Maggio - Giugno - Comune di SAN MICHELE SALENTINO

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2 Maggio - Giugno 2009 LA SETTIMANA DELLA CULTURA Anche quest’anno, dall’11 al 17 maggio è stata realizzata, in San Michele Salentino, la Settimana della Cultura. All’insegna della valorizzazione del nostro primo bene culturale, rappresentato dalla Pinacoteca “S. Cavallo”, la settimana si è aperta con la presentazione del Catalogo Multimediale, realizzato e curato dalla Prof.ssa Rita Fasano in cui, sono state catalogate tutte le opere della collezione donata dall’artista Stefano Cavallo e le opere donate dai vari artisti che sono stati espositori nella nostra Pinacoteca. L’incontro ha assunto un significato anche scientifico, grazie alla presenza del Prof. Francesco Dammacco che ha coinvolto il pubblico presente su un tema di grande attualità: “Arte ed Estetica oggi, secondo le neuroscienze”. Altro interessante e coinvolgente appuntamento è stata “La Giornata del Diversamente Abile” organizzata, anche quest’anno, con travolgente partecipazione, dal Cons. Alessandro Tamburrino delegato alle Poli- SERVIZI SOCIALI SPORTELLO IMMIGRATI tiche Giovanili in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche Sociali. L’incontro svoltosi presso il Palazzetto dello Sport di San Michele Salentino, ha visto protagonisti i ragazzi del Centro Diversamente Abili del nostro Comune che hanno messo in scena una rappresentazione teatrale, liberamente tratta dalla favola di Pinocchio, oltre ad una esposizione di pannelli decorativi, frutto dell’impegno con cui per un anno hanno lavo- Avviso Nell’ambito della programmazione delle attività e dei progetti attuati dal Comune di San Michele Salentino, si informa la cittadinanza che presso la Biblioteca Comunale è attivo lo Sportello Immigrati e relativo Laboratorio. Tutti gli interessati possono usufruire del servizio il lunedì dalle ore 16,30 alle ore 18,30. rato, con le operatrici Eugenia Nigro, Pamela Lisi e Mina Ligorio. La serata ha visto esibirsi l’Associazione “Sulle Ali della Speranza” di Ostuni che, con musica e varietà ha allietato la manifestazione rendendola allegra e pervasa da un sentimento di condivisione e solidarietà tanto forte da essere palpabile. Durante la settimana della cultura, un evento importante e molto partecipato è stata la serata dedicata alla premiazione del Concorso Letterario “Lo specchio dell’anima. Parole in libertà”. Nonostante i tempi ristretti, sorprendentemente è stato il numero degli elaborati arrivati che hanno impegnato non poco la Giuria, composta dai Professori Vincenzo Palmisano, Isabella Filomeno, Daniela Epifani , Brigida Scarafile ed il Cons. Alessandro Tamburrino, coordinatore della serata. Prezioso è stato il contributo dato dalle collaboratrici della Biblioteca Comunale, Fatima Martino e Antonella Miccoli. Durante la serata si sono esibiti Romina Cassano, la scuola di danza “Silfide” della M.tra Vittoria Prete, ed il duo di oboe e fisarmonica con Vincenzo De Nitto e Tonino Simeone. Momento conclusivo della settimana è stata la consegna della Borsa di Studio “Marcello Palmisano” assegnata a Toni Argentieri, ragazzo meritevole che attualmente frequenta il Liceo Scientifico di San Vito dei Normanni. La serata ha avuto tra gli ospiti anche il Prof. Ernesto Marinò, Assessore alla Cultura del Comune di San Vito dei Normanni, città con la quale abbiamo condiviso il progetto di ripristinare il Premio “Marcello Palmisano” che la Provincia di Brindisi ha cancellato dalla propria programmazione. In omaggio allo scomparso Marcello Palmisano, a concludere la bella serata, il Concerto del Quartetto d’Archi “Arteorema”, magistralmente diretto dalla Prof. ssa Antonella Cavallo. L’Assessore alla Cultura Avv. Maria Stella Menga
Maggio - Giugno 2009 Ogni persona ha il nome proprio che l’identifica fin dalla nascita. Ad attribuirlo sono i genitori che talora non disdegnano conciliaboli con parenti e amici per la scelta più opportuna da compiere. Occorre mettere in conto che anche a proposito della nascita di un figlio, evento singolare di famiglia, mutano costumanze e abitudini sociali: Ieri si privilegiavano i nomi del calendario cristiano, consegnando al neonato, nel nome imposto, modelli di vita virtuosa e celesti protettori insieme con la memoria di avi e parenti rinverdita grazie alla trasmissione di nomi familiari. Oggi l’attribuzione del nome al neonato ricalca di preferenza il gusto esotico di giovani coppie esperte in turismo, l’ammirazione per le star dello sport, del cinema e della televisione, il fanatismo per il capo carismatico di antica o di recente data… Nella psicologia secolaristica delle generazioni della civiltà delle macchine, del consumo, del fitness e della frenesia di vivere interessa per lo più l’aspetto anagrafico del nome e certe evocazioni emotive che esso può suscitare nella cerchia di amici e parenti. Sfugge la portata epifanica, destinale, identificante e relazionale del gesto dei genitori di designare e “imporre” il nome al proprio figlio, e sfugge altresì l’importanza e la responsabilità di far vivere l’identità “nominativa” nel fanciullo e nell’adolescente. Una responsabilità, quindi, che investe genitori e figli nell’evento del nome che coincide con la determinazione specifica del volto del frutto del grembo, chiamato a entrare nella vita familiare e sociale. Riflettiamo. Il nome che ci contraddistingue e ci segna come destino esistenziale per tutta la vita, non siamo noi a darcelo. Sono sempre gli altri i protagonisti dell’attribuzione del nome proprio. Io vengo investito di dignità personale grazie all’appello donante del Tu dei genitori (naturali o adottivi). Sono essi che cominciano a chiamarmi col nome proprio e a introdurmi, come soggetto di diritti e doveri, nella Chiesa dove ci riceve il battesimo e nella società istituzionale dove ci si candida alla formazione civile e professionale per espletare domani le responsabilità di uomini e donne maturi. Nell’evento dell’imposizione del nome traluce il mistero della fecondità relazionale della coppia coniugale che vive in modo partecipativo e complementare la generazione, la gestazione, il parto e l’educazione del figlio che esce dall’anonimato nel momento in cui si pone di fronte ai genitori come Tu direttamente interpellato. D’ora in poi sarà il volto inconfondibile di quel singolo io a essere chiamato col nome proprio: Pietro, Giovanni, Maria, Cinzia… Quell’io apprenderà progressivamente a identificarsi col nome che lo concerne, a sentirsi chiamato da altri, riconoscendosi e riconosciuto, nella specificità individuale, ad abituarsi a sentire parlare di sé in bene e in male. La storia del singolo prende consistenza a partire dalle varie relazioni familiari e sociali che fanno riferimento al titolare “personale” che sta nell’alone misterioso del nome proprio. Non è affatto indulgenza retorica il “mistero” del nome proprio. Esso sporge e si impone nella differenza qualitativa tra la comunicazione istintiva e “interessata” del regno animale e l’appello interpersonale che è peculiare del regno umano. E si può aggiungere: altra cosa è rivolgersi al superiore di fabbrica o di caserma con l’appellativo generico di capo che va interpellato su questioni pratiche, l’altra cosa è, invece, la parola carica di sfumature affettive, di tenerezza e di fiducia che la madre rivolge al figlio, il fidanzato alla fidanzata, l’amico all’amico quale carica intenzionale e cordiale che parte dall’intimo, accende di nuova luce occhi e volti di interlocutori, mobilitando tutta la loro personalità in quanto l’apre e la dispone alle sorprese della reciprocità del riconoscimento di “soggetti viventi, eguali in potere”, direbbe Hegel. Posta dalla Capitale di Paolo MICCOLI Ordinario di filosofia moderna e contemporanea alla Pontificia Università Urbaniana di Roma DIGNITÀ DEL NOME PROPRIO Nella relazione interpersonale autentica si affina la reciprocità di io-tu “inoggetivabili” proprio in quanto storia irriducibile di singole persone che si fronteggiano a partire dalla relazione fondante di tenore etico, la quale non solo mette conto, culturalmente parlando, del salto dal biologico all’antropologico mediante l’affacciarsi dell’autocoscienza, ma resta altresì la germinazione della relazione “personale” min seno alla pienezza di vita della Santissima Trinità. A partire dal “seno del Padre”, rivelato da Gesù Cristo, prende consistenza il senso ontologico ed etico delle umane relazioni in ordine alla generazione. Eternamente, “prima dell’aurora”, il Figlio è generato. Da chi?, Da Padre che lo chiama per nome. Il nome proprio di Dio- Padre va di pari passo con la generazione divina sempiterna, partecipata al Tu del Figlio, e va altresì di pari passo con la persona dello Spirito Santo in una diversa relazione trinitaria che lo apparenta al Padre e al Figlio sotto nomenclatura teologica di “processione” e di “spirazione” (amore attivo, se visto a partire dalle iniziative del Padre e del Figlio; amore “re-attivo” se considerato nel movimento sinergetico e agapico che dallo Spirito Santo muove verso il Padre e il Figlio, consacrandoli nella maestà dell’unica natura divina). Dio, pienezza di vita, è eterna e mutua relazione di sapienza e di amore che dal Padre va al Figlio nell’abissale abbraccio dello Spirito Santo. La densità dialogica della persona umana prende avvio dalla partecipazione creaturale alla Vita divina. Ogni nome proprio determina la relazione interpersonale in seno alla famiglia di accoglienza e alla società. Da qui la responsabilità di gestire in prima persona il destino del nome che ci vien dato in sorte. C’è un modo burocratico di verificare la storia individuale mediante attestati pubblici, titoli professionali e onorifici acquisiti, infrazioni o condanne collezionate. Questa indagine fa parte del “me sociale”, ridotto a numero e a funzione pragmatica. Esso mette conto 3 dell’avvilimento dell’intimità personale oggi deprecato nell’abuso che si fa dei data-base del patrimonio genetico, delle malattie e di altri aspetti della privacy violata e ferita. C’è fortunatamente anche il modo intimo e personale di tessere la propria storia di eroismo, di coerenza professionale, di apertura al prossimo e di testimonianza dei valori evangelici che coincide con l’ipseità non delegabile ad altri che all’uomo responsabile costruisce giorno dopo giorno interrogando la propria coscienza e commisurandosi alla sapienza del divin Maestro. Da questo punto di vista sarebbe auspicabile la ripresa delle attività contadine che privilegiavano il nome dei Santi nel battezzare i propri figli. Un modo, questo, di educarci nuovamente nella consapevolezza esaltante di vivere la dignità del proprio nome alla luce delle lezioni eroiche che emanano dal martirologio e del calendario liturgico della Chiesa. La civiltà dei consumi preferisce festeggiare il compleanno, nel fluire del tempo e dell’esistenza. Ci si mette utopisticamente al di fuori della vita transeunte, quasi dimenticando che le designazioni onomastiche neopagane attengono di più al regno zoologico anziché a quello umano. Certi diminutivi e vezzeggiativi, talune ridicole contrazioni e nomignoli da pollaio o da “fattoria degli animali” stanno bene nei cartoons di Disneyland, non in riferimento al volto della persona viva. Gesù Cristo ha svelato il destino beato del nome allorché, rispondendo ad alcuni discepoli che gli riferivano i primi successi missionari, disse: “Rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli”: La parola del Maestro di Nazareth è l’esegesi più autorevole del passo apocalittico che enuncia il premio riservato a quelli che Dio ha chiamato alla vita e alla realizzazione del bene nel mondo: “Al vincitore darò una manna nascosta, e gli darò pure una pietruzza bianca sulla quale è scolpito un nome nuovo che nessuno conosce, eccetto chi la riceve” (Ap 2,17).
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