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<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 1<br />

Franz Rodi-Morabito<br />

<strong>Storia</strong><br />

<strong>dell'</strong><strong>automobile</strong><br />

Italiana<br />

Svolazzo sul panorama italiano<br />

Fromo Editore - Rosarno (RC)


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 2<br />

Indice<br />

PAGINA<br />

Prefazione 2<br />

Antefatto 3<br />

Indice 4<br />

Abart 178<br />

Alca (La Volpe) 166<br />

Alfa Romeo 79<br />

Alfa Romeo “La mia Giulietta” 89<br />

Alfa Romeo Vetrina 90<br />

Amilcar Italia 146<br />

Ansaldo 136<br />

Artesi (Pulcino) 187<br />

Asa 185<br />

Asa Vetrina 186<br />

Bertone Carrozzeria 201<br />

Bianchi 68<br />

Bianchi Vetrina 75<br />

Bizzarrini 171<br />

Chiribiri 130


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 3<br />

Cisitalia 153<br />

Costantino Augusto 212<br />

De Filippis Maria Teresa 195<br />

De Vecchi 140<br />

Diatto 133<br />

Ferrari 191<br />

Fiat 10<br />

Fiat Vetrina 36<br />

Fiat Sella 46<br />

Fietler Luigi (Lupetta) 203<br />

Florentia 128<br />

Iso Rivolta 167<br />

Isotta Fr<strong>as</strong>chini 98<br />

Isotta Fr<strong>as</strong>chini Vetrina 104<br />

Itala 112<br />

Itala Pechino - Parigi 117<br />

Lancia 48<br />

Lancia Vetrina 61<br />

Marche Italiane scomparse 213<br />

M<strong>as</strong>erati 173<br />

Nazzaro 143


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 4<br />

O M 121<br />

O.S.C.A. 148<br />

Opes 189<br />

Franz Rodi Morabito e L’Asi 204<br />

Franz Rodi Morabito Vetrina 207<br />

Saba 164<br />

Savio Carrozzeria 196<br />

Savio Vetrina 198<br />

Siata 181<br />

Siata Vetrina 184<br />

Spa 108<br />

Stanguellini 160<br />

Stanguellini Vetrina 163<br />

Taruffi Piero 157<br />

Temperino 125<br />

Vignale Carrozzeria 199<br />

Volugrafo 188


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 5<br />

P R E F A Z I O N E<br />

Scrivere la storia dell’<strong>automobile</strong> italiana sin dalle origini non è<br />

cosa che si decide a cuor leggero anche per i veri strorici dell’<strong>automobile</strong>.<br />

Ed io ho molto pensato prima di decidermi a farlo anche se questa<br />

mia composizione è uno svolazzare a “vol planée” sul variegato<br />

mondo automobilistico italiano.<br />

Mi sono convinto in senso positivo non perchè io mi creda<br />

onniscente, ma solo perchè avendo dedicato una intera vita all’<strong>automobile</strong>,<br />

ed in particolar modo all’<strong>automobile</strong> d’epoca (ben<br />

40 e più anni!), credo di avere qualche possibilità di farlo in<br />

modo quantomeno accettabile.<br />

Mi accingo quindi con umiltà, ma con estrema serietà, ad affrontare<br />

questa fatica sperando di non sbagliare eccessivamente e di<br />

non essere molto impreciso o superficiale, chiedendo scusa sin<br />

da ora al lettore per eventuali inesattezze o lacune.<br />

Tuttavia ribadisco e chiarisco che l'opera non vuole essere un<br />

testo per "addetti ai lavori" ma solo per coloro che, pur essendo<br />

app<strong>as</strong>sionati, vogliono solamente fare una carrellata sul panorama<br />

automobilistico storico italiano, in maniera leggera e discorsiva.<br />

Una specie di "Bignami" di ... liceale memoria!<br />

Voglio dedicare questo lavoro a mia moglie Melyta ed alle<br />

mie figlie Patrizia e Donatella che, con certosina pazienza,<br />

hanno sopportato le mie “follie” per l’automobilismo<br />

d’epoca per un lungo arco di tempo: ... una vita!<br />

Franz Rodi-Morabito


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 6<br />

Antefatto<br />

E’ risaputo che la prima volta che l’uomo, nella sua lunghissima storia, si è<br />

fatto tr<strong>as</strong>portare da un mezzo la cui forza propulsiva non era fornita da altri uomini<br />

od animali è stato nel 1769 quando Joseph Nicol<strong>as</strong> Cugnot, ingengere militare<br />

francese, ideò e costruì<br />

un mezzo semovente alimentato<br />

da un motore<br />

Cougnot F1<br />

1769 - Carro di Cougnot<br />

bicilindrico a vapore di<br />

50.000 cc che movimentava<br />

un carro di ben 4,5<br />

tonnellate.<br />

Il problema principale<br />

si rivelò immediatamente<br />

non nel far muo-<br />

vere il “Carro di Cugnot”, ma ... nel farlo fermare!<br />

Infatti il primo esemplare è andato distrutto in sede di collaudo contro un<br />

muro che si rivelò molto più efficente ... del freno di bordo.<br />

Tuttavia il caparbio inventore ne costruì un secondo nel luglio del 1771 (immaginiamo<br />

curando maggiormente questa volta ... la sezione frenante!) che ottenne<br />

lo sperato risultato.<br />

Adesso il Carro di Cugnot è conservato al Conservatoire National des<br />

Arts e Métiers di Parigi<br />

ed una replica la si<br />

può ammirare presso il<br />

Museo dell’Automobile<br />

Biscaretti di Torino.<br />

Intanto l’Italia<br />

cosa fà nel campo dell’autotrazione?<br />

Ci pensa<br />

l’ufficiale dell’esercito<br />

sardo Virginio Bordino<br />

(Torino 27 ottobre<br />

1804- Firenze 9<br />

maggio 1879) costruendo<br />

alcuni prototipi<br />

azionati da motore a vapore.<br />

Bordino F2<br />

Carrozza di Bordino<br />

Fu infatti inviato a Londra per studiare la possibilità di realizzare mezzi


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 7<br />

per l’Esercito Sardo ed al suo ritorno costruì una vaporiera di cui non rimane<br />

traccia alcuna. Dopo ripetute prove, utilizzando alcuni elementi della precedente<br />

realizzazione, costruì un calesse con tre ruote, di cui alla sua morte si perse anche<br />

questa volta traccia.<br />

Invece la sua terza, e forse più importante, costruzione fu un enorme carrozza<br />

che portava sul retro la caldaia e sotto i sedili quattro serbatoi per l’acqua. Aveva<br />

una autonomia di circa due ore consumando qu<strong>as</strong>i 60 kg di carbone avendo fatto<br />

scorazzare i p<strong>as</strong>seggeri alla velocità di 6/8 kmh.<br />

Quest’ultima creatura è sopravvissuta egregiamente e fa bella mostra di sè al<br />

primo piano del Museo dell’Automobile Biscaretti di Torino.<br />

Tuttavia il motore a scoppio era nei sogni di molti ma nessuno riuscì mai a<br />

realizzarlo fino al 1841 quando vi riuscì De Cristofaris e fu brevettato da Barsanti e<br />

Matteucci solo nel 1854.<br />

Furono comunque gli stranieri ad iniziarne la utilizzazione.<br />

Benz nel 1886 lo applicò per la prima volta nella storia dell’uomo sul un triciclo<br />

seguito dopo poco dalla Daimler, specialista nella costruzione dei motori a ciclo<br />

Otto.<br />

Alla Francia il merito di aver lanciato l’<strong>automobile</strong> con la manifestazione sportiva<br />

Parigi-Rouen del 22 luglio 1894 ove si iscrissero ben 100 partecipanti.<br />

All’estero il veicolo a motore ebbe grande diffusione e fece fare lauti guadagni<br />

ai costruttori sopratutto tedeschi e francesi.<br />

In Italia moltissimi erano interessati al nuovo veicolo, ma quando si trattava di<br />

tirar fuori i soldi per impiantare le fabbriche riaffioravano gli antichi timori e le perplessità.<br />

In molti preferivano acquistare le vetture all’estero e rivenderle in Italia.<br />

Solo nel 1895 tal Michele Lanza, milanese, costruì le prime vetture tutte<br />

italiane che tuttavia mostravano plateali limiti artigianali.<br />

Il vero primo esemplare degno di apprezzamento data 1884 ed è opera del<br />

veronese Enrico Bernardi (1841-1919), professore di costruzioni meccaniche all’Università<br />

di Padova.<br />

Si trattò di un triciclo cui fece seguito una vettura a quattro ruote che poteva<br />

vantare soluzioni geniali ed innovative tenendo conto dell’epoca.<br />

Il motore ideato e realizzato dal Bernardi era all’avanguardia. Alimentato a<br />

benzina, a quattro tempi, valvole in testa, regolatore centrifugo, il carburatore a<br />

livello costante ed era dotato di un filtro per l’aria.<br />

Il professore Bernardi progettò e realizzò anche un piccolo motore a scoppio<br />

atto ad alleviare la fatiga alla propria figlia che amava cucire, per cui applicò questo<br />

mini motore alla macchina per cucire.<br />

L’esperimento industriale del prof. Bernardi fu soccombente alla inattitudine<br />

industriale del professore che si rivelò tanto geniale quanto inadatto al manegment


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 8<br />

industriale. Il triciclo è conservato adesso presso l’Automobil Club di Verona . Nel<br />

frattempo la richesta di veicoli in Italia era aumentata a dismisura per cui le importanzioni<br />

non riuscivano più a far fronte alla crescente domanda costringendo tanti<br />

piccoli artigiani ed importatori ad improvvisarsi industriali con fortune che era facile<br />

prevedere. All’orizzonte automobilistico si affacciò improvvisamente un ufficiale di<br />

cavalleria di Villar Perosa, Giovanni Agnelli, che ebbe il merito di intuire che bisognava<br />

stringere i tempi se si voleva conquistare una grossa fetta di questo n<strong>as</strong>cente<br />

mercato. Il primo luglio 1899, nel palazzo Bricher<strong>as</strong>io di via Lagrange a Torino<br />

furono buttate le b<strong>as</strong>i per la creazione di una vera fabbrica di automobili e l’ 11 luglio<br />

nel salone del Banco Sconto e Sete di via Alfieri un notaio stilò l’atto costitutivo<br />

della Fabbrica Italiana Automobili Torino che vantava ottocentomila lire di capitale<br />

sociale.<br />

Era nata la F.I.A.T. !<br />

Sempre l’Agnelli intuì che non si potevano perdere mesi per progettare una<br />

nuova vettura, per cui convinse i soci a rilevare gli studi, le officine ed i brevetti della<br />

Giovan Battista Ceirano. La prima vettura che fu costruita in corso Dante, sotto la<br />

guida dell’ingegner Aristide Faccioli (che l’aveva brevettata per Ceirano) nacque a<br />

cavallo fra il 1899 ed il 1900. La macchina, poco più che una carrozza cui mancavano<br />

i cavalli, fu denuminata 3,1/2 HP. La n<strong>as</strong>cita della F.I.A.T. infuse coraggio per<br />

cui fabbriche n<strong>as</strong>cono a Milano, Firenze, Genova, Napoli oltre che nella stessa<br />

Torino.-<br />

Curiosità<br />

Il Red Flag Act in<br />

Inghilterra, nel 1895,<br />

imponeva che "ogni<br />

vettura, se circolante<br />

su suolo pubblico,<br />

dovesse essere preceduta<br />

da un uomo a<br />

piedi vestito in nero e<br />

munito di bandierine".<br />

Qui l' <strong>as</strong>senza delle<br />

bandiere dimostra<br />

come anche in Inghilterra<br />

si infrangesse sin<br />

da allora ... il codice<br />

della strada!


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 9<br />

Lo storico evento immortalato nel pannello di Lorenzo Delleani<br />

La messa a punto del progetto di costituzione della FIAT avvenne il 1°<br />

luglio nel palazzo Bricher<strong>as</strong>io in via Lagrange a Torino.<br />

Il rogito invece è stato redatto l' 11 luglio 1899 nel salone del Banco<br />

Sconto e Sete di via Alfieri.<br />

Al centro in piedi l'avv. Goria Gatti, direttore della prima rivista automobilistica.<br />

Torino luglio 1899


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 10<br />

Fiat<br />

Come ebbi a dire nella parte generale la FIAT n<strong>as</strong>ce per volontà di un ufficiale<br />

di cavalleria nato a Villar Perosa nel 1866, Giovanni Agnelli, che riunì attorno a se<br />

un gruppo di nobili e finanzieri piemontesi per conseguire lo scopo.<br />

Il 1 luglio 1898 nel palazzo Bricher<strong>as</strong>io di via Lagrange a Torino furono buttate<br />

le b<strong>as</strong>i e l’ 11 luglio fu redatto l’atto<br />

notarile che ne sanciva la n<strong>as</strong>ciata legale.<br />

La prima vettura prodotta dalla Fiat<br />

fu la 3 1/2 HP che in effetti altro non era<br />

che la vettura che l’ing. Aristide Faccioli<br />

aveva brevettato per conto di Giovanni<br />

Ceirano e acquistata dalla Fiat <strong>as</strong>sieme<br />

a studi ed attrezzature per poter essere<br />

immediatamente sul mercato senza<br />

perdere il tempo per progettarne una pro-<br />

pria.<br />

Fiat 3,5 HP<br />

Ne furono prodotti 8 esemplari.<br />

Era una vis a vis con tr<strong>as</strong>missione a<br />

catena con differenziale. Motore posteriore di 679 cc (poi 837 ed una potenza che<br />

salì a 4 HP).Raggiungeva in piano35/40 Km.<br />

Tra il 1900 ed il 1910 furono costruiti molti modelli, qu<strong>as</strong>i tutti di cilindrata<br />

considerevole (addirittura la 60 HP del 1904 aveva un motore di 10.597 cc).<br />

I modelli rimanevano in produzione per circa due anni. Troviamo in quel periodo<br />

le seguenti vetture:<br />

- 6/8 HP del 1900/1901 di 1082 cc due cilindri orizzontali;<br />

- 8 HP del 1901 con egual cilindrata, ma i cilindri questa volta erano verticali;<br />

- 12/16 HP del 1901 di 3768 cc distribuiti in 4 cilindri allocati in due biblocco<br />

verticali; nel 1902 viene adottato proprio su questa vettura il primo radiatore a nido<br />

d’ape (forse perciò l’ing. Faccioli l<strong>as</strong>cia la Fiat).-<br />

Il nuovo radiatore fa migliorare la linea del cofano e della vettura stessa che<br />

diviene una molto affidabile <strong>automobile</strong> adatta a lunghi viaggi ed a tr<strong>as</strong>porti.<br />

- 16/20 del 1903 di 4181 cc. vengono adottati pistoni a sommità emisferica e<br />

si monta il cambio del tipo trains balladeurs (nella seconda versione) in luogo di<br />

quello a cricchetti fin’ora usato.<br />

Nel 1904/1905 continua la produzione della 16/20 ma solo per la denominazione<br />

dal momento che l’allungamento dei telai, il motore ridisegnato e l’adozione<br />

di carrozzerie chiuse e più confortevoli, ne fanno in effetti una vettura nuova. Anche<br />

le versioni del 1905/06, adottando un motore completamente nuovo, che tende ad<br />

allungare la corsa dei pistoni, e con il progredire della lunghezza dei telai non può


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 11<br />

che considerarsi ormai una vettura diversa delle sue omonime progenitrici.<br />

- Nel 1907 la 18/24, pur mantenedo l’affidabile motore precedente, cambia<br />

moltissimo nella meccanica. Un compressore co<strong>as</strong>siale serviva per alimentare i servizi<br />

fra cui l’ avviamento.<br />

Fino a quel momento i motori erano “quadri” ma con la 24/32diventano<br />

“superquadri”.<br />

Una di queste vetture di 6371 cc fu utilizzata dalla Regina Madre.<br />

- Nel 1906 entra in produzione la 24/40 che aveva ben 7.363 cc ed un p<strong>as</strong>so<br />

che andava da 290 cm per la corta a 310 cm per la lunga ed adirittura a 350 cm per<br />

una versione lunghissima. Ne furono prodotte ben 557 esemplari.<br />

Una nota curiosa è che le C<strong>as</strong>e consegnavano le vetture senza pneumatici,<br />

delicati e costosi ed il cliente doveva reperili a propria cura e spese.-<br />

Quando fu messa in liquidazione la Fiat-Ansaldi, la Fiat riorganizzò l’azienda<br />

sotto il nome di <strong>Breve</strong>tti Fiat.<br />

La ottima vettura 10/12 HP della Fiat Ansaldi fu prodotta con una modifica al<br />

telaio che le permise, operando una inclinazione posteriore verso il b<strong>as</strong>so, di abb<strong>as</strong>sare<br />

il piano di calpestio consentendo che i posti dietro fossero accessibili con<br />

maggiore facilità.<br />

Fu adottata la tr<strong>as</strong>missione a cardano.<br />

Tuttavia il pensiero radicato in tutti i costruttori d’Europa era che una vera<br />

<strong>automobile</strong> dovesse avere 4 cilindri, ma una vettura di gran cl<strong>as</strong>se doveva averne<br />

almeno 6.<br />

Così la Fiat si gettò nella mischia dei sei cilindri.<br />

La cosa rivelò immediatamente grandi difficoltà sopratutto per quanto concerneva<br />

il momento torsionale dell’albero motore, ma nel 1907 la Fiat esordì ugualmente<br />

con la 50/60 Hp a sei cilindri.<br />

Era una vettura confortevole, sicura ed <strong>as</strong>solutamente priva di vibrazioni come<br />

si conviene ad una sei cilindri tanto che divenne immediatamente la vettura dei Re.<br />

Si trattava di una imponente ed elegante vettura con un motore di 11.044 cc<br />

ed i 6 cilindri erano allocati in tre monoblocchi verticali. Il p<strong>as</strong>so era di mm 3540<br />

atto a supportare carozzeriespaziose, comode ed eleganti.<br />

Nel 1908 vide la luce la 12/14 HP Tipo 1 che era adatta sia all’utilizzo pubblico<br />

che privato avendo un motore di soli 2009 cc.<br />

Questa vettura aveva una caratteristica nuova in quanto i 4 cilindri erano alloggiati<br />

in un unico monoblocco fuso.<br />

La Fiat volle sperimentare sui motori più piccoli la strada del monoblocco<br />

seguendo l’esempio dell’Aquila italiana che lo aveva sperimentato da tempo con<br />

successo.<br />

Contemporanemaente alla Tipo 1 era in produzione anche la Tipo 3 di 4939<br />

cc (20/30 Hp). Nell’anno 1909 fu tentato anche un modello a 6 cilindri triblocco


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 12<br />

verticale, la Tipo 4 (35/45 Hp), ma ebbe scarsa fortuna e vita breve per cui dopo<br />

un solo anno e 100 esemplari costruiti, uscì di scena.<br />

Il ruolo di ammiraglia era rappresentato dalla 35/50 HP Tipo 5 che con i suoi<br />

7429 cc se ne stava ai vertici della piramide.<br />

Da sempre la Fiat aveva adottata la strategia di recuperare i pezzi di fine serie<br />

delle vetture da corsa per utilizzarli per piccole serie di vetture Gran Turismo con<br />

elevate prestazioni destinate ad una clientela esclusiva ed esigente.<br />

Fu il c<strong>as</strong>o della Taunus Gran Turismo che negli anni 1908/1909 furoreggiò<br />

tra gli automobilisti di rango.<br />

Nel 1910 vide la luce una vettura equipaggiata con un motore che avrebbe<br />

fatto “storia” , il mod. 51, con cui fu equipaggiata in seguito la celeberrima Fiat<br />

Zero.-.<br />

La nuova vettura venne chiamata Tipo 1 bis stando a significare che era un<br />

modello b<strong>as</strong>e.<br />

Il motore aveva 1844 cc e girando a 1100 giri/min gli conferiva una agilità che<br />

fu molto apprezzata dall’utenza.<br />

Il telaio Tipo 1 bis si è reso subito molto gradito ai carrozzieri che, prendendo<br />

spunto dallo spider di serie, realizzarono molte elaborazioni (Diatto, Garavini etc.).-<br />

Una versione dell’autotelaio Tipo 1 bis, ribattezzato Tipo 1 T, fece da supporto<br />

a tantissimi automezzi per il piccolo tr<strong>as</strong>porto merci e fu richiesto ed apprezzato<br />

anche all’estero.<br />

Tipo “0”<br />

Fiat Tipo "0"<br />

(Centro Storico Fiat - Torino)<br />

Ed eccoci giunti<br />

alla “Favolosa<br />

Zero” divenuta nel<br />

1913 la TIPO ZERO<br />

A con motore modello<br />

51 A.<br />

Ne furono costruiti<br />

ben 2000<br />

esemplari ed ottenne<br />

un successo strepitoso.<br />

Moltissime C<strong>as</strong>e<br />

costruttrici tentarono<br />

di imitarla alcuni riuscendoci<br />

in parte<br />

(Bianchi A2) altri<br />

nemmeno avicinando-


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 13<br />

cisi.<br />

Oggi la “Zero” rappresenta il sogno dei collezionisti.<br />

L’ esemplare della foto, è stato reperito in Sicilia dal barone Giorgio Franchetti<br />

e da Fulvio Carosi, che lo portarono a Roma, ove subì un minuzioso<br />

restaurato . Adesso fa parte della raccolta FIAT presso il Centro Storico Fiat<br />

di via Chiabrera a Torino creato dall’indimenticabile amico, comandante Augusto<br />

Costantino.<br />

L’autotelaio veniva all’epoca sia carrozzato dalla Fiat e sia dato ai vari<br />

carrozzieri che ne fecero dei veri gioielli vestendola torpedo, cabriolet, landaulet,<br />

spider.<br />

Dalla Fiat Zero si diramò una piccola serie di 78 esemplari detta “Brooklands”<br />

per via del radiatore ovoidale che si ispirava a quello montato nel 1911<br />

sulla 300 HP Tipo S.76 che aveva su quella pista inglese stabilito i suoi primati.<br />

Si presume che al vestito sportivo corrispondesse anche un motore elaborato.<br />

Con la stessa motorizzazione fu realizzata anche la Tipo 1 A, che era una vettura<br />

sia per famiglia che per noleggio.<br />

Tipo 2<br />

Con motore 52 e poi 52 A (2612 cc) fu invece equipaggiata la Fiat Tipo 2<br />

e Tipo 2 B prima e seconda serie.<br />

Della Tipo 2 b<strong>as</strong>e poco si sa stante il brevissimo periodo di produzione, ma<br />

invece si conosce<br />

bene la Tipo 2 B<br />

prima e seconda<br />

serie.<br />

La seconda<br />

serie della B adottò<br />

il radiatore<br />

ovoidale verso cui<br />

si stava orientando<br />

il gusto del pubblico.<br />

Uno splendido<br />

esemplare di<br />

Tipo 2 B prima<br />

serie, restuarato a<br />

Fiat Tipo 2 B Landaulet<br />

(Centro Storico Fiat - Torino)<br />

Roma sempre da<br />

Giorgio Franchetti<br />

e Fulvio Carosi, è


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 14<br />

conservato presso il<br />

Centro Storico Fiat di<br />

via Chiabrera in Torino<br />

(vedi foto).<br />

Fu prodotto anche<br />

un telaio diritto posteriormente<br />

(Tipo 2<br />

T) per alloggiare carrozzerie<br />

commerciali a<br />

c<strong>as</strong>sone o piccoli pulmanns<br />

solitamente al<br />

servizio dei clienti degli<br />

alberghi.<br />

Nella foto un esemplare di char a bank in uso presso un hotel di Reggio<br />

Calabria, ed oggi facente parte di una collezione privata.<br />

Le vetture (Tipo 1, 3, 4, 5, e 6) rinacquero equipaggiate con il nuovo motore<br />

52,53,54 .-<br />

La Tipo 70<br />

Ormai il mercato si indirizzava verso la utilitaria robusta e sicura per cui dal<br />

1915 al ’20 la C<strong>as</strong>a produsse la Tipo 70.<br />

Stranamente la macchina fu lanciata con un radiatore a spigoli vivi (anni ’12) e<br />

solo in secondo tempo montò un radiatore più “dolce” qu<strong>as</strong>i ovoidale. Aveva una<br />

cilindrata di 2000 cc ma sopratutto era una macchina con impianto elettrico completo.<br />

La tr<strong>as</strong>missione era cardanica e le ruote di misura 765x105 erano montate su<br />

ruote a razze in lamiera tipo Sankey.<br />

Tuttavia il motore era ancora un retaggio del p<strong>as</strong>sato e non rappresentava<br />

niente di innovativo.<br />

Fu utile però ad aprire la strada alla vera stella degli anni ’20: la 501.-<br />

La 501<br />

Fiat Tipo 2 T Char a Bank<br />

(Collezione privata)<br />

Fu la vera macchina ideale degli anni 20. Non piccola da essere delicata, non<br />

grande da essere tart<strong>as</strong>sata dal fisco (N.d.R. anche allora!) la 501 era dotata di<br />

una robustezza da trattore agricolo, ma di una semplicità da far sentire a suo aggio<br />

chiunque anche non molto ferrato in fatto di meccanica.<br />

Alcuni motori sono ancora onorevolmente impegnati in Africa per generatori<br />

di elettricità o per tirare l’acqua dai pozzi e fino a qualche anno addietro non era<br />

raro trovarne anche nelle campagne italiane.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 15<br />

Vide la luce, su progetto di ... un avvocato (sic!), l’avvocato Cavallo, nel<br />

1919 e continuò la sua marcia trionfale fino al 1926 (N.d.R. almeno apparentemente,<br />

vedremo dopo perchè).<br />

Quattro cilindri in un monoblocco verticale di soli 1460 cc che erogavano 23<br />

CV. La prima serie aveva la testa fusa con il monoblocco, mentre in seguito era<br />

staccabile.<br />

Ne furono prodotte ben 66.850. Fu carrozzata in tutte le versioni: torpedo,<br />

spyder, landau, landaulet, berlina, Weimann, cab, taxi, barchetta, siluro sport.<br />

Nacque con cerchi metallici a razze tipo Sankey a tallone 760x90 ma in<br />

seguito adottò le più comode e confortevoli 14x45 (qu<strong>as</strong>i 18 pollici).<br />

Una piccola serie di 2614 esemplari fu equipaggiata con motore 101 S che<br />

erogava 26.5 CV a 3000 giri ed anche il rapporto di compressione fu elevato a<br />

5,5:1.<br />

Questa serie sportiva era carrozzata torpedo, senza pedane, i parafanghi anteriori<br />

avevano una simpaticissima<br />

forma ad<br />

“orecchio di pipistrello”<br />

e finivano alla<br />

b<strong>as</strong>e del coup vent.<br />

Anche i parafanghi posteriori<br />

erano a ...<br />

sventola.<br />

Il coupe vent<br />

aveva feritoie con sportellini<br />

per l’areazione ai<br />

piedi del p<strong>as</strong>seggero<br />

anteriore e del guidatore.<br />

Fiat 501 S torpedo<br />

(Collezione privata)<br />

La prima serie aveva freni solo sulle ruote posteriori e solamente nelle ultime<br />

serie la frenatura fu integrale.<br />

Poche le originali sopravvissute ... molte le presenti sulla scena del<br />

collezionismo! Quella della foto, reperita nelle condizioni in cui si vede a parte le<br />

gomme, è appartenuta ad un corridore automobilistico di Gallico (R. C.), il compianto<br />

Crisalli; adesso fa parte di una collezione privata italiana.<br />

La 502 non fu una macchina a se stante, ma solo la versione strapuntinata della<br />

501.<br />

Dicevamo prima che la 501 cessa “apparentemente” il 1926 ma in effetti la<br />

501 non muore, ma solamente <strong>as</strong>sume un nuovo nome quando la Fiat decide un<br />

restilyng ed invece che una ulteriore serie della 501 lancia la 503.<br />

Questa nuova nata meccanicamente è in tutto simile alla 501 (meno che


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 16<br />

per la testata Ricardo che con una nuova turbolenza riesce a sfruttare meglio i sui<br />

HP) ed ovviamente alla carozzeria che diviene più ampia ed adotta il radiatore di<br />

nuova foggia squadrato abbandonando quello “a pera” ovoidale della 501.<br />

Stessa sorte tocca alla alle coeve della 501, la 505 diventa 507 e la 510<br />

diviene 512.<br />

Intanto nel 1921 la Fiat pensava ad una vettura che potesse interessare ai<br />

mercati di oltreoceano e progettò la SUPERFIAT Tipo 520 che avrebbe dovuto<br />

accogliere un motore a 12 cilindri a V 60° allocati in due monoblocchi con una<br />

cilindrata di 6805 cc.<br />

La crisi mondiale del 1922 vanificò il progetto Fiat e di SUPERFIAT se ne<br />

costrui qualche esemplare, forse solo i prototipi.<br />

La mancata entrata in produzione della SUPERFIAT obbligò la Fiat a pensare<br />

ad un nuovo modello che facesse da ammiraglia alla propria flotta auto. Così nel<br />

1922 vede la luce la 519 che verrà prodotta anche in versione 519 B e 519 S fino<br />

al 1927 in 2411 esemplari.<br />

La vettura era equipaggiata con il motore 119 a sei cilinfri verticali ed aveva<br />

4764 cc che erogavano 77 CV, frizione a dischi multipli, 4 velocità + RM ed un<br />

p<strong>as</strong>so di mm 3600 (3300 la “S”).<br />

Molte le caratteristiche che la volevano, degnamente, porre a sostituta della<br />

Superfiat. Servofreno compensatore, valvole in testa, <strong>as</strong>se di sterzo regolabile. adottò<br />

inoltre la sospensione cantilever per elevarne il confort, ma la scarsa precisione<br />

fecero tornare la Fiat nella serie “B” alle vecchie ed affidabili balestre semiellittiche.<br />

Rim<strong>as</strong>e comunque una vettura prestigiosissima che poteva ritenersi “cadetta” alla<br />

Superfiat solo per il numero dei cilindi che erano 6 in luogo di 12.<br />

Ovvio che un simile gioiello dovesse accendere gli appetiti di moltissimi prestigiosi<br />

carrozzieri che la vestirono in tutte le versioni di carrozzeria, ma sempre con un<br />

trand molto elvato.<br />

Molto belle ed<br />

apprezzate le “S” sia<br />

nella versione torpedo<br />

corto che nello splendido<br />

torpedo bateau<br />

che finì per divenire il<br />

modello ufficiale della<br />

Fiat 519 S Bateaux<br />

(Museo Automobile - Torino)<br />

c<strong>as</strong>a e spesso veniva<br />

equipaggiato con il radiatore<br />

a diedro con<br />

due stemmi della Fiat.<br />

Un esemplare magnificamente conservato trov<strong>as</strong>i presso il Museo Biscaretti di<br />

Torino ed appartenne al senatore Giovanni Agnelli.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 17<br />

Tuttavia la FIAT capì che il “mercato” non era fatto da ammiraglie, ma dalle<br />

economiche e dai cyclecars e si apprestò a dare una risposta al grosso pubblico con<br />

una vetturetta che oltre che poter contare sull’ormai capillare rete di <strong>as</strong>sistenza FIAT<br />

poteva essere acquistata a rate mensile.<br />

N<strong>as</strong>ce così la finanziaria SAVA e si inaugura così il “mondo delle rate” che<br />

dominerà il mondo e non solo delle auto!<br />

La 509<br />

Fu così che nel 1925 la C<strong>as</strong>a mette in produzione la 509 vettura a 4 comodi<br />

posti dalle dimensioni contenute anche se rispettosa degli spazi di abitabilità equipaggiata<br />

con un motore di soli 990 cc che erogavano comunque 22 CV, valvole in<br />

testa, ruote originariamente 715x115 e dopo 12x45 straight side.<br />

Il cambio a tre marce + RM aveva una terza lunga che le faceva raggiungere i<br />

78 Km/h ma poco potente per cui si doveva utilizzare spessissimo la seconda marcia<br />

che invece era cortissima e riduceva quindi la velocità di marcia in modo dr<strong>as</strong>tico.<br />

Fu un vero successo tanto che se ne costuirono 23049 esemplari.<br />

Punto debole della 509 furono le bronzine che mal reggevano sotto sforzo<br />

tanto che si guadagnò la<br />

fama di fondere al solo<br />

vedere una salita.<br />

Per tale ragione la<br />

Fiat propose la 509 A<br />

con testata ridisegnata,<br />

sistema di lubrificazione<br />

potenziato che evitava i<br />

famosi cedimenti dei cuscinetti,<br />

carburatore a<br />

sinistra per l<strong>as</strong>ciar posto<br />

ai collettori di scarico<br />

esterni divenendo una<br />

vettura gradita all’utenza<br />

ed interessante per i<br />

FIAT 509 A Torpedo<br />

(collezione privata)<br />

tecnici.<br />

Chiaramente la<br />

vetturetta pur se aggraziata ed efficente non aveva l’affidabilità e la robustezza della<br />

501 e nel confronto ne uscì sempre perdente.<br />

Vi furono moltissime versioni di carrozzeria (faux cabriolet, Berlina metallica<br />

2 e 4 luci, Weimann, Coupè, torpedo, spyder ecc.) e vi fu anche una versione<br />

commerciale che consisteva in una carrozzeria torpedo a due sportelli (la 509 A ne


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 18<br />

aveva ormai 4) ed uno sportellone posteriore che, levati il sedile posteriore e relativa<br />

spalliera, ne facevano uno spazioso veicolo tr<strong>as</strong>porto merci.<br />

Fu allestita anche una versione sport (509 S e 509 SM) che mediante nuovi<br />

pistoni ad alta compressione e molle valvole irrobustite sviluppò ben 25 CV la “S”<br />

ed addirittura 30 la ”SM”.<br />

Copiando l’orientamento d’oltre oceano anche la Fiat volle produrre un sei<br />

cilindri che and<strong>as</strong>se incontro alle m<strong>as</strong>se evitando che si rivolgessero a macchine<br />

straniere.<br />

Progetta perciò e mette in produzione una vettura che pur avendo sei cilindri<br />

fosse di piccola cilindrata (2334 cc) per evitare i rigori del fisco, ma per merito delle<br />

camere di scoppio ad alta turbolenza fornivano una buona “coppia” ai b<strong>as</strong>si regimi<br />

evitando il frequente uso del cambio.<br />

La 520<br />

La vettura incontrò immediatamente i favori del pubblico perchè il nuovo motore<br />

120 era veramente funzionale. La 520 fu la capostipite di una lunghissima serie<br />

futura di automobili.<br />

Di linea pulita somigliava molto alla 503 ma presentava tutti i vantagi di affidabilità<br />

di un sei cilindri e di una cilindrata che, anche se relativamente contenuta per<br />

l’epoca, era pur sempre di 2234 cc.<br />

Ospitava 5 p<strong>as</strong>seggeri compreso il guidatore e fu carrozzata da molti carrozzieri<br />

in svariate versioni.<br />

Aveva un p<strong>as</strong>so di 2900 mm, il chè la rese poco adatta a versioni più spaziose<br />

anche se non montare strapuntini per altre due persone.<br />

La richiesta di una versione lunga fu enorme da parte dell’utenza, ma la Fiat<br />

non volle dare <strong>as</strong>colto alle richieste e dopo solo due anni preferì lanciare una nuova<br />

vettura la 521.<br />

La 521<br />

La nuova vettura montò un motore che partendo dal mod. 120 divenne 121<br />

con leggero aumento dell’alesaggio ed una conseguente crescita della cilindrata che<br />

p<strong>as</strong>sa a 2516 cc., i CV che originariamente nel motore della 520 erano 46 p<strong>as</strong>sano<br />

50 nella 521.<br />

Il p<strong>as</strong>so fu di 3140 mm che permise di ottenere spazi più ampii e confortevoli.<br />

Tuttavia fu allestita anche una versione corta, 521 C, che prese il telaio della vecchia<br />

520 (2900 mm).<br />

La carrozzeria della 521 riecheggiava l’ammiraglia Fiat del momento che era


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 19<br />

rappresentata dalla 525 di impostazioni americaneggianti.<br />

La vettura fu un<br />

vero successo tanto<br />

che occupò qu<strong>as</strong>i tutti<br />

gli spazi di mercato con<br />

carrozzerie che spaziavano<br />

dalla torpedo alla<br />

berlina, dalla coupèroyal<br />

alla spyder ed al<br />

Coupè de Ville.<br />

Tutt’oggi sono<br />

esistenti degli splendi-<br />

collezionisti che li ritengono<br />

il top della collezione.<br />

Dal “supporto”<br />

521 derivarono in seguito<br />

la 522 e la 524<br />

nonchè da quel motore<br />

anche la Fiat Ardita<br />

1700 e 2500 del 1934<br />

(anche se la carrozzeria<br />

ormai aveva <strong>as</strong>sun-<br />

FIAT 521 Landau<br />

(Collezione privata)<br />

FIAT 521 Landaulet<br />

(Collezione privata - esemplare unico)<br />

di esemplari saldamente<br />

in mano a privati<br />

FIAT 521 Coupè de Ville prima serie<br />

(Collezione privata)<br />

to nuovi orientamenti).<br />

Per la 522 furono<br />

allestite anche versioni<br />

sportive con motore di<br />

65 CV e per l’Ardita<br />

una versione “S” di 60<br />

CV.<br />

La 525<br />

Abbiamo accennato<br />

sopra alla 525 che


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 20<br />

era la vettura di punta nel periodo che va dal 1928 al 1931..<br />

Era una grossa vettura di 3400 mm di p<strong>as</strong>so, che scendevano a 3260 per 525<br />

N ed addirittura a 3000 mm per “S”.<br />

Il motore, partendo sempre da quel mod. 120 della 520 aveva avuto un incremento<br />

nella cilindrata (3739 cc) e nella potenza (68,5 CV).<br />

Inizia la sua vita ed i suo percorso in contemporanea con la 520 e quando<br />

questa si tr<strong>as</strong>forma e diviene 521, la 525 senza nessun suffisso si ridimensiona anch’essa<br />

nei p<strong>as</strong>si (vedi sopra) ed acquista il suffisso “N” <strong>as</strong>sumendo la pesante<br />

eredità di ammiraglia della flotta Fiat.<br />

Un esemplare opportunamente allestito viene offerto dalla Fiat addirittura al<br />

Papa e consegnato dallo stesso senatore Agnelli.<br />

Come tutte le ammiraglie fu vestita con svariati modelli di carrozeria di prestigio<br />

e di rappresentanza.<br />

La vettura, malgrado la mole, era elegante ed abb<strong>as</strong>tanza proporzionata, ma il<br />

suo “volume” era non facilmente occultabile.<br />

Fu tentato un felice esperimento di Landau che adottando una carrozzeria<br />

corta, riempiva lo spazio retrostante del telaio con un baule porta oggetti, tetto in<br />

tela ed ai lati falsi pantografi. Il risultato fu una bella vettura, oggi diremmo “gran<br />

turismo” che m<strong>as</strong>cherando le dimensioni, diveniva anche aggraziata.<br />

Sullo stesso telaio “N” furono allestiti degli spyder di cui un esemplare (forse<br />

l’unico sopravvissuto) trov<strong>as</strong>i presso la collezione della rivista “Quattroruote” a<br />

Rozzano (MI).<br />

Poichè il motore b<strong>as</strong>e 120 era nato per essere un motore “molto flessibile” fu<br />

facile con una nuova testata, con carburatori doppio corpo ed un nuovo collettore<br />

di <strong>as</strong>pirazione portare il motore della 525 S ad essere atto ad equipaggiare alcune<br />

vetture a p<strong>as</strong>so corto (3000 mm) che and<strong>as</strong>sero a formare la squadra ufficiale Fiat<br />

per la prestigiosa Coppa delle Alpi.<br />

Il molto lusinghiero successo e collaudo in quella gara fece sì che l’equipaggiamento<br />

venisse messo a disposizione di eventuali clienti.<br />

Sfruttando il progetto della Carrozzeria Viotti che aveva allestito delle vetture<br />

per la Coppa delle Venezie del 1930, venne costruito questo splendido esemplare<br />

di vettura, qu<strong>as</strong>i sicuramente la più bella vettura sport prodotta dalla Fiat negli<br />

anni ’30, poi ceduta dal fortunato possessore, barone Francesco “Ciccio” Cupane<br />

da Palermo, al Centro Storico Fiat ove tutt’oggi si può ammirare nella sua leggiadra<br />

e filante linea.<br />

La 514<br />

La 514 rappresenta un momento di stallo nei successi Fiat. Nata come sostitutiva<br />

della agile 509 e con l’intento di coprire la f<strong>as</strong>cia dei 1500 cc, non resse al


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 21<br />

ricordo della 501, e fallì clamorosamente il suo compito anche a causa del crollo<br />

della Borsa statunitense.<br />

La vettura non<br />

presentò niente di veramente<br />

innovativo rispetto<br />

alle progenitrici.<br />

Frenatura scarsa, poco<br />

veloce ... un polmone<br />

come fu subito etichet-<br />

tata dal grosso pubblico<br />

che la chiamò “il<br />

chiodo”<br />

Eppure c’è da<br />

dire che la cura nelle finiture fu notevole e le linee riecheggiavano quelle delle sorelle<br />

maggiori.<br />

Fu prodotta in vari tipi di carrozzeria (torpedo, berlina metallica 4 e 6 luci,<br />

spyder, furgoncino merci, torpedo commerciale, coupè royal, faux cabriolet).<br />

Tutta una gamma che avrebbe dovuto renderla gradita all’utenza che invece<br />

non le tolse mai di dosso il marchio di “polmone”.<br />

Onde renderla più adatta alla Mille Miglia furono allestite delle vetture su telaio<br />

lungo del furgone. Per la Coppa delle Venezie e la Coppa delle Alpi fu allestita una<br />

piccola serie di 514 CA a p<strong>as</strong>so corto più riuscita nelle proporzioni.<br />

Per permettere alla C<strong>as</strong>a di approntare le linee di montaggio del nuovo modello<br />

508, la 514 divenne 515 con una carrozeria più ampia, freni idraulici sistema<br />

Lockheed, ma il motore rim<strong>as</strong>e il tradizionale della 514 che, ulteriomente impegnato,<br />

finì per rendersi veramente irrisorio.<br />

La 515 fu prodotta in due sole versioni: la berlina ed il faux cabriolet che per<br />

il suo padiglione rivestito in tela ed il c<strong>as</strong>settone posteriore in fibra, la rese alquanto<br />

più carina.<br />

La 508<br />

FIAT 525 SS<br />

(Centro Storico Fiat - Torino)<br />

La 508 vide la luce nella primavera del 1933 e si impose immediatamente<br />

come vettura agile, con un ottimo rapporto costo-spesa manutenzione-prestazionirifiniture<br />

tanto che fu universalmente riconosciuta come uno dei cardini della storia<br />

della C<strong>as</strong>a torinese.<br />

Il pubblico l’accolse con entusi<strong>as</strong>mo ed amore e ne adottò il secondo nome<br />

“Balilla”.<br />

Divenne immediatamente la macchina per antonom<strong>as</strong>ia nell’immaginario collettivo<br />

dell’epoca e di oggi tanto che, ovunque si voglia parlare di auto d’epoca, i


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 22<br />

non addetti ai lavori affibiano ad ogni modello, tipo, e marca il nome di “Balilla”.<br />

La prima serie aveva un cambio a 3 marce + RM (tanto che oggi si chiama<br />

comunemente Balilla tre marce), quattro comodi posti, due ampie porte, due<br />

ruote di scorta sui parafanghi.<br />

Il nuovo motore mod. 108 (che farà anch’esso lunga strada!) aveva 995 cc<br />

ed erogava 20 CV (anche 24 o 26/28 nella versione spinta).<br />

La vettura era estremamente contenuta pur senza sacrificare l’abitabilità avendo<br />

un p<strong>as</strong>so di 2250 mm, ruote a disco con pneumatici 4.00.17, aveva una velocità<br />

di punta di 80/85 Km/h e costava solamente 10.800 lire (berlina). Ne furono costruiti<br />

41396 esemplari.<br />

Furono allestite carrozzerie berlina, torpedo e spyder. Fu fatta anche una<br />

serie “lusso” che comprendeva coppe coprimozzo, f<strong>as</strong>ce copriruote e paraurti, il<br />

tutto cromato, nonchè tendine retrattili e ruote con raggi tangenti tipo America .<br />

Sopratutto gli allestimenti lusso erano riservati allo spyder, di già molto aggraziato<br />

e proporzionato.<br />

Nella parte posteriore vi erano due braccetti che distesi potevano ospitare i<br />

bagagli o un c<strong>as</strong>sonetto metallico porta oggetti, commercializzato dalla stessa Fiat,<br />

che conferiva ulteriore eleganza alla vettura che senza di questo presentava una<br />

caduta verticale della carrozzeria<br />

alquanto discutibile<br />

per l’estetica.<br />

Esistevano anche<br />

versioni commerciali<br />

quale camioncino con<br />

c<strong>as</strong>sone aperto e furgone<br />

carenato.<br />

Rim<strong>as</strong>e in produzione<br />

fino al tardo 1934<br />

epoca in cui ebbe un<br />

restilyng prendendo<br />

spunto da una carrozzeria<br />

probabilmente di<br />

Fiat 508 3 marce Spyder lusso<br />

(Collezione privata)<br />

Viotti che addolciva le linee e raccordava nel posteriore la carrozzeria ad un bauletto<br />

incorporato, il modello aveva quattro porte. Un esemplare di questo (l’unico?) si<br />

trova presso il Museo Automobile di San Martino in Rio (Reggio Emilia).<br />

Fu così che nel 1934 nacque la 508 Balilla (ormai il nome era inscindibile) 4<br />

marce.<br />

Le differenze furono notevoli: la carrozzeria divenne interamente metallica senza<br />

telai in legno, ebbe indifferentemente due o quattro porte, le linee si addolcirono<br />

ed il baule incorporato posteriormente (a cui venivano attaccate le ruote di scorta


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 23<br />

esterne) conferì slancio ed eleganza, i fari divennero più rotondi con vetri convessi,<br />

il radiatore a nido d’ape fu coperto da una m<strong>as</strong>cherina cromata con listellatura in<br />

tinta, il motore di b<strong>as</strong>e aveva una potenza di 24 CV, le ruote sempre a disco metallico<br />

pieno montavano gomme 4.00x17.<br />

Tuttavia per migliore il confort di marcia la fabbrica di pneumatici Michelin<br />

studiò una gomma della misura 135x400 (cerchio qu<strong>as</strong>i 16 pollici) detta "balloon"<br />

che, oltre che abb<strong>as</strong>sare il baricentro, conferivano un <strong>as</strong>setto estetico migliore. Per<br />

incentivare la vendita dei suoi pneumatici la Michelin regalava i nuovi cerchi.<br />

La Balilla quattro marce ebbe tutta la gamma di carozzerie, anche se la tendenza<br />

ad abbandonare ormai la versione torpedo portò a produrre pochi esemplari<br />

di questo modello.<br />

Discorso a parte deve essere fatta per la serie sportiva della 508 Balilla.<br />

Montò in un primo momento un motore 108 S di 30 CV e successivamente<br />

un 108 CS di 36 CV.<br />

La carrozzeria era un simpatico ed agile spyder rib<strong>as</strong>sato che prese subito il<br />

nome di Coppa d’Oro per aver partecipato con successo alla Coppa d’Oro<br />

del Littorio.<br />

Venne prodotto anche un Coupè Coppa d’Oro.<br />

Mentre il modello “S” aveva valvole laterali (la Siata produsse una testata con<br />

valvole in testa da sostituire all’originale) invece la “CS” aveva già di fabbrica le<br />

valvole in testa.<br />

Inutile dire che raccolse consensi ed allori ovunque si present<strong>as</strong>se e continua a<br />

riscuoterne fra i collezionisti di tutto il mondo.<br />

Così come ha<br />

sempre fatto la Fiat<br />

(vedi Taunus) montò<br />

una piccolissima serie di<br />

vetture equipaggiate<br />

con i componenti di fine<br />

serie sportiva, per cui<br />

montò alcuni motori<br />

CS, ma con 34 CV, su<br />

una berlina Balilla creando<br />

una piccolissima<br />

serie “Gran Turismo”<br />

che raggiungeva i 105<br />

Km/h.<br />

Intanto siamo<br />

giunti al 1937 ed il gusto<br />

del pubblico comin-<br />

FIAT 508 SS 4 marce<br />

elaborata da Morettini per la Mille Miglia 1938<br />

(Collezione privata)


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 24<br />

ciava a risentirne, avvezzo com’era ad amirare la Fiat 1500 6 cilindri, macchina<br />

dall’insolita linea come vedremo appresso, per cui anche la Balilla doveva cambiare<br />

pelle.<br />

La Fiat temette che abbandonare la Balilla potesse essere un grosso rischio<br />

commerciale per cui decise di darne continuità con la 508 C Nuova Balilla Aereodinamica<br />

.<br />

In effetti, a parte il motore che era l’ormai collaudatissimo 108 CS addolcito a<br />

soli 32 CV (mod 108 C) tutta la vettura era ben altra cosa che la sua dante causa<br />

presunta.<br />

La nuova 508 C Balilla non tardò a perdere il nome per essere definita dal<br />

pubblico solo “la 1100”, nome derivante dalla sua cilindrata che era di 1089 cc.<br />

La vettura aveva una carrozzeria aereodinamica (linea lanciata dalla 1500 6c)<br />

con codino spiovente e musetto altrettanto spiovente. Era una 4 comodi posti serviti<br />

da 4 sportelli senza piantone .<br />

Fu subito successo in tutte le sue versioni! molte le berline tetto metallico,<br />

poche berline tettuccio apribile in tela, qualche torpedo (se ne conoscono oggi uno<br />

in una collezione privata a Torino ed un altro a Bologna), molte cabriolet e spyder<br />

carrozzate in parte dalla stessa Fiat e molte da carrozzieri pivati. Montava gomme<br />

15.00.15.<br />

Fu prodotta anche una serie lunga strapuntinata che fu macchina per famiglie<br />

numerose, ma sopratutto fu il taxi per antonom<strong>as</strong>ia (p<strong>as</strong>so 2700 mm) equipaggiata<br />

con gomme 15.50.15.-<br />

Sul telaio lungo furono allestiti furgoni merci invece sul corto (2420 mm) fu<br />

fatta una interessante serie per l’Esercito Italiano (508 C Coloniale) con gomme da<br />

16 pollici.<br />

Molte le versioni sportive e tantissime le vetture che hanno preso parte a gare<br />

di alta risonanza preparate<br />

dal genio di<br />

meccanici-preparatori.<br />

Tutti i carrozzieri<br />

fecero a gara per<br />

vestire un modello di<br />

1100 e una miriade di<br />

grossi costruttori di<br />

auto sportive e da<br />

cosa lo presero a<br />

b<strong>as</strong>e.<br />

Una interessante<br />

realizzazione della Fiat<br />

FIAT 508 C - Balilla aereodinamica<br />

(Collezione privata)


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 25<br />

fu il coupè a coda tronca stante l’esperienza fatta dalla Fiat sui furgoni che, avendo<br />

la coda tronca cadente verticalmente, erano maggiormente aereodinamici!<br />

Le ormai universalmente definite 1100 continuarono la loro vita fino al 1952,<br />

con varie serie che, pur rimando simili nella vettura b<strong>as</strong>e, adottarono un nuovo cofano<br />

che leg<strong>as</strong>se alla calandra ormai a fendi acqua.<br />

L’ultima serie, la "E", aveva infine adottato il cambio al volante ed un bauletto<br />

posteriore, incernierato in b<strong>as</strong>so che copriva la ruota di scorta ed il vano porta<br />

oggetti molto strimizito per 4 persone.<br />

La 1500 6 c<br />

Parlando della 508 C avevamo accennato alla 1500 6 c che la Fiat aveva<br />

presentata nel 1935.<br />

Questa vettura, per la sua importanza innovativa merita un discorso a se stante.<br />

Tratt<strong>as</strong>i di un veicolo<br />

equipaggiato con<br />

un motore a 6 cilindri<br />

di soli 1493 cc, che lo<br />

fa divenire il più piccolo<br />

6 cilindri d’ Europa e<br />

forse del mondo.<br />

La carrozzeria,<br />

rompendo con tutti i<br />

retagi del p<strong>as</strong>sato, è<br />

fortemente aereodinamica<br />

spiovente sia dietro<br />

che avanti.<br />

I fari non più a<br />

sbalzo sono a goccia<br />

“poggiati” sui parafanghi.<br />

Un p<strong>as</strong>so di<br />

2800 mm ospita una<br />

carrozzeria confortevole<br />

e curata per quattro<br />

persone.<br />

Montò per prima<br />

i deflettori dell’aria<br />

agli sportelli anteriori<br />

Fiat 508 C Coloniale con gomme da 16"<br />

FIAT 1100 B carrozzato Coupè da Bertone<br />

Un raro esemplare con parabrezza sdoppiato<br />

(Collezione privata)


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 26<br />

comandati dall’interno ruotando una farfalla.<br />

Il freno di stazionamento sparisce dalla piattaforma della vettura e diviene<br />

una maniglia sotto il cruscotto.<br />

Gli indicatori di direzione sono comandati da un interruttore sul cruscotto<br />

alla b<strong>as</strong>e del parabrezza ed il ritorno a f<strong>as</strong>e di riposo è automatico tramite un meccanismo<br />

ad orologeria.<br />

Sul volanrte oltre al pulsante del clakson è allocata una corona che comanda il<br />

lampeggio dei fari.<br />

Le sospensioni anteriori perdono le balestre semiellittiche e vengono sostituite<br />

da bracci oscillanti trapezoidali che conferiscono a tutta la vettuna un molleggio<br />

incredibile. Purtroppo dopo poco l’usura mina le sospensioni per cui intorno agli 85<br />

Kmh si innesca una noiosa<br />

vibrazione che si<br />

tr<strong>as</strong>mette a tutta la vettura.<br />

Il fenomeno era<br />

scherzosamente definito<br />

all’epoca shimmy<br />

da un noto ballo che<br />

furoreggiava e che faceva<br />

scuotere violentemente<br />

i ballerini!<br />

La tappezzeria<br />

interna era estrema-<br />

FIAT 1500 6c 2/a serie<br />

(Collezione privata)<br />

mente curata ed il telaio<br />

metallico dei sedili<br />

anteriori fuoriusciva<br />

dall’imbottitura, era cromato e fungeva da maniglia per i p<strong>as</strong>seggeri dei posti posteriori.<br />

Della 1500 6c furono costruite molte serie.<br />

La serie “B” ha ben pochi cambiamenti, forse solo le ruote che divengo da 17<br />

“, nuovi paraurti ed i tergicristalli che vengono incernierati in b<strong>as</strong>so del parabrezza.<br />

La “C”, il restilyng post bellico; abbandona i fari a goccia che vengono posti a<br />

sbalzo, ma raccordati con i parafanghi; il muso spiovente <strong>as</strong>sume forma a spartiacqua.<br />

Queste le sole modifiche alla carrozzeria per questa vettura che posegue il suo<br />

cammino post-bellico,<br />

Nella “D” invece il motore viene ridisegnato completamente.<br />

L’ultima serie, la “E”, ha lo stesso motore della “D” ma il cambio p<strong>as</strong>sa al<br />

volante e la parte posteriore della carrozzeria si arricchisce di un bauletto rotondeggiante<br />

raccordato alla carrozzeria che copre la ruota di scorta ed il vano bagagli


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 27<br />

rendendo la vettura molto slanciata ed elegante. Sparisce la pedana che viene sostituita<br />

in primo momento da un raccordament metallico e poi da una f<strong>as</strong>cia cromata.<br />

Era veramente una bella vettura molto sobria che piaceva, ma come tutte le<br />

"grosse" Fiat, non ha avuto un notevole successo sommerciale.<br />

La 500<br />

Prima di parlare della nuova serie di vetture che caratterizzaro gli anni ’50 e<br />

che costituiscono una svolta epocale nella produzione Fiat, dobbiamo ricordare<br />

un’altra protagonista indiscussa della motorizzazione italiana di m<strong>as</strong>sa: la 500 ribattezzata<br />

affettuosamente “Topolino”(forse prendendo spunto dal “musetto” arguto<br />

e spiritoso che la faceva somigliare ad un simpatico topo).<br />

Il senatore Agnelli voleva <strong>as</strong>solutamente una vetturetta di b<strong>as</strong>so costo, molto<br />

contenuta e che potesse<br />

portare l’<strong>automobile</strong><br />

in tutte le famiglie,<br />

anche le meno abbienti.<br />

L’ufficio progettazioni<br />

Fiat, al cui timone<br />

era l’ing. Dante<br />

Giacosa, si mise all’opera<br />

ma non era facile<br />

su un p<strong>as</strong>so di soli<br />

2000 mm “impiantare”<br />

una carrozzeria che non fosse a livello di scatola di sardine per i malcapitati p<strong>as</strong>seggeri.<br />

Ma su questo il Senatore Agnelli era irremovibile!<br />

Dopo infiniti studi Giacosa progettò una vetturetta che avrebbe dovuto avere<br />

trazione anteriore.<br />

Per far ciò era necessario che il motore fosse a sbalzo e le balestre anteriori<br />

fossero sostituite da una unica balestra semiellittica tr<strong>as</strong>versale. Questa soluzione<br />

consentiva di ricavare sufficente spazio per l’abitacolo.<br />

Non se ne conoscono le ragioni,<br />

ma alla fine il progetto del “tutto<br />

avanti” perse consistenza e ci si<br />

orientò su una trazione tradizionale.<br />

Tuttavia l’impostazione del motore a<br />

sbalzo e della balestra tr<strong>as</strong>versale rim<strong>as</strong>ero<br />

in essere a tutto vantaggio<br />

dello spazio abitabile.<br />

Il prototipo pre serie prevedeva<br />

1500 6c mod E<br />

Fiat 1500 6C mod. E<br />

(Collezione privata)<br />

Fiat 500 A berlina


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 28<br />

i fari a goccia ed i tergicristalli incernierati in alto come nella 1500 6c, ma ragioni di<br />

costo fecero recedere dall’intendimento.<br />

La prima serie vide la luce il 1936 con un motore di 569 cc che portava sulla<br />

testata la dinamo e, co<strong>as</strong>siale, la ventola di raffreddamento del radiatore che era<br />

posto dietro al motore. Le sospensioni posteriori erano costituite da due braccetti<br />

con semi balestre (serie 500 balestra corta). La soluzione fu scartata dopo pochi<br />

mesi in quanto portavano alla rottura dello ch<strong>as</strong>sis o dei balestrini stessi.<br />

La vetturetta era a due posti pesava 535 kg, aveva una potenza di 13 CV e<br />

montava gomme 4.00.15.<br />

Dal 1936 al 1948 se ne produssero 122.016 esemplari.-<br />

La corrozzeria era prevalentemente aperta con tettuccio in tela, ma alcuni esemplari<br />

erano con padiglione interamente in metallo. Al solito qualunque fosse la tinteggiatura<br />

del corpo vettura i parafanghi ed i fari erano neri.<br />

Furono costruiti anche un consistente numero di furgoni merci. La prima serie<br />

adottava posteriormente lo sportello ad anta unica .<br />

Tuttavia la crescente richiesta di poter utilizzare anche due posti aggiuntivi<br />

(detti di fortuna, ma ... noi diremmo di sfortuna per i malcapitati!) convinse la Fiat<br />

a sostituire il motore mod. 500 a valvole laterali con un più moderno motore a<br />

valvole in testa (mod. 500 B) che fece aumentare la potenza a 16.5 CV, la testata<br />

era sempre in ghisa.<br />

Nel 1948 inizia la produzione della "B" e, abbandonando la vecchia consolidata<br />

usanza, spariscono parafanghi e fari verniciati in nero e tutta la vettura è in tinta.<br />

Alla 500 B, vettura di transizione in attesa delle linee di montaggio della "C",<br />

il merito di aver fatto n<strong>as</strong>cere la prima "giardiniera" realizzata sul telaio lungo del<br />

furgone.<br />

Dal momento che le "B" furono prodotte solamente per qu<strong>as</strong>i due anni, sono<br />

stati pochi gli esemplari che videro la luce ed ovviamente ancor meno le "giardiniere"<br />

, oggi rarissime, che avendo 4 posti ed un discreto vano bagagli e per non<br />

eccedere nel sollecitare troppo il piccolo ma generoso motore furono carrozzate<br />

con struttura in legno a vista e tamponature in "M<strong>as</strong>onite" (un cartone realizzato da<br />

trucioli di legno tritato e miscelato ad uno speciale collante). Ottimo il risultato che<br />

ne fece scaturire una vetturetta graziosa ed efficente.<br />

Smessa la produzione della "B" n<strong>as</strong>ce la 500 C con nuova carrozzeria che<br />

incorporava il vano bagagli ed il cofano motore raccordato con i parafanghi che<br />

portavano inc<strong>as</strong>sati i fari.<br />

Fu adottato per la prima volta il riscaldamento per mezzo di uno scambiatore<br />

di calore interno all'abitacolo .<br />

Anche della “C” viene realizzata una versione “Giardinetta in legno” che<br />

solo dopo un paio d’anni viene sostituita da una versione interamente metallica detta<br />

“Belvedere metallica” che era sempre bicolore (le bugne di colore diverso men-


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 29<br />

tre il corpo vettura era ormai in tinta avendo la Fiat abbandonato parafanghi e fari<br />

neri).<br />

La 2800<br />

briolet non avendo avuto mai grande successo di pubblico.<br />

La 1400<br />

Fiat 500 B Giardiniera in legno<br />

(collezione privata)<br />

Gli anni ’50 rappresentarono una svolta<br />

epocale per la Fiat che abbandonando i vecchi<br />

canoni stilistici seguiti da sempre si avvia su una<br />

nuova strada detta “all’americana” lanciando<br />

sul mercato una vettura veramente nuova e rivo-<br />

Fiat 500 C Belvedere metallica<br />

Una menzione<br />

merita la 2800 che dovendo<br />

rappresentare<br />

“la parente ricca” della<br />

1500 6c ne riprese tutte<br />

le innovazioni e le<br />

strutture. Venne prodotta<br />

dal 1938 al 1941<br />

e fu utilizzata qu<strong>as</strong>i<br />

esclusivamente quale<br />

vettura di grande rappresentanza<br />

sia nella<br />

versione berlina che ca-<br />

Fiat 500 C<br />

(Collezione privata)<br />

luzionaria: la 1400.<br />

Anche la parte<br />

meccanica subisce una<br />

rivoluzione: niente più<br />

telaio ma carrozzeria<br />

portante!<br />

Nessun aggiustamento<br />

e di stile di carrozzerie<br />

o di modelli<br />

preesistenti, la 1400 fu<br />

tutta nuova sia nella


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 30<br />

forma che nei contenuti!<br />

In primis la forma che ormai era smaccatamente americaneggiante.<br />

Sei i posti distribuiti su due divanetti. Cambio al volante, motore quadro, 1395<br />

cc, 4 cilindri in linea a canne sfilabili, gomme 5.90.14, p<strong>as</strong>so 2650 mm.<br />

La macchina fece veramente scalpore anche se le prestazioni erano modeste<br />

(125 Kmh, 10/12 litri 100 km, scarsa la ripresa, scarse le sospensioni cui si usuravano<br />

i gommini fra perno ed ammotizzatore costringento a frequentissime soste in<br />

officina).<br />

Della 1400 furono prodotte molte serie (1400 prima serie - modello A -<br />

modello B) e rim<strong>as</strong>e in vita fino al 1958 con circa 130.000 esemplari prodotti.<br />

Bella la versione cabriolet carrozzata dalla stessa c<strong>as</strong>a nella sezione Carrozzerie<br />

Speciali.<br />

Sulla medesima scocca cabriolet è stata allestita una versione con motore 1900<br />

data esclusivamente in dotazione alla Polizia Stradale.<br />

La 600<br />

Sull’onda del veramente nuovo n<strong>as</strong>ce così la 600 con una impostazione decisamente<br />

nuova.<br />

Carrozzeria portante,<br />

motore posteriore<br />

che faceva risparmiare<br />

sulla tr<strong>as</strong>missione<br />

avvantaggiandone l'abitabilità.<br />

Era l’anno<br />

1955.<br />

La nuova vetturetta<br />

aveva una cilindrata<br />

di 633 cc, quattro comodi<br />

posti (pochissimo<br />

Fiat 1400 prima serie<br />

spazio per i bagagli),<br />

vetri scorrevoli sulla<br />

prima serie.<br />

Dobbiamo dire<br />

che fu veramente una<br />

vetturetta interessante<br />

anche se i suoi 24<br />

Cv erano pochini per<br />

590 kg di peso cui bi- sognava aggiungere Spaccato 4 persone della 1400 ed i prima bagagli. serieTuttavia<br />

questa


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 31<br />

due volumi incontrò il<br />

gusto del pubblico.<br />

Nel tempo ebbe<br />

qualche lieve restilyng,<br />

come i vetri discendenti<br />

e la scomparsa<br />

delle “t<strong>as</strong>che porta<br />

oggetti” in materiale<br />

pl<strong>as</strong>tico all’interno de-<br />

gli sportelli, i sedili non<br />

ebbero più la spalliera<br />

reclinabile ma si alzavanocompletamente<br />

per facilitare l’accesso<br />

al divanetto posteriore.<br />

Verso la fine degli anni ’60 comparve la 600 D che aveva una motorizzazione<br />

di 767 cc e 29 CV.<br />

Gli sportelli furono incernierati anteriormente (controvento), la fanaleria anteriore<br />

aumentò di diametro facendo sembrare il “muso” della macchinetta “un bambino<br />

spaurito con gli occhi spalancati”!<br />

Un episodio molto interessante fu rappresentato dalla versione commerciale<br />

della 600 denominata “Multipla”.<br />

Questa innovativa vettura con ben 5 o 6 posti (secondo della versione) bisogna<br />

dire che scioccò il pubblico per la sua inusuale forma.<br />

Era una monovolume che finiva a cuneo, ma ... con la parte b<strong>as</strong>sa sul posteriore<br />

tanto da sembrare che cammin<strong>as</strong>se sempre a marcia indietro!<br />

I posti anteriori erano a sbalzo sull’avantreno<br />

ed addirittura la canna dello<br />

sterzo seguiva un tragitto ... tormentato<br />

dovendo prima andare in avanti, seguendo<br />

l’inclinazione del volante, per poi tornare<br />

indietro fino alla scatola dell sterzo<br />

che era allocata sotto i posti anteriori.<br />

Per tale ragione la seconda parte della<br />

canna dello sterzo p<strong>as</strong>sava fra le gambe<br />

del guidatore tanto da spingere la c<strong>as</strong>a<br />

FIAT 1400 Cabriolet 1/a serie<br />

(Collezione privata)<br />

Fiat 600 D<br />

costruttrice a “dare consigli” addirittura nel libretto di Uso e Manutenzione fornito<br />

con la vettura su come il guidatore dovesse salire e scendere dalla vettura !<br />

La ruota di scorta era allocata all’interno dell’abitacolo a stretto contatto con<br />

le ginocchia del p<strong>as</strong>seggero anteriore per cui l<strong>as</strong>ciamo immaginare cosa potesse


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 32<br />

succedere quando, sostituita una ruota, i pantaloni del p<strong>as</strong>seggero spolveravano (o<br />

<strong>as</strong>ciugavano in c<strong>as</strong>o di pioggia e fango) la ruota bucata.<br />

La Nuova 500<br />

Per conquistare<br />

quella f<strong>as</strong>cia di utenza<br />

che normalmente si rivogeva<br />

al motociclismo<br />

(non per p<strong>as</strong>sione, ma<br />

per necessità) la Fiat rispolverò<br />

quel progetto<br />

che aveva fatto per la<br />

prima 600 e che venne<br />

FIAT 600 Multipla uso promiscuo<br />

poi accantonato.<br />

Il motore della Nuova 500 era un piccolo bicilindrico (ancora i rigori del<br />

fisco si facevano sentire !) raffreddato ad aria e allocato posteriormente.<br />

I posti erano due, ma potevano anche essere ospitati due bambini.<br />

Il successo decretato dal pubblico si può paragonare ad una esplosione! Divenne<br />

immediatamente la vettura da città (aveva solo 1840 mm di p<strong>as</strong>so e 1121 mm<br />

di carreggiata anteriore).<br />

Fu adottata con gioia dalle signore quale macchinetta personale (anche perchè<br />

le serie successive alla prima, che era bruttina e spartana, erano veramente<br />

belline e porporzionate, diremmo addirittura “civettuola”), divenne la<br />

seconda o terza macchina di qu<strong>as</strong>i tutte le famiglie italiane.<br />

Una piccola serie interessante fu prodotta con un motore potenziato (21 CV in<br />

luogo dei normali 18).<br />

Fu chiamata Nuova 500 Sport.<br />

Tuttavia la Nuova 500, in ogni sua versione, incontrò il favore incondizionato<br />

dei preparatori ed elaboratori che ne fecero dei piccoli mostri, ma dei veri gioielli,<br />

anche supportati nella loro scelta dall’eccezionale tenuta di strada di questa vetturetta<br />

dal baricentro b<strong>as</strong>sissimo.<br />

Fu anche messa in produzione una versione Giardiniera con 4 posti e spazio<br />

per i bagagli posteriormente.<br />

Per ricavare questo spazio fu adottato un motore a sogliola che diede ... poche<br />

soddisfazioni ma in compenso molte noie.<br />

La 1100/103<br />

La nuova linea imposta dalla 1400 , dalla 1900 e dalla 500 C rendeva striden-


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 33<br />

te il contr<strong>as</strong>to con la ormai obsoleta line della 1100 E.<br />

Se si voleva continuare a tenere in vita il vecchio glorioso nome era necessario<br />

adeguare lo stile alle nuove linee di carrozzeria.<br />

Così nel 1953 viene presentata la 1100/103 che della vecchia macchina non<br />

aveva conservato che il nome e la<br />

motorizzazione.<br />

Era una vettura completamente<br />

nuova in linea con le nuove<br />

carrozzerie e le nuove tecniche,<br />

ma sembrò subito ben poca cosa.<br />

Non piacque molto anche<br />

perchè, per privilegiare l’abitabi-<br />

lità si erano sacrificati eccessivamente<br />

due dei tre volumi: il cofano<br />

motore, ma sopratutto il bagagliaio.<br />

A contribuire a renderla un tantino tozza era anche il p<strong>as</strong>so sceso a 2340 mm<br />

con gomme 5.20.14 che facevano<br />

apparire la vettura “seduta”.<br />

Tuttavia risultò riconfermare<br />

le doti di maneggevolezza e<br />

robustezza della progenitrice, per<br />

cui il pubblico finì per accettarla<br />

con un discreto entusiamo.<br />

Contemporaneamente fu lanciata<br />

una versione sportiva, la 1100/<br />

103 TV (Turismo Veloce) che<br />

montava un motore con ben 14 CV in più della normale.<br />

La TV era decisamente più bella essendo bicolore e con un lunotto posteriore<br />

panoramico, che dava ampiezza a tutto il complesso. Un accenno di codine<br />

che accoglievano i gruppi ottici posteriori avevano levato anche quel “finire in<br />

gran fretta” che sembrava<br />

esprimere il cofano<br />

posteriore della berlina<br />

normale.<br />

Della TV fu costruita<br />

anche una versione<br />

spyder due posti<br />

secchi con una stranis-<br />

sima linea ... a singhiozzo<br />

che dal pubbli-<br />

Fiat Nuova 500 Giardiniera<br />

Fiat Nuova 500<br />

FIAT 1100/103 TV


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 34<br />

co fu subito ribattezzata “il grillo”, ma che non ebbe grossa fortuna .-<br />

Seguire le varie serie della 1100/103 (o meglio dire versioni?) che si susseguirono<br />

a volte al ritmo di due modelli all’anno non è cosa facile neanche per chi, come<br />

me, le visse dal vivo e con grande p<strong>as</strong>sione.<br />

Troviamo la “E”, la “D”, la “H”<br />

(addirittura in tre allestimenti: Lusso,<br />

Export e Special), la “R” (tornata alle<br />

linee tondeggianti dopo le carrozzerie spigolose<br />

delle serie precedenti).<br />

Fu immessa sul mercato anche una<br />

versione “familiare”.<br />

Nacque addirittura una derivazione,<br />

la 1200, che, pur mantenedo le linee<br />

della 1100, aveva una impostazione più<br />

“luminosa” e maggior potenza.<br />

Anche questa ebbe tre modelli ( GranLuce, Traformabile e Cabriolet).<br />

Dalla 1200 cabriolet, macchina abb<strong>as</strong>tanza quotata, nacque poi la 1500 cabriolet<br />

che fu una ottima vettura.<br />

Le 1800 - 2100 - 2300 - 2300 S coupè Ghia<br />

Chiudiamo questa panoramica sulla Fiat con la citazione di due modeli: la 1800 e la<br />

2100 che divenne poi 2300 ed avevano il compito di essere le vetture di rappresentanza<br />

della C<strong>as</strong>a torinese.<br />

In effetti svolsero questo prestigioso compito, ma senpre dopo delle Lancia Flaminia<br />

che dominavano incontr<strong>as</strong>tate lo spazio cui tendevano.<br />

Un grande merito da<br />

attribuire alla 2300 fu<br />

la 2300 S Coupè il<br />

cui motore venne<br />

progettato in c<strong>as</strong>a<br />

Ferrari, dalla linea filante<br />

e molto bella,<br />

carrozzata per con-<br />

to della Fiat da<br />

Ghia, che raggiungeva<br />

nella versione<br />

“S” comodamente i 190 Kmh a 5300 giri.<br />

Fiat 1100/103 Spyder "il Grillo"<br />

La Fiat 2300 SW particorlarmente apprezzata dalla RAI che la<br />

utilizzava per i servizi esterni<br />

Era dotata di uno splendido motore 6 cilindri in linea alimentato da due carburatori


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 35<br />

doppio corpo Weber.<br />

Intorno a questa vettura aleggia iun giallo: infatti questa bellissima vettura era stata<br />

progettata dalla Ferrari che voleva farla partecipare ad un campionato speciale per<br />

il quale era necessario che le macchine fossero prodotte “di serie”.<br />

Per tale ragione la costruzione fu affidata alla Fiat che ... la fece sua unitamente<br />

all’ingegnere progettatore che, tr<strong>as</strong>feritosi a Torino presso gli stabilimenti Fiat per<br />

curarne la realizzazione, l<strong>as</strong>ciò definitivamente la Ferrari e si tr<strong>as</strong>ferì sotto l’ombrello<br />

Fiat.<br />

La <strong>Storia</strong> continua poi con molte autovetture, alcune molto indovinate e di successo<br />

altre meno ed altre ancora senza storia.<br />

La 850, 126, 127, 128, 125, 124, 130 ed altre che sono tutte macchine che la Fiat<br />

ha costruito, ma di cui non credo sia il c<strong>as</strong>o di parlarne , anche se molte sono<br />

importanti nella motorizzazione italiana, essendo “storia contemporanea” per cui<br />

rimandiamo il parlare di loro ai ... posteri!<br />

FIAT 2300 S Coupè carrozzata Ghia<br />

Al generoso motore 6 cilindri nato in c<strong>as</strong>a Ferrari si accoppiava<br />

una linea filante e snella che la faceva splendere in<br />

tutta la sua bellezza ed eleganza


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 36<br />

Fiat vetrina<br />

Il primo stemma apposto sulle proprie vetture<br />

dalla Fiat nel 1898


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 37<br />

Fiat vetrina<br />

Fiat 514<br />

Torpedo<br />

(Collezione<br />

privata)<br />

Fiat 522<br />

torpedo<br />

Vettura<br />

derivata dalla<br />

521, di cui ne<br />

montava le<br />

parti meccaniche.<br />

(Collezione<br />

privata)


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 38<br />

Fiat vetrina<br />

Con questa vettura di 1500 cc la Fiat tentò di sostiutire la<br />

501 senza però riuscire nell'intento.<br />

A causa del peso e <strong>dell'</strong>esigua potenza fu ribattezata<br />

all'epoca "Il chiodo" e questo modello corto<br />

“il balillone”<br />

Fiat S 76<br />

514<br />

Berlina corta<br />

(Collezione<br />

privata)<br />

La F 76 era una vettura di ben 2.353 cc di cilindrata che sul circuito di Brookland raggiunse<br />

nel 1911 i 240 km/h.<br />

Gli inglesi la ribattezzarono "Mefistofele"<br />

L'equipaggio era composto da Nazzaro e da Bordino.<br />

Più tardi a Long Island riuscì a raggiungere i 286 km/h, la maggiore velocità raggiunta<br />

all'epoca dall'uomo.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 39<br />

Fiat vetrina delle stranezze<br />

Fiat 509 A con una cervellotica carrozzeria a pesce<br />

(Collezione Dino Tenconi)<br />

Una strana<br />

elaborazione<br />

su meccanica<br />

Fiat con ruote<br />

sistemate a<br />

rombo


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 40<br />

Fiat vetrina<br />

Fiat 525 SS Torpedo<br />

(Collezione privata)<br />

Fiat 501 elaborata Silvani (valvole in testa)<br />

(Collezione privata)


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 41<br />

Fiat vetrina<br />

Fiat 508 C "Balilla aereodinamica" Coupè<br />

Particolare curioso è che i tecnici Fiat avevano notato che il furgone 508 C a causa<br />

della coda tronca aveva una maggiore aereodinamicità quindi di migliori prestazioni<br />

della berlina, per questo adottarono la coda per questa sportiva


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 42<br />

Fiat vetrina<br />

Fiat 1400 prima serie (agosto 1950)<br />

(ovvero ... l’autore ai bei tempi che furono!)<br />

NOTA : La forma americaneggiante della vettura aveva infiammato gli<br />

animi degli acquirenti. Ne profittarono gli accessoristi creando una serie di<br />

accessori per la 1400. Nella foto si notano:<br />

- Visiera par<strong>as</strong>ole metallica<br />

- Baffo al cofano<br />

- Stemma grande in luogo di FIAT<br />

- Modanature cromate lateralmente ai parafanghi<br />

- "Uccellone" sul cofano motore<br />

- Copponi speciali ai cerchi ruota<br />

- Specchietti laterali<br />

- Lampeggiatori in luogo delle frecce (Particolare curioso è che non<br />

esisteva l’ intermittente, ma erano le lampadine ad essere lampeggianti).


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 43<br />

Fiat vetrina<br />

Fiat 525 S<br />

(Collezione privata)<br />

Fiat 525 S<br />

Durante una tournet in Danimarca il tenore Tito Schipa riceve in omaggio dal<br />

concessionario Nordiska Fiat questa 525 S<br />

( Notare le proporzioni tra la vettura ed il tenore )


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 44<br />

Fiat vetrina<br />

Fiat 527 "Ardita" 6 cilindri<br />

(Collezione privata)<br />

Fiat 522 cabriolet<br />

(Collezione privata)


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 45<br />

Fiat vetrina<br />

Fiat 2800 berlina ministeriale<br />

(Collezione privata)


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 46<br />

Fiat vetrina - La Fiat-Sella<br />

Questo gioiello rappresenta un esempio di ibridazione o meglio di trapianto di<br />

organi che ha dato vita ad una vettura unica.<br />

Su un telaio Fiat 509 S Riccardo Sella, figlio del fondatore della banca Sella e<br />

proprietari di impianti tessili, ha innestato un motore 1100 cc di sua costruzione a<br />

ben 8 cilindri in linea.<br />

Era l'anno 1927.<br />

La vettura comunque rim<strong>as</strong>e incompleta e qu<strong>as</strong>i dimenticata fin quando la rivista<br />

Motor Italia ne diede notizia solamente nel 1935


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 47<br />

Fiat vetrina - La Fiat-Sella<br />

Riccardo Sella era pittore, poeta, scrittore, insomma un artista a "tutto tondo".<br />

Una vera opera darte può essere considerato anche questo suo motore, pezzo<br />

unico, che per eleganza e "pulizia" eguagliò i motori di Ettore Bugatti. Otto cilindri in<br />

linea allocati in due blocchi che si inc<strong>as</strong>travamo in un b<strong>as</strong>amento in alluminio, uniti da<br />

una sola testata ed albero distribuzione in testa. Due carburatori, ma stante il b<strong>as</strong>so<br />

rapporto di compressione, si presume dovesse accogliere un compressore<br />

volumetrico.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 48<br />

Lancia<br />

C’era una volta ... così comincia ogni<br />

favola che si rispetti, ma noi, pur trattandosi<br />

di una storia vera che r<strong>as</strong>enta la<br />

favola, non inizieremo così il nostro narrare.<br />

Infatti diremo che nel 1881 a Fobello<br />

(alta Valsesia) in c<strong>as</strong>a di una facoltosa<br />

famiglia, n<strong>as</strong>ce un bambino cui viene<br />

imposto il nome di Vincenzo.<br />

La famiglia si tr<strong>as</strong>ferisce a Torino e va<br />

ad abitare in Corso Vittorio al numero<br />

civico 9.<br />

Il c<strong>as</strong>o volle che nel cortile di quel nu-<br />

Vincenzo Lancia<br />

mero civico un tal Giovanni Ceirano<br />

“mago della meccanica” che ormai si è<br />

tr<strong>as</strong>ferito dal nativo cuneese in quel di Torino, abbia impiantata la propria officina.<br />

Il giovane Vincenzo, avviato dal padre agli studi di ragioniere, era tanto aff<strong>as</strong>cinato<br />

da quel mondo dei motori da convincere il padre a fargli sospendere gli studi ed<br />

impiegarsi presso la Giovanni Ceirano & C quale ragioniere (ufficialmente) come<br />

apprendista meccanico (praticamente).<br />

Quando Giovanni Agnelli nel 1899 acquista in blocco tutta l’attività di Ceirano ...<br />

“acquista” anche il giovane meccanico Vincenzo Lancia.<br />

Nel giro di pochissimo tempo Vincenzo diviene Capo Collaudatore della Fiat <strong>as</strong>sieme<br />

a Felice Nazzaro .<br />

Aveva soli 20 anni!<br />

Felici intuizioni per migliorare i cambi di velocità che davano noie, partecipazioni<br />

quale pilota a gare prestigiose in nome della Fiat fecero salire le quotazioni interne<br />

del giovane pilota-collaudatore.<br />

Il suo coraggio e la sua temerarietà fecero salire le quotazioni fra la folla che lo<br />

osannnava come un eroe!<br />

Ma il suo sogno era costruire in proprio per cui decide <strong>as</strong>sieme all’amico Claudio<br />

Focolin, un veneto anch’egli collaudatore alla Fiat, di fondare una fabbrica propria.<br />

N<strong>as</strong>ce così la Lancia, era il 26 novembre 1906.<br />

Tuttavia il distacco dalla Fiat fu del tutto indolore tanto che per due anni continuò a<br />

correre per la c<strong>as</strong>a torinese e, si crede, che sia stato aiutato economicamente nell’iniziare<br />

“la grande avventura” proprio dallo stesso Agnelli.<br />

Affittano una parte delle officine Itala in via Ormea, angolo via Donizetti, e dopo<br />

nemmeno un anno n<strong>as</strong>ce la loro prima creatura.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 49<br />

La prima vettura-prototipo della Lancia fu una 4 cilindri biblocco, valvole laterali, di<br />

2543 cc con 14 CV a 1450 giri-minuto (regìme elevato per l’epoca).<br />

Un ameno aneddoto racconta che dopo aver costruito accuratamente (come sempre!)<br />

la vettura, ci si accorse che ... la porta dell’officina era più stretta della macchina<br />

... quindi la soluzione del “c<strong>as</strong>o tecnico” fu affidata al piccone di un robusto<br />

muratore piemontese!<br />

Ultimati i collaudi fu<br />

deliberata la prima vettura<br />

della Lancia che fu<br />

la “Alfa”, una 4 cilindri<br />

biblocco, valvole<br />

laterali, di 2543 cc con<br />

28 CV grazie alla costruzione<br />

molto accurata<br />

ed all’elevato regime<br />

di giri: 1800.Velocità<br />

m<strong>as</strong>sima ben 90<br />

Km/h !<br />

La prima vettura fu<br />

carrozzata da uno dei<br />

migliori carrozzieri to-<br />

rinesi, Locati e Torretta,<br />

ed era un doppio<br />

phaeton.<br />

LANCIA "Alfa" - Prima vettura della c<strong>as</strong>a<br />

In effetti la vettura era denominata “progetto 51” per l’interno delle officine e 18/24<br />

HP per il pubblico, ma la p<strong>as</strong>sione di Vincenzo Lancia (o del di lui fratello letterato<br />

Giovanni?) erano le lettere dell’ alfabeto greco e proseguì su questa strada fino alla<br />

Dilambda.<br />

Incontreremo spesso nei nomi delle vetture Lancia il suffisco “Di” che sta a significare<br />

una versione evoluta o sportiva.<br />

Nel 1908 n<strong>as</strong>ce la Dialfa che pur raggiungendo i 110 Km/h non incontrò il favore<br />

del pubblico tanto da esserne sospesa la produzione dopo soli 20 pezzi (meno di un<br />

anno). Fu la sola vettura a 6 cilindri prima del 1950 quando nacque l’Aurelia.<br />

Si tornò ai 4 cilindri con la Beta di 3120 cc, primo motore monoblocco Lancia, che<br />

fu invece molto apprezzata.<br />

Per un costruttore che volesse porsi nella f<strong>as</strong>cia delle vetture di prestigio era inevitabile<br />

incrementare la cilindrata.<br />

Per tale ragione troviamo nel 1910 la Gamma (3460 cc), nel 1911 la Delta di 4080<br />

cc, e la sua versione sportiva Didelta nonchè la Epsilon.<br />

La corsa alla cilindrata si conclude nel 1913 con la Eta di ben 5030 cc che sviluppa-


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 50<br />

va circa 50 CV e raggiungeva i 130 Km/h.<br />

Da notare che 1145 vetture costruite in sì breve arco di tempo dimostrano il crescente<br />

successo della Lancia.<br />

Fu necessario ingrandire lo stabilimento di via Ormea da 888 mq a 3300, ed addiritura<br />

nel 1911 la fabbrica si tr<strong>as</strong>ferì in via Monginevro su un’ area di 10.000 mq.<br />

Nel 1911 n<strong>as</strong>ce anche il primo stemma Lancia (bandiera con <strong>as</strong>ta e lancia su un<br />

volante) disegnato dall’eclettico conte Biscaretti di Ruffìa.<br />

Per inciso diremo che nel 1912 n<strong>as</strong>ce un fortunatissimo veicolo leggero industriale<br />

( lo 1Z) che venne largamente impiegato anche in Libia.<br />

Noi non tratteremo i veicoli industriali, ma poichè da questo camioncino nacque il<br />

fiore all’occhiello della C<strong>as</strong>a Lancia non possiamo esimerci dal farlo.<br />

Dalle sue ottime prestazioni n<strong>as</strong>ce nel 1913 la vettura Theta che per prima adottò<br />

l’impianto completamente elettrico e fu uno dei maggiori successi della C<strong>as</strong>a (ben<br />

1700 esemplari venduti).<br />

Dopo la fine della Grande Guerra, Vincenzo Lancia inizia la riconversione della<br />

fabbrica ai dettami delle esigenze civili.<br />

Ma inizia un periodo di<br />

anticonvenzionalismo<br />

che si esprime con il<br />

motore a 12 cilindri a V<br />

stretto (13°6') che aveva<br />

addirittura un solo albero<br />

a camme in testa ed<br />

una sola testata che serviva<br />

tutti i 12 cilindri.<br />

Avrebbe voluto costruire<br />

la “Superlancia”, ma<br />

non se ne fece nulla e ri-<br />

piegò sulla Kappa (una edizione molto poco riveduta della Theta).<br />

Solo nel 1921 con la Dikappa entra in produzione il primo motore a valvole in testa,<br />

i CV sono 87 e raggiunge i 130 Km/h.<br />

Il primo motore veramente nuovo del dopoguerra vede la luce nel 1922 quando<br />

ormai la Lambda era una realtà avendo già effettuate prove più che soddisfacenti.<br />

La sua prima uscita la fece il 1° settembre 1921 sulla strada del Moncenisio.<br />

Il nuovo motore a V strettissimo (14°), 8 cilindri, qu<strong>as</strong>i 100 CV, equipaggiò la<br />

Trikappa.<br />

La Lambda<br />

LANCIA mod. Theta<br />

Ai Saloni dell’Automobile di Parigi e di Londra, nell’autunno del 1922, fà il suo


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 51<br />

debutto la Lancia Lambda.<br />

Possiamo dire senza tema di smentita che fu una vettura eccezionale ed inusuale che<br />

“resse con onore il mercato” per ben nove anni avendolo inv<strong>as</strong>o con ben 12530<br />

esemplari.<br />

Perchè inusuale? presto detto:<br />

- Carrozzeria autoportante, sistema che Vincenzo Lancia aveva (si dice) copiato<br />

osservando i gusci delle barche, e che fece sparire telaio.<br />

- Coda sporgente a sbalzo dalle ruote posteriori che conteneva un discreto spazio<br />

chiuso per i bagagli.<br />

- Avantreno a ruote indipendenti con ammortizzatori telescopici scelti fra ben 14<br />

progetti effettuati dal tecnico Falchetto (si pensa sia stato fatto riferimento al<br />

sistema di rinculi dei<br />

cannoni).<br />

- Motore a V stretto (14°)<br />

di soli 4 cilindri con una<br />

cilindrata oscillate tra i<br />

2120 della prima serie ai<br />

2570 della nona serie.<br />

Erano motori velocissimi<br />

che giravano fino a 3250<br />

giri/min.- Se si considera<br />

che a quei tempi i motori<br />

nati espressamente per<br />

vetture sportive raggiungevano<br />

i 3000 giri, si può avere idea dell’eccezionalità.<br />

LANCIA Lambda 1/a serie<br />

Lancia intuì che l’interesse del pubblico si sarebbe rivolto verso le fuori serie ed<br />

allestì una serie di “pianali” da consegnare ai carrozzieri (da allora fece così per<br />

tutti i modelli ).-<br />

Tuttavia si pensò che la Lambda fosse troppo piccola per i mercati americani e si<br />

fece uscire nel 1928 la Dilambda destinata prevalentemente a quei mercati.<br />

Fu anche creata la Lancia Motors of America Co. che avrebbe dovuto montare la<br />

Dilambda a Ponghkeepsia (New York).<br />

Malgrado il successo ottenuto dalle 12 Dilambda al Salone di New York del 1927,<br />

il progetto naufragò, forse anche a causa della crisi che colpì il mondo in quegli anni.<br />

Anche in Italia il progetto Dilambda ebbe scarso successo per cui la vettura si tr<strong>as</strong>formò<br />

in Astura, vettura che dovette reggere il titolo di ammiraglia fino al secondo<br />

conflitto mondiale.<br />

Un episodio alquanto interessante nel 1931 fu l’Artena, un 4 cilindri a V stretto<br />

(17°) di circa 2000 cc che avendo un telaio “abbondante” essendo lo stesso<br />

dell’Astura. Incontrò molto per le sue doti di robustezza e di economicità.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 52<br />

Come abbiamo potuto notare la predilizione era per il V stretto.<br />

Altre cose interessanti sono stati la sospensione el<strong>as</strong>tica dei motori, la lubrificazione<br />

centralizzata dei telai, il filtro olio autopulente collegato alla messa in moto del motore.<br />

L’ Augusta<br />

Come ricorderete nel 1932 la Fiat inizia la “grande conquista” dei mercati con la<br />

sua 508 Balilla pertanto Lancia capisce che il mercato delle “superauto” si <strong>as</strong>sottiglia<br />

e gli spazi sono progressivamente sempre più occupati dalle medio-piccole anche,<br />

e non ultimo, perchè il fisco attingeva a piene mani.<br />

In Francia nei pressi di Parigi, e precisamente a Bonneuil-sur-Marne, ove la Lancia<br />

aveva un suo stabilimento di montaggio, viene presentata in un alone di mistero la<br />

Belna. Si tratta di una berlina con carrozzeria autoportante, quattro porte apertura<br />

“ad armadio”, 1196 cc, 4 cil. V stretto (18°15’2"), avantreno Lancia, 102 Km/h.<br />

Gli italiani debbono attendere il 1933 per conoscerla con il nome di Augusta.<br />

Viene costruita in tre serie e viene prodotta fino al 1935.<br />

Tuttavia Lancia capisce che una vettura che abbia una cilindrata leggermente maggiore,<br />

doti di robustezza ed affidabilità e brillantezza nonchè ricercatezza nelle rifiniture<br />

possa e debba rappresentare<br />

per lungo<br />

tempo la vettura amata<br />

dagli italiani.<br />

N<strong>as</strong>ce così il progetto<br />

Aprilia presentato a<br />

Parigi nel 1936 con il<br />

nome di “Ardenne” .<br />

Purtroppo Vincenzo<br />

Lancia non vide mai<br />

entrare in produzione la<br />

sua grande intuizione,<br />

l’Aprilia, perchè muore<br />

stroncato da un in-<br />

farto a soli 56 anni nel<br />

febbraio del 1937.<br />

Non gli sarà nemmeno consentito, per pochi mesi, di vedere realizzato il suo sogno<br />

di far entrare in produzione lo stabilimento di Trento.<br />

L’ Aprilia<br />

Lancia Augusta 3/a serie


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 53<br />

L’Aprilia era una berlina compatta (lunghezza 3,95 mt) a 4/5 posti, 4 porte senza<br />

montante centrale con un motore a 4 cilindri V (17°40') di 1351 cc che a 4300 giri<br />

erogava 47,8 CV.<br />

Particolarmente di alta cl<strong>as</strong>se era il suo retrotreno a ruote indipendenti e balestra<br />

tr<strong>as</strong>versale, barre di torsione e tamburi freno al centro per ridurre il peso delle m<strong>as</strong>se<br />

non sospese.<br />

Contemporaneamente alla vettura di serie fu lanciato il “pianale” per i carrozzieri<br />

che misurava 10 cm in più di p<strong>as</strong>so.-<br />

Due anni dopo (1939) n<strong>as</strong>ce la seconda serie con motore di 1486 cc, 48 CV, detta<br />

anche “quadro bianco” per il nuovo disegno del quadro strumenti. Un particolare<br />

curioso è rappresentato del misuratore livello carburante che erano una serie di<br />

lucine che si accendevano al raggiungimento di quel livello.<br />

Nello stesso anno, già scoppiata la seconda guerra mondiale in Europa, la Lancia<br />

mette in produzione la sorella minore dell’ Aprilia e la chiama Ardea mantenendone<br />

l’impostazione eccezion fatta per il retrotreno che adotta un <strong>as</strong>sale rigido.<br />

Ha un motore di 903 cc (il primo della Lancia sotto i 1000 cc) ed a 4600 giri eroga<br />

29 CV.<br />

A mettere a punto questa<br />

vettura è un personaggio<br />

della squadra sportiva<br />

Alfa Romeo che diverrà<br />

poi celebre nel<br />

mondo per aver curato le<br />

sorti sportive della Lancia<br />

fino agli anni ’50 : Vittorio<br />

Jano.<br />

LANCIA Aprilia 1/a serie<br />

L’Aprilia gareggiò facendosi<br />

onore nelle gare fino<br />

a 1500 cc sia con modelli di serie che con pezzi speciali alleggeriti o addirittura<br />

speciali come il Coupè aereodinamico del ’37.-<br />

Durante il conflitto la Lancia si dedicò alla produzione bellica con le versioni militari<br />

dell’Aprilia e dell’ Artena, ma anche con il famoso autoblinda leggero “La Lince” a<br />

quattro ruote sterzanti.<br />

Dopo gli eventi bellici (1948) la produzione riprende con i modelli di anteguerra<br />

anche se l’Aprilia adotta l’impianto elettrico a 12 volts e l’Ardea adotta il cambio a<br />

5 marce+RM ed il lunotto posteriore perde la divisione centrale che ha caratterizzato<br />

sia l’Aprilia che l’Ardea 4 marce.<br />

Le grosse novità datano1950.<br />

Erano gli anni in cui la Fiat ha fatto il suo exploit con la 1400, l’Alfa Romeo con<br />

la 1900 e la Lancia si presenta sulla scena automobilistica con una vettura veramen-


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 54<br />

te prestigiosa: l' Aurelia.<br />

L' Aurelia<br />

L’Aurelia n<strong>as</strong>ce agli inzi degli anni ’50 e n<strong>as</strong>ce stilisticamente “contro-corrente”.<br />

Erano infatti gli anni della 1400 dalla linea decisamente americaneggiante e dell’ Alfa<br />

Romeo 1900 con linea moderna anche se alquanto addolcita negli spigoli (come la<br />

Jaguar).<br />

La prima Aurelia è una berlina 5/6 posti, motore a V alquanto largo (45°) ma la<br />

novità sta nel fatto che riprende il discorso 6 cilindri, abbandonato dopo la infelice<br />

esperienza della Dialfa.<br />

La cilindrata è 1750 (una via di mezzo fra i 1390 della 1400 Fiat che occupa un<br />

posto fra coloro che vogliono “americaneggiare” a prezzo contenuto e l’Alfa<br />

Romeo 1900, che pur se più veloce è molto meno rifinita e curata).<br />

La vettura sin dai primi esperimenti condotti nel 1947 su una scocca Aprilia (ma che<br />

il p<strong>as</strong>sante sentiva subito avesse qualcosa di “strano” per il rumore diverso e<br />

per le brillanti prestazioni sconosciute ad una Aprilia) diede soddisfacenti risultati.<br />

Era l’epoca di Vittorio Jano dirigente del reparto esperienze, di Vaccarino direttore<br />

tecnico e di un giovane ingegnere, Francesco De Virgilio (nativo di Reggio Calabria),<br />

che pilotava l’equipe “studi speciali e brevetti”.<br />

Intanto a Vincenzo Lancia era succeduto il figlio Giovanni, che con visione più moderna<br />

della gestione, si oppose a potenziare l’Aprila e volle una vettura tutta nuova<br />

al p<strong>as</strong>so con i tempi.<br />

Quando il corpo vettura cominciò a prendere consistenza ci si accorse che il motore<br />

tipo B 10 di 1569 cc che era stato nel frattempo progettato per la nuova macchina<br />

“stava largo” nel vano motore della nuova vettura e si optò per un 60° di 1754 cc.<br />

Nel frattempo si pensò di chiamare la nuova vettura Aurelia (dalla consolare romana)<br />

B10 dal numero interno del progetto del motore.<br />

Ne risulta una vettura di linea moderna, che non “stride” con il p<strong>as</strong>sato ma le<br />

conferisce indubbia “personalità”.<br />

Spariscono le pedane ed i parafanghi “sorgono” dal corpo carrozzeria senza essere<br />

appariscenti.<br />

Unico legame al p<strong>as</strong>sato la calandra che, pur ingentilita, conserva le linee verticali<br />

tradizionali.<br />

Al motore è collegato un cambio a 4 marce con leva comando al volante.<br />

L’ubicazione del cambio è la cosa forse più interessante. Infatti per bilanciare i pesi<br />

esso è posto posteriormente e fa corpo unico con il differenziale.<br />

La frizione che nei primi esemplari era all’uscita del motore viene spostata poi dietro<br />

all’imboccatura del cambio.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 55<br />

Anche i tamburi dei freni fanno parte di questo gruppo cambio-frizione-differenziale-freni.<br />

Particolarmente interessante la sospensione posteriore che adotta bracci oscillanti<br />

con molloni ed ammortizzatori<br />

idraulici Sabif.-<br />

Il risultato è ottimale e<br />

lusinghiero visto che<br />

malgrado l’appesantimento<br />

di un quintale rispetto<br />

all’Aprilia, non ha<br />

creato inconvenienti ma<br />

il ridotto consumo di soli<br />

11 litri x 100 Km, le<br />

briose prestazioni, la tenuta<br />

di strada ottima, i<br />

LANCIA Aurelia B 10 berlina<br />

135 Km/h, l’abitabilità buona, le rifiniture “Lancia” non potevano che fare accettare<br />

ad occhi chiusi la nuova vettura dal “popolo dei lancisti”.<br />

Tuttavia il motore era chiaramente sottosfruttato come dimostra tutto ciò che se ne<br />

è ricavato in seguito sia per le berline che per le sportive.<br />

Abbiamo detto che Gianni era succeduto a Vincenzo Lancia dopo la prematura<br />

morte di questi.<br />

Vincenzo non si sarebbe preoccupato molto delle differenze velocistiche tra la “sua”<br />

Aurelia e l’Alfa 1900, ma Gianni invece si!<br />

Perciò avendo constatato che alle Aurelia in gara (in mani private) mancavano sempre<br />

una manciata di CV per competere con le Alfa 1900, lancia la B21 che ha<br />

carrozzeria qu<strong>as</strong>i uguale alla B10, ma una cilindrata di 1991 cc e 69,5 CV per cui<br />

raggiunge i 145 Kmh.<br />

Il risultato lo si vede immediatamente al Giro di Sicilia ove ai primi quattro posti si<br />

piazzano quattro B21 ... quinta un’ Alfa Romeo!<br />

Poco dopo su progetto stilistico di Pininfarina spunta sulla scena la B20, splendido<br />

coupè 2+2 che monta il motore da 1991 cc. ma con 80 CV a disposizione.<br />

La vettura è un perfetto connubio fra eleganza, confort, manegevolezza e grinta<br />

tanto che viene deciso di iscriverne una immediatamente alla 1000 Miglia.<br />

La vettura, pilotata da Giovanni Bracco, si piazza al secondo posto <strong>as</strong>soluto dietro<br />

alla ... Ferrari pilotata da Gigi Villoresi.<br />

Nel 1952 il motore B20 da 80 CV viene montato sulla berlina che prende il nome di<br />

B 22 e diviene la berlina sportiva con doti che possono essere vantate da ben poche<br />

altre vetture.<br />

Nel 1953 la B 20 subisce un notevole incremento di potenza portando i CV a 115,5<br />

e la velocità a 185 Kmh.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 56<br />

Anche la carrozzeria<br />

subisce delle modifiche<br />

che la rendono più bella<br />

e maggiormente elegante.<br />

Un’altra preziosa interpretazione<br />

fu la B 24<br />

spyder e cabriolet.<br />

Di questa vettura si favoleggiò<br />

all’epoca e<br />

LANCIA Aurelia B 20 2500 coupè<br />

continua ad essere il<br />

sogno dei collezionisti specialmente di oltre Oceano.<br />

Bella, elegante, filante, potente, veloce non poteva che essere la regina del jet set<br />

internazionale.<br />

Le serie di Aurelia berlina si susseguono con alternarze di caratteristiche fino a giungere<br />

all’ultima serie la B 10<br />

che chiude il ciclo Aurelia per aprine un’ altro:<br />

la Flaminia nata da una serie di Aurelia<br />

che era venuta fuori per rappresentaza (B<br />

15) e che aveva un p<strong>as</strong>so addirittura di ben<br />

34 cm più lungo del normale.<br />

Un difetto ha sempre afflitto le Aurelia ... la<br />

frenatura che era precaria non tanto per la<br />

potenza, ma per l’equilibratura e la riparti-<br />

Aurelia B 12<br />

l' ultima serie prodotta<br />

zione della frenata.<br />

L’ Appia<br />

Ma torniamo un attimo indietro per vedere dove abbiamo l<strong>as</strong>ciata l’ Ardea.<br />

La ritroviamo relegata in<br />

un angolino riservato<br />

alle vetture “del p<strong>as</strong>sato”<br />

nel quale non riesce<br />

più a muoversi agevolevolmente<br />

sul mercato.<br />

Era urgente farla uscire<br />

da quel paddock.<br />

Dopo innumerevoli<br />

motori provati, la Lan-<br />

LANCIA Aurelia B 24 cabriolet "America"<br />

(Collezione privata)


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 57<br />

cia decide di dotare la nuova vetturetta con un motore di 38 CV che deve dar forza<br />

vitale ad un corpo macchina che somiglia in tutto alla sorella maggiore Aurelia.<br />

Ma somiglia solo nelle sembianze dal momento che i freni tornano sui mozzi, il retrotreno<br />

ritrova il ponte rigido, il cambio si accoccola dietro al motore.<br />

Tuttavia la vettura è sempre ben curata non tradendo, anche nell’economicità, la<br />

fama della Lancia.<br />

Ne vengono prodotte tre serie: la Prima serie, come dicevamo è la copia ridotta<br />

dell’Aurelia, la Seconda serie perde la coda spiovente per allungarsi in un cofano<br />

posteriore per i bagagli che, anche se comodo, rende la linea alquanto una ibridazione<br />

... qu<strong>as</strong>i come la deformazione di ... un’ape regina. La terza serie adegua il<br />

cofano motore a quello posteriore e cambia anche il frontale che diviene ovale e ben<br />

riuscito ispirandosi alla Convertibile 2/a serie disegnata da Vignale e commercializzata<br />

dalla stessa Lancia.<br />

Come in tutte le cose “de gustibus ...” quindi alcuni dicono essere più bella la linea<br />

della seconda serie, altri quella della terza serie. Noi propendiamo per la terza (non<br />

si era capito?) .-<br />

Delle Appia sono state anche realizzate versioni sportive (coupè Zagato) e versioni<br />

coupè (Farina e Vignale) nonchè una cabriolet molto bella (Vignale). Queste ultime<br />

adottavano un motore di 60 CV.<br />

Una prima versione di spyder la Vignale l’ha realizzata, come detto, su autotelaio<br />

della seconda serie ed era una due posti. Da ciò ne risultava una vettura un pochino<br />

sbilanciata della parte posteriore che era troppo lunga e diremmo sproporzionata<br />

rispetto al resto della vettura, comunque<br />

sempre bella.<br />

Per questa vettura Vignale realizzò una<br />

particolare calandra ovale che risultò<br />

bella per cui non solo è stata mantenuta<br />

nella seconda versione, ma fu adottata<br />

dalla C<strong>as</strong>a Madre per la stessa vettura<br />

Appia 1/a serie<br />

della terza serie e finì per divenire la calandra<br />

anche della Flaminia.<br />

Nella successiva serie di Vignale, montata<br />

con gruppi meccanici della terza<br />

serie, lo spider divenne cabriolet per cui<br />

i posti p<strong>as</strong>sarono a 2+2 e la macchina<br />

risultò molto bella ed equilibrata nella<br />

Appia 3/a serie<br />

forma e nelle dimensioni avendo perduto<br />

quella lunghissima coda che la sbilanciava esteticamente.<br />

A richiesta si poteva acquistare un hard top ma era necessario portare la vettura


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 58<br />

presso gli stabilimenti della Vignale.<br />

Questo dimostrava come le carrozerie fossero realizzate veramente non in serie ma<br />

“battute” a mano.<br />

LANCIA Appia 3/a serie cabriolet di Vignale con al volante<br />

Melyta Rodi-Morabito<br />

(Collezione Rodi-Morabito)


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 59<br />

La Flaminia<br />

Viene presentata per la prima volte al Salone dell’ Auto di Torino del 1956.<br />

Si tratta di una sfarzosa berlina la cui realizzazione è stata curata dal prof. Fessia, e<br />

che deve raccogliere l’eredità della Aurelia.<br />

I “lancisti” storcono<br />

un poco il n<strong>as</strong>o e dicono<br />

che in effetti altro non<br />

è che la B12 vestita a<br />

nuovo.<br />

Ma non è proprio così!<br />

I 485 cm di lunghezza ed<br />

i 175 di larghezza, na-<br />

LANCIA Flaminia Berlina<br />

(Collezione privata)<br />

scondono soluzioni<br />

innovative molto apprezzabili.<br />

Cambiata la sospensio-<br />

ne anteriore che abbandona lo “schema Lancia”. Sono scomparsi i cannocchiali<br />

sostituiti da un avantreno a bracci tr<strong>as</strong>versali triangolari sovrapposti con l’inferiore<br />

di lunghezza decisamente maggiore. Molloni ed ammortizzatori telescopici completano<br />

il tutto.<br />

A guadagnarne è il confort di guida e di marcia.<br />

Altra innovazione è un piccolo telaio anteriore imbullonato alla scocca che sopporta<br />

il motore e l’ avantreno.<br />

Nel posteriore niente di nuovo: ponte De Dion, in gruppo unico frizione,cambio,<br />

differenziale, freni e balestre semiellittiche.<br />

La nuova linea è particolarmente curata dal suo ideatore Pininfarina che, pur avendola<br />

fatta derivare da una sua carrozzeria per l’Aurelia, la “Florida”, ne ha saputo<br />

bilanciare i componenti tanto da non farla apparire così enorme per come in effetti è<br />

(cm 485 x 175 e 1430 Kg ... che non sono pochi).<br />

Alla berlina divenuta subito l’auto dei “commendatur” e dei Ministeri si affiancano<br />

anche versioni sportive come il coupè Zagato e due miniserie Superleggera di Touring<br />

: la GT coupè e la Spyder.<br />

Molto venduto anche un coupè di Farina che, pur mantendo i sei posti tadizionali,<br />

aveva solo due porte che la arricchivano di una linea più agile.<br />

La Flaminia fu per lungo tempo una macchina in dotazione allo Stato per i m<strong>as</strong>simi<br />

vertici in tutte le Amministrazioni.<br />

Altra soluzione innovativa fu il comando per i deflettori posteriori ad aria comandabili<br />

dal posto guida.<br />

La vettura era talmente bene bilanciata che godeva di una leggerezza del volante


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 60<br />

simile a quella fornita da una vettura con servosterzo.<br />

Un paragone può essere fatto guidando la Fiat 2300 berlina che, pur essendo coeva<br />

e mirando alla stessa f<strong>as</strong>cia di utenza, dava immediamente la certezza di non essere<br />

fornita di servosterzo.<br />

Molto interessante ed apprezzata sia per il turismo veloce che per le competizioni la<br />

versione elaborata da Zagato. Ne furono realizzati un numero relativamente piccolo<br />

di esemplari da renderla oggi molto ambita dai collezionisti.<br />

Due esemplari sono stati allungati di p<strong>as</strong>so e costruite in versione “torpedo” con<br />

particolarissime finiture. Erano state commissionate dal Quirinale per essere utilizzate<br />

dai Presidenti della Repubblica Italiana.<br />

Queste due (o forse tre?) vetture sono ancora oggi in dotazione ed in uso al Quirinale<br />

ed ancora oggi, nelle grandi parate, fanno magnifica mostra di se, essendo<br />

dotate di una linea agile e filante che ne fà spiccare immediatamente l’eleganza rendendole<br />

“attuali” e non obsolete.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 61<br />

Lancia vetrina<br />

LANCIA Flamina coupè Touring Superleggera<br />

Per sostituire l' Appia n<strong>as</strong>ce la<br />

Fulvia sempre con motore di<br />

1090 cc. Di questa vettura<br />

viene prodotto anche un<br />

simpatico ed elegante coupè<br />

che ha una motorizzazione di<br />

1300 cc.<br />

Flaminia coupè Zagato<br />

LANCIA Flaminia coupè Farina<br />

Fulvia berlina


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 62<br />

Lancia vetrina<br />

Fulvia coupè<br />

La Fulvia coupè ebbe parecchie serie e fu apprezzata dai giovani e dai meno<br />

giovani come la vettura leggera, agile ed elegante dalla decisa impostazione<br />

sportiveggiante.<br />

Una interessante derivazione fu la HF che era una vettura decisamente sportiva<br />

che dominò i terreni di gara ed i Rallye nazionali ed internazionali come il Rallye<br />

di Montecarlo per molti anni.<br />

Fulvia HF


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 63<br />

Lancia vetrina<br />

Una rara Fulvia Zagato Cabriolet<br />

(Collezione privata)<br />

La caratteristica sagoma posteriore della Aprilia<br />

con il lunotto diviso in due pezzi.<br />

(Collezione privata)<br />

(La stessa linea e lunotto diviso furono adottati dall' Ardea delle prime serie.<br />

Solamente la IV (l'ultima) adottò il lunotto intero e cambio a 5 marce)


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 64<br />

Lancia vetrina<br />

Lancia Delta carrozzata corsa<br />

(Collezione privata)<br />

Lancia Dilambda Coupè Royal<br />

Carrozzata a Berlino da Voll & Rahrbeck<br />

(Collezione privata)<br />

La vettura apparteneva allo scrittore Eric Maria Remarche che fuggì con essa<br />

da Berlino per sfuggire alle persecuzioni contro gli ebrei


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 65<br />

Lancia vetrina<br />

Astura IV serie<br />

(Collezione privata)<br />

Fu fatta carrozzare dalla Scuderia Ambrosiana per Gigi Villoresi nel 1939<br />

Flaminia coupè Zagato<br />

(Collezione privata)


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 66<br />

Lancia vetrina<br />

Lancia Flavia 1500 1/a serie<br />

Lancia 2000 considerata la naturale evoluzione della Flavia


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 67<br />

Lancia vetrina<br />

Lancia Augusta 3/a serie<br />

(Collezione privata)<br />

Lancia Augusta 3/a serie cabriolet di serie<br />

(Collezione privata)


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 68<br />

Bianchi<br />

Quando comunemente si dice “ ... è nato con il<br />

bernoccolo della meccanica” ci si immagina un individuo<br />

che è molto portato per questa disciplina. Ma<br />

cosa si dovrebbe dire del signor Edoardo Bianchi,<br />

milanese puro sangue?<br />

Per lui tutto ciò che aveva un ingranaggio ed un<br />

funzionamento era sacro ed era un cromosomo che<br />

spaziava liberamente nel suo corpo.<br />

Biciclette, motociclette, automobili, scooter, ciclomotori,<br />

barche, carrozzelle per invalidi, ... finanche campanelli e ferri chirurgici di<br />

alta precisione erano il suo “credo”.<br />

A sette anni viene accolto al “Martinitt” ove apprende i rudimenti della disciplina<br />

ed affina il suo innato amore per la meccanica.<br />

Si debbono a lui le prime biciclette (o meglio “il bicicletto”) nella forma che<br />

oggi noi conosciamo. La sua prima realizzazione fu la tr<strong>as</strong>formazione del velocipede<br />

cui invertì le ruote (la grande dietro e la piccola avanti). Ma i risultati di stabilità non<br />

erano ottimali ... per cui creò per primo un mezzo con due ruote uguali.<br />

Fu il primo ad utilizzare la catena per la tr<strong>as</strong>missione.<br />

Le sue prime realizzazioni avevano ruote in gomma piena che non era il top<br />

della morbidezza ... sui selciati sconnessi dell’epoca per cui per primo montò quella<br />

strana invenzione di mister Dunlop, la gomma pneumatica.<br />

Dalla sua officinetta artigianale vennero fuori una serie di bicicletti robusti e<br />

molto accuratamente costruiti che ogni giorno godevano di aggiornamenti e migliorie.<br />

Intanto la gente cominciava ad interessarsi molto al nuovo mezzo per cui si<br />

dovette presto cambiare officina per soddisfare le richieste.<br />

Edoardo Bianchi, che aveva ricevuto riconoscinmenti sia ad esposizioni internazionali<br />

che nelle corse di biciclette in Italia ed in Europa, fu invitato finanche dalla<br />

C<strong>as</strong>a Reale per fare da istruttore alla Regina Margherita, nel parco reale di Monza.<br />

In quella occ<strong>as</strong>ione studiò un telaio che consentisse alla Regina di cavalcare il<br />

biciclo ed ideò ... la bicicletta da donna.<br />

In seguito venne autorizzato a fregiarsi del titolo di “Fornitore della Real C<strong>as</strong>a”.<br />

Dopo di Lei vollero imparare le Dame di Corte, le nobili di tutta Italia, la<br />

Regina di Napoli, le Duchesse di Genova e d’Aosta e finanche la Principessa del<br />

Portogallo.<br />

Un bel giorno Edoardo decise che pedalare era utile per la salute, ma poteva<br />

anche risultare faticoso, per cui pensò di alleviare l’umanità dallo sforzo della peda-


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 69<br />

lata ed applicò un motore De Dion ad un triciclo e fu così il primo italiano che<br />

viaggiò in bicicletta senza l’ausilio dei ... muscoli.<br />

Tuttavia quel primo collaudo costò al giovane Edoardo una serie di bruciature<br />

alle mani causate da un principio di incendio al triciclo.<br />

Avendo capito che il futuro dell’azienda doveva <strong>as</strong>solutamente p<strong>as</strong>sare attraverso<br />

le nuove tecnologie, nel 1900 diede molto rilievo al triciclo nel proprio catalogo<br />

che montando un motore De Dion-Bouton da 2.25 HP raggiungeva i 35 km/h.<br />

Qui il suo genio meccanico dimostrò di avere anche ... un fratellino chiamato<br />

“genio commerciale” e dotò il suo triciclo di tutta una serie di accessori acquistabili<br />

a parte quale un avantreno per farne un quadriciclo, adottò le prime forme di sospensione<br />

nei telai, utilizzò il rocchetto Rumhkorff, la possibilità di avere un terzo<br />

posto per un’altro p<strong>as</strong>seggero, addirittura un carrozzino attaccato posteriromente<br />

per il p<strong>as</strong>seggero o per bagagli.<br />

Il 1901 vide la n<strong>as</strong>cita della prima motocicletta (o meglio bicicletta a motore)<br />

avendo applicato ad un bicicletto un motore De Dion da 1.3/4 HP che la faceva<br />

viaggiare ad una velocità variabile da 10 a 45 km/h.<br />

La cosa però p<strong>as</strong>sò alquanto inosservata dal momento che il periodo storico<br />

era alquanto travagliato e la crisi politica si faceva sentire.<br />

Nel 1902 apparve il primo veicolo interamente costruito dalla C<strong>as</strong>a (anche il<br />

motore).<br />

Ben sei modelli di vettura con potenze che oscillavano tra i 4.5 ed 12 HP e che<br />

potevano utilizzare motori monocilindrici Aster o De Dion oppure addirittura Bianchi!<br />

Elegantissime le carrozzerie realizzate con fogli di alluminio e legni pregiati che<br />

poggiavano su un robusto telaio in tubo di acciaio. Molto interessante il secondo<br />

telaio che, contenendo le parti meccaniche, le proteggeva da eventuali urti.<br />

Edoardo non tr<strong>as</strong>curò<br />

inoltre l’utenza <strong>as</strong>sicurando,<br />

incluso nel prezzo di acquisto,<br />

anche due giorni di<br />

“scuola guida” e l’<strong>as</strong>sistenza<br />

gratuita a domicilio del<br />

cliente, ovunque fosse, previo<br />

vitto ed alloggio ai meccanici.-<br />

Il 27 marzo 1905 fu<br />

creata con rogito notar Federico<br />

Gu<strong>as</strong>ti la “Fabbrica<br />

di automobili e velocipedi<br />

Bianchi 12 HP<br />

Edoardo Bianchi & C.” con


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 70<br />

capitale sociale di 800.000 lire.-<br />

La nuova fisionomia aziendale portò alla n<strong>as</strong>cita in via Paolo Frisi 44 della<br />

prima vera <strong>automobile</strong>.<br />

Quanto sopra è riportato dall’ amico Antonio Gentile nel suo pregevole volume<br />

“Edoardo Bianchi” edito da Giorgio Nada Editore nel ’92, dal quale ci permettiamo<br />

di dissentire in parte.<br />

Infatti noi crediamo che le vetture che la Bianchi costruì negli anni 1901/4<br />

furono delle vere autovetture al pari di quelle delle altre C<strong>as</strong>e.<br />

Non ravvisiamo infatti la differenza fra queste e la 3,1/2 HP della FIAT (che<br />

pur è universalmente riconosciuta come autovettura) malgrado quella fosse veramente<br />

una carrozza cui avevano staccato i cavalli!<br />

Grande soddisfazione la C<strong>as</strong>a ebbe anche dai motori marini che furono utilizzati<br />

dal Ministero della Marina, dall’ Esercito, dalla Croce Rossa e persino dal<br />

Ministero della Marina Russa.<br />

Addirittura anche il Re<br />

fece montare sul motoscafo<br />

personale due motori<br />

Bianchi da 60 CV.-<br />

Avvalendosi di uomini<br />

come Giuseppe Merosi,<br />

Tomm<strong>as</strong>elli, Brambilla,<br />

Mayr, Franchini ed Alfieri<br />

M<strong>as</strong>erati la Bianchi trionfò<br />

in gare di altissimo prestigio<br />

e risonanza sia in Italia che all’estero.<br />

Bianchi Tipo 16 Sport<br />

Merosi aveva <strong>as</strong>secondato la volontà di Edoardo Bianchi progettando vetture<br />

sempre più lussuose e potenti. Giunsero a progettare addirittura un 11 litri di cilindrata.<br />

Ma l’utenza chiedeva una vettura seria ed affidabile, ma che non si discost<strong>as</strong>se<br />

eccesivamente dai modelli FIAT e, meglio ancora, dai prezzi della Fiat.-<br />

La sorte della Bianchi fu sempre di dover subire l’effetto trainante della Fiat,<br />

ma lo fece qu<strong>as</strong>i sempre con successo.<br />

Nel 1910/15 aveva in produzione tre tipi di vettura che dovevano fronteggiare<br />

l’invadenza Fiat.<br />

Comunque quella che ha avuto maggior fisionomia in questa “guerra” commericiale<br />

è stata la “A2”, il più piccolo dei tre modelli in poduzione, che con i suoi<br />

2120 cc tenne abb<strong>as</strong>tanza testa alla Fiat “0”.<br />

L’orientamento della Bianchi fu quindi di standardizzare la produzione tentando<br />

addirittura di offrire un solo modello (il progetto non fu mai possibile realizzarlo in


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 71<br />

pieno stante il gusto “spumeggiante”<br />

degli italiani!).<br />

Fu progettata quindi<br />

la serie “S” che doveva<br />

offrire un solo modello, in<br />

una sola tinta (grigioverde)<br />

ed anche il radiatore non<br />

doveva essere nichelato,<br />

ma verniciato in nero come<br />

per la tipo 15.<br />

La c<strong>as</strong>a si attrezzò<br />

con un reparto carrozzeria<br />

interno che offriva prodotti<br />

uguali secondo uno schema<br />

preciso.<br />

Avendo fatta questa<br />

1913 - Bianchi A 2 Torpedo<br />

(Collezione privata)<br />

scelta dovette abbandonare vetture già progettate ed in produzione che erano veramente<br />

importanti ma costose e tart<strong>as</strong>sate dal fisco.<br />

Negli anni del dopoguerra troviamo la tipo 15, 16 mentre le 18, ma sopratutto<br />

le 20, avevano fortuna solo all’estero.<br />

Quando nel 1925 la Fiat presenta la 509 la Bianchi fu pronta a presentarsi allo<br />

scontro con la S/4 che era una vettura di 1300 cc e ripeteva lo schema dell’architettura<br />

del motore della tipo 18.<br />

La S/4 manteneva il cambio staccato dal motore e solidale con il tubo di spinta<br />

con il quale oscillava.<br />

Questa vettura ebbe lunga vita (fino al 1927) quando dovendosi aggiornare si<br />

tr<strong>as</strong>formò in S/5 1300.<br />

L’ S/5 1300 in effetti era molto simile alla sua genitrice e fu una serie di transizione<br />

prima di p<strong>as</strong>sare alla S/5 1500 cc con carrozzerie interamente metalliche essendosi<br />

dotata la Bianchi di nuove superpresse.<br />

Da notare che negli anni ’20 anche la Bianchi fu vittima di quell’errore di marketing<br />

comune a tutte le c<strong>as</strong>e europee e costruì la S/8. Una grossa 8 cilindri che non<br />

trovò <strong>as</strong>solutamente spazii in Italia a causa del sistema di t<strong>as</strong>sazione che adottava la<br />

formula cilindrata/numero-dei-cilindri. All’estero era stato difficilissimo l’ingresso<br />

della vettura a causa della caduta della Borsa di New York e comunque non avrebbe<br />

trovato ugualmente molti spazi essendo il mercato int<strong>as</strong>ato di vetture di tale genere.<br />

Ma tornando alle S/5 notiamo un fenomeno strano.<br />

Le Bianchi, vetture sempre affidabili, robuste, ma non sportive con la S/5 e poi<br />

con la S/9 hanno una ventata di sportività! Perciò quelle vetture sono state dotate di


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 72<br />

linea aereodinamiche e ruote a raggi tangenti che erano caratteristica peculiare delle<br />

sportive.<br />

Da dire che le S/5 erano di linea aggraziata ed anche nei modelli a tre luci (6<br />

posti) e non davano <strong>as</strong>solutamente<br />

l’idea di un ... “armadio”.<br />

Molto eleganti i modelli<br />

Faux Cabriolet e Coupè.<br />

L’ultima vettura prodotta<br />

dalla Bianchi fu la S/9.<br />

Ormai le c<strong>as</strong>e automobilistiche<br />

italiane avevano <strong>as</strong>-<br />

Bianchi S 8 Faux Cabriolet<br />

sunto una propria fisionomia<br />

per cui avevano una precisa<br />

f<strong>as</strong>cia di utenza.<br />

La Bianchi si era ubicata a fianco della Lancia per l’accuratezza e l’affidabilità<br />

dei prodotti, ma in zona alquanto marginale.<br />

Inoltre venne a trovarsi compressa da due grossi successi commerciali: la Augusta<br />

prima e l’Aprilia dopo.<br />

Anche se era una vettura “onesta”, carina dalla linea rotondeggiante, curata nei<br />

particolari (i raggi tangenti delle ruote erano addirittura cromati) essa soffrì terribilmente<br />

dalla rivalità dei due modelli Lancia.<br />

Nel 1939 si era preparato il rilancio della S/9, ormai invecchiata, con una<br />

nuova versione ma ancora una volta una guerra alle porte ne bloccò la realizzazione.<br />

La Bianchi, dichiarata “Stabilimento Ausiliario” fu subissata da commesse governative<br />

e messa sotto torchio per produrre biciclette, motociclette e camions per<br />

l’Esercito.<br />

Da dire che gli autocarri Mediolanum e Cives sono stati la spina dorsale della<br />

motorizzazione militare.<br />

Tuttavia il settore auto<br />

non fu in grado di risorgere.<br />

Per anni furono notati prototipi<br />

girare in prova sulle strade<br />

intorno agli stabilimenti,<br />

ma puntualmente non ebbero<br />

seguito. Si stava progettando<br />

una vettura simile alla<br />

Fiat 1400 che “duell<strong>as</strong>se”<br />

nell’atavica guerra Fiat-Bianchi,<br />

ma alla fine non se ne<br />

Bianchi S 5 1500 mod. Genova<br />

(Collezione privata)


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 73<br />

fece niente.<br />

Intanto il mercato delle biciclette e delle moto andava immiserendosi dal momento<br />

che la Bianchi peccava<br />

di immobilismo e non<br />

reggeva l’avanzata delle<br />

nuove virulente fabbriche<br />

(MV, Mondial, Morini, Benelli,<br />

Guzzi, Augusta, Piaggio,<br />

Innocenti e con gli scooters)<br />

per cui la Bianchi ten-<br />

Bianchi S 5 1500 Coupè Soave<br />

(Collezione privata)<br />

tò una avventura commerciale<br />

con le barche (il Katamar),<br />

ma non ebbe fortuna<br />

anche se poi il mercato esplose in favore di alcuni costruttori americani.<br />

Nel 1954 l’ing. Quintavalle riuscì ad interessare la Fiat e la Pirelli alle attività<br />

della Bianchi ed l’ 11 gennaio 1955 si formò una nuova società con 3.000.000 di<br />

capitale: l’ Autobianchi.<br />

La Bianchi vi partecipò<br />

al 33% apportando a<br />

b<strong>as</strong>so valore gli stabilimenti<br />

di Desio, mentre quello di<br />

viale Abruzzi fu demolito.<br />

Un successivo patto<br />

impose alla Bianchi di cessare<br />

l’attività di costruttore<br />

automobilistico.<br />

Una serie di eventi,<br />

forse primo fra tutti la disaffezione<br />

dei dirigenti, portarono<br />

all’ acquisizione del<br />

pacchetto di maggioranza<br />

da parte dell’ IMI ed alla<br />

fine degli anni ’70 alla cessazione<br />

ufficiale della Edoardo<br />

Bianchi.<br />

Bianchi S 9<br />

(Collezione privata)<br />

La tempesta che travolse una C<strong>as</strong>a così antica portò alla dispersione di un<br />

ingente ed importante patrimonio storico stante la poliedricità della Bianchi.<br />

In primo momento ciò che era stato recuperato giaceva ammucchiato a Milano<br />

in un edificio di via Mecenate, dopo se ne persero addirittura le tracce.<br />

L’augurio che fanno gli studiosi e che facciamo tutti gli app<strong>as</strong>sionati è che non


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 74<br />

sia andato distrutto, ma qualcuno se ne sia impossessato e, comprendedone l'alto<br />

valore, un giorno, in qualche forma, possa rimetterlo a disposizione dell’umanità<br />

dando modo di onorare a pieno “il genio meccanico ed imprenditoriale” del ragazzino<br />

del Martinitt: Edoardo Bianchi!<br />

Bianchi A 2 del 1913 al momento del ritrovamento<br />

(Collezione privata)<br />

Di questa vettura , "conservata", esiste un prezioso documento con il quale la Edoardo Bianchi<br />

dichiarava a fini fiscali al compratore che la vettura era uscita dai propri stabilimenti in data 24<br />

settembre 1913.<br />

Ecco nella pagina a fianco il documento


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 75<br />

Bianchi vetrina delle curiosità


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 76<br />

Bianchi vetrina<br />

Bianchi 20/30 HP Landaulet del 1910<br />

(Collezione privata)<br />

Bianchi S 5 1300 cc Torpedo del 1927<br />

(Collezione privata)<br />

Queste vetture avevano il cambio separato dal motore


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 77<br />

Bianchi vetrina<br />

Bianchi S 5 1500 cc Tipo Viareggio del 1932<br />

(Collezione privata)<br />

Notevole il restiling tra la S5 1300cc e la S5 1500cc<br />

Bianchi S 9 Berlina tre luci<br />

(Collezione privata)<br />

La S 9 fu l'ultima vettura prodotta dalla Bianchi


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 78<br />

Bianchi vetrina<br />

Bianchi S 9 cabriolet mod. Cortina<br />

Pur essendo le vetture della Bianchi tutte vetture "calme" (meno l'esperimento<br />

degli anni 12/13) e destinate ad una clientela tranquilla che cercava affidabilità, sicurezza<br />

e robustezza, stranamente le S 9 montarono ruote a raggi tangenti con attacco<br />

a gallettone, tipiche delle vetture sportive.<br />

Da notare come il cofano sia p<strong>as</strong>sato da cofano dritto delle prime serie a curvo<br />

nelle ultime.<br />

Bianchi S 9 Coupè


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 79<br />

Alfa Romeo<br />

La Darracq, progenitrice <strong>dell'</strong>Alfa Romeo<br />

All’inizio del secolo<br />

erano in molti<br />

(particolarmente i<br />

francesi) a guardare<br />

con interesse al mercato<br />

automobilistico<br />

italiano.<br />

Per tale ragione<br />

la francese Darracq<br />

aveva scelta la via di<br />

<strong>as</strong>semblare i modelli<br />

già in produzione in<br />

Francia direttamente<br />

alla perferia nordovest<br />

di Milano al fine<br />

di eludere la t<strong>as</strong>se doganali<br />

particolarmente<br />

esose sul prodotto finito.<br />

Una mira della C<strong>as</strong>a francese era accedere ad alcune consistenti commesse<br />

da parte di imprese di autotr<strong>as</strong>porti che n<strong>as</strong>cevano<br />

numerose sopratutto nel meridione<br />

d‘Italia.<br />

Il progetto non ebbe fortuna dal momento<br />

che l’utenza italiana accolse alquanto freddamente<br />

le vetture d’oltre Alpi.<br />

Aleggiava perciò una certa imminente decisione<br />

da parte della Darracq di chiuder battenti<br />

in Italia.<br />

Fu allora che un gruppo di finanzieri milanesi<br />

considera possibile rilevarne gli impianti.<br />

Forse la decisone fu presa anche in considerazione<br />

del fatto che il cavaliere Ugo Stel-<br />

la, Amministratore Delegato della Darracq Italiana,<br />

aveva dato incarico al piacentino Giusep-<br />

L'ing. Nicola Romeo<br />

pe Merosi di progettare due modelli completamente nuovi sperando di risollevare le<br />

sorti della C<strong>as</strong>a (o già d’accordo con il nuovo gruppo dirigente?).<br />

Le due prime vetture A.L.F.A. presero (almeno progettualmente) vita ancor


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 80<br />

prima che la nuova società n<strong>as</strong>cesse.<br />

Pertanto il 1° gennaio 1910 il nuovo gruppo dirigente delle officine del Portello<br />

(dal luogo ove sorgevano) deliberò la costruzione della 24 HP.<br />

Tuttavia bisogna attendere il giugno successivo per vedere n<strong>as</strong>cere ufficialmente<br />

la società A.L.F.A.(Anonima Lombarda Fabbrica Automobili).<br />

Lo stemma che l’ALFA si diede era il famoso “biscione” che divideva il tondo<br />

con con la croce rossa in campo bianco di Giovanni da Rho (epoca dei Comuni).<br />

La prima vettura A.L.F.A. denominata “Alfa” vide la luce solo nel 1911 e si<br />

affermò sia fra i privati e sia in campo sportivo per le sue doti di robustezza, affidabilità<br />

e tenuta di strada.<br />

Il livello produttivo si attestò sui 200 esemplari annui e subisce una vera<br />

impennata con l’inizio della guerra.<br />

L ’<br />

A.L.F.A. infatti<br />

inizia a produrre<br />

materiali<br />

per l’Esercito<br />

Italiano (proiettili,<br />

gruppi<br />

elettrogeni,<br />

motocompressori<br />

trainati e<br />

semoventi,<br />

ambulanze ricavate<br />

dal telaio<br />

20/30<br />

La prima Alfa Romeo - mod. "Alfa"<br />

HP).<br />

La Ban-<br />

ca di Sconto, che detenava la maggioranza del pacchetto azionario dell’A.L.F.A.,<br />

mette a dirigere la nuova Società l’ingegnere napoletano Nicola Romeo (Sant’<br />

Antimo, NA, 1886 /Magreglio, CO, 1938) che era abilissimo sia come dirigente<br />

che come finanziere oltre che studioso in campo tecnico. Si distinse tanto da essere<br />

nominato Cavaliere e Senatore del Regno.<br />

Egli incorporò una serie di aziende lombarde, romane e napoletane e creò la<br />

Società Anonima ing. Nicola Romeo & C.<br />

Il 1923, anno in cui non fu venduta una sola vettura, fu dedicato alla progettazione<br />

e sperimentazione.<br />

N<strong>as</strong>ce così la nuova vettura a sei cilindri della serie RL e n<strong>as</strong>ce il marchio<br />

defintivo dell’Alfa Romeo con la scritta ancor oggi in uso.<br />

E’ qui che cominciano i guai per ... me che debbo raccontarvi delle innumeravoli


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 81<br />

vetture operando una difficilissima scelta fra esse dal momento che qu<strong>as</strong>i ogni modello<br />

rappresenta un successo in tutto il mondo rendendo il nome “Alfa Romeo”<br />

sinonimo di sportivo, brillante, elegante!<br />

Ci tenterò, ma mi rendo conto che non potrò fare che solo una misera svolazzata<br />

sul panorama delle vetture di questa celeberrima C<strong>as</strong>a.<br />

La RL e la RM<br />

La prima una 6 cilindri di lusso e di pregevolissime prestazioni, la seconda un<br />

modelloridotto a 4 cilindri.<br />

Una particolare attenzione era stata posta nella RLSS (Super Sport) che adottava<br />

addirittura il sistema di lubrificazione “a carter secco”.<br />

La vettura si impose ovunque si present<strong>as</strong>se a gareggiare e conquistò i cuori di<br />

tutti gli sportivi.<br />

Sbarcò in India e vi si attestò molto decorosamente, pur essendo un mercato<br />

quello tradizionalmente legato, anche culturalmente, alla v<strong>as</strong>ta produzione inglese.<br />

Il motore di qu<strong>as</strong>i 3000 cc era brillante e veloce anche se semplicemente <strong>as</strong>pirato<br />

senza nulla togliere all’affidabilità.<br />

Molte le riuscitissime carrozzerie speciali montate su telaio RLSS.<br />

Splendido l’esemplare di RLSS carrozzato da C<strong>as</strong>tagna raffigurato nelle pagine<br />

successive. Fu rinvenuta in queste pregevoli condizioni di originalità e conservazione<br />

da un collezionista trentino nei sotterranei di un c<strong>as</strong>tello su quei monti. Sui<br />

sedili, ricoperti da uno strato consistente di polvere, erano ancora poggiati la cuffia<br />

ed i guanti del gentlman-driver!<br />

A riprova dell’interesse suscitato in India vi mostriamo un esemplare di torpedo<br />

speciale, conservato presso il Museo dell’Alfa Romeo di Arese, costruito su ordinazione,<br />

interamente in alluminio spazzolato per un Marajà indiano. La pregevole<br />

vettura fu riportata in Italia e restituita a nuova vita dall’app<strong>as</strong>sionata, paziente e<br />

competente opera del cavalier Fusi, curatore all’epoca del Museo Alfa Romeo ed a<br />

cui si deve l’ idea e la realizzazione del museo stesso della C<strong>as</strong>a ad Arese (MI).<br />

Ben presto, stante il diversificarsi dell’ attività in sportiva e commeciale, nell’Alfa<br />

Romeo si creò una divisione dei settori ed una certa dualità (e rivalità!) tra Giuseppe<br />

Merosi che dirigeva la sezione delle vetture di serie, e la sezione sportiva che fu<br />

affidata a Vittorio Jano, torinese, figlio del Direttore dell’Arsenale di Torino.<br />

Cominciò così ad esserci una certa virata nelle strategie commerciali della c<strong>as</strong>a<br />

e furono tali e tante le divergenze che portarono Giuseppe Merosi a scrivere all’ing.<br />

Nicola Romeo le sue dimissioni, mal sopportando la nuova linea commerciale!<br />

Insistendo sulle grandi cilindrate l’Alfa Romeo avrebbe potuto senza dubbio<br />

soccombere o, quantomeno, soffrire oltre misura la crisi dei terribili anni ’30.<br />

Per tale ragione fu deciso di diversificare la produzione mettendo in essere le


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 82<br />

“medie cilindrate” (che per l’epoca erano decisamente piccole cilindrate) e ciò<br />

facendo l’Alfa Romeo “inventò” la vettura che il Mondo intero attendeva.<br />

N<strong>as</strong>ce così la “serie 6c”, che tenne banco per oltre quaranta anni. Era un<br />

monoalbero in testa di1500 cc.<br />

Tuttavia non furono risultati eccezionali che la portò con il compressore agli 86<br />

HP (ben lontana dai 90 HP dal gioiello di Merosi, la RLSS <strong>as</strong>pirata del 1923).-<br />

Comunque, dicevamo, fu la motorizzazione che si impose (e con successo)<br />

per lunghissimo tempo.<br />

Enorme fu il trauma di un progettista che si era imposto all’attenzione del mondo<br />

con una vettura di grandissimo prestigio il dover ripiegare su una macchina,<br />

validissima, ma che era chiaramente di cl<strong>as</strong>se molto inferiore e molto più fragile della<br />

ottima RL.<br />

In un momento in cui le vetture italiane erano molto brillanti (b<strong>as</strong>ta pensare che<br />

anche la tranquilla FIAT 501 con la modifica Silvani raggiungeva alquanto comodamente<br />

i 125 Km/h) la nuova 6c non era certo una realizzazione sensazionale!<br />

Gli sportivi<br />

italiani erano<br />

orientati<br />

verso vetture<br />

come la<br />

Ansaldo valvole<br />

in testa o,<br />

meglio, verso<br />

la sensazionale<br />

Chiribiri tipo<br />

Monza S che,<br />

L'Alfa Romeo RLSS<br />

(Collezione privata)<br />

con un motore<br />

leggero<br />

bialbero, riusciva<br />

a rag-<br />

giungere i 150 Km girando a più di 5000 giri/m .<br />

La nuova vettura dotata di un buon motore monoalbero poteva considerarsi<br />

una vettura a 6 posti per le famiglie e non una sportiva. Fu lanciata come NRN (NR<br />

normale).<br />

Non ebbe enorme successo, ma si vendeva discretamente.<br />

Tuttavia si pensò di “nobilitare” la macchina mettendola un pochino più a suo<br />

agio con la fama dell’Alfa Romeo che era considerata da tutti vettura dal piglio<br />

spotivo.<br />

Nel 1929 (anno in cui prese ufficialmente la sigla 6c) furono consegnati 170<br />

veicoli con motore a doppio albero a camme in testa facendo cominciare ad <strong>as</strong>su-


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 83<br />

mere alla macchina una nuova fisionomia ed a rivelare le possibiltà del suo motore<br />

che poteva dare ben altro.<br />

Intanto da un anno, per volere dell’ ACI di Brescia, era nata una gara altisonante:<br />

la Mille Miglia, celebre in tutto il mondo sin dalla sua prima edizione.<br />

Le vittorie sportive della O.M. e le medie straordinarie delle piccole Fiat 509<br />

sport furono il colpo di grazia per le prestigiose RLSS.<br />

Ciò servì anche a dimostrare che sulle tormentate strade italiane dell’epoca, il<br />

futuro non poteva che essere delle vetture<br />

leggere.<br />

Pertanto l’Alfa Romeo “sente” che<br />

bisogna vincere <strong>as</strong>solutamente la Mille<br />

Miglia per valutare il proprio prodotto.<br />

Nel 1928 allestisce venticinque vetture<br />

Super Sport di cui dieci munite di compressore<br />

Roots. Una di queste munita di<br />

compressore, condotta da Campari, vince<br />

e conferma validità di una soluzione<br />

fin’ora riservata alle piste dei Gran Premi.<br />

La 1750<br />

N<strong>as</strong>ce con la 1750 6c S la vettura<br />

principe degli anni ’30 capace di tenere<br />

testa alle Bugatti ed alla maggior parte<br />

delle prestigiose vetture dal nome altisonante.<br />

Si trattava indubbiamente di una<br />

Alfa Romeo RLSS<br />

torpedo costruita per un Marajà<br />

(Museo AR di Arese - Milano)<br />

macchina ben equilibrata in ogni sua parte. A ciò si aggiunga che era una vettura<br />

veramente ben frenata, anche se ancora con freni meccanici, ma che avevano elimiato<br />

tutti i punti neri del sistema.<br />

Forse per tale ragione l’Alfa Romeo adottò tardi il sistema idraulico.<br />

Nel 1929 alle 1500 6c vengono affiancate le 1750 6c con intento chiaramente<br />

sostitutivo anche se non dichiarato.<br />

La 1750 6c diviene ben presto una vettura estremamente interessante per chi,<br />

non badando eccessivamente ai costi di acquisto e di gestione, volesse una vettura<br />

della f<strong>as</strong>cia medio-alta.<br />

Il motore affidabile e brillante, non troppo beone, la corrozzeria spaziosa e<br />

variegata (torpedo, berlina corta, berlina lunga, spider), l’accuratezza nelle rifiniture,<br />

le innovazioni tecniche che la caratterizzavano fecero di questa vettura una macchi-


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 84<br />

na molto ricercata.<br />

Interessantissima ed ambitissima (ancor oggi fra i collezionisti) fu la versione<br />

sportiva 1750 spider Sport sia per le sue prestazioni che per la sua eleganza indiscussa.<br />

La 1750 6c S era divenuta il biglietto da visita cui non poteva rinunciare nessuna<br />

persona sportivo-elegante dell’epoca!<br />

La VI serie della 1750 6c aumenta la cilindrata a 1900 cc. Ma i 1900 cc<br />

vivono pochino e presto divengono 2300.<br />

Noi saremmo propensi a non cl<strong>as</strong>sificare la 2300cc come la ultima serie di<br />

una precedente vettura e non la prima serie di una successiva.<br />

Oltre la cilindrata aumentata ha però una diversa impostazione della distibuzione<br />

che avviene con una lunga catena e molte altre e migliorie.<br />

Si tenga conto poi che sin dal 1933 l’Alfa Romeo comincia a carrozzare in<br />

proprio le vetture e tende sempre più ad adeguarsi al mercato che chiede berline<br />

chiuse ed interamente metalliche.<br />

Stranamente troviamo ancora che le vetture Alfa Romeo sono equipaggiate da<br />

freni meccanici a tiranti (che vanno comunque bene) mentre l’intera produzione<br />

italiana, anche delle utilitarie,<br />

ha ormai optato<br />

per l’idraulico<br />

Loockheed.<br />

Negli anni 1935/<br />

37 viene prodotta la<br />

2300 B che anteriormente<br />

abbandona le<br />

balestre esterne ai<br />

longheroni per sosti-<br />

Alfa Romeo 1750 /6c Sport<br />

tuirle con ruote indipendenti<br />

come nelle<br />

vetture sportive.<br />

Posteriormente le balestre vengono sostituite da una barra di torsione frenata<br />

da ammortizzatori telescopici Alfa Romeo che attutivano le oscillazioni del ponte<br />

tipo Porche.<br />

L’impegno bellico fece si che la 2300, sia prima che seconda serie, fosse<br />

prodotta in numero esiguo di esemplari.<br />

Nel 1936 ancora un aumento di cilindrata che p<strong>as</strong>sa alla cl<strong>as</strong>sica misura dei<br />

2500 cc.<br />

Le nuove vetture hanno quattro ruote indipendenti, barre di torsione, molle<br />

elicoidali all’avantreno e vari sistemi sofisticati e costosi di smorsamento delle vibrazioni.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 85<br />

Ma ormai l’Alfa Romeo poteva permettersi di non tenere più in eccessiva<br />

considerazione l’elemento costo essendosi attestata mondialmente come la vettura<br />

elegante, raffinata tecnicamente, ben curata adatta al turismo veloce (contrariamente<br />

all’orientamento generale che tendeva alle leggere) capace di viaggiare a 150/<br />

165 Km/h ed a divenire uno status symbol per i possessori.<br />

Dopo la st<strong>as</strong>i della seconda Guerra Mondiale vede la luce il modello Freccia<br />

d’Oro.<br />

Ormai la produzione viaggiava sul celebre modello 1750 6c e per chi volesse<br />

una vettura più sofisticata e potente non poteva prescindere dalla 2500 freccia d’oro.<br />

Tuttavia per una Italia che calcava il palcoscenico nelle tristi condizioni di una<br />

guerra perduta, la 2500 era troppo costosa sia da acquistare che da mantenere.<br />

Facendo un p<strong>as</strong>so indietro diremo che già dal 1933 il pacchetto azionario era<br />

p<strong>as</strong>sato nelle mani dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale (I.R.I.) quindi in mani<br />

non di persone che si facevano, anche se con giudizio, tr<strong>as</strong>portare dal cuore, ma<br />

persone che avevano una Bibbia che era dipendente dal conto profitti e perdite.<br />

Perciò si ricominciò a pensare ad una vettura nuova a quattro cilindri che competesse<br />

con le concorrenti Fiat 1400 (e non era grande sforzo!) e con la Lancia<br />

Aurelia che continuava a mantere il favore di una enorme m<strong>as</strong>sa di “lancisti” disposti<br />

a comprare tutto “a scatola chiusa” purchè port<strong>as</strong>se lo stemma Lancia!<br />

Il compito che si attribuiva alla nuova macchina non era facile ed il cammino si<br />

presentava irto di <strong>as</strong>perità.<br />

Da considerare che la Fiat 1400 costava relativamente poco, che l’ Aurelia era<br />

un sei cilindri con tutti i confort e l’accuratezza costruttiva della Lancia, quindi la<br />

nuova Alfa Romeo (che sarebbe costata senz’altro qualcosina in più) doveva dare<br />

molto di più per sfondare il mercato.<br />

Questa vettura fu la ...<br />

Alfa Romeo 1900<br />

La nuova nata seppe salvare le sorti dell’Alfa Romeo per inconfondibili prestazioni<br />

più che per le finiture che erano alquanto discutibili.<br />

Fu costruito un nuovo stabilimento.<br />

Dopo la interessante consulenza di Wilfredo Ricart tutti i servizi di progettazione<br />

vengono riuniti sotto la guida dell’ing. Orazio Satta Puliga, proveniente da area<br />

Fiat, ottimo specialista di motori ad altissime prestazioni.<br />

Riprendendo gli schemi della Grand Prix 158 (la famosa Alfetta) salvata fra<br />

mille espedienti dalle requisizioni dello Stato italiano e dai tedeschi, seppe tarne un<br />

motore che era un vero gioiello.<br />

La AR 1900 fu una berlina a quattro porte, cinque posti, con una linea cl<strong>as</strong>sico-moderna,<br />

di una brillantezza eccezionale e con un <strong>as</strong>setto che la rendeva letteral-


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 86<br />

mente inchiodata alla strada.<br />

Si impose immediatamente sui terreni sportivi e su quelli della “famiglia di prestigio”.<br />

Fu subito adottata dallo Stato Italiano e divenne la velocissima vettura della<br />

Polizia, della Celere, delle Volanti PS, della Guardia di Finanza.<br />

Le famose “Pantere” della Polizia divennero “il simbolo” dell’efficenza della<br />

Giustizia italiana che, dopo le tristi vicende della guerra, avevano bisogno di entrare<br />

nell’immaginario collettivo con una veste nuova e moderna.<br />

Al solo apparire di una Pantera il cittadino provava un brivido e si sentiva<br />

protetto dalle forze di Polizia.<br />

Le 1900 Super erano un coacervo di forza e sicurezza, di potenza e docilità,<br />

un vero destriero di razza!<br />

Andavano meravigliosamente<br />

sia nei velocissimi<br />

inseguimenti<br />

della Pianura Padana<br />

che nelle tormentate e<br />

strettissime strade<br />

dell’Aspromonte.<br />

Anche per questa<br />

vettura molte le carroz-<br />

Alfa Romeo 1900 mod. "Primavera"<br />

zerie fuori serie fra cui<br />

un ben riuscito coupè<br />

2+2 commercializzato<br />

dalla C<strong>as</strong>a.<br />

La 1900 si evolse nella 2000 e poi nella 2600 tornando così al sei cilindri.<br />

Tuttavia, come si è visto, sia la Fiat che la Lancia avevano occupato lo spazio<br />

delle vetture piccole. La prima con la 1100/103 e la seconda con l’Appia, per<br />

questo motivo anche l’Alfa Romeo non poteva l<strong>as</strong>ciar correre e mise sulla strada<br />

un’altro piccolo grande gioiello capace di divenire immediatamente la macchina “più<br />

amata dagli italiani”<br />

(e non solo!).<br />

AR 1900 "Pantere" Polizia di Stato<br />

La Giulietta<br />

Nel 1954 viene<br />

annunciata la n<strong>as</strong>cita<br />

della nuova vettura che<br />

porta il nome civettuolo<br />

di “Giulietta”.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 87<br />

Sarà una berlina<br />

quattro porte,<br />

cinque posti con<br />

cambio al volante<br />

di soli 1290 cc di<br />

cilindrata.<br />

Un motorino<br />

agile e brillante con<br />

doppio albero in<br />

testa e dalle grandi<br />

prestazioni.<br />

Contemporaneamente viene annunciata anche una versione, Coupè vestita da<br />

Bertone, con una carrozzeria filante ed aggraziata che la terranno in cima alla piramide<br />

per ben dieci anni senza che desse mai segni di stanchezza.<br />

Intanto i mesi p<strong>as</strong>sano impietosi, ma la Giuletta berlina non viene consegnata<br />

agli <strong>as</strong>piranti acquirenti.<br />

Iniziano invece le consegne della Giulietta Sprint e bisognerà attendere ancora<br />

parecchio tempo prima che la berlina sia resa disponibile.<br />

Per la cronaca e con una discreta dose di civetteria, vi dirò che la Giulietta<br />

Sprint della foto è stata la prima consegnata nell’Italia meridionale dalla Filiale Alfa<br />

Romeo di corso Mediterraneo a Napoli, da cui dipendeva all’epoca tutto il territorio<br />

dell’Italia Meridionale ed insulare.<br />

Era il 5 gennaio 1956.<br />

Vi domanderete perchè ho parlato di civetteria? semplicemente perchè quella<br />

vettura era intestata a tal Franz Rodi-Morabito ( NdR il sottoscritto) residente a<br />

Rosarno (Reggio Calabria) che all’epoca aveva qu<strong>as</strong>i 22 anni e costituiva un gradito<br />

regalo del Padre!<br />

Portava la targa RC 14291.-<br />

In questi giorni un amatore di Cuneo ha scritto di esserne in possesso: vi confesso<br />

... un nodo alla gola mi ha attanagliato!<br />

Tornando al discorso serio vi dirò che la Giuletta ha rappresentato tutto quello<br />

che ci si <strong>as</strong>petta dall’Alfa Romeo:<br />

velocità, tenuta di strada, affidabilità,<br />

eleganza, economicità.<br />

Per tali ragioni le Forze di Polizia,<br />

che avevano necessità di avere<br />

una vettura che li mettesse in condizione<br />

di essere presenti capillarmente<br />

Alfa Romeo "Giulietta" berlina 1/a serie<br />

(Collezione privata)<br />

AR 1900 "Pantere" Polizia di Stato<br />

Due particolari: tetto apribile e maglie acciaio avanti ai<br />

pneumatici per proteggerli dai colpi di armi da fuoco<br />

e rapidamente sul territorio la adottarono<br />

in numero consistente.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 88<br />

La Giulietta <strong>as</strong>sunse anche nel grosso pubblico il ruolo di "sogno" realizzabile<br />

del ceto medio e medio alto.<br />

Alfa Romeo Giulietta Sprint 1300 (prima serie)<br />

Final-<br />

menteavreb- bero potuto<br />

acquistare una<br />

vettura con il<br />

prestigioso<br />

marchio Alfa<br />

Romeo (un<br />

tempo riserva-<br />

to ai ceti alti)<br />

ad un prezzo<br />

possibile per le<br />

proprie ta-<br />

sche.<br />

Fu così<br />

che la Giulietta ebbe una tale diffusione che si può ben dire abbia gareggiato digni-<br />

tosamente con le Fiat e con le Lancia che comunque avevano i propri "aficionados",<br />

non sfigurando nel confronto di presenza sulle strade italiane.<br />

Per tale ragione non fu poi difficile, uscita di produzione e scalando il livello di<br />

utilizzatori, incontrarla condotta dal contadino che, caricate le mercanzie e legati i<br />

polli sul tetto, andava al mercato paesano per vedenderli.<br />

Dobbiamo dire che la vettura lo faceva sempre con grinta e cl<strong>as</strong>se ed il con-<br />

tadino con ... orgoglioso sussiego!


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 89<br />

Alfa Romeo “La mia Giulietta”!<br />

Correva l’anno 1956 ed era precisamente il giorno 5 di gennaio.<br />

Qualche giorno prima ero stato convocato a Napoli, in corso Mediterraneo,<br />

presso la Direzione Generale per il Centro-Sud ed Isole dell’Alf a Romeo, per<br />

prendere possesso della mia Giulietta Sprint , la prima che veniva consegnata in<br />

tutto il Meridione d’Italia!<br />

Capirete tutti la mia enorme emozione anche perchè non era evento comunissimo<br />

che un giovane di 22 anni ricevesse un simile regalo dal suo Papà!<br />

Dopo le formalità di rito fui condotto nel salone sottostante e qui mi fu presentata<br />

una lucente vettura rossa !<br />

Era la “mia Giulietta” e fui inv<strong>as</strong>o da una profonda emozione probabilmente<br />

simile, ma credo anche maggiore, di quella che Romeo ebbe a provare in quel di<br />

Verona quando potè abbracciare la sua Giulietta!<br />

Le fu imposta la targa RC 14291.<br />

Per la cronaca è la vettura illustrata nella pagina precedente.<br />

Poi ... p<strong>as</strong>sò il tempo e come tutti gli umani ... tradii la mia Giulietta per una<br />

Appia 3/a serie Convertibile di Vignale.<br />

Fu appunto nel 1961 che trovandomi a Torino mi innamorai di quella bellissima<br />

Cabriolet carrozzata dal mago Vignale, sempre rossa, per cui vendetti la mia<br />

amata Giulietta ad un gommista della Città piemontese ed affrontai la spesa di ben 1<br />

milione ed 800 mila lire per portare a c<strong>as</strong>a la mia cabrio (vedi foto pag. 58).<br />

Ho avuto molti momenti felici con il mio nuovo amore, ma in cuor mio albergava<br />

il rimorso per aver tradito “la mia Giulietta”.<br />

E se fosse stata demolita? era come se avessi mandato a morte una persona di<br />

famiglia.<br />

Un giorno in<strong>as</strong>pettatamente, un paio di anni addietro, mi giunge una lettera da<br />

Cuneo di un signore che mi dice di essere il proprietario di una giulietta sprint il cui<br />

primo intestatario ero proprio io!<br />

Ho pianto di gioia, la mia giulietta era ancora viva ed in piena salute anche se,<br />

come tutte le fanciulle che vanno a sposa ... aveva cambiato nome ed ora si chiama<br />

... Cuneo e non più Reggio Calabria!


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 90<br />

Alfa Romeo vetrina<br />

Alfa Romeo 2500 anteguerra<br />

All' inizio della guerra la vettura sopra rappresentata era il modello 2500 in<br />

produzione. Alla fine della guerra la produzione della 2500 riprese, ma con questa<br />

nuova carrozzeria.<br />

Veramente sorprendente il cambiamesto che improntò lo stile adottato per<br />

lunghissimo tempo tutte le vetture Alfa Romeo.<br />

Notare la m<strong>as</strong>cherina stretta e le modanature del muso che tendono tutte ad<br />

essa.<br />

Alfa Romeo 2500 postbellico detto "Gobbone"


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 91<br />

Alfa Romeo vetrina<br />

Alfa Romeo 2500 SS carrozzata da Touring Superleggera<br />

(Collezione privata)<br />

Alfa Romeo 2500 SS carrozzata da Touring Superleggera<br />

(Collezione privata)<br />

Prezioso connubio fra linea aggressiva ed eleganza


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 92<br />

Alfa Romeo vetrina<br />

L' elegante cruscotto <strong>dell'</strong> Alfa<br />

Romeo 2500 SS.<br />

Da notare il cambio al volante che<br />

precorre i tempi di parecchi anni<br />

nella produzione italiana


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 93<br />

Alfa Romeo vetrina<br />

Alfa Romeo 2900<br />

8c - Cruscotto<br />

(Collezione<br />

privata)<br />

Alfa Romeo 2900 8 C - Carrozzata Touring Superleggera<br />

(Collezione privata)<br />

Alfa Romeo 2900 8c -<br />

frontale<br />

(Collezione privata)<br />

Questa splendida e rara vettura è stata<br />

restaurata da un carrozziere di Padova,<br />

impiegando un anno di lavoro, per conto di<br />

un cliente giapponese


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 94<br />

Alfa Romeo vetrina<br />

Alfa Romeo RLSS Torpedo<br />

Vettura ritrovata in Inghilterra.<br />

E' stata carrozzata da un carrozziere inglese.<br />

Attualmente fa parte di una collezione privata in Toscana


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 95<br />

Alfa Romeo vetrina<br />

Alfa Romeo RLSS il cruscotto<br />

Alfa Romeo RLSS, il motore


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 96<br />

Alfa Romeo vetrina<br />

Alfa Romeo GTC carrozzata Double Phaeton da C<strong>as</strong>tagna<br />

(Collezione privata)<br />

Alfa Romeo C 52 1900 cc detta "Disco Volante"<br />

(Collezione privata)<br />

Di volante doveva avere ben poco, a parte il nome, visto che non ha mai<br />

vinto nulla in gare importanti


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 97<br />

Alfa Romeo vetrina<br />

Alfa Romeo 2600 Spyder<br />

(Collezione privata)<br />

La vettura n<strong>as</strong>ce 2000 per poi tr<strong>as</strong>formarsi in 2600 seguendo le orme della Berlina<br />

La bella calandra <strong>dell'</strong> Alfa Romeo 2600 cabriolet


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 98<br />

Isotta Fr<strong>as</strong>chini<br />

La vita dell’uomo è tutta improntata sui “se”; se non avessi detto ... se non<br />

fossi andato ... se avessi pensato ... ed anche la mitica Isotta Fr<strong>as</strong>chini è figlia di<br />

una serie di “se”.<br />

Se Giuseppe Ricordi non fosse stato il secondogenito di Tino Ricordi, se la<br />

C<strong>as</strong>a Musicale Ricordi non avesse avuto la tradizione di affidare al primogenito la<br />

conduzione dell’azienda, se Giuseppe non avesse intrapreso l’attività di importatore<br />

di automobili (Rochet-Petit, Panhard & Lev<strong>as</strong>sor, De Dietrich, Benz) se Oreste<br />

Fr<strong>as</strong>chini in quel pomeriggio uggioso ed immerso nella nebbia non fosse andato ad<br />

incontrare Giuseppe Ricordi per acquistare la sua Benz ... adesso non parleremmo<br />

di Isotta Fr<strong>as</strong>chini!<br />

Oreste Fr<strong>as</strong>chini, trentenne milanese (era nato il 15 luglio 1867, con una gran<br />

p<strong>as</strong>sione per la meccanica, appartenente a famiglia agiata ma non ricca, quel pomeriggio<br />

si volle concedere il primo regalo da adulto e comprò la sua Benz.<br />

Divenne presto amico di Paolo Meda, forse, affratellati dalla marca della vettura<br />

che avevano comprato presso Ricordi che oltre a fare l’importatore aveva<br />

istituito un Club adiacente al garage ove gli app<strong>as</strong>sionati si riunivano per discutere di<br />

autovetture.<br />

Morto il padre toccò ad Oreste Fr<strong>as</strong>chini, malgrado ancora in giovane età,<br />

prendere in mano le sorti dell’azienda di famiglia (pelatura del riso) e, sopratutto,<br />

dare il buono esempio ai suoi due fratelli ed alle sorelline. Abbandonata questa<br />

attività <strong>as</strong>sieme al fratello Antonio ed all’amico Rusconi diedero vita ad una fabbrica<br />

di laminazione di metalli non ferrosi, la Rusconi & Fr<strong>as</strong>chini, che consentì loro, fondata<br />

la Isotta Fr<strong>as</strong>chini, di sostenersi nei momenti ricorrenti di scarsa redditività.<br />

Vincenzo Fr<strong>as</strong>chini era il minore dei m<strong>as</strong>chi. App<strong>as</strong>sionatissimo di motori iniziò<br />

una carriera sportiva che fu molto apprezzata.<br />

All’epoca incontrarsi per due gentlman al volante significava far scattare immediatamente<br />

una sfida che terminava inevitabilmente con uno scambio di gentilezze.<br />

Fu così che conobbe l’ avvocato Isotta, anch’egli grande sportman.<br />

Cesare Isotta, meno dotato fisicamente di Vincenzo Fr<strong>as</strong>chini, smise di correre<br />

per primo. Era nato ad Omegna e si era laureato in giurisprudenza giusto per<br />

avere una laurea, ma il suo carattere lo portava istintivamente verso le attività amministrative.<br />

Ormai amici divengono poi cognati. Nel 1902 Antonio Fr<strong>as</strong>chini e Cesare<br />

Isotta sposano rispettivamente due sorelle, Carla e Maria Bianchi Anderloni e nel<br />

1907 Vincenzo sposa Dolinda, la più vivace delle sorelle Bianchi Anderloni. Fu fra<br />

le prime donne a prendere la patente di guida in Italia.<br />

Da cotanto app<strong>as</strong>sionati non poteva che n<strong>as</strong>cere, il 27 gennaio 1900, come<br />

società in accomandita semplice, la Società Milanese Automobili Isotta, Fr<strong>as</strong>chini


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 99<br />

& C..-<br />

I soci erano Cesare Isotta, i tre fratelli Fr<strong>as</strong>chini, Riccardo Bencetti, Paolo<br />

Meda e Ludovico Prinetti.<br />

La ragione sociale era importare, vendere, riparare automobili, ma in seguito si<br />

iniziò anche ad <strong>as</strong>semblare (per ragioni di dazi doganali più favorevoli).<br />

La società inizio importando Renault. Si importavano dalla Francia anche<br />

mono e bicilindrici Aster, che andarono ad equipaggiare i telai costruiti dalla stessa<br />

Isotta che si avvale del tecnico Giuseppe Stefanini.<br />

A questi fu affiancato in seguito il vicentino ventiquattrenne (formatesi alla scuola<br />

del prof. Enrico Bernardi) Giustino Cattaneo che finì per sostituirsi a lui.<br />

Il p<strong>as</strong>so da importatori a costruttori fu breve e già nel 1904 venne costituita la<br />

S.A. Fabbrica Automobili Isotta-Fr<strong>as</strong>chini. La vecchia accomandita si scioglie solo<br />

un mese dopo e la nuova nata si insedia in via Monterosa in un ambiente più v<strong>as</strong>to e<br />

meglio organizzato.<br />

Presidente il senatore Giuseppe Colombo, direttori Cesare Isotta e Vincenzo<br />

Fr<strong>as</strong>chini.<br />

La prima vettura Isotta Fr<strong>as</strong>chini fu, nel 1902, una 24 HP a quattro cilindri e<br />

tr<strong>as</strong>missione a catena che con la valente guida di Vincenzo Fr<strong>as</strong>chini si impose in<br />

molte competizioni conquistando l’attenzione del pubblico.<br />

Tuttavia le officine di via Melzi erano insufficenti e poche delle molte richieste<br />

furono soddisfatte.<br />

Nel 1905 fu progettata la m<strong>as</strong>todontica vettura da 100 HP Grand Prix con<br />

ben 17.195 cc. Partecipò alla Coppa Florio, ma la fortuna non le arrise.<br />

La carenza di capitale si faceva sentire per cui nel 1907 si concluse un accordo<br />

con la Lorraine Dietrich che avrebbe immesso capitale fresco e metteva a disposizione<br />

la organizzazione di vendita in Europa. In più avrebbe dovuto costruire a<br />

Luneville ed a Marsiglia 500 ch<strong>as</strong>sis Isotta Fr<strong>as</strong>chini all’anno.<br />

Inoltre la Isotta Fr<strong>as</strong>chini si impegnava a non adottare la tr<strong>as</strong>missione a cardano<br />

(specialità della Lorraine Dietrich) oltre che a ritirarsi dai Gran Prix per non<br />

ostacolare il tentativo di successo della Lorraine. Questo proprio nel momento in<br />

cui la Isotta Fr<strong>as</strong>chini stava riscuotendo enorme successo.<br />

Tentando di dribblare la socia francese ed applicare le tr<strong>as</strong>missione a cardano,<br />

la Isotta Fr<strong>as</strong>chini fittò per un solo anno le officine Adler a Birmingam.<br />

Costruì qualche modello che avrebbe dovuto affiancarsi a quelli costruiti in<br />

Italia e a quelli francesi (avevano esattamente le stesse caratteristiche fatta eccezione<br />

per le tr<strong>as</strong>missioni).<br />

Un esempio di vettura costruita in Inghilterra è rappresentato dalla serie FJ<br />

che erano la copia esatta delle AN italiane.<br />

Del tipo FJ se ne conosce un solo esemplare sopravvissuto, da restaurare, ed<br />

in mano ad un collezionista italiano,


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 100<br />

Il 3 febbraio 1910 la Isotta Fr<strong>as</strong>chini ottenne il brevetto 108349 per l’applicazione<br />

dei freni alle ruote anteriori.<br />

Intanto la Isotta Fr<strong>as</strong>chini, sull’onda dei successi sportivi ottenuti, divenne la<br />

maggiore esportatrice in America delle sue vetture.<br />

Partecipò anche alla 500 miglia di Indianapoli con tre vetture IM che purtroppo<br />

non riuscirono a<br />

percorrere i 200 giri<br />

previsti. Le prime due<br />

si fermaro per rottura<br />

del serbatoio carburante,<br />

la terza al 138 giro<br />

per rottura della catena<br />

di tr<strong>as</strong>missione.<br />

Iniziò anche la<br />

costruzione di motori<br />

per aerei e per la marina<br />

(suoi i famosi<br />

MAS).<br />

La guerra fece sì<br />

che la intera produzione<br />

fosse rivolta ai prodotti<br />

bellici.<br />

Riprendersi nel<br />

dopo guerra non fu facile,<br />

ma le sorti dell’azienda<br />

furono salvate<br />

da una vettura rivo-<br />

Isotta Fr<strong>as</strong>chini BN 28/35 HP<br />

luzionaria la Tipo 8 che<br />

(Museo <strong>dell'</strong>Auto- Torino)<br />

era dotato del primo 8<br />

cilindri della storia dell’<strong>automobile</strong>.<br />

Di Tipo 8 se ne costruiro tre versioni: la 8 A, la 8B, la 8 C.<br />

La 8 A presentata al salone dell’ Automobile di Parigi del 1924 sbalordì immediatamente<br />

per la raffinitazza delle finiture e per l’eleganza.<br />

La 8 B subì profonde tr<strong>as</strong>formazioni nell’accensione (divenne a spinterogeno)<br />

nella fusione del monoblocco, negli ingranaggi del cambio Wilson con preselettore.<br />

Ormai nel mondo lo status simbol era rappresentato da tre vetture: la Rolls<br />

Royce inglese, la Ispano Suiza spagnola e la italiana Isotta Fr<strong>as</strong>chini.<br />

Tuttavia nell’immaginario collettivo la Isotta Fr<strong>as</strong>chini seppe conquistarsi an-


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 101<br />

che quel pizzico in più che la fece balzare al top della cl<strong>as</strong>sifica.<br />

Industriali, divi del cinema, finanzieri, miliardari, tutti vollero una Isotta Fr<strong>as</strong>chini<br />

nel loro garage e<br />

divenne “il bl<strong>as</strong>one di<br />

famiglia” !<br />

Circolava voce<br />

che un Marajà si fosse<br />

fatta costruire su ordinazione<br />

una Tipo 8 con interni<br />

in legni pregiatissimi,<br />

maniglie e finiture in<br />

oro zecchino 24 carati<br />

ed avorio. Il costo della<br />

vettura sarebbe stato<br />

ben 800.000 mila lire<br />

(da considerare che l’autotelaio costava all’epoca 90.000 lire e la carrozzeria circa<br />

30.000).<br />

Non si sa se fosse<br />

tutta una favola, ma portò<br />

enorme prestigio alla<br />

C<strong>as</strong>a milanese.<br />

La Isotta Fr<strong>as</strong>chini<br />

aprì officine per <strong>as</strong>sistenza<br />

ai clienti a Parigi<br />

nelle vicinanze dell’Arco<br />

di Trionfo con un ga-<br />

rage che poteva ospitare<br />

ben 200 vetture; altri<br />

garages e rappresen-<br />

IF Tipo 8 Bateaux<br />

(Collezione privata)<br />

IF Tipo 8 SS Sport<br />

(Collezione privata)<br />

IF Tipo 8 Landaulet<br />

(Collezione privata)<br />

tanze sorsero a New<br />

York, Londra, Bruxelles,<br />

Madrid, B<strong>as</strong>ilea,<br />

San Paolo, Buenos Aires<br />

e Santiago del Chile.<br />

Tuttavia la crisi<br />

mondiali, aggravata per<br />

l’azienda dalla morte di<br />

Oreste Fr<strong>as</strong>chini, ani-


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 102<br />

matore dell’azienda, misero in crisi la c<strong>as</strong>a italiana che nel 1922 registrò una perdita<br />

di 1.750.000 lire! L’avv. Isotta ed i fratelli Fr<strong>as</strong>chini si ritirarono dall’azienda che<br />

vide ai vertici quale presidente il conte Ludovico Mazzotti e Gianriccardo Cella<br />

consigliere delegato.<br />

Giustino Cattaneo fu nominato ingegnere Honoris Causa.<br />

Ma ormai la C<strong>as</strong>a era in crisi e si tentò di tutto per salvarla anche svalutandone<br />

il capitale sociale.<br />

Essendo l’America il principale paese importatore di Isotta Fr<strong>as</strong>chini, la crisi<br />

del 1928 decretò il tracollo dell’azienda.<br />

Nel disperato tentativo di salvataggio nel 1938 si tentò una nuova gestione con<br />

a capo il conte Giovanni Caproni.<br />

Le Tipo 8 finirono di essere prodotte, le nuove 6 cilindri (3000 cc) non entrarono<br />

mai in produzione,<br />

le catene di montaggio<br />

furono convertite alla<br />

produzione dei veicoli<br />

industriali con motore<br />

diesel (licenza MAN).<br />

Poi la seconda<br />

guerra mondiale ed il<br />

tentativo di repechage<br />

della linea vetture con<br />

una nuova macchina<br />

progettata da L.Fabio<br />

Rapi ed Alessandro Baj.<br />

Fu chiamata Isotta Fr<strong>as</strong>chini “Monterosa” ed aveva un motore di 8 cilindri<br />

allocato posteriormente.<br />

Si costruirono solo cinque esemplari carrozzati da Tuoring Superleggera, Boneschi,<br />

Zagato<br />

Il 25 febbraio<br />

1948 la Isotta Fr<strong>as</strong>chini<br />

fu messa in amministrazione<br />

controllata ed<br />

il 24 settembre 1949 fu<br />

nominato il liquidatore<br />

giudiziale.<br />

Il “sogno” di tutti i<br />

grandi della terra, di tut-<br />

ti i potenti, delle persone<br />

“in” di tutto il mon-<br />

IF 8c coupè carrozzata in Inghilterra<br />

(Collezione privata)<br />

IF "Monterosa" cabriolet


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 103<br />

do si avviava tristemente sul viale del tramonto.<br />

Per strana coincidenza nel film hollivoodiano “Il Viale del Tramonto “, il grande<br />

Enrich von Stroheim guidava con grande sussiego, nelle vesti di uno chaffeur,<br />

proprio una Isotta Fr<strong>as</strong>chini 8A Landaulet.<br />

Fu l’ultimo film in cui comparve una Isotta Fr<strong>as</strong>chini quale segno di distinzione<br />

per una ricchissima famiglia americana che continuava ad usare appunto la Isotta<br />

Fr<strong>as</strong>chini, ormai demodée, ma era questo il segno che li distaccava da una società<br />

moderna che avanzava ma nella quale loro non volevano identificarsi e con la quale<br />

non volevano confordersi!<br />

Si chiude così tristemente la vicenda di questa favolosa C<strong>as</strong>a che diede lustro<br />

e fama all’Italia essendo p<strong>as</strong>sata alla storia come la vettura più lussuosa e prestigiosa<br />

di tutti i tempi nel Mondo.<br />

Eguale triste sorte toccò a suo tempo alla Ispano Suiza.<br />

Della troica la sola sopravvissuta a questo triste epilogo è l’ inglese Rolls<br />

Royce.<br />

In questi ultimissimi anni un gruppo di industriali riprese “il sogno Isotta Fr<strong>as</strong>chini”<br />

e la rifondò progettando una vettura che avrebbe dovuto essere costruita<br />

nell’area industriale di Gioia Tauro (Reggio Calabria) .<br />

La Società rilevò gli stabilmenti costruiti nell'area industriale alle spalle del<br />

porto di Gioia Tauro dall' OTO-BREDA che doveva produrre pezzi staccati per<br />

cannoni ed armamenti, ma che dopo pochissimo tempo chiuse battenti e liquidò<br />

l'attività.<br />

Si sarebbe dovuta costruire una vettura dal notevole prezzo di circa mezzo<br />

miliardo, indicativo della f<strong>as</strong>cia di utenza che avrebbe voluto interessare.<br />

Il progetto non decollò mai e negli stabilimenti iniziò l'attivita interlocutoria, si<br />

diceva, della blindatura dei fuori strada Magnum per le forze <strong>dell'</strong>ordine.<br />

Tuttavia dopo qualche anno anche questa produzione cessò e la fabbrica fu<br />

messa sotto sequestro giudiziario.<br />

Sulla facciata degli stabilimenti oggi troneggia mesto lo stemma “IF” !<br />

... sic transit<br />

storia mundi!<br />

Lo stabilimento IF nell'area industriale<br />

di Rosarno-Gioia Tauro (Calabria)


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 104<br />

Isotta Fr<strong>as</strong>chini vetrina<br />

La prima vettura fu costruita (diciamo forse meglio <strong>as</strong>semblata) nel 1902<br />

con motore Aster ed una due cilindri con moro De Dion Bouton<br />

Nel 1903 fu costruita una vettura tutta IF<br />

La vettura della foto sopra data 1911 ed è già una 35 HP<br />

Le ultime Isotta Fr<strong>as</strong>chini costruite furono cinque esemplari di Monterosa in<br />

versione Copupè e Cabriolet nel 1947.-<br />

Nel 1948 si apre la procedura fallimentare che si conclude con la dichiarazione<br />

di fallimento del 1949


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 105<br />

Isotta Fr<strong>as</strong>chini vetrina<br />

Isotta Fr<strong>as</strong>chini tipo 8 Torpedo<br />

Carrozeria C<strong>as</strong>tagna<br />

(Museo Automobile - Torino)<br />

Isotta Fr<strong>as</strong>chini 8A Roadster-cabriolet mod. "Commodore"<br />

Carrozzeria C<strong>as</strong>tagna<br />

(Collezione privata)


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 106<br />

Scat<br />

Abbiamo avuto modo di parlare in antefatto di un “tal” Giovanni Ceirano<br />

indicandolo come un app<strong>as</strong>sionato di auto per cui la fine del secolo scorso lo vide<br />

come uno dei primi costruttore italiano da cui derivarono i primi modelli Fiat.<br />

Emerse immediatamente il suo talento, ma ... anche la sua “irrequietezza imprenditoriale”,<br />

caratteristica questa che informò tutta la sua vita equelle della famiglia.<br />

Dopo aver ceduto alla Fiat le sue attrezzature, i brevetti, i progetti ed i ...<br />

Scat 25/35 HP Landaulet - 1912<br />

Le due vetture, splendidamente<br />

conservate,<br />

appartengo tutt'ora ad<br />

una nobile famiglia<br />

calabrese.<br />

Attualmente sono<br />

custodite in esposizione<br />

presso il Museo Militare<br />

della Cecchignola a Roma<br />

progettisti, Giovanni<br />

Ceriano non era uomo<br />

da rimanersene in panciolle,<br />

per cui dopo<br />

qualche altro tentativo,<br />

nel 1905 fonda la<br />

SCAT, con sede in via<br />

Madama Cristina a<br />

Torino ed impegnava<br />

150 operai.<br />

La fabbrica fu<br />

Scat 15/20 Torpedo - 1912<br />

immediatamente molto<br />

attiva (il nome di Giovanni Ceriano era una garanzia) tanto che nel primo anno<br />

uscirono dalle officine un centinaio di vetture del tipo 12 e 16 HP che, affiancati in<br />

seguito dalla 22 HP rim<strong>as</strong>ero in vita fino al 1909.<br />

Il successo di mercato impose di tr<strong>as</strong>ferire gli stabilimenti in corso Francia<br />

(sempre a Torino).


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 107<br />

In questi anni i motori SCAT godettero di moltissime migliorie tecniche fra cui<br />

l’avviamento ad aria compressa che fu montato di serie anticipando addirittura di un<br />

paio d’anni la concorrenza.<br />

Nacque un reparto “corse” che produsse modelli che si affermarono egregiamente<br />

nelle maggiori corse italiane<br />

(Targa Florio, Parma-Poggio di Berceto,<br />

Giro di Sicilia ecc.) in molte<br />

occ<strong>as</strong>ioni condotte dal figlio di Giovanni,<br />

Ernesto.<br />

Lo scoppio della guerra obbligò<br />

anche alla SCAT a convertire la<br />

produzione da civile in militare co-<br />

Scat torpedo 1913<br />

(Collezione Quattro Ruote<br />

- Rozzano -Milano)<br />

struendo i 2T e 4T.<br />

Nel 1916 avvenne nella vita<br />

della Società un importante cambiamento<br />

determinato dal p<strong>as</strong>saggio del<br />

pacchetto azionario ad una società<br />

transalpina di cui faceva parte Henri Br<strong>as</strong>ier, detentore della licenza di costruzione<br />

dei motori Hipano Suiza V8 per uso aereonautico.<br />

Pertanto la SCAT produsse ben 1500 di questi prestigiosi motori e fornì monoblocchi<br />

semilavorati alla Itala ed alla milanese Nagliani.<br />

Ma ... un uomo libero ed eclettico come Giovanni Ceirano mal sopportava il<br />

giogo di una interdipendenza, per cui nel 1918 si ritirò dal Consiglio di Amministrazione<br />

di cui faceva parte per fondare<br />

un’altra C<strong>as</strong>a Automobilistica che ben<br />

presto fu una stella nel firmamento<br />

automobilistico italiano: la Ceirano<br />

S.A.<br />

Questo marchio non va confuso<br />

con la Ceirano Junior, la F.lli Ce-<br />

irano, la Ceirano-Itala, la Ceirano<br />

Ansaldi ... e via di seguito dal momento<br />

che, come abbiamo detto, i<br />

fratelli Ceirano (Giovanni, Giovan<br />

Scat - marca Ceirano 150<br />

(Collezione privata)<br />

Battista e Matteo) sono stati un vulcano di idee e di instabilità nonchè padri di una<br />

miriade di C<strong>as</strong>e costruttrici sia da soli che in connubio con altre c<strong>as</strong>e tanto da rendere<br />

qu<strong>as</strong>i impossibile tracciarne una storia ragionata e pedissequa.<br />

La loro “irrequitezza imprenditoriale” li ha seguiti per tutta la vita facendo e<br />

disfacendo società ed officine.<br />

La fine della guerra vide la SCAT in serie difficoltà sia per la carenza di capitale


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 108<br />

e per gli scioperi delle maestranze, ma anche per la agguerrita concorrenza della<br />

Ceirano.<br />

Nell’Agosto del 1923 la Scat per evitare il fallimento svalutò il proprio capitale<br />

sociale a 14.000 lire.<br />

Fu a questo punto che intervenne Giovanni Ceirano che nel frattempo si era<br />

aggiudicato la maggioranza del pacchetto azionario dopo che la c<strong>as</strong>a francese aveva<br />

ceduto le sue quote a terzi, ed integrandone il capitale nonchè mettendo in liquidazione<br />

la Ceirano S.A. da lui fondata nel 1919, risollevò la SCAT e dal 1925 la<br />

produzione uscì con il marchio SCAT-marca Ceirano, ma venne più semplicemente<br />

chiamata con il secondo nome.<br />

E’ di questo periodo una vettura a 4 cilindri di 1458 cc a valvole laterali, la<br />

150, che era vestita da una carrozzeria vagamente riecheggiante la Lancia Lambda.<br />

Fu costruita anche una versione a valvole in testa denominata 150 S.<br />

Gli ultimi esemplari apparsi sul mercato erano equipaggiati con sospensioni<br />

anteriori indipendenti su brevetto Parisi.<br />

Le carrozzerie erano di Candido Viberti.<br />

Venne presentato anche un modello derivato dalla 150 S, la VVV, con sospensioni<br />

indipendenti e feritoie al covano orizzontali.<br />

Nel 1926 fu presentato il tipo 250 di 2297 cc sempre con valvole in testa.<br />

Fu questa l’ultima vettura prodotta.<br />

Il crollo delle esportazioni avvenuto verso la fine degli anni venti misero nuovamente<br />

in crisi la C<strong>as</strong>a che nel 1929 aderì al Consortium Fiat per la costruzione<br />

esclusiva di veicoli industriali.<br />

Giovanni Ceirano uscì dall’impresa il 1931, la Fiat, principale azionista, deliberò<br />

la cessazione dell’ azienda SCAT e l’<strong>as</strong>sorbimento da parte della SPA nel<br />

1932.<br />

Finisce così il marchio SCAT vittima degli eventi, ma, a nostro giudizio, anche<br />

della “irrequietezza” del suo fondatore.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 109<br />

Spa<br />

Sigla della Società Piemontese Automobili<br />

Ansaldi- Ceirano (1906-1908) e poi della Società<br />

Ligure Piemontese Automobili (1908-1947).<br />

Fu una delle pricipali aziende torinesi costruttrici<br />

di automobili, motori per aereo e veicoli industriali fondata<br />

da Michele Ansaldi (che aveva l<strong>as</strong>ciata la FIAT-<br />

Ansaldi) e Matteo Ceirano (che aveva abbandonato la<br />

Itala).<br />

I due avevano specializzazioni complementari:<br />

Michele Ansaldi era forse il m<strong>as</strong>simo organizzatore<br />

industriale piemontese di quell’epoca ed era un profondo<br />

conoscitore di macchine operatrici e metodi produttivi, mentre Matteo Ceriano<br />

era un ottimo progettista di automobili (suoi tutti i disegni delle SPA fino al<br />

1918 quando si ritira a vita privata).<br />

Ciò che forse mancava alla SPA era la disponibilità finanziaria, anche se n<strong>as</strong>ce<br />

con un capitale di Un milione ed aveva fra i soci il noto latifondista conte Edoardo<br />

Barel di Sant’Albano e Michele Lanza, ricco fabbricante di candele steariche che<br />

tuttavia aveva già avuto esperienze in campo automobilistico.<br />

Urgeva quindi cercare capitali liquidi, spazi ed organizzazioni di vendita.<br />

Ma Dio li fa e poi fra loro si accoppiano ...!<br />

Esiteva a Genova la FLAG, traboccante di soldi, ma carente di spazi operativi<br />

in campo automobilistico che in quel momento erano tutti concentrati su Torino.<br />

Questo portò ad<br />

una fusione tra le due<br />

organizzazioni con<br />

l’estinzione del marchio<br />

FLAG ed il tr<strong>as</strong>ferimento<br />

della Direzione a<br />

Genova in via Corvetto<br />

2.<br />

SPA 7000 H del 1911<br />

L’aumento di ca-<br />

(Collezione privata)<br />

pitali a ben 4.5 milioni<br />

ridiede vita alla SPA e<br />

comunciarono i periodi d’oro in campo sportivo internazionale.<br />

Il 1908 vide il pilota Ruggerone coprire il tratto Torino- Pietroburgo senza<br />

alcuna <strong>as</strong>sistenza. Partecipò dopo alla corsa Pietroburgo-Mosca e si piazzò dignitosamente<br />

secondo.<br />

L’anno successivo il barone Ciuppa, con un modello SPA 28/40 HP, vinse la


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 110<br />

Targa Florio.<br />

Leonino da Zara battè il record del miglio su b<strong>as</strong>e ferma a Modena.<br />

In quello stesso anno inizia la produzione di motori per aereo sotto la direzione<br />

dell’ing. Aristide Faccioli (primo progettista FIAT) e si <strong>as</strong>siste al conseguimento del<br />

primo brevetto di pilotaggio con un aereo costruito completamente in Italia.<br />

Prende consistenza il motore fisso (anzichè rotante come erano fino allora<br />

quelli francesi Gnome).<br />

Nel panorama prebellico la SPA si presenta come una industria forte, intelligente<br />

ed innovativa per cui non è difficile per lei accaparrarsi i concorsi del Ministero<br />

della Guerra.<br />

Per questi cotruisce i motori sei cilindri verticali A6 che andarono ad equipaggiare<br />

i famosi aerei SVA , gioielli della prima guerra mondiale.<br />

Inizia nel 1908 anche la produzione di autocarri, voluta dai soci genovesi, ed<br />

anche questi per forniture relativi ad un concorso congiunto fra i Ministeri dell’Agricoltura,<br />

dell’ Industria e del Commercio e della Guerra.<br />

Un altro concorso del Ministero della Guerra fu appannaggio della SPA per<br />

autocarri che dovevano superare la difficile prova, per quei tempi, di percorrere in<br />

cinquanta ore la distanza di 800 Km.<br />

Il successo dei veicoli industriali fu tale che costrinze la SPA a ridimensionare i<br />

programmi “autovetture”.<br />

Sull’onda lunga del successo ottenuto dal pilota Ruggerone, il Ministero della<br />

Guerra Russo invitò la Spa ad un concorso per fornitura di automezzi pesanti su un<br />

percorso di 5000 Km da effettuare su strade appena tracciate e percorsi difficili<br />

come la Mosca-Pietroburgo.<br />

Tuttavia ... nulla di nuovo sotto al sole ... i ritardi nei pagamenti da parte del<br />

Governo, mettono in crisi finanziaria la SPA in modo tanto consistente da essere<br />

insopportabile anche per il gruppo genovese.<br />

Matura perciò una nuova maggioranza azionaria con a capo-cordata i fratelli<br />

Perrone che già detenevano il pacchetto azionario della Giovanni Ansaldi.<br />

Fu questo il momento di maggior vigore della SPA che potenziò le autovetture<br />

sportive con la tipo 23 e la 23 S con il radiatore a diedro (o a punte, come si diceva<br />

all’epoca).<br />

N<strong>as</strong>ce anche un poderoso motore di ben 4398 cc che viene montato sulla tipo<br />

25, che comunque rimane un tantino in ombra rispetto alla tipo 24 che, con soluzioni<br />

ardite (4 valvole in testa per cilindro comandate da un bialbero, doppia accensione<br />

a magnete, largo impiego di materiali leggeri) si poneva in diretta competizione con<br />

le Fiat 519, le Itala 61 e 65.<br />

Del tipo 24 ne fu prodotta una serie 24 S con carrozzerie molto belle ed<br />

elegantissime realizzate dai m<strong>as</strong>simi nomi torinesi e tutte equipaggiate con radiatore<br />

a punta.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 111<br />

Il killer che uccise anche la SPA fu il fallimento della Banca Nazionale di Sconto<br />

e del conseguente terremoto in Borsa.<br />

Nel 1926, ritiratesi prudentemente i soci genovesi, la SPA p<strong>as</strong>sa sotto il controllo<br />

della Fiat.<br />

Proprio nel momento in cui la SPA avrebbe dovuto aggiornare la linea delle<br />

vetture, la Fiat decide di sospendere la produzione delle automobili e riservare gli<br />

impianti ai soli veicoli<br />

commerciali.<br />

Durante la seconda<br />

Guerra Mondiale la<br />

produzione viene orientata<br />

ai carri armati, trattori<br />

militari ed<br />

autoblinda.<br />

E’ del 1941 il potente<br />

motore 8V a inie-<br />

SPA tipo 23 S (Museo Automobile - Torino)<br />

zione di benzina che<br />

equipaggia i carri armati.<br />

Nel dopoguerra la SPA è ormai un reparto produttivo della Fiat e cessa la sua<br />

amministrazione diretta.<br />

La produzione (ed il marchio) continua con gli autocarri e segue fino al 1949<br />

con l’autocarro a tre <strong>as</strong>si SPA 10.000 che conquista il più ambito dei premi: il<br />

favore dell’utenza per la sua enorme robustezza, così come fu sempre fama dei<br />

prodotti SPA .


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 112<br />

Itala<br />

Il XX secolo muove i primi timidi p<strong>as</strong>si <strong>as</strong>sistendo ad un fiorire sempre più<br />

imperioso dell’ industria a Torino.<br />

Fra queste industrie a tener cartello fu immediatamente quella automobilistica.<br />

In questa virulenza non potevano sottrarsi dal partecipare i fratelli Ceirano (li<br />

abbiamo incontrati più volte nella nostra storia, uomini capaci, intraprendenti e ...<br />

virulenti per natura).<br />

Questa volta tocca a Matteo Ceirano, il più giovane dei fratelli, a dare vita<br />

all’ennesima iniziativa fondando la Ceirano Matteo & C. con capitali apportati da<br />

Giovanni Carenzi, Guido Bigio, Leone Fubini, Angelo Moriondo, Gaetano Grosso<br />

Campana.<br />

La prima officina aveva sede in via Gu<strong>as</strong>talla 5 da dove si tr<strong>as</strong>ferì dopo poco<br />

in via Petrarca 29 cambiando la denominazione<br />

in Ceriano Matteo & C.<br />

- Automobili Itala.<br />

La produzione si b<strong>as</strong>a esclusivamente<br />

sul modello 24 HP con la<br />

quale Matteo giunge primo alla Susa-<br />

Moncenisio dello stesso anno 1904.<br />

I successi sia commerciali che<br />

sportivi erano all’ordine del giorno<br />

Itala 120 HP<br />

(National Motor Museum di Beaulieu)<br />

per cui si pensò di abbandonare l’impronta<br />

artigianale per percorrere la<br />

via più meritoria dell’industria vera e<br />

propria.<br />

Si cercò in giro e la scelta cadde su un gruppo genovese alla cui testa era G.B.<br />

Figaro, che stante la sua posizione di Amministratore del Banco di Liguria, prese<br />

naturalmente la conduzione dell’azienda.<br />

La ragione sociale mutò ancora una volta e di venne Itala Fabbrica Automobili<br />

S.A.<br />

L’ing. Guido Bigio è subito Direttore Generale.<br />

Matteo Ceirano è nel Consiglio di Amministrazione oltre che seguire la progettazione.<br />

Ma la sua irrequietezza lo porta dopo un anno a fondare la SPA con Michele<br />

Ansaldi.<br />

I successi sportivi continuano: Susa-Moncenisio, Circuito di Brescia (secondo<br />

posto), Padova- Bovolenta (primo posto).<br />

Assestata l’azienda sia economicamente che tecnicamente l’ing. Alberto<br />

Ballocco, nuovo direttore tecnico, progetta e viene costruita la 100 HP, una quattro


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 113<br />

cilindiri con valvole <strong>as</strong>pirazione in testa e scarico laterali, di ben 15.000 cc.<br />

Nel 1906 viene <strong>as</strong>sunto con qualifica di “prima guida” Alessandro Cagno proveniente<br />

dai ranghi FIAT ove la presenza di Felice Nazzaro e Vincenzo Lancia,<br />

l<strong>as</strong>ciavano pochissimi spazi liberi.<br />

Intanto in Sicilia si dovrà disputare la prima Targa Florio (che oltretutto ha la<br />

peculiarità di essere stata la prima corsa del Mondo su strada) e la Itala iscrive<br />

cinque 35/40 HP con alla guida Cagno, Graziani, Rigal, de Cartes e Pope. Fu un<br />

successo strepitoso!<br />

Sul difficilissimo tracciato delle Madonie da percorrere per un totale di 446<br />

Km solo sei delle dieci vetture iscritte portano a termine il percorso e fra queste sei<br />

ben quattro sono Itala.<br />

L’eco sulla stampa<br />

internazionale è <strong>as</strong>sordante<br />

e la pubblicità è<br />

enorme.<br />

Il 1907 rappresenta<br />

un vero trionfo per<br />

la Itala.<br />

Alessandro<br />

Cagno con una Itala 120<br />

HP si aggiudica la Coppa<br />

della Velocità a Brescia<br />

(La vettura perfet-<br />

tamente funzionante<br />

oggi si trova al National<br />

Motor Museum di<br />

Beaulieu).<br />

Itala 25/35<br />

(Museo <strong>dell'</strong> Automobile - Torino)<br />

Ma l’impresa più importante fu la iscrizione di una Itala 35/45 al raid promosso<br />

dal giornale parigino “ Le Matin” che lancia la sfida tra costruttori per una ...<br />

p<strong>as</strong>segiata da Pechino a Parigi.<br />

Scopo del raid è anche verificare di chi fosse la ragione, dei sostenitori delle<br />

vetture leggere ma poco potenti, oppure delle robuste e più potenti.<br />

Partecipano tre nazioni: la Francia, l’Olanda e l’Italia.<br />

Ad iscrivere la vettura italiana è stato il principe Valerio Borghese che scelse<br />

appunto l’ Itala 35/45 strettamente di serie, solo adattata come carrozzeria alla<br />

bisogna.<br />

A fare da compagni di viaggio del principe sono stati il giornalista del Corriere<br />

della Sera e dell’inglese Daily Telegraph Luigi Barzini ed il meccanico Ettore Guizzardi.<br />

I fatti diedero ragione al principe Borghese!<br />

Partiti da Pechino il 10 giugno giunsero a Parigi il 10 agosto avendo totalizzato


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 114<br />

Itala 35/45 Limousine "Palombella"<br />

(Museo <strong>dell'</strong>Automobile - Torino)<br />

44 giorni di viaggio<br />

effetivo e coprendo l’intera<br />

tratta (16.000 Km)<br />

in 60 giorni anticipando<br />

gli altri concorrenti di<br />

ben venti giorni.<br />

La storica vettura<br />

è stata reperita in un<br />

magazzino della Itala da<br />

Biscaretti di Ruffìa ed<br />

oggi è esposta al Museo<br />

dell’Auto di Torino che<br />

porta il suo nome.<br />

Parlerò<br />

diffusamente in seguito della storica<br />

impresa.<br />

In quegli anni la Itala si affermò<br />

in competizioni internazionali, ma non<br />

riuscì a piazzarsi nel G.P. dell’ Automobile<br />

Club di Francia ove le tre vetture<br />

Itala che utilizzavano il motore<br />

avalve, ideato dalla Itala qualche anno<br />

prima, tradì i piloti.<br />

La c<strong>as</strong>a viaggiava in tutta tranquillità<br />

anche per merito dell’accordo<br />

preso con la FIAT (la maggiore pre- Il lussuoso interno de "La<br />

occupazione del momento) in b<strong>as</strong>e al<br />

quale per quattro anni si sarebbero comunicati le reciproche linee produttive.<br />

Intanto la Itala, tr<strong>as</strong>feritesi in corso Orb<strong>as</strong>sano in uno stabilimento di 80.000<br />

mq, occupava più di mille operai e 250 impiegati.<br />

Il Catalogo in quegli anni era particolarmente ricco ed interessante. La gamma<br />

spaziava dalla monoblocco 14/18 HP sino alla 75 HP<br />

di ben 12.930 cc.-<br />

Al salone dell’ Automobile viene presentato il<br />

motore avalve, ideato dall’ing Ballocco, che conferiva<br />

una linearità di movimento ed una silensiosità notevole.<br />

La “solita” Grande Guerra vede la Itala impe-


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 115<br />

gnata in campo militare.<br />

Intanto gli alleati, avendo bisogno di grossi quantitativi di motori Hispano Suiza<br />

per aerei, si rivolsero all’ Italia quindi la Itala si consorziò con la Scat per far fronte<br />

alla ingente fornitura.<br />

Tuttavia avendo il<br />

modello HS 200 dati<br />

scarsi risultati, l’Esercito<br />

volle gli HS 300.<br />

Questa virata nella commessa<br />

procurò uno stallo<br />

che rese possibili le<br />

consegne con molto ritardo.<br />

La fine della guerra<br />

sospese la fornitura<br />

appena iniziata per cui la<br />

SCAT e La Itala furono<br />

costrette ad accettare<br />

Itala 61 Faux Cabriolet carrozzato<br />

Lavocat & Marsaud<br />

(Museo <strong>dell'</strong>Automobile- Torino)<br />

una riduzione della commessa del 50%. I 1500 motori consegnati non riuscirono a<br />

compensare le ingenti spese sostenute.<br />

Negli anni ‘20 si ritornò gradatamente verso la produzione civile con i modelli<br />

50 e 51 S.<br />

Gli impegni presi con le banche e gli scioperi misero la Itala in grave crisi da cui<br />

non si riprese mai completamente.<br />

Gli anni ‘21/’22 vedono l’uscita del tipo 55 a 6 cilindri (abbandonati con la 75<br />

HP).<br />

La situazione era pesante anche a causa della scarsa richiesta di vetture e del<br />

fermo totale dei tr<strong>as</strong>porti merci. Si cercò di rimediare con il modello 56.<br />

Nel 1923 appare la figura, in veste di consulente, dell’ing. Giulio Cesare Cappa<br />

che su mandato dell’ Istituto Finanziario di Liquidazione (poi I.R.I.) toccò riorganizzare<br />

la produzione e tentare una sortita dalla crisi.<br />

Viene alla luce così la 61da turismo e la 65 sportiva.<br />

Due belle vetture che avrebbero meritato un ambiente più sereno per n<strong>as</strong>cere<br />

e ... crescere!<br />

Questi autotelai furono carrozzati dai migliori carrozzieri.<br />

Cappa progettò un 12 cilindri a V di 1100 e 1500 cc.<br />

Non entrò mai in produzione di serie, ma ebbe il suo ricarico morale di prestigio.<br />

Un disperato tentativo di salvarsi dal tracollo fu tentato nel ‘29 quando si tentò<br />

di fare una fornitura di mezzi militari per una fabbrica polacca.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 116<br />

A tal fine si fece una fusine con le Officine Metallurgiche e Meccaniche di<br />

Tortona il cui proprietario era il senatore Dante Ferraris.<br />

Ma i costi erano altissimi e la commessa non si concretizzò.<br />

Nel 1930 il senatore Ferraris firma la richiesta di ammissione al Concordato<br />

preventivo per una perdita di 21.000.000.<br />

N<strong>as</strong>ce la Itala-SACA che rileva gli autotelai già pronti e la sezione autovetture.<br />

La nuova società sotto la presidenza dell’ ing. P<strong>as</strong>quale Gallo tenta una<br />

riorganizzazione generale.<br />

Nel 1932 esce la 75 per il turismo e con il suffisso “V” per le la sportiva.<br />

E’ questo l’estremo (inutile) tentativo di salvare la fabbrica.<br />

Nel 1934 il nome Itala cessa di esistere nel firmamento automobilistico.<br />

Molte le belle vetture prodotte dalla Itala nei suoi 30 anni di attività.<br />

Una particolarmente diede lustro, una 35/45 carrozzata limousine costruita<br />

appositamente per la Regina Elena.<br />

F<strong>as</strong>tosi gli interni, maniglieria in argento a forma di aquila sabauda, vetri arrotondati<br />

... un vero salotto viaggiante. Non meno lussuoso il posto di guida.<br />

La vettura per ragioni di sicurezza era munito di due pedali del freno che comandavano<br />

due circuiti frenanti distinti.<br />

La pedana per l’accesso era fatta a scaletta a scomparsa.<br />

La Regina Elena, nella sua poetica dolcezza d’animo, la denominò<br />

“Palombella” ed oggi fa bella mostra di sè, ammiratissima, al Museo <strong>dell'</strong> Automobile<br />

Biscaretti di Torino.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 117<br />

Itala: Pechino - Parigi - 1907<br />

Fra i costruttori dell’epoca era in atto una sorta di dualità nell’orientamento<br />

costruttivo: vetture leggere e, quindi anche poco potenti, o vetture robuste, ma pesanti<br />

e potenti.<br />

Come al solito il pubblico si schierò sia a<br />

favore di una che dell’altra tesi.<br />

Il prestigioso giornale parigino “Le Mati-<br />

Il percorso di 16.000 Km<br />

ne” rilevò la questione e lanciò una sfida all’insegna<br />

dell’impossibile!<br />

Le c<strong>as</strong>e costruttrici potevano iscrivere le<br />

loro vetture ad un raid di ben 16.000 km che partendo da Pechino raggiungevsse<br />

Parigi.<br />

Raccolsero il guanto la Francia, l’Olanda e l’Italia.<br />

Le prime due schierarono vetture leggere, la squadra italiana composta dal<br />

principe Valerio Borghese accompagnato da un noto giornalista viterbese, Luigi<br />

Barzini e dal suo fido meccanico Ettore Guizzardi si iscrissero con una Itala 35/45<br />

HP strettamente di serie adattata ai bisogni derivanti dal lunghissimo viaggio solo<br />

nella carrozzeria.<br />

Percorrere 16.000 km tutti d’un fiato<br />

non è cosa da ridere nemmeno alle<br />

soglie del 2000, ma all’epoca era veramente<br />

simile a voler andare con il monopattino<br />

sulla luna!<br />

Le vetture partirono da Pechino in<br />

un tripudio di folla la mattina del 10 giu-<br />

gno 1907.<br />

L’inizio della traversata vide alternarsi<br />

le vetture alla testa della carovana.<br />

La partenza da Pechino<br />

10 giugno 1907<br />

Ma quando il gioco si fece duro l’Itala staccò nettamente tutti tanto da coprire<br />

l’intero percorso in solo 60 giorni di cui solo 44 di viaggio effettivo.<br />

L'equipaggio italiano a bordo della Itala giunse a Parigi il 10 agosto distanccando<br />

gli altri concorrenti di ben 20 giorni!<br />

Un trionfo sia per la Itala che per l’equipaggio che, tuttavia, non fece proprio<br />

quello che si può definire “una p<strong>as</strong>seggiata ril<strong>as</strong>sante”!<br />

Gli incidenti sul percorso furono innumerevoli e spaziarono da ponti che sono<br />

crollati sotto il peso della vettura alla rottura di una ruota che dovette essere rifatta<br />

ex novo in 7 ore da un mujik russo.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 118<br />

Crolla il ponte<br />

L’ avventura è raccontata per intero in un<br />

interessante volume pubblicato all’epoca da<br />

Luigi Barzini, per i tipi di Ulrico Hoepli, quarta<br />

edizione 1917, che si chiama “ La metà del<br />

mondo vista da un’<strong>automobile</strong> - Da Pechino a<br />

Parigi in 60 giorni” e da cui abbiamo tratto alcune<br />

di queste preziose foto.<br />

La vettura (vedi foto), recuperata in un<br />

capannone della Itala dal Biscaretti è adesso<br />

esposta al Museo dell’Automobile di Torino.<br />

L' Itala 35/45 <strong>dell'</strong>impresa<br />

(Museo <strong>dell'</strong>Automobile - Torino)


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 119<br />

Itala, Pechino - Parigi vetrina<br />

Il principe Borghese<br />

Il meccanico Guizzardi<br />

Il principe Borghese ed il giornalista Barzini<br />

al loro arrivo a Berlino


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 120<br />

Itala, Pechino - Parigi vetrina<br />

La ruota ricostruita dal mujik<br />

(fabbro) russo in 7 ore di lavoro<br />

L' Itala impantanata presso<br />

Shao-hai-huen<br />

L' Itala vittoriosa entra a Parigi<br />

dirigendosi verso la sede de "Le Matine"<br />

... era il 10 agosto 1907 !


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 121<br />

OM<br />

Oggi parlare di automobili significa immediatamente<br />

correre con il pensiero a Torino, capitale dell’<strong>automobile</strong>.<br />

Ma non fu sempre così, anzi non lo era affatto<br />

allora poichè i primi importatori, i primi artigiani <strong>as</strong>semblatori,<br />

le prime fabbriche automobilisteche sono<br />

nate proprio a Milano.<br />

Per trovare le origini della OM dobbiamo andar<br />

molto indietro nel tempo.<br />

Era il 1849, Benedetto Grondona apre a Milano in zona Porta Nuova una<br />

officina per costruzioni di carrozze che viene immediatamente considerata la migliore<br />

dell’epoca.<br />

Continua l’attività il figlio Felice che costituisce una società <strong>as</strong>sieme a Paolo<br />

Zambelli e Giovanni Miani, siamo nell’ anno 1857, per costruire “veicoli di ogni<br />

sorta e lavori relativi alle strade ferrate”.<br />

Miani si ritira nell’ 80 e con l’ing Gerolamo Silvestri e Prospero Venturi forma<br />

a Porta Tenaglia le Officine<br />

Miani, Venturi & C.<br />

per costruire una locomotiva<br />

a vapore denominata<br />

“regina della<br />

montagna” con disegni<br />

della SIGL viennese e<br />

che viene esposta alla<br />

mostra di Milano del<br />

1881.<br />

L’ anno appresso<br />

muore Prospero Venturi<br />

e la società cambia in Miani, Silvestri & C.<br />

OM 465 S alla Coppa delle Alpi del 1923<br />

Nel 1890 viene costruito un nuovo stabilimento a Porta Vigentina su un’area<br />

di 100.000 mq che fu poi il primo nucleo della OM.<br />

In questi stabilimenti si realizzò il primo tram elettrico italiano da utilizzare sulla<br />

Fiesole-Firenze.<br />

Correva l’anno 1917 quando la Miani, Silvestri & C: acquista lo stabilimento<br />

di costruzione automobili dell’ing. Roberto Züst. Ciò costituì per la OM una ragione<br />

di crescita che portò poi allo stabilimento di Brescia.<br />

La Züst aveva al suo attivo circa 60 anni di attività derivando a sua volta dalla<br />

Güllet & Croff essendo stata costituita nel 1855 a Sal<strong>as</strong>ca di Intra con il fine di


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 122<br />

costruire macchine azionate da motori a vapore. Un particolare curioso, anche se<br />

non attinente, è che i cannoni utilizzati per la lotta portata avanti da Vittorio Emanuele<br />

II per liberare Milano dagli austriaci erano stati fusi in quelle officine.<br />

La Roberto Züst aveva prodotto anche ottime vetture una delle quali, una Züst<br />

40/50HP guidata dal marchese Lorenzo Ginori si aggiudicò “La Coppa del Re”<br />

nel concorso turistico<br />

indetto dall’ Automobil<br />

Club di Milano.<br />

Nel marzo del<br />

1906 inizia la costruzione<br />

dei capannoni di<br />

Brescia che prendono il<br />

nome di “Brixia-Züst”<br />

che si specializza nella<br />

costruzione di autovet-<br />

OM 469 S Torpedo con freni anteriori<br />

(Museo Scienza e Tecnica - Milano)<br />

ture e nel 1908 produce<br />

il primo autocarro.<br />

Partecipa così al<br />

concorso statale per la fornitura di 600 autocarri per l’esercito e si aggiudica la<br />

maggior parte della fornitura.<br />

Come detto il 1917 n<strong>as</strong>ce ufficialmente<br />

la OM (Società Anonina Officine<br />

Meccaniche - già Miani, Silvestri &<br />

C, A. Grondona, Comi & C.).-<br />

La prima <strong>automobile</strong> con il marchio<br />

OM fu immessa sul mercato il<br />

1918, era la S. 305 di 25/35 HP.<br />

La nuova vettura, che richiama<br />

comunque la linea della vecchia Brixia<br />

ed era munita di avviamento ed illuminazione elettrici.<br />

OM 665 Berlina<br />

Museo <strong>dell'</strong> Automobile<br />

Torino<br />

OM 665 Torpedo<br />

(Collezione privata)<br />

Contenporaneamente vide la luce anche<br />

la prima vettura progettata OM (e che fu la<br />

copistipite di tutti i 4 cilindri della c<strong>as</strong>a) la 465<br />

12/15 HP.<br />

Montava una carrozzeria standar del tipo<br />

Torpedo.-<br />

Altre vetture interessanti sono la 467 S,<br />

la 665 una 6 cilindri detta anche “La Superba”.<br />

Per curiosità vi diremo che i mumeri che


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 123<br />

indicano il modello stanno ad indicare il primo il numero dei cilindri e gli altri due<br />

l’alesaggio.<br />

Nel 1921 la OM lancia il modello 467 S e porta la cilindrata della 465 da<br />

1300 a 1500 cc.-<br />

Compare il tipico radiatore Om che accompagnerà tutti i modelli successivi. Il<br />

telaio era di nuovo disegno, sospensioni a balestra anteriore e freni sulle quattro<br />

ruote.<br />

Molte le affermazioni in campo sportivo con la 469 1500 cc (Coppa delle<br />

Alpi, Mugello, Circuito del Garda).<br />

Gli anni d’oro della C<strong>as</strong>a furono dal 1923 al 1929 che videro vincere le sue<br />

macchine (665) ancora la Coppa delle Alpi, il circuito del Mugello, del Tigullio, la<br />

Coppa delle Tre Venezie.<br />

La 665 vinse anche il record di durata percorreno 15.000 km alla media di<br />

103,568 km/h.<br />

In campo iternazionale<br />

la troviamo vittoriosa<br />

a Le Mans, San<br />

Seb<strong>as</strong>tiano (Spagna),<br />

Nuerberg.<br />

Ebbe piloti d’eccezione<br />

come Minoia,<br />

Morandi, Rosa, Balestrero,<br />

Timo e Mario<br />

Danieli, Coffani, San-<br />

donino, Anselmi, M<strong>as</strong>peri.<br />

Fino a giungere al<br />

OM 665 SS MM 2000 con compressore<br />

(Collezione privata)<br />

1927 quando vince addirittura la Mille Miglia con una 665 S con Ferdinando Minoia<br />

e Giuseppe Morandi che coprirono il opercorso di ben 1600 km in 21 ore e 5<br />

minuti alla media di 77.238 km/h.<br />

Secondi e terzi. cl<strong>as</strong>sificati altre due 665 S con Timo Danieli, Renato Balestrieri,<br />

Mario Danieli ed Archimede Rosa.<br />

Il prestigioso motore della 665 S subì tutta una lunga serie di ammodernamenti<br />

(tre carburatori, Testa Ricardo, compressore Roots) che lo portarono ad erogare<br />

fino ad 85 HP. Per la clientela straniera si adottarono le valvole in testa.<br />

Dal 1929 furono realizzati motori da 2000 e 2200 cc che furono montati su<br />

una scocca di soli 818 kg e generarono quelle sportive con radiatore inclinato che si<br />

fecero strada nei desideri della clientela mondiale.<br />

dal 1928 vari furono i cambiamenti di ragione sociale e molteplici le acquisizioni<br />

ed i gemellaggi con altre C<strong>as</strong>e per cui la OM giunse ad entrare addirittura nel


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 124<br />

Gruppo Fiat pur rimando sempre una gestione autonoma.<br />

L’ultima vettura prodotta con il marchio OM fu presentata al Salone dell’Automobile<br />

di Milano del 1934. Era la OMV Alcyone con motore 6 cilindri, valvole<br />

<strong>as</strong>pirazione in testa e scarico laterali di 2130 cc e 65 HP di potenza.<br />

Dopo tale data la OM si dedicò con grande successo alla produzione di apprezzatissimi<br />

autocarri.<br />

La produzione di autocarri proseguì di successo in successo.<br />

A Milano si continuò a costruire motrici ed automotrici ferroviarie con motore<br />

a benzina e motore Diesel (le famose Littorine simbolo delle ferrovie moderne in<br />

epoca f<strong>as</strong>cita), carrozze ferroviarie , carri merci.<br />

Per l’agricoltura si costruirono pressaforaggi, trebbiatrici, impianti irrigazione a<br />

pioggia ed poi trattici a ruote ed a cingoli che andarono a sostituire il vecchi trattori<br />

agricoli a testa calda alimentati a petrolio ormai divenuti obsoleti per l’avanzata della<br />

benzina e maggiormente per il g<strong>as</strong>olio.<br />

Molti gli autoccari (Taurus, Super Taurus, Titano) ma sopratutto l’exploit la<br />

produzione di mezzi pesanti l’ ebbe con due autocarri leggeri, il Leoncino ed il Tigrotto<br />

che riuscirono a conquistare il mercato ed a divenire i mezzi più diffusi e<br />

popolari tanto che, al pari della Fiat Balilla, tutti i camioncini erano per il grosso<br />

pubblico “un leoncino” divenendo il camioncino per antonom<strong>as</strong>ia.<br />

Una particolarità di questo mezzo era che il motore non aveva (al pari delle<br />

Bugatti!) la guarnizione della testata ma era interposto un filo di lana fra la testa ed il<br />

monoblocco.<br />

Oggi la OM è stata integrata nelle strutture Fiat e produce tutta una serie di<br />

mezzi pesanti e trattrici per l’agricoltura (Modena).- Gli stabilimenti di Milano producono<br />

ponti ed <strong>as</strong>sali per gli automezzi industriali. Brescia produce veicoli industriali<br />

leggeri, cambi meccacini ed idraulici, motori a tre, quattro e sei cilindri e<br />

particolari per le trattrici agricole. Suzzara costruisce e monta le furgonature industriali<br />

sugli autotelai OM e SPA (senpre tutto del Gruppo Fiat Veicoli Industriali). Lo<br />

stabilimento di Bari si è specializzato per la costruzione di apprezzati carrelli elevatori<br />

per il mercato italiano e per quello straniero.<br />

Pertanto, quando oggi incontriamo in Italia o nel mondo un camion, una vettura<br />

o una automotrice ferroviaria, un carrello elevatore, un trattore agricolo su gomme<br />

o cingolato, un apripista o una pala caricatrice , ricordiamoci che quel mezzo<br />

anche se porta il logo Fiat, n<strong>as</strong>ce OM !


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 125<br />

Temperino, qu<strong>as</strong>i un giocattolino, ma non troppo<br />

Se qualcuno incontrandovi per<br />

strada vi chiedesse a bruciapelo “hai<br />

visto la temperino” non giudicatelo un<br />

ignorante, sa benissimo che il temperino,<br />

piccolo coltello da t<strong>as</strong>ca , è di genere<br />

m<strong>as</strong>chile.<br />

Egli allude evidentemente ad una<br />

vetturetta piccola, ma significativa, che<br />

vide la luce in via Principe Oddone 44, a Torino,<br />

nel 1908!<br />

Ma andiamo con un certo ordine ....<br />

I fratelli Maurizio, Giacomo e Carlo Temperino,<br />

rientrati dalle Americhe ove avevano lavorato<br />

come meccanici riparatori, aprirono una<br />

officina di riparazione motocicli ed automobili<br />

sotto la ragione sociale Temperino & C. -<br />

Poi timidamente cominciarono a costruire<br />

qualche sidecar e alcune motociclette. Il p<strong>as</strong>so<br />

dalle motocliclette alle auto fu breve.<br />

Così nel 1908, sotto la direzione dell’ ing. Giulio Cappa Spada produssero il<br />

prototipo di una autovettura che tuttavia rim<strong>as</strong>e<br />

"congelata" per ben 10 anni fino a dopo la<br />

Grande Guerra.<br />

I fratelli Temperino, gente con i piedi saldamente<br />

per terra, non pensavano di dover diventare<br />

i magnati dell’industria automobilistica,<br />

ma semplicemente il loro desiderio era produrre<br />

una vetturetta affidabile, di poco ingombo<br />

e sopratutto economica sia nel prezzo che<br />

Il prototipo della<br />

Temperino<br />

rim<strong>as</strong>to "ibernato" per ben<br />

10 anni (1908-1918)<br />

Maurizio Temperino<br />

(a sinistra)<br />

nella gestione giornaliera.<br />

P<strong>as</strong>sata la Prima Grande Guerra ripresero<br />

il progetto e costruirono complessivamente<br />

un migliaio di pezzi le cui parti meccaniche erano<br />

in tutto simili fra loro, ma cambiavano le corrozzerie che potevano essere a 2 posti,<br />

a 3 posti, corsa ed anche tr<strong>as</strong>porto merci.<br />

All’ inizio si avvalsero della collaborazione di tre aziende esterne: la Della<br />

Ferrera per i motori; gli Stabilimenti Farina per la carrozzeria. La ditta Antonio<br />

Opessi provvedeva per il telaio ed il montaggio.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 126<br />

Le vetturette risultarono<br />

essere molto veloci<br />

tanto che tre di esse<br />

nel 1919 fecero la S<strong>as</strong>si-Superga<br />

in soli 12<br />

minuti!<br />

Questo, forse insperato,<br />

risultato indusse<br />

i fratelli Temperino a<br />

creare la “Vetturette<br />

Temperino s.p.a.” con<br />

Presidente Giovanni<br />

Farina, amministratore<br />

delegato Michele Bretti,<br />

direttore tecnico<br />

Maurizio Temperino.<br />

Il “Modello Unico” fu denominato 8/10 HP, aveva 2 cilindri a V raffreddati ad<br />

aria, valvole in testa, 1010 cc, potenza 20 HP effettivi a 2800 giri.<br />

Il cambio incorporato al ponte posteriore era a 3 marce + RM con ingranaggi<br />

sempre in presa, sviluppava una velocità di 70 km/h tanto che l’anno successivo ben<br />

due di queste vetture si piazzarono al primo e secondo posto al Circuito del Sestriere.<br />

Nel periodo aureo della C<strong>as</strong>a<br />

lavoravano oltre 500 persone ed<br />

ebbe notorietà sia in Italia che all’estero,<br />

specialmodo in Inghilterra<br />

ove le vetturette cl<strong>as</strong>se Cyclecar<br />

erano apprezzatissime.<br />

Nel ‘20 venne il modello “S”<br />

praticamente qu<strong>as</strong>i uguale alle altre<br />

solo allungato nel p<strong>as</strong>so e nel<br />

Temperino 8/10 HP da corsa<br />

Temperino 1918/20 costruita da Della Ferrera<br />

1922 il modello GSM 7/12 HP.<br />

Nel frattempo l’azienda si era<br />

tr<strong>as</strong>ferita in locali più ampi posti in<br />

via German<strong>as</strong>ca 35 Il fallimento della Banca di Sconto che sovvenzionava l’operazione,<br />

mise in ginocchio anche loro al pari di tante altre c<strong>as</strong>e costruttrici <strong>dell'</strong>epoca<br />

ben più grosse e solide.<br />

La esigua produzione di soli circa 1000 esemplari ed il fatto che molti prendevano<br />

la via dell’esportazione, sopratutto come detto in Inghilterra grande amatrice<br />

di veicoli piccoli e cyclecars.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 127<br />

Se si aggiunge il fatto che la Seconda Guerra Mondiale ed il dopoguerra istaurarono<br />

un clima di rinnovamento, una smania di rompere con il p<strong>as</strong>sato, una sindrome<br />

es<strong>as</strong>perata del presente-futuro qu<strong>as</strong>i si volesse l<strong>as</strong>ciare alle spalle il p<strong>as</strong>sato e<br />

guardare avanti speranzosi, misero in essere la “febbre della demolizione” ed il desiderio<br />

del nuovo, fanno sì che oggi pochissime<br />

sono le Temperino sopravvissute.<br />

Io ne ho vista solo una in una collezione di<br />

Bologna, l’autodemolizione internazionale di<br />

Mario Righini.<br />

La vetturetta fa bella mostra di sè nell'atrio<br />

del portone <strong>dell'</strong>ufficio di questo grande<br />

collezionista che ha addirittura acquistato un<br />

grossa fattoria emiliana dedicandola alle sue<br />

Il Motore 2 cilindri<br />

800 cc della 8/10 HP<br />

splendide vetture d’epoca..<br />

A prima vista sono rim<strong>as</strong>to molto incerto<br />

e dubbioso.<br />

Si trattava di una piccola vettura vera o solo di un giocattolo gigante?<br />

Confesso la mia cr<strong>as</strong>sa ignoranza ... non conoscevo la marca Temperino e la<br />

cosa contribuì ad alimentare il mio dubbio.<br />

Il timore di essere giudicato ignorante in un campo in cui spaziavo da anni con<br />

p<strong>as</strong>sione e nel quale ero conosciuto quale buon competente da tutti, mi tratteneva<br />

dal chiedere, l’orgoglio stava per rovinarmi!<br />

Poi, fattomi coraggio, chiesi al mio amico collezionista "... Mario, ma è una<br />

vettura vera?", lui rise bonariamente, mi diede una poderosa pacca sulle spalle da<br />

quell’ottimo emiliano che è e mi raccontò di questa marca torinese e della fortuna<br />

che lui aveva avuto nel reperirla salvandola proprio in zona cesarini dalle presse<br />

divoratrici e dai grandi forni, per giunta in quelle splendide condizioni di conservazione.<br />

Fui felice di aver dato una dimostrazione di ignoranza, ma di aver così arricchito<br />

il mio bagaglio di conoscenze che sarebbe rim<strong>as</strong>to sempre al buio su quella marca!


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 128<br />

Florentia<br />

Il Piemonte, la Liguria, la Lombardia ed altre regioni d’ Italia erano partite con<br />

la nuova esperienza impiantando attività produttive di autovetture, ma non lo era<br />

certamente ancòra la Toscana.<br />

Francia.<br />

Tuttavia vi era una forte presenza di capitali liquidi e questo indusse un gruppo<br />

a dar vita alla prima fab-<br />

brica automobilistica in<br />

quella regione: la FTA.<br />

Pertanto agli inzi<br />

del 1901 la neonata<br />

FTA produsse la prima<br />

vetturetta con motore<br />

bicilindrico Buchet e<br />

con parti che giungeva-<br />

no probabilmente dalla<br />

In effetti erano essenzialmente degli <strong>as</strong>semblatori più che dei costruttori.<br />

Uno dei modelli prese il nome di Florentia e permise al conte Ginori di scalare<br />

la ripida salita del Montenero (22% !) accendendo l’interesse di parecchi gruppi<br />

finanziarii molto importanti.<br />

In conseguenza a ciò l’ 11 marzo 1903 fu fondata la Fabbrica Automobili<br />

Florentia con sede a Firenze che <strong>as</strong>sorbì immediatamente la FTA.<br />

La produzione ebbe inizio con la 10 HP, derivata chiaramente dalla FTA, ma<br />

questa volta con motore fabbricato direttamente in C<strong>as</strong>a.<br />

no .<br />

La prima Florenzia, 10 HP di chiara derivazione FTA<br />

Aveva 1400 cc, due cilindri, cambio a tre marce + RM, tr<strong>as</strong>missione a carda-<br />

Accanto a questa capostipite nacque poi la “Stelvio” a quattro cilindri conte-<br />

nuti in un biblocco il cui cambio era a quattro marce.<br />

Al Salone dell’ Automobile del 1905, a Torino, la Florentia si presentò anche<br />

con una vettura da corsa (20 cv) e con una Rochet-Schneider da cui la Florentia<br />

acquistò subito dopo la licenza di costruzione delle auto della C<strong>as</strong>a francesce.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 129<br />

Nel 1905 la produzione era di una macchina al giorno alternandosi nei tipi 16<br />

HP e 35 HP.<br />

Occupava trecento dipendenti.<br />

In quello stesso periodo fu aperto un cantiere a La Spezia che costruiva moto-<br />

scafi con propulsori da 08 a 80 cv, nonchè motovedette.<br />

La c<strong>as</strong>a puntò in seguito molto sul settore marino tanto da acquisire i cantieri<br />

della SVAN di Venezia.<br />

Prestissimo fu abbandonato l’accordo con la Rochet-Schneider.<br />

In campo automobilistico la Florentia produsse in quel periodo la 10, 18 e 28<br />

HP (quest’ultima a 6 cilindri).<br />

Interessante l’esperimento del motore senza valvole, sens soupapes.<br />

Comunque la C<strong>as</strong>a sempre più puntò sul settore marittimo per cui la disloca-<br />

zione delle aziende e la cronica carenza di capitali finirono per indebolire inesorabil-<br />

mente l’azienda che nel 1910 venne messa in liquidazione.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 130<br />

Chiribiri<br />

Antonio Chiribiri, aveva lungamente lavorato e collaborato con le c<strong>as</strong>e automobilistiche<br />

presenti all’epoca, per cui volle dedicarsi adesso alla n<strong>as</strong>cente industria<br />

aereonautica per cui lavora a Milano ed a Torino intorno al 1910.<br />

Quando a 45 anni, decide di mettersi in proprio sceglie propio Torino ed inizia<br />

in via Don Bosco, con la “sua” società denominata Fabbrica Torinese Velivoli Chiribiri<br />

& C. <strong>as</strong>sieme a Maurizio Ram<strong>as</strong>sotto e Gaudenzio Verga.<br />

L’industria automobilistica si innesta qu<strong>as</strong>i per necessità proprio su quella aereonautica<br />

a causa della scarsità delle commesse di velivoli.<br />

Il fallimento di una iniziativa che vedeva protagonista Antonio Chiribiri.<br />

Il conte Gustavo Brunetti d’ Usseaux, app<strong>as</strong>sionato aviatore ed automobilista,<br />

volendo imbarcarsi in una nuova avventura industriale, ordinò a Chiribiri una vetturetta<br />

economica, la Siva, della quale prevedeva, commissionandoli, ben 1000 pezzi<br />

per la prima serie.<br />

Prima che venisse impostato il proprotipo il conte Brunetti fu costretto a ritirarsi<br />

da uno sconvolgimento economico a causa della smodata p<strong>as</strong>sione per il gioco<br />

che nutriva da sempre.<br />

Intanto per effettuare un lancio alla grande della nuova vetturetta non si era<br />

badato a spese lanciandosi a capofitto in una spettacolare campagna pubblicitaria.<br />

Tutto andò perduto al suo ritiro. Rimanevano le attrezzature approntate, il progetto,<br />

i disegni costruttivi della vettura, per cui Chiribiri, per attenuare il grosso danno<br />

economico, decise di<br />

costruire anche vetture.<br />

Chiribiri tuttavia<br />

non era particolarmente<br />

contento della vetturetta,<br />

tanto che pur dovendo<br />

seguire importanti<br />

commesse di motori per<br />

aerei, lanciò una vettura<br />

Chiribiri tipo " Milano "<br />

di 1300 cc con una potenza<br />

di 12 HP.<br />

Per tutta la durata<br />

della Grande Guerra la vettura continuò ad essere prodotta, ma al rallentatore.<br />

Ala fine delle ostilità, con i profitti dell’industria di motori aerei, Chiribiri decide<br />

di ricondizionare l’azienda e cambia anche sede andando ad aprire una officina in<br />

via Caraglio angolo Monginevo che aveva maggiore spazio per la lavorazione.<br />

Qui inziò la costruzione della nuova vettura (presentata al Salone di Parigi de<br />

1919) che pur chimandosi ancora 12 HP aveva un motore di 1593 cc, 4 cilindri,<br />

cambio a 4 velocità, carrozzeria aperta 4 posti.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 131<br />

Antonio Chribiri entra così nel mercato con una vettura che non sfigurava al<br />

confronto delle altre sul mercato, ma con costi maggiori.-<br />

Il mercato avrebbe subito messo alle corde il nuovo costruttore se questi non<br />

avesse bruciato d’anticipo tutti puntando sulla vettura sportiva leggera, ma di alte<br />

prestazioni lanciando primo fra tutti una 1500 bialbero.<br />

Da questa Grand Prix derivò, sempre precorrendo i tempi, la Tipo “Monza”<br />

che era una vettura Gran Turismo bialbero direttamente derivata dalla Grand Prix.<br />

Le vetture Chiribiri hanno mietuto una lunga serie di successi con la guida di<br />

Tazio Nuvolari, Gigi Olatè, Scales (inglese), Deo ed Ada Chiribiri (figli di Antonio).<br />

Una mensione particolare va fatta per la figlia Ada, che fu la prima donna a<br />

dedicarsi in modo professionale all’automobilismo sportivo; morì a Torino nel 1954.<br />

Ada corse dimostrando, talento, per molti anni.<br />

L<strong>as</strong>ciò il professinismo nel ‘28 quando la fabbrica del padre, presso cui lavorava<br />

come contabile, fu costretta a chiudere.<br />

Non si è mai potuto sapere con certezza se corresse per p<strong>as</strong>sione personale o<br />

Ada Chiribiri, figlia del fondatore della C<strong>as</strong>a,<br />

fu valente pilota della squadra corse Chiribiri<br />

sopratutto in salita. Fu la prima donna italiana<br />

a praticare l' automobilismo da professionista.<br />

Quando non correva era addetta nell'<br />

azienda paterna all' amministrazione. Si ritirò<br />

dalle corse nel 1928 alla chiusura della Fabbrica.<br />

Morì a Torino il 1954<br />

per mero spirito di devozione filiale ed attacamento all’azienda del genitore.<br />

Intervistata più volte durante la sua vita sull’argomento, lei sorrideva amabilmente<br />

e sfuggiva la risposta custodendo un segreto che portò con sè per sempre.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 132<br />

La gestione aziendale era strettamente incombenza dei soci: Chiribiri si occupava<br />

della produzione, Ram<strong>as</strong>sotto capo dei collaudi e Verga progettista. Per un<br />

certo periodo l’ amministrazione fu retta da Vittorio Valletta.<br />

Il 1922 vede la sortita di una nuova vettura in versione Sport e Turismo, il tipo<br />

“Roma”.<br />

Nello stesso anno n<strong>as</strong>ce la più famosa delle vetture Chiribiri con un motore<br />

bialbero i cui primi tre esemplari da corsa esordirono alla Susa-Moncenisio, Aosta-<br />

Gran S.Bernardo ed al Gran Premio Vetturette al nuovo autodromo di Monza.<br />

Le velocità m<strong>as</strong>sime sviluppate dalle due versioni (45 cv e 65 cv) erano del<br />

tutto fuori dalla norma in quel periodo: 120 km/h la prima e 150 km/h la seconda.<br />

Ancora una volta Chiribiri gioca d’anticipo e lancia il motore sovralimentato<br />

sorprendendo tutti e anticipando l’Alfa Romeo 1500 di tre/quattro anni!<br />

Tuttavia niente potè scongiurare la crisi dell’azienda che pativa molto pesantemente<br />

la crisi mondiale del 1927.<br />

Si tentò di costruire locomotori diesel tipo Uberti ed una serie di motori commerciali<br />

su progetto Borrello.<br />

La vettura tipo “Milano” che avrebbe dovuto affiancarsi alla tipo “Monza”, ma<br />

per una clientela meno sofisticata, risollevando così le sorti dell’azienda fallì l’obbiettivo<br />

clamorosamente.<br />

... e la Chiribiri chiuse i battenti.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 133<br />

Diatto<br />

Torino 1835, n<strong>as</strong>ce una fabbrica di carrozze ad<br />

opera dei maestri carratori Diatto.<br />

L’attività andò avanti con profitto per 70 anni<br />

essendo ritenuti fra i migliori del tempo.<br />

Fu nel 1905 che n<strong>as</strong>ce la Diatto riferito all’<strong>automobile</strong>,<br />

mentre gli italiani <strong>as</strong>sistevano al diffondersi del nuovo mezzo di locomozione<br />

che prescindeva dal fido cavallo, ma utilizzava per trarne propulsione un blocco di<br />

ferro misterioso che racchiudeva incompresibili (per i più) pezzi metallici e che riusciva<br />

a far muovere una carrozza compresi gli occupanti: il motore.<br />

Non era questo un miracolo e non era stregoneria, ma solamente il frutto dell’intelletto<br />

dell’uomo che era riuscito ad imbrigliare le forze fisiche della natura ed a<br />

porle al proprio servizio.<br />

In una Torino ormai<br />

virulenta di iniziative<br />

riguardanti l’<strong>automobile</strong><br />

i due fratelli Diatto<br />

(ingg. Vittorio e Pietro<br />

Diatto) non potevano a<br />

lungo non rimanerne<br />

contaggiati.<br />

Fu così che il 12<br />

aprile 1905 diedero vita<br />

ad una società con lo<br />

scopo di utillizzare commercialmente<br />

il nuovo<br />

mezzo di tr<strong>as</strong>porto.<br />

La piccola Diatto meglioconosciuta come “Diattina”<br />

(Collezione privata)<br />

Si rivolsero alla Clement Bayard, nella vicina Francia, e conclusero una allenza<br />

che fece n<strong>as</strong>cere la Diatto-A.Clement Vetture Marca Torino. Presidente lo stesso<br />

Adolphe Clement, Amministratore delegato l’ing Vittorio Diatto. Lo stabilimento si<br />

estendeva su 25.000 mq e dava lavoro a 500 dipendenti.<br />

Le prime vetture uscirono nel 1906, ma era solamente un <strong>as</strong>semblare le vetture<br />

di Oltr’Alpi e le vetture venivano commercializzate con il marchio “Torino”. La<br />

produzione iniziò con una 10/12 HP.<br />

Nel 1908 viene prodotto un triblocco a 6 cilindri 24 Hp di 4086 cc.<br />

Il 1909 vede uscire Adolphe Clement dalla combinazione e cessa il rapporto<br />

fra le due c<strong>as</strong>e.<br />

La fabbrica prende il nuovo nome di Officina Fonderie Frejus-Diatto.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 134<br />

Lo stesso anno viene prodotto un motore originale. La C<strong>as</strong>a <strong>as</strong>sume un nuovo<br />

logo che sarà poi il definitivo.<br />

Dal 1911 fino al 1915 la produzione si incentrò su un modello unico a 4 cilindri<br />

di 2212 cc.<br />

Nel 1915, un ancestrale richiamo del sangue, porta all’apertura di un reparto<br />

carrozzeria. Fino a quel momento, come tutte le fabbriche esistenti, alla clientela<br />

veniva consegnato solamente l’autotelaio.<br />

Furono rilevati gli stabilimenti Newton (ex Valt) di Torino e Shacchi di Chiv<strong>as</strong>so.<br />

Inoltre la C<strong>as</strong>a si dedicava alla costruzione di autocarri leggeri e quant’altro<br />

necessario all’evento bellico.<br />

Fu rilevata anche la Gnome e Rhòne Fabbrica Italiana Motori, che fu dedicata<br />

ai motori aereonautici 8<br />

cilindri su licenza Bugatti.<br />

Anche per la Diatto<br />

il periodo bellico fu<br />

molto vantaggioso economicamente<br />

tanto che<br />

il 1916 vide un utile di<br />

ben 205.427 lire su un<br />

capitale sociale di sole<br />

lire 1.500.000.<br />

Dopo il conflitto la<br />

Società cambio per ben<br />

Diatto tipo 20 carrozzata Weimann<br />

(Museo Auto - Torino)<br />

due volte la denominazione sociale e solamente nel 1919 <strong>as</strong>sunse il nome di Automobile<br />

Diatto S.A..-<br />

Intanto nel 1919 era uscito un Tipo 30 che altro non era che una riproduzione,<br />

su licenza, del Tipo 23 della Bugatti.<br />

Il piccolo Tipo 10 di solo un litro di cilindrata non ebbe seguito essendo i tempi<br />

prematuri per la diffusione di una vettura di tanta esigua cilindrata.<br />

Nel 1922 al Salone dell’Auto di Milano fu presentata la Tipo 20 costruita sui<br />

disegni acquistati dalla Veltro di Torino (società che ebbe vita brevissima).<br />

La tipo 20 e la consorella 20 S si resero immediatamente popolari e gradite al<br />

pubblico.<br />

Si pensi che la tipo 20 S era in grado di erogare ben 75 CV (la normale solo<br />

40).<br />

La Diatto si ritagliò un’ immagine precisa nel grande firmamento di marche<br />

grandi e piccole che in quel periodo dilagavano in Italia, per merito del motore con<br />

distribuzione a valvole in testa.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 135<br />

Tuttavia le condizioni economiche erano alquanto precarie tanto che si decise<br />

di metterla in liquidazione nel ‘23.<br />

Ma un afflusso di capitale fresco ridiede linfa alla c<strong>as</strong>a che divenne Autocostruzioni<br />

Diatto S.A.<br />

La nuova società pensò di dedicarsi<br />

anche al mondo sportivo per cui si rivolse<br />

ad Alfieri M<strong>as</strong>erati e fu costruita una vettura<br />

Gran Premio 8 cilindri di due litri fornita<br />

di compressore.<br />

La sfortunata Grand Prix<br />

La vettura partecipò con alla guida<br />

Mater<strong>as</strong>si al Gran Premio d’ Italia del 1925,<br />

ma non terminò la corsa.<br />

Nel ‘26 i fratelli Musso (principali azionisti) coinvolsero la Diatto nel dissesto<br />

finanziario delle loro personali industrie tessili.<br />

Dopo anni di stenti, nel 1927, la Società cessa di produrre con i Tipi 30 e 26.<br />

Nel 1931 Carlino S<strong>as</strong>so riesce a rimettere in sesto lo sc<strong>as</strong>satissimo bilancio<br />

aziendale.<br />

La produzione verte però solo su ricambi per le Diatto, motocompressori,<br />

gruppi elettrogeni e perforatrici pneumatiche.<br />

Nel 1945 si ritentò con le auto, ma solo per la progettazione di auto ed autocarri<br />

per conto della Società Galileo.<br />

La cosa non andò avanti per cui nel 1955 la Diatto chiude definitivamente<br />

incorporata dalla Veglio S.p.A.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 136<br />

Ansaldo<br />

L’Ansaldo nacque dallo smembramento di una<br />

delle più forti holding industriale italiane.<br />

Pertanto vi erano tutte le premesse perchè la<br />

fabbrica potesse avere vita lunga e proficua.<br />

Così non fu a causa del disinteresse per il settore automobilistico che tutte le<br />

varie dirigenze susseguitesi hanno riservato a tale settore.<br />

Gli interessi erano sopratutto per il settore ae-<br />

reonautico e per quello marino, non disdegnando in<br />

parte il settore ferroviario.<br />

La fabbrica nacque per iniziativa dell’ ingegne-<br />

re Giovanni Ansaldo, rientrato dall’estero ove era per<br />

studiare l’organizzazione industriale.<br />

Era nato a Genova il 1819 ed a soli 24 anni<br />

insegnava all’Università.<br />

L’attività iniziò con la costruzione di due loco-<br />

motive a vapore, le prime costruite interamente in Ita-<br />

lia.<br />

A Sanpierdarena fu allestito uno stabilimento per le costruzioni navali.<br />

Nel 1903 la società si tr<strong>as</strong>forma da accomandita semplice in Società Anonima<br />

con il grosso apporto della famiglia Perrone.<br />

L’ anno successivo fu stipulato un accordo con la Armstrong di Newc<strong>as</strong>tle per<br />

effettuare costruzioni di artiglierie. L’accordo resse solo per tre o quattro anni e nel<br />

1907 diviene la prima industria che opera nel campo di corazzature navali e produ-<br />

zione di artiglierie senza nessun capitale straniero, ma solamente italiano.<br />

La guerra di Libia, prima, e la Guerra Mondiale, dopo, provocaro una crescita<br />

artificiosa strettamente legata alla produzione bellica tanto che il 1916 furono acqui-<br />

stati gli Stabilimenti della Società Italia Transaerea di Torino destinandoli alla costru-<br />

zione degli SVA (Savoia-Verduzio-Ansaldo), degli A 300 e alla revisione dei caccia<br />

monoposto Balilla nonchè degli Spad degli eserciti alleati.<br />

L'arciere sui radiatori<br />

delle Ansaldo<br />

A Torino venivano costruite le carrozzerie ed i motori erano prodotti in uno


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 137<br />

stabilimento di Sanpierdarena (Genova).<br />

Già prima che il lavoro per le imprese militari si esaurisse, l’ing Guido Soria,<br />

direttore dello stabilimento, aveva suggerito al Presidente del gruppo, Pio Perrone,<br />

di iniziare uno studio tendente alla riconversione degli stabilimenti da attrezzature<br />

militari ad automobilistici.<br />

La prima vettura che la Ansaldo produsse fu la 4 A che si iniziò a consegnare ai<br />

primi del 1920.<br />

La vettura era<br />

una medio-leggera<br />

equipaggiata con un<br />

motore ad albero di-<br />

stribuzione in testa, al-<br />

quanto raffinata, che<br />

sfruttava bene i rap-<br />

porti volumetrici.<br />

Una caratteristica<br />

peculiare della vettura era la estrema robustezza ed affidabilità tanto da guadagnarsi<br />

nel grosso pubblico il detto “forte come una Ansaldo” (parlando anche di uomini<br />

o di qualunque altra cosa).<br />

Non ebbe grossa accoglienza , come si sperava, a causa della scarsa ricetti-<br />

vità da parte del pubblico.<br />

Nel settembre del ‘20 tutte le attività si concentrarono in corso Peschiera a<br />

Torino ove era cessata completamente l’attività aereonautica.<br />

La crisi post bellica ed il fallimento della Banca Italiana di Sconto, crearono<br />

non poche preoccupazioni finanziarie alla c<strong>as</strong>a.<br />

L’intervento di un consorzio bancario mirava a riunire tutte le attività di fonde-<br />

ria, sia navale che ferroviario creando una nuova società Ansaldo.<br />

La Gio.Ansaldo & C. fu costretta a ritirare le proprie partecipazioni nella An-<br />

saldo San Giorgio, nella Spa, nell’ Aereonautica Pomilio e, di conseguenza, anche<br />

nella Ansaldo Automobili.<br />

Ansaldo 4 C del 1923<br />

Il 7 marzo 1923 si costituiva la S.A. Automobili Ansaldo la cui maggioranza<br />

era di un gruppo varesino con a capo il comm. Prestini.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 138<br />

Presidente è l’ing. Giuseppe Mazzini e Amministratore lo stesso Soria cui si<br />

deve l’idea di costruire le vetture Ansaldo.<br />

Nello stesso anno viene ammodernato il vecchio modello 4 A apportando<br />

piccole modifiche fra cui un allungamento del p<strong>as</strong>so e miglioramenti nella corrozze-<br />

ria che prende il nome di 4 C.<br />

Nel ‘24 viene anche prodotto sullo stesso impalcato un modello 6 C. Vi fu per<br />

ambedue anche una versione sportiva che si distingueva per l’aggiunta della “S” che<br />

guadagnano un 10% nelle prestazioni ed un deciso miglioramento nelle finiture fra<br />

cui le ruote a raggi tangenti.<br />

Queste vetture praticamente sempre uguali, vengono proposte fino al 1930 e<br />

questa st<strong>as</strong>i non può che<br />

creare una difficoltà nel-<br />

le vendite.<br />

Unico modello<br />

nuovo fu la tipo 10 con<br />

un telaio alquanto sem-<br />

plificato fino a ripropor-<br />

re la balestra tr<strong>as</strong>versa-<br />

le anteriore (tipo Ford T).<br />

La vettura era però ubi-<br />

cata in una precisa fa-<br />

scia di utenza e doveva<br />

subire un martellamento<br />

ai fianchi da parte di due<br />

vetture molto riuscite, la Fiat 509 e la Fiat 503. Per tale ragione non riuscì mai a<br />

ritagliarsi un suo spazio vitale.<br />

Contemporanee sono la tipo 14 (vecchio motore del 1919, adesso con ac-<br />

censione a spinterogeno) e la tipo 15.<br />

Le potenze erogate in funzione della grandezza dei motori era ormai esigua e lo<br />

slogan di cui si fregiava la Ansaldo “Imbattibili in salita” potè reggere solo per<br />

l’adozione del cambio a quattro velocità.<br />

Ansaldo 6 B<br />

(Collezione privata)<br />

Interessante, ma senza seguito l’esperimento di montare sulla tipo 15 CS un


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 139<br />

doppio albero in testa aumentando la potenzza da 40 a 60 HP.<br />

La discesa nelle vendite era ormai inarrestabile per cui la nuova dirigenza del<br />

1927 (Ruotificio Italiano e Aereonautica Macchi di Varese) decidono di puntare su<br />

vetture di alta cl<strong>as</strong>se.<br />

Al Salone di Roma viene presentata una 8 cilindri Tipo 22 ed a quello di Gine-<br />

va addirittura una 16 cilindri Tipo 18.<br />

Ambedue le vetture furono aggiornate nel rapporto cilindrata-potenza, e rese<br />

quindi competitive.<br />

ganti.<br />

nomiche.<br />

Le carrozzerie di serie preparate da Scani e Montescani sono sobrie ed ele-<br />

Mancano comunque gli acquirenti per cui la C<strong>as</strong>a si trova in ristrettezze eco-<br />

Si vociferava un intervento Fiat, che non vi fu.<br />

Intervenne invece la OM, ma che era già in crisi per proprio conto.<br />

In effetti la joint venture avrebbe dovuto solo completare gli autotelai già in<br />

corso di produzione (circa 400) e venderli, ma la clientela non accettava di compra-<br />

re da una struttura che non avesse <strong>as</strong>sistenza sul territorio e chiaramente nata per<br />

recuperare le giacenze.<br />

Due anni dopo la ragione sociale cambia in Ansaldo C.E.V.A, ma le vendite<br />

non arrivano ed alcuni autotelai vengono ritrovati sommersi di polvere nei depositi<br />

nel 1936 quando rileva tutto la Viberti molto attiva nel settore dei veicoli industriali.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 140<br />

De Vecchi<br />

La De Vecchi fu una delle maggiori fabbriche milanesi di automobili che nei<br />

primi anni del secolo pullulavano in Lombardia.<br />

La n<strong>as</strong>cita della Società la si deve alla “operosa<br />

genialità” di Giuseppe De Vecchi (1878-1945). nel<br />

1903.<br />

Le sue automobili vantarono sempre una moder-<br />

nità di soluzioni che la posero all’avanguardia rispetto<br />

alle altre macchine prodotte in quegli anni.<br />

La De Vecchi può vantare nella sua produzione<br />

la prima vettura di serie che raggiungeva agevolmente<br />

i 100 kmh, la prima <strong>automobile</strong> con avviamento elettrico, il primo readiatore a pera<br />

(la FIAT lo adotterà solo nel ‘19 sulla 501, così come la Spa sul modello 9.000),<br />

tr<strong>as</strong>missione a cardano, ruote a raggi tangenti, carrozzerie levigate e tondeggianti.-<br />

De Vecchi aveva brevettato un particolare ponte posteriore fucinato e forato<br />

che, pur mantenedo una estrema rigidità, era molto leggero e veniva adottato di<br />

serie sulle vetture De Vecchi.<br />

Detto ponte era talmente intelligente ed interessante che la Daimler scambiò il<br />

diritto a sfruttare il brevetto De Vec-<br />

chi con la concessione ad utilizzare<br />

il particolare volano motore alettato<br />

che migliorava il raffreddamento dei<br />

motori di sua invenzione.<br />

Dopo l’esperienza fatta pres-<br />

so la Prinetti & Stucchi, durante la<br />

quale aveva avuto la ventura di la-<br />

vorare a fianco di Ettore Bugatti,<br />

Giuseppe De Vecchi apre la sua pri-<br />

ma officina a Milano in via Bertani al<br />

numero 16.<br />

Strada.<br />

Giuseppe De Vecchi al volante<br />

della prima vettura prodotta<br />

<strong>as</strong>sieme ad Ettore Strada<br />

Qui costruisce un motociclo e progetta una vettura <strong>as</strong>sieme all’amico Ettore


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 141<br />

E’ una vettura da città, la 10/12 HP che verrà comunque prodotta solo in<br />

seguito dopo aver fatta una società <strong>as</strong>sieme ad Ettore Strada e tr<strong>as</strong>ferita l’officina in<br />

via Peschiera 2.<br />

Nel novembre 1905 viene costituita la De Vecchi, Strada & C.<br />

Questa prima vettura rimane in produzione (con gli aggiornamenti del c<strong>as</strong>o)<br />

per ben quattro anni.<br />

Il 1908 esce dalla cordata Strada ed entra l’ing. Benedetti per cui la società<br />

cambia in De Vecchi & C. Accomandita per Automobili - Milano.<br />

morte di Giuseppe De Vecchi.<br />

Ancora una tr<strong>as</strong>formazione nel-<br />

la ragione sociale la troviamo nel<br />

1917 quando la fabbrica si tr<strong>as</strong>feri-<br />

sce in via Vallazze 105.<br />

Un anno dopo De Vecchi l<strong>as</strong>cia<br />

il settore automobilistico e crea una<br />

nuova fabbrica di molle in via Pelle-<br />

grini 5, la Società Italiana Molle Ac-<br />

ciaio De Vecchi la cui attività viene<br />

continuata dai figli anche dopo la<br />

La fabbrica delle auto viene <strong>as</strong>sorbita dalla CMN (Costruzioni Meccaniche<br />

Nazionali) che continua la produzione anche se con aggiornamenti, fino al 1922 (13<br />

luglio).<br />

La 10/12 HP presentata nel 1906 alla<br />

Esposizione Universale di Milano<br />

Tornando alla prima vettura costruita diremo che si trattava di un motore bi-<br />

blocco, 4 cilindri, valvole bilaterali, con tr<strong>as</strong>missione a catena .<br />

Nel 1908 questa vettura coglie un successo nella Padova-Bovolenta.<br />

Il periodo fino al 1913 fu molto proficuo per la C<strong>as</strong>a che ha in catalogo una<br />

lunga teoria di modelli.<br />

Troviamo la 16/20 HP Tipo A di 2800 cc, subito dopo entra in produzione la<br />

20/30 Tipo B di 4082 cc, con freni a m<strong>as</strong>celle contraenti collocati sui semi<strong>as</strong>si<br />

all’uscita del differenziale, e la grande 28/35 HP di ben 5426 cc.<br />

Nel 1911 vengono realizzati dalla De Vecchi i motori Monobloc e si produce<br />

la nuova 16/20 HP Tipo D che vede la nuova tendenza ad allungare la corsa del


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 142<br />

pistone. Tale caratteristica la si rileva anche nella nuova 20/30 che ha due motoriz-<br />

zazioni: una monobloc valvole unilaterali e l’altra biblocco che sarà l’anticipatrice<br />

della 25/35 HP che vedrà la luce l’ anno successivo.<br />

HP.<br />

La gamma dei modelli comprende anche la Tipo E 20/25 HP e la Tipo F 25/35<br />

Durante la Gran-<br />

de Guerra, come tutte,<br />

anche la De Vecchi si<br />

dedica a mezzi per l’<br />

Esercito, motori aereo-<br />

nautici e marini.<br />

Intanto l’attività<br />

sportiva procedeva di<br />

pari p<strong>as</strong>so mietendo<br />

successi in prestigiose<br />

gare come la Parma-<br />

Poggio di Berceto, la Targa Florio, la Coppa Florio ed il Criterium automobilistico<br />

di regolarità di Modena e tante altre prestigiose gare.<br />

I piloti erano lo stesso titolare De Vecchi e due giovani nei quali la C<strong>as</strong>a<br />

riponeva fiducia, e non sbagliava, dal momento che erano Tonino Ascari ed Ugo<br />

Sivocci, ambedue futuri <strong>as</strong>si del volante sportivo.<br />

L’ultima vettura prodotta dalla fabbrica De Vecchi fu la Tipo H 25/30 HP di<br />

3815 cc nel 1916.<br />

La vettura riscosse grande successo anche in campo internazionale tanto da<br />

interessare il Ministero della Guerra Russo che ne ordinò un grosso contingente.<br />

Vecchi.<br />

La Tipo H 25/30 HP prodotta il 1916<br />

(fornitura al Ministero della Guerra Russo)<br />

Si ha motivo di ritenere debba essere questa l'ultima vettura costruita dalla De


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 143<br />

Nazzaro<br />

Si può ben dire, senza tema di sbagliare, che l’Automobilismo italiano nacque<br />

in quel “campicello” che Giovan Battista Ceirano aveva creato a Torino all’inizio<br />

del secolo.<br />

Piloti collaudatori, ingegneri, intuizioni meccaniche, strategie, progetti di vetture<br />

nacquero tutti in quel cortile di Torino.<br />

Come detto a suo<br />

tempo, quando nel<br />

1898 la nuova nata<br />

FIAT rilevò uomini e<br />

cose dalla Ceirano, si<br />

trovò nel proprio seno<br />

uomini come l’ing. Fac-<br />

Tipo 2 - La prima vettura che fu sempre il modello b<strong>as</strong>e<br />

fino alla Tipo 4<br />

(Collezione Quattro Ruote - Milano)<br />

cioli e collaudatori<br />

come Lancia e Nazzaro.<br />

Felice Nazzaro<br />

era nato a Torino il<br />

1881 ed era figlio di un commerciate.<br />

Entrato alla Ceriano quale apprendista si trovò al fianco di Lancia, che sarebbe<br />

divenuto in seguito il suo grande amico, ma anche, il suo grande rivale storico.<br />

Anche nella Fiat si trovarono gomito a gomito ad alimentare questo misto di<br />

amore ed odio che li inseguirà per la vita.<br />

I loro caratteri erano agli antipodi ed era proprio questo che li univa in una<br />

salda amicizia.<br />

Vincenzo Lancia corpulento e sanguigno nelle sue irruente decisioni, Felice<br />

Nazzaro magro e freddo calcolatore che sapeva dosare il fisico ed il mezzo fino al<br />

traguardo.<br />

Iniziarono <strong>as</strong>sieme nella squadra Fiat a mietere alternativamente allori alla guida<br />

delle ottime vetture da corsa Fiat, accumulando nel mondo successo su successo.<br />

Non furono poche le volte che l’irruenza di Lancia veniva punita dalla sorte<br />

con un gu<strong>as</strong>to tecnico per cui la costanza e la saggia amministrazione di Nazzaro<br />

veniva fuori alla distanza premiandolo con una vittoria.<br />

In seguito, al pari di Lancia, anche Nazzaro l<strong>as</strong>ciò la Fiat per iniziare una sua<br />

personale avventura costruttiva, ma mentre per Lancia le cose erano sempre in<br />

chiave definitiva, Nazzaro non tagliò mai il cordone ombelicale con la Fiat ove tornò<br />

più volte fino a rimanerci definitivamente fino agli anni’40, epoca della sua morte.<br />

Era il 1911 quando Felice Nazzaro fonda la “sua” C<strong>as</strong>a costruttrice. Lo fa in


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 144<br />

via Circonvallazione della sua Torino confidando che il suo nome, ormai conosciuto<br />

nel mondo, faccia da elemento trainante per le sue vetture. In effetti prima ancora di<br />

entrare in produzione sono tante le richieste che le officine si debbono tr<strong>as</strong>ferire in<br />

corso Peschiera 250 in locali più ampii e meglio attrezzati.-<br />

La produzione inizia con una vettura a 4 cilindri, monoblocco, tr<strong>as</strong>missione a<br />

cardano cambio a 4 marce +RM, la Tipo 2. Veniva offerta in tre versione: p<strong>as</strong>so<br />

lungo, p<strong>as</strong>so corto e corsa.<br />

Furono immediatamente istituite delle agenzie commerciali all’estero e già nel<br />

1912 espose la vetture a Londra e Parigi.<br />

La sezione corse vedeva alla guida lo stesso Nazzaro e Fabry.<br />

Seguì la Tipo 3 e<br />

nel 1915 le vetture furono<br />

dotate di avviamento<br />

ed impianto illuminazione<br />

elettrici.<br />

Nel 1915 vide la<br />

luce la Tipo 4, che era un<br />

ulteriore miglioramento<br />

della vettura b<strong>as</strong>e e che<br />

montava un motore valvole<br />

in testa ed il radiatore<br />

a punta.<br />

Scoppiata la guerra<br />

la C<strong>as</strong>a si dedicò alla<br />

produzione di autocarri<br />

con motori Anzani.<br />

Purtroppo alla ottima<br />

progettazione ed<br />

esucuzione dei manufatti<br />

Vicenzo Florio e Felice Nazzaro<br />

non corrispondeva una altrettanto buona gestione amministrativa, per cui nel 1916<br />

la fabbrica, dopo aver prodotto 250 ch<strong>as</strong>sis per vetture e 50 per autocarri, fu costretta<br />

a mettersi in liquidazione.<br />

Lo stabilimento fu rilevato da Franco Tosi da Legnano che iniziò la costruzione<br />

di motori per aerei.<br />

Felice Nazzaro comunque non aveva rinunziato alla sua attività di costruttore<br />

per cui, con nuovi finanziamenti, nel 1919 fondò la Nazzaro S.A. con sede in piazza<br />

Baldinucci a Firenze.<br />

La produzione si b<strong>as</strong>ava sulla Tipo 5 con nuovo motore valvole in testa, radiatore<br />

a spigoli arrotondati, nuovo marchio (un leone con un cartello in bocca con<br />

scritto Nazzaro).


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 145<br />

Fu senz’altro questa (Tipo 5) la vettura più prestigiosa prodotta dalla Nazzaro<br />

con notevoli caratteristiche sportive tanto che alla Targa Florio del 1920 giunse in<br />

testa precedendo l’Alfa Romeo guidata da Enzo Ferrari.<br />

In quattro anni di attività furono prodotte<br />

250 vetture Tipo 5 che ovunque hanno<br />

riscosso successo ed ammirazione.<br />

Le vittorie sportive erano ormai all’ordine<br />

del giorno e ben raramente le automobili<br />

Nazzaro tradirono le <strong>as</strong>pettative.<br />

Felice Nazzaro si rivela un ottimo pilota<br />

ed un altrettanto ottimo costruttore.<br />

Ormai non vi era corsa che non lo<br />

vedesse ai n<strong>as</strong>tri di partenza:<br />

- Padova-Treviso;<br />

- C<strong>as</strong>telfranco-Padova-Vicenza-Padova;<br />

- Coppa della Consuma (con la scuderia Florio);<br />

- Susa-Moncenisio;<br />

Il motore della Nazzaro Tipo 2<br />

- Coppa Gordon Bennett sul circuito d’ Alvernia che può considerarsi l’equivalente<br />

dell’attuale Campionato Mondiale;<br />

- Coppa d’Oro d’ Italia (4000 km);<br />

- Gran Premio di Francia;<br />

... e tante altre prestigiosissime gare.<br />

Felice Nazzaro al volante di un "mostro" da 300 HP, la S<br />

76, esce dalle Officine FIAT di Torino


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 146<br />

Amilcar Italiana In effetti è molto difficile parlare dell’Amicar Italiana<br />

dal momento che questa società pur essendo sopravvissuta<br />

solo due anni in effetti ha operato in simbiosi<br />

con la Amilcar francese dal momento che il gruppo di<br />

imprenditori che la gestiva lavorava da anni importando<br />

i pezzi staccati della vetturetta francese che <strong>as</strong>semblava<br />

in Italia.<br />

La domanda che ci si pone è se la Amilcar debba<br />

essere considerata italiana solamente dal 1927 oppure<br />

dal 1925 anno di inzio produzione della Amilcar francese<br />

montata in Italia.<br />

Anche le pubblicità dell’epoca soffrirono di questo dubbio tanto che alcune<br />

vetture venivano commercializzate come Amilcar senza aggettivi ed altre come Amilcar<br />

Italiana.<br />

Proveremo a tracciare un profilo dell’azienda scusandoci per la poca chiarezza<br />

e le frammistioni inevitabili.<br />

La Société Nouvelle pour l’Autmobil Amilcar fu fondata a St. Denise nel 1921<br />

ad opera di Lamy e Akar ce fondendo i loro cognomi e modificando le lettere y e k<br />

diedero vita al nome Amilcar.<br />

Il suo primo modello fu la CC di 900 cc a quattro cilindri in linea. La sua forza<br />

consisteva nel prezzo contenuto e sulle buone doti meccaniche. Ulteriori modificazioni<br />

diedero vita alla CS ed alla C4. Le Amilcar conquistarono sempre buoni piazzamenti<br />

nelle competizioni cui parteciparono.<br />

Ai modelli sportivi furono affiancati due vetture da turismo con carrozzeria<br />

chiusa e precisamente la tipo E e la tipo L.<br />

Vetture di interesse furono il modello CGS caratterizzata dalla mancanza di<br />

differenziale, ed una bella siluro sport, la G6 del 1926, dotata di motore a 6 cilindri<br />

e due alberi a cammes di 1100 cc capace di toccare agevolmente i 200 Km/h.<br />

Per le solite ragioni fiscali di dazi doganali e t<strong>as</strong>se d’importazione in epoca<br />

imprecisata il montaggio delle vetture per il mercato italiano fu realizzato negli stabilimenti<br />

di Lecco dalla Compagnia Generale Automobili con sede a Roma.<br />

Questo creò enorme confusione dal momento che non fu mai chiaro sotto<br />

quale rapporto giuridico la società romana ha operto.<br />

A confondere ancora di più le già torbide acque si aggiunse, come detto, che<br />

spesso le vetturette portavano sul marchio la dicitura Amilcar Italiana.<br />

Si sa solamente per certo che il 1927 la ditta p<strong>as</strong>sò alla Società Industriale<br />

Lombardo Veneta Automobili con sede a Verona. Tuttavia anche in questo c<strong>as</strong>o<br />

non è stato mai possibile chiarire quale fosse la forma giuridica utilizzata per realiz-


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 147<br />

zare le vetture.<br />

Così come nacque la Amilcar italiana (ma è poi mai veramente nata?) così finì<br />

improvvisamente nel 1929 forse a causa della crisi mondiale.<br />

Sparì senza l<strong>as</strong>ciare tracce.<br />

La G6 con motore 6<br />

cilindri<br />

di 1100 cc<br />

(collezione conte<br />

C<strong>as</strong>telbarco)<br />

Il bel motore<br />

della G6<br />

con doppio albero<br />

a cammes<br />

Il modello C G S


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 148<br />

O.S.C.A.<br />

Prima del secondo conflitto mondiale i fratelli M<strong>as</strong>erati avevano ceduto la loro<br />

fabbrica pur essensosi impegnati a rimanerne alla direzione per almeno 10 anni.<br />

In tutti i c<strong>as</strong>i alla fine della guerra pensarono di realizzare quello che già pensavano<br />

da lungo tempo: una vettura Grand Prix.<br />

Tuttavia trovare i relativi finanziamenti non era<br />

cosa estremamente agevole, per cui ripiegarono su<br />

una vettura di media cilindrata accantonando momentaneamente<br />

il progetto Grand Pix.<br />

Nell’estate del 1947 la progettazione, i “tipi”<br />

in legno, le fusioni del monoblocco ed altro erano<br />

ormai pronti e si cominciò a montare la vettura negli<br />

scantinati della villa di M<strong>as</strong>erati.<br />

Per perseguire questo progetto i fratelli M<strong>as</strong>erati<br />

misero <strong>as</strong>sieme le loro forze e nell’autunno del 1947 fondano la O.S.C.A.<br />

(Officine Specializzate Costruzioni Automobili).<br />

Aprile 1948: la vettura (ancora da “vestire”) era pronta per iniziare i collaudi.<br />

Era una 1092 cc a 4 cilindri con un rapporto di compressione 11,5:1 dal momento<br />

che all’epoca erano consentiti carburanti miscelati.<br />

Aveva sospensioni<br />

anteriori a molle e posteriore<br />

a ponte rigido, monoblocco<br />

in ghisa e testa<br />

in alluminio, 72 CV a<br />

6000 giri, il telaio tubolare<br />

per abb<strong>as</strong>sare l’effetto<br />

torsionale. Il progetto iniziale<br />

aveva parafanghi<br />

motociclistici, pesava solo<br />

520 kg.<br />

La macchina, messa<br />

a punto durante l’estate<br />

era ormai pronta per<br />

schierarsi al G.P. di Napoli<br />

Ernesto M<strong>as</strong>erati prova la MT4 ancora "nuda"<br />

con alla guida Gigi Villoresi che, contro ogni previsione razionale, la portò alla vittoria!<br />

Il secondo “colpo gobbo” lo fece in ottobre al Circuito del Garda, ove Serafini<br />

dominò l’intera gara con la O.S.C.A.-<br />

Il 1949 portò ai fratelli M<strong>as</strong>erati ed alla loro vettura una serie lunghissima di


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 149<br />

allori.<br />

Anche il vecchio pilota Faggioli ne comprò una, e ne comprò una anche un tal<br />

Giulio Cabianca, uno sconosciuto veronese, che al Circuito del Tigullio surcl<strong>as</strong>sò il<br />

velocissimo Bracco che guidava una Cisitalia.<br />

Ormai la vettura era lanciatissima ed incontenibile!<br />

Intanto i M<strong>as</strong>erati<br />

prepararono una vettura<br />

con motore 1342 che si<br />

impose subito al Circuito<br />

del Garda sempre con<br />

Serafini che fu secondo<br />

solo a Gigi Villoresi su<br />

Ferrari 2000, ma prevalse<br />

su macchine come altre<br />

Ferrari, Cisitalia e la<br />

Morris 1100 guidata dal<br />

giovane Stirling Moss<br />

Nel frattempo Er-<br />

OSCA 110 MT4<br />

nesto M<strong>as</strong>erati stava elaborando il nuovo motore a due alberi a cammes in testa<br />

capace di erogare ben 86 CV malgrado si fosse dovuto ridurre il rapporto di compressione<br />

a 9:1 poichè i nuovi regolamenti imponevano benzine comuni. Ed il successo<br />

anche qui arrise all’ OSCA, che conseguì il primo di categoria alla Mille<br />

Miglia del 1950 guidata da Fagioli.<br />

I lusinghieri successi fecero rispolverare ai fratelli M<strong>as</strong>erati il progetto della<br />

monoposto Grand Prix per F1.<br />

All’epoca era da scegliere (per regolamento) tra un 1500 cc con compressore<br />

o un 4500 cc <strong>as</strong>pirato.<br />

L’ Alfa Romeo, la Ferrari e tutte le inglesi adottarono il 1500 cc conpressore,<br />

mentre Ernesto M<strong>as</strong>erati optò per un 4500 <strong>as</strong>pirato a 12 cilindri a V 60° con doppio<br />

albero a camme per testata. 330 CV a 6200 giri.<br />

Originale il sistema del biellaggio: le bielle di un lato scorrevano sui colletti di<br />

biella dell’ altro.<br />

Il motore girava già sul banco sin dal giugno 1950, ma il telaio non era ancora<br />

pronto.<br />

Tuttavia il principe siamese Bira volle acquistarne immediatamente un esemplare<br />

che fece istallare sulla sua M<strong>as</strong>erati 4CL conseguendo subito una serie di<br />

brillanti affermazioni fra cui al circuito di GoodWood in Inghilterra ed un significativo<br />

terzo posto all’ International Trophy inglese.<br />

Furono pronti i primi due telai F 1, ma le ristrettezze finanziarie della piccola<br />

azienda imposero l’immediata vendita delle due macchine.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 150<br />

Causa essersi privati dei due prototipi impedì la sperimentazione ed indusse<br />

l’azienda ad abbandonare il progetto F 1 e puntare sulle Sport.<br />

Innumerevoli i successi di cui ricorderemo il Gran Premio Vetturette di Monza<br />

(Bonetto e Sommer), Bologna -Raticosa (Bonetto), Vittorio Veneto-Cansiglio (Carini),<br />

Pontedera-Giovi (Bonetto) e Trieste- Opicina (Cabianca).<br />

Cessata la F 1<br />

M<strong>as</strong>erati si dedicò alla F<br />

2 (2000 <strong>as</strong>pirato 500<br />

compressore).<br />

La prima F 2 che<br />

aveva un motore di 170<br />

CV con blocco e testa<br />

in alluminio monofuso,<br />

cambio posteriore e<br />

ponte De Dion modificato<br />

dal francese Bayol<br />

che alla sua prima gara non riuscì ad andare oltre al quarto posto nel Circuito di Pau,<br />

ma conquistò la vittoria poco dopo sul Circuito di Aix-les-Bains.<br />

Tuttavia si p<strong>as</strong>sava di successo in successo per la categoria Sport e solo la<br />

rottura di un semi<strong>as</strong>se impedì che ci si afferm<strong>as</strong>se alla Targa Florio del 1952 dove<br />

la OSCA disputò una magnifica corsa.<br />

Intanto la fama volava prevaricando i confini e la maggior parte della produzione<br />

prendeva la via dell’ America.<br />

Il torinese Damonte vinse la 24 ore di Le Mans e Jacques Peron vinse il giro di<br />

Francia.<br />

Intanto i successi<br />

non si limitavano alla terra<br />

ferma, anche in campo<br />

nautico gli allori non<br />

mancarono e si registrarono<br />

vittorie clamorose<br />

ovunque.<br />

Il nuovo motore<br />

2AD era stato ancora<br />

potenziato e le prime cin-<br />

La monoposto F1 del 1951<br />

1500 del 1954<br />

(Museo San Martino in Rio - RE)<br />

que vetture equipaggiate da quel propulsore furono vendute in America ove Stirling<br />

Moss vinse (stracciando gli avversari) la 12 ore di Sebring suscitando la stupita<br />

ammirazione dei tecnici, dei piloti e dello stesso pubblico increduli delle mirabili<br />

prestazione di quel piccolo motore.<br />

Nuovi stabilimenti sono stati costruiti a San Lazzaro di Savena ove la C<strong>as</strong>a


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 151<br />

ebbe maggiori spazi vitali.<br />

Nel 1955 la OSCA progettò e costruì una vettura da record che avrebbe<br />

tentato di portare via innumerevoli record detenuti dalla Borward, dalla MG, dalla<br />

Porche.<br />

La vettura commissionata da un americamo (Simpson) fu condotta durante<br />

l’esperimento dall’ <strong>as</strong>so americano Bettenhausen e sul chilometro lanciato sul lago<br />

salato di Bonneville (Utah) raggiunse i 261,382 km/h spazzando in un sol colpo tutti<br />

i record delle altre c<strong>as</strong>e.<br />

Nel 1956 i piloti della OSCA erano Gigi Villoresi, Umberto Maglioli, Luigi<br />

Musso, Giulio Cabianca, Eugenio C<strong>as</strong>tellotti. Tutti nomi a caratura internazionale<br />

che, in simbiosi con le<br />

prestigiose vetture, razziarono<br />

le corse di tutto<br />

il mondo.<br />

Il piccolo motore<br />

di soli 1500 cc divenne<br />

una leggenda e tutto il<br />

mondo se ne interessò.<br />

OSCA 2000<br />

Questo tipo di vettura aveva il comando<br />

di distribuzione cosmodromico<br />

(Collezione privata)<br />

La Fiat volle acquistarne<br />

i diritti di costruzione<br />

e lo montò, “addolcito”<br />

nelle prestazioni<br />

dallo stesso M<strong>as</strong>erati,<br />

su una vettura Gran Turismo nel 1959: la FIAT-OSCA.<br />

Seguirono una 2000 cc, una 1600 GT e, essendo nata la formula junior, la<br />

M<strong>as</strong>erati ricominciò a costruire una monoposto.<br />

La 1600 GT fu l’ambito telaio cui carrozzieri come Zagato, Touring, Fissore,<br />

Boneschi che vollero apporre la loro prestigiosa firma creando dei gioielli imperituri.<br />

Purtroppo la spinta innovativa applicata a cercare sempre nuovi spazi per i<br />

motori che ormai erano i più potenti del mondo, non l<strong>as</strong>ciarono spazio alle ricerche<br />

sui telai che cominciarono a “datarsi” terribilmente.<br />

D’altra parte l’impegno per la produzione delle Gran Turismo avevano pesantemente<br />

minate le fondamenta della C<strong>as</strong>a che fu costretta nel 1963 a cedere la<br />

maggioranza del pacchetto azionario alla MV Augusta.<br />

L’attività dell’ OSCA proseguì per le vetture GT fino al 1966 anno in cui cessò<br />

definitivamente.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 152<br />

OSCA 1000 mod. Vallelunga<br />

OSCA 1500CC 4 cilindri<br />

Uno degli ultimi esemplari prodotti<br />

(Collezione privata)


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 153<br />

Cisitalia<br />

Correre, sempre più correre!<br />

Questo l’eterno desiderio dell’uomo in una incessante sfida con se stessi.<br />

Per chi poi ha provata l’ebbrezza della velocità agonistica, diviene un imperativo.<br />

E’ ciò che accadde a Dusio, industriale torinese,<br />

che aveva incrementato le proprie fortune con<br />

l’industria bellica oltre che buon pilota sportivo che<br />

godeva di stima e considerazione fra i “colleghi” più<br />

bl<strong>as</strong>onati.<br />

Il suo pensiero era che fosse necessario creare<br />

una Formula che utilizz<strong>as</strong>se vetture più semplici e meno<br />

costose: la Formula 3.-<br />

Non era facile far “digerire” questo concetto,<br />

anche se in Inghilterra aveva preso a serpeggiare insistentemente.<br />

N<strong>as</strong>ce così la Cisitalia, che coinvolge nomi<br />

di alta valenza (attuale o futura) come Dante<br />

Giacosa e Giovanni Savonuzzi.<br />

Ma, soprattutto, forte dell’identità di vedute,<br />

di un ottimo tecnico e pilota quale era l’<br />

ingegnere Piero Taruffi.<br />

La prima vettura che si mise in cantiere<br />

era una monoposto derivata da un motore Fiat<br />

1100B.-<br />

Il motore sostanzialmente era il vecchio<br />

motore 108S nato il 1933. Furono necessarie alcune modificazioni ed aggiornamenti<br />

che lo portarono a 60 CV, poi 70 ed infine con l’adozione di due carburatori<br />

giunse a viaggiare a ben 200 Km/h.<br />

Era nata la D47,<br />

era il 1946.-<br />

Era dotata di un<br />

buon motore, un telaio<br />

tubolare, cambio ad innesti<br />

rapidi a pedali, pesava<br />

solo 400 kg in or-<br />

La prima Cisitalia : la D 46<br />

(Collezione privata)<br />

Il frontale della D 46<br />

dine di marcia, ma in ristrettezza<br />

di mezzi economici,<br />

per cui non si


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 154<br />

riesce a spiegarne il successo.<br />

Ancora una volta aveva vinto l’intraprendenza imprenditoriale e ... il genio<br />

italico dell’arrangiarsi!<br />

L’esordio della vettura avvenne alla Coppa Bezzi nel Circuito del Valentino<br />

(Torino) nel settembre 1946 pilotate da Dusio, Nuvolari, Chiron, Sommer, Taruffi,<br />

Cortese e Biondetti. Un<br />

successo! Primo posto e<br />

piazzamento al secondo,<br />

terzo e quinto.-<br />

Con vero spirito<br />

imprenditoriale Dusio si<br />

era reso in condizione di<br />

offrire agli organizzatori<br />

di gare uno spettacolo<br />

completo.<br />

Malgrado dispo-<br />

nesse di grossi mezzi finanziari e di vetture competitive, non possiamo non stupirci<br />

nello scorrere l’elenco dei piloti ingaggiati e schierati al Gran Premio del Cairo (Egitto).<br />

Si leggono Bandi,<br />

B<strong>as</strong>adonna, Brivio, Chiron,<br />

Cortese, de Sauge,<br />

Ghersi, Giovanni Lurani<br />

(detto Giannino diminuitivo<br />

che lo ha seguito per<br />

tutta la vita), Marinotti,<br />

Pagani, Serafini, Taruffi,<br />

Cisitalia 202 spyder Frua<br />

(Collezione privata)<br />

La coupè 202 carrozzata Pininfarina<br />

Un esemplare di questa vettura è in esposizione<br />

permanente al Museo di Arte Moderna di New York<br />

Tenni ed il giovane pilota<br />

motociclistico Alberto<br />

Ascari.<br />

Il “Circo Dusio” si arricchì in seguito di nomi come Abec<strong>as</strong>si, Bonetto, Manzon,<br />

Shell, von Stuck che, attirati dalle indubbie doti della D 47 si interessarono alla<br />

vettura.<br />

Dusio “uscendo” dalla pista ora si rivolge a vetture anche di Gran Turismo e<br />

prepara una serie di fortunatissime e sensazionali vetturette per la Mille Miglia con<br />

guida di Nuvolari e Taruffi e dell’interesse di carrozzieri come Pininfarina che invogliato<br />

dal b<strong>as</strong>so profilo del telaio, crea una berlinetta ed una spyder di veramente<br />

rara eleganza che finì per fare scuola per la linea italiana.<br />

Il solo handicap era rappresentato dal fatto che essendo le vetture tutte realizzate<br />

con processo manuale, avevano un costo piuttosto alto.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 155<br />

Tuttavia ... l’orgoglio è sempre in agguato nella vita degli uomini, per cui Piero<br />

Dusio decide di costruire una vettura Grand Prix 1500 cc la cui realizzazione viene<br />

affidata allo Studio Porche avvalendosi del lavoro di Ferry Porche, Hruska, Carlo<br />

Abarth.<br />

Vengono approntati i componenti per 5/6 vetture, ma ne viene montato solo<br />

uno che non sentì mai l’odore dell’<strong>as</strong>falto in competizione!<br />

Per il progetto furono erogati 4/500 milioni (all’epoca era una fortuna!).-<br />

Intanto negli anni<br />

‘47/’48 erano state<br />

messe in cantiere (come<br />

dicevamo) una berlinetta<br />

ed una spyder che potevano<br />

essere ritenute la<br />

quintessenza della eleganza<br />

e funzionalità: la<br />

202.<br />

Tuttavia il “dopoguerra”<br />

si appiattiva<br />

verso una normalità’<br />

che sembrava molto<br />

duratura nel tempo e le<br />

vendite delle 202 andavano scemando.<br />

Cisitalia 202 D del 1952 costruita in unico esemplare per la<br />

Mille Miglia.<br />

Montava un propulsore marino B.P.M. 2736 cc con due<br />

carburatori doppio corpo<br />

(Collezione privata)<br />

Lo sforzo per produrre la Grand Prix 1500 si faceva sentire pesantemente,<br />

tanto da divenire quella vettura “l’arma del suicidio” della prestigiosa C<strong>as</strong>a Cisitalia.<br />

Nel 1949 la Cisitalia chiede l’amministrazione Controllata e nel successivo<br />

gennaio si apre la procedura di Concordato Preventivo.<br />

Con guizzo imprenditoriale Piero Dusio riesce a sottrarre alla debacle della<br />

Cisitalia gli studi della 12 cilindri Grand Prix e si tr<strong>as</strong>ferisce a Buenos Aires (ove<br />

erano in pieno fermento evolutivo) e costituisce la Autocar.-<br />

La Cisitalia continua, controllata dai creditori e dallo stesso Dusio che ha mantenuta<br />

una quota di partecipazione, nel 1952 e ‘53 producendo la 202 B e 202 C.<br />

Tuttavia i telai sono ormai Fiat di serie a longheroni e il corpo vettura deve<br />

necessariamente essere più alto e meno filante, per cui la vettura perde molto del<br />

suo f<strong>as</strong>cino malgrado i roboanti nomi di fant<strong>as</strong>ia, come “volo radente”, anche se<br />

costa meno.<br />

Il 1952 vede Dusio, indomabile, partecipare alla Mille Miglia con una 202 D<br />

che monta i generosissimi motori marini 2800 cc .<br />

Era fra le primissime posizioni quando il cedimento della frizione lo mette fuori<br />

causa.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 156<br />

Il tentativo di entrare nel mondo delle medio-alte non ha seguito e l’unico<br />

esemplare costruito per il Salone di Ginevra, rimane lettera morta.<br />

Nel 1952 la Società l<strong>as</strong>cia corso Peschiera e si ritira a Racconigi.<br />

Nel 1953 il nome di Dusio si dissolve e viene creata la Cisitalia Autocostruzioni.<br />

Ormai le grandi<br />

C<strong>as</strong>e hanno preso il sopravvento<br />

e si istallano<br />

ai posti che spettano<br />

loro. Il mercato è dominato<br />

dalla Giulietta<br />

Sprint, dalla 1200<br />

(1500) Fiat dalle Fulvia<br />

HF per cui l’attività non<br />

può che morire di inedia.<br />

L’ ultima Cisitalia, dal fant<strong>as</strong>ioso nome<br />

“Volo Radente”<br />

talia, sogno e miraggio degli sportivi dell’epoca.<br />

Era il 1963.<br />

Scompare così un<br />

nome prestigioso: Cisi


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 157<br />

Taruffi Piero<br />

Per chi, come me, ha avuto il grande<br />

onore di conoscerlo personalmente e la fortuna<br />

di frequentarci in buona amicizia negli<br />

anni ‘70, il solo parlarne è uno struggente<br />

ricordo che provoca brivido.<br />

Ci frequentavamo a Roma alla fine<br />

degli anni '70 <strong>as</strong>sieme ai comuni amici architetto<br />

Valerio Moretti, al prof. Federico<br />

Caprilli, ad Egon Hanus, ad Edoardo<br />

Fittipaldi, a Roberto Bonazzi (tutti fra i<br />

fondatori del movimento auto epoca in Italia)<br />

e questo per me rappresentava il mito<br />

che dialogava con un comune mortale quale<br />

sono io, gratificandomi della sua amicizia.<br />

Molte sere d’inverno, a tavola, lui raccontava le sue imprese che avevano il<br />

sapore di favola.<br />

Di personaggi e fatti ormai affidati ai libri di storia <strong>dell'</strong>automobilismo italiano<br />

lui ci raccontava per averli conosciuti e per aver spartito con loro gioie e dolori.<br />

Ero seduto a tavola con una fetta <strong>Storia</strong>!<br />

La tavolata, ove presenziava sua moglie, la gentile Signora Isabella, con noi,<br />

ristretto gruppo di amici e rispettive mogli, si zittiva d’incanto per <strong>as</strong>coltare la storia<br />

in diretta raccontata da uno dei maggiori Protagonisti.<br />

L’ingegnere Piero<br />

Taruffi era nato ad<br />

Albano Laziale, uno dei<br />

meravigliosi paesi disseminati<br />

sui C<strong>as</strong>telli romani<br />

il 12 ottobre 1906.<br />

Si è laureato in ingegneria<br />

meccanica, ma<br />

il suo grande sogno era<br />

Il bisiluro Tarf 1<br />

correre.<br />

Correva con suc-<br />

cesso in moto e correva con altrettanto, se non maggiore successo, in auto.<br />

Ma il suo “correre” su strada o in pista era un modo particolarissimo di correre.<br />

Le sue vittorie erano studiate meticolosamente a tavolino in tutti i minimi dettagli<br />

che poi, tr<strong>as</strong>feriti “sul campo”, difficilmente hanno fallito e solo perchè tradito dal


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 158<br />

mezzo che pilotava, mai per errore di calcolo.<br />

La serie di successi comincia per Lui nel 1923, a soli 17 anni, quando alla<br />

guida di una Fiat 501 vince la Roma-Viterbo e la Civitavecchia-Tolfa.<br />

Inutile tentare di elencare le competizioni e le vittorie. Diciamo solo che partecipò<br />

alle più prestigiose Gare nel Mondo: Mille Miglia. Indianapolis, 24 ore di Spa,<br />

Targa Florio, Giro della<br />

Sicilia, Gran Premio di<br />

Tripoli Gran Premio<br />

d’Italia, Carrera<br />

Messicana che vinse nel<br />

1951. Queste notizie<br />

sono tratte dagli appunti<br />

che prendevo, e da quanto<br />

mi è dato ricordare,<br />

quando, a cena, lui ci narrava delle sue Gesta.<br />

Il secondo bisiluro Tarf 2<br />

Nel 1931 entra nella Scuderia Ferrari che all’epoca si cimentava anche con le<br />

moto.<br />

Proprio a causa di questo (Taruffi si riteneva solo pilota di auto per la Ferrari e<br />

voleva gestire in proprio l’attività motociclistica) i rapporti con Enzo Ferrari si raffreddarono.<br />

Guidò nella sua lunga carriera praticamente tutte le più celebri auto del Mondo:<br />

Fiat, Bugatti, Itala, Alfa Romeo, M<strong>as</strong>erati, Auto Union, ERA, Delage, Cisitalia,<br />

Lancia, Ferrari, Cooper, Oldsmobile, Ford, Vanwall, Mercedes, Corvette.<br />

Con due sue creazioni battè i record di velocità sulla fettuccia di Terracina. I<br />

bolidi che montavano motori Guzzi e Gilera di 300 e 500 cc e M<strong>as</strong>erati da 2000 cc<br />

si chiamavano Tarf 1 e Tarf 2.-<br />

Precorse i tempi facendosi confezionare, nel 1933, dalla Madre e dalla sorella<br />

una imbracatura che lo tenesse fermo alla guida (antesignano delle cinture di sicurezza)<br />

e si fece fare un c<strong>as</strong>co metallico rigido in luogo dei c<strong>as</strong>chetti di stoffa dell’epoca.<br />

Chiuse la sua fulgida carriera con la Mille Miglia del 1957 pilotando una Ferrari<br />

offertagli da Enzo Ferrari con cui vinse la 24/a edizione.<br />

Consegnò così al Mondo la sua immagine di "giovane canuto" tanto da essere<br />

chiamato affettuosamente nell' ambiente sportivo "il corvo bianco" per la sua<br />

capacità di profittare, dopo aver studiato profondamente uomini e macchine, del<br />

pur minimo errore o cedimento della macchina o dello stesso pilota.<br />

P<strong>as</strong>sò alla <strong>Storia</strong> con l'immagine di "pilota ragionato" come nessun altro<br />

fece mai nella storia <strong>dell'</strong>automobilismo sportivo.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 159<br />

1951 - Al volante di una Ferrari nell' anno in cui vinse la Carrera Messicana


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 160<br />

Stanguellini<br />

L’azienda fu fondata a Modena nel lontano 1879<br />

da Celso Stanguellini, ma aveva ben altre finalità.<br />

Bisogna attende venti anni per trovare l’azienda in<br />

campo automobilistico.<br />

Ciò avvenne ad opera del figlio Francesco che,<br />

avendo conseguito qualche buon successo nel campo<br />

delle corse ed essendo divenuto<br />

concessionario Fiat,<br />

pensò di indizzare l’azienda<br />

verso questo settore emergente.<br />

Fu comunque Vittorio,<br />

il figlio, nel 1929 succedendo<br />

alla guida dell’azienda pur<br />

avendo solamente meno di<br />

20 anni a tr<strong>as</strong>formarla convertendola<br />

al mondo delle<br />

corse lavorando sui motori<br />

della Fiat.<br />

La 500 Sport realizzata nel 1939<br />

La prima vettura costruita su meccanica 1100<br />

Troviamo infatti<br />

nel 1936 la prima realizzazione<br />

su una Fiat<br />

508 Coppa d’Oro che<br />

si piazza onorevolmente<br />

alla Mille Miglia con<br />

l’equipaggio Righetti-<br />

Camillini. L’equipaggio<br />

anche se non è salito sul<br />

podio ha comunque realizzato<br />

un ottimo 4°<br />

posto.<br />

L’Anno successivo<br />

una macchina simile<br />

miete successi, guidata


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 161<br />

dal conte Rangoni.<br />

Solo nel 1938 la Stanguellini si organizza come squadra e si segnala per importanti<br />

realizzazioni in campo tecnico sopratutto con l’inizio della collaborazione<br />

con la ditta Torricelli di Modena, che realizza speciali carrozzerie per la categoria<br />

Sport Nazionale.<br />

La produzione di autovetture si specializza su due motori sopratutto: le 1100<br />

cc e la 500 che divenne poi 750.<br />

La prima vettura realizzata per la squadra Stanguellini fu una 1100 nel 1938.<br />

In seguito si effettuarono<br />

studi e venne costruita<br />

anche una 2800 cc.<br />

I successi in quegli anni<br />

furono ottenuti nella Targa d’<br />

Abruzzo, nella Mille Miglie<br />

ed in Africa nella Tripoli-<br />

Tobruch.<br />

Molti i piloti aderirono<br />

alla scuderia fra i quali<br />

Bertani, Baravelli, Pesci,<br />

Leoni, Leonardi, Zanetti,<br />

Fioruzzi Scagliorini e<br />

Filipponi.<br />

La m<strong>as</strong>todontica macchina con motorizzazione 2800<br />

Intanto la Stanguellini<br />

fu lesta a cogliere l’introduzione<br />

della nuova categoria<br />

Sport ed adottò immediatamente il nuovo telaio tubolare studiato con l’ingengere<br />

M<strong>as</strong>simino sulle proprie macchine.<br />

Intanto va ricordato che il rifacimento del cl<strong>as</strong>sico motore 1100 diede a questo<br />

propulsore grande incremento di potenza tanto che la Stanguellini riuscì ad avere<br />

ragione sulle Cisitalia e finanche sulla Ferrari 125.<br />

Produsse anche una berlinetta 1100 a quattro posti carrozzata da Bertone ed<br />

un modello sport da 1500 cc ricavato dal motore 1100 maggiorato.<br />

Bisogna attendere il 1948 per trovare la prima carrozzeria “siluro” ed il motore<br />

bialbero parto della collaborazione con il tecnico Golfieri che consentirono alla<br />

C<strong>as</strong>a di cimentarsi nelle cl<strong>as</strong>si 1100 e 1500 portati al successo da Sinigolfi e Siracusa<br />

(un valente pilota di Reggio Calabria) confrontandosi con motori più “bl<strong>as</strong>onati”.<br />

La C<strong>as</strong>a si orientò poi principalmente su macchine 750 cc che furono dotate<br />

nel 1955 di un motore quadro (62x62) facendo suoi parecchi titoli nazionali.<br />

L’anno successivo invece adottò un motore “piatto” a corsa corta (70x58)<br />

che furono brillantemente piazzati sul podio dei vincitori del Campionato Italiano da


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 162<br />

piloti come Lippi per la 750 Sport e Siracusa per la 1100 Sport.<br />

Da queste vittoria prese nuovo impulso la parte tecnica e la Staguellini vinse<br />

per la cl<strong>as</strong>se alla 12 Ore di Sebring e Lippi e Siracusa vinsero le categorie750 e<br />

1100 al giro di Sicilia<br />

L’avvento della formula Junior vede Stanguellini primo nel costruire una<br />

monoposto 1100 con propulsore ricavato dalla 1100 TV e che mise la c<strong>as</strong>a emiliana<br />

in posizione di imbattibilità per ben due annate sia in Europa che in America.<br />

Intanto si stava delineando una leader<br />

ship degli inglesi per cui Stanguellini<br />

tentò di opporsi con la Delfino presentata<br />

al Salone dell’ Auto di Torino del 1961. Si<br />

giunge così a spostare il motore posteriormente<br />

ed al telaio a traliccio. Tuttavia l’im-<br />

piego di un motore nazionale di 1300 ridotto<br />

a 1100 non portò successi nel<br />

carniere Stanguellini, così come non ne<br />

La versione definitiva della Junior monta un motore<br />

anteriore e vede la luce nel 1959<br />

Il prototipo formula Junior in f<strong>as</strong>e di<br />

collaudo con Fangio al volante (1958)<br />

portarono le vetture di F.2 ed<br />

F.3 negli anni 1961 e 1963.<br />

Già nel 1960 la<br />

Stanguellini si era cimentata<br />

nel collaborare per la messa<br />

a punto del “Nibbio” e nell’<br />

allestimento del telaio del<br />

“Colibri” che montava motori<br />

della Moto Guzzi e che risultò<br />

un piccolo bolide conqui-<br />

stando svariati records nelle cl<strong>as</strong>si 250 e 350 cc.<br />

Dopo questi insuccessi la Stanguellini abbandonò il mondo delle corse e si<br />

ritirò per curare l’attività commerciale e di <strong>as</strong>sistenza delle vetture nei propri stabilimenti.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 163<br />

Stanguellini vetrina<br />

La vettura che la Stanguellini appronta nei primi anni ‘60 equipaggiandola<br />

con motori di derivazione motociclistica forniti dalla Moto Guzzi<br />

di Mandello del Lario.<br />

La vettura si chiamò “Il Colibrì” e riscosse moltissimi successi internazionali<br />

nelle rispettive cl<strong>as</strong>si 250 cc e 350 cc


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 164<br />

Saba (Società Automobili <strong>Breve</strong>tti Angelino)<br />

La seconda Guerra Mondiale portò alla ribalta un nuovo mezzo che finì per<br />

divenire il logo di questa guerra: la Jeep.<br />

Cosa aveva questa piccola autovettura di tanto importante per colpire l’immaginario<br />

collettivo in modo così indelebile? semplicemente era dotata della trazione<br />

su tutte e quattro le ruote per cui era capace di viaggiare in condizioni di terreno al<br />

limite dell’impossibile.<br />

Una immagine oleografica la ritrae, rimanendo nella memoria di tutti, mentre<br />

sale una ripida scalinata.<br />

Questa tecnica fu adottata anche dalla qu<strong>as</strong>i totalità dei camions che parteciparono<br />

al grande conflitto.<br />

Noi sappiamo per esperienza di agricoltori che tutte le erbe che spuntano<br />

hanno avuto a monte un seme ed anche in questo c<strong>as</strong>o il seme c’è stato!<br />

Precisamente questo seme è rappresentato dalla Saba, industria milanese degli<br />

anni ‘25.<br />

Ma andiamo per ordine,<br />

Una lunga storia di esperimenti e prove è alle spalle della ditta che nel 1925<br />

presenta la sua prima vettura: la Stelvio.<br />

Era questa una vettura motorizzata da un quattro cilindri di soli 984 cc che<br />

erogava 22 Hp. Fu la prima ed unica vettura che la c<strong>as</strong>a produsse nei tre anni di<br />

attività.<br />

La Saba va ricordata comunque non per la sua Stelvio ma perchè fu l’antesignana<br />

in un campo nuovo, quello delle quattro ruote motrici che rappresentò il primo<br />

esempio di “fuoristrada” italiano.<br />

La Saba pensò alla possibilità di produrre un veicolo che avesse quattro ruote<br />

motrici ed addirittura le quattro ruote sterzanti individuando quali possibili utenti non<br />

solo i civili, ma addirittura l’Esercito.<br />

Nel 1927 ne fu costruito un esemplare, che però restò “figlio unico” stante le<br />

difficoltà finanziarie in cui si trovava l’azienda.<br />

Il veicolo si rivelò immediatamente interessante anche se i 22 Hp si rivelarono<br />

subito pochini per il gravoso compito cui era destinata; portava quattro persone e lo<br />

faceva veramente in condizioni impossibili!<br />

Furono effettuate molte prove ed in tutte ne uscì vittoriosa ed a testa alta.<br />

Come abbiamo detto intervennero una serie di fattori ostanti primo fra tutti<br />

quello finanziario e non ultimo l’eccessiva prudenza e diffidenza da parte dei vertici<br />

dell’Esercito nei confronti delle innovazioni.<br />

La Saba stretta alle corde dalle ormai pressanti difficoltà finanziarie chiuse i


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 165<br />

battenti nel 1928 dopo solo tre anni di vita di una vetturetta non eccessivamente<br />

interessante, la Stelvio, ma sicuramente con nello zaino una realizzazione che ha<br />

fatto strada tanto che oggi anche le normali vetture si stanno orientando verso la<br />

trazione integrale.<br />

L’interessante<br />

telaio della Saba<br />

a quattro ruote<br />

motrici e sterzanti<br />

che esaltavano<br />

la bontà<br />

dell’intuizione<br />

dei progettisti<br />

Due momenti<br />

molto interessanti<br />

delle prove della<br />

Saba 4x4 che<br />

dimostrano la<br />

estrema<br />

manovrabilità della<br />

vettura e le sue alte<br />

doti di arrampicatrice


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 166<br />

Alca “La Volpe”<br />

Quello di motorizzare il popolo fu sempre il sogno che l’uomo ha inseguito.<br />

Un esempio eclatante divenuto un “fenomeno industriale mondiale” lo troviamo<br />

in Germania con la Volkswagen (macchina del popolo). In qualsi<strong>as</strong>i telegiornale<br />

o foto attuale o d’epoca, sullo sfondo si vede sfrecciare una Volkswaghen<br />

Maggiolino.<br />

Comunque se la Volkswaghen ha veramente motorizzato il Mondo, altri e<br />

numerosi sono i c<strong>as</strong>i di tentativi, alcuni con discreto successo, altri senza nessuna<br />

fortuna.<br />

Un di questi sogni ha tentato di realizzarlo anche l’Alca (Anonima Lombarda<br />

Cabotaggio Aereo) di Milano nel 1947.<br />

La vettura che si prefiggeva di lanciare a diffusione capillare aveva un motore<br />

a due cilindri di 124 cc ubicato posteriormente e raffreddato ad aria capace di<br />

erogare 6 Hp a 4500 giri ed equipaggiava una vetturetta a due posti carrozzata<br />

spyder di soli 2,5 metri di lunghezza per solo un metro di larghezza.<br />

Insomma “La Volpe” (così si chiamava) doveva essere la macchina agile per<br />

districarsi nel traffico convulso (sic!) delle città italiane ma anche capace di correre<br />

sulle strade extraurbane per fare realizzare quel sogno di libertà ed autonomia che<br />

rese possibile poi l’enorme sviluppo dello scooter Vespa realizzato dalla Piaggio e<br />

della Lambretta costruita a Lambrate dalla Innocenti.<br />

La Volpe invece non trovò lo spazio sperato dai costruttori e dopo i primi<br />

esemplari costruiti si fermò definitivamente.<br />

a sinistra: La locandina pubblicitaria de<br />

“La Volpe”<br />

sotto: Un disegno della vetturetta


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 167<br />

Iso Rivolta<br />

La Iso in Italia è sinonimo di grosse e prestigiose vetture note per la loro<br />

efficenza nonchè per il lusso delle finiture che vengono costruite a Varedo (MI) nei<br />

locali della Iso Motors Company.<br />

Tuttavia la storia della Iso ha inizio sin dal 1939 anno in cui Lorenzo Rivolta<br />

fonda a Bresso una azienda di modeste dimensioni denominata Isotermos.<br />

Scoppiata la seconda guerra mondiale le attività sono sospese ed alla ripresa<br />

la Isotermos immette uno scooter denominato appunto Iso,<br />

motore a due tempi e ruote raggiate leggermente più grandi<br />

di quelle dei normali scoter, ma decisamente minori delle motociclette.<br />

Bisogna attendere il 1953 per vedere l’azienda tuffarsi<br />

nel campo automobilistico con una vetturetta originale quanto<br />

ingegnosa.<br />

La vettura si chiamava Isetta.<br />

Nel frattempo anche la denominazione cambia in Iso<br />

Automobili s.p.a. che immette sul mercato la curiosa <strong>automobile</strong><br />

a due posti con accesso da un unico sportellone ubicato anteriormente e con<br />

una carreggiata molto diversa tra dietro ed avanti. Infatti le ruote di dietro sono<br />

molto ravvicinate ed hanno<br />

una carreggiata intorno<br />

alla metà di quella anteriore<br />

le cui ruote sono fuori<br />

dalla sagoma<br />

dell’abitacolo.Per entrare<br />

ed uscire dalla vetturetta<br />

che monta un motore di<br />

200 cc un originale sistema<br />

fa scansare il volante di<br />

guida all’atto dell’apertura<br />

dello sportellone che occupa<br />

l’intero frontale.<br />

L’<strong>as</strong>petto rotondeggiante la faceva somigliare molto all’abitacolo di un elicottero.<br />

Il motore derivava direttamente da quello della motocicletta e pur essendo a<br />

due tempi funzionava a benzina essendo munito di una pompa a portata variabile<br />

per la lubrificazione.<br />

Non aveva differenziale essendo le ruote posteriori motrici molto ravvicinate<br />

fra loro e ricevevano il moto a mezzo di due catene e da un cambio a 4 marce.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 168<br />

La vetturetta raggiungeva gli 80 Km/h e consumava 4 litri di carburante per<br />

percorrere 100 Km.<br />

Pur sembrando un giocattolino, la vetturetta ebbe le sue soddisfazione partecipando<br />

anche alla Mille Miglia e piazzandosi ai primi quattro posti nella speciale<br />

cl<strong>as</strong>sifica “Indice di prestazioni”.<br />

Le prime consegne vennero nel 1954 con la variante di un motore di 236 cc,<br />

potenza invariata.<br />

La costruzione cessò nel 1956 quando la licenza fu venduta alla BMV che<br />

montò un motore monocilindrico 4 tempi di 256 cc e la commercializzò fino agli anni<br />

‘60 con il marchio BMV.<br />

Anche in Francia si costruì questa vetturetta da parte della Velam, in Spagna fu<br />

la Borgward-Iso Española a produrla, in Br<strong>as</strong>ile la Iso-Romi.<br />

La costruzione è senz’altro originale ed accativante tanto da riscuotere interesse<br />

da parte del pubblico italiano come vetturetta da città così come all’estero<br />

tanto da comprare la licenza di costruzione in parecchi paesi, come detto al paragrafo<br />

precedente.<br />

Dopo l’impegno nel campo delle micro la Iso torna al settore moto e bisogna<br />

attendere il 1963 per rivederla sui mercati con un prestigioso e lussuoso coupè<br />

denominato Iso Rivolta GT 300, carrozzato da Bertone ed equipaggiato con un<br />

potentissimo motore da 5300 cc, otto cilindri a V che erogava ben 300 Hp che<br />

veniva fornito dalla Chevrolet che lo utilizzava con successo sulla Corvette. Esisteva<br />

in contemporanea anche la Iso Rivolta GT 340 che erogava 340 Hp.<br />

L’auto era veramente al top per lusso e prestazioni per cui si piazzò fra le<br />

primissime nel mondo non essendo facile trovare una concorrente che alla linea<br />

indubbiamente bella del coupè Bertone affiancava grande lusso e perfetta comodità<br />

ai quattro p<strong>as</strong>seggeri.<br />

La vettura nata come vettura di elite destinata a pochi acquirenti ebbe invece<br />

una ottima diffusione<br />

sopratutto all’estero e specialmente<br />

negli Stati Uniti.<br />

A quella prima vettura<br />

fecero seguito altri modelli,<br />

sempre elegantissimi<br />

e prestigiosi come laA 3/<br />

lusso Grifo che non era<br />

ancora commercializzabile<br />

e che aveva la caratteristica<br />

alquanto strana di far<br />

La prima vettura di grossa cilindrata prodotta è una<br />

Iso Rivolta coupè carrozzata Bertone<br />

uscire dal cofano i tubi di<br />

scarico che, seguendo il


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 169<br />

profilo b<strong>as</strong>so della carrozzeria, scaricavano dietro i g<strong>as</strong> combusti. Vi fu anche una<br />

versione aperta con la stessa caratteristica che fu presentato al Salune dell’Auto di<br />

Ginevra nel 1964.<br />

Lo stesso anno fu presentoata al Salone di Torino la A 3 L berlinetta stradale<br />

progettata dall’ingegner Bizzarrini. La carrozzeria disegnata da Bertone e realizzata<br />

a Modena dalla Sports Car era in grado di raggiungere, spinta dai suoi 400 Cv<br />

generosamente erogati dall’ 8V Chevrolet era in grado di raggiungere agevolmente<br />

i 270 Km/h.<br />

Questo modello fu poi prodotto in serie, previe piccole modifiche, dall’ing<br />

Bizzarrini quando, l<strong>as</strong>ciata la Iso Rivolta, si impiantò in proprio.<br />

Una vettura da ricordare fu la Super Grifo presntata a Ginevra nel 1968 equipaggiata<br />

con un motore Corvette 427 di ben 7000 cc e 410 Cv che raggiungeva i<br />

285 Kh/h. La vettura si differenziava dalla Grifo per via di una presa d’aria sul<br />

cofano anteriore necessaria per fare spazio al voluminoso propulsore.<br />

Nello stesso anno il nome della S4, una grossa vettura berlina, cambiò in Iso<br />

Rivolta Fidia.<br />

Nel 1969, su ordinazione di un cliente americano, Bertone realizzò per la Iso<br />

Rivolta una GT a 4 posti dalla linea moderna e gradevole.<br />

Questa vettura venne prodotta in serie dopo qualche mese con il nome di<br />

“Lele”.<br />

In effetti aveva l’usuale motre Chevrolet di 5300 cc che poteva erogare 300<br />

oppure 350 Cv, telaio a piattaforma, ponte posteriore De Dion, freni a disco, cambio<br />

a quattro velocità.<br />

Nel 1970 la Grifo da 5300 e 7000 cc subirono modifiche alla carrozzeria<br />

sopratutto nella sezione<br />

frontale. Le IR 300 e 340<br />

invece uscirono di produzione.<br />

Nel 1972 la fabbrica<br />

si tr<strong>as</strong>ferì a Varedo in viale<br />

Monterosa per costruire<br />

una nuova vettura il cui<br />

nome era quello della cittadina<br />

lombarda.<br />

La Varedo era una<br />

sportivissima GT disegnata<br />

dall’ing. Bizzarrini, con<br />

motore Ford “Cobra Jet”<br />

di 5700 cc erogante 325<br />

Cv ed allocato al centro<br />

La grossa berlina S4 carrozzata Bertone<br />

prende il nome definitivo di Fidia


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 170<br />

vettura.<br />

La linea particolarmente filante, l’altezza della macchina di soli 105 cm accoppiati<br />

a ben 412 cm di lunghezza e sopratutto a 193 di larghezza ne facevano una<br />

tavola aderente alla strada per cui si potevano raggiungere e mantenere con discreta<br />

sicurezza i 300 Km/h.<br />

Tuttavia l’auto, per una serie di circostanze contingenti non entrò mai in produzione<br />

e rim<strong>as</strong>e allo stadio di prototipo.<br />

Ma il mondo delle corse non poteva non attrarre la Iso Rivolta, per cui nel<br />

1973 allestisce alcune monoposto per la F.1 con motori Ford Cosworth che furono<br />

condotte in gara da piloti prestigiosi come Gnley, Galli, Pescarolo, Ickx e Van Lennep<br />

riscossero discreti successi nelle gare valide per il Campionato Mondiale Conduttori.<br />

Poco prima che la Iso Rivolta venga ceduta ad un gruppo finanziario americano<br />

<strong>as</strong>sumendo la denominazione di Iso Motors Company, La Iso aveva modificato<br />

la Lele rendendola più sportiva e competitiva. Con questa nuova vettura battezzata<br />

Iso Rivolta Malboro viene stipulato l’accordo con la nota c<strong>as</strong>a di sigarette internazionale<br />

per correre la F.1. Pilota ufficiale per il 1974 è Arturo Merzario.<br />

Ri<strong>as</strong>sumendo nel 1974 la Iso ha in produzione la Grifo GL, La Fidia, La Lele<br />

e la Lele Sport.<br />

La Iso Malboro<br />

di F.1 condotta<br />

da Arturo<br />

Merzario<br />

sul circuito del<br />

GP di Montecarlo<br />

nel 1974


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 171<br />

Bizzarrini<br />

Questa volta la nostra storia si impernia anzichè sulla marca sul costruttore e<br />

questi è l’ingegnere Giotto Bizzarrini.<br />

Nato a Quercianella in provincia di Livorno nel 1926 si laurea in Ingegneria ed<br />

insegna presso l’Universita di Pisa.<br />

Tuttavia è un grande app<strong>as</strong>sionato di automobili<br />

per cui butta alle ortiche l’insegnamento nella prestigiosa<br />

città toscana ed inizia la sua collaborazione con<br />

l’ufficio esperienze dell’ Alfa Romeo, dove lo ritroviamo<br />

impiegato nel 1954.<br />

App<strong>as</strong>sionato, estroso e competente suscita immediatamente<br />

gli appetiti di varie c<strong>as</strong>e automobilistiche<br />

fra cui la mitica Ferrari cui non sa resistere.<br />

Si impegna subito alla messa a punto di vetture molto prestigiose come la GT<br />

2+2, la leggendaria berlinetta GTO e la Testa Rossa di 3000 cc.<br />

I panni di subalterno però gli vanno presto stretti per cui si licenzia e l’anno<br />

successivo crea a Livorno l’ Autostar che ha come oggetto sociale la progettazione<br />

e creazione di motori e vetture.<br />

La sua prima creazione<br />

in veste di imprenditore è il<br />

motore 12 cilindri da 3500 cc<br />

che viene immediatamente<br />

acquistato dalla Lamborghini.<br />

Contenporaneamente<br />

collabora con la Iso Rivolta<br />

e determina la n<strong>as</strong>cita della<br />

prima vettura Iso.<br />

Inizia il suo rapporto<br />

La Bizzarrini GT Strada<br />

con la Iso Rivolta creando, ed affidando la realizzazione della carrozzeria al prestigioso<br />

Bertone, due modelli per cui n<strong>as</strong>cono la Iso Grifo A 3 L e la Iso Grifo A 3 C<br />

da competizione.<br />

Quest’ultima vettura partecipa per due anni consecutivi alla 24 ore di Le Mans<br />

piazzandosi prima nella categoria Gran Turismo.<br />

In conseguenza alla rottura dei rapporti con la Iso l’ing. Bizzarrini produce in<br />

proprio la vettura progettata, la Iso Grifo, modificandone il nome in Bizzarrini GT<br />

Strada.<br />

Seguono i modelli GT Spyder 5300 e 538 Sport che ha il motore al centro<br />

dell’abitacolo.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 172<br />

La Bizzarrini SpA in cui si è tr<strong>as</strong>formata la sua società produce a questo punto<br />

la GT Europa che fa vestire in vetroresina, meccanica Fiat 1500 ma motore aumentato<br />

a 1900 cc che ragginge i 200 Km/h.<br />

Questa è l’ultima vettura prodotta dalla Bizzarrini SpA e con essa chiude la<br />

f<strong>as</strong>e di costruzioni.<br />

In seguito, al salone di Torino del 1968, presenta la Manta cui fa seguito una<br />

GT sperimentale.<br />

Dopo non ha voluto più fare nulla in proprio e dal 1971 collabora con il figlio<br />

che ha impiantato con un collega uno studio di progettazione, il Laboratorio Auto-<br />

Motori, in un paese dell’hinterland livornese.<br />

L’ultima presentazione che fa capo ufficialmente a Bizzarrini è una vettura esposta<br />

al salone di Torino del 1972 quale prototipo derivato dalla ottima meccanica della<br />

Fiat 128 Rally.<br />

La Manta presentata al salone di Torino del 1968<br />

La Bizzarrini GT Europa montava meccanica Fiat 1500<br />

equipaggiata con motore 1900 - Carrozzeria in vetroresina


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 173<br />

M<strong>as</strong>erati<br />

A Bologna la mattina del 14 dicembre 1914,<br />

in via de’ Pepoli, tal Alfieri M<strong>as</strong>erati apre per la<br />

prima volta la porta della sua officinetta e dà la<br />

stura ai suoi sogni che certamente, come tutti i<br />

sogni, sono di splendore, notorietà e ricchezza.<br />

Ma quella mattina stava inziando il sogno<br />

che avrebbe dovuto poi portare a traguardi nemmeno<br />

osato immaginare dal signor Alfieri, app<strong>as</strong>sionato,<br />

competente, pilota.<br />

Eppure in quel momento, inconsapevole,<br />

Alfiere M<strong>as</strong>erati<br />

stava dando vita ad un pezzo di <strong>Storia</strong> italiana e<br />

mondiale nel campo delle automobili!<br />

Chi era Alfieri M<strong>as</strong>erati? Figlio di un ferroviere originario di Piacenza che si era<br />

stabilito a Voghera con la moglie dalla quale aveva avuto ben sette figli m<strong>as</strong>chi, il<br />

primo dei quali, si impiegò presso la Isotta Fr<strong>as</strong>chini di Milano. Qui nello stesso<br />

anno chiamò anche il fratello minore Alfieri, così chiamato per volontà dei genitori<br />

che vollero “rimpiazzare” il terzogenito morto in tenera età.<br />

La p<strong>as</strong>sione per le corse lo portaro presto alla Bianchi che lo impegnò in molte<br />

corse all’estero. Già nel 1900 aveva vinto una gara motociclistica con una moto da<br />

lui progettata e costruita.<br />

In seguito fu Direttore generale della Jonior di Milano.<br />

Ma il suo sogno era diventare lui stesso un costruttore di auto da corsa e quella<br />

famosa mattina nei suoi intendimeti era iniziare elaborando autotelai della Isotta Fr<strong>as</strong>chini.<br />

Solo alla fine della prima Guerra Mondiale, Alfieri M<strong>as</strong>erati, coadiuvato dai<br />

fratelli Ettore ed Ernesto, tr<strong>as</strong>ferisce l’officina alla periferia cittadina, rilevando le<br />

Officine del Ponte Vecchio, ove la troica poteva lavorare più comodamente.<br />

Ritroviamo Alfieri M<strong>as</strong>erati nel 1922 che collabora con la Diatto fino al 1924<br />

anno in cui ha realizzato un motore a 8 cilindri, sovralimentato, di 2000 cc di cilindrata.<br />

L’esperienza fu uno zuccherino per cui nel 1926 costruisce in proprio una 8<br />

cilindri sovralimentata di 1500 cc rispondente ai canoni imposti dalla nuova formula<br />

internazionale per i Gran Premi.<br />

La vettura primogenita, che fu denominata Tipo 26, fece il suo esordio in aprile<br />

di quell’anno in Sicilia partecipando alla Targa Florio, guidata dallo stesso Alfieri,<br />

ove si aggiudica il primo posto di categoria ed nono <strong>as</strong>soluto. Nel frattempo anche<br />

Ernesto, ultimo dei fratelli, partecipa a molte competizioni contribuendo a far cono-


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 174<br />

scere quella sconosciuta marca che era ancora la M<strong>as</strong>erati dal curioso stemma<br />

raffigurante il tridente della fontana del Tritone e che portava immediatamente il<br />

pensiero a Bologna città dei M<strong>as</strong>erati.<br />

La 26 fu seguita dalla 26 B e contiuò la sua cavalcata vittoriosa partecipando,<br />

e ben piazzandosi, in una miriade di competizioni, anche<br />

in prestigiose come il Gran Premio d’Italia, la gara<br />

di Tripoli per arrivare finanche alla Mille Miglia del ‘29<br />

a tenere “sotto schiaffo” le squadre ufficiali dell’Alfa<br />

Romeo, i cui prestigiosi volanti erano stretti fra le mani<br />

di Varzi e di Campari, e della Bugatti. Per tutta la corsa,<br />

la M<strong>as</strong>erati ha dominato, perlomeno fino a Terni, ove<br />

... galeotto fu il ponte posteriore e la vettura guidata da<br />

Ernesto M<strong>as</strong>erati fu costretta al ritiro.<br />

Il 1929 vide comunque la n<strong>as</strong>cita della 4 che ebbe<br />

caratteristice a dir poco eccezionali.<br />

Il motore di 4000 cc era un 16cilindri a V disposti su due file con un angolo di<br />

35° dotati di due distinti alberi motori, come due erano gli impianti di accenzione e di<br />

alimentazione anche se impiantavano su un unico b<strong>as</strong>amento. In effetti altro non era<br />

che un motore che accoppiava<br />

su un solo b<strong>as</strong>amento<br />

due motori della 26 B.<br />

Un ingranaggio collegava<br />

i due alberi a gomito alla<br />

tr<strong>as</strong>missione.<br />

La vettura esordì<br />

guidata da Alfieri a Monza,<br />

ma il trionfo fu per<br />

mano di Baconin Borzac-<br />

M<strong>as</strong>erati 26 B<br />

(Museo dell’<strong>automobile</strong> Biscaretti Ruffia - Torino)<br />

chini che la portò a vincere<br />

il record mondiale su<br />

10 Km alla strabiliante<br />

velocità di 246,069 Km/h.-<br />

L’influenza che all’epoca avevano i records sull’immaginario collettivo era enorme<br />

per cui la M<strong>as</strong>erati saltò immediatamente in cima alle cl<strong>as</strong>sifiche delle preferenze.<br />

Tutti i modelli M<strong>as</strong>erati subirono varie modifiche e fu perfino creato un nuovo<br />

8 cilindri di 1100 cc. sovralimentato per contr<strong>as</strong>tare le squadre francesi ormai dominatrice<br />

fra le “vetturette”.<br />

Comunque fu il 1930 che pose la M<strong>as</strong>erati al top avendo vinto tutte le competizioni<br />

con la sua 26 M (stava ad indicare l’evoluzione della vettura b<strong>as</strong>e) che aveva


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 175<br />

un potente motore da 2500 cc.-<br />

Infatti la nuova vettura rappresentò un enorme progresso tecnico anche per il<br />

grande utilizzo di fusioni in lega leggera.-<br />

Raccolse vittorie ancora a Tripoli, alla Targa Florio ed al Gran Premio di Roma<br />

ove ebbe ragione anche dell’Alfa Romeo P2 aggiornate ed ancora una volta delle<br />

Bugatti. Altre vittorie ad Avellino e sul circuito del Montenero in quel di Livorno.<br />

Stante lo sconvolgimento creato dalla M<strong>as</strong>erati si creò un movimento di piloti<br />

eccezionale dal momento che le altre costruttrici volevano tornare a vincere. E’<br />

questo il momento che Tazio Nuvolari va alla Ferrari (nata da pochissimo) e Varzi<br />

alla stessa M<strong>as</strong>erati che non voleva cedere spazi e ... scettro.<br />

Al gran Premio di Spagna, che si svolgeva a San Seb<strong>as</strong>tian, Varzi porta alla<br />

vittoria la sua M<strong>as</strong>erati seguito dal compagno di scuderia Maggi.<br />

Ormai riteniamo impossibile elencare le vittorie della C<strong>as</strong>a Bolognese senza<br />

temere di diventare uggiosi e ripetitivi.<br />

Malgrado gli ormai<br />

reiterati successi però le<br />

condizioni economiche<br />

dell’azienda non erano fra<br />

le migliori. Troppo grandi<br />

gli impegni finanziari per<br />

una azienda artigianale ricca<br />

di allori, ma povera di<br />

soldi.<br />

La M<strong>as</strong>erati A 6 1500 berlinetta<br />

carrozzata da Pininfarina<br />

(collezione privata)<br />

Fu ancora l’intelligenza<br />

di Alfieri a salvare<br />

l’azienda “dosandola” in<br />

modo da garatirne la so-<br />

pravvivenza (abbiamo più volte visto in questo volume come i p<strong>as</strong>si troppo lunghi<br />

hanno finito sempre per procurare la morte di una miriade di pur buone aziende).<br />

Intanto, more solito, i successi sportivi hanno attirato l’attenzione del pubblico<br />

estraneo al mondo delle competizioni.<br />

Al salone dell’ Auto di Milano del 1931 troviamo così una 26 B carrozzata da<br />

C<strong>as</strong>tagna in versione Gran Sport e, verso la fine dell’anno, anche Zagato volle<br />

dedicarle una carrozzeria.<br />

Tuttavia sull’esperienza della nuova 1100 4C TR la M<strong>as</strong>erati decise che era<br />

troppo oneroso il costo e dimezzò i cilindri dando la stura alla sua lunga serie di 4<br />

cilindri.<br />

Questa fu l’ultima operazione fatta da Alfieri M<strong>as</strong>erati che a soli 44 anni morì<br />

improvvisamente il 3 marzo 1932.<br />

La immatura scomparsa del fondatore fu un duro colpo per i fratelli M<strong>as</strong>erati,


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 176<br />

ma decisero di “darci sotto” per onorare la memoria del congiunto.<br />

Coadiuvati anche dall’altro fratello, Bindo, tornarono agli otto cilindri con un<br />

prestigoso 3000 cc montato su una monoposto chiamata 8 CM, l’unica in grado di<br />

tenere testa onorevolmente alla nuova Alfa Romeo P 3.<br />

La nuova vettura ricominciò a mietere allori e consensi al G.P. di Tunisia, al G.P.<br />

di Belgio guidata da Tazio Nuvolari, nel G.P. di Nizza e nella Coppa Ciano senza<br />

dimenticare la vittoria di Campari al G.P. dell’ A.C.F. di Montlhery.<br />

Mentre l<strong>as</strong>ciamo la M<strong>as</strong>erati ad altre innumerevoli successi, ricordiamo che<br />

nel 1940 la M<strong>as</strong>erati aveva l<strong>as</strong>ciata Bologna per tr<strong>as</strong>ferirsi a Modena in via Menotti.<br />

Qui costruirono durante la guerra qu<strong>as</strong>i esclusivamente veicoli elettrici.<br />

Tuttavia a causa di divergenze con i soci Orsi, l<strong>as</strong>ciarono Modena e fecero<br />

ritorno a Bologna ove fondarono l’Osca.<br />

Comunque la c<strong>as</strong>a del tridente continuò a costruire ispirandosi ai modelli anteguerra<br />

fin quando venne presentato il modello A6 che era una berlinetta da 1500 cc,<br />

6 cilindri in linea ed un solo albero a camme in testa carrozzata da Pininfarina.<br />

Questa rappresenta<br />

la prina vera vettura<br />

M<strong>as</strong>erati realizzata a fini<br />

commerciali prescindendo<br />

dalla competizione.<br />

Seguì un periodo<br />

alquanto buio per la<br />

M<strong>as</strong>erati tanto che tutto<br />

faceva temere il peggio,<br />

ma nel 1956 ha una im-<br />

pennata di orgoglio e<br />

torna alle corse con la A6<br />

GCM.<br />

Già nel 1954 si era<br />

Il successo della M<strong>as</strong>erati 3500 carrozzata 2+2 da Touring<br />

salvò nel 1958 l’azienda dal fallimento mentre era già sotto<br />

amministrazione controllata. (Collezione privata)<br />

visto n<strong>as</strong>cere il modello A6 G 54 “addomesticato” per l’utenza commerciale carrozzato<br />

spyder e coupè da Zagato, Frua ed anche da Allemanno.<br />

Ormai l’azienda aveva sviluppata una sua sezione commerciale che operò una<br />

osmosi continua fa motori sportivi e motori commerciali.<br />

Nel 1963 nacque la Quattroposti che voleva inserirsi nel mercato delle ammiraglie<br />

di lusso per coloro che non volevano dimenticare un p<strong>as</strong>sato brillante e sportivo.<br />

Vennero poi i modelli Mexico, Ghibli, Indy, Bora con motore posteriore centrale.<br />

Con la Khamsin del 1973 si tornò alla disposizione cl<strong>as</strong>sica degli organi meccanici.<br />

Tuttavia un grosso “grazie” la M<strong>as</strong>erati deve dirlo alla M<strong>as</strong>erati 3500GT carrozzata<br />

da Touring perchè quando nel 1958 l’azienda stava per saltare, tanto da


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 177<br />

essere sotto amministrazione controllata, fu proprioil grande successo di questa 2+2<br />

a risollevarne le sorti.<br />

La produzione della 3500 GT finì nel 1964 ma sull’onda lunga di questa bella<br />

GT proseguirono il cammino la Sebring e la Mistral di Frua.<br />

L’attività sportiva comunque continuò e vi furono vari accordi con costruttori<br />

stranieri, come la Cooper con la quale l’accordo durò due anni.<br />

Le crescenti difficoltà convinsero nel 1968 gli Orsi a cedere l’azienda alla<br />

Citroën che ne <strong>as</strong>sunse il controllo anche se alla direzione tecnica rim<strong>as</strong>e l’ingengere<br />

Alfieri (omonimo ma non parente del fondatore).<br />

L’ing. Alfieri in questo periodo studiò e realizzò un nuovo motore 6 cilindri a V<br />

di 2670 cc che equipaggiò la Citroën-M<strong>as</strong>erati SM.<br />

Lo stesso motore equipaggiò la Merak un coupè disegnato da Giugiaro.<br />

La grossa berlina<br />

denominata<br />

Quattroporte risultò<br />

essere una macchina<br />

molto gradita all’utenza<br />

che la adottò per le sue<br />

doti sportive e le<br />

preziose finiture


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 178<br />

Abarth<br />

La storia dell’Abarth inizia nei primi mesi del 1949<br />

quando Carlo Abarth nato a Vienna nel 1908, ma figlio<br />

di un italiano, decide di tornare in Italia dalla Iugoslavia<br />

dove dirige una officina e si butta nella mischia automobilistica.<br />

Si stabilisce a Merano, sua città di origine ed inizia<br />

una attività con Rodolfo Hruska.<br />

Succede poi che, Ferry, figlio dell’ingengere Ferdinando Porsche (il grande<br />

progettista della Volkswagen) essendo amico di famiglia offre a Carlo Abarth la<br />

rappresentanza per l’Italia della Porsche Konstruktionen di Stoccarda consentendo<br />

così a Carlo Abarth ed a Hruska di entrare in rapporti con le maggiori industrie<br />

automobilistiche italiane.<br />

Contemporaneamente i due vengono incaricati di cercare un industriale per<br />

realizzare il prototipo e la conseguente costruzione della monoposto F.1 di 1500 cc,<br />

motore posteriore con tutte e quattro le ruote motrici che Ferdinand Porsche aveva<br />

progettato.<br />

Fu Tazio Nuvolari a metterli in contatto con Piero Dusio, il torinese costruttore<br />

della Cisitalia.<br />

A seguito alle traversie intervenute per Dusio, questi ripara in Argentina portandosi<br />

dietro anche la monoposto di Porsche.<br />

E’ per lui necessario ricominciare tutto daccapo per cui fonda a Torino, in via<br />

Trecate la Abarth & C. scegliendo come marchio uno scorpione che è il suo segno<br />

zodiacale.<br />

Carlo non è ingegnere, ma solo un app<strong>as</strong>sionato ed un buon praticone, ma<br />

dalla sua mente escono soluzioni originali quale il telaio a crociera con grossi tubi<br />

ellittici, il radiatore su supporti el<strong>as</strong>tici, l’avantreno smontabile con molta facilità.<br />

Inizia rielaborando alcune Cisitalia che già nel primo anno raccolgono ben 18<br />

vittorie.<br />

Impianta contemporaneamente una fabbrica di marmitte di scarico che aveva<br />

il compito di alleggerire le spese da affrontare per le corse.<br />

Era un abile miscelatore<br />

di propellenti (allora<br />

le auto da corsa erano<br />

alimentate con miscele di<br />

alcool, ma un clamoroso<br />

quanto in<strong>as</strong>pettato insuc-<br />

cesso in Spagna delle sue<br />

vetture, le 204, fa sì che<br />

Le prime vetture costruite dalla Abarth<br />

allineate avanti alla sede a Torino


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 179<br />

molti che le avevano ordinate disdicessero la commissione.<br />

Oltre alle marmitte che ormai sono montate su molte autovetture sia in Italia<br />

che all’estero da molti che ritengono una marmitta Abarth un segno di sportività<br />

(oltre che alla effettiva validità che consentiva rese migliori per i motori) egli produce<br />

anche collettori speciali, molle ed addirittura, seguendo una moda che va prendendo<br />

piede, leve del cambio sotto al volante in luogo delle originali sul pavimento. Le<br />

marmitte sopratutto rappresentano un vero successo e fino al 1971 ne aveva costruite<br />

ben tre milioni mezzo di pezzi per 350 modelli di autovetture.<br />

Al salone dell’ Auto di Torino Abarth presenta la berlinetta 204 derivata da<br />

meccanica 1100 che monta collettori speciali nonchè alcune novità Porsche molto<br />

avanzate come la sospensione<br />

a barra di torsione.<br />

La vettura riesce a toccare<br />

e mantenere bene i 190<br />

Km/h. Ne produce anche<br />

un modello spider con la<br />

quale Nuvolari, nella Palermo-Monte<br />

Pellegrino, si<br />

aggiudica la ultima vittoria<br />

della sua leggendaria car-<br />

2000 Sport prototipo al Mugello - Alla guida Merzario<br />

riera.<br />

La stampa specializzata<br />

lo definisce immedia-<br />

tamente “il mago” ed “il truccatore”, eticchette che lui respinge con sdegno dal<br />

momento che afferma di operare solamente sui motori per spremere fuori potenze<br />

che in comuni auto di grande serie debbo rimanere di riserva per garantirne la longevità<br />

e l’affidabilità nel tempo.<br />

Ormai la sua produzione si articola in quanttro branche: fabbrica di marmitte<br />

ed altri particolari; elaborazioni di auto prodotte in grande serie; auto sport interamente<br />

progettate e costruite in c<strong>as</strong>a; macchine da record.<br />

Inoltre avvalendosi di grandi carrozzieri quale Viotti, Allemanno, Boano, Pinifarina,<br />

Ghia, Zagato e con la collaborazione dello stilista cosentino Scaglione, spesso<br />

crea piccole serie o modelli unici partendo da auto di stretta serie. Qualche<br />

eccezione è stata operata con il coupè Alfa Romeo partendo dalla Super, dalla<br />

Porsche-carrera e dalle Simca 1500 e 1300.<br />

Quando nel 1955 la Fiat, eliminando la 500 C mette in vendita la 600 Abarth<br />

se ne impossessa e crea una piccola grande serie di vetture portate a 750 cc (in<br />

seguito ad 850) destinata a chi vuole una macchina decisamente grintosa e sportiva,<br />

ma contenuta nei prezzi.<br />

Mette in essere un accordo con la Fiat che si impegna a fornire alla Abarth


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 180<br />

non più macchine complete, ma prive di freni, alberi motori, carburatori, tubi di<br />

scarico; tutti particolari questi che sono l’oggetto della tr<strong>as</strong>formazione. Da qui a<br />

giungere ad una 1000 ci corre molto poco!<br />

Ormai la Abarth 595 (derivata Fiat nuova 500) e 695 (derivata Fiat 600) sono<br />

in tutte le corse nazionali ed internazionali riscuotendo ovunque successi e consensi.<br />

Nel luglio del 1971 Carlo Abarth, dopo una collabrazione molto stretta con la<br />

Fiat durata oltre venti anni, cede definitivamente la sua azienda alla Fiat che adotta il<br />

marchio Fiat-Abarth.<br />

Una 1000 Abarth in gara<br />

Autobianchi A 112 altra famosa elaborazione Abarth


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 181<br />

Siata<br />

Giorgio Ambrosini nel 1926 decide di fondare una azienda che producesse<br />

parti per vetture, sopratutto Fiat, al fine di migliorarne le prestazioni.<br />

N<strong>as</strong>ce così la Siata (Società Italiana Applicazione Tr<strong>as</strong>formazioni Automobilistiche).<br />

L’attività ebbe inizio operando sui motori delle due ammiraglie Fiat dell’epoca,<br />

la 524 e la 522. Inoltre intervenne sui motori della Fiat 514 che, a dire il vero, era<br />

una macchina molto mal riuscita a causa del pessimo<br />

rapporto peso-potenza tanto da essere definita all’epoca<br />

“il chiodo”.<br />

Comunque non poteva non considerare la Fiat 508<br />

(la Balilla) che invece era una vettura di pieno gradimento<br />

del pubblico e, quindi, di ampia diffusione.<br />

Spesso la testata, che normalmente era a valvole<br />

laterali, tramite un ingegnoso sistema di <strong>as</strong>te veniva sostituita<br />

dalla Siata con una testata a valvole in testa che rendeva i motori pressocchè<br />

irriconoscili in quanto a prestazioni.<br />

Macchine così riproposte parteciparono a molte gare, condotte anche dallo<br />

stesso Ambrosini, e riscossero discrete affermazioni.<br />

Negli anni a cavallo del 1930 molte furono le tr<strong>as</strong>formazioni operate su motori<br />

tipo 108, 108 S e 108 CS che equipaggiavano la 508 Balilla sia nelle versioni<br />

berlina, ma sopratutto spider (Coppa d’Oro) che giunsero a far erogare al generoso<br />

propulsore di solo 998 cc ben 48 Cv, più che raddoppiando l’ originaria potenza di<br />

22 Cv, toccando velocità dell’ordine di ben 155 Km/h.<br />

Vista la epidemica<br />

diffusione della 500 Topolino,<br />

l’attenzione della c<strong>as</strong>a<br />

non potè che rivolgere le<br />

proprie attenzioni alla Topolino<br />

realizzando modelli<br />

di alto interesse.<br />

Dopo la seconda<br />

Guerra Mondiale il costruttore<br />

pensò di costruire<br />

una propria vettura, la<br />

Siata 508 su meccanica Fiat 508 Balilla Coppa d’Oro<br />

(collezione Selva Bonino)<br />

Mitzi, ma lunghe prove ed estenuanti sedute di modifica convinsero Abrosini ad<br />

accantonare il progetto in vista di radicali cambiamenti del prototipo.<br />

Continuò invece l’attività di tr<strong>as</strong>formazione delle vetture Fiat sfruttando la grande


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 182<br />

esperienza acquisita con la 500 Topolino per cui, avendo la Fiat da poco lanciata la<br />

500 B con motore rinnovato, ma sempre a valvole laterali e testata in ghisa, la Siata<br />

pensò non solo di elaborare il nuovo propulsore, ma creò una simpatica vetturetta<br />

denominata “Amica” cui impose un telaio a travi laterali tubolare oltre, ovviamente,<br />

la elaborazione del motore,<br />

ed una carrozzeria spider.<br />

Quando nella metà<br />

del 1950 la Fiat mise in<br />

commercio la Fiat 500 C,<br />

La Siata sotituì il motore<br />

con quello della 500 C.<br />

Qu<strong>as</strong>i contemporaneamente<br />

fu presentata la<br />

Daina partendo dalla nuova<br />

e rivoluzionaria Fiat<br />

1400. Il modello si chia-<br />

mò Daina ed ebbe un incremento notevole nella potenza p<strong>as</strong>sando dagli originali 44<br />

Cv a ben 65 con cambio portato a 5 marce.<br />

Ambrosini produsse anche una elaborazione della Fiat 8 V crando la 208 che<br />

aveva anche ritocchi per “es<strong>as</strong>perare” maggiormente il piglio sportivo della carrozzeria<br />

della macchina di serie.<br />

Nel 1952 la Siata rispolverò<br />

il sogno della<br />

Mitzi e la presentò con un<br />

motore a 2 cilindri paralleli,<br />

valvole laterali (sic!)<br />

ed una potenza di 11 Cv.<br />

La correzzeria era esattamente<br />

quella della futura<br />

Siata Amica cabriolet due posti su meccanica Fiat 500<br />

Siata Gran Sport 750 derivata Fiat 500<br />

(collezione Giorgio Franchetti)<br />

Bianchina berlina dell’Autobianchi.<br />

La vettura venne<br />

prodotta su licenza in Argentina da una C<strong>as</strong>a di quel paese con la denominazione di<br />

Ryca Gilda.<br />

Oggetto della sua produzione furono in seguito le Fiat 600 e 1100 e, dopo<br />

laccordo con la Abarth, nacque la 750 Siata-Abarth derivata dalla Fiat 600. Ne<br />

nacquero vetture sia coupè che spider.<br />

Per le Fiat 1300/1500 Siata elaborò una versione TS che, vestita da Michelotti,<br />

ebbe un discreto successo. Successivamente il motore subì un incremento a


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 183<br />

1600 cc.<br />

La stessa carrozzeria fu sfruttata anche su meccanica Fiat 850.<br />

La c<strong>as</strong>a ebbe il suo “canto del cigno” con la Spring.<br />

Era questa una simpatica vetturetta con carrozzeria arrotondata che rievocava<br />

tanto la macchina di Topolino,<br />

noto personaggio dei<br />

fumetti, e che montava la<br />

meccanica della Fiat 500.<br />

La chiusura della Siata<br />

avviene nell’anno 1970.<br />

Qui di seguito vi daremo<br />

una panoramica fotografica<br />

con foto da catalogo<br />

o di vetture in possesso<br />

di amici collezionisti. Elegante spider realizzato su meccanica Fiat 1400 denominata<br />

Daina Gran Sport<br />

Nel 1948 il Campionato Italia è stato vinto da questa<br />

Siata Fiat TC di 750 cc


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 184<br />

Siata vetrina<br />

Siata tipo 36 da record in allestimento “stradale”<br />

(collezione Alessandro Ercoli - Firenze)<br />

Siata 208 S realizzata da Fiat 8 V<br />

(collezione C<strong>as</strong>tellani - Roma)


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 185<br />

Asa<br />

Dal 1962 al 1967 in via San Faustino, a Milano,<br />

ha operato una fabbrica di automobili di proprietà di<br />

Oronzio de Nora che ebbe particolare fortuna e grande<br />

importanza.<br />

Facendo un p<strong>as</strong>so indietro al 1961 al Salone dell’Automobile<br />

di Torino, il carrozziere Bertone presentò<br />

un sua creazione che doveva rappresentare lo studio<br />

per la vestizione di una vettura sportiva di media cilindrata.<br />

La meccanica era stata studiata e realizzata da una consorella della Ferrari, la<br />

Sefac, e doveva divenire, nelle intenzioni dell’ingegnere Enzo Ferrari che però smentiva<br />

detta diceria, la utilitaria della grande C<strong>as</strong>a con un prezzo decisamente più abbordabile<br />

di quello delle vetture della c<strong>as</strong>a di Maranello.<br />

Invece l’Ingegnere per antonom<strong>as</strong>ia, Enzo Ferrari, <strong>as</strong>seriva di volerla dare in<br />

licenza ad una c<strong>as</strong>a esterna, ma che desse sufficenti garanzie di serietà.<br />

In fondo così avvenne ed infatti la 1000 fu affidata alla milanese A.S.A.<br />

Al salone torinese del 1962 la vettura venne così presentata con il logo di<br />

A.S.A. 1000 GT coupè.<br />

Questa vettura montava un motore di soli 1032 cc ma era capace di raggiungere<br />

agevolmente i 190 Km/h con l’agilità che è stata sempre propria dei motori<br />

Ferrari.<br />

A Ginevra l’anno successivo fecero il loro ingresso, sempre carrozzate da<br />

Bertone, la spider e la GTC.<br />

A causa dell’interesse che le vetture riuscirono a suscitare la A.S.A. non riusciva<br />

a far fronte alle richieste anche perchè la messa a punto delle macchine era<br />

alquanto complicata.<br />

Forse per questo, sempre nel 1963, per la Bizzarrini venne costruito dalla<br />

Sport Cars di Modena un modello, la GTC 1000, con motore leggermente ridimensionato<br />

e sistemato centralmente.<br />

Tutte erano fornite di over drive al cambio che aveva 4 rapporti.<br />

Inutile dire che l’inizio della fine per l’A.S.A. fu determinato dal solito problema<br />

finanziario.<br />

Tuttavia venne messa in produzione ancora un nuovo modello, la RB 613 Roll<br />

Bar, in vetroresina e con motorizzazioni diverse (1800 e 1300).<br />

Vide la luce anche una monoposto per F. 3 con motore Ford-Cosworth.<br />

Tuttavia furono tutti inutili tentativi di salvezza dal momento che alla fine del<br />

1967 la A.S.A. chiuse definitivamente le porte degli stabilimenti.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 186<br />

Asa vetrina<br />

La versione finale dell’ A.S.A. 1000 GT<br />

Il generoso motore 1032 cc 4 cilindri<br />

nato in c<strong>as</strong>a Ferrari


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 187<br />

Artesi (Pulcino)<br />

Il f<strong>as</strong>cino dell’<strong>automobile</strong> e “la febbre del costruttore” di tanto in tanto colpisce<br />

qualcuno. Lo abbiamo già visto in questo volume relativamente al p<strong>as</strong>sato sia remoto<br />

che recente dell’automobilismo italiano.<br />

Una di queste “febbri” nel 1948 colpì in modo virulento anche Antonio Artesi<br />

a Palermo.<br />

Artesi costruì una vetturetta da città che chiamò molto affettuosamente “Pulcino”<br />

equipaggiata con motore di derivazione motociclistico a due tempi di 125 cc,<br />

raffreddato ad aria, tr<strong>as</strong>missione a catena e cambio a 4 marce + RM. La vetturetta<br />

pesava 150 Kg.<br />

Ad onore del vero la vetturetta era di <strong>as</strong>petto molto gradevole per cui riscosse<br />

grande simpatia nella folla di visitatori della III/a Fiera del Mediterraneo che si svolgeva<br />

a Palermo.<br />

Infatti presentava una carrozzeria a spigoli arrotondati come era nello stile<br />

dell’epoca delle auto americane e riecheggiava nel cofano anteriore e nella calandra<br />

la inconfondibile sagoma della prestigiosa Pontiac.<br />

Al signor Artesi rim<strong>as</strong>e la soddisfazione di raccogliere tutti i benevoli ed affettuosi<br />

apprezzamenti del pubblico, ma non quelle degli acquirenti dal momento che<br />

rim<strong>as</strong>e allo stato di prototipo e non entrò mai in produzione.<br />

La accattivante immagine della “Pulcino”


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 188<br />

Volugrafo<br />

Per la serie “febbre del costruttore di automobili” troviamo a Torino per<br />

opera dell’ingegnere Belmondo un’altra vetturetta da città, la Bimbo.<br />

La Bimbo venne costruita per tre anni (1945/1948) da questa industria la cui<br />

attività era quella di costruttrice di cisterne, rimorchi e pompe erogatrici di carburanti.<br />

Questa vetturetta aveva una strana caratteristica: montava un motore monocilindrico<br />

a quattro tempi allocato posteriromente ma che azionava tramite una catena<br />

solo la ruota sinistra. Per chi volesse una vettura più “sostanziosa” era previsto un<br />

secondo motore che avrebbe azionato, sempre con un’altra catena, la ruota destra!<br />

Ci si domanda come si era pensato di mettere daccordo i due motori per farli<br />

funzionare con eguali prestazioni e rese onde non riproporre il detto ... “la mano<br />

sinistra non sa cosa fa la mano destra”!<br />

Non sappiamo se mai siano stati venduti esemplari con due motori e la curiosità<br />

ci spinge a sapere come siano stati messi in condizione di funzionare simmetricamente.<br />

Comunque l’<strong>as</strong>petto della vetturetta era aggraziato e rotondeggiante e poteva<br />

ospitare due p<strong>as</strong>seggeri di media statura. Se i p<strong>as</strong>seggeri erano piuttosto corpulenti<br />

... uno dei due doveva rinunciare ed andare a piedi.<br />

E’ il c<strong>as</strong>o di dire ... mi dia una vettura taglia 48!


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 189<br />

Opes<br />

La Opes n<strong>as</strong>ce a Torino intorno al 1938 ed espleta la propria attività nel campo<br />

dei laminati metallici. Opes (Officine di Precisione e Stampaggio) ha anche commercializzato<br />

per alcuni periodi motocicli di cui era la rappresentante.<br />

Il suo titolare, Giuseppe Milanaccio, aveva lavorato a lungo capogruppo negli<br />

uffici tecnici della sezione<br />

stampaggi a caldo della<br />

Fiat.<br />

Era considerato un<br />

ottimo tcnico e già in gioventù<br />

aveva progettato e<br />

realizzato un motocarro<br />

con trazione anteriore.<br />

In seguito ha preso<br />

il controllo finanziario e<br />

dirigeva le Costruzioni<br />

Meccanche R<strong>as</strong>etti, specializate<br />

nel campo della<br />

meccanica di precisone, e<br />

della Cif che costruiva fari<br />

per automobili e motociclette.<br />

In questa sua poliedrica<br />

attività progettò e<br />

realizzò una vettura <strong>as</strong>solutamente<br />

rivoluzionaria<br />

L’avveniristica Ninfea 700 della Opes di Torino<br />

(la prima progettata in Italia dopo la seconda Grande Guerra) che lo consacrò, a<br />

ben ragione, alla storia automobilistica italiana.<br />

La vettura si chiamava Ninfea.<br />

Aveva un motore stellare a tre cilindri di 784 cc con attaccato il cambio. La<br />

carrozzeria era a struttura portante per cui furono abbattuti i pesi, carrozzata berlina<br />

due porte cinque posti.<br />

Un piccolo telaio anteriore aveva la duplice funzione di portare il gruppo motore/frizione/cambio<br />

e di irrigidirne complessivamente la scocca.<br />

Il comando della leva delle marce era posto al volante che si trovava normalmente<br />

in posizione centrale ai sedili anteriori che erano a panchetta ma poteva essere<br />

spostato facilmente sia a destra che a sinistra.<br />

La Ninfea era veramente una svolta rispetto ai canoni costruttivi dell’epoca e<br />

si ottenevano dal piccolo propulsore delle rese veramente molto interessanti. Anche


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 190<br />

la linea era originale e moderna.<br />

La macchina fu presentata<br />

al Salone dell’Auto<br />

di Torino nel 1946, ma<br />

gli studi datavano sin dal<br />

1943.<br />

Al momento della<br />

chiusura della fabbrica avvenuta<br />

nel 1949 erano in<br />

costruzione circa 100<br />

L’interessante motore stellare 3 cilindi di 700 cc<br />

esemplari.<br />

Indubbiamente la vettura era destinata a sicuro successo, se non fosse avvenuto<br />

che ragioni organizzative hanno imposto la chiusura della R<strong>as</strong>etti, il chè convinse<br />

Milanaccio a cedere il controllo delle altre sue attività e, quindi, a far saltare la<br />

produzione dell’interessante vettura.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 191<br />

Ferrari<br />

Sulla prestigiosa Ferrari, vanto italiano nel Mondo, sono stati versati fiumi di<br />

inchiostro e sono stati scritte intere biblioteche da persone molto più competenti me.<br />

E’ stato detto di tutto e su tutto. Libri, articoli e tr<strong>as</strong>missioni TV continuano, a ben<br />

ragione, a ritenerlo il padre di tutti gli argomenti.<br />

Per questa ragione noi, piccoli osservatori a margine, non oseremo avventurarci<br />

in una analisi completa, ma ci limiteremo a tracciare la n<strong>as</strong>cita e la vita di questa<br />

azienda sopratutto imperniando il nostro discorso sulla Figura di Enzo Ferrari, detto<br />

“il Drake” anche se svolazzeremo con semplicità sulla vita e le tappe della Marca.<br />

Bisogna risalire al 1929 quando Enzo Ferrari apre una officina con lo scopo di<br />

<strong>as</strong>sistere i clienti della C<strong>as</strong>a Alfa Romeo, cui egli stesso aveva appartenuto.<br />

Ovviamente l’officina era chimata Ferrari e quando ha costituito una scuderia<br />

per le corse ha adottato lo stemma del cavallino rampante simile a quello che usava<br />

Francesco Baracca, <strong>as</strong>so dell’aviazione<br />

nazionale, sul suo aereo.<br />

Solamente nel 1960 la C<strong>as</strong>a prese il<br />

nome di Sefac (Società Esercizio Fabbriche<br />

Automobili e Corse).<br />

Enzo Ferrari, era nato alla estrema<br />

periferia di Modena nel 1898 dove il padre,<br />

che era di Forlì, aveva una carpenteria<br />

in ferro. Il desiderio era che il figlio si<br />

lauresse ingegnere, ma Enzo era più por-<br />

A sinistra il simbolo dell’ aereo<br />

di Francesco Baracca,<br />

a destra il logo della Ferrari<br />

tato per gli studi “sul campo” che ad invecchiare<br />

sui libri.<br />

A soli 16 anni era istruttore presso<br />

la scuola per tornitori a Modena, a 19 era<br />

istruttore per l’addestramento presso l’officina dei Vigili del Fuoco di Modena per<br />

la fabbrica di proiettili.<br />

Dopo aver <strong>as</strong>solto l’obbligo del militare a 21 anni tentò inutilmente di essere<br />

<strong>as</strong>sunto dalla Fiat, ma constatata l’impossibilità si impiegò presso la CMN (Costruzioni<br />

Meccaniche Nazionali) che gli diedero anche la possibilità di guidare in corsa<br />

alcune vetture e la sua prima gara fu la Parma-Poggio di Berceto ove si piazzò terzo<br />

in categoria 3000.<br />

In seguito si impiegò nell’Alfa Romeo e tra rapporto dipendente e rapporti di<br />

varia natura vi rim<strong>as</strong>e in contatto fino al 1939.<br />

Una strana formula contrattuale tra Ferrari e l’Alfa Romeo, impedirono ad<br />

Enzo Ferrari di costruire vetture con il proprio nome.<br />

Per tale ragione la prima sua vettura, nata nel 1940, vide la luce sotto il mar-


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 192<br />

chio Auto Avio Costruzioni che era una società costituita da Enzo Ferrari a Modena<br />

con ragioni ufficiali diverse. In seguito fu tr<strong>as</strong>ferita a Maranello su un terreno di<br />

proprietà dei Ferrari.<br />

La prima vettura costruita era la 815, una 8 cilindri di 1500 cc, approntata<br />

con una preponderanza di materiali Fiat, che partecipò subito con Alberto Ascari e<br />

Lotario Rangoni alla Mille Miglia pur senza riuscire a raggiungere l’ambito traguardo<br />

di arrivo in viale Rebuffone<br />

a Brescia.<br />

Il vero primo progetto<br />

della Ferrari fu comunque<br />

la 125 GT del<br />

1946 che diede la stura ad<br />

una serie infinita di nuove<br />

macchine da corsa che,<br />

come si sa bene, dilaga-<br />

La prima vettura costruita dalla Ferrari, la 815,<br />

ma con ancora il marchio della Auto Avio Costruzioni<br />

rono nel mondo intero raccogliendo<br />

a piene mani<br />

successi ed allori, ma anche qualche cocente amarezza.<br />

Tantissimi i motori nuovi o realizzati su vecchi suoi schemi (nel biennio ‘51-’53<br />

costruì ben 21 tipi di motori).<br />

Ormai si era al 1955 e la Ferrari si era imposta nel mondo per le sue realizzazioni.<br />

Nel 1955 l’uscita dal team Ferrari di piloti del valore di Ascari e Villoresi che<br />

p<strong>as</strong>sarono alla squadra corse della Lancia, non fu un colpo indolore.<br />

La Lancia, con una decisione a sorpresa nello stesso ‘55, dopo la morte di<br />

Ascari, decise di chiudere la sezione sport.<br />

Tutto il materiale disponibile fu deliberato di metterlo a disposizione della Ferrari<br />

che così “ereditò” una monoposto, la 8 CL. La 8 cilindri Lancia-Ferrari rappresentò<br />

anche per 1957 la macchina di b<strong>as</strong>e per la F.1.-<br />

Molte furono le modifiche apportate a questa vettura come la soppressione<br />

della guarnizione della testata (come la Bugatti).<br />

In tutti i c<strong>as</strong>i il motore aveva fatto il suo tempo per cui fu sostituito da un 6<br />

cilindri a V chiamato Dino dal diminuitivo del figlio di Enzo Ferrari, prematuramente<br />

morto nel maggio ‘96 e che rappresentò un durissimo colpo nello spirito del “grande<br />

vecchio” che nutriva infinito affetto per lui e su cui contava per la sua successione in<br />

azienda.<br />

Alfredino Ferrari (Dino) aveva collaborato attivamente alla realizzazione di<br />

questo motore che era opera dell’ingegner Lampredi, lo stesso che progettò il motore<br />

che andò ad equipaggiare la Fiat 2300 S coupè.<br />

Molte le realizzazioni commerciali nella categoria Gran Turismo fra cui la 500


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 193<br />

Mondial di 2000 cc 4 cilindri che fu commercializzata con il nome di “Testa Rossa”<br />

per il fatto che i primi modelli avevano verniciate di rosso le testate.<br />

Fra le innumerevoli<br />

vetture prodotte la 250<br />

GT rappresentò per la<br />

c<strong>as</strong>a di Maranello un caposaldo<br />

anche per essere<br />

stata la prima 2+2.<br />

La 250 GT divenne,<br />

per la versione commerciale,<br />

la GTO ed ottenne<br />

La 500 Mondial<br />

(collezione Giulio Dubbini di Padova)<br />

grande successo negli<br />

estimatori del marchio<br />

Ferrari, ed oggi lo è fra i<br />

collezionisti.<br />

Il 1959 vide la Ferrari operare due grandi conversioni: i freni a disco ed il<br />

motore allocato posteriormente. La prima vettura che operò questi cambiamenti fu<br />

la 156 F.1 del 1960.<br />

Molti i carrozzieri che vestirono le Ferrari fino al 1952: Touring,Vignale, Ellena,<br />

Ghia e dopo qu<strong>as</strong>i solamente Pininfarina.<br />

Alla 206 seguì nel 1969 la Dino 246 GT e quindi la Fiat-Dino che ebbero<br />

motorizzazioni simili di 2400 cc.<br />

Tuttavia il 1969 rappresenta per la C<strong>as</strong>a di Maranello una data significativa<br />

essendo stato firmato il 21 giugno un accordo in b<strong>as</strong>e al quale la Fiat entrava a far<br />

parte, in forma paritetica,<br />

nella Sefac-Ferrari.<br />

Abbiamo inziato<br />

questa rapida e sommaria<br />

carrellata sulla Ferrari con<br />

il pesonaggio Enzo Ferrari,<br />

la vogliamo chiudere con<br />

lo stesso nome.<br />

Enzo Ferrari fu un<br />

uomo eclettico che <strong>as</strong>pirava<br />

a tre cose:<br />

essere un giornalista sportivo,<br />

essere un buon musicista, essere un costruttore di automobili.<br />

Vista dall’alto dell’imponente motore 12 cilindri a V del<br />

1958 che equipaggiava la 250 GT<br />

Le prime due sono rim<strong>as</strong>te nel c<strong>as</strong>seto, ma il terzo, indubbiamente, è stato<br />

centrato in pieno ed il suo nome fu consegnato alla <strong>Storia</strong> come il più celebre costruttore<br />

di <strong>automobile</strong> del mondo!


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 194<br />

Era stato pilota di auto da corsa, ma lui si scheniva dicendo che era una mediocrità<br />

(invece qualche risultato lo smentisce).<br />

Non aveva realizzato il sogno di divenire giornalista sportivo, ma è stato un<br />

avvincente scrittore.<br />

Non si era laureato in ingengeria come il padre avrebbe voluto, ma è stato<br />

insignito della Laurea Honoris Causa.<br />

Come uomo era ritenuto (nessuno può sapere se effettivamente lo fosse nel<br />

profondo del suo cuore oppure era solo una m<strong>as</strong>chera!) spigoloso, riservato, duro<br />

addirittura da qualcuno giudicato spietato!<br />

Fu comunque un personaggio molto difficile da trattare.<br />

Litigò spessissimo con i suoi tecnici, con gli organizzatori, con i suoi piloti.<br />

Rim<strong>as</strong>e emblematico il litigio con Tazio Nuvolari che li portò fino qu<strong>as</strong>i a varcare<br />

la soglia di un tribunale.<br />

La cosa non dovrebbe stupire più di tanto dal momento che il carattere rude e<br />

schietto del romagnolo Ferrari (anche se nato a Modena era figlio di forlivesi) e<br />

quello del “Mantovano Volante”, Tazio Nuvolari, uomo portato a persistere con<br />

testardaggine in tutte le sue cose anche le più apparentemente impossibili (alla fine di<br />

una gara si ruppe il volante, lui non desistette e tagliò il traguardo con la vettura<br />

guidata con una chiave inglese!) non potevano che portare ad impuntature epocali.<br />

Deve stupire invece che i due personaggi non finirono in tribunale ma qualcuno dalle<br />

altissime doti mediatrici (!) riuscì a comporre la faccenda bonariamente!<br />

Tre immagini di Enzo Ferrari: a 22 anni al Mugello pilota Alfa Romeo, il volto corrucciato<br />

che siamo stati abituati a vedere, un momento di intimità sconosciuta


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 195<br />

De Filippis Maria Teresa<br />

La giovanissima Maria Teresa De Filippis, napoletana, amava dire a destra e a<br />

manca che come guidava lei l’<strong>automobile</strong> non c’era nessuno! Gli amici la prendevano<br />

in giro dicendo che anche se era effettivamente vero che guid<strong>as</strong>se benino, comunque,<br />

salvo rarissime eccezioni, i campioni erano<br />

tutti uomini. Lei si arrabbiava da morire!<br />

Fu così che un giorno di quel 1948 lei sfidò<br />

apertamente tutti e per scommessa si iscrisse ad<br />

una gara locale, la Salerno-Cava dei Tirreni ove<br />

partecipò con la sua Topolino. Ovviamente era<br />

guardata da tutti con sorniona bonomia. Cosa voleva<br />

questa “ragazzina” che osava introfularsi nel<br />

mondo dei “grandi”? La gara iniziò e finì con Maria<br />

Teresa che aveva fatto un percorso splendido<br />

tanto da risultare prima di categoria! I “grandi” a<br />

quel punto risero un pochino meno ... si era ripetuta<br />

la storia di Davide e Golia!<br />

Comunque da quel giorno la De Filippis non abbandonò più il mondo delle<br />

competizioni tanto da essere la prima e forse all’epoca l’unica donna che gareggiò in<br />

F.1 con apprezzabili risultati. Corse ancora con la sua amata Topolino, ma poi p<strong>as</strong>sò<br />

a macchine più consistenti: Giaur e Urania piazzandosi sempre ottimamente.<br />

Disputò nel ‘54 un lusinghiero Campionato Italiano con l’Osca appena comprata<br />

ed avrebbe senz’altro vinto il Campionato se non avesse avuto un terribile<br />

incidente in Sardegna dove uscì di strada accecata dalla paglia delle balle distrutte<br />

da un altro corridore. Per il trauma perse l’udito da un orecchio.<br />

Dovendo ricomprare una vettura essendo andata distrutta la sua, acquistò una<br />

M<strong>as</strong>erati e rim<strong>as</strong>e sempre fedele alla c<strong>as</strong>a del Tridente.<br />

Partecipò a molte gare internazionali ma la sfortuna la perseguitò ovunque.<br />

A Buenos Aires dove era piazzatissima nella 1000 Km fu costretta ad evitare<br />

un altro concorrente e volò via: braccio rotto; al Mugello un “amico albero” le evitò<br />

di precipitare in un profondo burrone; addirittura in Portogallo la sua M<strong>as</strong>erati si<br />

spaccò in due. Al G.P. d’Italia del 1958 era l’unico pilota italiano e stava portando<br />

alto il nome dell’Italia, ma anche qui una rottura meccanica la costrinse al ritiro a<br />

pochi giri dal termine.<br />

Smise definitivamente di correre nel 1959 dopo essersi piazzata quinta al G.P.<br />

di Siracusa sempre su M<strong>as</strong>erati F. 1


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 196<br />

Savio autocarrozzeria<br />

A cavallo fra la fine dell’ 800 e l’inizio del ‘900 a Torino esisteva una fabbrica<br />

molto rinomata di carrozze sia per le modalità costruttive che per l’accuratezza<br />

dell’esecuzione, era la Marcello Alessio.<br />

Pressso questa industria lavoravano in qualità di apprndisti scocchisti due fratelli,<br />

Giuseppe e Antonio Savio.<br />

Fu nel 1919 che i due fratelli decisero di mettesi in proprio, ma per costruire<br />

scocche di autovetture epresto si affermarono tanto da essere i preferiti dalle industrie<br />

automobilistiche dell’epoca.<br />

Ottennero grosse commesse dalle carrozzerie dell’epoca quale Torretta e Locati,<br />

Taurus, Locati e Viarengo,<br />

Diatto.<br />

Tanta fu la fama che<br />

avvolgeva i fratelli Savio<br />

che lo stesso Marcello<br />

Alessio, che aveva convertito<br />

la sua produzione<br />

all’<strong>automobile</strong>, gli affidò la<br />

vestizione di ben 1000 au-<br />

totelai Itala.<br />

Da lì’ partì la strada<br />

Giardiniera in legno su meccanica 508 C<br />

dei Savio che presto carrozzarono anche Ceirano utilizzando un innovativo sistema<br />

detto “silent Block”.<br />

Ormai la fama aveva supertao il momento critico per cui si ritrovano ben presto<br />

a vestire Fiat, Alfa Romeo, Lancia, Isotta Fr<strong>as</strong>chini, OM, Chiribiri, Ansaldo.<br />

Contemporaneamente<br />

i Savio lavorano<br />

anche per conto di altrri<br />

carrozzieri di nome quali-<br />

Ghia, Boneschi, Stabilimenti<br />

Farina, Garavini e,<br />

come detto, Alessio.<br />

All’inizio del 1930<br />

l’azienda si tr<strong>as</strong>ferisce dai<br />

Su meccanica Ardita una realizzazione per la caccia<br />

locali originari di via Tiziano<br />

in via Canova.<br />

Interessanti realizzazioni sono state fatte su telaio 508 Balilla con il sistema<br />

Silent Block ed è da attribuire a loro una brillante serie realizzata su meccanica Fiat<br />

508 C con carrozzeria giardiniera in legno.<br />

Una anticipazione di quella che ai giorni nostri è rappresentata dal fuoristrada


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 197<br />

fu la Ardita Box Body funalizzata ad essere utilizzata come vettura per la caccia.<br />

Tuttavia forse la più importante, ma senzaltro la più conosciuta, fu la 1100 Fiat<br />

Mille Miglia con carrozzeria in allumino che in seguito f prodotta direttamente dalla<br />

Fiat.<br />

La Savio si specializzò<br />

in veicoli industriali<br />

come autoambulanze e furgoni.<br />

La seconda Guerra<br />

Mondiale inflisse la qu<strong>as</strong>i<br />

distruzione delle officine ed<br />

Antonio si ritirò dall’impresa<br />

per cui fu Giuseppe<br />

a ricostruire tutto da zero.<br />

Alla morte di Giusep-<br />

pe Savio l’impresa p<strong>as</strong>sa nelle mani del genero Alfredo Caracciolo che traferì l’azienda<br />

a Borgo San Pietro nella cintura torinese.<br />

Alla ripresa furono presentati modelli come la 508 C quattro porte e la landaulet<br />

1400.<br />

Interessante una vettura<br />

da città del 1964 su<br />

meccanica Fiat 600 D che<br />

era munita di portiere scorrevoli.<br />

Indubbiamente la più<br />

conosciuta per essere ar-<br />

Fiat 1100 aereodinamica carrozzata in alluminio in seguito<br />

costruita direttamente dalla Fiat<br />

La Venilia, una originalissima giardiera convertibile<br />

su Fiat 1100 B<br />

rivata fino ai nostri tempi<br />

fu la Fiat 600 Jungla che<br />

vide la luce nel 1965 cui<br />

venne sostituita nel 1975 la meccanica con quella della 500.<br />

Altre realizzazioni recenti sono la A112 con carrozzeria in resine poliestere e l’<br />

Albarella.<br />

Fino a qu<strong>as</strong>i ai nostri giorni la Savio realizzò carrozzerie industriali su Fiat 238<br />

e Fiat 616.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 198<br />

Savio vetrina<br />

La vetturetta denominata Polis del 1964 su meccanica<br />

Fiat 600 D ideata per la città dotata di portiere<br />

scorrevoli per limitarne gli ingombri<br />

La Savio Jungla nata come fuoristrada su meccanica<br />

Fiat 600 successivamente sostituita dai gruppi meccanici<br />

della Fiat 126<br />

Ancora oggi si può vedere qualche esemplare circolare<br />

normalmente


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 199<br />

Vignale autocarrozzeria<br />

Alfredo Vignale era all’inizio uno dei tanti battil<strong>as</strong>tra della Pinifarina, che per<br />

merito della sua bravura divenne in seguito responsabile del settore.<br />

Nell’autunno del 1946, l<strong>as</strong>ciò la Pininfarina e fondò la sua autocarrozzeria<br />

<strong>as</strong>sieme ad Angelo Balma ed ai due fratelli Guglielmo e Giuseppe.<br />

La prima realizzazione<br />

fu su una Fiat 500 usata<br />

che ebbe in regalo una nuova<br />

carrozzeria.<br />

La seconda, che in<br />

effetti fu la prima vera realizzazione<br />

fu un cabriolet<br />

1100 che vide la luce nel<br />

1947 e si aggiudicò il secondo<br />

premio al Concorso<br />

di Eleganza di Torino.<br />

Tuttavia le vetture avevano ancora aleggiante lo stile Pinifarina tanto che un<br />

critico inglese attribuì per errore e fretta la prima a Pininfarina.<br />

La Vignale aveva però un grosso vantaggio costituito dalla mancanza di p<strong>as</strong>sato<br />

per cui non era obbligata a rispettare alcuno canone ma potè sbizzarrisi sia nelle<br />

linee e sia nei colori.<br />

nacquerò perciò accostamenti di colori che fino a quel momento erano impensabili!<br />

Cofani più scuri o più chiari del muso, fiancate con bugne di colore diverso e<br />

contr<strong>as</strong>tante, modanature cromate decise, ma non pesanti, fori di areazione alle<br />

fiancate che divennero in<br />

seguito, cromate, un motivo<br />

dominante nelle grosse<br />

vetture di oltre oceano.<br />

Il nuovo, il tr<strong>as</strong>gressivo,<br />

l’impensabile divennero<br />

doti che, accompa-<br />

Una bellissima barchetta Ferrari 166 MM<br />

La seconda realizzazione su meccanica 1100 nel 1947<br />

gnandosi alla estrema cura<br />

dei particolari, portarono<br />

all’incondizionato favore del pubblico.<br />

La prima commessa veramente importante la Vignale l’ebbe dalla sua ex c<strong>as</strong>a<br />

madre Pinifarina, in difficoltà stante il volume dell’ordine ed il tempo relativamente<br />

breve di consegna tanto che non riusciva a realizzare un importante stock di vetture<br />

cabriolet e coupè su telai della Cisitalia. La Vignale a sua volta fu costretta a dare in<br />

sub appalto parte della commessa ad artigiani del luogo.<br />

Comunque gli uomini della Vignale avevano “l’arte in mano” per cui erano


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 200<br />

adattissimi a creare prototipi, e questa fu una branca che caratterizzò l’industria<br />

Vignale.<br />

Realizzò prototipi di pre serie ed auto in pezzo unico per committenti danarosi.<br />

Collaborò con molte<br />

c<strong>as</strong>e italiane ed americane,<br />

ma la qualificazione l’ebbe<br />

con la collaborazione con<br />

la Ferrari di Maranello.<br />

Fra i clienti “speciali”<br />

ha potuto vantare Re Leopoldo<br />

del Belgio e Liliana<br />

de Rethy. Altri nomi<br />

dell’alta finanza, politici, e<br />

del jet set mondiale ordinarono<br />

“pezzi unici”; complessivamente<br />

ne furono<br />

realizzati ben 140 diversi esemplari.<br />

Fiat 1100 carrozzata coupè con una originale calandra<br />

Una piccola serie di “barchette” Ferrari, realizzate su suo disegno, furono pilotate<br />

da nomi come Chinetti, De Portago, Farina, Gonzalez, Marzotto. Due di queste<br />

furono pilotate da Ascari e Taruffi piazzandosi al primo e secondo posto alla Carrera<br />

Panamericana del 1951.<br />

La fama procuratogli<br />

dall’ aver carrozzato i telai<br />

Fiat, Cisitalia e Ferrari<br />

spianò la strada per realizzazioni<br />

(alcune volte di piccole<br />

serie come per l’Appia<br />

e la Flaminia) con la<br />

Lancia, Alfa Romeo, Osca<br />

e M<strong>as</strong>erati.<br />

Importante fu una se-<br />

rie di spyder e coupè su<br />

meccanica 600 D, 850 e<br />

500 da cui venne fuori la<br />

Gamine. Il momento “tirava” e Vignale seppe profittarne.<br />

La “Vignalina” con meccanica Fiat 600<br />

regalò a tutti il sogno della cabriolet<br />

Importante fu la collaborazione con le maggiori C<strong>as</strong>e costruttrici americane<br />

per la costruzione di pezzi unici e di prototipi.<br />

La Vignale chiuse i battenti nel novembre del 1974.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 201<br />

Bertone autocarrozzeria<br />

Giovanni Bertone l<strong>as</strong>ciò la cittadina nativa<br />

di Mondovì, ove faceva il carradore, poco più<br />

che ventenne e si tr<strong>as</strong>ferì nella grande Torino.<br />

Nela sua nuova città iniziò subito alla Diatto,<br />

ma nella sezione ferroviaria. Fu solo dopo cinque<br />

anni che decise di l<strong>as</strong>ciare la sezione ferrovie<br />

e tornare alle attività stradali mettendosi contemporaneamente<br />

in proprio riprendendo la sua originaria<br />

atività di carradore. Aprì pertanto una officina<br />

di riparazione di carrozze in via Villarb<strong>as</strong>se.<br />

Dobbiamo attendere, comunque il 1921 per<br />

vedere che Giovanni volgeva il suo sguardo attento<br />

al nuovo mezzo di locomozione: l’<strong>automobile</strong>.<br />

Lo fece carrozzando una vettura Spa 9000<br />

cui impose una linea continua e filante (per quei<br />

tempi) e l’abbellì con un radiatore a diedro con<br />

due stemmi della Spa a fianco alla punta.<br />

Il risultato fu ositivo e la Spa, cui si aggiunse<br />

presto anche la Lancia, gli affidarono volentieri<br />

autotelai da carrozzare. Ma il suo nome non compaiva<br />

da nessuna parte in quanto tutte le carrozzerie<br />

risulvavano fatte dalle C<strong>as</strong>e madri.<br />

Era, insomma, un ottimo artigiano che lavorava<br />

per conto terzi nel pieno anonimato. Que-<br />

sto strano modo di operare si ripresentò anni dopo<br />

quando negli anni ‘60 dagli stabilimenti di Gru-<br />

Nuccio Bertone<br />

gli<strong>as</strong>co uscivano le Lancia Flaminia berlina con firma Pinifarina che aveva disegnata<br />

la vettura.<br />

Nel 1934 era entrato in ditta il figlio Nuccio che risultò essere un ottimo manager,<br />

anche se le piccole dimensioni dell’azienda lo costringevano ad impegnarsi in<br />

molte altre mansioni fra cui il disegnatore.<br />

In quegli anni Bertone affrontò direttamente il pubblico con una realizzazione<br />

futuristica presentando al Salone dell’Automobile di Milano la 900 Spueraereodinamica<br />

su meccanica Fiat 527 Ardita sei cilindri.<br />

La vettura aveva molte innovazioni quale il parabrezza avvolgente che anticipaca<br />

quello curvo di tempi molto successivi, cofano motore che copre le ruote di<br />

scorta ed i fari incorporati in un rigonfiamento della calandra che era direttamente<br />

raccordata al cofano motore (come nelle Opel degli anni ‘50), sedile anteriore tre<br />

posti affiancati.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 202<br />

In effetti elencare le C<strong>as</strong>e per cui ha lavorato Bertoni sarebbe un noioso elen-<br />

co, per cui diremo che tutte indistintamente la C<strong>as</strong>e italiane hanno affidato a Bertone<br />

realizzazioni in pezzi unici o in piccole (ma non troppo, vedi la Giulietta Sprint co-<br />

900 Superaereodinamica su Fiat 527 Ardita 6 C<br />

zionatamente il favore del pubblico.<br />

struita in ben 40.000<br />

esemplari) serie. Natural-<br />

mente il nome prestigioso<br />

spinse grosse marche este-<br />

re ad affidare a Bertone<br />

realizzazioni di avanguardia<br />

che incontrarono incondi-<br />

I progetti in c<strong>as</strong>a Bertone erano contr<strong>as</strong>segnati da un numero progressivo e si<br />

giunse a superare il numero 600!<br />

Tuttavia l’exploit che ebbe la Bertone nel 1954 presentando al Salone del-<br />

l’Automobile di Torino una vetturetta agile ed elegante di colore azzuro non è più<br />

stato eguagliato. Era una Alfa Romeo definita nella pubblcità della c<strong>as</strong>a “Sportiva,<br />

aereodinamica, agilissima, veloce, di stile moderno” cui era stao imposto il nome di<br />

“Giulietta Sprint”.<br />

Come detto se ne costruirono ben 40.000 esemplari divisi grossolanamente in<br />

due serie. La prima con fari piccoli su un musetto aggraziato, la successiva con fari<br />

di diametro aumentato e prese d’aria anteriore schermate che però, a nostro giudi-<br />

zio, risultò più pesante e meno simpatica pur mantenendo una liena filante e sempre<br />

e comunque la simpatia del pubblico.<br />

Altra differenza stava nel cambio che nella prima serie era al volante mentre<br />

nella successiva era sul pianale.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 203<br />

Luigi Fiertler e la sua “Lupetta”<br />

(Tratto dal sito Internet creato dai figli in ricordo del grande Genitore)<br />

Chi è Luigi FiertlerDire ingegnoso è dire poco. Luigi Fiertler, nato a Cosenza<br />

nel 1909 e scomparso nel 1970, è stato un personaggio unico nel panorama sportivo<br />

automobilistico della Calabria degli anni Cinquanta, per la capacità di dedicarsi<br />

con energie pressoché inesauribili tanto alla famiglia, quanto al lavoro d’officina<br />

come concessionario della c<strong>as</strong>a automobilistica Alfa Romeo e come preparatore di<br />

auto sportive.<br />

Durante il periodo bellico, mentre era di stanza all’aeroporto di Reggio Calabria<br />

come aviere, riuscì persino a costruire pezzi di ricambio allora introvabili.<br />

Rimane in piccolo capolavoro realizzato, “la Lupetta”, gioiello di tecnica e<br />

design: una piccola spider, b<strong>as</strong>sa, ben aderente al terreno, aggressiva quanto b<strong>as</strong>ta<br />

per favorire una guida sportiva, anticipatrice delle minicar attuali.<br />

Per p<strong>as</strong>sione dedicava intere nottate alla preparazione delle auto sportive con<br />

cui partecipava alle gare automobilistiche, le Mille Miglia, il Giro di Calabria, il Giro<br />

di Sicilia e gare in salita.<br />

Dal temperamento amabile, aperto e disponibile, anche se a volte severo e<br />

rigoroso, aveva creato una fucina di allievi apprendisti che ancora oggi lo ricordano<br />

come “un bravo maestro”.<br />

L<strong>as</strong>cia una storia, qu<strong>as</strong>i sconosciuta, dominata da una grande p<strong>as</strong>sione.<br />

Grandi anche le soddisfazioni e gli inevitabili sacrifici.<br />

Sulla Lupetta è stato svolto uno studio tecnico di fattibilità, che si è tradotto<br />

nella tesi di Laurea del fratello minore, Giulio Fiertler (1921-1974), presso il Politecnico<br />

di Torino (anno accademico 1949/1950).<br />

Questo lavoro attesta e conferma la funzionalità di un’opera dell’ingegno che<br />

ha avuto la sua m<strong>as</strong>sima espressione nel Raid Reggio Calabria Milano.<br />

Luigi Fiertler e la sua Alfa<br />

“La Lupetta” sul lungomare di Reggio Calabria nel 1949


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 204<br />

Rodi Morabito e l’ASI<br />

di Antonio Carella<br />

... “Carneade, chi era costui?”<br />

La domanda che alcuni delle<br />

nuove generazioni potrebbero porsi<br />

è proprio questa: chi è Franz Rodi-<br />

Morabito?<br />

N<strong>as</strong>ce a Rosarno (RC) nel<br />

1934 da agiata famiglia di professionisti<br />

rosarnesi e qui vi tr<strong>as</strong>corre<br />

la sua infanzia ammaliato dal mondo<br />

dei motori.<br />

Da bambino p<strong>as</strong>sava ore intere<br />

seduto su un muretto a contemplare<br />

aff<strong>as</strong>cinato le colonne di<br />

automezzi americani che transitavano<br />

sulla statale 18.<br />

Subì il f<strong>as</strong>cino delle Jeep, dei<br />

Jeepponi, degli Chevrolet, dei Bedford<br />

ma sopratutto degli aggressivi<br />

GMC a tre <strong>as</strong>si motori.<br />

Scoppiò il coup de foudre e se<br />

ne innamorò ... follemente.<br />

Negli anni ‘50, comprando una<br />

vecchia Jeep, gli fu imposto dal ven-<br />

Franz e Melyta Rodi-Morabito<br />

ditore lo sgombero del garage da<br />

una vecchia Fiat Balilla di cui era rim<strong>as</strong>to poco più che la sola carrozzeria.<br />

Iniziò così ad proliferare in lui il “virus dell’auto d’epoca” e da qui partì la sua<br />

p<strong>as</strong>sione mettendo in essere una bella collezione di pezzi interessanti che amava<br />

guardarsi nei propri garages, ma senza uscire all’aria aperta!<br />

Fu un conoscente toscano che lo spinse a creare un club in Calabria e da questo<br />

nacque il Camecs (Carrozze Auto Moto Epoca Calabria Sicilia).<br />

Il primo Club di app<strong>as</strong>sionati dell’Italia meridionale ed isole, ma anche di più dal<br />

momento che all’epoca in Italia esistevano solo 6 o 7 Clubs e tutti dislocati al centro<br />

nord e solo uno, il Caac, a Bari ad opera dell’avvocato Franco Zippitelli.<br />

Ma com’era all’epoca la situazione italiana nel campo auto d’epoca?<br />

Il primo Club in Italia fu “La Manovella” di Roma.<br />

A Torino successivamente si formò un nucleo che fu chiamato VCCI (Veteran<br />

Car Club Italia) e che entrò qu<strong>as</strong>i subito in rotta di collisione con il coevo omologo<br />

milanese FIAME. Qualche altro sparuto club era dislocato sempre in area centro<br />

settentrionale e da Roma in giù ... il deserto.<br />

Franz Rodi-Morabito si iscrisse immediatamente al VCCI.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 205<br />

Nel frattempo il suo conoscente toscano lo fece entrare nel consiglio direttivo<br />

del Camet, il club fiorentino.<br />

Quando nel 1966 il VCCI riuscì a trovare un punto di incontro con il FIAME si<br />

fusero e nacque l’ASI (Automotoclub Storico Italiano) con presidente il dotto Peretti<br />

Colò presidente dell’ ACI di Verona, con sede in via Valverde, e Segretario Generale<br />

ASI il dott. Saro Rolandi.<br />

Dopo il p<strong>as</strong>saggio di Presidenza al conte dott. Giovanni Caproni di Taliedo durante<br />

la quale la sede dell’ASI si tr<strong>as</strong>ferì da Verona a Torino presso il Museo dell’Auto<br />

“Carlo Biscaretti di Ruffia”.<br />

Toccò al comandante Augusto Costantino, Direttore e Fondatore del Centro<br />

Storico Fiat di via Chiabrera 20 a Torino, divenire Presidente ASI e contemporaneamente<br />

la sede dell’Ente fu ancora una volta spostata in via Bruno Buozzi 6, nei locali<br />

della sede del RFI (Registro Fiat Italiano).<br />

Fu proprio il comandante Costantino a far diventare l’Asi “Ente Morale” a tutela<br />

del patrimonio storico dell’automobilismo intaliano.<br />

Nel Consiglio Asi Franz Rodi-Morabito entrò subito quale Delegato Regionale<br />

per la Calabria, ma in effetti per l’intero Sud ed Isole.<br />

Alle successive elezioni dell’ASI, egli viene eletto consigliere e poi nominato dal<br />

Consiglio Federale Vice Presidente nazionale, la quale carica mantenne per due legislature.<br />

Il comandante Costantino gli concede grande fiducia e benevolenza per cui gli<br />

conferisce delega per il centro-sud quale “alter ego” del Presidente Nazionale.<br />

Intanto iniziavano a n<strong>as</strong>cere altri clubs dislocati sul territorio nazionale e Rodi-<br />

Morabito viene invitato a fare da socio fondatore e per tale ragione oggi è fra i<br />

fondatori di una miriade di clubs.<br />

Il 1986 fonda sempre in Calabria un secondo circolo, il Cams, e poi un registro<br />

per le auto “a muso giù” (500 A e B, 508C, 1500 6c).<br />

Per quattro anni è stato presidente nazionale della Commissione Manifestazioni<br />

dell’Asi.<br />

Sfruttando le sue doti di mediatore è stato spessissimo incaricato di intervenire<br />

rendendo possibili molte composizioni di diatribe che altrimenti si sarebbero risolte<br />

con vantaggi solo per alcuni o per alcune zone.<br />

Realizzò la riconferma dell’accordo tra Asi e Federazione Motociclistica Italiana;<br />

spianò il terreno per l’accordo con la Csai; partecipò alla composizione della lite<br />

fra Giulio Dubini e l’Automobil Club di Brescia a proposito della gesione della Mille<br />

Miglia storica; compose una miriade di beghe sorte fra vari clubs come ad esempio<br />

Panormus VCC-Veteran Car Club Etneo ed ASI-Club La Manovella.<br />

Un’altra sua operazione fu quella di far entrare in ASI il Military Car Club<br />

Capitolo Italiano tanto che la Sede centrale americana lo nominò Socio Onorario;<br />

fece inserire, negli anni ‘70, nel nuovo codice della strada, per formulare il quale<br />

fervevano i lavori presso i Ministeri Tr<strong>as</strong>porti e Lavori Pubblici, gli articoli che riconoscevano<br />

ufficialmentele le auto storiche quale “categoria” speciale.<br />

Un uomo, insomma, che dedicò a tempo pieno qu<strong>as</strong>i 40 anni della sua vita all’automobilismo<br />

d’epoca!


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 206<br />

Nelle penultime elezioni sotto la Presidenza dell’ on. dott. Luigi Rossi di Montelera<br />

Rodi Morabito risultò il primo degli eletti in Italia per numero di preferenze.<br />

Era solito dire “capisco i tranelli, le congiure, e forse finanche gli imbrogli<br />

nella vita di tutti i giorni, ma almeno nell’hobby siamo onesti, altrimenti sarebbe<br />

come barare al solitario”!<br />

Per tale ragione avversava tutti coloro che vestendo le vesti dell’amatore perseguivano<br />

principalmente scopi di mero lucro. Erano una minoranza, ma sufficente a<br />

turbare il buon andamento e l’immagine dell’ASI che è composto per la stragande<br />

maggioranza da persone app<strong>as</strong>sionate lontani dal volerci trarre guadagno.<br />

Tutto quanto sopra lo espresse ed evidenziò anche al nuovo Presidente ASI,<br />

conte dott. Vittorio Zanon di Valgiurata.<br />

Evitò per due volte in zona cesarini che La Manovella, organo ufficiale dell’<br />

ASI che l’aveva foraggiata a suon di centinaia di milioni (dell’epoca), una volta ormai<br />

lanciata, and<strong>as</strong>se a gruppi di editori “amici”.<br />

Con coraggio e forza denunciò varie storture in seno all’Asi e lo fece con parole<br />

molto dure a Torino in piena <strong>as</strong>semblea dei delegati dei Clubs.<br />

Giunse a dire in quella Assemblea che, vista l’attività di qualcuno, era ormai il<br />

momento di smettere di essere Ente Morale e bisognava iscriversi alla Camera di<br />

Commercio.<br />

Cosa poteva succedergli a questo punto? il minimo era guadagnarsi l’antipatia<br />

di qualcuno ... ed alle elezioni successive risultò il primo, dei non eletti!<br />

Questo lo amareggiò moltissimo anche perchè aveva sempre operato per l’interesse<br />

generale del movimento e sempre a spese proprie senza mai chiedere un rimborso.<br />

Abbandonò l’attività nell’ASI e si ritirò nel suo regno, un personale Aventino: “il<br />

suo garage”, senza però mai privare della sua esperienza chi, nuovo al movimento, si<br />

rivolgesse a lui.<br />

Fu consulente storico in grossi films come la Divina Creatura, I segreti di don<br />

Isidro, Il furto della Gioconda diretti da registi di fama internazionale e con la partecipazione<br />

di attori come Laura Antonelli, Marcello M<strong>as</strong>troianni, Michele Placido, Gordon<br />

Mitchell, Carla Gravina, Alessandro Aber, Riky Tognazzi ed altri.<br />

Nel 1998, dal chiuso del suo ritiro, pensò fosse giunto il momento di realizzare un<br />

suo sogno che aveva da tempo nel c<strong>as</strong>setto: creare un Museo dell’Automobile in<br />

Calabria.<br />

Propose la cosa alla Regione Calabria, alla Provincia, al Comune di Rosarno, la<br />

sua cittadina ove avrebbe voluto sorgesse il Museo.<br />

L’idea ebbe in principio ottime accoglienze da parte di tutti, ma poi si tramutò<br />

tutto in ... parole, parole, parole ... e tutto si raffeddò per intervenute beghe politiche<br />

ed inopinate intromissioni di personaggi paesani.<br />

Ecco detto chi è Franz Rodi-Morabito.<br />

Adesso forse sapete chi è; per cui nel mondo oggi vi è un Carneade in meno!


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 207<br />

Rodi Morabito e l’Asi - Vetrina<br />

Dopo l’interessamento presso i Ministeri dei Tr<strong>as</strong>porti e dei Lavori Pubblici di<br />

Rodi-Morabito e dopo le estenuanti sedute di lavoro si ottenne finalmente l’inserimento<br />

e la regolamentazione per le Auto d’Epoca nel nuovo Codice della Strada.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 208<br />

Rodi Morabito e l’Asi - Vetrina<br />

Ormai la CSAI aveva messo gli occhi sul settore delle manifestazioni di Auto d’Epoca per<br />

cui avrebbe voluto che tutta l’attività p<strong>as</strong>s<strong>as</strong>se sotto la sua egida. Vi fu un accordo internazionale<br />

fra FIA (Federazione Internazionale Auto) e FIVA (Federazione Internazionale Auto Veterane)<br />

ma in Italia il Presidente, avv. Roberto Causo (lo stesso che l’anno precedente aveva<br />

scatenata una bufera nella Formula 1 per il peso dei carburanti) non ne voleva sapere.<br />

A seguito delle lunghe mediazioni tra l’avv. Causo e Rodi-Morabito anche con il Presidente<br />

dell’Aci, avv. Alessi portarono a regolamentare i campi di competenza. Le gare andavano<br />

sotto l’egida della Csai, le manifestazioni non agonistiche rimanevano appannaggio dell’ASI.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 209<br />

Rodi Morabito e l’Asi - Vetrina<br />

L’operazione inserimento nel nuovo Codice della Strada andava per le lunghe<br />

e, si sa, in Italia i responsabili politici cambiano rapidamente.<br />

Il timore era che i nuovi politici cancell<strong>as</strong>sero con un colpo di spugna il lavoro<br />

precedente.<br />

Franz Rodi-Morabito corse ai ripari interessando e coinvolgendo anche il nuovo<br />

Sottosegretario ai Tr<strong>as</strong>porti on. Nello Vincelli


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 210<br />

Rodi Morabito e l’Asi - Vetrina<br />

A seguito di una grossa contestazione nata tra il “Circolo Romano La Manovella”<br />

(primo in <strong>as</strong>soluto ad organizzarsi in circolo in Italia dando praticamente vita<br />

al movimento auto storiche) si rischiava una spaccatura noiosa e pericolosa per<br />

l’integrità dell’Asi che ormai era il solo titolare del potere in campo Auto Veterane<br />

avendo avuto il riconoscimento di Ente Morale.<br />

L’interessamento di Franz Rodi-Morabito mise fine alla diatriba.


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 211<br />

Rodi Morabito e l’Asi - Vetrina<br />

Come avete letto nelle pagine precedenti, il lavoro di Franz Rodi-Morabito era costante e<br />

corretto e non l<strong>as</strong>ciava spazi a speculazioni da parte di chicchessia. Ciò aveva creato forti<br />

dissapori nei suoi confronti da parte di alcune frange, esigue ma potenti, che vedevano l’Asi<br />

come un “affaire”. Egli fu particolarmente duro e virulento in una <strong>as</strong>semblea di delegati di clubs,<br />

cui spedì in seguito anche una lettera in cui criticava alcuni comportamenti anomali in seno<br />

all’Asi ed invitava il Presidente a tr<strong>as</strong>formare l’Ente da “morale” in “commerciale” ed iscriverlo<br />

alla Camera di Commercio. Il Presidente scrisse in seguito a Rodi-Morabito minacciando un<br />

giudizio civile per danni. Rodi Morabito rispose così ...


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 212<br />

Un pensiero affettuoso va al comandante<br />

Augusto Costantino<br />

Non voglio chiudere questo lavoro senza aver rivolto un affettuoso pensiero<br />

ed un ringrazimaneto di cuore al mio Amico e Maestro:<br />

comandante Augusto Costanino.<br />

Un Uomo superiore dalla grande<br />

mente che seppe far fare all’ASI il “grande<br />

salto” tr<strong>as</strong>formandolo da federazione di<br />

clubs privati in Ente Morale a difesa e conservazione<br />

del patrimonio automobilistico<br />

italiano.<br />

Funzionario di alto livello presso la<br />

Fiat seppe ideare, realizzare e curare con<br />

mano decisa ma amorevole il Centro Storico<br />

Fiat di via Chiabrera a Torino.<br />

Una struttura questa che raccoglie<br />

decine di migliaia fra libri, disegni tecnici,<br />

documenti storici della C<strong>as</strong>a Torinese oltre<br />

che una collezione di vetture significative del p<strong>as</strong>sato.<br />

A suo tempo ha ottenuto dalla Direzione Generale Fiat, settore auto, che per<br />

ogni modello di <strong>automobile</strong> che esce di produzione un esemplare venga regalato al<br />

Centro Storico per cui negli anni a venire il museo si arricchirà sempre maggiormente.<br />

Franz Rodi-Morabito


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 213<br />

Marche automobilistiche italiane dalle origini al 1983<br />

Ragione Sociale Sede Sociale costituzione cessazione<br />

ABARTH S.p.A.<br />

(Dal 1981 incorporata Torino 1949<br />

nella FIAT AUTO S.p.A.)<br />

ADAMI & C. Firenze 1901 1906<br />

A.G. di Alfieri Giuseppe Milano 1925 1927<br />

ALBA Fabbrica Automobili Trieste 1906 1908<br />

ALCA Anonima Lombarda Cabotaggio Aereo Milano 1947 1947<br />

ALFA Anonima Lombarda Fabbricazione Automobili Novara 1907 1908<br />

A.L.F.A.Anonima Lombarda Fabbrica Automobili Milano 1910 1918<br />

ALFA ROMEO S.p.A. Milano 1919<br />

ALMA Accomandita Lombarda<br />

per Motori e Automobili di G. Monaco & C Busto Ars.1907 1909<br />

A M CycIecars di Armim Mezzo Torino 1920 1924<br />

AMILCAR ITALIANA<br />

Compagnia Generale Automobili Roma 1925 1927<br />

ANSALDO Automobili s.a.<br />

Ceva Costruzioni e Vendita Torino<br />

Automobili ANSALDO 1932 1934<br />

ANSALDO CEVA 1919 1945<br />

ANTONIETII & UGOLINI Torino 1905 1906<br />

ANZANI Milano 1923 1924<br />

AQUILA ITALIANA<br />

Aquila 1905-1906<br />

Aquila Italiana 1906-1908 Torino 1909 1917<br />

Aquila Italiana di L. Marsaglia 1905 1917<br />

ARCHIMEDE Roma 1905 1905<br />

ARDITA di Ing A Gallanzi Milano 1918 1918<br />

ARTESI Palermo 1948 1948<br />

ASTER Società Italiana Motori Milano 1906 1908<br />

ATS Serenissima 1962<br />

ATS Automobili Turismo Sport S<strong>as</strong>so Marconi 1902 1969<br />

AUREA - Società Italiana Ferrotaie - 1920 1922<br />

FATA Fabbrica Anonima Torinese Automobili Torino 1922 1933<br />

1920 1933<br />

AUTO AVIO COSTRUZIONI Modena 1939 1940<br />

AUTOBIANCHI S.p.A.<br />

(Dal 1967 incorporata nella<br />

Fiat Auto S.p.A.) Desio1955<br />

AUTO CARS SOCIETÀ ITALIANA Alessandria 1907 1911<br />

AUTO LUX Milano 1937 1937<br />

BAGNULO Motori Torino 1922 1922<br />

BARISON & C. Fabbrica Automobili Livorno 1922 1925<br />

BAROSSO Cyclecar <strong>Breve</strong>ttato Novara 1923 1924<br />

BECCARIA Officine Meccaniche Torino 1912 1916<br />

BENDER & MARTINY Torino 1899 1903


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 214<br />

BERNARDI Società Italiana Padova 1899 1901<br />

BERTOLDO F.lli Forno Rivara 1908 1908<br />

BIANCHI EDOARDO -<br />

Fabbrica Automobili e Velocipedi<br />

Edoardo Bianchi & C. Milano 1897 1955<br />

BIASCHI Pistoia 1949 1949<br />

BIZZARRINI - Società Prototipi<br />

Bizzarrini - 1964-1966<br />

BIZZARRINI - 1966-1969 Livorno 1964 1969<br />

BLANC & TREZZA Milano 1923 1924<br />

BN Torino 1924 1925<br />

BONACINI CIRO Modena 1898 1898<br />

BORDONI Milano 1946 1946<br />

BREDA Milano 1941 1941<br />

BREVETTI FIAT Torino 1906 1908<br />

BRIXIA-ZOST Brescia 1906 1912<br />

BUGATTI & GULINELLI Ferrara 1901 1903<br />

CÀBI-CATTANEO Milano 1949 1949<br />

CAMEN Napoli 1922 1954<br />

CAMONA GIUSSANI TUR1NELLI & Milano 1903 1906<br />

CANTONO “Cantono Avantreni 1904-1905<br />

Fram “Fabbricazione Rotabili Avantreni<br />

Motori “1905-1906<br />

Salr Società Anonima Ligure-Romana<br />

Vetture 1906-1913 Roma 1904 1913<br />

CAR Costruzioni Automobili Riunite Milano 1927 1929<br />

CAR Cantieri Automobilistici Riuniti Palermo 1905 1906<br />

CARAMAGNA 1898 1900<br />

CARCANO Anzano (Mi) 1898 1901<br />

CARRERA Torino 1895 1895<br />

CASTAGNERI Alessandria 1900 1902<br />

CEIRANO F.lli - Torino 1901 1903<br />

G.G. F.lli Ceirano Torino 1903 1904<br />

Ceirano & C. 1904 Torino 1901 1904<br />

CEIRANO G.B. & C. Torino 1898 1899<br />

CEIRANO GIOVANNI<br />

FABBRICA AUTOMOBILI Torino 1919 1924<br />

CEIRANO GIOVANNI JUNIOR & C Torino 1904 1905<br />

CEMSA CAPRONI Saronno 1947 1948<br />

CHIRIBIRI & C. 1910 1925<br />

Autocostruzioni Meccaniche Chiribiri<br />

1925-1928 Torino 1910 1928<br />

CIP - Cyclecar Italiano Petromilli Torino 1921 1923<br />

CISITALIA - “Compagnia Industriale<br />

Sportiva Italia” Torino 1946 1953<br />

CITROEN ITALIANA Milano 1924 1925<br />

CMN - Costruzioni Meccaniche<br />

Nazionali Milano 1919 1923


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 215<br />

COLOMBO Officine Meccaniche Milano 1922 1924<br />

COLORNI Mantova 1915 1915<br />

CORAT di Domenico Cosso Torino 1946 1946<br />

DAINO - Fabbrica Automobili Cremona 1923 1924<br />

DAINOTTI - Fabbrica Automobili Pavia 1922 1923<br />

DALL’OGLIO Milano 1913 1913<br />

D’ANGELO Palermo 1905 1905<br />

DARRACQ ITALIANA S’A. Napoli 1906 1910<br />

DELLA FERRERA Torino 1924 1924<br />

DE LUCA DAIMLER Napoli 1906 1910<br />

DE TOMASO - MASERATI Modena 1959<br />

DE VECCHI STRADA & C. DE VECCHI & C. Milano 1905 1917<br />

DIATTO<br />

Diatto A. Clément Vetture<br />

Marca Torino - 1905-1909<br />

Società Officine Fonderie<br />

Frejus Vetture Diatto - 1909-1918<br />

Fonderie Officine Frejus<br />

Automobili Diatto - 1918-1919<br />

Automobili Diauo - 1919-1923<br />

Autocostruzioni Diatto - 1924-1927 Torino 1905 1927<br />

DOBELLI Roma 1903 1904<br />

DORA - Società Industriale Italiana Genova 1905 1909<br />

DUAL & TURCONI Milano 1899 1901<br />

EIA - Società Lombarda Economica<br />

Industriale Automobili Milano 1928 1928<br />

EMANUEL di A. Rosselli Torino 1899 1904<br />

FACCIOLI<br />

Ing. A. Faccioli & C. 1902-1905<br />

Soc. Ing. Aristide Faccioli 1905-1906<br />

Società Faccioli Ferro Rampone 1906-1908 Torino 1902 1908<br />

FADIN Milano 1924 1926<br />

FAF - Fabbrica Automobili Furfanelli Novara 1900 1901<br />

FAIT Bologna 1903 1904<br />

FAS - Fabbrica Automobili Standard Torino 1906 1912<br />

FAST Fabbrica Automobili Sport<br />

Fabbrica Automobili Sport<br />

Torino di ing. Or<strong>as</strong>i 1923-1925 Torino 1919 1925<br />

FERMI Treviso 1949 1949<br />

FEROLDI Torino 1912 1912<br />

FERRARI S.p.A.<br />

Auto Costruzione Ferrari-1946-1960<br />

Società Esercizio Fabbriche<br />

Automobili e Corse Ferrari 1960-1966 Maranello 1946<br />

FERRO Genova 1935 1935<br />

FIAL - Fabbrica Italiana<br />

Automobili Legnano Legnano 1906 1909<br />

FIAM Alessandria 1923 1923


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 216<br />

FIAM - Fabbrica Italiana Automobili<br />

e Motori Brescia Torino 1921 1926<br />

FIAT S.p.A. Torino 1899<br />

FIDES “Fides Fabbrica Automobili<br />

Marca Br<strong>as</strong>ier” - 1905-1908<br />

“Fides Fabbrica Automobili<br />

<strong>Breve</strong>tti Enrico” 1908-1911 Roma - Torino 1905 1911<br />

FIGARI Milano 1925 1926<br />

FIGINI LUIGI & C. Milano 1899 1907<br />

FILECCIA & FIGLI Palermo 1904 1904<br />

FIMER - “Fabbrica Italiana<br />

Motoveicoli e Rimorchi” Milano 1947 1947<br />

FLAG - Fabbrica Ligure<br />

Automobili Genova Genova 1905 1908<br />

FLIRT di Ing. P. Pestalozza Torino 1913 1914<br />

FLORENTIA - Fabbrica Automobili Firenze 1903 1910<br />

FLORIO Palermo 1906 1906<br />

FOD - Fonderie Officine De Benedetti Torino 1924 1927<br />

FRANCO AUTOMOBILI Milano 1910 1912<br />

FRERA CORRADO & C. Milano 1905 1913<br />

FRIGERIO ing Carlo & C Milano 1905 1905<br />

FUSI-FERRO Milano 1948 1948<br />

F.V.E. Milano 1900 1900<br />

GALILEO Officine Firenze 1904 1904<br />

GALLIA - “Società Italiana<br />

Vetture Elettriche” Torino 1905 1907<br />

GALLINARI Cantieri Livorno 1906 1908 GAR<br />

Verza Automobili Milano 1924 1926 GARANZINI<br />

Oreste Milano 1925 1925<br />

GEDDES Giorgio Lucca 1942 1942<br />

GIAUR Teramo 1950 1954<br />

GLISENTI Brescia 1900 1900<br />

GNESUTTA E. Officina Meccanica Milano 1900 1900<br />

GRIMALDI & C. Milano 1906 1906<br />

HERMES ITALIANA Roma 1906 1908<br />

IENA - Industria Economica Nazionale Automobili<br />

dì Tomm<strong>as</strong>i & Rizzi Lodi 1922 1925<br />

INNOCENTi - Società Generale per l’Industria<br />

Metallurgica e Meccanica Milano 1961<br />

ISO - Autoveicoli S.p.A. Bresso 1953 1974<br />

Varedo 1974 1976<br />

ISOTTA FRASCHINI<br />

Soc. Milanese d’Automobili<br />

Isotta Fr<strong>as</strong>chini & C. 1900 1904<br />

Fabbrica Automobili Isotta Fr<strong>as</strong>chini 1904-1949 Milano 1900 1949<br />

ITALA<br />

Itala Fabbrica Automobili - 1904-1929<br />

Itala - 1929-1931


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 217<br />

Itala Società Anonima Costruzioni<br />

Automobilistiche - SACA 1931-1934 Torino 1904 1934<br />

ITALIA - Fabbrica Automobili Gallottini & Figlio Bologna 1907 1908<br />

JUNIOR - Fabbrica Torinese Automobili Torino 1905 1909<br />

KRIEGER<br />

Krieger Società Italiana<br />

Automobili 1905-1906<br />

STAE Società Torinese Automobili<br />

Elettriche 1907-1913 Torino 1905 1913<br />

LAMBORGHINI Automobili Cento 1963 1964<br />

Sant’Agata Bolognese 1964<br />

LANCiA S.p.A.<br />

Fabbrica di Automobili Lancia & C. 1906<br />

Lancia S.p.A.<br />

(Dal 1978 incorporata nella<br />

FIAT AUTO S.p.A.) Torino 1906<br />

LANDINI Vetturette G.L. Cameri 1920 1921<br />

LANZA Michele Fabbrica Automobili Torino 1898 1903<br />

LENTZ Società Italiana Automobili Milano 1906 1908<br />

LEONE Vincenzo Officine Elettromeccaniche Torino1949 1950<br />

LO CASC1O Giuseppe & C. Napoli 1905 1913<br />

LUX Fabbrica di Automobili e Cicli Torino 1906 1907<br />

MAGGIORA Automobili Padova 1905 1905<br />

MAJOCCHI F.LLI Officine Milano 1898 1906<br />

MANTOVANI CARLO & C. -<br />

Stabilimento Meccanico Torino 1903 1906<br />

MARCHAND<br />

Orio & Marchand - 1898-1900<br />

F.IIi Marchand - 1900-1905<br />

Marchand - 1905-1906<br />

Marchand-Dufaux - 1906-1909 Milano 1898 1909<br />

MARENGO Automobili Genova 1907 1909<br />

MARINO Società Automobili Padova 1923 1930<br />

MASERATI<br />

“Officine Alfieri M<strong>as</strong>erati” Bologna 1914 1937<br />

“Società Anonima Officine Alfieri M<strong>as</strong>erati” Modena 1940 1975<br />

MB - Motta & Baudo Torino 1925 1925<br />

MELDI Giuseppe Officina Meccanica Torino 1927 1933<br />

MENON Officina Velocipedi Roncade (TV) 1897 1902<br />

MENTASCHI & C. Lambrate (Mi) 1924 1924<br />

MIARI GIUSTI & C. - MOTORE BERNARDI Padova 1896 1899<br />

MINIMA di A. P<strong>as</strong>sarin Milano 1935 1935<br />

MINUTOLI MILLO & C. Vorno (Lu) 1902 1903<br />

MIRABILIS di G. De Maria Torino 1906 1907<br />

MONTI) Officina Meccanica Alessandria 1900 1900<br />

NARDI & DANESE 1947 1951<br />

Nardi & C. 1951-1956 Torino 1947 1956<br />

NARDI MONACO Torino 1932 1932


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 218<br />

NAZZARO & C. Fabbrica<br />

Automobili 1911-1916<br />

Nazzaro 1919-1923 Torino 1911 1923<br />

NEMBO Modena 1966 1966<br />

NEWTON John Fabbrica Automobili Torino 1914 1915<br />

ODERO Livorno 1905 1905<br />

ODERO-RAGGIO-PRINA Savona 1905 1905<br />

ODETTI Automobili Milano 1922 1925<br />

OM<br />

Officine Meccaniche già Miani,<br />

Silvestri & C. - A. Grondona,<br />

Comi & C. 1918-1928<br />

OM Fabbrica Bresciana di Automobili<br />

1928-1937<br />

OM S.A. 1937-1967<br />

(Dal 1967 incorporata nella Fiat) Milano 1918 1967<br />

OMT Officine Meccaniche Torinesi Torino 1907 1913<br />

OPES “Officine di Precisione e Stampaggio -<br />

Vettura Ninfea” Torino 1946 1948<br />

OPESSI Torino 1935 1936<br />

OSCA “Officina Specializzata<br />

Costruzioni Automobili” Bologna 1947 1966<br />

OTAV “Officine Ttlrkheimer per Automobili e<br />

Velocipedi” Torino 1905 1908<br />

OTTOLINI IGNAZIO Fabbrica Automobili Milano 1900 1901<br />

PADUS Fabbrica Automobili Torino 1906 1908<br />

PANTHER DIESEL Milano 1954 1955<br />

PASSONI MAURIZIO Torino 1905 1905<br />

PENNACCHIO Vettura Lucciola Milano 1947 1948<br />

PERFETTI Automobili Milano 1922 1923<br />

PEUGEOT CROIZAT Torino 1905 1907<br />

PEUGEOT ITALIANA Milano 1924 1929<br />

PLATÈ GIGI Milano 1947 1947<br />

PRINCE Automobili Costruzioni<br />

di V. Carena e Mazza Torino 1921 1923<br />

PRINETTI & STUCCHI Milano 1898 1902<br />

QUAGLIOTT1 Torino 1904 1904<br />

RACCA Torino 1900 1900<br />

RAIMONDI IPPOLITO Fabbrica Biciclette e<br />

AutomobiliParma 1898 1898<br />

REBUS Milano 1909 1909<br />

RESTELLI Milano 1920 1923<br />

REVELLI Torino 1941 1941<br />

RICORDI GIUSEPPE Milano 1898 1902<br />

RICORDI & MOLINARI “Società Italiana<br />

Costruzioni Automobili” Milano 1905 1906<br />

ROMA Società Automobili Roma 1905 1910<br />

ROMBO Società Automobili <strong>Breve</strong>tti Fuscaldi Brescia 1920 1921


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 219<br />

ROSSI & SEGRE Torino 1897 1897<br />

RUBINO Officine di Netro Netro (Biella) 1920 1923<br />

SABA Società Automobili <strong>Breve</strong>tti Angelino Milano 1925 1928<br />

SAL “Società Automobili Lombarda<br />

Vetture Espena” Bergamo 1905 1909<br />

SALVA “Società Anonima Lombarda<br />

Vetture Automobili” Milano 1906 1907<br />

SAM Società Automobili Motori Milano 1924 1928<br />

SAMCA Parma 1947 1947<br />

SAN GIORGIO Automobili Licenza Napier Genova 1905 1909<br />

SAN GIUSTO Fabbrica Automobili Trieste 1924 1926<br />

SCA Società Costruzioni Automobili Roma 1899 1901<br />

SCACCHI & C. Fabbrica Automobili Chiv<strong>as</strong>so (To) 1911 1915<br />

SCAT Società Ceirano Automobili Torino Torino 1906 1932<br />

SCIREA Officine Milano 1910 1927<br />

SCLAVO Automobili Eridano Torino 1911 1914<br />

SERPOLLET ITALIANA S.A. Milano 1906 1908<br />

SIAM Società Italiana Automobili Milano Milano 1921 1923<br />

SIATA Società italiana Applicazioni Tr<strong>as</strong>formazioni<br />

Automobilistiche 1926- 1959<br />

SIATA-Abarth 1959-1961<br />

SIATA Auto 1961-1970 Torino 1926 1970<br />

SIC Società Italiana Cycleear Chiavari 1924 1925<br />

SILVA Milano 1906 1906<br />

SILVANI Milano 1921 1924<br />

SIMS - Società Italiana Merz & Stinchi Torino 1908 1909<br />

SIVE - “Società Italiana Vetture Elettriche<br />

Turrinelli & C.” Milano 1899 1903<br />

SMB - Società Meccanica Bresciana Brescia 1902 1910<br />

SMIG - Società Meccanica Italo-Ginevrina Torino 1906 1907<br />

SOCIETÀ ROMANA per l’Esercizio e la<br />

costruzione di Automobili Elettriche” Roma 1899 1903<br />

SPA - Società Piemontese Automobili<br />

Ansaldi-Ceirano 1906-1908<br />

SPA - Società Ligure Piemontese<br />

Automobili 1908-47 Torino 1906 1947<br />

STANGUELLINI - Officine<br />

Stanguellini Tr<strong>as</strong>formazione<br />

Auto Sport e Corsa Modena 1946 1962<br />

STAR - Società Torinese Automobili Rapid Torino 1904 1921<br />

STIGLER - Vetture Elettriche Milano 1921 1925<br />

STORERO Fabbrica Automobili Torino 1912 1916<br />

STUCCHI & C. Milano 1902 1906<br />

SVA - Società Valdostana Costruzione Motori Aosta 1949 1949<br />

TARASCEH Officina Meccanica Teramo 1947<br />

TAU Torino 1924 1926<br />

TAURINIA Società 1902-1907<br />

TAURINIA Fabbrica Automobili


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 220<br />

1907-1908 Torino 1902 1908<br />

TEMPERINO M. & C. 1907-1919<br />

Vetturette TEMPERINO S.A.<br />

1919- 1925 Torino 1907 1925<br />

TODESCHINI Vetture Lec<strong>as</strong> Milano 1899 1899<br />

TONELLO Automobili di Guido Meregalli Milano 1921 1923<br />

TROSSI CATTANEO Milano 1934 1934<br />

TROSSI MONACO Gaglianico 1935 1935<br />

VACCARI Mantova 1908 1908<br />

VAGHI Motovetturette Milano 1922 1924<br />

VALT Vetture Automobili Leggere Torino Torino 1911 1914<br />

VELTRO Società Automobili Torino 1920 1920<br />

VESPA di Clemente Antonelli Modena 1913 1916<br />

VITTORIA di G. Ambrosini Torino 1914 1915<br />

VOLPI&C. Milano 1901 1901<br />

VOLUGRAFO Officine Meccaniche Torino 1946 1948<br />

WOLSELEY ITALIANA S.A. Legnano 1907 1909<br />

WOLSIT Legnano 1907 1907<br />

ZAMBON & C. Automobili Z licenza Cravero Torino 1914 1915<br />

ZENA Fabbrica Automobili Genova 1906 1908<br />

ZETA dei F.lli Zambelli Piacenza 1914 1915<br />

ZO Giuseppe Asti 1936 1936<br />

ZUST<br />

Zust Ing. Roberto Fabbrica Italiana<br />

di Automobili 1903-1912<br />

Zust Fabbrica Automobili 1912-1917 Intra 1903 1917


<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 221<br />

Pubblicato il 19 Luglio 2010<br />

© Vietata riproduzione anche parziale<br />

Impaginazione elettronica<br />

ed elaborazionefoto di Mari<strong>as</strong>ole Dalmonte

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