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ANNALI DELLA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA

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La tradizione paremiografica nelle commedie di Menandro<br />

semantica ejmfanhv~ / ajfanhv~ ( 32 ). Al primo livello interpretativo,<br />

quello letterale (la presenza di un amico, tanto più ejmfanhv~, è elemento<br />

positivo anche senza specificazioni), infatti, si aggiunge un<br />

secondo e più sottile livello, in quanto emfanh;~ (fanera;) oujsiva ed<br />

ajfanh;~ oujsiva sono termini tecnici del lessico giuridico ateniese in<br />

materia di beni ( 33 ).<br />

Altri esempi:<br />

Epitr. fr. 5 ejpevpasa / ejpi; to; tavrico~ a{la~, con una metafora<br />

tratta dal linguaggio culinario. Arnott fa notare come, se la sua ipotesi<br />

di collocazione del frammento in apertura di commedia fosse corretta<br />

( 34 ), avremmo qui un vivido esempio della sottile ironia menandrea,<br />

che mette in bocca (è proprio il caso di dirlo) a Onesimo, durante<br />

una conversazione col cuoco Carione, una metafora culinaria.<br />

Dysk, 633 s. Povseidon, i{na to; tou` lovgou pavqw, / ejn tw`/ frevati<br />

kuni; mavcwmai… In questo caso, la citazione menandrea è pregnante<br />

e polisemica in quanto, oltre che su un piano metaforico, è accostabile<br />

a quanto accade sulla scena anche a livello puramente letterale:<br />

Cnemone (il duvskolo~ da cui la commedia trae il titolo) è caduto<br />

davvero in un pozzo e il suo comportamento non è molto dissimile<br />

dall’abbaiare di un cane arrabbiato! ( 35 ).<br />

Theoph., fr. 5 ajpo; mhcanh`~ qeo;~ ejpefavnh~, in cui si fa invece<br />

ricorso al linguaggio teatrale ( 36 ).<br />

( 32 ) Cfr. GOMME-SANDBACH, p. 257 ed ARNOTT I, p. 319.<br />

( 33 ) La legge ateniese distingueva infatti tra proprietà visibile e proprietà nascosta:<br />

alla prima categoria appartenevano possessi tassabili quali terreni, edifici o schiavi;<br />

alla seconda potevano venire ascritti denaro contante, depositi e simili (ma non necessariamente,<br />

molto dipendeva dal fatto che il possessore fosse o meno consapevole<br />

della loro esistenza). Cfr. RE vol. I, p. 2710 s. v. ajfanh;~ oujsiva; A.R.W. HARRISON,<br />

The Law of Athens, Oxford 1968, vol. I, p. 230 s.<br />

( 34 ) Cfr. ARNOTT I, p. 392 ss.<br />

( 35 ) Per il significato del proverbio, Gomme-Sandbach rimandano (p. 232 s.) ad<br />

Apost. VII, 40: ejn frevati kunomacei`n: ejjpi; tw`n ajpofugei`n oujk ejcovntwn kai;<br />

mocqhrw`/ tini; prospalaiovntwn; a Suda e 1505 Adler ejn frevati kusi; mavcesqai;<br />

a Hesych. e 3449 Latte ejn frevati kunomacei`n; e a Zenob. III, 45 ∆En frevati<br />

kusi; mavcesqai: ejpi; tw`n mocqhrw`~ tini prospalaiovntwn kai; ajpofugei`n mh;<br />

dunamevnwn. Le origini dell’espressione sarebbero da ricercare nella favola in cui<br />

un cane, caduto in un pozzo, morde un giardiniere che cerca di liberarlo, credendo<br />

che egli sia lì per annegarlo (cfr. Aes. 148 e 169 Hausrath).<br />

( 36 ) Sarebbe interessante scoprire se, anche in questo caso, fosse presente un<br />

gioco metateatrale simile a quello proposto da Menandro nel passo precedente,<br />

ovvero una situazione che richiamasse, e non solo metaforicamente, l’artificio scenico<br />

del deus ex machina.<br />

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