<br />

l'imbarazzo. Al contrario! Nonostante lo stomaco fosse pesante, il cuore era straordinariamente<br />

leggero. Nelle loro anime tenebrose si ag<strong>it</strong>ava d'un tratto un'ombra di gaiezza. £ sui loro volti<br />

aleggiava un tenero, timido barlume di felic<strong>it</strong>à. Per questo forse avevano timore di alzare lo<br />

sguardo e di guar<strong>da</strong>rsi negli occhi.<br />

Quando poi trovarono il coraggio di farlo, <strong>da</strong>pprima con circospczione e in segu<strong>it</strong>o senza più<br />

riserve, dovettero sorridere. Erano straordinariamente fieri. Per la prima volta avevano compiuto<br />

un gesto d'amore.<br />

in SUSKIND PATRICK


vivere biografia<br />

NEL diciottesimo secolo visse in Francia un uomo, tra le figure più geniali e scellerate di<br />

quell'epoca non povera di geniali e scellerate figure. Qui sarà raccontata la sua storia. Si<br />

chiamava Jean-Baptiste Grenouille, e se il suo nome, contrariamente al nome di altri mostri geniali<br />

quali de Sade, Saint-Just, Fouché, Bonaparte ecc., oggi è caduto nell'oblio, non è certo perché<br />

Grenouille stesse indietro a questi più noti figli delle tenebre per spavalderia, disprezzo degli altri,<br />

immoral<strong>it</strong>à, empietà insomma, bensì perché il suo genio e unica ambizione rimase in un terr<strong>it</strong>orio<br />

che nella storia non lascia traccia: nel fugace regno degli odori.<br />

Al tempo di cui parliamo, nella c<strong>it</strong>tà regnava un puzzo a stento immaginabile per noi moderni. Le<br />

strade puzza-vano di letame, i cortili interni di orina, le trombe delle scale di legno marcio e di<br />

stereo di ratti, le cucine di cavolo an<strong>da</strong>to a male e di grasso di montone; le stanze non aerate<br />

puzzavano di polvere stantia, le camere <strong>da</strong> letto di lenzuola bisunte, dell'umido dei piumini e<br />

dell'odore pungente e dolciastro di vasi <strong>da</strong> notte. Dai camini veniva puzzo di zolfo, <strong>da</strong>lle concerie<br />

veniva il puzzo di solventi, <strong>da</strong>i macelli puzzo di sangue rappreso. La gente puzzava di sudore e di<br />

vest<strong>it</strong>i non lavati; <strong>da</strong>lle bocche veniva un puzzo di denti guasti, <strong>da</strong>gli stornaci un puzzo di cipolla<br />

e <strong>da</strong>i corpi, quando non erano più tanto giovani, veniva un puzzo di formaggio vecchio e latte<br />

acido e malattie tumorali. Puzzavano i fiumi, puzzavano le <strong>pia</strong>zze, puzzavano le chiese, c'era<br />

puzzo sotto i ponti e nei palazzi. Il contadino puzzava come il prete, l'apprendista come la moglie<br />

del maestro, puzzava tutta la nobiltà, perfino il re puzzava, puzzava come un animale feroce, e la<br />

regina come una vecchia capra, sia d'estate sia d'inverno. Infatti nel diciottesimo secolo non era<br />

stato ancora posto alcun lim<strong>it</strong>e all'azione disgregante dei batteri, e così non v'era attiv<strong>it</strong>à umana,<br />

sia costruttiva sia distruttiva, o manifestazione di v<strong>it</strong>a in ascesa o in declino, che non fosse<br />

accompagnata <strong>da</strong>l puzzo<br />

in SUSKIND PATRICK<br />

vivere biografia<br />

Sono nato il quattro gennaio 1951, nella prima settimana del primo mese del primo anno della<br />

secon<strong>da</strong> metà del ventesimo secolo.<br />

Lo si potrebbe quasi considerare un evento <strong>da</strong> commemorare ed è per questo che i miei gen<strong>it</strong>ori<br />

mi hanno chiamato Hajime che significa “inizio”.<br />

in MURAKAMI HARUKI<br />

vivere bisogni<br />

la mancanza di qualcosa che si desidera è una parte indispensabile della felic<strong>it</strong>à<br />

in RUSSELL BERTRAND


vivere buio<br />

Herman Hesse, Nella nebbia<br />

-----------------------------------------<br />

E' strano vagare nella nebbia!<br />

Solo è ogni cespuglio e pietra,<br />

Nessun albero vede l'altro,<br />

Ognuno è solo.<br />

Pieno di amici era per me il mondo,<br />

Quando la mia v<strong>it</strong>a era ancora luminosa;<br />

Adesso, che la nebbia cala,<br />

Nessuno si vede più.<br />

In ver<strong>it</strong>à, nessuno è saggio<br />

Se non conosce il buio,<br />

Che <strong>pia</strong>no ed inesorabilmente<br />

Da tutti lo separa.<br />

Strano, vagare nella nebbia!<br />

Vivere è essere soli .<br />

Nessuno uomo conosce l'altro,<br />

Ognuno è solo.<br />

di Guglielmo, in http://ineziessenziali.blogspot.com/2008/06/meme-poeticotre.html<br />

in guglielmo<br />

vivere ciclo di v<strong>it</strong>a<br />

Fino a poco tempo fa si moriva molto presto e si raggiungeva la fama in giovanissima età. Il potere<br />

non era in mano ai vecchi, bensì ai giovani.<br />

Nel nostro secolo sono invece al potere uomini tra i 70 e i 90. I nostri giovani, se gli va bene,<br />

arrivano al potere all'età in cui imperatori, pensatori, artisti e santi del passato erano già morti...<br />

Mundus senesc<strong>it</strong>, dicevano gli antichi, e morivano a 40 anni.'<br />

Oggi i mass media ricor<strong>da</strong>no a tutti, vegliardi compresi, quanto è bella giovinezza, e i giovani<br />

incominciano ad apprezzare la loro lunga attesa. Juventus senesc<strong>it</strong>.<br />

in ECO UMBERTO


vivere ciclo di v<strong>it</strong>a<br />

E' diverso. Quando si chiudeva un ciclo della mia v<strong>it</strong>a se ne apriva un altro, spesso più<br />

complesso, comunque attivo.<br />

Adesso, a novanta anni, perdo la vista, non leggo quasi più, sto malamente in piedi <strong>da</strong> solo, peso<br />

tutto su Sesa.<br />

Il nuovo secolo potrebbe presentarsi poco attraente. Ma non posso cedere alla tentazione di<br />

guar<strong>da</strong>re il soff<strong>it</strong>to e lasciarmi vivere finché dura. Quando si è vissuti cosi a lungo e cosi bene<br />

non si può abbandonare. Devo <strong>da</strong>rmi un progetto. (1999)<br />

in FOA VITTORIO<br />

vivere ciclo di v<strong>it</strong>a<br />

Nell'amb<strong>it</strong>o della guerra civile americana Rossella O'Hara sposa tre uomini amandone per quasi<br />

tutta la v<strong>it</strong>a un quarto. Quando si accorge che era tutto un abbaglio, forse è troppo tardi.<br />

Si tratta del film più famoso e più visto di tutti i tempi. E tutto un record: il numero di settimane di<br />

lavorazione, l'investimento, la cura dei particolari, il prezzo pagato per i dir<strong>it</strong>ti del romanzo di<br />

Margaret M<strong>it</strong>chell, la ricerca della protagonista, che coinvolse tutte le grandi dive di Hollywood.<br />

Presentato nel dicembre del '3 9 ad Atlanta, il film mantiene, a tanti anni di distanza, tutta la sua<br />

credibil<strong>it</strong>à. Per la sua natura e per la filosofia di produzione, Via col vento non ha mai avuto il<br />

consenso della cr<strong>it</strong>ica, tuttavia nell'insieme dei valori e dei sentimenti, alla fine, non c'è un altro film<br />

che lo equivalga.<br />

Rossella ha cercato di riconquistare Rhett, che però non è caduto nella rete, se n'è an<strong>da</strong>to<br />

tristissimo e deluso. Rossella parla alla propria coscienza. Farà di tutto per r<strong>it</strong>rovare l'amore del<br />

mar<strong>it</strong>o. E sicura che ce la farà.<br />

ROSSELLA: Tara, a casa, a casa mia, e troverò un modo per riconquistarlo.<br />

Dopotutto, domani è un altro giorno!<br />

(tratto <strong>da</strong>: Daniela Farinotti, Domani è un altro giorno: sessanta finali di sessanta film leggen<strong>da</strong>ri<br />

…, La Tartaruga Edizioni, Milano 1995)<br />

in<br />

vivere ciclo di v<strong>it</strong>a<br />

l'uomo raggiunge novizio la soglia d'ogni età della v<strong>it</strong>a<br />

in Chamfort Sèbastien-Roch Nicolas (1741 - 1794)<br />

vivere ciclo di v<strong>it</strong>a<br />

Sono <strong>da</strong>vanti all'edificio del collegio. Due donne siedono su una panchina. Le salutai con un<br />

cenno del capo. Non risposero. Aprii la porta. Una donna seduta a un tavolo. Un'altra in piedi. Mi<br />

doman<strong>da</strong> cosa voglio. Chiesi del collegio. Scandii il nome. Non l'ha mai sent<strong>it</strong>o. Qui a Teufen, sind<br />

Sie sicher? Mi guar<strong>da</strong> con occhi in<strong>da</strong>gatori e malevoli. Certo, ero sicura. Vi avevo vissuto. Per un<br />

momento la mia risposta mi parve futile. Mi consiglia di an<strong>da</strong>re a St. Gallen. Là ci sono molte<br />

scuole. Ripetei ancora il nome del collegio. Mi sbagliavo, disse. Mi scusai. Questa, disse, è una<br />

cllnica per ciechi. Adesso è così. Una cllnica per ciechi.<br />

in JAEGGY FLEUR<br />

vivere ciclo di v<strong>it</strong>a<br />

Siamo tutti dilettanti.<br />

La v<strong>it</strong>a è così breve che non consente di meglio<br />

in CHAPLIN CHARLIE


vivere ciclo di v<strong>it</strong>a<br />

Ho aperto gli occhi.<br />

La gamba mi faceva male. Non era la gamba di prima. L'altra. Il dolore era una <strong>pia</strong>nta rampicante.<br />

Un filo spinato che si attorciglia alle budella. Una cosa travolgente. Rossa. Una diga che si è rotta.<br />

Niente può arginare una diga che si è rotta.<br />

Un rombo montava. Un rombo metallico che cresceva e copriva tutto. Mi pulsava nelle orecchie.<br />

Ero bagnato. Mi sono toccato la gamba. Una cosa densa e cal<strong>da</strong> mi im<strong>pia</strong>stricciava tutto.<br />

Non voglio morire. Non voglio.<br />

Ho aperto gli occhi.<br />

Ero in un vortice di paglia e luci.<br />

C'era un elicottero.<br />

E c'era papa. Mi teneva tra le braccia. Mi parlava ma non sentivo. I capelli gli brillavano mossi <strong>da</strong>l<br />

vento.<br />

Luci mi accecavano. Dalle tenebre spuntavano esseri neri e cani. Venivano verso di noi.<br />

I signori della collina.<br />

Papa, stanno arrivando. Scappa. Scappa.<br />

Sotto il rombo il cuore mi marciava nel petto.<br />

Ho vom<strong>it</strong>ato.<br />

Ho aperto gli occhi di nuovo.<br />

Papa <strong>pia</strong>ngeva. Mi carezzava. Le mani rosse.<br />

Una figura scura si è avvicinata. Papa lo ha guar<strong>da</strong>to.<br />

Papa, devi scappare.<br />

Nel rombo papa ha detto: - Non l'ho riconosciuto. Aiutatemi, vi prego, è mio figlio. E fer<strong>it</strong>o.<br />

Non l'ho...<br />

Ora era di nuovo buio.<br />

E c'era papa.<br />

E c'ero io.<br />

in AMMANITI NICCOLO'<br />

vivere compless<strong>it</strong>à<br />

... La v<strong>it</strong>a, e le circostanze stesse, sono un po' più complicate di quanto non si dica.<br />

C'è una pressante necess<strong>it</strong>à di mostrare questa compless<strong>it</strong>à..."<br />

in Proust Marcel<br />

vivere comun<strong>it</strong>à<br />

Nel nostro mondo sempre più globalizzato viviamo tutti in una condizione di interdipendenza e, di<br />

conseguenza, nessuno di noi può essere padrone del proprio destino. Ci sono comp<strong>it</strong>i con cui<br />

ogni singolo individuo si confronta, ma che non possono essere affrontati e superati<br />

individualmente. Tutto ciò che ci separa e ci istiga a mantenere le distanze <strong>da</strong>gli altri, a tracciare<br />

confini ed erigere barricate, rende sempre più ardua la gestione di tali comp<strong>it</strong>i.<br />

Tutti noi abbiamo la necess<strong>it</strong>à di acquisire il controllo sulle condizioni nelle quali affrontiamo le<br />

sfide della v<strong>it</strong>a, ma per la gran parte di noi tale controllo può essere ottenuto solo collettivamente.<br />

Proprio qui, nell'espletamento di tali comp<strong>it</strong>i, l'assenza di comun<strong>it</strong>à è maggiormente avvert<strong>it</strong>a e<br />

sofferta, ma sempre qui, una volta tanto, la comun<strong>it</strong>à ha l'occasione di smettere di essere<br />

assente. Se mai può esistere una comun<strong>it</strong>à nel mondo degli individui, può essere (ed è<br />

necessario che sia) soltanto una comun<strong>it</strong>à intessuta di comune e reciproco interesse; una<br />

comun<strong>it</strong>à responsabile, volta a garantire il pari dir<strong>it</strong>to di essere considerati esseri umani e la pari<br />

capac<strong>it</strong>à di agire in base a tale dir<strong>it</strong>to.<br />

in BAUMAN, ZIGMUNT


vivere convivial<strong>it</strong>à<br />

"Se dovessi apporre una figura di "congedo" a questa trattazione, sarebbe un richiamo alla v<strong>it</strong>a<br />

monastica conventuale (san Benedetto per esempio).<br />

Il timing monastico è serrato, a un tempo nell'arco dell'anno [...] e nel ciclo delle ventiquattro ore:<br />

mattutino al primo albeggiare, lodi, al levar del sole; vespri: alla fine del giorno; compieta: entrando<br />

nella notte. L'idea di compieta: bella. La comun<strong>it</strong>à si arma di coraggio per affrontare la notte<br />

(bisogna pensare a una campagna remota, senza luci, ove il cadere della notte è veramente<br />

minaccia di totale oscur<strong>it</strong>à)? il "Vivere-insieme", anche solo, forse, per affrontare insieme la<br />

tristezza della sera.<br />

Essere estranei, è inev<strong>it</strong>abile, necessario, ma non quando si fa sera"<br />

I "r<strong>it</strong>i di comunione", la "convivial<strong>it</strong>à come incontro" secondo Roland Barthes, Cours et séminaires<br />

au Collège de France, 1976--'78:<br />

in BARTHES ROLAND<br />

vivere famiglie<br />

Eravamo già in quattro quando una notte d'estate insol<strong>it</strong>amente fred<strong>da</strong> nacque I<strong>da</strong>. Grazie alla<br />

luna quasi piena, alle due era ancora così chiaro che potevamo contarci le lentiggini sul naso.<br />

Avevamo deciso di restare svegli fino a quando avremmo sent<strong>it</strong>o il suo primo grido. Ci eravamo<br />

portati palatine e Coca nella nostra stanza nel sottotetto e avevamo indossato i nostri pigiami di<br />

flanella più caldi.<br />

in DORRENSTEIN RENATE<br />

vivere famiglie<br />

Tutte le famiglie felici sono simili fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo<br />

in TOLSTOI LEV<br />

vivere famiglie<br />

Erano seduti nel soggiorno che ambedue detestavano e tuttavia in un certo senso amavano, e<br />

non avevano proprio niente <strong>da</strong> fare.<br />

Erano sposati, avevano messo al mondo due bambini, prima il maschietto e poi la bambina, e ora<br />

finalmente i bambini dormivano, o perlomeno erano a letto.<br />

in saroyan william<br />

vivere famiglie divorzio<br />

la causa principale dei divorzi è il matrimonio<br />

in GROUCHO MARX


vivere famiglie familismo amorale<br />

"I familiari fanno cerchio perché Cogne insegna. I membri della famiglia e i vicini di casa hanno una<br />

capac<strong>it</strong>à sorprendente di ignorare o fingere di ignorare che cosa accade <strong>da</strong>vanti ai loro occhi,<br />

come spesso succede con gli abusi sessuali, la violenza, l'alcolismo, la follia o la semplice<br />

infelic<strong>it</strong>à. Esiste un livello sotterraneo dove tutti sanno quello che sta succedendo, ma in<br />

superficie si mantiene un atteggiamento di assoluta normal<strong>it</strong>à, quasi una regola di gruppo che<br />

impegna tutti a negare ciò che esiste e si percepisce.<br />

Siamo al diniego che è il primo a<strong>da</strong>ttamento della famiglia alla devastazione causata <strong>da</strong> un<br />

membro, sia esso alcolista, o drogato, o pedofilo, o violento, o folle, o infantici<strong>da</strong>. La sua<br />

presenza deve essere negata, ignorata, sfugg<strong>it</strong>a o spiegata come qualcos'altro, altrimenti si<br />

rischia di tradire la famiglia. Qui scatta quella che potremmo definire la "morale della vicinanza",<br />

che è quanto di più pernicioso ci sia per la coscienza privata, e a maggior ragione per quella<br />

pubblica. Infatti, la morale della vicinanza tende a difendere il gruppo (familiare, comun<strong>it</strong>ario) e a<br />

ignorare tutto il resto. E così finisce col sost<strong>it</strong>uire alla responsabil<strong>it</strong>à, alla sensibil<strong>it</strong>à morale, alla<br />

compassione, al senso civico, al coraggio, all'altruismo, al sentimento della comun<strong>it</strong>à,<br />

l'indifferenza, l'ottundimento emotivo, la desensibilizzazione, la freddezza, l'alienazione, l'apatia,<br />

l'anomia e alla fine la sol<strong>it</strong>udine di tutti nella v<strong>it</strong>a della c<strong>it</strong>tà".<br />

Umberto Galimberti, in La Repubblica 27 maggio 2005<br />

in GALIMBERTI UMBERTO<br />

vivere famiglie madri<br />

Era incastonata così profon<strong>da</strong>mente nella mia coscienza che penso di aver creduto, durante tutto<br />

il primo anno di scuola, che ognuna delle insegnanti fosse mia madre sotto ment<strong>it</strong>e spoglie.<br />

in ROTH PHILIP<br />

vivere invecchiare FAMIGLIE<br />

Un uomo sa quando sta diventando vecchio perché comincia ad assomigliare a suo padre.<br />

in Marquez Gabriel García<br />

vivere lim<strong>it</strong>i<br />

Mancanza di integr<strong>it</strong>à, invalid<strong>it</strong>à, <strong>da</strong>nni alle funzioni fìsiche, psichiche e spir<strong>it</strong>uali ci hanno sempre<br />

accompagnato; ogni essere vivente e, in senso stretto, ogni essere umano nasce con alcune<br />

imperfezioni - siano esse causate <strong>da</strong> un patrimonio genetico sfavorevole, <strong>da</strong> malattie contratte in<br />

gravi<strong>da</strong>nza o <strong>da</strong> <strong>da</strong>nni legati al parto; nel corso della loro esistenza gli esseri umani subiscono di<br />

continuo <strong>da</strong>nni maggiori o minori. Incidenti, malattie e vecchiaia lasciano in ered<strong>it</strong>à <strong>da</strong>nni<br />

permanenti. Più si invecchia, più aumenta<br />

il grado di invalid<strong>it</strong>à; in qualche modo o in qualche loro parte tutte le nostre capac<strong>it</strong>à fisiche,<br />

psichiche e spir<strong>it</strong>uali subiscono <strong>da</strong>nni e perdono efficienza. L'esperienza e il confronto con i<br />

difetti ineliminabili è senza dubbio una condizione caratteristica e peculiare dell'essere umano -<br />

addir<strong>it</strong>tura una condizione tipica di ogni essere vivente.<br />

[…]<br />

Nella v<strong>it</strong>a dell'essere umano è molto importante e talmente tipico fare esperienza di questi <strong>da</strong>nni<br />

permanenti arrecati alle nostre funzioni psichiche e spir<strong>it</strong>uali che in questo caso, in via<br />

sperimentale, si potrebbe parlare di reazioni archetipiche.<br />

Ipotizziamo che esista un "archetipo dell'invalido".<br />

in GUGGENBUHL-CRAIG ADOLF


vivere NORMALITA'<br />

Io mi accontento di essere normale<br />

in BERSANI PIER LUIGI - parlamentare dei DS Democratici di sinistra e Ministro<br />

vivere ottimismo pessimismo<br />

Un pessimista vede la difficoltà in ogni opportun<strong>it</strong>à; un ottimista vede l'opportun<strong>it</strong>à in ogni difficoltà<br />

in CHURCHILL WISTON<br />

vivere relazione uomo donna<br />

La v<strong>it</strong>a è la pienezza. La v<strong>it</strong>a sono un uomo e una donna che si incontrano perché sono fatti l'uno<br />

per l'altro, perché sono l'uno per l'altro ciò che la pioggia è per il mare: l'uno torna sempre a<br />

cadere nell'altro, si generano a vicen<strong>da</strong>, l'uno è la condizione dell'altro<br />

in MARAI SANDOR<br />

vivere RELAZIONI<br />

Le persone cambiano e si dimenticano di avvisare gli altri<br />

in HELLMAN LILLIAN<br />

vivere RELAZIONI MORTE CICLO DI VITA<br />

Così noi viviamo, per sempre prendendo congedo.<br />

in Rilke Rainer Maria<br />

vivere RELAZIONI SOCIALI ASPETTATIVE<br />

Beato chi non si aspetta nulla, perchè non sarà mai deluso<br />

in POPE ALEXANDER<br />

VIVERE RELAZIONI SORRIDERE<br />

Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpi<strong>da</strong><br />

scorta per avventura tra le petraie d’un greto,<br />

esiguo specchio in cui guardi un’ellera i suoi corimbi;<br />

e su tutto l’abbraccio di un bianco cielo quieto.<br />

Codesto è il mio ricordo; non saprei dire, o lontano,<br />

se <strong>da</strong>l tuo volto si esprime libera un’anima ingenua,<br />

o vero tu sei dei raminghi che il male del mondo estenua<br />

e recano il loro soffrire con sé come un talismano.<br />

Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigie<br />

sommerge i crucci estrosi in un’on<strong>da</strong>ta di calma,<br />

e che il tuo aspetto s’insinua nella memoria grigia<br />

schietto come la cima di una giovinetta palma…<br />

in eugenio montale

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!