Metamorfosi proteiforme La metamorfosi nelle arti e nelle scienze
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Francesco Faranna VB<br />
<strong>Metamorfosi</strong> <strong>proteiforme</strong><br />
<strong>La</strong> <strong>metamorfosi</strong> <strong>nelle</strong> <strong>arti</strong> e <strong>nelle</strong> <strong>scienze</strong><br />
Esame di stato 2007<br />
Liceo Scientifico “Carlo Alberto” Novara<br />
0
SOMMARIO<br />
INTRODUZIONE p. 2<br />
1. LA MATAMORFOSI IN AMBITO LETTERARIO p. 3<br />
1.1 OVIDIO E L’UNIVERSO DELLE METAMORFOSI<br />
1.2 APU<br />
LEIO E “L’ASINUS AUREUS” p. 6<br />
1.3 DANTE E PIER DELLA VIGNA p. 7<br />
1.4 PINOCCHIO p. 8<br />
1.5 L’<br />
ALIENAZIONE MODERNA IN KAFKA p. 9<br />
1.6 “THE STRANGE CASE OF DR. JEKYLL AND MR HYDE”,STEVENSON p.10<br />
1.6.1 THE PLOT<br />
1.6.2 THE<br />
DOUBLE NATURE OF THE SETTING p.11<br />
1.6.3 “GO<br />
OD” AND “EVIL” p.12<br />
2.LA METAMORFOSI IN AMBITO ARTISTICO p.12<br />
1.7 IL SURREALISMO DI DELVAUX<br />
3. LA METAMORFOSI IN AMBITO SCIENTIFICO p.15<br />
3.1IL CAMPO ELETTROMAGNETICO E L’INDUZIONE<br />
ELETTROMAGNETICA<br />
3.1.1 CENNI STORICI<br />
3.1.2 IL CAMPO ELETTROMAGNETICO p.16<br />
3.1.3 L’INDUZIONE ELETTROMAGNETICA<br />
4.LA METAMORFOSI IN AMBITO NATURALISTICO p.18<br />
4.1 LE ROCCE METAMORFICHE<br />
4.1.1IL PROCESSO METAMORFICO<br />
4.1.2 LA STRUTTURA E LA COMPOSIZIONE DELLE ROCCE p.19<br />
METAMORFICHE<br />
4.1.3 LA CLASSIFICAZIONE DELLE ROCCE METAMORFICHE p.22<br />
CONCLUSIONE p.23<br />
NOTE p.24<br />
BIBLIOGRAFIA p.26<br />
1
Introduzione<br />
Perché “<strong>Metamorfosi</strong> <strong>proteiforme</strong>” ?<br />
Ho così intitolato questa tesina perché affrontando il tema della <strong>metamorfosi</strong> mi sono accorto che<br />
questa tematica assume caratteri diversi e molteplici in altrettanti diversi ambiti del sapere.<br />
In ambito letterario infatti vi sono autori di periodi storici differenti che affrontano il tema della<br />
<strong>metamorfosi</strong> perché vedono in essa un alternativo modo di vivere o “non vivere” (come nel caso di<br />
Gregor Samsa kafkiano) nel mondo. Autori come Ovidio: il poeta delle mutatae formae, Apuleio,<br />
Dante, sono influenzati dal mito da cui tutti traggono ispirazione.<br />
Diversamente, per Carlo Collodi, Robert Louis Stevenson e Franz Kafka la <strong>metamorfosi</strong> dei<br />
protagonisti de Le avventure di Pinocchio, The Strange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde o <strong>La</strong><br />
<strong>Metamorfosi</strong>, non è influenzata dal mito perché, come ricordava già il poeta satirico Giovenale,<br />
vissuto tra il I e il II secolo d.C., - non è necessario ricorrere al mito, la società contemporanea offre<br />
già esempi paradossali - .<br />
Il paradosso è una costante anche in ambito <strong>arti</strong>stico specialmente nel movimento d’Avanguardia del<br />
Surrealismo in cui gli <strong>arti</strong>sti grazie “all’automatismo psichico puro”, dipingono qualsiasi immagine<br />
gli si presenti in mente. Non è dunque strano che le figure rappresentate abbiano una natura<br />
allucinatoria.<br />
Anche in ambito scientifico e naturalistico trova spazio la tematica della <strong>metamorfosi</strong>, anche se con<br />
caratteristiche diverse. Infatti la teoria dell’ induzione elettromagnetica spiega la relazione che<br />
intercorre tra il campo elettrico e il campo magnetico relazione a cui può essere associata l’ idea<br />
della trasformazione tra un campo e l’ altro e la loro complementarietà.<br />
Il tema della <strong>metamorfosi</strong> trova dunque risonanza anche <strong>nelle</strong> <strong>scienze</strong> naturali, in cui si studiano, per<br />
esempio, le rocce metamorfiche originate dopo vari processi di metamorfismo.<br />
Voglio dunque affrontare ciò in questa tesina, ponendo l’ accento su come l’ argomento della<br />
<strong>metamorfosi</strong> abbia caratteri eterogenei in ambiti del sapere diversi.<br />
2
1. LA METAMORFOSI IN AMBITO LETTERARIO<br />
In ambito letterario il tema della <strong>metamorfosi</strong> occupa un posto di tutto rilievo. Presente in misura<br />
massiccia nel mito e nel folclore, la <strong>metamorfosi</strong> (dal gr. Metamòrphosis, “scambio di forma”) appare<br />
come tema quasi onnipresente.<br />
<strong>La</strong> <strong>metamorfosi</strong> presuppone una concezione dinamica del reale, percepito come un fluire in cui gli<br />
esseri individuali possono trapassare da una forma all’altra superando i confini convenzionali tra i<br />
vari regni (animale, vegetale e umano) e tra umano e divino.<br />
In tanta varietà, è possibile individuare un tipo p<strong>arti</strong>colare di <strong>metamorfosi</strong>: quella in cui la<br />
trasformazione evidenzia la vera natura dell’essere che la subisce, fissandone l’identità più profonda,<br />
resa evidente nel bene o nel male attraverso l’aspetto assunto dal soggetto.<br />
È appunto il caso di Atteone (1), di Pigmalione (2) e la statua o di Apollo e Dafne (3) di Publio Ovidio<br />
Nasone (4), di lucio-asino apuleiano (5), ma è anche il caso, ad esempio, del dantesco Pier della Vigna<br />
(6), di Pinocchio che diventa bambino, o del moderno kafkiano Gregor Samsa mutato in scarafaggio.<br />
Una <strong>metamorfosi</strong>, insieme psicologica e fisica, è quella invece della creatura stevensiana di Dr Jekyll<br />
che allo stesso tempo è il folle Mr. Hyde.<br />
1.1 Ovidio e l’universo delle <strong>metamorfosi</strong><br />
Proemio 1-4<br />
In nova fert animus mutatas dicere formas<br />
corpora; di, coeptis (nam vos mutastis et illas)<br />
aspirate meis primaque ab origine mundi<br />
ad mea perpetuum deducite tempora carmen.<br />
Nell’ambito della letteratura latina l’autore che affronta più<br />
diffusamente il tema della <strong>metamorfosi</strong> è senza dubbio<br />
Ovidio, il quale nell’ampio poema epico - didascalico dal<br />
titolo Metamorphoseon libri scritto in 15 volumi in esametri<br />
tra il 2 e l’8 d.C. , narra in forma continuata le trasformazioni<br />
di dèi ed eroi, in un grandioso affresco di grande suggestione<br />
narrativa.<br />
Giustificando la propria scelta sulla base della teoria pitagorica<br />
della metempsicosi- illustrata come fondamento religioso della<br />
<strong>metamorfosi</strong> nel XV libro- Ovidio di fatto, si abbandona al<br />
gusto per la narrazione, intrecciando vicende di varia ampiezza<br />
e significato, collegate per analogia o per antitesi, accostandole<br />
o, più spesso, incastrandole l’una nell’altra. Inoltre, dato<br />
importante, ogni creatura, trasformata in un altro essere<br />
continua a possedere la sua<br />
capacità raziocinante originale;<br />
ciò vuol dire che se la trasformazione avviene in qualcosa di<br />
negativo, questo dato diverrà causa di maggior dolore e lamenti.<br />
Tra le <strong>metamorfosi</strong> narrate da Ovidio, una delle più note è quella<br />
di Atteone, il cacciatore figlio di<br />
Aristeo e di Autònoe, il quale è trasformato in cervo dalla dea<br />
Diana poiché questa punisce il ragazzo per empietà, nonostante<br />
3
sia involontaria: Atteone vede accidentalmente Diana e le sue ancelle senza veli mentre codeste sono<br />
presso delle fonti per bagnarsi.<br />
Il ragazzo si vede così trasformato in cervo, ma presto si vede essere inseguito dai suoi stessi cani di<br />
cui poco prima ne era il padrone.<br />
Met. III, 193-206<br />
Nec plura minata<br />
dat sparso capiti vivacis cornua cervi,<br />
dat spazium collo summasque cacuminat aures<br />
cum pedibusque manus cum longis bracchia<br />
mutat<br />
cruribus et velat maculoso vellere corpus;<br />
aditus et pavor est: fugit Autonoeius heros<br />
et se tam celerem cursu miratur in ipso.<br />
Ut vero vultus et corna vidit in unda,<br />
“ me miserum!” dicturus erat: vox nulla secuta<br />
est;<br />
ingemuit: vox illa fuit, lacrimaeque per ora<br />
non sua fluxerunt; mens tantum pristina mansit.<br />
Quid faciat? Repetatne domum et regalia tecta<br />
An lateat silvis? Pudor hoc, timor impedit illud.<br />
Dum dubitat, videre canes[…].<br />
<strong>La</strong> vicenda di Atteone è ripresa poi in età barocca quando Giambattista Marino scrive Idilli<br />
favolosi:<br />
Idilli favolosi 536-564<br />
Ahi chi credea che ’n animo celeste<br />
Albergasse tant’ira? Ecco in un punto<br />
Sorgere in aria e circondarmi un turbo,<br />
ond’io (come, non so) ratto trabocco<br />
dal tronco in giù precipitoso al piano.<br />
E quivi alfin m’avveggio<br />
de la trasfigurata mia persona.<br />
Sventurato! Ch’a<br />
Pena di quel fatal umor spruzzato e molle,<br />
tosto m’abbandonò l’umana forma:<br />
stendesi il collo, e de le guance il tratto<br />
in mascelle s’allunga; il naso e ’l mento<br />
si nasconde e si spiana<br />
e la bocca viril s’aguzzza in muso;<br />
de le gambe robuste<br />
s’assotiglian le polpe: i duo sostegni<br />
del corpo si fan quattro,<br />
e ha ciascun di loro l’ unghia divisa;<br />
cresce su per le membra,<br />
già candide, or di nero<br />
pomellate e di punti<br />
variate e distinte, irsuto pelo.<br />
Veggiomi pullulando<br />
Spuntar su la cervice<br />
4
i germogli de l’ossa, indi repente,<br />
arboreggiando al ciel, selva di corna<br />
farmi con cento rami ombra a la fronte.<br />
Insolita paura<br />
entrar mi sento ad abitar nel petto.<br />
Come vera e propria allegoria della potenza creatrice dell’arte, inoltre, si pone la vicenda di<br />
Pigmalione, abile <strong>arti</strong>sta che, dopo aver tratto dall’avorio una bellissima statua di donna, con il suo<br />
stesso amore e con l’aiuto della dea Venere le infonde la vita:<br />
Met. X, 280-289<br />
Tornato a casa, corre a cercare la statua della sua fanciulla<br />
e chinatosi sul letto la bacia: sembra che emani tepore.<br />
Accosta di nuovo la bocca e con le mani le accarezza il<br />
seno;<br />
sotto le dita, l’avorio s’ammorbidisce e, perduto il suo<br />
gelo,<br />
cede duttile alla pressione, come al sole torna morbida<br />
la cera dell’Imetto e, plasmata dal pollice, si piega<br />
ad assumere varie forme, adattandosi a questo impiego.<br />
Stupito, felice, ma incerto e timoroso d’ ingannarsi,<br />
più e più volte l’innamorato tocca con la mano il suo<br />
sogno:<br />
è un corpo vero! Sotto il pollice pulsano le vene.<br />
Una vicenda altrettanto famosa è quella di Dafne, ninfa mutata in alloro mentre cerca di sfuggire al<br />
dio Apollo:<br />
Met I, 543-552<br />
Senza più forze, vinta dalla fatica di quella corsa<br />
allo spasimo, si rivolge alle correnti del Peneo e:<br />
“aiutami, padre”, dice. “Se voi fiumi avete qualche potere,<br />
dissolvi, mutandole, queste mie fattezze per cui troppo<br />
piacqui”.<br />
Ancora prega, che un torpore profondo pervade le sue<br />
membra,<br />
il petto morbido si fascia di fibre sottili,<br />
i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami;<br />
i piedi, così veloci un tempo, s’inchiodano in pigre radici,<br />
il volto svanisce in una chioma: solo il suo splendore<br />
conserva.<br />
5
Anche Gabriele D’ Annunzio si sofferma sul mito di Apollo e Dafne. Infatti, ne L’ oleandro,<br />
che app<strong>arti</strong>ene alla raccolta Alcyone (1903), si racconta proprio la trasformazione di Dafne in<br />
pianta. Certamente lo spirito è ben diverso a quello del poeta latino; nei versi di D’ Annunzio<br />
Dafne anela a unirsi ad Apollo, la sensualità è molto accentuata:<br />
Alcyone, L’ oleandro 320-346<br />
Il dolce crine è già novella fronda<br />
intorno al viso che si trascolora.<br />
<strong>La</strong> figlia di Penèo non è più bionda;<br />
non è più ninfa e non è lauro ancora.<br />
Sola è rossa la bocca gemebonda<br />
che del novello aroma s’insapora.<br />
Escon parole e lacrime odorate<br />
dall’ ultima doglianza. O fior d’estate,<br />
prima rosa del lauro che s’infiora!<br />
Tutto è già verde linfa, e sola è sangue<br />
la bocca che querelasi ininterrotta-<br />
mente. In pallide fibre il cuor si sface<br />
ma il suo rossore è in sommo della bocca.<br />
Desioso dolor preme l’amante.<br />
Guarda ei l’arbore sua ma non la rocca;<br />
l’ode implorare ma non ha virtù.<br />
E chiama: “Dafne! Dafne!”. Ella non più<br />
Implora, non più geme. “Dafne! Dafne!”.<br />
Ella non più risponde: è senza voce.<br />
Pur la gola sonora è fatta legno.<br />
Le palpebre son due tremule foglie;<br />
li occhi gocciole son di umor silvestro;<br />
bruni margini inasprano le gote;<br />
delle tenue nari è appena il segno.<br />
Ma nell’ ombra la bocca è ancora sangue,<br />
solo nel lauro la bocca di Dafne<br />
arde e al dio s’offre, virginal mistero.<br />
1.2 Apuleio e l’“Asinus Aureus”<br />
I, 1<br />
At ego tibi sermone isto milesio varias fabulas conseram<br />
auresque tuas benivolas lepido sussurro permilceam modo<br />
si papyrum Aegyptiam argutia Nilociti calami inscriptam<br />
non spreveris inspicere, figuras fortunasque et in se rursum<br />
mutuo nexu refesctas ut mireris.<br />
Valenza più profonda ha la doppia <strong>metamorfosi</strong> di Lucio<br />
<strong>nelle</strong> <strong>Metamorfosi</strong> apuleiane. Essa infatti, oltre che spunto<br />
per un racconto divertito e dilettevole, si presente anche<br />
come vera e propria vicenda iniziatica. In quest’ottica, la<br />
6
trasformazione di Lucio in asino appare chiaramente come una punizione, un’“imbestiamento” che<br />
simboleggia la degradazione di Lucio, prono ai piaceri del sesso e schiavo della sua insana curiositas<br />
verso la magia: l’animale in cui si trasforma è l’asino, animale “basso” e simbolo del Male e della<br />
carnalità.<br />
Infatti, nel capitolo 24 del III libro, Apuleio dice che la schiava<br />
Fotide, conosciuta da Lucio presso la casa dell’amico Milone, la<br />
cui moglie Panfile aveva la fama di essere una maga, decide di<br />
rubare alla padrona una “polvere magica” per donarla a Lucio.<br />
Panfile però prende un unguento sbagliato e non appena Lucio si<br />
massaggia le membra con essa “plane pili mei crassantur in setas<br />
et cutis tenella duratur in corium et de spinae meae termino<br />
grandis cauda procedit. Iam facies enormis et os prolixum et<br />
nares hiantes et labiae pendulae; sic et aures inmodicis<br />
horripilantant auctibus.”<br />
Dopo molte fatiche e avversità, però, grazie all’intervento della<br />
dea Iside, Lucio (XI, 13) ritornerà alle fattezze umane per poi<br />
essere pronto all’iniziazione ai culti misterici della stessa dea.<br />
Infatti non appena l’ asino mangia la corona di rose, “squalens pilus defluit, cutis crassa tenuatur,<br />
pedes sunt, sed in erecta porriguntur officia, cervix procera cohibetur, os et caput rutundatur, aures<br />
enormes repetunt pristinam parvitatem, dentes saxei redeunt ad humanam minutiem et, quae me<br />
potissimum cruciabat ante, cauda nusquam (comparuit)!<br />
1.3 Dante e Pier della Vigna<br />
<strong>La</strong> tematica della <strong>metamorfosi</strong> non si esaurisce certo con la fine del mondo classico, ma continua a<br />
permeare di sé l’intera letteratura medievale, assumendo nuovi significati riguardo al mutato contesto<br />
culturale.<br />
All’interno della Commedia, nell’ambito della “concezione figurale” di cui parla Erich Auerbach,<br />
Dante (7) appare convinto che la realtà terrena sia soltanto una pallida prefigurazione della vera vita,<br />
che si compie e si svela nell’Aldilà, scoprendo la reale natura di ogni singolo essere. Per questo<br />
motivo Dante assegna ai suicidi, che disprezzarono in vita il proprio corpo tanto ad arrivare a<br />
distruggerlo, la pena di vedersi trasformati in arbusti secchi e contorti, degradati quindi a una forma<br />
subumana e grottesca. Così accade anche a Pier della Vigna, suicida perché calunniato alla corte di<br />
Federico di Svevia:<br />
D. ALIGHIERI, Inferno XIII 31-44<br />
Allor porsi la mano un poco avante,<br />
e colsi un ramicel da un gran pruno;<br />
e ’l tronco suo gridò: “Perché mi<br />
schiante?”.<br />
Da che fu fatto poi di sangue bruno,<br />
ricominciò a dir: “Perché mi scerpi?<br />
Non hai tu spirto di pietade alcuno?<br />
Uomini fummo, e or siam fatti sterpi:<br />
ben dovrebb’essere la tua man più pia,<br />
se state fossimo anime di sterpi.<br />
Come d’un stizzo verde ch’arso sia<br />
da l’un de capi, che da l’altro geme<br />
e cigola per vento che va via,<br />
sì de la scheggia rotta usciva insieme<br />
7
parole e sangue; ond’io lasciai la cima<br />
cadere, e stetti come l’uom che teme.<br />
L’ episodio dantesco trova il suo antecedente esplicito nella vicenda di Polidoro narrata nell’ Eneide<br />
virgiliana (Aen. III 22 ss.) e a sua volta, del resto, fungerà da spunto per l’episodio di Astolfo mutato<br />
in mirto nell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto (1. VI, ottave 26 ss.), che, come tutti i poemi epico<br />
- cavallereschi, amerà porre il meraviglioso al centro della sua trama.<br />
1.4 Pinocchio<br />
Venendo a tempi sicuramente più recenti, un testo in cui la<br />
<strong>metamorfosi</strong> svolge un ruolo fondamentale è il Pinocchio di<br />
Collodi (8) (1880), opera che narra la ben nota vicenda del burattino<br />
animato che, attratto dal divertimento e poco propenso allo studio<br />
e all’obbedienza, passa attraverso varie peripezie finché, aiutato<br />
dalla Fata Turchina, accetta le regole del vivere civile,<br />
trasformandosi in ragazzo in carne e ossa e, fuor di metafora,<br />
divenendo adulto.<br />
Il testo, redatto nei decenni successivi all’unificazione d’Italia,<br />
intende presentarsi come la storia di una maturazione individuale<br />
che rispecchia anche una maturazione collettiva nazionale.<br />
Quel che importa qui notare è come il romanzo presenti più<br />
d’un’’analogia col testo apuleiano: in entrambi i casi l’ opera<br />
racconta un cammino interiore, delle prove, e una salvezza che<br />
giunge infine grazie a una benevola figura femminile (Iside in un<br />
caso, la Fata Turchina nell’ altro) ed è segnalata da una <strong>metamorfosi</strong>.<br />
Inoltre, all’interno del testo di Collodi (cap. XXXI), assistiamo anche a una temporanea<br />
trasformazione di Pinocchio in asino, che interviene dopo che Pinocchio si è ancora una volta<br />
abbandonato al divertimento nel Paese dei Balocchi:<br />
C. COLLODI, Le avventure di Pinocchio, Milano, 2002, pp.183-186<br />
Intanto era già cinque mesi che durava questa bella cuccagna di baloccarsi e di divertirsi la<br />
giornate intere, senza mai vedere in faccia né un libro, né una scuola, quando una mattina<br />
Pinocchio, svegliandosi, ebbe, come si suol dire, una gran brutta sorpresa che lo messe proprio di<br />
malumore. E questa sorpresa quale fu?<br />
Ve lo dirò io, miei cari e piccoli lettori: la<br />
sorpresa fu che Pinocchio, svegliandosi, gli<br />
venne fatto naturalmente di grattarsi il capo;<br />
e nel grattarsi il capo si accorse… Indovinate<br />
un po’ di che cosa si accorse?<br />
Si accorse con sua grandissima meraviglia<br />
che gli orecchi gli erano cresciuti più d’un<br />
palmo. Voi sapete che il burattino, fin dalla<br />
nascita, aveva gli orecchi piccini piccini,<br />
tanto piccini che, a occhio nudo, non si<br />
vedevano neppure. Immaginatevi dunque<br />
come restò, quando si poté accorgere che i<br />
suoi orecchi, durante la notte, erano così<br />
allungati che parevano due spazzole di<br />
padule.<br />
8
Andò subito in cerca di uno specchio, per potersi vedere; ma non trovando uno specchio, empì<br />
D’acqua la catinella del lavamano e, specchiando visi dentro, vide quel che non avrebbe mai<br />
voluto vedere: vide, cioè, la sua immagine abbellita di un magnifico paio di orecchi asinini.<br />
<strong>La</strong>scio pensare a voi il dolore, la vergogna e la disperazione del povero Pinocchio.<br />
Cominciò a piangere, a strillare, a battere la testa nel muro; ma quanto più si disperava, e più i<br />
suoi orecchi crescevano e diventavano pelosi verso la cima.<br />
1.5 L’alienazione moderna in Kafka<br />
Il tema metamorfico è ben attestato, tra Otto e Novecento, <strong>nelle</strong> letterature moderne anche straniere.<br />
È il caso appunto de <strong>La</strong> <strong>metamorfosi</strong>, breve romanzo di Franz Kafka (9) scritto nel 1912 e pubblicato<br />
nel 1915. In esso il commesso viaggiatore Gregor Samsa narra di come, una mattina al risveglio, si<br />
sia trovato trasformato in scarafaggio.<br />
F. KAFKA, <strong>La</strong> <strong>metamorfosi</strong> in Tutti i racconti, Milano, 2003.<br />
Gregor Samsa, svegliandosi una mattina da sogni agitati, si trovò<br />
trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo. Riposava<br />
sulla schiena dura come una corazza, e sollevando un poco il capo<br />
vedeva il suo ventre arcuato, bruno e diviso in tanti segmenti<br />
ricurvi, in cima a cui la coperta da letto, vicina a scivolar giù tutta,<br />
si manteneva a fatica. Le gambe, numerose e sottili da far pietà,<br />
rispetto alla sua corporatura normale, tremolavano senza tregua in<br />
un confuso luccichio dinanzi ai sui occhi.<br />
Cos’ era avvenuto? Pensò. Non era un sogno. <strong>La</strong> sua camera, una<br />
stanzetta di giuste proporzioni, soltanto un po’ piccola, se ne stava<br />
tranquilla fra le quattro ben note pareti. Sulla tavola, un campionario<br />
disfatto di tessuti- Samsa era un commesso viaggiatore- e sopra, appeso alla parete, un ritratto<br />
ritagliato da lui […].<br />
Lo sguardo di Gregor si rivolse allora verso la finestra, e il cielo fosco (si sentivano battere le<br />
gocce di pioggia sullo zinco della finestra) lo immalinconì completamente. Che avverrebbe se io<br />
dormissi ancora un poco e dimenticassi ogni pazzia? Pensò, ma ciò era assolutamente<br />
impossibile, perché Gregor era abituato a dormire sulla destra, ma non poteva, <strong>nelle</strong> sue attuali<br />
condizioni, mettersi in quella posizione.<br />
Il racconto della <strong>Metamorfosi</strong> si <strong>arti</strong>cola per gran parte intorno al modificarsi di tutti i rapporti<br />
familiari nei riguardi di Gregor. Queste modifiche sono le “piccole <strong>metamorfosi</strong>” che sembrano<br />
interessare di più, piuttosto che la “grande <strong>metamorfosi</strong>” iniziale.<br />
<strong>La</strong> <strong>metamorfosi</strong> di Gregor Samsa deriva quindi dalla sua alienazione dalla società e questo fatto<br />
comporta, nella tecnica narrativa kafkiana, un allegorismo di tipo p<strong>arti</strong>colare: non comunica un<br />
significato o un messaggio positivo o una tesi precisa e razionale, come faceva invece l’allegoria<br />
tradizionale, ma esprime un bisogno di significato che resta senza risposta. Per questo la critica del<br />
Novecento ha coniato per Kafka la formula di ”allegorismo vuoto”. Kafka, infatti, rappresenta una<br />
vicenda per “dire altro”; ma questo “altro” resta indecifrabile e dunque indicibile.<br />
Nella <strong>Metamorfosi</strong> si percepisce inoltre un gran senso di colpa (legato alla figura autoritaria del<br />
padre) che raggiunge una dimensione assoluta e metaforica. Gregor - insetto è la colpa perché il suo<br />
stesso esistere è sentito come tale. Tuttavia la colpa di Gregor è legata a doppio filo con l’innocenza.<br />
Poiché se da un lato il protagonista è l’insetto-parassita che umilia i suoi familiari e che è colpevole<br />
per l’incapacità di agire, dall’altro questa stessa passività lo rende innocente. Quella di Gregor, in<br />
effetti, è l’innocenza di un figlio condannato a permanere in una condizione infantile e comunque<br />
pre-adulta da una tirannica figura paterna.<br />
9
Della <strong>Metamorfosi</strong> si parla, infine, come di un romanzo di formazione al rovescio.<br />
Infatti, se nel romanzo di formazione a prevalere è la linearità, in quello di Kafka si assiste a un<br />
ribaltamento della finalità stessa di un Pinocchio di Collodi, per esempio. <strong>La</strong> storia di Gregor è<br />
quindi il resoconto di una maturazione mancata. <strong>La</strong> lotta dell’uomo-insetto per ottenere un<br />
riconoscimento nella “norma” s’infrange subito contro un sistema esterno che rifiuta il “diverso”, lo<br />
combatte, lo fagocita.<br />
Anche nella letteratura inglese viene affrontato il tema della <strong>metamorfosi</strong>. Infatti, nel 1886 viene<br />
pubblicato un capolavoro che ebbe molto successo: The Strange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde.<br />
Il romanziere è Robert Louis Stevenson.<br />
1.6 The Strange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde, Robert Louis Stevenson.<br />
Robert Louis Stevenson was born in Edinburgh in 1850. Because of his poor health he spent most of<br />
his childhood in bed. In his adolescence he travelled a lot in search of friendlier climate; he lived in<br />
the south of England, Germany, France and Italy.<br />
He took up engineering at university, following his father’s<br />
footsteps, but he was not enthusiastic about it. All the time he was<br />
in conflict with his social environment, the respectable Victorian<br />
world; he grew his hair long, his manners were eccentric and he<br />
became one of the first examples of the bohemian in Britain,<br />
openly rejecting his family’s religious principles and the love for<br />
respectability.<br />
After giving up engineering, he graduated in law in 1875 and<br />
decided to devote himself to writing. He went to France where he<br />
married Fanny Osborne, and since his health was deteriorating,<br />
they moved to Australia and Tahiti, setting down at Vailima in<br />
Samoa.<br />
He died of a brain haemorrhage in 1894.<br />
1.6.1 The plot<br />
Mr. Utterson is a London lawyer who is a friend of Dr. Jekyll.<br />
ROBERT LOUIS STEVENSON, The strange case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde, Milano, 2007, p.134<br />
I was born in the year 18--- to a large fortune, endowed besides with excellent parts, inclined by nature to industry,<br />
fond of the respect of the wise and good among my fellow-men, and thus, as might have been supposed, with every<br />
guarantee of an honourable and distinguished future. And indeed the worst of my faults was a certain impatient gaiety<br />
of disposition, such as has made the happiness of many, but such as I found it hard to reconcile with my imperious<br />
desire to carry my head high, and wear a more than commonly grave countenance before the public.<br />
Jekyll gave up his regular practice to experiment with non-traditional medicine. Utterson is<br />
concerned because Jekyll has written a will that leaves all his money to his new partner Mr. Hyde.<br />
p. 34.<br />
Mr. Hyde was pale and dwarfish, he gave an impression of deformity without any nameable malformation, he had a<br />
displeasing smile, he had borne himself to the lawyer with a sort of murderous mixture of timidity and boldness, and<br />
he spoke with a husky, whispering and somewhat broken voice; all these were points against him, but not all of these<br />
together could explain the hitherto unknown disgust, loathing, and fear with which Mr. Utterson regarded him. "There<br />
must be something else," said the perplexed gentleman. "There is something more, if I could find a name for it. God<br />
bless me, the man seems hardly human! Something troglodytic, shall we say? Or can it be the old story of Dr. Fell? Or<br />
is it the mere radiance of a foul soul that thus transpires through, and transfigures, its clay continent? The last, I think;<br />
for, O my poor old Harry Jekyll, if ever I read Satan's signature upon a face, it is on that of your new friend."<br />
10
Utterson has heard bad things of Hyde and disliked him at first sight. The lawyer thinks his friend is<br />
being blackmailed.<br />
One day, the lawyer is asked to identify the body of a murdered man, Sir Danvers Carew, one of<br />
Utterson's clients. Hyde is suspected of the murder, but he has disappeared. Jekyll swears that he has<br />
not seen Hyde and has broken with him forever. The case remains unsolved and Jekyll becomes more<br />
sociable than he had been. Suddenly, though, he locks himself into his laboratory, yelling to the<br />
servants through the door, directing them to gather chemicals for him. The servants recognize a<br />
change in his voice and think that their master has been murdered; another man has taken his place in<br />
the lab. They call Utterson who breaks down the door.<br />
On the floor lies Hyde, who has killed himself with poison. Sadly, Utterson assumes Hyde returned<br />
and killed Jekyll, but the doctor's body is nowhere to be found. He does find, however, a letter in<br />
which Jekyll explains his relationship with Hyde. Jekyll had sometimes indulged in debauches which,<br />
if discovered, could have ruined his reputation and of which he is ashamed. Pondering this split in his<br />
personality, he decides to find a way to separate his two beings.<br />
Jekyll creates a potion that releases his evil side, Mr. Hyde. Hyde is shorter and smaller than Jekyll,<br />
having not had as much “exercise”.<br />
For a while Jekyll enjoys his two bodies; he can do whatever he likes without fear of discovery. His<br />
pleasure is stunted when Hyde kills Carew, and he resolves never to take the potion again. Hyde is<br />
now strong, however, and emerges whether Jekyll will have him or not. Indeed, Jekyll must use the<br />
potion to be rid of him if only for a moment. Jekyll knows that it is only by killing his body that<br />
Hyde's body, too, will die.<br />
pp. 138-148<br />
I, for my part, from the nature of my life, advanced infallibly in one direction and in one direction only. It was on the<br />
moral side, and in my own person, that I learned to recognise the thorough and primitive duality of man; I saw that, of<br />
the two natures that contended in the field of my consciousness, even if I could rightly be said to be either, it was only<br />
because I was radically both; and from an early date, even before the course of my scientific discoveries had begun to<br />
suggest the most naked possibility of such a miracle, I had learned to dwell with pleasure, as a beloved day-dream, on<br />
the thought of the separation of these elements.[...]<br />
I hesitated long before I put this theory to the test of practice. I knew well that I risked death; for any drug that so<br />
potently controlled and shook the very fortress of identity, might by the least scruple of an overdose or at the least<br />
inopportunity in the moment of exhibition, utterly blot out that immaterial tabernacle which I looked to it to change.<br />
But the temptation of a discovery so singular and profound, at last overcame the suggestions of alarm. I had long since<br />
prepared my tincture; I purchased at once, from a firm of wholesale chemists, a large quantity of a p<strong>arti</strong>cular<br />
salt which I knew, from my experiments, to be the last ingredient required; and late one accursed night, I compounded<br />
the elements, watched them boil and smoke together in the glass, and when the ebullition had subsided, with a strong<br />
glow of courage, drank off the potion.[...]<br />
The most racking pangs succeeded: a grinding in the bones, deadly nausea, and a horror of the spirit that cannot be<br />
exceeded at the hour of birth or death. Then these agonies began swiftly to subside, and I came to myself as if out of a<br />
great sickness. There was something strange in my sensations, something indescribably new and, from its very<br />
novelty, incredibly sweet. I felt younger, lighter, happier in body; within I was conscious of a heady recklessness, a<br />
current of disordered sensual images running like a mill-race in my fancy, a solution of the bonds of obligation, an<br />
unknown but not an innocent freedom of the soul. I knew myself, at the first breath of this new life, to be wicked,<br />
tenfold more wicked, sold a slave to my original evil; and the thought, in that moment braced and delighted me like<br />
wine. I stretched out my hands, exulting in the freshness of these sensations; and in the act, I was suddenly aware that<br />
I had lost in stature. [...]<br />
The drug had no discriminating action; it was neither diabolical nor divine; it but shook the doors of the prison-house<br />
of my disposition; and like the captives of Philippi, that which stood within ran forth. At that time my virtue<br />
slumbered; my evil, kept awake by ambition, was alert and swift to seize the occasion; and the thing that was<br />
projected was Edward Hyde. Hence, although I had now two characters as well as two appearances, one was wholly<br />
evil, and the other was still the old Henry Jekyll, that incongruous compound of whose reformation and improvement<br />
I had already learned to despair. The movement was thus wholly toward the worse.<br />
1.6.2 The double nature of the setting<br />
The setting in place of the novel seems to be halfway between England and Scotland, London and<br />
Edinburgh. Both capitals had a “double” nature and reflected the hypocrisy of Victorian society:<br />
London had the respectable West End and the appalling poverty of the East End slums; Edinburgh<br />
had the New Town with its wide squares, and the Old Town where crime was a pressing problem.<br />
11
This ambivalence is reinforced by the symbolism of Jekyll’s house whose two façades are<br />
symbolically the faces of the two opposed sides of the same man: the front of this house, used by the<br />
Doctor, is fair; while the back side, used by Hyde, is part of a sinister block of buildings.<br />
Most scenes of the novel take place at night: there is no natural daylight, but only the <strong>arti</strong>ficial<br />
lighting of Jekyll’s house and of the nightmarish street lamps. The most important events are<br />
wrapped up in darkness and fog: when Hyde tramples over the child it is three in the morning; the<br />
murder of a respectable Member of Parliament, Sir Danvers Carew, happens at night; as well as<br />
Jekyll/Hyde’s suicide.<br />
1.6.3 Good and evil<br />
This novel is the portrayal of “good” and “evil” and its characters, Jekyll and Hyde, are the<br />
stereotypes of people who are “good” and “evil”.<br />
As Jekyll has lived a virtuous life, his face is handsome, his hands white and well-shaped, his body<br />
larger and more harmoniously proportioned that Hyde’, since<br />
Edward Hyde is pure hate and evil, he is pale and dwarfish,<br />
his hands are dark and hairy, he gives an impression of<br />
deformity, and the good Mr Utterson reads “Satan’s signature”<br />
in his traits. On several occasion Hyde is made to appear<br />
dressed in Jekyll’s fine clothes, which are too large for him;<br />
this fact points out how much smaller and uglier Hyde is than<br />
his alter ego. Though the evil side of Jekyll’s nature is initially<br />
less developed, Hyde gradually spoils his good twin. The<br />
smaller, slighter Hyde begins to grow in stature and the original<br />
balance of good and evil in Jekyll’s nature is threatened with<br />
being permanently overthrown.<br />
12
2. LA METAMORFOSI IN AMBITO ARTISTICO<br />
In ambito <strong>arti</strong>stico il tema della <strong>metamorfosi</strong> copre un ruolo decisivo soprattutto nel primo dopo<br />
guerra quando, cioè, il mondo subisce notevoli trasformazioni a causa della distruzione e morte che il<br />
Primo Conflitto Mondiale ha determinato. Come conseguenza di ciò anche l’identità e la personalità<br />
del singolo uomo patiscono una repentina crisi poiché l’essere umano si sente svuotato di valori ora<br />
che vive in una società dove a prevalere, è il caos.<br />
Quindi anche in ambito <strong>arti</strong>stico si sente la risonanza della crisi sociale. Infatti, l’immagine<br />
rappresentata può sembrare apparentemente svuotata di significato, ma comunque ben lontana dal<br />
dettame winchelmano di “nobile semplicità e pacata grandezza”.<br />
I surrealisti muovono la propria arte attorno a questa nuova immagine.<br />
2.1 Il surrealismo metamorfico di Paul Delvaux<br />
Il Surrealismo può essere considerato il più importante movimento d’Avanguardia nato negli anni<br />
venti e, in un certo senso, anche l’ultimo grande movimento d’Avanguardia.<br />
Il primo manifesto del Surrealismo, che nasce quindi come movimento letterario, è scritto e firmato<br />
nel 1924 a Parigi da André Breton. Costui definisce tale Avanguardia come un “automatismo<br />
psichico puro col quale ci si propone d’esprimere, sia verbalmente sia per iscritto sia in qualsiasi altro<br />
modo, il funzionamento reale del pensiero”. Infatti, se il poeta deve, attraverso la “scrittura<br />
automatica”, registrare l’intero flusso del suo pensiero, senza limitazioni estetiche logiche o morali, il<br />
pittore può, quindi, dipingere qualsiasi immagine gli si presenti in mente o anche lasciare correre<br />
liberamente la sua mano sul foglio o sulla tela, quasi a procedere, col fare, l’intenzione.<br />
Il frottage (pittura ottenuta sfregando carboncino o colore dopo aver posto la tela a contatto con una<br />
superficie ruvida o irregolare), la decalcomania (effetto casuale inventato da Oscar Dominguez e<br />
ottenuto premendo due superfici tra loro e poi staccandole), il dripping (colature di colore ottenute<br />
facendo roteare un barattolo forato appeso a una corda sopra una tela) sono tutte tecniche che hanno,<br />
quindi, la funzione di far emergere delle forme casuali capaci di far “apparire” un’immagine alla<br />
coscienza dell’<strong>arti</strong>sta, che preciserà poi con i pennelli la sua natura allucinatoria.<br />
Paul Delvaux è il rappresentante belga del surrealismo, insieme a Magritte.<br />
Nato ad Antheit nel 1897 scopre il surrealismo nel 1934, quando alla mostra “Minotaure”, allestita al<br />
Palais des Beaux-Arts di Bruxelles, conosce la pittura di De Chirico, Magritte e Dalì. Decide allora di<br />
distruggere i suoi quadri del periodo espressionista, come già erano stati distrutti quelli<br />
postimpressionisti dopo il contatto con la pittura di Ensor, Permeke e De Smet. Diventato pittore<br />
surrealista, Delvaux espone alle principali mostre del movimento e nel 1944 tiene la sua prima<br />
retrospettiva a Bruxelles.<br />
Nei suoi quadri egli esprime la dimensione onirica della realtà, creando composizioni inquietanti e<br />
visionarie.<br />
Lo spazio metafisico dechirichiano si compone così con il processo di straniamento ermetico di<br />
Magritte: architetture classicheggianti e interni borghesi si popolano d’inquietanti figure femminili,<br />
spesso nude e coinvolte in <strong>metamorfosi</strong> vegetali, di un’arcana sensualità. “Delvaux fa dell’universo<br />
l’impero di una donna”: così Breton sintetizza l’arte di del pittore belga che è pervasa di enigmatiche<br />
figure di donne immerse in mondi onirici e fuori dal tempo. <strong>La</strong> pittura di Delvaux esprime una<br />
dimensione onirica della realtà, creando composizioni visionarie e pervase da una sensualità<br />
misteriosa anche attraverso l’uso di colori freddi e rarefatti.<br />
Nelle sue opere, analogamente a De Chirico, Delvaux introduce complesse scenografie metafisiche in<br />
cui utilizza sovente la distorsione prospettica per creare improvvisi movimenti di profondità e visuali<br />
aperte verso spazi infiniti. Mondi misteriosi e irraggiungibili in cui si compenetrano spunti classici<br />
con quelli moderni, scene prive di azione e di un legame narrativo unificatore in cui Delvaux si<br />
diverte a confondere e a spiazzare l’osservatore, lasciandogli la libertà di interpretare e collegare i<br />
vari elementi dell’opera.<br />
13
Un carattere fondamentale delle opere di Delvaux è quindi lo spostamento di senso: la trasformazione<br />
delle immagini, come la donna-albero, trasmette l’idea di un diverso ordine di realtà.<br />
Esempio di ciò è “L’Aurora” (Tav. 1), dipinta nel luglio del 1937.<br />
In uno spazio surreale quattro enigmatiche figure sono poste a semicerchio intorno a un’ara classica.<br />
<strong>La</strong> scena è ambientata all’aperto in uno spoglio giardino compreso tra due edifici in fuga prospettica.<br />
Le quattro figure hanno la testa e il busto di donna ma la parte inferiore del corpo costituita da un<br />
tronco d’albero rugoso la cui radici affondano nel terreno. Sono quindi prigioniere dello stesso<br />
giardino, elementi immobili di una scenografia. I loro gesti sono teatrali e i loro sguardi attoniti, fissi<br />
e senza emozioni.<br />
In questa strana ambientazione una quinta presenza è rivelata dallo specchio poggiato sull’ara. Si<br />
tratta di un essere che (lo specchio ne rimanda solo la parte superiore del corpo) dovrebbe essere<br />
ibrido come le altre quattro figure, ma potrebbe anche essere diverso.<br />
È come se si trovasse al di qua del quadro nello stesso spazio, reale, occupato dall’osservatore. Ciò<br />
determina curiosità, stupore e una situazione alquanto ambigua: s’insinua nella mente di chi osserva<br />
il dipinto, il sospetto che quello che vede nello specchio potrebbe essere addirittura egli stesso che ha<br />
subito un mitico processo d’ibridazione ed è diventato come le protagoniste del quadro. E il fatto che<br />
chi osserva è spesso un uomo, aumenta l’ironia della singolare rappresentazione.<br />
Il dipinto inquieta per la sensazione di attesa eterna suggerita dalle figure femminili ed è evidente per<br />
queste l’impossibilità di una qualunque fuga.<br />
Completano l’enigma, i due personaggi che si scorgono sotto un porticato a colonne: a destra un<br />
uomo e sulla sinistra una donna in abiti antichi che, voltandosi indietro, fugge, probabilmente da<br />
qualcuno che la sta rincorrendo.<br />
L’opera, come suggerisce il titolo, ci fa pensare alla nascita del giorno, a sua volta metafora di tutte le<br />
nascite. Forse questo dipinto è un omaggio dell’inconscio maschile alla donna, portatrice e<br />
alimentatrice (così come la terra cui è indissolubilmente legata) del più grande e immodificabile<br />
mistero con cui l’uomo è a confronto, cioè la vita.<br />
Il tema metamorfico è inoltre presente in “ Pigmalione” (Tav. 2), del 1939.<br />
In questa opera Delvaux offre una concezione opposta del mito classico di Pigmalione e la statua,<br />
poiché nell’<strong>arti</strong>sta surrealista a contemplare e onorare la statua non è l’uomo che ha plasmato il<br />
marmo, ma è la donna vista iconograficamente senza vesti, infatti, l’erotismo è qui molto forte. <strong>La</strong><br />
figura femminile in secondo piano è naturalizzata, rappresenta il tema della donna-albero. Questa<br />
<strong>metamorfosi</strong> può essere intesa come un cambiamento di personalità tale da rendere il soggetto<br />
sempre più lontano dalle fisionomie umane, ma sempre più vicino a quelle naturali.<br />
In questo quadro la luce diviene quasi come una protagonista poiché, giungendo da sinistra,<br />
evidenzia i volumi dei soggetti rappresentati.<br />
14
Tav. 1. PAUL DELVAUX, L’ aurora, 1937, Venezia, collezione Peggy Guggenheim<br />
Tav. 2. PAUL DELAUX, Pigmalione, 1939, Bruxelles, Musée Royal des Beaux-Arts<br />
15
3. LA METAMORFOSI IN AMBITO SCIENTIFICO<br />
In ambito fisico, considerata l’interazione tra il campo elettrico (10.) e il campo magnetico (11) si<br />
assiste ad una <strong>metamorfosi</strong>, ad una trasformazione da un campo all’altro.<br />
3.1 Il campo elettromagnetico e l’induzione elettromagnetica<br />
L’elettromagnetismo è la branca della fisica che studia i fenomeni di natura elettrica e magnetica, tra<br />
cui i campi magnetici prodotti dalle correnti elettriche e le correnti elettriche prodotte dai campi<br />
magnetici variabili, il cui comportamento classico è descritto dalle equazioni di Maxwell.<br />
3.1.1 Cenni storici<br />
Il primo fisico a scoprire una prima decisiva correlazione tra elettricità e magnetismo fu Hans<br />
Christian Oersted (12), un fisico danese che eseguendo un esperimento noto oggi come esperienza di<br />
Oersted, intuì che un filo percorso<br />
da corrente elettrica<br />
generava attorno a sé un<br />
campo magnetico.<br />
Una settimana dopo l’esperienza di Oersted, André-Marie Ampère (13) notò che due fili di lunghezza l,<br />
percorsi da corrente elettrica i1 e i2, posti a distanza d, si attraggono e si respingono secondo il verso<br />
della corrente che passa nei fili.<br />
Infatti, essi si attraggono se il verso di percorrenza è lo stesso, ma si respingono se i versi della<br />
corrente elettrica sono opposti.<br />
Ampère ricava quindi che la forza esercitata da un campo magnetico sulla corrente elettrica che passa<br />
nei fili presi in considerazione è pari a:<br />
In cui k è una costante pari a (dove µ0 è la costante di permeabilità magnetica del vuoto il<br />
cui valore è posto esattamente uguale a 4π x N/A ). Da questo esperimento sì è potuto pervenire<br />
alla definizione dell’unità di misura Ampère senza ricorrere alla notazione di Coulomb. Infatti, si<br />
definisce 1 A come l’ intensità di corrente che, circolando in due fili rettilinei molto lunghi, paralleli<br />
e posti alla distanza di 1 m,<br />
esercita una forza di 2<br />
x N su ciascun tratto<br />
di filo lungo 1 m.<br />
16
Infine Maxwell (14), tentando di unificare in modo organico i due fenomeni, formulò le omonime<br />
equazioni che descrivono in pieno i fenomeni magnetici e elettrici.<br />
Sono qui rappresentate nel caso generale.<br />
3.1.2 Il campo elettromagnetico<br />
Per capire cosa sia il campo elettromagnetico bisogna avere il concetto di campo. Oggi, il concetto di<br />
campo, sconosciuto ai tempi di Galileo e Newton, costituisce il punto di partenza per lo studio di<br />
molti fenomeni fisici fondamentali, e consente di evitare l’errore di credere che la forza di attrazione<br />
o di repulsione sia generata da una sola delle due cariche che interagiscono, mentre l’altra ne subisce<br />
gli effetti. Allora si pongono delle domande come conseguenza della precedente affermazione: come<br />
si trasmettono le forze? Per contatto o azione a distanza? Un corpo dotato di carica elettrica è attirato<br />
da un altro corpo elettrizzato con carica di segno diverso non perché da esso parta una qualche forza<br />
di attrazione, ma perché esso genera un campo in cui tutti i corpi di segno elettrico opposto tendono<br />
ad avvicinarsi a esso. Il fenomeno dell’attrazione quindi è dovuto non all’oggetto ma allo spazio in<br />
cui si trova.<br />
Il campo elettromagnetico è l’interazione tra il campo elettrico e quello magnetico, e questo si può<br />
facilmente osservare anche nel caso di una bussola; avvicinando, infatti, una bussola a un filo<br />
percorso da corrente elettrica si vede che l’ago magnetico tende a disporsi in posizione trasversale<br />
rispetto al filo. Questo fenomeno si può spiegare con il fatto che una carica in moto crea un campo<br />
magnetico.<br />
3.1.3 L’Induzione elettromagnetica<br />
Il fatto che sta alla base della teoria elettromagnetica è la simmetria dell’interazione, cioè nel caso<br />
dell’interazione tra un magnete e un filo percorso da corrente il magnete agisce sulla corrente, e<br />
viceversa la corrente agisce sul magnete. In p<strong>arti</strong>colare se un filo avvolto a spirale, percorso da<br />
corrente, e immerso in un campo magnetico comincia e continua a ruotare finché c’è un campo<br />
magnetico. Per la situazione di simmetria, se un filo a spirale, non percorso da alcuna corrente<br />
elettrica è immerso in un campo magnetico e lo si fa ruotare si genera una corrente elettrica.<br />
(1)<br />
(2)<br />
(3)<br />
(4)<br />
17
Dalla legge di Faraday-Neumann<br />
,<br />
si deduce che la forza elettromotrice autoindotta è data dalla formula<br />
,<br />
18<br />
Questo fenomeno è importantissimo<br />
perché ci consente di trasformare<br />
l’energia meccanica in energia<br />
elettrica come per esempio negli<br />
alternatori.<br />
Nella sua forma più semplice<br />
l’alternatore consiste in una spira a<br />
forma di rettangolo, che è immersa in<br />
un campo magnetico ed è vincolata a<br />
ruotare intorno a un asse<br />
perpendicolare alle linee di campo.<br />
Mentre ruota, la spira cambia<br />
continuamente orientazione rispetto<br />
alla direzione del campo magnetico.<br />
Questo fa sì che il flusso di campo<br />
attraverso la spira cambi<br />
continuamente, generando una forza<br />
elettromotrice indotta.<br />
<strong>La</strong> forza elettromotrice può inoltre<br />
essere autoindotta. Infatti se in un<br />
circuito varia la corrente elettrica, si<br />
ha una variazione anche del flusso del<br />
campo magnetico. Quindi in esso si<br />
genera una corrente che, essendo<br />
indotta nello stesso circuito che la<br />
provoca, si dice appunto autoindotta.<br />
dove è la variazione d’intensità di corrente che si ha nell’ intervallo di tempo . <strong>La</strong> costante L si<br />
chiama coefficiente di autoinduzione o induttanza del circuito.<br />
Si tratta di una proprietà caratteristica del circuito e della sostanza in cui è immerso, definita dalla<br />
relazione<br />
Φ=Li,
Dove i è l’intensità della corrente che fluisce nel circuito e Φ è il flusso magnetico, causato da i,<br />
relativo al circuito stesso. Nel sistema<br />
internazionale il coefficiente di<br />
autoinduzione si misura in Wb/A.<br />
Quest’unità di misura si chiama anche<br />
henry (H).<br />
Nel fenomeno della mutua induzione,<br />
inoltre,<br />
una corrente variabile i1 che scorre in un<br />
circuito genera in un secondo circuito un<br />
flusso di campo magnetico<br />
Φ1→2=Mi1<br />
e, di conseguenza, nel secondo circuito si<br />
crea una forza elettromotrice<br />
em1→2= M .<br />
M si chiama coefficiente di mutua<br />
induzione dei due circuiti e si misura<br />
anch’esso in henry (H).<br />
<strong>La</strong> forza elettromotrice indotta è inoltre, come si è visto in precedenza, definita dalla legge di<br />
Faraday-Neumann cha a sua volta definisce la circuitazione Γ del campo elettrico indotto<br />
Quest’ultima è l’equazione (2) delle equazioni di Maxwell.<br />
Dunque nella (2) e nella (4) compaiono entrambi i campi e . Ciò implica che non è possibile<br />
studiare uno dei due campi in modo isolato, prescindendo dall’altro. Bisogna riconoscere, al<br />
contrario, che nel caso dinamico essi sono aspetti diversi di un unico ente fisico.<br />
A tal ente si assegna proprio il nome di campo elettromagnetico.<br />
4. LA METAMORFOSI IN AMBITO NATURALISTICO<br />
In ambito naturalistico vi sono rocce formatesi in seguito ad un metamorfismo di rocce eruttive o<br />
sedimentarie. Questi nuovi aggregati di minerali prendono appunto il nome di rocce metamorfiche.<br />
4.1 Le rocce metamorfiche<br />
4.1.1 Il processo metamorfico<br />
Il processo metamorfico, o metamorfismo, consiste in un complesso di profonde trasformazioni cui<br />
vanno incontro, senza passare allo stato fuso, rocce di qualsiasi tipo quando vengono sottoposte a<br />
intense variazioni di temperatura o di pressione. Una roccia perciò è definita metamorfica se ha<br />
subito un cambiamento della struttura o della composizione mineralogica attraverso fenomeni e<br />
reazioni, avvenuti senza modificarne lo stato solido.<br />
19
Le cause del metamorfismo sono sempre di natura endogena: le rocce metamorfiche si formano <strong>nelle</strong><br />
regioni crostali più attive dal punto di vista geologico, dove le forze endogene causano innalzamenti,<br />
corrugamenti della crosta, fratture o focolai magmatici.<br />
I processi metamorfici avvengono generalmente in tre situazioni geologiche diverse.<br />
• Il metamorfismo di contatto avviene quando una roccia viene a contatto con un magma che<br />
risale verso la superficie. Le alterazioni prodotte dal magma sulle rocce circostanti sono<br />
causate soprattutto dal calore. L’alta temperatura dalla massa fusa tende a “cuocere” le rocce<br />
circostanti, cambiandone la composizione e il grado di cristallizzazione.<br />
• Il metamorfismo cataclastico è dovuto all’azione di pressioni elevate.<br />
Accade quando le masse rocciose vengono piegate e fratturate <strong>nelle</strong> zone di tensione e<br />
frizione della crosta terrestre. Nei casi estremi si può verificare una fusione locale delle rocce<br />
sottoposte allo sforzo.<br />
• Il metamorfismo regionale si verifica per l’azione combinata della pressione e della<br />
temperatura. È senz’altro il più diffuso e imponente; esso coinvolge ampie zone della crosta.<br />
Il metamorfismo regionale modifica profondamente le strutture originarie della roccia e porta<br />
alla formazione di nuove specie mineralogiche, come nel caso dell’anfibolite.<br />
L’anfibolite (15)<br />
4.1.2 <strong>La</strong> struttura e la composizione delle rocce metamorfiche<br />
Durante i processi metamorfici avvengono profondi mutamenti di natura fisico-chimica che possono<br />
trasformare la struttura e la composizione della roccia originaria. I cambiamenti più evidenti si<br />
riscontrano nella struttura che è alterata dalla pressione e dalla temperatura provocando tre effetti:<br />
• la ricristallizzazione e l’aumento della grana, cioè delle dimensioni dei cristalli inizialmente<br />
presenti;<br />
• L’orientazione preferenziale dei minerali, che può presentarsi come allineamento dei minerali<br />
allungati (lineazione), come creazione di strati di diversa composizione e grana (foliazione)<br />
spesso contorti e piegati;<br />
• la frantumazione della roccia in granuli che vengono abrasi e polverizzati.<br />
<strong>La</strong> ricristallizzazione è tipica del metamorfismo di contatto in cui si formano rocce granulari come il<br />
marmo che è originato dal metamorfismo del calcare nel quale i minerali di calcite si accrescono e<br />
raggiungono tutti dimensioni simili.<br />
Il marmo,a causa quindi del processo metamorfico, perde la porosità che il calcare possedeva.<br />
Il marmo(16)<br />
20
Lineazione e foliazione sono invece conseguenza di un metamorfismo in cui la roccia è sottoposta,<br />
mentre si trova a temperature elevate, all’azione di forti pressioni orientate in un’unica direzione. Per<br />
effetto di queste ultime i minerali con cristalli allungati, come anfiboli e pirosseni, tendono ad<br />
allinearsi nella stessa posizione (lineazione), con l’asse più lungo perpendicolare alla direzione di<br />
azione della pressione più intensa. Inoltre, cristalli della stessa specie tendono ad accrescersi e a<br />
riunirsi in bande, intercalati da piani di cristalli di specie diversa. <strong>La</strong> roccia in questo caso presenta<br />
una tipica foliazione,spesso caratterizzata da bande di minerali chiari alternate a bande più scure, con<br />
piani talora ondulati e piegati. Un p<strong>arti</strong>colare tipo di foliazione è la scistosità, che determina la<br />
capacità della roccia di sfaldarsi facilmente in lastre, lungo piani paralleli, detti piani di scistosità.<br />
17. 18. 19.<br />
L’aspetto scistoso della maggior parte delle rocce metamorfiche è ben riconoscibile osservando sezioni sottili di rocce al microscopio<br />
in luce polarizzata. Nelle foto, argilloscisto(17); micascisto(18); gneiss(19).<br />
Nel corso dei processi metamorfici, in p<strong>arti</strong>colare nel metamorfismo regionale non avvengono solo<br />
cambiamenti di struttura : spesso si formano nuovi minerali che non si producono durante i processi<br />
magmatico e sedimentario. Se la roccia possiede molti minerali, si possono produrre nuove<br />
associazioni, che riorganizzano le sostanze già presenti, attraverso un processo di riaggiustamento dei<br />
legami <strong>nelle</strong> strutture cristalline, senza che si verifichi un apporto di nuovi elementi dall’esterno.<br />
In tal caso, si modifica la composizione mineralogica della roccia, ma la sua composizione chimica<br />
resta invariata.<br />
Esistono diversi gradi di metamorfismo, riguardo all’intensità della variazione di temperatura (150 -<br />
200° C) e della pressione che può raggiungere anche 11 kbar.<br />
Infatti il metamorfismo di grado basso non è molto diverso da un processo di diagenesi che è la fase<br />
terminale del processo sedimentario. Invece il metamorfismo di grado molto alto, detto<br />
ultrametamorfismo, può comportare l’anatessi, cioè la fusione parziale delle rocce.<br />
21
Grado di metamorfismo(20)<br />
Molti minerali tipici delle rocce metamorfiche si formano solo in condizioni di temperatura e<br />
pressione ben definite, perciò vengono utilizzati come indici dell’ intensità del processo metamorfico,<br />
cioè del grado di metamorfismo che ha subito la massa rocciosa. Ogni grado di metamorfismo<br />
corrisponde a precise condizioni termodinamiche che si possono realizzare all’interno della litosfera<br />
e definisce una facies metamorfica.<br />
Facies metamorfiche(21)<br />
<strong>La</strong> presenza di minerali indice p<strong>arti</strong>colari permette di riconoscere il grado di metamorfismo e di<br />
individuare alcune sequenze che, partendo da rocce con una p<strong>arti</strong>colare composizione, riportano i<br />
cambiamenti che si verificano in funzione del tipo e grado di metamorfismo. Le sequenze più<br />
importanti sono: la sequenza delle argille, la sequenza quarzoso-feldspatica, la sequenza dei<br />
carbonati, la sequenza dei basalti, la sequenza delle rocce ultrafemiche.<br />
22
4.1.3 <strong>La</strong> classificazione delle rocce metamorfiche<br />
Le rocce metamorfiche più diffuse derivano dal metamorfismo di argille e rocce magmatiche<br />
sialiche. Le più importanti sono argilloscisti, filladi, micascisti, gneiss.<br />
Gli argilloscisti, con una struttura debolmente scistosa derivano dal metamorfismo di basso grado<br />
delle argille. Si dividono spesso in lastre sottili di grande estensione superficiale.<br />
Tra queste troviamo le ardesie.<br />
Le filladi, scistose a grana fine, si sfaldano facilmente secondo piani simili a fogli sottili.<br />
Contengono prevalentemente quarzo e miche in letti alternati chiari e scuri, derivano da un<br />
metamorfismo di basso grado delle argille o delle rocce magmatiche sialiche.<br />
Gli scisti, con una tipica sfaldatura scistosa, derivano da un metamorfismo di grado più intenso.<br />
Comuni sono i micascisti nei quali si alternano piani di quarzo e piani di mica di spessore maggiore<br />
rispetto alle filladi.<br />
Gli gneiss, con struttura scistosa poco evidente e grossi cristalli, corrispondono a un grado più<br />
intenso di metamorfismo. I minerali chiari si separano nettamente da quelli scuri. Derivano dal<br />
metamorfismo di rocce argillose o granitiche. Si fratturano facilmente in lastra spesse e in cubetti.<br />
23
Conclusione<br />
<strong>La</strong> <strong>metamorfosi</strong> si è dunque rivelata una tematica dai molteplici aspetti, un argomento che ha<br />
suscitato l’ interesse di letterati e <strong>arti</strong>sti appartenenti a periodi storici differenti, un tema presente<br />
anche in ambito scientifico; la <strong>metamorfosi</strong> è però anche quella della società e dell’ uomo facente<br />
parte di essa: la vita umana è una perenne trasformazione.<br />
In definitiva anche quest’ultimo aspetto può essere un ulteriore esempio di “<strong>metamorfosi</strong><br />
<strong>proteiforme</strong>”, argomento di cui ho voluto parlare.<br />
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NOTE<br />
1. Atteone, cacciatore, figlio di Aristeo e Autonoe. Trovandosi in un bosco per cacciare le fiere, si trova<br />
accidentalmente in una grotta in cui la dea Diana e le sue ancelle si stavano bagnando. <strong>La</strong> dea, adirata, punisce<br />
Atteone trasformandolo in cervo. Perderà poco dopo la vita perché sbranato dai suoi stessi cani di un tempo.<br />
2. Pigmalione mitico re di Cipro; innamoratosi di una statua eburnea di Afrodite che lui stesso aveva scolpito,<br />
ottenne dalla dea la vita per lei; dalla loro unione nacque Pafo.<br />
3. Dafne ninfa amata da Apollo; per sfuggirgli ottenne dagli dei di essere mutata in alloro.<br />
4. Publio Ovidio Nasone (43 a. C. – 18 d.C.) poeta latino di Sulmona. Letterato di successo, fu relegato da Augusto<br />
, in seguito ad uno scandalo, a Tomi (nel mar Nero, 8 d.C.). Opere: Amores, Heroides (lettere di amore di<br />
eroine), Ars Amatoria, Remedia Amoris, Fasti, Tristia e il poema epico-mitologico Metamorphoseon libri XV.<br />
Eros (più come elegante gioco che passione), mito (come diletto della fantasia), finezza psicologica, gusto<br />
narrativo, versificazione scorrevole e raffinata, aderenza ai modelli ellenistici (Callimaco e Nicandro)<br />
caratterizzano la sua poesia.<br />
5. Lucio Apuleio (125-180 ca) scrittore latino di Madaura (Africa). Dopo gli studi filosofici ad Atene, ove assorbì<br />
forme di platonismo con influssi mistici, si recò a Roma e di nuovo in Africa: qui venne assolto in un processo di<br />
magia , conservando da allora fama di mago, unita a quella di cultore dei misteri di Iside e Osiride. Oltre<br />
all’Apologia, autodifesa al processo, e a opere filosofiche e retoriche, compose il romanzo Metamorphoseon libri<br />
XI noto come l’Asino d’oro.<br />
6. Pier della Vigna nato a Capua il 1190 e morto nel 1249. Di umili origini, fu giurista e rimatore della Scuola<br />
siciliana. Ricoprì le massime cariche amministrative della corte reale di Sicilia (e per questo fu appellata<br />
Protonotaro), divenne funzionario con compiti di segretario alla corte di Federico II. Compilò le Costituzioni del<br />
1231 e fu inviato dall’imperatore in Francia e Inghilterra con incarichi diplomatici. Nel 1249 fu sospettato di<br />
tradimento a favore del papa, e il re lo fece arrestare, accecare e carcerare nei pressi di Pisa. Non sopportando il<br />
disonore di questa infausta sorte, Pier della Vigna si tolse la vita. Sula sua innocenza o colpevolezza si è molto<br />
discuso da parte degli storici, senza giungere a una posizione certa; Dante si dichiara acceso sostenitore della sua<br />
innocenza.<br />
7. Dante Alighieri (Firenze 1265- Ravenna 1321) il maggiore poeta italiano. Nacque da una famiglia guelfa; il<br />
padre si chiamava Alighiero Bellincione, la madre Bella. Giovanissimo, si innamorò di Beatrice (Bice di Folco<br />
Portinari), che elesse a ispiratrice di tutta la sua opera poetica; nel 1295, per volontà del padre, sposò Gemma<br />
Donati, da cui ebbe tre figli. Discepolo di Brunetto <strong>La</strong>tini fu amico dei poeti stilnovisti Guido Cavalcanti, <strong>La</strong>po<br />
Gianni, Cino da Pistoia. Combatté contro i ghibellini d’Arezzo a Campaldino (1289) e, iscrittosi all’arte dei<br />
medici e speziali (1295), ricoprì cariche pubbliche: nel 1300 fu priore; nell’ottobre del 1301 fu mandato, insieme<br />
con altri ambasciatori, presso il papa Bonifacio VIII, per tentare di placare la sua ira contro i guelfi “bianchi”.<br />
Mentre si trovava a Roma, i “neri”, con l’aiuto di Carlo di Valois, s’impadronirono del potere; a Siena (gennaio<br />
del 1302) fu raggiunto dalla condanna a una forte multa e all’esilio per due anni, sotto la accusa di baratteria e<br />
ostilità verso il papa; due mesi dopo, non essendosi presentato a giustificarsi, fu condannato al rogo in<br />
contumacia. Dopo vari tentativi di rientrare in Firenze, errò per le città e le corti settentrionali (a Verona presso<br />
gli Scaligeri, in Lunigiana presso i Malaspina). Si illuse di poter tornare in patria, quando Arrigo VII scese in<br />
Italia (1310) per farsi incoronare imperatore, ma l’opposizione dei fiorentini e la morte di Arrigo (1313) fecero<br />
naufragare le speranze. Da ultimo trovò asilo presso Guido Novello da Polenta, signore di Ravenna, e qui morì<br />
ed ebbe sepoltura.<br />
Opere minori. <strong>La</strong> prima opera certa di D. è la Vita nuova (1292-93), racconto in prosa e in versi del suo amore<br />
per Beatrice. Seguono: il Convivio (1304-07), opera dottrinale in volgare in quattro trattati e tre canzoni; De<br />
vulgari eloquentia (1304-05), trattato in latino rimasto interrotto al libro II, sui pregi del volgare “illustre”, che<br />
deve risultare dal meglio dei vari dialetti; De Monarchia (ca 1312-13), trattato in latino in tre libri, che sostiene<br />
la necessità dell’ordinamento monarchico e la separazione dell’autorità temporale da quella spirituale; due<br />
Egloghe latine (1319-20) indirizzate al grammatico bolognese Giovanni del Virgilio; Questio de aqua et terra<br />
(1320), d’ argomento geografico-filosofico. Inoltre: le Rime, 88 componimenti -inclusi quelli della Vita nuova-<br />
scritti tra il 1283 e il 1304 (celebre il gruppo delle r. petrose, dal nome simbolico di “Pietra” dato a una donna<br />
amata con passione violenta); 14 Epistole in latino, tra cui la famosa lettera “all’ amico fiorentino” (1315), in cui<br />
D. rifiuta l’ umiliante amnistia del governo di Firenze.<br />
<strong>La</strong> Divina Commedia. Il capolavoro di D. è un poema in terzine di endecasillabi composto durante l’esilio e<br />
forse iniziato nel 1307; fu chiamato dall’autore commedia perché in volgare e in stile medio (non in latino e in<br />
stile aulico come richiedeva la tragedia); l’appellativo divina fu aggiunto nel 1555 da L. Dolce, influenzato da un<br />
passo della biografia dantesca di Boccaccio. È diviso in tre cantiche (Inferno, Purgatorio e Paradiso), ciascuna<br />
di 33 canti, più il canto d’ introduzione dell’ Inferno. Sotto forma di una “visione” D. descrive un suo viaggio<br />
immaginario nei tre regni dell’Oltretomba, con la guida prima di Virgilio (simbolo della ragione), poi di Beatrice<br />
(la rivelazione e la teologia), infine di S. Bernardo (la contemplazione). <strong>La</strong> narrazione ha un significato<br />
allegorico: il viaggio di D. è anche quello dell’uomo sulla via della redenzione dal peccato, per il<br />
raggiungimento della felicità eterna dopo la morte. È l’opera che riassume tutta la cultura medioevale, vivificata<br />
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dal genio poetico e dall’esperienza personale di chi era stato direttamente coinvolto <strong>nelle</strong> grandi discussioni<br />
ideologiche e <strong>nelle</strong> lotte politiche del suo tempo.<br />
Il volgare italiano tocca qui, per la prima volta, le vette più alte dell’espressione, trascorrendo dalle tonalità<br />
realistiche e drammatiche dell’Inferno a quelle elegiache del Purgatorio, a quelle mistico-contemplative del<br />
Paradiso.<br />
Folta la serie dei personaggi, umanamente e concretamente individuati nei loro caratteri e <strong>nelle</strong> loro passioni:<br />
Francesca da Rimini, Farinata degli Uberti, Pier della Vigna, Manfredi. Sordello da Goito, Cacciaguida.<br />
8. Carlo Collodi, pseudonimo (dal paese della madre) di C. Lorenzini (Firenze 1826-90) scrittore e giornalista.<br />
celebre per Le avventure di Pinocchio (1880), capolavoro della letteratura dell’infanzia. Altri libri per ragazzi:<br />
Giannettino (1876), Minuzzolo (1878), Storie allegre (1887).<br />
9. Franz Kafka (Praga 1883- Kierling, Vienna, 1924) scrittore ceco di lingua tedesca, di origine ebraica. Figlio di<br />
un commerciante, crebbe oppresso dalla dura personalità paterna e dal senso d’isolamento ed estraneità a lui<br />
derivante dalla p<strong>arti</strong>colare condizione etnica. Nei suoi romanzi e racconti si dugatt, in una’ atmosfera magica e<br />
allucinata, il problema dell’incomunicabile solitudine della creatura umana, prigioniera in un mondo che gli<br />
riesce incomprensibile. Nel romanzo Il processo (1925) il protagonista Josef K è considerato sempre colpevole<br />
da una giustizia misteriosa, amministrata da una burocrazia meschina. Nel Castello (1926) il Signor K si<br />
autoaccusa continuamente, spinto alla ricerca di una verità che si può trovare solo nella morte. <strong>La</strong> tubercolosi gli<br />
impedì una vita completamente attiva e lo condusse a prematura morte. Memorabili anche i suoi racconti, tra cui<br />
<strong>La</strong> <strong>metamorfosi</strong> (1915) e Nella colonia penale (1919).<br />
10. Campo elettrico regione di spazio in cui si risentono forze d’interazione generate de cariche elettriche.<br />
11. Campo magnetico regione di spazio in cui si risentono forze d’interazione generate da magneti.<br />
12. Hans Christian Oersted (1777-1851) fisico danese; scoprì l’influenza della corrente elettrica sull’orientamento di<br />
un ago magnetico (effetto O., 1819). È detta oersted l’unità di misura dell’intensità di campo magnetico nel<br />
sistema cgs elettromagnetico.<br />
13. André-Marie Ampère (1775-1836) fisico e matematico francese. È famoso soprattutto per le sue ricerche<br />
sull’elettrodinamica e sull’elettromagnetismo.<br />
14. James Clerk Maxwell (1831-1879) matematico e fisico scozzese; formulò la teoria elettromagnetica della luce e<br />
la teoria completa dei fenomeni elettromagnetici. Il maxwell è l’unità di misura del flusso d’induzione magnetica<br />
nel sistema cgs.<br />
15. L’anfibolite è frutto del metamorfismo regionale di una roccia magmatica effusiva, con composizione femica,<br />
simile a quella di un basalto. L’originaria struttura uniforme si è trasformata in una struttura in cui sono<br />
distinguibili minerali disposti in piani paralleli.<br />
16. Il marmo, composto da calcite e dolomite, deriva dal metamorfismo di rocce carbonatiche sedimentarie, che<br />
vanno incontro a una ricristallizzazione dei minerali che le costituiscono, durante processi di metamorfismo di<br />
contatto o regionale di qualsiasi grado.<br />
17. Argilloscisto, roccia in cui si notano allineamenti di piccoli cristalli di mica e quarzo, disposti in piani<br />
subparalleli.<br />
18. Micascisto, formato da un’alternanza di letti di mica, con cristalli fortemente orientati, e letti di quarzo, in cui i<br />
cristalli hanno disposizione abbastanza casuale: i letti di mica definiscono i piani di scistosità.<br />
19. Gneiss, roccia in cui si distinguono cristalli orientati di quarzo, mica e feldspato che non formano però<br />
allineamenti p<strong>arti</strong>colari, per questo si tratta di una roccia poco scistosa.<br />
20. Il grado di metamorfismo è riguardo alle condizioni di temperatura (e secondariamente di pressione). Il<br />
metamorfismo di grado molto basso sfuma nella diagenesi, mentre il metamorfismo di grado molto alto<br />
nell’anatessi, cioè nella fusione parziale delle rocce. Il passaggio da un grado all’altro è indicato dalla comparsa<br />
di minerali o associazioni di minerali p<strong>arti</strong>colari.<br />
21. Ciascuna delle facies metamorfiche è caratterizzata da un campo p<strong>arti</strong>colare di temperature e pressioni e dalla<br />
presenza di minerali indice. Ogni facies è indicata con il nome di una roccia tipica, ma comprende tutte le rocce<br />
che si formano in quelle condizioni. <strong>La</strong> facies anfibolitica, per esempio, comprende rocce come l’anfibolite (che<br />
derivano dai basalti) e i micacasti (che derivano dalle argilliti).<br />
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MULTIMEDIA<br />
Enciclopedia virtualis<br />
SITOGRAFIA<br />
www.wikipedia.it<br />
immagini tratte da www.google.it<br />
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