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<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 1<br />
Franz Rodi-Morabito<br />
<strong>Storia</strong><br />
<strong>dell'</strong><strong>automobile</strong><br />
Italiana<br />
Svolazzo sul panorama italiano<br />
Fromo Editore - Rosarno (RC)
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 2<br />
Indice<br />
PAGINA<br />
Prefazione 2<br />
Antefatto 3<br />
Indice 4<br />
Abart 178<br />
Alca (La Volpe) 166<br />
Alfa Romeo 79<br />
Alfa Romeo “La mia Giulietta” 89<br />
Alfa Romeo Vetrina 90<br />
Amilcar Italia 146<br />
Ansaldo 136<br />
Artesi (Pulcino) 187<br />
Asa 185<br />
Asa Vetrina 186<br />
Bertone Carrozzeria 201<br />
Bianchi 68<br />
Bianchi Vetrina 75<br />
Bizzarrini 171<br />
Chiribiri 130
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 3<br />
Cisitalia 153<br />
Costantino Augusto 212<br />
De Filippis Maria Teresa 195<br />
De Vecchi 140<br />
Diatto 133<br />
Ferrari 191<br />
Fiat 10<br />
Fiat Vetrina 36<br />
Fiat Sella 46<br />
Fietler Luigi (Lupetta) 203<br />
Florentia 128<br />
Iso Rivolta 167<br />
Isotta Fr<strong>as</strong>chini 98<br />
Isotta Fr<strong>as</strong>chini Vetrina 104<br />
Itala 112<br />
Itala Pechino - Parigi 117<br />
Lancia 48<br />
Lancia Vetrina 61<br />
Marche Italiane scomparse 213<br />
M<strong>as</strong>erati 173<br />
Nazzaro 143
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 4<br />
O M 121<br />
O.S.C.A. 148<br />
Opes 189<br />
Franz Rodi Morabito e L’Asi 204<br />
Franz Rodi Morabito Vetrina 207<br />
Saba 164<br />
Savio Carrozzeria 196<br />
Savio Vetrina 198<br />
Siata 181<br />
Siata Vetrina 184<br />
Spa 108<br />
Stanguellini 160<br />
Stanguellini Vetrina 163<br />
Taruffi Piero 157<br />
Temperino 125<br />
Vignale Carrozzeria 199<br />
Volugrafo 188
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 5<br />
P R E F A Z I O N E<br />
Scrivere la storia dell’<strong>automobile</strong> italiana sin dalle origini non è<br />
cosa che si decide a cuor leggero anche per i veri strorici dell’<strong>automobile</strong>.<br />
Ed io ho molto pensato prima di decidermi a farlo anche se questa<br />
mia composizione è uno svolazzare a “vol planée” sul variegato<br />
mondo automobilistico italiano.<br />
Mi sono convinto in senso positivo non perchè io mi creda<br />
onniscente, ma solo perchè avendo dedicato una intera vita all’<strong>automobile</strong>,<br />
ed in particolar modo all’<strong>automobile</strong> d’epoca (ben<br />
40 e più anni!), credo di avere qualche possibilità di farlo in<br />
modo quantomeno accettabile.<br />
Mi accingo quindi con umiltà, ma con estrema serietà, ad affrontare<br />
questa fatica sperando di non sbagliare eccessivamente e di<br />
non essere molto impreciso o superficiale, chiedendo scusa sin<br />
da ora al lettore per eventuali inesattezze o lacune.<br />
Tuttavia ribadisco e chiarisco che l'opera non vuole essere un<br />
testo per "addetti ai lavori" ma solo per coloro che, pur essendo<br />
app<strong>as</strong>sionati, vogliono solamente fare una carrellata sul panorama<br />
automobilistico storico italiano, in maniera leggera e discorsiva.<br />
Una specie di "Bignami" di ... liceale memoria!<br />
Voglio dedicare questo lavoro a mia moglie Melyta ed alle<br />
mie figlie Patrizia e Donatella che, con certosina pazienza,<br />
hanno sopportato le mie “follie” per l’automobilismo<br />
d’epoca per un lungo arco di tempo: ... una vita!<br />
Franz Rodi-Morabito
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 6<br />
Antefatto<br />
E’ risaputo che la prima volta che l’uomo, nella sua lunghissima storia, si è<br />
fatto tr<strong>as</strong>portare da un mezzo la cui forza propulsiva non era fornita da altri uomini<br />
od animali è stato nel 1769 quando Joseph Nicol<strong>as</strong> Cugnot, ingengere militare<br />
francese, ideò e costruì<br />
un mezzo semovente alimentato<br />
da un motore<br />
Cougnot F1<br />
1769 - Carro di Cougnot<br />
bicilindrico a vapore di<br />
50.000 cc che movimentava<br />
un carro di ben 4,5<br />
tonnellate.<br />
Il problema principale<br />
si rivelò immediatamente<br />
non nel far muo-<br />
vere il “Carro di Cugnot”, ma ... nel farlo fermare!<br />
Infatti il primo esemplare è andato distrutto in sede di collaudo contro un<br />
muro che si rivelò molto più efficente ... del freno di bordo.<br />
Tuttavia il caparbio inventore ne costruì un secondo nel luglio del 1771 (immaginiamo<br />
curando maggiormente questa volta ... la sezione frenante!) che ottenne<br />
lo sperato risultato.<br />
Adesso il Carro di Cugnot è conservato al Conservatoire National des<br />
Arts e Métiers di Parigi<br />
ed una replica la si<br />
può ammirare presso il<br />
Museo dell’Automobile<br />
Biscaretti di Torino.<br />
Intanto l’Italia<br />
cosa fà nel campo dell’autotrazione?<br />
Ci pensa<br />
l’ufficiale dell’esercito<br />
sardo Virginio Bordino<br />
(Torino 27 ottobre<br />
1804- Firenze 9<br />
maggio 1879) costruendo<br />
alcuni prototipi<br />
azionati da motore a vapore.<br />
Bordino F2<br />
Carrozza di Bordino<br />
Fu infatti inviato a Londra per studiare la possibilità di realizzare mezzi
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 7<br />
per l’Esercito Sardo ed al suo ritorno costruì una vaporiera di cui non rimane<br />
traccia alcuna. Dopo ripetute prove, utilizzando alcuni elementi della precedente<br />
realizzazione, costruì un calesse con tre ruote, di cui alla sua morte si perse anche<br />
questa volta traccia.<br />
Invece la sua terza, e forse più importante, costruzione fu un enorme carrozza<br />
che portava sul retro la caldaia e sotto i sedili quattro serbatoi per l’acqua. Aveva<br />
una autonomia di circa due ore consumando qu<strong>as</strong>i 60 kg di carbone avendo fatto<br />
scorazzare i p<strong>as</strong>seggeri alla velocità di 6/8 kmh.<br />
Quest’ultima creatura è sopravvissuta egregiamente e fa bella mostra di sè al<br />
primo piano del Museo dell’Automobile Biscaretti di Torino.<br />
Tuttavia il motore a scoppio era nei sogni di molti ma nessuno riuscì mai a<br />
realizzarlo fino al 1841 quando vi riuscì De Cristofaris e fu brevettato da Barsanti e<br />
Matteucci solo nel 1854.<br />
Furono comunque gli stranieri ad iniziarne la utilizzazione.<br />
Benz nel 1886 lo applicò per la prima volta nella storia dell’uomo sul un triciclo<br />
seguito dopo poco dalla Daimler, specialista nella costruzione dei motori a ciclo<br />
Otto.<br />
Alla Francia il merito di aver lanciato l’<strong>automobile</strong> con la manifestazione sportiva<br />
Parigi-Rouen del 22 luglio 1894 ove si iscrissero ben 100 partecipanti.<br />
All’estero il veicolo a motore ebbe grande diffusione e fece fare lauti guadagni<br />
ai costruttori sopratutto tedeschi e francesi.<br />
In Italia moltissimi erano interessati al nuovo veicolo, ma quando si trattava di<br />
tirar fuori i soldi per impiantare le fabbriche riaffioravano gli antichi timori e le perplessità.<br />
In molti preferivano acquistare le vetture all’estero e rivenderle in Italia.<br />
Solo nel 1895 tal Michele Lanza, milanese, costruì le prime vetture tutte<br />
italiane che tuttavia mostravano plateali limiti artigianali.<br />
Il vero primo esemplare degno di apprezzamento data 1884 ed è opera del<br />
veronese Enrico Bernardi (1841-1919), professore di costruzioni meccaniche all’Università<br />
di Padova.<br />
Si trattò di un triciclo cui fece seguito una vettura a quattro ruote che poteva<br />
vantare soluzioni geniali ed innovative tenendo conto dell’epoca.<br />
Il motore ideato e realizzato dal Bernardi era all’avanguardia. Alimentato a<br />
benzina, a quattro tempi, valvole in testa, regolatore centrifugo, il carburatore a<br />
livello costante ed era dotato di un filtro per l’aria.<br />
Il professore Bernardi progettò e realizzò anche un piccolo motore a scoppio<br />
atto ad alleviare la fatiga alla propria figlia che amava cucire, per cui applicò questo<br />
mini motore alla macchina per cucire.<br />
L’esperimento industriale del prof. Bernardi fu soccombente alla inattitudine<br />
industriale del professore che si rivelò tanto geniale quanto inadatto al manegment
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 8<br />
industriale. Il triciclo è conservato adesso presso l’Automobil Club di Verona . Nel<br />
frattempo la richesta di veicoli in Italia era aumentata a dismisura per cui le importanzioni<br />
non riuscivano più a far fronte alla crescente domanda costringendo tanti<br />
piccoli artigiani ed importatori ad improvvisarsi industriali con fortune che era facile<br />
prevedere. All’orizzonte automobilistico si affacciò improvvisamente un ufficiale di<br />
cavalleria di Villar Perosa, Giovanni Agnelli, che ebbe il merito di intuire che bisognava<br />
stringere i tempi se si voleva conquistare una grossa fetta di questo n<strong>as</strong>cente<br />
mercato. Il primo luglio 1899, nel palazzo Bricher<strong>as</strong>io di via Lagrange a Torino<br />
furono buttate le b<strong>as</strong>i per la creazione di una vera fabbrica di automobili e l’ 11 luglio<br />
nel salone del Banco Sconto e Sete di via Alfieri un notaio stilò l’atto costitutivo<br />
della Fabbrica Italiana Automobili Torino che vantava ottocentomila lire di capitale<br />
sociale.<br />
Era nata la F.I.A.T. !<br />
Sempre l’Agnelli intuì che non si potevano perdere mesi per progettare una<br />
nuova vettura, per cui convinse i soci a rilevare gli studi, le officine ed i brevetti della<br />
Giovan Battista Ceirano. La prima vettura che fu costruita in corso Dante, sotto la<br />
guida dell’ingegner Aristide Faccioli (che l’aveva brevettata per Ceirano) nacque a<br />
cavallo fra il 1899 ed il 1900. La macchina, poco più che una carrozza cui mancavano<br />
i cavalli, fu denuminata 3,1/2 HP. La n<strong>as</strong>cita della F.I.A.T. infuse coraggio per<br />
cui fabbriche n<strong>as</strong>cono a Milano, Firenze, Genova, Napoli oltre che nella stessa<br />
Torino.-<br />
Curiosità<br />
Il Red Flag Act in<br />
Inghilterra, nel 1895,<br />
imponeva che "ogni<br />
vettura, se circolante<br />
su suolo pubblico,<br />
dovesse essere preceduta<br />
da un uomo a<br />
piedi vestito in nero e<br />
munito di bandierine".<br />
Qui l' <strong>as</strong>senza delle<br />
bandiere dimostra<br />
come anche in Inghilterra<br />
si infrangesse sin<br />
da allora ... il codice<br />
della strada!
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 9<br />
Lo storico evento immortalato nel pannello di Lorenzo Delleani<br />
La messa a punto del progetto di costituzione della FIAT avvenne il 1°<br />
luglio nel palazzo Bricher<strong>as</strong>io in via Lagrange a Torino.<br />
Il rogito invece è stato redatto l' 11 luglio 1899 nel salone del Banco<br />
Sconto e Sete di via Alfieri.<br />
Al centro in piedi l'avv. Goria Gatti, direttore della prima rivista automobilistica.<br />
Torino luglio 1899
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 10<br />
Fiat<br />
Come ebbi a dire nella parte generale la FIAT n<strong>as</strong>ce per volontà di un ufficiale<br />
di cavalleria nato a Villar Perosa nel 1866, Giovanni Agnelli, che riunì attorno a se<br />
un gruppo di nobili e finanzieri piemontesi per conseguire lo scopo.<br />
Il 1 luglio 1898 nel palazzo Bricher<strong>as</strong>io di via Lagrange a Torino furono buttate<br />
le b<strong>as</strong>i e l’ 11 luglio fu redatto l’atto<br />
notarile che ne sanciva la n<strong>as</strong>ciata legale.<br />
La prima vettura prodotta dalla Fiat<br />
fu la 3 1/2 HP che in effetti altro non era<br />
che la vettura che l’ing. Aristide Faccioli<br />
aveva brevettato per conto di Giovanni<br />
Ceirano e acquistata dalla Fiat <strong>as</strong>sieme<br />
a studi ed attrezzature per poter essere<br />
immediatamente sul mercato senza<br />
perdere il tempo per progettarne una pro-<br />
pria.<br />
Fiat 3,5 HP<br />
Ne furono prodotti 8 esemplari.<br />
Era una vis a vis con tr<strong>as</strong>missione a<br />
catena con differenziale. Motore posteriore di 679 cc (poi 837 ed una potenza che<br />
salì a 4 HP).Raggiungeva in piano35/40 Km.<br />
Tra il 1900 ed il 1910 furono costruiti molti modelli, qu<strong>as</strong>i tutti di cilindrata<br />
considerevole (addirittura la 60 HP del 1904 aveva un motore di 10.597 cc).<br />
I modelli rimanevano in produzione per circa due anni. Troviamo in quel periodo<br />
le seguenti vetture:<br />
- 6/8 HP del 1900/1901 di 1082 cc due cilindri orizzontali;<br />
- 8 HP del 1901 con egual cilindrata, ma i cilindri questa volta erano verticali;<br />
- 12/16 HP del 1901 di 3768 cc distribuiti in 4 cilindri allocati in due biblocco<br />
verticali; nel 1902 viene adottato proprio su questa vettura il primo radiatore a nido<br />
d’ape (forse perciò l’ing. Faccioli l<strong>as</strong>cia la Fiat).-<br />
Il nuovo radiatore fa migliorare la linea del cofano e della vettura stessa che<br />
diviene una molto affidabile <strong>automobile</strong> adatta a lunghi viaggi ed a tr<strong>as</strong>porti.<br />
- 16/20 del 1903 di 4181 cc. vengono adottati pistoni a sommità emisferica e<br />
si monta il cambio del tipo trains balladeurs (nella seconda versione) in luogo di<br />
quello a cricchetti fin’ora usato.<br />
Nel 1904/1905 continua la produzione della 16/20 ma solo per la denominazione<br />
dal momento che l’allungamento dei telai, il motore ridisegnato e l’adozione<br />
di carrozzerie chiuse e più confortevoli, ne fanno in effetti una vettura nuova. Anche<br />
le versioni del 1905/06, adottando un motore completamente nuovo, che tende ad<br />
allungare la corsa dei pistoni, e con il progredire della lunghezza dei telai non può
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 11<br />
che considerarsi ormai una vettura diversa delle sue omonime progenitrici.<br />
- Nel 1907 la 18/24, pur mantenedo l’affidabile motore precedente, cambia<br />
moltissimo nella meccanica. Un compressore co<strong>as</strong>siale serviva per alimentare i servizi<br />
fra cui l’ avviamento.<br />
Fino a quel momento i motori erano “quadri” ma con la 24/32diventano<br />
“superquadri”.<br />
Una di queste vetture di 6371 cc fu utilizzata dalla Regina Madre.<br />
- Nel 1906 entra in produzione la 24/40 che aveva ben 7.363 cc ed un p<strong>as</strong>so<br />
che andava da 290 cm per la corta a 310 cm per la lunga ed adirittura a 350 cm per<br />
una versione lunghissima. Ne furono prodotte ben 557 esemplari.<br />
Una nota curiosa è che le C<strong>as</strong>e consegnavano le vetture senza pneumatici,<br />
delicati e costosi ed il cliente doveva reperili a propria cura e spese.-<br />
Quando fu messa in liquidazione la Fiat-Ansaldi, la Fiat riorganizzò l’azienda<br />
sotto il nome di <strong>Breve</strong>tti Fiat.<br />
La ottima vettura 10/12 HP della Fiat Ansaldi fu prodotta con una modifica al<br />
telaio che le permise, operando una inclinazione posteriore verso il b<strong>as</strong>so, di abb<strong>as</strong>sare<br />
il piano di calpestio consentendo che i posti dietro fossero accessibili con<br />
maggiore facilità.<br />
Fu adottata la tr<strong>as</strong>missione a cardano.<br />
Tuttavia il pensiero radicato in tutti i costruttori d’Europa era che una vera<br />
<strong>automobile</strong> dovesse avere 4 cilindri, ma una vettura di gran cl<strong>as</strong>se doveva averne<br />
almeno 6.<br />
Così la Fiat si gettò nella mischia dei sei cilindri.<br />
La cosa rivelò immediatamente grandi difficoltà sopratutto per quanto concerneva<br />
il momento torsionale dell’albero motore, ma nel 1907 la Fiat esordì ugualmente<br />
con la 50/60 Hp a sei cilindri.<br />
Era una vettura confortevole, sicura ed <strong>as</strong>solutamente priva di vibrazioni come<br />
si conviene ad una sei cilindri tanto che divenne immediatamente la vettura dei Re.<br />
Si trattava di una imponente ed elegante vettura con un motore di 11.044 cc<br />
ed i 6 cilindri erano allocati in tre monoblocchi verticali. Il p<strong>as</strong>so era di mm 3540<br />
atto a supportare carozzeriespaziose, comode ed eleganti.<br />
Nel 1908 vide la luce la 12/14 HP Tipo 1 che era adatta sia all’utilizzo pubblico<br />
che privato avendo un motore di soli 2009 cc.<br />
Questa vettura aveva una caratteristica nuova in quanto i 4 cilindri erano alloggiati<br />
in un unico monoblocco fuso.<br />
La Fiat volle sperimentare sui motori più piccoli la strada del monoblocco<br />
seguendo l’esempio dell’Aquila italiana che lo aveva sperimentato da tempo con<br />
successo.<br />
Contemporanemaente alla Tipo 1 era in produzione anche la Tipo 3 di 4939<br />
cc (20/30 Hp). Nell’anno 1909 fu tentato anche un modello a 6 cilindri triblocco
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 12<br />
verticale, la Tipo 4 (35/45 Hp), ma ebbe scarsa fortuna e vita breve per cui dopo<br />
un solo anno e 100 esemplari costruiti, uscì di scena.<br />
Il ruolo di ammiraglia era rappresentato dalla 35/50 HP Tipo 5 che con i suoi<br />
7429 cc se ne stava ai vertici della piramide.<br />
Da sempre la Fiat aveva adottata la strategia di recuperare i pezzi di fine serie<br />
delle vetture da corsa per utilizzarli per piccole serie di vetture Gran Turismo con<br />
elevate prestazioni destinate ad una clientela esclusiva ed esigente.<br />
Fu il c<strong>as</strong>o della Taunus Gran Turismo che negli anni 1908/1909 furoreggiò<br />
tra gli automobilisti di rango.<br />
Nel 1910 vide la luce una vettura equipaggiata con un motore che avrebbe<br />
fatto “storia” , il mod. 51, con cui fu equipaggiata in seguito la celeberrima Fiat<br />
Zero.-.<br />
La nuova vettura venne chiamata Tipo 1 bis stando a significare che era un<br />
modello b<strong>as</strong>e.<br />
Il motore aveva 1844 cc e girando a 1100 giri/min gli conferiva una agilità che<br />
fu molto apprezzata dall’utenza.<br />
Il telaio Tipo 1 bis si è reso subito molto gradito ai carrozzieri che, prendendo<br />
spunto dallo spider di serie, realizzarono molte elaborazioni (Diatto, Garavini etc.).-<br />
Una versione dell’autotelaio Tipo 1 bis, ribattezzato Tipo 1 T, fece da supporto<br />
a tantissimi automezzi per il piccolo tr<strong>as</strong>porto merci e fu richiesto ed apprezzato<br />
anche all’estero.<br />
Tipo “0”<br />
Fiat Tipo "0"<br />
(Centro Storico Fiat - Torino)<br />
Ed eccoci giunti<br />
alla “Favolosa<br />
Zero” divenuta nel<br />
1913 la TIPO ZERO<br />
A con motore modello<br />
51 A.<br />
Ne furono costruiti<br />
ben 2000<br />
esemplari ed ottenne<br />
un successo strepitoso.<br />
Moltissime C<strong>as</strong>e<br />
costruttrici tentarono<br />
di imitarla alcuni riuscendoci<br />
in parte<br />
(Bianchi A2) altri<br />
nemmeno avicinando-
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 13<br />
cisi.<br />
Oggi la “Zero” rappresenta il sogno dei collezionisti.<br />
L’ esemplare della foto, è stato reperito in Sicilia dal barone Giorgio Franchetti<br />
e da Fulvio Carosi, che lo portarono a Roma, ove subì un minuzioso<br />
restaurato . Adesso fa parte della raccolta FIAT presso il Centro Storico Fiat<br />
di via Chiabrera a Torino creato dall’indimenticabile amico, comandante Augusto<br />
Costantino.<br />
L’autotelaio veniva all’epoca sia carrozzato dalla Fiat e sia dato ai vari<br />
carrozzieri che ne fecero dei veri gioielli vestendola torpedo, cabriolet, landaulet,<br />
spider.<br />
Dalla Fiat Zero si diramò una piccola serie di 78 esemplari detta “Brooklands”<br />
per via del radiatore ovoidale che si ispirava a quello montato nel 1911<br />
sulla 300 HP Tipo S.76 che aveva su quella pista inglese stabilito i suoi primati.<br />
Si presume che al vestito sportivo corrispondesse anche un motore elaborato.<br />
Con la stessa motorizzazione fu realizzata anche la Tipo 1 A, che era una vettura<br />
sia per famiglia che per noleggio.<br />
Tipo 2<br />
Con motore 52 e poi 52 A (2612 cc) fu invece equipaggiata la Fiat Tipo 2<br />
e Tipo 2 B prima e seconda serie.<br />
Della Tipo 2 b<strong>as</strong>e poco si sa stante il brevissimo periodo di produzione, ma<br />
invece si conosce<br />
bene la Tipo 2 B<br />
prima e seconda<br />
serie.<br />
La seconda<br />
serie della B adottò<br />
il radiatore<br />
ovoidale verso cui<br />
si stava orientando<br />
il gusto del pubblico.<br />
Uno splendido<br />
esemplare di<br />
Tipo 2 B prima<br />
serie, restuarato a<br />
Fiat Tipo 2 B Landaulet<br />
(Centro Storico Fiat - Torino)<br />
Roma sempre da<br />
Giorgio Franchetti<br />
e Fulvio Carosi, è
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 14<br />
conservato presso il<br />
Centro Storico Fiat di<br />
via Chiabrera in Torino<br />
(vedi foto).<br />
Fu prodotto anche<br />
un telaio diritto posteriormente<br />
(Tipo 2<br />
T) per alloggiare carrozzerie<br />
commerciali a<br />
c<strong>as</strong>sone o piccoli pulmanns<br />
solitamente al<br />
servizio dei clienti degli<br />
alberghi.<br />
Nella foto un esemplare di char a bank in uso presso un hotel di Reggio<br />
Calabria, ed oggi facente parte di una collezione privata.<br />
Le vetture (Tipo 1, 3, 4, 5, e 6) rinacquero equipaggiate con il nuovo motore<br />
52,53,54 .-<br />
La Tipo 70<br />
Ormai il mercato si indirizzava verso la utilitaria robusta e sicura per cui dal<br />
1915 al ’20 la C<strong>as</strong>a produsse la Tipo 70.<br />
Stranamente la macchina fu lanciata con un radiatore a spigoli vivi (anni ’12) e<br />
solo in secondo tempo montò un radiatore più “dolce” qu<strong>as</strong>i ovoidale. Aveva una<br />
cilindrata di 2000 cc ma sopratutto era una macchina con impianto elettrico completo.<br />
La tr<strong>as</strong>missione era cardanica e le ruote di misura 765x105 erano montate su<br />
ruote a razze in lamiera tipo Sankey.<br />
Tuttavia il motore era ancora un retaggio del p<strong>as</strong>sato e non rappresentava<br />
niente di innovativo.<br />
Fu utile però ad aprire la strada alla vera stella degli anni ’20: la 501.-<br />
La 501<br />
Fiat Tipo 2 T Char a Bank<br />
(Collezione privata)<br />
Fu la vera macchina ideale degli anni 20. Non piccola da essere delicata, non<br />
grande da essere tart<strong>as</strong>sata dal fisco (N.d.R. anche allora!) la 501 era dotata di<br />
una robustezza da trattore agricolo, ma di una semplicità da far sentire a suo aggio<br />
chiunque anche non molto ferrato in fatto di meccanica.<br />
Alcuni motori sono ancora onorevolmente impegnati in Africa per generatori<br />
di elettricità o per tirare l’acqua dai pozzi e fino a qualche anno addietro non era<br />
raro trovarne anche nelle campagne italiane.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 15<br />
Vide la luce, su progetto di ... un avvocato (sic!), l’avvocato Cavallo, nel<br />
1919 e continuò la sua marcia trionfale fino al 1926 (N.d.R. almeno apparentemente,<br />
vedremo dopo perchè).<br />
Quattro cilindri in un monoblocco verticale di soli 1460 cc che erogavano 23<br />
CV. La prima serie aveva la testa fusa con il monoblocco, mentre in seguito era<br />
staccabile.<br />
Ne furono prodotte ben 66.850. Fu carrozzata in tutte le versioni: torpedo,<br />
spyder, landau, landaulet, berlina, Weimann, cab, taxi, barchetta, siluro sport.<br />
Nacque con cerchi metallici a razze tipo Sankey a tallone 760x90 ma in<br />
seguito adottò le più comode e confortevoli 14x45 (qu<strong>as</strong>i 18 pollici).<br />
Una piccola serie di 2614 esemplari fu equipaggiata con motore 101 S che<br />
erogava 26.5 CV a 3000 giri ed anche il rapporto di compressione fu elevato a<br />
5,5:1.<br />
Questa serie sportiva era carrozzata torpedo, senza pedane, i parafanghi anteriori<br />
avevano una simpaticissima<br />
forma ad<br />
“orecchio di pipistrello”<br />
e finivano alla<br />
b<strong>as</strong>e del coup vent.<br />
Anche i parafanghi posteriori<br />
erano a ...<br />
sventola.<br />
Il coupe vent<br />
aveva feritoie con sportellini<br />
per l’areazione ai<br />
piedi del p<strong>as</strong>seggero<br />
anteriore e del guidatore.<br />
Fiat 501 S torpedo<br />
(Collezione privata)<br />
La prima serie aveva freni solo sulle ruote posteriori e solamente nelle ultime<br />
serie la frenatura fu integrale.<br />
Poche le originali sopravvissute ... molte le presenti sulla scena del<br />
collezionismo! Quella della foto, reperita nelle condizioni in cui si vede a parte le<br />
gomme, è appartenuta ad un corridore automobilistico di Gallico (R. C.), il compianto<br />
Crisalli; adesso fa parte di una collezione privata italiana.<br />
La 502 non fu una macchina a se stante, ma solo la versione strapuntinata della<br />
501.<br />
Dicevamo prima che la 501 cessa “apparentemente” il 1926 ma in effetti la<br />
501 non muore, ma solamente <strong>as</strong>sume un nuovo nome quando la Fiat decide un<br />
restilyng ed invece che una ulteriore serie della 501 lancia la 503.<br />
Questa nuova nata meccanicamente è in tutto simile alla 501 (meno che
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 16<br />
per la testata Ricardo che con una nuova turbolenza riesce a sfruttare meglio i sui<br />
HP) ed ovviamente alla carozzeria che diviene più ampia ed adotta il radiatore di<br />
nuova foggia squadrato abbandonando quello “a pera” ovoidale della 501.<br />
Stessa sorte tocca alla alle coeve della 501, la 505 diventa 507 e la 510<br />
diviene 512.<br />
Intanto nel 1921 la Fiat pensava ad una vettura che potesse interessare ai<br />
mercati di oltreoceano e progettò la SUPERFIAT Tipo 520 che avrebbe dovuto<br />
accogliere un motore a 12 cilindri a V 60° allocati in due monoblocchi con una<br />
cilindrata di 6805 cc.<br />
La crisi mondiale del 1922 vanificò il progetto Fiat e di SUPERFIAT se ne<br />
costrui qualche esemplare, forse solo i prototipi.<br />
La mancata entrata in produzione della SUPERFIAT obbligò la Fiat a pensare<br />
ad un nuovo modello che facesse da ammiraglia alla propria flotta auto. Così nel<br />
1922 vede la luce la 519 che verrà prodotta anche in versione 519 B e 519 S fino<br />
al 1927 in 2411 esemplari.<br />
La vettura era equipaggiata con il motore 119 a sei cilinfri verticali ed aveva<br />
4764 cc che erogavano 77 CV, frizione a dischi multipli, 4 velocità + RM ed un<br />
p<strong>as</strong>so di mm 3600 (3300 la “S”).<br />
Molte le caratteristiche che la volevano, degnamente, porre a sostituta della<br />
Superfiat. Servofreno compensatore, valvole in testa, <strong>as</strong>se di sterzo regolabile. adottò<br />
inoltre la sospensione cantilever per elevarne il confort, ma la scarsa precisione<br />
fecero tornare la Fiat nella serie “B” alle vecchie ed affidabili balestre semiellittiche.<br />
Rim<strong>as</strong>e comunque una vettura prestigiosissima che poteva ritenersi “cadetta” alla<br />
Superfiat solo per il numero dei cilindi che erano 6 in luogo di 12.<br />
Ovvio che un simile gioiello dovesse accendere gli appetiti di moltissimi prestigiosi<br />
carrozzieri che la vestirono in tutte le versioni di carrozzeria, ma sempre con un<br />
trand molto elvato.<br />
Molto belle ed<br />
apprezzate le “S” sia<br />
nella versione torpedo<br />
corto che nello splendido<br />
torpedo bateau<br />
che finì per divenire il<br />
modello ufficiale della<br />
Fiat 519 S Bateaux<br />
(Museo Automobile - Torino)<br />
c<strong>as</strong>a e spesso veniva<br />
equipaggiato con il radiatore<br />
a diedro con<br />
due stemmi della Fiat.<br />
Un esemplare magnificamente conservato trov<strong>as</strong>i presso il Museo Biscaretti di<br />
Torino ed appartenne al senatore Giovanni Agnelli.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 17<br />
Tuttavia la FIAT capì che il “mercato” non era fatto da ammiraglie, ma dalle<br />
economiche e dai cyclecars e si apprestò a dare una risposta al grosso pubblico con<br />
una vetturetta che oltre che poter contare sull’ormai capillare rete di <strong>as</strong>sistenza FIAT<br />
poteva essere acquistata a rate mensile.<br />
N<strong>as</strong>ce così la finanziaria SAVA e si inaugura così il “mondo delle rate” che<br />
dominerà il mondo e non solo delle auto!<br />
La 509<br />
Fu così che nel 1925 la C<strong>as</strong>a mette in produzione la 509 vettura a 4 comodi<br />
posti dalle dimensioni contenute anche se rispettosa degli spazi di abitabilità equipaggiata<br />
con un motore di soli 990 cc che erogavano comunque 22 CV, valvole in<br />
testa, ruote originariamente 715x115 e dopo 12x45 straight side.<br />
Il cambio a tre marce + RM aveva una terza lunga che le faceva raggiungere i<br />
78 Km/h ma poco potente per cui si doveva utilizzare spessissimo la seconda marcia<br />
che invece era cortissima e riduceva quindi la velocità di marcia in modo dr<strong>as</strong>tico.<br />
Fu un vero successo tanto che se ne costuirono 23049 esemplari.<br />
Punto debole della 509 furono le bronzine che mal reggevano sotto sforzo<br />
tanto che si guadagnò la<br />
fama di fondere al solo<br />
vedere una salita.<br />
Per tale ragione la<br />
Fiat propose la 509 A<br />
con testata ridisegnata,<br />
sistema di lubrificazione<br />
potenziato che evitava i<br />
famosi cedimenti dei cuscinetti,<br />
carburatore a<br />
sinistra per l<strong>as</strong>ciar posto<br />
ai collettori di scarico<br />
esterni divenendo una<br />
vettura gradita all’utenza<br />
ed interessante per i<br />
FIAT 509 A Torpedo<br />
(collezione privata)<br />
tecnici.<br />
Chiaramente la<br />
vetturetta pur se aggraziata ed efficente non aveva l’affidabilità e la robustezza della<br />
501 e nel confronto ne uscì sempre perdente.<br />
Vi furono moltissime versioni di carrozzeria (faux cabriolet, Berlina metallica<br />
2 e 4 luci, Weimann, Coupè, torpedo, spyder ecc.) e vi fu anche una versione<br />
commerciale che consisteva in una carrozzeria torpedo a due sportelli (la 509 A ne
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 18<br />
aveva ormai 4) ed uno sportellone posteriore che, levati il sedile posteriore e relativa<br />
spalliera, ne facevano uno spazioso veicolo tr<strong>as</strong>porto merci.<br />
Fu allestita anche una versione sport (509 S e 509 SM) che mediante nuovi<br />
pistoni ad alta compressione e molle valvole irrobustite sviluppò ben 25 CV la “S”<br />
ed addirittura 30 la ”SM”.<br />
Copiando l’orientamento d’oltre oceano anche la Fiat volle produrre un sei<br />
cilindri che and<strong>as</strong>se incontro alle m<strong>as</strong>se evitando che si rivolgessero a macchine<br />
straniere.<br />
Progetta perciò e mette in produzione una vettura che pur avendo sei cilindri<br />
fosse di piccola cilindrata (2334 cc) per evitare i rigori del fisco, ma per merito delle<br />
camere di scoppio ad alta turbolenza fornivano una buona “coppia” ai b<strong>as</strong>si regimi<br />
evitando il frequente uso del cambio.<br />
La 520<br />
La vettura incontrò immediatamente i favori del pubblico perchè il nuovo motore<br />
120 era veramente funzionale. La 520 fu la capostipite di una lunghissima serie<br />
futura di automobili.<br />
Di linea pulita somigliava molto alla 503 ma presentava tutti i vantagi di affidabilità<br />
di un sei cilindri e di una cilindrata che, anche se relativamente contenuta per<br />
l’epoca, era pur sempre di 2234 cc.<br />
Ospitava 5 p<strong>as</strong>seggeri compreso il guidatore e fu carrozzata da molti carrozzieri<br />
in svariate versioni.<br />
Aveva un p<strong>as</strong>so di 2900 mm, il chè la rese poco adatta a versioni più spaziose<br />
anche se non montare strapuntini per altre due persone.<br />
La richiesta di una versione lunga fu enorme da parte dell’utenza, ma la Fiat<br />
non volle dare <strong>as</strong>colto alle richieste e dopo solo due anni preferì lanciare una nuova<br />
vettura la 521.<br />
La 521<br />
La nuova vettura montò un motore che partendo dal mod. 120 divenne 121<br />
con leggero aumento dell’alesaggio ed una conseguente crescita della cilindrata che<br />
p<strong>as</strong>sa a 2516 cc., i CV che originariamente nel motore della 520 erano 46 p<strong>as</strong>sano<br />
50 nella 521.<br />
Il p<strong>as</strong>so fu di 3140 mm che permise di ottenere spazi più ampii e confortevoli.<br />
Tuttavia fu allestita anche una versione corta, 521 C, che prese il telaio della vecchia<br />
520 (2900 mm).<br />
La carrozzeria della 521 riecheggiava l’ammiraglia Fiat del momento che era
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 19<br />
rappresentata dalla 525 di impostazioni americaneggianti.<br />
La vettura fu un<br />
vero successo tanto<br />
che occupò qu<strong>as</strong>i tutti<br />
gli spazi di mercato con<br />
carrozzerie che spaziavano<br />
dalla torpedo alla<br />
berlina, dalla coupèroyal<br />
alla spyder ed al<br />
Coupè de Ville.<br />
Tutt’oggi sono<br />
esistenti degli splendi-<br />
collezionisti che li ritengono<br />
il top della collezione.<br />
Dal “supporto”<br />
521 derivarono in seguito<br />
la 522 e la 524<br />
nonchè da quel motore<br />
anche la Fiat Ardita<br />
1700 e 2500 del 1934<br />
(anche se la carrozzeria<br />
ormai aveva <strong>as</strong>sun-<br />
FIAT 521 Landau<br />
(Collezione privata)<br />
FIAT 521 Landaulet<br />
(Collezione privata - esemplare unico)<br />
di esemplari saldamente<br />
in mano a privati<br />
FIAT 521 Coupè de Ville prima serie<br />
(Collezione privata)<br />
to nuovi orientamenti).<br />
Per la 522 furono<br />
allestite anche versioni<br />
sportive con motore di<br />
65 CV e per l’Ardita<br />
una versione “S” di 60<br />
CV.<br />
La 525<br />
Abbiamo accennato<br />
sopra alla 525 che
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 20<br />
era la vettura di punta nel periodo che va dal 1928 al 1931..<br />
Era una grossa vettura di 3400 mm di p<strong>as</strong>so, che scendevano a 3260 per 525<br />
N ed addirittura a 3000 mm per “S”.<br />
Il motore, partendo sempre da quel mod. 120 della 520 aveva avuto un incremento<br />
nella cilindrata (3739 cc) e nella potenza (68,5 CV).<br />
Inizia la sua vita ed i suo percorso in contemporanea con la 520 e quando<br />
questa si tr<strong>as</strong>forma e diviene 521, la 525 senza nessun suffisso si ridimensiona anch’essa<br />
nei p<strong>as</strong>si (vedi sopra) ed acquista il suffisso “N” <strong>as</strong>sumendo la pesante<br />
eredità di ammiraglia della flotta Fiat.<br />
Un esemplare opportunamente allestito viene offerto dalla Fiat addirittura al<br />
Papa e consegnato dallo stesso senatore Agnelli.<br />
Come tutte le ammiraglie fu vestita con svariati modelli di carrozeria di prestigio<br />
e di rappresentanza.<br />
La vettura, malgrado la mole, era elegante ed abb<strong>as</strong>tanza proporzionata, ma il<br />
suo “volume” era non facilmente occultabile.<br />
Fu tentato un felice esperimento di Landau che adottando una carrozzeria<br />
corta, riempiva lo spazio retrostante del telaio con un baule porta oggetti, tetto in<br />
tela ed ai lati falsi pantografi. Il risultato fu una bella vettura, oggi diremmo “gran<br />
turismo” che m<strong>as</strong>cherando le dimensioni, diveniva anche aggraziata.<br />
Sullo stesso telaio “N” furono allestiti degli spyder di cui un esemplare (forse<br />
l’unico sopravvissuto) trov<strong>as</strong>i presso la collezione della rivista “Quattroruote” a<br />
Rozzano (MI).<br />
Poichè il motore b<strong>as</strong>e 120 era nato per essere un motore “molto flessibile” fu<br />
facile con una nuova testata, con carburatori doppio corpo ed un nuovo collettore<br />
di <strong>as</strong>pirazione portare il motore della 525 S ad essere atto ad equipaggiare alcune<br />
vetture a p<strong>as</strong>so corto (3000 mm) che and<strong>as</strong>sero a formare la squadra ufficiale Fiat<br />
per la prestigiosa Coppa delle Alpi.<br />
Il molto lusinghiero successo e collaudo in quella gara fece sì che l’equipaggiamento<br />
venisse messo a disposizione di eventuali clienti.<br />
Sfruttando il progetto della Carrozzeria Viotti che aveva allestito delle vetture<br />
per la Coppa delle Venezie del 1930, venne costruito questo splendido esemplare<br />
di vettura, qu<strong>as</strong>i sicuramente la più bella vettura sport prodotta dalla Fiat negli<br />
anni ’30, poi ceduta dal fortunato possessore, barone Francesco “Ciccio” Cupane<br />
da Palermo, al Centro Storico Fiat ove tutt’oggi si può ammirare nella sua leggiadra<br />
e filante linea.<br />
La 514<br />
La 514 rappresenta un momento di stallo nei successi Fiat. Nata come sostitutiva<br />
della agile 509 e con l’intento di coprire la f<strong>as</strong>cia dei 1500 cc, non resse al
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 21<br />
ricordo della 501, e fallì clamorosamente il suo compito anche a causa del crollo<br />
della Borsa statunitense.<br />
La vettura non<br />
presentò niente di veramente<br />
innovativo rispetto<br />
alle progenitrici.<br />
Frenatura scarsa, poco<br />
veloce ... un polmone<br />
come fu subito etichet-<br />
tata dal grosso pubblico<br />
che la chiamò “il<br />
chiodo”<br />
Eppure c’è da<br />
dire che la cura nelle finiture fu notevole e le linee riecheggiavano quelle delle sorelle<br />
maggiori.<br />
Fu prodotta in vari tipi di carrozzeria (torpedo, berlina metallica 4 e 6 luci,<br />
spyder, furgoncino merci, torpedo commerciale, coupè royal, faux cabriolet).<br />
Tutta una gamma che avrebbe dovuto renderla gradita all’utenza che invece<br />
non le tolse mai di dosso il marchio di “polmone”.<br />
Onde renderla più adatta alla Mille Miglia furono allestite delle vetture su telaio<br />
lungo del furgone. Per la Coppa delle Venezie e la Coppa delle Alpi fu allestita una<br />
piccola serie di 514 CA a p<strong>as</strong>so corto più riuscita nelle proporzioni.<br />
Per permettere alla C<strong>as</strong>a di approntare le linee di montaggio del nuovo modello<br />
508, la 514 divenne 515 con una carrozeria più ampia, freni idraulici sistema<br />
Lockheed, ma il motore rim<strong>as</strong>e il tradizionale della 514 che, ulteriomente impegnato,<br />
finì per rendersi veramente irrisorio.<br />
La 515 fu prodotta in due sole versioni: la berlina ed il faux cabriolet che per<br />
il suo padiglione rivestito in tela ed il c<strong>as</strong>settone posteriore in fibra, la rese alquanto<br />
più carina.<br />
La 508<br />
FIAT 525 SS<br />
(Centro Storico Fiat - Torino)<br />
La 508 vide la luce nella primavera del 1933 e si impose immediatamente<br />
come vettura agile, con un ottimo rapporto costo-spesa manutenzione-prestazionirifiniture<br />
tanto che fu universalmente riconosciuta come uno dei cardini della storia<br />
della C<strong>as</strong>a torinese.<br />
Il pubblico l’accolse con entusi<strong>as</strong>mo ed amore e ne adottò il secondo nome<br />
“Balilla”.<br />
Divenne immediatamente la macchina per antonom<strong>as</strong>ia nell’immaginario collettivo<br />
dell’epoca e di oggi tanto che, ovunque si voglia parlare di auto d’epoca, i
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 22<br />
non addetti ai lavori affibiano ad ogni modello, tipo, e marca il nome di “Balilla”.<br />
La prima serie aveva un cambio a 3 marce + RM (tanto che oggi si chiama<br />
comunemente Balilla tre marce), quattro comodi posti, due ampie porte, due<br />
ruote di scorta sui parafanghi.<br />
Il nuovo motore mod. 108 (che farà anch’esso lunga strada!) aveva 995 cc<br />
ed erogava 20 CV (anche 24 o 26/28 nella versione spinta).<br />
La vettura era estremamente contenuta pur senza sacrificare l’abitabilità avendo<br />
un p<strong>as</strong>so di 2250 mm, ruote a disco con pneumatici 4.00.17, aveva una velocità<br />
di punta di 80/85 Km/h e costava solamente 10.800 lire (berlina). Ne furono costruiti<br />
41396 esemplari.<br />
Furono allestite carrozzerie berlina, torpedo e spyder. Fu fatta anche una<br />
serie “lusso” che comprendeva coppe coprimozzo, f<strong>as</strong>ce copriruote e paraurti, il<br />
tutto cromato, nonchè tendine retrattili e ruote con raggi tangenti tipo America .<br />
Sopratutto gli allestimenti lusso erano riservati allo spyder, di già molto aggraziato<br />
e proporzionato.<br />
Nella parte posteriore vi erano due braccetti che distesi potevano ospitare i<br />
bagagli o un c<strong>as</strong>sonetto metallico porta oggetti, commercializzato dalla stessa Fiat,<br />
che conferiva ulteriore eleganza alla vettura che senza di questo presentava una<br />
caduta verticale della carrozzeria<br />
alquanto discutibile<br />
per l’estetica.<br />
Esistevano anche<br />
versioni commerciali<br />
quale camioncino con<br />
c<strong>as</strong>sone aperto e furgone<br />
carenato.<br />
Rim<strong>as</strong>e in produzione<br />
fino al tardo 1934<br />
epoca in cui ebbe un<br />
restilyng prendendo<br />
spunto da una carrozzeria<br />
probabilmente di<br />
Fiat 508 3 marce Spyder lusso<br />
(Collezione privata)<br />
Viotti che addolciva le linee e raccordava nel posteriore la carrozzeria ad un bauletto<br />
incorporato, il modello aveva quattro porte. Un esemplare di questo (l’unico?) si<br />
trova presso il Museo Automobile di San Martino in Rio (Reggio Emilia).<br />
Fu così che nel 1934 nacque la 508 Balilla (ormai il nome era inscindibile) 4<br />
marce.<br />
Le differenze furono notevoli: la carrozzeria divenne interamente metallica senza<br />
telai in legno, ebbe indifferentemente due o quattro porte, le linee si addolcirono<br />
ed il baule incorporato posteriormente (a cui venivano attaccate le ruote di scorta
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 23<br />
esterne) conferì slancio ed eleganza, i fari divennero più rotondi con vetri convessi,<br />
il radiatore a nido d’ape fu coperto da una m<strong>as</strong>cherina cromata con listellatura in<br />
tinta, il motore di b<strong>as</strong>e aveva una potenza di 24 CV, le ruote sempre a disco metallico<br />
pieno montavano gomme 4.00x17.<br />
Tuttavia per migliore il confort di marcia la fabbrica di pneumatici Michelin<br />
studiò una gomma della misura 135x400 (cerchio qu<strong>as</strong>i 16 pollici) detta "balloon"<br />
che, oltre che abb<strong>as</strong>sare il baricentro, conferivano un <strong>as</strong>setto estetico migliore. Per<br />
incentivare la vendita dei suoi pneumatici la Michelin regalava i nuovi cerchi.<br />
La Balilla quattro marce ebbe tutta la gamma di carozzerie, anche se la tendenza<br />
ad abbandonare ormai la versione torpedo portò a produrre pochi esemplari<br />
di questo modello.<br />
Discorso a parte deve essere fatta per la serie sportiva della 508 Balilla.<br />
Montò in un primo momento un motore 108 S di 30 CV e successivamente<br />
un 108 CS di 36 CV.<br />
La carrozzeria era un simpatico ed agile spyder rib<strong>as</strong>sato che prese subito il<br />
nome di Coppa d’Oro per aver partecipato con successo alla Coppa d’Oro<br />
del Littorio.<br />
Venne prodotto anche un Coupè Coppa d’Oro.<br />
Mentre il modello “S” aveva valvole laterali (la Siata produsse una testata con<br />
valvole in testa da sostituire all’originale) invece la “CS” aveva già di fabbrica le<br />
valvole in testa.<br />
Inutile dire che raccolse consensi ed allori ovunque si present<strong>as</strong>se e continua a<br />
riscuoterne fra i collezionisti di tutto il mondo.<br />
Così come ha<br />
sempre fatto la Fiat<br />
(vedi Taunus) montò<br />
una piccolissima serie di<br />
vetture equipaggiate<br />
con i componenti di fine<br />
serie sportiva, per cui<br />
montò alcuni motori<br />
CS, ma con 34 CV, su<br />
una berlina Balilla creando<br />
una piccolissima<br />
serie “Gran Turismo”<br />
che raggiungeva i 105<br />
Km/h.<br />
Intanto siamo<br />
giunti al 1937 ed il gusto<br />
del pubblico comin-<br />
FIAT 508 SS 4 marce<br />
elaborata da Morettini per la Mille Miglia 1938<br />
(Collezione privata)
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 24<br />
ciava a risentirne, avvezzo com’era ad amirare la Fiat 1500 6 cilindri, macchina<br />
dall’insolita linea come vedremo appresso, per cui anche la Balilla doveva cambiare<br />
pelle.<br />
La Fiat temette che abbandonare la Balilla potesse essere un grosso rischio<br />
commerciale per cui decise di darne continuità con la 508 C Nuova Balilla Aereodinamica<br />
.<br />
In effetti, a parte il motore che era l’ormai collaudatissimo 108 CS addolcito a<br />
soli 32 CV (mod 108 C) tutta la vettura era ben altra cosa che la sua dante causa<br />
presunta.<br />
La nuova 508 C Balilla non tardò a perdere il nome per essere definita dal<br />
pubblico solo “la 1100”, nome derivante dalla sua cilindrata che era di 1089 cc.<br />
La vettura aveva una carrozzeria aereodinamica (linea lanciata dalla 1500 6c)<br />
con codino spiovente e musetto altrettanto spiovente. Era una 4 comodi posti serviti<br />
da 4 sportelli senza piantone .<br />
Fu subito successo in tutte le sue versioni! molte le berline tetto metallico,<br />
poche berline tettuccio apribile in tela, qualche torpedo (se ne conoscono oggi uno<br />
in una collezione privata a Torino ed un altro a Bologna), molte cabriolet e spyder<br />
carrozzate in parte dalla stessa Fiat e molte da carrozzieri pivati. Montava gomme<br />
15.00.15.<br />
Fu prodotta anche una serie lunga strapuntinata che fu macchina per famiglie<br />
numerose, ma sopratutto fu il taxi per antonom<strong>as</strong>ia (p<strong>as</strong>so 2700 mm) equipaggiata<br />
con gomme 15.50.15.-<br />
Sul telaio lungo furono allestiti furgoni merci invece sul corto (2420 mm) fu<br />
fatta una interessante serie per l’Esercito Italiano (508 C Coloniale) con gomme da<br />
16 pollici.<br />
Molte le versioni sportive e tantissime le vetture che hanno preso parte a gare<br />
di alta risonanza preparate<br />
dal genio di<br />
meccanici-preparatori.<br />
Tutti i carrozzieri<br />
fecero a gara per<br />
vestire un modello di<br />
1100 e una miriade di<br />
grossi costruttori di<br />
auto sportive e da<br />
cosa lo presero a<br />
b<strong>as</strong>e.<br />
Una interessante<br />
realizzazione della Fiat<br />
FIAT 508 C - Balilla aereodinamica<br />
(Collezione privata)
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 25<br />
fu il coupè a coda tronca stante l’esperienza fatta dalla Fiat sui furgoni che, avendo<br />
la coda tronca cadente verticalmente, erano maggiormente aereodinamici!<br />
Le ormai universalmente definite 1100 continuarono la loro vita fino al 1952,<br />
con varie serie che, pur rimando simili nella vettura b<strong>as</strong>e, adottarono un nuovo cofano<br />
che leg<strong>as</strong>se alla calandra ormai a fendi acqua.<br />
L’ultima serie, la "E", aveva infine adottato il cambio al volante ed un bauletto<br />
posteriore, incernierato in b<strong>as</strong>so che copriva la ruota di scorta ed il vano porta<br />
oggetti molto strimizito per 4 persone.<br />
La 1500 6 c<br />
Parlando della 508 C avevamo accennato alla 1500 6 c che la Fiat aveva<br />
presentata nel 1935.<br />
Questa vettura, per la sua importanza innovativa merita un discorso a se stante.<br />
Tratt<strong>as</strong>i di un veicolo<br />
equipaggiato con<br />
un motore a 6 cilindri<br />
di soli 1493 cc, che lo<br />
fa divenire il più piccolo<br />
6 cilindri d’ Europa e<br />
forse del mondo.<br />
La carrozzeria,<br />
rompendo con tutti i<br />
retagi del p<strong>as</strong>sato, è<br />
fortemente aereodinamica<br />
spiovente sia dietro<br />
che avanti.<br />
I fari non più a<br />
sbalzo sono a goccia<br />
“poggiati” sui parafanghi.<br />
Un p<strong>as</strong>so di<br />
2800 mm ospita una<br />
carrozzeria confortevole<br />
e curata per quattro<br />
persone.<br />
Montò per prima<br />
i deflettori dell’aria<br />
agli sportelli anteriori<br />
Fiat 508 C Coloniale con gomme da 16"<br />
FIAT 1100 B carrozzato Coupè da Bertone<br />
Un raro esemplare con parabrezza sdoppiato<br />
(Collezione privata)
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 26<br />
comandati dall’interno ruotando una farfalla.<br />
Il freno di stazionamento sparisce dalla piattaforma della vettura e diviene<br />
una maniglia sotto il cruscotto.<br />
Gli indicatori di direzione sono comandati da un interruttore sul cruscotto<br />
alla b<strong>as</strong>e del parabrezza ed il ritorno a f<strong>as</strong>e di riposo è automatico tramite un meccanismo<br />
ad orologeria.<br />
Sul volanrte oltre al pulsante del clakson è allocata una corona che comanda il<br />
lampeggio dei fari.<br />
Le sospensioni anteriori perdono le balestre semiellittiche e vengono sostituite<br />
da bracci oscillanti trapezoidali che conferiscono a tutta la vettuna un molleggio<br />
incredibile. Purtroppo dopo poco l’usura mina le sospensioni per cui intorno agli 85<br />
Kmh si innesca una noiosa<br />
vibrazione che si<br />
tr<strong>as</strong>mette a tutta la vettura.<br />
Il fenomeno era<br />
scherzosamente definito<br />
all’epoca shimmy<br />
da un noto ballo che<br />
furoreggiava e che faceva<br />
scuotere violentemente<br />
i ballerini!<br />
La tappezzeria<br />
interna era estrema-<br />
FIAT 1500 6c 2/a serie<br />
(Collezione privata)<br />
mente curata ed il telaio<br />
metallico dei sedili<br />
anteriori fuoriusciva<br />
dall’imbottitura, era cromato e fungeva da maniglia per i p<strong>as</strong>seggeri dei posti posteriori.<br />
Della 1500 6c furono costruite molte serie.<br />
La serie “B” ha ben pochi cambiamenti, forse solo le ruote che divengo da 17<br />
“, nuovi paraurti ed i tergicristalli che vengono incernierati in b<strong>as</strong>so del parabrezza.<br />
La “C”, il restilyng post bellico; abbandona i fari a goccia che vengono posti a<br />
sbalzo, ma raccordati con i parafanghi; il muso spiovente <strong>as</strong>sume forma a spartiacqua.<br />
Queste le sole modifiche alla carrozzeria per questa vettura che posegue il suo<br />
cammino post-bellico,<br />
Nella “D” invece il motore viene ridisegnato completamente.<br />
L’ultima serie, la “E”, ha lo stesso motore della “D” ma il cambio p<strong>as</strong>sa al<br />
volante e la parte posteriore della carrozzeria si arricchisce di un bauletto rotondeggiante<br />
raccordato alla carrozzeria che copre la ruota di scorta ed il vano bagagli
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 27<br />
rendendo la vettura molto slanciata ed elegante. Sparisce la pedana che viene sostituita<br />
in primo momento da un raccordament metallico e poi da una f<strong>as</strong>cia cromata.<br />
Era veramente una bella vettura molto sobria che piaceva, ma come tutte le<br />
"grosse" Fiat, non ha avuto un notevole successo sommerciale.<br />
La 500<br />
Prima di parlare della nuova serie di vetture che caratterizzaro gli anni ’50 e<br />
che costituiscono una svolta epocale nella produzione Fiat, dobbiamo ricordare<br />
un’altra protagonista indiscussa della motorizzazione italiana di m<strong>as</strong>sa: la 500 ribattezzata<br />
affettuosamente “Topolino”(forse prendendo spunto dal “musetto” arguto<br />
e spiritoso che la faceva somigliare ad un simpatico topo).<br />
Il senatore Agnelli voleva <strong>as</strong>solutamente una vetturetta di b<strong>as</strong>so costo, molto<br />
contenuta e che potesse<br />
portare l’<strong>automobile</strong><br />
in tutte le famiglie,<br />
anche le meno abbienti.<br />
L’ufficio progettazioni<br />
Fiat, al cui timone<br />
era l’ing. Dante<br />
Giacosa, si mise all’opera<br />
ma non era facile<br />
su un p<strong>as</strong>so di soli<br />
2000 mm “impiantare”<br />
una carrozzeria che non fosse a livello di scatola di sardine per i malcapitati p<strong>as</strong>seggeri.<br />
Ma su questo il Senatore Agnelli era irremovibile!<br />
Dopo infiniti studi Giacosa progettò una vetturetta che avrebbe dovuto avere<br />
trazione anteriore.<br />
Per far ciò era necessario che il motore fosse a sbalzo e le balestre anteriori<br />
fossero sostituite da una unica balestra semiellittica tr<strong>as</strong>versale. Questa soluzione<br />
consentiva di ricavare sufficente spazio per l’abitacolo.<br />
Non se ne conoscono le ragioni,<br />
ma alla fine il progetto del “tutto<br />
avanti” perse consistenza e ci si<br />
orientò su una trazione tradizionale.<br />
Tuttavia l’impostazione del motore a<br />
sbalzo e della balestra tr<strong>as</strong>versale rim<strong>as</strong>ero<br />
in essere a tutto vantaggio<br />
dello spazio abitabile.<br />
Il prototipo pre serie prevedeva<br />
1500 6c mod E<br />
Fiat 1500 6C mod. E<br />
(Collezione privata)<br />
Fiat 500 A berlina
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 28<br />
i fari a goccia ed i tergicristalli incernierati in alto come nella 1500 6c, ma ragioni di<br />
costo fecero recedere dall’intendimento.<br />
La prima serie vide la luce il 1936 con un motore di 569 cc che portava sulla<br />
testata la dinamo e, co<strong>as</strong>siale, la ventola di raffreddamento del radiatore che era<br />
posto dietro al motore. Le sospensioni posteriori erano costituite da due braccetti<br />
con semi balestre (serie 500 balestra corta). La soluzione fu scartata dopo pochi<br />
mesi in quanto portavano alla rottura dello ch<strong>as</strong>sis o dei balestrini stessi.<br />
La vetturetta era a due posti pesava 535 kg, aveva una potenza di 13 CV e<br />
montava gomme 4.00.15.<br />
Dal 1936 al 1948 se ne produssero 122.016 esemplari.-<br />
La corrozzeria era prevalentemente aperta con tettuccio in tela, ma alcuni esemplari<br />
erano con padiglione interamente in metallo. Al solito qualunque fosse la tinteggiatura<br />
del corpo vettura i parafanghi ed i fari erano neri.<br />
Furono costruiti anche un consistente numero di furgoni merci. La prima serie<br />
adottava posteriormente lo sportello ad anta unica .<br />
Tuttavia la crescente richiesta di poter utilizzare anche due posti aggiuntivi<br />
(detti di fortuna, ma ... noi diremmo di sfortuna per i malcapitati!) convinse la Fiat<br />
a sostituire il motore mod. 500 a valvole laterali con un più moderno motore a<br />
valvole in testa (mod. 500 B) che fece aumentare la potenza a 16.5 CV, la testata<br />
era sempre in ghisa.<br />
Nel 1948 inizia la produzione della "B" e, abbandonando la vecchia consolidata<br />
usanza, spariscono parafanghi e fari verniciati in nero e tutta la vettura è in tinta.<br />
Alla 500 B, vettura di transizione in attesa delle linee di montaggio della "C",<br />
il merito di aver fatto n<strong>as</strong>cere la prima "giardiniera" realizzata sul telaio lungo del<br />
furgone.<br />
Dal momento che le "B" furono prodotte solamente per qu<strong>as</strong>i due anni, sono<br />
stati pochi gli esemplari che videro la luce ed ovviamente ancor meno le "giardiniere"<br />
, oggi rarissime, che avendo 4 posti ed un discreto vano bagagli e per non<br />
eccedere nel sollecitare troppo il piccolo ma generoso motore furono carrozzate<br />
con struttura in legno a vista e tamponature in "M<strong>as</strong>onite" (un cartone realizzato da<br />
trucioli di legno tritato e miscelato ad uno speciale collante). Ottimo il risultato che<br />
ne fece scaturire una vetturetta graziosa ed efficente.<br />
Smessa la produzione della "B" n<strong>as</strong>ce la 500 C con nuova carrozzeria che<br />
incorporava il vano bagagli ed il cofano motore raccordato con i parafanghi che<br />
portavano inc<strong>as</strong>sati i fari.<br />
Fu adottato per la prima volta il riscaldamento per mezzo di uno scambiatore<br />
di calore interno all'abitacolo .<br />
Anche della “C” viene realizzata una versione “Giardinetta in legno” che<br />
solo dopo un paio d’anni viene sostituita da una versione interamente metallica detta<br />
“Belvedere metallica” che era sempre bicolore (le bugne di colore diverso men-
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 29<br />
tre il corpo vettura era ormai in tinta avendo la Fiat abbandonato parafanghi e fari<br />
neri).<br />
La 2800<br />
briolet non avendo avuto mai grande successo di pubblico.<br />
La 1400<br />
Fiat 500 B Giardiniera in legno<br />
(collezione privata)<br />
Gli anni ’50 rappresentarono una svolta<br />
epocale per la Fiat che abbandonando i vecchi<br />
canoni stilistici seguiti da sempre si avvia su una<br />
nuova strada detta “all’americana” lanciando<br />
sul mercato una vettura veramente nuova e rivo-<br />
Fiat 500 C Belvedere metallica<br />
Una menzione<br />
merita la 2800 che dovendo<br />
rappresentare<br />
“la parente ricca” della<br />
1500 6c ne riprese tutte<br />
le innovazioni e le<br />
strutture. Venne prodotta<br />
dal 1938 al 1941<br />
e fu utilizzata qu<strong>as</strong>i<br />
esclusivamente quale<br />
vettura di grande rappresentanza<br />
sia nella<br />
versione berlina che ca-<br />
Fiat 500 C<br />
(Collezione privata)<br />
luzionaria: la 1400.<br />
Anche la parte<br />
meccanica subisce una<br />
rivoluzione: niente più<br />
telaio ma carrozzeria<br />
portante!<br />
Nessun aggiustamento<br />
e di stile di carrozzerie<br />
o di modelli<br />
preesistenti, la 1400 fu<br />
tutta nuova sia nella
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 30<br />
forma che nei contenuti!<br />
In primis la forma che ormai era smaccatamente americaneggiante.<br />
Sei i posti distribuiti su due divanetti. Cambio al volante, motore quadro, 1395<br />
cc, 4 cilindri in linea a canne sfilabili, gomme 5.90.14, p<strong>as</strong>so 2650 mm.<br />
La macchina fece veramente scalpore anche se le prestazioni erano modeste<br />
(125 Kmh, 10/12 litri 100 km, scarsa la ripresa, scarse le sospensioni cui si usuravano<br />
i gommini fra perno ed ammotizzatore costringento a frequentissime soste in<br />
officina).<br />
Della 1400 furono prodotte molte serie (1400 prima serie - modello A -<br />
modello B) e rim<strong>as</strong>e in vita fino al 1958 con circa 130.000 esemplari prodotti.<br />
Bella la versione cabriolet carrozzata dalla stessa c<strong>as</strong>a nella sezione Carrozzerie<br />
Speciali.<br />
Sulla medesima scocca cabriolet è stata allestita una versione con motore 1900<br />
data esclusivamente in dotazione alla Polizia Stradale.<br />
La 600<br />
Sull’onda del veramente nuovo n<strong>as</strong>ce così la 600 con una impostazione decisamente<br />
nuova.<br />
Carrozzeria portante,<br />
motore posteriore<br />
che faceva risparmiare<br />
sulla tr<strong>as</strong>missione<br />
avvantaggiandone l'abitabilità.<br />
Era l’anno<br />
1955.<br />
La nuova vetturetta<br />
aveva una cilindrata<br />
di 633 cc, quattro comodi<br />
posti (pochissimo<br />
Fiat 1400 prima serie<br />
spazio per i bagagli),<br />
vetri scorrevoli sulla<br />
prima serie.<br />
Dobbiamo dire<br />
che fu veramente una<br />
vetturetta interessante<br />
anche se i suoi 24<br />
Cv erano pochini per<br />
590 kg di peso cui bi- sognava aggiungere Spaccato 4 persone della 1400 ed i prima bagagli. serieTuttavia<br />
questa
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 31<br />
due volumi incontrò il<br />
gusto del pubblico.<br />
Nel tempo ebbe<br />
qualche lieve restilyng,<br />
come i vetri discendenti<br />
e la scomparsa<br />
delle “t<strong>as</strong>che porta<br />
oggetti” in materiale<br />
pl<strong>as</strong>tico all’interno de-<br />
gli sportelli, i sedili non<br />
ebbero più la spalliera<br />
reclinabile ma si alzavanocompletamente<br />
per facilitare l’accesso<br />
al divanetto posteriore.<br />
Verso la fine degli anni ’60 comparve la 600 D che aveva una motorizzazione<br />
di 767 cc e 29 CV.<br />
Gli sportelli furono incernierati anteriormente (controvento), la fanaleria anteriore<br />
aumentò di diametro facendo sembrare il “muso” della macchinetta “un bambino<br />
spaurito con gli occhi spalancati”!<br />
Un episodio molto interessante fu rappresentato dalla versione commerciale<br />
della 600 denominata “Multipla”.<br />
Questa innovativa vettura con ben 5 o 6 posti (secondo della versione) bisogna<br />
dire che scioccò il pubblico per la sua inusuale forma.<br />
Era una monovolume che finiva a cuneo, ma ... con la parte b<strong>as</strong>sa sul posteriore<br />
tanto da sembrare che cammin<strong>as</strong>se sempre a marcia indietro!<br />
I posti anteriori erano a sbalzo sull’avantreno<br />
ed addirittura la canna dello<br />
sterzo seguiva un tragitto ... tormentato<br />
dovendo prima andare in avanti, seguendo<br />
l’inclinazione del volante, per poi tornare<br />
indietro fino alla scatola dell sterzo<br />
che era allocata sotto i posti anteriori.<br />
Per tale ragione la seconda parte della<br />
canna dello sterzo p<strong>as</strong>sava fra le gambe<br />
del guidatore tanto da spingere la c<strong>as</strong>a<br />
FIAT 1400 Cabriolet 1/a serie<br />
(Collezione privata)<br />
Fiat 600 D<br />
costruttrice a “dare consigli” addirittura nel libretto di Uso e Manutenzione fornito<br />
con la vettura su come il guidatore dovesse salire e scendere dalla vettura !<br />
La ruota di scorta era allocata all’interno dell’abitacolo a stretto contatto con<br />
le ginocchia del p<strong>as</strong>seggero anteriore per cui l<strong>as</strong>ciamo immaginare cosa potesse
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 32<br />
succedere quando, sostituita una ruota, i pantaloni del p<strong>as</strong>seggero spolveravano (o<br />
<strong>as</strong>ciugavano in c<strong>as</strong>o di pioggia e fango) la ruota bucata.<br />
La Nuova 500<br />
Per conquistare<br />
quella f<strong>as</strong>cia di utenza<br />
che normalmente si rivogeva<br />
al motociclismo<br />
(non per p<strong>as</strong>sione, ma<br />
per necessità) la Fiat rispolverò<br />
quel progetto<br />
che aveva fatto per la<br />
prima 600 e che venne<br />
FIAT 600 Multipla uso promiscuo<br />
poi accantonato.<br />
Il motore della Nuova 500 era un piccolo bicilindrico (ancora i rigori del<br />
fisco si facevano sentire !) raffreddato ad aria e allocato posteriormente.<br />
I posti erano due, ma potevano anche essere ospitati due bambini.<br />
Il successo decretato dal pubblico si può paragonare ad una esplosione! Divenne<br />
immediatamente la vettura da città (aveva solo 1840 mm di p<strong>as</strong>so e 1121 mm<br />
di carreggiata anteriore).<br />
Fu adottata con gioia dalle signore quale macchinetta personale (anche perchè<br />
le serie successive alla prima, che era bruttina e spartana, erano veramente<br />
belline e porporzionate, diremmo addirittura “civettuola”), divenne la<br />
seconda o terza macchina di qu<strong>as</strong>i tutte le famiglie italiane.<br />
Una piccola serie interessante fu prodotta con un motore potenziato (21 CV in<br />
luogo dei normali 18).<br />
Fu chiamata Nuova 500 Sport.<br />
Tuttavia la Nuova 500, in ogni sua versione, incontrò il favore incondizionato<br />
dei preparatori ed elaboratori che ne fecero dei piccoli mostri, ma dei veri gioielli,<br />
anche supportati nella loro scelta dall’eccezionale tenuta di strada di questa vetturetta<br />
dal baricentro b<strong>as</strong>sissimo.<br />
Fu anche messa in produzione una versione Giardiniera con 4 posti e spazio<br />
per i bagagli posteriormente.<br />
Per ricavare questo spazio fu adottato un motore a sogliola che diede ... poche<br />
soddisfazioni ma in compenso molte noie.<br />
La 1100/103<br />
La nuova linea imposta dalla 1400 , dalla 1900 e dalla 500 C rendeva striden-
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 33<br />
te il contr<strong>as</strong>to con la ormai obsoleta line della 1100 E.<br />
Se si voleva continuare a tenere in vita il vecchio glorioso nome era necessario<br />
adeguare lo stile alle nuove linee di carrozzeria.<br />
Così nel 1953 viene presentata la 1100/103 che della vecchia macchina non<br />
aveva conservato che il nome e la<br />
motorizzazione.<br />
Era una vettura completamente<br />
nuova in linea con le nuove<br />
carrozzerie e le nuove tecniche,<br />
ma sembrò subito ben poca cosa.<br />
Non piacque molto anche<br />
perchè, per privilegiare l’abitabi-<br />
lità si erano sacrificati eccessivamente<br />
due dei tre volumi: il cofano<br />
motore, ma sopratutto il bagagliaio.<br />
A contribuire a renderla un tantino tozza era anche il p<strong>as</strong>so sceso a 2340 mm<br />
con gomme 5.20.14 che facevano<br />
apparire la vettura “seduta”.<br />
Tuttavia risultò riconfermare<br />
le doti di maneggevolezza e<br />
robustezza della progenitrice, per<br />
cui il pubblico finì per accettarla<br />
con un discreto entusiamo.<br />
Contemporaneamente fu lanciata<br />
una versione sportiva, la 1100/<br />
103 TV (Turismo Veloce) che<br />
montava un motore con ben 14 CV in più della normale.<br />
La TV era decisamente più bella essendo bicolore e con un lunotto posteriore<br />
panoramico, che dava ampiezza a tutto il complesso. Un accenno di codine<br />
che accoglievano i gruppi ottici posteriori avevano levato anche quel “finire in<br />
gran fretta” che sembrava<br />
esprimere il cofano<br />
posteriore della berlina<br />
normale.<br />
Della TV fu costruita<br />
anche una versione<br />
spyder due posti<br />
secchi con una stranis-<br />
sima linea ... a singhiozzo<br />
che dal pubbli-<br />
Fiat Nuova 500 Giardiniera<br />
Fiat Nuova 500<br />
FIAT 1100/103 TV
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 34<br />
co fu subito ribattezzata “il grillo”, ma che non ebbe grossa fortuna .-<br />
Seguire le varie serie della 1100/103 (o meglio dire versioni?) che si susseguirono<br />
a volte al ritmo di due modelli all’anno non è cosa facile neanche per chi, come<br />
me, le visse dal vivo e con grande p<strong>as</strong>sione.<br />
Troviamo la “E”, la “D”, la “H”<br />
(addirittura in tre allestimenti: Lusso,<br />
Export e Special), la “R” (tornata alle<br />
linee tondeggianti dopo le carrozzerie spigolose<br />
delle serie precedenti).<br />
Fu immessa sul mercato anche una<br />
versione “familiare”.<br />
Nacque addirittura una derivazione,<br />
la 1200, che, pur mantenedo le linee<br />
della 1100, aveva una impostazione più<br />
“luminosa” e maggior potenza.<br />
Anche questa ebbe tre modelli ( GranLuce, Traformabile e Cabriolet).<br />
Dalla 1200 cabriolet, macchina abb<strong>as</strong>tanza quotata, nacque poi la 1500 cabriolet<br />
che fu una ottima vettura.<br />
Le 1800 - 2100 - 2300 - 2300 S coupè Ghia<br />
Chiudiamo questa panoramica sulla Fiat con la citazione di due modeli: la 1800 e la<br />
2100 che divenne poi 2300 ed avevano il compito di essere le vetture di rappresentanza<br />
della C<strong>as</strong>a torinese.<br />
In effetti svolsero questo prestigioso compito, ma senpre dopo delle Lancia Flaminia<br />
che dominavano incontr<strong>as</strong>tate lo spazio cui tendevano.<br />
Un grande merito da<br />
attribuire alla 2300 fu<br />
la 2300 S Coupè il<br />
cui motore venne<br />
progettato in c<strong>as</strong>a<br />
Ferrari, dalla linea filante<br />
e molto bella,<br />
carrozzata per con-<br />
to della Fiat da<br />
Ghia, che raggiungeva<br />
nella versione<br />
“S” comodamente i 190 Kmh a 5300 giri.<br />
Fiat 1100/103 Spyder "il Grillo"<br />
La Fiat 2300 SW particorlarmente apprezzata dalla RAI che la<br />
utilizzava per i servizi esterni<br />
Era dotata di uno splendido motore 6 cilindri in linea alimentato da due carburatori
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 35<br />
doppio corpo Weber.<br />
Intorno a questa vettura aleggia iun giallo: infatti questa bellissima vettura era stata<br />
progettata dalla Ferrari che voleva farla partecipare ad un campionato speciale per<br />
il quale era necessario che le macchine fossero prodotte “di serie”.<br />
Per tale ragione la costruzione fu affidata alla Fiat che ... la fece sua unitamente<br />
all’ingegnere progettatore che, tr<strong>as</strong>feritosi a Torino presso gli stabilimenti Fiat per<br />
curarne la realizzazione, l<strong>as</strong>ciò definitivamente la Ferrari e si tr<strong>as</strong>ferì sotto l’ombrello<br />
Fiat.<br />
La <strong>Storia</strong> continua poi con molte autovetture, alcune molto indovinate e di successo<br />
altre meno ed altre ancora senza storia.<br />
La 850, 126, 127, 128, 125, 124, 130 ed altre che sono tutte macchine che la Fiat<br />
ha costruito, ma di cui non credo sia il c<strong>as</strong>o di parlarne , anche se molte sono<br />
importanti nella motorizzazione italiana, essendo “storia contemporanea” per cui<br />
rimandiamo il parlare di loro ai ... posteri!<br />
FIAT 2300 S Coupè carrozzata Ghia<br />
Al generoso motore 6 cilindri nato in c<strong>as</strong>a Ferrari si accoppiava<br />
una linea filante e snella che la faceva splendere in<br />
tutta la sua bellezza ed eleganza
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 36<br />
Fiat vetrina<br />
Il primo stemma apposto sulle proprie vetture<br />
dalla Fiat nel 1898
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 37<br />
Fiat vetrina<br />
Fiat 514<br />
Torpedo<br />
(Collezione<br />
privata)<br />
Fiat 522<br />
torpedo<br />
Vettura<br />
derivata dalla<br />
521, di cui ne<br />
montava le<br />
parti meccaniche.<br />
(Collezione<br />
privata)
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 38<br />
Fiat vetrina<br />
Con questa vettura di 1500 cc la Fiat tentò di sostiutire la<br />
501 senza però riuscire nell'intento.<br />
A causa del peso e <strong>dell'</strong>esigua potenza fu ribattezata<br />
all'epoca "Il chiodo" e questo modello corto<br />
“il balillone”<br />
Fiat S 76<br />
514<br />
Berlina corta<br />
(Collezione<br />
privata)<br />
La F 76 era una vettura di ben 2.353 cc di cilindrata che sul circuito di Brookland raggiunse<br />
nel 1911 i 240 km/h.<br />
Gli inglesi la ribattezzarono "Mefistofele"<br />
L'equipaggio era composto da Nazzaro e da Bordino.<br />
Più tardi a Long Island riuscì a raggiungere i 286 km/h, la maggiore velocità raggiunta<br />
all'epoca dall'uomo.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 39<br />
Fiat vetrina delle stranezze<br />
Fiat 509 A con una cervellotica carrozzeria a pesce<br />
(Collezione Dino Tenconi)<br />
Una strana<br />
elaborazione<br />
su meccanica<br />
Fiat con ruote<br />
sistemate a<br />
rombo
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 40<br />
Fiat vetrina<br />
Fiat 525 SS Torpedo<br />
(Collezione privata)<br />
Fiat 501 elaborata Silvani (valvole in testa)<br />
(Collezione privata)
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 41<br />
Fiat vetrina<br />
Fiat 508 C "Balilla aereodinamica" Coupè<br />
Particolare curioso è che i tecnici Fiat avevano notato che il furgone 508 C a causa<br />
della coda tronca aveva una maggiore aereodinamicità quindi di migliori prestazioni<br />
della berlina, per questo adottarono la coda per questa sportiva
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 42<br />
Fiat vetrina<br />
Fiat 1400 prima serie (agosto 1950)<br />
(ovvero ... l’autore ai bei tempi che furono!)<br />
NOTA : La forma americaneggiante della vettura aveva infiammato gli<br />
animi degli acquirenti. Ne profittarono gli accessoristi creando una serie di<br />
accessori per la 1400. Nella foto si notano:<br />
- Visiera par<strong>as</strong>ole metallica<br />
- Baffo al cofano<br />
- Stemma grande in luogo di FIAT<br />
- Modanature cromate lateralmente ai parafanghi<br />
- "Uccellone" sul cofano motore<br />
- Copponi speciali ai cerchi ruota<br />
- Specchietti laterali<br />
- Lampeggiatori in luogo delle frecce (Particolare curioso è che non<br />
esisteva l’ intermittente, ma erano le lampadine ad essere lampeggianti).
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 43<br />
Fiat vetrina<br />
Fiat 525 S<br />
(Collezione privata)<br />
Fiat 525 S<br />
Durante una tournet in Danimarca il tenore Tito Schipa riceve in omaggio dal<br />
concessionario Nordiska Fiat questa 525 S<br />
( Notare le proporzioni tra la vettura ed il tenore )
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 44<br />
Fiat vetrina<br />
Fiat 527 "Ardita" 6 cilindri<br />
(Collezione privata)<br />
Fiat 522 cabriolet<br />
(Collezione privata)
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 45<br />
Fiat vetrina<br />
Fiat 2800 berlina ministeriale<br />
(Collezione privata)
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 46<br />
Fiat vetrina - La Fiat-Sella<br />
Questo gioiello rappresenta un esempio di ibridazione o meglio di trapianto di<br />
organi che ha dato vita ad una vettura unica.<br />
Su un telaio Fiat 509 S Riccardo Sella, figlio del fondatore della banca Sella e<br />
proprietari di impianti tessili, ha innestato un motore 1100 cc di sua costruzione a<br />
ben 8 cilindri in linea.<br />
Era l'anno 1927.<br />
La vettura comunque rim<strong>as</strong>e incompleta e qu<strong>as</strong>i dimenticata fin quando la rivista<br />
Motor Italia ne diede notizia solamente nel 1935
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 47<br />
Fiat vetrina - La Fiat-Sella<br />
Riccardo Sella era pittore, poeta, scrittore, insomma un artista a "tutto tondo".<br />
Una vera opera darte può essere considerato anche questo suo motore, pezzo<br />
unico, che per eleganza e "pulizia" eguagliò i motori di Ettore Bugatti. Otto cilindri in<br />
linea allocati in due blocchi che si inc<strong>as</strong>travamo in un b<strong>as</strong>amento in alluminio, uniti da<br />
una sola testata ed albero distribuzione in testa. Due carburatori, ma stante il b<strong>as</strong>so<br />
rapporto di compressione, si presume dovesse accogliere un compressore<br />
volumetrico.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 48<br />
Lancia<br />
C’era una volta ... così comincia ogni<br />
favola che si rispetti, ma noi, pur trattandosi<br />
di una storia vera che r<strong>as</strong>enta la<br />
favola, non inizieremo così il nostro narrare.<br />
Infatti diremo che nel 1881 a Fobello<br />
(alta Valsesia) in c<strong>as</strong>a di una facoltosa<br />
famiglia, n<strong>as</strong>ce un bambino cui viene<br />
imposto il nome di Vincenzo.<br />
La famiglia si tr<strong>as</strong>ferisce a Torino e va<br />
ad abitare in Corso Vittorio al numero<br />
civico 9.<br />
Il c<strong>as</strong>o volle che nel cortile di quel nu-<br />
Vincenzo Lancia<br />
mero civico un tal Giovanni Ceirano<br />
“mago della meccanica” che ormai si è<br />
tr<strong>as</strong>ferito dal nativo cuneese in quel di Torino, abbia impiantata la propria officina.<br />
Il giovane Vincenzo, avviato dal padre agli studi di ragioniere, era tanto aff<strong>as</strong>cinato<br />
da quel mondo dei motori da convincere il padre a fargli sospendere gli studi ed<br />
impiegarsi presso la Giovanni Ceirano & C quale ragioniere (ufficialmente) come<br />
apprendista meccanico (praticamente).<br />
Quando Giovanni Agnelli nel 1899 acquista in blocco tutta l’attività di Ceirano ...<br />
“acquista” anche il giovane meccanico Vincenzo Lancia.<br />
Nel giro di pochissimo tempo Vincenzo diviene Capo Collaudatore della Fiat <strong>as</strong>sieme<br />
a Felice Nazzaro .<br />
Aveva soli 20 anni!<br />
Felici intuizioni per migliorare i cambi di velocità che davano noie, partecipazioni<br />
quale pilota a gare prestigiose in nome della Fiat fecero salire le quotazioni interne<br />
del giovane pilota-collaudatore.<br />
Il suo coraggio e la sua temerarietà fecero salire le quotazioni fra la folla che lo<br />
osannnava come un eroe!<br />
Ma il suo sogno era costruire in proprio per cui decide <strong>as</strong>sieme all’amico Claudio<br />
Focolin, un veneto anch’egli collaudatore alla Fiat, di fondare una fabbrica propria.<br />
N<strong>as</strong>ce così la Lancia, era il 26 novembre 1906.<br />
Tuttavia il distacco dalla Fiat fu del tutto indolore tanto che per due anni continuò a<br />
correre per la c<strong>as</strong>a torinese e, si crede, che sia stato aiutato economicamente nell’iniziare<br />
“la grande avventura” proprio dallo stesso Agnelli.<br />
Affittano una parte delle officine Itala in via Ormea, angolo via Donizetti, e dopo<br />
nemmeno un anno n<strong>as</strong>ce la loro prima creatura.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 49<br />
La prima vettura-prototipo della Lancia fu una 4 cilindri biblocco, valvole laterali, di<br />
2543 cc con 14 CV a 1450 giri-minuto (regìme elevato per l’epoca).<br />
Un ameno aneddoto racconta che dopo aver costruito accuratamente (come sempre!)<br />
la vettura, ci si accorse che ... la porta dell’officina era più stretta della macchina<br />
... quindi la soluzione del “c<strong>as</strong>o tecnico” fu affidata al piccone di un robusto<br />
muratore piemontese!<br />
Ultimati i collaudi fu<br />
deliberata la prima vettura<br />
della Lancia che fu<br />
la “Alfa”, una 4 cilindri<br />
biblocco, valvole<br />
laterali, di 2543 cc con<br />
28 CV grazie alla costruzione<br />
molto accurata<br />
ed all’elevato regime<br />
di giri: 1800.Velocità<br />
m<strong>as</strong>sima ben 90<br />
Km/h !<br />
La prima vettura fu<br />
carrozzata da uno dei<br />
migliori carrozzieri to-<br />
rinesi, Locati e Torretta,<br />
ed era un doppio<br />
phaeton.<br />
LANCIA "Alfa" - Prima vettura della c<strong>as</strong>a<br />
In effetti la vettura era denominata “progetto 51” per l’interno delle officine e 18/24<br />
HP per il pubblico, ma la p<strong>as</strong>sione di Vincenzo Lancia (o del di lui fratello letterato<br />
Giovanni?) erano le lettere dell’ alfabeto greco e proseguì su questa strada fino alla<br />
Dilambda.<br />
Incontreremo spesso nei nomi delle vetture Lancia il suffisco “Di” che sta a significare<br />
una versione evoluta o sportiva.<br />
Nel 1908 n<strong>as</strong>ce la Dialfa che pur raggiungendo i 110 Km/h non incontrò il favore<br />
del pubblico tanto da esserne sospesa la produzione dopo soli 20 pezzi (meno di un<br />
anno). Fu la sola vettura a 6 cilindri prima del 1950 quando nacque l’Aurelia.<br />
Si tornò ai 4 cilindri con la Beta di 3120 cc, primo motore monoblocco Lancia, che<br />
fu invece molto apprezzata.<br />
Per un costruttore che volesse porsi nella f<strong>as</strong>cia delle vetture di prestigio era inevitabile<br />
incrementare la cilindrata.<br />
Per tale ragione troviamo nel 1910 la Gamma (3460 cc), nel 1911 la Delta di 4080<br />
cc, e la sua versione sportiva Didelta nonchè la Epsilon.<br />
La corsa alla cilindrata si conclude nel 1913 con la Eta di ben 5030 cc che sviluppa-
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 50<br />
va circa 50 CV e raggiungeva i 130 Km/h.<br />
Da notare che 1145 vetture costruite in sì breve arco di tempo dimostrano il crescente<br />
successo della Lancia.<br />
Fu necessario ingrandire lo stabilimento di via Ormea da 888 mq a 3300, ed addiritura<br />
nel 1911 la fabbrica si tr<strong>as</strong>ferì in via Monginevro su un’ area di 10.000 mq.<br />
Nel 1911 n<strong>as</strong>ce anche il primo stemma Lancia (bandiera con <strong>as</strong>ta e lancia su un<br />
volante) disegnato dall’eclettico conte Biscaretti di Ruffìa.<br />
Per inciso diremo che nel 1912 n<strong>as</strong>ce un fortunatissimo veicolo leggero industriale<br />
( lo 1Z) che venne largamente impiegato anche in Libia.<br />
Noi non tratteremo i veicoli industriali, ma poichè da questo camioncino nacque il<br />
fiore all’occhiello della C<strong>as</strong>a Lancia non possiamo esimerci dal farlo.<br />
Dalle sue ottime prestazioni n<strong>as</strong>ce nel 1913 la vettura Theta che per prima adottò<br />
l’impianto completamente elettrico e fu uno dei maggiori successi della C<strong>as</strong>a (ben<br />
1700 esemplari venduti).<br />
Dopo la fine della Grande Guerra, Vincenzo Lancia inizia la riconversione della<br />
fabbrica ai dettami delle esigenze civili.<br />
Ma inizia un periodo di<br />
anticonvenzionalismo<br />
che si esprime con il<br />
motore a 12 cilindri a V<br />
stretto (13°6') che aveva<br />
addirittura un solo albero<br />
a camme in testa ed<br />
una sola testata che serviva<br />
tutti i 12 cilindri.<br />
Avrebbe voluto costruire<br />
la “Superlancia”, ma<br />
non se ne fece nulla e ri-<br />
piegò sulla Kappa (una edizione molto poco riveduta della Theta).<br />
Solo nel 1921 con la Dikappa entra in produzione il primo motore a valvole in testa,<br />
i CV sono 87 e raggiunge i 130 Km/h.<br />
Il primo motore veramente nuovo del dopoguerra vede la luce nel 1922 quando<br />
ormai la Lambda era una realtà avendo già effettuate prove più che soddisfacenti.<br />
La sua prima uscita la fece il 1° settembre 1921 sulla strada del Moncenisio.<br />
Il nuovo motore a V strettissimo (14°), 8 cilindri, qu<strong>as</strong>i 100 CV, equipaggiò la<br />
Trikappa.<br />
La Lambda<br />
LANCIA mod. Theta<br />
Ai Saloni dell’Automobile di Parigi e di Londra, nell’autunno del 1922, fà il suo
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 51<br />
debutto la Lancia Lambda.<br />
Possiamo dire senza tema di smentita che fu una vettura eccezionale ed inusuale che<br />
“resse con onore il mercato” per ben nove anni avendolo inv<strong>as</strong>o con ben 12530<br />
esemplari.<br />
Perchè inusuale? presto detto:<br />
- Carrozzeria autoportante, sistema che Vincenzo Lancia aveva (si dice) copiato<br />
osservando i gusci delle barche, e che fece sparire telaio.<br />
- Coda sporgente a sbalzo dalle ruote posteriori che conteneva un discreto spazio<br />
chiuso per i bagagli.<br />
- Avantreno a ruote indipendenti con ammortizzatori telescopici scelti fra ben 14<br />
progetti effettuati dal tecnico Falchetto (si pensa sia stato fatto riferimento al<br />
sistema di rinculi dei<br />
cannoni).<br />
- Motore a V stretto (14°)<br />
di soli 4 cilindri con una<br />
cilindrata oscillate tra i<br />
2120 della prima serie ai<br />
2570 della nona serie.<br />
Erano motori velocissimi<br />
che giravano fino a 3250<br />
giri/min.- Se si considera<br />
che a quei tempi i motori<br />
nati espressamente per<br />
vetture sportive raggiungevano<br />
i 3000 giri, si può avere idea dell’eccezionalità.<br />
LANCIA Lambda 1/a serie<br />
Lancia intuì che l’interesse del pubblico si sarebbe rivolto verso le fuori serie ed<br />
allestì una serie di “pianali” da consegnare ai carrozzieri (da allora fece così per<br />
tutti i modelli ).-<br />
Tuttavia si pensò che la Lambda fosse troppo piccola per i mercati americani e si<br />
fece uscire nel 1928 la Dilambda destinata prevalentemente a quei mercati.<br />
Fu anche creata la Lancia Motors of America Co. che avrebbe dovuto montare la<br />
Dilambda a Ponghkeepsia (New York).<br />
Malgrado il successo ottenuto dalle 12 Dilambda al Salone di New York del 1927,<br />
il progetto naufragò, forse anche a causa della crisi che colpì il mondo in quegli anni.<br />
Anche in Italia il progetto Dilambda ebbe scarso successo per cui la vettura si tr<strong>as</strong>formò<br />
in Astura, vettura che dovette reggere il titolo di ammiraglia fino al secondo<br />
conflitto mondiale.<br />
Un episodio alquanto interessante nel 1931 fu l’Artena, un 4 cilindri a V stretto<br />
(17°) di circa 2000 cc che avendo un telaio “abbondante” essendo lo stesso<br />
dell’Astura. Incontrò molto per le sue doti di robustezza e di economicità.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 52<br />
Come abbiamo potuto notare la predilizione era per il V stretto.<br />
Altre cose interessanti sono stati la sospensione el<strong>as</strong>tica dei motori, la lubrificazione<br />
centralizzata dei telai, il filtro olio autopulente collegato alla messa in moto del motore.<br />
L’ Augusta<br />
Come ricorderete nel 1932 la Fiat inizia la “grande conquista” dei mercati con la<br />
sua 508 Balilla pertanto Lancia capisce che il mercato delle “superauto” si <strong>as</strong>sottiglia<br />
e gli spazi sono progressivamente sempre più occupati dalle medio-piccole anche,<br />
e non ultimo, perchè il fisco attingeva a piene mani.<br />
In Francia nei pressi di Parigi, e precisamente a Bonneuil-sur-Marne, ove la Lancia<br />
aveva un suo stabilimento di montaggio, viene presentata in un alone di mistero la<br />
Belna. Si tratta di una berlina con carrozzeria autoportante, quattro porte apertura<br />
“ad armadio”, 1196 cc, 4 cil. V stretto (18°15’2"), avantreno Lancia, 102 Km/h.<br />
Gli italiani debbono attendere il 1933 per conoscerla con il nome di Augusta.<br />
Viene costruita in tre serie e viene prodotta fino al 1935.<br />
Tuttavia Lancia capisce che una vettura che abbia una cilindrata leggermente maggiore,<br />
doti di robustezza ed affidabilità e brillantezza nonchè ricercatezza nelle rifiniture<br />
possa e debba rappresentare<br />
per lungo<br />
tempo la vettura amata<br />
dagli italiani.<br />
N<strong>as</strong>ce così il progetto<br />
Aprilia presentato a<br />
Parigi nel 1936 con il<br />
nome di “Ardenne” .<br />
Purtroppo Vincenzo<br />
Lancia non vide mai<br />
entrare in produzione la<br />
sua grande intuizione,<br />
l’Aprilia, perchè muore<br />
stroncato da un in-<br />
farto a soli 56 anni nel<br />
febbraio del 1937.<br />
Non gli sarà nemmeno consentito, per pochi mesi, di vedere realizzato il suo sogno<br />
di far entrare in produzione lo stabilimento di Trento.<br />
L’ Aprilia<br />
Lancia Augusta 3/a serie
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 53<br />
L’Aprilia era una berlina compatta (lunghezza 3,95 mt) a 4/5 posti, 4 porte senza<br />
montante centrale con un motore a 4 cilindri V (17°40') di 1351 cc che a 4300 giri<br />
erogava 47,8 CV.<br />
Particolarmente di alta cl<strong>as</strong>se era il suo retrotreno a ruote indipendenti e balestra<br />
tr<strong>as</strong>versale, barre di torsione e tamburi freno al centro per ridurre il peso delle m<strong>as</strong>se<br />
non sospese.<br />
Contemporaneamente alla vettura di serie fu lanciato il “pianale” per i carrozzieri<br />
che misurava 10 cm in più di p<strong>as</strong>so.-<br />
Due anni dopo (1939) n<strong>as</strong>ce la seconda serie con motore di 1486 cc, 48 CV, detta<br />
anche “quadro bianco” per il nuovo disegno del quadro strumenti. Un particolare<br />
curioso è rappresentato del misuratore livello carburante che erano una serie di<br />
lucine che si accendevano al raggiungimento di quel livello.<br />
Nello stesso anno, già scoppiata la seconda guerra mondiale in Europa, la Lancia<br />
mette in produzione la sorella minore dell’ Aprilia e la chiama Ardea mantenendone<br />
l’impostazione eccezion fatta per il retrotreno che adotta un <strong>as</strong>sale rigido.<br />
Ha un motore di 903 cc (il primo della Lancia sotto i 1000 cc) ed a 4600 giri eroga<br />
29 CV.<br />
A mettere a punto questa<br />
vettura è un personaggio<br />
della squadra sportiva<br />
Alfa Romeo che diverrà<br />
poi celebre nel<br />
mondo per aver curato le<br />
sorti sportive della Lancia<br />
fino agli anni ’50 : Vittorio<br />
Jano.<br />
LANCIA Aprilia 1/a serie<br />
L’Aprilia gareggiò facendosi<br />
onore nelle gare fino<br />
a 1500 cc sia con modelli di serie che con pezzi speciali alleggeriti o addirittura<br />
speciali come il Coupè aereodinamico del ’37.-<br />
Durante il conflitto la Lancia si dedicò alla produzione bellica con le versioni militari<br />
dell’Aprilia e dell’ Artena, ma anche con il famoso autoblinda leggero “La Lince” a<br />
quattro ruote sterzanti.<br />
Dopo gli eventi bellici (1948) la produzione riprende con i modelli di anteguerra<br />
anche se l’Aprilia adotta l’impianto elettrico a 12 volts e l’Ardea adotta il cambio a<br />
5 marce+RM ed il lunotto posteriore perde la divisione centrale che ha caratterizzato<br />
sia l’Aprilia che l’Ardea 4 marce.<br />
Le grosse novità datano1950.<br />
Erano gli anni in cui la Fiat ha fatto il suo exploit con la 1400, l’Alfa Romeo con<br />
la 1900 e la Lancia si presenta sulla scena automobilistica con una vettura veramen-
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 54<br />
te prestigiosa: l' Aurelia.<br />
L' Aurelia<br />
L’Aurelia n<strong>as</strong>ce agli inzi degli anni ’50 e n<strong>as</strong>ce stilisticamente “contro-corrente”.<br />
Erano infatti gli anni della 1400 dalla linea decisamente americaneggiante e dell’ Alfa<br />
Romeo 1900 con linea moderna anche se alquanto addolcita negli spigoli (come la<br />
Jaguar).<br />
La prima Aurelia è una berlina 5/6 posti, motore a V alquanto largo (45°) ma la<br />
novità sta nel fatto che riprende il discorso 6 cilindri, abbandonato dopo la infelice<br />
esperienza della Dialfa.<br />
La cilindrata è 1750 (una via di mezzo fra i 1390 della 1400 Fiat che occupa un<br />
posto fra coloro che vogliono “americaneggiare” a prezzo contenuto e l’Alfa<br />
Romeo 1900, che pur se più veloce è molto meno rifinita e curata).<br />
La vettura sin dai primi esperimenti condotti nel 1947 su una scocca Aprilia (ma che<br />
il p<strong>as</strong>sante sentiva subito avesse qualcosa di “strano” per il rumore diverso e<br />
per le brillanti prestazioni sconosciute ad una Aprilia) diede soddisfacenti risultati.<br />
Era l’epoca di Vittorio Jano dirigente del reparto esperienze, di Vaccarino direttore<br />
tecnico e di un giovane ingegnere, Francesco De Virgilio (nativo di Reggio Calabria),<br />
che pilotava l’equipe “studi speciali e brevetti”.<br />
Intanto a Vincenzo Lancia era succeduto il figlio Giovanni, che con visione più moderna<br />
della gestione, si oppose a potenziare l’Aprila e volle una vettura tutta nuova<br />
al p<strong>as</strong>so con i tempi.<br />
Quando il corpo vettura cominciò a prendere consistenza ci si accorse che il motore<br />
tipo B 10 di 1569 cc che era stato nel frattempo progettato per la nuova macchina<br />
“stava largo” nel vano motore della nuova vettura e si optò per un 60° di 1754 cc.<br />
Nel frattempo si pensò di chiamare la nuova vettura Aurelia (dalla consolare romana)<br />
B10 dal numero interno del progetto del motore.<br />
Ne risulta una vettura di linea moderna, che non “stride” con il p<strong>as</strong>sato ma le<br />
conferisce indubbia “personalità”.<br />
Spariscono le pedane ed i parafanghi “sorgono” dal corpo carrozzeria senza essere<br />
appariscenti.<br />
Unico legame al p<strong>as</strong>sato la calandra che, pur ingentilita, conserva le linee verticali<br />
tradizionali.<br />
Al motore è collegato un cambio a 4 marce con leva comando al volante.<br />
L’ubicazione del cambio è la cosa forse più interessante. Infatti per bilanciare i pesi<br />
esso è posto posteriormente e fa corpo unico con il differenziale.<br />
La frizione che nei primi esemplari era all’uscita del motore viene spostata poi dietro<br />
all’imboccatura del cambio.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 55<br />
Anche i tamburi dei freni fanno parte di questo gruppo cambio-frizione-differenziale-freni.<br />
Particolarmente interessante la sospensione posteriore che adotta bracci oscillanti<br />
con molloni ed ammortizzatori<br />
idraulici Sabif.-<br />
Il risultato è ottimale e<br />
lusinghiero visto che<br />
malgrado l’appesantimento<br />
di un quintale rispetto<br />
all’Aprilia, non ha<br />
creato inconvenienti ma<br />
il ridotto consumo di soli<br />
11 litri x 100 Km, le<br />
briose prestazioni, la tenuta<br />
di strada ottima, i<br />
LANCIA Aurelia B 10 berlina<br />
135 Km/h, l’abitabilità buona, le rifiniture “Lancia” non potevano che fare accettare<br />
ad occhi chiusi la nuova vettura dal “popolo dei lancisti”.<br />
Tuttavia il motore era chiaramente sottosfruttato come dimostra tutto ciò che se ne<br />
è ricavato in seguito sia per le berline che per le sportive.<br />
Abbiamo detto che Gianni era succeduto a Vincenzo Lancia dopo la prematura<br />
morte di questi.<br />
Vincenzo non si sarebbe preoccupato molto delle differenze velocistiche tra la “sua”<br />
Aurelia e l’Alfa 1900, ma Gianni invece si!<br />
Perciò avendo constatato che alle Aurelia in gara (in mani private) mancavano sempre<br />
una manciata di CV per competere con le Alfa 1900, lancia la B21 che ha<br />
carrozzeria qu<strong>as</strong>i uguale alla B10, ma una cilindrata di 1991 cc e 69,5 CV per cui<br />
raggiunge i 145 Kmh.<br />
Il risultato lo si vede immediatamente al Giro di Sicilia ove ai primi quattro posti si<br />
piazzano quattro B21 ... quinta un’ Alfa Romeo!<br />
Poco dopo su progetto stilistico di Pininfarina spunta sulla scena la B20, splendido<br />
coupè 2+2 che monta il motore da 1991 cc. ma con 80 CV a disposizione.<br />
La vettura è un perfetto connubio fra eleganza, confort, manegevolezza e grinta<br />
tanto che viene deciso di iscriverne una immediatamente alla 1000 Miglia.<br />
La vettura, pilotata da Giovanni Bracco, si piazza al secondo posto <strong>as</strong>soluto dietro<br />
alla ... Ferrari pilotata da Gigi Villoresi.<br />
Nel 1952 il motore B20 da 80 CV viene montato sulla berlina che prende il nome di<br />
B 22 e diviene la berlina sportiva con doti che possono essere vantate da ben poche<br />
altre vetture.<br />
Nel 1953 la B 20 subisce un notevole incremento di potenza portando i CV a 115,5<br />
e la velocità a 185 Kmh.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 56<br />
Anche la carrozzeria<br />
subisce delle modifiche<br />
che la rendono più bella<br />
e maggiormente elegante.<br />
Un’altra preziosa interpretazione<br />
fu la B 24<br />
spyder e cabriolet.<br />
Di questa vettura si favoleggiò<br />
all’epoca e<br />
LANCIA Aurelia B 20 2500 coupè<br />
continua ad essere il<br />
sogno dei collezionisti specialmente di oltre Oceano.<br />
Bella, elegante, filante, potente, veloce non poteva che essere la regina del jet set<br />
internazionale.<br />
Le serie di Aurelia berlina si susseguono con alternarze di caratteristiche fino a giungere<br />
all’ultima serie la B 10<br />
che chiude il ciclo Aurelia per aprine un’ altro:<br />
la Flaminia nata da una serie di Aurelia<br />
che era venuta fuori per rappresentaza (B<br />
15) e che aveva un p<strong>as</strong>so addirittura di ben<br />
34 cm più lungo del normale.<br />
Un difetto ha sempre afflitto le Aurelia ... la<br />
frenatura che era precaria non tanto per la<br />
potenza, ma per l’equilibratura e la riparti-<br />
Aurelia B 12<br />
l' ultima serie prodotta<br />
zione della frenata.<br />
L’ Appia<br />
Ma torniamo un attimo indietro per vedere dove abbiamo l<strong>as</strong>ciata l’ Ardea.<br />
La ritroviamo relegata in<br />
un angolino riservato<br />
alle vetture “del p<strong>as</strong>sato”<br />
nel quale non riesce<br />
più a muoversi agevolevolmente<br />
sul mercato.<br />
Era urgente farla uscire<br />
da quel paddock.<br />
Dopo innumerevoli<br />
motori provati, la Lan-<br />
LANCIA Aurelia B 24 cabriolet "America"<br />
(Collezione privata)
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 57<br />
cia decide di dotare la nuova vetturetta con un motore di 38 CV che deve dar forza<br />
vitale ad un corpo macchina che somiglia in tutto alla sorella maggiore Aurelia.<br />
Ma somiglia solo nelle sembianze dal momento che i freni tornano sui mozzi, il retrotreno<br />
ritrova il ponte rigido, il cambio si accoccola dietro al motore.<br />
Tuttavia la vettura è sempre ben curata non tradendo, anche nell’economicità, la<br />
fama della Lancia.<br />
Ne vengono prodotte tre serie: la Prima serie, come dicevamo è la copia ridotta<br />
dell’Aurelia, la Seconda serie perde la coda spiovente per allungarsi in un cofano<br />
posteriore per i bagagli che, anche se comodo, rende la linea alquanto una ibridazione<br />
... qu<strong>as</strong>i come la deformazione di ... un’ape regina. La terza serie adegua il<br />
cofano motore a quello posteriore e cambia anche il frontale che diviene ovale e ben<br />
riuscito ispirandosi alla Convertibile 2/a serie disegnata da Vignale e commercializzata<br />
dalla stessa Lancia.<br />
Come in tutte le cose “de gustibus ...” quindi alcuni dicono essere più bella la linea<br />
della seconda serie, altri quella della terza serie. Noi propendiamo per la terza (non<br />
si era capito?) .-<br />
Delle Appia sono state anche realizzate versioni sportive (coupè Zagato) e versioni<br />
coupè (Farina e Vignale) nonchè una cabriolet molto bella (Vignale). Queste ultime<br />
adottavano un motore di 60 CV.<br />
Una prima versione di spyder la Vignale l’ha realizzata, come detto, su autotelaio<br />
della seconda serie ed era una due posti. Da ciò ne risultava una vettura un pochino<br />
sbilanciata della parte posteriore che era troppo lunga e diremmo sproporzionata<br />
rispetto al resto della vettura, comunque<br />
sempre bella.<br />
Per questa vettura Vignale realizzò una<br />
particolare calandra ovale che risultò<br />
bella per cui non solo è stata mantenuta<br />
nella seconda versione, ma fu adottata<br />
dalla C<strong>as</strong>a Madre per la stessa vettura<br />
Appia 1/a serie<br />
della terza serie e finì per divenire la calandra<br />
anche della Flaminia.<br />
Nella successiva serie di Vignale, montata<br />
con gruppi meccanici della terza<br />
serie, lo spider divenne cabriolet per cui<br />
i posti p<strong>as</strong>sarono a 2+2 e la macchina<br />
risultò molto bella ed equilibrata nella<br />
Appia 3/a serie<br />
forma e nelle dimensioni avendo perduto<br />
quella lunghissima coda che la sbilanciava esteticamente.<br />
A richiesta si poteva acquistare un hard top ma era necessario portare la vettura
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 58<br />
presso gli stabilimenti della Vignale.<br />
Questo dimostrava come le carrozerie fossero realizzate veramente non in serie ma<br />
“battute” a mano.<br />
LANCIA Appia 3/a serie cabriolet di Vignale con al volante<br />
Melyta Rodi-Morabito<br />
(Collezione Rodi-Morabito)
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 59<br />
La Flaminia<br />
Viene presentata per la prima volte al Salone dell’ Auto di Torino del 1956.<br />
Si tratta di una sfarzosa berlina la cui realizzazione è stata curata dal prof. Fessia, e<br />
che deve raccogliere l’eredità della Aurelia.<br />
I “lancisti” storcono<br />
un poco il n<strong>as</strong>o e dicono<br />
che in effetti altro non<br />
è che la B12 vestita a<br />
nuovo.<br />
Ma non è proprio così!<br />
I 485 cm di lunghezza ed<br />
i 175 di larghezza, na-<br />
LANCIA Flaminia Berlina<br />
(Collezione privata)<br />
scondono soluzioni<br />
innovative molto apprezzabili.<br />
Cambiata la sospensio-<br />
ne anteriore che abbandona lo “schema Lancia”. Sono scomparsi i cannocchiali<br />
sostituiti da un avantreno a bracci tr<strong>as</strong>versali triangolari sovrapposti con l’inferiore<br />
di lunghezza decisamente maggiore. Molloni ed ammortizzatori telescopici completano<br />
il tutto.<br />
A guadagnarne è il confort di guida e di marcia.<br />
Altra innovazione è un piccolo telaio anteriore imbullonato alla scocca che sopporta<br />
il motore e l’ avantreno.<br />
Nel posteriore niente di nuovo: ponte De Dion, in gruppo unico frizione,cambio,<br />
differenziale, freni e balestre semiellittiche.<br />
La nuova linea è particolarmente curata dal suo ideatore Pininfarina che, pur avendola<br />
fatta derivare da una sua carrozzeria per l’Aurelia, la “Florida”, ne ha saputo<br />
bilanciare i componenti tanto da non farla apparire così enorme per come in effetti è<br />
(cm 485 x 175 e 1430 Kg ... che non sono pochi).<br />
Alla berlina divenuta subito l’auto dei “commendatur” e dei Ministeri si affiancano<br />
anche versioni sportive come il coupè Zagato e due miniserie Superleggera di Touring<br />
: la GT coupè e la Spyder.<br />
Molto venduto anche un coupè di Farina che, pur mantendo i sei posti tadizionali,<br />
aveva solo due porte che la arricchivano di una linea più agile.<br />
La Flaminia fu per lungo tempo una macchina in dotazione allo Stato per i m<strong>as</strong>simi<br />
vertici in tutte le Amministrazioni.<br />
Altra soluzione innovativa fu il comando per i deflettori posteriori ad aria comandabili<br />
dal posto guida.<br />
La vettura era talmente bene bilanciata che godeva di una leggerezza del volante
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 60<br />
simile a quella fornita da una vettura con servosterzo.<br />
Un paragone può essere fatto guidando la Fiat 2300 berlina che, pur essendo coeva<br />
e mirando alla stessa f<strong>as</strong>cia di utenza, dava immediamente la certezza di non essere<br />
fornita di servosterzo.<br />
Molto interessante ed apprezzata sia per il turismo veloce che per le competizioni la<br />
versione elaborata da Zagato. Ne furono realizzati un numero relativamente piccolo<br />
di esemplari da renderla oggi molto ambita dai collezionisti.<br />
Due esemplari sono stati allungati di p<strong>as</strong>so e costruite in versione “torpedo” con<br />
particolarissime finiture. Erano state commissionate dal Quirinale per essere utilizzate<br />
dai Presidenti della Repubblica Italiana.<br />
Queste due (o forse tre?) vetture sono ancora oggi in dotazione ed in uso al Quirinale<br />
ed ancora oggi, nelle grandi parate, fanno magnifica mostra di se, essendo<br />
dotate di una linea agile e filante che ne fà spiccare immediatamente l’eleganza rendendole<br />
“attuali” e non obsolete.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 61<br />
Lancia vetrina<br />
LANCIA Flamina coupè Touring Superleggera<br />
Per sostituire l' Appia n<strong>as</strong>ce la<br />
Fulvia sempre con motore di<br />
1090 cc. Di questa vettura<br />
viene prodotto anche un<br />
simpatico ed elegante coupè<br />
che ha una motorizzazione di<br />
1300 cc.<br />
Flaminia coupè Zagato<br />
LANCIA Flaminia coupè Farina<br />
Fulvia berlina
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 62<br />
Lancia vetrina<br />
Fulvia coupè<br />
La Fulvia coupè ebbe parecchie serie e fu apprezzata dai giovani e dai meno<br />
giovani come la vettura leggera, agile ed elegante dalla decisa impostazione<br />
sportiveggiante.<br />
Una interessante derivazione fu la HF che era una vettura decisamente sportiva<br />
che dominò i terreni di gara ed i Rallye nazionali ed internazionali come il Rallye<br />
di Montecarlo per molti anni.<br />
Fulvia HF
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 63<br />
Lancia vetrina<br />
Una rara Fulvia Zagato Cabriolet<br />
(Collezione privata)<br />
La caratteristica sagoma posteriore della Aprilia<br />
con il lunotto diviso in due pezzi.<br />
(Collezione privata)<br />
(La stessa linea e lunotto diviso furono adottati dall' Ardea delle prime serie.<br />
Solamente la IV (l'ultima) adottò il lunotto intero e cambio a 5 marce)
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 64<br />
Lancia vetrina<br />
Lancia Delta carrozzata corsa<br />
(Collezione privata)<br />
Lancia Dilambda Coupè Royal<br />
Carrozzata a Berlino da Voll & Rahrbeck<br />
(Collezione privata)<br />
La vettura apparteneva allo scrittore Eric Maria Remarche che fuggì con essa<br />
da Berlino per sfuggire alle persecuzioni contro gli ebrei
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 65<br />
Lancia vetrina<br />
Astura IV serie<br />
(Collezione privata)<br />
Fu fatta carrozzare dalla Scuderia Ambrosiana per Gigi Villoresi nel 1939<br />
Flaminia coupè Zagato<br />
(Collezione privata)
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 66<br />
Lancia vetrina<br />
Lancia Flavia 1500 1/a serie<br />
Lancia 2000 considerata la naturale evoluzione della Flavia
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 67<br />
Lancia vetrina<br />
Lancia Augusta 3/a serie<br />
(Collezione privata)<br />
Lancia Augusta 3/a serie cabriolet di serie<br />
(Collezione privata)
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 68<br />
Bianchi<br />
Quando comunemente si dice “ ... è nato con il<br />
bernoccolo della meccanica” ci si immagina un individuo<br />
che è molto portato per questa disciplina. Ma<br />
cosa si dovrebbe dire del signor Edoardo Bianchi,<br />
milanese puro sangue?<br />
Per lui tutto ciò che aveva un ingranaggio ed un<br />
funzionamento era sacro ed era un cromosomo che<br />
spaziava liberamente nel suo corpo.<br />
Biciclette, motociclette, automobili, scooter, ciclomotori,<br />
barche, carrozzelle per invalidi, ... finanche campanelli e ferri chirurgici di<br />
alta precisione erano il suo “credo”.<br />
A sette anni viene accolto al “Martinitt” ove apprende i rudimenti della disciplina<br />
ed affina il suo innato amore per la meccanica.<br />
Si debbono a lui le prime biciclette (o meglio “il bicicletto”) nella forma che<br />
oggi noi conosciamo. La sua prima realizzazione fu la tr<strong>as</strong>formazione del velocipede<br />
cui invertì le ruote (la grande dietro e la piccola avanti). Ma i risultati di stabilità non<br />
erano ottimali ... per cui creò per primo un mezzo con due ruote uguali.<br />
Fu il primo ad utilizzare la catena per la tr<strong>as</strong>missione.<br />
Le sue prime realizzazioni avevano ruote in gomma piena che non era il top<br />
della morbidezza ... sui selciati sconnessi dell’epoca per cui per primo montò quella<br />
strana invenzione di mister Dunlop, la gomma pneumatica.<br />
Dalla sua officinetta artigianale vennero fuori una serie di bicicletti robusti e<br />
molto accuratamente costruiti che ogni giorno godevano di aggiornamenti e migliorie.<br />
Intanto la gente cominciava ad interessarsi molto al nuovo mezzo per cui si<br />
dovette presto cambiare officina per soddisfare le richieste.<br />
Edoardo Bianchi, che aveva ricevuto riconoscinmenti sia ad esposizioni internazionali<br />
che nelle corse di biciclette in Italia ed in Europa, fu invitato finanche dalla<br />
C<strong>as</strong>a Reale per fare da istruttore alla Regina Margherita, nel parco reale di Monza.<br />
In quella occ<strong>as</strong>ione studiò un telaio che consentisse alla Regina di cavalcare il<br />
biciclo ed ideò ... la bicicletta da donna.<br />
In seguito venne autorizzato a fregiarsi del titolo di “Fornitore della Real C<strong>as</strong>a”.<br />
Dopo di Lei vollero imparare le Dame di Corte, le nobili di tutta Italia, la<br />
Regina di Napoli, le Duchesse di Genova e d’Aosta e finanche la Principessa del<br />
Portogallo.<br />
Un bel giorno Edoardo decise che pedalare era utile per la salute, ma poteva<br />
anche risultare faticoso, per cui pensò di alleviare l’umanità dallo sforzo della peda-
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 69<br />
lata ed applicò un motore De Dion ad un triciclo e fu così il primo italiano che<br />
viaggiò in bicicletta senza l’ausilio dei ... muscoli.<br />
Tuttavia quel primo collaudo costò al giovane Edoardo una serie di bruciature<br />
alle mani causate da un principio di incendio al triciclo.<br />
Avendo capito che il futuro dell’azienda doveva <strong>as</strong>solutamente p<strong>as</strong>sare attraverso<br />
le nuove tecnologie, nel 1900 diede molto rilievo al triciclo nel proprio catalogo<br />
che montando un motore De Dion-Bouton da 2.25 HP raggiungeva i 35 km/h.<br />
Qui il suo genio meccanico dimostrò di avere anche ... un fratellino chiamato<br />
“genio commerciale” e dotò il suo triciclo di tutta una serie di accessori acquistabili<br />
a parte quale un avantreno per farne un quadriciclo, adottò le prime forme di sospensione<br />
nei telai, utilizzò il rocchetto Rumhkorff, la possibilità di avere un terzo<br />
posto per un’altro p<strong>as</strong>seggero, addirittura un carrozzino attaccato posteriromente<br />
per il p<strong>as</strong>seggero o per bagagli.<br />
Il 1901 vide la n<strong>as</strong>cita della prima motocicletta (o meglio bicicletta a motore)<br />
avendo applicato ad un bicicletto un motore De Dion da 1.3/4 HP che la faceva<br />
viaggiare ad una velocità variabile da 10 a 45 km/h.<br />
La cosa però p<strong>as</strong>sò alquanto inosservata dal momento che il periodo storico<br />
era alquanto travagliato e la crisi politica si faceva sentire.<br />
Nel 1902 apparve il primo veicolo interamente costruito dalla C<strong>as</strong>a (anche il<br />
motore).<br />
Ben sei modelli di vettura con potenze che oscillavano tra i 4.5 ed 12 HP e che<br />
potevano utilizzare motori monocilindrici Aster o De Dion oppure addirittura Bianchi!<br />
Elegantissime le carrozzerie realizzate con fogli di alluminio e legni pregiati che<br />
poggiavano su un robusto telaio in tubo di acciaio. Molto interessante il secondo<br />
telaio che, contenendo le parti meccaniche, le proteggeva da eventuali urti.<br />
Edoardo non tr<strong>as</strong>curò<br />
inoltre l’utenza <strong>as</strong>sicurando,<br />
incluso nel prezzo di acquisto,<br />
anche due giorni di<br />
“scuola guida” e l’<strong>as</strong>sistenza<br />
gratuita a domicilio del<br />
cliente, ovunque fosse, previo<br />
vitto ed alloggio ai meccanici.-<br />
Il 27 marzo 1905 fu<br />
creata con rogito notar Federico<br />
Gu<strong>as</strong>ti la “Fabbrica<br />
di automobili e velocipedi<br />
Bianchi 12 HP<br />
Edoardo Bianchi & C.” con
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 70<br />
capitale sociale di 800.000 lire.-<br />
La nuova fisionomia aziendale portò alla n<strong>as</strong>cita in via Paolo Frisi 44 della<br />
prima vera <strong>automobile</strong>.<br />
Quanto sopra è riportato dall’ amico Antonio Gentile nel suo pregevole volume<br />
“Edoardo Bianchi” edito da Giorgio Nada Editore nel ’92, dal quale ci permettiamo<br />
di dissentire in parte.<br />
Infatti noi crediamo che le vetture che la Bianchi costruì negli anni 1901/4<br />
furono delle vere autovetture al pari di quelle delle altre C<strong>as</strong>e.<br />
Non ravvisiamo infatti la differenza fra queste e la 3,1/2 HP della FIAT (che<br />
pur è universalmente riconosciuta come autovettura) malgrado quella fosse veramente<br />
una carrozza cui avevano staccato i cavalli!<br />
Grande soddisfazione la C<strong>as</strong>a ebbe anche dai motori marini che furono utilizzati<br />
dal Ministero della Marina, dall’ Esercito, dalla Croce Rossa e persino dal<br />
Ministero della Marina Russa.<br />
Addirittura anche il Re<br />
fece montare sul motoscafo<br />
personale due motori<br />
Bianchi da 60 CV.-<br />
Avvalendosi di uomini<br />
come Giuseppe Merosi,<br />
Tomm<strong>as</strong>elli, Brambilla,<br />
Mayr, Franchini ed Alfieri<br />
M<strong>as</strong>erati la Bianchi trionfò<br />
in gare di altissimo prestigio<br />
e risonanza sia in Italia che all’estero.<br />
Bianchi Tipo 16 Sport<br />
Merosi aveva <strong>as</strong>secondato la volontà di Edoardo Bianchi progettando vetture<br />
sempre più lussuose e potenti. Giunsero a progettare addirittura un 11 litri di cilindrata.<br />
Ma l’utenza chiedeva una vettura seria ed affidabile, ma che non si discost<strong>as</strong>se<br />
eccesivamente dai modelli FIAT e, meglio ancora, dai prezzi della Fiat.-<br />
La sorte della Bianchi fu sempre di dover subire l’effetto trainante della Fiat,<br />
ma lo fece qu<strong>as</strong>i sempre con successo.<br />
Nel 1910/15 aveva in produzione tre tipi di vettura che dovevano fronteggiare<br />
l’invadenza Fiat.<br />
Comunque quella che ha avuto maggior fisionomia in questa “guerra” commericiale<br />
è stata la “A2”, il più piccolo dei tre modelli in poduzione, che con i suoi<br />
2120 cc tenne abb<strong>as</strong>tanza testa alla Fiat “0”.<br />
L’orientamento della Bianchi fu quindi di standardizzare la produzione tentando<br />
addirittura di offrire un solo modello (il progetto non fu mai possibile realizzarlo in
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 71<br />
pieno stante il gusto “spumeggiante”<br />
degli italiani!).<br />
Fu progettata quindi<br />
la serie “S” che doveva<br />
offrire un solo modello, in<br />
una sola tinta (grigioverde)<br />
ed anche il radiatore non<br />
doveva essere nichelato,<br />
ma verniciato in nero come<br />
per la tipo 15.<br />
La c<strong>as</strong>a si attrezzò<br />
con un reparto carrozzeria<br />
interno che offriva prodotti<br />
uguali secondo uno schema<br />
preciso.<br />
Avendo fatta questa<br />
1913 - Bianchi A 2 Torpedo<br />
(Collezione privata)<br />
scelta dovette abbandonare vetture già progettate ed in produzione che erano veramente<br />
importanti ma costose e tart<strong>as</strong>sate dal fisco.<br />
Negli anni del dopoguerra troviamo la tipo 15, 16 mentre le 18, ma sopratutto<br />
le 20, avevano fortuna solo all’estero.<br />
Quando nel 1925 la Fiat presenta la 509 la Bianchi fu pronta a presentarsi allo<br />
scontro con la S/4 che era una vettura di 1300 cc e ripeteva lo schema dell’architettura<br />
del motore della tipo 18.<br />
La S/4 manteneva il cambio staccato dal motore e solidale con il tubo di spinta<br />
con il quale oscillava.<br />
Questa vettura ebbe lunga vita (fino al 1927) quando dovendosi aggiornare si<br />
tr<strong>as</strong>formò in S/5 1300.<br />
L’ S/5 1300 in effetti era molto simile alla sua genitrice e fu una serie di transizione<br />
prima di p<strong>as</strong>sare alla S/5 1500 cc con carrozzerie interamente metalliche essendosi<br />
dotata la Bianchi di nuove superpresse.<br />
Da notare che negli anni ’20 anche la Bianchi fu vittima di quell’errore di marketing<br />
comune a tutte le c<strong>as</strong>e europee e costruì la S/8. Una grossa 8 cilindri che non<br />
trovò <strong>as</strong>solutamente spazii in Italia a causa del sistema di t<strong>as</strong>sazione che adottava la<br />
formula cilindrata/numero-dei-cilindri. All’estero era stato difficilissimo l’ingresso<br />
della vettura a causa della caduta della Borsa di New York e comunque non avrebbe<br />
trovato ugualmente molti spazi essendo il mercato int<strong>as</strong>ato di vetture di tale genere.<br />
Ma tornando alle S/5 notiamo un fenomeno strano.<br />
Le Bianchi, vetture sempre affidabili, robuste, ma non sportive con la S/5 e poi<br />
con la S/9 hanno una ventata di sportività! Perciò quelle vetture sono state dotate di
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 72<br />
linea aereodinamiche e ruote a raggi tangenti che erano caratteristica peculiare delle<br />
sportive.<br />
Da dire che le S/5 erano di linea aggraziata ed anche nei modelli a tre luci (6<br />
posti) e non davano <strong>as</strong>solutamente<br />
l’idea di un ... “armadio”.<br />
Molto eleganti i modelli<br />
Faux Cabriolet e Coupè.<br />
L’ultima vettura prodotta<br />
dalla Bianchi fu la S/9.<br />
Ormai le c<strong>as</strong>e automobilistiche<br />
italiane avevano <strong>as</strong>-<br />
Bianchi S 8 Faux Cabriolet<br />
sunto una propria fisionomia<br />
per cui avevano una precisa<br />
f<strong>as</strong>cia di utenza.<br />
La Bianchi si era ubicata a fianco della Lancia per l’accuratezza e l’affidabilità<br />
dei prodotti, ma in zona alquanto marginale.<br />
Inoltre venne a trovarsi compressa da due grossi successi commerciali: la Augusta<br />
prima e l’Aprilia dopo.<br />
Anche se era una vettura “onesta”, carina dalla linea rotondeggiante, curata nei<br />
particolari (i raggi tangenti delle ruote erano addirittura cromati) essa soffrì terribilmente<br />
dalla rivalità dei due modelli Lancia.<br />
Nel 1939 si era preparato il rilancio della S/9, ormai invecchiata, con una<br />
nuova versione ma ancora una volta una guerra alle porte ne bloccò la realizzazione.<br />
La Bianchi, dichiarata “Stabilimento Ausiliario” fu subissata da commesse governative<br />
e messa sotto torchio per produrre biciclette, motociclette e camions per<br />
l’Esercito.<br />
Da dire che gli autocarri Mediolanum e Cives sono stati la spina dorsale della<br />
motorizzazione militare.<br />
Tuttavia il settore auto<br />
non fu in grado di risorgere.<br />
Per anni furono notati prototipi<br />
girare in prova sulle strade<br />
intorno agli stabilimenti,<br />
ma puntualmente non ebbero<br />
seguito. Si stava progettando<br />
una vettura simile alla<br />
Fiat 1400 che “duell<strong>as</strong>se”<br />
nell’atavica guerra Fiat-Bianchi,<br />
ma alla fine non se ne<br />
Bianchi S 5 1500 mod. Genova<br />
(Collezione privata)
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 73<br />
fece niente.<br />
Intanto il mercato delle biciclette e delle moto andava immiserendosi dal momento<br />
che la Bianchi peccava<br />
di immobilismo e non<br />
reggeva l’avanzata delle<br />
nuove virulente fabbriche<br />
(MV, Mondial, Morini, Benelli,<br />
Guzzi, Augusta, Piaggio,<br />
Innocenti e con gli scooters)<br />
per cui la Bianchi ten-<br />
Bianchi S 5 1500 Coupè Soave<br />
(Collezione privata)<br />
tò una avventura commerciale<br />
con le barche (il Katamar),<br />
ma non ebbe fortuna<br />
anche se poi il mercato esplose in favore di alcuni costruttori americani.<br />
Nel 1954 l’ing. Quintavalle riuscì ad interessare la Fiat e la Pirelli alle attività<br />
della Bianchi ed l’ 11 gennaio 1955 si formò una nuova società con 3.000.000 di<br />
capitale: l’ Autobianchi.<br />
La Bianchi vi partecipò<br />
al 33% apportando a<br />
b<strong>as</strong>so valore gli stabilimenti<br />
di Desio, mentre quello di<br />
viale Abruzzi fu demolito.<br />
Un successivo patto<br />
impose alla Bianchi di cessare<br />
l’attività di costruttore<br />
automobilistico.<br />
Una serie di eventi,<br />
forse primo fra tutti la disaffezione<br />
dei dirigenti, portarono<br />
all’ acquisizione del<br />
pacchetto di maggioranza<br />
da parte dell’ IMI ed alla<br />
fine degli anni ’70 alla cessazione<br />
ufficiale della Edoardo<br />
Bianchi.<br />
Bianchi S 9<br />
(Collezione privata)<br />
La tempesta che travolse una C<strong>as</strong>a così antica portò alla dispersione di un<br />
ingente ed importante patrimonio storico stante la poliedricità della Bianchi.<br />
In primo momento ciò che era stato recuperato giaceva ammucchiato a Milano<br />
in un edificio di via Mecenate, dopo se ne persero addirittura le tracce.<br />
L’augurio che fanno gli studiosi e che facciamo tutti gli app<strong>as</strong>sionati è che non
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 74<br />
sia andato distrutto, ma qualcuno se ne sia impossessato e, comprendedone l'alto<br />
valore, un giorno, in qualche forma, possa rimetterlo a disposizione dell’umanità<br />
dando modo di onorare a pieno “il genio meccanico ed imprenditoriale” del ragazzino<br />
del Martinitt: Edoardo Bianchi!<br />
Bianchi A 2 del 1913 al momento del ritrovamento<br />
(Collezione privata)<br />
Di questa vettura , "conservata", esiste un prezioso documento con il quale la Edoardo Bianchi<br />
dichiarava a fini fiscali al compratore che la vettura era uscita dai propri stabilimenti in data 24<br />
settembre 1913.<br />
Ecco nella pagina a fianco il documento
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 75<br />
Bianchi vetrina delle curiosità
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 76<br />
Bianchi vetrina<br />
Bianchi 20/30 HP Landaulet del 1910<br />
(Collezione privata)<br />
Bianchi S 5 1300 cc Torpedo del 1927<br />
(Collezione privata)<br />
Queste vetture avevano il cambio separato dal motore
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 77<br />
Bianchi vetrina<br />
Bianchi S 5 1500 cc Tipo Viareggio del 1932<br />
(Collezione privata)<br />
Notevole il restiling tra la S5 1300cc e la S5 1500cc<br />
Bianchi S 9 Berlina tre luci<br />
(Collezione privata)<br />
La S 9 fu l'ultima vettura prodotta dalla Bianchi
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 78<br />
Bianchi vetrina<br />
Bianchi S 9 cabriolet mod. Cortina<br />
Pur essendo le vetture della Bianchi tutte vetture "calme" (meno l'esperimento<br />
degli anni 12/13) e destinate ad una clientela tranquilla che cercava affidabilità, sicurezza<br />
e robustezza, stranamente le S 9 montarono ruote a raggi tangenti con attacco<br />
a gallettone, tipiche delle vetture sportive.<br />
Da notare come il cofano sia p<strong>as</strong>sato da cofano dritto delle prime serie a curvo<br />
nelle ultime.<br />
Bianchi S 9 Coupè
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 79<br />
Alfa Romeo<br />
La Darracq, progenitrice <strong>dell'</strong>Alfa Romeo<br />
All’inizio del secolo<br />
erano in molti<br />
(particolarmente i<br />
francesi) a guardare<br />
con interesse al mercato<br />
automobilistico<br />
italiano.<br />
Per tale ragione<br />
la francese Darracq<br />
aveva scelta la via di<br />
<strong>as</strong>semblare i modelli<br />
già in produzione in<br />
Francia direttamente<br />
alla perferia nordovest<br />
di Milano al fine<br />
di eludere la t<strong>as</strong>se doganali<br />
particolarmente<br />
esose sul prodotto finito.<br />
Una mira della C<strong>as</strong>a francese era accedere ad alcune consistenti commesse<br />
da parte di imprese di autotr<strong>as</strong>porti che n<strong>as</strong>cevano<br />
numerose sopratutto nel meridione<br />
d‘Italia.<br />
Il progetto non ebbe fortuna dal momento<br />
che l’utenza italiana accolse alquanto freddamente<br />
le vetture d’oltre Alpi.<br />
Aleggiava perciò una certa imminente decisione<br />
da parte della Darracq di chiuder battenti<br />
in Italia.<br />
Fu allora che un gruppo di finanzieri milanesi<br />
considera possibile rilevarne gli impianti.<br />
Forse la decisone fu presa anche in considerazione<br />
del fatto che il cavaliere Ugo Stel-<br />
la, Amministratore Delegato della Darracq Italiana,<br />
aveva dato incarico al piacentino Giusep-<br />
L'ing. Nicola Romeo<br />
pe Merosi di progettare due modelli completamente nuovi sperando di risollevare le<br />
sorti della C<strong>as</strong>a (o già d’accordo con il nuovo gruppo dirigente?).<br />
Le due prime vetture A.L.F.A. presero (almeno progettualmente) vita ancor
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 80<br />
prima che la nuova società n<strong>as</strong>cesse.<br />
Pertanto il 1° gennaio 1910 il nuovo gruppo dirigente delle officine del Portello<br />
(dal luogo ove sorgevano) deliberò la costruzione della 24 HP.<br />
Tuttavia bisogna attendere il giugno successivo per vedere n<strong>as</strong>cere ufficialmente<br />
la società A.L.F.A.(Anonima Lombarda Fabbrica Automobili).<br />
Lo stemma che l’ALFA si diede era il famoso “biscione” che divideva il tondo<br />
con con la croce rossa in campo bianco di Giovanni da Rho (epoca dei Comuni).<br />
La prima vettura A.L.F.A. denominata “Alfa” vide la luce solo nel 1911 e si<br />
affermò sia fra i privati e sia in campo sportivo per le sue doti di robustezza, affidabilità<br />
e tenuta di strada.<br />
Il livello produttivo si attestò sui 200 esemplari annui e subisce una vera<br />
impennata con l’inizio della guerra.<br />
L ’<br />
A.L.F.A. infatti<br />
inizia a produrre<br />
materiali<br />
per l’Esercito<br />
Italiano (proiettili,<br />
gruppi<br />
elettrogeni,<br />
motocompressori<br />
trainati e<br />
semoventi,<br />
ambulanze ricavate<br />
dal telaio<br />
20/30<br />
La prima Alfa Romeo - mod. "Alfa"<br />
HP).<br />
La Ban-<br />
ca di Sconto, che detenava la maggioranza del pacchetto azionario dell’A.L.F.A.,<br />
mette a dirigere la nuova Società l’ingegnere napoletano Nicola Romeo (Sant’<br />
Antimo, NA, 1886 /Magreglio, CO, 1938) che era abilissimo sia come dirigente<br />
che come finanziere oltre che studioso in campo tecnico. Si distinse tanto da essere<br />
nominato Cavaliere e Senatore del Regno.<br />
Egli incorporò una serie di aziende lombarde, romane e napoletane e creò la<br />
Società Anonima ing. Nicola Romeo & C.<br />
Il 1923, anno in cui non fu venduta una sola vettura, fu dedicato alla progettazione<br />
e sperimentazione.<br />
N<strong>as</strong>ce così la nuova vettura a sei cilindri della serie RL e n<strong>as</strong>ce il marchio<br />
defintivo dell’Alfa Romeo con la scritta ancor oggi in uso.<br />
E’ qui che cominciano i guai per ... me che debbo raccontarvi delle innumeravoli
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 81<br />
vetture operando una difficilissima scelta fra esse dal momento che qu<strong>as</strong>i ogni modello<br />
rappresenta un successo in tutto il mondo rendendo il nome “Alfa Romeo”<br />
sinonimo di sportivo, brillante, elegante!<br />
Ci tenterò, ma mi rendo conto che non potrò fare che solo una misera svolazzata<br />
sul panorama delle vetture di questa celeberrima C<strong>as</strong>a.<br />
La RL e la RM<br />
La prima una 6 cilindri di lusso e di pregevolissime prestazioni, la seconda un<br />
modelloridotto a 4 cilindri.<br />
Una particolare attenzione era stata posta nella RLSS (Super Sport) che adottava<br />
addirittura il sistema di lubrificazione “a carter secco”.<br />
La vettura si impose ovunque si present<strong>as</strong>se a gareggiare e conquistò i cuori di<br />
tutti gli sportivi.<br />
Sbarcò in India e vi si attestò molto decorosamente, pur essendo un mercato<br />
quello tradizionalmente legato, anche culturalmente, alla v<strong>as</strong>ta produzione inglese.<br />
Il motore di qu<strong>as</strong>i 3000 cc era brillante e veloce anche se semplicemente <strong>as</strong>pirato<br />
senza nulla togliere all’affidabilità.<br />
Molte le riuscitissime carrozzerie speciali montate su telaio RLSS.<br />
Splendido l’esemplare di RLSS carrozzato da C<strong>as</strong>tagna raffigurato nelle pagine<br />
successive. Fu rinvenuta in queste pregevoli condizioni di originalità e conservazione<br />
da un collezionista trentino nei sotterranei di un c<strong>as</strong>tello su quei monti. Sui<br />
sedili, ricoperti da uno strato consistente di polvere, erano ancora poggiati la cuffia<br />
ed i guanti del gentlman-driver!<br />
A riprova dell’interesse suscitato in India vi mostriamo un esemplare di torpedo<br />
speciale, conservato presso il Museo dell’Alfa Romeo di Arese, costruito su ordinazione,<br />
interamente in alluminio spazzolato per un Marajà indiano. La pregevole<br />
vettura fu riportata in Italia e restituita a nuova vita dall’app<strong>as</strong>sionata, paziente e<br />
competente opera del cavalier Fusi, curatore all’epoca del Museo Alfa Romeo ed a<br />
cui si deve l’ idea e la realizzazione del museo stesso della C<strong>as</strong>a ad Arese (MI).<br />
Ben presto, stante il diversificarsi dell’ attività in sportiva e commeciale, nell’Alfa<br />
Romeo si creò una divisione dei settori ed una certa dualità (e rivalità!) tra Giuseppe<br />
Merosi che dirigeva la sezione delle vetture di serie, e la sezione sportiva che fu<br />
affidata a Vittorio Jano, torinese, figlio del Direttore dell’Arsenale di Torino.<br />
Cominciò così ad esserci una certa virata nelle strategie commerciali della c<strong>as</strong>a<br />
e furono tali e tante le divergenze che portarono Giuseppe Merosi a scrivere all’ing.<br />
Nicola Romeo le sue dimissioni, mal sopportando la nuova linea commerciale!<br />
Insistendo sulle grandi cilindrate l’Alfa Romeo avrebbe potuto senza dubbio<br />
soccombere o, quantomeno, soffrire oltre misura la crisi dei terribili anni ’30.<br />
Per tale ragione fu deciso di diversificare la produzione mettendo in essere le
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 82<br />
“medie cilindrate” (che per l’epoca erano decisamente piccole cilindrate) e ciò<br />
facendo l’Alfa Romeo “inventò” la vettura che il Mondo intero attendeva.<br />
N<strong>as</strong>ce così la “serie 6c”, che tenne banco per oltre quaranta anni. Era un<br />
monoalbero in testa di1500 cc.<br />
Tuttavia non furono risultati eccezionali che la portò con il compressore agli 86<br />
HP (ben lontana dai 90 HP dal gioiello di Merosi, la RLSS <strong>as</strong>pirata del 1923).-<br />
Comunque, dicevamo, fu la motorizzazione che si impose (e con successo)<br />
per lunghissimo tempo.<br />
Enorme fu il trauma di un progettista che si era imposto all’attenzione del mondo<br />
con una vettura di grandissimo prestigio il dover ripiegare su una macchina,<br />
validissima, ma che era chiaramente di cl<strong>as</strong>se molto inferiore e molto più fragile della<br />
ottima RL.<br />
In un momento in cui le vetture italiane erano molto brillanti (b<strong>as</strong>ta pensare che<br />
anche la tranquilla FIAT 501 con la modifica Silvani raggiungeva alquanto comodamente<br />
i 125 Km/h) la nuova 6c non era certo una realizzazione sensazionale!<br />
Gli sportivi<br />
italiani erano<br />
orientati<br />
verso vetture<br />
come la<br />
Ansaldo valvole<br />
in testa o,<br />
meglio, verso<br />
la sensazionale<br />
Chiribiri tipo<br />
Monza S che,<br />
L'Alfa Romeo RLSS<br />
(Collezione privata)<br />
con un motore<br />
leggero<br />
bialbero, riusciva<br />
a rag-<br />
giungere i 150 Km girando a più di 5000 giri/m .<br />
La nuova vettura dotata di un buon motore monoalbero poteva considerarsi<br />
una vettura a 6 posti per le famiglie e non una sportiva. Fu lanciata come NRN (NR<br />
normale).<br />
Non ebbe enorme successo, ma si vendeva discretamente.<br />
Tuttavia si pensò di “nobilitare” la macchina mettendola un pochino più a suo<br />
agio con la fama dell’Alfa Romeo che era considerata da tutti vettura dal piglio<br />
spotivo.<br />
Nel 1929 (anno in cui prese ufficialmente la sigla 6c) furono consegnati 170<br />
veicoli con motore a doppio albero a camme in testa facendo cominciare ad <strong>as</strong>su-
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 83<br />
mere alla macchina una nuova fisionomia ed a rivelare le possibiltà del suo motore<br />
che poteva dare ben altro.<br />
Intanto da un anno, per volere dell’ ACI di Brescia, era nata una gara altisonante:<br />
la Mille Miglia, celebre in tutto il mondo sin dalla sua prima edizione.<br />
Le vittorie sportive della O.M. e le medie straordinarie delle piccole Fiat 509<br />
sport furono il colpo di grazia per le prestigiose RLSS.<br />
Ciò servì anche a dimostrare che sulle tormentate strade italiane dell’epoca, il<br />
futuro non poteva che essere delle vetture<br />
leggere.<br />
Pertanto l’Alfa Romeo “sente” che<br />
bisogna vincere <strong>as</strong>solutamente la Mille<br />
Miglia per valutare il proprio prodotto.<br />
Nel 1928 allestisce venticinque vetture<br />
Super Sport di cui dieci munite di compressore<br />
Roots. Una di queste munita di<br />
compressore, condotta da Campari, vince<br />
e conferma validità di una soluzione<br />
fin’ora riservata alle piste dei Gran Premi.<br />
La 1750<br />
N<strong>as</strong>ce con la 1750 6c S la vettura<br />
principe degli anni ’30 capace di tenere<br />
testa alle Bugatti ed alla maggior parte<br />
delle prestigiose vetture dal nome altisonante.<br />
Si trattava indubbiamente di una<br />
Alfa Romeo RLSS<br />
torpedo costruita per un Marajà<br />
(Museo AR di Arese - Milano)<br />
macchina ben equilibrata in ogni sua parte. A ciò si aggiunga che era una vettura<br />
veramente ben frenata, anche se ancora con freni meccanici, ma che avevano elimiato<br />
tutti i punti neri del sistema.<br />
Forse per tale ragione l’Alfa Romeo adottò tardi il sistema idraulico.<br />
Nel 1929 alle 1500 6c vengono affiancate le 1750 6c con intento chiaramente<br />
sostitutivo anche se non dichiarato.<br />
La 1750 6c diviene ben presto una vettura estremamente interessante per chi,<br />
non badando eccessivamente ai costi di acquisto e di gestione, volesse una vettura<br />
della f<strong>as</strong>cia medio-alta.<br />
Il motore affidabile e brillante, non troppo beone, la corrozzeria spaziosa e<br />
variegata (torpedo, berlina corta, berlina lunga, spider), l’accuratezza nelle rifiniture,<br />
le innovazioni tecniche che la caratterizzavano fecero di questa vettura una macchi-
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 84<br />
na molto ricercata.<br />
Interessantissima ed ambitissima (ancor oggi fra i collezionisti) fu la versione<br />
sportiva 1750 spider Sport sia per le sue prestazioni che per la sua eleganza indiscussa.<br />
La 1750 6c S era divenuta il biglietto da visita cui non poteva rinunciare nessuna<br />
persona sportivo-elegante dell’epoca!<br />
La VI serie della 1750 6c aumenta la cilindrata a 1900 cc. Ma i 1900 cc<br />
vivono pochino e presto divengono 2300.<br />
Noi saremmo propensi a non cl<strong>as</strong>sificare la 2300cc come la ultima serie di<br />
una precedente vettura e non la prima serie di una successiva.<br />
Oltre la cilindrata aumentata ha però una diversa impostazione della distibuzione<br />
che avviene con una lunga catena e molte altre e migliorie.<br />
Si tenga conto poi che sin dal 1933 l’Alfa Romeo comincia a carrozzare in<br />
proprio le vetture e tende sempre più ad adeguarsi al mercato che chiede berline<br />
chiuse ed interamente metalliche.<br />
Stranamente troviamo ancora che le vetture Alfa Romeo sono equipaggiate da<br />
freni meccanici a tiranti (che vanno comunque bene) mentre l’intera produzione<br />
italiana, anche delle utilitarie,<br />
ha ormai optato<br />
per l’idraulico<br />
Loockheed.<br />
Negli anni 1935/<br />
37 viene prodotta la<br />
2300 B che anteriormente<br />
abbandona le<br />
balestre esterne ai<br />
longheroni per sosti-<br />
Alfa Romeo 1750 /6c Sport<br />
tuirle con ruote indipendenti<br />
come nelle<br />
vetture sportive.<br />
Posteriormente le balestre vengono sostituite da una barra di torsione frenata<br />
da ammortizzatori telescopici Alfa Romeo che attutivano le oscillazioni del ponte<br />
tipo Porche.<br />
L’impegno bellico fece si che la 2300, sia prima che seconda serie, fosse<br />
prodotta in numero esiguo di esemplari.<br />
Nel 1936 ancora un aumento di cilindrata che p<strong>as</strong>sa alla cl<strong>as</strong>sica misura dei<br />
2500 cc.<br />
Le nuove vetture hanno quattro ruote indipendenti, barre di torsione, molle<br />
elicoidali all’avantreno e vari sistemi sofisticati e costosi di smorsamento delle vibrazioni.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 85<br />
Ma ormai l’Alfa Romeo poteva permettersi di non tenere più in eccessiva<br />
considerazione l’elemento costo essendosi attestata mondialmente come la vettura<br />
elegante, raffinata tecnicamente, ben curata adatta al turismo veloce (contrariamente<br />
all’orientamento generale che tendeva alle leggere) capace di viaggiare a 150/<br />
165 Km/h ed a divenire uno status symbol per i possessori.<br />
Dopo la st<strong>as</strong>i della seconda Guerra Mondiale vede la luce il modello Freccia<br />
d’Oro.<br />
Ormai la produzione viaggiava sul celebre modello 1750 6c e per chi volesse<br />
una vettura più sofisticata e potente non poteva prescindere dalla 2500 freccia d’oro.<br />
Tuttavia per una Italia che calcava il palcoscenico nelle tristi condizioni di una<br />
guerra perduta, la 2500 era troppo costosa sia da acquistare che da mantenere.<br />
Facendo un p<strong>as</strong>so indietro diremo che già dal 1933 il pacchetto azionario era<br />
p<strong>as</strong>sato nelle mani dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale (I.R.I.) quindi in mani<br />
non di persone che si facevano, anche se con giudizio, tr<strong>as</strong>portare dal cuore, ma<br />
persone che avevano una Bibbia che era dipendente dal conto profitti e perdite.<br />
Perciò si ricominciò a pensare ad una vettura nuova a quattro cilindri che competesse<br />
con le concorrenti Fiat 1400 (e non era grande sforzo!) e con la Lancia<br />
Aurelia che continuava a mantere il favore di una enorme m<strong>as</strong>sa di “lancisti” disposti<br />
a comprare tutto “a scatola chiusa” purchè port<strong>as</strong>se lo stemma Lancia!<br />
Il compito che si attribuiva alla nuova macchina non era facile ed il cammino si<br />
presentava irto di <strong>as</strong>perità.<br />
Da considerare che la Fiat 1400 costava relativamente poco, che l’ Aurelia era<br />
un sei cilindri con tutti i confort e l’accuratezza costruttiva della Lancia, quindi la<br />
nuova Alfa Romeo (che sarebbe costata senz’altro qualcosina in più) doveva dare<br />
molto di più per sfondare il mercato.<br />
Questa vettura fu la ...<br />
Alfa Romeo 1900<br />
La nuova nata seppe salvare le sorti dell’Alfa Romeo per inconfondibili prestazioni<br />
più che per le finiture che erano alquanto discutibili.<br />
Fu costruito un nuovo stabilimento.<br />
Dopo la interessante consulenza di Wilfredo Ricart tutti i servizi di progettazione<br />
vengono riuniti sotto la guida dell’ing. Orazio Satta Puliga, proveniente da area<br />
Fiat, ottimo specialista di motori ad altissime prestazioni.<br />
Riprendendo gli schemi della Grand Prix 158 (la famosa Alfetta) salvata fra<br />
mille espedienti dalle requisizioni dello Stato italiano e dai tedeschi, seppe tarne un<br />
motore che era un vero gioiello.<br />
La AR 1900 fu una berlina a quattro porte, cinque posti, con una linea cl<strong>as</strong>sico-moderna,<br />
di una brillantezza eccezionale e con un <strong>as</strong>setto che la rendeva letteral-
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 86<br />
mente inchiodata alla strada.<br />
Si impose immediatamente sui terreni sportivi e su quelli della “famiglia di prestigio”.<br />
Fu subito adottata dallo Stato Italiano e divenne la velocissima vettura della<br />
Polizia, della Celere, delle Volanti PS, della Guardia di Finanza.<br />
Le famose “Pantere” della Polizia divennero “il simbolo” dell’efficenza della<br />
Giustizia italiana che, dopo le tristi vicende della guerra, avevano bisogno di entrare<br />
nell’immaginario collettivo con una veste nuova e moderna.<br />
Al solo apparire di una Pantera il cittadino provava un brivido e si sentiva<br />
protetto dalle forze di Polizia.<br />
Le 1900 Super erano un coacervo di forza e sicurezza, di potenza e docilità,<br />
un vero destriero di razza!<br />
Andavano meravigliosamente<br />
sia nei velocissimi<br />
inseguimenti<br />
della Pianura Padana<br />
che nelle tormentate e<br />
strettissime strade<br />
dell’Aspromonte.<br />
Anche per questa<br />
vettura molte le carroz-<br />
Alfa Romeo 1900 mod. "Primavera"<br />
zerie fuori serie fra cui<br />
un ben riuscito coupè<br />
2+2 commercializzato<br />
dalla C<strong>as</strong>a.<br />
La 1900 si evolse nella 2000 e poi nella 2600 tornando così al sei cilindri.<br />
Tuttavia, come si è visto, sia la Fiat che la Lancia avevano occupato lo spazio<br />
delle vetture piccole. La prima con la 1100/103 e la seconda con l’Appia, per<br />
questo motivo anche l’Alfa Romeo non poteva l<strong>as</strong>ciar correre e mise sulla strada<br />
un’altro piccolo grande gioiello capace di divenire immediatamente la macchina “più<br />
amata dagli italiani”<br />
(e non solo!).<br />
AR 1900 "Pantere" Polizia di Stato<br />
La Giulietta<br />
Nel 1954 viene<br />
annunciata la n<strong>as</strong>cita<br />
della nuova vettura che<br />
porta il nome civettuolo<br />
di “Giulietta”.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 87<br />
Sarà una berlina<br />
quattro porte,<br />
cinque posti con<br />
cambio al volante<br />
di soli 1290 cc di<br />
cilindrata.<br />
Un motorino<br />
agile e brillante con<br />
doppio albero in<br />
testa e dalle grandi<br />
prestazioni.<br />
Contemporaneamente viene annunciata anche una versione, Coupè vestita da<br />
Bertone, con una carrozzeria filante ed aggraziata che la terranno in cima alla piramide<br />
per ben dieci anni senza che desse mai segni di stanchezza.<br />
Intanto i mesi p<strong>as</strong>sano impietosi, ma la Giuletta berlina non viene consegnata<br />
agli <strong>as</strong>piranti acquirenti.<br />
Iniziano invece le consegne della Giulietta Sprint e bisognerà attendere ancora<br />
parecchio tempo prima che la berlina sia resa disponibile.<br />
Per la cronaca e con una discreta dose di civetteria, vi dirò che la Giulietta<br />
Sprint della foto è stata la prima consegnata nell’Italia meridionale dalla Filiale Alfa<br />
Romeo di corso Mediterraneo a Napoli, da cui dipendeva all’epoca tutto il territorio<br />
dell’Italia Meridionale ed insulare.<br />
Era il 5 gennaio 1956.<br />
Vi domanderete perchè ho parlato di civetteria? semplicemente perchè quella<br />
vettura era intestata a tal Franz Rodi-Morabito ( NdR il sottoscritto) residente a<br />
Rosarno (Reggio Calabria) che all’epoca aveva qu<strong>as</strong>i 22 anni e costituiva un gradito<br />
regalo del Padre!<br />
Portava la targa RC 14291.-<br />
In questi giorni un amatore di Cuneo ha scritto di esserne in possesso: vi confesso<br />
... un nodo alla gola mi ha attanagliato!<br />
Tornando al discorso serio vi dirò che la Giuletta ha rappresentato tutto quello<br />
che ci si <strong>as</strong>petta dall’Alfa Romeo:<br />
velocità, tenuta di strada, affidabilità,<br />
eleganza, economicità.<br />
Per tali ragioni le Forze di Polizia,<br />
che avevano necessità di avere<br />
una vettura che li mettesse in condizione<br />
di essere presenti capillarmente<br />
Alfa Romeo "Giulietta" berlina 1/a serie<br />
(Collezione privata)<br />
AR 1900 "Pantere" Polizia di Stato<br />
Due particolari: tetto apribile e maglie acciaio avanti ai<br />
pneumatici per proteggerli dai colpi di armi da fuoco<br />
e rapidamente sul territorio la adottarono<br />
in numero consistente.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 88<br />
La Giulietta <strong>as</strong>sunse anche nel grosso pubblico il ruolo di "sogno" realizzabile<br />
del ceto medio e medio alto.<br />
Alfa Romeo Giulietta Sprint 1300 (prima serie)<br />
Final-<br />
menteavreb- bero potuto<br />
acquistare una<br />
vettura con il<br />
prestigioso<br />
marchio Alfa<br />
Romeo (un<br />
tempo riserva-<br />
to ai ceti alti)<br />
ad un prezzo<br />
possibile per le<br />
proprie ta-<br />
sche.<br />
Fu così<br />
che la Giulietta ebbe una tale diffusione che si può ben dire abbia gareggiato digni-<br />
tosamente con le Fiat e con le Lancia che comunque avevano i propri "aficionados",<br />
non sfigurando nel confronto di presenza sulle strade italiane.<br />
Per tale ragione non fu poi difficile, uscita di produzione e scalando il livello di<br />
utilizzatori, incontrarla condotta dal contadino che, caricate le mercanzie e legati i<br />
polli sul tetto, andava al mercato paesano per vedenderli.<br />
Dobbiamo dire che la vettura lo faceva sempre con grinta e cl<strong>as</strong>se ed il con-<br />
tadino con ... orgoglioso sussiego!
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 89<br />
Alfa Romeo “La mia Giulietta”!<br />
Correva l’anno 1956 ed era precisamente il giorno 5 di gennaio.<br />
Qualche giorno prima ero stato convocato a Napoli, in corso Mediterraneo,<br />
presso la Direzione Generale per il Centro-Sud ed Isole dell’Alf a Romeo, per<br />
prendere possesso della mia Giulietta Sprint , la prima che veniva consegnata in<br />
tutto il Meridione d’Italia!<br />
Capirete tutti la mia enorme emozione anche perchè non era evento comunissimo<br />
che un giovane di 22 anni ricevesse un simile regalo dal suo Papà!<br />
Dopo le formalità di rito fui condotto nel salone sottostante e qui mi fu presentata<br />
una lucente vettura rossa !<br />
Era la “mia Giulietta” e fui inv<strong>as</strong>o da una profonda emozione probabilmente<br />
simile, ma credo anche maggiore, di quella che Romeo ebbe a provare in quel di<br />
Verona quando potè abbracciare la sua Giulietta!<br />
Le fu imposta la targa RC 14291.<br />
Per la cronaca è la vettura illustrata nella pagina precedente.<br />
Poi ... p<strong>as</strong>sò il tempo e come tutti gli umani ... tradii la mia Giulietta per una<br />
Appia 3/a serie Convertibile di Vignale.<br />
Fu appunto nel 1961 che trovandomi a Torino mi innamorai di quella bellissima<br />
Cabriolet carrozzata dal mago Vignale, sempre rossa, per cui vendetti la mia<br />
amata Giulietta ad un gommista della Città piemontese ed affrontai la spesa di ben 1<br />
milione ed 800 mila lire per portare a c<strong>as</strong>a la mia cabrio (vedi foto pag. 58).<br />
Ho avuto molti momenti felici con il mio nuovo amore, ma in cuor mio albergava<br />
il rimorso per aver tradito “la mia Giulietta”.<br />
E se fosse stata demolita? era come se avessi mandato a morte una persona di<br />
famiglia.<br />
Un giorno in<strong>as</strong>pettatamente, un paio di anni addietro, mi giunge una lettera da<br />
Cuneo di un signore che mi dice di essere il proprietario di una giulietta sprint il cui<br />
primo intestatario ero proprio io!<br />
Ho pianto di gioia, la mia giulietta era ancora viva ed in piena salute anche se,<br />
come tutte le fanciulle che vanno a sposa ... aveva cambiato nome ed ora si chiama<br />
... Cuneo e non più Reggio Calabria!
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 90<br />
Alfa Romeo vetrina<br />
Alfa Romeo 2500 anteguerra<br />
All' inizio della guerra la vettura sopra rappresentata era il modello 2500 in<br />
produzione. Alla fine della guerra la produzione della 2500 riprese, ma con questa<br />
nuova carrozzeria.<br />
Veramente sorprendente il cambiamesto che improntò lo stile adottato per<br />
lunghissimo tempo tutte le vetture Alfa Romeo.<br />
Notare la m<strong>as</strong>cherina stretta e le modanature del muso che tendono tutte ad<br />
essa.<br />
Alfa Romeo 2500 postbellico detto "Gobbone"
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 91<br />
Alfa Romeo vetrina<br />
Alfa Romeo 2500 SS carrozzata da Touring Superleggera<br />
(Collezione privata)<br />
Alfa Romeo 2500 SS carrozzata da Touring Superleggera<br />
(Collezione privata)<br />
Prezioso connubio fra linea aggressiva ed eleganza
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 92<br />
Alfa Romeo vetrina<br />
L' elegante cruscotto <strong>dell'</strong> Alfa<br />
Romeo 2500 SS.<br />
Da notare il cambio al volante che<br />
precorre i tempi di parecchi anni<br />
nella produzione italiana
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 93<br />
Alfa Romeo vetrina<br />
Alfa Romeo 2900<br />
8c - Cruscotto<br />
(Collezione<br />
privata)<br />
Alfa Romeo 2900 8 C - Carrozzata Touring Superleggera<br />
(Collezione privata)<br />
Alfa Romeo 2900 8c -<br />
frontale<br />
(Collezione privata)<br />
Questa splendida e rara vettura è stata<br />
restaurata da un carrozziere di Padova,<br />
impiegando un anno di lavoro, per conto di<br />
un cliente giapponese
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 94<br />
Alfa Romeo vetrina<br />
Alfa Romeo RLSS Torpedo<br />
Vettura ritrovata in Inghilterra.<br />
E' stata carrozzata da un carrozziere inglese.<br />
Attualmente fa parte di una collezione privata in Toscana
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 95<br />
Alfa Romeo vetrina<br />
Alfa Romeo RLSS il cruscotto<br />
Alfa Romeo RLSS, il motore
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 96<br />
Alfa Romeo vetrina<br />
Alfa Romeo GTC carrozzata Double Phaeton da C<strong>as</strong>tagna<br />
(Collezione privata)<br />
Alfa Romeo C 52 1900 cc detta "Disco Volante"<br />
(Collezione privata)<br />
Di volante doveva avere ben poco, a parte il nome, visto che non ha mai<br />
vinto nulla in gare importanti
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 97<br />
Alfa Romeo vetrina<br />
Alfa Romeo 2600 Spyder<br />
(Collezione privata)<br />
La vettura n<strong>as</strong>ce 2000 per poi tr<strong>as</strong>formarsi in 2600 seguendo le orme della Berlina<br />
La bella calandra <strong>dell'</strong> Alfa Romeo 2600 cabriolet
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 98<br />
Isotta Fr<strong>as</strong>chini<br />
La vita dell’uomo è tutta improntata sui “se”; se non avessi detto ... se non<br />
fossi andato ... se avessi pensato ... ed anche la mitica Isotta Fr<strong>as</strong>chini è figlia di<br />
una serie di “se”.<br />
Se Giuseppe Ricordi non fosse stato il secondogenito di Tino Ricordi, se la<br />
C<strong>as</strong>a Musicale Ricordi non avesse avuto la tradizione di affidare al primogenito la<br />
conduzione dell’azienda, se Giuseppe non avesse intrapreso l’attività di importatore<br />
di automobili (Rochet-Petit, Panhard & Lev<strong>as</strong>sor, De Dietrich, Benz) se Oreste<br />
Fr<strong>as</strong>chini in quel pomeriggio uggioso ed immerso nella nebbia non fosse andato ad<br />
incontrare Giuseppe Ricordi per acquistare la sua Benz ... adesso non parleremmo<br />
di Isotta Fr<strong>as</strong>chini!<br />
Oreste Fr<strong>as</strong>chini, trentenne milanese (era nato il 15 luglio 1867, con una gran<br />
p<strong>as</strong>sione per la meccanica, appartenente a famiglia agiata ma non ricca, quel pomeriggio<br />
si volle concedere il primo regalo da adulto e comprò la sua Benz.<br />
Divenne presto amico di Paolo Meda, forse, affratellati dalla marca della vettura<br />
che avevano comprato presso Ricordi che oltre a fare l’importatore aveva<br />
istituito un Club adiacente al garage ove gli app<strong>as</strong>sionati si riunivano per discutere di<br />
autovetture.<br />
Morto il padre toccò ad Oreste Fr<strong>as</strong>chini, malgrado ancora in giovane età,<br />
prendere in mano le sorti dell’azienda di famiglia (pelatura del riso) e, sopratutto,<br />
dare il buono esempio ai suoi due fratelli ed alle sorelline. Abbandonata questa<br />
attività <strong>as</strong>sieme al fratello Antonio ed all’amico Rusconi diedero vita ad una fabbrica<br />
di laminazione di metalli non ferrosi, la Rusconi & Fr<strong>as</strong>chini, che consentì loro, fondata<br />
la Isotta Fr<strong>as</strong>chini, di sostenersi nei momenti ricorrenti di scarsa redditività.<br />
Vincenzo Fr<strong>as</strong>chini era il minore dei m<strong>as</strong>chi. App<strong>as</strong>sionatissimo di motori iniziò<br />
una carriera sportiva che fu molto apprezzata.<br />
All’epoca incontrarsi per due gentlman al volante significava far scattare immediatamente<br />
una sfida che terminava inevitabilmente con uno scambio di gentilezze.<br />
Fu così che conobbe l’ avvocato Isotta, anch’egli grande sportman.<br />
Cesare Isotta, meno dotato fisicamente di Vincenzo Fr<strong>as</strong>chini, smise di correre<br />
per primo. Era nato ad Omegna e si era laureato in giurisprudenza giusto per<br />
avere una laurea, ma il suo carattere lo portava istintivamente verso le attività amministrative.<br />
Ormai amici divengono poi cognati. Nel 1902 Antonio Fr<strong>as</strong>chini e Cesare<br />
Isotta sposano rispettivamente due sorelle, Carla e Maria Bianchi Anderloni e nel<br />
1907 Vincenzo sposa Dolinda, la più vivace delle sorelle Bianchi Anderloni. Fu fra<br />
le prime donne a prendere la patente di guida in Italia.<br />
Da cotanto app<strong>as</strong>sionati non poteva che n<strong>as</strong>cere, il 27 gennaio 1900, come<br />
società in accomandita semplice, la Società Milanese Automobili Isotta, Fr<strong>as</strong>chini
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 99<br />
& C..-<br />
I soci erano Cesare Isotta, i tre fratelli Fr<strong>as</strong>chini, Riccardo Bencetti, Paolo<br />
Meda e Ludovico Prinetti.<br />
La ragione sociale era importare, vendere, riparare automobili, ma in seguito si<br />
iniziò anche ad <strong>as</strong>semblare (per ragioni di dazi doganali più favorevoli).<br />
La società inizio importando Renault. Si importavano dalla Francia anche<br />
mono e bicilindrici Aster, che andarono ad equipaggiare i telai costruiti dalla stessa<br />
Isotta che si avvale del tecnico Giuseppe Stefanini.<br />
A questi fu affiancato in seguito il vicentino ventiquattrenne (formatesi alla scuola<br />
del prof. Enrico Bernardi) Giustino Cattaneo che finì per sostituirsi a lui.<br />
Il p<strong>as</strong>so da importatori a costruttori fu breve e già nel 1904 venne costituita la<br />
S.A. Fabbrica Automobili Isotta-Fr<strong>as</strong>chini. La vecchia accomandita si scioglie solo<br />
un mese dopo e la nuova nata si insedia in via Monterosa in un ambiente più v<strong>as</strong>to e<br />
meglio organizzato.<br />
Presidente il senatore Giuseppe Colombo, direttori Cesare Isotta e Vincenzo<br />
Fr<strong>as</strong>chini.<br />
La prima vettura Isotta Fr<strong>as</strong>chini fu, nel 1902, una 24 HP a quattro cilindri e<br />
tr<strong>as</strong>missione a catena che con la valente guida di Vincenzo Fr<strong>as</strong>chini si impose in<br />
molte competizioni conquistando l’attenzione del pubblico.<br />
Tuttavia le officine di via Melzi erano insufficenti e poche delle molte richieste<br />
furono soddisfatte.<br />
Nel 1905 fu progettata la m<strong>as</strong>todontica vettura da 100 HP Grand Prix con<br />
ben 17.195 cc. Partecipò alla Coppa Florio, ma la fortuna non le arrise.<br />
La carenza di capitale si faceva sentire per cui nel 1907 si concluse un accordo<br />
con la Lorraine Dietrich che avrebbe immesso capitale fresco e metteva a disposizione<br />
la organizzazione di vendita in Europa. In più avrebbe dovuto costruire a<br />
Luneville ed a Marsiglia 500 ch<strong>as</strong>sis Isotta Fr<strong>as</strong>chini all’anno.<br />
Inoltre la Isotta Fr<strong>as</strong>chini si impegnava a non adottare la tr<strong>as</strong>missione a cardano<br />
(specialità della Lorraine Dietrich) oltre che a ritirarsi dai Gran Prix per non<br />
ostacolare il tentativo di successo della Lorraine. Questo proprio nel momento in<br />
cui la Isotta Fr<strong>as</strong>chini stava riscuotendo enorme successo.<br />
Tentando di dribblare la socia francese ed applicare le tr<strong>as</strong>missione a cardano,<br />
la Isotta Fr<strong>as</strong>chini fittò per un solo anno le officine Adler a Birmingam.<br />
Costruì qualche modello che avrebbe dovuto affiancarsi a quelli costruiti in<br />
Italia e a quelli francesi (avevano esattamente le stesse caratteristiche fatta eccezione<br />
per le tr<strong>as</strong>missioni).<br />
Un esempio di vettura costruita in Inghilterra è rappresentato dalla serie FJ<br />
che erano la copia esatta delle AN italiane.<br />
Del tipo FJ se ne conosce un solo esemplare sopravvissuto, da restaurare, ed<br />
in mano ad un collezionista italiano,
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 100<br />
Il 3 febbraio 1910 la Isotta Fr<strong>as</strong>chini ottenne il brevetto 108349 per l’applicazione<br />
dei freni alle ruote anteriori.<br />
Intanto la Isotta Fr<strong>as</strong>chini, sull’onda dei successi sportivi ottenuti, divenne la<br />
maggiore esportatrice in America delle sue vetture.<br />
Partecipò anche alla 500 miglia di Indianapoli con tre vetture IM che purtroppo<br />
non riuscirono a<br />
percorrere i 200 giri<br />
previsti. Le prime due<br />
si fermaro per rottura<br />
del serbatoio carburante,<br />
la terza al 138 giro<br />
per rottura della catena<br />
di tr<strong>as</strong>missione.<br />
Iniziò anche la<br />
costruzione di motori<br />
per aerei e per la marina<br />
(suoi i famosi<br />
MAS).<br />
La guerra fece sì<br />
che la intera produzione<br />
fosse rivolta ai prodotti<br />
bellici.<br />
Riprendersi nel<br />
dopo guerra non fu facile,<br />
ma le sorti dell’azienda<br />
furono salvate<br />
da una vettura rivo-<br />
Isotta Fr<strong>as</strong>chini BN 28/35 HP<br />
luzionaria la Tipo 8 che<br />
(Museo <strong>dell'</strong>Auto- Torino)<br />
era dotato del primo 8<br />
cilindri della storia dell’<strong>automobile</strong>.<br />
Di Tipo 8 se ne costruiro tre versioni: la 8 A, la 8B, la 8 C.<br />
La 8 A presentata al salone dell’ Automobile di Parigi del 1924 sbalordì immediatamente<br />
per la raffinitazza delle finiture e per l’eleganza.<br />
La 8 B subì profonde tr<strong>as</strong>formazioni nell’accensione (divenne a spinterogeno)<br />
nella fusione del monoblocco, negli ingranaggi del cambio Wilson con preselettore.<br />
Ormai nel mondo lo status simbol era rappresentato da tre vetture: la Rolls<br />
Royce inglese, la Ispano Suiza spagnola e la italiana Isotta Fr<strong>as</strong>chini.<br />
Tuttavia nell’immaginario collettivo la Isotta Fr<strong>as</strong>chini seppe conquistarsi an-
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 101<br />
che quel pizzico in più che la fece balzare al top della cl<strong>as</strong>sifica.<br />
Industriali, divi del cinema, finanzieri, miliardari, tutti vollero una Isotta Fr<strong>as</strong>chini<br />
nel loro garage e<br />
divenne “il bl<strong>as</strong>one di<br />
famiglia” !<br />
Circolava voce<br />
che un Marajà si fosse<br />
fatta costruire su ordinazione<br />
una Tipo 8 con interni<br />
in legni pregiatissimi,<br />
maniglie e finiture in<br />
oro zecchino 24 carati<br />
ed avorio. Il costo della<br />
vettura sarebbe stato<br />
ben 800.000 mila lire<br />
(da considerare che l’autotelaio costava all’epoca 90.000 lire e la carrozzeria circa<br />
30.000).<br />
Non si sa se fosse<br />
tutta una favola, ma portò<br />
enorme prestigio alla<br />
C<strong>as</strong>a milanese.<br />
La Isotta Fr<strong>as</strong>chini<br />
aprì officine per <strong>as</strong>sistenza<br />
ai clienti a Parigi<br />
nelle vicinanze dell’Arco<br />
di Trionfo con un ga-<br />
rage che poteva ospitare<br />
ben 200 vetture; altri<br />
garages e rappresen-<br />
IF Tipo 8 Bateaux<br />
(Collezione privata)<br />
IF Tipo 8 SS Sport<br />
(Collezione privata)<br />
IF Tipo 8 Landaulet<br />
(Collezione privata)<br />
tanze sorsero a New<br />
York, Londra, Bruxelles,<br />
Madrid, B<strong>as</strong>ilea,<br />
San Paolo, Buenos Aires<br />
e Santiago del Chile.<br />
Tuttavia la crisi<br />
mondiali, aggravata per<br />
l’azienda dalla morte di<br />
Oreste Fr<strong>as</strong>chini, ani-
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 102<br />
matore dell’azienda, misero in crisi la c<strong>as</strong>a italiana che nel 1922 registrò una perdita<br />
di 1.750.000 lire! L’avv. Isotta ed i fratelli Fr<strong>as</strong>chini si ritirarono dall’azienda che<br />
vide ai vertici quale presidente il conte Ludovico Mazzotti e Gianriccardo Cella<br />
consigliere delegato.<br />
Giustino Cattaneo fu nominato ingegnere Honoris Causa.<br />
Ma ormai la C<strong>as</strong>a era in crisi e si tentò di tutto per salvarla anche svalutandone<br />
il capitale sociale.<br />
Essendo l’America il principale paese importatore di Isotta Fr<strong>as</strong>chini, la crisi<br />
del 1928 decretò il tracollo dell’azienda.<br />
Nel disperato tentativo di salvataggio nel 1938 si tentò una nuova gestione con<br />
a capo il conte Giovanni Caproni.<br />
Le Tipo 8 finirono di essere prodotte, le nuove 6 cilindri (3000 cc) non entrarono<br />
mai in produzione,<br />
le catene di montaggio<br />
furono convertite alla<br />
produzione dei veicoli<br />
industriali con motore<br />
diesel (licenza MAN).<br />
Poi la seconda<br />
guerra mondiale ed il<br />
tentativo di repechage<br />
della linea vetture con<br />
una nuova macchina<br />
progettata da L.Fabio<br />
Rapi ed Alessandro Baj.<br />
Fu chiamata Isotta Fr<strong>as</strong>chini “Monterosa” ed aveva un motore di 8 cilindri<br />
allocato posteriormente.<br />
Si costruirono solo cinque esemplari carrozzati da Tuoring Superleggera, Boneschi,<br />
Zagato<br />
Il 25 febbraio<br />
1948 la Isotta Fr<strong>as</strong>chini<br />
fu messa in amministrazione<br />
controllata ed<br />
il 24 settembre 1949 fu<br />
nominato il liquidatore<br />
giudiziale.<br />
Il “sogno” di tutti i<br />
grandi della terra, di tut-<br />
ti i potenti, delle persone<br />
“in” di tutto il mon-<br />
IF 8c coupè carrozzata in Inghilterra<br />
(Collezione privata)<br />
IF "Monterosa" cabriolet
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 103<br />
do si avviava tristemente sul viale del tramonto.<br />
Per strana coincidenza nel film hollivoodiano “Il Viale del Tramonto “, il grande<br />
Enrich von Stroheim guidava con grande sussiego, nelle vesti di uno chaffeur,<br />
proprio una Isotta Fr<strong>as</strong>chini 8A Landaulet.<br />
Fu l’ultimo film in cui comparve una Isotta Fr<strong>as</strong>chini quale segno di distinzione<br />
per una ricchissima famiglia americana che continuava ad usare appunto la Isotta<br />
Fr<strong>as</strong>chini, ormai demodée, ma era questo il segno che li distaccava da una società<br />
moderna che avanzava ma nella quale loro non volevano identificarsi e con la quale<br />
non volevano confordersi!<br />
Si chiude così tristemente la vicenda di questa favolosa C<strong>as</strong>a che diede lustro<br />
e fama all’Italia essendo p<strong>as</strong>sata alla storia come la vettura più lussuosa e prestigiosa<br />
di tutti i tempi nel Mondo.<br />
Eguale triste sorte toccò a suo tempo alla Ispano Suiza.<br />
Della troica la sola sopravvissuta a questo triste epilogo è l’ inglese Rolls<br />
Royce.<br />
In questi ultimissimi anni un gruppo di industriali riprese “il sogno Isotta Fr<strong>as</strong>chini”<br />
e la rifondò progettando una vettura che avrebbe dovuto essere costruita<br />
nell’area industriale di Gioia Tauro (Reggio Calabria) .<br />
La Società rilevò gli stabilmenti costruiti nell'area industriale alle spalle del<br />
porto di Gioia Tauro dall' OTO-BREDA che doveva produrre pezzi staccati per<br />
cannoni ed armamenti, ma che dopo pochissimo tempo chiuse battenti e liquidò<br />
l'attività.<br />
Si sarebbe dovuta costruire una vettura dal notevole prezzo di circa mezzo<br />
miliardo, indicativo della f<strong>as</strong>cia di utenza che avrebbe voluto interessare.<br />
Il progetto non decollò mai e negli stabilimenti iniziò l'attivita interlocutoria, si<br />
diceva, della blindatura dei fuori strada Magnum per le forze <strong>dell'</strong>ordine.<br />
Tuttavia dopo qualche anno anche questa produzione cessò e la fabbrica fu<br />
messa sotto sequestro giudiziario.<br />
Sulla facciata degli stabilimenti oggi troneggia mesto lo stemma “IF” !<br />
... sic transit<br />
storia mundi!<br />
Lo stabilimento IF nell'area industriale<br />
di Rosarno-Gioia Tauro (Calabria)
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 104<br />
Isotta Fr<strong>as</strong>chini vetrina<br />
La prima vettura fu costruita (diciamo forse meglio <strong>as</strong>semblata) nel 1902<br />
con motore Aster ed una due cilindri con moro De Dion Bouton<br />
Nel 1903 fu costruita una vettura tutta IF<br />
La vettura della foto sopra data 1911 ed è già una 35 HP<br />
Le ultime Isotta Fr<strong>as</strong>chini costruite furono cinque esemplari di Monterosa in<br />
versione Copupè e Cabriolet nel 1947.-<br />
Nel 1948 si apre la procedura fallimentare che si conclude con la dichiarazione<br />
di fallimento del 1949
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 105<br />
Isotta Fr<strong>as</strong>chini vetrina<br />
Isotta Fr<strong>as</strong>chini tipo 8 Torpedo<br />
Carrozeria C<strong>as</strong>tagna<br />
(Museo Automobile - Torino)<br />
Isotta Fr<strong>as</strong>chini 8A Roadster-cabriolet mod. "Commodore"<br />
Carrozzeria C<strong>as</strong>tagna<br />
(Collezione privata)
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 106<br />
Scat<br />
Abbiamo avuto modo di parlare in antefatto di un “tal” Giovanni Ceirano<br />
indicandolo come un app<strong>as</strong>sionato di auto per cui la fine del secolo scorso lo vide<br />
come uno dei primi costruttore italiano da cui derivarono i primi modelli Fiat.<br />
Emerse immediatamente il suo talento, ma ... anche la sua “irrequietezza imprenditoriale”,<br />
caratteristica questa che informò tutta la sua vita equelle della famiglia.<br />
Dopo aver ceduto alla Fiat le sue attrezzature, i brevetti, i progetti ed i ...<br />
Scat 25/35 HP Landaulet - 1912<br />
Le due vetture, splendidamente<br />
conservate,<br />
appartengo tutt'ora ad<br />
una nobile famiglia<br />
calabrese.<br />
Attualmente sono<br />
custodite in esposizione<br />
presso il Museo Militare<br />
della Cecchignola a Roma<br />
progettisti, Giovanni<br />
Ceriano non era uomo<br />
da rimanersene in panciolle,<br />
per cui dopo<br />
qualche altro tentativo,<br />
nel 1905 fonda la<br />
SCAT, con sede in via<br />
Madama Cristina a<br />
Torino ed impegnava<br />
150 operai.<br />
La fabbrica fu<br />
Scat 15/20 Torpedo - 1912<br />
immediatamente molto<br />
attiva (il nome di Giovanni Ceriano era una garanzia) tanto che nel primo anno<br />
uscirono dalle officine un centinaio di vetture del tipo 12 e 16 HP che, affiancati in<br />
seguito dalla 22 HP rim<strong>as</strong>ero in vita fino al 1909.<br />
Il successo di mercato impose di tr<strong>as</strong>ferire gli stabilimenti in corso Francia<br />
(sempre a Torino).
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 107<br />
In questi anni i motori SCAT godettero di moltissime migliorie tecniche fra cui<br />
l’avviamento ad aria compressa che fu montato di serie anticipando addirittura di un<br />
paio d’anni la concorrenza.<br />
Nacque un reparto “corse” che produsse modelli che si affermarono egregiamente<br />
nelle maggiori corse italiane<br />
(Targa Florio, Parma-Poggio di Berceto,<br />
Giro di Sicilia ecc.) in molte<br />
occ<strong>as</strong>ioni condotte dal figlio di Giovanni,<br />
Ernesto.<br />
Lo scoppio della guerra obbligò<br />
anche alla SCAT a convertire la<br />
produzione da civile in militare co-<br />
Scat torpedo 1913<br />
(Collezione Quattro Ruote<br />
- Rozzano -Milano)<br />
struendo i 2T e 4T.<br />
Nel 1916 avvenne nella vita<br />
della Società un importante cambiamento<br />
determinato dal p<strong>as</strong>saggio del<br />
pacchetto azionario ad una società<br />
transalpina di cui faceva parte Henri Br<strong>as</strong>ier, detentore della licenza di costruzione<br />
dei motori Hipano Suiza V8 per uso aereonautico.<br />
Pertanto la SCAT produsse ben 1500 di questi prestigiosi motori e fornì monoblocchi<br />
semilavorati alla Itala ed alla milanese Nagliani.<br />
Ma ... un uomo libero ed eclettico come Giovanni Ceirano mal sopportava il<br />
giogo di una interdipendenza, per cui nel 1918 si ritirò dal Consiglio di Amministrazione<br />
di cui faceva parte per fondare<br />
un’altra C<strong>as</strong>a Automobilistica che ben<br />
presto fu una stella nel firmamento<br />
automobilistico italiano: la Ceirano<br />
S.A.<br />
Questo marchio non va confuso<br />
con la Ceirano Junior, la F.lli Ce-<br />
irano, la Ceirano-Itala, la Ceirano<br />
Ansaldi ... e via di seguito dal momento<br />
che, come abbiamo detto, i<br />
fratelli Ceirano (Giovanni, Giovan<br />
Scat - marca Ceirano 150<br />
(Collezione privata)<br />
Battista e Matteo) sono stati un vulcano di idee e di instabilità nonchè padri di una<br />
miriade di C<strong>as</strong>e costruttrici sia da soli che in connubio con altre c<strong>as</strong>e tanto da rendere<br />
qu<strong>as</strong>i impossibile tracciarne una storia ragionata e pedissequa.<br />
La loro “irrequitezza imprenditoriale” li ha seguiti per tutta la vita facendo e<br />
disfacendo società ed officine.<br />
La fine della guerra vide la SCAT in serie difficoltà sia per la carenza di capitale
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 108<br />
e per gli scioperi delle maestranze, ma anche per la agguerrita concorrenza della<br />
Ceirano.<br />
Nell’Agosto del 1923 la Scat per evitare il fallimento svalutò il proprio capitale<br />
sociale a 14.000 lire.<br />
Fu a questo punto che intervenne Giovanni Ceirano che nel frattempo si era<br />
aggiudicato la maggioranza del pacchetto azionario dopo che la c<strong>as</strong>a francese aveva<br />
ceduto le sue quote a terzi, ed integrandone il capitale nonchè mettendo in liquidazione<br />
la Ceirano S.A. da lui fondata nel 1919, risollevò la SCAT e dal 1925 la<br />
produzione uscì con il marchio SCAT-marca Ceirano, ma venne più semplicemente<br />
chiamata con il secondo nome.<br />
E’ di questo periodo una vettura a 4 cilindri di 1458 cc a valvole laterali, la<br />
150, che era vestita da una carrozzeria vagamente riecheggiante la Lancia Lambda.<br />
Fu costruita anche una versione a valvole in testa denominata 150 S.<br />
Gli ultimi esemplari apparsi sul mercato erano equipaggiati con sospensioni<br />
anteriori indipendenti su brevetto Parisi.<br />
Le carrozzerie erano di Candido Viberti.<br />
Venne presentato anche un modello derivato dalla 150 S, la VVV, con sospensioni<br />
indipendenti e feritoie al covano orizzontali.<br />
Nel 1926 fu presentato il tipo 250 di 2297 cc sempre con valvole in testa.<br />
Fu questa l’ultima vettura prodotta.<br />
Il crollo delle esportazioni avvenuto verso la fine degli anni venti misero nuovamente<br />
in crisi la C<strong>as</strong>a che nel 1929 aderì al Consortium Fiat per la costruzione<br />
esclusiva di veicoli industriali.<br />
Giovanni Ceirano uscì dall’impresa il 1931, la Fiat, principale azionista, deliberò<br />
la cessazione dell’ azienda SCAT e l’<strong>as</strong>sorbimento da parte della SPA nel<br />
1932.<br />
Finisce così il marchio SCAT vittima degli eventi, ma, a nostro giudizio, anche<br />
della “irrequietezza” del suo fondatore.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 109<br />
Spa<br />
Sigla della Società Piemontese Automobili<br />
Ansaldi- Ceirano (1906-1908) e poi della Società<br />
Ligure Piemontese Automobili (1908-1947).<br />
Fu una delle pricipali aziende torinesi costruttrici<br />
di automobili, motori per aereo e veicoli industriali fondata<br />
da Michele Ansaldi (che aveva l<strong>as</strong>ciata la FIAT-<br />
Ansaldi) e Matteo Ceirano (che aveva abbandonato la<br />
Itala).<br />
I due avevano specializzazioni complementari:<br />
Michele Ansaldi era forse il m<strong>as</strong>simo organizzatore<br />
industriale piemontese di quell’epoca ed era un profondo<br />
conoscitore di macchine operatrici e metodi produttivi, mentre Matteo Ceriano<br />
era un ottimo progettista di automobili (suoi tutti i disegni delle SPA fino al<br />
1918 quando si ritira a vita privata).<br />
Ciò che forse mancava alla SPA era la disponibilità finanziaria, anche se n<strong>as</strong>ce<br />
con un capitale di Un milione ed aveva fra i soci il noto latifondista conte Edoardo<br />
Barel di Sant’Albano e Michele Lanza, ricco fabbricante di candele steariche che<br />
tuttavia aveva già avuto esperienze in campo automobilistico.<br />
Urgeva quindi cercare capitali liquidi, spazi ed organizzazioni di vendita.<br />
Ma Dio li fa e poi fra loro si accoppiano ...!<br />
Esiteva a Genova la FLAG, traboccante di soldi, ma carente di spazi operativi<br />
in campo automobilistico che in quel momento erano tutti concentrati su Torino.<br />
Questo portò ad<br />
una fusione tra le due<br />
organizzazioni con<br />
l’estinzione del marchio<br />
FLAG ed il tr<strong>as</strong>ferimento<br />
della Direzione a<br />
Genova in via Corvetto<br />
2.<br />
SPA 7000 H del 1911<br />
L’aumento di ca-<br />
(Collezione privata)<br />
pitali a ben 4.5 milioni<br />
ridiede vita alla SPA e<br />
comunciarono i periodi d’oro in campo sportivo internazionale.<br />
Il 1908 vide il pilota Ruggerone coprire il tratto Torino- Pietroburgo senza<br />
alcuna <strong>as</strong>sistenza. Partecipò dopo alla corsa Pietroburgo-Mosca e si piazzò dignitosamente<br />
secondo.<br />
L’anno successivo il barone Ciuppa, con un modello SPA 28/40 HP, vinse la
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 110<br />
Targa Florio.<br />
Leonino da Zara battè il record del miglio su b<strong>as</strong>e ferma a Modena.<br />
In quello stesso anno inizia la produzione di motori per aereo sotto la direzione<br />
dell’ing. Aristide Faccioli (primo progettista FIAT) e si <strong>as</strong>siste al conseguimento del<br />
primo brevetto di pilotaggio con un aereo costruito completamente in Italia.<br />
Prende consistenza il motore fisso (anzichè rotante come erano fino allora<br />
quelli francesi Gnome).<br />
Nel panorama prebellico la SPA si presenta come una industria forte, intelligente<br />
ed innovativa per cui non è difficile per lei accaparrarsi i concorsi del Ministero<br />
della Guerra.<br />
Per questi cotruisce i motori sei cilindri verticali A6 che andarono ad equipaggiare<br />
i famosi aerei SVA , gioielli della prima guerra mondiale.<br />
Inizia nel 1908 anche la produzione di autocarri, voluta dai soci genovesi, ed<br />
anche questi per forniture relativi ad un concorso congiunto fra i Ministeri dell’Agricoltura,<br />
dell’ Industria e del Commercio e della Guerra.<br />
Un altro concorso del Ministero della Guerra fu appannaggio della SPA per<br />
autocarri che dovevano superare la difficile prova, per quei tempi, di percorrere in<br />
cinquanta ore la distanza di 800 Km.<br />
Il successo dei veicoli industriali fu tale che costrinze la SPA a ridimensionare i<br />
programmi “autovetture”.<br />
Sull’onda lunga del successo ottenuto dal pilota Ruggerone, il Ministero della<br />
Guerra Russo invitò la Spa ad un concorso per fornitura di automezzi pesanti su un<br />
percorso di 5000 Km da effettuare su strade appena tracciate e percorsi difficili<br />
come la Mosca-Pietroburgo.<br />
Tuttavia ... nulla di nuovo sotto al sole ... i ritardi nei pagamenti da parte del<br />
Governo, mettono in crisi finanziaria la SPA in modo tanto consistente da essere<br />
insopportabile anche per il gruppo genovese.<br />
Matura perciò una nuova maggioranza azionaria con a capo-cordata i fratelli<br />
Perrone che già detenevano il pacchetto azionario della Giovanni Ansaldi.<br />
Fu questo il momento di maggior vigore della SPA che potenziò le autovetture<br />
sportive con la tipo 23 e la 23 S con il radiatore a diedro (o a punte, come si diceva<br />
all’epoca).<br />
N<strong>as</strong>ce anche un poderoso motore di ben 4398 cc che viene montato sulla tipo<br />
25, che comunque rimane un tantino in ombra rispetto alla tipo 24 che, con soluzioni<br />
ardite (4 valvole in testa per cilindro comandate da un bialbero, doppia accensione<br />
a magnete, largo impiego di materiali leggeri) si poneva in diretta competizione con<br />
le Fiat 519, le Itala 61 e 65.<br />
Del tipo 24 ne fu prodotta una serie 24 S con carrozzerie molto belle ed<br />
elegantissime realizzate dai m<strong>as</strong>simi nomi torinesi e tutte equipaggiate con radiatore<br />
a punta.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 111<br />
Il killer che uccise anche la SPA fu il fallimento della Banca Nazionale di Sconto<br />
e del conseguente terremoto in Borsa.<br />
Nel 1926, ritiratesi prudentemente i soci genovesi, la SPA p<strong>as</strong>sa sotto il controllo<br />
della Fiat.<br />
Proprio nel momento in cui la SPA avrebbe dovuto aggiornare la linea delle<br />
vetture, la Fiat decide di sospendere la produzione delle automobili e riservare gli<br />
impianti ai soli veicoli<br />
commerciali.<br />
Durante la seconda<br />
Guerra Mondiale la<br />
produzione viene orientata<br />
ai carri armati, trattori<br />
militari ed<br />
autoblinda.<br />
E’ del 1941 il potente<br />
motore 8V a inie-<br />
SPA tipo 23 S (Museo Automobile - Torino)<br />
zione di benzina che<br />
equipaggia i carri armati.<br />
Nel dopoguerra la SPA è ormai un reparto produttivo della Fiat e cessa la sua<br />
amministrazione diretta.<br />
La produzione (ed il marchio) continua con gli autocarri e segue fino al 1949<br />
con l’autocarro a tre <strong>as</strong>si SPA 10.000 che conquista il più ambito dei premi: il<br />
favore dell’utenza per la sua enorme robustezza, così come fu sempre fama dei<br />
prodotti SPA .
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 112<br />
Itala<br />
Il XX secolo muove i primi timidi p<strong>as</strong>si <strong>as</strong>sistendo ad un fiorire sempre più<br />
imperioso dell’ industria a Torino.<br />
Fra queste industrie a tener cartello fu immediatamente quella automobilistica.<br />
In questa virulenza non potevano sottrarsi dal partecipare i fratelli Ceirano (li<br />
abbiamo incontrati più volte nella nostra storia, uomini capaci, intraprendenti e ...<br />
virulenti per natura).<br />
Questa volta tocca a Matteo Ceirano, il più giovane dei fratelli, a dare vita<br />
all’ennesima iniziativa fondando la Ceirano Matteo & C. con capitali apportati da<br />
Giovanni Carenzi, Guido Bigio, Leone Fubini, Angelo Moriondo, Gaetano Grosso<br />
Campana.<br />
La prima officina aveva sede in via Gu<strong>as</strong>talla 5 da dove si tr<strong>as</strong>ferì dopo poco<br />
in via Petrarca 29 cambiando la denominazione<br />
in Ceriano Matteo & C.<br />
- Automobili Itala.<br />
La produzione si b<strong>as</strong>a esclusivamente<br />
sul modello 24 HP con la<br />
quale Matteo giunge primo alla Susa-<br />
Moncenisio dello stesso anno 1904.<br />
I successi sia commerciali che<br />
sportivi erano all’ordine del giorno<br />
Itala 120 HP<br />
(National Motor Museum di Beaulieu)<br />
per cui si pensò di abbandonare l’impronta<br />
artigianale per percorrere la<br />
via più meritoria dell’industria vera e<br />
propria.<br />
Si cercò in giro e la scelta cadde su un gruppo genovese alla cui testa era G.B.<br />
Figaro, che stante la sua posizione di Amministratore del Banco di Liguria, prese<br />
naturalmente la conduzione dell’azienda.<br />
La ragione sociale mutò ancora una volta e di venne Itala Fabbrica Automobili<br />
S.A.<br />
L’ing. Guido Bigio è subito Direttore Generale.<br />
Matteo Ceirano è nel Consiglio di Amministrazione oltre che seguire la progettazione.<br />
Ma la sua irrequietezza lo porta dopo un anno a fondare la SPA con Michele<br />
Ansaldi.<br />
I successi sportivi continuano: Susa-Moncenisio, Circuito di Brescia (secondo<br />
posto), Padova- Bovolenta (primo posto).<br />
Assestata l’azienda sia economicamente che tecnicamente l’ing. Alberto<br />
Ballocco, nuovo direttore tecnico, progetta e viene costruita la 100 HP, una quattro
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 113<br />
cilindiri con valvole <strong>as</strong>pirazione in testa e scarico laterali, di ben 15.000 cc.<br />
Nel 1906 viene <strong>as</strong>sunto con qualifica di “prima guida” Alessandro Cagno proveniente<br />
dai ranghi FIAT ove la presenza di Felice Nazzaro e Vincenzo Lancia,<br />
l<strong>as</strong>ciavano pochissimi spazi liberi.<br />
Intanto in Sicilia si dovrà disputare la prima Targa Florio (che oltretutto ha la<br />
peculiarità di essere stata la prima corsa del Mondo su strada) e la Itala iscrive<br />
cinque 35/40 HP con alla guida Cagno, Graziani, Rigal, de Cartes e Pope. Fu un<br />
successo strepitoso!<br />
Sul difficilissimo tracciato delle Madonie da percorrere per un totale di 446<br />
Km solo sei delle dieci vetture iscritte portano a termine il percorso e fra queste sei<br />
ben quattro sono Itala.<br />
L’eco sulla stampa<br />
internazionale è <strong>as</strong>sordante<br />
e la pubblicità è<br />
enorme.<br />
Il 1907 rappresenta<br />
un vero trionfo per<br />
la Itala.<br />
Alessandro<br />
Cagno con una Itala 120<br />
HP si aggiudica la Coppa<br />
della Velocità a Brescia<br />
(La vettura perfet-<br />
tamente funzionante<br />
oggi si trova al National<br />
Motor Museum di<br />
Beaulieu).<br />
Itala 25/35<br />
(Museo <strong>dell'</strong> Automobile - Torino)<br />
Ma l’impresa più importante fu la iscrizione di una Itala 35/45 al raid promosso<br />
dal giornale parigino “ Le Matin” che lancia la sfida tra costruttori per una ...<br />
p<strong>as</strong>segiata da Pechino a Parigi.<br />
Scopo del raid è anche verificare di chi fosse la ragione, dei sostenitori delle<br />
vetture leggere ma poco potenti, oppure delle robuste e più potenti.<br />
Partecipano tre nazioni: la Francia, l’Olanda e l’Italia.<br />
Ad iscrivere la vettura italiana è stato il principe Valerio Borghese che scelse<br />
appunto l’ Itala 35/45 strettamente di serie, solo adattata come carrozzeria alla<br />
bisogna.<br />
A fare da compagni di viaggio del principe sono stati il giornalista del Corriere<br />
della Sera e dell’inglese Daily Telegraph Luigi Barzini ed il meccanico Ettore Guizzardi.<br />
I fatti diedero ragione al principe Borghese!<br />
Partiti da Pechino il 10 giugno giunsero a Parigi il 10 agosto avendo totalizzato
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 114<br />
Itala 35/45 Limousine "Palombella"<br />
(Museo <strong>dell'</strong>Automobile - Torino)<br />
44 giorni di viaggio<br />
effetivo e coprendo l’intera<br />
tratta (16.000 Km)<br />
in 60 giorni anticipando<br />
gli altri concorrenti di<br />
ben venti giorni.<br />
La storica vettura<br />
è stata reperita in un<br />
magazzino della Itala da<br />
Biscaretti di Ruffìa ed<br />
oggi è esposta al Museo<br />
dell’Auto di Torino che<br />
porta il suo nome.<br />
Parlerò<br />
diffusamente in seguito della storica<br />
impresa.<br />
In quegli anni la Itala si affermò<br />
in competizioni internazionali, ma non<br />
riuscì a piazzarsi nel G.P. dell’ Automobile<br />
Club di Francia ove le tre vetture<br />
Itala che utilizzavano il motore<br />
avalve, ideato dalla Itala qualche anno<br />
prima, tradì i piloti.<br />
La c<strong>as</strong>a viaggiava in tutta tranquillità<br />
anche per merito dell’accordo<br />
preso con la FIAT (la maggiore pre- Il lussuoso interno de "La<br />
occupazione del momento) in b<strong>as</strong>e al<br />
quale per quattro anni si sarebbero comunicati le reciproche linee produttive.<br />
Intanto la Itala, tr<strong>as</strong>feritesi in corso Orb<strong>as</strong>sano in uno stabilimento di 80.000<br />
mq, occupava più di mille operai e 250 impiegati.<br />
Il Catalogo in quegli anni era particolarmente ricco ed interessante. La gamma<br />
spaziava dalla monoblocco 14/18 HP sino alla 75 HP<br />
di ben 12.930 cc.-<br />
Al salone dell’ Automobile viene presentato il<br />
motore avalve, ideato dall’ing Ballocco, che conferiva<br />
una linearità di movimento ed una silensiosità notevole.<br />
La “solita” Grande Guerra vede la Itala impe-
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 115<br />
gnata in campo militare.<br />
Intanto gli alleati, avendo bisogno di grossi quantitativi di motori Hispano Suiza<br />
per aerei, si rivolsero all’ Italia quindi la Itala si consorziò con la Scat per far fronte<br />
alla ingente fornitura.<br />
Tuttavia avendo il<br />
modello HS 200 dati<br />
scarsi risultati, l’Esercito<br />
volle gli HS 300.<br />
Questa virata nella commessa<br />
procurò uno stallo<br />
che rese possibili le<br />
consegne con molto ritardo.<br />
La fine della guerra<br />
sospese la fornitura<br />
appena iniziata per cui la<br />
SCAT e La Itala furono<br />
costrette ad accettare<br />
Itala 61 Faux Cabriolet carrozzato<br />
Lavocat & Marsaud<br />
(Museo <strong>dell'</strong>Automobile- Torino)<br />
una riduzione della commessa del 50%. I 1500 motori consegnati non riuscirono a<br />
compensare le ingenti spese sostenute.<br />
Negli anni ‘20 si ritornò gradatamente verso la produzione civile con i modelli<br />
50 e 51 S.<br />
Gli impegni presi con le banche e gli scioperi misero la Itala in grave crisi da cui<br />
non si riprese mai completamente.<br />
Gli anni ‘21/’22 vedono l’uscita del tipo 55 a 6 cilindri (abbandonati con la 75<br />
HP).<br />
La situazione era pesante anche a causa della scarsa richiesta di vetture e del<br />
fermo totale dei tr<strong>as</strong>porti merci. Si cercò di rimediare con il modello 56.<br />
Nel 1923 appare la figura, in veste di consulente, dell’ing. Giulio Cesare Cappa<br />
che su mandato dell’ Istituto Finanziario di Liquidazione (poi I.R.I.) toccò riorganizzare<br />
la produzione e tentare una sortita dalla crisi.<br />
Viene alla luce così la 61da turismo e la 65 sportiva.<br />
Due belle vetture che avrebbero meritato un ambiente più sereno per n<strong>as</strong>cere<br />
e ... crescere!<br />
Questi autotelai furono carrozzati dai migliori carrozzieri.<br />
Cappa progettò un 12 cilindri a V di 1100 e 1500 cc.<br />
Non entrò mai in produzione di serie, ma ebbe il suo ricarico morale di prestigio.<br />
Un disperato tentativo di salvarsi dal tracollo fu tentato nel ‘29 quando si tentò<br />
di fare una fornitura di mezzi militari per una fabbrica polacca.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 116<br />
A tal fine si fece una fusine con le Officine Metallurgiche e Meccaniche di<br />
Tortona il cui proprietario era il senatore Dante Ferraris.<br />
Ma i costi erano altissimi e la commessa non si concretizzò.<br />
Nel 1930 il senatore Ferraris firma la richiesta di ammissione al Concordato<br />
preventivo per una perdita di 21.000.000.<br />
N<strong>as</strong>ce la Itala-SACA che rileva gli autotelai già pronti e la sezione autovetture.<br />
La nuova società sotto la presidenza dell’ ing. P<strong>as</strong>quale Gallo tenta una<br />
riorganizzazione generale.<br />
Nel 1932 esce la 75 per il turismo e con il suffisso “V” per le la sportiva.<br />
E’ questo l’estremo (inutile) tentativo di salvare la fabbrica.<br />
Nel 1934 il nome Itala cessa di esistere nel firmamento automobilistico.<br />
Molte le belle vetture prodotte dalla Itala nei suoi 30 anni di attività.<br />
Una particolarmente diede lustro, una 35/45 carrozzata limousine costruita<br />
appositamente per la Regina Elena.<br />
F<strong>as</strong>tosi gli interni, maniglieria in argento a forma di aquila sabauda, vetri arrotondati<br />
... un vero salotto viaggiante. Non meno lussuoso il posto di guida.<br />
La vettura per ragioni di sicurezza era munito di due pedali del freno che comandavano<br />
due circuiti frenanti distinti.<br />
La pedana per l’accesso era fatta a scaletta a scomparsa.<br />
La Regina Elena, nella sua poetica dolcezza d’animo, la denominò<br />
“Palombella” ed oggi fa bella mostra di sè, ammiratissima, al Museo <strong>dell'</strong> Automobile<br />
Biscaretti di Torino.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 117<br />
Itala: Pechino - Parigi - 1907<br />
Fra i costruttori dell’epoca era in atto una sorta di dualità nell’orientamento<br />
costruttivo: vetture leggere e, quindi anche poco potenti, o vetture robuste, ma pesanti<br />
e potenti.<br />
Come al solito il pubblico si schierò sia a<br />
favore di una che dell’altra tesi.<br />
Il prestigioso giornale parigino “Le Mati-<br />
Il percorso di 16.000 Km<br />
ne” rilevò la questione e lanciò una sfida all’insegna<br />
dell’impossibile!<br />
Le c<strong>as</strong>e costruttrici potevano iscrivere le<br />
loro vetture ad un raid di ben 16.000 km che partendo da Pechino raggiungevsse<br />
Parigi.<br />
Raccolsero il guanto la Francia, l’Olanda e l’Italia.<br />
Le prime due schierarono vetture leggere, la squadra italiana composta dal<br />
principe Valerio Borghese accompagnato da un noto giornalista viterbese, Luigi<br />
Barzini e dal suo fido meccanico Ettore Guizzardi si iscrissero con una Itala 35/45<br />
HP strettamente di serie adattata ai bisogni derivanti dal lunghissimo viaggio solo<br />
nella carrozzeria.<br />
Percorrere 16.000 km tutti d’un fiato<br />
non è cosa da ridere nemmeno alle<br />
soglie del 2000, ma all’epoca era veramente<br />
simile a voler andare con il monopattino<br />
sulla luna!<br />
Le vetture partirono da Pechino in<br />
un tripudio di folla la mattina del 10 giu-<br />
gno 1907.<br />
L’inizio della traversata vide alternarsi<br />
le vetture alla testa della carovana.<br />
La partenza da Pechino<br />
10 giugno 1907<br />
Ma quando il gioco si fece duro l’Itala staccò nettamente tutti tanto da coprire<br />
l’intero percorso in solo 60 giorni di cui solo 44 di viaggio effettivo.<br />
L'equipaggio italiano a bordo della Itala giunse a Parigi il 10 agosto distanccando<br />
gli altri concorrenti di ben 20 giorni!<br />
Un trionfo sia per la Itala che per l’equipaggio che, tuttavia, non fece proprio<br />
quello che si può definire “una p<strong>as</strong>seggiata ril<strong>as</strong>sante”!<br />
Gli incidenti sul percorso furono innumerevoli e spaziarono da ponti che sono<br />
crollati sotto il peso della vettura alla rottura di una ruota che dovette essere rifatta<br />
ex novo in 7 ore da un mujik russo.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 118<br />
Crolla il ponte<br />
L’ avventura è raccontata per intero in un<br />
interessante volume pubblicato all’epoca da<br />
Luigi Barzini, per i tipi di Ulrico Hoepli, quarta<br />
edizione 1917, che si chiama “ La metà del<br />
mondo vista da un’<strong>automobile</strong> - Da Pechino a<br />
Parigi in 60 giorni” e da cui abbiamo tratto alcune<br />
di queste preziose foto.<br />
La vettura (vedi foto), recuperata in un<br />
capannone della Itala dal Biscaretti è adesso<br />
esposta al Museo dell’Automobile di Torino.<br />
L' Itala 35/45 <strong>dell'</strong>impresa<br />
(Museo <strong>dell'</strong>Automobile - Torino)
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 119<br />
Itala, Pechino - Parigi vetrina<br />
Il principe Borghese<br />
Il meccanico Guizzardi<br />
Il principe Borghese ed il giornalista Barzini<br />
al loro arrivo a Berlino
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 120<br />
Itala, Pechino - Parigi vetrina<br />
La ruota ricostruita dal mujik<br />
(fabbro) russo in 7 ore di lavoro<br />
L' Itala impantanata presso<br />
Shao-hai-huen<br />
L' Itala vittoriosa entra a Parigi<br />
dirigendosi verso la sede de "Le Matine"<br />
... era il 10 agosto 1907 !
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 121<br />
OM<br />
Oggi parlare di automobili significa immediatamente<br />
correre con il pensiero a Torino, capitale dell’<strong>automobile</strong>.<br />
Ma non fu sempre così, anzi non lo era affatto<br />
allora poichè i primi importatori, i primi artigiani <strong>as</strong>semblatori,<br />
le prime fabbriche automobilisteche sono<br />
nate proprio a Milano.<br />
Per trovare le origini della OM dobbiamo andar<br />
molto indietro nel tempo.<br />
Era il 1849, Benedetto Grondona apre a Milano in zona Porta Nuova una<br />
officina per costruzioni di carrozze che viene immediatamente considerata la migliore<br />
dell’epoca.<br />
Continua l’attività il figlio Felice che costituisce una società <strong>as</strong>sieme a Paolo<br />
Zambelli e Giovanni Miani, siamo nell’ anno 1857, per costruire “veicoli di ogni<br />
sorta e lavori relativi alle strade ferrate”.<br />
Miani si ritira nell’ 80 e con l’ing Gerolamo Silvestri e Prospero Venturi forma<br />
a Porta Tenaglia le Officine<br />
Miani, Venturi & C.<br />
per costruire una locomotiva<br />
a vapore denominata<br />
“regina della<br />
montagna” con disegni<br />
della SIGL viennese e<br />
che viene esposta alla<br />
mostra di Milano del<br />
1881.<br />
L’ anno appresso<br />
muore Prospero Venturi<br />
e la società cambia in Miani, Silvestri & C.<br />
OM 465 S alla Coppa delle Alpi del 1923<br />
Nel 1890 viene costruito un nuovo stabilimento a Porta Vigentina su un’area<br />
di 100.000 mq che fu poi il primo nucleo della OM.<br />
In questi stabilimenti si realizzò il primo tram elettrico italiano da utilizzare sulla<br />
Fiesole-Firenze.<br />
Correva l’anno 1917 quando la Miani, Silvestri & C: acquista lo stabilimento<br />
di costruzione automobili dell’ing. Roberto Züst. Ciò costituì per la OM una ragione<br />
di crescita che portò poi allo stabilimento di Brescia.<br />
La Züst aveva al suo attivo circa 60 anni di attività derivando a sua volta dalla<br />
Güllet & Croff essendo stata costituita nel 1855 a Sal<strong>as</strong>ca di Intra con il fine di
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 122<br />
costruire macchine azionate da motori a vapore. Un particolare curioso, anche se<br />
non attinente, è che i cannoni utilizzati per la lotta portata avanti da Vittorio Emanuele<br />
II per liberare Milano dagli austriaci erano stati fusi in quelle officine.<br />
La Roberto Züst aveva prodotto anche ottime vetture una delle quali, una Züst<br />
40/50HP guidata dal marchese Lorenzo Ginori si aggiudicò “La Coppa del Re”<br />
nel concorso turistico<br />
indetto dall’ Automobil<br />
Club di Milano.<br />
Nel marzo del<br />
1906 inizia la costruzione<br />
dei capannoni di<br />
Brescia che prendono il<br />
nome di “Brixia-Züst”<br />
che si specializza nella<br />
costruzione di autovet-<br />
OM 469 S Torpedo con freni anteriori<br />
(Museo Scienza e Tecnica - Milano)<br />
ture e nel 1908 produce<br />
il primo autocarro.<br />
Partecipa così al<br />
concorso statale per la fornitura di 600 autocarri per l’esercito e si aggiudica la<br />
maggior parte della fornitura.<br />
Come detto il 1917 n<strong>as</strong>ce ufficialmente<br />
la OM (Società Anonina Officine<br />
Meccaniche - già Miani, Silvestri &<br />
C, A. Grondona, Comi & C.).-<br />
La prima <strong>automobile</strong> con il marchio<br />
OM fu immessa sul mercato il<br />
1918, era la S. 305 di 25/35 HP.<br />
La nuova vettura, che richiama<br />
comunque la linea della vecchia Brixia<br />
ed era munita di avviamento ed illuminazione elettrici.<br />
OM 665 Berlina<br />
Museo <strong>dell'</strong> Automobile<br />
Torino<br />
OM 665 Torpedo<br />
(Collezione privata)<br />
Contenporaneamente vide la luce anche<br />
la prima vettura progettata OM (e che fu la<br />
copistipite di tutti i 4 cilindri della c<strong>as</strong>a) la 465<br />
12/15 HP.<br />
Montava una carrozzeria standar del tipo<br />
Torpedo.-<br />
Altre vetture interessanti sono la 467 S,<br />
la 665 una 6 cilindri detta anche “La Superba”.<br />
Per curiosità vi diremo che i mumeri che
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 123<br />
indicano il modello stanno ad indicare il primo il numero dei cilindri e gli altri due<br />
l’alesaggio.<br />
Nel 1921 la OM lancia il modello 467 S e porta la cilindrata della 465 da<br />
1300 a 1500 cc.-<br />
Compare il tipico radiatore Om che accompagnerà tutti i modelli successivi. Il<br />
telaio era di nuovo disegno, sospensioni a balestra anteriore e freni sulle quattro<br />
ruote.<br />
Molte le affermazioni in campo sportivo con la 469 1500 cc (Coppa delle<br />
Alpi, Mugello, Circuito del Garda).<br />
Gli anni d’oro della C<strong>as</strong>a furono dal 1923 al 1929 che videro vincere le sue<br />
macchine (665) ancora la Coppa delle Alpi, il circuito del Mugello, del Tigullio, la<br />
Coppa delle Tre Venezie.<br />
La 665 vinse anche il record di durata percorreno 15.000 km alla media di<br />
103,568 km/h.<br />
In campo iternazionale<br />
la troviamo vittoriosa<br />
a Le Mans, San<br />
Seb<strong>as</strong>tiano (Spagna),<br />
Nuerberg.<br />
Ebbe piloti d’eccezione<br />
come Minoia,<br />
Morandi, Rosa, Balestrero,<br />
Timo e Mario<br />
Danieli, Coffani, San-<br />
donino, Anselmi, M<strong>as</strong>peri.<br />
Fino a giungere al<br />
OM 665 SS MM 2000 con compressore<br />
(Collezione privata)<br />
1927 quando vince addirittura la Mille Miglia con una 665 S con Ferdinando Minoia<br />
e Giuseppe Morandi che coprirono il opercorso di ben 1600 km in 21 ore e 5<br />
minuti alla media di 77.238 km/h.<br />
Secondi e terzi. cl<strong>as</strong>sificati altre due 665 S con Timo Danieli, Renato Balestrieri,<br />
Mario Danieli ed Archimede Rosa.<br />
Il prestigioso motore della 665 S subì tutta una lunga serie di ammodernamenti<br />
(tre carburatori, Testa Ricardo, compressore Roots) che lo portarono ad erogare<br />
fino ad 85 HP. Per la clientela straniera si adottarono le valvole in testa.<br />
Dal 1929 furono realizzati motori da 2000 e 2200 cc che furono montati su<br />
una scocca di soli 818 kg e generarono quelle sportive con radiatore inclinato che si<br />
fecero strada nei desideri della clientela mondiale.<br />
dal 1928 vari furono i cambiamenti di ragione sociale e molteplici le acquisizioni<br />
ed i gemellaggi con altre C<strong>as</strong>e per cui la OM giunse ad entrare addirittura nel
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 124<br />
Gruppo Fiat pur rimando sempre una gestione autonoma.<br />
L’ultima vettura prodotta con il marchio OM fu presentata al Salone dell’Automobile<br />
di Milano del 1934. Era la OMV Alcyone con motore 6 cilindri, valvole<br />
<strong>as</strong>pirazione in testa e scarico laterali di 2130 cc e 65 HP di potenza.<br />
Dopo tale data la OM si dedicò con grande successo alla produzione di apprezzatissimi<br />
autocarri.<br />
La produzione di autocarri proseguì di successo in successo.<br />
A Milano si continuò a costruire motrici ed automotrici ferroviarie con motore<br />
a benzina e motore Diesel (le famose Littorine simbolo delle ferrovie moderne in<br />
epoca f<strong>as</strong>cita), carrozze ferroviarie , carri merci.<br />
Per l’agricoltura si costruirono pressaforaggi, trebbiatrici, impianti irrigazione a<br />
pioggia ed poi trattici a ruote ed a cingoli che andarono a sostituire il vecchi trattori<br />
agricoli a testa calda alimentati a petrolio ormai divenuti obsoleti per l’avanzata della<br />
benzina e maggiormente per il g<strong>as</strong>olio.<br />
Molti gli autoccari (Taurus, Super Taurus, Titano) ma sopratutto l’exploit la<br />
produzione di mezzi pesanti l’ ebbe con due autocarri leggeri, il Leoncino ed il Tigrotto<br />
che riuscirono a conquistare il mercato ed a divenire i mezzi più diffusi e<br />
popolari tanto che, al pari della Fiat Balilla, tutti i camioncini erano per il grosso<br />
pubblico “un leoncino” divenendo il camioncino per antonom<strong>as</strong>ia.<br />
Una particolarità di questo mezzo era che il motore non aveva (al pari delle<br />
Bugatti!) la guarnizione della testata ma era interposto un filo di lana fra la testa ed il<br />
monoblocco.<br />
Oggi la OM è stata integrata nelle strutture Fiat e produce tutta una serie di<br />
mezzi pesanti e trattrici per l’agricoltura (Modena).- Gli stabilimenti di Milano producono<br />
ponti ed <strong>as</strong>sali per gli automezzi industriali. Brescia produce veicoli industriali<br />
leggeri, cambi meccacini ed idraulici, motori a tre, quattro e sei cilindri e<br />
particolari per le trattrici agricole. Suzzara costruisce e monta le furgonature industriali<br />
sugli autotelai OM e SPA (senpre tutto del Gruppo Fiat Veicoli Industriali). Lo<br />
stabilimento di Bari si è specializzato per la costruzione di apprezzati carrelli elevatori<br />
per il mercato italiano e per quello straniero.<br />
Pertanto, quando oggi incontriamo in Italia o nel mondo un camion, una vettura<br />
o una automotrice ferroviaria, un carrello elevatore, un trattore agricolo su gomme<br />
o cingolato, un apripista o una pala caricatrice , ricordiamoci che quel mezzo<br />
anche se porta il logo Fiat, n<strong>as</strong>ce OM !
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 125<br />
Temperino, qu<strong>as</strong>i un giocattolino, ma non troppo<br />
Se qualcuno incontrandovi per<br />
strada vi chiedesse a bruciapelo “hai<br />
visto la temperino” non giudicatelo un<br />
ignorante, sa benissimo che il temperino,<br />
piccolo coltello da t<strong>as</strong>ca , è di genere<br />
m<strong>as</strong>chile.<br />
Egli allude evidentemente ad una<br />
vetturetta piccola, ma significativa, che<br />
vide la luce in via Principe Oddone 44, a Torino,<br />
nel 1908!<br />
Ma andiamo con un certo ordine ....<br />
I fratelli Maurizio, Giacomo e Carlo Temperino,<br />
rientrati dalle Americhe ove avevano lavorato<br />
come meccanici riparatori, aprirono una<br />
officina di riparazione motocicli ed automobili<br />
sotto la ragione sociale Temperino & C. -<br />
Poi timidamente cominciarono a costruire<br />
qualche sidecar e alcune motociclette. Il p<strong>as</strong>so<br />
dalle motocliclette alle auto fu breve.<br />
Così nel 1908, sotto la direzione dell’ ing. Giulio Cappa Spada produssero il<br />
prototipo di una autovettura che tuttavia rim<strong>as</strong>e<br />
"congelata" per ben 10 anni fino a dopo la<br />
Grande Guerra.<br />
I fratelli Temperino, gente con i piedi saldamente<br />
per terra, non pensavano di dover diventare<br />
i magnati dell’industria automobilistica,<br />
ma semplicemente il loro desiderio era produrre<br />
una vetturetta affidabile, di poco ingombo<br />
e sopratutto economica sia nel prezzo che<br />
Il prototipo della<br />
Temperino<br />
rim<strong>as</strong>to "ibernato" per ben<br />
10 anni (1908-1918)<br />
Maurizio Temperino<br />
(a sinistra)<br />
nella gestione giornaliera.<br />
P<strong>as</strong>sata la Prima Grande Guerra ripresero<br />
il progetto e costruirono complessivamente<br />
un migliaio di pezzi le cui parti meccaniche erano<br />
in tutto simili fra loro, ma cambiavano le corrozzerie che potevano essere a 2 posti,<br />
a 3 posti, corsa ed anche tr<strong>as</strong>porto merci.<br />
All’ inizio si avvalsero della collaborazione di tre aziende esterne: la Della<br />
Ferrera per i motori; gli Stabilimenti Farina per la carrozzeria. La ditta Antonio<br />
Opessi provvedeva per il telaio ed il montaggio.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 126<br />
Le vetturette risultarono<br />
essere molto veloci<br />
tanto che tre di esse<br />
nel 1919 fecero la S<strong>as</strong>si-Superga<br />
in soli 12<br />
minuti!<br />
Questo, forse insperato,<br />
risultato indusse<br />
i fratelli Temperino a<br />
creare la “Vetturette<br />
Temperino s.p.a.” con<br />
Presidente Giovanni<br />
Farina, amministratore<br />
delegato Michele Bretti,<br />
direttore tecnico<br />
Maurizio Temperino.<br />
Il “Modello Unico” fu denominato 8/10 HP, aveva 2 cilindri a V raffreddati ad<br />
aria, valvole in testa, 1010 cc, potenza 20 HP effettivi a 2800 giri.<br />
Il cambio incorporato al ponte posteriore era a 3 marce + RM con ingranaggi<br />
sempre in presa, sviluppava una velocità di 70 km/h tanto che l’anno successivo ben<br />
due di queste vetture si piazzarono al primo e secondo posto al Circuito del Sestriere.<br />
Nel periodo aureo della C<strong>as</strong>a<br />
lavoravano oltre 500 persone ed<br />
ebbe notorietà sia in Italia che all’estero,<br />
specialmodo in Inghilterra<br />
ove le vetturette cl<strong>as</strong>se Cyclecar<br />
erano apprezzatissime.<br />
Nel ‘20 venne il modello “S”<br />
praticamente qu<strong>as</strong>i uguale alle altre<br />
solo allungato nel p<strong>as</strong>so e nel<br />
Temperino 8/10 HP da corsa<br />
Temperino 1918/20 costruita da Della Ferrera<br />
1922 il modello GSM 7/12 HP.<br />
Nel frattempo l’azienda si era<br />
tr<strong>as</strong>ferita in locali più ampi posti in<br />
via German<strong>as</strong>ca 35 Il fallimento della Banca di Sconto che sovvenzionava l’operazione,<br />
mise in ginocchio anche loro al pari di tante altre c<strong>as</strong>e costruttrici <strong>dell'</strong>epoca<br />
ben più grosse e solide.<br />
La esigua produzione di soli circa 1000 esemplari ed il fatto che molti prendevano<br />
la via dell’esportazione, sopratutto come detto in Inghilterra grande amatrice<br />
di veicoli piccoli e cyclecars.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 127<br />
Se si aggiunge il fatto che la Seconda Guerra Mondiale ed il dopoguerra istaurarono<br />
un clima di rinnovamento, una smania di rompere con il p<strong>as</strong>sato, una sindrome<br />
es<strong>as</strong>perata del presente-futuro qu<strong>as</strong>i si volesse l<strong>as</strong>ciare alle spalle il p<strong>as</strong>sato e<br />
guardare avanti speranzosi, misero in essere la “febbre della demolizione” ed il desiderio<br />
del nuovo, fanno sì che oggi pochissime<br />
sono le Temperino sopravvissute.<br />
Io ne ho vista solo una in una collezione di<br />
Bologna, l’autodemolizione internazionale di<br />
Mario Righini.<br />
La vetturetta fa bella mostra di sè nell'atrio<br />
del portone <strong>dell'</strong>ufficio di questo grande<br />
collezionista che ha addirittura acquistato un<br />
grossa fattoria emiliana dedicandola alle sue<br />
Il Motore 2 cilindri<br />
800 cc della 8/10 HP<br />
splendide vetture d’epoca..<br />
A prima vista sono rim<strong>as</strong>to molto incerto<br />
e dubbioso.<br />
Si trattava di una piccola vettura vera o solo di un giocattolo gigante?<br />
Confesso la mia cr<strong>as</strong>sa ignoranza ... non conoscevo la marca Temperino e la<br />
cosa contribuì ad alimentare il mio dubbio.<br />
Il timore di essere giudicato ignorante in un campo in cui spaziavo da anni con<br />
p<strong>as</strong>sione e nel quale ero conosciuto quale buon competente da tutti, mi tratteneva<br />
dal chiedere, l’orgoglio stava per rovinarmi!<br />
Poi, fattomi coraggio, chiesi al mio amico collezionista "... Mario, ma è una<br />
vettura vera?", lui rise bonariamente, mi diede una poderosa pacca sulle spalle da<br />
quell’ottimo emiliano che è e mi raccontò di questa marca torinese e della fortuna<br />
che lui aveva avuto nel reperirla salvandola proprio in zona cesarini dalle presse<br />
divoratrici e dai grandi forni, per giunta in quelle splendide condizioni di conservazione.<br />
Fui felice di aver dato una dimostrazione di ignoranza, ma di aver così arricchito<br />
il mio bagaglio di conoscenze che sarebbe rim<strong>as</strong>to sempre al buio su quella marca!
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 128<br />
Florentia<br />
Il Piemonte, la Liguria, la Lombardia ed altre regioni d’ Italia erano partite con<br />
la nuova esperienza impiantando attività produttive di autovetture, ma non lo era<br />
certamente ancòra la Toscana.<br />
Francia.<br />
Tuttavia vi era una forte presenza di capitali liquidi e questo indusse un gruppo<br />
a dar vita alla prima fab-<br />
brica automobilistica in<br />
quella regione: la FTA.<br />
Pertanto agli inzi<br />
del 1901 la neonata<br />
FTA produsse la prima<br />
vetturetta con motore<br />
bicilindrico Buchet e<br />
con parti che giungeva-<br />
no probabilmente dalla<br />
In effetti erano essenzialmente degli <strong>as</strong>semblatori più che dei costruttori.<br />
Uno dei modelli prese il nome di Florentia e permise al conte Ginori di scalare<br />
la ripida salita del Montenero (22% !) accendendo l’interesse di parecchi gruppi<br />
finanziarii molto importanti.<br />
In conseguenza a ciò l’ 11 marzo 1903 fu fondata la Fabbrica Automobili<br />
Florentia con sede a Firenze che <strong>as</strong>sorbì immediatamente la FTA.<br />
La produzione ebbe inizio con la 10 HP, derivata chiaramente dalla FTA, ma<br />
questa volta con motore fabbricato direttamente in C<strong>as</strong>a.<br />
no .<br />
La prima Florenzia, 10 HP di chiara derivazione FTA<br />
Aveva 1400 cc, due cilindri, cambio a tre marce + RM, tr<strong>as</strong>missione a carda-<br />
Accanto a questa capostipite nacque poi la “Stelvio” a quattro cilindri conte-<br />
nuti in un biblocco il cui cambio era a quattro marce.<br />
Al Salone dell’ Automobile del 1905, a Torino, la Florentia si presentò anche<br />
con una vettura da corsa (20 cv) e con una Rochet-Schneider da cui la Florentia<br />
acquistò subito dopo la licenza di costruzione delle auto della C<strong>as</strong>a francesce.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 129<br />
Nel 1905 la produzione era di una macchina al giorno alternandosi nei tipi 16<br />
HP e 35 HP.<br />
Occupava trecento dipendenti.<br />
In quello stesso periodo fu aperto un cantiere a La Spezia che costruiva moto-<br />
scafi con propulsori da 08 a 80 cv, nonchè motovedette.<br />
La c<strong>as</strong>a puntò in seguito molto sul settore marino tanto da acquisire i cantieri<br />
della SVAN di Venezia.<br />
Prestissimo fu abbandonato l’accordo con la Rochet-Schneider.<br />
In campo automobilistico la Florentia produsse in quel periodo la 10, 18 e 28<br />
HP (quest’ultima a 6 cilindri).<br />
Interessante l’esperimento del motore senza valvole, sens soupapes.<br />
Comunque la C<strong>as</strong>a sempre più puntò sul settore marittimo per cui la disloca-<br />
zione delle aziende e la cronica carenza di capitali finirono per indebolire inesorabil-<br />
mente l’azienda che nel 1910 venne messa in liquidazione.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 130<br />
Chiribiri<br />
Antonio Chiribiri, aveva lungamente lavorato e collaborato con le c<strong>as</strong>e automobilistiche<br />
presenti all’epoca, per cui volle dedicarsi adesso alla n<strong>as</strong>cente industria<br />
aereonautica per cui lavora a Milano ed a Torino intorno al 1910.<br />
Quando a 45 anni, decide di mettersi in proprio sceglie propio Torino ed inizia<br />
in via Don Bosco, con la “sua” società denominata Fabbrica Torinese Velivoli Chiribiri<br />
& C. <strong>as</strong>sieme a Maurizio Ram<strong>as</strong>sotto e Gaudenzio Verga.<br />
L’industria automobilistica si innesta qu<strong>as</strong>i per necessità proprio su quella aereonautica<br />
a causa della scarsità delle commesse di velivoli.<br />
Il fallimento di una iniziativa che vedeva protagonista Antonio Chiribiri.<br />
Il conte Gustavo Brunetti d’ Usseaux, app<strong>as</strong>sionato aviatore ed automobilista,<br />
volendo imbarcarsi in una nuova avventura industriale, ordinò a Chiribiri una vetturetta<br />
economica, la Siva, della quale prevedeva, commissionandoli, ben 1000 pezzi<br />
per la prima serie.<br />
Prima che venisse impostato il proprotipo il conte Brunetti fu costretto a ritirarsi<br />
da uno sconvolgimento economico a causa della smodata p<strong>as</strong>sione per il gioco<br />
che nutriva da sempre.<br />
Intanto per effettuare un lancio alla grande della nuova vetturetta non si era<br />
badato a spese lanciandosi a capofitto in una spettacolare campagna pubblicitaria.<br />
Tutto andò perduto al suo ritiro. Rimanevano le attrezzature approntate, il progetto,<br />
i disegni costruttivi della vettura, per cui Chiribiri, per attenuare il grosso danno<br />
economico, decise di<br />
costruire anche vetture.<br />
Chiribiri tuttavia<br />
non era particolarmente<br />
contento della vetturetta,<br />
tanto che pur dovendo<br />
seguire importanti<br />
commesse di motori per<br />
aerei, lanciò una vettura<br />
Chiribiri tipo " Milano "<br />
di 1300 cc con una potenza<br />
di 12 HP.<br />
Per tutta la durata<br />
della Grande Guerra la vettura continuò ad essere prodotta, ma al rallentatore.<br />
Ala fine delle ostilità, con i profitti dell’industria di motori aerei, Chiribiri decide<br />
di ricondizionare l’azienda e cambia anche sede andando ad aprire una officina in<br />
via Caraglio angolo Monginevo che aveva maggiore spazio per la lavorazione.<br />
Qui inziò la costruzione della nuova vettura (presentata al Salone di Parigi de<br />
1919) che pur chimandosi ancora 12 HP aveva un motore di 1593 cc, 4 cilindri,<br />
cambio a 4 velocità, carrozzeria aperta 4 posti.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 131<br />
Antonio Chribiri entra così nel mercato con una vettura che non sfigurava al<br />
confronto delle altre sul mercato, ma con costi maggiori.-<br />
Il mercato avrebbe subito messo alle corde il nuovo costruttore se questi non<br />
avesse bruciato d’anticipo tutti puntando sulla vettura sportiva leggera, ma di alte<br />
prestazioni lanciando primo fra tutti una 1500 bialbero.<br />
Da questa Grand Prix derivò, sempre precorrendo i tempi, la Tipo “Monza”<br />
che era una vettura Gran Turismo bialbero direttamente derivata dalla Grand Prix.<br />
Le vetture Chiribiri hanno mietuto una lunga serie di successi con la guida di<br />
Tazio Nuvolari, Gigi Olatè, Scales (inglese), Deo ed Ada Chiribiri (figli di Antonio).<br />
Una mensione particolare va fatta per la figlia Ada, che fu la prima donna a<br />
dedicarsi in modo professionale all’automobilismo sportivo; morì a Torino nel 1954.<br />
Ada corse dimostrando, talento, per molti anni.<br />
L<strong>as</strong>ciò il professinismo nel ‘28 quando la fabbrica del padre, presso cui lavorava<br />
come contabile, fu costretta a chiudere.<br />
Non si è mai potuto sapere con certezza se corresse per p<strong>as</strong>sione personale o<br />
Ada Chiribiri, figlia del fondatore della C<strong>as</strong>a,<br />
fu valente pilota della squadra corse Chiribiri<br />
sopratutto in salita. Fu la prima donna italiana<br />
a praticare l' automobilismo da professionista.<br />
Quando non correva era addetta nell'<br />
azienda paterna all' amministrazione. Si ritirò<br />
dalle corse nel 1928 alla chiusura della Fabbrica.<br />
Morì a Torino il 1954<br />
per mero spirito di devozione filiale ed attacamento all’azienda del genitore.<br />
Intervistata più volte durante la sua vita sull’argomento, lei sorrideva amabilmente<br />
e sfuggiva la risposta custodendo un segreto che portò con sè per sempre.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 132<br />
La gestione aziendale era strettamente incombenza dei soci: Chiribiri si occupava<br />
della produzione, Ram<strong>as</strong>sotto capo dei collaudi e Verga progettista. Per un<br />
certo periodo l’ amministrazione fu retta da Vittorio Valletta.<br />
Il 1922 vede la sortita di una nuova vettura in versione Sport e Turismo, il tipo<br />
“Roma”.<br />
Nello stesso anno n<strong>as</strong>ce la più famosa delle vetture Chiribiri con un motore<br />
bialbero i cui primi tre esemplari da corsa esordirono alla Susa-Moncenisio, Aosta-<br />
Gran S.Bernardo ed al Gran Premio Vetturette al nuovo autodromo di Monza.<br />
Le velocità m<strong>as</strong>sime sviluppate dalle due versioni (45 cv e 65 cv) erano del<br />
tutto fuori dalla norma in quel periodo: 120 km/h la prima e 150 km/h la seconda.<br />
Ancora una volta Chiribiri gioca d’anticipo e lancia il motore sovralimentato<br />
sorprendendo tutti e anticipando l’Alfa Romeo 1500 di tre/quattro anni!<br />
Tuttavia niente potè scongiurare la crisi dell’azienda che pativa molto pesantemente<br />
la crisi mondiale del 1927.<br />
Si tentò di costruire locomotori diesel tipo Uberti ed una serie di motori commerciali<br />
su progetto Borrello.<br />
La vettura tipo “Milano” che avrebbe dovuto affiancarsi alla tipo “Monza”, ma<br />
per una clientela meno sofisticata, risollevando così le sorti dell’azienda fallì l’obbiettivo<br />
clamorosamente.<br />
... e la Chiribiri chiuse i battenti.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 133<br />
Diatto<br />
Torino 1835, n<strong>as</strong>ce una fabbrica di carrozze ad<br />
opera dei maestri carratori Diatto.<br />
L’attività andò avanti con profitto per 70 anni<br />
essendo ritenuti fra i migliori del tempo.<br />
Fu nel 1905 che n<strong>as</strong>ce la Diatto riferito all’<strong>automobile</strong>,<br />
mentre gli italiani <strong>as</strong>sistevano al diffondersi del nuovo mezzo di locomozione<br />
che prescindeva dal fido cavallo, ma utilizzava per trarne propulsione un blocco di<br />
ferro misterioso che racchiudeva incompresibili (per i più) pezzi metallici e che riusciva<br />
a far muovere una carrozza compresi gli occupanti: il motore.<br />
Non era questo un miracolo e non era stregoneria, ma solamente il frutto dell’intelletto<br />
dell’uomo che era riuscito ad imbrigliare le forze fisiche della natura ed a<br />
porle al proprio servizio.<br />
In una Torino ormai<br />
virulenta di iniziative<br />
riguardanti l’<strong>automobile</strong><br />
i due fratelli Diatto<br />
(ingg. Vittorio e Pietro<br />
Diatto) non potevano a<br />
lungo non rimanerne<br />
contaggiati.<br />
Fu così che il 12<br />
aprile 1905 diedero vita<br />
ad una società con lo<br />
scopo di utillizzare commercialmente<br />
il nuovo<br />
mezzo di tr<strong>as</strong>porto.<br />
La piccola Diatto meglioconosciuta come “Diattina”<br />
(Collezione privata)<br />
Si rivolsero alla Clement Bayard, nella vicina Francia, e conclusero una allenza<br />
che fece n<strong>as</strong>cere la Diatto-A.Clement Vetture Marca Torino. Presidente lo stesso<br />
Adolphe Clement, Amministratore delegato l’ing Vittorio Diatto. Lo stabilimento si<br />
estendeva su 25.000 mq e dava lavoro a 500 dipendenti.<br />
Le prime vetture uscirono nel 1906, ma era solamente un <strong>as</strong>semblare le vetture<br />
di Oltr’Alpi e le vetture venivano commercializzate con il marchio “Torino”. La<br />
produzione iniziò con una 10/12 HP.<br />
Nel 1908 viene prodotto un triblocco a 6 cilindri 24 Hp di 4086 cc.<br />
Il 1909 vede uscire Adolphe Clement dalla combinazione e cessa il rapporto<br />
fra le due c<strong>as</strong>e.<br />
La fabbrica prende il nuovo nome di Officina Fonderie Frejus-Diatto.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 134<br />
Lo stesso anno viene prodotto un motore originale. La C<strong>as</strong>a <strong>as</strong>sume un nuovo<br />
logo che sarà poi il definitivo.<br />
Dal 1911 fino al 1915 la produzione si incentrò su un modello unico a 4 cilindri<br />
di 2212 cc.<br />
Nel 1915, un ancestrale richiamo del sangue, porta all’apertura di un reparto<br />
carrozzeria. Fino a quel momento, come tutte le fabbriche esistenti, alla clientela<br />
veniva consegnato solamente l’autotelaio.<br />
Furono rilevati gli stabilimenti Newton (ex Valt) di Torino e Shacchi di Chiv<strong>as</strong>so.<br />
Inoltre la C<strong>as</strong>a si dedicava alla costruzione di autocarri leggeri e quant’altro<br />
necessario all’evento bellico.<br />
Fu rilevata anche la Gnome e Rhòne Fabbrica Italiana Motori, che fu dedicata<br />
ai motori aereonautici 8<br />
cilindri su licenza Bugatti.<br />
Anche per la Diatto<br />
il periodo bellico fu<br />
molto vantaggioso economicamente<br />
tanto che<br />
il 1916 vide un utile di<br />
ben 205.427 lire su un<br />
capitale sociale di sole<br />
lire 1.500.000.<br />
Dopo il conflitto la<br />
Società cambio per ben<br />
Diatto tipo 20 carrozzata Weimann<br />
(Museo Auto - Torino)<br />
due volte la denominazione sociale e solamente nel 1919 <strong>as</strong>sunse il nome di Automobile<br />
Diatto S.A..-<br />
Intanto nel 1919 era uscito un Tipo 30 che altro non era che una riproduzione,<br />
su licenza, del Tipo 23 della Bugatti.<br />
Il piccolo Tipo 10 di solo un litro di cilindrata non ebbe seguito essendo i tempi<br />
prematuri per la diffusione di una vettura di tanta esigua cilindrata.<br />
Nel 1922 al Salone dell’Auto di Milano fu presentata la Tipo 20 costruita sui<br />
disegni acquistati dalla Veltro di Torino (società che ebbe vita brevissima).<br />
La tipo 20 e la consorella 20 S si resero immediatamente popolari e gradite al<br />
pubblico.<br />
Si pensi che la tipo 20 S era in grado di erogare ben 75 CV (la normale solo<br />
40).<br />
La Diatto si ritagliò un’ immagine precisa nel grande firmamento di marche<br />
grandi e piccole che in quel periodo dilagavano in Italia, per merito del motore con<br />
distribuzione a valvole in testa.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 135<br />
Tuttavia le condizioni economiche erano alquanto precarie tanto che si decise<br />
di metterla in liquidazione nel ‘23.<br />
Ma un afflusso di capitale fresco ridiede linfa alla c<strong>as</strong>a che divenne Autocostruzioni<br />
Diatto S.A.<br />
La nuova società pensò di dedicarsi<br />
anche al mondo sportivo per cui si rivolse<br />
ad Alfieri M<strong>as</strong>erati e fu costruita una vettura<br />
Gran Premio 8 cilindri di due litri fornita<br />
di compressore.<br />
La sfortunata Grand Prix<br />
La vettura partecipò con alla guida<br />
Mater<strong>as</strong>si al Gran Premio d’ Italia del 1925,<br />
ma non terminò la corsa.<br />
Nel ‘26 i fratelli Musso (principali azionisti) coinvolsero la Diatto nel dissesto<br />
finanziario delle loro personali industrie tessili.<br />
Dopo anni di stenti, nel 1927, la Società cessa di produrre con i Tipi 30 e 26.<br />
Nel 1931 Carlino S<strong>as</strong>so riesce a rimettere in sesto lo sc<strong>as</strong>satissimo bilancio<br />
aziendale.<br />
La produzione verte però solo su ricambi per le Diatto, motocompressori,<br />
gruppi elettrogeni e perforatrici pneumatiche.<br />
Nel 1945 si ritentò con le auto, ma solo per la progettazione di auto ed autocarri<br />
per conto della Società Galileo.<br />
La cosa non andò avanti per cui nel 1955 la Diatto chiude definitivamente<br />
incorporata dalla Veglio S.p.A.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 136<br />
Ansaldo<br />
L’Ansaldo nacque dallo smembramento di una<br />
delle più forti holding industriale italiane.<br />
Pertanto vi erano tutte le premesse perchè la<br />
fabbrica potesse avere vita lunga e proficua.<br />
Così non fu a causa del disinteresse per il settore automobilistico che tutte le<br />
varie dirigenze susseguitesi hanno riservato a tale settore.<br />
Gli interessi erano sopratutto per il settore ae-<br />
reonautico e per quello marino, non disdegnando in<br />
parte il settore ferroviario.<br />
La fabbrica nacque per iniziativa dell’ ingegne-<br />
re Giovanni Ansaldo, rientrato dall’estero ove era per<br />
studiare l’organizzazione industriale.<br />
Era nato a Genova il 1819 ed a soli 24 anni<br />
insegnava all’Università.<br />
L’attività iniziò con la costruzione di due loco-<br />
motive a vapore, le prime costruite interamente in Ita-<br />
lia.<br />
A Sanpierdarena fu allestito uno stabilimento per le costruzioni navali.<br />
Nel 1903 la società si tr<strong>as</strong>forma da accomandita semplice in Società Anonima<br />
con il grosso apporto della famiglia Perrone.<br />
L’ anno successivo fu stipulato un accordo con la Armstrong di Newc<strong>as</strong>tle per<br />
effettuare costruzioni di artiglierie. L’accordo resse solo per tre o quattro anni e nel<br />
1907 diviene la prima industria che opera nel campo di corazzature navali e produ-<br />
zione di artiglierie senza nessun capitale straniero, ma solamente italiano.<br />
La guerra di Libia, prima, e la Guerra Mondiale, dopo, provocaro una crescita<br />
artificiosa strettamente legata alla produzione bellica tanto che il 1916 furono acqui-<br />
stati gli Stabilimenti della Società Italia Transaerea di Torino destinandoli alla costru-<br />
zione degli SVA (Savoia-Verduzio-Ansaldo), degli A 300 e alla revisione dei caccia<br />
monoposto Balilla nonchè degli Spad degli eserciti alleati.<br />
L'arciere sui radiatori<br />
delle Ansaldo<br />
A Torino venivano costruite le carrozzerie ed i motori erano prodotti in uno
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 137<br />
stabilimento di Sanpierdarena (Genova).<br />
Già prima che il lavoro per le imprese militari si esaurisse, l’ing Guido Soria,<br />
direttore dello stabilimento, aveva suggerito al Presidente del gruppo, Pio Perrone,<br />
di iniziare uno studio tendente alla riconversione degli stabilimenti da attrezzature<br />
militari ad automobilistici.<br />
La prima vettura che la Ansaldo produsse fu la 4 A che si iniziò a consegnare ai<br />
primi del 1920.<br />
La vettura era<br />
una medio-leggera<br />
equipaggiata con un<br />
motore ad albero di-<br />
stribuzione in testa, al-<br />
quanto raffinata, che<br />
sfruttava bene i rap-<br />
porti volumetrici.<br />
Una caratteristica<br />
peculiare della vettura era la estrema robustezza ed affidabilità tanto da guadagnarsi<br />
nel grosso pubblico il detto “forte come una Ansaldo” (parlando anche di uomini<br />
o di qualunque altra cosa).<br />
Non ebbe grossa accoglienza , come si sperava, a causa della scarsa ricetti-<br />
vità da parte del pubblico.<br />
Nel settembre del ‘20 tutte le attività si concentrarono in corso Peschiera a<br />
Torino ove era cessata completamente l’attività aereonautica.<br />
La crisi post bellica ed il fallimento della Banca Italiana di Sconto, crearono<br />
non poche preoccupazioni finanziarie alla c<strong>as</strong>a.<br />
L’intervento di un consorzio bancario mirava a riunire tutte le attività di fonde-<br />
ria, sia navale che ferroviario creando una nuova società Ansaldo.<br />
La Gio.Ansaldo & C. fu costretta a ritirare le proprie partecipazioni nella An-<br />
saldo San Giorgio, nella Spa, nell’ Aereonautica Pomilio e, di conseguenza, anche<br />
nella Ansaldo Automobili.<br />
Ansaldo 4 C del 1923<br />
Il 7 marzo 1923 si costituiva la S.A. Automobili Ansaldo la cui maggioranza<br />
era di un gruppo varesino con a capo il comm. Prestini.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 138<br />
Presidente è l’ing. Giuseppe Mazzini e Amministratore lo stesso Soria cui si<br />
deve l’idea di costruire le vetture Ansaldo.<br />
Nello stesso anno viene ammodernato il vecchio modello 4 A apportando<br />
piccole modifiche fra cui un allungamento del p<strong>as</strong>so e miglioramenti nella corrozze-<br />
ria che prende il nome di 4 C.<br />
Nel ‘24 viene anche prodotto sullo stesso impalcato un modello 6 C. Vi fu per<br />
ambedue anche una versione sportiva che si distingueva per l’aggiunta della “S” che<br />
guadagnano un 10% nelle prestazioni ed un deciso miglioramento nelle finiture fra<br />
cui le ruote a raggi tangenti.<br />
Queste vetture praticamente sempre uguali, vengono proposte fino al 1930 e<br />
questa st<strong>as</strong>i non può che<br />
creare una difficoltà nel-<br />
le vendite.<br />
Unico modello<br />
nuovo fu la tipo 10 con<br />
un telaio alquanto sem-<br />
plificato fino a ripropor-<br />
re la balestra tr<strong>as</strong>versa-<br />
le anteriore (tipo Ford T).<br />
La vettura era però ubi-<br />
cata in una precisa fa-<br />
scia di utenza e doveva<br />
subire un martellamento<br />
ai fianchi da parte di due<br />
vetture molto riuscite, la Fiat 509 e la Fiat 503. Per tale ragione non riuscì mai a<br />
ritagliarsi un suo spazio vitale.<br />
Contemporanee sono la tipo 14 (vecchio motore del 1919, adesso con ac-<br />
censione a spinterogeno) e la tipo 15.<br />
Le potenze erogate in funzione della grandezza dei motori era ormai esigua e lo<br />
slogan di cui si fregiava la Ansaldo “Imbattibili in salita” potè reggere solo per<br />
l’adozione del cambio a quattro velocità.<br />
Ansaldo 6 B<br />
(Collezione privata)<br />
Interessante, ma senza seguito l’esperimento di montare sulla tipo 15 CS un
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 139<br />
doppio albero in testa aumentando la potenzza da 40 a 60 HP.<br />
La discesa nelle vendite era ormai inarrestabile per cui la nuova dirigenza del<br />
1927 (Ruotificio Italiano e Aereonautica Macchi di Varese) decidono di puntare su<br />
vetture di alta cl<strong>as</strong>se.<br />
Al Salone di Roma viene presentata una 8 cilindri Tipo 22 ed a quello di Gine-<br />
va addirittura una 16 cilindri Tipo 18.<br />
Ambedue le vetture furono aggiornate nel rapporto cilindrata-potenza, e rese<br />
quindi competitive.<br />
ganti.<br />
nomiche.<br />
Le carrozzerie di serie preparate da Scani e Montescani sono sobrie ed ele-<br />
Mancano comunque gli acquirenti per cui la C<strong>as</strong>a si trova in ristrettezze eco-<br />
Si vociferava un intervento Fiat, che non vi fu.<br />
Intervenne invece la OM, ma che era già in crisi per proprio conto.<br />
In effetti la joint venture avrebbe dovuto solo completare gli autotelai già in<br />
corso di produzione (circa 400) e venderli, ma la clientela non accettava di compra-<br />
re da una struttura che non avesse <strong>as</strong>sistenza sul territorio e chiaramente nata per<br />
recuperare le giacenze.<br />
Due anni dopo la ragione sociale cambia in Ansaldo C.E.V.A, ma le vendite<br />
non arrivano ed alcuni autotelai vengono ritrovati sommersi di polvere nei depositi<br />
nel 1936 quando rileva tutto la Viberti molto attiva nel settore dei veicoli industriali.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 140<br />
De Vecchi<br />
La De Vecchi fu una delle maggiori fabbriche milanesi di automobili che nei<br />
primi anni del secolo pullulavano in Lombardia.<br />
La n<strong>as</strong>cita della Società la si deve alla “operosa<br />
genialità” di Giuseppe De Vecchi (1878-1945). nel<br />
1903.<br />
Le sue automobili vantarono sempre una moder-<br />
nità di soluzioni che la posero all’avanguardia rispetto<br />
alle altre macchine prodotte in quegli anni.<br />
La De Vecchi può vantare nella sua produzione<br />
la prima vettura di serie che raggiungeva agevolmente<br />
i 100 kmh, la prima <strong>automobile</strong> con avviamento elettrico, il primo readiatore a pera<br />
(la FIAT lo adotterà solo nel ‘19 sulla 501, così come la Spa sul modello 9.000),<br />
tr<strong>as</strong>missione a cardano, ruote a raggi tangenti, carrozzerie levigate e tondeggianti.-<br />
De Vecchi aveva brevettato un particolare ponte posteriore fucinato e forato<br />
che, pur mantenedo una estrema rigidità, era molto leggero e veniva adottato di<br />
serie sulle vetture De Vecchi.<br />
Detto ponte era talmente intelligente ed interessante che la Daimler scambiò il<br />
diritto a sfruttare il brevetto De Vec-<br />
chi con la concessione ad utilizzare<br />
il particolare volano motore alettato<br />
che migliorava il raffreddamento dei<br />
motori di sua invenzione.<br />
Dopo l’esperienza fatta pres-<br />
so la Prinetti & Stucchi, durante la<br />
quale aveva avuto la ventura di la-<br />
vorare a fianco di Ettore Bugatti,<br />
Giuseppe De Vecchi apre la sua pri-<br />
ma officina a Milano in via Bertani al<br />
numero 16.<br />
Strada.<br />
Giuseppe De Vecchi al volante<br />
della prima vettura prodotta<br />
<strong>as</strong>sieme ad Ettore Strada<br />
Qui costruisce un motociclo e progetta una vettura <strong>as</strong>sieme all’amico Ettore
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 141<br />
E’ una vettura da città, la 10/12 HP che verrà comunque prodotta solo in<br />
seguito dopo aver fatta una società <strong>as</strong>sieme ad Ettore Strada e tr<strong>as</strong>ferita l’officina in<br />
via Peschiera 2.<br />
Nel novembre 1905 viene costituita la De Vecchi, Strada & C.<br />
Questa prima vettura rimane in produzione (con gli aggiornamenti del c<strong>as</strong>o)<br />
per ben quattro anni.<br />
Il 1908 esce dalla cordata Strada ed entra l’ing. Benedetti per cui la società<br />
cambia in De Vecchi & C. Accomandita per Automobili - Milano.<br />
morte di Giuseppe De Vecchi.<br />
Ancora una tr<strong>as</strong>formazione nel-<br />
la ragione sociale la troviamo nel<br />
1917 quando la fabbrica si tr<strong>as</strong>feri-<br />
sce in via Vallazze 105.<br />
Un anno dopo De Vecchi l<strong>as</strong>cia<br />
il settore automobilistico e crea una<br />
nuova fabbrica di molle in via Pelle-<br />
grini 5, la Società Italiana Molle Ac-<br />
ciaio De Vecchi la cui attività viene<br />
continuata dai figli anche dopo la<br />
La fabbrica delle auto viene <strong>as</strong>sorbita dalla CMN (Costruzioni Meccaniche<br />
Nazionali) che continua la produzione anche se con aggiornamenti, fino al 1922 (13<br />
luglio).<br />
La 10/12 HP presentata nel 1906 alla<br />
Esposizione Universale di Milano<br />
Tornando alla prima vettura costruita diremo che si trattava di un motore bi-<br />
blocco, 4 cilindri, valvole bilaterali, con tr<strong>as</strong>missione a catena .<br />
Nel 1908 questa vettura coglie un successo nella Padova-Bovolenta.<br />
Il periodo fino al 1913 fu molto proficuo per la C<strong>as</strong>a che ha in catalogo una<br />
lunga teoria di modelli.<br />
Troviamo la 16/20 HP Tipo A di 2800 cc, subito dopo entra in produzione la<br />
20/30 Tipo B di 4082 cc, con freni a m<strong>as</strong>celle contraenti collocati sui semi<strong>as</strong>si<br />
all’uscita del differenziale, e la grande 28/35 HP di ben 5426 cc.<br />
Nel 1911 vengono realizzati dalla De Vecchi i motori Monobloc e si produce<br />
la nuova 16/20 HP Tipo D che vede la nuova tendenza ad allungare la corsa del
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 142<br />
pistone. Tale caratteristica la si rileva anche nella nuova 20/30 che ha due motoriz-<br />
zazioni: una monobloc valvole unilaterali e l’altra biblocco che sarà l’anticipatrice<br />
della 25/35 HP che vedrà la luce l’ anno successivo.<br />
HP.<br />
La gamma dei modelli comprende anche la Tipo E 20/25 HP e la Tipo F 25/35<br />
Durante la Gran-<br />
de Guerra, come tutte,<br />
anche la De Vecchi si<br />
dedica a mezzi per l’<br />
Esercito, motori aereo-<br />
nautici e marini.<br />
Intanto l’attività<br />
sportiva procedeva di<br />
pari p<strong>as</strong>so mietendo<br />
successi in prestigiose<br />
gare come la Parma-<br />
Poggio di Berceto, la Targa Florio, la Coppa Florio ed il Criterium automobilistico<br />
di regolarità di Modena e tante altre prestigiose gare.<br />
I piloti erano lo stesso titolare De Vecchi e due giovani nei quali la C<strong>as</strong>a<br />
riponeva fiducia, e non sbagliava, dal momento che erano Tonino Ascari ed Ugo<br />
Sivocci, ambedue futuri <strong>as</strong>si del volante sportivo.<br />
L’ultima vettura prodotta dalla fabbrica De Vecchi fu la Tipo H 25/30 HP di<br />
3815 cc nel 1916.<br />
La vettura riscosse grande successo anche in campo internazionale tanto da<br />
interessare il Ministero della Guerra Russo che ne ordinò un grosso contingente.<br />
Vecchi.<br />
La Tipo H 25/30 HP prodotta il 1916<br />
(fornitura al Ministero della Guerra Russo)<br />
Si ha motivo di ritenere debba essere questa l'ultima vettura costruita dalla De
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 143<br />
Nazzaro<br />
Si può ben dire, senza tema di sbagliare, che l’Automobilismo italiano nacque<br />
in quel “campicello” che Giovan Battista Ceirano aveva creato a Torino all’inizio<br />
del secolo.<br />
Piloti collaudatori, ingegneri, intuizioni meccaniche, strategie, progetti di vetture<br />
nacquero tutti in quel cortile di Torino.<br />
Come detto a suo<br />
tempo, quando nel<br />
1898 la nuova nata<br />
FIAT rilevò uomini e<br />
cose dalla Ceirano, si<br />
trovò nel proprio seno<br />
uomini come l’ing. Fac-<br />
Tipo 2 - La prima vettura che fu sempre il modello b<strong>as</strong>e<br />
fino alla Tipo 4<br />
(Collezione Quattro Ruote - Milano)<br />
cioli e collaudatori<br />
come Lancia e Nazzaro.<br />
Felice Nazzaro<br />
era nato a Torino il<br />
1881 ed era figlio di un commerciate.<br />
Entrato alla Ceriano quale apprendista si trovò al fianco di Lancia, che sarebbe<br />
divenuto in seguito il suo grande amico, ma anche, il suo grande rivale storico.<br />
Anche nella Fiat si trovarono gomito a gomito ad alimentare questo misto di<br />
amore ed odio che li inseguirà per la vita.<br />
I loro caratteri erano agli antipodi ed era proprio questo che li univa in una<br />
salda amicizia.<br />
Vincenzo Lancia corpulento e sanguigno nelle sue irruente decisioni, Felice<br />
Nazzaro magro e freddo calcolatore che sapeva dosare il fisico ed il mezzo fino al<br />
traguardo.<br />
Iniziarono <strong>as</strong>sieme nella squadra Fiat a mietere alternativamente allori alla guida<br />
delle ottime vetture da corsa Fiat, accumulando nel mondo successo su successo.<br />
Non furono poche le volte che l’irruenza di Lancia veniva punita dalla sorte<br />
con un gu<strong>as</strong>to tecnico per cui la costanza e la saggia amministrazione di Nazzaro<br />
veniva fuori alla distanza premiandolo con una vittoria.<br />
In seguito, al pari di Lancia, anche Nazzaro l<strong>as</strong>ciò la Fiat per iniziare una sua<br />
personale avventura costruttiva, ma mentre per Lancia le cose erano sempre in<br />
chiave definitiva, Nazzaro non tagliò mai il cordone ombelicale con la Fiat ove tornò<br />
più volte fino a rimanerci definitivamente fino agli anni’40, epoca della sua morte.<br />
Era il 1911 quando Felice Nazzaro fonda la “sua” C<strong>as</strong>a costruttrice. Lo fa in
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 144<br />
via Circonvallazione della sua Torino confidando che il suo nome, ormai conosciuto<br />
nel mondo, faccia da elemento trainante per le sue vetture. In effetti prima ancora di<br />
entrare in produzione sono tante le richieste che le officine si debbono tr<strong>as</strong>ferire in<br />
corso Peschiera 250 in locali più ampii e meglio attrezzati.-<br />
La produzione inizia con una vettura a 4 cilindri, monoblocco, tr<strong>as</strong>missione a<br />
cardano cambio a 4 marce +RM, la Tipo 2. Veniva offerta in tre versione: p<strong>as</strong>so<br />
lungo, p<strong>as</strong>so corto e corsa.<br />
Furono immediatamente istituite delle agenzie commerciali all’estero e già nel<br />
1912 espose la vetture a Londra e Parigi.<br />
La sezione corse vedeva alla guida lo stesso Nazzaro e Fabry.<br />
Seguì la Tipo 3 e<br />
nel 1915 le vetture furono<br />
dotate di avviamento<br />
ed impianto illuminazione<br />
elettrici.<br />
Nel 1915 vide la<br />
luce la Tipo 4, che era un<br />
ulteriore miglioramento<br />
della vettura b<strong>as</strong>e e che<br />
montava un motore valvole<br />
in testa ed il radiatore<br />
a punta.<br />
Scoppiata la guerra<br />
la C<strong>as</strong>a si dedicò alla<br />
produzione di autocarri<br />
con motori Anzani.<br />
Purtroppo alla ottima<br />
progettazione ed<br />
esucuzione dei manufatti<br />
Vicenzo Florio e Felice Nazzaro<br />
non corrispondeva una altrettanto buona gestione amministrativa, per cui nel 1916<br />
la fabbrica, dopo aver prodotto 250 ch<strong>as</strong>sis per vetture e 50 per autocarri, fu costretta<br />
a mettersi in liquidazione.<br />
Lo stabilimento fu rilevato da Franco Tosi da Legnano che iniziò la costruzione<br />
di motori per aerei.<br />
Felice Nazzaro comunque non aveva rinunziato alla sua attività di costruttore<br />
per cui, con nuovi finanziamenti, nel 1919 fondò la Nazzaro S.A. con sede in piazza<br />
Baldinucci a Firenze.<br />
La produzione si b<strong>as</strong>ava sulla Tipo 5 con nuovo motore valvole in testa, radiatore<br />
a spigoli arrotondati, nuovo marchio (un leone con un cartello in bocca con<br />
scritto Nazzaro).
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 145<br />
Fu senz’altro questa (Tipo 5) la vettura più prestigiosa prodotta dalla Nazzaro<br />
con notevoli caratteristiche sportive tanto che alla Targa Florio del 1920 giunse in<br />
testa precedendo l’Alfa Romeo guidata da Enzo Ferrari.<br />
In quattro anni di attività furono prodotte<br />
250 vetture Tipo 5 che ovunque hanno<br />
riscosso successo ed ammirazione.<br />
Le vittorie sportive erano ormai all’ordine<br />
del giorno e ben raramente le automobili<br />
Nazzaro tradirono le <strong>as</strong>pettative.<br />
Felice Nazzaro si rivela un ottimo pilota<br />
ed un altrettanto ottimo costruttore.<br />
Ormai non vi era corsa che non lo<br />
vedesse ai n<strong>as</strong>tri di partenza:<br />
- Padova-Treviso;<br />
- C<strong>as</strong>telfranco-Padova-Vicenza-Padova;<br />
- Coppa della Consuma (con la scuderia Florio);<br />
- Susa-Moncenisio;<br />
Il motore della Nazzaro Tipo 2<br />
- Coppa Gordon Bennett sul circuito d’ Alvernia che può considerarsi l’equivalente<br />
dell’attuale Campionato Mondiale;<br />
- Coppa d’Oro d’ Italia (4000 km);<br />
- Gran Premio di Francia;<br />
... e tante altre prestigiosissime gare.<br />
Felice Nazzaro al volante di un "mostro" da 300 HP, la S<br />
76, esce dalle Officine FIAT di Torino
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 146<br />
Amilcar Italiana In effetti è molto difficile parlare dell’Amicar Italiana<br />
dal momento che questa società pur essendo sopravvissuta<br />
solo due anni in effetti ha operato in simbiosi<br />
con la Amilcar francese dal momento che il gruppo di<br />
imprenditori che la gestiva lavorava da anni importando<br />
i pezzi staccati della vetturetta francese che <strong>as</strong>semblava<br />
in Italia.<br />
La domanda che ci si pone è se la Amilcar debba<br />
essere considerata italiana solamente dal 1927 oppure<br />
dal 1925 anno di inzio produzione della Amilcar francese<br />
montata in Italia.<br />
Anche le pubblicità dell’epoca soffrirono di questo dubbio tanto che alcune<br />
vetture venivano commercializzate come Amilcar senza aggettivi ed altre come Amilcar<br />
Italiana.<br />
Proveremo a tracciare un profilo dell’azienda scusandoci per la poca chiarezza<br />
e le frammistioni inevitabili.<br />
La Société Nouvelle pour l’Autmobil Amilcar fu fondata a St. Denise nel 1921<br />
ad opera di Lamy e Akar ce fondendo i loro cognomi e modificando le lettere y e k<br />
diedero vita al nome Amilcar.<br />
Il suo primo modello fu la CC di 900 cc a quattro cilindri in linea. La sua forza<br />
consisteva nel prezzo contenuto e sulle buone doti meccaniche. Ulteriori modificazioni<br />
diedero vita alla CS ed alla C4. Le Amilcar conquistarono sempre buoni piazzamenti<br />
nelle competizioni cui parteciparono.<br />
Ai modelli sportivi furono affiancati due vetture da turismo con carrozzeria<br />
chiusa e precisamente la tipo E e la tipo L.<br />
Vetture di interesse furono il modello CGS caratterizzata dalla mancanza di<br />
differenziale, ed una bella siluro sport, la G6 del 1926, dotata di motore a 6 cilindri<br />
e due alberi a cammes di 1100 cc capace di toccare agevolmente i 200 Km/h.<br />
Per le solite ragioni fiscali di dazi doganali e t<strong>as</strong>se d’importazione in epoca<br />
imprecisata il montaggio delle vetture per il mercato italiano fu realizzato negli stabilimenti<br />
di Lecco dalla Compagnia Generale Automobili con sede a Roma.<br />
Questo creò enorme confusione dal momento che non fu mai chiaro sotto<br />
quale rapporto giuridico la società romana ha operto.<br />
A confondere ancora di più le già torbide acque si aggiunse, come detto, che<br />
spesso le vetturette portavano sul marchio la dicitura Amilcar Italiana.<br />
Si sa solamente per certo che il 1927 la ditta p<strong>as</strong>sò alla Società Industriale<br />
Lombardo Veneta Automobili con sede a Verona. Tuttavia anche in questo c<strong>as</strong>o<br />
non è stato mai possibile chiarire quale fosse la forma giuridica utilizzata per realiz-
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 147<br />
zare le vetture.<br />
Così come nacque la Amilcar italiana (ma è poi mai veramente nata?) così finì<br />
improvvisamente nel 1929 forse a causa della crisi mondiale.<br />
Sparì senza l<strong>as</strong>ciare tracce.<br />
La G6 con motore 6<br />
cilindri<br />
di 1100 cc<br />
(collezione conte<br />
C<strong>as</strong>telbarco)<br />
Il bel motore<br />
della G6<br />
con doppio albero<br />
a cammes<br />
Il modello C G S
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 148<br />
O.S.C.A.<br />
Prima del secondo conflitto mondiale i fratelli M<strong>as</strong>erati avevano ceduto la loro<br />
fabbrica pur essensosi impegnati a rimanerne alla direzione per almeno 10 anni.<br />
In tutti i c<strong>as</strong>i alla fine della guerra pensarono di realizzare quello che già pensavano<br />
da lungo tempo: una vettura Grand Prix.<br />
Tuttavia trovare i relativi finanziamenti non era<br />
cosa estremamente agevole, per cui ripiegarono su<br />
una vettura di media cilindrata accantonando momentaneamente<br />
il progetto Grand Pix.<br />
Nell’estate del 1947 la progettazione, i “tipi”<br />
in legno, le fusioni del monoblocco ed altro erano<br />
ormai pronti e si cominciò a montare la vettura negli<br />
scantinati della villa di M<strong>as</strong>erati.<br />
Per perseguire questo progetto i fratelli M<strong>as</strong>erati<br />
misero <strong>as</strong>sieme le loro forze e nell’autunno del 1947 fondano la O.S.C.A.<br />
(Officine Specializzate Costruzioni Automobili).<br />
Aprile 1948: la vettura (ancora da “vestire”) era pronta per iniziare i collaudi.<br />
Era una 1092 cc a 4 cilindri con un rapporto di compressione 11,5:1 dal momento<br />
che all’epoca erano consentiti carburanti miscelati.<br />
Aveva sospensioni<br />
anteriori a molle e posteriore<br />
a ponte rigido, monoblocco<br />
in ghisa e testa<br />
in alluminio, 72 CV a<br />
6000 giri, il telaio tubolare<br />
per abb<strong>as</strong>sare l’effetto<br />
torsionale. Il progetto iniziale<br />
aveva parafanghi<br />
motociclistici, pesava solo<br />
520 kg.<br />
La macchina, messa<br />
a punto durante l’estate<br />
era ormai pronta per<br />
schierarsi al G.P. di Napoli<br />
Ernesto M<strong>as</strong>erati prova la MT4 ancora "nuda"<br />
con alla guida Gigi Villoresi che, contro ogni previsione razionale, la portò alla vittoria!<br />
Il secondo “colpo gobbo” lo fece in ottobre al Circuito del Garda, ove Serafini<br />
dominò l’intera gara con la O.S.C.A.-<br />
Il 1949 portò ai fratelli M<strong>as</strong>erati ed alla loro vettura una serie lunghissima di
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 149<br />
allori.<br />
Anche il vecchio pilota Faggioli ne comprò una, e ne comprò una anche un tal<br />
Giulio Cabianca, uno sconosciuto veronese, che al Circuito del Tigullio surcl<strong>as</strong>sò il<br />
velocissimo Bracco che guidava una Cisitalia.<br />
Ormai la vettura era lanciatissima ed incontenibile!<br />
Intanto i M<strong>as</strong>erati<br />
prepararono una vettura<br />
con motore 1342 che si<br />
impose subito al Circuito<br />
del Garda sempre con<br />
Serafini che fu secondo<br />
solo a Gigi Villoresi su<br />
Ferrari 2000, ma prevalse<br />
su macchine come altre<br />
Ferrari, Cisitalia e la<br />
Morris 1100 guidata dal<br />
giovane Stirling Moss<br />
Nel frattempo Er-<br />
OSCA 110 MT4<br />
nesto M<strong>as</strong>erati stava elaborando il nuovo motore a due alberi a cammes in testa<br />
capace di erogare ben 86 CV malgrado si fosse dovuto ridurre il rapporto di compressione<br />
a 9:1 poichè i nuovi regolamenti imponevano benzine comuni. Ed il successo<br />
anche qui arrise all’ OSCA, che conseguì il primo di categoria alla Mille<br />
Miglia del 1950 guidata da Fagioli.<br />
I lusinghieri successi fecero rispolverare ai fratelli M<strong>as</strong>erati il progetto della<br />
monoposto Grand Prix per F1.<br />
All’epoca era da scegliere (per regolamento) tra un 1500 cc con compressore<br />
o un 4500 cc <strong>as</strong>pirato.<br />
L’ Alfa Romeo, la Ferrari e tutte le inglesi adottarono il 1500 cc conpressore,<br />
mentre Ernesto M<strong>as</strong>erati optò per un 4500 <strong>as</strong>pirato a 12 cilindri a V 60° con doppio<br />
albero a camme per testata. 330 CV a 6200 giri.<br />
Originale il sistema del biellaggio: le bielle di un lato scorrevano sui colletti di<br />
biella dell’ altro.<br />
Il motore girava già sul banco sin dal giugno 1950, ma il telaio non era ancora<br />
pronto.<br />
Tuttavia il principe siamese Bira volle acquistarne immediatamente un esemplare<br />
che fece istallare sulla sua M<strong>as</strong>erati 4CL conseguendo subito una serie di<br />
brillanti affermazioni fra cui al circuito di GoodWood in Inghilterra ed un significativo<br />
terzo posto all’ International Trophy inglese.<br />
Furono pronti i primi due telai F 1, ma le ristrettezze finanziarie della piccola<br />
azienda imposero l’immediata vendita delle due macchine.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 150<br />
Causa essersi privati dei due prototipi impedì la sperimentazione ed indusse<br />
l’azienda ad abbandonare il progetto F 1 e puntare sulle Sport.<br />
Innumerevoli i successi di cui ricorderemo il Gran Premio Vetturette di Monza<br />
(Bonetto e Sommer), Bologna -Raticosa (Bonetto), Vittorio Veneto-Cansiglio (Carini),<br />
Pontedera-Giovi (Bonetto) e Trieste- Opicina (Cabianca).<br />
Cessata la F 1<br />
M<strong>as</strong>erati si dedicò alla F<br />
2 (2000 <strong>as</strong>pirato 500<br />
compressore).<br />
La prima F 2 che<br />
aveva un motore di 170<br />
CV con blocco e testa<br />
in alluminio monofuso,<br />
cambio posteriore e<br />
ponte De Dion modificato<br />
dal francese Bayol<br />
che alla sua prima gara non riuscì ad andare oltre al quarto posto nel Circuito di Pau,<br />
ma conquistò la vittoria poco dopo sul Circuito di Aix-les-Bains.<br />
Tuttavia si p<strong>as</strong>sava di successo in successo per la categoria Sport e solo la<br />
rottura di un semi<strong>as</strong>se impedì che ci si afferm<strong>as</strong>se alla Targa Florio del 1952 dove<br />
la OSCA disputò una magnifica corsa.<br />
Intanto la fama volava prevaricando i confini e la maggior parte della produzione<br />
prendeva la via dell’ America.<br />
Il torinese Damonte vinse la 24 ore di Le Mans e Jacques Peron vinse il giro di<br />
Francia.<br />
Intanto i successi<br />
non si limitavano alla terra<br />
ferma, anche in campo<br />
nautico gli allori non<br />
mancarono e si registrarono<br />
vittorie clamorose<br />
ovunque.<br />
Il nuovo motore<br />
2AD era stato ancora<br />
potenziato e le prime cin-<br />
La monoposto F1 del 1951<br />
1500 del 1954<br />
(Museo San Martino in Rio - RE)<br />
que vetture equipaggiate da quel propulsore furono vendute in America ove Stirling<br />
Moss vinse (stracciando gli avversari) la 12 ore di Sebring suscitando la stupita<br />
ammirazione dei tecnici, dei piloti e dello stesso pubblico increduli delle mirabili<br />
prestazione di quel piccolo motore.<br />
Nuovi stabilimenti sono stati costruiti a San Lazzaro di Savena ove la C<strong>as</strong>a
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 151<br />
ebbe maggiori spazi vitali.<br />
Nel 1955 la OSCA progettò e costruì una vettura da record che avrebbe<br />
tentato di portare via innumerevoli record detenuti dalla Borward, dalla MG, dalla<br />
Porche.<br />
La vettura commissionata da un americamo (Simpson) fu condotta durante<br />
l’esperimento dall’ <strong>as</strong>so americano Bettenhausen e sul chilometro lanciato sul lago<br />
salato di Bonneville (Utah) raggiunse i 261,382 km/h spazzando in un sol colpo tutti<br />
i record delle altre c<strong>as</strong>e.<br />
Nel 1956 i piloti della OSCA erano Gigi Villoresi, Umberto Maglioli, Luigi<br />
Musso, Giulio Cabianca, Eugenio C<strong>as</strong>tellotti. Tutti nomi a caratura internazionale<br />
che, in simbiosi con le<br />
prestigiose vetture, razziarono<br />
le corse di tutto<br />
il mondo.<br />
Il piccolo motore<br />
di soli 1500 cc divenne<br />
una leggenda e tutto il<br />
mondo se ne interessò.<br />
OSCA 2000<br />
Questo tipo di vettura aveva il comando<br />
di distribuzione cosmodromico<br />
(Collezione privata)<br />
La Fiat volle acquistarne<br />
i diritti di costruzione<br />
e lo montò, “addolcito”<br />
nelle prestazioni<br />
dallo stesso M<strong>as</strong>erati,<br />
su una vettura Gran Turismo nel 1959: la FIAT-OSCA.<br />
Seguirono una 2000 cc, una 1600 GT e, essendo nata la formula junior, la<br />
M<strong>as</strong>erati ricominciò a costruire una monoposto.<br />
La 1600 GT fu l’ambito telaio cui carrozzieri come Zagato, Touring, Fissore,<br />
Boneschi che vollero apporre la loro prestigiosa firma creando dei gioielli imperituri.<br />
Purtroppo la spinta innovativa applicata a cercare sempre nuovi spazi per i<br />
motori che ormai erano i più potenti del mondo, non l<strong>as</strong>ciarono spazio alle ricerche<br />
sui telai che cominciarono a “datarsi” terribilmente.<br />
D’altra parte l’impegno per la produzione delle Gran Turismo avevano pesantemente<br />
minate le fondamenta della C<strong>as</strong>a che fu costretta nel 1963 a cedere la<br />
maggioranza del pacchetto azionario alla MV Augusta.<br />
L’attività dell’ OSCA proseguì per le vetture GT fino al 1966 anno in cui cessò<br />
definitivamente.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 152<br />
OSCA 1000 mod. Vallelunga<br />
OSCA 1500CC 4 cilindri<br />
Uno degli ultimi esemplari prodotti<br />
(Collezione privata)
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 153<br />
Cisitalia<br />
Correre, sempre più correre!<br />
Questo l’eterno desiderio dell’uomo in una incessante sfida con se stessi.<br />
Per chi poi ha provata l’ebbrezza della velocità agonistica, diviene un imperativo.<br />
E’ ciò che accadde a Dusio, industriale torinese,<br />
che aveva incrementato le proprie fortune con<br />
l’industria bellica oltre che buon pilota sportivo che<br />
godeva di stima e considerazione fra i “colleghi” più<br />
bl<strong>as</strong>onati.<br />
Il suo pensiero era che fosse necessario creare<br />
una Formula che utilizz<strong>as</strong>se vetture più semplici e meno<br />
costose: la Formula 3.-<br />
Non era facile far “digerire” questo concetto,<br />
anche se in Inghilterra aveva preso a serpeggiare insistentemente.<br />
N<strong>as</strong>ce così la Cisitalia, che coinvolge nomi<br />
di alta valenza (attuale o futura) come Dante<br />
Giacosa e Giovanni Savonuzzi.<br />
Ma, soprattutto, forte dell’identità di vedute,<br />
di un ottimo tecnico e pilota quale era l’<br />
ingegnere Piero Taruffi.<br />
La prima vettura che si mise in cantiere<br />
era una monoposto derivata da un motore Fiat<br />
1100B.-<br />
Il motore sostanzialmente era il vecchio<br />
motore 108S nato il 1933. Furono necessarie alcune modificazioni ed aggiornamenti<br />
che lo portarono a 60 CV, poi 70 ed infine con l’adozione di due carburatori<br />
giunse a viaggiare a ben 200 Km/h.<br />
Era nata la D47,<br />
era il 1946.-<br />
Era dotata di un<br />
buon motore, un telaio<br />
tubolare, cambio ad innesti<br />
rapidi a pedali, pesava<br />
solo 400 kg in or-<br />
La prima Cisitalia : la D 46<br />
(Collezione privata)<br />
Il frontale della D 46<br />
dine di marcia, ma in ristrettezza<br />
di mezzi economici,<br />
per cui non si
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 154<br />
riesce a spiegarne il successo.<br />
Ancora una volta aveva vinto l’intraprendenza imprenditoriale e ... il genio<br />
italico dell’arrangiarsi!<br />
L’esordio della vettura avvenne alla Coppa Bezzi nel Circuito del Valentino<br />
(Torino) nel settembre 1946 pilotate da Dusio, Nuvolari, Chiron, Sommer, Taruffi,<br />
Cortese e Biondetti. Un<br />
successo! Primo posto e<br />
piazzamento al secondo,<br />
terzo e quinto.-<br />
Con vero spirito<br />
imprenditoriale Dusio si<br />
era reso in condizione di<br />
offrire agli organizzatori<br />
di gare uno spettacolo<br />
completo.<br />
Malgrado dispo-<br />
nesse di grossi mezzi finanziari e di vetture competitive, non possiamo non stupirci<br />
nello scorrere l’elenco dei piloti ingaggiati e schierati al Gran Premio del Cairo (Egitto).<br />
Si leggono Bandi,<br />
B<strong>as</strong>adonna, Brivio, Chiron,<br />
Cortese, de Sauge,<br />
Ghersi, Giovanni Lurani<br />
(detto Giannino diminuitivo<br />
che lo ha seguito per<br />
tutta la vita), Marinotti,<br />
Pagani, Serafini, Taruffi,<br />
Cisitalia 202 spyder Frua<br />
(Collezione privata)<br />
La coupè 202 carrozzata Pininfarina<br />
Un esemplare di questa vettura è in esposizione<br />
permanente al Museo di Arte Moderna di New York<br />
Tenni ed il giovane pilota<br />
motociclistico Alberto<br />
Ascari.<br />
Il “Circo Dusio” si arricchì in seguito di nomi come Abec<strong>as</strong>si, Bonetto, Manzon,<br />
Shell, von Stuck che, attirati dalle indubbie doti della D 47 si interessarono alla<br />
vettura.<br />
Dusio “uscendo” dalla pista ora si rivolge a vetture anche di Gran Turismo e<br />
prepara una serie di fortunatissime e sensazionali vetturette per la Mille Miglia con<br />
guida di Nuvolari e Taruffi e dell’interesse di carrozzieri come Pininfarina che invogliato<br />
dal b<strong>as</strong>so profilo del telaio, crea una berlinetta ed una spyder di veramente<br />
rara eleganza che finì per fare scuola per la linea italiana.<br />
Il solo handicap era rappresentato dal fatto che essendo le vetture tutte realizzate<br />
con processo manuale, avevano un costo piuttosto alto.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 155<br />
Tuttavia ... l’orgoglio è sempre in agguato nella vita degli uomini, per cui Piero<br />
Dusio decide di costruire una vettura Grand Prix 1500 cc la cui realizzazione viene<br />
affidata allo Studio Porche avvalendosi del lavoro di Ferry Porche, Hruska, Carlo<br />
Abarth.<br />
Vengono approntati i componenti per 5/6 vetture, ma ne viene montato solo<br />
uno che non sentì mai l’odore dell’<strong>as</strong>falto in competizione!<br />
Per il progetto furono erogati 4/500 milioni (all’epoca era una fortuna!).-<br />
Intanto negli anni<br />
‘47/’48 erano state<br />
messe in cantiere (come<br />
dicevamo) una berlinetta<br />
ed una spyder che potevano<br />
essere ritenute la<br />
quintessenza della eleganza<br />
e funzionalità: la<br />
202.<br />
Tuttavia il “dopoguerra”<br />
si appiattiva<br />
verso una normalità’<br />
che sembrava molto<br />
duratura nel tempo e le<br />
vendite delle 202 andavano scemando.<br />
Cisitalia 202 D del 1952 costruita in unico esemplare per la<br />
Mille Miglia.<br />
Montava un propulsore marino B.P.M. 2736 cc con due<br />
carburatori doppio corpo<br />
(Collezione privata)<br />
Lo sforzo per produrre la Grand Prix 1500 si faceva sentire pesantemente,<br />
tanto da divenire quella vettura “l’arma del suicidio” della prestigiosa C<strong>as</strong>a Cisitalia.<br />
Nel 1949 la Cisitalia chiede l’amministrazione Controllata e nel successivo<br />
gennaio si apre la procedura di Concordato Preventivo.<br />
Con guizzo imprenditoriale Piero Dusio riesce a sottrarre alla debacle della<br />
Cisitalia gli studi della 12 cilindri Grand Prix e si tr<strong>as</strong>ferisce a Buenos Aires (ove<br />
erano in pieno fermento evolutivo) e costituisce la Autocar.-<br />
La Cisitalia continua, controllata dai creditori e dallo stesso Dusio che ha mantenuta<br />
una quota di partecipazione, nel 1952 e ‘53 producendo la 202 B e 202 C.<br />
Tuttavia i telai sono ormai Fiat di serie a longheroni e il corpo vettura deve<br />
necessariamente essere più alto e meno filante, per cui la vettura perde molto del<br />
suo f<strong>as</strong>cino malgrado i roboanti nomi di fant<strong>as</strong>ia, come “volo radente”, anche se<br />
costa meno.<br />
Il 1952 vede Dusio, indomabile, partecipare alla Mille Miglia con una 202 D<br />
che monta i generosissimi motori marini 2800 cc .<br />
Era fra le primissime posizioni quando il cedimento della frizione lo mette fuori<br />
causa.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 156<br />
Il tentativo di entrare nel mondo delle medio-alte non ha seguito e l’unico<br />
esemplare costruito per il Salone di Ginevra, rimane lettera morta.<br />
Nel 1952 la Società l<strong>as</strong>cia corso Peschiera e si ritira a Racconigi.<br />
Nel 1953 il nome di Dusio si dissolve e viene creata la Cisitalia Autocostruzioni.<br />
Ormai le grandi<br />
C<strong>as</strong>e hanno preso il sopravvento<br />
e si istallano<br />
ai posti che spettano<br />
loro. Il mercato è dominato<br />
dalla Giulietta<br />
Sprint, dalla 1200<br />
(1500) Fiat dalle Fulvia<br />
HF per cui l’attività non<br />
può che morire di inedia.<br />
L’ ultima Cisitalia, dal fant<strong>as</strong>ioso nome<br />
“Volo Radente”<br />
talia, sogno e miraggio degli sportivi dell’epoca.<br />
Era il 1963.<br />
Scompare così un<br />
nome prestigioso: Cisi
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 157<br />
Taruffi Piero<br />
Per chi, come me, ha avuto il grande<br />
onore di conoscerlo personalmente e la fortuna<br />
di frequentarci in buona amicizia negli<br />
anni ‘70, il solo parlarne è uno struggente<br />
ricordo che provoca brivido.<br />
Ci frequentavamo a Roma alla fine<br />
degli anni '70 <strong>as</strong>sieme ai comuni amici architetto<br />
Valerio Moretti, al prof. Federico<br />
Caprilli, ad Egon Hanus, ad Edoardo<br />
Fittipaldi, a Roberto Bonazzi (tutti fra i<br />
fondatori del movimento auto epoca in Italia)<br />
e questo per me rappresentava il mito<br />
che dialogava con un comune mortale quale<br />
sono io, gratificandomi della sua amicizia.<br />
Molte sere d’inverno, a tavola, lui raccontava le sue imprese che avevano il<br />
sapore di favola.<br />
Di personaggi e fatti ormai affidati ai libri di storia <strong>dell'</strong>automobilismo italiano<br />
lui ci raccontava per averli conosciuti e per aver spartito con loro gioie e dolori.<br />
Ero seduto a tavola con una fetta <strong>Storia</strong>!<br />
La tavolata, ove presenziava sua moglie, la gentile Signora Isabella, con noi,<br />
ristretto gruppo di amici e rispettive mogli, si zittiva d’incanto per <strong>as</strong>coltare la storia<br />
in diretta raccontata da uno dei maggiori Protagonisti.<br />
L’ingegnere Piero<br />
Taruffi era nato ad<br />
Albano Laziale, uno dei<br />
meravigliosi paesi disseminati<br />
sui C<strong>as</strong>telli romani<br />
il 12 ottobre 1906.<br />
Si è laureato in ingegneria<br />
meccanica, ma<br />
il suo grande sogno era<br />
Il bisiluro Tarf 1<br />
correre.<br />
Correva con suc-<br />
cesso in moto e correva con altrettanto, se non maggiore successo, in auto.<br />
Ma il suo “correre” su strada o in pista era un modo particolarissimo di correre.<br />
Le sue vittorie erano studiate meticolosamente a tavolino in tutti i minimi dettagli<br />
che poi, tr<strong>as</strong>feriti “sul campo”, difficilmente hanno fallito e solo perchè tradito dal
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 158<br />
mezzo che pilotava, mai per errore di calcolo.<br />
La serie di successi comincia per Lui nel 1923, a soli 17 anni, quando alla<br />
guida di una Fiat 501 vince la Roma-Viterbo e la Civitavecchia-Tolfa.<br />
Inutile tentare di elencare le competizioni e le vittorie. Diciamo solo che partecipò<br />
alle più prestigiose Gare nel Mondo: Mille Miglia. Indianapolis, 24 ore di Spa,<br />
Targa Florio, Giro della<br />
Sicilia, Gran Premio di<br />
Tripoli Gran Premio<br />
d’Italia, Carrera<br />
Messicana che vinse nel<br />
1951. Queste notizie<br />
sono tratte dagli appunti<br />
che prendevo, e da quanto<br />
mi è dato ricordare,<br />
quando, a cena, lui ci narrava delle sue Gesta.<br />
Il secondo bisiluro Tarf 2<br />
Nel 1931 entra nella Scuderia Ferrari che all’epoca si cimentava anche con le<br />
moto.<br />
Proprio a causa di questo (Taruffi si riteneva solo pilota di auto per la Ferrari e<br />
voleva gestire in proprio l’attività motociclistica) i rapporti con Enzo Ferrari si raffreddarono.<br />
Guidò nella sua lunga carriera praticamente tutte le più celebri auto del Mondo:<br />
Fiat, Bugatti, Itala, Alfa Romeo, M<strong>as</strong>erati, Auto Union, ERA, Delage, Cisitalia,<br />
Lancia, Ferrari, Cooper, Oldsmobile, Ford, Vanwall, Mercedes, Corvette.<br />
Con due sue creazioni battè i record di velocità sulla fettuccia di Terracina. I<br />
bolidi che montavano motori Guzzi e Gilera di 300 e 500 cc e M<strong>as</strong>erati da 2000 cc<br />
si chiamavano Tarf 1 e Tarf 2.-<br />
Precorse i tempi facendosi confezionare, nel 1933, dalla Madre e dalla sorella<br />
una imbracatura che lo tenesse fermo alla guida (antesignano delle cinture di sicurezza)<br />
e si fece fare un c<strong>as</strong>co metallico rigido in luogo dei c<strong>as</strong>chetti di stoffa dell’epoca.<br />
Chiuse la sua fulgida carriera con la Mille Miglia del 1957 pilotando una Ferrari<br />
offertagli da Enzo Ferrari con cui vinse la 24/a edizione.<br />
Consegnò così al Mondo la sua immagine di "giovane canuto" tanto da essere<br />
chiamato affettuosamente nell' ambiente sportivo "il corvo bianco" per la sua<br />
capacità di profittare, dopo aver studiato profondamente uomini e macchine, del<br />
pur minimo errore o cedimento della macchina o dello stesso pilota.<br />
P<strong>as</strong>sò alla <strong>Storia</strong> con l'immagine di "pilota ragionato" come nessun altro<br />
fece mai nella storia <strong>dell'</strong>automobilismo sportivo.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 159<br />
1951 - Al volante di una Ferrari nell' anno in cui vinse la Carrera Messicana
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 160<br />
Stanguellini<br />
L’azienda fu fondata a Modena nel lontano 1879<br />
da Celso Stanguellini, ma aveva ben altre finalità.<br />
Bisogna attende venti anni per trovare l’azienda in<br />
campo automobilistico.<br />
Ciò avvenne ad opera del figlio Francesco che,<br />
avendo conseguito qualche buon successo nel campo<br />
delle corse ed essendo divenuto<br />
concessionario Fiat,<br />
pensò di indizzare l’azienda<br />
verso questo settore emergente.<br />
Fu comunque Vittorio,<br />
il figlio, nel 1929 succedendo<br />
alla guida dell’azienda pur<br />
avendo solamente meno di<br />
20 anni a tr<strong>as</strong>formarla convertendola<br />
al mondo delle<br />
corse lavorando sui motori<br />
della Fiat.<br />
La 500 Sport realizzata nel 1939<br />
La prima vettura costruita su meccanica 1100<br />
Troviamo infatti<br />
nel 1936 la prima realizzazione<br />
su una Fiat<br />
508 Coppa d’Oro che<br />
si piazza onorevolmente<br />
alla Mille Miglia con<br />
l’equipaggio Righetti-<br />
Camillini. L’equipaggio<br />
anche se non è salito sul<br />
podio ha comunque realizzato<br />
un ottimo 4°<br />
posto.<br />
L’Anno successivo<br />
una macchina simile<br />
miete successi, guidata
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 161<br />
dal conte Rangoni.<br />
Solo nel 1938 la Stanguellini si organizza come squadra e si segnala per importanti<br />
realizzazioni in campo tecnico sopratutto con l’inizio della collaborazione<br />
con la ditta Torricelli di Modena, che realizza speciali carrozzerie per la categoria<br />
Sport Nazionale.<br />
La produzione di autovetture si specializza su due motori sopratutto: le 1100<br />
cc e la 500 che divenne poi 750.<br />
La prima vettura realizzata per la squadra Stanguellini fu una 1100 nel 1938.<br />
In seguito si effettuarono<br />
studi e venne costruita<br />
anche una 2800 cc.<br />
I successi in quegli anni<br />
furono ottenuti nella Targa d’<br />
Abruzzo, nella Mille Miglie<br />
ed in Africa nella Tripoli-<br />
Tobruch.<br />
Molti i piloti aderirono<br />
alla scuderia fra i quali<br />
Bertani, Baravelli, Pesci,<br />
Leoni, Leonardi, Zanetti,<br />
Fioruzzi Scagliorini e<br />
Filipponi.<br />
La m<strong>as</strong>todontica macchina con motorizzazione 2800<br />
Intanto la Stanguellini<br />
fu lesta a cogliere l’introduzione<br />
della nuova categoria<br />
Sport ed adottò immediatamente il nuovo telaio tubolare studiato con l’ingengere<br />
M<strong>as</strong>simino sulle proprie macchine.<br />
Intanto va ricordato che il rifacimento del cl<strong>as</strong>sico motore 1100 diede a questo<br />
propulsore grande incremento di potenza tanto che la Stanguellini riuscì ad avere<br />
ragione sulle Cisitalia e finanche sulla Ferrari 125.<br />
Produsse anche una berlinetta 1100 a quattro posti carrozzata da Bertone ed<br />
un modello sport da 1500 cc ricavato dal motore 1100 maggiorato.<br />
Bisogna attendere il 1948 per trovare la prima carrozzeria “siluro” ed il motore<br />
bialbero parto della collaborazione con il tecnico Golfieri che consentirono alla<br />
C<strong>as</strong>a di cimentarsi nelle cl<strong>as</strong>si 1100 e 1500 portati al successo da Sinigolfi e Siracusa<br />
(un valente pilota di Reggio Calabria) confrontandosi con motori più “bl<strong>as</strong>onati”.<br />
La C<strong>as</strong>a si orientò poi principalmente su macchine 750 cc che furono dotate<br />
nel 1955 di un motore quadro (62x62) facendo suoi parecchi titoli nazionali.<br />
L’anno successivo invece adottò un motore “piatto” a corsa corta (70x58)<br />
che furono brillantemente piazzati sul podio dei vincitori del Campionato Italiano da
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 162<br />
piloti come Lippi per la 750 Sport e Siracusa per la 1100 Sport.<br />
Da queste vittoria prese nuovo impulso la parte tecnica e la Staguellini vinse<br />
per la cl<strong>as</strong>se alla 12 Ore di Sebring e Lippi e Siracusa vinsero le categorie750 e<br />
1100 al giro di Sicilia<br />
L’avvento della formula Junior vede Stanguellini primo nel costruire una<br />
monoposto 1100 con propulsore ricavato dalla 1100 TV e che mise la c<strong>as</strong>a emiliana<br />
in posizione di imbattibilità per ben due annate sia in Europa che in America.<br />
Intanto si stava delineando una leader<br />
ship degli inglesi per cui Stanguellini<br />
tentò di opporsi con la Delfino presentata<br />
al Salone dell’ Auto di Torino del 1961. Si<br />
giunge così a spostare il motore posteriormente<br />
ed al telaio a traliccio. Tuttavia l’im-<br />
piego di un motore nazionale di 1300 ridotto<br />
a 1100 non portò successi nel<br />
carniere Stanguellini, così come non ne<br />
La versione definitiva della Junior monta un motore<br />
anteriore e vede la luce nel 1959<br />
Il prototipo formula Junior in f<strong>as</strong>e di<br />
collaudo con Fangio al volante (1958)<br />
portarono le vetture di F.2 ed<br />
F.3 negli anni 1961 e 1963.<br />
Già nel 1960 la<br />
Stanguellini si era cimentata<br />
nel collaborare per la messa<br />
a punto del “Nibbio” e nell’<br />
allestimento del telaio del<br />
“Colibri” che montava motori<br />
della Moto Guzzi e che risultò<br />
un piccolo bolide conqui-<br />
stando svariati records nelle cl<strong>as</strong>si 250 e 350 cc.<br />
Dopo questi insuccessi la Stanguellini abbandonò il mondo delle corse e si<br />
ritirò per curare l’attività commerciale e di <strong>as</strong>sistenza delle vetture nei propri stabilimenti.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 163<br />
Stanguellini vetrina<br />
La vettura che la Stanguellini appronta nei primi anni ‘60 equipaggiandola<br />
con motori di derivazione motociclistica forniti dalla Moto Guzzi<br />
di Mandello del Lario.<br />
La vettura si chiamò “Il Colibrì” e riscosse moltissimi successi internazionali<br />
nelle rispettive cl<strong>as</strong>si 250 cc e 350 cc
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 164<br />
Saba (Società Automobili <strong>Breve</strong>tti Angelino)<br />
La seconda Guerra Mondiale portò alla ribalta un nuovo mezzo che finì per<br />
divenire il logo di questa guerra: la Jeep.<br />
Cosa aveva questa piccola autovettura di tanto importante per colpire l’immaginario<br />
collettivo in modo così indelebile? semplicemente era dotata della trazione<br />
su tutte e quattro le ruote per cui era capace di viaggiare in condizioni di terreno al<br />
limite dell’impossibile.<br />
Una immagine oleografica la ritrae, rimanendo nella memoria di tutti, mentre<br />
sale una ripida scalinata.<br />
Questa tecnica fu adottata anche dalla qu<strong>as</strong>i totalità dei camions che parteciparono<br />
al grande conflitto.<br />
Noi sappiamo per esperienza di agricoltori che tutte le erbe che spuntano<br />
hanno avuto a monte un seme ed anche in questo c<strong>as</strong>o il seme c’è stato!<br />
Precisamente questo seme è rappresentato dalla Saba, industria milanese degli<br />
anni ‘25.<br />
Ma andiamo per ordine,<br />
Una lunga storia di esperimenti e prove è alle spalle della ditta che nel 1925<br />
presenta la sua prima vettura: la Stelvio.<br />
Era questa una vettura motorizzata da un quattro cilindri di soli 984 cc che<br />
erogava 22 Hp. Fu la prima ed unica vettura che la c<strong>as</strong>a produsse nei tre anni di<br />
attività.<br />
La Saba va ricordata comunque non per la sua Stelvio ma perchè fu l’antesignana<br />
in un campo nuovo, quello delle quattro ruote motrici che rappresentò il primo<br />
esempio di “fuoristrada” italiano.<br />
La Saba pensò alla possibilità di produrre un veicolo che avesse quattro ruote<br />
motrici ed addirittura le quattro ruote sterzanti individuando quali possibili utenti non<br />
solo i civili, ma addirittura l’Esercito.<br />
Nel 1927 ne fu costruito un esemplare, che però restò “figlio unico” stante le<br />
difficoltà finanziarie in cui si trovava l’azienda.<br />
Il veicolo si rivelò immediatamente interessante anche se i 22 Hp si rivelarono<br />
subito pochini per il gravoso compito cui era destinata; portava quattro persone e lo<br />
faceva veramente in condizioni impossibili!<br />
Furono effettuate molte prove ed in tutte ne uscì vittoriosa ed a testa alta.<br />
Come abbiamo detto intervennero una serie di fattori ostanti primo fra tutti<br />
quello finanziario e non ultimo l’eccessiva prudenza e diffidenza da parte dei vertici<br />
dell’Esercito nei confronti delle innovazioni.<br />
La Saba stretta alle corde dalle ormai pressanti difficoltà finanziarie chiuse i
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 165<br />
battenti nel 1928 dopo solo tre anni di vita di una vetturetta non eccessivamente<br />
interessante, la Stelvio, ma sicuramente con nello zaino una realizzazione che ha<br />
fatto strada tanto che oggi anche le normali vetture si stanno orientando verso la<br />
trazione integrale.<br />
L’interessante<br />
telaio della Saba<br />
a quattro ruote<br />
motrici e sterzanti<br />
che esaltavano<br />
la bontà<br />
dell’intuizione<br />
dei progettisti<br />
Due momenti<br />
molto interessanti<br />
delle prove della<br />
Saba 4x4 che<br />
dimostrano la<br />
estrema<br />
manovrabilità della<br />
vettura e le sue alte<br />
doti di arrampicatrice
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 166<br />
Alca “La Volpe”<br />
Quello di motorizzare il popolo fu sempre il sogno che l’uomo ha inseguito.<br />
Un esempio eclatante divenuto un “fenomeno industriale mondiale” lo troviamo<br />
in Germania con la Volkswagen (macchina del popolo). In qualsi<strong>as</strong>i telegiornale<br />
o foto attuale o d’epoca, sullo sfondo si vede sfrecciare una Volkswaghen<br />
Maggiolino.<br />
Comunque se la Volkswaghen ha veramente motorizzato il Mondo, altri e<br />
numerosi sono i c<strong>as</strong>i di tentativi, alcuni con discreto successo, altri senza nessuna<br />
fortuna.<br />
Un di questi sogni ha tentato di realizzarlo anche l’Alca (Anonima Lombarda<br />
Cabotaggio Aereo) di Milano nel 1947.<br />
La vettura che si prefiggeva di lanciare a diffusione capillare aveva un motore<br />
a due cilindri di 124 cc ubicato posteriormente e raffreddato ad aria capace di<br />
erogare 6 Hp a 4500 giri ed equipaggiava una vetturetta a due posti carrozzata<br />
spyder di soli 2,5 metri di lunghezza per solo un metro di larghezza.<br />
Insomma “La Volpe” (così si chiamava) doveva essere la macchina agile per<br />
districarsi nel traffico convulso (sic!) delle città italiane ma anche capace di correre<br />
sulle strade extraurbane per fare realizzare quel sogno di libertà ed autonomia che<br />
rese possibile poi l’enorme sviluppo dello scooter Vespa realizzato dalla Piaggio e<br />
della Lambretta costruita a Lambrate dalla Innocenti.<br />
La Volpe invece non trovò lo spazio sperato dai costruttori e dopo i primi<br />
esemplari costruiti si fermò definitivamente.<br />
a sinistra: La locandina pubblicitaria de<br />
“La Volpe”<br />
sotto: Un disegno della vetturetta
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 167<br />
Iso Rivolta<br />
La Iso in Italia è sinonimo di grosse e prestigiose vetture note per la loro<br />
efficenza nonchè per il lusso delle finiture che vengono costruite a Varedo (MI) nei<br />
locali della Iso Motors Company.<br />
Tuttavia la storia della Iso ha inizio sin dal 1939 anno in cui Lorenzo Rivolta<br />
fonda a Bresso una azienda di modeste dimensioni denominata Isotermos.<br />
Scoppiata la seconda guerra mondiale le attività sono sospese ed alla ripresa<br />
la Isotermos immette uno scooter denominato appunto Iso,<br />
motore a due tempi e ruote raggiate leggermente più grandi<br />
di quelle dei normali scoter, ma decisamente minori delle motociclette.<br />
Bisogna attendere il 1953 per vedere l’azienda tuffarsi<br />
nel campo automobilistico con una vetturetta originale quanto<br />
ingegnosa.<br />
La vettura si chiamava Isetta.<br />
Nel frattempo anche la denominazione cambia in Iso<br />
Automobili s.p.a. che immette sul mercato la curiosa <strong>automobile</strong><br />
a due posti con accesso da un unico sportellone ubicato anteriormente e con<br />
una carreggiata molto diversa tra dietro ed avanti. Infatti le ruote di dietro sono<br />
molto ravvicinate ed hanno<br />
una carreggiata intorno<br />
alla metà di quella anteriore<br />
le cui ruote sono fuori<br />
dalla sagoma<br />
dell’abitacolo.Per entrare<br />
ed uscire dalla vetturetta<br />
che monta un motore di<br />
200 cc un originale sistema<br />
fa scansare il volante di<br />
guida all’atto dell’apertura<br />
dello sportellone che occupa<br />
l’intero frontale.<br />
L’<strong>as</strong>petto rotondeggiante la faceva somigliare molto all’abitacolo di un elicottero.<br />
Il motore derivava direttamente da quello della motocicletta e pur essendo a<br />
due tempi funzionava a benzina essendo munito di una pompa a portata variabile<br />
per la lubrificazione.<br />
Non aveva differenziale essendo le ruote posteriori motrici molto ravvicinate<br />
fra loro e ricevevano il moto a mezzo di due catene e da un cambio a 4 marce.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 168<br />
La vetturetta raggiungeva gli 80 Km/h e consumava 4 litri di carburante per<br />
percorrere 100 Km.<br />
Pur sembrando un giocattolino, la vetturetta ebbe le sue soddisfazione partecipando<br />
anche alla Mille Miglia e piazzandosi ai primi quattro posti nella speciale<br />
cl<strong>as</strong>sifica “Indice di prestazioni”.<br />
Le prime consegne vennero nel 1954 con la variante di un motore di 236 cc,<br />
potenza invariata.<br />
La costruzione cessò nel 1956 quando la licenza fu venduta alla BMV che<br />
montò un motore monocilindrico 4 tempi di 256 cc e la commercializzò fino agli anni<br />
‘60 con il marchio BMV.<br />
Anche in Francia si costruì questa vetturetta da parte della Velam, in Spagna fu<br />
la Borgward-Iso Española a produrla, in Br<strong>as</strong>ile la Iso-Romi.<br />
La costruzione è senz’altro originale ed accativante tanto da riscuotere interesse<br />
da parte del pubblico italiano come vetturetta da città così come all’estero<br />
tanto da comprare la licenza di costruzione in parecchi paesi, come detto al paragrafo<br />
precedente.<br />
Dopo l’impegno nel campo delle micro la Iso torna al settore moto e bisogna<br />
attendere il 1963 per rivederla sui mercati con un prestigioso e lussuoso coupè<br />
denominato Iso Rivolta GT 300, carrozzato da Bertone ed equipaggiato con un<br />
potentissimo motore da 5300 cc, otto cilindri a V che erogava ben 300 Hp che<br />
veniva fornito dalla Chevrolet che lo utilizzava con successo sulla Corvette. Esisteva<br />
in contemporanea anche la Iso Rivolta GT 340 che erogava 340 Hp.<br />
L’auto era veramente al top per lusso e prestazioni per cui si piazzò fra le<br />
primissime nel mondo non essendo facile trovare una concorrente che alla linea<br />
indubbiamente bella del coupè Bertone affiancava grande lusso e perfetta comodità<br />
ai quattro p<strong>as</strong>seggeri.<br />
La vettura nata come vettura di elite destinata a pochi acquirenti ebbe invece<br />
una ottima diffusione<br />
sopratutto all’estero e specialmente<br />
negli Stati Uniti.<br />
A quella prima vettura<br />
fecero seguito altri modelli,<br />
sempre elegantissimi<br />
e prestigiosi come laA 3/<br />
lusso Grifo che non era<br />
ancora commercializzabile<br />
e che aveva la caratteristica<br />
alquanto strana di far<br />
La prima vettura di grossa cilindrata prodotta è una<br />
Iso Rivolta coupè carrozzata Bertone<br />
uscire dal cofano i tubi di<br />
scarico che, seguendo il
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 169<br />
profilo b<strong>as</strong>so della carrozzeria, scaricavano dietro i g<strong>as</strong> combusti. Vi fu anche una<br />
versione aperta con la stessa caratteristica che fu presentato al Salune dell’Auto di<br />
Ginevra nel 1964.<br />
Lo stesso anno fu presentoata al Salone di Torino la A 3 L berlinetta stradale<br />
progettata dall’ingegner Bizzarrini. La carrozzeria disegnata da Bertone e realizzata<br />
a Modena dalla Sports Car era in grado di raggiungere, spinta dai suoi 400 Cv<br />
generosamente erogati dall’ 8V Chevrolet era in grado di raggiungere agevolmente<br />
i 270 Km/h.<br />
Questo modello fu poi prodotto in serie, previe piccole modifiche, dall’ing<br />
Bizzarrini quando, l<strong>as</strong>ciata la Iso Rivolta, si impiantò in proprio.<br />
Una vettura da ricordare fu la Super Grifo presntata a Ginevra nel 1968 equipaggiata<br />
con un motore Corvette 427 di ben 7000 cc e 410 Cv che raggiungeva i<br />
285 Kh/h. La vettura si differenziava dalla Grifo per via di una presa d’aria sul<br />
cofano anteriore necessaria per fare spazio al voluminoso propulsore.<br />
Nello stesso anno il nome della S4, una grossa vettura berlina, cambiò in Iso<br />
Rivolta Fidia.<br />
Nel 1969, su ordinazione di un cliente americano, Bertone realizzò per la Iso<br />
Rivolta una GT a 4 posti dalla linea moderna e gradevole.<br />
Questa vettura venne prodotta in serie dopo qualche mese con il nome di<br />
“Lele”.<br />
In effetti aveva l’usuale motre Chevrolet di 5300 cc che poteva erogare 300<br />
oppure 350 Cv, telaio a piattaforma, ponte posteriore De Dion, freni a disco, cambio<br />
a quattro velocità.<br />
Nel 1970 la Grifo da 5300 e 7000 cc subirono modifiche alla carrozzeria<br />
sopratutto nella sezione<br />
frontale. Le IR 300 e 340<br />
invece uscirono di produzione.<br />
Nel 1972 la fabbrica<br />
si tr<strong>as</strong>ferì a Varedo in viale<br />
Monterosa per costruire<br />
una nuova vettura il cui<br />
nome era quello della cittadina<br />
lombarda.<br />
La Varedo era una<br />
sportivissima GT disegnata<br />
dall’ing. Bizzarrini, con<br />
motore Ford “Cobra Jet”<br />
di 5700 cc erogante 325<br />
Cv ed allocato al centro<br />
La grossa berlina S4 carrozzata Bertone<br />
prende il nome definitivo di Fidia
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 170<br />
vettura.<br />
La linea particolarmente filante, l’altezza della macchina di soli 105 cm accoppiati<br />
a ben 412 cm di lunghezza e sopratutto a 193 di larghezza ne facevano una<br />
tavola aderente alla strada per cui si potevano raggiungere e mantenere con discreta<br />
sicurezza i 300 Km/h.<br />
Tuttavia l’auto, per una serie di circostanze contingenti non entrò mai in produzione<br />
e rim<strong>as</strong>e allo stadio di prototipo.<br />
Ma il mondo delle corse non poteva non attrarre la Iso Rivolta, per cui nel<br />
1973 allestisce alcune monoposto per la F.1 con motori Ford Cosworth che furono<br />
condotte in gara da piloti prestigiosi come Gnley, Galli, Pescarolo, Ickx e Van Lennep<br />
riscossero discreti successi nelle gare valide per il Campionato Mondiale Conduttori.<br />
Poco prima che la Iso Rivolta venga ceduta ad un gruppo finanziario americano<br />
<strong>as</strong>sumendo la denominazione di Iso Motors Company, La Iso aveva modificato<br />
la Lele rendendola più sportiva e competitiva. Con questa nuova vettura battezzata<br />
Iso Rivolta Malboro viene stipulato l’accordo con la nota c<strong>as</strong>a di sigarette internazionale<br />
per correre la F.1. Pilota ufficiale per il 1974 è Arturo Merzario.<br />
Ri<strong>as</strong>sumendo nel 1974 la Iso ha in produzione la Grifo GL, La Fidia, La Lele<br />
e la Lele Sport.<br />
La Iso Malboro<br />
di F.1 condotta<br />
da Arturo<br />
Merzario<br />
sul circuito del<br />
GP di Montecarlo<br />
nel 1974
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 171<br />
Bizzarrini<br />
Questa volta la nostra storia si impernia anzichè sulla marca sul costruttore e<br />
questi è l’ingegnere Giotto Bizzarrini.<br />
Nato a Quercianella in provincia di Livorno nel 1926 si laurea in Ingegneria ed<br />
insegna presso l’Universita di Pisa.<br />
Tuttavia è un grande app<strong>as</strong>sionato di automobili<br />
per cui butta alle ortiche l’insegnamento nella prestigiosa<br />
città toscana ed inizia la sua collaborazione con<br />
l’ufficio esperienze dell’ Alfa Romeo, dove lo ritroviamo<br />
impiegato nel 1954.<br />
App<strong>as</strong>sionato, estroso e competente suscita immediatamente<br />
gli appetiti di varie c<strong>as</strong>e automobilistiche<br />
fra cui la mitica Ferrari cui non sa resistere.<br />
Si impegna subito alla messa a punto di vetture molto prestigiose come la GT<br />
2+2, la leggendaria berlinetta GTO e la Testa Rossa di 3000 cc.<br />
I panni di subalterno però gli vanno presto stretti per cui si licenzia e l’anno<br />
successivo crea a Livorno l’ Autostar che ha come oggetto sociale la progettazione<br />
e creazione di motori e vetture.<br />
La sua prima creazione<br />
in veste di imprenditore è il<br />
motore 12 cilindri da 3500 cc<br />
che viene immediatamente<br />
acquistato dalla Lamborghini.<br />
Contenporaneamente<br />
collabora con la Iso Rivolta<br />
e determina la n<strong>as</strong>cita della<br />
prima vettura Iso.<br />
Inizia il suo rapporto<br />
La Bizzarrini GT Strada<br />
con la Iso Rivolta creando, ed affidando la realizzazione della carrozzeria al prestigioso<br />
Bertone, due modelli per cui n<strong>as</strong>cono la Iso Grifo A 3 L e la Iso Grifo A 3 C<br />
da competizione.<br />
Quest’ultima vettura partecipa per due anni consecutivi alla 24 ore di Le Mans<br />
piazzandosi prima nella categoria Gran Turismo.<br />
In conseguenza alla rottura dei rapporti con la Iso l’ing. Bizzarrini produce in<br />
proprio la vettura progettata, la Iso Grifo, modificandone il nome in Bizzarrini GT<br />
Strada.<br />
Seguono i modelli GT Spyder 5300 e 538 Sport che ha il motore al centro<br />
dell’abitacolo.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 172<br />
La Bizzarrini SpA in cui si è tr<strong>as</strong>formata la sua società produce a questo punto<br />
la GT Europa che fa vestire in vetroresina, meccanica Fiat 1500 ma motore aumentato<br />
a 1900 cc che ragginge i 200 Km/h.<br />
Questa è l’ultima vettura prodotta dalla Bizzarrini SpA e con essa chiude la<br />
f<strong>as</strong>e di costruzioni.<br />
In seguito, al salone di Torino del 1968, presenta la Manta cui fa seguito una<br />
GT sperimentale.<br />
Dopo non ha voluto più fare nulla in proprio e dal 1971 collabora con il figlio<br />
che ha impiantato con un collega uno studio di progettazione, il Laboratorio Auto-<br />
Motori, in un paese dell’hinterland livornese.<br />
L’ultima presentazione che fa capo ufficialmente a Bizzarrini è una vettura esposta<br />
al salone di Torino del 1972 quale prototipo derivato dalla ottima meccanica della<br />
Fiat 128 Rally.<br />
La Manta presentata al salone di Torino del 1968<br />
La Bizzarrini GT Europa montava meccanica Fiat 1500<br />
equipaggiata con motore 1900 - Carrozzeria in vetroresina
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 173<br />
M<strong>as</strong>erati<br />
A Bologna la mattina del 14 dicembre 1914,<br />
in via de’ Pepoli, tal Alfieri M<strong>as</strong>erati apre per la<br />
prima volta la porta della sua officinetta e dà la<br />
stura ai suoi sogni che certamente, come tutti i<br />
sogni, sono di splendore, notorietà e ricchezza.<br />
Ma quella mattina stava inziando il sogno<br />
che avrebbe dovuto poi portare a traguardi nemmeno<br />
osato immaginare dal signor Alfieri, app<strong>as</strong>sionato,<br />
competente, pilota.<br />
Eppure in quel momento, inconsapevole,<br />
Alfiere M<strong>as</strong>erati<br />
stava dando vita ad un pezzo di <strong>Storia</strong> italiana e<br />
mondiale nel campo delle automobili!<br />
Chi era Alfieri M<strong>as</strong>erati? Figlio di un ferroviere originario di Piacenza che si era<br />
stabilito a Voghera con la moglie dalla quale aveva avuto ben sette figli m<strong>as</strong>chi, il<br />
primo dei quali, si impiegò presso la Isotta Fr<strong>as</strong>chini di Milano. Qui nello stesso<br />
anno chiamò anche il fratello minore Alfieri, così chiamato per volontà dei genitori<br />
che vollero “rimpiazzare” il terzogenito morto in tenera età.<br />
La p<strong>as</strong>sione per le corse lo portaro presto alla Bianchi che lo impegnò in molte<br />
corse all’estero. Già nel 1900 aveva vinto una gara motociclistica con una moto da<br />
lui progettata e costruita.<br />
In seguito fu Direttore generale della Jonior di Milano.<br />
Ma il suo sogno era diventare lui stesso un costruttore di auto da corsa e quella<br />
famosa mattina nei suoi intendimeti era iniziare elaborando autotelai della Isotta Fr<strong>as</strong>chini.<br />
Solo alla fine della prima Guerra Mondiale, Alfieri M<strong>as</strong>erati, coadiuvato dai<br />
fratelli Ettore ed Ernesto, tr<strong>as</strong>ferisce l’officina alla periferia cittadina, rilevando le<br />
Officine del Ponte Vecchio, ove la troica poteva lavorare più comodamente.<br />
Ritroviamo Alfieri M<strong>as</strong>erati nel 1922 che collabora con la Diatto fino al 1924<br />
anno in cui ha realizzato un motore a 8 cilindri, sovralimentato, di 2000 cc di cilindrata.<br />
L’esperienza fu uno zuccherino per cui nel 1926 costruisce in proprio una 8<br />
cilindri sovralimentata di 1500 cc rispondente ai canoni imposti dalla nuova formula<br />
internazionale per i Gran Premi.<br />
La vettura primogenita, che fu denominata Tipo 26, fece il suo esordio in aprile<br />
di quell’anno in Sicilia partecipando alla Targa Florio, guidata dallo stesso Alfieri,<br />
ove si aggiudica il primo posto di categoria ed nono <strong>as</strong>soluto. Nel frattempo anche<br />
Ernesto, ultimo dei fratelli, partecipa a molte competizioni contribuendo a far cono-
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 174<br />
scere quella sconosciuta marca che era ancora la M<strong>as</strong>erati dal curioso stemma<br />
raffigurante il tridente della fontana del Tritone e che portava immediatamente il<br />
pensiero a Bologna città dei M<strong>as</strong>erati.<br />
La 26 fu seguita dalla 26 B e contiuò la sua cavalcata vittoriosa partecipando,<br />
e ben piazzandosi, in una miriade di competizioni, anche<br />
in prestigiose come il Gran Premio d’Italia, la gara<br />
di Tripoli per arrivare finanche alla Mille Miglia del ‘29<br />
a tenere “sotto schiaffo” le squadre ufficiali dell’Alfa<br />
Romeo, i cui prestigiosi volanti erano stretti fra le mani<br />
di Varzi e di Campari, e della Bugatti. Per tutta la corsa,<br />
la M<strong>as</strong>erati ha dominato, perlomeno fino a Terni, ove<br />
... galeotto fu il ponte posteriore e la vettura guidata da<br />
Ernesto M<strong>as</strong>erati fu costretta al ritiro.<br />
Il 1929 vide comunque la n<strong>as</strong>cita della 4 che ebbe<br />
caratteristice a dir poco eccezionali.<br />
Il motore di 4000 cc era un 16cilindri a V disposti su due file con un angolo di<br />
35° dotati di due distinti alberi motori, come due erano gli impianti di accenzione e di<br />
alimentazione anche se impiantavano su un unico b<strong>as</strong>amento. In effetti altro non era<br />
che un motore che accoppiava<br />
su un solo b<strong>as</strong>amento<br />
due motori della 26 B.<br />
Un ingranaggio collegava<br />
i due alberi a gomito alla<br />
tr<strong>as</strong>missione.<br />
La vettura esordì<br />
guidata da Alfieri a Monza,<br />
ma il trionfo fu per<br />
mano di Baconin Borzac-<br />
M<strong>as</strong>erati 26 B<br />
(Museo dell’<strong>automobile</strong> Biscaretti Ruffia - Torino)<br />
chini che la portò a vincere<br />
il record mondiale su<br />
10 Km alla strabiliante<br />
velocità di 246,069 Km/h.-<br />
L’influenza che all’epoca avevano i records sull’immaginario collettivo era enorme<br />
per cui la M<strong>as</strong>erati saltò immediatamente in cima alle cl<strong>as</strong>sifiche delle preferenze.<br />
Tutti i modelli M<strong>as</strong>erati subirono varie modifiche e fu perfino creato un nuovo<br />
8 cilindri di 1100 cc. sovralimentato per contr<strong>as</strong>tare le squadre francesi ormai dominatrice<br />
fra le “vetturette”.<br />
Comunque fu il 1930 che pose la M<strong>as</strong>erati al top avendo vinto tutte le competizioni<br />
con la sua 26 M (stava ad indicare l’evoluzione della vettura b<strong>as</strong>e) che aveva
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 175<br />
un potente motore da 2500 cc.-<br />
Infatti la nuova vettura rappresentò un enorme progresso tecnico anche per il<br />
grande utilizzo di fusioni in lega leggera.-<br />
Raccolse vittorie ancora a Tripoli, alla Targa Florio ed al Gran Premio di Roma<br />
ove ebbe ragione anche dell’Alfa Romeo P2 aggiornate ed ancora una volta delle<br />
Bugatti. Altre vittorie ad Avellino e sul circuito del Montenero in quel di Livorno.<br />
Stante lo sconvolgimento creato dalla M<strong>as</strong>erati si creò un movimento di piloti<br />
eccezionale dal momento che le altre costruttrici volevano tornare a vincere. E’<br />
questo il momento che Tazio Nuvolari va alla Ferrari (nata da pochissimo) e Varzi<br />
alla stessa M<strong>as</strong>erati che non voleva cedere spazi e ... scettro.<br />
Al gran Premio di Spagna, che si svolgeva a San Seb<strong>as</strong>tian, Varzi porta alla<br />
vittoria la sua M<strong>as</strong>erati seguito dal compagno di scuderia Maggi.<br />
Ormai riteniamo impossibile elencare le vittorie della C<strong>as</strong>a Bolognese senza<br />
temere di diventare uggiosi e ripetitivi.<br />
Malgrado gli ormai<br />
reiterati successi però le<br />
condizioni economiche<br />
dell’azienda non erano fra<br />
le migliori. Troppo grandi<br />
gli impegni finanziari per<br />
una azienda artigianale ricca<br />
di allori, ma povera di<br />
soldi.<br />
La M<strong>as</strong>erati A 6 1500 berlinetta<br />
carrozzata da Pininfarina<br />
(collezione privata)<br />
Fu ancora l’intelligenza<br />
di Alfieri a salvare<br />
l’azienda “dosandola” in<br />
modo da garatirne la so-<br />
pravvivenza (abbiamo più volte visto in questo volume come i p<strong>as</strong>si troppo lunghi<br />
hanno finito sempre per procurare la morte di una miriade di pur buone aziende).<br />
Intanto, more solito, i successi sportivi hanno attirato l’attenzione del pubblico<br />
estraneo al mondo delle competizioni.<br />
Al salone dell’ Auto di Milano del 1931 troviamo così una 26 B carrozzata da<br />
C<strong>as</strong>tagna in versione Gran Sport e, verso la fine dell’anno, anche Zagato volle<br />
dedicarle una carrozzeria.<br />
Tuttavia sull’esperienza della nuova 1100 4C TR la M<strong>as</strong>erati decise che era<br />
troppo oneroso il costo e dimezzò i cilindri dando la stura alla sua lunga serie di 4<br />
cilindri.<br />
Questa fu l’ultima operazione fatta da Alfieri M<strong>as</strong>erati che a soli 44 anni morì<br />
improvvisamente il 3 marzo 1932.<br />
La immatura scomparsa del fondatore fu un duro colpo per i fratelli M<strong>as</strong>erati,
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 176<br />
ma decisero di “darci sotto” per onorare la memoria del congiunto.<br />
Coadiuvati anche dall’altro fratello, Bindo, tornarono agli otto cilindri con un<br />
prestigoso 3000 cc montato su una monoposto chiamata 8 CM, l’unica in grado di<br />
tenere testa onorevolmente alla nuova Alfa Romeo P 3.<br />
La nuova vettura ricominciò a mietere allori e consensi al G.P. di Tunisia, al G.P.<br />
di Belgio guidata da Tazio Nuvolari, nel G.P. di Nizza e nella Coppa Ciano senza<br />
dimenticare la vittoria di Campari al G.P. dell’ A.C.F. di Montlhery.<br />
Mentre l<strong>as</strong>ciamo la M<strong>as</strong>erati ad altre innumerevoli successi, ricordiamo che<br />
nel 1940 la M<strong>as</strong>erati aveva l<strong>as</strong>ciata Bologna per tr<strong>as</strong>ferirsi a Modena in via Menotti.<br />
Qui costruirono durante la guerra qu<strong>as</strong>i esclusivamente veicoli elettrici.<br />
Tuttavia a causa di divergenze con i soci Orsi, l<strong>as</strong>ciarono Modena e fecero<br />
ritorno a Bologna ove fondarono l’Osca.<br />
Comunque la c<strong>as</strong>a del tridente continuò a costruire ispirandosi ai modelli anteguerra<br />
fin quando venne presentato il modello A6 che era una berlinetta da 1500 cc,<br />
6 cilindri in linea ed un solo albero a camme in testa carrozzata da Pininfarina.<br />
Questa rappresenta<br />
la prina vera vettura<br />
M<strong>as</strong>erati realizzata a fini<br />
commerciali prescindendo<br />
dalla competizione.<br />
Seguì un periodo<br />
alquanto buio per la<br />
M<strong>as</strong>erati tanto che tutto<br />
faceva temere il peggio,<br />
ma nel 1956 ha una im-<br />
pennata di orgoglio e<br />
torna alle corse con la A6<br />
GCM.<br />
Già nel 1954 si era<br />
Il successo della M<strong>as</strong>erati 3500 carrozzata 2+2 da Touring<br />
salvò nel 1958 l’azienda dal fallimento mentre era già sotto<br />
amministrazione controllata. (Collezione privata)<br />
visto n<strong>as</strong>cere il modello A6 G 54 “addomesticato” per l’utenza commerciale carrozzato<br />
spyder e coupè da Zagato, Frua ed anche da Allemanno.<br />
Ormai l’azienda aveva sviluppata una sua sezione commerciale che operò una<br />
osmosi continua fa motori sportivi e motori commerciali.<br />
Nel 1963 nacque la Quattroposti che voleva inserirsi nel mercato delle ammiraglie<br />
di lusso per coloro che non volevano dimenticare un p<strong>as</strong>sato brillante e sportivo.<br />
Vennero poi i modelli Mexico, Ghibli, Indy, Bora con motore posteriore centrale.<br />
Con la Khamsin del 1973 si tornò alla disposizione cl<strong>as</strong>sica degli organi meccanici.<br />
Tuttavia un grosso “grazie” la M<strong>as</strong>erati deve dirlo alla M<strong>as</strong>erati 3500GT carrozzata<br />
da Touring perchè quando nel 1958 l’azienda stava per saltare, tanto da
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 177<br />
essere sotto amministrazione controllata, fu proprioil grande successo di questa 2+2<br />
a risollevarne le sorti.<br />
La produzione della 3500 GT finì nel 1964 ma sull’onda lunga di questa bella<br />
GT proseguirono il cammino la Sebring e la Mistral di Frua.<br />
L’attività sportiva comunque continuò e vi furono vari accordi con costruttori<br />
stranieri, come la Cooper con la quale l’accordo durò due anni.<br />
Le crescenti difficoltà convinsero nel 1968 gli Orsi a cedere l’azienda alla<br />
Citroën che ne <strong>as</strong>sunse il controllo anche se alla direzione tecnica rim<strong>as</strong>e l’ingengere<br />
Alfieri (omonimo ma non parente del fondatore).<br />
L’ing. Alfieri in questo periodo studiò e realizzò un nuovo motore 6 cilindri a V<br />
di 2670 cc che equipaggiò la Citroën-M<strong>as</strong>erati SM.<br />
Lo stesso motore equipaggiò la Merak un coupè disegnato da Giugiaro.<br />
La grossa berlina<br />
denominata<br />
Quattroporte risultò<br />
essere una macchina<br />
molto gradita all’utenza<br />
che la adottò per le sue<br />
doti sportive e le<br />
preziose finiture
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 178<br />
Abarth<br />
La storia dell’Abarth inizia nei primi mesi del 1949<br />
quando Carlo Abarth nato a Vienna nel 1908, ma figlio<br />
di un italiano, decide di tornare in Italia dalla Iugoslavia<br />
dove dirige una officina e si butta nella mischia automobilistica.<br />
Si stabilisce a Merano, sua città di origine ed inizia<br />
una attività con Rodolfo Hruska.<br />
Succede poi che, Ferry, figlio dell’ingengere Ferdinando Porsche (il grande<br />
progettista della Volkswagen) essendo amico di famiglia offre a Carlo Abarth la<br />
rappresentanza per l’Italia della Porsche Konstruktionen di Stoccarda consentendo<br />
così a Carlo Abarth ed a Hruska di entrare in rapporti con le maggiori industrie<br />
automobilistiche italiane.<br />
Contemporaneamente i due vengono incaricati di cercare un industriale per<br />
realizzare il prototipo e la conseguente costruzione della monoposto F.1 di 1500 cc,<br />
motore posteriore con tutte e quattro le ruote motrici che Ferdinand Porsche aveva<br />
progettato.<br />
Fu Tazio Nuvolari a metterli in contatto con Piero Dusio, il torinese costruttore<br />
della Cisitalia.<br />
A seguito alle traversie intervenute per Dusio, questi ripara in Argentina portandosi<br />
dietro anche la monoposto di Porsche.<br />
E’ per lui necessario ricominciare tutto daccapo per cui fonda a Torino, in via<br />
Trecate la Abarth & C. scegliendo come marchio uno scorpione che è il suo segno<br />
zodiacale.<br />
Carlo non è ingegnere, ma solo un app<strong>as</strong>sionato ed un buon praticone, ma<br />
dalla sua mente escono soluzioni originali quale il telaio a crociera con grossi tubi<br />
ellittici, il radiatore su supporti el<strong>as</strong>tici, l’avantreno smontabile con molta facilità.<br />
Inizia rielaborando alcune Cisitalia che già nel primo anno raccolgono ben 18<br />
vittorie.<br />
Impianta contemporaneamente una fabbrica di marmitte di scarico che aveva<br />
il compito di alleggerire le spese da affrontare per le corse.<br />
Era un abile miscelatore<br />
di propellenti (allora<br />
le auto da corsa erano<br />
alimentate con miscele di<br />
alcool, ma un clamoroso<br />
quanto in<strong>as</strong>pettato insuc-<br />
cesso in Spagna delle sue<br />
vetture, le 204, fa sì che<br />
Le prime vetture costruite dalla Abarth<br />
allineate avanti alla sede a Torino
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 179<br />
molti che le avevano ordinate disdicessero la commissione.<br />
Oltre alle marmitte che ormai sono montate su molte autovetture sia in Italia<br />
che all’estero da molti che ritengono una marmitta Abarth un segno di sportività<br />
(oltre che alla effettiva validità che consentiva rese migliori per i motori) egli produce<br />
anche collettori speciali, molle ed addirittura, seguendo una moda che va prendendo<br />
piede, leve del cambio sotto al volante in luogo delle originali sul pavimento. Le<br />
marmitte sopratutto rappresentano un vero successo e fino al 1971 ne aveva costruite<br />
ben tre milioni mezzo di pezzi per 350 modelli di autovetture.<br />
Al salone dell’ Auto di Torino Abarth presenta la berlinetta 204 derivata da<br />
meccanica 1100 che monta collettori speciali nonchè alcune novità Porsche molto<br />
avanzate come la sospensione<br />
a barra di torsione.<br />
La vettura riesce a toccare<br />
e mantenere bene i 190<br />
Km/h. Ne produce anche<br />
un modello spider con la<br />
quale Nuvolari, nella Palermo-Monte<br />
Pellegrino, si<br />
aggiudica la ultima vittoria<br />
della sua leggendaria car-<br />
2000 Sport prototipo al Mugello - Alla guida Merzario<br />
riera.<br />
La stampa specializzata<br />
lo definisce immedia-<br />
tamente “il mago” ed “il truccatore”, eticchette che lui respinge con sdegno dal<br />
momento che afferma di operare solamente sui motori per spremere fuori potenze<br />
che in comuni auto di grande serie debbo rimanere di riserva per garantirne la longevità<br />
e l’affidabilità nel tempo.<br />
Ormai la sua produzione si articola in quanttro branche: fabbrica di marmitte<br />
ed altri particolari; elaborazioni di auto prodotte in grande serie; auto sport interamente<br />
progettate e costruite in c<strong>as</strong>a; macchine da record.<br />
Inoltre avvalendosi di grandi carrozzieri quale Viotti, Allemanno, Boano, Pinifarina,<br />
Ghia, Zagato e con la collaborazione dello stilista cosentino Scaglione, spesso<br />
crea piccole serie o modelli unici partendo da auto di stretta serie. Qualche<br />
eccezione è stata operata con il coupè Alfa Romeo partendo dalla Super, dalla<br />
Porsche-carrera e dalle Simca 1500 e 1300.<br />
Quando nel 1955 la Fiat, eliminando la 500 C mette in vendita la 600 Abarth<br />
se ne impossessa e crea una piccola grande serie di vetture portate a 750 cc (in<br />
seguito ad 850) destinata a chi vuole una macchina decisamente grintosa e sportiva,<br />
ma contenuta nei prezzi.<br />
Mette in essere un accordo con la Fiat che si impegna a fornire alla Abarth
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 180<br />
non più macchine complete, ma prive di freni, alberi motori, carburatori, tubi di<br />
scarico; tutti particolari questi che sono l’oggetto della tr<strong>as</strong>formazione. Da qui a<br />
giungere ad una 1000 ci corre molto poco!<br />
Ormai la Abarth 595 (derivata Fiat nuova 500) e 695 (derivata Fiat 600) sono<br />
in tutte le corse nazionali ed internazionali riscuotendo ovunque successi e consensi.<br />
Nel luglio del 1971 Carlo Abarth, dopo una collabrazione molto stretta con la<br />
Fiat durata oltre venti anni, cede definitivamente la sua azienda alla Fiat che adotta il<br />
marchio Fiat-Abarth.<br />
Una 1000 Abarth in gara<br />
Autobianchi A 112 altra famosa elaborazione Abarth
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 181<br />
Siata<br />
Giorgio Ambrosini nel 1926 decide di fondare una azienda che producesse<br />
parti per vetture, sopratutto Fiat, al fine di migliorarne le prestazioni.<br />
N<strong>as</strong>ce così la Siata (Società Italiana Applicazione Tr<strong>as</strong>formazioni Automobilistiche).<br />
L’attività ebbe inizio operando sui motori delle due ammiraglie Fiat dell’epoca,<br />
la 524 e la 522. Inoltre intervenne sui motori della Fiat 514 che, a dire il vero, era<br />
una macchina molto mal riuscita a causa del pessimo<br />
rapporto peso-potenza tanto da essere definita all’epoca<br />
“il chiodo”.<br />
Comunque non poteva non considerare la Fiat 508<br />
(la Balilla) che invece era una vettura di pieno gradimento<br />
del pubblico e, quindi, di ampia diffusione.<br />
Spesso la testata, che normalmente era a valvole<br />
laterali, tramite un ingegnoso sistema di <strong>as</strong>te veniva sostituita<br />
dalla Siata con una testata a valvole in testa che rendeva i motori pressocchè<br />
irriconoscili in quanto a prestazioni.<br />
Macchine così riproposte parteciparono a molte gare, condotte anche dallo<br />
stesso Ambrosini, e riscossero discrete affermazioni.<br />
Negli anni a cavallo del 1930 molte furono le tr<strong>as</strong>formazioni operate su motori<br />
tipo 108, 108 S e 108 CS che equipaggiavano la 508 Balilla sia nelle versioni<br />
berlina, ma sopratutto spider (Coppa d’Oro) che giunsero a far erogare al generoso<br />
propulsore di solo 998 cc ben 48 Cv, più che raddoppiando l’ originaria potenza di<br />
22 Cv, toccando velocità dell’ordine di ben 155 Km/h.<br />
Vista la epidemica<br />
diffusione della 500 Topolino,<br />
l’attenzione della c<strong>as</strong>a<br />
non potè che rivolgere le<br />
proprie attenzioni alla Topolino<br />
realizzando modelli<br />
di alto interesse.<br />
Dopo la seconda<br />
Guerra Mondiale il costruttore<br />
pensò di costruire<br />
una propria vettura, la<br />
Siata 508 su meccanica Fiat 508 Balilla Coppa d’Oro<br />
(collezione Selva Bonino)<br />
Mitzi, ma lunghe prove ed estenuanti sedute di modifica convinsero Abrosini ad<br />
accantonare il progetto in vista di radicali cambiamenti del prototipo.<br />
Continuò invece l’attività di tr<strong>as</strong>formazione delle vetture Fiat sfruttando la grande
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 182<br />
esperienza acquisita con la 500 Topolino per cui, avendo la Fiat da poco lanciata la<br />
500 B con motore rinnovato, ma sempre a valvole laterali e testata in ghisa, la Siata<br />
pensò non solo di elaborare il nuovo propulsore, ma creò una simpatica vetturetta<br />
denominata “Amica” cui impose un telaio a travi laterali tubolare oltre, ovviamente,<br />
la elaborazione del motore,<br />
ed una carrozzeria spider.<br />
Quando nella metà<br />
del 1950 la Fiat mise in<br />
commercio la Fiat 500 C,<br />
La Siata sotituì il motore<br />
con quello della 500 C.<br />
Qu<strong>as</strong>i contemporaneamente<br />
fu presentata la<br />
Daina partendo dalla nuova<br />
e rivoluzionaria Fiat<br />
1400. Il modello si chia-<br />
mò Daina ed ebbe un incremento notevole nella potenza p<strong>as</strong>sando dagli originali 44<br />
Cv a ben 65 con cambio portato a 5 marce.<br />
Ambrosini produsse anche una elaborazione della Fiat 8 V crando la 208 che<br />
aveva anche ritocchi per “es<strong>as</strong>perare” maggiormente il piglio sportivo della carrozzeria<br />
della macchina di serie.<br />
Nel 1952 la Siata rispolverò<br />
il sogno della<br />
Mitzi e la presentò con un<br />
motore a 2 cilindri paralleli,<br />
valvole laterali (sic!)<br />
ed una potenza di 11 Cv.<br />
La correzzeria era esattamente<br />
quella della futura<br />
Siata Amica cabriolet due posti su meccanica Fiat 500<br />
Siata Gran Sport 750 derivata Fiat 500<br />
(collezione Giorgio Franchetti)<br />
Bianchina berlina dell’Autobianchi.<br />
La vettura venne<br />
prodotta su licenza in Argentina da una C<strong>as</strong>a di quel paese con la denominazione di<br />
Ryca Gilda.<br />
Oggetto della sua produzione furono in seguito le Fiat 600 e 1100 e, dopo<br />
laccordo con la Abarth, nacque la 750 Siata-Abarth derivata dalla Fiat 600. Ne<br />
nacquero vetture sia coupè che spider.<br />
Per le Fiat 1300/1500 Siata elaborò una versione TS che, vestita da Michelotti,<br />
ebbe un discreto successo. Successivamente il motore subì un incremento a
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 183<br />
1600 cc.<br />
La stessa carrozzeria fu sfruttata anche su meccanica Fiat 850.<br />
La c<strong>as</strong>a ebbe il suo “canto del cigno” con la Spring.<br />
Era questa una simpatica vetturetta con carrozzeria arrotondata che rievocava<br />
tanto la macchina di Topolino,<br />
noto personaggio dei<br />
fumetti, e che montava la<br />
meccanica della Fiat 500.<br />
La chiusura della Siata<br />
avviene nell’anno 1970.<br />
Qui di seguito vi daremo<br />
una panoramica fotografica<br />
con foto da catalogo<br />
o di vetture in possesso<br />
di amici collezionisti. Elegante spider realizzato su meccanica Fiat 1400 denominata<br />
Daina Gran Sport<br />
Nel 1948 il Campionato Italia è stato vinto da questa<br />
Siata Fiat TC di 750 cc
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 184<br />
Siata vetrina<br />
Siata tipo 36 da record in allestimento “stradale”<br />
(collezione Alessandro Ercoli - Firenze)<br />
Siata 208 S realizzata da Fiat 8 V<br />
(collezione C<strong>as</strong>tellani - Roma)
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 185<br />
Asa<br />
Dal 1962 al 1967 in via San Faustino, a Milano,<br />
ha operato una fabbrica di automobili di proprietà di<br />
Oronzio de Nora che ebbe particolare fortuna e grande<br />
importanza.<br />
Facendo un p<strong>as</strong>so indietro al 1961 al Salone dell’Automobile<br />
di Torino, il carrozziere Bertone presentò<br />
un sua creazione che doveva rappresentare lo studio<br />
per la vestizione di una vettura sportiva di media cilindrata.<br />
La meccanica era stata studiata e realizzata da una consorella della Ferrari, la<br />
Sefac, e doveva divenire, nelle intenzioni dell’ingegnere Enzo Ferrari che però smentiva<br />
detta diceria, la utilitaria della grande C<strong>as</strong>a con un prezzo decisamente più abbordabile<br />
di quello delle vetture della c<strong>as</strong>a di Maranello.<br />
Invece l’Ingegnere per antonom<strong>as</strong>ia, Enzo Ferrari, <strong>as</strong>seriva di volerla dare in<br />
licenza ad una c<strong>as</strong>a esterna, ma che desse sufficenti garanzie di serietà.<br />
In fondo così avvenne ed infatti la 1000 fu affidata alla milanese A.S.A.<br />
Al salone torinese del 1962 la vettura venne così presentata con il logo di<br />
A.S.A. 1000 GT coupè.<br />
Questa vettura montava un motore di soli 1032 cc ma era capace di raggiungere<br />
agevolmente i 190 Km/h con l’agilità che è stata sempre propria dei motori<br />
Ferrari.<br />
A Ginevra l’anno successivo fecero il loro ingresso, sempre carrozzate da<br />
Bertone, la spider e la GTC.<br />
A causa dell’interesse che le vetture riuscirono a suscitare la A.S.A. non riusciva<br />
a far fronte alle richieste anche perchè la messa a punto delle macchine era<br />
alquanto complicata.<br />
Forse per questo, sempre nel 1963, per la Bizzarrini venne costruito dalla<br />
Sport Cars di Modena un modello, la GTC 1000, con motore leggermente ridimensionato<br />
e sistemato centralmente.<br />
Tutte erano fornite di over drive al cambio che aveva 4 rapporti.<br />
Inutile dire che l’inizio della fine per l’A.S.A. fu determinato dal solito problema<br />
finanziario.<br />
Tuttavia venne messa in produzione ancora un nuovo modello, la RB 613 Roll<br />
Bar, in vetroresina e con motorizzazioni diverse (1800 e 1300).<br />
Vide la luce anche una monoposto per F. 3 con motore Ford-Cosworth.<br />
Tuttavia furono tutti inutili tentativi di salvezza dal momento che alla fine del<br />
1967 la A.S.A. chiuse definitivamente le porte degli stabilimenti.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 186<br />
Asa vetrina<br />
La versione finale dell’ A.S.A. 1000 GT<br />
Il generoso motore 1032 cc 4 cilindri<br />
nato in c<strong>as</strong>a Ferrari
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 187<br />
Artesi (Pulcino)<br />
Il f<strong>as</strong>cino dell’<strong>automobile</strong> e “la febbre del costruttore” di tanto in tanto colpisce<br />
qualcuno. Lo abbiamo già visto in questo volume relativamente al p<strong>as</strong>sato sia remoto<br />
che recente dell’automobilismo italiano.<br />
Una di queste “febbri” nel 1948 colpì in modo virulento anche Antonio Artesi<br />
a Palermo.<br />
Artesi costruì una vetturetta da città che chiamò molto affettuosamente “Pulcino”<br />
equipaggiata con motore di derivazione motociclistico a due tempi di 125 cc,<br />
raffreddato ad aria, tr<strong>as</strong>missione a catena e cambio a 4 marce + RM. La vetturetta<br />
pesava 150 Kg.<br />
Ad onore del vero la vetturetta era di <strong>as</strong>petto molto gradevole per cui riscosse<br />
grande simpatia nella folla di visitatori della III/a Fiera del Mediterraneo che si svolgeva<br />
a Palermo.<br />
Infatti presentava una carrozzeria a spigoli arrotondati come era nello stile<br />
dell’epoca delle auto americane e riecheggiava nel cofano anteriore e nella calandra<br />
la inconfondibile sagoma della prestigiosa Pontiac.<br />
Al signor Artesi rim<strong>as</strong>e la soddisfazione di raccogliere tutti i benevoli ed affettuosi<br />
apprezzamenti del pubblico, ma non quelle degli acquirenti dal momento che<br />
rim<strong>as</strong>e allo stato di prototipo e non entrò mai in produzione.<br />
La accattivante immagine della “Pulcino”
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 188<br />
Volugrafo<br />
Per la serie “febbre del costruttore di automobili” troviamo a Torino per<br />
opera dell’ingegnere Belmondo un’altra vetturetta da città, la Bimbo.<br />
La Bimbo venne costruita per tre anni (1945/1948) da questa industria la cui<br />
attività era quella di costruttrice di cisterne, rimorchi e pompe erogatrici di carburanti.<br />
Questa vetturetta aveva una strana caratteristica: montava un motore monocilindrico<br />
a quattro tempi allocato posteriromente ma che azionava tramite una catena<br />
solo la ruota sinistra. Per chi volesse una vettura più “sostanziosa” era previsto un<br />
secondo motore che avrebbe azionato, sempre con un’altra catena, la ruota destra!<br />
Ci si domanda come si era pensato di mettere daccordo i due motori per farli<br />
funzionare con eguali prestazioni e rese onde non riproporre il detto ... “la mano<br />
sinistra non sa cosa fa la mano destra”!<br />
Non sappiamo se mai siano stati venduti esemplari con due motori e la curiosità<br />
ci spinge a sapere come siano stati messi in condizione di funzionare simmetricamente.<br />
Comunque l’<strong>as</strong>petto della vetturetta era aggraziato e rotondeggiante e poteva<br />
ospitare due p<strong>as</strong>seggeri di media statura. Se i p<strong>as</strong>seggeri erano piuttosto corpulenti<br />
... uno dei due doveva rinunciare ed andare a piedi.<br />
E’ il c<strong>as</strong>o di dire ... mi dia una vettura taglia 48!
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 189<br />
Opes<br />
La Opes n<strong>as</strong>ce a Torino intorno al 1938 ed espleta la propria attività nel campo<br />
dei laminati metallici. Opes (Officine di Precisione e Stampaggio) ha anche commercializzato<br />
per alcuni periodi motocicli di cui era la rappresentante.<br />
Il suo titolare, Giuseppe Milanaccio, aveva lavorato a lungo capogruppo negli<br />
uffici tecnici della sezione<br />
stampaggi a caldo della<br />
Fiat.<br />
Era considerato un<br />
ottimo tcnico e già in gioventù<br />
aveva progettato e<br />
realizzato un motocarro<br />
con trazione anteriore.<br />
In seguito ha preso<br />
il controllo finanziario e<br />
dirigeva le Costruzioni<br />
Meccanche R<strong>as</strong>etti, specializate<br />
nel campo della<br />
meccanica di precisone, e<br />
della Cif che costruiva fari<br />
per automobili e motociclette.<br />
In questa sua poliedrica<br />
attività progettò e<br />
realizzò una vettura <strong>as</strong>solutamente<br />
rivoluzionaria<br />
L’avveniristica Ninfea 700 della Opes di Torino<br />
(la prima progettata in Italia dopo la seconda Grande Guerra) che lo consacrò, a<br />
ben ragione, alla storia automobilistica italiana.<br />
La vettura si chiamava Ninfea.<br />
Aveva un motore stellare a tre cilindri di 784 cc con attaccato il cambio. La<br />
carrozzeria era a struttura portante per cui furono abbattuti i pesi, carrozzata berlina<br />
due porte cinque posti.<br />
Un piccolo telaio anteriore aveva la duplice funzione di portare il gruppo motore/frizione/cambio<br />
e di irrigidirne complessivamente la scocca.<br />
Il comando della leva delle marce era posto al volante che si trovava normalmente<br />
in posizione centrale ai sedili anteriori che erano a panchetta ma poteva essere<br />
spostato facilmente sia a destra che a sinistra.<br />
La Ninfea era veramente una svolta rispetto ai canoni costruttivi dell’epoca e<br />
si ottenevano dal piccolo propulsore delle rese veramente molto interessanti. Anche
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 190<br />
la linea era originale e moderna.<br />
La macchina fu presentata<br />
al Salone dell’Auto<br />
di Torino nel 1946, ma<br />
gli studi datavano sin dal<br />
1943.<br />
Al momento della<br />
chiusura della fabbrica avvenuta<br />
nel 1949 erano in<br />
costruzione circa 100<br />
L’interessante motore stellare 3 cilindi di 700 cc<br />
esemplari.<br />
Indubbiamente la vettura era destinata a sicuro successo, se non fosse avvenuto<br />
che ragioni organizzative hanno imposto la chiusura della R<strong>as</strong>etti, il chè convinse<br />
Milanaccio a cedere il controllo delle altre sue attività e, quindi, a far saltare la<br />
produzione dell’interessante vettura.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 191<br />
Ferrari<br />
Sulla prestigiosa Ferrari, vanto italiano nel Mondo, sono stati versati fiumi di<br />
inchiostro e sono stati scritte intere biblioteche da persone molto più competenti me.<br />
E’ stato detto di tutto e su tutto. Libri, articoli e tr<strong>as</strong>missioni TV continuano, a ben<br />
ragione, a ritenerlo il padre di tutti gli argomenti.<br />
Per questa ragione noi, piccoli osservatori a margine, non oseremo avventurarci<br />
in una analisi completa, ma ci limiteremo a tracciare la n<strong>as</strong>cita e la vita di questa<br />
azienda sopratutto imperniando il nostro discorso sulla Figura di Enzo Ferrari, detto<br />
“il Drake” anche se svolazzeremo con semplicità sulla vita e le tappe della Marca.<br />
Bisogna risalire al 1929 quando Enzo Ferrari apre una officina con lo scopo di<br />
<strong>as</strong>sistere i clienti della C<strong>as</strong>a Alfa Romeo, cui egli stesso aveva appartenuto.<br />
Ovviamente l’officina era chimata Ferrari e quando ha costituito una scuderia<br />
per le corse ha adottato lo stemma del cavallino rampante simile a quello che usava<br />
Francesco Baracca, <strong>as</strong>so dell’aviazione<br />
nazionale, sul suo aereo.<br />
Solamente nel 1960 la C<strong>as</strong>a prese il<br />
nome di Sefac (Società Esercizio Fabbriche<br />
Automobili e Corse).<br />
Enzo Ferrari, era nato alla estrema<br />
periferia di Modena nel 1898 dove il padre,<br />
che era di Forlì, aveva una carpenteria<br />
in ferro. Il desiderio era che il figlio si<br />
lauresse ingegnere, ma Enzo era più por-<br />
A sinistra il simbolo dell’ aereo<br />
di Francesco Baracca,<br />
a destra il logo della Ferrari<br />
tato per gli studi “sul campo” che ad invecchiare<br />
sui libri.<br />
A soli 16 anni era istruttore presso<br />
la scuola per tornitori a Modena, a 19 era<br />
istruttore per l’addestramento presso l’officina dei Vigili del Fuoco di Modena per<br />
la fabbrica di proiettili.<br />
Dopo aver <strong>as</strong>solto l’obbligo del militare a 21 anni tentò inutilmente di essere<br />
<strong>as</strong>sunto dalla Fiat, ma constatata l’impossibilità si impiegò presso la CMN (Costruzioni<br />
Meccaniche Nazionali) che gli diedero anche la possibilità di guidare in corsa<br />
alcune vetture e la sua prima gara fu la Parma-Poggio di Berceto ove si piazzò terzo<br />
in categoria 3000.<br />
In seguito si impiegò nell’Alfa Romeo e tra rapporto dipendente e rapporti di<br />
varia natura vi rim<strong>as</strong>e in contatto fino al 1939.<br />
Una strana formula contrattuale tra Ferrari e l’Alfa Romeo, impedirono ad<br />
Enzo Ferrari di costruire vetture con il proprio nome.<br />
Per tale ragione la prima sua vettura, nata nel 1940, vide la luce sotto il mar-
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 192<br />
chio Auto Avio Costruzioni che era una società costituita da Enzo Ferrari a Modena<br />
con ragioni ufficiali diverse. In seguito fu tr<strong>as</strong>ferita a Maranello su un terreno di<br />
proprietà dei Ferrari.<br />
La prima vettura costruita era la 815, una 8 cilindri di 1500 cc, approntata<br />
con una preponderanza di materiali Fiat, che partecipò subito con Alberto Ascari e<br />
Lotario Rangoni alla Mille Miglia pur senza riuscire a raggiungere l’ambito traguardo<br />
di arrivo in viale Rebuffone<br />
a Brescia.<br />
Il vero primo progetto<br />
della Ferrari fu comunque<br />
la 125 GT del<br />
1946 che diede la stura ad<br />
una serie infinita di nuove<br />
macchine da corsa che,<br />
come si sa bene, dilaga-<br />
La prima vettura costruita dalla Ferrari, la 815,<br />
ma con ancora il marchio della Auto Avio Costruzioni<br />
rono nel mondo intero raccogliendo<br />
a piene mani<br />
successi ed allori, ma anche qualche cocente amarezza.<br />
Tantissimi i motori nuovi o realizzati su vecchi suoi schemi (nel biennio ‘51-’53<br />
costruì ben 21 tipi di motori).<br />
Ormai si era al 1955 e la Ferrari si era imposta nel mondo per le sue realizzazioni.<br />
Nel 1955 l’uscita dal team Ferrari di piloti del valore di Ascari e Villoresi che<br />
p<strong>as</strong>sarono alla squadra corse della Lancia, non fu un colpo indolore.<br />
La Lancia, con una decisione a sorpresa nello stesso ‘55, dopo la morte di<br />
Ascari, decise di chiudere la sezione sport.<br />
Tutto il materiale disponibile fu deliberato di metterlo a disposizione della Ferrari<br />
che così “ereditò” una monoposto, la 8 CL. La 8 cilindri Lancia-Ferrari rappresentò<br />
anche per 1957 la macchina di b<strong>as</strong>e per la F.1.-<br />
Molte furono le modifiche apportate a questa vettura come la soppressione<br />
della guarnizione della testata (come la Bugatti).<br />
In tutti i c<strong>as</strong>i il motore aveva fatto il suo tempo per cui fu sostituito da un 6<br />
cilindri a V chiamato Dino dal diminuitivo del figlio di Enzo Ferrari, prematuramente<br />
morto nel maggio ‘96 e che rappresentò un durissimo colpo nello spirito del “grande<br />
vecchio” che nutriva infinito affetto per lui e su cui contava per la sua successione in<br />
azienda.<br />
Alfredino Ferrari (Dino) aveva collaborato attivamente alla realizzazione di<br />
questo motore che era opera dell’ingegner Lampredi, lo stesso che progettò il motore<br />
che andò ad equipaggiare la Fiat 2300 S coupè.<br />
Molte le realizzazioni commerciali nella categoria Gran Turismo fra cui la 500
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 193<br />
Mondial di 2000 cc 4 cilindri che fu commercializzata con il nome di “Testa Rossa”<br />
per il fatto che i primi modelli avevano verniciate di rosso le testate.<br />
Fra le innumerevoli<br />
vetture prodotte la 250<br />
GT rappresentò per la<br />
c<strong>as</strong>a di Maranello un caposaldo<br />
anche per essere<br />
stata la prima 2+2.<br />
La 250 GT divenne,<br />
per la versione commerciale,<br />
la GTO ed ottenne<br />
La 500 Mondial<br />
(collezione Giulio Dubbini di Padova)<br />
grande successo negli<br />
estimatori del marchio<br />
Ferrari, ed oggi lo è fra i<br />
collezionisti.<br />
Il 1959 vide la Ferrari operare due grandi conversioni: i freni a disco ed il<br />
motore allocato posteriormente. La prima vettura che operò questi cambiamenti fu<br />
la 156 F.1 del 1960.<br />
Molti i carrozzieri che vestirono le Ferrari fino al 1952: Touring,Vignale, Ellena,<br />
Ghia e dopo qu<strong>as</strong>i solamente Pininfarina.<br />
Alla 206 seguì nel 1969 la Dino 246 GT e quindi la Fiat-Dino che ebbero<br />
motorizzazioni simili di 2400 cc.<br />
Tuttavia il 1969 rappresenta per la C<strong>as</strong>a di Maranello una data significativa<br />
essendo stato firmato il 21 giugno un accordo in b<strong>as</strong>e al quale la Fiat entrava a far<br />
parte, in forma paritetica,<br />
nella Sefac-Ferrari.<br />
Abbiamo inziato<br />
questa rapida e sommaria<br />
carrellata sulla Ferrari con<br />
il pesonaggio Enzo Ferrari,<br />
la vogliamo chiudere con<br />
lo stesso nome.<br />
Enzo Ferrari fu un<br />
uomo eclettico che <strong>as</strong>pirava<br />
a tre cose:<br />
essere un giornalista sportivo,<br />
essere un buon musicista, essere un costruttore di automobili.<br />
Vista dall’alto dell’imponente motore 12 cilindri a V del<br />
1958 che equipaggiava la 250 GT<br />
Le prime due sono rim<strong>as</strong>te nel c<strong>as</strong>seto, ma il terzo, indubbiamente, è stato<br />
centrato in pieno ed il suo nome fu consegnato alla <strong>Storia</strong> come il più celebre costruttore<br />
di <strong>automobile</strong> del mondo!
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 194<br />
Era stato pilota di auto da corsa, ma lui si scheniva dicendo che era una mediocrità<br />
(invece qualche risultato lo smentisce).<br />
Non aveva realizzato il sogno di divenire giornalista sportivo, ma è stato un<br />
avvincente scrittore.<br />
Non si era laureato in ingengeria come il padre avrebbe voluto, ma è stato<br />
insignito della Laurea Honoris Causa.<br />
Come uomo era ritenuto (nessuno può sapere se effettivamente lo fosse nel<br />
profondo del suo cuore oppure era solo una m<strong>as</strong>chera!) spigoloso, riservato, duro<br />
addirittura da qualcuno giudicato spietato!<br />
Fu comunque un personaggio molto difficile da trattare.<br />
Litigò spessissimo con i suoi tecnici, con gli organizzatori, con i suoi piloti.<br />
Rim<strong>as</strong>e emblematico il litigio con Tazio Nuvolari che li portò fino qu<strong>as</strong>i a varcare<br />
la soglia di un tribunale.<br />
La cosa non dovrebbe stupire più di tanto dal momento che il carattere rude e<br />
schietto del romagnolo Ferrari (anche se nato a Modena era figlio di forlivesi) e<br />
quello del “Mantovano Volante”, Tazio Nuvolari, uomo portato a persistere con<br />
testardaggine in tutte le sue cose anche le più apparentemente impossibili (alla fine di<br />
una gara si ruppe il volante, lui non desistette e tagliò il traguardo con la vettura<br />
guidata con una chiave inglese!) non potevano che portare ad impuntature epocali.<br />
Deve stupire invece che i due personaggi non finirono in tribunale ma qualcuno dalle<br />
altissime doti mediatrici (!) riuscì a comporre la faccenda bonariamente!<br />
Tre immagini di Enzo Ferrari: a 22 anni al Mugello pilota Alfa Romeo, il volto corrucciato<br />
che siamo stati abituati a vedere, un momento di intimità sconosciuta
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 195<br />
De Filippis Maria Teresa<br />
La giovanissima Maria Teresa De Filippis, napoletana, amava dire a destra e a<br />
manca che come guidava lei l’<strong>automobile</strong> non c’era nessuno! Gli amici la prendevano<br />
in giro dicendo che anche se era effettivamente vero che guid<strong>as</strong>se benino, comunque,<br />
salvo rarissime eccezioni, i campioni erano<br />
tutti uomini. Lei si arrabbiava da morire!<br />
Fu così che un giorno di quel 1948 lei sfidò<br />
apertamente tutti e per scommessa si iscrisse ad<br />
una gara locale, la Salerno-Cava dei Tirreni ove<br />
partecipò con la sua Topolino. Ovviamente era<br />
guardata da tutti con sorniona bonomia. Cosa voleva<br />
questa “ragazzina” che osava introfularsi nel<br />
mondo dei “grandi”? La gara iniziò e finì con Maria<br />
Teresa che aveva fatto un percorso splendido<br />
tanto da risultare prima di categoria! I “grandi” a<br />
quel punto risero un pochino meno ... si era ripetuta<br />
la storia di Davide e Golia!<br />
Comunque da quel giorno la De Filippis non abbandonò più il mondo delle<br />
competizioni tanto da essere la prima e forse all’epoca l’unica donna che gareggiò in<br />
F.1 con apprezzabili risultati. Corse ancora con la sua amata Topolino, ma poi p<strong>as</strong>sò<br />
a macchine più consistenti: Giaur e Urania piazzandosi sempre ottimamente.<br />
Disputò nel ‘54 un lusinghiero Campionato Italiano con l’Osca appena comprata<br />
ed avrebbe senz’altro vinto il Campionato se non avesse avuto un terribile<br />
incidente in Sardegna dove uscì di strada accecata dalla paglia delle balle distrutte<br />
da un altro corridore. Per il trauma perse l’udito da un orecchio.<br />
Dovendo ricomprare una vettura essendo andata distrutta la sua, acquistò una<br />
M<strong>as</strong>erati e rim<strong>as</strong>e sempre fedele alla c<strong>as</strong>a del Tridente.<br />
Partecipò a molte gare internazionali ma la sfortuna la perseguitò ovunque.<br />
A Buenos Aires dove era piazzatissima nella 1000 Km fu costretta ad evitare<br />
un altro concorrente e volò via: braccio rotto; al Mugello un “amico albero” le evitò<br />
di precipitare in un profondo burrone; addirittura in Portogallo la sua M<strong>as</strong>erati si<br />
spaccò in due. Al G.P. d’Italia del 1958 era l’unico pilota italiano e stava portando<br />
alto il nome dell’Italia, ma anche qui una rottura meccanica la costrinse al ritiro a<br />
pochi giri dal termine.<br />
Smise definitivamente di correre nel 1959 dopo essersi piazzata quinta al G.P.<br />
di Siracusa sempre su M<strong>as</strong>erati F. 1
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 196<br />
Savio autocarrozzeria<br />
A cavallo fra la fine dell’ 800 e l’inizio del ‘900 a Torino esisteva una fabbrica<br />
molto rinomata di carrozze sia per le modalità costruttive che per l’accuratezza<br />
dell’esecuzione, era la Marcello Alessio.<br />
Pressso questa industria lavoravano in qualità di apprndisti scocchisti due fratelli,<br />
Giuseppe e Antonio Savio.<br />
Fu nel 1919 che i due fratelli decisero di mettesi in proprio, ma per costruire<br />
scocche di autovetture epresto si affermarono tanto da essere i preferiti dalle industrie<br />
automobilistiche dell’epoca.<br />
Ottennero grosse commesse dalle carrozzerie dell’epoca quale Torretta e Locati,<br />
Taurus, Locati e Viarengo,<br />
Diatto.<br />
Tanta fu la fama che<br />
avvolgeva i fratelli Savio<br />
che lo stesso Marcello<br />
Alessio, che aveva convertito<br />
la sua produzione<br />
all’<strong>automobile</strong>, gli affidò la<br />
vestizione di ben 1000 au-<br />
totelai Itala.<br />
Da lì’ partì la strada<br />
Giardiniera in legno su meccanica 508 C<br />
dei Savio che presto carrozzarono anche Ceirano utilizzando un innovativo sistema<br />
detto “silent Block”.<br />
Ormai la fama aveva supertao il momento critico per cui si ritrovano ben presto<br />
a vestire Fiat, Alfa Romeo, Lancia, Isotta Fr<strong>as</strong>chini, OM, Chiribiri, Ansaldo.<br />
Contemporaneamente<br />
i Savio lavorano<br />
anche per conto di altrri<br />
carrozzieri di nome quali-<br />
Ghia, Boneschi, Stabilimenti<br />
Farina, Garavini e,<br />
come detto, Alessio.<br />
All’inizio del 1930<br />
l’azienda si tr<strong>as</strong>ferisce dai<br />
Su meccanica Ardita una realizzazione per la caccia<br />
locali originari di via Tiziano<br />
in via Canova.<br />
Interessanti realizzazioni sono state fatte su telaio 508 Balilla con il sistema<br />
Silent Block ed è da attribuire a loro una brillante serie realizzata su meccanica Fiat<br />
508 C con carrozzeria giardiniera in legno.<br />
Una anticipazione di quella che ai giorni nostri è rappresentata dal fuoristrada
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 197<br />
fu la Ardita Box Body funalizzata ad essere utilizzata come vettura per la caccia.<br />
Tuttavia forse la più importante, ma senzaltro la più conosciuta, fu la 1100 Fiat<br />
Mille Miglia con carrozzeria in allumino che in seguito f prodotta direttamente dalla<br />
Fiat.<br />
La Savio si specializzò<br />
in veicoli industriali<br />
come autoambulanze e furgoni.<br />
La seconda Guerra<br />
Mondiale inflisse la qu<strong>as</strong>i<br />
distruzione delle officine ed<br />
Antonio si ritirò dall’impresa<br />
per cui fu Giuseppe<br />
a ricostruire tutto da zero.<br />
Alla morte di Giusep-<br />
pe Savio l’impresa p<strong>as</strong>sa nelle mani del genero Alfredo Caracciolo che traferì l’azienda<br />
a Borgo San Pietro nella cintura torinese.<br />
Alla ripresa furono presentati modelli come la 508 C quattro porte e la landaulet<br />
1400.<br />
Interessante una vettura<br />
da città del 1964 su<br />
meccanica Fiat 600 D che<br />
era munita di portiere scorrevoli.<br />
Indubbiamente la più<br />
conosciuta per essere ar-<br />
Fiat 1100 aereodinamica carrozzata in alluminio in seguito<br />
costruita direttamente dalla Fiat<br />
La Venilia, una originalissima giardiera convertibile<br />
su Fiat 1100 B<br />
rivata fino ai nostri tempi<br />
fu la Fiat 600 Jungla che<br />
vide la luce nel 1965 cui<br />
venne sostituita nel 1975 la meccanica con quella della 500.<br />
Altre realizzazioni recenti sono la A112 con carrozzeria in resine poliestere e l’<br />
Albarella.<br />
Fino a qu<strong>as</strong>i ai nostri giorni la Savio realizzò carrozzerie industriali su Fiat 238<br />
e Fiat 616.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 198<br />
Savio vetrina<br />
La vetturetta denominata Polis del 1964 su meccanica<br />
Fiat 600 D ideata per la città dotata di portiere<br />
scorrevoli per limitarne gli ingombri<br />
La Savio Jungla nata come fuoristrada su meccanica<br />
Fiat 600 successivamente sostituita dai gruppi meccanici<br />
della Fiat 126<br />
Ancora oggi si può vedere qualche esemplare circolare<br />
normalmente
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 199<br />
Vignale autocarrozzeria<br />
Alfredo Vignale era all’inizio uno dei tanti battil<strong>as</strong>tra della Pinifarina, che per<br />
merito della sua bravura divenne in seguito responsabile del settore.<br />
Nell’autunno del 1946, l<strong>as</strong>ciò la Pininfarina e fondò la sua autocarrozzeria<br />
<strong>as</strong>sieme ad Angelo Balma ed ai due fratelli Guglielmo e Giuseppe.<br />
La prima realizzazione<br />
fu su una Fiat 500 usata<br />
che ebbe in regalo una nuova<br />
carrozzeria.<br />
La seconda, che in<br />
effetti fu la prima vera realizzazione<br />
fu un cabriolet<br />
1100 che vide la luce nel<br />
1947 e si aggiudicò il secondo<br />
premio al Concorso<br />
di Eleganza di Torino.<br />
Tuttavia le vetture avevano ancora aleggiante lo stile Pinifarina tanto che un<br />
critico inglese attribuì per errore e fretta la prima a Pininfarina.<br />
La Vignale aveva però un grosso vantaggio costituito dalla mancanza di p<strong>as</strong>sato<br />
per cui non era obbligata a rispettare alcuno canone ma potè sbizzarrisi sia nelle<br />
linee e sia nei colori.<br />
nacquerò perciò accostamenti di colori che fino a quel momento erano impensabili!<br />
Cofani più scuri o più chiari del muso, fiancate con bugne di colore diverso e<br />
contr<strong>as</strong>tante, modanature cromate decise, ma non pesanti, fori di areazione alle<br />
fiancate che divennero in<br />
seguito, cromate, un motivo<br />
dominante nelle grosse<br />
vetture di oltre oceano.<br />
Il nuovo, il tr<strong>as</strong>gressivo,<br />
l’impensabile divennero<br />
doti che, accompa-<br />
Una bellissima barchetta Ferrari 166 MM<br />
La seconda realizzazione su meccanica 1100 nel 1947<br />
gnandosi alla estrema cura<br />
dei particolari, portarono<br />
all’incondizionato favore del pubblico.<br />
La prima commessa veramente importante la Vignale l’ebbe dalla sua ex c<strong>as</strong>a<br />
madre Pinifarina, in difficoltà stante il volume dell’ordine ed il tempo relativamente<br />
breve di consegna tanto che non riusciva a realizzare un importante stock di vetture<br />
cabriolet e coupè su telai della Cisitalia. La Vignale a sua volta fu costretta a dare in<br />
sub appalto parte della commessa ad artigiani del luogo.<br />
Comunque gli uomini della Vignale avevano “l’arte in mano” per cui erano
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 200<br />
adattissimi a creare prototipi, e questa fu una branca che caratterizzò l’industria<br />
Vignale.<br />
Realizzò prototipi di pre serie ed auto in pezzo unico per committenti danarosi.<br />
Collaborò con molte<br />
c<strong>as</strong>e italiane ed americane,<br />
ma la qualificazione l’ebbe<br />
con la collaborazione con<br />
la Ferrari di Maranello.<br />
Fra i clienti “speciali”<br />
ha potuto vantare Re Leopoldo<br />
del Belgio e Liliana<br />
de Rethy. Altri nomi<br />
dell’alta finanza, politici, e<br />
del jet set mondiale ordinarono<br />
“pezzi unici”; complessivamente<br />
ne furono<br />
realizzati ben 140 diversi esemplari.<br />
Fiat 1100 carrozzata coupè con una originale calandra<br />
Una piccola serie di “barchette” Ferrari, realizzate su suo disegno, furono pilotate<br />
da nomi come Chinetti, De Portago, Farina, Gonzalez, Marzotto. Due di queste<br />
furono pilotate da Ascari e Taruffi piazzandosi al primo e secondo posto alla Carrera<br />
Panamericana del 1951.<br />
La fama procuratogli<br />
dall’ aver carrozzato i telai<br />
Fiat, Cisitalia e Ferrari<br />
spianò la strada per realizzazioni<br />
(alcune volte di piccole<br />
serie come per l’Appia<br />
e la Flaminia) con la<br />
Lancia, Alfa Romeo, Osca<br />
e M<strong>as</strong>erati.<br />
Importante fu una se-<br />
rie di spyder e coupè su<br />
meccanica 600 D, 850 e<br />
500 da cui venne fuori la<br />
Gamine. Il momento “tirava” e Vignale seppe profittarne.<br />
La “Vignalina” con meccanica Fiat 600<br />
regalò a tutti il sogno della cabriolet<br />
Importante fu la collaborazione con le maggiori C<strong>as</strong>e costruttrici americane<br />
per la costruzione di pezzi unici e di prototipi.<br />
La Vignale chiuse i battenti nel novembre del 1974.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 201<br />
Bertone autocarrozzeria<br />
Giovanni Bertone l<strong>as</strong>ciò la cittadina nativa<br />
di Mondovì, ove faceva il carradore, poco più<br />
che ventenne e si tr<strong>as</strong>ferì nella grande Torino.<br />
Nela sua nuova città iniziò subito alla Diatto,<br />
ma nella sezione ferroviaria. Fu solo dopo cinque<br />
anni che decise di l<strong>as</strong>ciare la sezione ferrovie<br />
e tornare alle attività stradali mettendosi contemporaneamente<br />
in proprio riprendendo la sua originaria<br />
atività di carradore. Aprì pertanto una officina<br />
di riparazione di carrozze in via Villarb<strong>as</strong>se.<br />
Dobbiamo attendere, comunque il 1921 per<br />
vedere che Giovanni volgeva il suo sguardo attento<br />
al nuovo mezzo di locomozione: l’<strong>automobile</strong>.<br />
Lo fece carrozzando una vettura Spa 9000<br />
cui impose una linea continua e filante (per quei<br />
tempi) e l’abbellì con un radiatore a diedro con<br />
due stemmi della Spa a fianco alla punta.<br />
Il risultato fu ositivo e la Spa, cui si aggiunse<br />
presto anche la Lancia, gli affidarono volentieri<br />
autotelai da carrozzare. Ma il suo nome non compaiva<br />
da nessuna parte in quanto tutte le carrozzerie<br />
risulvavano fatte dalle C<strong>as</strong>e madri.<br />
Era, insomma, un ottimo artigiano che lavorava<br />
per conto terzi nel pieno anonimato. Que-<br />
sto strano modo di operare si ripresentò anni dopo<br />
quando negli anni ‘60 dagli stabilimenti di Gru-<br />
Nuccio Bertone<br />
gli<strong>as</strong>co uscivano le Lancia Flaminia berlina con firma Pinifarina che aveva disegnata<br />
la vettura.<br />
Nel 1934 era entrato in ditta il figlio Nuccio che risultò essere un ottimo manager,<br />
anche se le piccole dimensioni dell’azienda lo costringevano ad impegnarsi in<br />
molte altre mansioni fra cui il disegnatore.<br />
In quegli anni Bertone affrontò direttamente il pubblico con una realizzazione<br />
futuristica presentando al Salone dell’Automobile di Milano la 900 Spueraereodinamica<br />
su meccanica Fiat 527 Ardita sei cilindri.<br />
La vettura aveva molte innovazioni quale il parabrezza avvolgente che anticipaca<br />
quello curvo di tempi molto successivi, cofano motore che copre le ruote di<br />
scorta ed i fari incorporati in un rigonfiamento della calandra che era direttamente<br />
raccordata al cofano motore (come nelle Opel degli anni ‘50), sedile anteriore tre<br />
posti affiancati.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 202<br />
In effetti elencare le C<strong>as</strong>e per cui ha lavorato Bertoni sarebbe un noioso elen-<br />
co, per cui diremo che tutte indistintamente la C<strong>as</strong>e italiane hanno affidato a Bertone<br />
realizzazioni in pezzi unici o in piccole (ma non troppo, vedi la Giulietta Sprint co-<br />
900 Superaereodinamica su Fiat 527 Ardita 6 C<br />
zionatamente il favore del pubblico.<br />
struita in ben 40.000<br />
esemplari) serie. Natural-<br />
mente il nome prestigioso<br />
spinse grosse marche este-<br />
re ad affidare a Bertone<br />
realizzazioni di avanguardia<br />
che incontrarono incondi-<br />
I progetti in c<strong>as</strong>a Bertone erano contr<strong>as</strong>segnati da un numero progressivo e si<br />
giunse a superare il numero 600!<br />
Tuttavia l’exploit che ebbe la Bertone nel 1954 presentando al Salone del-<br />
l’Automobile di Torino una vetturetta agile ed elegante di colore azzuro non è più<br />
stato eguagliato. Era una Alfa Romeo definita nella pubblcità della c<strong>as</strong>a “Sportiva,<br />
aereodinamica, agilissima, veloce, di stile moderno” cui era stao imposto il nome di<br />
“Giulietta Sprint”.<br />
Come detto se ne costruirono ben 40.000 esemplari divisi grossolanamente in<br />
due serie. La prima con fari piccoli su un musetto aggraziato, la successiva con fari<br />
di diametro aumentato e prese d’aria anteriore schermate che però, a nostro giudi-<br />
zio, risultò più pesante e meno simpatica pur mantenendo una liena filante e sempre<br />
e comunque la simpatia del pubblico.<br />
Altra differenza stava nel cambio che nella prima serie era al volante mentre<br />
nella successiva era sul pianale.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 203<br />
Luigi Fiertler e la sua “Lupetta”<br />
(Tratto dal sito Internet creato dai figli in ricordo del grande Genitore)<br />
Chi è Luigi FiertlerDire ingegnoso è dire poco. Luigi Fiertler, nato a Cosenza<br />
nel 1909 e scomparso nel 1970, è stato un personaggio unico nel panorama sportivo<br />
automobilistico della Calabria degli anni Cinquanta, per la capacità di dedicarsi<br />
con energie pressoché inesauribili tanto alla famiglia, quanto al lavoro d’officina<br />
come concessionario della c<strong>as</strong>a automobilistica Alfa Romeo e come preparatore di<br />
auto sportive.<br />
Durante il periodo bellico, mentre era di stanza all’aeroporto di Reggio Calabria<br />
come aviere, riuscì persino a costruire pezzi di ricambio allora introvabili.<br />
Rimane in piccolo capolavoro realizzato, “la Lupetta”, gioiello di tecnica e<br />
design: una piccola spider, b<strong>as</strong>sa, ben aderente al terreno, aggressiva quanto b<strong>as</strong>ta<br />
per favorire una guida sportiva, anticipatrice delle minicar attuali.<br />
Per p<strong>as</strong>sione dedicava intere nottate alla preparazione delle auto sportive con<br />
cui partecipava alle gare automobilistiche, le Mille Miglia, il Giro di Calabria, il Giro<br />
di Sicilia e gare in salita.<br />
Dal temperamento amabile, aperto e disponibile, anche se a volte severo e<br />
rigoroso, aveva creato una fucina di allievi apprendisti che ancora oggi lo ricordano<br />
come “un bravo maestro”.<br />
L<strong>as</strong>cia una storia, qu<strong>as</strong>i sconosciuta, dominata da una grande p<strong>as</strong>sione.<br />
Grandi anche le soddisfazioni e gli inevitabili sacrifici.<br />
Sulla Lupetta è stato svolto uno studio tecnico di fattibilità, che si è tradotto<br />
nella tesi di Laurea del fratello minore, Giulio Fiertler (1921-1974), presso il Politecnico<br />
di Torino (anno accademico 1949/1950).<br />
Questo lavoro attesta e conferma la funzionalità di un’opera dell’ingegno che<br />
ha avuto la sua m<strong>as</strong>sima espressione nel Raid Reggio Calabria Milano.<br />
Luigi Fiertler e la sua Alfa<br />
“La Lupetta” sul lungomare di Reggio Calabria nel 1949
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 204<br />
Rodi Morabito e l’ASI<br />
di Antonio Carella<br />
... “Carneade, chi era costui?”<br />
La domanda che alcuni delle<br />
nuove generazioni potrebbero porsi<br />
è proprio questa: chi è Franz Rodi-<br />
Morabito?<br />
N<strong>as</strong>ce a Rosarno (RC) nel<br />
1934 da agiata famiglia di professionisti<br />
rosarnesi e qui vi tr<strong>as</strong>corre<br />
la sua infanzia ammaliato dal mondo<br />
dei motori.<br />
Da bambino p<strong>as</strong>sava ore intere<br />
seduto su un muretto a contemplare<br />
aff<strong>as</strong>cinato le colonne di<br />
automezzi americani che transitavano<br />
sulla statale 18.<br />
Subì il f<strong>as</strong>cino delle Jeep, dei<br />
Jeepponi, degli Chevrolet, dei Bedford<br />
ma sopratutto degli aggressivi<br />
GMC a tre <strong>as</strong>si motori.<br />
Scoppiò il coup de foudre e se<br />
ne innamorò ... follemente.<br />
Negli anni ‘50, comprando una<br />
vecchia Jeep, gli fu imposto dal ven-<br />
Franz e Melyta Rodi-Morabito<br />
ditore lo sgombero del garage da<br />
una vecchia Fiat Balilla di cui era rim<strong>as</strong>to poco più che la sola carrozzeria.<br />
Iniziò così ad proliferare in lui il “virus dell’auto d’epoca” e da qui partì la sua<br />
p<strong>as</strong>sione mettendo in essere una bella collezione di pezzi interessanti che amava<br />
guardarsi nei propri garages, ma senza uscire all’aria aperta!<br />
Fu un conoscente toscano che lo spinse a creare un club in Calabria e da questo<br />
nacque il Camecs (Carrozze Auto Moto Epoca Calabria Sicilia).<br />
Il primo Club di app<strong>as</strong>sionati dell’Italia meridionale ed isole, ma anche di più dal<br />
momento che all’epoca in Italia esistevano solo 6 o 7 Clubs e tutti dislocati al centro<br />
nord e solo uno, il Caac, a Bari ad opera dell’avvocato Franco Zippitelli.<br />
Ma com’era all’epoca la situazione italiana nel campo auto d’epoca?<br />
Il primo Club in Italia fu “La Manovella” di Roma.<br />
A Torino successivamente si formò un nucleo che fu chiamato VCCI (Veteran<br />
Car Club Italia) e che entrò qu<strong>as</strong>i subito in rotta di collisione con il coevo omologo<br />
milanese FIAME. Qualche altro sparuto club era dislocato sempre in area centro<br />
settentrionale e da Roma in giù ... il deserto.<br />
Franz Rodi-Morabito si iscrisse immediatamente al VCCI.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 205<br />
Nel frattempo il suo conoscente toscano lo fece entrare nel consiglio direttivo<br />
del Camet, il club fiorentino.<br />
Quando nel 1966 il VCCI riuscì a trovare un punto di incontro con il FIAME si<br />
fusero e nacque l’ASI (Automotoclub Storico Italiano) con presidente il dotto Peretti<br />
Colò presidente dell’ ACI di Verona, con sede in via Valverde, e Segretario Generale<br />
ASI il dott. Saro Rolandi.<br />
Dopo il p<strong>as</strong>saggio di Presidenza al conte dott. Giovanni Caproni di Taliedo durante<br />
la quale la sede dell’ASI si tr<strong>as</strong>ferì da Verona a Torino presso il Museo dell’Auto<br />
“Carlo Biscaretti di Ruffia”.<br />
Toccò al comandante Augusto Costantino, Direttore e Fondatore del Centro<br />
Storico Fiat di via Chiabrera 20 a Torino, divenire Presidente ASI e contemporaneamente<br />
la sede dell’Ente fu ancora una volta spostata in via Bruno Buozzi 6, nei locali<br />
della sede del RFI (Registro Fiat Italiano).<br />
Fu proprio il comandante Costantino a far diventare l’Asi “Ente Morale” a tutela<br />
del patrimonio storico dell’automobilismo intaliano.<br />
Nel Consiglio Asi Franz Rodi-Morabito entrò subito quale Delegato Regionale<br />
per la Calabria, ma in effetti per l’intero Sud ed Isole.<br />
Alle successive elezioni dell’ASI, egli viene eletto consigliere e poi nominato dal<br />
Consiglio Federale Vice Presidente nazionale, la quale carica mantenne per due legislature.<br />
Il comandante Costantino gli concede grande fiducia e benevolenza per cui gli<br />
conferisce delega per il centro-sud quale “alter ego” del Presidente Nazionale.<br />
Intanto iniziavano a n<strong>as</strong>cere altri clubs dislocati sul territorio nazionale e Rodi-<br />
Morabito viene invitato a fare da socio fondatore e per tale ragione oggi è fra i<br />
fondatori di una miriade di clubs.<br />
Il 1986 fonda sempre in Calabria un secondo circolo, il Cams, e poi un registro<br />
per le auto “a muso giù” (500 A e B, 508C, 1500 6c).<br />
Per quattro anni è stato presidente nazionale della Commissione Manifestazioni<br />
dell’Asi.<br />
Sfruttando le sue doti di mediatore è stato spessissimo incaricato di intervenire<br />
rendendo possibili molte composizioni di diatribe che altrimenti si sarebbero risolte<br />
con vantaggi solo per alcuni o per alcune zone.<br />
Realizzò la riconferma dell’accordo tra Asi e Federazione Motociclistica Italiana;<br />
spianò il terreno per l’accordo con la Csai; partecipò alla composizione della lite<br />
fra Giulio Dubini e l’Automobil Club di Brescia a proposito della gesione della Mille<br />
Miglia storica; compose una miriade di beghe sorte fra vari clubs come ad esempio<br />
Panormus VCC-Veteran Car Club Etneo ed ASI-Club La Manovella.<br />
Un’altra sua operazione fu quella di far entrare in ASI il Military Car Club<br />
Capitolo Italiano tanto che la Sede centrale americana lo nominò Socio Onorario;<br />
fece inserire, negli anni ‘70, nel nuovo codice della strada, per formulare il quale<br />
fervevano i lavori presso i Ministeri Tr<strong>as</strong>porti e Lavori Pubblici, gli articoli che riconoscevano<br />
ufficialmentele le auto storiche quale “categoria” speciale.<br />
Un uomo, insomma, che dedicò a tempo pieno qu<strong>as</strong>i 40 anni della sua vita all’automobilismo<br />
d’epoca!
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 206<br />
Nelle penultime elezioni sotto la Presidenza dell’ on. dott. Luigi Rossi di Montelera<br />
Rodi Morabito risultò il primo degli eletti in Italia per numero di preferenze.<br />
Era solito dire “capisco i tranelli, le congiure, e forse finanche gli imbrogli<br />
nella vita di tutti i giorni, ma almeno nell’hobby siamo onesti, altrimenti sarebbe<br />
come barare al solitario”!<br />
Per tale ragione avversava tutti coloro che vestendo le vesti dell’amatore perseguivano<br />
principalmente scopi di mero lucro. Erano una minoranza, ma sufficente a<br />
turbare il buon andamento e l’immagine dell’ASI che è composto per la stragande<br />
maggioranza da persone app<strong>as</strong>sionate lontani dal volerci trarre guadagno.<br />
Tutto quanto sopra lo espresse ed evidenziò anche al nuovo Presidente ASI,<br />
conte dott. Vittorio Zanon di Valgiurata.<br />
Evitò per due volte in zona cesarini che La Manovella, organo ufficiale dell’<br />
ASI che l’aveva foraggiata a suon di centinaia di milioni (dell’epoca), una volta ormai<br />
lanciata, and<strong>as</strong>se a gruppi di editori “amici”.<br />
Con coraggio e forza denunciò varie storture in seno all’Asi e lo fece con parole<br />
molto dure a Torino in piena <strong>as</strong>semblea dei delegati dei Clubs.<br />
Giunse a dire in quella Assemblea che, vista l’attività di qualcuno, era ormai il<br />
momento di smettere di essere Ente Morale e bisognava iscriversi alla Camera di<br />
Commercio.<br />
Cosa poteva succedergli a questo punto? il minimo era guadagnarsi l’antipatia<br />
di qualcuno ... ed alle elezioni successive risultò il primo, dei non eletti!<br />
Questo lo amareggiò moltissimo anche perchè aveva sempre operato per l’interesse<br />
generale del movimento e sempre a spese proprie senza mai chiedere un rimborso.<br />
Abbandonò l’attività nell’ASI e si ritirò nel suo regno, un personale Aventino: “il<br />
suo garage”, senza però mai privare della sua esperienza chi, nuovo al movimento, si<br />
rivolgesse a lui.<br />
Fu consulente storico in grossi films come la Divina Creatura, I segreti di don<br />
Isidro, Il furto della Gioconda diretti da registi di fama internazionale e con la partecipazione<br />
di attori come Laura Antonelli, Marcello M<strong>as</strong>troianni, Michele Placido, Gordon<br />
Mitchell, Carla Gravina, Alessandro Aber, Riky Tognazzi ed altri.<br />
Nel 1998, dal chiuso del suo ritiro, pensò fosse giunto il momento di realizzare un<br />
suo sogno che aveva da tempo nel c<strong>as</strong>setto: creare un Museo dell’Automobile in<br />
Calabria.<br />
Propose la cosa alla Regione Calabria, alla Provincia, al Comune di Rosarno, la<br />
sua cittadina ove avrebbe voluto sorgesse il Museo.<br />
L’idea ebbe in principio ottime accoglienze da parte di tutti, ma poi si tramutò<br />
tutto in ... parole, parole, parole ... e tutto si raffeddò per intervenute beghe politiche<br />
ed inopinate intromissioni di personaggi paesani.<br />
Ecco detto chi è Franz Rodi-Morabito.<br />
Adesso forse sapete chi è; per cui nel mondo oggi vi è un Carneade in meno!
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 207<br />
Rodi Morabito e l’Asi - Vetrina<br />
Dopo l’interessamento presso i Ministeri dei Tr<strong>as</strong>porti e dei Lavori Pubblici di<br />
Rodi-Morabito e dopo le estenuanti sedute di lavoro si ottenne finalmente l’inserimento<br />
e la regolamentazione per le Auto d’Epoca nel nuovo Codice della Strada.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 208<br />
Rodi Morabito e l’Asi - Vetrina<br />
Ormai la CSAI aveva messo gli occhi sul settore delle manifestazioni di Auto d’Epoca per<br />
cui avrebbe voluto che tutta l’attività p<strong>as</strong>s<strong>as</strong>se sotto la sua egida. Vi fu un accordo internazionale<br />
fra FIA (Federazione Internazionale Auto) e FIVA (Federazione Internazionale Auto Veterane)<br />
ma in Italia il Presidente, avv. Roberto Causo (lo stesso che l’anno precedente aveva<br />
scatenata una bufera nella Formula 1 per il peso dei carburanti) non ne voleva sapere.<br />
A seguito delle lunghe mediazioni tra l’avv. Causo e Rodi-Morabito anche con il Presidente<br />
dell’Aci, avv. Alessi portarono a regolamentare i campi di competenza. Le gare andavano<br />
sotto l’egida della Csai, le manifestazioni non agonistiche rimanevano appannaggio dell’ASI.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 209<br />
Rodi Morabito e l’Asi - Vetrina<br />
L’operazione inserimento nel nuovo Codice della Strada andava per le lunghe<br />
e, si sa, in Italia i responsabili politici cambiano rapidamente.<br />
Il timore era che i nuovi politici cancell<strong>as</strong>sero con un colpo di spugna il lavoro<br />
precedente.<br />
Franz Rodi-Morabito corse ai ripari interessando e coinvolgendo anche il nuovo<br />
Sottosegretario ai Tr<strong>as</strong>porti on. Nello Vincelli
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 210<br />
Rodi Morabito e l’Asi - Vetrina<br />
A seguito di una grossa contestazione nata tra il “Circolo Romano La Manovella”<br />
(primo in <strong>as</strong>soluto ad organizzarsi in circolo in Italia dando praticamente vita<br />
al movimento auto storiche) si rischiava una spaccatura noiosa e pericolosa per<br />
l’integrità dell’Asi che ormai era il solo titolare del potere in campo Auto Veterane<br />
avendo avuto il riconoscimento di Ente Morale.<br />
L’interessamento di Franz Rodi-Morabito mise fine alla diatriba.
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 211<br />
Rodi Morabito e l’Asi - Vetrina<br />
Come avete letto nelle pagine precedenti, il lavoro di Franz Rodi-Morabito era costante e<br />
corretto e non l<strong>as</strong>ciava spazi a speculazioni da parte di chicchessia. Ciò aveva creato forti<br />
dissapori nei suoi confronti da parte di alcune frange, esigue ma potenti, che vedevano l’Asi<br />
come un “affaire”. Egli fu particolarmente duro e virulento in una <strong>as</strong>semblea di delegati di clubs,<br />
cui spedì in seguito anche una lettera in cui criticava alcuni comportamenti anomali in seno<br />
all’Asi ed invitava il Presidente a tr<strong>as</strong>formare l’Ente da “morale” in “commerciale” ed iscriverlo<br />
alla Camera di Commercio. Il Presidente scrisse in seguito a Rodi-Morabito minacciando un<br />
giudizio civile per danni. Rodi Morabito rispose così ...
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 212<br />
Un pensiero affettuoso va al comandante<br />
Augusto Costantino<br />
Non voglio chiudere questo lavoro senza aver rivolto un affettuoso pensiero<br />
ed un ringrazimaneto di cuore al mio Amico e Maestro:<br />
comandante Augusto Costanino.<br />
Un Uomo superiore dalla grande<br />
mente che seppe far fare all’ASI il “grande<br />
salto” tr<strong>as</strong>formandolo da federazione di<br />
clubs privati in Ente Morale a difesa e conservazione<br />
del patrimonio automobilistico<br />
italiano.<br />
Funzionario di alto livello presso la<br />
Fiat seppe ideare, realizzare e curare con<br />
mano decisa ma amorevole il Centro Storico<br />
Fiat di via Chiabrera a Torino.<br />
Una struttura questa che raccoglie<br />
decine di migliaia fra libri, disegni tecnici,<br />
documenti storici della C<strong>as</strong>a Torinese oltre<br />
che una collezione di vetture significative del p<strong>as</strong>sato.<br />
A suo tempo ha ottenuto dalla Direzione Generale Fiat, settore auto, che per<br />
ogni modello di <strong>automobile</strong> che esce di produzione un esemplare venga regalato al<br />
Centro Storico per cui negli anni a venire il museo si arricchirà sempre maggiormente.<br />
Franz Rodi-Morabito
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 213<br />
Marche automobilistiche italiane dalle origini al 1983<br />
Ragione Sociale Sede Sociale costituzione cessazione<br />
ABARTH S.p.A.<br />
(Dal 1981 incorporata Torino 1949<br />
nella FIAT AUTO S.p.A.)<br />
ADAMI & C. Firenze 1901 1906<br />
A.G. di Alfieri Giuseppe Milano 1925 1927<br />
ALBA Fabbrica Automobili Trieste 1906 1908<br />
ALCA Anonima Lombarda Cabotaggio Aereo Milano 1947 1947<br />
ALFA Anonima Lombarda Fabbricazione Automobili Novara 1907 1908<br />
A.L.F.A.Anonima Lombarda Fabbrica Automobili Milano 1910 1918<br />
ALFA ROMEO S.p.A. Milano 1919<br />
ALMA Accomandita Lombarda<br />
per Motori e Automobili di G. Monaco & C Busto Ars.1907 1909<br />
A M CycIecars di Armim Mezzo Torino 1920 1924<br />
AMILCAR ITALIANA<br />
Compagnia Generale Automobili Roma 1925 1927<br />
ANSALDO Automobili s.a.<br />
Ceva Costruzioni e Vendita Torino<br />
Automobili ANSALDO 1932 1934<br />
ANSALDO CEVA 1919 1945<br />
ANTONIETII & UGOLINI Torino 1905 1906<br />
ANZANI Milano 1923 1924<br />
AQUILA ITALIANA<br />
Aquila 1905-1906<br />
Aquila Italiana 1906-1908 Torino 1909 1917<br />
Aquila Italiana di L. Marsaglia 1905 1917<br />
ARCHIMEDE Roma 1905 1905<br />
ARDITA di Ing A Gallanzi Milano 1918 1918<br />
ARTESI Palermo 1948 1948<br />
ASTER Società Italiana Motori Milano 1906 1908<br />
ATS Serenissima 1962<br />
ATS Automobili Turismo Sport S<strong>as</strong>so Marconi 1902 1969<br />
AUREA - Società Italiana Ferrotaie - 1920 1922<br />
FATA Fabbrica Anonima Torinese Automobili Torino 1922 1933<br />
1920 1933<br />
AUTO AVIO COSTRUZIONI Modena 1939 1940<br />
AUTOBIANCHI S.p.A.<br />
(Dal 1967 incorporata nella<br />
Fiat Auto S.p.A.) Desio1955<br />
AUTO CARS SOCIETÀ ITALIANA Alessandria 1907 1911<br />
AUTO LUX Milano 1937 1937<br />
BAGNULO Motori Torino 1922 1922<br />
BARISON & C. Fabbrica Automobili Livorno 1922 1925<br />
BAROSSO Cyclecar <strong>Breve</strong>ttato Novara 1923 1924<br />
BECCARIA Officine Meccaniche Torino 1912 1916<br />
BENDER & MARTINY Torino 1899 1903
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 214<br />
BERNARDI Società Italiana Padova 1899 1901<br />
BERTOLDO F.lli Forno Rivara 1908 1908<br />
BIANCHI EDOARDO -<br />
Fabbrica Automobili e Velocipedi<br />
Edoardo Bianchi & C. Milano 1897 1955<br />
BIASCHI Pistoia 1949 1949<br />
BIZZARRINI - Società Prototipi<br />
Bizzarrini - 1964-1966<br />
BIZZARRINI - 1966-1969 Livorno 1964 1969<br />
BLANC & TREZZA Milano 1923 1924<br />
BN Torino 1924 1925<br />
BONACINI CIRO Modena 1898 1898<br />
BORDONI Milano 1946 1946<br />
BREDA Milano 1941 1941<br />
BREVETTI FIAT Torino 1906 1908<br />
BRIXIA-ZOST Brescia 1906 1912<br />
BUGATTI & GULINELLI Ferrara 1901 1903<br />
CÀBI-CATTANEO Milano 1949 1949<br />
CAMEN Napoli 1922 1954<br />
CAMONA GIUSSANI TUR1NELLI & Milano 1903 1906<br />
CANTONO “Cantono Avantreni 1904-1905<br />
Fram “Fabbricazione Rotabili Avantreni<br />
Motori “1905-1906<br />
Salr Società Anonima Ligure-Romana<br />
Vetture 1906-1913 Roma 1904 1913<br />
CAR Costruzioni Automobili Riunite Milano 1927 1929<br />
CAR Cantieri Automobilistici Riuniti Palermo 1905 1906<br />
CARAMAGNA 1898 1900<br />
CARCANO Anzano (Mi) 1898 1901<br />
CARRERA Torino 1895 1895<br />
CASTAGNERI Alessandria 1900 1902<br />
CEIRANO F.lli - Torino 1901 1903<br />
G.G. F.lli Ceirano Torino 1903 1904<br />
Ceirano & C. 1904 Torino 1901 1904<br />
CEIRANO G.B. & C. Torino 1898 1899<br />
CEIRANO GIOVANNI<br />
FABBRICA AUTOMOBILI Torino 1919 1924<br />
CEIRANO GIOVANNI JUNIOR & C Torino 1904 1905<br />
CEMSA CAPRONI Saronno 1947 1948<br />
CHIRIBIRI & C. 1910 1925<br />
Autocostruzioni Meccaniche Chiribiri<br />
1925-1928 Torino 1910 1928<br />
CIP - Cyclecar Italiano Petromilli Torino 1921 1923<br />
CISITALIA - “Compagnia Industriale<br />
Sportiva Italia” Torino 1946 1953<br />
CITROEN ITALIANA Milano 1924 1925<br />
CMN - Costruzioni Meccaniche<br />
Nazionali Milano 1919 1923
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 215<br />
COLOMBO Officine Meccaniche Milano 1922 1924<br />
COLORNI Mantova 1915 1915<br />
CORAT di Domenico Cosso Torino 1946 1946<br />
DAINO - Fabbrica Automobili Cremona 1923 1924<br />
DAINOTTI - Fabbrica Automobili Pavia 1922 1923<br />
DALL’OGLIO Milano 1913 1913<br />
D’ANGELO Palermo 1905 1905<br />
DARRACQ ITALIANA S’A. Napoli 1906 1910<br />
DELLA FERRERA Torino 1924 1924<br />
DE LUCA DAIMLER Napoli 1906 1910<br />
DE TOMASO - MASERATI Modena 1959<br />
DE VECCHI STRADA & C. DE VECCHI & C. Milano 1905 1917<br />
DIATTO<br />
Diatto A. Clément Vetture<br />
Marca Torino - 1905-1909<br />
Società Officine Fonderie<br />
Frejus Vetture Diatto - 1909-1918<br />
Fonderie Officine Frejus<br />
Automobili Diatto - 1918-1919<br />
Automobili Diauo - 1919-1923<br />
Autocostruzioni Diatto - 1924-1927 Torino 1905 1927<br />
DOBELLI Roma 1903 1904<br />
DORA - Società Industriale Italiana Genova 1905 1909<br />
DUAL & TURCONI Milano 1899 1901<br />
EIA - Società Lombarda Economica<br />
Industriale Automobili Milano 1928 1928<br />
EMANUEL di A. Rosselli Torino 1899 1904<br />
FACCIOLI<br />
Ing. A. Faccioli & C. 1902-1905<br />
Soc. Ing. Aristide Faccioli 1905-1906<br />
Società Faccioli Ferro Rampone 1906-1908 Torino 1902 1908<br />
FADIN Milano 1924 1926<br />
FAF - Fabbrica Automobili Furfanelli Novara 1900 1901<br />
FAIT Bologna 1903 1904<br />
FAS - Fabbrica Automobili Standard Torino 1906 1912<br />
FAST Fabbrica Automobili Sport<br />
Fabbrica Automobili Sport<br />
Torino di ing. Or<strong>as</strong>i 1923-1925 Torino 1919 1925<br />
FERMI Treviso 1949 1949<br />
FEROLDI Torino 1912 1912<br />
FERRARI S.p.A.<br />
Auto Costruzione Ferrari-1946-1960<br />
Società Esercizio Fabbriche<br />
Automobili e Corse Ferrari 1960-1966 Maranello 1946<br />
FERRO Genova 1935 1935<br />
FIAL - Fabbrica Italiana<br />
Automobili Legnano Legnano 1906 1909<br />
FIAM Alessandria 1923 1923
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 216<br />
FIAM - Fabbrica Italiana Automobili<br />
e Motori Brescia Torino 1921 1926<br />
FIAT S.p.A. Torino 1899<br />
FIDES “Fides Fabbrica Automobili<br />
Marca Br<strong>as</strong>ier” - 1905-1908<br />
“Fides Fabbrica Automobili<br />
<strong>Breve</strong>tti Enrico” 1908-1911 Roma - Torino 1905 1911<br />
FIGARI Milano 1925 1926<br />
FIGINI LUIGI & C. Milano 1899 1907<br />
FILECCIA & FIGLI Palermo 1904 1904<br />
FIMER - “Fabbrica Italiana<br />
Motoveicoli e Rimorchi” Milano 1947 1947<br />
FLAG - Fabbrica Ligure<br />
Automobili Genova Genova 1905 1908<br />
FLIRT di Ing. P. Pestalozza Torino 1913 1914<br />
FLORENTIA - Fabbrica Automobili Firenze 1903 1910<br />
FLORIO Palermo 1906 1906<br />
FOD - Fonderie Officine De Benedetti Torino 1924 1927<br />
FRANCO AUTOMOBILI Milano 1910 1912<br />
FRERA CORRADO & C. Milano 1905 1913<br />
FRIGERIO ing Carlo & C Milano 1905 1905<br />
FUSI-FERRO Milano 1948 1948<br />
F.V.E. Milano 1900 1900<br />
GALILEO Officine Firenze 1904 1904<br />
GALLIA - “Società Italiana<br />
Vetture Elettriche” Torino 1905 1907<br />
GALLINARI Cantieri Livorno 1906 1908 GAR<br />
Verza Automobili Milano 1924 1926 GARANZINI<br />
Oreste Milano 1925 1925<br />
GEDDES Giorgio Lucca 1942 1942<br />
GIAUR Teramo 1950 1954<br />
GLISENTI Brescia 1900 1900<br />
GNESUTTA E. Officina Meccanica Milano 1900 1900<br />
GRIMALDI & C. Milano 1906 1906<br />
HERMES ITALIANA Roma 1906 1908<br />
IENA - Industria Economica Nazionale Automobili<br />
dì Tomm<strong>as</strong>i & Rizzi Lodi 1922 1925<br />
INNOCENTi - Società Generale per l’Industria<br />
Metallurgica e Meccanica Milano 1961<br />
ISO - Autoveicoli S.p.A. Bresso 1953 1974<br />
Varedo 1974 1976<br />
ISOTTA FRASCHINI<br />
Soc. Milanese d’Automobili<br />
Isotta Fr<strong>as</strong>chini & C. 1900 1904<br />
Fabbrica Automobili Isotta Fr<strong>as</strong>chini 1904-1949 Milano 1900 1949<br />
ITALA<br />
Itala Fabbrica Automobili - 1904-1929<br />
Itala - 1929-1931
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 217<br />
Itala Società Anonima Costruzioni<br />
Automobilistiche - SACA 1931-1934 Torino 1904 1934<br />
ITALIA - Fabbrica Automobili Gallottini & Figlio Bologna 1907 1908<br />
JUNIOR - Fabbrica Torinese Automobili Torino 1905 1909<br />
KRIEGER<br />
Krieger Società Italiana<br />
Automobili 1905-1906<br />
STAE Società Torinese Automobili<br />
Elettriche 1907-1913 Torino 1905 1913<br />
LAMBORGHINI Automobili Cento 1963 1964<br />
Sant’Agata Bolognese 1964<br />
LANCiA S.p.A.<br />
Fabbrica di Automobili Lancia & C. 1906<br />
Lancia S.p.A.<br />
(Dal 1978 incorporata nella<br />
FIAT AUTO S.p.A.) Torino 1906<br />
LANDINI Vetturette G.L. Cameri 1920 1921<br />
LANZA Michele Fabbrica Automobili Torino 1898 1903<br />
LENTZ Società Italiana Automobili Milano 1906 1908<br />
LEONE Vincenzo Officine Elettromeccaniche Torino1949 1950<br />
LO CASC1O Giuseppe & C. Napoli 1905 1913<br />
LUX Fabbrica di Automobili e Cicli Torino 1906 1907<br />
MAGGIORA Automobili Padova 1905 1905<br />
MAJOCCHI F.LLI Officine Milano 1898 1906<br />
MANTOVANI CARLO & C. -<br />
Stabilimento Meccanico Torino 1903 1906<br />
MARCHAND<br />
Orio & Marchand - 1898-1900<br />
F.IIi Marchand - 1900-1905<br />
Marchand - 1905-1906<br />
Marchand-Dufaux - 1906-1909 Milano 1898 1909<br />
MARENGO Automobili Genova 1907 1909<br />
MARINO Società Automobili Padova 1923 1930<br />
MASERATI<br />
“Officine Alfieri M<strong>as</strong>erati” Bologna 1914 1937<br />
“Società Anonima Officine Alfieri M<strong>as</strong>erati” Modena 1940 1975<br />
MB - Motta & Baudo Torino 1925 1925<br />
MELDI Giuseppe Officina Meccanica Torino 1927 1933<br />
MENON Officina Velocipedi Roncade (TV) 1897 1902<br />
MENTASCHI & C. Lambrate (Mi) 1924 1924<br />
MIARI GIUSTI & C. - MOTORE BERNARDI Padova 1896 1899<br />
MINIMA di A. P<strong>as</strong>sarin Milano 1935 1935<br />
MINUTOLI MILLO & C. Vorno (Lu) 1902 1903<br />
MIRABILIS di G. De Maria Torino 1906 1907<br />
MONTI) Officina Meccanica Alessandria 1900 1900<br />
NARDI & DANESE 1947 1951<br />
Nardi & C. 1951-1956 Torino 1947 1956<br />
NARDI MONACO Torino 1932 1932
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 218<br />
NAZZARO & C. Fabbrica<br />
Automobili 1911-1916<br />
Nazzaro 1919-1923 Torino 1911 1923<br />
NEMBO Modena 1966 1966<br />
NEWTON John Fabbrica Automobili Torino 1914 1915<br />
ODERO Livorno 1905 1905<br />
ODERO-RAGGIO-PRINA Savona 1905 1905<br />
ODETTI Automobili Milano 1922 1925<br />
OM<br />
Officine Meccaniche già Miani,<br />
Silvestri & C. - A. Grondona,<br />
Comi & C. 1918-1928<br />
OM Fabbrica Bresciana di Automobili<br />
1928-1937<br />
OM S.A. 1937-1967<br />
(Dal 1967 incorporata nella Fiat) Milano 1918 1967<br />
OMT Officine Meccaniche Torinesi Torino 1907 1913<br />
OPES “Officine di Precisione e Stampaggio -<br />
Vettura Ninfea” Torino 1946 1948<br />
OPESSI Torino 1935 1936<br />
OSCA “Officina Specializzata<br />
Costruzioni Automobili” Bologna 1947 1966<br />
OTAV “Officine Ttlrkheimer per Automobili e<br />
Velocipedi” Torino 1905 1908<br />
OTTOLINI IGNAZIO Fabbrica Automobili Milano 1900 1901<br />
PADUS Fabbrica Automobili Torino 1906 1908<br />
PANTHER DIESEL Milano 1954 1955<br />
PASSONI MAURIZIO Torino 1905 1905<br />
PENNACCHIO Vettura Lucciola Milano 1947 1948<br />
PERFETTI Automobili Milano 1922 1923<br />
PEUGEOT CROIZAT Torino 1905 1907<br />
PEUGEOT ITALIANA Milano 1924 1929<br />
PLATÈ GIGI Milano 1947 1947<br />
PRINCE Automobili Costruzioni<br />
di V. Carena e Mazza Torino 1921 1923<br />
PRINETTI & STUCCHI Milano 1898 1902<br />
QUAGLIOTT1 Torino 1904 1904<br />
RACCA Torino 1900 1900<br />
RAIMONDI IPPOLITO Fabbrica Biciclette e<br />
AutomobiliParma 1898 1898<br />
REBUS Milano 1909 1909<br />
RESTELLI Milano 1920 1923<br />
REVELLI Torino 1941 1941<br />
RICORDI GIUSEPPE Milano 1898 1902<br />
RICORDI & MOLINARI “Società Italiana<br />
Costruzioni Automobili” Milano 1905 1906<br />
ROMA Società Automobili Roma 1905 1910<br />
ROMBO Società Automobili <strong>Breve</strong>tti Fuscaldi Brescia 1920 1921
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 219<br />
ROSSI & SEGRE Torino 1897 1897<br />
RUBINO Officine di Netro Netro (Biella) 1920 1923<br />
SABA Società Automobili <strong>Breve</strong>tti Angelino Milano 1925 1928<br />
SAL “Società Automobili Lombarda<br />
Vetture Espena” Bergamo 1905 1909<br />
SALVA “Società Anonima Lombarda<br />
Vetture Automobili” Milano 1906 1907<br />
SAM Società Automobili Motori Milano 1924 1928<br />
SAMCA Parma 1947 1947<br />
SAN GIORGIO Automobili Licenza Napier Genova 1905 1909<br />
SAN GIUSTO Fabbrica Automobili Trieste 1924 1926<br />
SCA Società Costruzioni Automobili Roma 1899 1901<br />
SCACCHI & C. Fabbrica Automobili Chiv<strong>as</strong>so (To) 1911 1915<br />
SCAT Società Ceirano Automobili Torino Torino 1906 1932<br />
SCIREA Officine Milano 1910 1927<br />
SCLAVO Automobili Eridano Torino 1911 1914<br />
SERPOLLET ITALIANA S.A. Milano 1906 1908<br />
SIAM Società Italiana Automobili Milano Milano 1921 1923<br />
SIATA Società italiana Applicazioni Tr<strong>as</strong>formazioni<br />
Automobilistiche 1926- 1959<br />
SIATA-Abarth 1959-1961<br />
SIATA Auto 1961-1970 Torino 1926 1970<br />
SIC Società Italiana Cycleear Chiavari 1924 1925<br />
SILVA Milano 1906 1906<br />
SILVANI Milano 1921 1924<br />
SIMS - Società Italiana Merz & Stinchi Torino 1908 1909<br />
SIVE - “Società Italiana Vetture Elettriche<br />
Turrinelli & C.” Milano 1899 1903<br />
SMB - Società Meccanica Bresciana Brescia 1902 1910<br />
SMIG - Società Meccanica Italo-Ginevrina Torino 1906 1907<br />
SOCIETÀ ROMANA per l’Esercizio e la<br />
costruzione di Automobili Elettriche” Roma 1899 1903<br />
SPA - Società Piemontese Automobili<br />
Ansaldi-Ceirano 1906-1908<br />
SPA - Società Ligure Piemontese<br />
Automobili 1908-47 Torino 1906 1947<br />
STANGUELLINI - Officine<br />
Stanguellini Tr<strong>as</strong>formazione<br />
Auto Sport e Corsa Modena 1946 1962<br />
STAR - Società Torinese Automobili Rapid Torino 1904 1921<br />
STIGLER - Vetture Elettriche Milano 1921 1925<br />
STORERO Fabbrica Automobili Torino 1912 1916<br />
STUCCHI & C. Milano 1902 1906<br />
SVA - Società Valdostana Costruzione Motori Aosta 1949 1949<br />
TARASCEH Officina Meccanica Teramo 1947<br />
TAU Torino 1924 1926<br />
TAURINIA Società 1902-1907<br />
TAURINIA Fabbrica Automobili
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 220<br />
1907-1908 Torino 1902 1908<br />
TEMPERINO M. & C. 1907-1919<br />
Vetturette TEMPERINO S.A.<br />
1919- 1925 Torino 1907 1925<br />
TODESCHINI Vetture Lec<strong>as</strong> Milano 1899 1899<br />
TONELLO Automobili di Guido Meregalli Milano 1921 1923<br />
TROSSI CATTANEO Milano 1934 1934<br />
TROSSI MONACO Gaglianico 1935 1935<br />
VACCARI Mantova 1908 1908<br />
VAGHI Motovetturette Milano 1922 1924<br />
VALT Vetture Automobili Leggere Torino Torino 1911 1914<br />
VELTRO Società Automobili Torino 1920 1920<br />
VESPA di Clemente Antonelli Modena 1913 1916<br />
VITTORIA di G. Ambrosini Torino 1914 1915<br />
VOLPI&C. Milano 1901 1901<br />
VOLUGRAFO Officine Meccaniche Torino 1946 1948<br />
WOLSELEY ITALIANA S.A. Legnano 1907 1909<br />
WOLSIT Legnano 1907 1907<br />
ZAMBON & C. Automobili Z licenza Cravero Torino 1914 1915<br />
ZENA Fabbrica Automobili Genova 1906 1908<br />
ZETA dei F.lli Zambelli Piacenza 1914 1915<br />
ZO Giuseppe Asti 1936 1936<br />
ZUST<br />
Zust Ing. Roberto Fabbrica Italiana<br />
di Automobili 1903-1912<br />
Zust Fabbrica Automobili 1912-1917 Intra 1903 1917
<strong>Breve</strong> <strong>Storia</strong> <strong>dell'</strong> Automobile italiana 221<br />
Pubblicato il 19 Luglio 2010<br />
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