L A G A Z Z E T T A DEI MORRESI EMIGRATI - Morreseemigrato.Ch
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affi, il suo inseparabile bastone e il suo cappello, morì nel 1958. Ricordarmi di lui significa molto per me,<br />
perché fu il mio primo maestro, benché avesse solo frequentato la scuola fino alla terza elementare. A quattro<br />
anni mi aveva già insegnato a leggere il giornale. Perciò in suo onore pubblico questi "ricordi" scritti una<br />
quarantina di anni fa e per tanto tempo dimenticati in una scatola di cartone.<br />
MIO NONNO<br />
Rivedo mio nonno come se l'avessi davanti, come se quelle nere zolle del<br />
cimitero non l'avessero nascosto per sempre al mio sguardo in quel triste<br />
giorno piovigginoso.<br />
Era alto, magro, non curvato dagli anni. Sul suo viso asciutto e fiero, dove<br />
appena trovavano posto poche rughe, si leggeva decisione, coraggio. La<br />
fronte alta ed i capelli ed i baffi brizzolati, ma non bianchi del tutto. Ricordo<br />
che, quando sedevo sulle sue ginocchia nelle lunghe sieste d'estate ed i<br />
suoi capelli incominciavano appena ad incanutire, mi divertivo a strappare<br />
qua e là quei sottili fili argentei e poi glie li mostravo felice. Lui sorrideva e<br />
m'invitava a cercarne degli altri.<br />
Aveva due cose di cui non si separava mai; queste due cose, che diventarono tre quando suo<br />
genero gli mandò una sveglia dall'America, erano il cappello ed il bastone. Il bastone specialmente<br />
era l'oggetto più importante, non lo dimenticava mai quando usciva, non perché avesse<br />
veramente bisogno di appoggiarsi, ché si reggeva bene in gamba e neanche lo portava per lusso.<br />
Era un vecchio bastone nodoso, di quelli che adoperano i contadini, non era bello né estetico,<br />
lo portava solamente per compagnia. Il suo mestiere spesso lo portava in campagna, verso<br />
le tre del mattino, nelle strade strette, fangose e malagevoli, dove i cani abbaiavano furiosamente<br />
al suo passaggio e si buttavano addosso senza complimenti; allora egli alzava il bastone<br />
e li teneva a bada. Era amante della solitudine ed un tipo molto nervoso ed impaziente, bastava<br />
un nonnulla per farlo andare in escandescenze, che acquistavano più forza nel suo vernacolo<br />
napoletano. La sua memoria era ferrea, ricordava distintamente i singoli fatti degli innumerevoli<br />
libri che aveva letto. Fu lui che con i suoi racconti mi inculcò l'amore per la lettura.<br />
D'estate, nel pomeriggio quando era libero, mi chiamava vicino a sé. Io mi sedevo sullo sgabello<br />
ai suoi piedi, poggiavo le mani sulle ginocchia e fissando lo sguardo nei suoi occhi aspettavo<br />
col fiato sospeso uno dei suoi tanti racconti: Sindbad il marinaio, Ali Babà, Il Conte di Montecristo,<br />
I Tre Moschettieri, I Miserabili, I Misteri di Parigi, I Reali di Francia, I Promessi Sposi,<br />
che sapeva quasi tutto a memoria, e qualche passo della Divina Commedia sfilavano davanti<br />
al mio sguardo avvivati dalla sua parola. Nelle lunghe sere d'inverno amava andare a letto<br />
presto, appena la cappa nera della notte precoce avvolgeva le cose d'intorno e solo lontano si<br />
vedevano dei tremuli punti brillare, erano le luci del paese di fronte a Morra, Andretta, egli<br />
metteva un nuovo ciocco nel camino, avvivava il fuoco con abbondanti legna e poi, prendendo<br />
in mano la candela, si recava nella stanza vicina e, prima di coricarsi nell'altissimo letto antico,<br />
dava la corda alla vecchia sveglia, anch'essa venuta dall'America. Anche questa era una<br />
delle sue abitudini a cui non rinunciò mai; anche quando era ammalato si faceva dare a letto<br />
ogni sera la grossa sveglia quadrata e la caricava coscienziosamente. Succedeva che a volte<br />
svegliandosi non udiva più il sonoro tic tac dell'orologio. Allora si alzava, anche nella stagione<br />
più fredda, ed andava a caricarla. Quel continuo ticchettio era un po’ come il battito del suo<br />
cuore, una cosa necessaria per lui quanto l'aria che respirava, quando il cibo che mangiava.<br />
Dopo di essere andato a letto ed averlo scaldato un po’, mi chiamava e mi faceva coricare vicino<br />
a lui lasciandomi il posto che aveva riscaldato. Succedeva a volte che avevo i piedi molto<br />
freddi, allora me li prendeva nelle mani e me li riscaldava. Al dolce tepore del letto era ancora<br />
più bello ascoltare le sue favole ed i suoi racconti. Il pensiero correva dietro gli eroi e la mia<br />
fantasia si esaltava. Accadeva spesso che mi addormentavo nel mezzo del suo racconto sognando<br />
guerrieri su focosi cavalli e cozzare di spade, oppure Aladino in cerca del tesoro con la<br />
sua lucerna meravigliosa.<br />
Mi voleva un bene immenso e questo bene lo portava ad esagerare sulle mie qualità. Mi reputava<br />
quasi un genio e guai a toccarmi anche in famiglia. A volte andava in collera anche con<br />
me e le sue collere le temevo particolarmente, perché erano terribili. Avevo sempre la pruden-<br />
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