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Maggio - Giugno - Comune di SAN MICHELE SALENTINO

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<strong>Maggio</strong> - <strong>Giugno</strong> 2009<br />

DEL CONCORSO LETTERARIO<br />

Cullami in quella mezza luna <strong>di</strong> sorriso.<br />

Amami perdutamente.<br />

E <strong>di</strong> rotolare in terra,<br />

stretti,<br />

mai smetteremo<br />

perché, abbracciati,<br />

così,<br />

semplicemente<br />

potrei anche morire.<br />

Ha consegnato il premio Alessandro Tamburino.<br />

Per Francesca la targa e il romanzo intitolato<br />

“la Bambina dei fiori <strong>di</strong> carta” <strong>di</strong> Sara Maestri. in<br />

cui si parla dei fiori <strong>di</strong> carta che la protagonista<br />

impara a costruire in un letto <strong>di</strong> dolore custodendo<br />

però nella sua anima solo ricor<strong>di</strong> felici.<br />

Il 2° classificato è stato Francesco Galasso <strong>di</strong><br />

Mesagne, con il racconto: Lo scialle <strong>di</strong> lacrime<br />

Avevi gli occhi luci<strong>di</strong> quella sera, ti sforzavi <strong>di</strong><br />

piangere ma le lacrime non uscivano. Fino a pochi<br />

anni ad<strong>di</strong>etro, quando eri ancora capace d’intendere<br />

e <strong>di</strong> volere, ti lamentavi sempre, perché in più<br />

occasioni, laddove la vita ti presentava il suo calice<br />

da bere, avevi tanta voglia <strong>di</strong> piangere, ma non<br />

potevi, perché i tuoi occhi erano completamente<br />

chiusi, asciutti e ari<strong>di</strong> come un fiume in secca e <strong>di</strong><br />

questo ti <strong>di</strong>speravi, aggiungendo <strong>di</strong>sperazione alla<br />

<strong>di</strong>sperazione. Ma quella sera c’ero io accanto a te,<br />

mamma, e le mie lacrime copiose bagnavano il tuo<br />

scialle nero. Tu mi guardasti con gli occhi assenti,<br />

persi nel vuoto, toccasti le mie stille e asciugasti il<br />

mio viso come quando ero piccolo.<br />

Mi eri sempre vicino, come quella volta che mi<br />

sbucciai le ginocchia e quando a più non posso<br />

piangevo, perché non avevo trovato nessun giocattolo<br />

la mattina dell’Epifania, ma solo un mandarino<br />

e dei mostaccioli. D’altronde, come potevi<br />

pensare ai giocattoli così giovane e già vedova,<br />

non dovevi sprecare niente, con tre figli da mantenere<br />

e l’affitto da pagare. Ma tu sorridevi, sempre,<br />

e con il tuo sorriso ci infondevi serenità e protezione<br />

e sembravi <strong>di</strong>re: “non vi preoccupate! Ci sono<br />

io! Andrà tutto bene!”. Ora chissà che darei per<br />

un tuo sorriso, anche solo accennato, forse nemmeno<br />

tutta la ricchezza del mondo e la mia stessa<br />

vita basterebbero per ripagarti dei tanti sacrifici,<br />

delle sofferenze e privazioni che hai provato sulla<br />

tua pelle per sfamare i tuoi poveri figli e dare <strong>di</strong>gnità<br />

alle loro esistenze. Facevi come gli uccelli<br />

con i loro piccoli che passano il cibo <strong>di</strong> becco in<br />

becco, una volta reso molle e sicuro per le loro<br />

deboli bocche. Ancora adesso che sei inchiodata<br />

alla se<strong>di</strong>a, non vuoi smettere <strong>di</strong> lavorare, chinandoti<br />

per terra come se volessi raccogliere le olive,<br />

come quando eri giovane e avevi le <strong>di</strong>ta affusolate<br />

e le mani agili che non temevano la brina mattutina<br />

e la neve ghiacciata.<br />

Ora guardo le tue mani, mamma, sono <strong>di</strong>ventate<br />

piccole, rachitiche e la malattia ne ha <strong>di</strong>vorato<br />

tutta la bellezza, ma quando le prendo, per<br />

farmi accarezzare, non è cambiato niente, sono<br />

sempre le stesse amorevoli, salvifiche e benevole<br />

mani <strong>di</strong> un tempo. Eri così brillante, nonostante la<br />

tua quinta elementare, avevi una memoria formidabile<br />

ed eri una grande fisionomista, a tal punto<br />

da riconoscere la famiglia <strong>di</strong> appartenenza <strong>di</strong> una<br />

persona dai suoi tratti somatici. E che <strong>di</strong>re poi del-<br />

le tue capacità sensoriali, come gli animali, che<br />

avvertono con largo anticipo l’arrivo <strong>di</strong> un temporale<br />

e <strong>di</strong> qualsiasi altro fenomeno atmosferico<br />

o pericolo in genere. I tuoi sogni erano profetici e<br />

l’interpretazione che ne davi era sempre giusta e<br />

veritiera, tutti doni che attribuivi al Signore.<br />

Capii subito della tua grave malattia quando<br />

non riuscivi più a portare a termine un <strong>di</strong>scorso,<br />

quando ti perdevi con le parole e battevi i pugni sul<br />

tavolo, <strong>di</strong>sperandoti, arrabbiandoti con te stessa<br />

perché non ricordavi i nomi delle persone o delle<br />

cose. Poi <strong>di</strong>menticavi le pentole sui fornelli accesi<br />

e lasciavi i rubinetti aperti, volevi morire perché<br />

non sopportavi il pensiero <strong>di</strong> essere un peso per gli<br />

altri. Tu, che ti prestavi con tutti, che eri un punto<br />

<strong>di</strong> riferimento per il vicinato, la famiglia e sapevi<br />

come farti amare e volere bene e <strong>di</strong>cevi orgogliosa:<br />

“anche le pietre mi bramano e gioiscono<br />

al mio passaggio”. La <strong>di</strong>agnosi fu facile ma non<br />

semplice da accettare: “Alzheimer!” Sentenziò il<br />

dottore. Cominciarono in modo subdolo i primi<br />

segni premonitori, non percepivi più gli odori e<br />

le pietanze non avevano più gusto per te. Non esistevano<br />

me<strong>di</strong>cine, né prima né dopo la malattia,<br />

solo ansiolitici e farmaci ipnotici che ti rendevano<br />

intontita ed assente, alla stregua <strong>di</strong> un vegetale.<br />

Come potevo abbandonarti, dopo tutto quello che<br />

avevi fatto per me?! Come potevo <strong>di</strong>menticare i<br />

ricor<strong>di</strong>, i nostri ricor<strong>di</strong>, quelli tristi e quelli felici<br />

ed il suono delle tue dolci parole?! Già! I ricor<strong>di</strong>!<br />

Proprio quelli che Mister Alz ci ha rubato. Bisogna<br />

sbatterlo in galera questo Mister Alz e buttare<br />

la chiave nel mare, ladro incallito e assassino per<br />

vocazione. Che sottile tortura privarti dei ricor<strong>di</strong>,<br />

in fondo, sono loro che ci fanno persone, ci <strong>di</strong>stinguono<br />

come esseri umani, ci danno un’identità,<br />

rappresentano il nostro passato e sono frecce per<br />

il nostro futuro.<br />

Quante volte hai coperto il mio esile corpicino<br />

con quello scialle nero, la mattina, ancora buio,<br />

prima <strong>di</strong> andare a lavoro nei campi. Sentivo la<br />

tua mano che mi accarezzava il viso e poi, facendo<br />

il segno della croce baciavi la mia testa come<br />

una bene<strong>di</strong>zione che solo una mamma può dare<br />

e <strong>di</strong>cevi sottovoce: “Signore da’ ai miei figli una<br />

vita migliore della mia”. Adesso ti vedo immobile,<br />

incapace <strong>di</strong> muoverti, <strong>di</strong> dare un segnale anche<br />

solo con gli occhi. Proprio tu, che non stavi mai<br />

ferma, che “facevi uscire l’acqua” da sotto i tuoi<br />

pie<strong>di</strong> e riuscivi a trasformare ogni cencio in un<br />

bel vestito.<br />

Mamma, perdonami per tutte le volte che ti ho<br />

<strong>di</strong>subbi<strong>di</strong>to, perdonami se ho maledetto la nostra<br />

miseria e soprattutto perdonami se ti ho o<strong>di</strong>ata per<br />

non avermi dato una vita agiata e migliore. Io ti<br />

avrò sempre con me, nell’angolo più prezioso e<br />

sicuro, dentro a quel cuore ingrato che non trova<br />

pace, ma solo rabbia e tanta amarezza.<br />

A volte mi guar<strong>di</strong> come un estraneo, pren<strong>di</strong> il<br />

bastone e cerchi <strong>di</strong> picchiarmi, poi <strong>di</strong>co: “Mamma<br />

sono io! Il tuo Francesco!”. Allora, come un volo<br />

<strong>di</strong> ron<strong>di</strong>ni improvvise, reciti parole senza senso,<br />

poi, per un attimo mi guar<strong>di</strong> e <strong>di</strong>ci: “Tu non sei<br />

il mio Francesco, mio figlio è più alto, più bello<br />

ed è anche me<strong>di</strong>co”. E sì! Mi volevi me<strong>di</strong>co, ma<br />

nemmeno quella sod<strong>di</strong>sfazione ti ho dato, lasciai<br />

gli stu<strong>di</strong> perché non sopportavo l’idea che tu ti<br />

ammazzassi <strong>di</strong> lavoro, spezzandoti la schiena per<br />

farmi stu<strong>di</strong>are. Ho voluto esserti vicino per non<br />

farti mancare tutto il mio aiuto, come hai fatto tu<br />

con me fin dalla nascita. Perdere il senno forse, è<br />

più terribile del cancro, perché vuol <strong>di</strong>re vagare<br />

nel perenne dolore, nella solitu<strong>di</strong>ne, nella paura<br />

non riconoscere lo stesso sangue, la stessa carne,<br />

aprendo voragini <strong>di</strong> sofferenza senza fine, che<br />

non lasciano spazio alla consolazione. Una tortura<br />

lenta, un’agonia incessante che ti segna per la<br />

vita, come figlio e come uomo. Eppure fra tante<br />

afflizioni, esiste un’arma potente che fa battere in<br />

ritirata Mister Alz ed è l’amore, amore allo stato<br />

puro, senza compromessi, che debella ogni malattia.<br />

Le nostre notti non passano mai, ti svegli durante<br />

il riposo notturno e cominci a buttare tutto<br />

per aria, io mezzo assopito, ti accarezzo e dopo<br />

aver ricevuto qualche ceffone riesco finalmente a<br />

farti bere delle gocce che tranquillizzano.<br />

Domani mattina sarà un’altra battaglia, ma<br />

io non mollo, perché ho sognato che un giorno ci<br />

sveglieremo da questo incubo e tu riconoscendomi<br />

<strong>di</strong>rai: “Francesco! Sei tu!” e abbracciandomi<br />

cammineremo verso l’eterno dove non c’è posto<br />

per il dolore e la tristezza. Piangeremo e tu<br />

avrai tante lacrime da versare fino a bagnare il<br />

tuo scialle nero, ma questa volta saranno gocce <strong>di</strong><br />

gioia e <strong>di</strong> felicità.<br />

Ha consegnato il premio la prof.ssa Brigida<br />

Scarafile. A Francesco sono andati la targa e il romanzo<br />

intitolato “La strada <strong>di</strong> smirne” <strong>di</strong> Antonia<br />

Arslan.<br />

Il vincitore della categoria adulti è stato Piero<br />

Casale <strong>di</strong> San Vito dei Normanni, con la poesia:<br />

La crescita <strong>di</strong> un rimorso pregnante<br />

Hai ucciso il tuo sbaglio / partorendo il rimpianto.<br />

/ Il pianto / mai ascoltato. / I primi passi del<br />

travaglio; / sorride lo sgomento / ad un cieco<br />

battito / raggomitolato in petto. / E ora e dopo<br />

ancora / rimboccherai fredde piume / su parole<br />

e paure / <strong>di</strong> un sentimento senza timore. / Ogni<br />

mattina, ogni sera, / uno specchio e un volto /<br />

buio, irrisolto, / macchiato e smarrito. / Dinanzi<br />

ad un riflesso biasimante, / rifletti in un sor<strong>di</strong>do<br />

silenzio / l’agonia <strong>di</strong> un angioletto in<strong>di</strong>feso / e un<br />

seno senza più significato.<br />

Ha consegnato il premio l’assessore alla cultura<br />

Avv. Maristella Menga. Al vincitore sono andati<br />

una targa, il romanzo <strong>di</strong> Garth Stein, “L’arte <strong>di</strong><br />

correre sotto la pioggia”. Piero ha ricevuto inoltre<br />

un assegno <strong>di</strong> € 200.<br />

Ha concluso la serata il Sindaco Dott. Alessandro<br />

Torroni.<br />

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