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i CAMPOSAMPIERO ' - Associazione culturale amici per la storia

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L. ROSTIROLA<br />

i <strong>CAMPOSAMPIERO</strong> '<br />

SAGGI STORICI<br />

BIBLIOTECA<br />

CIVICA<br />

PD<br />

945<br />

32<br />

ROS


LA RISTAMPA DI QUESTO STUDIO<br />

ORAMAI INTROVABILE<br />

È DOVUTA ALLA ILLUMINATA SOLLECITUDINE<br />

DEL COMUNE DI <strong>CAMPOSAMPIERO</strong><br />

E AL GENEROSO CONTRIBUTO<br />

DELLA CASSA DI RISPARMIO DI PADOVA E ROVIGO<br />

DON LUIGI ROSTIROLA<br />

SAGGI STORICI<br />

REBELLATO EDITORE


PROPRIETÀ LETTERARIA E ARTISTICA RISERVATA<br />

© 1972 by Bino Rebel<strong>la</strong>to Editore<br />

STAMPATO IN ITALIA - PRINTEll IN ITALY<br />

Vent) anni fa si spegneva tra il compianto generale mons.<br />

Luigi Rostiro<strong>la</strong>) che <strong>per</strong> 37 anni fu Arciprete del<strong>la</strong> Parrocchia<br />

di S. Pietro in Camposampiero.<br />

Soltanto chi ebbe <strong>la</strong> felice ventura di conoscerlo sa quale<br />

nobilissima figura di Padre buono) generoso e sapiente Egli<br />

fu e con quale indiscusso prestigio funse da guida spirituale<br />

e morale di tutta <strong>la</strong> cittadina nostra.<br />

Nel ventesimo anniversario del<strong>la</strong> Sua scomparsa f Aml1zinistrazione<br />

Comunale) con il benep<strong>la</strong>cito dei parenti) ha assunto<br />

riniziativa di curare <strong>la</strong> ristampa di questi Saggi Storici,<br />

che mons. Rostiro<strong>la</strong> stese con stile facile e brioso ma con<br />

accuratezza di storico diligente) con infinita pazienza e con<br />

amore di figlio verso <strong>la</strong> sua patria di adozione. Ai Saggi storici<br />

su Camposampiero si aggiungono le Memorie storiche<br />

del<strong>la</strong> Pieve di Rustega, frazione cara) <strong>la</strong>boriosa) ricca di tradizioni<br />

ed unita al centro di Camposampiero.<br />

Questa impresa, non facile) ha potuto realizzarsi anche <strong>per</strong><br />

<strong>la</strong> munificenza del<strong>la</strong> Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo)<br />

presente ogniqualvolta iniziative degne attendono un contributo<br />

decisivo <strong>per</strong> diventare realtà.<br />

5


Camposampiero in questi ultimi anni ha subito una radicale<br />

trasformazione nel suo aspetto esterno e nel modo di<br />

vivere dei suoi abitanti; <strong>per</strong>ciò gli Amministratori del Comune<br />

hanno ritenuto utile che nelle famiglie, vecchie e nuove,<br />

di Camposampiero e del suo mandamento, legati da una<br />

lunga serie di comuni vicende storiche e dallo sviluppo sociale,<br />

economico, <strong>culturale</strong> e religioso del presente, potesse<br />

entrare quest' o<strong>per</strong>a che, mentre testimonia e documenta il<br />

passato lieto e triste del nostro paese e del mandamento,<br />

sprona nel contempo a non dimenticare e a continuare quel<strong>la</strong><br />

nobile tradizione di Fede, di concordia, di dignità e di sanità<br />

morale, che da secoli sono virtu peculiari dei nostri cittadini.<br />

6<br />

Il Sindaco<br />

dotto MARIO MARCELLO P AGETT A<br />

PREFAZIONE


Ai Camposampierini benevoli e cortesi<br />

«Ho stimato in ogni tempo lo studio delta<br />

patria cosa necessaria ad un buon cittadino.<br />

Ho procurato anche che <strong>la</strong> patria acquisti maggior<br />

lustro e decoro ».<br />

G. B. VlìRCI<br />

Mi piacque denominare quest'o<strong>per</strong>a col titolo di « Saggi storici »,<br />

anziché con quello di «Storia» puramente e semplicemente, <strong>per</strong>ché<br />

manca ad essi <strong>per</strong> necessità di cose, quel<strong>la</strong> copia continua e<br />

proporzionata di notizie che costituiscono <strong>la</strong> vera <strong>storia</strong>, e <strong>per</strong>ché<br />

talvolta, uscendo deliberatamente dal<strong>la</strong> esposizione degli eventi locali,<br />

volli spaziare in orizzonte piu vasto e mettere in evidenza <strong>per</strong>sone<br />

e fatti che meglio lumeggiassero <strong>la</strong> <strong>storia</strong> delIa nostra cittadina<br />

C).<br />

Non nasconderò le difficoltà con cui dovetti dibattermi e l'improba<br />

fatica durata nel raccogliere e cucire assieme queste notizie,<br />

<strong>per</strong> il fatto doloroso del<strong>la</strong> completa assenza di qualsiasi archivio<br />

locale pubblico e privato, ed ancora <strong>per</strong> <strong>la</strong> mancanza di ogni ricordo<br />

tradizionale di un passato glorioso e memorabile <strong>per</strong> <strong>la</strong> nostra cittadina.<br />

Parrebbe impossibile se non fosse vero! Camposampiero, di origine<br />

indubbiamente romana, sede di un feudatario e di castello medievale,<br />

capoluogo di un vicariato sotto i Carraresi e di una vasta<br />

podestaria sotto <strong>la</strong> Serenissima; Camposampiero che ebbe un Monte<br />

(I) E ciò sia detto <strong>per</strong> i capitoli che riguardano <strong>la</strong> Romanità di Camposampiero, il<br />

lJeriodo Ecceliniano e <strong>la</strong> caduta del<strong>la</strong> repubblica di Venezia; in essi <strong>la</strong> <strong>storia</strong> cittadina risulta,<br />

in via indiretta, dall'esposizione degli importanti eventi che si verificarono fuori di<br />

Camposampiero, e piu che tutto a Padova da cui <strong>la</strong> nostra cittadina sempre dipese come<br />

castello, podestaria e distretto, onde dalle vicende di quel<strong>la</strong> ricevono luce nei <strong>per</strong>iodi<br />

oscuri, conferma in quelli dubbi, sempre, ed in tutti i casi, evidenza le vicende cii Camposampiero.<br />

'<br />

9


di Pietà antichissimo, un ospizio di pellegrini, un convento illustre<br />

ed un arsenale ben provveduto; Camposampiero che accolse entro le<br />

sue mura im<strong>per</strong>atori ed im<strong>per</strong>atrici, principi e santi; Camposampiero<br />

di tanti illustri eventi non conserva alcuna memoria. Ingiuria<br />

di tempo, noncuranza d'uomini, oltraggio di nemici, con pari accanimento<br />

e con lo stesso effetto, hanno cancel<strong>la</strong>to ogni ricordo del<br />

tempo che fu.<br />

Lapidi romane, urne cinerarie, monete ed altti cimeli, disseminati<br />

<strong>per</strong> il territorio e riscavati dall' aratro, furono distrutti dal<strong>la</strong> ignoranza<br />

del popolo, assecondata e quasi coonestata dall'incuria delle<br />

<strong>per</strong>sone colte.<br />

Diplomi e documenti del<strong>la</strong> dominazione feudale, statuti comunali,<br />

atti e deliberazioni degli Uomini di Comun ed assieme l'immenso<br />

materiale storico, accumu<strong>la</strong>tosi in quattro secoli di dominio veneto,<br />

tutto andò distrutto dal nefasto incendio del 12 luglio 1809.<br />

Iscrizioni commemorative, stemmi del pa<strong>la</strong>zzo municipale, b<strong>la</strong>soni<br />

murati nelle ville veneziane, antenna di piazza maggiore, da cui<br />

garriva al vento il vessillo di San Marco, ed altri monumenti ancora<br />

furono cancel<strong>la</strong>ti, infranti o asportati dai giacobini francesi nel 1797 .<br />

E purtroppo anche questa volta conviene ripetere il quod non lecerunt<br />

barbari) lecerunt Barberini.<br />

Nell'abbattimento del<strong>la</strong> vecchia cinta murata del castello (fra il<br />

1605 ed il 1700) con le mura, con i bastioni, con le porte ogivali<br />

ed i ponti levatoi, disparvero i leoni rampanti, i carri effigiati ed<br />

i leoni a<strong>la</strong>ti, emblemi dei conti Camposampiero, dei Carraresi e del<strong>la</strong><br />

Serenissima.<br />

Nel<strong>la</strong> rinnovazione del<strong>la</strong> chiesa di S. Pietro (1720-1730) furono<br />

vandalicamente dis<strong>per</strong>se le <strong>la</strong>pidi sepolcrali che ne tappezzavano il<br />

pavimento e scomparve il mausoleo di Tiso, l'amico di S. Antonio,<br />

o<strong>per</strong>a di pregio storico ed artistico non comune.<br />

N el<strong>la</strong> demolizione del<strong>la</strong> vecchia chiesa di S. Giovanni (1799),<br />

il Panteon di Camposampiero, assieme a venti iscrizioni sepolcrali,<br />

furono distrutti i monumenti funebri di Francesco Quirini, arcivescovo<br />

di Durazzo, e di Cristoforo Rubini, o<strong>per</strong>e di epoca e di gusto<br />

c<strong>la</strong>ssico (secolo XVI).<br />

Di piti ancora; quelle famiglie del pattiziato veneto, che in passato<br />

a Camposampiero ebbero ville e beni prediali, o sono estinte o<br />

IO<br />

del<strong>la</strong> proprietà non conservano memoria alcuna C) ed i vecchi paesani<br />

non hanno raccolta alcuna tradizione, onde l'ignoranza del<br />

passato è quivi giunta a tal segno, che avendo un giorno raccontato<br />

a <strong>per</strong>sone, non del tutto volgari, come il nostro castello fosse un<br />

tempo recinto da mura, chi sorrise, chi diniegò e chi disse di non<br />

avere mai appreso tale notizia.<br />

Eppure non dap<strong>per</strong>tutto le cose stanno a questi passi; le vicine<br />

città di Castelfranco, Cittadel<strong>la</strong>, Noale, conservano archivi ricchi<br />

di preziose notizie; iv! le mura, le torri, i pa<strong>la</strong>zzi pubblici e privati<br />

abbondano, anche oggidi, di b<strong>la</strong>soni e d'iscrizioni ricordanti le antiche<br />

signorie ed i privilegi concessi dal<strong>la</strong> Serenissima a quegli abitanti!<br />

Dopo tali dolorose constatazioni ognuno può comprendere come<br />

l'accingersi a descrivere <strong>la</strong> <strong>storia</strong> del<strong>la</strong> nostra cittadina dovesse riuscire<br />

un'impresa quasi dis<strong>per</strong>ata, simile al<strong>la</strong> ricostruzione di un<br />

archivio i cui documenti andarono distrutti.<br />

Un vecchio proverbio dice che l'amore vince ogni difficoltà ed il<br />

modesto <strong>la</strong>voro, che ora presento ai miei concittadini, è prova del<strong>la</strong><br />

verità del proverbio ed assieme del mio affetto verso Camposampiero<br />

che, fin dal 1914, quando <strong>per</strong> volontà dei su<strong>per</strong>iori ho trasportato<br />

quivi <strong>la</strong> dimora, ho tenuto in conto di patria adottiva.<br />

Da allora mi sono accinto al<strong>la</strong> compi<strong>la</strong>zione di questi saggi stotici<br />

che, interrotti <strong>per</strong> doveri di ministero e mai abbandonati col cuore<br />

e col desiderio, oggi, grazie a Dio, ho condotti in porto.<br />

Essi mi costarono fatica, tempo e denaro, <strong>per</strong>ché, fallita <strong>la</strong> ricerca<br />

delle prove storiche locali <strong>per</strong> le sopra accennate ragioni, dovetti imprendere<br />

una serie di <strong>per</strong>egrinazioni a Venezia, Padova, Treviso,<br />

Bassano, Feltre, ecc. <strong>per</strong> trovare quello che indarno avevo cercato<br />

a Camposampiero.<br />

Non lo nascondo; avrei potuto trovare e dire anche di piti se,<br />

(2) L'archivio dei conti Camposampiero, antichi feudatari, non ha proprio nul<strong>la</strong> che<br />

interessi <strong>la</strong> nostra <strong>storia</strong>.<br />

E nul<strong>la</strong> aveva neppure cento e cinquanta anni fa, tanto è vero che avendo dovuto, in<br />

causa di una lite, produrre l'albero genealogico di famiglia (1778), i nostri ex feudatari,<br />

in mancanza dei vecchi documenti, ricorsero alle o<strong>per</strong>e dello Scardeone, del Bonifacio,<br />

dell'Orsato e di altri autori poco attendibili.<br />

II


con meno preoccupazioni e con più <strong>la</strong>rga disposizione di tempo e<br />

di denaro, meglio avessi consultate le grandi serie politiche, amministrative<br />

ed ecclesiastiche dell' Archivio di Stato di Venezia.<br />

Ed ora dirò una paro<strong>la</strong> sul<strong>la</strong> materia e sul<strong>la</strong> forma con cui furono<br />

ideati e compi<strong>la</strong>ti questi saggi.<br />

Per quello che riguarda <strong>la</strong> materia ho creduto opportuno di dividere<br />

tutta l'o<strong>per</strong>a in tre parti, <strong>la</strong> prima delle quali tratta <strong>la</strong> <strong>storia</strong><br />

civile di Camposampiero, <strong>la</strong> seconda più che altro riguarda <strong>la</strong> pieve<br />

ed è quindi <strong>storia</strong> ecclesiastica, <strong>la</strong> terza offre al lettore alcune monografie<br />

su argomenti ed epoche speciali.<br />

Riguardo al<strong>la</strong> forma il lettore si accorgerà, da segni più o meno<br />

evidenti, che letterariamente il mio <strong>la</strong>voro rappresenta un tentativo,<br />

non so quanto .riuscito, di maneggiare l'idioma gentil) sonante e<br />

puro, dopo parecchi anni di dissuetudine; scientificamente rappresenta<br />

un tentativo di associare il metodo storico-critico con <strong>la</strong> esposizione<br />

popo<strong>la</strong>re che renda il libro accessibile ed interessante al<strong>la</strong><br />

maggior parte dei miei lettori.<br />

Chiudo <strong>la</strong> chiacchierata, ormai troppo lunga, rivolgendo una paro<strong>la</strong><br />

di ringraziamento a quanti mi furono <strong>la</strong>rghi di lume e di consiglio<br />

nel corso del<strong>la</strong> mia o<strong>per</strong>a, ed un cortese saluto ai miei lettori,<br />

cui domando compatimento indulgente e benevolo.<br />

Camposampiero, 15 ottobre 1923<br />

12<br />

FONTI E PRINCIPALI OPERE CONSULTATE<br />

(Altre o<strong>per</strong>e verranno citate di volta in volta)<br />

AGNOLETTI: Treviso e le sue pie vi, Treviso, Turazza, 1898.<br />

ANONIMO: Foscariano o Turriano, Ms. Bibl. Civ. Treviso.<br />

Annali del<strong>la</strong> libertà padovana, Padova, Brandolese, 1797.<br />

Archivio del<strong>la</strong> pieve di Camposampiero.<br />

Archivio del<strong>la</strong> parrocchia di S. Marco di Camposampiero.<br />

Archivio del<strong>la</strong> Curia Vescovile di Padovcl.<br />

Archivio del<strong>la</strong> Curia Vescovile di Treviso.<br />

Archivio del Municipio di Camposampiero.<br />

Archivio Civico di Padova.<br />

Archivio di Stato di Venezia.<br />

BARATELLA: Ecatometrologia, Ms. membranaceo, Museo Civ. Padova.<br />

BORGHERINI: Il Governo di Venezia in Padova nell'ultimo secolo del<strong>la</strong> Repubblica, Padova,<br />

Salmin, 1909.<br />

BONARDI: Le origini del Comune di Padova, Padova, Randi, 1898.<br />

BONIFACIO: I<strong>storia</strong> di Trevigi, Venezia, Albrizzi, 1740.<br />

BRUNACCI: Storia Ecclesiastica Padovana, Ms. Bibl. Seminario, Padova.<br />

BRUNACCI: Codice Diplomatico, Ms. Bibl. Seminario, Padova.<br />

DULLO: Dei movimenti insurrezionali sotto il dominio napoleonico e del brigantaggio,<br />

Venezia, Visentini, 1899.<br />

CAPITANIO: Storia dell'occupazione francese del 1801, Ms. Bibl. Civ. Padova.<br />

CAPITANIO: Saggio di notizie storiche sul Dipartimento del Brenta, Ms. Bibl. Civ. Padova.<br />

CAVALLETTO: Ricordi Padovani del 1848 e del 1866, Firenze, in Rassegna Nazionale<br />

N. 8, 1899.<br />

CI-lECCHINI: Comuni rurali padovani, Nuovo Archivio Veneto, Anno 1909, Pagina 131.<br />

CITTADELLA A.: Descrittione di Padoa, Ms. Bibl. Civ. Padova.<br />

Codice Carrarese, Ms. membranaceo Bibl. Civ. Padova.<br />

FERRARI: L'Ufficio delta Sanità di Padova, Venezia, Emiliana, 1909.<br />

FILIASI: Memorie storiche dei Veneti primi e secondi, Padova, Salmin, 1811.<br />

FULIN: Breve Sommario di Storia Veneta, Venezia, Fuga, 1914.<br />

GENNARI: Cambiamenti dei confini del Padovano, Padova, Seminario, 1828.<br />

GENNARI: Dell'antico corso dei fiumi in Padova e nei suoi dintorni, Padova, Seminario,<br />

1776.<br />

13


GENNARI: Diario dal 1739 al 1800, Ms. Bibl. Seminario, Padova.<br />

GHIRARDINI: Necropoli primitive del Veneto, Roma, Saviucci, 1888.<br />

GHIRARDINI: Necropoli primitive del Veneto, Roma, Saviucci, 1888.<br />

GHIRARDINI: I veneti prima del<strong>la</strong> Storia, Annuario del<strong>la</strong> R. Università di Padova, 1900-1901.<br />

GIOVANNI DA NON: Cronica, Ms. Curia Vescovile Padova (traduzione di ignoto autore).<br />

GLORIA: L'agro patavino, Venezia, Antonelli, 1881.<br />

GLORIA: Codice Diplomatico padovano, Venezia, Visentini, 1867-79-81.<br />

GLORIA: L'agricoltura padovana, Padova, Sicca, 185.5.<br />

GLORIA: Monumenti dell'Università di Padova, Venezia, Antonelli, 1884.<br />

GLORIA: Il Territorio Padovano illustrato, Padova, Pros<strong>per</strong>ini, 1862.<br />

GLORIA: Di Padova dopo <strong>la</strong> lega di Cambrai, Padova, Pros<strong>per</strong>ini, 1863.<br />

GRANIC: Documenta varia ad hi<strong>storia</strong>m Conventus Campisanctipetri, Quaracchi, 1911.<br />

KANDLER: L'Agro colonico Patavino, Ms. Bibl. Civ. Padova.<br />

La nuova chiesa dei Minori Conventuali di Camposampiero, Padova, Messaggero, 1997.<br />

Leggenda, seu Vita et Miracu<strong>la</strong> S. Antonii de Padua, Bologna, Mareggiani, 1883.<br />

LEGNAzzI: Del Catasto romano e di alcuni strumenti antichi di geodesia, Padova, Randi,<br />

1886.<br />

MARCHESI: Settant'anni di <strong>storia</strong> politica di Venezia, Torino, Roma, 1892.<br />

MARCHI: Storia dei Camposampiero, Padova, Crescini, 1848.<br />

MITIS: Storia di Ecelino da Romano, Maddaloni, Ga<strong>la</strong>zio, 1896.<br />

MOMNsEN: Corpus Inscriptionum Latinarum, Berlino, Beimer, 1899.<br />

MURATORI: Rer. Italic. Script., Edizioni di Mi<strong>la</strong>no 1724-31 e di Città di Castello 1900.<br />

- (Mi sono valso di quest'o<strong>per</strong>a colossale <strong>per</strong> consultare le cronache del Maurisio,<br />

Ro<strong>la</strong>ndino, Monaco Padovano, Lorenzo de' Monaci, Albertino Mussato, Redusio, Cortusi,<br />

Gattari, Vergerio, ecc.).<br />

MURATORI: Antiquitates Italicae Medii Aevi, Arezzo, Bellotti, 1773-80.<br />

MUSATTI: Storia di Venezia, Mi<strong>la</strong>no, Treves, 1914.<br />

ONGARELLO: Cronaca di Padova, Ms. Bibl. Civ. Padova.<br />

ONGARO: La Municipalità provvisoria di Padova nel 1797, Padova, Drucker, 1904.<br />

Ordini e terminazioni dei Sindaci di Terraferma, Padova, Penada, 1767.<br />

ORSATO: Storia di Padova, Padova, Frambotto, 1678.<br />

PAOLO DIACONO: De origine et gestis Langobardorum.<br />

POLCASTRO: Diario dal<strong>la</strong> partenza degli Austriaci all'arrivo dei Francesi, Ms. Bibl. Civ.<br />

Padova.<br />

POLCASTRO: Compendio storico degli avvenimenti accaduti in Padova dall'anno 1786 al<br />

1794, Ms. Bibl. Civ. Padova.<br />

PORTENARI: Del<strong>la</strong> felicità di Padova, Padova, Tozzi, 1623.<br />

Raccolta di Privilegi e Terminazioni degli Inquisitori di Terraferma, Padova, Penada, 1763.<br />

Registro delle Ducali, Ms. membranaceo Museo Civico Padova.<br />

ROMANIN: Storia documentale di Venezia, Venezia, Naratovick, 1853.<br />

SALOMONII: Agri patavini Inscriptiones, Padova, Seminario, 1696.<br />

SANUTO: Diari, Venezia, Visentini, 1878-1903.<br />

SANUTO: Itinerario <strong>per</strong> <strong>la</strong> Terraferma, Padova, Seminario, 1696.<br />

SARTORI: Guida Storica delle chiese parrocchiali del<strong>la</strong> Città e Diocesi di Padova, Padova,<br />

Minto, 1884.<br />

SCARDEONII: De antiquitate urbis Patavii, Basilea, 1560.<br />

SEGARIZZI: Antonio Baratel<strong>la</strong> ed i suoi corrispondenti, Venezia, Ferrari, 1916.<br />

Sette opuscoli stampati fra il 1778 ed il 1810 nell'occasione di una lite fra i Conti Camposampiero<br />

ed i Padri Osservanti di S. Francesco di Padova.<br />

SPARACIO: S. Antonio di Padova nel<strong>la</strong> vita, nel pensiero e nel<strong>la</strong> gloria, Padova, Messaggero,<br />

1923.<br />

Statuti del Comune di Padova del Secolo XII al 1185, Padova, Sacchetto, 1873.<br />

Storia politica d'Italia, scritta da una società di professori, Mi<strong>la</strong>no, Val<strong>la</strong>rdi.<br />

TENTOR!: Storia diplomatica del<strong>la</strong> caduta di Venezia, Augusta, 1799.<br />

UGHELLI: Italia Sacra, Venezia, Colletti, 1717.<br />

VERCI: Storia degli Ecelini, Venezia, Fontana, 1841.<br />

VERC!: Codice Eceliniano, Venezia, Fontana, 1841.<br />

VERCI: Storia del<strong>la</strong> Marca Trevigiana e Veronese, Venezia, Storti, 1786.<br />

ZANON: Romanità del Territorio Cittadellese, Parma, Coo<strong>per</strong>ativa, 1907.<br />

ZENDRINI: Memorie storiche dello Stato antico del<strong>la</strong> <strong>la</strong>guna, Padova, Seminario, 1811.<br />

Ho consultato anche le o<strong>per</strong>e <strong>la</strong>tine di Tito Livio, Polibio, Strabone, Plinio, Pomponio<br />

Me<strong>la</strong>, FIacco Siculo ecc.<br />

15


2<br />

PARTE PRIMA<br />

STORIA CIVILE


AL MUNICIPIO DI CAMPOSAMPIBRO<br />

QUALB ATTBSTATO<br />

DI GRATITUDINB<br />

AI CONCITTADINI<br />

MORTI NBLLA GRANDB GUBRRA<br />

ONDB VIVA SBMPRE<br />

IL RICORDO<br />

DI TANTO BROISMO<br />

AI GIOVANI SBGNATAMBNTB<br />

PBRCHÉ IMPARINO<br />

AD ONORARE LA PATRIA<br />

CON OPBRB PRBCLARE<br />

QUBSTE PAGINB<br />

RIBVOCANTI LA STORIA DI CAMPOSAMPIBRO<br />

L'AUTORE CONSACRA


I<br />

ROMANITÀ<br />

DEL TERRITORIO CAMPOSAMPIERINO<br />

DI <strong>CAMPOSAMPIERO</strong>


SOMMARIO: Origine del nome Camposampiero. - Antichi abitatori ed antiche vicende<br />

del<strong>la</strong> Venezia terrestre, di Padova e dell'agro patavino. - Ipotesi di una<br />

colonia romana stanziata nel territorio camposampierino. - Il Gratico<strong>la</strong>to romano<br />

ed il Desman. - Ruderi disseminati nel territorio di Camposampiero.<br />

Ì:


Ma chi non sa quali storpiature e quanti cambiamenti di nomi non<br />

fecero gli umanisti del secolo XV, <strong>per</strong> dare ad essi una fonetica piti c<strong>la</strong>ssica<br />

ed un significato pagano o <strong>per</strong> trarli ad adu<strong>la</strong>torie deduzioni? In<br />

queste stranezze il Baratel<strong>la</strong>, su<strong>per</strong>ando i contemporanei, contraddisse al<br />

buon senso storico e rasentò spesso il ridicolo; riporterò quivi, a titolo<br />

di conferma, alcuni esempi tolti dai suoi scritti.<br />

L'unanime consenso degli storici fa derivare il nome del vil<strong>la</strong>ggio<br />

di Loreggia, patria del Baratel<strong>la</strong>, dal<strong>la</strong> via Aurelia che lo attraversava;<br />

il Baratel<strong>la</strong> invece lo fa derivare dal<strong>la</strong> voce <strong>la</strong>urus, con allusione al<strong>la</strong> <strong>la</strong>urea<br />

poetica vagheggiata con tanto ardore e con pari tenacia contesagH<br />

dal<strong>la</strong> fortuna, nonostante i 75.000 versi composti. Quel corso d'acqua<br />

che fino dal 1085 è denominato Vandura (5) <strong>per</strong> il Baratel<strong>la</strong> diventa<br />

Lavandu<strong>la</strong> (<strong>la</strong> soppressione del<strong>la</strong> lettera r, ed il prefisso <strong>la</strong>, danno sapore<br />

di c<strong>la</strong>ssico al nome); il nome Musone, che dovrebbe trarre origine da<br />

mosa (6) luogo paludoso e contiene una manifesta allusione agli straripamenti<br />

delle sue acque, a quel tempo non contenute da argini, <strong>per</strong> <strong>la</strong> fantasia<br />

capricciosa del Baratel<strong>la</strong> è fatto derivare da Musa, <strong>per</strong>ché lungo le<br />

sue rive avevano stanza le figlie di Mnemosine (sic!); finalmente il Riostorto,<br />

quel rigagnolo che <strong>per</strong> certo tratto divide le parrocchie di Camposampiero<br />

e di Loreggia, denotando col nome <strong>la</strong> irrego<strong>la</strong>rità del suo<br />

corso , viene onorato dal Baratel<strong>la</strong> col c<strong>la</strong>ssico nome di Aragostus.<br />

Vi sentite di prendere sul serio le favolose etimologie del Baratel<strong>la</strong>?<br />

Per parte mia no certamente; dunque sempre « Campus Sancti Petri»<br />

mai Campetra, che è storpiatura del nome « Campus Sancti Petri» e nul<strong>la</strong><br />

piti.<br />

Alcuni anni or sono una società sportiva cittadina volle intito<strong>la</strong>rsi col<br />

nome di Campetra; ai baldi giovani auguro, nel nobile agone, fortune<br />

e trionfi maggiori di quelli del nome onde <strong>la</strong> società volle onorarsi.<br />

Né maggior serietà presenta il De MarchW) quando afferma che il<br />

nome di Camposampiero, dato dapprima al castello <strong>per</strong>ché fabbricato in<br />

un campo di proprietà del<strong>la</strong> chiesa di S. Pietro, in seguito fu esteso a<br />

tutto il paese; asserzione non suffragata da documenti e contraria a quel<br />

canone del<strong>la</strong> critica storica che insegna come i castelli non diedero il nome<br />

ai paesi ove sorsero, ma da essi lo assunsero.<br />

lo sono di avviso che origine e significato del nome Camposampiero si<br />

devano ricercare nell'etimologia del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> stessa. Ed infatti campus<br />

(5) GLORIA: Codice dipl. pad., VoI. I, pago 285.<br />

(6) OLIVIERI: Studi sul<strong>la</strong> toponomastica veneta, Città di Castello, Lapi 1914, pago 174.<br />

Muson, Musile, Musiletto, Musestre sono nomi che accennano a luoghi pantanosi.<br />

(1) Storia dei Camposampiero, pago 13.<br />

è voce di bassa <strong>la</strong>tinità e), non quindi propriamente c<strong>la</strong>ssica che significa:<br />

Locus p<strong>la</strong>nus et patens speciatim vero ager cultus fructuum <strong>per</strong>cipiendorum<br />

causa e), e giudico che tale nome sia stato attribuito al nostro<br />

paese verso il 1000 quando, divelti i boschi cresciuti in tutto il territorio<br />

padovano eO) durante le invasioni barbariche, il terreno fu messo a coltivazione.<br />

In tal caso <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> campus, applicata al nostro paese, implicitamente<br />

riflette le condizioni antecedenti del suolo che non era campus,<br />

ma luogo incolto e, <strong>per</strong> quello che si conosce, boschivo ed anche paludoso,<br />

esplicitamente riflette le condizioni susseguenti del suolo rispianato<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> distruzione dei boschi e ridotto a coltivazione, cioè a vero" terreno<br />

produttivo". Nel vasto campo delle ipotesi, vorrei dire col Manzoni,<br />

ve ne saranno di piti curiose, di piti sicure non credo.<br />

La specificazione "S. Pietro" assunta dal tito<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> pieve <strong>per</strong> distinguere<br />

il paese da altri vicini che avevano come base iniziale di loro<br />

denominazione <strong>la</strong> voce campo (11), non abbisogna di spiegazioni.<br />

In conclusione <strong>la</strong> toponomastica di Camposampiero nel<strong>la</strong> prima parte<br />

denota le condizioni del suolo, nel<strong>la</strong> seconda le condizioni religiose degli<br />

abitanti ed il titolo del<strong>la</strong> pieve.<br />

Per quanto sia antica l'origine del<strong>la</strong> nostra pieve, che una vetusta e<br />

leggendaria tradizione attribuisce a S. Prosdocimo propagatore del<strong>la</strong> fede<br />

e fondatore di un sacello sulle rive del Vandura dedicato a S. Pietro,<br />

prima cellu<strong>la</strong> del<strong>la</strong> futura pieve di Camposampiero (12), pure il suo nome<br />

appare nei documenti in epoca re<strong>la</strong>tivamente vicina e precisamente nel<strong>la</strong><br />

bol<strong>la</strong> di papa B. Eugenio III a Bonifacio vescovo di Treviso (1152)<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> quale quest'ultimo viene confermato nello spirituale dominio ((de<br />

Plebe Campi Sancti Petri cum suis <strong>per</strong>tinentiis"; è certo <strong>per</strong>ò che <strong>la</strong> bol<strong>la</strong><br />

di assegnazione ed i diplomi degli im<strong>per</strong>atori che concedevano l'investitura<br />

del feudo ai conti, documenti anteriori di almeno 100 anni, dove-<br />

(8) DUCANGE: Glossarium mediae et infimae <strong>la</strong>tinitatis, Voce: Campus.<br />

(9) FORCELLINI: Lexicon totius <strong>la</strong>tinitatis, Voce: Campus.<br />

(10) I nomi di parecchie località padovane accennano al<strong>la</strong> antica natura boschiva del<br />

suolo: Ronchi, Boscalto, Frassine, Carpanè, Albarel<strong>la</strong> ecc. «Per mancanza di braccia che<br />

li coltivassero imboschirono i campi e così nei monti come nel piano, boscaglie e selve<br />

d'ogni maniera d'alberi e macchie e spineti il fruttifero suolo ingombrarono. S'aggiungano<br />

i paduli ed i <strong>la</strong>guni formati qua e là dalle acque stagnanti, ricettatori di cannuccie, di<br />

giunchi, nido d'insetti fastidiosissimi, fucina d'esa<strong>la</strong>zioni pestifere da rendere insalubre<br />

l'aria piu pura ». GENNARI: Cambiamenti dei confini del padovano, pago 27.<br />

(11) Campoarcone, Campodarsego, Camposanmartino. L'Olivieri al<strong>la</strong> voce campus dà<br />

valore e significato gromatico, cioè di misurazione colonica, ed allora <strong>la</strong> sua applicazione<br />

a Camposampiero avrebbe origine e significato diverso. Preferisco <strong>la</strong> prima versione che<br />

è accettata anche dal Gloria. '<br />

(12) Il valore di questa tradizione è molto discutibile.<br />

25


vano contenere il nome di Camposampiero; disgraziatamente andarono<br />

<strong>per</strong>duti (13).<br />

È impossibile ricostruire <strong>la</strong> <strong>storia</strong> di Camposampiero nell'epoca romana<br />

se non si conoscono le vicende a cui andarono soggette <strong>la</strong> regione veneta<br />

e <strong>la</strong> città di Padova al cui agro Camposampiero sempre appartenne.<br />

Recenti sco<strong>per</strong>te archeologiche, fatte nel territorio, hanno messo fuor<br />

di dubbio <strong>la</strong> romanità del<strong>la</strong> nostra cittadina che, <strong>per</strong> tale motivo, deve<br />

ritenersi associata alle antiche vicende del<strong>la</strong> Venezia e di Padova.<br />

Questo è il motivo del<strong>la</strong> dissertazione seguente.<br />

I primitivi abitatori di quel<strong>la</strong> regione d'Italia, compresa fra le Alpi, il mare<br />

ed il vecchio corso dell' Adige, detta più tardi «<strong>la</strong> Venezia», furono gli<br />

Aborigeni: e 4 ) traccie di abitazioni <strong>la</strong>custri sco<strong>per</strong>te a Fimon, ad Arquà ed<br />

altrove stanno a dimostrare <strong>la</strong> loro presenza nel<strong>la</strong> regione veneta, fino da<br />

remota epoca.<br />

Per un fenomeno antico e costante, dovuto a molteplici ragioni, gli antichi<br />

popoli emigrarono da Oriente ad Occidente eS) incalzandosi, urtandosi e soppiantandosi<br />

a vicenda.<br />

Quindi agli Aborigeni si sovrapposero gli Euganei che, a detta di Plinio,<br />

possedettero trentaquattro castelli nel<strong>la</strong> nostra regione e 6 ), più tardi gli Euganei<br />

furono sopraffatti dai Veneti (17), verso 1'800 avo Cristo; questi abita-<br />

(13) UGHELLI: Op. cito ecc. - È bene avvertire che pieve di Camposampiero nel senso<br />

storico ed ecclesiastico è soltanto quel<strong>la</strong> soggetta al<strong>la</strong> giurisdizione del vescovo di Treviso,<br />

cioè quel<strong>la</strong> che impropriamente si dice parrocchia di S. Pietro, e lo prova con esplicite<br />

parole il citato documento di Eugenio III il quale non dice « Plebem S. Petri de Campo<br />

Sancti Petri» ma «Plebem Campi Sancti Petri» so<strong>la</strong>mente e semplicemente. - Veramente<br />

non mancano gli accenni a Camposampiero anteriore al diploma di Eugenio III.<br />

Il primo di essi ci viene fornito da un atto notarile, stipu<strong>la</strong>to il 15 Giugno 1117, nel quale,<br />

fra i testimoni, figura un certo Folco da Camposampiero, che, quantunque il documento<br />

non lo dica, fu membro del<strong>la</strong> famiglia dei nostri feudatari: «e <strong>per</strong> l'occasione di costui<br />

abbiamo in quest' anno <strong>la</strong> prima notizia di quel famoso luogo nell'istorie padovane di<br />

questo e di quell'altro secolo ». BRUNACCI: Storia ecclesiastica di Padova, voI. II, pago 707.<br />

Il nome Camposampiero con l'accenno, questa volta esplicito, ai nostri feudatari comparisce<br />

anche in un atto di donazione al Monastero di S. Croce di Camposion (Campcse)<br />

(1 luglio 1127), ove, tra i donatori, figura un Tiso signore di Camposampiero. «Il primo<br />

che sia dichiarato nelle nostre carte del<strong>la</strong> gran famiglia dei Camposampiero ». - BRUNACCI<br />

- Op. cit., VoI. II, pago 773.<br />

(14) Aborigeni, cioè abitanti ab origine, <strong>per</strong>ché <strong>la</strong> fantasia puerile li credeva nati dai<br />

tronchi degli alberi od usciti dal<strong>la</strong> terra.<br />

(15) L'Asia fu cul<strong>la</strong> del genere umano, di là partirono le emigrazioni.<br />

(16) PLINIO: Hi<strong>storia</strong> mundi, libro III, Capo 20. - Este, Asolo, Verona, ccc. dovettero<br />

appartenere ai 34 castelli enumerati da quello storico, il quale al<strong>la</strong> sua volta cita<br />

Catone il vecchio. Este fu <strong>la</strong> metropoli degli Euganei che <strong>la</strong>sciarono il nome ai suoi colli.<br />

(17) Il Ghirardini e il Momnsen ritennero i Veneti d'origine illirica, il padre De Cara,<br />

in uno studio pubblicato allni fa nel<strong>la</strong> Civiltà Cattolica, li fece derivare dagli Etheo-Pe<strong>la</strong>sgi.<br />

l\nche Tito Livio (Histor. libro I C. I) li fece derivare dagli illirici. Scimno, citato dal Fi-<br />

7.6<br />

l'ono il monte ed il piano, mentre gli Aborigeni e gli Euganei, <strong>per</strong> difendersi<br />

dai fiumi non arginati, dalle fiere e dai nemici, avevano costruito le loro abitazioni<br />

nel monte e nelle terremare.<br />

I Vene ti ebbero sempre rapporti di amistà e di cordiale intesa con i Romani,<br />

benché <strong>la</strong> pretesa consanguineità dei due popoli <strong>per</strong> via di Enea e di<br />

Antenore, sia una favo<strong>la</strong>. Anzi a questo proposito Polibio ricorda che nel<br />

390 avo Cl'. quando i Galli, dopo fortunati fatti d'armi, arrivarono alle mura<br />

di Roma e cinsero d'assedio <strong>la</strong> città, i Vene ti invasero l'Insubria costringendo<br />

i Galli ad abbandonare l'impresa ed a ti tornare nei loro paesi minacciati;<br />

l'aiuto, benché indiretto, tiusd ptezioso eS).<br />

Durante <strong>la</strong> prima guerra punica (264-241 avo Cr), i Veneti, a differenza<br />

degli altri popoli che pteseto le armi contro Roma ed in favore di Annibale,<br />

conservarono una benigna neutralità e, se è vero quanto racconta Silio Italico,<br />

nel<strong>la</strong> seconda guerra punica molti di essi caddero sui campi di Canne difendendo<br />

<strong>la</strong> causa di Roma (216 avo Cr.).<br />

Tenninata <strong>la</strong> seconda guerra punica (218-201. av. Cr.) i Veneti passarono<br />

a quell'atto di dedizione, che ad alcuni parve effetto di debolezza, ad altri di<br />

saggio accorgimento, ma che in sostanza fu una richiesta di protettorato, preceduta<br />

da convenzioni che assicuravano ai Veneti vantaggi molteplici.<br />

Poco dopo <strong>la</strong> dedizione i Romani fondarono <strong>la</strong> colonia di Aquileia (181<br />

av. Cr.) <strong>per</strong> difendere i confini del<strong>la</strong> nostra regione dalle incursioni dei Carni<br />

ed aprirono le famose vie conso<strong>la</strong>ri <strong>per</strong> attivare le comunicazioni con Roma eD).<br />

La dedizione del<strong>la</strong> Venezia e <strong>la</strong> conquista delle regioni abitate dai Galli assicurarono<br />

ai Romani il dominio dell'alta Italia denominata Gallia Transpadana.<br />

Padova diventò ben presto <strong>la</strong> città pili ragguardevole del<strong>la</strong> regione <strong>per</strong> numero<br />

di abitanti, <strong>per</strong> l'estensione del suo agro e <strong>per</strong> industria, commercio e<br />

ricchezza dei suoi cittadini.<br />

Il Gloria, prendendo argomento dai 120.000 soldati e l ) che Padova col suo<br />

agro poteva fornire, opina che 450.000 abitanti doveva contare Padova col<br />

territorio dipendente e <strong>la</strong> città circa 70.000, compresi i sobborghi.<br />

Le case erano, come quasi dap<strong>per</strong>tutto, di legno, i nobili abitavano nelle<br />

Uasi (Memorie storiche dei Velleti primi e secondi tomo 111 Capo 1) scrisse che i Vene ti<br />

possedevano cinquanta città nel<strong>la</strong> nostra regione.<br />

(18) POLI13IO: Hi<strong>storia</strong>rum quae su<strong>per</strong>sullt, Libro II C. 8.<br />

(19) SILlO I l'ALlCO: De secul1do bello punico, Libro III.<br />

(20) Le principali vie romane che hanno qualche attinenza col nostro territorio SOIlO:<br />

I - La F<strong>la</strong>minia con itinerario Roma, Rimini, Bologna, Padova, Strà, Altino, Concordia,<br />

Aquileia; nel territorio padovano essa prendeva il nome di Annia.<br />

II - La Postumia con <strong>per</strong>corso Roma, Genova, Piacenza, Vicenza, Friuli.<br />

III - La Aurelia da Padova ad Asolo e da Asolo a Feltre, Belluno.<br />

IV La Popilia, che rasentava l'estuario veneto.<br />

v - La Decumal1a (il nostro Desman), da quanto si crede, al<strong>la</strong>cciava ]'Annia con<br />

l'Aurelia e forsanche col<strong>la</strong> Postumia.<br />

Tutte queste strade furono costruite dai Romani dopo l'annessione del<strong>la</strong> Venezia.<br />

(21) Il Filiasi riduce <strong>la</strong> cifra a 20.000.<br />

27


centro mondiale d'infezione, propagatasl m tutti i paesi soggetti e 7 ), facilmente<br />

si comprenderà come <strong>la</strong> rovina di Padova, del suo agro e del<strong>la</strong> Venezia<br />

presto sia diventata estrema ed irreparabile.<br />

Scrive F<strong>la</strong>cco Siculo che ogni municipio, ogni colonia ed ogni prefettura<br />

avevano il loro agro, piti avanti detto territorio ed ora provincia; gli agri<br />

erano delimitati da confini naturali: fiumi, monti, colli; o da confini artificiali:<br />

cippi terminali o strade conso<strong>la</strong>ri. Dei confini dell'agro patavino a cui con altro<br />

nome Camposampiero appartenne, ho par<strong>la</strong>to piti addietro, come del numero<br />

approssimativo del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione, del<strong>la</strong> produzione del suolo e del<strong>la</strong> sua ricchezza.<br />

Poche <strong>la</strong>pidi rinvenute nei pressi di Camposampiero accennano a schiavi<br />

emancipati (27), indizio questo che, nell'epoca del<strong>la</strong> decadenza quando il <strong>la</strong>voro<br />

manuale fu reputato cosa indegna dell'uomo libero, <strong>la</strong> coltivazione del<strong>la</strong> terra<br />

fu affidata agli schiavi. Nell'agro patavino, come nell'estense, in epoche<br />

diverse trovarono stanza parecchie colonie e poiché questo argomento presenta<br />

molto interesse <strong>per</strong> il caso nostro, lo farò precedere da alcune notizie<br />

illustrative e 9 ).<br />

Anzitutto le colonie erano dichiarate e dedotte. Erano colonie dichiarate<br />

quelle costituite da popo<strong>la</strong>zione nata e cresciuta nel luogo, a cui il Senato attribuiva<br />

il titolo di colonia <strong>la</strong>tina, o quello ancora piti illustre di colonia romana;<br />

cosi <strong>la</strong> Venezia, nell'anno 88 prima di Cristo, fu dichiarata colonia<br />

<strong>la</strong>tina e 44 anni dopo diventò colonia romana.<br />

Altra cosa invece erano le colonie dedotte, costituite da popo<strong>la</strong>zione<br />

estranea trasportata da un luogo ove era troppo densa ad un luogo disabitato<br />

e che dava affidamento di produzione rimunerativa. Le colonie dedotte<br />

erano politiche, militari o miste; politiche se costituite da popo<strong>la</strong>zione civile,<br />

militari, se costituite da veterani legionari cui si assegnava in premio una<br />

certa quantità di terreno, miste, se costituite da elementi civili e militari.<br />

La fondazione di una colonia era consacrata da alcuni riti religiosi che<br />

brevemente riassumerò. Acquistato dallo stato il terreno <strong>per</strong> <strong>la</strong> colonia, i<br />

gromatici a mezzo del traguardo tracciavano nel<strong>la</strong> direzione verticale del territorio<br />

una linea che, partendo dal<strong>la</strong> città da cui dipendeva <strong>la</strong> colonia, andava<br />

al confine estremo di essa dividendo<strong>la</strong> in due parti (cardo maximus), il punto<br />

mediano del<strong>la</strong> linea era denominato umbilicus attraverso il quale tracciavano<br />

un'altra linea di direzione orizzontale (decumanus maximus), cosi che le due<br />

strade a<strong>per</strong>te in queste direzioni dividevano <strong>la</strong> colonia in quattro scompartimenti<br />

(:lO).<br />

Quindi l'Augure, vestito dei paludamenti sacerdotali, offerto il sacrificio<br />

(27) Gli storici romani elogiarono l'onestà austera dei costumi, <strong>la</strong> frugalità del<strong>la</strong> vita<br />

e <strong>la</strong> semplicità del vestito dei primitivi Vene ti.<br />

(28) A S. Maria di Non, Tavo, Limena e Curtarolo si rinvennero <strong>la</strong>pidi con iscrizioni<br />

re<strong>la</strong>tive a schiavi manomessi <strong>per</strong> servizi resi. Le iscrizioni sono riportate nelle o<strong>per</strong>e del<br />

Fur<strong>la</strong>netto e del Momnsen, e le <strong>la</strong>pidi sono custodite nei musei di Padova e di Este.<br />

(29) Le notizie che ora riferisco, le ho attinte dall'o<strong>per</strong>a piti volte citata del Legnazzi,<br />

che a sua volta le derivò dagli scritti di FIacco Siculo e di Marco Terenzio, illustrandole<br />

con gli studi speciali di autori, massimamente tedeschi.<br />

(30) Di solito il decumanus maximus ed il cardo maximus erano lunghi 30 piedi, .i<br />

cardini e decumani minori non oltrepassavano i 12 piedi di lunghezza.<br />

ed interrogato il volo degli uccelli ed il corso delle nubi, compiva <strong>la</strong> consanazione<br />

del<strong>la</strong> colonia e, collocatosi nell'umbilicus, (punto centrale), ritto,<br />

col<strong>la</strong> faccia rivolta verso l'oriente e le braccia distese da nord a sud, proc<strong>la</strong>mava<br />

citra <strong>la</strong> parte che gli stava di fronte, ultra quel<strong>la</strong> che gli stava dietro le spalle,<br />

citralus dexteratus quel<strong>la</strong> parte che gli stava di fronte a destra, citrCllus sinistratus<br />

quel<strong>la</strong> che gli stava di fronte a sinistra, ultratus dexteratus <strong>la</strong> parte che<br />

gli stava alle spalle a destra e ultratus sinistrCltus quel<strong>la</strong> che gli stava alle<br />

spalle a sinis tra.<br />

All'augure subentravano i mensores, i quali, completando il <strong>la</strong>voro dci<br />

gromatici, paralleli ed equidistanti dal cardine e dal decumano maggiore tiravano<br />

i cardini ed i decumani minori, paralleli ai cardini e decumani minori tiravano<br />

le calli, e paralleli a queste, i limiti che suddividevano le quattro parti del<strong>la</strong><br />

colonia con ordine decrescente in sClltus, in centurie, in sorti e finalmente in<br />

jugeri e l ); questi ultimi erano l'unità di misura delle sorti o appezzamenti<br />

assegnati ai singoli coloni che, a divisione ultimata, ne prendevano il possesso<br />

e 2 ).<br />

La colonia assumeva il nome di un im<strong>per</strong>atore, di un console o di un triumviro,<br />

i punti strategici erano muniti di fortificazioni (arces, castel<strong>la</strong>ria) ed il<br />

territorio era disseminato di are, di tombe e delimitato da statue del dio<br />

Termine.<br />

Il lettore non dimenticherà queste notizie che si renderanno utili quando<br />

parlerò del<strong>la</strong> colonia romana, molto probabilmente dedotta nel territorio camposampierino.<br />

E Camposampiero (con nome diverso s'intende) fu abitato nell' epoca<br />

romana? Sf, senza dubbio.<br />

Argomenti indiretti, ma non privi di valore, associati a prove storiche<br />

indiscutibili, conferiscono al<strong>la</strong> mia asserzione autorità <strong>per</strong>entoria e decisiva.<br />

Citerò alcune di queste prove.<br />

La presenza del<strong>la</strong> via romana Aurelia, che attraversava il nostro paese<br />

in direzione verticale, <strong>la</strong> vicinanza del<strong>la</strong> via DecumClna, con nome corrotto<br />

oggidf chiamata Desman e 3 ), <strong>la</strong> re<strong>la</strong>tiva vicinanza di Padova, metropoli<br />

del<strong>la</strong> Venezia, <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione dell' agro padovano cosf densa da escludere<br />

i luoghi disabitati, l'attestazione esplicita di storici posteriori, ma<br />

fondata su fatti innegabili e <strong>la</strong> grande quantità di ruderi seppelliti nel<br />

(31) Un jugero corrispondeva approssimativamente a mezzo campo trevlg1ano.<br />

(32) Anche l'insediazione dei coloni era accompagnata da certi riti; i coloni entravano<br />

in essa con ordine militare ad insegne spiegate ed il triumviro tracciava il primo solco<br />

con l'aratro trainato da un bue e da una vacca ecc.<br />

(33) Le strade furono le grandi arterie ove in tutti i tempi pulsò <strong>la</strong> vita umana; attorno<br />

ad esse si formarono i primi nuclei abitati.


alle colonie romane. Quindi possiamo immaginare le due strade <strong>la</strong>rghe<br />

trenta piedi (48), di struttura <strong>per</strong>fettamente rettilinea (salvo <strong>per</strong>ò qualche<br />

spostamento nell' Aurelia) e divise dalle campagne da robusti argini.<br />

Lungo le strade maestre, al<strong>la</strong> distanza di ogni miglio, possiamo immaginare<br />

due grandi colonne collocate l'una di fronte all'altra (cippi miliari)<br />

che indicavano al viaggiatore quanta strada aveva <strong>per</strong>corso e quanta ne<br />

restava da <strong>per</strong>correre e, vicino ai cippi, le edicole con <strong>la</strong> statua di Mercurio<br />

o di Ercole, protettori dei viandanti, che sostavano davanti alloro<br />

delubro, <strong>per</strong> rendere omaggio ed implorare il patrocinio.<br />

Di tratto in tratto, lungo <strong>la</strong> via Aurelia, dovevano sorgere edifici di colossali<br />

proporzioni, detti mansiones, destinati a ricoverare i viandanti<br />

sorpresi dal<strong>la</strong> notte e, ancora piti frequenti delle mansioni, le mutationes,<br />

grandi stalle con porticati e con abbeveratoi, <strong>per</strong> i cavalli di ricambio,<br />

che sostituivano quelli defatigati dal viaggio. Attorno alle mansiones ed<br />

alle mutationes, timide e modeste, facevano loro mostra alcune casipole<br />

di legno (prima cellu<strong>la</strong> del futuro pagus), mentre le ville dei patrizi, qua<br />

e là dis<strong>per</strong>se <strong>per</strong> <strong>la</strong> campagna, innalzavano <strong>la</strong> loro mole su<strong>per</strong>ba e fastosa.<br />

Nei punti strategici, all'incrocio delle strade, al guado dei fiumi,<br />

ai confini del<strong>la</strong> colonia sorgevano i castel<strong>la</strong>ri (49) quasi sentinelle <strong>per</strong>manenti<br />

a custodia di essa e dal<strong>la</strong> torre massiccia, con fuochi di notte, cor:<br />

fumo di giorno, davano le segna<strong>la</strong>zioni che si trasmettevano di castel<strong>la</strong>rio<br />

in castel<strong>la</strong>rio, e, nel momento del <strong>per</strong>icolo, chiamavano i coloni al<strong>la</strong> raccolta.<br />

Frequentissime erano nelle colonie le necropoli, piti tardi con nome<br />

cristiano dette cimiteri.<br />

Ritornando al<strong>la</strong> nostra colonia dirò che il Kandler, nel<strong>la</strong> <strong>per</strong>ticazionè<br />

aggiunta al suo studio, assegna ad essa 16 saltus, 400 centurie, 80.000<br />

iugeri di terreno, nell'attuale distretto di Camposampiero, in parte di<br />

quelli di Mirano, di Dolo e qualche cosa in quello di Padova eD).<br />

Il Zanon fa risalire <strong>la</strong> fondazione del<strong>la</strong> nostra colonia ad epoca di poco<br />

posteriore al 176 a.c. e 1 ) e, se ciò fosse vero, essa sarebbe quasi contemporanea<br />

al<strong>la</strong> dedizione del<strong>la</strong> Venezia (200 circa a.c.) ed al<strong>la</strong> fondazione<br />

del<strong>la</strong> colonia di Aquileia (180 a.c.); mancando qualsiasi documento<br />

(48) Tre piedi formano un metro lineare.<br />

(49) I castel<strong>la</strong>ri romani erano fortilizi che di solito avevano forma rotondeggiante e<br />

servivano di riparo agli abitanti del<strong>la</strong> colonia durante l'invasione del nemico. Alcuni di<br />

essi sussistono anche attualmente.<br />

(50) Il Kandler ed il Legnazzi illustrarono <strong>la</strong> nostra colonia con due carte geografiche,<br />

quel<strong>la</strong> di Kandler si trova unita allo studio sul<strong>la</strong> colonia patavina, nel<strong>la</strong> Bib!. Civ. di Padova,<br />

quel<strong>la</strong> del Legnazzi, diretta ad illustrare pili che altro il Gratico<strong>la</strong>to, è custodita<br />

nel gabinetto di Geodesia del<strong>la</strong> R. Università di Padova, sotto il numero XXI.<br />

(51) Romanità del territorio Cittadellese, pago 54, nota 141.<br />

re<strong>la</strong>tivo all'avvenimento, credo che altre ipotesi con eguale probabilità si<br />

potrebbero avventurare.<br />

È noto infatti come gli storici romani accennino a deduzioni di colonie,<br />

senza precisarne il numero, l'epoca e il luogo assegnato.<br />

D'altra parte si sa ancora che allorquando una ca<strong>la</strong>mità pubblica (guerra,<br />

peste, carestia, inondazioni), decimava <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione di un luogo,<br />

quando <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione di una regione, diventata troppo densa richiedeva<br />

un po' di sfol<strong>la</strong>mento, e quando i soldati ritornati dal<strong>la</strong> guerra si ammassavano<br />

in Roma o nel territorio, costituendo un <strong>per</strong>icolo <strong>per</strong> <strong>la</strong> pubblica<br />

tranquillità, lo stato provvedeva a questi bisogni ed ovviava a questi<br />

inconvenienti col<strong>la</strong> fondazione di nuove colonie, dedotte in tutti i tempi<br />

sotto <strong>la</strong> repubblica, sotto l'im<strong>per</strong>o, e <strong>per</strong>sino all'epoca del<strong>la</strong> decadenza e 2 ).<br />

È facile quindi comprendere come, allo stato attuale delle cose, nessuna<br />

risoluzione decisiva può essere portata sull'argomento finché una<br />

iscrizione, ora rinserrata nel grembo avaro del<strong>la</strong> terra, non venga a determinare<br />

con dati positivi l'epoca di fondazione del<strong>la</strong> nostra colonia:<br />

quod est in votis.<br />

Da questi problemi, sui quali <strong>la</strong> <strong>storia</strong> non ha ancora pronunciato<br />

l'ultima paro<strong>la</strong>, altri ne rampol<strong>la</strong>no, non privi certamente d'importanza,<br />

e, fra questi, quello che risponde al<strong>la</strong> domanda, se prima del<strong>la</strong> fondazione<br />

del<strong>la</strong> colonia il territorio di Camposampiero fosse abitato; a tale quesito<br />

potrà soltanto rispondere una serie di scavi condotti con piano rego<strong>la</strong>re<br />

in tutto il territorio e sarà evidente che, se il materiale estratto presenterà<br />

caratteri antiromani, antiromana sarà anche <strong>la</strong> località. E ancora un<br />

altro problema si affaccia, che presso a poco si enuncia con queste parole:<br />

Si può, con certezza tale che escluda ogni contraria opinione, provare<br />

l'esistenza di una colonia romana nell'agro camposampierino? Ecco,<br />

finora le prove favorevoli sono molteplici, non <strong>per</strong>ò tali da escludere assolutamente<br />

ogni dubbio contrario.<br />

(52) Il Zanon nell'o<strong>per</strong>etta citata arguisce l'esistenza di una colonia romana nel territorio<br />

di Cittadel<strong>la</strong>, altri provarono l'esistenza di una colonia nell'alto trevigiano ed altri<br />

ancora nel territorio cenedese.<br />

Sull'epoca di deduzione del<strong>la</strong> nostra colonia non si possono avanzare che ipotesi, fra<br />

le quali presenta qualche indizio di probabilità quel<strong>la</strong> seguita anche dal Kandler, che <strong>la</strong><br />

farebbe risalire fra il 42 ed il 31 a.c., cioè fra <strong>la</strong> battaglia di Filippi e quel<strong>la</strong> di Azio e<br />

<strong>la</strong> vorrebbe fondata dall'im<strong>per</strong>atore Augusto, a8Sieme a molte altre di carattere politico<br />

e militare stanziate nel<strong>la</strong> regione veneta.<br />

Del resto anche i successori di Ottaviano Augusto, immediati e lontani, dedussero colonie<br />

nel<strong>la</strong> regione veneta, onde il problema dell'epoca di fondazione va sempre pili<br />

complicandosi.<br />

Finora nessuna moneta del<strong>la</strong> repubblica fu rinvenuta nel sottosuolo, sono abbastanza<br />

frequenti invece le monete dell'epoca im<strong>per</strong>iale e ciò starebbe a dimostrare che <strong>la</strong> fondazione<br />

avvenne sotto l'im<strong>per</strong>o.<br />

37


Infatti le prove in favore del<strong>la</strong> tesi coloniale (mancando i documenti<br />

scritti) sono soltanto presuntive e fondate sul<strong>la</strong> rego<strong>la</strong>rità del sistema<br />

stradale e sul<strong>la</strong> corrispondenza dei quadrati del Gratico<strong>la</strong>to con <strong>la</strong> centuria<br />

romana, indizi sicuri, dicono i sostenitori del<strong>la</strong> tesi, di ripartizione<br />

coloniale romana. Il secondo argomento è costituito dai ruderi nascosti<br />

nel sotto suolo e dai nomi che, ancora oggidf, alcune località conservano.<br />

Contro tali argomenti gli oppositori del<strong>la</strong> tesi coloniale, <strong>per</strong> i quali<br />

lo stato di conservazione del Gratico<strong>la</strong>to dopo tante vicende è un mistero<br />

inesplicabile, obiettano che <strong>la</strong> divisione dei terreni in quadratelli ed il<br />

tracciamento delle vie parallele in senso orizzontale e verticale e l'antica<br />

quadripartizione del suolo secondo linee parallele alle pIaghe del cielo<br />

continuarono a praticarsi anche nel <strong>per</strong>iodo barbarico e nel medio evo e 3 ).<br />

In quanto ai ruderi, ai nomi ed altre tracce di romanità, gli oppositori<br />

osservano che queste cose abbondano anche oltre i confini del<strong>la</strong> supposta<br />

colonia, mentre spesso scarseggiano nel territorio di essa (54).<br />

(53) LORENzI: Studi sui tipi antropogeografici del<strong>la</strong> pianura padana, pagina 100, nota<br />

(2), Firenze 1914.<br />

Stanno adunque in favore del<strong>la</strong> romanità del Gratico<strong>la</strong>to queste prove:<br />

I - La divisione dei terreni a scacchiere coi quadrati corrispondenti nel<strong>la</strong> misura alle<br />

centurie romane ed il tracciamento rettilineo delle strade, o<strong>per</strong>e che suppongono un <strong>la</strong>·<br />

voro prestabilito ed anteriore all'insediamento degli abitanti, come avveniva nel<strong>la</strong> formazione<br />

delle colonie romane.<br />

II - I ruderi romani disseminati nel sottosuolo del territorio del Gratico<strong>la</strong>to stesso,<br />

piu che tutto il loro carattere uniforme e rustico; il primo li dimostra come appartenenti<br />

ad una so<strong>la</strong> epoca ed una so<strong>la</strong> emigrazione, il secondo denota <strong>la</strong> condizione povera degli<br />

abitanti e tale doveva essere una popo<strong>la</strong>zione coloniale.<br />

III - I nomi di alcuni paesi, come Borbiago, Caltana, Desmano, Loreggia, Marano,<br />

Mirano, Reschigliano, Perarolo, Stigliano, Zeminiana ecc.; in generale sono d'origine roma·<br />

na i nomi che hanno <strong>la</strong> desinenza in anus.<br />

Contro <strong>la</strong> ipotesi del<strong>la</strong> colonia sta il fatto inesplicabile del<strong>la</strong> <strong>per</strong>fetta conservazione<br />

del Gratico<strong>la</strong>to dopo oltre 1500 anni di sua costruzione, dei quali i primi 1000 furono di<br />

abbandono, di spopo<strong>la</strong>mento, di distruzione e di profondi cangiamenti avvenuti nel soprasuolo<br />

che fu occupato da boschi e da paludi.<br />

Quando poi si pensa che del<strong>la</strong> Postumia, del<strong>la</strong> Annia e dell'Aurelia, vie conso<strong>la</strong>ri selciate<br />

e sollevate come argine sopra il circostante terreno, non resta che qualche debole ed<br />

incerta traccia di loro <strong>per</strong>correnza e di loro esistenza, si stenta a credere che le assai mi·<br />

nori strade del Gratico<strong>la</strong>to abbiano sorpassato vittoriose il lungo e disastroso <strong>per</strong>iodo di<br />

tempo che va dal 410 al 1200, cioè dalle invasioni barbariche fino all'epoca comunale in<br />

cui qualche cosa si cominciò a fare a beneficio del<strong>la</strong> pubblica viabilità; né si può spiegare<br />

<strong>la</strong> loro sopravvivenza ed il loro stato di conservazione che ammettendo una lunga e<br />

non interrotta serie di <strong>la</strong>vori di restauro, svoltasi nel corso di tanti secoli.<br />

Stando cosi le cose è da augurarsi che una qualche iscrizione, ora rinserrata nelle viscere<br />

del<strong>la</strong> terra, dia il definitivo responso sul<strong>la</strong> romanità del Gratico<strong>la</strong>to e del<strong>la</strong> colonia<br />

come i ruderi, che dap<strong>per</strong>tutto si rinvengono, lo hanno dato ed esauriente sul<strong>la</strong> romanità<br />

del territorio. .<br />

(54) Alcuni oscuri accenni dello Scardeone (De Antiquitate Patavii pago 279) (',) a<br />

("') Dopo l'accenno all'a<strong>per</strong>tura o meglio sistemazione del<strong>la</strong> via Padova - Camposampie-<br />

Ed ora mi si acconsenta di riferire un ricordo <strong>per</strong>sonale.<br />

Nel<strong>la</strong> primavera del 1920, mentre attraversavo un campo poco discosto<br />

dal cimitero di Camposampiero, fui colpito dal<strong>la</strong> vista di alcuni<br />

cocci qua e là disseminati sopra il terreno di fresco smosso dall'aratro;<br />

ne raccolsi alcuni, li esaminai e li confrontai mentalmente con altri simili<br />

veduti nei musei di Padova e di Este e mi parvero uguali.<br />

<strong>la</strong>vori di a<strong>per</strong>tura e di correzione nelle strade del territorio camposampierino ordinati da<br />

Ubertino da Carrara (1341-1345), farebbero sorgere qualche dubbio sul<strong>la</strong> romanità del<br />

Desman e del Gratico<strong>la</strong>to.<br />

Notisi <strong>per</strong>ò che lo Scardeone nello stesso <strong>per</strong>iodo afferma che Ubertino da Carrara<br />

nel 1343 apri <strong>la</strong> via da Padova a Camposampiero, mentre ognuno sa che <strong>la</strong> via Aurelia<br />

preesisteva da oltre mille anni.<br />

Sembra quindi che nell'uno e nell'altro caso non si tratti di costruzione ex novo,<br />

ma di <strong>la</strong>vori di riparazione e di correzione, resi necessari da seco<strong>la</strong>re trascuratezza, che<br />

non dovettero essere gli unici e tanto meno i primi; questa versione spiegherebbe l'ottimo<br />

stato di conservazione in cui oggidi trovansi il Desman ed il Gratico<strong>la</strong>to. Stato di<br />

<strong>per</strong>fetta conservazione che impressionò il Lombardini (Studi idrologici storici ecc. in Memorie<br />

1st. Lombardo, pagina 73. 1869), e lo indusse ad attribuire <strong>la</strong> divisione dei terreni<br />

in parcelle eguali ed il tracciamento rettilineo delle strade del Gratico<strong>la</strong>to a <strong>la</strong>vori di bonifica<br />

avvenuti contemporaneamente al<strong>la</strong> diversione del Muson torrente (1612); ma nessun<br />

documento dell'epoca accenna ad o<strong>per</strong>e di prosciugamento eseguite in quel<strong>la</strong> zona ed<br />

in quel tempo, e d'altra parte nessuna re<strong>la</strong>zione può correre fra il Muson torrente, canale<br />

di scarico e non di scolo, e <strong>la</strong> presunta bonifica.<br />

Senza dire che, pur accettando l'opinione del Lombardini, resta insoluto il problema<br />

del Desman che quale località, con nome derivato dal<strong>la</strong> strada, apparisce nel Codice Capodilista<br />

(secolo XII) e nelle poesie del Baratel<strong>la</strong> (Ecatometrologia), mentre come strada,<br />

il Desman figura tracciato nelle vecchie tavole geografiche del territorio padovano ed è<br />

ricordato due volte nel Codice Carrarese, Rubrica IV «De viis publicis etc.» ai Capi<br />

627 e 776.<br />

In tanta oscurità di cose solo questo si può asseverare intorno al<strong>la</strong> romanità del<strong>la</strong> colonia,<br />

del Gratico<strong>la</strong>to, del Desman e del territorio camposampietino.<br />

I - Che l'ipotesi di una colonia romana stanziata sul nostro e sul vicino territorio, coi<br />

fO (1343) eseguita da Ubertino da Carrara, lo Scardeone così prosegue: «Coeterasque<br />

(vias) <strong>per</strong> eos fines obliquas et intercoeptas certa spacii dimensione a<strong>per</strong>uit et correxit» (De<br />

Antiquitate Patavii, pago 179), dove le parole <strong>per</strong> eos fin es e certa spacii dimensione<br />

sembrano alludere alle <strong>la</strong>rghe parallele ed equidistanti del Gratico<strong>la</strong>to e vicine a Camposampiero<br />

mentre le parole coeterasque, intercoeptas, correxit accennerebbero piuttosto a<br />

rimaneggiamento di vecchie vie preesistenti che a vera e propria costruzione.<br />

Si tenga presente anche che lo Scardeone fu parroco prima di S. Eufemia di Borgoricco<br />

e <strong>per</strong> 40 anni di Murelle, paesi situati nel<strong>la</strong> <strong>per</strong>iferia del Gratico<strong>la</strong>to, ed in epoca lontana<br />

150 anni dai <strong>la</strong>vori eseguiti, onde ancor vivo nel popolo doveva essere il ricordo, ed<br />

attendibile quindi riesce <strong>la</strong> testimonianza dello Scardeone.<br />

Il Gattari, il Vergerio, il Portenari, l'Orsato ed il Salomon non fanno alcun cenno di<br />

questi <strong>la</strong>vori ed il Cittadel<strong>la</strong> nel<strong>la</strong> Storia del<strong>la</strong> dominazione Carrarese, traducendo troppo<br />

sobriamente lo Scardeone, scrive che Ubertino corresse e riparò le vie campestri ed altre ne<br />

aprì di nuove, mentre il Codice ms. «Gesta magna inclytae domus Carrariae, Padova,<br />

Museo Civico B. P. 746 scrive che «Ubertinus fieri fecit strata de Campo Sancti Petrt<br />

ed alia <strong>la</strong>boreria multa incoavit» e nul<strong>la</strong> piu.<br />

Che l'inesplorato archivio dei Papafava, nei documenti riguardanti <strong>la</strong> dominazione<br />

Carrarese, possa riservare qualche poco gradita sorpresa ai sostenitori del<strong>la</strong> romanità del<br />

Gratico<strong>la</strong>to, non sarebbe cosa improbabile.<br />

39


Recatomi in casa del <strong>la</strong>voratore di quel campo, appresi con meraviglia<br />

che tutto l'appezzamento, al<strong>la</strong> profondità di 40 o 50 centimetri, abbondava<br />

di quadroni, di tegole e di materiale <strong>la</strong>terizio svariato, COS1 da renderne<br />

impossibile <strong>la</strong> <strong>la</strong>vorazione e da comprometterne i raccolti negli anni<br />

di siccità. Le parole del buon contadino trovarono <strong>la</strong> loro conferma nel<br />

confronto tra <strong>la</strong> vegetazione stentata e nana di quel campo, con quel<strong>la</strong><br />

piti rigogliosa dei vicini, e nel nome stesso di pe,zza del<strong>la</strong> pria, col quale,<br />

da epoca immemorabile, era conosciuto.<br />

Al colloquio partecipò un vecchietto del<strong>la</strong> contrada, baldo di portare<br />

con sé <strong>la</strong> voce del<strong>la</strong> antichità, del<strong>la</strong> tradizione e del<strong>la</strong> leggenda popo<strong>la</strong>re<br />

e, senza bisogno di tante domande, mi raccontò che Camposampiero una<br />

volta era grande città, che si estendeva da S. Giustina in Colle a Massanzago,<br />

che questa città era stata distrutta dal re (sic!) Zalin (Ecelino),<br />

che nel campo da me osservato, in tempi antichi sorgeva un duomo,<br />

che sotterra era stato sepolto un Crocifisso con una certa quantità d'oro,<br />

<strong>per</strong>ché nottetempo si vedevano alzarsi dal suolo delle fiammelle di color<br />

giallognolo, segno questo, aggiunse il buon vecchio, di tesoro nascosto,<br />

A piti precise interrogazioni mi raccontò che qualche anno fa, eseguendo<br />

degli scavi, sotto di una pietra quadrata si trovò una pignatta,<br />

distrutta dai contadini, <strong>per</strong>ché invece di oro, l'avevano trovata piena di<br />

carbone, di cenere e di ossa frantumate eS).<br />

Da ulteriori informazioni assunte venni poi a conoscere che in altre<br />

località del paese si disseppellivano quadri di terra cotta, tegoloni, oggetti<br />

di ferro, ceneri e carboni in quantità. Onde, infervorato da tali notizie,<br />

impresi una escursione archeologica attraverso il paese e, richieste<br />

ed avute notizie, ritornai a casa col<strong>la</strong> convinzione che non meno di<br />

cinquanta località paesane abbondavano di ruderi. Il numero addirittura<br />

impressionante è tale da escludere non soltanto qualsiasi dubbio del<strong>la</strong> romanità<br />

di Camposampiero, ma piuttosto da costringere ad ammettere <strong>la</strong><br />

sua importanza in quell'epoca remota e <strong>per</strong> noi oscura.<br />

Sottopongo ai miei lettori <strong>la</strong> recensione di quanto rinserra nelle sue<br />

confini tracciati dal Kandler e dal Legnazzi, oggidi è una congettura campata su ragioni<br />

ideali, ma con qualche fondamento sul<strong>la</strong> realtà,<br />

II - Che l'ipotesi di una colonia romana ristretta ai soli confini del Gratico<strong>la</strong>to presenta<br />

maggiori titoli di probabilità,<br />

III - Che <strong>la</strong> romanità del Desman ha fondati indizi di certezza,<br />

IV - Che <strong>la</strong> esistenza di abitazioni e di abitanti nel nostro territorio, all'epoca dell'im<strong>per</strong>o<br />

romano, è cosa fuori di discussione; di ciò mancano, è vero, le prove scritte, ma<br />

havvi <strong>per</strong> compenso un archivio di <strong>per</strong>entorio valore costituito dai ruderi che dovunque<br />

si rinvengono in tutto il sottosuolo camposampierino,<br />

(55) Evidentemente si trattava di una urna cineraria,<br />

viscere il nostro suolo e parlo soltanto di ciò che finora risultò da movimenti<br />

accidentali di terra, essendo evidente che nuove sco<strong>per</strong>te emergeranno<br />

da una serie razionale di scavi.<br />

Dal<strong>la</strong> esposizione si comprenderà che, se gli oggetti archeologici non<br />

sono preziosi <strong>per</strong> <strong>la</strong> materia onde sono composti e <strong>per</strong> l'arte con cui furono<br />

eseguiti, <strong>per</strong> compenso sono oltremodo abbondanti e 6 ).<br />

Nei pressi del molin novo trent'anni fa si rinvennero tre tombe arcosolio<br />

contenenti i resti del<strong>la</strong> cremazione dei cadaveri; le tombe furono<br />

distrutte e il materiale convertito ad altro uso.<br />

Nel<strong>la</strong> stessa località venne al<strong>la</strong> luce una lunga tomba, divisa a scompartimenti<br />

con entro i resti del rogo; di questa sussistono alcune tracce,<br />

Vicino alle tombe si trovarono, e si trovano ancora, gran quantità di<br />

cocci appartenenti ad urne cinerarie, alcune <strong>la</strong>vorate, altre semplici e rozze,<br />

di terracotta rossiccia nera.<br />

Nel<strong>la</strong> stessa località si possono scorgere, mezzo metro sotto il suolo,<br />

gli avanzi di una massiccia fondazione quadrango<strong>la</strong>re di <strong>la</strong>rga su<strong>per</strong>ficie.<br />

Il contadino che l'ha sco<strong>per</strong>ta mi disse d'aver trovato le fondamenta di<br />

un campanile!<br />

In moltissimi luoghi, a profondità che oscil<strong>la</strong> fra i 50 ed i 60 centimetri,<br />

si trovano avanzi di tombe a cassetta formate di embrici a limbello<br />

di color giallognolo e di im<strong>per</strong>fetta cottura; sono questi i ruderi piti<br />

diffusi in tutto il territorio.<br />

In sei località, fino ad oggi, si sono ritrovate fondamenta di murazzi<br />

di lunghezza e <strong>la</strong>rghezza differente; tre di esse attraversano il letto del<br />

Muson e del Vandura, indizio che l'alveo dei nostri corsi d'acqua fu deviato<br />

dal<strong>la</strong> primitiva direzione.<br />

Non mancano le tracce di antichi pozzi riempiti e co<strong>per</strong>ti di terra; in<br />

alcune località, a profondità varia, mesco<strong>la</strong>ti al<strong>la</strong> rinfusa in un impasto<br />

untuoso di terriccio nerastro, si rinvengono cocci di fittili di differente<br />

quali tà (embrici, anfore, urne cinerarie), ossa umane e di animali, ceneri,<br />

carboni; il genere e <strong>la</strong> varietà del materiale, nonché <strong>la</strong> sua collocazione<br />

(56) Non ho potuto es<strong>per</strong>ire indagini nel centro del paese, <strong>per</strong>ché l'area occupata,<br />

smossa e sconvolta <strong>per</strong> far orti e giardini, rendeva infruttuose le ricerche, Del resto <strong>la</strong> sco<strong>per</strong>ta<br />

fatta nel 1842, piti addietro riferita, e certi cocci qua e là raccolti, dimostrano che<br />

anche nel centro del paese vi erano abitazioni. L'unica località mancante di ruderi è <strong>la</strong><br />

cosidetta Risaia che anticamente dovette essere tutta una selva, <strong>per</strong>ché sotterra si rinvengono<br />

alberi interi, tronchi e radici quasi carbonizzate, Una moneta dell'im<strong>per</strong>atore Adriano<br />

(117-138 d, Cr.), un pugnale corroso ed un orciuolo di creta, rinvenuti in questi<br />

ultimi giorni proprio nel centro del paese, comprovano che anche questa località era<br />

abitata,


saltuaria, farebbero comprendere che fu ivi accidentalmente trasportato.<br />

Ho ritrovato anche tre p<strong>la</strong>tee di pietra cotta tutte d'un pezzo di grosso<br />

spessore e di notevoli proporzioni, che avranno servito da selciato, da<br />

pavimento a fornaci o forse anche saranno state are crematorie.<br />

Qualche anno fa alcuni contadini, scavando il terreno, sotto di una<br />

grossa pietra, hanno trovato un'urna cineraria, subito distrutta, già si<br />

capisce <strong>per</strong>ché non conteneva denaro, ma cenere e carbone, vicino all'urna<br />

stavano alcune ampolle vagamente colorate (dovevano contenere unguenti<br />

ed aromi), queste furono conservate e rega<strong>la</strong>te ad un ufficiale nell'ultima<br />

guerra.<br />

Sono abbastanza frequenti i sotterranei a tutto sesto; rare invece finora<br />

furono le monete ritrovate e rarissime le fondazioni di case, cosa<br />

spiegabile poiché, a detta di Strabone, Ravenna stessa e buona parte<br />

di Padova avevano case di legno.<br />

Frequenti sono gli strati di carbone e di cenere talvolta mesco<strong>la</strong>ti a<br />

materiale <strong>la</strong>terizio e ristretti in piccole zone, ta<strong>la</strong>ltra disseminati in lunga<br />

e <strong>la</strong>rga su<strong>per</strong>ficie; indizi di distruzione violenta avvenuta <strong>per</strong> o<strong>per</strong>a del<br />

fuoco appiccato nel primo caso alle abitazioni, nel secondo alle selve e 7 ).<br />

Alcuni contadini di Rustega mi assicurarono di aver ritrovato delle<br />

marmitte di bronzo, forse saranno state cistae oppure situ<strong>la</strong>e, che i Romani<br />

e gli antichi Vene ti usavano <strong>per</strong> custodire e rinchiudere le urne<br />

cinerarie.<br />

Alcune pietre cotte portano <strong>la</strong> marca figulina degli antichi fornacatores<br />

e Q. Arrius, C. Aen. Carminius, C. Sairius, Poni (Laeponi) sono le pili<br />

comuni (58).<br />

Come risulta dal prospetto, il materiale nascosto nelle viscere del<strong>la</strong><br />

terra, se non è prezioso è abbondante e vario e non privo d'interesse,<br />

confrontato poi con quello dei vicini paesi e studiato nei partico<strong>la</strong>ri caratteri<br />

potrebbe costituire un'altra prova in favore del<strong>la</strong> colonia; ed è certo<br />

che <strong>la</strong> forma delle tombe semplice e rude comprova che <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione<br />

era povera, come doveva essere una popo<strong>la</strong>zione coloniale.<br />

Finora una so<strong>la</strong> <strong>la</strong>pide romana fu ritrovata nel territorio di Camposampiero,<br />

con questa iscrizione muti<strong>la</strong>ta: (59).<br />

(57) I carboni e le ceneri molte volte provengono dal<strong>la</strong> combustione dei cadaveri e del<strong>la</strong><br />

legna stessa che aveva servito al<strong>la</strong> cremazione i cui residui si sotterravano sopra il sepolcro;<br />

in questo caso il terreno carbonioso è detto terreno di rogo.<br />

(58) Queste ed altre marche figuline, che <strong>per</strong> abrasione di qualche lettera non si possono<br />

rilevare, sono comuni in tutto il territorio del<strong>la</strong> colonia, e sono citate dal Momnsen<br />

e dal Legnazzi.<br />

(59) MOMNSEN: Corpus Inscrip. Lat., Tomo V, 2904.<br />

...... AEBIUS .... .<br />

.... BIUS. SEC ... .<br />

. ....... D ....... .<br />

Come ho avvertito pili avanti, le sco<strong>per</strong>te effettuate non furono frutto<br />

di scavi metodici e razionali, ma dovute a <strong>la</strong>vori agricoli, ed a movimenti<br />

accidentali di terreno, onde <strong>la</strong>vorando il sotto suolo con migliori criteri,<br />

pili abbondanti, pili interessanti e forse anche pili preziosi saranno i risultati<br />

(60).<br />

E <strong>la</strong> mia opinione non è campata in aria. Camposampiero, come gli altri<br />

paesi dell'agro patavino, fu distrutto dal<strong>la</strong> furia devastatrice dei barbari<br />

riversatisi nel<strong>la</strong> regione veneta; in quei momenti di estremo <strong>per</strong>icolo,<br />

quando il nemico avanzava col<strong>la</strong> spada e col fuoco, i miseri abitanti<br />

nel prender <strong>la</strong> via del profugato dovettero portare con sé quanto era<br />

possibile, e, quanto non poterono portare, nascosero sotto terra confortati<br />

dal<strong>la</strong> s<strong>per</strong>anza di ricu<strong>per</strong>are le suppellettili nel di del ritorno. Ma<br />

questo non venne, <strong>per</strong>ché nuovi barbari apparvero e Visigoti, Vandali,<br />

Svevi, Borgognoni, Unni, Eruli, Ostrogoti, Greci, Longobardi, Franchi<br />

ed Ungheri, gli uni dopo gli altri si gettarono nelle nostre contrade ado<strong>per</strong>ando<br />

il ferro contro le <strong>per</strong>sone, il fuoco contro le case, l'esterminio<br />

contro tutto. In tali condizioni i paesi furono abbandonati e dove erano<br />

abitazioni apparve il rovo, dov'erano terreni coltivati stagnarono le paludi<br />

e crebbero fitte le selve, dove era <strong>la</strong> vita, ivi il deserto e <strong>la</strong> morte<br />

stesero il loro dominio.<br />

E concludendo dirò che se <strong>la</strong> mancanza di qualsiasi oggetto dell'epoca<br />

litica o dell'età del bronzo e se le condizioni del nostro territorio, anticamente<br />

solcato da corsi d'acqua non frenati da argini, escludono l'ipotesi<br />

che Euganei o Veneti abbiano popo<strong>la</strong>to Camposampiero, d'altra parte<br />

<strong>la</strong> presenza di abbondanti ruderi so<strong>la</strong>mente romani e di carattere povero<br />

ed unif,orme ancor pili accreditano l'ipotesi che, in epoca non ancora<br />

precisata, una colonia romana sia stata quivi dedotta.<br />

Chiudo questi cenni ricordando nuovamente che Camposampiero anticamente<br />

non godeva l'attuale nome, ma un altro a noi ignoto; aggiungo<br />

che non aveva nemmeno gli attuali confini e l'attuale configurazione; i<br />

(60) Finora i ruderi del nostro territorio si sono rinvenuti ad una profondità che varia<br />

dai 40 ai. 60 centimetri <strong>per</strong> cui riusd facile all' aratro il raggiungerli, lo sconvolgerli e<br />

frantumarh nel <strong>la</strong>voro pluriseco<strong>la</strong>re. Ad Este, Padova e altrove bisogna invece discendere<br />

a due, tre e quattro metri <strong>per</strong> trovare i ruderi, i quali, poiché piti profondi si trovano<br />

in ottimo stato di conservazione.<br />

43


uderi che si rinvengono con maggior frequenza, in mezzo al<strong>la</strong> campagna<br />

ed a qualche distanza del caseggiato, lo insegnano. Lo spostamento del<br />

piano originario di Camposampiero avvenne verso il 1000, nell'epoca<br />

cioè del suo risorgimento, quando apparve il castello e con esso il feudo<br />

e i feudatari.<br />

Forse pili che il vicus o pagus individuato e distinto, come lo insegna<br />

<strong>la</strong> collocazione dei ruderi, Camposampiero fu località molto estesa composta<br />

di raggruppamenti di case lungo <strong>la</strong> linea S. Giustina, Massanzago<br />

con qualche deviazione e a mezzo di (61). Giudico che il centro sia stato<br />

là dove pili abbondanti si trovano i ruderi, cioè a nord-est dell'attuale<br />

cimitero.<br />

E riassumendo questo studio in poche parole dirò nuovamente che, se,<br />

allo stato attuale delle cose, non si può assegnare a Camposampiero origine<br />

preromana, è <strong>per</strong>ò incontrastabile che esso esistette all'epoca del<strong>la</strong><br />

dominazione romana e, con molta probabilità, fu parte di una colonia<br />

quivi stanziata in epoca ancora ignota.<br />

Con Roma, diventata caput mundi, e coll'Italia, diventata donna di<br />

città e di regni, Camposampiero divise modestamente le gioie, i trionfi<br />

e le glorie; con Roma, con l'Italia condivise dolori ed ignominie in un'epoca<br />

triste, allorché, come scrisse il Leopardi « i gotici brandi discesero<br />

a spezzare le romane indite mura, e l'italica virtude giacque rovina immensa<br />

».<br />

Risorse da lungo letargo quando nel secolo XI, attraverso alle buie<br />

tenebre medievali, apparvero gli albori di una nuova vita e, sopra le rovine<br />

dei barbarici regni crol<strong>la</strong>ti, nacque il Comune, magnifica rifioritura<br />

del diritto <strong>la</strong>tino compresso ma non distrutto, nascosto sotto le ceneri,<br />

ma non estinto, che, quale fuoco sacro, gelosamente custodito sotto le<br />

rovine accumu<strong>la</strong>te da tanti secoli, si ridestò e mandò <strong>la</strong>mpi e bagliori,<br />

che divamparono <strong>per</strong> tutta l'Italia.<br />

(61) Si capisce che vi è un fondamento di verità nel<strong>la</strong> leggenda popo<strong>la</strong>re, ripetuta dai<br />

nostri vecchi, che Camposampiero era una grande città da Santa Giustina a Massanzago.<br />

44<br />

II<br />

<strong>CAMPOSAMPIERO</strong><br />

DALLA CADUTA DELL'IMPERO ROMANO<br />

AL 1000


SOMMARIO: Le invasioni barbariche. - Origine di Venezia. - Vicende di Padova e di<br />

Camposampiero durante <strong>la</strong> dominazione longobarda. - La Marca Trevisana. - Il<br />

feudalismo. - Albori di vita nuova.<br />

Arrivato a questo punto non posso nascondere al lettore <strong>la</strong> difficoltà<br />

nel<strong>la</strong> quale mi trovo di fornire precise notizie sugli avvenimenti che si<br />

svolsero nel nostro paese, nonché sulle condizioni di esso, <strong>per</strong> tutto quel<br />

<strong>per</strong>iodo storico che, dal<strong>la</strong> caduta dell'im<strong>per</strong>o, va fino al 1000. Mancano<br />

infatti documenti re<strong>la</strong>tivi a questa triste epoca che con tutta verità<br />

si può denominare epoca di rovina del<strong>la</strong> grandezza, del<strong>la</strong> ricchezza, del<strong>la</strong><br />

libertà, del senno e del<strong>la</strong> civiltà <strong>la</strong>tina, o piu semplicemente epoca di decadenza,<br />

di abbiezione e di servaggio del popolo <strong>la</strong>tino e).<br />

Finché l'im<strong>per</strong>o di Roma visse vita onorata, anche <strong>la</strong> colonia patavina<br />

pros<strong>per</strong>ò e con essa il nostro pagus; ma quando il vizio corrose le basi<br />

dell'immenso colosso, e piu tardi, discordia civile e debolezza degli im<strong>per</strong>atori<br />

spianarono <strong>la</strong> via ed aprirono le porte alle irruzioni barbariche<br />

che, a brevi interruzioni, si scatenarono sull'Italia devastando<strong>la</strong> in lungo<br />

e in <strong>la</strong>rgo, allora anche l'agro patavino rovinò; i coloni fuggirono esterrefatti<br />

davanti all'incalzante invasore, le case furono depredate, incendiate,<br />

il territorio spopo<strong>la</strong>to ed incolto si riempi di boschi e di paludi<br />

e <strong>la</strong> morte affermò il suo dominio là dove prima pulsava <strong>la</strong> vita rigogliosa.<br />

Visigoti, Svevi, Borgognoni, Dnnì, popoli nordici, già dominati da<br />

Roma, condotti da un fenomeno storico e psicologico che parve avere<br />

(1) Non è Camposampiero soltanto che manca di notizie <strong>per</strong> tutto il <strong>per</strong>iodo che va<br />

da 476 al 1000; anche città importanti ed intere nazioni scarseggiano di cronache, memorie,<br />

iscrizioni e di qualsiasi documento che riguardi quell'epoca, cosi che, scrivendone<br />

<strong>la</strong> <strong>storia</strong>, conviene procedere a tasto ed a fiuto.<br />

47


di un terzo dei prodotti; i Longobardi rifuggirono sempre da ogni contatto<br />

col popolo italiano e vissero in Italia come un esercito attendato (6).<br />

Padova, che aveva opposto resistenza ai Longobardi <strong>per</strong> mantenersi<br />

obbediente ai Greci, dovette scontare <strong>la</strong> propria fedeltà col<strong>la</strong> diminuzione<br />

del territorio assalito, depredato ed occupato dai duchi di Treviso i<br />

quali s'impadronirono di Camposampiero, di Vigodarzere e <strong>per</strong>fino di<br />

Piove di Sacco, mentre i duchi di Vicenza spinsero le loro conquiste fino<br />

a Limena. Per tal modo il dominio di Padova fu ridotto al<strong>la</strong> città ed al<br />

contado di Monselice, ma poco durò anche in questo stato, poiché nel<br />

600 o nel 601 AgiluHo cinse d'assedio l'infelice città che, invocati ed<br />

attesi invano gli aiuti dell'esarca di Ravenna, dovette capito<strong>la</strong>re, ed allora<br />

il barbaro re, entrato in città e portato via il buono ed il meglio, <strong>la</strong><br />

abbandonò alle fiamme C)·<br />

Soltanto qualche secolo pili tardi, precisamente nell'epoca comunale,<br />

Padova riacquistò il territorio <strong>per</strong>duto (8) ed estese il suo dominio dall'Adige<br />

ai monti e dal Musone al mare, onde allora poté incidere sul suo<br />

sigillo <strong>la</strong> nota dicitura: «Mons, Muso, Athes, Mare, certos dant mihi<br />

fìnes » (9).<br />

Anche <strong>la</strong> Venezia marittima (isole venete, lido, estuario), approfittando<br />

del<strong>la</strong> debolezza di Padova, si emancipò dal suo dominio e COS1 il territorio<br />

padovano fu minorato anche di questa regione che pili tardi<br />

costituirà il Dogado eO).<br />

Dopo duecento anni di vita lo stato longobardo accennava a tramontare;<br />

ragioni d'indole interna ed esterna, come l'onnipotenza dei duchi<br />

che rendeva irrisoria l'autorità regale, le loro rivalità, l'avversione a qualunque<br />

contatto col popolo italiano, <strong>la</strong> lotta ingaggiata col S. Pontefice,<br />

erano tutte cause di debolezza di cui approfittarono i Franchi, i quali<br />

sconfissero l'esercito longobardo e cinsero d'assedio Pavia; in tale frangente<br />

il debole re Desiderio capitolò e, fatto prigioniero, fu mandato<br />

in Francia (774).<br />

(6) Nelle sue miserie il popolo italiano, ridotto ad un terzo, trovò conforti, difesa ed<br />

aiuto presso il S. Pontefice, i Vescovi ed i Monaci.<br />

(1) L'incendio in poche ore distrusse tutte le case del<strong>la</strong> città che erano di legno; parve<br />

che in quest'epoca anche il cielo congiurasse contro gli uomini, poiché nel 589, in seguito<br />

a diluviali piogge, 1'Adige, il Bacchiglione, il Brenta si precipitarono nelle adiacenti campagne<br />

causando ingenti danni; al<strong>la</strong> guerra ed alle inondazioni si aggiunsero <strong>la</strong> carestia<br />

e <strong>la</strong> peste.<br />

(8) Distrutta Padova, i Longobardi instal<strong>la</strong>rono il duca a Monselice e quivi durò <strong>per</strong><br />

quasi due secoli.<br />

(9) Il monte, il Musone, l'Adige, ed il mare mi danno ben definiti confini.<br />

(10) Il cosidetto dogado, primo germe del<strong>la</strong> futura repubblica, s'estendeva da Grado a<br />

Capodargine (Cavarzere).<br />

5°<br />

CosI ebbe termine il regno longobardo. Carlo Magno, reso si padrone<br />

di due terzi d'Italia, conservò <strong>la</strong> divisione politico-amministrativa che vi<br />

aveva trovato e <strong>la</strong> so<strong>la</strong> innovazione introdotta fu di raggruppare diverse<br />

città, governate da conti o da duchi, sotto di un marchese, onde al<br />

nuovo scompartimento risultante venne il nome di Marca; sorse <strong>per</strong> tal<br />

modo <strong>la</strong> Marca detta nei primi tempi Veronese e poi Trevisana, che<br />

abbracciava le città di Verona, Padova, Vicenza, Treviso e territori dipendenti<br />

(11).<br />

Carlo Magno instaurò anche il regime feudale; in virtli di esso le terre<br />

conquistate e devolute al<strong>la</strong> corona furono distribuite ai vassalli, e da<br />

questi ai valvassori e da questi ultimi ai valvassini; i vassalli, di solito<br />

stranieri, spesso parenti dell'im<strong>per</strong>atore o guerrieri che avevano bene<br />

meritato, nel loro territorio o feudo avevano pieni diritti limitati solo<br />

da prestazioni e da atti d'omaggio verso il sovrano.<br />

L'istituzione del feudalismo, meglio ancora il suo trapianto dal<strong>la</strong> Germania<br />

all'Italia, è fenomeno non privo d'importanza <strong>per</strong> Camposampiero<br />

che fra breve vedremo capoluogo di un feudo e sede di un feudatario.<br />

Come tutte le cose umane anche l'im<strong>per</strong>o di Carlo Magno decadde e<br />

dal<strong>la</strong> sua rovina, avvenuta al<strong>la</strong> morte di Carlo il Grosso (888), rampol.<br />

<strong>la</strong>rono diversi stati fra i quali il regno d'Italia istituito dai marchesi e<br />

duchi italiani convenuti a Pavia che proc<strong>la</strong>marono re Berengario, marchese<br />

del Friuli. L'esordio del nuovo regno fu funestato dal<strong>la</strong> comparsa degi<br />

Ungheri, che chiuse definitivamente il ciclo delle irruzioni barbariche.<br />

Questo popolo selvaggio nel 889, valicate le Alpi Carniche, discese<br />

in Italia in numero formidabile spingendosi fino al Ticino; affrontato<br />

e sbaragliato da Berengario, nel<strong>la</strong> fuga precipitosa arrivò al Brenta, presso<br />

Fontaniva; ivi, trovando il passaggio ostruito dagli straripamenti del<br />

fiume, incalzato alle spalle da Berengario, nel<strong>la</strong> dis<strong>per</strong>ata situazione cercò<br />

t trovò <strong>la</strong> sua salvezza e rivolto si con fulminea mossa contro gli assalitori,<br />

ed a<strong>per</strong>tosi un varco attraverso di essi, li assali alle spalle, li sgominò e ne<br />

fece massacro e 2 ).<br />

I soldati di Berengario sopravvissuti al<strong>la</strong> strage, fuggirono spaventati<br />

e gli Ungheresi rimasti padroni del campo, rivolsero il loro furore contro<br />

Padova cui appiccarono fuoco (13).<br />

(11) La Marca Trevigiana fu giustamente definita dal noto verso dantesco come il<br />

paese « che Tagliamento ed Adige rinchiude ».<br />

(12) La battaglia di Fontaniva, combattuta fra gli Ungheri e l'esercito di Berengario,<br />

fu descritta dal BRUNACCI: Storia ecclesiastica, pago 69.<br />

(13) Incendiarono <strong>la</strong> cattedrale e <strong>la</strong> chiesa di S. Giustina coll'annesso monastero. La<br />

ferocia degli Ungheri <strong>la</strong>sciò tali ricordi nel<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione che, ancora nel secolo XVII, si<br />

credeva che essi si nutrissero di carne umana, bevessero sangue umano e seccassero al fu-<br />

51


Per quasi venti anni gli Ungheri ora qua, ora là riapparvero, ed il<br />

timore di nuove invasioni indusse i feudatari a munire il loro feudo<br />

di uno o piti castelli cinti di mura, e tale novità, introdotta dapprima<br />

<strong>per</strong> necessità di difesa, entrò poi nelle consuetudini del<strong>la</strong> vita feudale,<br />

continuando anche quando il <strong>per</strong>icolo piti non sussistette, onde d'allora<br />

in poi ogni feudatario nel proprio dominio si eresse un castello.<br />

Piti avanti vedremo come anche i nostri feudatari, uniformandosi al<br />

costume degli altri, a Camposampiero edificarono un castello in piena<br />

rego<strong>la</strong>, circondato da un girone di robuste mura, da spalti, da fossati,<br />

da torri e provveduto di cittadel<strong>la</strong> forte o rocca.<br />

Quando Berengario del Friuli fu ucciso da Lamberto di Pavia (924),<br />

le sorti d'Italia passarono successivamente a Rodolfo di Borgogna, a<br />

Ugo di Provenza, a Berengario d'Ivrea, ed ultimamente ad Ottone di<br />

Sassonia, im<strong>per</strong>atore di Germania, col quale cominciò <strong>la</strong> dominazione<br />

degli Ottoni durata <strong>per</strong> quaranta anni (961-1002).<br />

Gli Ottoni, edotti dall'es<strong>per</strong>ienza che marchesi, duchi e conti compromettevano<br />

ed intralciavano l'autorità regale in vita ed anche in morte (in<br />

vita con insubordinazioni e infedeltà, in morte col<strong>la</strong> pretesa che i feudi<br />

a quel tempo di libera col<strong>la</strong>zione, fossero trasmessi ai loro figli), pensarono<br />

di ovviare a questi inconvenienti coll'assegnare il governo delle<br />

città ai vescovi ed agli abati C 4 ), ritogliendolo ai marchesi ed ai conti,<br />

<strong>la</strong>sciando a questi appena i feudi di campagna.<br />

Per tale ragione Eccelo, capostipite degli Eccelini, fu investito del<br />

feudo di Onara e Tiso, capostipite dei nostri conti, ebbe in feudo Camposampiero,<br />

l'uno e l'altro vil<strong>la</strong>ggi di campagna.<br />

Morto Ottone III (1002), marchesi e duchi radunati a Pavia elessero<br />

re d'Italia Arduino d'Ivrea; contro tale elezione protestò il nuovo im<strong>per</strong>atore<br />

Arrigo II e le sue proteste non si limitarono soltanto alle parole,<br />

<strong>per</strong>ché due volte discese in Italia allo scopo di rivendicare i contesi diritti<br />

e, nel lO 13, <strong>per</strong> ricevere <strong>la</strong> corona im<strong>per</strong>iale da papa Benedetto VIII;<br />

tra coloro che accompagnarono Arrigo un' antica tradizione ricorda un<br />

certo Tiso, cavaliere tedesco, che dall'im<strong>per</strong>atore ottenne il feudo di<br />

Camposampiero, dove egli stesso od i suoi successori edificarono il castello<br />

gentilizio, assumendone, assieme al dominio, anche il nome.<br />

mo il cuore dei nemici uccisi <strong>per</strong> mangiarlo quale medicina nelle infermità. Dimoravano<br />

circa un anno nel<strong>la</strong> regione e, siccome erano pagani ed odiavano <strong>la</strong> religione cattolica,<br />

così distrussero grande quantità di chiese e di monasteri.<br />

(14) Vescovi ed abati, <strong>per</strong> il carattere del loro ministero, erano più ossequenti all'autorità<br />

im<strong>per</strong>iale, pili rispettati ed obbediti dal popolo e, non avendo successione, al<strong>la</strong> morte<br />

<strong>la</strong>sciavano il feudo a libera disposizione dell'im<strong>per</strong>atore; queste ragioni determinarono<br />

gli im<strong>per</strong>atori a <strong>la</strong>rgheggiare con essi di diritti feudali.<br />

52<br />

III<br />

NOTIZIE PRELIMINARI<br />

SUI CONTI DI <strong>CAMPOSAMPIERO</strong>


SOMMARIO: Origine e genealogia dei feudatari di Camposampiero. Illustrazione storica<br />

dell'albero genealogico dal 1013 al 1334.<br />

Non si può scrivere <strong>la</strong> <strong>storia</strong> medievale del<strong>la</strong> nostra cittadina senza<br />

par<strong>la</strong>re, con qualche diffusione, dei conti di Camposampiero che, <strong>per</strong><br />

grazia sovrana, ne diventarono feudatari con i pieni ed incondizionati<br />

diritti di esercitare <strong>la</strong> giustizia civile e penale, di far leggi e decreti, di<br />

arruo<strong>la</strong>re soldati, d'imporre tributi ordinari e straordinari su <strong>per</strong>sone e<br />

su cose, di creare ufficiali e magistrati e di ordinare quanto altro occorreva<br />

al governo del nostro castello, e ciò è quanto dire che furono piccoli<br />

sovrani di un piccolo regno.<br />

Anzi finché i conti esercitarono quivi un dominio assoluto, e non control<strong>la</strong>to<br />

da autorità su<strong>per</strong>iore, le vicende del<strong>la</strong> nostra patria furono cOSI<br />

congiunte e dirò anche COS1 subordinate ed assorbite dalle vicende dei<br />

feudatari, da far passare in seconda linea castello e castel<strong>la</strong>ni, <strong>per</strong> cui<br />

nelle cronache medievali di rado si accenna al nome di Camposampiero,<br />

mentre invece comparisce ed emerge quello dei feudatari che sono il<br />

Deus ex machina, <strong>la</strong> parte creatrice e fattiva del<strong>la</strong> sua <strong>storia</strong>. Il nome<br />

del nostro castello occu<strong>per</strong>à gli storici verso il 1183, quando, dopo lotta<br />

titanica e gloriosa, i Comuni italiani acquistarono l'autonomia, i popoli<br />

<strong>la</strong> libertà e, diventati gli uni e gli altri indipendenti e forti, costrinsero i<br />

feudatari a rinunciare ai vantati diritti ed a ridurre di molto le loro<br />

pretese.<br />

L'origine dei nostri feudatari fu. oggetto di disparate opinioni da parte<br />

55


costringerà pili volte di ricorrere ad induzioni di maggiore o minore valore<br />

a seconda delle ragioni su cui saranno fondate.<br />

Disgraziatamente andò <strong>per</strong>duto il diploma di investitura e quindi nul<strong>la</strong><br />

si può con sicurtà affermare circa l'ampiezza delle concessioni fatte dall'im<strong>per</strong>atore<br />

ai nostri conti; non vi è <strong>per</strong>ò motivo alcuno da crederlo<br />

differente da altri documenti di simile natura, dei quali l'epoca abbonda,<br />

che in sostanza erano contratti bi<strong>la</strong>terali, stretti fra l'im<strong>per</strong>atore ed i feudatari,<br />

<strong>per</strong> cui il primo concedeva l'intera giurisdizione civile e penale<br />

sugli abitanti del feudo, diritto a tributi sulle merci, sul bestiame, sulle<br />

derrate, dominio sulle acque, sulle strade e sui ponti, ricevendone in compenso<br />

<strong>la</strong> promessa di prestazioni militari, di onori e di servizio nel suo<br />

passaggio attraverso il feudo. Tali promesse erano consacrate dal giuramento<br />

che il feudatario emetteva toccando colle mani il libro dei<br />

santi Vangeli.<br />

La famiglia dei nostri conti dovette godere di qualche reputazione<br />

anche in patria e ne è argomento <strong>la</strong> presenza di Tiso I nell'esercito im<strong>per</strong>iale<br />

in qualità di condottiero di milizie; è noto infatti come simili posti<br />

non si concedessero dagli im<strong>per</strong>atori che a <strong>per</strong>sone del loro sangue<br />

od illustri <strong>per</strong> nobiltà di lignaggio, <strong>per</strong> censo e <strong>per</strong> gloriose imprese<br />

compiute.<br />

Trapiantatasi in Italia, con fausti auspici, <strong>la</strong> famiglia dei nostri conti<br />

accrebbe il patrimonio delle avite tradizioni cOSI da occupare ben presto<br />

un posto distinto fra le gentilizie del<strong>la</strong> Marca Trevisana e già nel<br />

secolo XIII il Ro<strong>la</strong>ndino, nel<strong>la</strong> recensione delle illustri case, assegnava<br />

il quarto luogo ai Camposampiero: «Inter caeteras c<strong>la</strong>ras domos et excellentes<br />

nobilium quae fuerunt et sunt hodie in ipsa Marchia quatuor<br />

meo tempore fama satis et actibus c<strong>la</strong>ruerunt, una Extensis, altera de<br />

Camino, tertia de Romano, quarta de Camposanctipetri » (8).<br />

E tale onorata posizione i nostri conti procurarono di mantenere e di<br />

correre alle armi dietro sua richiesta e da questa servitu non si potevano liberare che con<br />

atto giuridico o <strong>per</strong> grazia del feudatario.<br />

Il feudatario nel<strong>la</strong> sua giurisdizione aveva poteri assoluti, non limitati né contrastati<br />

da su<strong>per</strong>iori autorità, cosicché egli poteva usare ed abusare dei suoi diritti, offendere e<br />

difendere dare o togliere, assolvere, condannare a suo capriccio.<br />

Tutta' <strong>la</strong> vita di un feudo era ristretta e concentrata nel<strong>la</strong> corte del signore, e <strong>la</strong> separazione<br />

morale dal<strong>la</strong> città era profonda, completa ed assoluta.<br />

Ben diversamente avvenne all'epoca comunale quando le città, ritolta ogni giurisdizione<br />

ai feudatari ed obbligatili ad abitare in esse, rivendicarono <strong>la</strong> sovranità sul territorio<br />

ed al podestà, coadiuvato dai Consigli Maggiore e Minore, conferirono ogni potere<br />

nel<strong>la</strong> cosa pubblica.<br />

(8) ROLANDINO: Chronica de factis in Marchia Tarvisina, libro I c. I (Muratori -<br />

Rer. lt. Script. Tomo VIII).<br />

avvantaggiare, anche nel tempo che seguI, con generose imprese, con<br />

civili benemerenze, con matrimoni cospicui e coll'acquisto di ingenti possessioni.<br />

In tutti i tempi infatti l'albero familiare diede ubertosi frutti<br />

di civili e militari virtli onde sorsero da esso valorosi capitani che illustrarono<br />

l'arte militare; letterati, giureconsulti, matematici che illustrarono<br />

<strong>la</strong> scienza; podestà, consoli e vicari che illustrarono <strong>la</strong> magistratura;<br />

abati e canonici che onorarono <strong>la</strong> chiesa ed, a tanto fasto di gloria<br />

mondana e quasi a compimento delle gesta dei nostri conti, si aggiunsero<br />

le glorie pili vere e maggiori del<strong>la</strong> santità che rifulsero nel<strong>la</strong> vita<br />

e nelle o<strong>per</strong>e del beato Crescenzio.<br />

Al<strong>la</strong> gloria seguirono le ricchezze e, fin nel secolo XIII, noi li troviamo<br />

possessori di diversi pa<strong>la</strong>zzi nel<strong>la</strong> città di Padova e), di estesissimi beni<br />

allodiali nei territori padovano, vicentino, trevisano e bellunese eO) ed<br />

inoltre investiti nei feudi di Camposampiero, Campreto, Treville e di<br />

Fonte (11).<br />

Molto contribuirono ad accrescerne l'opulenza le re<strong>la</strong>zioni <strong>per</strong> via di<br />

matrimoni contratte, con i da Romano, con i da Baone, con i da Porciglia,<br />

con i Delesmannini, con i da Abano, con i da Vò, con i da Carrara, con<br />

gli Scrovegni, con i Buzzacarini, con gli Oddi, con i Papafava e con altre<br />

illustri e ricche famiglie del<strong>la</strong> Marca Trevisana.<br />

Che se i Camposampiero non raggiunsero le altezze vertiginose e <strong>per</strong>icolose<br />

degli Estensi e dei Carraresi, se non ebbero i gesti audaci degli<br />

Eccelini, se non furono dominati dall' ambizioso desiderio di sottomettere<br />

popoli e città, e neppure riuscirono a tramutare <strong>la</strong> loro condizione<br />

di feudatari in quel<strong>la</strong> di signori, quasi <strong>per</strong> compenso essi non conobbero<br />

quel<strong>la</strong> <strong>storia</strong> di umiliazioni, di sconfitte, di odii e di <strong>per</strong>fidie che rese<br />

fatale il dominio, tragica ed irreparabile <strong>la</strong> fine degli Eccelini e dei Carraresi,<br />

mentre invece <strong>la</strong> famiglia dei nostri conti, dopo nove secoli, ancora<br />

oggidì vive vita onorata.<br />

(9) Ebbero pa<strong>la</strong>zzi in Padova nell'attuale piazza Capitaniato, a Ponte Molino, vicino<br />

al<strong>la</strong> demolita chiesa di S. Giacomo e dove ora sorge <strong>la</strong> sede municipale (quest'ultimo<br />

pa<strong>la</strong>zzo fu venduto da Tiso VI al Comune di Padova nel 1215).<br />

(lO) Ne è prova il piu volte citato documento di donazione al<strong>la</strong> Abbazia di S. Eufemia<br />

di Vil<strong>la</strong>nova.<br />

(11) Il Codice Capodilista (ms. Museo Civico Padova B. P. 954) par<strong>la</strong>ndo dei nostri<br />

conti afferma: «De campo sancti Petri castrum tenent in dicto loeo cum duobus aliis<br />

castris in districtu Tarvisii sine privilegio ». Le parole sine privilegio si devono applicare<br />

ai soli castelli di Treville e di Fonte, poiché è noto che i nostri feudatari, dall'epoca dell'investitura<br />

fino al <strong>per</strong>iodo comunale, ebbero piena ed assoluta giurisdizione sul castello<br />

e castel<strong>la</strong>ni di Camposampiero.<br />

È da notare che 11 Codice Capodilista (secolo XII) nomina due soli castelli, oltre Camposampiero,<br />

<strong>per</strong>ché quello di Campreto è di origine posteriore.<br />

59


<strong>per</strong>ché gli erro ti che si incontrano in questa mi rendevano sospetta anche<br />

quel<strong>la</strong> (16).<br />

Per gli opportuni confronti riporto, a cenni sommari, <strong>la</strong> genealogia<br />

compi<strong>la</strong>ta dal<strong>la</strong> nobile famiglia col titolo A; quel<strong>la</strong> Stefani col titolo B,<br />

ed un abbozzo esteso da me col titolo C. Nul<strong>la</strong> vi è di mio in questo<br />

abbozzo, salvo l'enumerazione, adottata <strong>per</strong> evitare l'infallibile confusione<br />

dei diversi Tiso, giacché le distinzioni Tiso, Tisone, Tisolino, applicate<br />

indifferentemente dagli storici non bastano.<br />

Arrivato al 1334, epoca in cui il castello di Camposampiero, cessando<br />

di appartenere agli antichi feudatari, passò ai Carraresi, sospendo <strong>la</strong> genealogia;<br />

avverto anche che l'anno segnato dal<strong>la</strong> croce è l'anno del<strong>la</strong><br />

morte certa o presunta di un <strong>per</strong>sonaggio, l'anno non segnato indica<br />

l'epoca in cui il <strong>per</strong>sonaggio ci è reso noto da qualche documento, ed<br />

infine torno a ripetere che è cosa impossibile l'asseverare <strong>la</strong> verità, quando<br />

al<strong>la</strong> distanza dei tempi, s'aggiunge un'altra difficoltà ancora piu grave,<br />

<strong>la</strong> penuria dei documenti.<br />

(16) DE MARCHI: Storia dei Camposampiero.<br />

Il conte Antonio Tiso Camposampiero, nelle sue «Osservazioni sul<strong>la</strong> <strong>storia</strong> dei Camposampiero<br />

di Alessandro De Marchi» (M. scritto Museo Civico Padova), volendo rettificare<br />

gli errori del De Marchi, cadde in errori ancora piu gravi.<br />

MARIA<br />

ALBERO GENEALOGICO<br />

COMPILATO DALLA FAMIGLIA<br />

TISO 1064<br />

TISO GERARDO<br />

r<br />

GERARDO<br />

FLORIO<br />

I<br />

GUGLIELMO<br />

da cui discesero<br />

i presenti<br />

Camposampiero<br />

VINCIGUERRA TISO 1127 CRESCENZIO<br />

detto Tempesta<br />

da cui discesero<br />

feudatari di<br />

Noale<br />

Prete ora Beato<br />

GERARDO 1131<br />

I<br />

TISO 1184<br />

sua moglie<br />

Cunizza<br />

da Romano<br />

TISO NOVELLO<br />

1234<br />

TISOLINO<br />

1222<br />

TISO 1261<br />

I<br />

TISO 1295<br />

I<br />

GIACOMO TISO<br />

I<br />

GUGLIELMO<br />

I<br />

TISOLINO<br />

GERARDINO<br />

1190 circa<br />

MARIA rapita<br />

da Eccelino<br />

N. N.<br />

GERARDO GIACOMO<br />

I<br />

GUGLIELMO<br />

decapitato <strong>per</strong><br />

ordine di Eccelino<br />

nel 1250<br />

CUNIZZA<br />

A


femia di Vil<strong>la</strong>nova (oggidì Abbazia Pisani) e tale atto munifico prova <strong>la</strong><br />

generosità, <strong>la</strong> ricchezza e <strong>la</strong> pietà insieme dei nostri feudatari. Il Verci<br />

lo segna<strong>la</strong> con queste parole: «29 Aprile 1085. Ora Eccelo insieme con<br />

Ermiza e con Tiso e Gherardo fratelli l'adunatisi nel<strong>la</strong> vil<strong>la</strong> Braida e 3 )<br />

offrirono d'accordo a quel monastero (di S. Eufemia) in suffragio delle<br />

anime loro, di quelle dei loro parenti e dei loro discendenti, numero grande<br />

di terre, di possessioni, di decime e di rendite che possedevano nel<br />

trevigiano, nel vicentino e nel feltrino. Centosessantotto masserizie qui si<br />

donano da cotesti signori, dono veramente principesco se è vero che .ogni<br />

masserizia comprendesse a quel tempo venti campi padovani e 4 ).<br />

TISO IV fu l'uomo di senno e del<strong>la</strong> prudenza, nato <strong>per</strong> governare. Signore<br />

del Castello di Camposampiero accrebbe <strong>la</strong> potenza del<strong>la</strong> sua famiglia<br />

<strong>per</strong> l'investitura o l'acquisto dei castelli di Treville e Fonte e fu<br />

tenuto in grande considerazione dal<strong>la</strong> città di Padova che molto si valse<br />

del<strong>la</strong> sua o<strong>per</strong>a in quel <strong>per</strong>iodo <strong>la</strong>borioso, difficile e gravido di eventi,<br />

allorché le città italiane, <strong>per</strong>vase dal soffio del<strong>la</strong> libertà, stavano tramutando<br />

il vecchio sistema feudale in un nuovo assetto politico ed amministrativo<br />

piti rispondente alle non mai estinte tradizioni <strong>la</strong>tine di libertà. Anche<br />

il fratello suo Gherardo II prestò l'o<strong>per</strong>a in servizio del Comune di<br />

Padova e fu console nell' anno 1131.<br />

GHERARDINO, figlio di GHERARDO II, rappresentò il Comune di Treviso<br />

nel compromesso di Pavia, stipu<strong>la</strong>to fra le città del<strong>la</strong> lega lombarda<br />

e Federico Barbarossa (25 Aprile 1175) eS), e diventò celebre <strong>per</strong> il<br />

testamento, dettato nel 1190 prima d'imprendere il viaggio di Roma,<br />

ove lo conduceva il desiderio di visitare le tombe degli apostoli Pietro e<br />

Paolo; in esso, dopo d'aver provveduto al<strong>la</strong> consorte Ade<strong>la</strong>sia ed al<strong>la</strong><br />

figlia Maria (di cui abusò Eccelino il Monaco), istitul dotazioni <strong>per</strong> ospedali,<br />

monasteri e chiese e fra le beneficate appariscono quelle di S. Pietro<br />

di Camposampiero, di S. Marco di Campoarcone e di S. Giovanni, questa<br />

ultima piti <strong>la</strong>rgamente dotata e 6 ).<br />

TISO v, figlio di TISO IV e di Recaldina dei Valvassori di Fontaniva,<br />

sposò Cunizza da Romano, figlia di Eccelino il Balbo, ed obbediente<br />

alle ingiuzioni del comune di Padova, che, parte col<strong>la</strong> <strong>per</strong>suasione, parte<br />

coll'uso del<strong>la</strong> forza, obbligò i feudatari a discendere dai turriti castelli<br />

(23) Ora S. Vito d'Asolo.<br />

(24) VERCI: Storia degli Eccelini, VoI. I, pago 9.<br />

Nell'atto di donazione Eccelo, Ermiza, India, Tiso e Gherardo espressero il desiderio<br />

di essere sepolti nel<strong>la</strong> chiesa dell' abbazia (che non è l'attuale fabbricata qualche secolo<br />

dopo).<br />

(25) VERCI: Codice Ecceliniano, pago 11.<br />

(26) VERCI: Codice Ecceliniano, pago 42.<br />

68<br />

ed a fissare <strong>la</strong> loro dimora nel<strong>la</strong> città, trasportò il suo domicilio a Padova.<br />

Al qual proposito cosi s'esprime l'Anonimo Foscariniano: « Tisolin<br />

abitò in Padoa ebbe <strong>per</strong> donna Chunicha fia de Ecelin Balbo da Roman,<br />

da <strong>la</strong> qual generò do fioli Tisone e Gherardo ». TISO v fu vassallo del<br />

patriarca d'Aquileia (27) e, secondo il Muratori, sarebbe intervenuto con<br />

Eccelino il Balbo al<strong>la</strong> pace di Costanza (1183) che, <strong>per</strong> <strong>la</strong> ricognizione<br />

giuridica dei comuni, segnò <strong>la</strong> morte dei feudalismo.<br />

Per causa di un'avventura, di cui presto dovrò occuparrni, questo <strong>per</strong>sonaggio<br />

passò al<strong>la</strong> <strong>storia</strong> come l'uomo semplice ed ingenuo che, troppo<br />

facilmente confidando neUa lealtà di chi ritiene amico, diventa vittima<br />

dell'altrui malizia.<br />

In causa di quest' avventura il povero vecchio vide amareggiati gli<br />

ultimi anni di sua vita e morì crucciato dal<strong>la</strong> previsione che, <strong>per</strong> il suo<br />

involontario errore, lunghe accanite lotte sarebbero scoppiate fra <strong>la</strong> sua<br />

discendenza e quel<strong>la</strong> dei da Romano eS).<br />

TISO v ebbe due figli: GHERARDO III e Trso VI.<br />

GHERARDO III, d'indole bollente e fiera, contaminò il suo nome e portò<br />

il disonore nel<strong>la</strong> famigia con azioni cbe, quantunque provocate da atti<br />

di <strong>per</strong>fidia e consigliate dal<strong>la</strong> passione e dagli <strong>amici</strong>, non cessano di<br />

essere inique e degne di vitu<strong>per</strong>io.<br />

Ed è questo il luogo ed il momento di riferire il triste episodio che<br />

inimicò irreconciliabilmente le famiglie dei Camposampiero e dei da<br />

Romano, gettando <strong>la</strong> Marca Trevigiana in una ili ade di guai di cui tutti<br />

i popoli, segnatamente quello di Camposampiero, ne portarono le conseguenze.<br />

Verso il 1170, venne a morte Manfredoricco, conte di Baone, <strong>la</strong>sciando<br />

l'unica figlia Cecilia erede d'immense ricchezze e dotata inoltre<br />

di straordinaria bellezza. La vedova consorte passò a seconde nozze e<br />

Cecilia fu affidata alle cure di Spinabello da Xendrico, già cortigiano di<br />

Manfredoricco e uomo di sua fiducia. Giunta <strong>la</strong> fanciul<strong>la</strong> ad età conveniente,<br />

Spinabello si mise in movimento <strong>per</strong> procacciarle un onorevole<br />

partito e, prima di tutto, bussò alle porte del castello di Camposampiero<br />

<strong>per</strong> offrir<strong>la</strong> a Tiso V, quale sposa del figlio Gberardo. Quegli accolse<br />

con giubilo il messaggero ed il messaggio e, gongo<strong>la</strong>nte di gioia <strong>per</strong><br />

l'avvenimento che avrebbe portato ricchezze e splendori al<strong>la</strong> sua famiglia,<br />

confidò l'affare al suocero Eccelino il Balbo, ben lontano dal prevedere<br />

le conseguenze di tale rive<strong>la</strong>zione.<br />

(27) BRUNACCI: Storia Ecclesiastica, pago 971.<br />

(2S) Tiso V fu anche podestà di Padova nel 1178. GLORIA: Monumenti dell'Università<br />

di Padova, pago 13 Cod. 16.


Marca che governò, o meglio sfruttò poco coscienziosamente <strong>per</strong> qualche<br />

tempo, con danno degli interessi del Pontefice, degli Estensi e dei<br />

sudditi eS).<br />

Terminata <strong>la</strong> prefettura ritornò a Padova e vi stette finché, desideroso<br />

di pace, passò a Camposampiero seguito piu tardi dal fedele amico<br />

S. Antonio di Padova, che, presago del<strong>la</strong> sua prossima fine, abbattuto<br />

dalle fatiche, ed estenuato dalle penitenze, nel<strong>la</strong> solitudine e nel raccoglimento<br />

quivi volle prepararsi al grande passaggio e 6 ).<br />

Sembra che, nel<strong>la</strong> sua <strong>per</strong>manenza a Camposampiero, Tiso abbia fondato<br />

il piccolo conventino dei Padri Minori, adiacente al<strong>la</strong> vetusta chiesuo<strong>la</strong><br />

di S. Giovanni; benché manchino le prove di tale fatto, pure esso<br />

è verosimile, massimamente se si considera l'indole degli uomini di quel<br />

tempo e quel<strong>la</strong>, in modo speciale, del nostro Tiso. È noto infatti come<br />

gli Eccelini, principi di minor pietà, abbiano contribuito al<strong>la</strong> fondazione<br />

o al<strong>la</strong> dotazione dei monasteri di Campese, di Oliero e di S. Donato<br />

in capo del ponte di Bassano e 7 ), qual meraviglia allora che Tiso, datosi<br />

negli ultimi anni di sua vita alle pratiche religiose ed amico di Sant'Antonio,<br />

abbia preparato vicino al suo castello un modesto ricetto ai frati<br />

Minori, recentemente istituiti, <strong>per</strong>vasi da uno spirito straordinario di<br />

espansione e dovunque richiesti da principi e da popoli?<br />

Tiso VI mori a Camposampiero il 31 Gennaio 1234 e fu sepolto nel<strong>la</strong><br />

chiesa di S. Pietro in arca di marmo, appoggiata al<strong>la</strong> parete interna del<strong>la</strong><br />

chiesa; disgraziatamente il monumento, prezioso <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>storia</strong> e <strong>per</strong> l'arte,<br />

fu dis<strong>per</strong>so nei <strong>la</strong>vori di rifacimento, eseguiti fra gli anni 1720-1730.<br />

Peccato! Una memoria cosi antica e cosi preziosa si doveva conservare!<br />

Riporto <strong>la</strong> modesta iscrizione, quale <strong>la</strong> vide il Salomon verso <strong>la</strong> metà<br />

(35) Le lodi, niente affatto meritate, che il De Marchi attribuisce al governo di Tiso,<br />

male si accordano con queste parole tolte dal<strong>la</strong> lettera che Onorio III diresse ad Azzo<br />

VII d'Este, (I Maggio 1225) <strong>per</strong> confermarlo nei diritti feudali sul<strong>la</strong> Marca di Ancona:<br />

«Verum quia Tisus de Campo Sancti Petri, quem illis praefeceras, Marchianos exactionibus<br />

importunis ita gravaverat, quod in odium eius se nobis et tibi subtraxerant et lm<strong>per</strong>ii<br />

iugo subiecerant col<strong>la</strong> sua etc. » (MURATORI: Antiq. It. Medii Aevi, Tom. I, pago 333).<br />

(36) Vuole una tradizione che S. Antonio, partito da Padova il mattino dell'l1 Maggio<br />

1231, arrivasse a Camposampiero verso sera dello stesso giorno.<br />

(37) Il monastero di S. Croce di Campese fu eretto da Ponzio abate di Cluny che, nel<br />

ritorno da Terrasanta (1124), giunto a Campese s'invaghi del sito ameno e ivi, con licenza<br />

di Sinibaldo vescovo di Padova, fondò chiesa e monastero di S. Croce, cangiando il<br />

nome del vil<strong>la</strong>ggio in Campo Sion, a ricordo di Gerusalemme. Il monastero di Campese<br />

fu pili volte, ed in diversi modi, beneficato da tutti gli Eccelini.<br />

Il monastero di Oliero fu edificato da Eccelino III il Monaco verso il 1220 e donato<br />

ai benedettini di Campese. Ivi lo stesso Eccelino, diventato vecchio, si ritirò a vita<br />

religiosa (1223).<br />

In quanto al monastero dei Minori Conventuali di S. Donato, un'antica cronaca bas-<br />

del secolo XVII: eS) «Sepultura D. Tisi de Campo S.P. obiit anno<br />

MCCXXXIV » e 9 ).<br />

TISO VI ebbe tre figli: GIACOMO I, GHERARDO IV, TISO VII; Gherardo<br />

mori giovane senza successione; Giacomo I, al<strong>la</strong> morte del padre ereditò<br />

il castello di Fonte ed aggiunse al patrimonio familiare <strong>la</strong> cospicua dote<br />

che seco avea portato <strong>la</strong> moglie Maria da Vò, dal<strong>la</strong> quale ebbe un figlio<br />

di nome GUGLIELMO <strong>la</strong> cui dolorosa <strong>storia</strong> ridesterà sempre un senso<br />

di pietà nelle anime gentili.<br />

Povero Guglielmo! Un triste destino gravò sul<strong>la</strong> sua gioventu, sul<strong>la</strong><br />

sua virilità e sul<strong>la</strong> sua morte. Fanciullo ancora quando Eccelino il tiranno<br />

con repentina manovra assali il castello di Fonte (1227), nel<strong>la</strong><br />

fuga dei parenti e dei soldati, abbandonato, non si sa come, nel castello<br />

restò prigioniero di Eccelino che lo rimise in libertà dopo iterate suppliche<br />

e promesse dei signori da vò. Nell'anno 1250, <strong>per</strong> sospetti concepiti<br />

da Eccelino, fu subdo<strong>la</strong>mente carcerato; ottenuta anche questa volta<br />

<strong>la</strong> libertà, <strong>per</strong> timore di nuove rappresaglie si accostò ad Alberico, allora<br />

in discordia col fratello, richiedendo lo di aiuti; ne ebbe promesse e<br />

nul<strong>la</strong> piu, onde, esacerbato dal<strong>la</strong> <strong>per</strong>fidia di Alberico, assalse <strong>per</strong> vendetta<br />

<strong>la</strong> rocca di Castelfranco, che a questo apparteneva. Per tali atti<br />

l'imprudente Guglielmo si costitui nemico di Eccelino e di Alberico e<br />

vide devastati i possessi, incendiate le case, rapiti i suoi beni ed occupato<br />

il castello di Treville dalle masnade dei due da Romano (1246).<br />

Nei tristi giorni del 1250, im<strong>per</strong>ando a Padova in nome di Eccelino<br />

il famigerato Ansedisio dei Guidotti, crudele ministro di crudele signore,<br />

sotto accusa di cospirazione, Guglielmo fu catturato e spedito ad Eccelino,<br />

allora podestà di Verona e questi lo fece tradurre nelle orride<br />

carceri di Angarano ove stette un anno fra le umiliazioni, i martiri e <strong>la</strong><br />

fame. Trascorso questo tempo fu condotto a Padova, e con terribile<br />

e spietata sentenza di Ansedisio, decapitato nel<strong>la</strong> piazza maggiore (40).<br />

sane se citata dal VERCI, Storia degli Eccelini, VoI. I, pago 56 racconta che nel 1208<br />

Eccelino il Monaco impetrò dal vescovo di Vicenza <strong>la</strong> facoltà di innalzare <strong>la</strong> chiesa di S.<br />

Donato. «È dunque probabile, così il Verci, che Eccelino insieme al<strong>la</strong> chiesa abbia fondato<br />

anche il monastero, e lo abbia dotato di rendite sufficienti ».<br />

In quel<strong>la</strong> chiesa il Monaco, nel giorno 5 Luglio 1223, fece testamento e divise i suoi<br />

domini fra i figli Eccelino il tiranno ed Alberico - VERCI, Cod. Eccl., Doc. XXXIV).<br />

(3S) Agri patavini inscript., pago 243.<br />

(39) Il FAVAFOSCHI nel libro «De generatione aliquorum civium patavinorum» ms.<br />

Museo Civico Padova, dice che Tiso fu sepolto all'Arcel<strong>la</strong> vicino a S. Antonio, e non è<br />

questo il solo errore in cui è incorso il fantastico autore delle genealogie padovane.<br />

(40) Il delitto imputato da Ansedisio a Guglielmo era di aver condotta in isposa<br />

Amabilia Delesmannini, <strong>la</strong> cui famiglia era stata miseramente distrutta da Eccelino in un<br />

eccesso di odio. ROLANDINO (op. cito libro VI. capo XII).<br />

73


L'informe suo corpo fu abbandonato nel<strong>la</strong> pubblica strada, oggetto di<br />

commiserazioni e di ribrezzo, né alcuno aveva coraggio di toccado, tanto<br />

era il terrore incusso da Ansedisio; trafugato alfine dal<strong>la</strong> zia materna<br />

Daria da Baone fu nascostamente sepolto nel sagrato del Santo (1251).<br />

Il suo avello disparve 150 anni or sono nei <strong>la</strong>vori di sistemazione del<br />

piazzale del<strong>la</strong> basilica antoniana.<br />

TISO VII, terzogenito di TISO VI, ereditò dal padre il castello di Camposampiero<br />

ed, assieme al marchese di Este ed a Rizzardo di S. Bonifacio,<br />

partecipò al<strong>la</strong> spedizione contro Ferrara (1224), diretta a vendicare <strong>la</strong><br />

morte del germano Tisolino.<br />

Riuscita vana l'impresa <strong>per</strong> l'astuzia di Salinguerra, questi signori<br />

nel ritorno s'imbatterono nel castello di Fratta che tanto stava a cuore<br />

a Salinguerra, lo cinsero d'assedio, lo f<strong>la</strong>gel<strong>la</strong>rono con mangani e con<br />

trabucchi, lo tempestarono di pietre, finché lo ridussero ad un cumulo<br />

di rovine; i miseri abitanti furono passati a fil di spada (41).<br />

Nel<strong>la</strong> crociata contro Eccelino, Tiso fu eletto gonfaloniere del Comune<br />

di Padova e coo<strong>per</strong>ò al<strong>la</strong> memoranda liberazione di quel<strong>la</strong> città dal<br />

giogo ecce lini ano (20 Giugno 1256).<br />

In quel giorno Tiso, entrato fra i primi nel<strong>la</strong> città <strong>per</strong> l'incendiata<br />

porta Altinate ed acceso di magnanimo furore, subitamente richiese di<br />

Ansedisio, volendo vendicare con <strong>la</strong> sua morte il sangue di tante vittime<br />

innocenti e <strong>la</strong>vare tante abbominazioni, ed allorché ne apprese <strong>la</strong><br />

fuga inforcò l'arcione di un cavallo e si mise in traccia del ribaldo, ma<br />

invano; questi si era già messo in salvo (42).<br />

Dopo l'eccidio degli Eccelini, e nel<strong>la</strong> ripartizione dei beni già di loro<br />

proprietà, Tiso consegui l'investitura del castello di Godego, appartenente<br />

al vescovo di Frisinga (43) e fino da tempo antico concesso in<br />

feudo ai da Romano.<br />

A questo punto l'albero di famiglia inserisce il nome di un altro Tiso<br />

che ha tutta l'apparenza di un <strong>per</strong>sonaggio fittizio, né si comprende<br />

(41) Nel<strong>la</strong> lettera col<strong>la</strong> quale Salinguerra partecipava ad Eccelino l'eccidio di Fratta<br />

si trovano queste parole «omnes de castro morte sanguinolenta <strong>per</strong>emit mares foeminas,<br />

cum ipsis infantulis impio g<strong>la</strong>dio detruncavit ». VEReI, Codice Ecceliniano, pago 93.<br />

(42) Tiso VII, dopo <strong>la</strong> liberazione di Padova, si recò ad espugnare il castello di Cittadel<strong>la</strong><br />

ed, avutane facile conquista, dischiuse le carceri del<strong>la</strong> torre di Malta, horrendissime<br />

et infernali, a detta di Pietro Gerardo, d'onde uscirono 300 prigionieri squallidi, estenuati,<br />

vere mummie viventi che, col loro aspetto, spaventarono e commossero gli abitanti<br />

di quel castello; i disgraziati appena usciti acc<strong>la</strong>marono Tiso, il Papa, il legato pontificio<br />

e giurarono di impegnare <strong>la</strong> restante vita in servizio di Dio.<br />

(43) L'antichissimo castello di Godego fu donato da Ottone I ad Abramo vescovo di<br />

Frisinga nel 972.<br />

74<br />

come sia stato interpo<strong>la</strong>to nel<strong>la</strong> genealogia; ometto di par<strong>la</strong>re di TISO X<br />

e passo senz'altro a<br />

TISO VIII, membro illustre del<strong>la</strong> famiglia dei nostri feudatari, al<strong>la</strong> cui<br />

o<strong>per</strong>a il Comune di Padova ricorse in diverse occasioni e sempre con<br />

vantaggio.<br />

Prese parte <strong>per</strong> lungo tempo al Consiglio degli Anziani, fu richiesto<br />

podestà dal Comune di Treviso <strong>per</strong> l'anno 1286 e, nel 1303, fu vice<br />

capitano di Vicenza, città che, dopo lo sterminio degli Eccelini, s'era data<br />

a Padova (44).<br />

Nel 1311, quando le sorti del Comune di Padova osteggiato dai Ghibellini<br />

e dall'im<strong>per</strong>atore e indebolito da interne scissioni cominciavano<br />

a decadere, Tiso fu spedito con altri ambasciatori all'im<strong>per</strong>atore Arrigo<br />

VII e molto si affaticò <strong>per</strong> moderare le pretese di quel principe<br />

altezzoso.<br />

Diventato vecchio, con giovanile ardore mise il suo braccio al servizio<br />

del<strong>la</strong> patria e partecipò alle sfortunate spedizioni dirette al<strong>la</strong> riconquista<br />

di Vicenza che, <strong>per</strong> seguire l'im<strong>per</strong>atore, si era ribel<strong>la</strong>ta a Padova.<br />

Fiaccato dalle fatiche e dai disagi e consunto dal<strong>la</strong> vecchiaia, chiuse i<br />

suoi giorni nel 1312.<br />

Le parole con le quali Albertino Mussato ne annuncia <strong>la</strong> morte mostrano<br />

in quanta considerazione egli fosse tenuto a Padova ed in tutta <strong>la</strong><br />

Marca: « ... in paduana civitate Marchiae T arvisinae flos et supremum decus<br />

Tiso de Campo Sancti Petri natus olim Magni Tisonis ... correptus est<br />

obiit die nono Julii, cuius funus Paduani tanto moerore tantoque luctu<br />

<strong>per</strong>secuti sunt ac si ipsa Respublica omnique c011sistendi ope destituta<br />

fuisset » (45).<br />

TISO VIII contrasse due volte matrimonio, il primo con Cecilia dei<br />

Gnanfi dal<strong>la</strong> quale ebbe il figlio Giacomo, padre di Guglielmo, e dopo<br />

<strong>la</strong> morte di Cecilia, fatto già vecchio, passò a nuove nozze con Cunizza<br />

da Carrara che lo rese padre di<br />

TISO IX (46), ultimo rampollo del<strong>la</strong> discendenza dei nostri feudata1'Ì;<br />

abbandonato il piccolo Tiso dal<strong>la</strong> madre che si era data a vita licenziosa,<br />

fu educato al<strong>la</strong> corte dello zio Marsiglia, ed ancor giovane diede prove<br />

di mirabile valore. Allorché Cane del<strong>la</strong> Sca<strong>la</strong> diventò signore di Padova<br />

(44) Sembra che il nostro Tiso non fosse estraneo al<strong>la</strong> congiura ordita da Bajamonte<br />

Tiepolo (1311) contro il governo aristocratico di Venezia. PREDELLI, I libri Commemol'iali<br />

del<strong>la</strong> repubblica di Venezia, VoI. I, pago 162, N. 476. - Venezia, 1876.<br />

(45) ALBERTINO MUSSATO: Hi<strong>storia</strong> Augusta Henrici VII Caesaris, liber sextus rubrica<br />

XIV, Venetiis, 1636.<br />

(46) ALBERTINO MUSSATO: al capo III del XI Libro de Gestis Italicorum afferma che<br />

Tiso IX nacque in pa<strong>la</strong>zzo dei conti a Camposampiero.<br />

75


e di buona parte del territorio (1328) e soli restarono indipendenti i due<br />

castelli di Camposampiero e di Mirano, il nostro Tiso, assieme a Filippo<br />

da Peraga, feudatario di Mirano, si recò a Padova <strong>per</strong> consegnare a quel<br />

principe le chiavi del castello di Camposampiero e tale atto di sudditanza<br />

tanto piacque a Cane che, avute nelle mani le chiavi dei due castelli,<br />

le restitul a Tiso e Filippo creandoli suoi vicari nelle rispettive<br />

giurisdizioni.<br />

Però una orrenda macchia contaminò <strong>la</strong> fama di Tiso che, irritato<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> cattiva condotta del<strong>la</strong> madre e sorpresa<strong>la</strong> in fallo, <strong>la</strong> trucidò assieme<br />

al drudo.<br />

Mori in giovane età a Verona e nel<strong>la</strong> improvvisa ed immatura sua<br />

morte Scardeone intravvide <strong>la</strong> giustizia di Dio che puni il matricida<br />

(13 34) (47).<br />

Ai suoi funerali intervennero il vescovo ed i canonici del<strong>la</strong> cattedrale<br />

di Verona <strong>per</strong> ordine di Mastino del<strong>la</strong> Sca<strong>la</strong> (48).<br />

L'ultimo Tiso istitul erede di ogni suo avere, e quindi anche del castello<br />

di Camposampiero, lo zio Marsiglia da Carrara e <strong>per</strong> tal modo<br />

ebbe fine <strong>la</strong> signoria dei nostri feudatari su Camposampiero, che cominciata<br />

verso il 1013, si protrasse oltre 300 anni (1334).<br />

Anche dopo <strong>la</strong> <strong>per</strong>dita del loro feudo i conti di Camposampiero continuarono<br />

a possedere dei beni privati, case cioè e campi nel nostro<br />

paese, come lo provano le descrizioni mappali, le polizze d'estimo ed i<br />

contratti d'affittanza, che si possono consultare presso l'Archivio Civico<br />

di Padova; gli ultimi beni quivi posseduti dagli ex-feudatari furono<br />

venduti all'incanto ed acquistati da Vincenzo Allegri, nostro concittadino,<br />

verso il principio dello scorso secolo.<br />

(47) Ipse correptus divino judicio dysenterico morbo miserabiliter <strong>per</strong>iit - cosi lo Scardeone.<br />

Invece GIOVANNI DA NON, Cronica pago 32, cosi descrisse <strong>la</strong> fine dell'ultimo Tiso:<br />

«qual Tixon strangolò so Madre et lui fo decapitato in Verona a preghiere de Missier<br />

Marsiglia da Charrara ».<br />

(48) VEReI: Storia del<strong>la</strong> Marca Veronese e Trevigiana, Val. V, pago 79.<br />

IV<br />

I PRIMI 150 ANNI DEL FEUDO<br />

E <strong>CAMPOSAMPIERO</strong><br />

NEL PERIODO ECCELINIANO


SOMMARIO: Condizioni di Camposampiero sotto i feudatari. - Inimicizie fra i da<br />

Camposampiero e i da Romano. - Guelfi e Ghibellini e lotte comunali. - Imprese<br />

di Eccelino il Tiranno. - Conquista di Padova. - Crudeltà di Eccelino e<br />

di Ansedisio. - Crociata di liberazione. - Esterminio dei da Romano.<br />

Allorché il primo Tiso consegui l'investitura feudale di Camposampiero,<br />

questo, come buona parte del vicino territorio, doveva dipendere<br />

dai marchesi di Treviso succeduti a quei duchi longobardi che attraverso<br />

fortunate imprese, fra il 568 ed il 600, ne erano diventati signori<br />

e <strong>la</strong> signoria trasmisero ai marchesi i quali <strong>la</strong> ritennero fino al secolo XII.<br />

In quest'epoca il Comune di Padova, avendo acquistato assieme al<strong>la</strong><br />

potenza <strong>la</strong> coscienza dei propri diritti, mosse al<strong>la</strong> riconquista di quanto<br />

aveva <strong>per</strong>duto nei giorni del<strong>la</strong> debolezza e di quanto geograficamente<br />

apparteneva al territorio padovano e).<br />

Quale fosse <strong>la</strong> condizione di Camposampiero sotto i marchesi è cosa<br />

che difficilmente si può precisare <strong>per</strong> assoluta mancanza di documenti;<br />

è quindi incerto se fosse vil<strong>la</strong> di campagna o piuttosto cittadina di secondo<br />

ordine governata da un gastaldo con giurisdizione sulle contigue ville,<br />

come pure non si può, nemmeno approssimativamente, descrivere il numero<br />

degli abitanti e l'estensione del paese in quell'epoca e); è <strong>per</strong>ò<br />

cosa certa che, diventando Camposampiero feudo dei conti, fu sottratto<br />

al<strong>la</strong> dipendenza di Treviso ed assoggettato nelle cose e <strong>per</strong>sone a quel<strong>la</strong><br />

dei feudatari i quali vi esercitarono giurisdizione politica, civile, penale,<br />

(1) GENNARI: Cambiamenti dei confini del padovano. Pago 27 e seguenti.<br />

(2) Le prime notizie demografiche di Camposampiero risultano, in via indiretta, dal<br />

Codice repubblicano.<br />

79


amministrativa e militare <strong>per</strong> oltre 100 anni, non riconoscendo al disopra<br />

di se stessi, che l'im<strong>per</strong>atore n. Le condizioni del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione di Camposampiero<br />

erano quali si potevano attendere dopo quasi sei secoli di regl'esso,<br />

di semibarbarie e di incessante e deleterio <strong>la</strong>vorio di uomini e di<br />

elementi congiurati ai danni dell'Italia e massimamente delle provincie<br />

venete.<br />

Le abitazioni del territorio padovano, e <strong>per</strong> buona parte anche di<br />

Padova, erano di legno, di creta, di paglia, sempre co<strong>per</strong>te di paglia,<br />

senza vetri, senza foco<strong>la</strong>re, senza letti e con un solo ambiente che serviva<br />

a tutti gli usi; mancavano i ponti, mancavano le strade ed i corsi<br />

d'acqua, non contenuti da argini, nelle intumescenze si riversavano sulle<br />

campagne trasformandole in paludi; l'agricoltura era trascurata, di industria<br />

e commercio non v'era accenno e <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione, scarsa e miserabile,<br />

di tratto in tratto era decimata da pestilenze o da carestie.<br />

Le condizioni morali non erano punto migliori di quelle economiche,<br />

quindi non leggi, non giustizia, non vita sociale, in alto ed in basso<br />

ignoranza, violenze e dissolutezze.<br />

Tali dovevano essere le condizioni di Camposampiero e, possiamo<br />

anche aggiungere, di tutta l'Italia verso il 1000.<br />

Riporto dal Ve l'ci queste assennate osservazioni: «i feudatari fecero<br />

un beneficio grandissimo alle popo<strong>la</strong>zioni territoriali ... allora i popoli si<br />

misero a coltivare le campagne, a tagliare i boschi che da ogni parte li circondavano,<br />

a frenar l'impeto dei torrenti con escavazioni ecc. » (4). Sotto<br />

questo punto di vista il feudalismo fu un bene e fece del bene, mentre<br />

<strong>per</strong> altre ragioni fu un male, sempre <strong>per</strong>ò minore di quelli che allora<br />

travagliavano <strong>la</strong> società. E i benefici apportati dal feudalismo non tardarono<br />

a produrre i loro effetti nei cangiati costumi e nel<strong>la</strong> migliorata vita<br />

del<strong>la</strong> nostra popo<strong>la</strong>zione.<br />

Difatti dal<strong>la</strong> edificazione del castello, cui prestò o<strong>per</strong>a gran parte del<strong>la</strong><br />

popo<strong>la</strong>zione paesana, i nostri antenati impararono a conoscersi, ad intrecciare<br />

re<strong>la</strong>zioni, ad aiutarsi reciprocamente ed a condurre una vita piti<br />

umana e piti socievole, mentre dal<strong>la</strong> sistemazione dei corsi d'acqua, condotti<br />

a re cingere il castello, impararono a salvare casa e podere dal<strong>la</strong><br />

irruenza delle acque a mezzo di arginature, di canali e di altri <strong>la</strong>vori di<br />

difesa.<br />

(3) La separazione dal territorio trevigiano non avvenne subito, poiché anche nel 1064<br />

Imi<strong>la</strong> o Emilia, vedova di Tiso II (GLORIA, Doc. 188 Cod. Dipl., pago 218) dichiarava di<br />

appartenere al Comitato Trevigiano.<br />

(4) VERC!: Storia degli Eccelini, VoI. I, pago 7.<br />

80<br />

Come è naturale a pensare ed a credere, l'attività dei feudatari non si<br />

limitò al<strong>la</strong> erezione del<strong>la</strong> cerchia murata del castello, ma, <strong>per</strong> quel giusto<br />

senso di amor proprio che vuole il proprio feudo a nessun altro secondo<br />

nel<strong>la</strong> floridezza e nel benessere, si manifestò anche nel territorio, fuori<br />

del castello propriamente detto e venne esplicandosi con o<strong>per</strong>e e consigli<br />

diretti a combattere l'ignoranza stupida e cretina, a rendere piti utile<br />

<strong>la</strong> vita, piti miti i costumi, e soprattutto a cacciare quel<strong>la</strong> grande nemica<br />

del bene morale ed economico dell'uomo, l'inerzia, che dopo tanti secoli<br />

di ino<strong>per</strong>osità era diventata <strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia cronica dei nostri vecchi C).<br />

Possiamo adunque affermare che, coll'edificazione del castello, finisce<br />

un'epoca di regresso e di rovina e si apre un'era nuova di civiltà, di <strong>la</strong>voro<br />

e di risorgimento che si ricollega alle estinte tradizioni del<strong>la</strong> colonia<br />

romana, come ponte gettato attraverso l'abisso dell'alto medioevo.<br />

Circa <strong>la</strong> forma di governo adottata dai nostri conti vi è poco da aggiungere<br />

quando si dice che essi erano veri ed effettivi sovrani con pieni<br />

ed incontrastati diritti sopra <strong>per</strong>sone e cose del feudo. Avevano a loro<br />

servizio le cosiddette masnade (6) (il nome non aveva a quel tempo il significato<br />

di disprezzo che <strong>per</strong> buone ragioni assunse piti tardi), ed erano<br />

chiamati uomini di masnada, quelli che, avendo ricevuto dal conte un<br />

manso o un podere di sua proprietà, <strong>per</strong> <strong>la</strong>vorarlo e goderne i frutti, si<br />

obbligavano al servizio e soprattutto ad accorrere alle armi quando e<br />

dove il feudatario comandava.<br />

Il potere assoluto dei principi facilmente degenera in dispotismo tirannico<br />

ed oppressore che sempre ridesta nei sudditi il desiderio del<strong>la</strong><br />

emancipazione. Per tale via nel secolo XII dal feudalismo dispotico<br />

nacque il libero comune; ad onore del vero i nostri conti non abusarono<br />

mai del<strong>la</strong> loro autorità, che sep<strong>per</strong>o contem<strong>per</strong>are col<strong>la</strong> clemenza e col<strong>la</strong><br />

discrezione; dirò di piti ancora, i nostri conti non furono dominati da<br />

sete insaziabile di ampliamenti e di conquiste, non cercarono competizioni,<br />

né suscitarono lotte con i vicini feudatari, ma, vivendo alieni dalle<br />

imprese arrischiate, si accontentarono di godere in pace il loro feudo e,<br />

soprattutto, di figurare quali cittadini di Padova; a questo onore ci ten-<br />

(5) Il secolo X è caratterizzato dal<strong>la</strong> inerzia di tutti i popoli d'Europa fra i quali erasi<br />

diffusa <strong>la</strong> credenza che col 1000 il mondo doveva terminare e quindi ogni <strong>la</strong>voro era ritenuto<br />

inutile.<br />

(6) I nomi allora comuni nel<strong>la</strong> giurisprudenza o nell'uso feudale, di corte, curia, manso,<br />

masnada e manomissione (cioè concessione di libertà alle masnade) si incontrano parecchie<br />

volte anche nel testamento di Gerardino da Camposampiero (1190). VERCI, Cod.<br />

Eccel., pago 42.<br />

6<br />

8r


nero assai. Quindi i primi centocinquanta anni di dominio feudale trascorsero<br />

tranquilli; e piu lunghi ancora sarebbero stati gli anni di pace,<br />

se l'imprudente Gherardo, con azione turpe e dissennata, non avesse<br />

seminato il germe del<strong>la</strong> discordia tra le famiglie dei Camposampiero e<br />

dei da Romano che diventò <strong>la</strong> picco<strong>la</strong> favil<strong>la</strong> cui gran fiamma seconda C).<br />

Piu addietro, illustrando i membri del<strong>la</strong> casa Camposampiero, ho accennato<br />

all'ingiuria arrecata dagli Eccelini ai nostri conti ed al<strong>la</strong> subita<br />

vendetta di Gherardo; purtroppo <strong>la</strong> contesa non si arrestò a questo<br />

punto, altri elementi concorsero ad acuir<strong>la</strong>; l'orgoglio degli Eccelini,<br />

l'amor proprio dei Camposampiero ed i malvagi pungelli degli <strong>amici</strong><br />

misero nuova esca nel fuoco che divampò terribile in tutta <strong>la</strong> Marca e<br />

si propagò di generazione in generazione nelle due famiglie, cacciando le<br />

popo<strong>la</strong>zioni soggette in lunga e dolorosa serie di sventure. E come il piccolo<br />

rigagnolo, ingrossato lungo <strong>la</strong> via da ailluenti che versano il tributo<br />

delle loro acque, diventa il fiume dalle <strong>la</strong>rghe sponde che nel<strong>la</strong> sua rapida<br />

tutto abbatte e travolge, cosi il triste episodio familiare, che inimicò<br />

dapprima le due potenti case, ingrandito da nuove provocazioni, aggravato<br />

dalle rivalità sorte fra comune e comune, inasprito dagli adì di<br />

partito e spinto all'estremo dalle crudeltà dell'ultimo Eccelino, diventò<br />

<strong>la</strong> grande tormenta che <strong>per</strong> un secolo sconvolse <strong>la</strong> Marca e parte ancora<br />

del<strong>la</strong> Lombardia e non cessò finché non ebbe trovato il suo sbocco finale<br />

nel<strong>la</strong> tragedia di S. Zenone e nell'esterminio dei da Romano (1260).<br />

Il trattato di Costanza (1183) aveva segnato <strong>la</strong> pace fra i comuni italiani<br />

vincitori ed il vinto Barbarossa, non quel<strong>la</strong> <strong>per</strong>ò fra comuni e comuni<br />

che, gelosi ed invidiosi delle proprie fortune, tosto rivolsero contro<br />

se stessi le armi fino allora ado<strong>per</strong>ate contro l'im<strong>per</strong>atore; anche <strong>la</strong><br />

vertenza fra i Camposampiero e gli Eccelini era rimasta a<strong>per</strong>ta ed insoluta<br />

e vivo, nel cuore di Eccelino il Monaco, era il desiderio di vendicare<br />

l'affronto ricevuto da Gherardo.<br />

Tale desiderio <strong>per</strong>ò non lo distolse dalle sue mire ambiziose che lo<br />

portavano ad intromettersi nelle vertenze insorte fra comune e comune<br />

e fra partito e partito ed a brigare <strong>per</strong> l'aggiungere una posizione onorifica<br />

e vantaggiosa, onde nell' anno 1191 lo troviamo podestà di Treviso,<br />

piu tardi, scoppiati gl'avi dissensi fra il Comune di Padova e quelli<br />

di Vicenza e Verona, lo troviamo alleato dei Padovani e partecipe delle<br />

loro disfatte.<br />

(7) Vedi capitolo antecedente.<br />

Accortosi <strong>per</strong>ò che, seguendo questi ultimi, comprometteva <strong>la</strong> sua fortuna,<br />

occultamente si avvicinò ai Vicentini e con essi trattò <strong>la</strong> pace; fu<br />

<strong>per</strong> tale atto di <strong>per</strong>fidia che i Padovani insorsero contro di lui, e, tratto<br />

il carroccio dal<strong>la</strong> cattedrale, mossero compatti, nobili e plebei, all'assalto<br />

del castello di Onara che, conquistato, fu raso al suolo (1199); sembra<br />

che, dopo tale smacco, Eccelino <strong>la</strong>sciasse il nome di conte d'Onara, diventato<br />

obbrobrio so ed umiliante, ritenendo quello di Romano.<br />

Nel 1200 il Monaco diventò podestà di Verona, e, <strong>per</strong> tanti onorifici<br />

incarichi, assicuratasi una posizione forte e temuta, risolse di vendicarsi<br />

dei Camposampiero e lo fece con una azione non meno vergognosa di<br />

quel<strong>la</strong> di Gherardo. Accortosi che <strong>la</strong> giovinetta Maria, figlia di Gerardina<br />

e cugina di Tiso e di Gherardo III, nutriva nel cuore una certa<br />

predilezione <strong>per</strong> lui (molto probabilmente suscitata dalle sue arti astute)<br />

abusò del<strong>la</strong> fanciul<strong>la</strong> e <strong>la</strong> condusse seco nel castello di Bassano, ritenendo<strong>la</strong><br />

quale concubina. Dall'illecito commercio nacque una figlia di nome<br />

Ade1asia; ed Eccelino, ottenuto lo scopo di disonorare <strong>la</strong> famiglia dei<br />

suoi nemici, cacciò lungi da sè l'infelice Maria, ritenne Ade<strong>la</strong>sia ed, aggiungendo<br />

all'insulto lo scherno, richiese a Tiso e Gherardo <strong>la</strong> metà del<br />

castello di Campreto da Maria posseduto indiviso assieme ai cugini<br />

(1204) (8).<br />

Questi non vollero assolutamente acconsentire a tali pretese fondate su<br />

motivi non solo ingiusti, ma anche ignominiosi e, poiché Eccelino si mostrava<br />

disposto di sostenerle colle armi, i due fratelli ricorsero <strong>per</strong> aiuto<br />

al Comune di Padova ed al marchese di Este, i quali, accolto l'invito, allestirono<br />

un esercito e mossero contro Eccelino. Stavano gli eserciti nemici<br />

schierati l'uno di fronte all'altro in ordine di battaglia e non ::tspettavano<br />

che il cenno dei duci <strong>per</strong> venire alle armi, quando, fra i due campi,<br />

apparve <strong>la</strong> veneranda figura di Gerardo Offreducci o Pomedello vescovo<br />

di Padova, il quale, spinto da evangelica carità ed animato dal desiderio<br />

di risparmiare tante giovani esistenze e tanto pianto di genitori, di spose<br />

e di figli, si avvicinò ai duci e tanto disse e tanto fece che i contendenti<br />

si riconciliarono e, deposte le armi e licenziati i soldati, ritornarono alle<br />

loro case; cosI fu evitata l'inutile strage e Campreto restò ancora ai<br />

Camposampiero.<br />

L'odio tra gli Eccelini e i Camposampiero, momentaneamente sopito<br />

ma non estinto, poco dopo riarse piu violento <strong>per</strong> un'azione iniqua commessa<br />

dal marchese di Este con <strong>la</strong> complicità di Tiso VI.<br />

N cl carnevale del 1206 si dettero a Venezia straordinari spettacoli a<br />

(8) ROLANDINO: Chronica etc. libro I, capo 4.


cui parteciparono, invitati dal doge, molti signori di terraferma, fra di<br />

essi Azza IV d'Este e Tiso VI; ora avvenne che, mentre Eccelino ed il<br />

marchese passeggiavano nel<strong>la</strong> piazza di S. Marco, d'improvviso balzò dall'agguato<br />

un sicario armato di stile e si avventò su Eccelino, mentre nello<br />

stesso tempo il marchese lo afferrò <strong>per</strong> le braccia. Grazie al<strong>la</strong> sua forza,<br />

Eccelino riuscl a divinco<strong>la</strong>rsi dalle strette, a sottrarsi dai colpi dell'assassino<br />

ed a mettersi in salvo fra i suoi; non volle <strong>per</strong>ò pili oltre restare<br />

a Venezia e, benché le feste non fossero terminate, abbandonò <strong>la</strong> città<br />

ed ane<strong>la</strong>nte vendetta si ritirò nel suo castello C).<br />

L'attentato del marchese fu severamente biasimato dal doge, dai magistrati<br />

di quel<strong>la</strong> città e dai nemici stessi di Eccelino.<br />

Nell'anno 1211 troviamo il Monaco podestà di Vicenza, nominato<br />

dall'im<strong>per</strong>atore Ottone IV, e, diventato arbitro dei destini di quel<strong>la</strong><br />

città, lo vediamo prendere vendetta dei suoi nemici col<strong>la</strong> confisca delle<br />

sostanze, col<strong>la</strong> distruzione dei pa<strong>la</strong>zzi e col bando delle famiglie.<br />

Mentre era podestà di Vicenza insorse una fiera contesa fra i Padovani<br />

e i signori di Este, volendo i primi sottomettere i marchesi e le loro<br />

proprietà al<strong>la</strong> giurisdizione del Comune di Padova; in quest'occasione<br />

Eccelino, dimentico dei torti ricevuti dai Padovani e dell'onta di Onara<br />

e memore soltanto del suo odio contro il marchese, accorse alloro fianco<br />

ed aggiunse le sue masnade all'esercito padovano che marciava contro<br />

l'Estense eD).<br />

Nel<strong>la</strong> città di Ferrara, soggetta al marchese di Este, <strong>la</strong>vorava nell'interesse<br />

di Eccelino e contro il partito guelfo l'astuto Salinguerra, vir<br />

callidus, come lo defini il Ro<strong>la</strong>ndino; orbene, costui seppe cosi bene maneggiarsi,<br />

che nel 1222 <strong>la</strong> fazione ghibellina prevalse sul<strong>la</strong> guelfa ed<br />

Azza VII fu costretto a sloggiare. Uscito dal<strong>la</strong> città, il marchese si mise<br />

in cerca di <strong>amici</strong> e fautori e raccolto un forte esercito, nel quale mili-<br />

(9) L'attentato è raccontato diversamente dal Maurisio e dal Ro<strong>la</strong>ndino; l'uno afferma<br />

che fu <strong>per</strong>petrato contro <strong>la</strong> <strong>per</strong>sona di Eccelino, l'altro invece lo dice <strong>per</strong>petrato contro<br />

Bonacursio di Treviso, che in quel giorno vestiva il mantello d'Eccelino ed era stato<br />

scambiato con lui.<br />

Lorenzo dei Monaci, non so con quanta verità, afferma che il sicario era stato prezzo<strong>la</strong>to<br />

da Tiso VI.<br />

(IO) È noto come i comuni, acquistata <strong>la</strong> libertà, pensarono di assicurar<strong>la</strong> costringendo<br />

i feudatari ad abbandonare i loro castelli ed a discendere nel<strong>la</strong> città, sottomettendo feudi<br />

e <strong>per</strong>sone all'autorità del podestà. Nul<strong>la</strong> poté finora il Comune di Padova contro i marchesi<br />

d'Este <strong>per</strong> <strong>la</strong> loro potenza, <strong>per</strong> le loro aderenze e <strong>per</strong> il bisogno in cui si era trovato<br />

il Comune stesso di ricorrere al loro braccio. Questa volta i Padovani, pur di riuscire<br />

nell'intento, ricorsero all'aiuto di Eccelino, ed il marchese, nell'accordo che segui, fu<br />

costretto a cedere <strong>la</strong> rocca d'Este al Comune, a prendere <strong>la</strong> cittadinanza, ed a giurare<br />

obbedienza al podestà di Padova.<br />

tava Tisolino dei nostri conti, marciò al<strong>la</strong> riconquista del<strong>la</strong> città ribelle.<br />

Salinguerra allora, pensando di ottenere coll'astuzia quello che non poteva<br />

conseguire col<strong>la</strong> forza, mandò un'ambasciata al campo di Azza invitandolo<br />

ad entrare in città <strong>per</strong> un equo componimento. Azza cadde<br />

nel<strong>la</strong> rete abilmente tesa e vi entrò con molti del suo seguito.<br />

Per quello che poscia avvenne, e specialmente <strong>per</strong> quanto riguarda <strong>la</strong><br />

miseranda fine di Tisolino, rimando il lettore al capitolo antecedente.<br />

Tali notizie furono apprese con soddisfazione da Eccelino, <strong>per</strong>ché dirette<br />

a rialzare il partito ghibellino del quale era diventato l'antesignano<br />

e tendenti ad indebolire il partito guelfo ed a castigare i nemici di<br />

Este e di Camposampiero.<br />

Nello stesso anno Eccelino, seguendo un costume abbastanza frequente<br />

a quei tempi, si ritirava a vita privata nel monastero di Oliera (11) e<br />

poteva ben farlo; pesante infatti era il fardello delle colpe da espiare,<br />

molte e gravi le responsabilità accumu<strong>la</strong>te sul<strong>la</strong> sua coscienza, furibonde<br />

le liti e le contese suscitate.<br />

Dal<strong>la</strong> romita e silenziosa solitudine di Oliera non uscirà che nel seguente<br />

anno <strong>per</strong> recarsi a Bassano, nel<strong>la</strong> chiesa di S. Donato, a dividere<br />

le sue sostanze fra i figli Eccelino il tiranno ed Alberico e un'altra volta,<br />

poco prima di morire, <strong>per</strong> comporre un nuovo e gravissimo dissidio<br />

insorto fra il Tiranno ed il Comune di Padova.<br />

Eccelino il Monaco avea <strong>la</strong>sciato ai figli grande quantità di beni feudali<br />

ed allodiali, un nome, se non del tutto onorato, certamente temuto<br />

e famoso, <strong>amici</strong>, fautori, aderenti in tutte le città e, triste eredità, l'odio<br />

contro i Camposampiero. Questa fu raccolta dai due figli, mentre il<br />

piano politico fu continuato dall'ultimo Eccelino, <strong>per</strong> valore e <strong>per</strong> vizi<br />

il pili illustre del<strong>la</strong> famiglia dei da Romano e 2 ). Con questo principe,<br />

che a servizio del<strong>la</strong> causa ghibellina metterà <strong>la</strong> potenza del suo braccio,<br />

(11) Eccelino fu soprannominato il Monaco <strong>per</strong>ché si ritirò nel monastero di Oliero<br />

nell'ultimo <strong>per</strong>iodo del<strong>la</strong> sua vita, non fu <strong>per</strong>ò mai monaco nel vero senso del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>,<br />

<strong>per</strong>ché, a quanto pare, non fece professione religiosa.<br />

(12) Sul<strong>la</strong> <strong>per</strong>sona e sulle gesta dell'ultimo Eccelino ci hanno tramandato notizie questi<br />

storici contemporanei: Il Maurisio, cortigiano, esaltatore e difensore di Eccelino (<strong>la</strong><br />

cronaca del Maurisio si arresta al 1240); il Monaco padovano, guelfo ed avversario di<br />

Eccelino che spesso chiama mostro in carne umana, bevitore di sangue, primogenito di<br />

satana ecc.; il Ro<strong>la</strong>ndino, su<strong>per</strong>iore a tutti nel maneggio del<strong>la</strong> lingua, ma esso pure detrattore<br />

di Eccelino; anche Pietro Gerardo che il Verci, smentito dal Bonardi, vuole di<br />

molto posteriore ai fatti narrati, non va esente da amplificazioni e da mistificazioni.<br />

Il Verci valendosi delle o<strong>per</strong>e di questi cronisti, confrontandole con altre storie contemporanee,<br />

integrandole fra di loro, e con sagace critica, sceverando il vero dal falso, ci<br />

ha dato una esposizione fedele e completa delle gesta di Eccelino ed un ritratto abbastanza<br />

obiettivo di questo <strong>per</strong>sonaggio, a cui non si possono certamente negare grandi qualità in-


<strong>la</strong> tenacia del<strong>la</strong> sua volontà e <strong>la</strong> grandezza innegabile del<strong>la</strong> sua mente,<br />

<strong>la</strong> lotta entra nel<strong>la</strong> fase pili acuta, gli odì s'addensano, le discordie<br />

si moltiplicano, le vendette e le provocazioni si succedono senza tregua,<br />

il fiume ingrossa ed abbatte ogni ostacolo, l'incendio divampa furibondo<br />

e si estende a buona parte dell'alta Italia; <strong>la</strong> causa fra i da Romano e i<br />

Camposampiero passa in seconda linea e viene assorbita dal<strong>la</strong> grande<br />

causa politica che agita gli uomini ed appassiona gli spiriti e divide i fratelli,<br />

che uno stesso vallo e una stessa fossa serra, nei due grandi partiti,<br />

l'un contro l'altro armati, il partito guelfo ed il ghibellino.<br />

Del partito ghibellino ben presto Eccelino diventa il condottiero, il<br />

difensore, il propagatore e nessuno gli contende questo posto a cui lo<br />

hanno chiamato le sue eccezionali qualità politiche e militari; egli <strong>per</strong>ò<br />

non si accontenta del solo onore, <strong>per</strong>ché nel<strong>la</strong> causa di partito non vede<br />

un fine, ma piuttosto un mezzo di cui servirsi <strong>per</strong> soddisfare le sue mire<br />

ambiziose che lo portano ad agognare il dominio dell'alta Italia. Ma<br />

contro Eccelino e contro i suoi grandiosi progetti si schierano i guelfi ed<br />

al<strong>la</strong> loro testa si mettono i marchesi d'Este, i soli signori che <strong>per</strong> potenza,<br />

nobiltà, aderenze possono competere con esso; nello stesso partito, ma a<br />

qualche distanza, militano il conte Rizzardo di Sambonifacio ed i conti<br />

di Camposampiero.<br />

Nell'immane conflitto Eccelino, passando di vittoria in vittoria, giunge<br />

a sottomettere tutte le città del<strong>la</strong> Marca, Padova compresa, <strong>la</strong> grande<br />

nemica di Eccelino; i suoi rivali, l'uno dopo l'altro umiliati, o ne accettano<br />

<strong>la</strong> signoria, o prendono <strong>la</strong> via dell'esilio, o, accusati di tradimento,<br />

pagano il fio del<strong>la</strong> loro colpa talvolta reale, il pili delle volte supposta, con<br />

il patibolo; già le armi vincitrlci di Eccelino, varcati i confini del<strong>la</strong> Marca,<br />

passano a soggiogare <strong>la</strong> Lombardia ed il sogno di un im<strong>per</strong>o esteso all' Alta<br />

Italia sta <strong>per</strong> diventare una realtà, quando una formidabile crociata di<br />

cui Padova è <strong>la</strong> promotrice, Tiso VII gonfaloniere, un altro papa Alessandro,<br />

come ai tempi del Barbarossa, il banditore, arresta il conquistatore<br />

nel<strong>la</strong> marcia trionfale, lo sconfigge, lo umilia, abbatte il suo dominio<br />

e tronca <strong>la</strong> sua vita con quel<strong>la</strong> di tutta <strong>la</strong> sua famiglia (1259 e 1260).<br />

tellettuali, politiche, militati c diplomatiche, come non si può negare una frenesia di conquiste<br />

che, attraversata e contrastata dai suoi avversari, lo spinse alle vendette nelle quali<br />

si mostrò inesorabile e feroce.<br />

Recentemente scrissero intorno ad Eccelino il Bonardi, il Mitis e, fra i Tedeschi, il<br />

Gitterman. Quest'ultimo ne fece una questione di razza e tentò di riabilitare, non so con<br />

quanta fortuna, il suo connazionale.<br />

86<br />

Nel 1224 Azzo di Este, Rizzardo di Sambonifacio e Giacomo da Camposampiero,<br />

volendo vendicare <strong>la</strong> morte di Tisolino, assalirono il castello<br />

di Fratta, posseduto da Salinguerra, ed espugnatolo, lo rasero al suolo,<br />

trucidando spietatamente uomini, donne e fanciulli; Salinguerra comunicò<br />

l'infortunio ad Eccelino che lo confortò con <strong>la</strong> promessa di una vendetta<br />

sollecita ed esemp<strong>la</strong>re (13).<br />

Nell'anno 1226 Eccelino, col<strong>la</strong> rapidità del baleno, si portò da Bassano<br />

a Verona, ivi arrivò inaspettato, sollevò <strong>la</strong> città contro Rizzardo di Sambonifacio<br />

ed il partito guelfo, costrinse il primo a riparare a Mantova e<br />

diventò egli stesso il podestà di Verona.<br />

L'anno appresso Vicentini e Padovani, capitanati da Azzo VII, si unirono<br />

contro Eccelino ed armarono un forte esercito, ma quegli non si<br />

<strong>per</strong>dette d'animo, raccolse le fedeli masnade del pedemonte bassanese ed<br />

aso<strong>la</strong>no, piombò sui collegati, li attaccò, li sconfisse, li mise in fuga<br />

alle porte di Vicenza e si impadroni del<strong>la</strong> città. Per tali successi in breve<br />

tempo estese il suo dominio su Vicenza, su Verona ed anche su Trento,<br />

<strong>per</strong>ché questa ultima città si era data a Verona e dovette quindi seguirne<br />

le sorti; <strong>per</strong> quanto riguarda Treviso ci assicurano il Ro<strong>la</strong>ndino ed il<br />

Maurisio che nul<strong>la</strong> si deliberava da quei cittadini senza il consiglio o <strong>la</strong><br />

approvazione di Eccelino.<br />

Per le vittorie di Verona e di Vicenza Eccelino aveva umiliato due<br />

dei suoi nemici, il conte di Sambonifacio ed il marchese di Este, restavano<br />

ancora impuniti i Camposampiero, ma anche <strong>per</strong> questi venne <strong>la</strong> loro<br />

volta.<br />

Trovandosi Eccelino a Bassano, distaccò alcune masnade e, con quel<strong>la</strong><br />

celerità da cui faceva dipendere l'esito del<strong>la</strong> battaglia, le condusse all'assalto<br />

del castello di Fonte, appartenente ai nostri conti; il suo arrivo,<br />

nè atteso, nè sospettato, mise in iscompiglio i pochi difensori i quali si<br />

diedero a precipitosa fuga: onde il castello fu conquistato senza difficoltà<br />

e, finita l'impresa, Eccelino ritornò a Bassano conducendo seco il giovanetto<br />

Guglielmo Camposampiero che nel fuggi fuggi era stato dimenticato<br />

(1227).<br />

La notizia di questi fatti arrecò immenso dolore ai Padovani; fu subito<br />

radunato il Maggior Consiglio e <strong>la</strong> seduta, breve e concitata, terminò col<br />

grido da tutti ripetuto: Vendetta! Vendetta! Fu tratto il carroccio dal<strong>la</strong><br />

cattedrale e nobili e popo<strong>la</strong>ni presero le armi e si avviarono verso Bassano,<br />

giunti a Fontaniva abbatterono quel castello, posseduto da Ecce-<br />

(13) VEReI: Codice Eccel., pagg. 92 e 93.


lino, quindi ripresero <strong>la</strong> via verso Bassano. L'eco di tali avvenimenti<br />

giunse agli orecchi del doge di Venezia e dei magistrati di quel<strong>la</strong> città e<br />

tosto furono mandati ai due campi i procuratori Marco Quirini e Matteo<br />

Bon <strong>per</strong> indurre i contendenti ad un amichevole accordo, evitando <strong>la</strong><br />

guerra.<br />

I due ambasciatori si recarono dapprima a Padova e, presso il Consiglio<br />

di quel<strong>la</strong> città, Matteo Bon, ottenuta <strong>la</strong> facoltà di par<strong>la</strong>re, <strong>per</strong>orò <strong>la</strong><br />

causa del<strong>la</strong> pace, esortando i cittadini a rimettere <strong>la</strong> decisione del<strong>la</strong> loro<br />

vertenza all' arbitrato del doge di Venezia che avrebbe giudicato pro bono<br />

et aequo.<br />

I Padovani lodarono e ringraziarono doge ed ambasciatori <strong>per</strong> le<br />

buone intenzioni dimostrate, ma rifiutarono recisamente di venire a patti<br />

con Eccelino, a qualunque condizione e 4 ). Delusi <strong>per</strong> l'insuccesso gli ambasciatori<br />

presero <strong>la</strong> via di Bassano, dove giunti ed ammessi al cospetto di<br />

Eccelino, Marco Quirini, presa <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> ed esposto l'oggetto del<strong>la</strong> ambasciata,<br />

esortò Eccelino a restituire il castello di Fonte ai Camposampiero<br />

ed a rimettere ogni differenza con i Padovani all'arbitrato del doge<br />

il quale lo amava, lo stimava e prendeva a cuore <strong>la</strong> sua causa eS).<br />

Quegli ascoltò con attenzione l'arringa e, quando il Quirini ebbe finito<br />

di par<strong>la</strong>re, cominciò <strong>la</strong> memorabile risposta che il Ro<strong>la</strong>ndino ci ha tramandato<br />

nel secondo libro del<strong>la</strong> sua cronaca e che brevemente riassumerò<br />

cosi:." Con modi quanto mai cortesi dapprima ringraziò il doge<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> sua nobile profferta e gli ambasciatori <strong>per</strong> il compito assunto, con<br />

voce quasi pietosa ricordò i torti recenti e vecchi ricevuti dai Camposampiero,<br />

che pure si vantavano suoi parenti; tacque naturalmente le offese,<br />

le provocazioni e le vendette, solo atteggiandosi a vittima ingiustamente<br />

<strong>per</strong>seguitata; ma infine, preso l'abituale tono di voce e rive<strong>la</strong>ndo, senza<br />

ipocrisia, il suo carattere fiero e spavaldo, conchiuse il suo dire con queste<br />

parole che al<strong>la</strong> distanza di sette secoli ancora fanno impressione: «<strong>la</strong>sciate,<br />

<strong>la</strong>sciate che <strong>la</strong> vertenza segua il suo corso naturale e venga decisa colle<br />

(14) ROLANDINO: op. cito libro II, cap. 12.<br />

(15) Il Gitterman dubita sul<strong>la</strong> autenticità di questi discorsi che attribuisce al<strong>la</strong> fantasia<br />

del Ro<strong>la</strong>ndino. Ma contro tale asserzione stanno questi fatti:<br />

1. che <strong>la</strong> missione avvenne;<br />

2. che gli ambasciatori par<strong>la</strong>rono a Padova ed a Bassano;<br />

3. che, fedeli all'incombenza avuta dal doge, dovettero tenere un linguaggio di conciliazione<br />

ed a tali sentimenti sono ispirati i discorsi riferiti dal Ro<strong>la</strong>ndino.<br />

Che poi tutte le parole scritte dal Ro<strong>la</strong>ndino siano o no uscite dal<strong>la</strong> bocca degli ambasciatori,<br />

è un'altra faccenda. Ogni uomo di buon senso capisce che lo storico, non essendo<br />

stato presente alle arringhe, non poteva registrare le precise parole degli oratori,<br />

ma doveva accontentarsi di riferirne lo spirito informatore e <strong>la</strong> sostanza di esse.<br />

88<br />

armi; voglio vedere io che cosa sapranno fare i Padovani i quali non ancora<br />

conoscono quanto possa e quanto valga <strong>la</strong> casa dei da Romano. Iddio,<br />

giusto giudice, farà sì che, prima del ritorno alle loro case, sopra<br />

di essi piombi il meritato castigo, che li farà pentire di tutte le loro scellerate<br />

azioni» e 6 ). Gli ambasciatori <strong>la</strong>sciarono Bassano mogi, mogi e ritornarono<br />

a Venezia <strong>per</strong> riferire al doge l'esito infruttuoso del<strong>la</strong> loro<br />

missione.<br />

Intanto i Padovani da parecchi giorni avevano cinto d'assedio il castello<br />

di Bassano senza riuscire ad espugnarlo, mentre i soldati di Eccelino<br />

con ardite incursioni molestavano il nemico.<br />

Vuole un'antica tradizione che anche il vecchio Eccelino, informato<br />

sullo stato delle cose e pressato da <strong>per</strong>sone amiche del<strong>la</strong> pace, abbia<br />

abbandonato il romitaggio di Oliero e si sia recato dal figlio <strong>per</strong> indurlo,<br />

con preghiere e con <strong>la</strong>grime, al<strong>la</strong> restituzione del castello di Fonte, ma<br />

anche <strong>la</strong> mediazione del padre a nul<strong>la</strong> avrebbe approdato, se non si<br />

fosse aggiunta l'o<strong>per</strong>a efficace di alcune <strong>per</strong>sone religiose che si recarono<br />

a Bassano portando il messaggio del<strong>la</strong> giustizia e del<strong>la</strong> pace.<br />

La loro voce fu ascoltata da Eccelino e l'esito del<strong>la</strong> ambasciata fu<br />

oltremodo fortunato e 7 ).<br />

Il Ro<strong>la</strong>ndino, che in quell'occasione militava nel campo dei Padovani<br />

e fu testimonio di quanto avvenne, ci ha tramandato questi partico<strong>la</strong>ri<br />

drammatici, che viemeglio fanno conoscere il carattere di Eccelino.<br />

I due eserciti, di Padova cioè e di Eccelino, stavano di fronte l'uno all'altro<br />

ed il solo Brenta li divideva, quando d'un tratto Eccelino balza<br />

(16) ROLANDINO: Op. cit., libro II, cap. 14. Ho tradotto il <strong>per</strong>iodo in lingua italiana.<br />

(17) Il Ro<strong>la</strong>ndino accenna ad alcuni <strong>amici</strong> di casa da Romano ed a <strong>per</strong>sonae religiosae<br />

quaedam che sarebbero venute al campo di Bassano <strong>per</strong> piegare a piti miti consigli l'animo<br />

fiero di Eccelino. Da questo accenno generico il VEReI, e prima di lui l'Azzoguidi,<br />

arguirono e dedussero <strong>la</strong> partecipazione di S. Antonio di Padova all'ambasciata. Ma contro<br />

di essi sorse il SALVAGNINI, S. Antonio di Padova ed i suoi tempi, Torino 1887, ad<br />

impugnar il fatto e contro il Salvagnini lo Scrinzi, S. Antonio di Padova e il suo tempo,<br />

Padova 1895, a rivendicarlo, benché timidamente. Credo inutile ogni polemica sull'argomento,<br />

<strong>per</strong>ché i fatti suesposti si svolsero nell' autunno del 1228 e <strong>la</strong> comparsa ufficiale<br />

di S. Antonio da Padova avvenne verso <strong>la</strong> fine del 1229. ROLANDINO: Op. cito libro II,<br />

cap. 19.<br />

Quali fossero <strong>per</strong>sonae religiosae accennate dal Ro<strong>la</strong>ndino, è difficile precisarlo; potranno<br />

essere state il grande moderatore del<strong>la</strong> politica del Comune di Padova il B. Giordano<br />

Forzatè ed il B. Arnaldo da Limena, suo correligionario od anche il B. Gua<strong>la</strong> vescovo<br />

di Brescia; quest'ultimo <strong>per</strong> delegazione pontificia, appunto in quel tempo stava compiendo<br />

una missione pacificatrice nell'alta Italia; non vi partecipò certamente Giordano<br />

Maltraverso, vescovo di Padova, morto nell'autunno del 1228.<br />

Anche lo Sparacio, pure ammettendo una comparsa di S. Antonio di Padova anteriore<br />

al 1229, non accetta <strong>la</strong> prima missione del Santo presso Eccelino «<strong>per</strong> mancanza di vere<br />

prove ».


in groppa di un cavallo, lo sprona verso <strong>la</strong> riva, lo fa discendere e lo<br />

caccia riluttante nelle acque del fiume. Tutti gli sguardi sono fissi sul<strong>la</strong><br />

sua <strong>per</strong>sona che appena si eleva sopra le acque; allora Stefano Badoer, podestà<br />

di Padova e capitano generale dell'esercito, intuendo ciò che sta <strong>per</strong><br />

avvenire, prende <strong>la</strong> via del<strong>la</strong> riva <strong>per</strong> incontrarsi con Eccelino, ma questi<br />

si ferma in mezzo al fiume, alza <strong>la</strong> testa, tende il braccio verso il campo<br />

nemico e giura <strong>la</strong> pace, poi rivolge il cavallo sulle peste di prima, risale<br />

<strong>la</strong> riva e raggiunge i suoi eS). Ciò avvenne nell'autunno 1228.<br />

Le competizioni di partito, cosi frequenti in quell'epoca, non impedivano<br />

le contese fra comune e comune, suscitate e tenute deste dal<strong>la</strong> ambizione<br />

di estendere i propri confini a danno degli altri; così da oltre un<br />

secolo ferveva un'ostinata lotta fra il Comune di Padova e quello di<br />

Treviso <strong>per</strong> il possesso di Feltre e di Belluno ed ultimamente i Trevigiani<br />

spalleggiati da Eccelino, erano riusciti ad occupare le due città. Quindi i<br />

Padovani, l'accolto un esercito, capitanato dal podestà Stefano Badoer, invasero<br />

il territorio trevisano mettendo a ferro e a fuoco case, campagne e<br />

quanto capitava nelle loro mani, i Trevigiani fecero altrettanto contro i<br />

Padovani. In una di queste spedizioni di rappresaglia Padovani e Trevisani<br />

si scontrarono a Loreggia e 9 ), e nel territorio di questo paese, fu combattuta<br />

un'accanita battaglia che durò tutto il giorno e terminò con esito<br />

incerto (1229). Ritornati in città i Padovani radunarono il Maggior Consiglio<br />

e decretarono di devastare due volte all'anno il territorio trevisano<br />

finché non fossero restituite le città di Feltre e di Belluno; né i Trevisani<br />

vollero essere da meno, poiché, a quanto sembra, anch'essi si impegnarono<br />

di guastare <strong>per</strong> due volte all'anno il territorio padovano, fissando un<br />

premio <strong>per</strong> chi avesse arrecato maggior quantità di danni al nemico. Tali<br />

obbrobrio si decreti furono subito cassati <strong>per</strong> merito del legato pontificio<br />

il B. Gua<strong>la</strong>, vescovo di Brescia, e, pare anche, con <strong>la</strong> coo<strong>per</strong>azione. di<br />

Sant'Antonio di Padova.<br />

La vertenza fl'a Eccelino e i Camposampiero, momentaneamente sopita,<br />

fu ride stata da nuove provocazioni.<br />

Nell'anno 1230 le masnade di Eccelino e di Alberico, sobil<strong>la</strong>te da promesse<br />

e da denaro, si ribel<strong>la</strong>rono ai rispettivi signori, proc<strong>la</strong>marono <strong>la</strong><br />

propria libertà e ricusarono di piu oltre obbedire, né paghe di tutto questo<br />

si impadronirono del castello di Bassano.<br />

Eccelino eO), venuto a cognizione di questi atti sediziosi, radunò una<br />

(18) Il Ro<strong>la</strong>ndino comincia <strong>la</strong> narrazione colle parole «et ego vidi etc. ».<br />

(19) Dopo <strong>la</strong> battaglia di Loreggia i Padovani fortificarono e presidiarono il castello<br />

di Camposampiero. VERCI: Storia degli Eccetini, voI. II, pago 25.<br />

(20) Si trovava allora a Verona.<br />

certa quantità di soldati e col<strong>la</strong> consueta velocità li portò a Bassano, cinse<br />

di assedio quel castello, ed espugnatolo, parte trucidò e parte fece prigionieri<br />

i ribelli; quelli che riuscirono a scappare trovarono accoglienza,<br />

servizio ed onore presso Azzo VII di Este, Tiso VI da Camposampiero<br />

e Rizzardo di Sambonifacio e tale fatto confermò i sospetti di Eccelino<br />

e diventò causa di nuovi rancori fra i da Romano ed i Camposampiero.<br />

Nell'anno stesso Rizzardo di Sambonifacio in un conflitto, avvenuto a<br />

Verona e provocato da Eccelino, cadde prigioniero e fu ritenuto nel pa<strong>la</strong>zzo<br />

del podestà; allol'a il marchese di Este, i Camposampiero ed i Padovani,<br />

si mossero <strong>per</strong> liberarlo e, <strong>per</strong> intimorire Eccelino, invasero con<br />

numerose truppe il territorio veronese, ma <strong>la</strong> spedizione non ottenne<br />

lo scopo.<br />

Anche S. Antonio di Padova, molto probabilmente interessato da Tiso,<br />

amico di Rizzardo e del Santo, benché ma<strong>la</strong>ndato in salute, imprese<br />

il viaggio di Verona ed affrontò il Tiranno richiedendo gli <strong>la</strong> liberazione<br />

del conte; fu accolto cortesemente, non <strong>per</strong>ò esaudito, <strong>per</strong>ché Eccelino<br />

gli fece capire che ragioni politiche lo consigliavano a non concedere il<br />

favore implorato.<br />

A proposito di questo diniego il Ro<strong>la</strong>ndino giustamente osserva che<br />

« nihil preces etiam si sin t justae fructijicant ubi l1ullus est ramul1culus<br />

charitatis » e 1 ).<br />

(21) Sul<strong>la</strong> missione di S. Antonio i cronisti ed i biografi posteriori hanno affermato<br />

cose che non sembrano reggere al<strong>la</strong> buona critica, <strong>per</strong>ché non comprovate dalle re<strong>la</strong>zioni<br />

contemporanee, né confermate dai fatti che seguirono; e ci hanno rappresentato il Santo,<br />

di fronte ad Eccelino, nell'atteggiamento di Natan profeta, che con terribile ed audace<br />

invettiva rinfaccia le scelleratezze e minaccia i castighi del Cielo, ed Eccelino di fronte<br />

al Santo, in veste di penitente che riconosce i suoi falli e si getta ai piedi col cilicio al<br />

collo, chiedendo <strong>per</strong>dono e promettendo ammenda.<br />

Veramente il Ro<strong>la</strong>ndino dice soltanto che S. Antonio, pressato dagli <strong>amici</strong> di Rizzardo<br />

Sambonifacio, si recò a Verona ed ai Rettori di Lombardia, ivi radunati assieme ad Eccelino,<br />

richiese <strong>la</strong> liberazione di Rizzardo, avutane ripulsa, ritornò a Padova, donde poco<br />

dopo parti <strong>per</strong> Camposampiero. Il Ro<strong>la</strong>ndino nel<strong>la</strong> sua esposizione trova consenziente<br />

l'anonimo e contemporaneo autore del<strong>la</strong> Vita di Rizzardo conte S. Bonifacio. MURATORI:<br />

Rer. It, Script., Tomo VIII. Con ciò, mentre nul<strong>la</strong> si detrae alle virtu <strong>per</strong>sonali ed al<strong>la</strong><br />

pietosa missione di S. Antonio, si rende un servizio al<strong>la</strong> verità, spogliando<strong>la</strong> da quei drammatici<br />

partico<strong>la</strong>ri che, certo in buona fede, gli storici posteriori vi hanno ricamato attorno.<br />

È bene anche avvertire che le maggiori crudeltà di Eccelino datano dall'anno 1237,<br />

cioè dal<strong>la</strong> conquista di Padova e sono quindi posteriori di sei anni al<strong>la</strong> morte di S.<br />

Antonio.<br />

L'unico documento di poco posteriore al Santo, che al<strong>la</strong> sua missione attribuisca<br />

partico<strong>la</strong>ri tragici è <strong>la</strong> leggenda «Benignitas» di fra Giacomo Peckham (1274-79).<br />

Del resto che S. Antonio, cOSI ze<strong>la</strong>nte del<strong>la</strong> salvezza delle anime e del<strong>la</strong> conversione<br />

dei peccatori, abbia usato qualche paro<strong>la</strong> forte di richiamo verso l'ostinato Eccelino, non<br />

è cosa improbabile.


S. Antonio, ritornato a Padova e ragguagliato il podestà sull'esito negativo<br />

del<strong>la</strong> sua missione, poco dopo prese <strong>la</strong> via di Camposampiero con<br />

grieve gramezza dei pavani, come nota un cronista di poco posteriore, ed<br />

arrivato verso <strong>la</strong> metà del Maggio 1231 vi stette fino al<strong>la</strong> mattina del<br />

13 Giugno quando, distrutto dal male e vicino a morire, desiderando di<br />

rendere l'anima a Dio tra i confratelli di Padova, fu adagiato su di un<br />

carro campestre e trasportato verso <strong>la</strong> città, ma <strong>la</strong> morte lo colse all'Arcel<strong>la</strong><br />

(13 Giugno 1231).<br />

Benché alquanto estraneo al<strong>la</strong> <strong>storia</strong> di Camposampiero, non voglio<br />

passar sotto silenzio un fatto grandioso che tanto rumore levò in tutta<br />

Italia e tante belle s<strong>per</strong>anze, troppo presto deluse, suscitò in tutti.<br />

Nel 1233 il Papa B. Gregorio IX, volendo metter fine a tante discordie<br />

che <strong>la</strong>ceravano le città del<strong>la</strong> Marca, delegò il B. Giovanni da Schio, frate<br />

domenicano in grande estimazione presso i potenti e presso il popolo,<br />

a predicare nelle singole città <strong>la</strong> pace e il <strong>per</strong>dono cristiano.<br />

Il buon frate, assolto il suo compito, ebbe <strong>la</strong> geniale idea di raccogliere<br />

assieme signori e popolo <strong>per</strong> <strong>la</strong> cerimonia del<strong>la</strong> riconciliazione; <strong>la</strong> sua voce<br />

fu ascoltata, e marchesi, duchi, conti, podestà, vescovi, abati, frati di ogni<br />

ordine ed una massa immensa di popolo si trovarono nel luogo convenuto;<br />

frate Giovanni tenne una fervorosa orazione sul<strong>la</strong> pace e fu spettacolo<br />

commovente <strong>la</strong> vista di tanti nemici che giurarono di cessare gli<br />

odì, si promisero amore, suggel<strong>la</strong>ndo tali propositi col bacio del<strong>la</strong> riconciliazione<br />

e 2 ).<br />

Il Maurisio, con evidente esagerazione, afferma che i convenuti furono<br />

400.000 e Parisio da Cereda aggiunge che, dopo i tempi di Gesu Cristo,<br />

mai si era veduta tanta turba di gente attorno ad una <strong>per</strong>sona. Purtroppo<br />

i frutti del<strong>la</strong> pace non vennero a maturità, <strong>per</strong>ché presto compromessi<br />

da rivalità e da inimicizie che scoppiarono ancora piu accanite di<br />

prima, onde nell'anno appresso troviamo i Padovani in lotta coi Trevisani<br />

<strong>per</strong> l'eterna questione di Feltre e Belluno; Azzo di Este e i Camposampiero<br />

in lotta con Eccelino; Treviso, Padova, Vicenza e Verona agitate,<br />

sconvolte e divise da partiti furibondi che convertono le strade<br />

pubbliche in campi di battaglia, ave il sangue fraterno scorre e, come<br />

avviene di solito, che fra due litiganti il terzo gode, di queste discordie<br />

tra Comuni e Comuni approfitterà l'im<strong>per</strong>atore Federico II, disceso in<br />

Italia nel 1236, <strong>per</strong> abrogare le autonomie comunali e <strong>per</strong> ridurre le città<br />

italiane alle condizioni in cui si trovavano prima del<strong>la</strong> pace di Costanza.<br />

(22) La grandiosa assemblea fu tenuta a Paquara, sulle rive dell'Adige, il 28 Agosto<br />

1233.<br />

9 2<br />

La guerra sta ora <strong>per</strong> entrare in una nuova fase, <strong>per</strong>ché Eccelino sicuro<br />

ormai del fatto suo, di gran lunga su<strong>per</strong>iore <strong>per</strong> autorità e potenza ad<br />

ogni nemico e forte dell'appoggio dell'im<strong>per</strong>atore viene attuando il sogno,<br />

da molto tempo vagheggiato, di crearsi una vasta signoria estesa al<strong>la</strong><br />

Marca Trevisana ed al<strong>la</strong> Lombardia.<br />

Quindi nell'anno 1236, aiutato dalle milizie tedesche al seguito dell'im<strong>per</strong>atore<br />

e 3 ), entra a Vicenza e non come podestà che deve rendere<br />

conto del suo o<strong>per</strong>ato, ma come vero ed effettivo signore che nominerà<br />

il podestà, riformerà statuti e costumi, disponendo a suo talento delle<br />

<strong>per</strong>sone e delle sostanze dei nemici; nello stesso anno Eccelino fa l'ingresso<br />

a Verona, con Verona viene Trento e 4 ), e queste città costituirono<br />

il primo nucleo del nuovo principato; un tentativo di occupare Treviso<br />

viene allora frustrato dal podestà Pietro Tiepolo, ma poco piu oltre durerà<br />

anche l'indipendenza di questa città.<br />

Per l'occupazione delle città vicine e <strong>per</strong> <strong>la</strong> disfatta del partito guelfo,<br />

<strong>la</strong> situazione di Padova era divenuta estremamente critica, ed Eccelino<br />

puntava su di essa, rimasta so<strong>la</strong> ed abbandonata da tutti.<br />

Ma l'astuto principe non voleva impadronirsene con <strong>la</strong> forza; egli voleva<br />

distruggere <strong>la</strong> prevenzione che i Padovani avevano contro <strong>la</strong> sua<br />

<strong>per</strong>sona e contro il suo governo ed ambiva di entrare in Padova non come<br />

conquistatore temuto ed esecrato, ma come signore beneviso, desiderato e<br />

chiamato dal<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione. Per arrivare a questo scopo, con promesse<br />

e con denaro, egli aveva guadagnato molti cittadini cospicui al<strong>la</strong> sua causa<br />

e questi andavano sussurrando essere impossibile ogni resistenza ad Eccelino,<br />

non doversi esporre l'esercito a certa disfatta, i cittadini a vendette<br />

ed a rappresaglie, ma doversi trattare piuttosto onorifiche condizioni<br />

di resa, mentre Eccelino era disposto a <strong>la</strong>rgheggiare di concessioni ed a<br />

prodigare grazie e favori ai cittadini. Contro costoro combatteva colle parole<br />

e coi fatti il grande pa<strong>la</strong>dino del<strong>la</strong> libertà del<strong>la</strong> patria il B. Giordano<br />

Forzatè eS); il coraggioso frate andava dicendo che <strong>la</strong> capito<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong><br />

(23) Eccelino, par<strong>la</strong>ndo con Federico II e quere<strong>la</strong>ndo si con lui, attribuiva i torti ricevuti<br />

dai Padovani, alle insinuazioni dei conti di Camposampiero quorum nutu omnia<br />

gerebantur. LORENZO DEI MONACI: Ezerinus III, in MURATORI, Rer. ltalic. Script., Tomo<br />

VIII. pago 143.<br />

(24) Veramente Eccelino fu costituito da Federico II vicario im<strong>per</strong>iale delle città conquistate,<br />

ma <strong>la</strong> sua soggezione all'im<strong>per</strong>atore fu soltanto di forma, in realtà Eccelino governò<br />

da vero ed effettivo signore, tanto è vero che presto si sbarazzò di Gaboardo messogli<br />

a fianco dall'im<strong>per</strong>atore.<br />

(25) Scrisse lo Scardeone che nelle cose difficili il Comune di Padova ricorreva al B.<br />

Giordano, come Roma a Catone.<br />

93


città, baluardo del partito guelfo, sarebbe stato atto esecrabile di debolezza,<br />

che non conveniva fidarsi delle promesse di Eccelino il quale, raggiunto<br />

il suo scopo, avrebbe gittato <strong>la</strong> maschera ed oppressi i Padovani,<br />

che non si doveva assolutamente ascoltare il consiglio di quelli che volevano<br />

a qualunque condizione <strong>la</strong> pace, poiché costoro non par<strong>la</strong>vano <strong>per</strong><br />

il bene del<strong>la</strong> patria, ma <strong>per</strong> l'interesse proprio e <strong>per</strong> interesse di Eccelino<br />

da cui avevano ricevuto denaro e piu ne avrebbero ottenuto, se fossero<br />

riusciti ad imporre <strong>la</strong> loro volontà ai concittadini e 6 ). Ma <strong>la</strong> sua voce<br />

non fu ascoltata, <strong>la</strong> fellonia di alcuni e <strong>la</strong> paura di molti, le minacce di<br />

Eccelino e le sue promesse che accrebbero l'una e l'altra, disanimarono i<br />

Padovani tanto che il podestà Marino Badoer vista <strong>la</strong> impossibilità di<br />

comporre le discordie e di organizzare una seria difesa si ritirò con <strong>la</strong><br />

famiglia a Venezia.<br />

Intanto i fautori di Eccelino, profittando anche di questa circostanza,<br />

con piu ardore di prima rec<strong>la</strong>marono <strong>la</strong> resa del<strong>la</strong> città, minacciando seri<br />

guai, se <strong>la</strong> loro voce non fosse ascoltata. Davanti a tante intimidazioni<br />

furono avviate le pratiche <strong>per</strong> <strong>la</strong> capito<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> città, nel<strong>la</strong> quale<br />

Eccelino fece il suo solenne ingresso il 25 Febbraio del 1237.<br />

Se <strong>la</strong> conquista di Vicenza, Verona e Trento dimostrò il valore militare<br />

di Eccelino, quel<strong>la</strong> di Padova dimostrò in lui una meravigliosa abilità<br />

politica; a breve distanza cadde anche Treviso ed allora Eccelino arrivò<br />

all'apogeo del<strong>la</strong> sua gloria. Felice lui, se nel colmo del<strong>la</strong> potenza avesse<br />

saputo contem<strong>per</strong>are l'autorità col<strong>la</strong> clemenza, lungo e glorioso sarebbe<br />

stato il suo principato!<br />

Per <strong>la</strong> conquista di Padova, Camposampiero passò sotto il dominio di<br />

Eccelino e vi restò circa 19 anni; quanto avvenne nel nostro paese in<br />

quest'epoca ci è ignoto, non facendone menzione gli storici. Sappiamo<br />

<strong>per</strong>ò che il nostro castello sorpassò incolume <strong>la</strong> b arande bufera ecceliniana ,<br />

scatenata in tutta <strong>la</strong> vecchia Marca e nel<strong>la</strong> Lombardia e, a differenza dei<br />

castelli di Este e S. Bonifacio che, avendo opposto resistenza ad Eccelino,<br />

furono conquistati, depredati e smantel<strong>la</strong>ti, il nostro fu rispettato.<br />

Attraverso le vie di Camposampiero nel 1239 passò l'armata di Federico<br />

II, condotta dallo stesso im<strong>per</strong>atore e da Eccelino, diretta a riconquistare<br />

Treviso che, dietro istigazione di Alberico, si era ribel<strong>la</strong>ta; tre anni ap-<br />

(26) Il povero Giordano, se è vero quanto scrive il Maurisio, quando vide inascoltati<br />

i suoi consigli, facendo di necessità virtu, si assunse il doloroso ufficio di consegnare ad<br />

Eccelino le chiavi del<strong>la</strong> città e di negoziarne <strong>la</strong> capito<strong>la</strong>zione.<br />

94<br />

presso Eccelino, muovendo nuovamente ai danni di Treviso, sostò nelle<br />

nostre campagne (Maggio 1242) con un'orda di fanti e cavalieri, balestrieri,<br />

guastatori, che poi dis<strong>per</strong>se <strong>per</strong> le ville del territorio trevisano a depredare<br />

ed a incendiare e 7 ).<br />

Sotto un certo punto di vista <strong>la</strong> conquista di Padova fu il principio<br />

del<strong>la</strong> rovina di Eccelino, poiché questa città di antiche tradizioni guelfe,<br />

ido<strong>la</strong>tra del<strong>la</strong> propria libertà ed insofferente del<strong>la</strong> servitu, non seppe mai<br />

adattarsi al<strong>la</strong> soggezione di uno straniero e massimamente di Eccelino<br />

che, anche sotto le <strong>la</strong>rvate parvenze del<strong>la</strong> clemenza e del<strong>la</strong> pietà, riconosceva<br />

come cordiale nemico.<br />

Soffiava nel fuoco del<strong>la</strong> rivolta il B. Giordano Forzatè, grande nemico<br />

dei tiranni e profondamente affezionato al<strong>la</strong> patria, al<strong>la</strong> sua grandezza, ed<br />

al<strong>la</strong> sua indipendenza; si associava nell'o<strong>per</strong>a il B. Arnaldo da Limena<br />

altro monaco propugnatore del<strong>la</strong> libertà, il quale non <strong>la</strong>sciava occasione<br />

di ricordare e rinfacciare ai concittadini l'atto di viltà compiuto <strong>per</strong> <strong>la</strong><br />

dedizione ad Eccelino. Queste prediche, questi rimproveri, questi ricordi<br />

di un tempo passato felice e glorioso nel<strong>la</strong> miseria e quale miseria! fecero<br />

ben presto effetto nell'animo dei Padovani, inducendoli a cospirazioni dirette<br />

a scuotere il giogo e represse dal tiranno con terribili castighi.<br />

Delle vendette di Eccelino e del suo ministro Ansedisio che, inferiore<br />

<strong>per</strong> coraggio e <strong>per</strong> valore, su<strong>per</strong>ava il suo signore nell'assenza di ogni<br />

sentimento di umanità, ne par<strong>la</strong>no le molte illustri famiglie padovane distrutte<br />

nei giorni del terrore, ne par<strong>la</strong>no i molti distinti <strong>per</strong>sonaggi, <strong>per</strong><br />

solo sospetto concepito da Ansedisio e senza giudizio preventivo, condannati<br />

al<strong>la</strong> morte, par<strong>la</strong>no le orride zilie eS) costruite sotto <strong>la</strong> torre dell'attuale<br />

Speco<strong>la</strong>, ove in lento martirio, tra il fetore e <strong>la</strong> sporcizia, <strong>per</strong>irono<br />

di fame, di peste e di asfissia tante innocenti vittime, parecchie<br />

delle quali, estratte dalle zilie dopo morte, con non mai udita e disumana<br />

pena, furono decapitate.<br />

La dolorosa litania delle crudeltà di Eccelino comincia col<strong>la</strong> carcerazione<br />

del B. Giordano Forzatè, l'apostolo del<strong>la</strong> religione e del<strong>la</strong> libertà, che<br />

dovette scontare il patrio amore con lunga prigionia nel<strong>la</strong> rocca di San<br />

Zenone ove l'ira di Eccelino lo rinchiuse (1237).<br />

(27) Il Ro<strong>la</strong>ndino fa ascendere questa accozzaglia di gente a parecchie migliaia di<br />

<strong>per</strong>sone.<br />

(2S) Zilie erano denominate certe camerette sotterranee nelle quali erano confinati a<br />

marcire i condannati da Eccelino, innocenti o rei che fossero. Presero il nome dal loro<br />

ideatore l'architetto Zilio che, caduto in sospetto, da Eccelino fu poi rinchiuso in una<br />

di esse.<br />

95


L'anno seguente registra un primo tentativo di sollevazione dei Padovani<br />

provocato dalle crudeltà di Eccelino e da lui stesso represso; Azzo<br />

d'Este e Jacopo da Carrara, iniziatori del<strong>la</strong> sommossa, si sottrassero alle<br />

vendette di Eccelino col<strong>la</strong> fuga e 9 ).<br />

Le crudeltà infierirono pili che mai nel 1239; in quell'anno Eccelino<br />

fece confinare in Puglia Rinaldo di Este, figlio di Azzo e marito di<br />

Ade<strong>la</strong>sia figlia di Alberico, nipote quindi di Eccelino, il quale provvedimento<br />

suscitò una lunga discordia fra Alberico ed Eccelino, onde quegli<br />

<strong>per</strong> vendetta ribellò al fratello <strong>la</strong> città di Treviso con buona parte del territorio,<br />

e vano tornò ogni sforzo di Eccelino <strong>per</strong> riconquistar<strong>la</strong>.<br />

Padova intanto ricordava con amaro rimpianto i bei giorni del<strong>la</strong> libertà<br />

<strong>per</strong>duta, e recalcitrante mordeva il freno del<strong>la</strong> servitli; una nuova sollevazione,<br />

scoppiata nel 1239, inferocl l'animo del Tiranno che, <strong>per</strong> vendicarsi,<br />

incendiò i pa<strong>la</strong>zzi, confiscò <strong>la</strong> proprietà dei suoi nemici ed, avuti<br />

nelle mani Jacopo da Carrara e Avveduto degli Avvocati, vestitili di una<br />

cappa nera, li fece tradurre all'estremo supplizio.<br />

La scomunica inflitta da Papa Innocenzo IV ad Eccelino (1244) mise<br />

un nuovo demonio nell'animo di costui e fu subito seguita da nuovi atti<br />

di crudeltà.<br />

Fra gli anni 1241 e 1246 Eccelino distrusse i castelli di Montagnana,<br />

di S. Bonifacio, di Mestre e di Noale, <strong>per</strong> non nominare che i pili importanti,<br />

e nel 1246, invasato da follia distruttrice, si abbatté su quello di<br />

Campreto, di proprietà dei nostri conti.<br />

Questo castello era custodito da Uguccione d'Uberto Traversini di<br />

Carturo, il quale, vedendo come tutti i vicini e lontani erano caduti in<br />

potere di Eccelino e dis<strong>per</strong>ando di poter resistere al tiranno che da Castelfranco<br />

moveva verso Campreto, ne patteggiò <strong>la</strong> capito<strong>la</strong>zione. Eccelino,<br />

avuto il castello, lo fece sgombrare da soldati e da cose ed, appiccatovi<br />

fuoco, lo atterrò dalle fondamenta CO).<br />

Nel 1247 Eccelino fece rinserrare nelle carceri di Asolo il B. Arnaldo<br />

da Limena, monaco benedettino ed intrepido propugnatore del<strong>la</strong> libertà;<br />

il povero frate vi stette rinchiuso otto anni e pili non UScl che <strong>per</strong> essere<br />

portato al sepolcro; nel 1248 Eccelino aggiunse Feltre ai suoi dominii, e<br />

l'anno appresso anche Belluno.<br />

(29) Veramente Jacopo fu raggiunto ad Agna e fatto prigioniero, ma poco dopo fu<br />

liberato.<br />

(30) «Totum locum penitus delevit» cosi il Ro<strong>la</strong>ndino.<br />

Il Liber Regiminum Paduae, edito dal BONARDI, chiama Uguccione di Tartaro il capitano<br />

del castello di Campreto. « .. .u gutio de T artario reddidit castrum Campreti Bccelino<br />

et recessit cum suis ».<br />

Liber Reg. Paduae pago 95, sotto l'anno 1246.<br />

L'anno 1250 gravò come incubo di sangue e di terrore sugli infelici<br />

cittadini di Padova. Governava allora <strong>la</strong> città a nome di Eccelino il nipote<br />

Ansedisio dei Guidotti CI), mostro in carne umana; <strong>per</strong> lui l'aspetto del<strong>la</strong><br />

città diventò triste e funereo, il sangue scorse a fiotti <strong>per</strong> le strade, patiboli<br />

ovunque rizzati conturbarono <strong>la</strong> vita dei cittadini che silenziosi e terrorizzati,<br />

tappati nelle case come nei tempi di pubblico lutto, non osavano<br />

aprire <strong>la</strong> bocca, <strong>per</strong>ché bastava una so<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> di compianto alle innocenti<br />

vittime <strong>per</strong> essere trascinati al supplizio; le notti furono illuminate dai<br />

tristi bagliori di pa<strong>la</strong>zzi incendiati e dalle grida dei fanciulli che, risvegliandosi<br />

dal sonno, vedevano i sicari di Ansedisio strappare dal loro fianco<br />

il padre o i fratelli. Pili non bastando le carceri, ne furono costruite<br />

di nuove che presto riboccarono di disgraziati accatastati gli uni sopra gli<br />

altri, cosicché quelli che non morivano sul patibolo morivano di fame,<br />

di peste o d'asfissia; i supplizi pili comuni erano l'amputazione di un braccio<br />

o di una gamba, l'estrazione di un occhio, il trascinamento a coda di<br />

cavallo; <strong>la</strong> decapitazione era il pili umano supplizio praticato da Ansedisio.<br />

Non pili individui, ma famiglie intere erano condotte a morte, e <strong>la</strong> <strong>storia</strong><br />

ricorda, con senso di commiserazione e di orrore, <strong>la</strong> pietosa fine delle<br />

ragguardevoli famiglie dei Delesmannini, dei da Vado, dei Caponegro e<br />

quel<strong>la</strong> dell'infelice Guglielmo di Camposampiero.<br />

La misura era ormai giunta al colmo, <strong>la</strong> pazienza aveva sorpassato ogni<br />

confine ed il giorno del<strong>la</strong> vendetta tremenda inesorabile s'avvicinava.<br />

Il grido di tanti innocenti sacrificati, le suppliche dei su<strong>per</strong>stiti invocanti<br />

aiuto e pietà, commossero l'animo del pontefice Alessandro IV<br />

il quale, dopo aver inutilmente aspettato il ravvedimento di Eccelino,<br />

nel 1254 bandi <strong>la</strong> crociata, nominando suo delegato nel<strong>la</strong> Marca Trevisana<br />

Filippo Fontana, arcivescovo di Ravenna. E <strong>la</strong> voce del Pontefice<br />

trovò eco favorevole; dap<strong>per</strong>tutto un rumore d'armi e di armati tosto<br />

si diffonde nel<strong>la</strong> Marca e nel<strong>la</strong> Lombardia, si traggono i carrocci dalle<br />

cattedrali, da tutte le parti accorrono soldati col petto fregiato del<strong>la</strong> croce,<br />

il grido di guerra risuona di bocca in bocca e corre di città in città; si<br />

acc<strong>la</strong>ma il Pontefice, si formano progetti, si nutrono s<strong>per</strong>anze, e Venezia<br />

stessa, fino allora estranea ai conflitti di terraferma, incoraggia l'impresa<br />

e promette aiuti contro Eccelino.<br />

Con unanime consenso Tiso VII è nominato gonfaloniere del<strong>la</strong> cro-<br />

7<br />

(31) Ansedisio era figlio di Giacomo Guidotti e di Agnese sorel<strong>la</strong> di Eccelino.<br />

97


ciata; il luogo fissato <strong>per</strong> il convegno dei combattenti e <strong>per</strong> campo di<br />

rassegna delle forze è Torre di Bebbe C 2 ); iv!, da tutte le parti, accorrono<br />

i crociati ora a compagnie iso<strong>la</strong>te, ora a drappelli inquadrati.<br />

Il legato pontificio passa in rassegna le truppe, anima i soldati al<strong>la</strong><br />

lotta e, conquistati con poca fatica i castelli di Conselve e di Piove di<br />

Sacco, dà il segnale del<strong>la</strong> partenza verso Padova, l'immane va<strong>la</strong>nga di popolo<br />

si muove e segna i suoi passi con canto del Vexil<strong>la</strong>.<br />

Ansedisio, informato dei movimenti del campo avversario, si affretta<br />

al<strong>la</strong> difesa, ma l'impetuoso assalto dei crociati travolge assieme difese e<br />

difensori e <strong>la</strong> incendiata Porta Altinate offre il varco all'esercito vincitore<br />

(20 Giugno 1256) e B ).<br />

La caduta di Padova C 4 ) fu tosto seguita dal<strong>la</strong> dedizione volontaria dei<br />

castelli del territorio e quindi anche di quello di Camposampiero, restituito<br />

ai legittimi proprietari, i nostri conti.<br />

Eccelino, appe'na venuto a cognizione del<strong>la</strong> <strong>per</strong>dita di Padova, corse<br />

subito <strong>per</strong> riconquistar<strong>la</strong>, ma ogni tentativo ritornò vano, onde inferocito<br />

<strong>per</strong> lo smacco esegui quel<strong>la</strong> vendetta che resterà eternamente memorabile<br />

nel<strong>la</strong> <strong>storia</strong>, che, sempre ed a tutti i popoli, renderà esecrato<br />

il suo nome, ordinando che tutti i Padovani rinchiusi nelle carceri di<br />

Verona o militanti nel suo esercito fossero fatti <strong>per</strong>ire chi di fame, chi di<br />

ferro; stanco alfine di far troncare teste, comandò che alle carceri ed ai<br />

carcerati venisse appiccato il fuoco (1257) eS).<br />

Nemmeno Ansedisio sfuggi al<strong>la</strong> vendetta di Eccelino, <strong>per</strong>ché accusato<br />

di fellonia e di inettitudine fu fatto <strong>per</strong>ire fra i tormenti.<br />

Iddio non paga il sabato.<br />

Dopo gli inutili sforzi, diretti al<strong>la</strong> riconquista di Padova, Eccelino abbandonò<br />

l'impresa e, pensando di rifarsi con nuovi acquisti in Lombardia,<br />

strinse alleanza con i capi del partito ghibellino di costi, Buoso di Dovara,<br />

ed Oberto Pe<strong>la</strong>vicino, e col loro aiuto s'impadroni di Brescia;<br />

(32) Grossa borgata allora esistente, presso <strong>la</strong> foce dell'Adige.<br />

(33) ROLANDINO, Op. cit., libro IX, cap. 7,<br />

Nello stesso giorno fu creato podestà Marco Quirini, che tosto rimise in vigore leggi<br />

e costumanze del libero Comune.<br />

(34) Per debito di giustizia bisogna ricordare come molti crociati, nei primi giorni del<strong>la</strong><br />

conquista di Padova, si macchiarono di rapine, di omicidi e di altre violenze onde il<br />

Verci giustamente scrisse che costoro avevano partecipato all'impresa piti <strong>per</strong> avidità di<br />

arricchire, che <strong>per</strong> desiderio di acquistare le indulgenze concesse da Alessandro IV.<br />

(35) Il Monaco padovano afferma che 12.000 furono le vittime immo<strong>la</strong>te in questa<br />

occasione, il Ro<strong>la</strong>ndino le vuole 11.000 e Pietro Gerardo 2.000. lo credo che non siano<br />

state né 12.000 né 2.000, ma di numero molto inferiore anche a quest'ultima cifra; non<br />

accetto <strong>per</strong>ò l'opinione del Bonardi, che nega addirittura il fatto. BONARDI, Leggende storiche<br />

su Eccelino, Padova, 1892.<br />

inorgoglito <strong>per</strong> tale successo stava tentando un'impresa in grande stile,<br />

<strong>la</strong> conquista di Mi<strong>la</strong>no, ma, giunto a Cassano sull'Adda, si vide circondato<br />

da tutte le parti dall'esercito crociato e dalle masnade di Buoso di Dovara<br />

e di Oberto Pe<strong>la</strong>vicino che all'ultima ora, irritati dal<strong>la</strong> sua ambizione,<br />

l'avevano abbandonato, contro di tutti Eccelino combatté con accanimento<br />

dis<strong>per</strong>ato, ma, sopraffatto dal numero dei nemici e ferito in piti parti,<br />

cadde prigioniero e fu tradotto nel castello di Socino ed ivi, se è vero<br />

quanto racconta un'antica tradizione, come fiera selvaggia ed intollerante<br />

del<strong>la</strong> prigionia non volle mangiare né bere, si strappò le bende dalle<br />

ferite e dopo qualche giorno mori, secondo alcuni il 27 Settembre,<br />

secondo altri il lO Ottobre 1259 C 6 ).<br />

Al<strong>la</strong> notizia del<strong>la</strong> sua morte le città del<strong>la</strong> Marca e del<strong>la</strong> Lombardia<br />

cacciarono i vicari di Eccelino, proc<strong>la</strong>marono <strong>la</strong> propria indipendenza,<br />

nominarono i podestà ed abbatterono dovunque le insegne ecceliniane.<br />

Anche i Trevisani si ribel<strong>la</strong>rono ad Alberico e questi, non vedendosi<br />

piti sicuro nel<strong>la</strong> città ove troppo aveva abusato del potere e troppi nemici<br />

contava, corse a rifugiarsi col<strong>la</strong> famiglia nel<strong>la</strong> rocca di S. Zenone, ritenuta<br />

a quei giorni inespugnabile; iv! lo seguirono i crociati e, dopo ripetuti<br />

assalti, portati a conoscenza di una porta segreta di accesso al castello<br />

da certo Mesa da Porciglia, vi penetrarono, si impadronirono di Alberico<br />

e del<strong>la</strong> sua famiglia e compirono quel<strong>la</strong> terribile e crudele vendetta che<br />

nessuna provocazione vale a giustificare, ma solo ed in parte, ad attenuare.<br />

La moglie ed i figli furono dapprima decapitati e poi gettati nel<br />

rogo, Alberico col bavaglio al<strong>la</strong> bocca fu trascinato a coda di cavallo attraverso<br />

l'esercito crociato, insultato ed imprecato da tutti. Ciò avvenne<br />

il 24 Agosto 1260, giorno di S. Bartolomeo che d'allora in poi fu festeggiato<br />

massimamente dagli abitanti del pedemonte. Terribili vendette<br />

del<strong>la</strong> <strong>storia</strong>!<br />

Nove anni prima nello stesso giorno e nel<strong>la</strong> piazza di Padova era stato<br />

decapitato Guglielmo Camposampiero ed il suo corpo informe era stato<br />

abbandonato al trastullo dei cani! e 7 ).<br />

(36) Eccelino fu sepolto in un' arca marmorea sotto <strong>la</strong> torre del pa<strong>la</strong>zzo comunale di<br />

Socino. La notizia del<strong>la</strong> sua morte fu accolta da grida di giubilo e <strong>per</strong> diversi giorni si<br />

fecero processioni in rendimento di grazie; Alessandro IV mandò le sue congratu<strong>la</strong>zioni<br />

a Venezia, che aveva aiutato l'impresa, e concesse al primicerio di S. Marco il privilegio<br />

del<strong>la</strong> mitra e del pastorale.<br />

Per ricordare <strong>la</strong> disfatta e <strong>la</strong> morte di Eccelino nel<strong>la</strong> nostra chiesa parrocchiale fu<br />

eretto un altare ai S.S. Cosma e Damiano, che il rito festeggia il 27 settembre 1259.<br />

(37) Il bando di morte contro Alberico, moglie e figli era stato decretato dal podestà<br />

di Treviso, Marco Badoer, il 16 Marzo 1260. Esso fu eseguito col<strong>la</strong> pili minuta precisione,<br />

come lo conferma l'ANONIMO FOSCARINIANO narrando che i cadaveri di Alberico,<br />

99


Tosto le città alleate si divisero i beni già appartenenti agli Eccelini,<br />

e Tiso VII di Camposampiero consegui il feudo di Castel di Godego.<br />

Unica su<strong>per</strong>stite dei da Romano rimase Cunizza sorel<strong>la</strong> di Eccelino<br />

e di Alberico, eternata da Dante nel Paradiso.<br />

Trovandosi essa a Firenze, in casa di Cavalcante dei Cavalcanti, dettò<br />

il testamento e mentre dichiarò di <strong>per</strong>donare ai nemici e raccomandò a<br />

Dio misericordioso le anime dei fratelli Eccelino e Alberico, abbandonò<br />

a cento diavoli in anima ed in corpo tutti quelli che fecero fellonia ad<br />

Alberico nel castello e nel<strong>la</strong> torre di S. Zenone eS).<br />

del<strong>la</strong> moglie e dei figli, <strong>la</strong>ceri, pesti e sbranati «da S. Zenon funo conducti tanaiando fino<br />

a Treviso et sul<strong>la</strong> piazza del Carubio venero brusadi ».<br />

(38) «Illos dimisit centum diabolis de inferno in anima et in corpore ». Pergamena 2120<br />

nell'Archivio dell'Ospitale cii Treviso citata dal MARCHESAN, Treviso medievale, val. II,<br />

pago 274. Treviso, 1923.<br />

roo<br />

v<br />

<strong>CAMPOSAMPIERO</strong><br />

SOTTO IL COMUNE DI PADOVA<br />

(1150 - 1328)<br />

SOTTO GLI SCALIGERI<br />

(1328 - 1337)<br />

E SOTTO LA SIGNORIA DEI CARRARESI<br />

(1340 - 1405)


SOMMARIO: Il Comune di Padova. - Suo sviluppo e suo tempo piu glorioso. - Camposampiero<br />

nel Codice Statutario Repubblicano. - Nuova condizione creata dal<br />

Comune ai feudatari. - Cane del<strong>la</strong> Sca<strong>la</strong> e sue imprese. - Saccheggio ed incendio<br />

di Camposampiero. - Decadenza del Comune. - La dominazione Carrarese. - Fine<br />

dei nostri feudatari e passaggio di Camposampiero ai Carraresi. - Lotte di Francesco<br />

il Vecchio contro Venezia. - Lavori bellici eseguiti nel nostro territorio. -<br />

Tristi condizioni del castello e dei castel<strong>la</strong>ni di Camposampiero durante questo<br />

<strong>per</strong>iodo. - Francesco Novello. - Sua rovina e sua resurrezione. - Fine del<strong>la</strong> signoria<br />

carrarese e passaggio di Camposampiero al<strong>la</strong> dominazione veneta.<br />

Per <strong>la</strong> disfatta di Cassano d'Adda (16 o 27 Settembre 1259), seguita<br />

a breve intervallo dal<strong>la</strong> tragedia di S. Zenone (24 Agosto 1260), disparvero<br />

totalmente dal<strong>la</strong> Marca Trevisana gli ultimi avanzi del feudalismo<br />

e sulle sue rovine forte, trionfante ed orgoglioso si affermò il Comune,<br />

espressione magnifica del<strong>la</strong> volontà di un popolo che, risorto dal<strong>la</strong> abbiezione<br />

e dal servaggio vuole governare se stesso e da se stesso provvedere<br />

ai propri casi. Questa innovazione nel<strong>la</strong> vita pubblica fu salutare; troppo<br />

infatti i feudatari avevano abusato del loro potere, troppo avevano stancheggiato<br />

i sudditi con oppressioni, con arbitri e crudeltà, troppo avevano<br />

abusato del<strong>la</strong> debolezza e del<strong>la</strong> ignoranza di questo popolo che, provato<br />

da lunga e dolorosa scuo<strong>la</strong> di umiliazione ed ammaestrato da dura es<strong>per</strong>ienza,<br />

ormai aveva acquistato <strong>la</strong> coscienza dei suoi diritti, ed era <strong>per</strong>vaso<br />

da uno spirito di libertà che lo rendeva intollerante di qualsiasi tirannia<br />

esercitata direttamente dall'im<strong>per</strong>atore o indirettamente dai suoi<br />

feudatari e).<br />

(1) Profonda e completa è l'analisi dello spirito onde erano animati Comuni ita-<br />

r03


Tale movimento di innovazione si era manifestato 100 anni prima ed<br />

aveva trovato <strong>la</strong> sua affermazione nel<strong>la</strong> lotta contro Federico Barbarossa,<br />

ingaggiata e sostenuta dai Comuni italiani a fine di rivendicare <strong>la</strong> libertà<br />

acquistata contro <strong>la</strong> volontà dell'im<strong>per</strong>atore che, nei campi di battaglia<br />

col mezzo dei soldati e nelle diete a mezzo dei giuristi, voleva soffocare<br />

questo rinascente spirito e sopprimere le autonomie comunali, riguardate<br />

come atti di ribellione o <strong>per</strong> lo meno come usurpazioni dei diritti im<strong>per</strong>iali.<br />

Ma <strong>la</strong> <strong>storia</strong> ha i suoi diritti, come li hanno i popoli e pili veri e<br />

maggiori di quelli di qualunque tiranno e dell'im<strong>per</strong>atore stesso che,<br />

sconfitto a Legnano (29 Maggio 1176) dal<strong>la</strong> lega dei Comuni italiani,<br />

dovette a Costanza (1183) concedere <strong>per</strong> forza quanto non aveva voluto<br />

concedere a buoni patti. Come era facile prevedere, e come difatti avvenne,<br />

<strong>la</strong> disfatta di Legnano ebbe gravi ri<strong>per</strong>cussioni anche sul<strong>la</strong> sorte<br />

dei feudatari che nel<strong>la</strong> autorità im<strong>per</strong>iale riconoscevano l'origine del loro<br />

potere e <strong>la</strong> ragione del<strong>la</strong> loro esistenza.<br />

Ai feudatari infatti altro non restava che di compiere un atto di volontaria<br />

dedizione ai Comuni e fare, come si suoI dire, di necessità virtù,<br />

o di resistere da soli al<strong>la</strong> volontà ed al<strong>la</strong> forza di un popolo che sembrava<br />

maturo <strong>per</strong> i suoi destini. I pili avveduti compresero il momento<br />

storico, ed intesero che il colpo inflitto all'im<strong>per</strong>atore, <strong>per</strong>sonificazione<br />

del feudalismo, sovvertiva <strong>la</strong> loro autorità, ne fiaccava il dispotismo e<br />

senza bisogno di costrizione o richiamo, abbandonati i loro castelli e<br />

deputatovi un capitano <strong>per</strong> <strong>la</strong> custodia, patteggiarono <strong>la</strong> resa con i<br />

Comuni e discesero ad abitare nelle città. Da parte loro i Comuni, apprezzando<br />

questo atto di accondiscendenza, riconobbero e confermarono<br />

ai conti rurali alcuni diritti di secondaria importanza sul loro feudo, li<br />

accolsero volentieri nel Consiglio Maggiore ed assegnarono ad essi posti<br />

d'onore e di fiducia.<br />

COSI fecero i conti di Camposampiero verso il Comune di Padova ed<br />

il Comune di Padova verso i conti di Camposampiero; da quest'epoca<br />

liani, estesa dal mio valente maestro monsignor A. MARCHESAN nell'o<strong>per</strong>a Treviso medievale,<br />

VoI. I, pago 15, Treviso 1923.<br />

« Un'aria di sospirato rinnovel<strong>la</strong>mento spirava dovunque nelle masse; non erano punto<br />

aspirazioni politiche, ma erano aspirazioni di libertà, d'indipendenza nel!' esercizio del!' o<strong>per</strong>a<br />

propria e del<strong>la</strong> propria <strong>per</strong>sona, si voleva, in una paro<strong>la</strong>, avere libera facoltà di vendere, di<br />

comprare, di andare, di venire, di possedere; si volevano meno balzelli, meno angherie, meno<br />

sopraffazioni, meno servaggi. Né questo fervido movimento era punto solitario, il microbio<br />

del contagio aveva già inquinato l'ambiente universale. Il feudalismo infatti colle sue esigenze,<br />

con i suoi privilegi, con le sue restrizioni, con le vessazioni, aveva stancato tutti e<br />

tutto. Quindi si sentiva bisogno di mettere insieme le energie partico<strong>la</strong>ri di ciascuno <strong>per</strong><br />

<strong>la</strong> tute<strong>la</strong> e <strong>la</strong> difesa di tutti, tanto contro i nemici interni, quanto contro gli esterni ».<br />

104<br />

infatti i nostri feudatari dimorarono a Padova, si iscrissero nel numero<br />

dei cittadini del Comune di Padova, abbracciarono con ardore <strong>la</strong> causa,<br />

difendendo<strong>la</strong> con valore e fedeltà nel<strong>la</strong> grande lotta impegnata contro<br />

Eccelino il tiranno dapprima, poi contro Cane del<strong>la</strong> Sca<strong>la</strong>; ed il Comune,<br />

grato <strong>per</strong> tante benemerenze, manifestò <strong>la</strong> sua riconoscenza e premIO<br />

i benefici ricevuti con affezione che non venne mai meno e con innumerevoli<br />

prove di <strong>amici</strong>zia e di solidarietà.<br />

Ai Camposampierini non isfuggirà l'importanza di questo passaggio<br />

del loro castello dal<strong>la</strong> dominazione pura e semplice dei conti a quel<strong>la</strong><br />

di Padova che, limitata pure da certe eccezioni favorevoli ai conti, fu<br />

vera e propria giurisdizione, come avremo agio di constatare pili avanti e).<br />

Avverto anche che il Comune di Padova, comprendendo nel<strong>la</strong> propria<br />

giurisdizione i castelli del territorio, non intese con questo di sopprimere<br />

le autonomie precedentemente esistenti in qualcuno di essi, ma molto<br />

saggiamente acconsenti che, rispettati nelle linee generali gli statuti<br />

sanciti dal codice repubblicano, fossero pure conservate ed osservate<br />

quelle leggi e quelle usanze che bisogni, costumi e condizioni locali avevano<br />

fino da tempo antico introdotto nel<strong>la</strong> vita pubblica. Per tal modo<br />

vicino al codice repubblicano che rego<strong>la</strong>va città e territorio, si ebbero<br />

gli statuti che rego<strong>la</strong>vano le comunità minori di Cittadel<strong>la</strong>, Montagnana,<br />

Pernumia ecc., che non ebbe Camposampiero, <strong>per</strong>ché <strong>la</strong> nostra comunità<br />

non godette mai vita indipendente, ma passò direttamente dal<br />

dominio dei conti a quello del Comune di Padova.<br />

Resistevano ancora qua e là, annidati nei loro castelli, alcuni signorotti<br />

riottosi che non volevano abbandonare <strong>la</strong> professione troppo lucrosa e<br />

troppo comoda di feudatari, ma poiché <strong>la</strong> loro <strong>per</strong>manenza nel<strong>la</strong> campagna<br />

ed i loro vantati privilegi costituivano un inceppo, un <strong>per</strong>icolo<br />

ed una minaccia alle libertà comunali, cOSI i Comuni, fatti pili arditi dopo<br />

<strong>la</strong> vittoria su Eccelino, gettarono ogni riguardo, e col<strong>la</strong> forza li costrinsero<br />

ad abbandonare i loro castelli, a fissare <strong>la</strong> dimora nel<strong>la</strong> città, ad<br />

assoggettare le loro <strong>per</strong>sone all'autorità dei podestà, a sottomettere i<br />

(2) Anche durante il regime comunale restò ai nostri conti il diritto di mariganzia e<br />

di sopramariganzia, quello cioè di eleggere i capitani, i giurati, i saltari ed i decani ecc.<br />

del castello di Camposampiero ed i marighi delle ville soggette, fu <strong>per</strong>ò revocato ad essi<br />

il diritto di amministrare <strong>la</strong> giustizia nel loro feudo, diritto che, <strong>per</strong> decreto del podestà<br />

Ottone de Mandello (1235), venne riservato so<strong>la</strong>mente al Consiglio dei giudici di Padova,<br />

presieduto dal podestà. Il decadimento del potere feudale dei nostri conti molto dovette<br />

contribuire al<strong>la</strong> emancipazione del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione rurale di Camposampiero dalle servitti<br />

feudali, nonché al<strong>la</strong> costituzione ed allo sviluppo del<strong>la</strong> nostra comunità; sul qual conto<br />

mi dispiace di non poter dire di piti, non <strong>per</strong>mettendolo <strong>la</strong> mancanza di qualsiasi statuto<br />

del nostro Comune e di ogni altro documento re<strong>la</strong>tivo a quest'epoca disgraziatamente avvolta<br />

nelle tenebre.<br />

105


eni alle contribuzioni comuni, i vassalli ai pubblici <strong>la</strong>vori di costruzione<br />

e di manutenzione di strade, argini e ponti.<br />

Cosi, un po' al<strong>la</strong> volta, scomparvero gli ultimi avanzi del feudalismo e<br />

su tutti i cittadini acquistò assoluto ed eguale im<strong>per</strong>o <strong>la</strong> legge, determinata<br />

con saggezza e fatta eseguire con energia e senza favoritismi dal­<br />

Ia suprema autorità del Comune, il Podestà che, nominato dai rappresentanti<br />

del popolo, chiamato da lontani paesi, con un solo anno di<br />

carica, libero e sciolto da parentele e da <strong>amici</strong>zie, al solo popolo doveva<br />

rendere conto del suo o<strong>per</strong>ato prima di <strong>la</strong>sciare <strong>la</strong> reggenza n. Piu<br />

tardi al podestà fu associato il Capital10 ed allora al primo restò l'autorità<br />

politica, quel<strong>la</strong> militare al secondo.<br />

In questo tempo sorsero i grandiosi pa<strong>la</strong>zzi comunali con le torri<br />

mer<strong>la</strong>te da cui pendeva il campanone o arrel1go che, con le gravi note,<br />

chiamava il popolo a raccolta nei giorni di seduta, di <strong>per</strong>icolo pubblico<br />

e nelle feste civili; sorsero le grandiose cattedrali gotiche che, nel<strong>la</strong><br />

loro imponente grandiosità, anche oggidi par<strong>la</strong>no di un popolo ricco<br />

di fede, di potenza e di libertà; ogni Comune ebbe il proprio carroccio<br />

che, usato con tanta fortuna contro il Barbarossa, diventò il monumento<br />

del<strong>la</strong> vittoria ed il simbolo del<strong>la</strong> libertà, attorno al quale si accolse<br />

sempre, nell'ora del cimento, il fiore del<strong>la</strong> gioventu italiana disposta<br />

di morire piuttosto che <strong>per</strong>dere <strong>la</strong> sacra insegna.<br />

Tutto accennava ad una vita nuova ricca di promesse e di s<strong>per</strong>anze<br />

che, in una non lontana virilità, avrebbe forse anticipato di parecchi<br />

secoli <strong>la</strong> completa libertà e l'unità del<strong>la</strong> patria quando, ad arrestare il<br />

corso favorevole degli avvenimenti e a ripiombare il nostro popolo in<br />

una nuova forma di feudalismo, penetrò <strong>la</strong> discordia dapprima fra Co-<br />

(3) Nei primi tempi i Comuni furono retti dai consoli (apparvero nel 1090 ed in Padova<br />

furono 17 nel 1318, 8 nel 1142, più tardi sempre oltre 2); verso <strong>la</strong> fine del XII<br />

secolo furono sostituiti dal podestà.<br />

Il primo podestà eli Padova fu il mi<strong>la</strong>nese Alberto de Osa (1175).<br />

Il podestà sempre forestiero, con un solo anno e dapprima con sei mesi di reggenza,<br />

con poteri limitati eia restrizioni, era <strong>la</strong> suprema autorità esecutiva in ogni ramo d'amministrazione<br />

e rappresentava <strong>la</strong> volontà di un popolo libero, come più addietro il feudatario<br />

aveva rappresentato <strong>la</strong> volontà assoluta e spesso tirannica dell'im<strong>per</strong>atore.<br />

Nel <strong>per</strong>iodo comunale il potere legis<strong>la</strong>tivo risiedette nel Consiglio Maggiore cui appartenevano<br />

i più cospicui e benemeriti cittadini.<br />

Sono ammirabili le disposizioni sancite dagli statuti <strong>per</strong>ché l'autorità monarchica costÌtuzionale<br />

elei poelestà non degenerasse in dispotismo; alcune di esse riguardano anche<br />

<strong>la</strong> libertà <strong>per</strong>sonale del podestà stesso.<br />

Purtroppo le pretese degli im<strong>per</strong>atori, gli abusi dei podestà, e più che tutto le maIaugurate<br />

lotte interne di partito e le lotte esterne fra Comune e Comune, condussero a<br />

rovina le fiorenti repubbliche italiane e spianarono <strong>la</strong> via ad una nuova edizione riveduta<br />

e corretta di feudalismo, <strong>la</strong> Signoria.<br />

J06<br />

mune e Comune, sorta e fomentata dall'ambizioso desiderio di estendere<br />

il proprio territorio oltre i confini a danno di altri (4), piti tardi fra i<br />

cittadini che uno stesso vallo ed una stessa fossa serra e <strong>per</strong>fino fra i<br />

membri del<strong>la</strong> stessa famiglia, <strong>per</strong> <strong>la</strong> divisione degli animi nei due partiti<br />

guelfo e ghibellino.<br />

In causa di queste discordie accanite, irreconciliabili e vergognose .i<br />

campi d'Italia, cessata l'agricoltura, diventarono teatro di battaglie furibonde,<br />

le vie del<strong>la</strong> città furono bagnate di sangue fraterno e di giorno<br />

e di notte risuonarono di lugubri <strong>la</strong>menti; <strong>per</strong> esse i cittadini consunsero<br />

le loro energie in una lunga e sterile lotta con danno reciproco e<br />

con vantaggio dell'im<strong>per</strong>atore che, traendo partito dalle divisioni e dal<strong>la</strong><br />

debolezza conseguente, ripropose i suoi famosi diritti, con vantaggio infine<br />

di qualche astuto che, vantando servizi resi al<strong>la</strong> patria o mali scongiurati,<br />

ottenne <strong>per</strong> sé e famiglia <strong>la</strong> signoria del<strong>la</strong> città.<br />

Miserabile spettacolo di un popolo che, dopo di avere acquistato con<br />

tenaci sforzi <strong>la</strong> libertà e di aver<strong>la</strong> rivendicata con indomito valore contro<br />

formidabili nemici, dimentica i sacrifici sostenuti ed il sangue versato<br />

e questa stessa libertà rigetta e spreca in una lotta fratricida, ignobile e<br />

vergognosa.<br />

Fra i Comuni italiani in questa epoca ascesi a gtande rinomanza occupa<br />

un posto distinto quello di Padova che, dal 1250 al 1310, andò<br />

continuamente crescendo in ricchezza, potenza e splendore. Ad esso infatti,<br />

dopo <strong>la</strong> vittoria su Eccelino, avevano fatto dedizione le città ed<br />

i territori di Vicenza e di Bassano, di Feltre e di Trento, onde, <strong>per</strong> tali<br />

aggiunte, <strong>la</strong> repubblica di Padova abbracciò una parte notevole del<strong>la</strong><br />

Marca; sapienti statuti, consultati e ricopiati dalle vicine città, rego<strong>la</strong>vano<br />

l'amministrazione del<strong>la</strong> cosa pubblica, l'esercizio del<strong>la</strong> giustizia civile<br />

e penale, nonché le o<strong>per</strong>e di pubblica utilità.<br />

Con <strong>la</strong>rghezza di vedute e con sontuosità di mezzi furono condotte<br />

a termine o<strong>per</strong>e grandiose, come l'Università che, inaugurata l'anno 1222,<br />

ben presto sali a fama mondiale <strong>per</strong> valentia di professori e <strong>per</strong> numero<br />

(4) La lotta dei Comuni contro l'im<strong>per</strong>atore fu seguita eia un <strong>per</strong>iodo di tremende<br />

convulsioni politiche e di furibonde guerre fra Comune e Comune e fra cittadini e cittadini.<br />

Nel <strong>per</strong>iodo che va dal 1190 al 1200 <strong>la</strong> <strong>storia</strong> del<strong>la</strong> Marca registra le guerre di Padova<br />

contro Vicenza, di Treviso contro Belluno, di Padova e Belluno contro Treviso, di<br />

Vicenza e Verona contro Padova, di Belluno e Feltre contro Treviso, ecc.<br />

Quanto avveniva nel<strong>la</strong> Marca avveniva anche oltre i suoi confini, specialmente nel<strong>la</strong><br />

Toscana.<br />

1°7


di studenti da ogni parte d'Europa acconenti a questa fonte di sapienza;<br />

sorse dalle fondamenta, col concorso del Comune e di tutta <strong>la</strong> cattolicità,<br />

<strong>la</strong> basilica di S. Antonio che, cominciata nell'anno 1232 ed interrotta<br />

<strong>per</strong> le guene Ecceliniane, ebbe compimento nel 1307 e richiamò<br />

da ogni parte pellegrini a venerare le memorie antoniane; sorse pure il<br />

pa<strong>la</strong>zzo comunale col maestoso Salone del<strong>la</strong> Ragione che, <strong>per</strong> parecchi<br />

anni di seguito, trasse a Padova forestieri da ogni dove, desiderosi di<br />

vedere con i propri occhi <strong>la</strong> mole imponente che <strong>la</strong> fama aveva dovunque<br />

divulgato (5).<br />

Ed il progresso non si anestò al<strong>la</strong> so<strong>la</strong> città, ma estese i suoi benefici<br />

effetti anche nel tenitorio, manifestandosi in o<strong>per</strong>e di pubblica utilità;<br />

furono restaurate le vecchie strade, dalle invasioni barbariche e dall'incuria<br />

di molti secoli rese impraticabili, ne furono a<strong>per</strong>te di nuove, come<br />

quel<strong>la</strong> da Padova a Vicenza (fra il 1265 ed il 1277) (6), e furono sistemati<br />

i corsi d'acqua con vantaggio del<strong>la</strong> sicurezza pubblica, dell'igiene<br />

e dell'agricoltura.<br />

n Comune di Padova, pure conservando il suo carattere guelfo <strong>per</strong><br />

tradizioni, sentimenti ed interessi, riuscl a mantenere amichevoli rapporti<br />

colle città contermini e questa saggia condotta, costantemente <strong>per</strong>seguita<br />

dai nostri padri, cattivò ad essi <strong>la</strong> stima e <strong>la</strong> fiducia degli altri<br />

Comuni che ben volentieri, nelle liti insorte, deferirono le loro contese<br />

a quello di Padova rimettendosi al<strong>la</strong> decisione del suo podestà, <strong>la</strong> cui<br />

mediazione, ispirata a giustizia ed equità, fu apprezzata ed ascoltata,<br />

mentre <strong>la</strong> potenza del Comune ne rese ambita e ricercata l'alleanza da<br />

città e da principi.<br />

Camposampiero entrando a far parte del Comune di Padova conservò<br />

quel<strong>la</strong> preminenza e quel posto distinto che <strong>la</strong> <strong>storia</strong> di parecchi secoli<br />

ed il suo carattere di castello gli avevano assicurato di fronte alle ville<br />

di campagna e diventò capoluogo di marigancia, cioè picco<strong>la</strong> capitale di<br />

un raggruppamento di parecchie ville comandate da un mariga; risiedeva<br />

nel castello un capitano, nominato dai conti, che riceveva e trasmetteva<br />

nelle ville dipendenti gli ordini del podestà di Padova.<br />

(5) Il <strong>la</strong>voro di co<strong>per</strong>tura del Salone (che non è l'attuale) fu ideato e diretto da fra<br />

Giovanni degli Eremitani, denominato allora col titolo pellegrino di henzegnerio.<br />

(6) Altri <strong>la</strong>vori stradali furono <strong>la</strong> costruzione delle vie Padova - Piove (1212) e Padova<br />

- Bovolenta (1215). Nel 1220 Padova fu anche circondata da robusta cerchia di mura<br />

che <strong>la</strong> difesero dalle aggressioni nemiche. Questo girone di mura durò fino al<strong>la</strong> guerra<br />

di Cambrai.<br />

108<br />

Di un solo capitano dell'epoca comunale è ricordato il nome, e clOe<br />

di Pace di Montenario (1279), che <strong>la</strong> cronaca delle Antichità Italiane<br />

del Muratori nel Tomo IV ci ha conservato.<br />

n Codice Statutario Repubblicano, massimamente nel libro IV che<br />

tratta dei <strong>la</strong>vori pubblici (ponti, navigli, argini, strade, servizi comandati<br />

dal podestà), piti volte si occupa del nostro castello; riporterò fedelmente<br />

tali notizie preziose <strong>per</strong> <strong>la</strong> loro antichità e <strong>per</strong>ché sono le uniche<br />

a noi <strong>per</strong>venute intorno a quell'epoca; dall'attento esame di esse si<br />

ravvisa come l'autorità del Comune si era sovrapposta a quel<strong>la</strong> dei feudatari<br />

ed anche s'impara a conoscere quanto antica sia <strong>la</strong> divisione di<br />

Camposampiero in frazioni o cantoni, e quanto antico il loro nome.<br />

n capitolo VI del libro IV, titolo: «De consignacionibus vil<strong>la</strong>rum<br />

ad <strong>la</strong>boreria et ad p<strong>la</strong>ustra », piti volte ricorda Camposampiero, ed a<br />

pago 319 contiene un decreto del podestà Roberto de Robertis che obbliga<br />

Camposampiero e ville soggette al<strong>la</strong> manutenzione delle strade dal<br />

ponte del<strong>la</strong> Tergo<strong>la</strong> a S. nario: C)« Iste sunt vil<strong>la</strong>e que debent <strong>la</strong>borare<br />

et manutenere vias a Ponte Tergu<strong>la</strong>e usque ad Sanctum I<strong>la</strong>rium ... Campus<br />

Sancti Petri ... Vil<strong>la</strong> Albarel<strong>la</strong> ... » (8).<br />

Lo stesso capitolo, con decreto del podestà Stefano Badoer (1228-<br />

1230), obbliga Camposampiero, con le ville del<strong>la</strong> marigancia, a restaurare<br />

gli argini del Brenta a S. Bruson, pago 324: «Hae sunt vil<strong>la</strong>e que<br />

debent <strong>la</strong>borare aggerem Sancti Bruxonis ... Campus Sancti Petri cum totis<br />

suis mariganciis » C).<br />

n capitolo VII del IV libro, titolo: «Consignacio vil<strong>la</strong>rum ad pontes<br />

», con decreto del podestà Lorenzo Tiepolo (1265), obbliga Camposampiero<br />

e ville dipendenti a fabbricare ed a restaurare i ponti del suo<br />

territorio; pago 349: «Ad pontes Campo Sancti Petri de supra Vanduram<br />

et flumina eius faciendos et manutendos istae vil<strong>la</strong>e et <strong>per</strong>sonae debent<br />

<strong>la</strong>borare, Campus Sancti Petri cum totis suis mariganciis et decanzzs<br />

».<br />

Vil<strong>la</strong> Albarel<strong>la</strong>, forse piti popo<strong>la</strong>ta di oggidl e come ora solcata da<br />

molti corsi d'acqua, viene <strong>per</strong> lo stesso decreto obbligata al<strong>la</strong> costruzione<br />

e manutenzione dei suoi ponti: «Vil<strong>la</strong> Albarel<strong>la</strong> faciat et manteneat pon-<br />

(7) L'antichissimo ed illustre cenobio benedettino di S. I<strong>la</strong>rio, non lungi dall'attuale<br />

Malcontenta, pati gravi iatture durante le guerre ecceliniane, risorse più tardi e fu definitivamente<br />

abbandonato fra il 1373 ed il 1405, im<strong>per</strong>versando le guerre fra il Carrarese e<br />

<strong>la</strong> repubblica di Venezia.<br />

(8) Questo decreto e tutti i seguenti sono tolti dagli Statuti del Comune di Padova<br />

pubblicati dal GLORIA.<br />

(9) All'epoca comunale il Brenta correva <strong>per</strong> S. Bruson ed Oriago e sfociava di fronte<br />

a Venezia; qualche secolo dopo il suo corso fu divertito, come più avanti si vedrà.<br />

109


tes de sua vil<strong>la</strong> et de suo confinio) bonos) altos ed amplos ita ut aquae<br />

possinl sgumbil<strong>la</strong>ri », cioè in modo che le acque possano defluire senza<br />

ostacolo. Il decreto è un magnifico saggio del <strong>la</strong>timts grossus in uso in<br />

quel tempo.<br />

Il capitolo VI del IV libro: «De comignacione vil<strong>la</strong>rum ad <strong>la</strong>boreria<br />

et ad p<strong>la</strong>ustra », con decreto del podestà Roberto de Robertis (1276),<br />

obbliga Camposampiero e frazioni a certi servizi verso i cittadini di Padova,<br />

come il trasporto del pane a mezzo di carri, pago 328: «Burgus<br />

D.ni Tisonis duo p<strong>la</strong>ustra) Decania Campi Sancti Petri unum p<strong>la</strong>ustrum)<br />

Malcantonum unum p<strong>la</strong>ustrum) Vill'Albarel<strong>la</strong> duo p<strong>la</strong>ustra ad panem dejerendum<br />

centenario Sancti Jacobi ».<br />

Ed ora brevissimi cenni sui singoli nomi dei cantoni di Camposampiero.<br />

Burgus D.ni Tisonis è il vero e proprio castello recinto da mura e di<br />

esclusiva proprietà dei conti che tuttavia viene assoggettato ai servizi<br />

pubblici, prova questa irrefutabile del<strong>la</strong> giurisdizione del Comune non<br />

solo sul feudo, ma anche sulle proprietà <strong>per</strong>sonali dei nostri conti.<br />

Porlus Campi Sancti Petri, l'espressione, presa come sta e giace, sembrerebbe<br />

accennare all'esistenza di un porto, ma in realtà non è cOSI;<br />

Porius Campi Sancti Petri era l'antico nome di una contrada di Camposampiero<br />

e precisamente quel<strong>la</strong> ove ebbe beni Antonio Baratel<strong>la</strong> e diritti<br />

feudali il vescovo di Treviso (10).<br />

Decania Campi Sancti Petri, il nome abbastanza chiaro significa agglomeramento<br />

di dieci famiglie comandate da un decano e non abbisogna di<br />

spiegazione.<br />

Vil<strong>la</strong> Albarel<strong>la</strong> è <strong>la</strong> contrada che costeggia da due <strong>la</strong>ti il Muson vecchio<br />

e confina con Rustega; ammassi di ruderi, qua e là rinvenuti a qualche<br />

profondità, fanno capire che <strong>la</strong> località, a quel tempo, era piu abitata<br />

di oggid1.<br />

Malcantonum è quel<strong>la</strong> contrada che oggi dI si chiama Centoni, molto<br />

(lO) Il nome Portus Campi Sancti Petri non accenna ad un porto (i nostri corsi d'acqua<br />

non furono mai navigabili), ma ad una contrada cosi denominata. Si legge infatti<br />

nel manoscritto PETROGALLI (Arch. Vesc. Treviso) che il vescovo di Treviso Pietro Baone<br />

(1359) infeudò certo Bonetto di Camposampiero di alcune decime su campi situati nel<strong>la</strong><br />

contrada detta il Porto di Camposampiero e <strong>per</strong> tale concessione Bonetto doveva corrispondere<br />

al vescovo due libre de pevare ogni anno; nello stesso manoscritto si legge che<br />

Marco Contarini, vescovo di Treviso, concesse a Bartolomeo Morosini (1454) diritti feudali<br />

su alcuni campi del<strong>la</strong> contrada del Porto di Camposampiero <strong>per</strong> l'annuo canone de un<br />

paro de guanti de camossa.<br />

E nelle disposizioni testamentarie del poeta Baratel<strong>la</strong> v'è questo accenno: «ltem<br />

<strong>la</strong>scio ... 14 campi de tera prativa e parte vegra in <strong>la</strong> vil<strong>la</strong> de Camposampiero, in <strong>la</strong> cont/'({da<br />

del Porto ». SEGARIZZI - Antonio Baratel<strong>la</strong> - pago 31.<br />

110<br />

probabilmente <strong>per</strong>ché <strong>la</strong> nobile famiglia padovana dei Centoni ebbe beni<br />

fondiari in essa.<br />

Le mappe del 1817 hanno conservato questi vecchi nomi alle conuade<br />

di Camposampiero che devono risalire ad epoca immemorabile (11); Porttls<br />

Campi Sancti Petri piu non esiste con l'antico nome, esiste <strong>per</strong>ò una contrada<br />

che, <strong>per</strong> esclusione, giudico essere le attuali « Casere ».<br />

Il centenario era una porzione del<strong>la</strong> città di Padova divisa nel Medio<br />

Evo in quattro quartieri, e suddivisa in centenari e 2 ).<br />

I Camposampierini non dovevano soltanto prestare i loro servizi al<br />

centenario di S. Giacomo, ma anche a quello di S. Leonardo, come lo<br />

prova un decreto del podestà Roberto de Robertis che obbliga Camposampiero<br />

a fornire cinque carri ad panem dejerendum centenario Sancti<br />

Leonardi.<br />

Assegnazione di servizi e di prestazioni e proporzionale divisione del<br />

carri in modo rispondente al numero degli abitanti, erano determinate<br />

dal podestà di Padova e comunicate da esso ai capitani dei castelli del<br />

territorio, che trasmettevano l'ordine ai marighi delle ville dipendenti<br />

e questi ai decani i quali si recavano nelle singole case <strong>per</strong> <strong>la</strong> requisizione<br />

degli o<strong>per</strong>ai e dei carri; chi si recava al <strong>la</strong>voro nel<strong>la</strong> città <strong>per</strong>cepiva cinque<br />

soldi giornalieri di stipendio, sette soldi chi <strong>la</strong>vorava fuori di città,<br />

quelli che non si presentavano erano multati, come lo erano coloro che,<br />

nel tempo prefisso, non terminavano il <strong>la</strong>voro assegnato.<br />

Quanto poca burocrazia e quanta praticità e quanto buon senso nel<strong>la</strong><br />

escogitazione e nelle esecuzioni di tali decreti! E <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione compiva<br />

volentieri i <strong>la</strong>vori comandati e volentieri i capi di famiglia, con attrezzi<br />

e buoi, abbandonavano <strong>la</strong> loro casa, volentieri genitori, spose e figli <strong>la</strong>sciavano<br />

partire i loro cari, sapendo che non andavano a danneggiare <strong>la</strong><br />

proprietà di altri, come nei tempi del feudalismo, non a portare il terrore<br />

ad altri padri, ad altre spose, ad altri figli, né a recar morte od a riceveda,<br />

ma a <strong>la</strong>vorare <strong>per</strong> il pubblico bene, che si identificava col loro<br />

bene partico<strong>la</strong>re (13).<br />

(11) La descrizione delle ville del territorio di Padova, compi<strong>la</strong>ta <strong>per</strong> ordine di quel<br />

podestà nell'anno 1777, divide Camposampiero nelle due parrocchie di Campoarcone e<br />

Camposampiero e quel<strong>la</strong> di Camposampiero suddivide nelle vll1e Canton, Albarel<strong>la</strong>, Straelle,<br />

Fur<strong>la</strong>n, Canove, Pissintorno e Malcanton, quel<strong>la</strong> di Campoarcone nel<strong>la</strong> vil<strong>la</strong> Vettura<br />

e vil<strong>la</strong> del Corso.<br />

(12) Padova medievale era divisa nei quartieri di Ponte Molln, Altinate, Duomo, Torrlcelle,<br />

ed ogni quartiere era suddiviso in centenari che prendevano il nome dalle antiche<br />

parrocchie del<strong>la</strong> città.<br />

(13) Anche il Codice Carrarcse contiene molte disposizioni intese ad obbligare <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione<br />

di Camposampiero a servÌtu reali e <strong>per</strong>sonali <strong>per</strong> o<strong>per</strong>e pubbliche: vie, ponti, ar-<br />

III


La nuova condizione creata ai nostri conti, ed a tutti i feudatari, dal<br />

Comune di Padova, ci viene ancora resa nota da alcuni decreti diretti a<br />

restringere i poteri, a frenare le velleità egemoniche ed a punire le disobbedienze.<br />

Con decreto 1269 fu vietato ai feudatari, sotto pena di 500 di ammenda,<br />

di giudicare cause civili o penali, non dovendovi essere, da allora<br />

innanzi, che una so<strong>la</strong> corte di giustizia, il pa<strong>la</strong>zzo comunale, ed un<br />

solo giudice, il podestà.<br />

Con decreto 1270 fu vietato ai magnati di tenere pili di dieci armature<br />

in casa, sotto pena di ammenda di L. 25 <strong>per</strong> armatura.<br />

A fine poi di costringere i renitenti ad iscriversi nel numero dei cittadini<br />

di Padova, il podestà inibi <strong>la</strong> comparizione nel foro di Padova<br />

a tutti i feudatari che non avevano ancora fatto questo passo (1270), e,<br />

<strong>per</strong> impedire che essi ridiventassero potenti e <strong>per</strong>icolosi, furono condannati<br />

a L. 1000 di ammenda tutti coloro che ricevevano feudi.<br />

A questi decreti fa seguito l'enumerazione dei signori in essi compresi<br />

e, fra i molti, figurano i conti di Camposampiero e 4 ).<br />

Eccezioni favorevoli ai nostri conti sono invece contenute nei decreti<br />

del podestà Roberto de Robertis, Cod. Rep. libro I cap. XXX titolo:<br />

« De capitaneis et de custodibus ». Ivi, quell'eccellente uomo di stato dopo<br />

di avere dettate saggie norme intese a rego<strong>la</strong>re <strong>la</strong> nomina dei capitani<br />

dei castelli dipendenti dal Comune e di averne determinato, con<br />

minuziosa precisione, gli uffici, <strong>la</strong> durata in carica, lo stipendio, i premi<br />

e le pene, tali costituzioni estende ai capitani dei castelli di Monselice,<br />

Montagnana, Cittadel<strong>la</strong>, S. Pietro in Vicenza, Bassano, Lonigo, Marostica<br />

e non a quelli di Este e di Camposampiero e di altri castelli gentilizi,<br />

governati da capitani, nominati dai rispettivi signori.<br />

Da questa esposizione, basata sui fatti, meglio apparisce <strong>la</strong> condizione<br />

del nostro castello in quest'epoca che è di doppia sudditanza, al<br />

Comune di Padova ed ai conti di Camposampiero e questi ultimi non<br />

sono pili feudatari con sovrani ed incontrastati poteri, ma con diritti limitati<br />

e circoscritti da concessioni, da rinuncie e da restrizioni imposte<br />

dal Comune ed accettate dai conti stessi.<br />

Nel<strong>la</strong> <strong>storia</strong> di Padova e di Camposampiero quel <strong>per</strong>iodo di tempo<br />

che trascorse fra gli anni 1260-1310 si può benissimo paragonare ad<br />

gini, servigi al<strong>la</strong> città di Padova. La repubblica di Venezia esonerò i cittadini del re/osso<br />

del nostro castello da ogni aggravio e servitu reale e <strong>per</strong>sonale.<br />

(14) GLORIA: L'Agricoltura nel padovano, pago CLII.<br />

112<br />

un'oasi, situata nel mezzo di un deserto, ove il viaggiatore, travagliato<br />

da lungo e faticoso viaggio, si ricrea e riprende vigore <strong>per</strong> continuare<br />

il cammino attraverso le immense <strong>la</strong>nde battute dal sole, non confortate<br />

dal<strong>la</strong> vista di un po' d'acqua e di un po' di verde. E veramente giunti<br />

a quell'epoca di pace e di tranquillità i nostri vecchi dovettero ringraziare<br />

il Signore che, dopo tante <strong>per</strong>ipezie, li aveva riservati ai giorni<br />

migliori ed aveva restituito ad essi quel<strong>la</strong> sicurezza, che era mancata in<br />

tutti i rapporti del<strong>la</strong> vita <strong>per</strong> oltre quaranta anni. Sicurezza del<strong>la</strong> vita<br />

familiare, prima minacciata da continue chiamate sotto le armi; sicurezza<br />

di <strong>la</strong>voro, minacciata da invasioni nemiche seguite da incendi che distruggevano<br />

in poche ore <strong>la</strong> fatica e le s<strong>per</strong>anze di molti mesi; sicurezza di proprietà,<br />

minacciata da saccheggi, da rapine e da usurpazioni di soldati<br />

senza disciplina e senza ritegno; sicurezza del<strong>la</strong> vita stessa individuale insidiata<br />

dal nemico che, anche a guerra finita, non deponeva l'animo<br />

feroce e <strong>la</strong> spada, ma continuava <strong>la</strong> sua o<strong>per</strong>a sanguinaria contro donne,<br />

fanciulli e vecchi inermi. Intollerabile stato di cose che, protrattosi <strong>per</strong><br />

molti anni, diventò causa di altri mali, quali miseria, carestie e pestilenze<br />

che resero ancora pili grama <strong>la</strong> vita del povero popolo!<br />

Purtroppo il benessere non durò lungo tempo, ché nuove minacciose<br />

nubi apparvero presto ad offuscare l'orizzonte.<br />

Nel<strong>la</strong> primavera del 1310, discese in Italia l'im<strong>per</strong>atore Arrigo VII col<br />

fermo proposito di imporre ad ogni città l'accettazione di un vicario<br />

im<strong>per</strong>iale, che doveva control<strong>la</strong>re ed anche sostituire l'azione del podestà;<br />

le città che lo accettavano erano dichiarate amiche dell'itn<strong>per</strong>atore ed a<br />

parte dei suoi favori, quelle che lo rifiutavano erano dichiarate nemiche<br />

e, come tali, esposte al<strong>la</strong> sua vendetta. I ghibellini, non certo estranei<br />

alle manovre dell'im<strong>per</strong>atore, esultarono a tale notizia; <strong>per</strong>ché s<strong>per</strong>avano<br />

col suo aiuto di rialzare le scadute sor6 del partito; i guelfi ne rimasero<br />

costernati, poiché intravvedevano, nel<strong>la</strong> attuazione del programma im<strong>per</strong>iale,<br />

una minaccia diretta contro <strong>la</strong> libertà comunale, soprattutto restò<br />

mortificata Padova che, guelfa di tradizioni, rifiutò recisamente il vicario<br />

im<strong>per</strong>iale, dichiarandosi pronta a resistere con le armi. Vicenza, invece,<br />

dominata dai ghibellini e bramosa di scuotere il dominio padovano, apri<br />

le porte al vicario im<strong>per</strong>iale Cane del<strong>la</strong> Sca<strong>la</strong>, giovane valoroso di distinta<br />

famiglia veronese, tenuto in conto di condottiero ciel movimento ghibellino<br />

nel<strong>la</strong> Marca Trevigiana.<br />

La defezione di Vicenza contristò i Padovani, il timore delle minacciate<br />

rappresaglie im<strong>per</strong>iali s'impadroni dei loro animi e li risolse ad<br />

inviare un'ambasciata all'im<strong>per</strong>atore con mandato di accettare quanto<br />

8<br />

II3


egli avrebbe proposto. Arrigo VII accolse cortesemente gli ambasciatori<br />

(figurava fra di essi Tiso VIII di Camposampiero), ma si mostrò risoluto<br />

nei propositi, irremovibile nelle esigenze che furono: accettazione del vicario<br />

im<strong>per</strong>iale; annuo canone di 20.000 fiorini e 100.000 fiorini al<strong>la</strong><br />

mano da versarsi nell'erario im<strong>per</strong>iale. La pace, conchiusa a cOSI umilianti<br />

condizioni, non poteva avere lunga durata e difatti sei mesi dopo<br />

(15 Febbraio 1312) i Padovani, istigati ed aiutati dai Fiorentini e dai<br />

Bolognesi, si ribel<strong>la</strong>rono all'im<strong>per</strong>atore e, cacciato Gerardo di Enzo<strong>la</strong> vicario<br />

im<strong>per</strong>iale ed atterrate le insegne dai pa<strong>la</strong>zzi pubblici, marciarono<br />

al<strong>la</strong> riconquista di Vicenza. Questa l'origine del<strong>la</strong> lunga ed accanita guerra<br />

contro Cane che dapprima ebbe come scopo principale <strong>la</strong> riconquista<br />

di Vicenza eS) e, fallita l'impresa, quello di difendere Padova dagli assalti<br />

di Cane che a tutti i costi voleva impadronirsi di essa ed al<strong>la</strong> fine<br />

riuscl, ad onta del<strong>la</strong> dis<strong>per</strong>ata e valorosa resistenza.<br />

Nell'anno 1312 i Padovani iniziarono l'offensiva invadendo il territorio<br />

vicentino con intenzione di spingersi fino al<strong>la</strong> città, ma sopraggiunti a<br />

Torre di Quartesolo dalle truppe dello Scaligero, provocati a battaglia<br />

e sconfitti, si ritirarono in disordinata fuga, <strong>la</strong>sciando il campo seminato<br />

di morti e feriti, prigionieri e gran quantità di vettovaglie nelle mani di<br />

Cane; <strong>per</strong> nul<strong>la</strong> scoraggiati dall'insuccesso, in fretta raccolsero un secondo<br />

esercito, ingrossato dai Bolognesi e dai Trevisani, e marciarono<br />

verso Vicenza, ma anche questa volta con poca fortuna, <strong>per</strong>ché, sorpresi<br />

a Longare ed attaccati dallo Scaligero, furono nuovamente sconfitti, con<br />

gravissime <strong>per</strong>dite.<br />

La morte di Arrigo VII (1313) rialzò alquanto il coraggio dei Padovani<br />

che, ripreso ardire, invasero nuovamente il territorio vicentino e<br />

con audaci scorrerie si spinsero fino a Montebello, incendiando e distruggendo<br />

i paesi <strong>per</strong> i quali passavano, e Cane che, a quel momento,<br />

non aveva a disposizione un forte esercito da opporre, raccolto un manipolo<br />

di guastatori, cui si aggiunsero alcuni fuorusciti padovani di fede<br />

ghibellina, <strong>per</strong> rappresaglia si riversò sul nostro territorio scatenando<br />

il suo furore sui paesi di Camposampiero e di Arsego che, non difesi<br />

da presidio e colti all'improvviso, furono facilmente conquistati prima,<br />

e poi abbandonati al<strong>la</strong> devastazione dei soldati i quali, consumate scelleratezze<br />

di ogni sorta contro <strong>per</strong>sone e proprietà degli inermi e pacifici<br />

(15) L'accanita ed inutile lotta dei Padovani <strong>per</strong> <strong>la</strong> riconquista di Vicenza è ricordata<br />

da Dante nel IX Canto del Paradiso con questi versi:<br />

Ma tosto fia cbe Padova al palude<br />

Cangicrà l'acqua cbe Vicenza bagna<br />

Pcr esser al dover le genti crude.<br />

nostri concittadini, si ritrassero nel vicentino, seco portando gran quantità<br />

di prede.<br />

Il ttiste avvenimento è ricordato da Albertino Mussato con queste parole:<br />

«Ipse Canis mercenariorum suo rum praesertim paduanorum exulum<br />

auxilio neglectas Campi Sancti Petri et Arsici colonias pingui arrepta<br />

praeda depopu<strong>la</strong>tus est» e 6 ).<br />

È cosa vergognosa e dolorosa che, al<strong>la</strong> scorribanda, abbiano partecipato<br />

alcuni Padovani che, <strong>per</strong> molti titoli, si possono considerare nostri<br />

concittadini!<br />

L'impresa di Cane contro Camposampiero non fu vera e stabile occupazione,<br />

ma soltanto scorreria, seguita, a breve distanza, dal<strong>la</strong> ritirata,<br />

affrettata dall'avvicinarsi delle ttuppe trevisane, chiamate ed accorse<br />

in aiuto dei Padovani, come lo prova questo tratto dell'anonimo Foscariniano:<br />

«Can grando da <strong>la</strong> Scha<strong>la</strong> scorse in padoana et brusò più ville.<br />

Padoani astretti dal bisogno domandano danari, incontinente messeno una<br />

imposizione su <strong>la</strong> terra con <strong>la</strong> qual a 17 de septembrio spazono (mandarono)<br />

Piero de Bonaparte con 50 cavali et Lunardo Canobello e Nicolò<br />

de Bonaparte con 200 fanti et mandoli a PadovCl, el Schaligero subito se<br />

treme in Visentina con le sue zente » e 7 ).<br />

Nel 1314, i Padovani mossero al<strong>la</strong> conquista di Vicenza, ma l'impresa<br />

riuscl cOSI disastrosa e <strong>la</strong> disfatta cOSI solenne che, nel<strong>la</strong> pace, seguita lo<br />

stesso anno con <strong>la</strong> mediazione di Giovanni Soranzo doge di Venezia,<br />

essi rinunciarono <strong>per</strong> sempre a qualunque pretesa su Vicenza. Sconfitte,<br />

trattati di pace e rinuncie fatte, non valsero ad acquetarli, onde nel 1317<br />

nuovamente uscirono in campo e, coadiuvati dal conte Vinciguel'1'a di<br />

Sambonifacio, con supremo sforzo l'adunarono e spinsero fin sotto le<br />

mura del<strong>la</strong> città un numeroso esercito, ma <strong>la</strong> fortuna, da principio seconda<br />

tanto che riuscirono ad occupare alcuni sobborghi di Vicenza,<br />

troppo presto li abbandonò, ed uscito Cane d'improvviso dal<strong>la</strong> città, con<br />

grande furore li assali alle spalle mettendo in essi tale scompiglio e tanta<br />

paura che, abbandonato l'assedio e solo preoccupati di salvare <strong>la</strong> vita, si<br />

diedero a precipitosa fuga.<br />

Con questo infelice fatto d'armi ebbe termine <strong>la</strong> prima parte del<strong>la</strong><br />

(16) ALBERTINO MUSSATO: de Gesti.l· Italicorum, libro I, rubrica IV - MURATORI:<br />

Rer. Ital. Script., Tomo X.<br />

L'incursione di Cane è ricordata anche dall'ONGARELLO nel foglio 134 del<strong>la</strong> sua ero·<br />

naca con queste parole: «Udite queste novelle (<strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia cioè e <strong>la</strong> morte di Arrigo<br />

VII) li padovani corsero <strong>per</strong> veronese et visentino rubbando et brusando ogni cosa, et<br />

Can de <strong>la</strong> Sca<strong>la</strong> dall'altra banda contro di loro brusò tutto el paese de Camposampiero ».<br />

(17) AN. Fosc.: Parte I, foglio 133.<br />

115


Marsiglio da Carrara, con potente esercito si portò all'assedio di questa<br />

città; spaventati i Trevisani dagli apparecchi bellicosi, e piu di tutto dal<br />

nome ormai famoso di Cane, si affrettarono a patteggiare <strong>la</strong> resa del<strong>la</strong><br />

loro città nel<strong>la</strong> quale lo Scaligero fece trionfale ingresso il 17 Luglio<br />

1329; ma troppo presto gli onori e le allegrezze si convertirono in tristi<br />

lutti, <strong>per</strong>ché colpito da repentina ma<strong>la</strong>ttia il 21 Luglio di quell'anno<br />

mori nel<strong>la</strong> fiorente età di 41 anni.<br />

Principe valoroso, ardito, tenace e fortunato nelle imprese, terribile<br />

con i nemici, benigno ed umano con i vinti, protettore munifico di letterati<br />

ed artisti (Dante nell' avversa fortuna trovò ospitalità e favori<br />

presso sua corte), sembra coltivasse l'idea di diventar signore dell'alta<br />

Italia, ma <strong>la</strong> morte immatura lo colse e, con <strong>la</strong> vita, troncò i suoi progetti.<br />

L'eredità di Cane passò ai nipoti Alberto e Mastino; Alberto si accontentò<br />

del<strong>la</strong> signoria di Padova e fu principe d'indole tranquil<strong>la</strong>, propenso<br />

all'amore dei sudditi ed alieno dalle arrischiate imprese, Mastino invece<br />

continuò le tradizioni di Cane e, raccogliendo ne il programma di espansione<br />

assieme all'eredità, attraverso a fortunate imprese, in poco tempo<br />

conquistò Feltre, Belluno, Brescia, Bergamo, Parma e Lucca che aggiunse<br />

ai dominii ereditati di Verona, Vicenza, Padova e Treviso; non contento<br />

di tanti acquisti cominciò a molestare i Veneziani. Fu questa l'origine<br />

del<strong>la</strong> sua rovina e di quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> sua famiglia, <strong>per</strong>ché i Veneziani, in tale<br />

occasione, si collegarono con quei principi e con quelle città, alle quali <strong>la</strong><br />

grande potenza di Mastino e le sue mal ce<strong>la</strong>te brame di ulteriori espansioni<br />

davano fastidio e, con potente esercito, capitanato da Pietro de Rossi,<br />

signore di Lucca già spodestato da Mastino, mossero al<strong>la</strong> conquista delle<br />

città da lui occupate e prima di tutto assalirono e conquistarono Padova<br />

(3 Agosto 1337).<br />

Fu allora che Marsiglio da Carrara, éhe all'ultima ora aveva piantato<br />

Mastino e <strong>la</strong> sua causa <strong>per</strong> aderire a Venezia ed ai collegati, ottenne dal<br />

doge Francesco Dandolo <strong>la</strong> piena ed assoluta signoria del<strong>la</strong> città di Padova<br />

in premio di sua defezione.<br />

Frattanto si svolsero avvenimenti cOSI importanti <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>storia</strong> del nostro<br />

castello che mi obbligano di par<strong>la</strong>rne con qualche estensione.<br />

Nel 1312 venne a morte Tiso VIII, quegli stesso che aveva partecipato<br />

al<strong>la</strong> infelice ambasciata inviata dai Padovani ad Arrigo VII. .<br />

Come ho detto altrove, Tiso VIII, rimasto vedovo in tarda età, aveva<br />

contratto nozze con <strong>la</strong> giovane ed avvenente Cunizza da Carrara sorel<strong>la</strong><br />

di Marsiglio, da cui ebbe il figlio Tiso IX che <strong>la</strong> madre abbandonÒ, morto<br />

rr8<br />

il marito, <strong>per</strong> rifugiarsi a Venezia ove condusse vita turpe che tornò a<br />

disonore delle famiglie dei Camposampiero e dei Carraresi.<br />

Il piccolo Tiso, accolto in casa dello zio Marsiglio ed avviato al<strong>la</strong> carriera<br />

militare, fino dai primi anni dette prove di non comune valore;<br />

intanto <strong>la</strong> fama riportava notizie ognora piu scandalose sul<strong>la</strong> condotta<br />

di Cunizza e tali notizie commentate dai Padovani, accompagnate da<br />

frizzi e satire mordaci, eccitarono talmente l'animo di Tiso che, partito<br />

da Padova e recato si a Venezia, si appostò nel pa<strong>la</strong>zzo ove Cunizza era<br />

solita ad incontrare un certo Emo, capitano di nazionalità tedesca e, sorpresi<br />

gli amanti nel<strong>la</strong> tresca, li trafisse entrambi e 2 ). Tiso IX morI nel<br />

13 34 nel<strong>la</strong> fresca età di 25 anni e, con meraviglia di tutti, costitul erede<br />

di ogni suo avere, compreso il castello di Camposampiero, lo zio Mar-<br />

siglio.<br />

L'atto di Tiso, che escludeva dal<strong>la</strong> eredità i parenti, e più di tutto il<br />

passaggio ad altra casa del castello avito che ricordava i meriti degli antenati,<br />

<strong>la</strong> ricompensa dell'im<strong>per</strong>atore e l'origine del nome familiare, fu severamente<br />

biasimato dai contemporanei e feri l'amor proprio di Guglielmo,<br />

nipote di Tisone e suo erede secondo il diritto e le buone consuetudini.<br />

Quegli giurò di vendicare l'ingiuria e formò il proposito di conquistare<br />

con le armi quanto <strong>la</strong> fortuna gli aveva negato.<br />

E quando Guglielmo si accorse che <strong>la</strong> potenza di Mastino e del suo<br />

alleato Marsiglio stava <strong>per</strong> tramontare, raccolse ur; manipolo di soldati<br />

e si diresse verso Camposampiero, ed avvicinatosi nottetempo alle porte<br />

del castello, diede il segnale ai soldati di guarnigione con i quali aveva<br />

stretto accordi prima. All'avviso quelli, invece di conere al<strong>la</strong> difesa, si<br />

ammutinarono, trucidarono il capitano C<strong>la</strong>rioto ed aprirono le porte a<br />

Guglielmo (14 Marzo 1337).<br />

Tali notizie furono apprese con dolore da Marsiglio che, occupato<br />

nel<strong>la</strong> guena contro i Veneziani, non aveva tempo e mezzi <strong>per</strong> correre<br />

al<strong>la</strong> riconquista di Camposampiero; Venezia gioi del successo di Guglielmo<br />

e prese castello e conte sotto <strong>la</strong> sua protezione.<br />

Fu allora che Marsiglio, accortosi che era cosa <strong>per</strong>icolosa il seguire<br />

Mastino nel<strong>la</strong> sua sconsigliata politica, lo abbandonò accostandosi ai Veneziani<br />

e col loro aiuto acquistò pieno ed assoluto dominio di Padova<br />

(3 Agosto 1337).<br />

Degli avvenimenti che si riferiscono al nostro castello si sono princi-<br />

(22) CORTUSIORUM: Op. cit., libro VIII, cap. L Scrivono i Cortusi che Marsiglia<br />

stesso, fratello di Cunizza e zio di Tisane, indusse il nipote al matricidio.


palmente occupati tre storici, uno dell'epoca e due posteriori; di tutti<br />

e tre riporterò le testuali parole. Il continuatore del Ro<strong>la</strong>ndino, riassumendo<br />

brevemente gli avvenimenti, cosi scrisse: «die XIV 1337 mensis<br />

martii captum fuit castrum Sancti Petri <strong>per</strong> dominum Guillelmum de<br />

Campo Sancti Petri quod castrum tenebatur <strong>per</strong> dominum Marsilium de<br />

Carrara» e 3 ).<br />

Il Vergerio cosi completa <strong>la</strong> narrazione del continuatore di Ro<strong>la</strong>ndino:<br />

« Guillelmus noctu quoque castrum Campi Sancti Petri c<strong>la</strong>m invasit, quod<br />

Marsilius de Carrara possidebat, testamento legatum <strong>per</strong> Tisonem Novellum<br />

ex sorore nepotem »e 4 ), ed il Verci aggiunge queste partico<strong>la</strong>rità<br />

derivate dai Cortusi: «anche il castello di Camposampiero che apparteneva<br />

al<strong>la</strong> giurisdizione di Marsiglio da Carrara come erede di Tisone figliuolo<br />

di Cunizza sua sorel<strong>la</strong>, scacciate le guardie e morto C<strong>la</strong>rioto si<br />

diede in potere di Guglielmo cui di santa ragione spettava» eS).<br />

Marsiglio da Carrara non poté ricu<strong>per</strong>are il castello di Camposampiero,<br />

<strong>per</strong>ché colto da morte nel seguente anno (1338); ne rec<strong>la</strong>mò <strong>la</strong> restituzione<br />

l'erede, Ubertino da Carrara, ma non acconsentendovi Guglielmo, a<br />

fine di evitare <strong>la</strong> guerra, l'uno e l'altro risolsero di rimettere <strong>la</strong> vertenza<br />

all'arbitrato di Francesco Dandolo, doge di Venezia (1339); questi accettò<br />

<strong>la</strong> proposta e, finché <strong>la</strong> lite non fu decisa, ritenne in sua custodia il<br />

castello di Camposampiero.<br />

La questione, se non elegante, fu certo lunga, poiché <strong>per</strong> un anno intero<br />

(dal Marzo 1339 al Marzo 1340), Francesco Dandolo esaminò e<br />

studiò i diritti dei contendenti, richiese informazioni e pareri, consultò<br />

testamenti ed alberi genealogici, e finalmente con sentenza, ispirata piuttosto<br />

da ragioni di stato e da scaltra politica che da vera giustizia, assegnò<br />

il castello di Camposampiero ad Ubertino.<br />

Chi non vede nel<strong>la</strong> sentenza del doge, o meglio ancora nel contegno<br />

del<strong>la</strong> Serenissima, un giuoco abilissimo a tutto vantaggio del<strong>la</strong> repubblica<br />

che, <strong>per</strong> indebolire e castigare Marsiglio suo nemico, acconsente prima<br />

e favorisce l'impresa di Guglielmo e più tardi quando il Carrarese,<br />

separate le proprie sorti da Mastino, aderisce a Venezia, premia <strong>la</strong> sua<br />

defezione e si assicura l'appoggio del<strong>la</strong> potente famiglia carrarese con<br />

l'assegnazione di Camposampiero?<br />

La contesa fra Guglielmo ed Ubertino e <strong>la</strong> sentenza di Francesco Dandolo<br />

sono cosi ricapito<strong>la</strong>te dal Vergerio: «Guillelmus uti diximus Castrum<br />

(C. S. Petri) c<strong>la</strong>m invasit et nunc Ubertinus Marsilii heres reddi de-<br />

(23) Additamenta ad Ro<strong>la</strong>ndinum, Tomo VIU Rer. Ital. Script. MURATORI, pago 443.<br />

(24) Vitae principum Carrarensium, Tomo XVI Rer. Ita!. Script. MURATORI, pago 443.<br />

(25) Storia del<strong>la</strong> Marca Trevigiana e Veronese, T. XI, pago 80-81.<br />

120<br />

postu<strong>la</strong>bat. Contentio autem ad vim iuris referebatur, nam Marsilio quidem<br />

Tiso Novellus legaverat, Guillelmus autem ex Tisonis hujus fratre<br />

genitus testamento avi quod extabat, haereditatem universam exposcebat.<br />

Su<strong>per</strong> ea lite in ducem Venetorum compromissum est eique possessio hoc<br />

tradita, ut apud sequestrum et dicendi iuris et exequendi facultas esset.<br />

Sequenti igitur anno Franciscus Dandulo veneto rum dux cognita causa<br />

U bertino castrum cum jurisdictione Guillelmo reliquam haereditatem adjudicavit<br />

» e 6 ).<br />

Notizie ancora piu precise sul<strong>la</strong> definizione del<strong>la</strong> controversia ho potuto<br />

attingere dai Regesti dei Commemoriali. Risulta infatti dall'esame<br />

dei documenti ivi riferiti, che Francesco Dandolo si accontentò di fissare<br />

le linee generali dell'accordo di transazione, a cui precedentemente si<br />

erano obbligati Guglielmo ed Ubertino, <strong>la</strong>sciando ai due procuratori di<br />

San Marco, Andrea Morosini e Marco Loredan, il compito di assegnare<br />

le rispettive quote. Tale assegnazione ebbe luogo nello studio del notaio<br />

Nicolò Freganesco a Rialto e <strong>la</strong> disputata eredità dell'ultimo Tiso fu cosi<br />

ripartita: «Al Carrarese il castello e <strong>la</strong> vil<strong>la</strong> di Camposampiero, Vil<strong>la</strong> Pitoca,<br />

Albarel<strong>la</strong>, Campoarcone, Molino di Caselle senza i boschi, Malcanton,<br />

Massanzago, Arsego, S. Giustina in Colle con una casa a Camposampiero<br />

ed una a Massanzago, rendita L. 4733 ».<br />

«A Guglielmo di Camposampiero, Godego, Resana, Villerazzo, San<br />

Zenone, Mussolente e Semonzo nel Trevigiano, Loreggia, Loreggio<strong>la</strong>, Fontane,<br />

Frate, San Michele dell'Abbadesse nel padovano rendita L. 3458 »<br />

A nessuno sfuggirà l'importanza di questo documento e 7 ) che certo<br />

è il primo, se non l'unico, che dica chiaro e netto quali fossero nel XIV<br />

secolo le giurisdizioni dei nostri conti.<br />

A fine di prevenire spiacevoli sorprese da parte degli eredi di Guglielmo<br />

(1342) l'avveduto doge di Venezia, Bartolomeo Gradenigo, al<strong>la</strong> morte<br />

di quello mandò un manipolo di soldati, agli ordini di Bertuccio Zancani,<br />

<strong>per</strong> custodire il castello di Camposampiero eS), ma non vi fu bisogno,<br />

<strong>per</strong>ché nessuno dei conti avanzò pretese ed Ubertino continuò a<br />

goderne il pacifico possesso.<br />

Nell'anno 1338 Ro<strong>la</strong>ndo dei Rossi, generalissimo dei collegati, movendo<br />

al<strong>la</strong> conquista di Vicenza che voleva rito glie re agli Scaligeri, fece<br />

(26) Vitae principum Carrarensium, pago 116.<br />

Sul<strong>la</strong> intromissione di Venezia e del suo doge Francesco Dandolo, nel<strong>la</strong> contesa insorta<br />

fra Guglielmo Camposampiero e Marsiglia da Carrara <strong>per</strong> il possesso dell'eredità<br />

dell'ultimo Tiso, vedi LAZZARINI: Storia di un trattato fra Venezia, Firenze ed i Carraresi,<br />

Venezia 1899, pago 7 e, <strong>per</strong> il re<strong>la</strong>tivo documento, pago 33, sotto il 14 Luglio 1337.<br />

(27) PREDELLI: Regesti dei Commemoriali, Val. IV, pago 83, Venezia 1878.<br />

(28) VEReI: Storia del<strong>la</strong> marca Trevigiana, Val. XII, pago 23. Documenti.<br />

121


neva a Venezia e <strong>per</strong> metà al Carrarese, ed ancora con <strong>la</strong> costruzione di un<br />

lungo trincerone sopra l'argine del Muson stesso richiamò nuovamente<br />

l'attenzione di Venezia e provocò <strong>la</strong> sua ira. Agli apparecchi del Carrare se<br />

i Veneziani risposero con <strong>la</strong> costruzione del<strong>la</strong> poderosa bastia di Gambarare,<br />

e con raccogliere uomini da tutte le parti che allestiti e preparati, furono<br />

messi in campo <strong>per</strong> <strong>la</strong> guerra creduta ormai vicina.<br />

Francesco intanto si maneggiava a confermare l'alleanza con Luigi<br />

d'Ungheria ed a stringerne di nuove con i Fiorentini, coi Genovesi eS),<br />

col duca d'Austria e con quanti conosceva nemici o rivali del<strong>la</strong> Serenissima.<br />

CosI si venne a nuova guerra durante <strong>la</strong> quale il nostro castello, <strong>per</strong><br />

<strong>la</strong> sua posizione topografica che lo costituiva prima fortezza padovana dopo<br />

il confine segnato dal Muson, acquistò singo<strong>la</strong>re importanza, e secondo<br />

l'occasione servI di accampamento invernale alle genti del Carrarese, diventò<br />

meta d'incursioni dirette a danneggiare il territorio ed a disturbare<br />

le o<strong>per</strong>azioni militari del nemico, punto di partenza <strong>per</strong> le truppe che si<br />

accingevano a qualche impresa e dal Carrare se fu sempre presidiato con<br />

numerosa e scelta guarnigione, come quello che chiudeva l'accesso al<br />

ponte di Vigodarzere, oltrepassato il quale riusciva agevole l'avanzata<br />

su Padova.<br />

Gli Ungheresi mandati da Luigi in aiuto del Carrarese, attraversato il<br />

Friuli ed il Piave, arrivarono a Camposampiero verso gli ultimi giorni<br />

del mese di Marzo (1372) e sostarono <strong>per</strong> alcun tempo, finché i nostri<br />

concittadini, stanchi del<strong>la</strong> <strong>per</strong>manenza di queste truppe che al paese recavano<br />

gli stessi danni di un nemico invasore, richiesero <strong>la</strong> loro sostituzione<br />

con truppe nostrane da cui avevano meno da temere.<br />

D'ora innanzi conforterò <strong>la</strong> mia esposizione con documenti illustrativi<br />

tolti dal<strong>la</strong> Cronaca dei Gattari, seguendo <strong>la</strong> nuova edizione stampata nel<br />

1900 a Città di Castello.<br />

« Sequente pochi di a XXIII di marzo (1372) Missier Francescho predetto<br />

mandò Stievano Hongaro con molta cometiva de giente d'arme<br />

d'Hungari, i quali era soi' soldati a Champosampiero in guardia <strong>per</strong> defessa<br />

et chustodia del detto chastello et ville» e 6 ).<br />

Poveri campi, povere stalle, poveri coloni e poveri cittadini di Camposampiero<br />

abbandonati al<strong>la</strong> discrezione di soldati semi selvaggi che,<br />

quando non combattevano, rubacchiavano da <strong>per</strong> tutto! Oh davvero che<br />

(35) Da parecchio tempo <strong>la</strong> repubblica di Venezia era in istato di guerra con quel<strong>la</strong> di<br />

Genova e causa remota del<strong>la</strong> guerra era l'invidia reciproca delle due potenti rivali, causa<br />

prossima il conteso possesso dell'iso<strong>la</strong> di Tenedo, chiave e porta dei Dardanelli, ultimamente<br />

occupata dai Veneziani.<br />

(36) GATTARI: Crono Carrar., pago 48.<br />

124<br />

i nostri buoni antenati avrebbero rinunciato a tale defessa et chustodia!<br />

Gli storici contemporanei equipararono il passaggio e <strong>la</strong> <strong>per</strong>manenza<br />

degli Ungheri ad una tempesta deso<strong>la</strong>trice.<br />

Stievano Hongaro è lo stesso Stefano Valentino o Valentini, capitano<br />

generale dell'esercito ungherese che o<strong>per</strong>ava nell'Italia e voivoda di<br />

Transilvania.<br />

Quando Dio volle gli Ungheresi partirono <strong>per</strong> altra destinazione, partirono<br />

senza rimpianto e senza dimostrazioni di simpatia, anzi con grande<br />

sollievo dei nostri concittadini, e Francesco da Carrara, cui premeva assai<br />

difendere il nostro castello, mandò quivi il valoroso Simon Lovo con<br />

200 cavalleggeri e 200 fanti ottimamente equipaggiati (Agosto 1372):<br />

« ... fu <strong>per</strong> lo prefato signore (Francesco da Carrara) mandato in guardia<br />

el no belle chavalier Simon Lovo al chastello de Champ,osampiero con dosento<br />

homeni d'arme a chavallo e con dosento fanti da piè (sic) armati<br />

d'avantagio » e 7 ).<br />

E Simon Lovo non si accontentò di aspettare il nemico, ma assieme<br />

al fratello Antonio Lovo, capitano di Mirano, esso pure ai servizi del<br />

Carrare se , il 18 Ottobre 1372, con audace scorreria si spinse fin sotto<br />

le mura di Treviso e concorrendovi nell'impresa le truppe di Stefano di<br />

Polonia, sorprese e sconfisse l'esercito veneziano e ritornò a Camposampiero<br />

suo posto assegnato e sua base d'azione.<br />

Per tale vittoria si fecero grandi feste a Padova e nei castelli del<br />

territorio.<br />

Francesco da Carrara che ben conosceva il valore e <strong>la</strong> fedeltà dei suoi<br />

capitani, non tardò a premiare i meriti di Simone ed allorquando i Veneziani,<br />

attraversato il territorio padovano, arrivarono al passo delle<br />

Brentelle <strong>per</strong> tentare l'impresa di Padova, gli affidò <strong>la</strong> custodia dell'importante<br />

posizione e <strong>la</strong> fiducia riposta fu pienamente giustificata dagli<br />

avvenimenti seguiti che derivarono nuove glorie a Simone il quale<br />

sbaragliò le truppe veneziane, liberando Padova dal<strong>la</strong> minacciata invasione<br />

eS).<br />

La guerra fini con <strong>la</strong> vittoria dei Veneziani; gli Ungheresi furono costretti<br />

a ripassare le Alpi e Francesco da Carrara dovette implorare <strong>la</strong><br />

pace (1373), concessa dal Senato a condizione che il figlio suo Francesco<br />

Novello si portasse a Venezia a chiedere <strong>per</strong>dono degli arrecati oltraggi<br />

ed a giurare che mai piti il padre avrebbe prese le armi contro <strong>la</strong> Sere-<br />

(37) GATTARI, Op. cit., pago 54.<br />

(3S) Simon Lovo o Lupo fu anche podestà di Padova nell'anno 1384 <strong>per</strong> un rezimento<br />

el quale scominziò alli 6 novembre el quale Simon morite nel suo rezimento. ONGA­<br />

RELLO, Cronaca, foglio 163.<br />

12 5


111sS11na; anche questo passo umiliante fu compiuto e <strong>la</strong> causa del Carrare<br />

se trovò un potente intercessore nel<strong>la</strong> <strong>per</strong>sona di Francesco Petrarca<br />

che accompagnò il principe a Venezia e molto valse, con <strong>la</strong> sua presenza<br />

e con <strong>la</strong> sua paro<strong>la</strong>, a rabbonire i corrucciati padri del Senato (2 ottobre<br />

1373) e).<br />

Al<strong>la</strong> pace di Venezia seguirono cinque anni di tregua, che non valsero<br />

a stabilire i buoni rapporti, <strong>per</strong>ché Francesco voleva a tutti i costi umiliare<br />

un nemico di lui piti potente. La guerra adunque ricominciò nel<br />

1378 ed anche questa volta il Carrarese strinse alleanza con tutti i nemici<br />

di Venezia, con <strong>la</strong> sua potente rivale <strong>la</strong> repubblica di Genova, col re<br />

d'Unghetia, col patriarca d'Aquileia e con i signori da Camino; Venezia<br />

trovò un potente alleato in Bernabò Visconti; <strong>la</strong> guerra fu combattuta<br />

<strong>per</strong> terra e <strong>per</strong> mare con estremo accanimento e costò ai Veneziani <strong>la</strong><br />

<strong>per</strong>dita di Chioggia (1379) riconquistata, dopo lO mesi di diuturna e<br />

notturna lotta, dal grande Vettor Pisani (1380).<br />

Francesco da Carrara mise a disposizione un esercito di 16.000 uomini<br />

che dapprima assegnò e divise fra i castelli di Cittadel<strong>la</strong> e di Camposampiero,<br />

dichiarandosi pronto a dislocarli ave il bisogno o il comando degli<br />

alleati avessero richiesto; parte di queste truppe fu condotta verso Stigliano,<br />

parte ebbe ordine di assalire Castelfranco, che dipendeva dal<strong>la</strong><br />

Serenissima, come tutto il territorio trevisano. Tali notizie ho attinto<br />

dall'Anonimo Foscariniano del quale riporto fedelmente le parole: « Francescho<br />

da Carrara atrovandosi sulle arme con cercha 16.000 <strong>per</strong>sone tra<br />

pè e a chavallo le quale era sta messe a Citade<strong>la</strong> e a Champo S. Piero le<br />

fece levar de li e redurse verso Stian, quele de Citade<strong>la</strong> nel passar presso<br />

Chastelfrancho 24 lugio asaltarno el borgo et sì lo sachizò » (40).<br />

Il 17 Giugno 1378 Girardo de Monteloro, capitano degli Ungheresi,<br />

dopo ripetuti assalti, riuscl ad impadronirsi del castello di Romano, posseduto<br />

dai Veneziani e difeso con eroico valore da scarso presidio al comando<br />

di Andrea Morosini; terminata l'impresa, Girardo divise i suoi<br />

soldati fra i castelli di Cittadel<strong>la</strong>, Bassano, Mirano e Camposampiero e<br />

cosi <strong>la</strong> nostra cittadina e le nostre campagne furono nuovamente inondate<br />

dalle orde fameliche ed indisciplinate degli Ungheresi « et così levò questo<br />

di XXV Zugno suo oste et mandò li Ongari a loggiarsi a Campo S.<br />

(39) Scrisse il Redusio che al Petrarca, confuso e smarrito davanti al<strong>la</strong> maestà del Senato<br />

Veneto, mancò <strong>la</strong> paro<strong>la</strong>, mentre invece il codice Papafava N. 22 dice soltanto questo:<br />

«cbe <strong>per</strong> <strong>la</strong> soa ucbieça et <strong>per</strong> una infermità del<strong>la</strong> qual el<strong>la</strong> non era ancora guarido <strong>la</strong><br />

tlose iè tremò un pocho ».<br />

(40) ANON. Pose.: parte II, (aglio 76.<br />

Piero, a Citade<strong>la</strong>, e parte a Baxan et altri a Miran e secondo ch' a lui parse<br />

far meglio» (41).<br />

Raccontano i Gattari che Girardo di Monteloro, accantonatI 1 suoi<br />

soldati nei castelli del territorio, si recò a Padova dal Carrarese <strong>per</strong> mostrargli<br />

li stindardi tolti a li venetùmi a Roman e da questo ebbe parole di<br />

encomio e di congratu<strong>la</strong>zione.<br />

Francesco non s'accontentò di mandare i capitani del suo esercito contro<br />

gli odiati Veneziani, ma, duce es<strong>per</strong>to, benché non sempre fortunato,<br />

volle egli stesso condurre alcune spedizioni, e <strong>per</strong>tanto nel 1379 si recò<br />

all'assedio di Treviso, che occupò buona parte di questa guerra e riusd<br />

memorabile <strong>per</strong> <strong>la</strong> valorosa resistenza da quei cittadini opposta ai reiterati<br />

assalti dei Padovani; ma le fatiche sostenute giorno e notte ed i disagi<br />

patiti in questa occasione male influirono sul<strong>la</strong> salute sua, onde, appena<br />

disposte ed ordinate le truppe <strong>per</strong> l'assedio, cadde infermo e domandò<br />

di essere trasportato a Camposampiero: «Fatto ciò ocorse <strong>per</strong> <strong>la</strong> faticha<br />

ch'avia durata il signore (Francesco da Carrara) alcun suo acidente, che<br />

<strong>per</strong> quelo con soa grieve fadiga de stomego convene partirsi e vene a stare<br />

<strong>per</strong> que<strong>la</strong> note a Campo S. Piero et ivi dimorò <strong>per</strong> il suo destro» (42).<br />

Non credo che nessun medico, <strong>per</strong> quanto valente nell'arte di Escu<strong>la</strong>pio,<br />

riesca a comprendere da questo guazzabuglio di parole, quale ma<strong>la</strong>nno<br />

abbia colpito l'infelice Francesco. Venuto a conoscenza del<strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia del<br />

padre, Francesco Novello corse di notte a Camposampiero e <strong>la</strong> vista del<br />

figlio rialzò alquanto il coraggio del vecchio genitore che, su d'una lettiga<br />

o sbarra approntata <strong>per</strong> l'occasione, fu trasportato a Padova: «La notte<br />

sequente Missier Francesco Novello, figliollo del signore andò <strong>per</strong> visitare<br />

suo padre a Campo S. Piero et trovollo assae agravado ma molto se confortò<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> venuta del figliollo e ivi subito fatta una sbarra e aconzà come<br />

si può pensare a quattro pa<strong>la</strong>freni si fece asportare a Padova» (43).<br />

Intanto l'assedio di Treviso era in piena azione e, <strong>per</strong> indurre piti presto<br />

quei cittadini a capito<strong>la</strong>re, Carraresi e Ungheresi ne occuparono tutte<br />

le vie d'accesso, impedendo <strong>per</strong> tal modo il rifornimento dei viveri, onde<br />

in breve tempo <strong>la</strong> città fu deso<strong>la</strong>ta dal<strong>la</strong> carestia, ed i cittadini tormentati<br />

dal<strong>la</strong> fame inoltrarono ricorsi e recriminazioni al governo di Venezia<br />

che, non sapendo e non potendo provvedere, cedette <strong>la</strong> città a Leo··<br />

poldo d'Austria.<br />

Questi accettò l'offerta e, raccolta in fretta una certa quantità di soldati,<br />

marciò al<strong>la</strong> liberazione ed al<strong>la</strong> conquista di Treviso (1380); ma<br />

(41) GATTARI: Crono Carrar., pago 17I.<br />

(42) GATTARI: Crono Carrar., pago 181.<br />

(43) GATTARI: C/'On. Carrar., pago 182.<br />

127


quando il prudente Carrare se venne a conoscenza di questa spedizione,<br />

ordinò a Arcano Buzzacarini di ritirare le truppe dall'assedio e di condurle<br />

a Camposampiero; l'ordine fu eseguito con grande dispiacere dei<br />

Tedeschi che volevano misurarsi colle genti del Carrarese: « a dì VI zugno<br />

1381 <strong>per</strong> comandamento del prefato e magnifico signor nostro) missier<br />

Francesco da Carrara se levò Missier Racuan Buzacharini capitano generale<br />

con tutto el campo de tornio Treviso e vene a loggiarsi a Campo 5.<br />

Pietro et ivi dimorò» (44).<br />

Anche questa volta il nostro castello diventò accampamento militare<br />

di un esercito che, su <strong>per</strong> giu, contava 10.000 uomini.<br />

Nell'anno stesso (1381), <strong>per</strong> i buoni uffici di Amedeo di Savoia, soprannominato<br />

il Conte Verde, a Torino fu segnata <strong>la</strong> pace fra Venezia e<br />

Genova; restò escluso da essa, o meglio si escluse di sua posta, il Carrarese<br />

che, agognando il possesso di Treviso, lo voleva incluso nei patti,<br />

ma <strong>la</strong> condizione non fu accettata. Continuò quindi anche <strong>per</strong> tutto il<br />

1381 l'assedio del<strong>la</strong> disgraziata città i cui abitanti, <strong>per</strong> fuggire i danni provocati<br />

nelle abitazioni dalle macchine di guerra e <strong>per</strong> sottrarsi al<strong>la</strong> fame,<br />

dovettero prendere <strong>la</strong> via dell'esilio e dividersi fra le altre città del<strong>la</strong><br />

Marca.<br />

Francesco intanto <strong>per</strong>seguendo il suo piano di guerra contro Venezia,<br />

nel 1382 lungo il fiume Muson, nel <strong>per</strong>corso da Castelfranco a Camposampiero<br />

e da Camposampiero allo sbocco di questo fiume, esegui grandiosi<br />

<strong>la</strong>vori di difesa, cioè fosse profonde e <strong>la</strong>rghe, robusti spalti e torri<br />

di pietra e <strong>per</strong> tali o<strong>per</strong>e il nostro territorio diventò un campo trincerato<br />

che dovette impressionare grandemente gli abitanti dell'altra sponda.<br />

Il documento riprodotto dal Verci (45) cosi descrive questi <strong>la</strong>vori: «Fecit<br />

insu<strong>per</strong> et fecit incessanter idem dominus Padue aedificia multa et magna<br />

ac fortilicia su<strong>per</strong> flumine Musonis qu,od dividit territorium suum a<br />

Trevisano districtu, fortificando territorium suum a Castro Campi Sancti<br />

Petri usque ad aquas salsas ». L'Anonimo Foscariniano accenna ai timori<br />

concepiti dalle vicine popo<strong>la</strong>zioni <strong>per</strong> l'esecuzione di tali o<strong>per</strong>e (46): «Poi<br />

se messe (Francesco) a fortir le sue chastel<strong>la</strong> delle cosse necessarie) fece<br />

far alcuni bastioni da Champo S. Piero fino all'acque marine de sopra del<br />

fiume Muson ... questa cassa messe in spasemo <strong>la</strong> zente del paese ita che<br />

assae <strong>per</strong> fuzere <strong>la</strong> rabbia de costui (Francesco) abbandonano le loro abitacion<br />

et andana in altro punto» (47).<br />

(44) GATTARI, Op. cit., pago 193.<br />

(45) Storia del<strong>la</strong> Marca Trevigiana, Tomo XVI, pago 16. Documenti.<br />

(46) ANON. Fose., foglio 102, parte II.<br />

(47) Anche oggidi lungo le rive del Muson, e più addentro nei campi circostanti, si<br />

I28<br />

Pressato dalle continue richieste dei Trevisani Leopoldo, che finora<br />

aveva solo <strong>la</strong>rgheggiato di chiacchiere e di promesse, mandò a Treviso un<br />

corpo di soldati ed anche questa volta l'avveduto Francesco ordinò ad<br />

Arcano Buzzacarini di ridursi a Camposampiero, ordinando che nel<strong>la</strong> ritirata<br />

abbruciasse i paesi <strong>per</strong> i quali dove a passare.<br />

« Francescho da Carrara subito che intese <strong>la</strong> venuta sua (cioè degli Austriaci)<br />

ai 17 del mese (Ottobre 1382) fece levar el campo da presso Treviso<br />

c.on grandissimi incendii de ville et mandò alcuni a Campo S. Piero<br />

et <strong>per</strong> esser sopra lo inverno el resto messe aIe stancie <strong>per</strong> le sua chastel<strong>la</strong>»<br />

(48).<br />

Venuta <strong>la</strong> buona stagione, Francesco riprese l'azione contro Treviso<br />

che circondò da tutte le parti, togliendo ogni comunicazione con i paesi<br />

circostanti, e cosi i pochi cittadini rimastivi, ridotti a morire di fame e<br />

dis<strong>per</strong>ando del<strong>la</strong> vita, presero l'estrema risoluzione di aprirsi una via<br />

tra i nemici e di gettarsi nelle campagne <strong>per</strong> rifornirsi di vettovaglie.<br />

L'o<strong>per</strong>azione audace, ed a prima vista impossibile, riusd cosi meravigliosamente<br />

che senz'ostacolo arrivarono fino a Camposampiero e, fatte grandi<br />

prede, ritornarono salvi nel<strong>la</strong> città (1383).<br />

« E vedendose i trevisani in tanta stretta se messeno da dis<strong>per</strong>ade aneme,<br />

tolto molti soldadi andana alle porte de Chastelfranco e <strong>per</strong> el territorio<br />

de Campo S. Piero come zente rabiade fezeno grandissimi butini de<br />

vituarie et prexoni assae e ritornano al<strong>la</strong> sua terra senza ostaculo alcuna»<br />

(49).<br />

La scorreria, bril<strong>la</strong>ntemente riuscita, fu seguita a breve scadenza da<br />

un'altra di simile genere ma meno rischiosa, <strong>per</strong>ché questa volta Simone<br />

Lovo ed i suoi soldati avevano momentaneamente abbandonato l'assedio<br />

di Treviso <strong>per</strong> recarsi ad espugnare il castello di Nervesa; <strong>la</strong> mèta del<strong>la</strong><br />

spedizione fu ancora Camposampiero che, <strong>per</strong> <strong>la</strong> sua posizione, era il<br />

primo castello del dominio del Carrarese e quindi piu esposto alle rappresaglie<br />

nemiche.<br />

« Le quali cose <strong>per</strong>tanto il conte Alduino (Ugone di Duino capitano<br />

delle milizie di Leopoldo) ch' era capitano a Treviso <strong>per</strong> lo duxe d'Estorica<br />

(Leopoldo duca d'Austria) comandò le sue giente cavalcasse sul padoano<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> casione de far levar missier Simon Lavo co tuta suo oste de sovra<br />

Piave <strong>per</strong>chò fato el comandamento, subito cavalcò VIm fanti da piè con<br />

mille cavalgi verso <strong>la</strong> Bastia de Rustega sul Padoano e que<strong>la</strong> con più sfozo<br />

trovano fondazioni di enormi murazzi, di torri, di bastioni di altre fortificazioni che il<br />

Carrarest' fece costruire da Castelfranco fino alle acque salse.<br />

(48) ANON. Fose., foglio 104, parte II.<br />

(49) ANON. Fose., foglio 108, parte II.<br />

9<br />

129


combattè e non potendo aver sua inten:don scorsegiò il terreno fatta grossa<br />

preda di prexoni e di bestiame ritornò verso Treviso a dì VIII d'avasto»<br />

eO).<br />

Chi legge queste notizie può facilmente immaginare l'orribile condizione<br />

dei Camposampierini, tormentati da continue requisizioni e tributi<br />

di guerra da parte del Carrarese, a cui occorrevano uomini e danari <strong>per</strong><br />

continuare <strong>la</strong> guerra, tormentati ed assil<strong>la</strong>ti da truppe <strong>per</strong>manenti a difesa<br />

del castello e <strong>per</strong> giunta esposti alle scorrerie dei nemici, seguite da<br />

depredazioni, incendi e spaventi.<br />

Ma anche Leopoldo d'Austria era stanco di guerra; già egli aveva richiamato<br />

da Treviso il fiore dei soldati e piu volte aveva intavo<strong>la</strong>to trattative<br />

con Francesco da Carrara fino allora fallite, poiché questi metteva<br />

come condizione indispensabile <strong>la</strong> cessione di Treviso ed il duca non<br />

voleva accondiscendervi; quando <strong>per</strong>ò gli furono offerti 100.000 ducati,<br />

quale compenso, non esitò piu ad accogliere le condizioni proposte<br />

(1384); 100.000 ducati valevano bene una città quasi distrutta e che non<br />

si poteva piu oltre difendere.<br />

I centomi<strong>la</strong> ducati furono piu tardi pagati in buona parte dagli abitanti<br />

di Treviso e non credo che <strong>storia</strong> dei popoli registri un fatto simile<br />

di cittadini cioè e di città costretti a soddisfare il prezzo del loro mercimonio.<br />

La conquista di Treviso aveva portato Francesco all'apice del<strong>la</strong> gloria<br />

e del<strong>la</strong> felicità ed egli, nell'ebbrezza del<strong>la</strong> vittoria, volle fare solennemente<br />

il suo ingresso nel<strong>la</strong> città, dopo lunga ed aspra contesa inopinatamente<br />

conquistata. Quindi il primo di Febbraio dell'anno 1384, parti<br />

da Padova con una comitiva di capitani (fra essi anche Simon Lovo) e di<br />

cospicui cittadini; arrivato sul far del<strong>la</strong> sera a Camposampiero e l ) e felicitato<br />

dai nostri conterranei, quivi passò <strong>la</strong> notte e nel<strong>la</strong> mattina seguente,<br />

scortato fino ai confini del paese da grande moltitudine di popolo,<br />

prese <strong>la</strong> via di Noale e di Treviso. Principe astuto, che ben sapeva<br />

con quanta diffidenza lo attendessero i Trevisani, volle rendere memorabile<br />

quel giorno e beneviso il suo ingresso, dispensando pane, carne e<br />

vestiti ai poveri, onori e privilegi ai nobili che, uniti alle autorità, acc<strong>la</strong>marono<br />

al carro e Z ) ed al Carrarese, giurando obbedienza e fedeltà. Seguirono<br />

cOSI due anni di tranquillità, interrotta anche questa volta da<br />

Francesco, che sempre invaghito di nuove imprese, nel 1386 volle impi-<br />

(50) GATTARI: Crono Carrar., pago 212.<br />

(51) SALOMON: Agri Patav. Inscript., pago 242.<br />

(52) Era lo stemma dei principi Carraresi.<br />

13 0<br />

gliarsi in una guerra contro i Friu<strong>la</strong>ni ribelli al patriarca di Aquileia Filippo<br />

d'Alençon; in tale occasione si schierarono <strong>per</strong> il patriarca il Carrarese,<br />

il re d'Ungheria e Gian Galeazzo Visconti, signore di Mi<strong>la</strong>no, allora<br />

piu conosciuto col nome di conte di Vinu e 3 ). Contro di essi presero<br />

partito Venezia ed Antonio del<strong>la</strong> Sca<strong>la</strong> signore di Verona; <strong>la</strong> guerra fu<br />

combattuta simultaneamente nel Friuli, nel veronese e nel padovano ed<br />

ebbe qualche ri<strong>per</strong>cussione su Camposampiero, quando il conte Lucio<br />

Landa, capitano tedesco al servizio di Antonio del<strong>la</strong> Sca<strong>la</strong>, attraversato<br />

con buon numero di soldati il territorio vicentino e spintosi fino ai<br />

passi del Brenta, parve puntare su Camposampiero.<br />

Per scongiurare il <strong>per</strong>icolo Francesco mandò quivi lo stesso suo figlio<br />

con drappello di soldati a difendere <strong>la</strong> posizione, ma non vi fu bisogno,<br />

poiché il conte Lucio, cbe riponeva <strong>la</strong> sua fortuna nel<strong>la</strong> sorpresa, quando<br />

vide sco<strong>per</strong>to il suo piano, abbandonò l'impresa e si ridusse nel veronese.<br />

« Francesco ... contra el conte Luzo mandò Missier Francesco Novello<br />

suo figliollo insembramente co missier Bernardo dei Sco<strong>la</strong>ri a Campo S.<br />

Piero co multa giente d'arme <strong>per</strong> guardare il seraglio e così andò e governò<br />

diligentemente co bona custodia e guardia. Dimorando in dita guardia fu<br />

voxe in lo campo de missier Francesco Novello come el Conte Luzo avia<br />

passà i seragli (vie d'accesso al Brenta) et era <strong>per</strong> passare <strong>la</strong> Brenta <strong>la</strong> qual<br />

tJoxe intese ch' ebbe missier Francesco Novello da Carrara fato intonar <strong>la</strong><br />

trombetta co poca giente cavalcò tanto che fu a Limena e <strong>la</strong> attrovò el<br />

conte Luzo che volia passare ma <strong>per</strong> industria e forza di missier Francesco<br />

non potè ottenere sua intenzione» e 4 ).<br />

Nello stesso anno (1386) Francesco acquistò dal duca Leopoldo, <strong>per</strong><br />

70.000 ducati, le città di Feltre e di Belluno e diventò cOSI il piu. potente<br />

sìgnore del<strong>la</strong> Marca.<br />

Continuando <strong>la</strong> guerra anche nel seguente anno il Carral'ese ed il Visconti<br />

pensarono di metter fuori di combattimento l'avversario piu debole<br />

<strong>per</strong> avere facile vittoria sul pi-Ll forte, e, di comune accordo, stabilirono<br />

di assalire Antonio del<strong>la</strong> Sca<strong>la</strong> e di dividersi il suo stato a condi-<br />

(53) Gian Galeazzo Visconti (1385-1402), soprannomi nato il conte di Virtù dal castello<br />

di Vertus nel<strong>la</strong> Champagne portatogli in dote dal<strong>la</strong> prima moglie, fu principe astuto,<br />

intraprendente e munifico che, attraverso a fortunate imprese, condusse casa Visconti<br />

all'apogeo del<strong>la</strong> possanza. Buona parte d'Italia su<strong>per</strong>iore e dell'Italia centrale in poco tempo<br />

passò sotto il suo dominio, che forse si sarebbe esteso ed affermato su tutta l'Italia,<br />

se <strong>la</strong> morte immatura nOll avesse troncato i suoi grandiosi progetti. Nel 1395, pagando<br />

100.000 fiorini, fu creato Duca dall'im<strong>per</strong>atore Vences<strong>la</strong>o. Due capo<strong>la</strong>vori d'arte, <strong>la</strong> Certosa<br />

di Pavia ed il Duomo di Mi<strong>la</strong>no, parleranno ai posteri del<strong>la</strong> ricchezza e del<strong>la</strong> munificenza<br />

di questo principe.<br />

(54) GATTARI: Crono Carrar., pago 257.


zione che Vicenza sarebbe stata assegnata a Francesco, Verona, come pili<br />

vicina a Mi<strong>la</strong>no, al Visconti.<br />

Il Visconti mandò subito i suoi soldati al<strong>la</strong> conquista di Verona, che<br />

facilmente ebbe in suo potere e quindi, senza aspettare l'arrivo delle truppe<br />

padovane e contro i patti convenuti, occupò anche Vicenza che ritenne,<br />

non ostante le proteste di Francesco che lo richiamava all'osservanza<br />

degli accordi stretti.<br />

Dice il proverbio che l'appetito vie n mangiando, e Gian Galeazzo, non<br />

contento del<strong>la</strong> signoria di Verona e Vicenza, agognava ulteriori espansioni<br />

a danno del suo alleato che non avrebbe ottenute se non con <strong>la</strong> via<br />

iniqua del tradimento. Quindi, o<strong>per</strong>ando da uomo astuto e senza scrupoli,<br />

non di altro preoccupato che d'estendere il dominio e di appagare <strong>la</strong> sua<br />

ambizione, abbandonò il Carrarese e strinse alleanza con <strong>la</strong> repubblica<br />

di Venezia a condizione che a lui fosse riservata <strong>la</strong> città di Padova, dopo<br />

<strong>la</strong> vittoria e nel<strong>la</strong> ripartizione delle prede.<br />

Venezia accolse le proposte del Visconti che tanto collimavano con i<br />

suoi desideri e, riservato <strong>per</strong> sé il dominio di Treviso e del territorio<br />

soggetto, armò un forte esercito <strong>per</strong> l'impresa.<br />

Anche i signori d'Este ed il Gonzaga, signore di Mantova, aderirono<br />

a Venezia ed al Visconti. La nuova alleanza, o meglio congiura, rendeva<br />

estremamente critica <strong>la</strong> posizione di Francesco che, sorpreso all'annunzio<br />

di tali notizie e spaventato dal<strong>la</strong> esas<strong>per</strong>azione del popolo padovano stanco<br />

di contribuzioni di guerra e pronto a ribel<strong>la</strong>rsi al suo signore, ricorse<br />

al doloroso espediente di rinunciare al<strong>la</strong> signoria in favore del figlio<br />

Francesco Novello, s<strong>per</strong>ando con tale atto di scongiurare <strong>la</strong> guerra esterna<br />

e <strong>la</strong> rivoluzione interna; <strong>la</strong> rinuncia fu sottoscritta non senza <strong>la</strong>grime.<br />

Francesco Novello fu proc<strong>la</strong>mato signore di Padova, mentre il vecchio<br />

padre, <strong>la</strong> sera del 30 Giugno 1388, <strong>la</strong>sciò <strong>la</strong> città e salito su di una mo<br />

desta carretta e, accompagnato da pochi <strong>amici</strong> fedeli nell'avversa fortuna,<br />

prese <strong>la</strong> via di Camposampiero, di là passò a Noale, quindi a Treviso.<br />

Strane vicende del<strong>la</strong> fortuna! ... Certamente in quel viaggio doloroso Francesco<br />

avrà ricordato il solenne e trionfale ingresso di quattro anni prima,<br />

quando, debel<strong>la</strong>ti i nemici e conquistata quel<strong>la</strong> città, raggiante di gloria,<br />

acc<strong>la</strong>mato e salutato da tutti, invidiato da molti, ei si recava a prendere<br />

possesso di Treviso, alle cui porte ora batteva, esule, ramingo; spodestato,<br />

<strong>per</strong> chiedere ricovero, <strong>per</strong> domandare pietà e soccorso.<br />

Gian Galeazzo intanto non si <strong>la</strong>sciava disarmare o impietosire né <strong>per</strong> <strong>la</strong><br />

rinuncia del vecchio alleato, né <strong>per</strong> l'assunzione di Francesco Novello, ed<br />

a quest'ultimo, che gli aveva partecipato <strong>la</strong> sua nomina a signore di<br />

Padova esprimendo il desiderio di vivere in buoni rapporti con i principi<br />

V1C1ll1, <strong>per</strong> tutta risposta mandò <strong>la</strong> solenne sfida di guerra a cui segui<br />

immediatamente l'invio di un grosso corpo di spedizione, che, comandato<br />

da Giacomo dal Verme, mosse verso il castello di Limena, oltrepassò il<br />

Brenta e <strong>la</strong> Tergo<strong>la</strong> e, coll'intenzione di congiungersi e di o<strong>per</strong>are d'accordo<br />

coll'esercito veneziano, andò ad appostarsi fra Stigliano e Mirano<br />

eS).<br />

Francesco Novello, sebbene abbandonato dal<strong>la</strong> fortuna, aveva ancora<br />

dei capitani fedeli al<strong>la</strong> sua causa, fra i quali conviene tributare lode<br />

speciale a Giacomo Enselmini, capitano del castello di Camposampiero,<br />

Giacomo da Scaltenigo di quello di Stigliano, Andrea da Curtarolo di<br />

quello di Mirano; costoro aspettarono che il Dal Verme accantonasse i<br />

soldati nelle campagne fra Stigliano e Mirano ed appena i soldati ebbero<br />

distese le tende e preparati gli alloggi, fecero tagliare in diversi punti<br />

gli argini del Muson e 6 ); eravamo nel<strong>la</strong> stagione delle piene autunnali ed<br />

il fiume, d'ordinario tranquillo, turgido e gonfio in quei giorni, riversò<br />

le sue acque sul sottoposto territorio al<strong>la</strong>gando gli accampamenti dei viscontei;<br />

spaventato dal nuovo e terribile nemico il Dal Verme abbandonò<br />

l'impresa e si recò altrove. Ma questi parziali successi non influirono sull'andamento<br />

generale del<strong>la</strong> guerra, oltremodo disastrosa <strong>per</strong> le sorti di<br />

Francesco, che in poco tempo vide tutto il territorio invaso dai nemici e<br />

<strong>la</strong> sua stessa <strong>per</strong>sona non pili sicura a Padova, poiché sottovoce prima,<br />

poi liberamente e senza timore, i cittadini stanchi e travagliati da continue<br />

guerre, minacciati dal<strong>la</strong> peste e dal<strong>la</strong> fame gridavano: Evviva il conte<br />

di Virtli! Fu allora che Francesco Novello, vistosi abbandonato dal<strong>la</strong><br />

fortuna e dagli <strong>amici</strong> ed odiato dai sudditi, spedi un'ambasciata a Giacomo<br />

Dal Verme con mandato di cedere Padova, Feltre e Belluno; questi<br />

accettò ben volentieri l'offerta e mentre il Carrarese usciva da Padova<br />

<strong>per</strong> prendere <strong>la</strong> via dell'esilio, egli entrò nel<strong>la</strong> città a prenderne possesso.<br />

Francesco Novello si ritirò dapprima a Monselice, accolto ostilmente<br />

da quei castel<strong>la</strong>ni col grido: Evviva il conte di Virtli! Di là passò ad Este<br />

ed ebbe le stesse accoglienze, sdegnato andò a Verona, quindi a Brescia,<br />

a Mi<strong>la</strong>no e finalmente a Pavia, ove risiedeva il Visconti, che non volle<br />

ammetterlo al<strong>la</strong> sua presenza, finché Francesco il Vecchio non ebbe rinunciato<br />

ad ogni diritto su Treviso; cosi anche questo ultimo lembo del<strong>la</strong><br />

signoria Carrare se passò ai Visconti ed il vecchio signore di Padova do-<br />

(55) GATTARI: Crono Carrar., Settembre 1388 e VERe!: Storia del<strong>la</strong> Marca Trivigiana,<br />

VoI. XVII, pago 27.<br />

(56) Il Musone era a quell'epoca piu voluminoso e pili torrenziale di oggidi, <strong>per</strong>ché<br />

non ancora erano stati sottratti da esso i due canali del Muson dei sassi e del Tergolino<br />

e nel tempo di guerra veniva anche ingrossato dal Vandura.<br />

133


vette ritirarsi a Cremona, città a lui assegnata <strong>per</strong> domicilio dal terribile<br />

e spietato vincitore.<br />

Le dolorose vicende di casa Carrarese si susseguirono con spaventosa<br />

rapidità ed il giorno 11 Febbraio 13 89, Francesco Novello condotto a tal<br />

punto da pressioni e da minacce, contro di lui esercitate dall'iniquo Visconti,<br />

rinunciò in suo favore solennemente e <strong>per</strong> sempre al<strong>la</strong> signoria<br />

di Padova; <strong>per</strong> tale atto il castello di Camposampiero passò al Visconti<br />

che lo tenne fino al 1390.<br />

Dopo tale cessione, che spodestava formalmente Francesco Novello, il<br />

disgraziato principe, come colui che è caduto dall'apogeo del<strong>la</strong> grandezza<br />

e del<strong>la</strong> potenza nel<strong>la</strong> piu squallida miseria e sotto i colpi dell'avversa<br />

fortuna ha <strong>per</strong>duto tutto e ripensando al passato ed al presente non trova<br />

pace, cominciò una ben triste odissea di città in città, spettacolo degno<br />

di commiserazione. Viaggiò in Piemonte prima, successivamente in Francia,<br />

poi a Genova, Pisa, Firenze, Perugia, Ancona, Chioggia, Ravenna<br />

e di nuovo a Firenze ed a Bologna, ovunque piangendo raccontava l'infelice<br />

sua <strong>storia</strong> e città e principi s'impietosivano all'acconto di sue sventure,<br />

ma quando, esponendo il fine del<strong>la</strong> sua <strong>per</strong>egrinazione, chiedeva soccorso,<br />

sentiva sussurrarsi all'orecchio qualche vaga e lontana promessa e nul<strong>la</strong><br />

piu; troppo potente, troppo temuto era il Visconti e nessuno voleva dichiararsi<br />

suo nemico e 7 ).<br />

Deluso nelle s<strong>per</strong>anze, ma fermo ancora nel proposito, imprese un lungo<br />

viaggio nel<strong>la</strong> Baviera e, giunto a Monaco, si presentò al duca Stefano<br />

presso cui trovò principesche accoglienze, conforti, <strong>amici</strong> ed aiuti, che<br />

molto valsero a rinfrancare il suo spirito. Non volendo <strong>per</strong>dere tempo<br />

ritornò in Italia, disposto di tentare l'impresa di Padova; strani accidenti<br />

e dolorose avventure occorsero nel<strong>la</strong> prima parte di questo viaggio, ma,<br />

quando ebbe toccato i confini d'Italia, l'orizzonte si rischiarò e <strong>la</strong> fortuna,<br />

che fino allora lo aveva <strong>per</strong>seguitato, gli si dichiarò alfine favorevole.<br />

A Cividale apprese con piacere che i sentimenti di Venezia si erano di<br />

molto cangiati e fu assicurato che <strong>la</strong> Serenissima, impressionata del<strong>la</strong><br />

grande potenza e delle ambiziose mire di Gian Galeazzo, non avrebbe<br />

veduto di malocchio il suo ritorno a Padova e in una spedizione, diretta<br />

al ricu<strong>per</strong>o dei terre tori <strong>per</strong>duti, avrebbe usato verso di lui una<br />

benigna neutralità, <strong>per</strong>mettendo il passaggio delle truppe carraresi e<br />

di quelle del duca di Baviera attraverso i suoi dominii. A Valvassone<br />

(57) La romanzesca odissea di Francesco Novello è diffusamente raccontata dai GATl'ARI<br />

nelle loro cronache sotto gli anni 1389-1390 e dal CITTADELLA nei capitoli LVI,<br />

LVII, LVIII, LIX, del secondo volume del<strong>la</strong> Storia del<strong>la</strong> dominazione Carrarese.<br />

134<br />

giunse ad onorarlo ed incoraggiarlo nel<strong>la</strong> impresa Tiso da Rustega eS),<br />

il quale lo assicurò che Padova, pentita dei torti usati al suo signore,<br />

stanca del conte di Virtu e dei Mi<strong>la</strong>nesi, aspettava ansiosa il suo ritorno<br />

ed avrebbe in tutti i modi favorita l'impresa. Fatto ardito da queste notizie,<br />

Francesco attraversò il Piave e giunse a Rustega i117 Giugno 1389;<br />

ivi apprese <strong>la</strong> lieta novel<strong>la</strong> che Tiso da Rustega e Trapolino avevano<br />

strappato al Visconti <strong>la</strong> bastia di quel vil<strong>la</strong>ggio e tale fatto egli prese<br />

come ugurio di buon successo <strong>per</strong> tutta l'impresa: «possa vene verso <strong>la</strong><br />

bastia de Rustega e que<strong>la</strong> atrove esser sta presa a sua posta <strong>per</strong> Tiso e Trapolino<br />

i quali erano lì parte de loro con le sue brigade. Possa cavalcorno<br />

verso Campo S. Piero» C 9 ).<br />

Nei prati fra Rustega e Camposampiero fece <strong>la</strong> rassegna dei suoi soldati<br />

e di là mandò a Padova un trombetta con bandiera spiegata <strong>per</strong> portare<br />

ai Rettori del<strong>la</strong> città <strong>la</strong> disfida di guerra; il trombetta fu accolto con<br />

indifferenza e parti schernito e beffeggiato; da Rustega Francesco mandò<br />

un scelto drappello ad occupare il ponte di Vigodarzere, ultima resistenza<br />

e piu forte propugnacolo delle mura di Padova; colà giunti i soldati del<br />

Carrarese impegnarono vivace lotta con circa 200 Mi<strong>la</strong>nesi scaglionati<br />

al<strong>la</strong> difesa del ponte e <strong>la</strong> vittoria arrise alle milizie del Carrarese.<br />

Il successo ottenuto da Francesco e <strong>la</strong> <strong>per</strong>dita di cosi importante posizione<br />

aprirono gli occhi ai Rettori di Padova che pensarono seriamente<br />

al<strong>la</strong> difesa del<strong>la</strong> città.<br />

Camposampiero era il primo castello del territorio padovano e quindi<br />

dell'ex dominio di Francesco; già Tiso da Rustega aveva annunciato a<br />

lui che i Padovani sospiravano <strong>la</strong> sua venuta e che avrebbero a<strong>per</strong>te<br />

le porte dei loro castelli al suo arrivo; le parole erano belle, magnificbe<br />

(58) Tiso da Rustega discendeva da quel Guercio, feudatario di Vigodarzere che, <strong>per</strong><br />

meriti acquistati nel<strong>la</strong> crociata contro gli Eccelini fu da Alberto Ricco, vescovo di Treviso,<br />

premiato col<strong>la</strong> donazione del castello di Rustega.<br />

Al<strong>la</strong> morte di Guercio il castello passò ai suoi figli i quali assunsero il nome di conti<br />

di Rustega o di Trapolini.<br />

Il Codice Capodilista (Museo Civico di Padova B. P. 952) cosi par<strong>la</strong> dei conti di Vigodarzere:<br />

«De vico aggeris duo jortilicia unum in dieta vil<strong>la</strong> aliud in Rustica parvum<br />

et sine privilegio ».<br />

Del resto il castello di Rustega era antichissimo e fino da tempi remoti apparteneva al<br />

vescovo di Treviso a cui lo confermò papa B. Eugenio III (1152), <strong>per</strong> <strong>la</strong> bol<strong>la</strong> altre volte<br />

citata. Benché piccolo di mole, e piuttosto che castello bastia, sostenne vittoriosamente<br />

l'assalto di Ugolino da Duino che, con abile diversione, voleva distrarre le genti carraresi<br />

dall'assedio di Treviso (1383).<br />

Provveduto e difeso da cerchia murata, da fosse, argini e ponti levatoi, il fortino di<br />

Rustega terminò <strong>la</strong> sua vita pluriseco<strong>la</strong>re allorché Venezia, diventata signora del padovano<br />

(1405), <strong>per</strong> misure prudenziali ordinò <strong>la</strong> distruzione di molti castelli di campagna.<br />

(59) GATTARI: CronaCCI Carrar., pago 407.<br />

135


le promesse, ma i fatti avrebbero corrisposto alle promesse? I cittadini<br />

di Camposampiero, in altri termini, avrebbero a<strong>per</strong>to le porte del loro<br />

castello all'antico e legittimo signore?<br />

Pare che i sentimenti dei Camposampierini fossero favorevoli a Francesco,<br />

anzi Liberale e Giovanni Callegaro, cittadini di Camposampiero,<br />

<strong>per</strong> segrete vie arrivati al campo di Francesco, avevano promesso essi<br />

stessi di aprire le porte, ma ciò era in loro potere?<br />

Il nostro castello era presidiato da numerosa guarnigione di Mi<strong>la</strong>nesi,<br />

e soldati e capitano erano fedeli al Visconti. Francesco si accostò al<strong>la</strong><br />

porta s<strong>per</strong>ando che <strong>la</strong> vista del<strong>la</strong> sua <strong>per</strong>sona avrebbe indotto quelli di<br />

dentro ad aprir<strong>la</strong>, ma inutilmente. Temendo che non si fossero accorti<br />

del suo arrivo fece anche suonare <strong>la</strong> tromba, ma quelli di dentro, invece<br />

di aprire le porte del castello, si misero sul<strong>la</strong> difesa. Francesco intese<br />

allora che non v'era altra via che quel<strong>la</strong> di prenderlo d'assalto, ma,<br />

poiché tale o<strong>per</strong>azione avrebbe indugiato l'impresa di Padova, risolse<br />

di differire l'azione ad un altro tempo.<br />

Chi l'avrebbe detto che il castello di Camposampiero, primo incontrato<br />

nel viaggio di ritorno, sarebbe stato l'ultimo preso da Francesco?<br />

« Era come l'abiamo deto denanzi Missier Francescho de Charrara co<br />

tuta <strong>la</strong> so comitiva e con le genierale bandiere del carro e de <strong>la</strong> sca<strong>la</strong> e CD<br />

suo stendardo chavalcando verso il chastello de Campo S. Piero e a quello<br />

s'appressò e fermò li suo campo spetando che queli del castelo a lui se<br />

dovesse dare come a lui era sta promesso <strong>per</strong> alcun che dentro li avia fato<br />

alchun tratado. Ma el capitanio del castelo se mise co bona chustodia a<strong>la</strong><br />

difessa. Le quali cosse vedendo missier Francescho fu co missier Michele<br />

de Rabata e con gli altri del consiglio e deliberò de levarsi dellà e venire<br />

verso Padoa <strong>per</strong>chè subitD fato intonare sua trombetta e gridare che agnuno<br />

seguisse le bandiere e fato fare alto a tutti montadi a chavalo venero<br />

verso el ponte di Vig,odarzere che già era cercha ore XXII quando che<br />

partirono con champo » (60).<br />

Giunto a Vigodarzere (61), senza incontrare ostacolo, Francesco convocò<br />

nuovamente a par<strong>la</strong>mento i suoi capitani a fine di accordarsi sul<br />

modo di condurre l'impresa e <strong>la</strong> seduta fu quanto mai animata, poiché le<br />

opinioni erano diverse e dagli oratori sostenute con calore; chi stimava<br />

opportuno fermarsi a consolidare <strong>la</strong> posizione prima di procedere pili oltre,<br />

chi diceva non essere prudente l'avanzarsi senza assicurare <strong>la</strong> ritirata<br />

e sosteneva che si doveva tornar indietro ed occupare il castello di Cam-<br />

(60) GATTARI: Crono Carrar., pago 409.<br />

(61) A Vigodarzere circa 12.000 contadini del padovano aspettavano di essere aggiunti<br />

all'esercito conquistatore di Francesco.<br />

posampiero, che in mano dei nemici costituiva una minaccia alle spalle<br />

in caso di disfatta: « ... parte di loro (dei convenuti a par<strong>la</strong>mento) digando<br />

di stare lì al ponte e farsi forte, parte diceano meglio saria procurare d'aver<br />

<strong>per</strong> suo reduto et <strong>per</strong> sua guardia et chastello de Campo S. Piero e<br />

quelo dover combatere che con pocha fatica quelo s'acquistaria <strong>per</strong>ché<br />

molti sono dentro anno volontà di darlo ad deto missier Francesco da<br />

Charrara » (62).<br />

Dopo che ognuno ebbe esposto <strong>la</strong> sua opinione, Francesco si alzò e<br />

troncando quel<strong>la</strong> inopportuna guerra di parole franco, sicuro e coraggioso<br />

rispose a tutti: « qui non bisogna fermarsi e tanto meno tornare indietro,<br />

oggi stesso conviene marciare su Padova» (63).<br />

Detto fatto; le fanterie caricarono i bagagli, i cavalleggeri montarono<br />

sui cavalli e soldati e capitani, il Carrarese al<strong>la</strong> testa, partirono al<strong>la</strong> volta<br />

di Padova; ivi giunti e sca<strong>la</strong>te le mura, nel<strong>la</strong> notte stessa penetrarono<br />

nel<strong>la</strong> città, accolti con segni di allegrezza dal popolo che non finiva di<br />

gridare: Evviva il carro! Evviva il nostro Signore!<br />

I viscontei scompigliati, spaventati dall'audacia del Carrarese, e dalle<br />

imprecazioni del popolo che, angariato in tutti i modi nel<strong>la</strong> loro breve<br />

<strong>per</strong>manenza, all'ultima ora aveva preso le armi contro gli oppressori, si<br />

rifugiarono nel castello, ove resistettero ancora <strong>per</strong> qualche tempo.<br />

Parve che <strong>la</strong> fortuna, pentita dei tiri birboni giocati a Francesco, volesse<br />

farne tarda ed esuberante riparazione, <strong>per</strong>ché in quest'occasione gli<br />

avvenimenti conso<strong>la</strong>nti si susseguirono con <strong>la</strong> rapidità con cui l'anno antecedente<br />

si erano avvicendati quelli dolorosi; infatti a mezzo di del giorno<br />

stesso arrivò, ansimante <strong>per</strong> il lungo viaggio, un contadino ad annunziare<br />

che i castelli di Montagnana, Este, Castelbando, Monselice avevano cacciato<br />

i presidi del Visconti ed acc<strong>la</strong>mato loro signore Francesco da Carrara.<br />

Le notizie sensazionali si susseguirono ed al<strong>la</strong> sera dello stesso giorno<br />

giunsero messaggeri da San Martino di Lupari, Cittadel<strong>la</strong> e Limena annunciando<br />

che anche quei castelli avevano fatto atto di dedizione a Francesco<br />

che, fuori di sé <strong>per</strong> <strong>la</strong> gioia, andava gridando: Signore Iddio, siete<br />

stato troppo buono con me!<br />

Fece invece qualche resistenza il castello di Camposampiero, presidiato<br />

da una guarnigione e da un capitano fedeli al<strong>la</strong> causa del Visconti, <strong>per</strong><br />

(62) GATTARI: Crono Carrar., pago 410.<br />

(63) I movimenti del Carrare se erano seguiti con occhio vigile ed attento dal<strong>la</strong> Serenissima<br />

e già il 19 Giugno 1390 era <strong>per</strong>venuta al doge una lettera che l'assicurava come<br />

Francesco, «heri hora ves<strong>per</strong>tina campum levavit de Camposanctipetri et ivit versus<br />

Paduam ». Registro del<strong>la</strong> Cancelleria di Treviso citato dal VEReI, Storia del<strong>la</strong> Marca Trivigiana,<br />

ecc. VoI. XVII, pago 31. Documenti.<br />

137


cui convenne a Francesco di recarsi quivi con armi e soldati <strong>per</strong> condurlo<br />

a soggezione: « ... Finite queste cose missier Francesco (Francesco Buzzacarini<br />

capitano del Carrarese) licenziò el sovradito Nicolò conte de Carrara<br />

et live a Campo S. Piero zonti sull'ora de nona fezeno una gran batalgia<br />

e al fine l'ebeno con gran mortalità de l'una e dell' altra parte» (64).<br />

Il castello di Camposampiero si arrese il 27 Agosto 1390.<br />

Francesco tentò anche di ricu<strong>per</strong>are città e territori di Vicenza, Verona,<br />

Bassano, Feltre e Bell'uno, ma con esito infelice, cosicché dovette accontentarsi<br />

di Padova e territorio; e fosse stato <strong>per</strong> sempre pago di quanto<br />

<strong>la</strong> fortuna aveva a lui restituito! Avrebbe risparmiato ai suoi sudditi ulteriori<br />

sacrifici di sangue e di denaro, a se stesso ed al<strong>la</strong> sua famiglia irreparabile<br />

rovina! Il 12 Agosto 1397 ebbe luogo una grande rivista de.1le<br />

forze militari ed il Prato del<strong>la</strong> Valle diventò troppo ristretto <strong>per</strong> accogliere<br />

tanti soldati e tanti curiosi d'ogni parte convenuti; <strong>la</strong> giornata splendida,<br />

non offuscata da alcuna nube e sfavil<strong>la</strong>nte di sole, magnificamente contribuI<br />

allo svolgimento dell'imponente cerimonia che servi allo scopo prefissosi<br />

dal Carrarese, quello cioè d'imprimere nell'animo degli <strong>amici</strong> e dei<br />

nemici una idea grande del<strong>la</strong> sua potenza. I capi militari passarono in rassegna,<br />

vicaria <strong>per</strong> vicaria, e quel<strong>la</strong> di Camposampiero, come ottenne il<br />

primo posto nell'ordine assegnato, cosi occupò un posto distinto anche<br />

<strong>per</strong> numero di soldati a cavallo ed a piedi.<br />

« in dì de domenega milletresentonovantesette dodexe del mexe de<br />

Agosto entrò in Padova <strong>la</strong> vicaria de Campo S. Piero co tutta <strong>la</strong> giente<br />

d'arme che potea fare che fu <strong>per</strong> numero de V m III (5300) entro i quali<br />

fu cercha MC. (1500) a chavallo. Ebe costoro <strong>per</strong> arma on penon zalo entro<br />

al quale era una testa de saraxin incoronà » (65).<br />

Erano questi gli ultimi bagliori di un sole che ormai stava <strong>per</strong> tramontare<br />

; Venezia con occhio cupido ed invidioso sogguardava tanta ostentazione<br />

di forze e di grandezza, spiava il momento propizio e cercava<br />

<strong>amici</strong> ed occasione <strong>per</strong> attuare il programma di consolidamento e di<br />

estensione dei domini di terraferma che i suoi uomini di stato ritenevano<br />

d'inevitabile ed indispensabile attuazione.<br />

Rifacendo un passo addietro dirò che nel 1393 mori a Monza Francesco<br />

il Vecchio e <strong>la</strong> sua salma fu trasportata a Padova ove ebbe solenni<br />

esequie ed anche pubblico compianto, <strong>per</strong>ché <strong>la</strong> sventura rende sempre<br />

soggetto di compassione chi ne è colpito; nel 1395 Gian Galeazzo Visconti,<br />

rinunciando al titolo di conte di Virtu, assunse quello di duca di<br />

(64) GATTARI: Crono Carrar., sotto il 27 Agosto 1390.<br />

(65) GATTARI: Crono Carrar., sotto il 12 Agosto 1397.<br />

Mi<strong>la</strong>no che tramandò ai posteri, e col titolo vennero nuovi appetiti e nuove<br />

voglie di conquiste, che <strong>la</strong> morte troncò <strong>per</strong> sempre (1402).<br />

La vedova consorte, desiderosa di pace, promise di restituire ai vicini<br />

signori quanto Gian Galeazzo aveva tolto ad essi, ed al Carrare se promise<br />

Feltre e Belluno, ma non mantenne i patti, onde questi mosse al<strong>la</strong><br />

conquista di quelle città; <strong>la</strong> fortuna, che prima gli si era mostrata amica,<br />

poscia l'abbandonò ed il disgraziato principe, incalzato dalle truppe del<br />

Visconti, comandate da Giacomo Dal Verme, dovette ritornare a Padova,<br />

senza nul<strong>la</strong> avere ottenuto.<br />

Intanto l'ultimo rampollo di casa Scaligera, Guglielmo propose a Francesco<br />

l'impresa di Verona e Vicenza che, ritolte al Visconti, nel caso di<br />

vittoria avrebbero dovuto ritornare allo Scaligero <strong>la</strong> prima, <strong>la</strong> seconda al<br />

Carrarese. Francesco accettò <strong>la</strong> proposta e mobilitò l'esercito <strong>per</strong> invadere<br />

il territorio vicentino; uditi questi maneggi gli abitanti di Vicenza, che detestavano<br />

Padova e il Carrarese, ricorsero al<strong>la</strong> sovrana protezione di Venezia'<br />

dicendosi disposti di darsi al<strong>la</strong> Serenissima, piuttosto che cadere<br />

sotto il dominio Carral'ese. Venezia accettò l'offerta, che tanto quadrava<br />

coi suoi desideri, e fece occupare <strong>la</strong> città (1404); l'istesso anno Belluno,<br />

Feltre e Bassano, seguendo l'esempio di Vicenza, fecero solenne atto di<br />

dedizione ed innalzarono il vessillo di S. Marco, simbolo glorioso di libertà<br />

e di pace.<br />

Il Carrarese sorpreso e spaventato da quanto avveniva sotto i suoi occhi,<br />

irritato <strong>per</strong> tali eventi che compromettevano seriamente <strong>la</strong> sua posizione,<br />

cominciò a sfogare <strong>la</strong> sua ira contro i Vicentini, ma Venezia,<br />

fedele al compito assunto, gli impose di desistere ipso facto da qualunque<br />

rappresaglia contro di essi, ed egli, su<strong>per</strong>bo e sconsigliato, <strong>per</strong> tutta risposta<br />

mandò al Maggior Consiglio <strong>la</strong> dichiarazione di guerra; <strong>la</strong> spavalda<br />

sfida fu accettata ad unanimità dai padri del<strong>la</strong> potente repubblica, che<br />

nel<strong>la</strong> guerra intravvidero l'unico mezzo <strong>per</strong> condurre a termine le progettate<br />

conquiste.<br />

Tosto il Carrare se concentrò truppe e rifornimenti di viveri e di munizioni<br />

nei suoi castelli che provvide di valorosi capitani, ed a Camposampiero<br />

mandò Andrea da Curtarolo, disgraziatamente sostituito all'ultima<br />

om dal famoso Vivaldo, che fra breve vedremo in azione.<br />

Venezia dal canto suo, con saggio accorgimento, dapprima allontanò<br />

tutti gli <strong>amici</strong> del Carrare se e lo isolò, piu tardi in diversi punti convergenti<br />

invase il territorio padovano con tre eserciti comandati dal principe<br />

romano Paolo Savelli, da Carlo Ma<strong>la</strong>testa signore di Rimini e da Giacomo<br />

Dal Verme.<br />

Un episodio di questa guerra si svolse fra il castello di Limena e quello<br />

139


di Camposampiero e fu il solo favorevole alle armi di Francesco che,<br />

assediato, bloccato e rinserrato da tutte le parti, dovette ritirarsi a Padova<br />

<strong>per</strong> difendere quest'unico avanzo del<strong>la</strong> sua signoria; intanto anche<br />

Verona si era data a Venezia (Giugno 1405) e <strong>la</strong> caduta di questa città<br />

fu preludio di quel<strong>la</strong> di Padova che, combattuta dai Veneziani, deso<strong>la</strong>ta<br />

dal<strong>la</strong> peste e dal<strong>la</strong> fame, irritata contro il suo signore creduto, e non a<br />

torto, causa di tanti mali, affrettava il giorno del<strong>la</strong> dedizione.<br />

Seguendo l'esempio di Vicenza, di Feltre, di Belluno, di Bassano e di<br />

Verona i castelli di Mirano, Oriago, Este, Montagnana, quali dopo breve<br />

resistenza, quali senza resistenza, si erano dati al<strong>la</strong> Serenissima; 1'11 Settembre<br />

anche il castello di Camposampiero passava a Venezia, poco dopo<br />

seguito nel<strong>la</strong> sorte da quelli di Monselice, Cittadel<strong>la</strong>, Castelbaldo, Limena,<br />

ecc.<br />

Francesco, vedendo ormai vicino il giorno del<strong>la</strong> sua rovina, divisò di<br />

recarsi a Venezia <strong>per</strong> implorare pietà e <strong>per</strong>dono; appena partito, i Padovani<br />

(22 Novembre 1405) fecero atto di dedizione al<strong>la</strong> repubblica. Francesco<br />

ed i figli Jacopo e Francesco, giunti a Venezia, furono carcerati a<br />

cagione di una trama che avrebbero ordita contro <strong>la</strong> Serenissima e, risultate<br />

vere o supposte le prove a carico loro, <strong>per</strong> decreto del Consiglio dei<br />

Dieci, che vigi<strong>la</strong>va al<strong>la</strong> sicurezza dello stato, furono condannati a morte<br />

e con terribile e spietata sentenza strango<strong>la</strong>ti nel carcere (16 Gennaio<br />

1406) (66).<br />

Con <strong>la</strong> conquista di Padova, Venezia aveva realizzato un sogno lungamente<br />

e costantemente coltivato, che raggiunse pieno compimento allorché<br />

nel 1420 essa riusd ad estendere il suo dominio anche sul patriarcato<br />

di Aquileia. Per tal modo <strong>la</strong> repubblica che nel<strong>la</strong> sua infanzia era<br />

limitata dai vecchi confini di Grado e di Capodargine (67), fatta adulta,<br />

abbracciò le tre Marche, <strong>la</strong> Veronese, <strong>la</strong> Friu<strong>la</strong>na e <strong>la</strong> Trevisana e di piu<br />

i possessi oltre le Alpi ed oltre il mare.<br />

I miei lettori non si appagheranno certamente del cenno fuggevole col<br />

quale ho toccato <strong>la</strong> caduta o meglio il felice passaggio del loro castello<br />

dal<strong>la</strong> signoria semifeudale del Carrarese a quel<strong>la</strong> paterna di Venezia.<br />

Compatisco, lodo anzi irloro desiderio e mi accingo a soddisfarlo, tanto<br />

piu che l'avvenimento si presenta curioso e caratteristico nei partico<strong>la</strong>ri.<br />

(66) Su Ubertino e Marsiglio, su<strong>per</strong>stiti figli di Francesco Novello, il Senato Veneto<br />

pose <strong>la</strong> taglia; il primo mori a Firenze nel 1407, il secondo militò al servizio di Filippo<br />

Maria Visconti e fini <strong>la</strong> vita miseramente come il padre, come si vedrà pili avanti.<br />

(67) Cavarzere oggidi. II territorio compreso fra Grado e Capodargine conservò fino<br />

al<strong>la</strong> caduta del<strong>la</strong> repubblica il titolo di dogado.<br />

Andrea da Curtarolo, che all'avvicinarsi del<strong>la</strong> pro cel<strong>la</strong> il Carrarese<br />

aveva assegnato quale capitano del nostro castello, fu sostituito all'ultima<br />

ora da Vivaldo di Gerardo e questi, veduta (e <strong>per</strong> vederlo non occorreva<br />

essere provveduti di troppo fine accorgimento) l'impossibilità di resistere<br />

alle potenti forze dei Veneziani, pensò bene di trar partito dalle disgrazie<br />

del suo signore e preferi che si versasse oro nelle sue tasche, piuttosto<br />

che sangue dalle vene dei soldati; quindi conciliando tali sentimenti umanitari<br />

in parte, ed in parte egoistici, Vivaldo fece intendere ai Veneziani<br />

che, finita <strong>la</strong> tregua fissata di comune accordo fra i due campi, avrebbe<br />

ceduto il castello senza resistenza, a patto che essi sborsassero i già promessi<br />

4000 ducati d'oro sonante e luccicante.<br />

A queste condizioni il pateracchio fu concluso; i messi, inviati <strong>per</strong> le<br />

trattative e provveduti di salvacondotto, ebbero anch'essi <strong>la</strong> loro paga,<br />

non <strong>la</strong>uta come quel<strong>la</strong> di Vivaldo, ma discreta e conveniente. E cosi il<br />

passaggio del nostro castello avvenne non <strong>per</strong> forza d'armi e di armati, ma<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> via piu sicura e meno rischiosa del denaro, come, con fine arguzia,<br />

sentenziò il Verci (68).<br />

Tre storici contemporanei si occuparono del<strong>la</strong> conquista del nostro<br />

castello e, siccome ognuno di essi nota partico<strong>la</strong>rità diverse e completive,<br />

cosi ritengo opportuno riportare le parole di tutti e tre.<br />

« Finita <strong>la</strong> tregua <strong>per</strong> tratado di Vivaldo di Gerardo caval<strong>la</strong>m a Campo<br />

San Piero adì XI Settembre fu dato a<strong>la</strong> Signoria di Venetia el castello di<br />

Campo San Piero et ebbe dal<strong>la</strong> Signoria ducati quattro mille d'oro» (69).<br />

« La Signoria (Venezia) ebe Camposampiero pagando le paghe a XX<br />

sui provisionadi a Lire LXXXX de pizole monede soma Lire MCCCC de<br />

pizole monede ma foli mandato <strong>per</strong> <strong>la</strong> dogal Signoria (a Vivaldo) CCCC<br />

ducati d'oro» CO).<br />

E Marin Sanuto, nelle Vite dei Dogi, dopo d'aver raccontato che molti<br />

castelli del padovano furono presi di assalto, altri ceduti a buoni patti ed<br />

altri pagati coi famosi zecchini, termina bonariamente il racconto dicendo<br />

che queste conquiste e queste cessioni, contrattate e conchiuse a base di<br />

ducati d'oro e di monede pizole, ridondavano a vantaggio di Venezia ed<br />

erano prova evidente che il nostro Signore Iddio favoriva li Venetiani.<br />

(68) Non so con quali argomenti il De Marchi, e prima di lui il Descalzi, e pili tardi<br />

lo Stefani, abbiano imputato al conte Gregorio di Camposampiero il mercimonio del nostro<br />

castello.<br />

(69) GATTARI: Crono Carrar., Manoscritto B. P. 2126 (Biblioteca Civica di Padova)<br />

sotto l'anno 1405.<br />

(10) Cronachetta Morosini, piu volte citata dagli editori dei Gattari.


VI<br />

<strong>CAMPOSAMPIERO</strong><br />

SOTTO LA DOMINAZIONE VENETA<br />

(1405 - 1797)


SOMMARIO: La podestaria. - Sua estensione, sua organizzazione e suo funzionamento.<br />

- Podestà benemeriti di Camposampiero. - Disordini nel<strong>la</strong> amministrazione<br />

e provvedimenti del<strong>la</strong> su<strong>per</strong>iore autorità. Stato economico di Camposampiero<br />

all'avvento del<strong>la</strong> dominazione veneta. - Privilegi ed onori concessi dal Senato<br />

ai nostri concittadini, al mercato, al<strong>la</strong> fiera. - Il <strong>la</strong>nificio a Camposampiero. -<br />

Lavori eseguiti nei corsi d'acqua del territorio. - Agricoltura. - Ville veneziane.<br />

- Monte di Pietà. - Arsenale. - Guerra di Cambrai e sue ri<strong>per</strong>cussioni a<br />

Camposampiero. - Congiure degli ex feudatari contro Venezia. - Gli ultimi<br />

tempi del<strong>la</strong> Serenissima. - Caduta del<strong>la</strong> millenaria repubblica ed occupazione<br />

francese. - I Francesi a Camposampiero. - Soppressione del<strong>la</strong> podestaria.<br />

Esteso il dominio sul padovano <strong>la</strong> repubblica veneta divise tutto il<br />

territorio nelle sette podestarie di Monselice, Este, Montagnana, Piove<br />

di Sacco, Cittadel<strong>la</strong>, Castelbaldo e Camposampiero, denominate distretti<br />

maggiori ai quali fu assegnato come podestà un patrizio veneziano; mentre<br />

<strong>per</strong> il governo dei distretti minori di Arquà, Anguil<strong>la</strong>ra, Conselve,<br />

Mirano, Oriago e Teolo, furono deputati dei nobili padovani col titolo<br />

di vicari.<br />

Tanto i podestà quanto i vicari dipendevano dal podestà di Padova<br />

che stendeva <strong>la</strong> sua giurisdizione su tutto il territorio padovano e).<br />

Diventando sede di un podestà Camposampiero compi <strong>la</strong> sua evoluzione<br />

storica <strong>per</strong> <strong>la</strong> quale, feudo e castello sotto i conti, capoluogo di<br />

marigancia e capitaneria nell'epoca comunale, vicariato sotto i Carraresi,<br />

fu finalmente podestaria sotto <strong>la</strong> repubblica.<br />

Le attribuzioni del nostro podestà erano di amministrare <strong>la</strong> giustizia<br />

(I) In quest'epoca <strong>la</strong> Comunità di Camposampiero assunse l'insegna del<strong>la</strong> croce rossa<br />

in campo bianco «ancorché gli altri lo pongano azzurro» cOSI il CITTADELLA nel<strong>la</strong> Descrittione<br />

di Padoa, pago 308.<br />

lO<br />

I45


civile, non penale, <strong>per</strong>ché riservata a quello di Padova, di escutere testimoni,<br />

di istituire processi, di sentenziare in prima istanza, di presiedere<br />

il consiglio dei Savi e quello dei Deputati ad utilia e di invigi<strong>la</strong>re <strong>per</strong>ché<br />

<strong>la</strong> legge fosse osservata entro i termini del<strong>la</strong> sua giurisdizione. Questa<br />

comprendeva le ville di Arsego, Badia S. Eufemia (oggidi Abbazia Pisani),<br />

Borgoricco, Bronzo<strong>la</strong>, Codiverno S. Andrea, Codiverno S. Trinità, Cadoneghe,<br />

Campodarsego, Fiumicello, Fratte, Loreggia, Loreggio<strong>la</strong>, Massanzago,<br />

Mejaniga, Murelle, Pionca, Reschigliano, Rustega, S. Dono, S.<br />

Giustina in Colle, S. Michele delle Abbadesse, Saletto, Tavo, Vigodarzere,<br />

Vil<strong>la</strong> del Conte, Vil<strong>la</strong>nova, Zeminiana e).<br />

Venezia assegnò al podestà quale sede d'ufficio e di abitazione, <strong>la</strong> rocca<br />

del castello, <strong>per</strong> vetustà e gloriose memorie il piti illustre pa<strong>la</strong>zzo del<strong>la</strong><br />

nostra cittadina, modificandolo alquanto nel<strong>la</strong> sua struttura esterna e nelle<br />

disposizioni interne, come <strong>la</strong> nuova destinazione lo richiedeva e).<br />

Come tutte le <strong>per</strong>sone qualificate di quel tempo, il podestà usava il<br />

vestito proprio del<strong>la</strong> sua casta, cioè toga nera con maniche rosse, differente<br />

in questo dai podestà che avevano giurisdizione civile e penale, i<br />

quali indossavano vesti di color cremisino; ma nei giorni di parata, nelle<br />

solenni ricorrenze e nelle grandi comparse, assumeva l'abbigliamento di<br />

ga<strong>la</strong> al<strong>la</strong> franzese, dicevano i nostri buoni nonni, con calze rosse, cappa,<br />

spada e bastone.<br />

(2) I confini del<strong>la</strong> podestaria furono cosi poeticamente descritti dal BARATELLA verso<br />

il 1430:<br />

«Finibus his medium est tibi mane propago stianea<br />

Annoa progenies manet atque miranea contio<br />

A mediaque via paduana cohors sed utroslibet<br />

Brinta secat cephiro Cittadel<strong>la</strong> tribus tibi considet<br />

Moenia franca aquilone paranti tibi terminum ».<br />

(Arch. Civ. Padova B. P. 881 Foglio 23, Ecatometrologia).<br />

In veste italiana e spogliati dalle figure poetiche questi versi suonano cosi: Il distretto<br />

di Camposampiero è limitato a mattina dai castelli e giurisdizioni di Stigliano, di<br />

Noale e di Mirano, a mezzodi dal territorio di Padova dal quale è diviso dal fiume Brenta,<br />

a sera dal castello e giurisdizione di Cittadel<strong>la</strong>, a settentrione da quello di Castelfranco.<br />

(3) La vecchia rocca di Camposampiero ed i terreni circostanti, già proprietà private<br />

dei Carraresi, furono incamerate dal<strong>la</strong> repubblica e, nel<strong>la</strong> trasformazione del<strong>la</strong> rocca a<br />

pa<strong>la</strong>zzo pretoriano, vennero abbattute le alte mura mer<strong>la</strong>te, rispianati i terrapieni e colmate<br />

le fosse che <strong>la</strong> circondavano.<br />

Spesso le rubriche dei registri Senato-Terra accennano a restauri eseguiti nel nostro<br />

pa<strong>la</strong>zzo pretorio sempre dietro autorizzazione del Senato.<br />

Nel 1603 il pa<strong>la</strong>zzo pretorio era ridotto in cosi disastrose condizioni da minacciare rovina,<br />

onde il podestà Tomaso Donato, che era passato col<strong>la</strong> famiglia ad abitare una casa<br />

privata, implorò dal Serenissimo Principe (cioè dal Senato) un concorso <strong>per</strong> il restauro,<br />

non potendo assoggettarsi al<strong>la</strong> spesa <strong>la</strong> Comunità di Camposampiero povera de intrada et<br />

carga de debiti. Archivio di Stato. Dispacci dei Rettori di Padova, Busta L<br />

Nell'amministrazione del<strong>la</strong> giustIZIa il podestà doveva attenersi agli<br />

Statuti di Padova, sempre rispettati dal<strong>la</strong> Serenissima e consacrati nel<br />

Codice Riformato, dato al<strong>la</strong> luce <strong>per</strong> <strong>la</strong> prima volta nel 1482 (4), doveva<br />

anche uniformarsi alle istruzioni ricevute dal doge nel<strong>la</strong> Commissio n<br />

ed a quei decreti che, di tratto in tratto nelle loro <strong>per</strong>iodiche ispezioni,<br />

emanavano gli Inquisitori di Terraferma. Lo stipendio assegnato nei<br />

primi tempi era di ducati 57 e denari 22 annui (6), piti tardi sali a 300<br />

ducati, somma non certamente vistosa, ma che veniva integrata dagli<br />

incerti di professione (mancie <strong>per</strong> sopraluoghi, onorari <strong>per</strong> <strong>la</strong> revisione<br />

dei registri d'amministrazione ecc.). Il podestà durava in carica 16 mesi,<br />

ma questo tempo fu talvolta protratto, non <strong>per</strong>ò oltre i due anni C).<br />

:È sommamente da rimpiangere che il vandalico incendio del 12 Luglio<br />

1809 abbia distrutto l'archivio del<strong>la</strong> nostra podestaria costituito da<br />

ingente quantità di registri e di lettere, da minute di atti, contratti, inchieste,<br />

resoconti, anagrafi e contabilità accumu<strong>la</strong>tisi nel corso di circa<br />

(4) Statuta patavina. Impresso in Venezia <strong>per</strong> maistro Lonardo de Basilea die XXVI<br />

Julii MCCCCLXXXII.<br />

(5) Le istruzioni del doge al nuovo podestà erano dichiarate nel<strong>la</strong> «Commissio »,<br />

brevetto di nomina ed assieme capito<strong>la</strong>to, che il doge stesso consegnava all'eletto nell'inviarlo<br />

al<strong>la</strong> sede. Nel<strong>la</strong> Marciana (cod. membro saec. XV, a. 218) esiste <strong>la</strong> Commissio<br />

del doge Giovanni Mocenigo al nostro podestà Cristoforo Ferro (6 Gennaio 1480) ed è<br />

l'unico documento del genere che ebbi fortuna di trovare, onde credo opportuno di riferirne<br />

il sunto.<br />

Il doge incomincia coll'inculcare al nostro podestà <strong>la</strong> dipendenza dal podestà di Padova,<br />

quindi passa a l'accomandargli l'osservanza degli statuti di quel<strong>la</strong> città, degli ordini<br />

emanati dagli Inquisitori di Terraferma e di alcuni decreti del Senato.<br />

Gli ricorda inoltre di amministrare con rettitudine <strong>la</strong> giustizia, di non contrar debiti,<br />

di non assentarsi, senza <strong>per</strong>messo, dal<strong>la</strong> sede, di tenere un cancelliere veneziano, di avere<br />

ai suoi O1:dini due inservienti e due cavalli, di non <strong>per</strong>mettere che giudeo o giudea acquistino<br />

beni stabili entro i confini del<strong>la</strong> sua giurisdizione, di non portare lutto che nel<strong>la</strong><br />

morte del padre o del<strong>la</strong> madre e non oltre gli otto giorni, di sorvegliare le sagre e le feste<br />

nuziali, <strong>per</strong>ché frequenti erano le risse in tali occasioni, di non far incidere il proprio nome<br />

(; stemma familiare sopra pa<strong>la</strong>zzi e ponti di nuova costruzione, di tenere d'occhio alcuni<br />

patrizi veneziani contro i quali era stato proc<strong>la</strong>mato il bando, e, se mai capitassero nei<br />

paesi di sua giurisdizione, di catturarli e di tenerli sotto buona custodia, dandone subito<br />

partecipazione a Venezia, termina ricordando al nostro podestà l'obbligo ed il diritto di<br />

riscuotere il sa<strong>la</strong>rio, ogni tre mesi, presso <strong>la</strong> Camera Fiscale di Padova.<br />

Cristoforo Ferro nel suo ingresso a Camposampiero fu onorato anche dal<strong>la</strong> dedica di<br />

un trattatello: «De obeundo magistratu commentariolum» o<strong>per</strong>a del suo amico Alessandro<br />

Magio, giureconsulto ed umanista bassanese.<br />

(Marciana, Codice chart. saec. XV. a. 214).<br />

(6) Re<strong>la</strong>zione del podestà Agostino Da Mu<strong>la</strong> 1553. Archivio di Stato - Re<strong>la</strong>zioni dei<br />

podestà di Padova ecc.<br />

(1) Nessun podestà poteva allontanarsi dal<strong>la</strong> propria sede, neppure <strong>per</strong> interessi ur ..<br />

genti, senza il <strong>per</strong>messo del Senato. Nei registri Senato-Terra spesso si incontrano istanze<br />

dei nostri podestà che domandavano licenza di recarsi a Venezia <strong>per</strong> trovare parenti<br />

amma<strong>la</strong>ti, <strong>per</strong> accudire ai loro affari o <strong>per</strong> balneare, ecc.<br />

I47


quattro secoli; <strong>per</strong> tale distruzione andarono irreparabilmente <strong>per</strong>dute<br />

abbondanti e preziose notizie sul<strong>la</strong> <strong>storia</strong> di Camposampiero e di tutta <strong>la</strong><br />

podestaria. Al<strong>la</strong> <strong>la</strong>mentata deficenza scarsamente suppliscono alcuni documenti<br />

custoditi nell'archivio del<strong>la</strong> parrocchia, l'esame dei quali mi ha<br />

dato i1modo di ricostruire l'ordine di procedura allora vigente, di poco<br />

differente dall'attuale, e che ora descriverò.<br />

All'ora fissata <strong>per</strong> il dibattito giudiziale <strong>la</strong> campana del<strong>la</strong> torre municipale,<br />

allora conosciuta col nome espressivo di campana del<strong>la</strong> giustizia<br />

(8), scoccava alcuni tocchi ed al segnale entravano nell'au<strong>la</strong> il podestà,<br />

il cancelliere ed il trombetta; contemporaneamente entravano, <strong>per</strong> un'altra<br />

porta, l'attore, l'accusato, gli avvocati, i testimoni, alcuni soldati e<br />

l'immancabile fol<strong>la</strong> dei curiosi. Il podestà apriva <strong>la</strong> seduta col segno del<strong>la</strong><br />

croce e col<strong>la</strong> audizione dell'attore e dell'accusato, subito dopo venivano<br />

le deposizioni dei testimoni, le arringhe degli avvocati, <strong>per</strong> summa capita<br />

trascritte dal cancelliere nel giornale dei resoconti processuali; quindi il<br />

podestà si alzava in piedi e, brandito il bastone (che il fedele cancelliere<br />

nominava nel resoconto segno di giurisdizione) e premesse le parole sacramentali<br />

« Christi nomine invocato a quo cuncta procedunt » (giudiziosi<br />

i nostri vecchi non è vero?), pronunciava <strong>la</strong> sentenza che, se accettata dai<br />

contendenti, tutto era finito, se non era accettata, era seguita dall'appello<br />

al podestà di Padova, presso il quale <strong>la</strong> lite si riprendeva in seconda<br />

istanza.<br />

Molte di queste sentenze si conservano nell'archivio parrocchiale e<br />

quasi tutte in materia di amministrazione ecclesiastica; sono brevi, concise<br />

e pronunciate in dialetto veneziano, mancano affatto di citazioni di<br />

statuti e, piu che altro, appariscono ispirate a quel buon senso pratico<br />

che mai difettò al<strong>la</strong> magistratura veneziana.<br />

Rilevo anche questa curiosità; quando l'accusato non compariva al<br />

processo, il trombetta si recava sotto <strong>la</strong> loggia del pa<strong>la</strong>zzo del<strong>la</strong> Cancelleria,<br />

chiamata dai vecchi documenti « loggia pubblica» ed ivi, salito su<br />

di una colonnina, conservata fino al<strong>la</strong> rivoluzione francese, ad alta voce<br />

coram adstantibus ripeteva <strong>la</strong> sentenza del podestà, talvolta anche si<br />

recava a legger<strong>la</strong> davanti all'abitazione del condannato C).<br />

Nel disbrigo delle sue molteplici mansioni il podestà era coadiuvato<br />

(8) È l'attuale campana del Municipio, fusa nell'anno 1556.<br />

(9) Il trombetta, nell'esercizio del<strong>la</strong> sua professione poco simpatica simile a quel<strong>la</strong> dell'ufficiale<br />

giudiziario, ebbe i suoi fastidi e le sue non sempre liete avventure; ricordo di<br />

aver letto, in un resoconto procedurale, che nel 1682 Gaetano Mantoan, trombetta del<strong>la</strong><br />

podestaria, portato si in casa di Mattio Scantamburlo <strong>per</strong> un sequestro, fu caricato d'una<br />

buona dose di legnate ed inseguito <strong>per</strong> lungo tratto di strada da Anzoletta Sponchiata,<br />

terribile moglie dello Scantamburlo.<br />

148<br />

da una picco<strong>la</strong> burocrazia che andò crescendo col processo dei tempi;<br />

ricorderò fra le <strong>per</strong>sone qualificate il cancelliere o cavaliere di corte che<br />

aveva pa<strong>la</strong>zzo proprio denominato <strong>la</strong> Cancelleria; questi, piu degli altri<br />

vicino <strong>per</strong> autorità e posizione sociale al podestà, spesso ne teneva ambo<br />

le chiavi del cuore <strong>per</strong> serrare e disserrare. Ricorderò l'Università o uomini<br />

de Comun eO), qualche cosa di simile all'attuale consiglio comunale,<br />

composto di membri eletti nelle vicinie o regole dei cittadini, ad ognuno<br />

dei quali era affidata una mansione speciale nell'amministrazione del<strong>la</strong><br />

cosa pubblica. Ricorderò il Consiglio dei Savi (furono sempre quattro),<br />

specie di giunta esecutiva con membri scelti nel capoluogo e nelle ville<br />

soggette, che di tratto in tratto si radunavano sotto <strong>la</strong> presidenza del podestà<br />

<strong>per</strong> trattare gli interessi del<strong>la</strong> podestaria riflettenti o<strong>per</strong>e pubbliche,<br />

economato, ponti, strade, ricorsi contro le imposte ecc. Ricorderò il Collegio<br />

dei Cavalieri pretoriani, istituzione non puramente decorativa e<br />

diretta a premiare meriti reali o supposti (come d'ordinario il Cavalierato<br />

del<strong>la</strong> Corona d'Italia), ma effettiva e non scevra di responsabilità e di<br />

noie; ai cavalieri pretoriani infatti era affidato il delicato ufficio di fissare<br />

i prezzi delle derrate nel mercato e di determinare l'applicazione del calmiere.<br />

Ricorderò il Collegio dei Notai di antichissima istituzione, illustrato<br />

dall'umanista Antonio Baratel<strong>la</strong> che vi appartenne nel secolo XV,<br />

e che, ancora a quell'epoca, aveva gli uffici nell'attuale contrada dei<br />

Nodari, (nel 1720 i membri effettivi del collegio notarile furono ridotti<br />

a sei) (11). Ricorderò finalmente gli avvocati o causidici, il fisico o medico<br />

(i medici furono due dopo il 1750), l'agrimensore, gli estimatori, il<br />

custode del<strong>la</strong> dogana o dispensa del Sal, il cameraro del monte di pietà,<br />

il sopraintendente al dacia, ed il sergente, piu tardi capitano, delle cemide.<br />

Tutta questa aristocrazia, parte indigena e parte forestiera, dopo i nobili<br />

veneziani qua villeggianti, costituiva il secondo stato del nostro castello<br />

che, geloso dei privilegi conceduti dal<strong>la</strong> Serenissima, sempre pronto a<br />

metterli in mostra allorché si offriva l'occasione ed a rivendicarli se<br />

disprezzati, pieno, come si dice oggi, dello spirito di corpo, sfoggiando<br />

(lO) Sette erano gli uomini de Comun, o deputati ad utilia, <strong>per</strong> l'anno 1718 e credo<br />

che tanti restassero fino al<strong>la</strong> caduta del<strong>la</strong> repubblica.<br />

(11) Che facevano tanti notai a quel tempo? Convien sa<strong>per</strong>e che in quell'epoca pochi<br />

erano coloro che sapevano scrivere onde chi voleva mettere in carta qualche cosa ricorreva<br />

al notaio, allora funzionario privato oltrecché pubblico.<br />

Il Collegio dei notai era presieduto da un priore.<br />

Sul funzionamento del nostro Collegio dei Notai, sui disordini, sulle manchevolezze<br />

riscontrate e sui provvedimenti emanati dall' autorità su<strong>per</strong>iore v. Archivio di Stato, titolo<br />

«Conservatori alle leggi» Busta 659. Il 26 Novembre 1767 fu ordinata l'istituzione<br />

di un archivio <strong>per</strong> <strong>la</strong> custodia degli atti notarili che andò distrutto nel vandalico incendio<br />

12 Luglio 1809.<br />

I49


cappe di broccatello e toghe lungamente caudate, con <strong>la</strong>rghi col<strong>la</strong>ri inamidati,<br />

ostentando zanfarde di ermellino anche d'estate, anelli rilucenti<br />

nelle dita, fibbie d'argento nelle scarpe, tabacchiere pure d'argento nelle<br />

mani, spadoni alle reni, e, dopo il 1668, anche su<strong>per</strong>be parrucche, raccolto<br />

nel<strong>la</strong> maggior piazza di Camposampiero intorno all' antenna, da cui garriva<br />

al vento il vessillo dell'a<strong>la</strong>to leone, offriva un magnifico spettacolo<br />

coreografico a cui servivano di sfondo le mura e le medievali torri<br />

del castello.<br />

Per tute<strong>la</strong>re l'ordine pubblico e <strong>la</strong> <strong>per</strong>sona stessa del podestà <strong>la</strong> Serenissima,<br />

durante tutta <strong>la</strong> sua dominazione, mantenne in Camposampiero<br />

un nucleo di soldati, denominati cernide od ordinanze (12) del<strong>la</strong><br />

podestaria; le cernide dovevano anche prestare servizio nelle sagre e nelle<br />

feste di parata, soccorrere nei casi d'incendio e portare di vil<strong>la</strong> in vil<strong>la</strong><br />

gli ordini del podestà; credo che il loro servizio, almeno negli ultimi anni,<br />

non fosse temporaneo, ma piuttosto professione di buona parte del<strong>la</strong> vita;<br />

difatti i registri mortuari par<strong>la</strong>no di soldati morti a 60 e 70 anni, età,<br />

come ognuno vede, troppo avanzata e poco adatta alle marcie, alle<br />

manovre ed agli altri esercizi di Marte, che richiedono schiene erette,<br />

gambe leste e salde, movimenti spigliati e, soprattutto, pochi pensieri (13).<br />

A servizio del<strong>la</strong> sicurezza pubblica funzionava un corpo di sbirri o<br />

« bracchi» i quali ben presto si procacciarono trista fama <strong>per</strong> de<strong>la</strong>zioni,<br />

spionaggio e delitti comuni; al<strong>la</strong> sorveglianza dei campi dovevano guardare<br />

i saltari o custodi.<br />

Nell'esercizio delle sue molteplici e svariate mansioni il podestà non<br />

era un piccolo tiranno che potesse fare licito ogni libito e nemmeno un<br />

funzionario abbandonato a se stesso ed indipendente nelle proprie azioni,<br />

(12) Avverto il lettore che i soldati di cernida o di ordinanza appartenevano al nostto<br />

castello ed alle ville del<strong>la</strong> podestaria; dimoravano nelle loro famiglie ed in determinate<br />

occasioni erano chiamati a Camposampiero <strong>per</strong> le esercitazioni, <strong>per</strong> <strong>la</strong> rassegna annuale o<br />

<strong>per</strong> altra causa. A Camposampiero stanziavano abitualmente il capitano ed alcuni soldati<br />

delle cernide, cui servivano da caserma le casette del<strong>la</strong> Rocca. Nel 1625 i soldati di cernida<br />

del<strong>la</strong> nostra podestaria erano 281. Il capitano delle nostre ordinanze comandava anche<br />

quelle di Cittadel<strong>la</strong> e Mirano.<br />

(13) Camposampiero, con Este, Monselice e Piove di Sacco, era uno dei 4 castelli del<br />

padovano dove risiedeva un comando di cernide con caserma; 2800 erano le cernide di<br />

tutto il territorio padovano nel 1605 (V. re<strong>la</strong>zione del capitanio Giro<strong>la</strong>mo da Lezze al<br />

Senato); 3200 nel 1628 (V. re<strong>la</strong>zione del capitanio Stefano Viaro al Senato). Ogni anno il<br />

capitanio di Padova si recava a Camposampiero <strong>per</strong> <strong>la</strong> rassegna o mostra delle cernide.<br />

L'esito delle mostre veniva partecipato a Venezia dal capitano stesso e nel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione da<br />

Matteo Dandolo rassegnata al Senato (Luglio 1547) ho letto queste parole: « ... volsi vedere<br />

le ordinanze de Campo San Piero et el capitano Hieromino Abbioso me le mostrò<br />

co molta <strong>la</strong>ude soa ». Re<strong>la</strong>zione del capitano Matteo Dandolo - Archivio di Stato - Re.<br />

<strong>la</strong>zione del Podestà di Padova.<br />

salvo a render conto al doge nel termine del<strong>la</strong> reggenza; tutt'altro, Venezia,<br />

se voleva che l'autorità fosse rispettata, esigeva anche che essa fosse<br />

esercitata sempre a vantaggio e mai a pregiudizio dei sudditi; quindi, con<br />

occhio vigile, seguiva <strong>la</strong> condotta dei suoi podestà e, di tratto in tratto,<br />

mandava in ispezione gli Inquisitori di Terraferma <strong>per</strong> rivedere le amministrazioni,<br />

scoprirne i difetti, frenare gli abusi, suggerire i rimedi e prendere<br />

esatte informazioni sul<strong>la</strong> condotta pubblica e privata dei suoi subalterni.<br />

Dirò ora qualche cosa su alcuni podestà di Camposampiero che, <strong>per</strong><br />

le o<strong>per</strong>e compiute, passarono al<strong>la</strong> <strong>storia</strong> con buona o triste rinomanza.<br />

MARINO BAFFO, podestà nell'anno 1413, imputato di gravissime<br />

accuse d'indole morale, fu chiamato a Venezia <strong>per</strong> giustificarsi davanti al<br />

Consiglio dei X e, risultate vere le imputazioni, fu condannato a 4 mesi<br />

di carcere, 100 lire di multa e privato del governo del<strong>la</strong> nostra podestaria<br />

C 4 ).<br />

STEFANO CONTARINI (1492) e FRANCESCO PRIULI (1494), bene meritarono<br />

<strong>la</strong> riconoscenza dei cittadini <strong>per</strong> il fattivo concorso prestato al<br />

B. Bernardino da Feltre nel<strong>la</strong> istituzione del patrio Monte di Pietà.<br />

Un posto distinto nel<strong>la</strong> <strong>storia</strong> di Camposampiero occupa certamente<br />

l'eroico podestà ANTONIO QUIRINI che, sostenuto da scarsa guarnigione<br />

ma fornito di indomito coraggio e di generoso amor patrio, nell'Agosto<br />

1509 difese prima il nostro castello e, <strong>per</strong>duto questo, <strong>la</strong> rocca contro gli<br />

assalti delle soldatesche di Massimiliano; sopraffatto alfine dal numero<br />

degli avversari dovette cedere e scontare il proprio eroismo con dieci<br />

mesi di dura prigionia nel castello di Trento eS).<br />

GIROLAMO PRIULI abbelll il pa<strong>la</strong>zzo pretorio e <strong>la</strong> sua memoria fu<br />

tramandata ai posteri con questa iscrizione:<br />

Hyeronimus de Priulis C. S. P. Praetor fuit ano 1522.<br />

L'iscrizione, sfuggita al<strong>la</strong> fobia iconoc<strong>la</strong>sta dei Francesi, ancora oggi<br />

si legge sopra una porta interna del pa<strong>la</strong>zzo municipale C 6 ).<br />

NICOLÒ CANAL, podestà nell'anno 1529, sostitui l'angusto ponte levatoio<br />

di Porta Padova, con pili elegante di pietra e sopra vi fece murare<br />

questa iscrizione, che ha parole di gentile riguardo verso i nostri concittadini:<br />

C. C. N. C. MDXX1X<br />

(14) Archivio di Stato - Raspe, Reg. 6, parte II.<br />

(15) SANUTO: Diari, voI. IX, pago 38.<br />

(16) Giro<strong>la</strong>mo Priuli fu piu tardi doge eli Venezia dal I Settembre 1559 al 4 Novem·<br />

bre 1567, epoca di sua morte. MUSATTI: Storia di Venezia, voI. II. pago 456.


Cum ligneum prius pontem saepius refici necesse esset) nec satis commodum<br />

viatoribus iter paeberet) ne id accideret) tum) ut id etiam oppido<br />

ornamentum adderetur) haberentque oppidani) quo libentius ad captandas<br />

aestatis auras eo irent Nico<strong>la</strong>o Canale praetore <strong>la</strong>pideus factus est.<br />

Anche questa iscrizione esiste, benché muti<strong>la</strong>ta del<strong>la</strong> prima riga.<br />

ALVISE CIVRAN, podestà nel 1524, fu chiamato a Venezia <strong>per</strong> render<br />

conto di certa sua disobbedienza al Consiglio dei X; il Sanuto cosi ne<br />

par<strong>la</strong>: «4 mazo (4 Maggio) 1524 dopo disnar fo conseio dei X ........ et<br />

prima espeditono sier Alvise Zivran podestà de Camposampiero incolpado<br />

non avria voludo obedir una lettera dei Cai dei X <strong>per</strong> <strong>la</strong> qual dai Cai dei<br />

X fu mandato <strong>per</strong> lui et fu qua) ora fo spazà vada al suo rezimento » C 7 ).<br />

GIACOMO SALOMON, podestà nel 1556, fece rifondere <strong>la</strong> vecchia campana<br />

del pa<strong>la</strong>zzo pretorio, <strong>per</strong> <strong>la</strong> sua destinazione denominata campana<br />

del<strong>la</strong> giustizia, e volle che vi fossero incise le sante parole: Jesus Christus<br />

Rex venit in pace; ai nostri giorni <strong>la</strong> campana municipale allieta i concittadini<br />

nelle solenni ricorrenze, li chiama al<strong>la</strong> preghiera quando il nembo<br />

spaventoso incombe, e, colle sue argentine note, rievoca tante memorie<br />

d'un tempo che fu.<br />

PIETRO MOLIN, podestà nel 1657, conciliando <strong>la</strong> giustizia con <strong>la</strong> pietà<br />

e rendendosi <strong>per</strong> tal modo benemerito, ottenne dal<strong>la</strong> comune gratitudine<br />

che il nome suo fosse tramandato ai posteri con questa iscrizione:<br />

Pietro Molino C. S. Petri memorando et immortali Praet.<br />

in memoriam cives unanimes posuere An. 1657 CS).<br />

La <strong>la</strong>pide, murata ad una certa altezza nel<strong>la</strong> torre di Porta Padova,<br />

fu dis<strong>per</strong>sa al tempo dell'invasione francese; ancor oggi è visibile <strong>la</strong><br />

nicchia ov'era collocata.<br />

Sotto FRANCESCO LONGO, podestà nel 1674, si recarono quivi in ispezione<br />

gli Inquisitori di Terraferma Marcantonio Giustiniani) Antonio<br />

Barbarigo e Michiel Foscarini; l'esito del<strong>la</strong> visita viene indicato da questi<br />

decreti, ai quali nessuno oggidi negherà il buon senso, come i contemporanei<br />

non ne disconobbero <strong>la</strong> utilità: «i cavalieri pretoriani devono fissare<br />

il prezzo delle derrate) delle merci) ed all'occasione anche applicare<br />

il calmiere) questa cosa n,On potranno compiere qualora avessero essi<br />

stessi bottega od esercizio; il podestà tenga presso di sè un quaderno<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> registrazione degli emolumenti versati agli impiegati del<strong>la</strong> podestaria;<br />

d)ora innanzi ogni spesa incontrata sia giustificata da antece-<br />

(17) Diari, VoI. 36, pago 308.<br />

(1S) SALOMON: Agri Patavini Inscriptiones, pago 243.<br />

15 2<br />

dente deliberazione e dal<strong>la</strong> polizza di pagamento eseguito) ecc. ecc. » (19).<br />

Altri decreti, emanati in tale occasione e che riguardano il Monte di<br />

Pietà verranno riportati a loro luogo.<br />

I disordini nel<strong>la</strong> amministrazione del<strong>la</strong> nostra podestaria non disparvero,<br />

anzi aumentarono a tal segno, che nell'anno 1698, essendo podestà<br />

DOMENICO DIEDO, gli Inquisitori di Terraferma, Giovanni Battista Gradenigo<br />

e Pietro Foscari, riveduti i registri dell'amministrazione estesero<br />

una re<strong>la</strong>zione che comincia con queste catastrofiche parole: «non crediamo<br />

che in tutte le podestarie del padovano ve ne sia un) altra piu soggetta<br />

a pregiudizi ed abusi come quel<strong>la</strong> di Camposampiero ecc. » - La<br />

re<strong>la</strong>zione enumera gli abusi invalsi e <strong>la</strong> litania è troppo lunga <strong>per</strong> essere<br />

riportata integralmente; accennerò solo ai principali.<br />

Si <strong>la</strong>mentano prima di tutto spese eccessive fatte figurare <strong>per</strong> il restauro<br />

del pa<strong>la</strong>zzo del podestà (forse saranno state destinate ad arrotondare<br />

<strong>la</strong> cifra del suo onorario!), nel restauro del pa<strong>la</strong>zzo del cancelliere<br />

(a bove maiore discit arare minor!), nel restauro dei ponti (che i denari<br />

siano andati giu <strong>per</strong> l'acqua?); si capisce che, se il verbo « arrangiarsi»<br />

non era conosciuto in quell'epoca, era <strong>per</strong>ò conosciuta l'azione significata<br />

dal verbo stesso; si <strong>la</strong>menta inoltre l'im<strong>per</strong>izia degli estimadori (e molto<br />

probabilmente sarà stata complicità nel furto); è detto nel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione,<br />

pesante ed intollerabile l'aggravio a cui soggiace <strong>la</strong> podestaria <strong>per</strong> le frequenti<br />

spese di sopraluoghi il piu delle volte fatti senza necessità reale, al<br />

solo fine di lucro, inevitabilmente accompagnati da costosi rinfreschi! e<br />

passando ai rimedi <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione, dopo di avere proscritto e condannato le<br />

spese inconsulte dei Savi, i capricciosi sopraluoghi ed i restauri arbitrari,<br />

impone all'esattore di Camposampiero di non pagare piu mandato alcuno,<br />

né al podestà, né ai Savi, se non sarà giurato sui Santi Vangeli (sic!).<br />

Siccome poi il male era grave, inveterato ed incancrenito, cosi gli Inquisitori<br />

ricorsero ai rimedi estremi e comminarono ai trasgressori, corda)<br />

prigione et galera ad arbitrio delli giudizi! eD).<br />

GIACOMO MARIN, podestà nel 1713, legò il suo nome ad una causa<br />

che, con linguaggio forense, chiamerò elegante, ma che si risolse in un<br />

pieno insuccesso; il borioso podestà volle rivendicare una quasi indipendenza<br />

da quel<strong>la</strong> di Padova, cosa contraria ai decreti del<strong>la</strong> Serenissima ed<br />

ai diritti storici di quel<strong>la</strong> città. Ebbe inizio <strong>la</strong> vertenza col<strong>la</strong> sostituzione<br />

del<strong>la</strong> dicitura: Nos provisores salutis Campi S. Petri, al<strong>la</strong> usuale intestazione:<br />

Nos provisores salutis Paduae, nelle bollette di sanità; e col<strong>la</strong><br />

(19) Ordini e terminazioni dei Sindaci di Terraferma, Val. I., pago 229.<br />

(20) Ordini e terminazioni dei Sindaci ecc. - VoI. I, pago 410.<br />

153


sostituzione delle immagini di S. Pietro e S. Antonio, cioè dei patroni di<br />

Camposampiero a quelle dei patroni di Padova e 1 ). V'era quanto bastava<br />

<strong>per</strong> suscitare un putiferio. Andrea Badoer, podestà di Padova, protestò,<br />

s'indispetti, minacciò, mandò i suoi provvisori a Camposampiero <strong>per</strong> richiamare<br />

all'ordine il nostro podestà e, riuscite inutili le rimostranze,<br />

ricorse a Venezia <strong>per</strong> ottenere <strong>la</strong> condanna del Marin e <strong>la</strong> conferma dei<br />

suoi diritti; d'altra parte il Marin, <strong>per</strong> nul<strong>la</strong> pentito del suo gesto audace<br />

e risoluto eli mostrarsi uomo di carattere, mandò a Venezia i notai del<strong>la</strong><br />

podestaria a <strong>per</strong>orare <strong>la</strong> sua causa, interessando anche gli <strong>amici</strong> di Venezia<br />

a recarsi in Senato <strong>per</strong> parare il colpo che giudicava inevitabile e<br />

che difatti si scaricò sul suo capo, colpo decisivo e diretto a condannare<br />

il suo o<strong>per</strong>ato e a confermare i seco<strong>la</strong>ri diritti di Padova. Dopo <strong>la</strong> sentenza<br />

del doge, <strong>la</strong> lite fu definitivamente chiusa e nessuno dei successori<br />

del Marin si senti in animo di rinnovar<strong>la</strong>. Chi volesse conoscere meglio <strong>la</strong><br />

vexata quaestio ne legga i verbali nel Tomo A 2 N. 4) Archivio di Sanità)<br />

Museo Civico di Padova.<br />

A <strong>la</strong>to di tante debolezze e di tanti traviamenti non mancarono esempi<br />

di virtli civili e di vere benemerenze che rifulsero ed illustrarono il regime<br />

del nostro podestà NICOLÒ PISANI (1719) il quale, nel breve tempo di<br />

sua <strong>per</strong>manenza fra noi, seppe cattivarsi l'affetto di tutta <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione,<br />

come lo attesta il magnifico elogio che, a nome e <strong>per</strong> incarico dei Camposampierini,<br />

compose nel<strong>la</strong> sua partenza <strong>per</strong> altra destinazione, il notaio<br />

del<strong>la</strong> podestaria, Bassiano Zatta e 2 ).<br />

In esso l'oratore, fatte risaltare le vinli che adornavano l'animo del<br />

Pisani e che dovrebbero essere corredo morale di ogni pubblico magistrato,<br />

passa ad encomiare l'o<strong>per</strong>a di pacificazione svolta con ottimi<br />

risultati presso alcune famiglie cittadine discordi, e quel<strong>la</strong> di benigna<br />

protezione impiegata a sollievo dei poveri e degli amitti: e quante volte)<br />

esc<strong>la</strong>ma lo Zatta, comparve egli in <strong>per</strong>sona (il Pisani) a frenare l'ingordigia<br />

dei vivandieri e a gastigarne le estorsioni col<strong>la</strong> severità dei pubblici<br />

esempi! ».<br />

Sante parole che dovrebbero servire in ogni tempo di monito e di<br />

pungolo alle autorità cittadine.<br />

Nicolò Pisani fu anche <strong>per</strong>sonaggio distinto <strong>per</strong> sincera pietà<br />

manifestata nel<strong>la</strong> trasformazione provvIsoria di una stanza del pa<strong>la</strong>z-<br />

(21) S. Antonio, S. Giustina, S. Prosclocimo e S. Daniele.<br />

(22) Orazione in lode di Nicolò Pisani, podestà di Camposampiero. - Venezia 1720.<br />

Leggasi <strong>per</strong> gli opportuni confronti l'ode «Al<strong>la</strong> Magistratura» del Parini, nel<strong>la</strong> quale il<br />

grande poeta svolse molti di quei concetti che, pure nobilmente in prosa, aveva trattato<br />

lo Zatta.<br />

154<br />

zo pretorio in sacello che Bonaventura Diedo (17 37) rese stabile.<br />

Al Pisani succedette MARCO BARBARO, e sotto di lui le cose cangiarono<br />

alquanto, poiché gli Inquisitori di Terraferma, Pietro Grimani, Michiel<br />

Morosini e Alvise Mocenigo, recatisi a visitare <strong>la</strong> podestaria e riveduti i<br />

registri d'amministrazione, esortarono il podestà a mitigare le troppo<br />

esorbitanti spese e massimamente a usare maggior energia contro <strong>la</strong><br />

malitia dei molinari che defraudavano il dacio del<strong>la</strong> macina e 3 ). Convien<br />

dire che <strong>la</strong> malizia dei nostri mugnai sia antica quanto antica è a Camposampiero<br />

l'industria del<strong>la</strong> macina, se ancora nel 1306 il podestà di Padova,<br />

Ponzino dei Ponzinardi, non fidandosi pili delle denuncie dei<br />

nostri mugnai, ordinava al Comune di mantenere duos ponderatores qui<br />

ponderare debeant totam b<strong>la</strong>vam vellegumina et farinam macinatam e 4 ).<br />

I tempi sono cangiati, il dazio macina è scomparso eS), ma sono<br />

cangiati anche i costumi dei mugnai? La risposta ai clienti.<br />

Mi dispiace di non poter dir nul<strong>la</strong>, mancando i documenti, di GIU­<br />

SEPPE ZORZI, quivi istal<strong>la</strong>to il 2 Marzo 1796 e riservato a chiudere <strong>la</strong><br />

serie dei nostri podestà ed a vedere l'orgia oscena dei rivoluzionari francesi,<br />

che, ubriachi di vino e di odio nei primi giorni del Maggio 1797,<br />

occuparono il pa<strong>la</strong>zzo pretorio, saccheggiarono <strong>la</strong> cassa erariale e quel<strong>la</strong><br />

del Monte di Pietà, e fecero gazzarra intorno al cosiddetto Albero del<strong>la</strong><br />

Libertà.<br />

Certo io vorrei presentare il nostro Giuseppe Zorzi come degno emulo<br />

di Antonio Quirini che impavido resistette all'im<strong>per</strong>atore Massimiliano<br />

ed alle sue soldatesche e preferf <strong>la</strong> prigione al tradimento.<br />

Oh! io vorrei presentare l'ultimo podestà di Camposampiero nell'atteggiamento<br />

fiero e nobile di Angelo Giustiniani, provveditore straordinario<br />

di Treviso, il quale al<strong>la</strong> intimazione di <strong>la</strong>sciare il suo ufficio e di<br />

consegnare le armi, fieramente rispose allo stesso Bonaparte: lo non l'i··<br />

cevo ordini che dal Senato e 6 ).<br />

Oh! non vorrei che il nostro Zorzi fosse stato del<strong>la</strong> tempra del debole<br />

Manin, ultimo doge di Venezia, che al rombo sinistro del cannone<br />

francese con voce tutt'altro che atta ad incoraggiare il popolo andava ripetendo:<br />

Stanote no semo seguri gnancCl nel nostro Zeta!<br />

(23) Ordini e terminazioni ecc., VoI. II, pago 97.<br />

(24) VEReI: Storia del<strong>la</strong> Marca Trevigiana, VoI. II, pago 14. Documenti.<br />

(25) Cinquant'anni fa Quintino Sel<strong>la</strong> volle rimettere in vigore <strong>la</strong> tassa sul macinato;<br />

('esito dell'es<strong>per</strong>imento fu oltremodo infelice ed iI povero Sel<strong>la</strong> dovette dimettersi dall'ufficio<br />

di Ministro delle Finanze, colpito dal<strong>la</strong> sfiducia del<strong>la</strong> Camera e dall'impopo<strong>la</strong>rità<br />

del<strong>la</strong> nazione.<br />

(26) La dignitosa risposta del Giustiniani è testualmente riportata dal SANTALENA,<br />

Vita Trevigiana 1796-1813 e dal MOLMENTI nel<strong>la</strong> Storia di Venezia.<br />

155


Il <strong>per</strong>iodo del<strong>la</strong> dominazione carrarese (1340-1405) era stato tempo<br />

di trascuratezza, di abbandono e di rovina, <strong>per</strong>ché quei principi, non<br />

legati da tradizioni e da affetto verso Camposampiero, riguardarono come<br />

luogo di conquista o tutt'al piti come posizione di frontiera da tenersi<br />

ben presidiata <strong>per</strong> impedire le sorprese nemiche, nul<strong>la</strong> compirono di veramente<br />

utile <strong>per</strong> <strong>la</strong> nostra cittadina. L'agricoltura, il commercio, l'industria<br />

ed ogni altra fonte di guadagno, di benessere o di civiltà furono<br />

trascurate, disseccate, paralizzate da continue guerre, precedute da requisizioni<br />

d'uomini, di cavalli, di bovini, di fieno e di frumento e da esorbitanti<br />

contribuzioni in denaro, accompagnate da invasioni, rapine, incendi,<br />

saccheggi, ed infallibilmente seguite da carestie e pestilenze.<br />

Lo stato di decadenza e di miseria di Camposampiero in questo <strong>per</strong>iodo<br />

risulta dal<strong>la</strong> rovina delle fortificazioni del castello e 7 ) e viene ancora comprovato<br />

dall'abbandono del conventino di San Giovanni da parte dei<br />

Padri Minori; benché sia difficile precisare il tempo di questo ultimo avvenimento,<br />

pure con tutta probabilità lo si può assegnare fra il 1334 ed<br />

il 1340, cioè all'epoca del passaggio del<strong>la</strong> nostra cittadina dai conti di<br />

Camposampiero al<strong>la</strong> dominazione carrarese.<br />

Anche il documento di divisione e di assegnazione dei beni patrimoniali<br />

delle due chiese di S. Pietro e di S. Marco eS), redatto nel 1485,<br />

ma che si riferisce a fatti avvenuti almeno 50 anni prima, conferma <strong>la</strong> miseria<br />

delle nostre popo<strong>la</strong>zioni e <strong>la</strong> prova indiretta ma <strong>per</strong>entoria, risulta<br />

dalle parole del citato documento: «le Chiese di S. Pietro e di S. Marco<br />

erano totalmente distrutte et rovinate ecc. ». Ora come è possibile spiegare<br />

lo stato deplorevole delle chiese parrocchiali in epoca nel<strong>la</strong> quale<br />

<strong>la</strong> fede viva ed ardente avrebbe suggerito alle nostre popo<strong>la</strong>zioni di provvedere<br />

al decoro del<strong>la</strong> casa del Signore? L'unica p<strong>la</strong>usibile spiegazione di<br />

tale fatto si deve ricercare nelle condizioni miserabili del nostro popolo<br />

alle prese col<strong>la</strong> fame, esausto d'ogni risorsa, smunto da incessanti contribuzioni,<br />

e <strong>la</strong> spiegazione niente affatto arbitraria, viene autorizzata dal<br />

citato documento, quando afferma che il Comune si assunse il compito di<br />

restaurare le due chiese « poichè era impossibile a detti uomini di reparare<br />

et restaurare dette chiese attenta <strong>la</strong> povertà di quelli ».<br />

(27) Dopo tante <strong>per</strong>ipezie militari il castello versava in cattive condizioni statiche<br />

ed edilizie e lo prova <strong>la</strong> ducale, da Michele Steno indirizzata ai Rettori di Padova il 18<br />

Dicembre 1411, con queste sintomatiche parole: « ... quod locus noster Campi Sancti Petrz<br />

est de omnibus pessime in ordine », <strong>per</strong> cui il doge sollecitava podestà e capitano di Padova<br />

a visitare con muratori, falegnami e carpentieri, le torri, le porte e <strong>la</strong> rocca onde<br />

provvedere agli impellenti restauri. Archivio generale, Padova, Pergamena 18 Dicembre<br />

1411, Titolo Camposampiero.<br />

(2S) Archivio parrocchiale di Camposampiero. Busta. Vecchie carte.<br />

La povertà del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione risale poi all'abbandono dell'agricoltura,<br />

dell'industria e del commercio, che <strong>la</strong> mancanza di pace e di sicurezza<br />

da una parte, dall'altra il disinteressamento e l'ambizione dei principi fomentano<br />

e mantengono sempre vive nei popoli soggetti.<br />

Ma questo stato di cose un po' al<strong>la</strong> volta andò cangiando, allorché <strong>la</strong><br />

Serenissima estese quivi il suo dominio.<br />

Persuasa <strong>la</strong> saggia repubblica che un governo non può godere vita<br />

lunga e tranquil<strong>la</strong> se non procura di mantenere <strong>la</strong> pace, condizione indispensabile<br />

al tranquillo ed ordinato vivere, se non tiene lontane le guerre,<br />

sempre disastrose <strong>per</strong> i sudditi anche quando sono fortunate <strong>per</strong> i principi,<br />

convinta che l'unico mezzo <strong>per</strong> accaparrarsi l'affetto e <strong>la</strong> fedeltà di<br />

quelli consiste nel provvedere, con paterno affetto, ai loro interessi, nell'amministrare<br />

con rettitudine <strong>la</strong> giustizia, nel porgere benigno orecchio<br />

alle querele e nel promuovere o<strong>per</strong>e ispirate e suggerite da pubblico bene,<br />

fin da principio si mise su questa linea di condotta che, costantemente<br />

<strong>per</strong>seguita dai suoi uomini di stato, diede quali ottimi risultati l'amore,<br />

il rispetto e <strong>la</strong> fedeltà delle popo<strong>la</strong>zioni soggette (Z9). E quando Venezia,<br />

<strong>per</strong> necessità di esistenza, dovette entrare in guerra, nell'ora dell'estremo<br />

<strong>per</strong>icolo, non fu abbandonata dai sudditi, come avvenne a quei principi<br />

che nel tempo di pace avevano abusato del<strong>la</strong> loro autorità, ma tutta <strong>la</strong><br />

popo<strong>la</strong>zione con un solo cuore e con un'anima so<strong>la</strong> insorse contro i suoi<br />

nemici, nei giorni tristi condivise il suo dolore, trepidò <strong>per</strong> <strong>la</strong> sua esistenza,<br />

rifiutò con nobile disprezzo <strong>la</strong> soggezione del fedifrago Trissino<br />

richiesta a nome dell'im<strong>per</strong>atore, soffri saccheggi e devastazioni, ma<br />

non piegò <strong>la</strong> fronte davanti al nemico <strong>per</strong> quanto potente o spavaldo,<br />

finché, nel di del trionfo, esultò con Venezia. Sono tutti marceschi questi<br />

camposampierini; diceva rabbiosamente il Trissino, a cui i nostri concittadini<br />

fieramente rispondevano: Megio marceschi che traditori del<strong>la</strong><br />

patria!<br />

Ho detto che il <strong>per</strong>iodo del<strong>la</strong> dominazione veneta fu epoca di restauro<br />

e di risorgimento e vengo alle prove.<br />

La prima o<strong>per</strong>a quivi compiuta, dopo il restauro del castello, fu <strong>la</strong><br />

ricostruzione del<strong>la</strong> vecchia chiesa di S. Giovanni, del vicino convento e<br />

dell'oratorio del noce e tali <strong>la</strong>vori, dovuti ad iniziativa geniale e munifica<br />

di Gregorio di Camposampiero, furono cominciati nel 1425, e condotti a<br />

compimento nel 14 31; di essi parlerò piti diffusamente trattando <strong>la</strong> <strong>storia</strong><br />

ecclesiastica del<strong>la</strong> pieve.<br />

Fra il 1410 ed i11450 furono ricostruite, con maggiori proporzioni, le<br />

(29) « La terraferma non senza ragione ha serbato affetto a questo governo che era<br />

succeduto a reggimenti arbitrari e disordinati di Signorie senza freno e che non aveva<br />

157


chiese panoccbiali di S. Pietro e di S. Marco, cui provvide pili che altro<br />

<strong>la</strong> Comunità di Camposampiero, concedendo <strong>per</strong> diversi anni i profitti di<br />

alcuni terreni di proprietà comunale che i massari pili tardi, con esempio<br />

di vergognosa ingratitudine, volevano convertire in proprietà <strong>per</strong>sonale,<br />

e vi fu bisogno dell'o<strong>per</strong>a del Pontefice Innocenzo VIII <strong>per</strong> rimettere<br />

<strong>la</strong> Comunità nei diritti conculcati.<br />

Per <strong>la</strong> costruzione del<strong>la</strong> chiesa e convento di S. Giovanni e delle due<br />

chiese panocchiali, l'edilizia cittadina segnò due tappe miliari nel<strong>la</strong> via<br />

del progresso ed ancor pili vantaggio risenti quando le caserme ed i magazzini<br />

militari ingombranti l'area del castello, furono trasformati in abitazioni<br />

civili e nel mezzo di esse fu a<strong>per</strong>ta una grandiosa piazza con antenna<br />

e vessillo di S. Marco al posto d'onore; mentre fuori di porta Padova,<br />

di qua e di là del<strong>la</strong> strada, furono costruite le case del Borgo Nuovo,<br />

il nome fa capolino <strong>per</strong> <strong>la</strong> prima volta in un testamento del 1470.<br />

Cittadina collocata in una zona eminentemente agrico<strong>la</strong> e, a quel tempo,<br />

ricca di viti, di frumento e di bestiame, Camposampiero, fin da epoca<br />

memorabile, vantava un mercato floridissimo in tutti i mercoledi e, dal<br />

secolo XV in poi, anche due fiere annue nei giorni di S. Caterina e di<br />

S. Francesco eD). Ora tale felice coincidenza di fatti rec<strong>la</strong>mava di <strong>per</strong><br />

se stessa concessioni e privilegi diretti a richiamare nel<strong>la</strong> nostra piazza<br />

l'affluenza dei forestieri ed a facilitare lo scambio delle merci, inceppato<br />

allora da una infestazione di dazi che colpivano ogni cosa commerciabile,<br />

<strong>per</strong>fino <strong>la</strong> cenere del bucato, le stuoie e gli erbaggi e 1 ) e che <strong>per</strong> giunta<br />

si pagavano due volte, all'entrata cioè ed all'uscita dal mercato.<br />

Ed i privilegi non tardarono a fioccare quasi sempre diretti a premiare<br />

l'entusiasmo col quale i nostri cittadini accettarono <strong>la</strong> nuova dominazione<br />

e <strong>la</strong> fedeltà da essi dimostrata nelle dure prove cui andò soggetta <strong>la</strong><br />

Serenissima.<br />

Nel<strong>la</strong> biblioteca del<strong>la</strong> Corte d'Appello di Venezia al n. 74 esiste un<br />

manoscritto intito<strong>la</strong>to « Privileggio di Camposampiero e registro d'altre<br />

carte ducali et decreti ut intus ». Non è il testo originale, ma una copia<br />

autentica derivata dall'originale che doveva esistere nel<strong>la</strong> nostra cancelleria,<br />

molto probabilmente distrutto all'arrivo dei Giacobini francesi (Maggio<br />

1797) o nel vandalico incendio del 12 luglio 1809. Il manoscritto<br />

<strong>per</strong>duto mai del<strong>la</strong> sua mitezza nel lungo <strong>per</strong>iodo di più che tre secoli di esistenza » ..<br />

MORPURGO, Saggi storici ed economici sul Veneto, Padova 1868, pago 92.<br />

(30) La fiera di S. Francesco è ricordata dal CITTADELLA nel<strong>la</strong> sua Descrittione di Padoa<br />

(1605) né si sa quando disparve.<br />

(31) Re<strong>la</strong>zione del podestà di Padova Agostino da Mu<strong>la</strong> 15,33.<br />

tratta, con qualche disordine cronologico, l'origine, l'estensione, le contestazioni<br />

e le conferme cui andarono soggetti i privilegi concessi dal<strong>la</strong><br />

Repubblica al<strong>la</strong> nostra cittadina e contiene anche notizie di altra natura,<br />

sempre preziose <strong>per</strong> <strong>la</strong> loro antichità e <strong>per</strong>ché sono tutte le prove del<strong>la</strong><br />

benevolenza che doge e Senato sempre dimostrarono verso Camposampiero.<br />

Quando Venezia aggiunse Camposampiero ai suoi domini di Tenaferma<br />

(1405) il nostro popolo, come altrove ho detto, era finanziariamente<br />

esausto dalle contribuzioni cui dovette soggiacere <strong>per</strong> o<strong>per</strong>a dei<br />

Canaresi che, impigliati in continue e disastrose guene, avevano bisogno<br />

di denaro ed il denaro lo toglievano ai sudditi con rapacità ingorda di<br />

cui <strong>la</strong> <strong>storia</strong> non conosce l'uguale e 2 ).<br />

Ben pili saggio il governo di Venezia, appena instauratosi in Tenaferma,<br />

rivolse le prime cure ad abolire od a mitigare le imposte esistenti,<br />

ed a <strong>la</strong>rgheggiare grazie e favori <strong>per</strong> cattivarsi l'affetto e coll'affetto <strong>la</strong><br />

obbedienza e <strong>la</strong> fedeltà dei sudditi.<br />

Sotto <strong>la</strong> repubblica restarono in vigore soltanto questi tributi diretti:<br />

le gravezze ordinarie o tasse, fra le quali il compatico, imposto sui campi<br />

in ragione del<strong>la</strong> loro qualità, <strong>la</strong> dadia o col<strong>la</strong>, imposta sugli annui raccolti,<br />

il sussidio ordinario, destinato a mantenere i soldati ed a procurare<br />

gli alloggi <strong>per</strong> <strong>la</strong> cavalleria; alle gravezze ordinarie conviene aggiungere<br />

le prestazioni o servitu <strong>per</strong>sonali, dette angherie, che consistevano nel fornir<br />

braccia nelle <strong>per</strong>iodiche escavazioni del Brenta, <strong>per</strong> l'espurgo delle<br />

fosse di circonval<strong>la</strong>zione di Padova e <strong>per</strong> acconciare le vie, gli edifici pubblici,<br />

i ponti ed argini del<strong>la</strong> podestaria e 3 ).<br />

Un altro peso <strong>per</strong> i sudditi ed un'altra fonte di denari <strong>per</strong> lo stato<br />

era il gettito dei dazi del<strong>la</strong> macina, del sale, delle beccherie, delle mercanzie,<br />

dei carri, del boccatico, del vino, del pestrino, delle misure, delle carte<br />

da giuoco e le bollette dei panni e 4 ).<br />

Premesse queste delucidazioni passo al<strong>la</strong> esposizione del Privilegi,o di<br />

(32) Sotto il dominio carrarese molti proprietari vendettero le loro tenute <strong>per</strong> gli aggravi<br />

a cui andavano soggette, spesso maggiori degli utili ritratti.<br />

(33) Le gravezze che si pagavano in contanti erano dette reali, le prestazioni di mano<br />

d'o<strong>per</strong>a erano chiamate gravezze <strong>per</strong>sonali o angherie.<br />

(34) Mitissime erano le imposte e miti i dazi, benché colpissero ogni cosa commerciabile,<br />

conviene <strong>per</strong>ò dire che i sistemi adottati nel<strong>la</strong> riscossione delle une e delle<br />

altre fossero viziati, <strong>per</strong>ché le re<strong>la</strong>zioni, ri<strong>la</strong>sciate al doge dai podestà di Padova a reggimento<br />

compiuto, quasi sempre detestano e condannano le esosità ingorde e rapaci del<strong>la</strong><br />

Camera Fiscale e dci suoi rappresentanti, i daciari.<br />

159


Camposampiero osservando quell'ordine cronologico che il manoscritto<br />

mostra di non curare.<br />

25 Luglio 1418. Il nostro podestà Gasparo Renier partecipa a Venezia<br />

il litigio insorto fra gli abitanti del castello e quelli del<strong>la</strong> vil<strong>la</strong> di<br />

Camposampiero, pretendendo questi che i castel<strong>la</strong>ni soggiacessero alle gravezze<br />

comuni ed alle prestazioni; a tale intimazione i castel<strong>la</strong>ni si erano<br />

ribel<strong>la</strong>ti invocando il loro buon diritto al<strong>la</strong> esenzione in virtli d'antichi<br />

privilegi accordati dal<strong>la</strong> su<strong>per</strong>iore autorità.<br />

12 Agosto 1418. Il doge Tomaso Mocenigo, rispondendo al nostro podestà,<br />

lo assicura di aver affidato al rettore di Padova l'incarico di ricercare<br />

se i castel<strong>la</strong>ni di Camposampiero realmente godano il privilegio<br />

del<strong>la</strong> esenzione dalle gravezze e dalle servitli.<br />

27 Agosto 1418. I rettori di Padova, cioè il podestà Andrea Zane ed<br />

il capitano Bartolomeo Stor<strong>la</strong>to, es<strong>per</strong>iscono le indagini volute dal doge<br />

e chiamano a deposizione, sotto giuramento, i cittadini di Camposampiero<br />

Giovanni Tergolina, Zanulio Bartolomei, Marsiglio Sacco, Francesco<br />

Lanza, Vincenzo Zago i quali con voce concorde, affermano che da<br />

lontana epoca gli abitanti del refosso eS) del castello di Camposampiero<br />

godettero <strong>la</strong> esenzione dalle pubbliche gravezze reali e <strong>per</strong>sonali, eccettuate<br />

quelle del<strong>la</strong> macina e del sale.<br />

Assieme ai cittadini compariscono davanti ai rettori di Padova alcuni<br />

abitanti del<strong>la</strong> vil<strong>la</strong> di Camposampiero e di altre ville del<strong>la</strong> podestaria <strong>per</strong><br />

impugnare i privilegi degli abitanti del refosso.<br />

Pure essi sono ascoltati, non <strong>per</strong>ò esauditi, <strong>per</strong>ché i rettori udite le<br />

parti contendenti, a nome del doge, da cui avevano mandato ed autorità,<br />

decretarono che i cittadini di Camposampiero devono essere liberi da<br />

qualsiasi gravezza reale e <strong>per</strong>sonale fino a quel tempo imposta et de coetero<br />

imponenda e <strong>per</strong> di pili obbligarono <strong>la</strong> Camera Fiscale di Padova a<br />

restituire quanto da essi aveva illegittimamente preteso.<br />

A compimento del<strong>la</strong> gioia dei nostri concittadini lo stesso giorno, 27<br />

Agosto 1418, arrivò un decreto del Senato Veneto che esentava i cittadini<br />

del refosso dai dazi dell'olio di lino e delle carni e 6 ).<br />

Ed ora non posso fare a meno di deplorare come questi ed altri simili<br />

documenti, mentre in altre città sono gelosamente custoditi negli archivi,<br />

oppure si leggono a caratteri dipinti o incisi nei pubblici edifici, a Cam-<br />

(35) Il relosso propriamente detto era costituito dalle abitazioni situate entro <strong>la</strong> cinta<br />

murata del castello e tale nome è derivato dal fossato che circonval<strong>la</strong>va <strong>la</strong> cinta murata.<br />

(36) Raccolta di privilegi e terminazioni ecc., Pago 37.<br />

r60<br />

posampiero invece mancano del tutto o sono completamente ignorati anche<br />

dalle <strong>per</strong>sone colte.<br />

E quanto non erano fieri i nostri vecchi nel sostenere i loro diritti! Bastava<br />

che se ne mostrasse l'occasione <strong>per</strong> vederli insorgere compatti,<br />

fieri ed intolleranti di qualsiasi sopruso. E le occasioni propizie non mancarono.<br />

Nel<strong>la</strong> primavera del 1458 Benedetto Vitturi, podestà di Padova,<br />

volle obbligare i cittadini di Camposampiero a concorrere con braccia o<br />

con denaro nel<strong>la</strong> escavazione del letto del Brenta. Non l'avesse fatto!<br />

I nostri cittadini si appel<strong>la</strong>rono a Pasquale Malipiero, doge di Venezia,<br />

e questi li dichiarò prosciolti da ogni dovere, in virtli del loro privilegio.<br />

Chiamati qualche anno dopo ad espurgare il fosso di circonval<strong>la</strong>zione<br />

delle mura di Padova, obbligati nel 1478 ad una straordinaria colletta,<br />

nell'una e nell'altra occasione si appel<strong>la</strong>rono al doge ed, in virtli del<br />

loro privilegio, furono esonerati da ogni concorso.<br />

Di pili ancora; quando verso <strong>la</strong> fine del XV secolo Venezia ordinò <strong>la</strong><br />

descrizione di tutti gli uomini atti alle armi ed il censimento dei cavalli<br />

a fine di conoscere le forze militari di cui poteva disporre, in virtli del<br />

loro privilegio, i nostri concittadini furono esclusi da tali o<strong>per</strong>azioni statistiche.<br />

La cinta degli esenti da principio ristretta al solo refosso, in seguito<br />

fu ampliata ed allora altri Camposampierini, che abitavano fuori del castello<br />

propriamente detto, furono chiamati a parte del privilegio.<br />

La zona privilegiata di Camposampiero viene cOSI delineata da un decreto<br />

di Leonardo Contarini (11 Giugno 1463): «Nos Leonardus Contarenus<br />

dividimus et dec<strong>la</strong>ramus confinia castri praedicti talia fore. A flumine<br />

Musonis versus bastionem Aureliae et veniendo <strong>per</strong> viculum dicti<br />

Musonis discurrendo bastita versus domum Bertoni et discurrendo hospitale<br />

usque ad fluvium Musonis di<strong>la</strong>bentis <strong>per</strong> alveum versus viam qua<br />

itur Venetias) usque ad prata dieta le glusie (Guizze) e 7 ), et sussequenter<br />

comprehendendo terram dictam Ioannis Quirini usque ad Luxorem fluvium<br />

(Lusore) et postea recurrendo usque Ecclesias S. Petri et S. Marci ad<br />

quandam viam consortivam veniendo <strong>per</strong> viam domini Francisci de Panico<br />

et eundo <strong>per</strong> dictam viam versus Fratta et possessionem usque ad fovea<br />

comune bastitae et eundo versus septentrionem usque fluvium Lavandu<strong>la</strong>e<br />

accipiendo intus loca S. Ioannis Evangelistae usque ad dictum flumen<br />

Musonis et ibi finiendo dieta confinia ».<br />

(37) Il nome glusia (guizze) accenna a prati comunali, in origine boschi, guizzati,<br />

cioè sorvegliati dai saltari (guardie campestri).<br />

11<br />

r6r


Il documento riesce storicamente interessante, <strong>per</strong>ché accennando a<br />

hastite ed a fosse, dimostra come il castello avesse delle propaggini anche<br />

oltre <strong>la</strong> cinta murata; l'ospitale poi, a cui allude il decreto, era uno di<br />

quegli alberghi gratuiti <strong>per</strong> i pellegrini, che cosi frequentemente ricorrono<br />

nei documenti medievali CS).<br />

Fino a questo tempo i privilegi concessi dal<strong>la</strong> Serenissima riguardavano<br />

le gravezze e le servitti <strong>per</strong>sonali e, fra i dazi, soltanto quelli dell'olio<br />

di lino e delle carni, quando a rendere piti <strong>per</strong>fetti i voti dei Camposampierini,<br />

il 19 Novembre 1509, arrivò <strong>la</strong> ducale di Leonardo Loredan doge<br />

di Venezia, <strong>per</strong> <strong>la</strong> quale abitanti e possessori di beni e botteghe entro il<br />

refosso del castello furono esentati <strong>per</strong> le loro <strong>per</strong>sone e i beni dalli daci<br />

del<strong>la</strong> mercanzia <strong>per</strong> tutte le robbe che com<strong>per</strong>ano in ogni loco etiam nel<br />

territorio di Camposampiero) quanto <strong>per</strong> introdur nel castelo quanto <strong>per</strong><br />

vender fuori del territorio e tenuti a pagar il dovuto dazio del<strong>la</strong> mercanzia<br />

ove <strong>la</strong> com<strong>per</strong>ano e dopo introdotta in castello non abbiano da pagar alcuna<br />

cosa cosichè devano pagar un solo dazio» C 9 ).<br />

La data del<strong>la</strong> ducale coincide col<strong>la</strong> valorosa resistenza opposta dai nostri<br />

castel<strong>la</strong>ni alle lusinghe di Leonardo Trissino ed alle minaccie dell'im<strong>per</strong>atore<br />

Massimiliano (Agosto 1509), onde è facile intravvedere nel gergo<br />

benigno del doge un premio <strong>la</strong>rgheggiato al<strong>la</strong> fedeltà dei Camposampierini.<br />

Tanta generosità del Senato e del doge non valse <strong>per</strong>ò a frenare l'ingordigia<br />

rapace dei rappresentanti del<strong>la</strong> Camera Fiscale di Padova ed il<br />

12 Maggio 1520, nel pa<strong>la</strong>zzo dei Provveditori dell'Estimo di Padova,<br />

noi troviamo i concittadini Francesco Chello, Giovanni Battista Gaiardia<br />

i quali, assistiti dal legale Francesco Comenduno, sostengono accanita lotta<br />

contro il causidico fiscale Angelo Turricena che vuole proscritti come<br />

abusi intollerabili i vecchi e gloriosi privilegi onde Venezia aveva favorito<br />

<strong>la</strong> nostra cittadina.<br />

A dibattito finito i Provveditori sopra l'estimo Giacomo Carraro, Pietro<br />

Diedo, Matteo Malipiero sentenziarono: «qu,od omnes habitantes<br />

Campisanctipetri sint et debeant esse immune.> a quibusdam angariis el<br />

factionibus et in eadem exentione et immunitate conserval1di et manutenendi<br />

in quibus hactenus fuerunt et steterunt ».<br />

(3S) Gli ospitali del Medio Evo furono spesso istituiti dal<strong>la</strong> Compagnia dci Battuti che,<br />

apparsa nel<strong>la</strong> Marca Trevigiana verso il 1260, alle o<strong>per</strong>e di pietà aggiunse quelle di carità,<br />

come l'assistenza degli infermi ed il ricovero dei pellegrini.<br />

(39) Raccolta di privilegi e terminazioni ecc., pago 37. - Ho detto più addietro che<br />

doppio era il dazio del<strong>la</strong> merce, all'entrata cioè ed all'uscita dal mercato.<br />

La sconfitta del<strong>la</strong> Camera Fiscale, dei daziari e del loro patrocinatore<br />

non poteva esser piti c<strong>la</strong>morosa, né piti solenne <strong>la</strong> vittoria dei Camposamplenm<br />

. . . (40) .<br />

Dopo il 1520 i privilegi, tenuti in tanto conto e con tanto ardore difesi,<br />

<strong>per</strong> vergognosa trascuratezza di chi aveva tutto l'interesse di conservarli,<br />

andarono in dissuetudine e, <strong>per</strong> lungo tratto di tempo, furono prescritti.<br />

Nel 1673 il nostro podestà Cesare Balbi, con supplica diretta al Serenissimo<br />

Principe, volle riattivarli ed anche ampliarli, chiedendo specificatamente<br />

l'esenzione dei dazi delle mercanzie, delle misure, dell' olio, delle<br />

carte da giuoco, dei carri, delle carni, dei panni e pili che tutto del<br />

pestrin (41).<br />

Invece del doge rispose <strong>la</strong> Camera Fiscale di Padova, cioè quell'istituzione<br />

che aveva tutto l'interesse di mantenere i dazi, concedendo le sole<br />

esenzioni dal dazio <strong>per</strong> le mercanzie, l'olio di lino e carri (1 Dicembre<br />

1673). Nuovi ricorsi al doge <strong>per</strong> ottenere <strong>la</strong> esenzione dal dazio del pestrin<br />

a nul<strong>la</strong> approdarono.<br />

L'8 Settembre 1701 gli abitanti di Comun Canton, Vil<strong>la</strong> Vettura, Corso,<br />

Canove e delle altre località campestri del nostro paese, domandarono<br />

l'estensione dei privilegi in loro favore e Venezia, due anni dopo, estese<br />

le sopra ricordate esenzioni a tutta <strong>la</strong> vil<strong>la</strong> di Camposampiero.<br />

Tutti questi privilegi furono definitivamente cassati dai rivoluzionari<br />

francesi (1797).<br />

Tale, in rapidi cenni sommari, è <strong>la</strong> <strong>storia</strong> dei privilegi camposampierini;<br />

dal<strong>la</strong> esposizione di questi dati, desunti dal sopra accennato manoscritto,<br />

emergono l'affetto di Venezia verso il nostro castello, <strong>la</strong> triste invidia<br />

(40) A proposito del<strong>la</strong> Camera Fiscale di Padova dirò che essa fu inesorabile nell'esercizio<br />

delle sue odiose attribuzioni e nel 1676, <strong>per</strong>ché alcune famiglie non poterono soddisfare<br />

alle gravezze imposte, mandò a Camposampiero i suoi offidali a riscuotere, a <strong>per</strong>seguire<br />

ed a requisire, e quelli ritornarono a Padova con due carretti carichi di pignate,<br />

camise, linzoli, gabani, coverte sequestrate ai debitori.<br />

I daciari, <strong>per</strong> conto loro, sequestravano entro e fuoti del mercato, frumento, sacchi<br />

di farina, botti di olio, frutta ed altre mercanzie di contrabbando.<br />

Il 5 Luglio 1677 a Giovanni Battista Astori, che voleva reagire contro le pretese dei<br />

daciari, fu sequestrato anche il cavallo. - Archivio di Stato, Capi Consiglio dei X. - Lettere<br />

dei Rettori di Camposampiero, Busta 112.<br />

Del resto che i nostri vecchi non sempre fossero puntuali nel date a Cesare dò che<br />

era di Cesare, lo prova una re<strong>la</strong>zione di Angelo Squerise, cancelliere di questa podestaria,<br />

dal<strong>la</strong> quale risulta che nel 1775 ben 10.456.55 lire vene te dovevano i Camposampierini<br />

al Fisco <strong>per</strong> gravezze reali e <strong>per</strong>sonali non pagate negli antecedenti anni. Archivio Civ. G.<br />

Padova - Busta 2557.<br />

L'ingol'digia poi degli esattori e dei daziari viene spiegata dal fatto che, anche sotto<br />

<strong>la</strong> dominazione veneta, tasse e dazi erano appaltati al miglior offerente, il quale aveva tutto<br />

l'interesse di espi<strong>la</strong>re dai contribuenti pili denaro che poteva.<br />

(41) Dazio sul<strong>la</strong> confezione e vendita del pane.


dei vicini paesi, <strong>la</strong> rapacità dei daziari del<strong>la</strong> Camera Fiscale, e soprattutto<br />

<strong>la</strong> fierezza dei nostri antenati nel rivendicare i loro diritti contro qualunque<br />

pretendeva conculcarli.<br />

Molto ragguardevoli dovettero essere anche le esenzioni concedute dal<br />

Senato al<strong>la</strong> fiera di S. Caterina; disgraziatamente non sono riuscito finora<br />

a rintracciare <strong>la</strong> ducale che tali esenzioni partecipava ai nostri concittadini,<br />

ho ritrovato quel<strong>la</strong> diretta al<strong>la</strong> Comunità di Mirano <strong>per</strong> <strong>la</strong> fiera<br />

di S. Matteo e, nel testo originale, ho notato queste parole: <strong>la</strong> fiera sarà<br />

tenuta « cum omnibus modis et condicionibus concessis fidelibus nostris<br />

de Camposanctipetri » (42).<br />

Ad ogni modo tali franchigie, <strong>per</strong> quanto <strong>la</strong>rghe e numerose, ebbero<br />

corta vita, poiché il doge Agostino Barbarigo, con ducale 21 aprile 1491,<br />

revocò le concessioni fatte alle fiere di Camposampiero e di Mirano, <strong>per</strong>ché<br />

pregiudizievoli al<strong>la</strong> Camera Fiscale e dannose, in modo speciale, all'arte<br />

del<strong>la</strong> <strong>la</strong>na (43).<br />

Il mercato settimanale, durante <strong>la</strong> dominazione veneta, si teneva sotto<br />

il controllo dei cavalieri pretori ani e del podestà e spesso era visitato<br />

dalle rappresentanze delle singole arti che godevano il monopolio di<br />

fabbricazione e di vendita. Frequenti erano i sequestri, massimamente di<br />

panni non bol<strong>la</strong>ti, e d'ordinario <strong>la</strong> merce sequestrata se commestibile era<br />

divisa fra i poveri del paese, se d'altra natura era spedita a Venezia.<br />

I diversi libri di Terminazioni accennano a molte esenzioni concesse<br />

dal Senato alle proprietà dei signori veneziani villeggianti a Camposampiero<br />

(44).<br />

La re<strong>la</strong>zione ri<strong>la</strong>sciata dal capitano Leonardo Loredan, nell'abbandonare<br />

<strong>la</strong> podestaria di Padova (Marzo 1746), ci fornisce queste notizie<br />

sull'introito dei dazi di Camposampiero: «Dacia Mercanzia Campo S.<br />

Piero deliberato ad Antonio Sciesa <strong>per</strong> una condotta d'anni cinque principiati<br />

a primo Zenaro 1746 <strong>per</strong> annue lire millenovecento.<br />

Dacia Ducato <strong>per</strong> Botti di detta terra deliberato al suddetto unito al<strong>la</strong><br />

(42) Archivio di Stato, Registro: Senato-Terra sotto il 6 Settembre 1477.<br />

(43) Archivio Civico. Padova, Registro Ducali voI. II, pago 80.<br />

n VANZI, nel Protogiornale 1776, voI. III pago 176, così par<strong>la</strong> del<strong>la</strong> fiera di S. Caterina:<br />

«il giorno di S. Catterina vi è una fiera di antica istituzione, franca <strong>per</strong> li terrieri con<br />

dacia <strong>per</strong> li forestieri»; dal quale accenno si rileva che, dopo il decreto del doge Barbarigo,<br />

erano rimaste in vigore le sole franchigie <strong>per</strong> i negozianti cittadini. Il Cavalli<br />

nei suoi Studi Economici (1851) mette <strong>la</strong> fiera di S. Caterina tra quelle allora esistenti;<br />

scomparve qualche anno dopo.<br />

(44) Raccolta di Privilegi e Terminazioni ecc.<br />

I Civran godettero fino al<strong>la</strong> caduta del<strong>la</strong> repubblica il privilegio del vino e del<strong>la</strong> carne<br />

nel<strong>la</strong> loro bottega che dovrebbe essere attuale l'Albergo del<strong>la</strong> Torre.<br />

suddetta Mercanzia <strong>per</strong> anni cinque che principieranno al primo Settembre<br />

1746 <strong>per</strong> annue lire trecento e settanta» (45).<br />

Camposampiero non era soltanto paese di mercati, di fiere, di piccoli<br />

e grandi commercianti, di acquisti, vendite e scambi, ma era anche paese<br />

di produttori e molti dei suoi abitanti, da tempo lontano esercitavano<br />

un'arte assai apprezzata nel medio evo e conosciuta col nome di Università<br />

del<strong>la</strong> Lana. Il <strong>la</strong>nificio era quivi fiorente nel 1400 ed i nostri <strong>la</strong>nieri<br />

attendevano con impegno a tale professione. Anzi <strong>la</strong>voravano troppo bene<br />

e <strong>la</strong> loro abilità provocò <strong>la</strong> gelosia dei <strong>la</strong>nieri e degli scavezzadori (piccoli<br />

venditori) di Padova i quali, vedendo seriamente compromessi i loro<br />

interessi dal<strong>la</strong> concorrenza dei <strong>la</strong>nieri di Camposampiero, Piove di Sacco<br />

e Conselve che <strong>la</strong>nciavano nel mercato panni di qualità migliore ed a<br />

prezzo piti mite, ricorsero a Bernardo Venier, loro podestà e questi al<br />

doge di Venezia <strong>per</strong> ottenere <strong>la</strong> ducale che segnò <strong>la</strong> morte del nostro<br />

<strong>la</strong>nificio. Per essa il doge Andrea Vendramin, porgendo facile orecchio<br />

alle interessate rimostranze dei <strong>la</strong>nari padovani e del loro patrocinatore,<br />

con atto di somma debolezza « rivocò le gratie concesse ai <strong>la</strong>nari del<strong>la</strong><br />

podestaria di Campo S. Piero ... <strong>per</strong>ché revocando tali gratie se farà maggior<br />

quantità de panno a Padova» (1477) (46).<br />

I Camposampierini dovettero adattarsi a tale sopraffazione ed abbandonarono<br />

<strong>per</strong> sempre l'arte del<strong>la</strong> <strong>la</strong>na.<br />

La ducale del Vendramin, benché apparentemente di carattere industriale,<br />

come tutti gli atti di governo del<strong>la</strong> Serenissima, è soprattutto di<br />

carattere politico ed opportunista, tendente cioè a dar ragione al forte<br />

che, non accontentato, può procurare noie, piuttosto che al debole il quale,<br />

dopo <strong>la</strong> formalità di una protesta condannata a finire nel cestino, si<br />

adagia necessariamente al fatto compiuto.<br />

Oltre ai mercanti piccoli e grandi, che Venezia aveva accontentato con<br />

privilegi ed esenzioni, nel nostro castello vi era una c<strong>la</strong>sse colta composta<br />

di notai, di avvocati, di estimadori, di ricchi proprietari, di medici, i quali<br />

aspettavano dal principe favori ed onori come gli Ebrei <strong>la</strong> manna dal<br />

cielo ed anche <strong>per</strong> essi gli onori non tardavano a fioccare, seguendo <strong>la</strong> via<br />

gerarchica che conduce a Venezia da Camposampiero, attraverso Padova.<br />

(45) Archivio di Stato, Senato-Terra, filza 2093.<br />

Nel 1602 il dazio di tutto il territorio del<strong>la</strong> podestaria di Camposampiero rendeva<br />

L. 5250 e L. 5500 nel 1603. Archivio di Stato: Dispacci dei Rettori di Padova, Busta I.<br />

(46) La ducale di A. Vendramin è riportata dal GLORIA: L'Agricoltura nel padovano,<br />

voI. II pago 285. L'arte del<strong>la</strong> <strong>la</strong>na continuò a pros<strong>per</strong>are in Padova fino al<strong>la</strong> caduta del<strong>la</strong><br />

Repubblica e, nell'epoca del massimo splendore, contò 40.000 o<strong>per</strong>ai!


Accennando agli onori concessi ai Camposampierini Sertorio Orsato (47)<br />

cosi enfaticamente scrive: «Essi (i nostri castel<strong>la</strong>ni) <strong>la</strong>rge loquendo sunt<br />

Paduani) et in virtu di tale onore i cittadini di Camposampiero come quelli<br />

delli altri castelli di Piove di Sacco) Cittadel<strong>la</strong>) Monselice) Montagnana<br />

ed Este sono ricevuti nelli collegi delli Signori giureconsulti e filosofi et<br />

medici con <strong>la</strong> partecipazione di tutti gli honori et utili tanto quanto fanno<br />

li nobili Padovani) argomento questo bastevole che le loro patrie sono municipi<br />

di Padova ». Tali honori et utili, a quanto credo, consistevano nei<br />

titoli di Illustrissimo e di Eccellentissimo con i quali i nostri ottimati fregiavano<br />

il loro nome, ed in certe vesti ufficiali colle quali fregiavano <strong>la</strong><br />

loro <strong>per</strong>sona in determinate solennità; in conclusione molto fumo e poco<br />

arrosto; durarono tali distinzioni fino a che <strong>la</strong> rivoluzione francese, nel<br />

suo passaggio inesorabile come quello del<strong>la</strong> morte che tutto abbatte e tutto<br />

eguaglia, fece un'ecatombe di titoli accademici, di privilegiate distinzioni,<br />

di abbigliamenti di ga<strong>la</strong>, e nobili e popo<strong>la</strong>ni livellò collo stesso<br />

titolo democratico di « cittadini» nonché collo stesso vestito, compresi i<br />

prosaici pantaloni, misero avanzo di tanta opulenza. -<br />

Qualche mio concittadino, cui arde in petto il sacro amore del natio<br />

loco, vorrebbe ottenere a Camposampiero il nome di città; non so quali<br />

siano le pratiche indicate <strong>per</strong> condurre in porto tale progetto; a me sembra<br />

che, <strong>per</strong> arrivare a questo, basterebbe rivendicare a Camposampiero<br />

un titolo storico acquisito da parecchi secoli e fondato sul<strong>la</strong>rge loquendo<br />

sunt Paduani dell'Orsato.<br />

Venezia si acquistò un titolo di benemerenza verso Camposampiero e<br />

territorio soggetto, <strong>per</strong> l'esecuzione di molti <strong>la</strong>vori nei corsi d'acqua che<br />

avvantaggiarono <strong>la</strong> sicurezza privata e pubblica, l'igiene, l'agricoltura e <strong>la</strong><br />

industria del<strong>la</strong> macina; non fu mai possibile l'attuazione di <strong>la</strong>vori di carattere<br />

irrigatorio <strong>per</strong> il troppo alto letto dei fiumi e <strong>per</strong> il soverchio declivio<br />

del terreno (48).<br />

Ancora nel secolo XII i conti di Camposampiero, come più tardi i<br />

Carraresi, avevano introdotto importanti modifìcazioni nei corsi di acqua,<br />

ma tali o<strong>per</strong>azioni, subordinate al piano di difesa militare del castello,<br />

o dirette a deviare le acque nel territorio nemico, non arrecarono gran<br />

vantaggio al<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione. Era riservato al<strong>la</strong> repubblica di Venezia l'onore<br />

di indirizzare tali <strong>la</strong>vori alle alte finalità di pubblico bene, come quelle<br />

di prosciugare i terreni paludosi, di salvare case e campi dalle alluvioni,<br />

di subordinarli allo scopo di rendere navigabile quel tratto di Mu-<br />

(47) Storia di Padova, pago 112.<br />

(48) GLORIA: Territorio padovano ecc., VoI. T, pag. 27.<br />

166<br />

son che andava da Mirano a Fusina ed a quello soprattutto di impedite<br />

l'interramento del<strong>la</strong> <strong>la</strong>guna deviando i fiumi dall'estuario ed, a mezzo di<br />

canali, portandoli a scaricarsi direttamente nel mare.<br />

In ordine di tempo una delle prime o<strong>per</strong>e compiute fu l'escavazione<br />

del Tergolino estratto dal Muson a porta Antonel<strong>la</strong> e condotto attraverso<br />

il caseggiato di Camposampiero, quindi portato ad alimentare i<br />

mo1ini del<strong>la</strong> sega e di Torre dei Burri ed ivi introdotto nel Tergo<strong>la</strong>.<br />

L'a<strong>per</strong>tura di questo canale è anteriore al 1485, <strong>per</strong>ché in quell'anno<br />

il suo nome fa capolino in un documento; <strong>per</strong> antica consuetudine, anche<br />

oggidi in vigore, il Tergolino non corre nei giorni festivi (49).<br />

Lavoro piti grandioso, preceduto da lunghi studi e da diversi progetti,<br />

fu <strong>la</strong> separazione del Muson torrente dal Muson Vecchio, eseguita nel<br />

1612.<br />

Prima di quell'epoca il Muson torrente, originato a Castelcucco, recava<br />

il tributo di sue acque al Muson fiume derivato da sorgenti <strong>per</strong>enni nei<br />

pressi di S. Andrea del Muson, ed il corso di acqua risultante dal<strong>la</strong> fusione<br />

dei due Musoni, assunto il nome di Acqua longa di Camposampiero,<br />

seguiva <strong>la</strong> via Camposampiero-Mirano-Fusina, sfociando in <strong>la</strong>guna.<br />

Ma quando <strong>la</strong> repubblica provvide al<strong>la</strong> sistemazione del tratto navigabile<br />

Mirano-Mira ed a tale scopo apri il Taglio di Mirano che poi al<strong>la</strong><br />

Mira congiunse e collegò col Taglio Novissimo del Brenta, a compimento<br />

di quest'o<strong>per</strong>a provvide a dividere le acque del Muson torrente da quelle<br />

del Muson fiume.<br />

Troppi inconvenienti infatti presentava al<strong>la</strong> navigazione questo fiume<br />

<strong>per</strong> l'eccessiva veemenza delle sue acque che seco traevano grande quantità<br />

di detriti ingombranti il letto, troppo scarso ne era il volume in tempi<br />

di magra e troppo esuberante nelle intumescenze, <strong>per</strong> cui il Magistrato<br />

alle Acque, adottando verso di esso l'estremo provvedimento che di necessità<br />

adotta il padre verso il figlio in docile che finisce di confinare<br />

nel collegio dei corrigendi, nel<strong>la</strong> località detta « Tezze di Corner» strappò<br />

il Muson torrente dal vecchio letto ed attraverso un canale drizzagno<br />

ed arginato lo condusse fino a Vigodarzere ove lo immise nel Brenta.<br />

Il Muson torrente d'allora in poi fu conosciuto col nome Muson dei<br />

sassi eO), il Muson fiume fu denominato Muson Vecchio, <strong>per</strong>ché segue <strong>la</strong><br />

vecchia via, o anche Cime, idiotismo di fiume (1612).<br />

Del<strong>la</strong> sapiente esecuzione di questi <strong>la</strong>vori (fra il 1602 ed il 1653) promossi,<br />

sorvegliati e disciplinati con stabili regole, ne risultò quell'ammirabile<br />

intreccio di canali e di rigagnoli che ora corrono paralleli, ora si<br />

---<br />

(49) Anticamente il Tergolino era detto anche Piovego.<br />

(50) Tale nome è derivato dagli abbondanti detriti che seco trae.


allontanano, a mezzo di botti sotterranee si scavalcano, a mezzo di sostegni<br />

e di chiaviche si riuniscono o si dividono, congegnati sempre in modo<br />

da costituire una curiosità <strong>per</strong> <strong>la</strong> nostra cittadina ed un imbarazzo <strong>per</strong> il<br />

forestiero che viene ad abitare quivi, il quale passerà tempo parecchio prima<br />

di distinguere con certezza un corso di acqua dall'altro e l ).<br />

Due anni dopo l'escavazione del canale del Muson dei sassi, precisamente<br />

nel piovoso inverno 1614-1615, le acque del torrente crebbero a<br />

tal segno ed acquistarono tanta veemenza da aprire una <strong>la</strong>rga breccia negli<br />

argini non ancora bene consolidati e contemporaneamente il Ponte-Canale<br />

delle bocche, sopraffatto dal volume delle acque, si sfondò, ed allora<br />

nuovamente il Muson torrente si congiunse al Muson fiume e tutti due<br />

uniti si riversarono sugli argini sottostanti che rovinarono <strong>per</strong> lungo<br />

tratto, irrompendo e recando seri danni nelle vicine campagne e grave<br />

panico nel<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione. Allora il nostro podestà Vido A vogaro mandò<br />

sul posto Nicolò Contarini, Savio alle acque, con i due esecutori Luigi<br />

Minotto e Luigi Renier i quali, constatata l'a<strong>per</strong>tura di uno squarcio negli<br />

argini del<strong>la</strong> lunghezza di otto <strong>per</strong>tiche ed il crollo del Ponte-Canale, vista<br />

buona parte del paese sommersa dalle acque, e <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione spaventata,<br />

ordinarono le necessarie riparazioni, che furono prontamente eseguite e 2 ).<br />

La canalizzazione del Muson vecchio aveva a<strong>per</strong>ta una via diretta di<br />

comunicazione e di scambio fra Mirano e Venezia, ed assieme aveva a<strong>per</strong>to<br />

un desiderio nel cuore dei nostri concittadini i quali aspiravano a godere<br />

gli stessi vantaggi dei fortunati cittadini di Mirano; di tale desiderio<br />

si rese interprete il notaio ducale Filippo Ghis<strong>la</strong>nzoni con supplica<br />

diretta al Senato Veneto (Gennaio 1669), che in parte riporto: «La comunità<br />

di Camposampiero nel gran incomodo che s<strong>per</strong>imenta dalle strade<br />

(51) Il movente principale dei <strong>la</strong>vori eseguiti nei corsi d'acqua del padovano e del<br />

mestrino fu, come ho detto, <strong>la</strong> conservazione del<strong>la</strong> <strong>la</strong>guna, problema che va congiunto<br />

col<strong>la</strong> vita stessa di Venezia. Verso <strong>la</strong> fine del XVI secolo gli idraulici Cristoforo Sabbadini,<br />

Giovanni Gallesi, Domenico Dall'Abbaro fecero oggetto di loro studi <strong>la</strong> sistemazione dei<br />

nostri fiumi e presentarono ai Savi delle Acque diversi progetti, prevalse <strong>per</strong>ò e fu scelto<br />

quello del Sabbadini; chi volesse conoscere meglio tale materia legga l'o<strong>per</strong>a di B.<br />

ZENDRINI: Memorie storiche del<strong>la</strong> <strong>la</strong>guna, ove sono esposti i progetti e descritte le diverse<br />

o<strong>per</strong>e di livel<strong>la</strong>zione, di costruzioni di sottopassanti e di arginature che si resero necessarie<br />

nell' esecuzione dei <strong>la</strong>vori stessi.<br />

(52) ZENDRINI, Op. cit., voI. II, pago 63. Facendo seguito al<strong>la</strong> antecedente nota dirò<br />

che con molta genialità e competenza ha trattato recentemente l'argomento del<strong>la</strong> sistemazione<br />

e del<strong>la</strong> diversione delle acque <strong>la</strong>gunari il prof. GIUSEPPE PAVANELLO nell'articolo<br />

«Litorale veneto e <strong>la</strong>gune veneziane ». Le Vie d'Italia Rivista del Touring Club Italiano,<br />

Febbraio 1923, pago 133. Si può benissimo dire come i Romani dimostrarono <strong>la</strong> grandezza<br />

del loro genio nel<strong>la</strong> costruzione di quelle strade che mettevano in comunicazione l'eterna<br />

città con tutte le parti del mondo, cosi i Veneziani <strong>la</strong> dimostrarono nei meravigliosi <strong>la</strong>vori<br />

fluviali e <strong>la</strong>gunari, pili ancora che nel<strong>la</strong> costruzione dei su<strong>per</strong>bi pa<strong>la</strong>zzi, dei ponti<br />

e delle chiese.<br />

r68<br />

che si rendono in qualche luogo in transitabili anco nel<strong>la</strong> stagione migliore<br />

e che difficultano molto <strong>la</strong> comunicatione con questa città (Venezia) prende<br />

humile motivo di supplicare <strong>la</strong> S.V. a <strong>per</strong>mettere di eseguire alcune<br />

o<strong>per</strong>ationi <strong>per</strong> rendere navigabile il fiume Muson da Camposampiero a<br />

Mirano ... dover <strong>per</strong>mettersi al<strong>la</strong> stessa comunità di Camp.osampiero di far<br />

nel fiume Muson delle escavazioni necessarie <strong>per</strong> renderlo navigabile come<br />

pure di costruire li quattro carri e 3 ) che occorreranno <strong>per</strong> il traghetto delle<br />

barche al luogo che rimane impedito dal<strong>la</strong> parte dei Molini ... Eseguirà<br />

ciò <strong>la</strong> detta comunità col proprio denaro et il zelo del<strong>la</strong> Magistratura invigilerà<br />

che tale spesa sia effettuata senza aggravio delli paesi» e 4 ).<br />

La pratica ebbe seguito e fu trattata dal Senato come causa interessante<br />

il bene stesso di Venezia, poiché con l'attuazione del progetto le merci,<br />

dal<strong>la</strong> Germania affluenti nel<strong>la</strong> piazza di Bassano, sarebbero state inviate<br />

<strong>per</strong> Castelfranco a Camposampiero, dove, caricate nelle barche, attraverso<br />

il Muson sarebbero state trasportate direttamente a Venezia senza passare<br />

da Bassano a Castelfranco, da Castelfranco a Treviso, da Treviso a<br />

Mestre e da Mestre a Venezia, evitando cosi un viaggio lungo, incomodo,<br />

costoso e spesso impossibile, massimamente nel<strong>la</strong> stagione invernale.<br />

In considerazione di tali vantaggi il doge Domenico Contarini, con ducale<br />

15 Gennaio 1669, concedeva al<strong>la</strong> Comunità di Camposampiero <strong>la</strong> facoltà<br />

di eseguire lungo il corso del Muson le escavazioni necessarie <strong>per</strong><br />

renderlo navigabile, e quel<strong>la</strong> di costruire i quattro carri <strong>per</strong> il traghetto<br />

delle barche nei luoghi impediti dai molini; e lo stesso doge, con ducale<br />

lO Settembre 1670, approvava <strong>la</strong> tariffa fissata dal Magistrato alle Acque<br />

<strong>per</strong> le barche che avrebbero navigato il Muson, allo scopo di compensare<br />

le spese da incontrarsi nel<strong>la</strong> esecuzione del <strong>la</strong>voro e 5 ).<br />

Ma questo progetto, che tanta ricchezza ed importanza avrebbe derivato<br />

al<strong>la</strong> nostra cittadina, non ebbe effetto in causa delle molteplici difficoltà<br />

che si frapposero al<strong>la</strong> esecuzione. Né credo che oggidi sia il caso di<br />

esumarlo; è piuttosto da augurare che tante acque, finora inutilmente scor-<br />

(53) I carri erano congegni meccanici che dovevano innalzare e transitare le barche<br />

al di là dei molini.<br />

L'offido del carro è cosi descritto: «giunte le barche all'intestadura, venivano assestate<br />

sopra una ossatura di legname che le faceva scorrere a modo di slitta, mediante ruote.<br />

Questo congegnamento <strong>per</strong> il quale le barche erano tratte su e ca<strong>la</strong>te giù, chiamasi carro<br />

e dal suo nome fu addimandato Carro il luogo ave si usava ». ROMPIASIO, Compi<strong>la</strong>zione<br />

delle leggi venete sulle acque, pago 312. Venezia 177l.<br />

Ed il Sanuto, con <strong>la</strong> consueta bonarietà, cosi manifesta <strong>la</strong> sua ammirazione <strong>per</strong> tali<br />

congegni: «uno caro va di qua di <strong>la</strong>, mirabelfe ingegno et passano le barche!»<br />

(54) Archivio di Stato Venezia, Compi<strong>la</strong>zione leggi, Busta 106.<br />

(55) ROMPIASIO: Op. cit., pago 390. Una poesia di ANTONIO BARATELLA (Ecatometrologia<br />

folio 7) accenna ad un simile progetto venti<strong>la</strong>to fino dal 1430.


enti entro e fuori del paese, non servano soltanto a mettere in movimento<br />

le ruote dei molini, ma siano usate anche a beneficio dell'industria<br />

e ciò <strong>per</strong> o<strong>per</strong>a di <strong>per</strong>sone intelligenti e facoltose che il denaro sanno<br />

impiegare in una forma piu umanitaria, piu civile ed anche piu remunerativa<br />

che non sia quel<strong>la</strong> del deposito presso gli istituti bancari o del<br />

prestito ad interesse. Quando ciò avverrà, il disoccupato, che oggidl grava<br />

sul bi<strong>la</strong>ncio economico dello stato e su quello morale del vizio, troverà<br />

<strong>la</strong>voro, il povero un onesto mezzo di guadagnare il pane, e <strong>la</strong> nostra<br />

cittadina, alle glorie di un passato storico illustre, potrà aggiungere quelle,<br />

non meno vere e maggiori, del <strong>la</strong>voro, del<strong>la</strong> tranquillità e del benessere.<br />

Bernardino Scardeone,<strong>per</strong> circa 40 anni parroco del<strong>la</strong> vicina Murelle<br />

e <strong>per</strong> parecchi canonico del duomo di Padova, loda <strong>la</strong> feracità e l'abbondanza<br />

dei prodotti del suolo camposampierino con queste lusinghiere parole:<br />

«Haec autem pars amni frugum genere satis su<strong>per</strong>que abundat» C 6 )<br />

e continuando elogia il vino che si spremeva dalle uve pataresche, con<br />

venustà oraziana detto « lenissimi et jucundissimi saporis » ed il Cittadel<strong>la</strong>,<br />

l'Orsato ed il Portenari rendono in veste italiana, ma con minore<br />

eleganza, il bel <strong>la</strong>tino dello Scardeone, senza nul<strong>la</strong> aggiungervi. Le parole<br />

di questi scrittori vanno prese con certe limitazioni e con quel criterio<br />

che si fonda piu che altro sul<strong>la</strong> realtà delle cose alquanto differente, a<br />

dire il vero, da quello che scrissero quei bravi uomini cosi facili alle<br />

adu<strong>la</strong>zioni e cOSI portati a raccontare cose meravigliose, piuttosto che<br />

veritiere.<br />

Il suolo di Camposampiero e del territorio era fertile, è vero, ma <strong>la</strong><br />

sua feracità non fu mai sfruttata nei secoli passati, di qui <strong>la</strong> scarsità<br />

ordinaria dei raccolti e <strong>la</strong> miseria del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione agrico<strong>la</strong> che, rintanata<br />

in antiigienici ed antiestetici casoni, viveva di cibo scarso e malsano.<br />

Per motivi generali e <strong>per</strong> motivi anche partico<strong>la</strong>ri e 7 ) l'agricoltura nei secoli<br />

andati fu troppo trascurata e soltanto verso <strong>la</strong> fine del secolo XVIII<br />

si trovano nel<strong>la</strong> legis<strong>la</strong>zione salutari provvedimenti diretti ad incrementare<br />

questo ramo cOSI importante dell'attività e dell'economia umana,<br />

che ascese ad alto grado di pros<strong>per</strong>ità quando, abbandonati i vecchi sistemi<br />

empirici, furono adottati in questo secolo e nel<strong>la</strong> seconda metà dello<br />

scorso, i provvidenziali ritrovati del<strong>la</strong> scienza.<br />

(56) De antiquitate Urb. Patavii, Pago 17.<br />

(57) Venezia, città marittima, coltivò il commercio con quei risultati che tutti cono·<br />

scono, invece trascurò l'agricoltura, del<strong>la</strong> cui importanza i suoi uomini di stato non eb·<br />

bero esatta <strong>per</strong>cezione, <strong>per</strong>ché troppo lontani dalle campagne e troppo assorbiti dall'atti·<br />

vità marinaresca. Un vecchio proverbio veneziano diceva che <strong>la</strong> fortuna di Venezia sara dc<br />

coltivar el mar e <strong>la</strong>ssar star <strong>la</strong> terra.<br />

17°<br />

Sotto <strong>la</strong> dominazione di Venezia <strong>la</strong> proprietà terriera padovana, ed ho<br />

buone ragioni di credere anche quel<strong>la</strong> degli altri territori, era divisa fra<br />

signori veneziani e padovani, fra ordini religiosi e patrimoni ecclesiastici,<br />

qualche cosa anche era riservato ad alcuni signori paesani; ma il popolo<br />

minuto, che feconda <strong>la</strong> terra col sudore e <strong>la</strong> consacra con le fatiche, nul<strong>la</strong><br />

allora possedeva ed era ben lontano da quel<strong>la</strong> aspirazione che oggidi lo<br />

ange e lo tormenta sospingendolo al risparmio ed al <strong>la</strong>voro intenso,<br />

quel<strong>la</strong> cioè di acquistare i campi da esso <strong>la</strong>vorati.<br />

I contadini allora vivevano nel<strong>la</strong> condizione di mezzadri e piu spesso<br />

ancora di fittavoli, corrispondendo l'annuo canone di fitto in generi, rare<br />

volte in denaro e 8 ).<br />

Non dispiacerà ai miei lettori prendere notizia di questa curiosa re<strong>la</strong>zione<br />

che Domenico Dall'Abbaco, <strong>per</strong>ito ingegnere del XVI secolo, ci<br />

<strong>la</strong>sciò sulle condizioni del<strong>la</strong> proprietà fondiaria padovana <strong>per</strong> l'anno<br />

1552: «Il territorio paduan ha campi ottocentomi<strong>la</strong> dei quali intra paludi,<br />

gl'ebani, strade, fosse, alvedi de acque et altri lochi inutili son <strong>la</strong> quarta<br />

parte che son campi duxentomillia. Resta campi seicentomillia. Nobili cittadini<br />

et proprietari veneti un terzo che son cam,pi duxentomillia. Clero<br />

padovan et venetial1 un terzo che son campi duxel1tomillia. Castel<strong>la</strong> et altri<br />

del territorio <strong>la</strong> duodecima parte che son campi cinquantamillia. Paduani<br />

li restanti che sono campi centocinquantamillia » (59).<br />

Rileggendo i libri dell'estimo, le descrizioni catastali e le <strong>per</strong>izie di<br />

beni appartenenti a nobili famiglie di quell'epoca, troppo spesso si incontrano<br />

le parole garbi, vegri, pascoli, terreni comunali, fosse, valli, paludi,<br />

boschi (il tratto fra Camposampiero e Cittadel<strong>la</strong> fino al 1600 era,<br />

<strong>per</strong> buona parte, rico<strong>per</strong>to da folte boscaglie); mancano è vero i gl'ebani<br />

del buon Dall'Abbaco, <strong>per</strong>ché Camposampiero non è luogo montuoso,<br />

ma anche senza gl'ebani, di terreni incolti ed improduttivi ve ne erano<br />

abbastanza!<br />

A maggior danno dell'agricoltura continuò, <strong>per</strong> tutto il tempo del<strong>la</strong><br />

dominazione veneta, il postapecore <strong>per</strong> il quale, dal 29 Settembre al 25<br />

Marzo, i pochi terreni coltivati erano infestati da una moltitudine di pecore<br />

che pasco<strong>la</strong>vano <strong>la</strong> cosiddetta erba morta, calpestando il suolo e col<br />

venefico dente arrecando gravi danni ai teneri germogli (60).<br />

(58) Le re<strong>la</strong>zioni ri<strong>la</strong>sciate dal podestà di Padova al doge, a reggimento compiuto, spesso<br />

constatano <strong>la</strong> miseria dei villici del territorio dissanguati da padroni disumani, angariati<br />

dagli usurai e dagli agenti del<strong>la</strong> Camera Fiscale. Frequenti in esse ricorrono gli acce.n·<br />

ni a carestie dovute a grandinate, siccità o troppe pioggie.<br />

(59) Re<strong>la</strong>zione di DOMENICO DALL'ABBACO <strong>per</strong> l'anno 1552 - Bib!. Civ. Padova.<br />

(60) Il postapecore o pensionatico era il diritto, ,ancito e tute<strong>la</strong>to dal<strong>la</strong> legge, in favore<br />

del comune, del<strong>la</strong> chiesa o anche di un privato, di concedere a pascolo ai pastori dei Sette<br />

17 1


Del resto se <strong>la</strong> repubblica non favori, con diretti provvedimenti, l'agricoltura,<br />

indirettamente <strong>la</strong> favori col mantenere, nei paesi soggetti al suo<br />

dominio, <strong>la</strong> pace, condizione indispensabile <strong>per</strong>ché il colono <strong>la</strong>vori di<br />

buona volontà i propri campi, animato dal<strong>la</strong> s<strong>per</strong>anza di godere i frutti<br />

delle sue fatiche.<br />

Tale sicurezza era assolutamente mancata <strong>per</strong> tutto il tempo dei feudatari<br />

e dei Carraresi involti in continue guerre, che convertivano i campi<br />

fecondati dal <strong>la</strong>voro in campi di battaglia bagnati di sangue fraterno, deso<strong>la</strong>ti<br />

da devastazioni e sconvolti da o<strong>per</strong>e di fortificazione.<br />

Venezia ebbe anche il merito di aver sospese le imposte negli anni di<br />

siccità, di tempeste, di inondazioni o di altre ca<strong>la</strong>mità, compromettenti<br />

il raccolto. Il Cittadel<strong>la</strong> ricorda <strong>la</strong> carestia che infieri a Camposampiero<br />

nel 1590 quando il frumento (61) fu pagato a 20 lire lo staro che fa ducati<br />

40 al mozo (62).<br />

Vi furono <strong>per</strong>ò delle annate anche piti tristi.<br />

I prodotti piti comuni oltre il vino ed il frumento, erano <strong>la</strong> sega<strong>la</strong>,<br />

il miglio, il lino, il canape e le cosiddette minestre (fagioli, lenticchie, fave);<br />

antica <strong>la</strong> coltivazione del sorgo rosso, re<strong>la</strong>tivamente recente quel<strong>la</strong><br />

del sorgo turco e del<strong>la</strong> patata (63). Nei secoli scorsi fu coltivato con profitto<br />

anche il tabacco (64).<br />

Comuni o del feltrino i fondi di una località, benché di altri proprietari, i quali bene o<br />

male, dovevano adattarsi a questa servitu feudale. Cominciava il 29 Settembre e terminava<br />

il 25 Marzo e durava il tempo del<strong>la</strong> cosidetta erba morta, ma questo <strong>per</strong>iodo fu molte<br />

volte prolungato dall'arbitrio dei pastori e sempre con danno dell'agricoltura. Fu provvidenzialmente<br />

abolito dal governo austriaco verso il 1850. Un decreto del Governo<br />

Centrale del Padovano e Polesine (26 Agosto 1796) aveva abolito il pensionatico che fu<br />

poi ripristinato; Annali del<strong>la</strong> libertà, voI. III, pago 168. Il VANZI nel Protogiornale, anno<br />

1776 (voI. 3, pago 175), ci fa conoscere che in quell'epoca il postapecore di San Pietro e<br />

di San Marco apparteneva al nobil uomo Zuanne Sagredo e si sa che i Sagredo lo godettero<br />

fino al<strong>la</strong> abolizione.<br />

Quattro erano i pastori che pasco<strong>la</strong>vano l'erba camposampierina; erano esenti dal<strong>la</strong><br />

posta le località di Malcanton e di Pissintorno. I pastori pagavano all'investito una quota<br />

annua che non fu sempre uguale; da un contratto esistente nell'Archivio Parrocchiale<br />

(anno 1591) rilevo che il conduttore di una posta doveva al giuredicente <strong>per</strong> ogni pecora<br />

soldi due, <strong>per</strong> ogni cento una bona pezza de formajo, <strong>per</strong> ogni ciapo un agnello che sii<br />

bon et scorlega et lire venete diese. Ai danni materiali del pensionatico convien aggiungere<br />

quelli d'ordine morale provocati dal<strong>la</strong> prepotenza dei pastori stessi, come liti, risse<br />

e coltel<strong>la</strong>te con i conduttori del fondo. Piu che al<strong>la</strong> concimazione dei terreni nel favorire il<br />

postapecore il governo di Venezia ebbe di mira <strong>la</strong> produzione del<strong>la</strong> <strong>la</strong>na e del salnitro.<br />

(61) CITTADELLA: Descrittione di Padoa, Pago 309.<br />

(62) I resoconti del quartese riscosso dal mio antecessore Borto<strong>la</strong>to, nel quinquennio<br />

1761-1767, provano come allora i campi rendessero appena un terzo di oggidi.<br />

(63) La coltivazione del sorgoturco (zea-mais) risale al<strong>la</strong> prima metà del secolo XVII<br />

e con esso cessarono le carestie.<br />

(64) BORGHERINI: Il governo di Venezia in Padova ecc., Pago 98.<br />

Prima ancora che Venezia, obbedendo ad una necessità politica, stendesse<br />

il suo dominio sul<strong>la</strong> Terraferma, le famiglie patrizie che volevano<br />

prendersi un po' di svago nel<strong>la</strong> stagione autunnale si recavano nelle isole<br />

dell'Estuario, massimamente a Murano che non tardò a pullu<strong>la</strong>re di ville;<br />

ma dopo il 1350 i nobili veneziani, attratti dal verde, dall'aria pura e<br />

dal<strong>la</strong> libertà campestre, acquistarono poderi nei paesi sui quali <strong>la</strong> Repubblica<br />

aveva affermato il suo dominio, e quivi costruirono pa<strong>la</strong>zzi con adiacenze,<br />

oratorio, case coloniche, giardini, parchi, e quanto altro rendeva<br />

ameno il soggiorno in campagna.<br />

Le ville veneziane appartengono a due epoche distinte da caratteri<br />

speciali, <strong>la</strong> prima va dal 1300 al 1500 e ci offre un tipo di vil<strong>la</strong> quanto<br />

mai semplice e modesto, come semplici, modesti e patriarcali erano i<br />

costumi, ed economico il genere di vita dei vecchi patrizi, <strong>la</strong> seconda dal<br />

1500 va fino al<strong>la</strong> caduta del<strong>la</strong> Repubblica e si può definire l'epoca dei<br />

grandi architetti e delle ville suntuose, che riflettevano, col<strong>la</strong> loro magnificenza,<br />

il lusso smodato, le immense ricchezze ed i cangiati costumi<br />

del patriziato. Eccettuata <strong>la</strong> vil<strong>la</strong> Quirini, poi Civran, le ville veneziane<br />

di Camposampiero appartengono al<strong>la</strong> prima epoca e non possono certo<br />

gareggiare con le sorelle maggiori del Terraglio o del<strong>la</strong> riviera del<br />

Brenta (65).<br />

Molte di queste ville furono distrutte, alcune ancor sussistono, alterate<br />

<strong>per</strong>ò da modificazioni introdotte dai nuovi proprietari. Illustrerò<br />

con brevi cenni qualcuna di esse. Con atto notarile 25 Ottobre 1406 <strong>la</strong><br />

nobile famiglia Quirini di Venezia (66), che tanti illustri <strong>per</strong>sonaggi diede<br />

al<strong>la</strong> patria nel corso di parecchi secoli, acquistò direttamente dallo stato<br />

un appezzamento di terreno nel<strong>la</strong> località « Le Grazie» ed ivi eresse un<br />

su<strong>per</strong>bo pa<strong>la</strong>zzo, conosciuto dai nostri vecchi e consacrato nei documenti<br />

contemporanei col titolo espressivo di « Pa<strong>la</strong>zzon », che nel<strong>la</strong> metà del<br />

secolo XVII passò in proprietà dei Civran e verso il principio dello<br />

scorso secolo fu demolito. Il « Pa<strong>la</strong>zzon » ebbe <strong>la</strong> sua <strong>storia</strong> che brevemente<br />

riferirò. Tra le sue pareti, il 12 Dicembre 1485, i delegati di Innocenzo<br />

VIII, Benedetto Novello arciprete di Bassano e Angelo Dal<strong>la</strong><br />

Motta prevosto di Asolo, convenuti assieme agli uomini del comun ed ai<br />

Massari delle due chiese di S. Pietro e di S. Marco, definirono in via<br />

(65) Il MOLMENTI nell'o<strong>per</strong>a «Sul<strong>la</strong> vita privata dei veneziani» non fa cenno di nessuna<br />

delle ville veneziane di Camposampiero.<br />

(66) Instrumento de M. Zuanne de Lusa nodaro 25 Ottobre 1406 «Acquisto de Michiel<br />

Quirini quondam Polo dal<strong>la</strong> Illustrissima Signoria (cioè dallo Stato) ».<br />

I Quirini ebbero anche estesissime possessioni in Vill' Albarel<strong>la</strong>, onde il Baratel<strong>la</strong> nei<br />

suoi carmi spesso chiama tale località col nome di Vil<strong>la</strong> Quirinea.<br />

173


conciliativa una lite che fr ci qllest-l' e q 1·'1' S1' l't l lt<br />

.- '" _._c ...• • ue. . , ag 'ava (. a o .re mezzo<br />

secolo (67).<br />

Nel pa<strong>la</strong>zzo Quhini, iI lO Agosto 1505, passava all'eternità Sua Ecccl ..<br />

lenza Francesco Quirini, patrizio veneto, vescovo di Sebenico e pi6 tardi<br />

anche arcivescovo di Durazzo e due giorni appresso ebbe solenni esequie<br />

e, dal<strong>la</strong> pietà dei parenti, un monumento marmoreo nel<strong>la</strong> cappel<strong>la</strong><br />

del Crocefisso del<strong>la</strong> vecchia chiesa di S. Giovanni (68).<br />

Il monumento andò distrutto nel<strong>la</strong> vandalica demolizione del<strong>la</strong> vecchia<br />

chiesa seguita nel 1799 e <strong>la</strong> statua dell'arcivescovo, muti<strong>la</strong>ta e<br />

scomposta dalle sassate dei monelli, si trova ancora nel vecchio cimitero<br />

di Camposampiero, mentre figurerebbe meglio in una stanza del Municipio<br />

da adattarsi a Museo.<br />

In vil<strong>la</strong> Quirini trascorrevano gaie ore, nelle serate autunnali, le notabilità<br />

pi6 cospicue di Camposampiero fra le quali il podestà, il cancelliere,<br />

i Savi, i notai ed i causidici del nostro foro e, dopo l'abituale partita<br />

alle carte, si rifocil<strong>la</strong>vano col piatto di succiole (castagne cotte all'acqua)<br />

inaffiate da un bicchiere di vino dolce offerto dal<strong>la</strong> ospitalità<br />

cortese dei Quhini.<br />

Che pi6? Nel prato adiacente nell'anno 1504 fu anche sco<strong>per</strong>to un<br />

tesoro; <strong>la</strong> strabiliante notizia ci viene riferita dal Sanuto (69). «Zugno<br />

1504. Accadete in questi zorni a Camposampiero ave ora è podestà Marco<br />

Zen, alcuni vil<strong>la</strong>ni nel prado de cà Quirini trovarono assai medagie<br />

d'argento in locho ave alias vi fu un castello. El principio fo <strong>per</strong> una topinara<br />

che cavò e un puto ne trovò alcune e portale a caxa, poi il padre<br />

andoe <strong>la</strong> note et altri, sicchè travarono gran quantità. Questa cosa venuta<br />

a notizia del<strong>la</strong> Signoria mandano Sier Domenico Da Mosto a inquirir, et<br />

posto li vil<strong>la</strong>ni in prexon et examinati, dissero aver trovato poche et non<br />

confessano CO).<br />

Adiacente al pa<strong>la</strong>zzo vi era l'oratorio di S. Giacomo, che, dopo il<br />

cholera del 1836, <strong>per</strong> voto unanime del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione, cambiò il primitivo<br />

titolo con quello del<strong>la</strong> Madonna del<strong>la</strong> Salute.<br />

(67) Documento divisionale dei beni delle due chiese di S. Pietro e di San Marco,<br />

Archiv. di C. S. Pietro, Busta (Vecchie carte).<br />

(68) Di Francesco Quirini si occupò pili volte nei suoi Diari il Sanuto facendo rilevare<br />

i frequenti viaggi del pre<strong>la</strong>to da Durazzo a Venezia, i quali avevano carattere politico,<br />

<strong>per</strong>ché il Quirini, da buon veneziano, si recava sempre dal doge a fendergli conto<br />

dello stato d'animo del re d'Ungheria verso Venezia.<br />

(69) SANUTO: Diari, Val. II pago 29.<br />

(10) Al signor Annibale Valsecchi, attuale proprietario dell'area del Pa<strong>la</strong>zzon e del<br />

prato, auguro di cuore <strong>la</strong> fortuna di trovare in esso un secondo e pili ricco tesoro, senza<br />

noie dei birri e del<strong>la</strong> prexon, ma col<strong>la</strong> so<strong>la</strong> condizione di assegnarne parte all'asilo<br />

cittadino.<br />

I74<br />

Qualche anno dopo i Bernardo acquistarono fondi ed eressero una villetta<br />

con adiacenze e giardino, e poco distante dal<strong>la</strong> vil<strong>la</strong> <strong>per</strong> 101'0 o<strong>per</strong>a<br />

sorse anche l'oratorio del<strong>la</strong> Madonna del<strong>la</strong> Neve.<br />

Il pa<strong>la</strong>zzo che, al<strong>la</strong> caduta del<strong>la</strong> repubblica, era <strong>per</strong>venuto in proprietà<br />

dei Balbi-Valier, sussiste anche oggidf e fino al 1920 fu adibito<br />

ad asilo infantile, mentre <strong>la</strong> chiesuo<strong>la</strong> scomparve verso <strong>la</strong> fine del XVIII<br />

secolo.<br />

Anche i Bragadin ebbero vil<strong>la</strong> con oratorio, dedicato al<strong>la</strong> Madonna<br />

del<strong>la</strong> Salute, (da non confondersi coll'attuale oratorio omonimo di piazza<br />

Castello, già di S. Giacomo); oratorio e pa<strong>la</strong>zzo sono scomparsi cento<br />

e pi6 anni fa.<br />

I Barbariga ebbero vil<strong>la</strong>, illustrata dal temporaneo domicilio del B.<br />

Gregorio cardinale e vescovo di Padova, ed ebbero pure ville e poderi<br />

nel territorio di S. Pietro e di S. Marco i Soranzo, i Priuli, i da Mosto,<br />

i Zatta, i Mocenigo, i Morosini, i Moro, i Gritti, i Grimani, i Ferro, i<br />

Donati, i Boerio, i Rubini, i Contarini ed altri patrizi il cui nome ora<br />

mi sfugge.<br />

La Serenissima non solo vide di buon occhio gli acquisti dei suoi cittadini<br />

nelle campagne, ma li allettò con <strong>la</strong>rghe concessioni, e li favori<br />

con generosi privilegi estesi anche ai loro coloni, indotta dall'intima <strong>per</strong>suasione,<br />

che i possessi dei suoi patrizi e <strong>la</strong> loro <strong>per</strong>manenza nelle campagne,<br />

pi6 ancora dei temuti sbirri, valessero a mantenere il popolo<br />

fedele, obbediente e rispettoso al suo governo Cl).<br />

L'astuta repubblica seppe trar partito <strong>per</strong>sino dagli spassi dei suoi<br />

cittadini, politica questa, come ognun vede, sopraffina!<br />

Sorse e pros<strong>per</strong>ò nel nostro castello, sotto <strong>la</strong> dominazione veneta, il<br />

Monte di Pietà o Monte Santo, fondato dal B. Bernardino da Feltre<br />

nel<strong>la</strong> primavera del 1492, reggendo <strong>la</strong> podestaria Stefano Contarini e rego<strong>la</strong>rmente<br />

a<strong>per</strong>to due anni appresso, quando il Senato, troncate le lungaggini<br />

burocratiche e vinte le opposizioni degli Ebrei, concesse <strong>la</strong> sospirata<br />

approvazione degli articoli statutati e l'inizio delle o<strong>per</strong>azioni.<br />

(71) Prima che Venezia estendesse il suo dominio sul<strong>la</strong> Terraferma il Senato proibiva<br />

severamente ai nobili di acquistare terre fuori dello stato e questo <strong>per</strong> motivi politici<br />

facili a comprendersi. «La dogai Exellentia considera esser cosa propria de Venezia<br />

coltivar el mar e tassar star <strong>la</strong> terra <strong>per</strong>ché par mar el se abunda de richeze et de honori, ma<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> terra ne vien spesse volte scandali et errori ». Cosi a Leopoldo d'Austria scriveva<br />

Raffaello Caresini, cancelliere del<strong>la</strong> Repubblica (1381).<br />

Ma dopo <strong>la</strong> conquista di Terraferma gli stessi motivi politici indussero il Senato a<br />

revocare le disposizioni proibitive ed a favorire, con certe condizioni, gli acquisti dei patrizi<br />

veneziani in Terraferma, diventata ormai parte dello stato. LAZZARINI: Antiche leggi<br />

venete intorno ai proprietari nel<strong>la</strong> Terraferma Padova 1920.<br />

175


Per quattro secoli il patrio Monte fu l'unico istituto di beneficenza<br />

cittadino ed in un tempo nel quale il terzo stato era piti miserabile di<br />

oggidi, ed il denaro scarseggiava monopolizzato da pochi usurai ebrei,<br />

molto valse a frenare l'ingordigia di questi ed a sollevare lo stato economico<br />

del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse povera.<br />

A <strong>la</strong>to di una serie onorevole di benemerenze il patrio Monte deve<br />

pur troppo ricordare una <strong>storia</strong> triste di rapine, di frodi e di malversazioni;<br />

ed il saccheggio o<strong>per</strong>ato dai Francesi nel 1510, le devastazioni<br />

<strong>per</strong>petrate dai Francesi nel 1797, i numerosi e gravi intacchi di patrimonio<br />

avvenuti <strong>per</strong> o<strong>per</strong>a di amministratori infedeli, nonché l'assenteismo<br />

dell'autorità tutoria, sono tutte cose che darebbero argomento ad un<br />

romanzo di cattiva lega.<br />

Fra i pochi benefattori ricorderò ai miei concittadini don Francesco<br />

De Pieri e, fra gli amministratori, Pietro Cosma.<br />

Un decreto del governo austriaco (16 Gennaio 1822) ricostituiva nel··<br />

l'attuale forma il nostro istituto (2).<br />

Quando, or sono trenta anni, parecchi Monti di Pietà diventarono<br />

anche istituti di credito, alcuni amministratori volevano mettere su<br />

questa via anche il nostro, ma l'opposizione di altri non <strong>per</strong>mise di condurre<br />

in porto <strong>la</strong> progettata riforma.<br />

Ed oggi di non conviene riesumare il progetto; ben sei sono gli istituti<br />

di credito cittadini e l'aprirne un altro sarebbe un portar ... nottole<br />

ad Atene.<br />

Maggiore rinomanza acquistò <strong>la</strong> nostra cittadina quando, nell'anno<br />

1603, Alvise Morosini podestà di Padova, eseguendo un ordine ricevuto<br />

da Venezia, quivi stabili un arsenale che non poté contendere neppure<br />

lontanamente l'onore, <strong>la</strong> grandiosità e lo scopo di quello di Venezia ove<br />

si fabbricavano armi e navi di ogni qualità e <strong>per</strong> ogni uso, poiché il<br />

nostro arsenale era semplicemente deposito di munizioni <strong>per</strong> il rifornimento<br />

delle cernide delle podestarie di Camposampiero e di Cittadel<strong>la</strong>,<br />

nonché del<strong>la</strong> vicari a di Mirano.<br />

Due anni dopo l'a<strong>per</strong>tura dell'arsenale (1605) cosi ne par<strong>la</strong>va il Cittadel<strong>la</strong>:<br />

«Camposampiero capo delle cernide di Cittadel<strong>la</strong> e di Mirano<br />

ha il loco de salnitro C 3 ) come negli altri lochi <strong>per</strong> mezzo il pa<strong>la</strong>zzo; vi è<br />

(72) ]ACOPO MORO: Il Monte di Pietà di Padova, 1469-1923, pago 13, nota 1; Padova<br />

1923.<br />

(73) Il luogo del salnitro o tezzone consisteva in una lunga e stretta tettoia ove si<br />

ammassava il terriccio concimato dalle pecore e lo si mesco<strong>la</strong>va col salnitro ottenuto spazzando<br />

le efflorescenze dei muri delle cantine e dei luoghi umidi ed il miscuglio risultante<br />

veniva spesso bagnato con acqua <strong>per</strong> ottenere maggior quantità di salnitro che, raccolto<br />

un bell'armamento fatto dalle tre comunità di Cittadel<strong>la</strong>, Camposampiero<br />

e di Mirano già fa due anni, il qual ha corsaletti et archibugi da armar<br />

1600 <strong>per</strong>sone robuste agili et ardite come <strong>per</strong> il più sono quei soldati<br />

esercitati» (4).<br />

Sorgeva esso fra le attuali carceri e le case o<strong>per</strong>aie del foro boario e<br />

sopra <strong>la</strong> porta stava impressa questa iscrizione: «Armis in usum belli<br />

pacisque tute<strong>la</strong>m asservandi locus extructus praestantis Viri Alojsii Mauroceni<br />

Urbis ac Territorii Praefecti auspicio, castrorum Cittadel<strong>la</strong> e, C. S.<br />

Petri et Mirani impensam administrantibus. Cittadel<strong>la</strong>e intra muros. Petra<br />

Gatto, extra lo: Ruschitaro - C. S. Petri Bieron. Lupin - Mirani Barth'olomeo<br />

Carrario - 1603 »e S ).<br />

Gli avvenimenti politici e militari a cui andarono soggetti castello e<br />

castel<strong>la</strong>ni di Camposampiero durante il <strong>per</strong>iodo del<strong>la</strong> dominazione veneta<br />

(1405-1797) sono pochi assai ed, eccettuati i fatti dolorosi quivi svolti<br />

durante <strong>la</strong> guerra di Cambrai, presentano anche scarsissima importanza.<br />

Sotto le ali del temuto leone, Camposampiero, come gli altri possessi<br />

di Terraferma, trascorse quasi quattro secoli di vita tranquil<strong>la</strong>, non minacciata<br />

da nemici esterni, non insidiata da turbolenze interne, sorretta<br />

dal paterno affetto del<strong>la</strong> repubblica in piti riprese dimostrato.<br />

Dopo <strong>la</strong> caduta di Costantinopoli (1453) <strong>la</strong> gloriosa Repubblica, che<br />

era rimasta l'unico baluardo avanzato contro il furore del<strong>la</strong> mezzaluna<br />

ognora minacciante <strong>la</strong> vecchia e discorde Europa, di quando in quando,<br />

<strong>per</strong> necessità di difesa, a Camposampiero come altrove reclutava gli uomini<br />

atti al servizio militare, <strong>per</strong> portarli nel Levante ed opporli al formidabile<br />

avversario; credo che i nostri concittadini saranno accorsi con<br />

entusiasmo sotto le patrie insegne, e credo anche che, con animo forte<br />

e valoroso, avranno sostenuto i pesi del<strong>la</strong> guerra; benché di quanto affermo<br />

manchino le prove dirette, pure ne resta una che vale <strong>per</strong> mille,<br />

consistente nel<strong>la</strong> fedeltà, nell'amore e nel<strong>la</strong> devozione del nostro popolo<br />

verso <strong>la</strong> Repubblica.<br />

Anzi l'esito fortunato delle sue imprese contro i Turchi, di gran lunga<br />

dai salnitrari (muniti di una fascia col leone di S. Marco impressovi), si spediva a Venezia<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> fabbricazione del<strong>la</strong> polvere pirica. Oggidf il salnitro si ottiene con procedimento<br />

chimico pili spiccio e pili rimunerativo.<br />

(14) CITTADELLA: Descrittione di Padoa, Pago 308-309.<br />

(75) SALOMON: Inscriptiones Agri Patav., Pago 242.<br />

Come tutte le istituzioni del<strong>la</strong> Repubblica il nostro armamentario decadde nel secolo<br />

XVIII e cessò di esistere dopo <strong>la</strong> requisizione delle armi e lo scioglimento delle Cernide<br />

ordinato dal Governo Centrale del Padovano il 29 Aprile 1797. Annali del<strong>la</strong> Libertà,<br />

VoI. I, pago 3 e 4.<br />

12<br />

177


su<strong>per</strong>iori di forze e di mezzi, Venezia lo dovette al<strong>la</strong> generosità del suo<br />

patriziato, non meno che al<strong>la</strong> fedeltà dei suoi sudditi; sorretta da questi<br />

aiuti, incoraggiata e favorita dai S. Pontefici essa fu in grado di soste.<br />

nere <strong>per</strong> oltre due secoli quell'epica lotta che salvò l'Europa dalIa barbarie<br />

mussulmana.<br />

Riassumo brevemente gli avvenimenti che ebbero re<strong>la</strong>zione col nostro<br />

paese.<br />

Nel 1420 Camposampiero provò <strong>per</strong> <strong>la</strong> prima volta <strong>la</strong> sua fedeltà al<strong>la</strong><br />

causa di Venezia quando i suoi figli e nostri avi si recarono al<strong>la</strong> guerra<br />

del Friuli che, riuscita secondo i voti di Venezia, ai suoi domini aggiunse<br />

anche quell'importante regione; l'esenzione dal tributo del sale estesa<br />

a tutta <strong>la</strong> Terraferma, fu il premio concesso dal<strong>la</strong> Serenissima ai sudditi<br />

fedeli e valorosi.<br />

Chi si fosse casualmente trovato nel<strong>la</strong> piazza maggiore di Padova, nel<br />

pomeriggio del 20 Ottobre 1499, avrebbe assistito ad un curioso spettacolo<br />

di suggestione collettiva. Ventimi<strong>la</strong> <strong>per</strong>sone s'erano colà in poco<br />

tempo raccolte, terrorizzate da questa falsa notizia, non si sa da chi inventata,<br />

ma ripetuta con insistenza e con isgomento da tutti: i Turchi<br />

sono arrivati a Camposampiero! Passando di bocca in bocca <strong>la</strong> notizia<br />

cangiò di colore e non piu i Turchi, ma i Tedeschi erano arrivati a Camposampiero.<br />

I rettori di Padova, al<strong>la</strong>rmati da tali voci e privi di qualunque avviso<br />

da parte del nostro podestà, mandarono quivi una staffetta <strong>per</strong> vedere<br />

come stessero le cose ed il messo, compiuto il viaggio e ritornato a Padova,<br />

rifed che erano tutte fandonie. «Nel<strong>la</strong> piazza di Padova erano<br />

raccolte più di ventimi<strong>la</strong> <strong>per</strong>sone et temevano stare in <strong>la</strong> terra dicendo<br />

Turchi aver Tedeschi essere a Camposampiero) et i Rettori di Padova<br />

Marco Bo<strong>la</strong>ni e Luca Zen mandono una staffetta a Camposampiero a veder<br />

et trovano nul<strong>la</strong> era salvo alcuni spagnoli fanti nostri feno certo romor<br />

<strong>per</strong> alozar » C 6 ).<br />

Cosi <strong>la</strong> tragedia terminò in commedia ed i cittadini padovani ritornarono<br />

a casa ridendo si del<strong>la</strong> loro paura.<br />

Ben piu serio motivo d'apprensione ebbero i sudditi di Venezia, alcuni<br />

anni dopo (1509), allorché i plenipotenziari di quasi tutti gli stati d'Europa,<br />

convenuti a Cambrai a nome dei rispettivi sovrani, strinsero una<br />

tremenda coalizione ai danni del<strong>la</strong> Repubblica.<br />

Al<strong>la</strong> congiura parteciparono l'im<strong>per</strong>atore Massimiliano, i re di Francia<br />

e di Spagna, gli Estensi, i Gonzaga, i Savoia, i Fiorentini, il re d'Un-<br />

(76) SANUTO: Diari, Vol. III, pago 38.<br />

gheria e piu tardi il pontefice Giulio II; diversi furono i moventi di essa,<br />

come diversi erano gli appetiti dei coalizzanti: chi voleva umiliare <strong>la</strong><br />

troppo su<strong>per</strong>ba Repubblica, chi voleva ingrandirsi a sue spese, chi voleva<br />

vendicare le offese ricevute o ricattar si di usurpazioni patite da parte<br />

di Venezia, che, a dire il vero, col suo contegno provocante ed altero<br />

troppi odi e, col<strong>la</strong> sua potenza, troppe invidie aveva accumu<strong>la</strong>to sul suo<br />

capo C 7 ).<br />

Al<strong>la</strong> lega di Cambrai segui <strong>la</strong> guerra che, iniziata col<strong>la</strong> disastrosa battaglia<br />

di Agnadello (14 Maggio 1509) <strong>per</strong>duta dai Veneziani capitanati<br />

dall'Alviano, attraverso vicende non sempre fortunate, ma sempre gloriose,<br />

terminò col<strong>la</strong> battaglia di Melegnano (13 Settembre 1515) vinta<br />

dal re di Francia, soccorso nell'ora decisiva dai Veneziani al comando<br />

del prode Alviano, che, sfortunato e fortunato, apri e chiuse il terribile<br />

<strong>per</strong>iodo.<br />

Nel seguente anno <strong>la</strong> Repubblica, riuscita vittoriosa dal supremo cimento,<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> pace di Noyon ricu<strong>per</strong>ò i possedimenti di Terraferma <strong>per</strong>duti<br />

nei momenti critici del<strong>la</strong> guerra.<br />

Come il nembo che s'avventa impetuoso sulle campagne <strong>per</strong>cuote ed<br />

abbatte assieme alle piante colossali anche il tenero arboscello, che si<br />

fa scudo di loro ombra; cosi <strong>la</strong> guerra di Cambrai sconvolse, di<strong>la</strong>niò<br />

Venezia ed assieme anche <strong>la</strong> nostra cittadina, nel breve <strong>per</strong>iodo di sei<br />

anni diventata allora teatro di tali avvenimenti quali <strong>la</strong> <strong>storia</strong> passata<br />

non ricorda, né tanto facilmente registrerà <strong>la</strong> futura.<br />

Il programma di ogni cittadino di Camposampiero in questa epoca<br />

fortunosa fu quello stesso degli antichi Romani: «Frangar) sed non<br />

flectar »; coraggio, costanza e fiducia, non venute meno neanche nei giorni<br />

piu tristi, soprattutto fedeltà al<strong>la</strong> causa di Venezia furono i sentimenti<br />

e <strong>la</strong> vita dirò cOSI spirituale dei nostri avi nel tremendo <strong>per</strong>iodo<br />

storico.<br />

E tanto eroismo fu coronato da giusto premio; dopo lunga serie di <strong>per</strong>ipezie,<br />

Venezia trionfò dei nemici e Camposampiero, associata prima ai<br />

suoi dolori, con essa tripudiò nel giorno del<strong>la</strong> vittoria finale.<br />

Nessun <strong>per</strong>iodo del<strong>la</strong> <strong>storia</strong> cittadina è piu di questo glorioso e nessun<br />

altro, <strong>per</strong> nostra fortuna, è piu ricco di documenti; onde, riservandomi<br />

di trattarlo piu avanti con maggior estensione, riassumerò ora, in breve<br />

resoconto illustrativo, quegli avvenimenti che si riferiscono al nostro<br />

castello.<br />

(17) Fu detto, e non a torto, che <strong>la</strong> gelosia delle potenze nemiche di Venezia era un<br />

omaggio teso al<strong>la</strong> sua forza ed al<strong>la</strong> sua grandezza.<br />

179


lo sono sicuro che appena i miei lettori avranno scorso con occhio<br />

attento questi fuggevoli cenni, che non posso troppo oltre prolungare<br />

senza togliere al libro le giuste proporzioni, si sentiranno accesi dal desiderio<br />

di meglio conoscere gli avvenimenti di quest'epoca cOSI movimentata<br />

e correranno alle ultime pagine <strong>per</strong> apprendere le glorie e i dolori<br />

onde fu tessuta <strong>la</strong> <strong>storia</strong> del<strong>la</strong> loro patria e dei loro padri, <strong>per</strong> oltre<br />

cinque anni (1509-151.4).<br />

E <strong>la</strong> loro aspettazione non resterà delusa, rileggendo <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione collocata<br />

in fine di questa <strong>storia</strong>, nul<strong>la</strong> essi troveranno da rimproverare al<br />

loro antenati, nul<strong>la</strong> da vergognarsi, molto invece da encomiare e molto<br />

da imitare; che se <strong>la</strong> <strong>storia</strong> fu ritenuta sempre maestra del<strong>la</strong> vita, dalle<br />

gesta dei loro padri i cittadini di Camposampiero impareranno ad amare<br />

<strong>la</strong> loro patria, a servir<strong>la</strong> con fedeltà, ad onorar<strong>la</strong> con o<strong>per</strong>e di virtli e<br />

di sacrificio.<br />

Giugno 1509. Appena scoppiata <strong>la</strong> guerra di Cambrai l'avventuriero<br />

e fedifrago conte Leonardo Trissino occupa il castello di Camposampiero<br />

instaurandovi una forma di governo provvisorio a nome dell'im<strong>per</strong>atore<br />

Massimiliano; ma i Camposampierini non vogliono riconoscere quel<br />

governo e restano fedeli a S. Marco; esas<strong>per</strong>ato il Trissino invade e saccheggia<br />

il territorio.<br />

Luglio 1509. Il nuovo governo poco dura, poiché dopo 42 giorni il<br />

Trissino, sconfitto dai Veneziani, cade prigioniero e Camposampiero accoglie<br />

con manifestazione di giubilo il nuovo podestà inviato quivi dal<strong>la</strong><br />

Signoria, Antonio Quirini.<br />

Agosto 1509. L'im<strong>per</strong>atore Massimiliano si avanza con numeroso esercito<br />

<strong>per</strong> tentare <strong>la</strong> conquista di Padova; il nostro castello viene preso<br />

d'assalto, sotto gli occhi dell'im<strong>per</strong>atore stesso, da Federico Gonzaga<br />

conte di Bozzolo; Antonio Quirini, col<strong>la</strong> scarsa guarnigione si ritira nel<strong>la</strong><br />

rocca, ma anche questa viene espugnata ed il Quirini, caduto prigioniero,<br />

viene confinato nelle carceri di Trento.<br />

Settembre .1509. Massimiliano, non riuscendo a impadronirsi di Padova,<br />

se ne parte in fretta e confuso e svergognato abbandona i castelli<br />

precedentemente occupati; quindi i Tedeschi sloggiano da Camposampiero,<br />

subito rioccupata dalle armi di S. Marco.<br />

Giugno 1510. Dopo furioso assalto i Francesi si impadroniscono di<br />

Camposampiero, mentre <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione, terrorizzata da quanto avviene<br />

sotto i suoi occhi, prende <strong>la</strong> via del profugato.<br />

r80<br />

Giugno 1510. Dopo cinque giorni i Francesi abbandonano il nostro<br />

castello e prima danno il sacco al Monte di Pietà. La popo<strong>la</strong>zione che<br />

era fuggita, ritorna alle proprie case.<br />

Luglio 1510. I Francesi movendo da S. Giorgio in Bosco, fanno una<br />

scorreria nel nostro territorio, nuovi tormenti quindi e nuove angustie<br />

preoccupano l'animo dei Camposampierini che fuggono verso Vigodarzere.<br />

Ottobre 1510. I Francesi abbandonano volontariamente il nostro castello<br />

che ritorna sotto S. Marco. Questa volta Venezia, impietosita dei<br />

casi atroci onde fu vittima <strong>la</strong> fedele e affezionata popo<strong>la</strong>zione di Camposampiero,<br />

allo scopo di prevenire nuove iatture, manda quivi uno stabile<br />

presidio di cavalleggeri agli ordini di Meleagro da ForH, ed un drappello<br />

di stratioti comandato da Federico Cantarini. La loro presenza rialza il<br />

morale dei nostri concittadini e li affeziona ancor pili a Venezia, che cOSI<br />

ben provvede al bisogno.<br />

Ottobre 1513. Dopo due anni di tregua il vicerè di Napoli, Raffaello<br />

Cardona, reduce da una spedizione che secondo i desideri del mil<strong>la</strong>ntatore<br />

doveva conquistare Venezia, si riversa con un'accozzaglia di soldati<br />

spagnuoli, tedeschi e svizzeri sul nostro castello e penetratovi nel<strong>la</strong> notte<br />

fra l'uno e il due Ottobre commette furfanterie d'ogni qualità, i suoi <strong>la</strong>nzichenecchi<br />

incendiano il Borgo di S. Marco, <strong>la</strong> canonica di S. Pietro e<br />

quindici case; ma quando vengono a sa<strong>per</strong>e che Bartolomeo d'Alviano<br />

si muove contro di loro <strong>per</strong> impedire il passaggio del Brenta, si danno a<br />

precipitosa fuga.<br />

Giugno 1514. Nuovo tentativo, senza effetto, dei nemici <strong>per</strong> impadronirsi<br />

di Camposampiero e nuovo panico dei cittadini i quali fuggono e,<br />

questa volta, nel<strong>la</strong> <strong>la</strong>guna veneziana.<br />

Con tale episodio si chiude il <strong>per</strong>iodo epico del<strong>la</strong> nostra <strong>storia</strong>.<br />

Dopo il 1.516 <strong>la</strong> cronaca di Camposampiero non registra avvenimenti<br />

di carattere politico-militare degni di menzione; ormai <strong>la</strong> vita cittadina,<br />

passata <strong>la</strong> burrasca di Cambrai, riprende il suo ritmo normale, i<br />

notai e gli avvocati attendono alle occupazioni del foro, i commercianti<br />

alloro traffico, i contadini al proficuo <strong>la</strong>voro dei campi, i nobili veneziani<br />

si recano volentieri a villeggiare nei loro pa<strong>la</strong>zzi e <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione, tutta<br />

riunita ed affratel<strong>la</strong>ta dai comuni affetti di patria e di religione, allora<br />

profondamente radicati nel cuore, raccoglie e concentra <strong>la</strong> propria attività<br />

nel<strong>la</strong> manifestazione di essi che viene esplicandosi con <strong>la</strong> istituzione<br />

di scuole e confraternite, (numerose e fiorenti nelle due parrocchie<br />

e nel<strong>la</strong> chiesa dei Padri Francescani), nell'abbellimento delle proprie<br />

r8r


È giusto ritenere che in quell'occasione podestà, Savi, Cavalieri pretoriani,<br />

clero rego<strong>la</strong>re e seco<strong>la</strong>re e, dietro ad essi, grande fol<strong>la</strong> di curiosi<br />

saranno accorsi, né avranno mancato di rendere omaggio a S. Maestà Im<strong>per</strong>iale;<br />

cOSI richiedevano l'importanza dell'avvenimento, l'indole accademica<br />

dei tempi e i prudenziali riguardi del<strong>la</strong> Serenissima verso un<br />

sovrano straniero. L'avvenimento fu anche ricordato da una <strong>la</strong>pide collocata<br />

sopra <strong>la</strong> loggetta del ponte sul Tergolino e distrutta nel<strong>la</strong> demolizione<br />

del<strong>la</strong> loggetta stessa (1839). Riporto le parole dell'iscrizione che<br />

derivai dal Salomon (83).<br />

Maria Arciducissa Austriae, Filia Generos. Caroli V, Nurus Ferdinandi<br />

II Im<strong>per</strong>atorum, soror Philippi II Regis Hispaniarum, hac transiens<br />

ad regimen Lusitani Ref!,ni, hoc in templo sacrum audivit.<br />

Anno MDLIX<br />

Anche gli ingressi e le partenze dei nostri podestà contribuivano ad<br />

animare alquanto <strong>la</strong> vita cittadina (84).<br />

Per rendere piu allegre le ferie carnovalesche, il beccaio Giovanni Benatello<br />

nell'anno 1712 offri ai suoi concittadini il curioso spettacolo del<strong>la</strong><br />

caccia al toro; che non poté ripetere nell'anno successivo <strong>per</strong>ché gli fu<br />

vietato con pubblico bando 6 Gennaio 1713 (85).<br />

Tristi avvenimenti, che funestarono <strong>la</strong> vita dei nostri antenati e <strong>la</strong>sciarono<br />

dolorosi ricordi <strong>per</strong> parecchie generazioni, furono le pestilenze del<br />

1436, 1555, 1576, e del 1631, quest'ultima nel<strong>la</strong> so<strong>la</strong> parrocchia di S.<br />

Pietro, condusse a morte piu di 500 <strong>per</strong>sone, quasi metà del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione,<br />

allora di poco su<strong>per</strong>iore a 1000 anime.<br />

La cronaca dell'ultimo secolo di vita del<strong>la</strong> non piu gloriosa Repubblica<br />

registra il passaggio piu volte avvenuto di reggimenti austriaci ed ungarici<br />

che, recandosi nel ducato di Mi<strong>la</strong>no e 6 ) (allora soggetto all'Austria), attraversarono<br />

il nostro castello, sostandovi anche <strong>per</strong> qualche giorno e tale<br />

facilità di concedere il passo a truppe straniere, contraria a quanto <strong>la</strong> Re-<br />

(83) Agri Patavini Inscriptiones, Pago 243.<br />

In quell'occasione Padova fece solenni accoglienze e diede grandiosi spettacoli, accademie,<br />

giostre e balli, in onore di sua Maestà Im<strong>per</strong>iale. SBERTI: Spettacoli ecc., Padova<br />

1818.<br />

(84) Ingressi e partenze dei podestà erano festeggiati con discorsi gratu<strong>la</strong>tori, sonetti,<br />

balli, accademie, Te Deum ecc.; di solito <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> d'ordine partiva dai Savi, Cavalieri<br />

pretoriani, Deputati di Comun e notabilità più cospicue, ma alle dimostrazioni partecipava<br />

<strong>la</strong>rgamente anche il popolo, sempre fedele al vecchio binomio panem et circenses.<br />

(85) Archivio di Sanità T. E., Pago 152, Padova, Museo Civico.<br />

(86) Tali passaggi diventarono frequenti fra gli anni 1730-1745.<br />

Il registro dei morti di quegli anni conserva il nome di parecchi soldati austriaci quivi<br />

defunti.<br />

pubblica aveva fino allora praticato, mentre è indice di insipiente debolezza,<br />

è pure preludio del<strong>la</strong> dissennata politica di neutralità disarmata che<br />

condusse Venezia all'orlo del precipizio, ove cadde <strong>per</strong> non risorgere piu.<br />

Come l'abuso dell'arma bianca (coltello) e dell'archibugio non frenato<br />

dal<strong>la</strong> legge, né colpito da forti castighi e diventato oltremodo frequente<br />

nelle campagne verso il secolo XVIII, è indizio che l'autorità, ormai fatta<br />

accidiosa e sonnolenta, aveva <strong>per</strong>duto gran parte del suo prestigio presso<br />

il popolo, né <strong>la</strong> giustizia incuteva piu quel salutare timore, senza del quale<br />

è vano attendere il rispetto delle leggi (87).<br />

Ormai <strong>la</strong> Repubblica di Venezia, <strong>per</strong> un complesso di cause interne ed<br />

esterne, prossime e remote, provocate dal<strong>la</strong> volontà degli uomini o indipendenti<br />

da essa, s'avviava a gran passi verso <strong>la</strong> fine che fu miseranda,<br />

quanto gloriosa era stata <strong>la</strong> sua vita.<br />

Dapprima le sco<strong>per</strong>te dell'America (1492) e del capo di Buona S<strong>per</strong>anza<br />

(1486-1498), coll'aprire nuove vie al traffico europeo avevano fatto<br />

<strong>per</strong>dere a Venezia il primato commerciale, come piu tardi le guerre contro<br />

i Turchi, massimamente quel<strong>la</strong> gloriosa, ma disastrosa di Candia (1664-<br />

1669) (88), le fecero <strong>per</strong>dere il primato militare, livel<strong>la</strong>ndo<strong>la</strong> al<strong>la</strong> condizione<br />

di potenza secondaria; è ben vero che le fortunate imprese di Francesco<br />

Morosini (89) <strong>la</strong> rialzarono alquanto, ma fu cosa effimera, presto seguita da<br />

precipitosa decadenza.<br />

(87) Il numero dei morti <strong>per</strong> causa violenta nel secolo XVIII, quale lo desumo dai<br />

registri parrocchiali, è addirittura impressionante; è da notare poi che i registri par<strong>la</strong>no dei<br />

soli morti, i feriti si devono ritenere assai più numerosi. Il conte POLCASTRO nel suo Compendio<br />

storico di Padova degli anni 1786-.1794, accenna agli assassini, agli attentati al<strong>la</strong><br />

vita ed alle violenze commesse di pieno giorno nel<strong>la</strong> città in quegli anni.<br />

La cifra è spaventosa!<br />

Il patrizio veneziano Giovanni Contin, nel Luglio 1796, così scriveva all'amico cav.<br />

Francesco Tentori: «non potrò recarmi quest'anno a villeggiare <strong>per</strong>chè le strade sono<br />

infestate da disertori o da malviventi che non abbandonano più li nostri territori ».<br />

(88) «Dal Maggio al Novembre 1667 nell'assedio di Candia contaronsi trentadue assalti,<br />

diciassette grandi sortite, seicento diciotto scoppi di mine, tremi<strong>la</strong>-duecento morti dei<br />

nostri con quattrocento ufficiali e centomi<strong>la</strong> turchi e <strong>la</strong> resistenza continuò l'anno dopo<br />

così ostinata ecc ... Tutta l'Europa guardava ma non soccorreva questa città a sostenere<br />

<strong>la</strong> quale <strong>la</strong> repubblica spese so<strong>la</strong>mente nel 1668, 4.392.000 ducati.<br />

Esausta d'ogni difesa dopo 22 anni di assedio e tre di continuo combattimento Candia<br />

cedette (6 Settembre 1669) ». FULIN: Sommario di Storia Veneta, Pago 40.<br />

(89) Francesco Morosini, attraverso a fortunate imprese (1684-1694) nelle quali rifulsero<br />

virtù eroiche, magnanimo amore di patria e profondo spirito religioso, ritolse ai<br />

Turchi <strong>la</strong> Morea onde fu onorato col titolo di Peloponnesiaco ed, ancor vivente, ebbe un<br />

monumento nel<strong>la</strong> sa<strong>la</strong> del Consiglio dei X. Le vittorie del Peloponnesiaco furono svalorizzate<br />

dall'infausto trattato di Passarowitz (1718).<br />

«L'ultimo dei grandi capi da mar veneziani fu Angelo Emo cui <strong>la</strong> fortuna concesse


Al<strong>la</strong> rovina dello stato coo<strong>per</strong>ò non poco <strong>la</strong> vita oziosa e corrotta dei<br />

patrizi, tutta fatta di vizi, di lusso, di spreco di denaro e di divertimenti<br />

che non cessarono nemmeno nei giorni di pubblico lutto (90).<br />

Frattanto gli avvenimenti incalzavano, in Francia <strong>la</strong> rivoluzione aveva<br />

soppresso <strong>la</strong> monarchia, ucciso il re, spodestato di seco<strong>la</strong>ri diritti e privilegi<br />

l'aristocrazia e Napoleone con i suoi soldati s'era assunto <strong>la</strong> missione<br />

di propagare dovunque, col<strong>la</strong> spada e col cannone, i frutti del<strong>la</strong><br />

rivoluzione (91); i governi europei, scossi da torpido sonno e sbigottiti da<br />

tante minaccie seguite da azioni militari energiche e fortunate, nelle reciproche<br />

alleanze cercarono <strong>la</strong> salvezza dal comune <strong>per</strong>icolo, <strong>la</strong> so<strong>la</strong> Venezia<br />

in tale scompiglio volle restare neutrale C 2 ) e volle <strong>per</strong> giunta che<br />

<strong>la</strong> sua neutralità fosse disarmata, che è quanto dire, volle mettersi in<br />

uno stato di iso<strong>la</strong>mento, di inferiorità e di impotenza che <strong>la</strong> espose all'U1:to,<br />

alle violenze, alle usurpazioni di due potenti nemici e Eni col trascinar<strong>la</strong><br />

a vergognosa <strong>per</strong>dizione.<br />

Contro provvedimenti cosi esiziali levarono <strong>la</strong> voce alcuni patrizi veneziani,<br />

eredi dell'antico e glorioso spirito, ma le loro querele non furono<br />

ascoltate, derisi i 101'0 consigli, le 101'0 recriminazioni non lette in<br />

Senato e 3 ); alcuni anche di essi furono tradotti al Consiglio dei X e condannati<br />

quali traditori del<strong>la</strong> patria. Per tal modo l'insipiente governo di<br />

Venezia correva al<strong>la</strong> rovina e l'ora fatale non tardò ad arrivare.<br />

Napoleone valicate le Alpi, (primavera del 1796), <strong>per</strong> cacciare gli Austriaci<br />

di Lombardia, cogliendo il pretesto che Venezia aveva dato ospitalità<br />

al conte di Lil<strong>la</strong>, fratello del decapitato Luigi XVI, entrò con atteggiamento<br />

ostile nel territorio del<strong>la</strong> Repubblica, e coll'altro pretesto che<br />

di riportare le ultime vittorie marittime (1784-1786) e di morire (1792) cinque tmni prima<br />

del<strong>la</strong> caduta del<strong>la</strong> repubblica che inutilmente avrebbe difesa ». FULIN: Op. cito<br />

Il mare fu dunque il teatro dei primi e degli ultimi trionfi del<strong>la</strong> repubblica.<br />

(90) Il doge Paolo Renier mori il 18 Febbraio 1788, ma <strong>la</strong> sua morte fu pubblicata<br />

soltanto il 2 Marzo, <strong>per</strong>ché il pubblico lutto non interrompesse i tripudi del<strong>la</strong> settimana<br />

grassa!<br />

(91) La repubblica francese, cOSI il generale Bonaparte, porge <strong>la</strong> mano amica ai popoli<br />

che vogliono rifarsi liberi. Del resto il Bonaparte, nei riguardi di Venezia, non fu che l'esecutore<br />

di un infame progetto concepito dal governo francese fino dal 1795, onde <strong>la</strong> distruzione<br />

del<strong>la</strong> Repubblica non deve ritenersi sua o<strong>per</strong>a esclusiva.<br />

(92) Venezia rigettò le proposte di alleanza venute dall'Austria, dal Piemonte, dal<strong>la</strong><br />

Russia e da Napoli,<br />

Giova anche ricordare che il ma<strong>la</strong>ugurato provvedimento del<strong>la</strong> neutralità disarmata,<br />

che espose Venezia agli insulti ed ai danni dello straniero e <strong>la</strong> condusse a morte ignominiosa,<br />

fu imposto dai sei Savi del Consiglio Maggiore, detti Savi Grandi, cui spettava<br />

di proporre al Senato quanto era ritenuto utile o necessario al<strong>la</strong> pros<strong>per</strong>ità dello stato.<br />

(93) Ciò avvenne alle importantissime re<strong>la</strong>zioni che l'ambasciatore veneto Andrea<br />

Cappello spediva da Parigi, informando il patrio governo sugli atteggiamenti e sulle<br />

intenzioni del<strong>la</strong> Francia verso Venezia.<br />

186<br />

Venezia aveva <strong>per</strong>messo il passaggio alle truppe austriache attraverso <strong>la</strong><br />

fortezza di Peschiera senza opporvi resistenza, occupò Verona (e come<br />

Venezia poteva o<strong>per</strong>are diversamente, se in forza del<strong>la</strong> neutralità disarmata,<br />

Peschiera era sguarnita di presidio e sul castello stavano solo alcuni<br />

vecchi cannoni, roba da museo d'antiquaria?) (94).<br />

A tale notizia il governo di Venezia si scosse, intui l'imminenza del<br />

<strong>per</strong>icolo che sovrastava al<strong>la</strong> patria e decretò alcuni provvedimenti di<br />

difesa. Troppo tardi!<br />

Il Bonaparte, col<strong>la</strong> rapidità del baleno, l'aggiunse e sbaragliò gli Austriaci<br />

del Quosdanovic a Lonato (31 Luglio 1796), quelli del W umser<br />

a Castiglione delle Stiviere (5 Agosto 1796), ed i resti dei due eserciti,<br />

assieme duniti sotto il comando di Wilmser, nuovamente sconEsse a<br />

Bassano (10 Settembre 1796).<br />

Al<strong>la</strong> azione militare il Còrso fatale aggiunse <strong>la</strong> propaganda politica e,<br />

valendosi di segreti emissari spediti in tutte le città del<strong>la</strong> Repubblica (ne<br />

arrivarono anche a Venezia) provveduti di libelli diffamatori, di manifesti<br />

rivoluzionari e di denaro da distribuirsi agli elementi torbidi, suscitò<br />

<strong>la</strong> dbellione di Bergamo e di Brescia contro il governo del<strong>la</strong> Serenissima<br />

e 5 ).<br />

Queste due città, ritolte a Venezia, poco dopo furono riunite al<strong>la</strong><br />

Lombardia e con essa formarono <strong>la</strong> Repubblica Cisalpina.<br />

Le o<strong>per</strong>azioni militari, interrotte nell'inverno, furono riprese nel<strong>la</strong> primavera,<br />

ed il 28 Aprile 1797, <strong>per</strong> ordine del Bonaparte, il generale La<br />

(94) Otto cannoni arcaici e sessanta invalidi costituivano <strong>la</strong> difesa delle vetuste fortezze<br />

di Peschiera. Nelle identiche condizioni di Peschiera si trovavano tutte le altre<br />

piazze forti di Terraferma.<br />

Il provveditore generale di Terraferma Alessandro Molin scriveva al doge (3 Ottobre<br />

1701): «nessuna piazza è in stato di formale resistenza ... rincrescendomi ripetere ciò che<br />

ho tante volte scritto 11011 attroZ<strong>la</strong>rsi fra tutte queste piazze di qua del Menzo (Mincio)<br />

tanta polvere che basti a munirE' una so<strong>la</strong> ». FULIN: Op. cito pago 41.<br />

(95) La ribellione di Brescia e di Bergamo, eccitata dai Francesi, fu <strong>per</strong> il governo di<br />

Venezia un colpo inaspettato ed una tremenda rive<strong>la</strong>zione che dimostrò come <strong>la</strong> neutra<br />

lità, non sorretta dalle armi, aveva a<strong>per</strong>ta <strong>la</strong> porta ad un terribile avversario il quale ripagava<br />

il beneficio ricevuto col<strong>la</strong> <strong>per</strong>fidia del tradimento.<br />

In tali contingenze il Senato Veneto non seppe far di meglio che sollecitare, a mezzo<br />

dei podestà di Terraferma, l'invio di proteste di fedeltà e di obbedienza, raccolte dai sudditi<br />

delle singole città. - Una ducale (20 Marzo 1797) di Lodovico Manin, ultimo doge<br />

di Venezia, indirizzata a Gian Francesco Labia, rettore di Padova, partecipa <strong>la</strong> sedizione<br />

di Bergamo e di Brescia e con senso d'accorata pietà, domanda proteste di fedeltà e di<br />

amore da parte dei sudditi del padovano a conso<strong>la</strong>zione di Venezia; ed una seconda ducale<br />

del Manin allo stesso Labia (28 Marzo 1797) accusa <strong>la</strong> ricevuta di una bandiera, inviata<br />

dai fedeli padovani a Venezia, quale attestato tangibile di devozione e significa <strong>la</strong><br />

collocazione di detta bandiera nel<strong>la</strong> Sa<strong>la</strong> d'Armi dell'Arsenale. Miserabili espedienti!<br />

Ben altro ci voleva <strong>per</strong> disarmare iI nemico potente che penetrato in casa correva<br />

diritto e risoluto al fine prefisso, quello di annientare il Leone di San Marco!


Hoz, movendo da Vicenza poco prima occupata, entrò in Padova (96) istituendovi<br />

il Governo Democratico; contemporaneamente un grosso corpo<br />

di spedizione ai comandi del generale Baraguey d'Hilliers s'impadronf di<br />

Marghera, di San Giuliano e del<strong>la</strong> borgata di Brondolo situata nel<strong>la</strong> estremità<br />

opposta, verso Chioggia.<br />

Per <strong>la</strong> conquista di queste ultime posizioni Venezia restò tagliata fuori<br />

dal<strong>la</strong> Terraferma e fu allora che Napoleone, credendo giunto il tempo<br />

d'imporre <strong>la</strong> sua volontà, mandò al Maggior Consiglio l'intimazione di<br />

cangiar forma di governo; constava allora il Maggior Consiglio di Venezia<br />

di 1218 membri, ma soltanto 537 intervennero al<strong>la</strong> seduta decisiva<br />

(12 Maggio 1797); durante <strong>la</strong> quale alcune cannonate, con le quali<br />

i fedeli Schiavoni, prima di partire, salutarono <strong>la</strong> morente Repubblica,<br />

ancora piti impressionarono l'animo dei convenuti e l'eco dei colpi (creduti<br />

o<strong>per</strong>a dei Francesi), sinistramente ri<strong>per</strong>cossa nel<strong>la</strong> sa<strong>la</strong> del Maggior<br />

Consiglio, serrò il cuore agli intervenuti che, in fretta in fretta, constatate<br />

le condizioni dis<strong>per</strong>ate delle città e l'impossibilità di resistere al<br />

Bonaparte, con 512 suffragi favorevoli, 20 negativi, 5 non sinceri accolsero<br />

le proposte del Bonaparte con questa motivazione: «<strong>per</strong> sommo<br />

oggetto di preservare incolumi <strong>la</strong> religione, <strong>la</strong> vita e <strong>la</strong> proprietà degli<br />

abitanti» C 7 ).<br />

Caduto il governo aristocratico ed occupata qualche giorno appresso<br />

Venezia dai Francesi (98), a dirigerne le sorti fu eletta una Municipalità<br />

provvisoria che, il 28 Ottobre 1797, proc<strong>la</strong>mò un Governo Provvisorio<br />

Democratico nato morto <strong>per</strong>ché, tre giorni prima, il Direttorio di Francia<br />

aveva ratificato <strong>la</strong> pace di Campoformio (17 Ottobre 1797) <strong>per</strong> <strong>la</strong> quale,<br />

conforme alle antiche brame del gabinetto di Vienna e 9 ) e conforme pure<br />

(96) Padova fu occupata prima del<strong>la</strong> dichiarazione di guerra che ebbe luogo il I Maggio<br />

e dopo quanto avvenne era una formalità inutile; di più ancora era una vera e propria<br />

canzonatura.<br />

(97) «Viva San Marco! gridò il popolo radunato presso il pa<strong>la</strong>zzo ducale all'uscita dei<br />

membri del Maggior Consiglio, credendo che non fosse stata accolta <strong>la</strong> intimazione del Bonaparte;<br />

ma conosciuta <strong>la</strong> triste realtà si sparse <strong>per</strong> le strade onde saccheggiare le case di<br />

quelli che sospettava o sapeva fautori del cangiamento» MUSATTI: Storia di Venezia, VoI.<br />

II, pago 201.<br />

(98) Il 16 Maggio col pretesto di aiutare il cessante governo a mantenere il buon ordine<br />

(realmente <strong>per</strong> rubare), entrarono i Francesi (4000) e occupati i punti piu salienti<br />

del<strong>la</strong> città ed instal<strong>la</strong>ta <strong>la</strong> Municipalità Provvisoria, cominciarono quel<strong>la</strong> serie di rapine e<br />

di spogli azioni tutt'altro che fraterne dove l'avidità degli ufficiali sorpassò quel<strong>la</strong> dei soldati<br />

e che cessò coll'avvento degli Austriaci, 18 Gennaio 1798.<br />

Poco dopo l'arrivo dei Francesi (4 Giugno) fra lo sparo dei cannoni e il suono delle<br />

campane, furono abbruciati in piazza S. Marco gli estratti a stampa del libro d'oro, il corno<br />

ducale, l'aureo manto ed altre insegne le cui ceneri furono dis<strong>per</strong>se al vento.<br />

(99) Fino dal 1782 Giuseppe II, im<strong>per</strong>atore d'Austria, ane<strong>la</strong>va al<strong>la</strong> conquista dell'Istria<br />

r88<br />

agli accordi vergognosamente stipu<strong>la</strong>ti dal Bonaparte col Governo Austriaco<br />

prima ancora del<strong>la</strong> dichiarazione di guerra (preliminari di Leoben<br />

18 Aprile 1797), Venezia, Istria, Dalmazia e Terraferma passarono all'Austria,<br />

Brescia, Bergamo al<strong>la</strong> Repubblica Cisalpina e le isole greche,<br />

già colonia veneziana, al<strong>la</strong> Francia.<br />

Cosi fu consumato il tradimento napoleonico. Occupata Padova nel<br />

pomeriggio del 28 Aprile 1797, i Francesi tosto passarono a Camposampiero;<br />

<strong>la</strong> triste fama che li aveva preceduti, di nemici dichiarati di Venezia,<br />

<strong>la</strong> narrazione dei saccheggi e delle rapine di arredi sacri ovunque<br />

<strong>per</strong>petrati, il loro accanimento contro <strong>la</strong> religione e contro i sacerdoti,<br />

indussero l'arciprete Bini e OO ), cittadino veneziano, a nascondere le ricche<br />

suppellettili sacre nelle tombe, allora esistenti in chiesa, ed a trasportare<br />

il SS. Sacramento nel<strong>la</strong> vicina casa Frasson <strong>per</strong> sottrarlo al<strong>la</strong> temuta<br />

profanazione e0 1 ). I cittadini assistettero silenziosi e spaventati al<br />

passaggio dei soldati francesi <strong>la</strong>ceri, sdrusciti, affamati.<br />

L'assalto del pa<strong>la</strong>zzo pretorio, il saccheggio del Monte di Pietà, l'atterramento<br />

dell'antenna del glorioso leone di S. Marco, confermarono i<br />

nostri antenati nel<strong>la</strong> triste idea, che già avevano sul conto dei soldati<br />

francesi.<br />

E ben piti si <strong>per</strong>suasero che il loro giudizio aveva colto nel segno quando<br />

i nuovi conquistatori, con rapidità spaventosa, emanarono una serie<br />

di provvedimenti a loro danno, come requisizioni (senza pagamento) di<br />

frumento, di buoi, cavalli, vino, vestiti, legname, metalli, contribuzioni<br />

di guerra ed imposte straordinarie applicate con inesorabile fierezza ed a<br />

brevissima scadenza, pena il carcere, <strong>la</strong> confisca dei beni o l'incendio<br />

del<strong>la</strong> casa a chi non voleva <strong>la</strong>sciarsi spogliare del tutto, senza par<strong>la</strong>re<br />

delle denuncie segrete, di spionaggi e di altri odiosi provvedimenti che<br />

tanto contrastavano colle paterne cure del cessato governo e colle parole<br />

Libertà, Eguaglianza, Fraternità fino al<strong>la</strong> nausea ripetute dai sempre nostri<br />

cari fratelli di oltr'Alpe e0 2 ).<br />

Soppressa l'antica podestaria e strappato Camposampiero al<strong>la</strong> morente<br />

Repubblica, <strong>la</strong> nostra cittadina fu assegnata al<strong>la</strong> Repubblica Democratica<br />

e del<strong>la</strong> Dalmazia e questo suo desiderio partecipava a Caterina di Russia. (MUSATTI: Storia<br />

di Venezia, VoI. II, pago 174, nota 4).<br />

(100) Don Giuseppe Bini fu arciprete del<strong>la</strong> nostra pieve dal 1791 al 1798.<br />

(101) Fino a qualche anno fa il signor Pietro Frasson possedette l'antico e prezioso armadio<br />

nel quale furono custodite le Sacre Specie.<br />

(102) Col<strong>la</strong> venuta dei Francesi (1797) s'inizia un <strong>per</strong>iodo assai ca<strong>la</strong>mitoso <strong>per</strong> le nostre<br />

popo<strong>la</strong>zioni; <strong>per</strong> oltre 16 anni Austriaci e Francesi, ora vinti ora vincitori, alterneranno il<br />

passaggio e le pubbliche amministrazioni ed i cittadini dovranno provvedere con denari<br />

e generi all'approvvigionamento delle truppe ora di passaggio, ora accantonate; spietate<br />

ed enormi saranno le contribuzioni di guerra, massimamente quelle imposte dai Francesi.


di Padova, conservando l'antica sede giudiziale, come lo prova un decreto<br />

del 17 Maggio 1797 dal quale riporto queste parole: « ... che i castelli<br />

di Monselice, Este, Montagnana, Castelbaldo, Cittadel<strong>la</strong>, Camposampiero<br />

denominati podestarie conservano come <strong>per</strong> lo innanzi <strong>la</strong> giudicatura<br />

civile salvo a ricorrere in grado di appel<strong>la</strong>zione all' autorità giudiziaria<br />

su<strong>per</strong>iore di Padova» C 03 ).<br />

In conclusione il Governo Democratico Provvisorio, instaurato dai<br />

Francesi, ci regalò una serie di provvedimenti criminali, come requisizioni<br />

forzate, rapine, tasse dissanguatrici e carcere preventivo, e quale<br />

panacea che a tutto rimedia e tutto risana ... l'ora francese, il calendario<br />

rivoluzionario ... ed il giogo austriaco ... C 04 ).<br />

(103) Annali del<strong>la</strong> libertà padovana, VoI. I, pago 196.<br />

(104) Bene disse l'abate Fulin che <strong>la</strong> libertà portata dai Francesi nel 1797 fmono le loro<br />

rapine ed il giogo austriaco.<br />

19°<br />

VII<br />

<strong>CAMPOSAMPIERO</strong><br />

DALLA CADUTA DELLA REPUBBLICA<br />

(1797)<br />

ALLA ANNESSIONE DELLA VENEZIA<br />

AL REGNO D'ITALIA<br />

(1866)


SOMMARIO: Caduta di Venezia. - I Francesi a Camposampiero. - Saccheggi e vandalismi<br />

<strong>per</strong>petrati. - Camposampiero dichiarata Municipalità Provvisoria, sede<br />

di un Commissariato di Vigi<strong>la</strong>nza Interna e capoluogo di Cantone. - Assieme<br />

al<strong>la</strong> Venezia, <strong>per</strong> il noto mercimonio napoleonico, Camposampiero passa all'Austria.<br />

- Ritorna ai Francesi e fa parte del COSt detto Regno Italico. - Viene<br />

dichiarata Sottoprefettura e capoluogo di Cantone. - Briganti e brigantaggio. -<br />

Caduta di Napoleone. - Ritorno degli Austriaci. - Camposampiero dichiarata<br />

sede di un Commissariato e Pretura di secondo ordine - S<strong>per</strong>anze e promesse di<br />

libertà nel maggio fiorente del<strong>la</strong> primavera italica. - Amare delusioni. - Tristi<br />

fatti. - Camposampiero si riunisce al<strong>la</strong> grande madre.<br />

La caduta di Venezia fu è vero principalmente effetto di decrepitezza,<br />

i segni del<strong>la</strong> quale appariscono evidenti in tutte le manifestazioni del<strong>la</strong><br />

vita pubblica e privata <strong>per</strong> tutto il secolo XVIII e), ma fu anche effetto<br />

dell'insipienza dei suoi governanti e) che non sep<strong>per</strong>o o non vollero<br />

(1) Queste, presso a poco, erano le condizioni del<strong>la</strong> Repubblica verso <strong>la</strong> fine del XVIII<br />

secolo; politicamente, essa era diventata potenza di secondo ordine. Militarmente non<br />

valeva più nul<strong>la</strong>; lo provano <strong>la</strong> neutralità disarmata che <strong>la</strong>sciava le porte dello stato<br />

a<strong>per</strong>te all'invasore, lo stato di abbandono in cui si trovavano le fortezze di frontiera, sguarnite<br />

di materiale bellico e di soldati, <strong>la</strong> premura dimostrata dal Governo nel raccomandare<br />

ai podestà di Terraferma di usare cortesia e ospitalità verso qualunque esercito belligerante<br />

di passaggio o di stazione e <strong>la</strong> paziente longanimità nel tollerare le violenze e le<br />

sopraffazioni dei soldati, massimamente francesi.<br />

Non cosi aveva pensato e provveduto al tempo del<strong>la</strong> guerra di Cambrai!<br />

Sotto il rapporto morale le cose non camminavano meglio; il patriziato poltriva nell'ozio,<br />

rifiutava le cariche pubbliche e di<strong>la</strong>pidava nei vizi e nei bagordi le sostanze avite,<br />

mentre il popolo, imitando i tristi esempi che venivano dall'alto, si dava al bel tempo. La<br />

vita economica e commerciale era infestata e paralizzata da una serie di privilegi, di esenzioni,<br />

di monopoli e di proibizioni di esportare che impedivano <strong>la</strong> concorrenza e diminuivano<br />

<strong>la</strong> ricchezza.<br />

Anche il porto e l'arsenale, da parecchio tempo, <strong>la</strong>nguivano abbandonati ed ino<strong>per</strong>osi.<br />

(2) Gli uomini di governo di Venezia, negli ultimi tempi, erano dominati dal<strong>la</strong> previsione<br />

fatalistica che qualunque rimedio applicato riuscisse vano ed inefficace al<strong>la</strong> salvezza<br />

13<br />

193


Al governo di Padova fu istituita una Municipalità Provvisoria composta<br />

di cittadini simpatizzanti colle idee giacobine, e Padova fu dichiarata<br />

sede del Governo Centrale, esteso al Padovano, al Polesine, Adria e Rovigo,<br />

al<strong>la</strong> cui direzione i Francesi deputarono dapprima il generale Victor<br />

Perrin e poi colui che fu onorato dal Bonaparte col titolo di figlio prediletto<br />

del<strong>la</strong> Vittoria, il generale Andrea Massena.<br />

Camposampiero, senza il titolo di podestaria, conservò gli antichi diritti<br />

sulle circostanti ville ed al governo del<strong>la</strong> nostra cittadina fu nominata<br />

una Municipalità Territoriale Provvisoria composta di dodici membri.<br />

Le cernide del<strong>la</strong> Repubblica furono disciolte e sostituite dal<strong>la</strong> guardia<br />

civica, cui dovettero iscriversi tutti i cittadini dai 18 ai 60 anni; una<br />

fascia bianco-rossa-bleu attraverso il petto era il contrassegno del<strong>la</strong> nuova<br />

milizia.<br />

Fu eretto a Camposampiero l'Albero del<strong>la</strong> Libertà? (6).<br />

Credo di SI; benché nessun documento ne parli, pure è fuor di dubbio<br />

che questi tristi arnesi furono issati anche nelle città minori, massimamente<br />

in quelle che, come <strong>la</strong> nostra, erano prima governate da un patrizio<br />

veneziano; il fatto poi che a Mirano, il 22 Dicembre 1797, quel buon<br />

popolo insorse e gridando: viva San Marco! appiccò fuoco all'Albero<br />

del<strong>la</strong> Libertà, risolve in mio favore <strong>la</strong> questione n.<br />

A Padova l'Albero fu rizzato in mezzo del Prato del<strong>la</strong> Valle ed al<strong>la</strong><br />

cerimonia inaugurale, seguita nel pomeriggio del 30 Aprile, debuttò il<br />

fanatico ex sacerdote Alvise Savonaro<strong>la</strong>; <strong>la</strong> concione rivoluzionaria fu<br />

ascoltata da scarso e freddo uditorio, fecero invece un po' di chiasso i<br />

<strong>la</strong> Municipalità Camposampierina fu costituita dopo il I Maggio del 1797. Annali del<strong>la</strong><br />

libertà ecc. - VoI. I, pago 36.<br />

(6) L'Albero del<strong>la</strong> Libertà era un'antenna tricolore, sormontata da un berretto frigio,<br />

attorno al<strong>la</strong> quale, nei primi giorni del<strong>la</strong> occupazione, facevano gazzarra i giacobini e i<br />

loro simpatizzanti.<br />

(7) Si era divulgata <strong>la</strong> falsa voce dell'arrivo degli Austriaci a Venezia.<br />

Terribile fu <strong>la</strong> vendetta dei Francesi.<br />

Appreso il fatto partirono da Padova nottetempo 400 fanti e 60 cavalleggeri ed arrivati<br />

di buon mattino a Mirano saccheggiarono 6 case signorili ed al<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione intimarono<br />

una contribuzione di 200.000 lire da versarsi entro 24 ore. Non arrivando <strong>la</strong> somma raccolta<br />

al<strong>la</strong> cifra stabilita, il generale Gujeu saccheggiò l'argenteria di quel<strong>la</strong> chiesa parrocchiale<br />

ed impose una taglia a tutti i possidenti. Annali di Padova, Inscritto, Bibl. Università<br />

di Padova, N. 860.<br />

Del resto ben di peggio fece a Treviso Giambattista Rizzetti che, terminata <strong>la</strong> cerimonia<br />

inaugurale dell' Albero del<strong>la</strong> Libertà, si recò ai piedi dello stesso e vi compi un ignobile<br />

servizio che indovinare è facile e tacere è bello, onde fu subito carcerato dai Municipalisti.<br />

monelli di quei paraggi ed alcuni ubbriachi; era <strong>la</strong> sera di un giorno<br />

di festa, e quid mirum se ciò avvenne? (8).<br />

Vediamo ora i frutti dell'Albero del<strong>la</strong> Libertà che non furono certamente<br />

buoni e ad odorar soavi, ma piuttosto di cenere e tasca.<br />

Ancora dai primi decreti del<strong>la</strong> Municipalità e del Governo Centrale di<br />

Padova, trasparisce un odio accanito contro <strong>la</strong> repubblica di Venezia e<br />

insieme una follia innovatrice che tutto sconvolge, tutto abbatte, tutto<br />

distrugge.<br />

Il decreto 12 Maggio 1797, firmato dallo stesso Bonaparte, ordina di<br />

atterrare dagli edifici pubblici e privati il leone di S. Marco.<br />

Esso ebbe piena esecuzione a Camposampiero, ove fu tolto il leone<br />

a<strong>la</strong>to, che da quattro secoli vegliava sul pa<strong>la</strong>zzo pretorio, ed assieme fu<br />

divelto il leone impresso nel<strong>la</strong> base dell' antenna di piazza del grano (ora<br />

piazza Vittoria); in seguito anche l'antenna disparve.<br />

A proposito di strage dei leoni a<strong>la</strong>ti, se mai i miei concittadini si recheranno<br />

nel cortile delle carceri (so<strong>la</strong>mente di passaggio, intendiamoci!),<br />

li invito ad osservare <strong>la</strong> <strong>la</strong>pide collocata nel muro esterno del pa<strong>la</strong>zzo<br />

comunale; si accorgeranno che il leone di San Marco e <strong>la</strong> iscrizione sono<br />

stati scalpel<strong>la</strong>ti dal vandalismo giacobino.<br />

La stessa sorte incontrò <strong>la</strong> <strong>la</strong>pide murata nel<strong>la</strong> torre di Porta Padova,<br />

del<strong>la</strong> quale resta illoculo ancora visibile, ed altre traccie di questo nuovo<br />

genere di iconoc<strong>la</strong>stia sono scomparse sotto l'intonaco o nei <strong>la</strong>vori di<br />

demolizione e di rifacimento degli edifici.<br />

Il decreto 15 Maggio 1797, proc<strong>la</strong>mato come gli altri in nome del<strong>la</strong><br />

Repubblica Francese una ed indivisibile, del<strong>la</strong> libertà ecc., ordina <strong>la</strong> distruzione<br />

dei b<strong>la</strong>soni e degli stemmi gentilizi che deturpano i pa<strong>la</strong>zzi<br />

del<strong>la</strong> città e del territorio (9) ed assieme <strong>la</strong> soppressione delle livree, degli<br />

abiti di ga<strong>la</strong>, delle uniformi, nonché l'abrogazione <strong>per</strong>petua dei titoli di<br />

conte, marchese, duca, invenzioni tutte dell' aborrita aristocrazia.<br />

Il decreto 30 Maggio 1797, emanato da Victor Perrin, ordina l'immediata<br />

cancel<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> effigie di S. Marco. « San Marco, cOSI il burbanzoso<br />

generale, sia sull'istante annichi<strong>la</strong>to onde giammai possa turbar <strong>la</strong><br />

pace degli uomini ». E SI che San Marco portava <strong>la</strong> scritta: pax tibi,<br />

Marce ... ma forse il Perrin non conosceva il <strong>la</strong>tino.<br />

Questi ed altri decreti del Governo Centrale e del<strong>la</strong> pedissequa Municipalità<br />

suscitarono il malcontento e <strong>la</strong> disapprovazione di molti, ma<br />

(8) RONCHI: L'Albero del<strong>la</strong> libertà a Padova, Padova 1907.<br />

(9) In qualche chiesa furono tolti <strong>per</strong>fino dai sepolcri gli stemmi nobiliari e con essi<br />

furono radiate le iscrizioni che ricordavano !'indipendenza comunale o gloriosi fasti del<strong>la</strong><br />

<strong>storia</strong> passata.<br />

I97


come quelli diretti ad estirpare vecchi abusi o consuetudini, non plU<br />

compatibili con i tempi cangiati; ricorderò quelli che proc<strong>la</strong>marono <strong>la</strong><br />

libertà di commercio e ritolsero gli antiquati e dannosi privilegi dei casolini,<br />

dei beccai, dei pistori, rendendo libero l'esercizio di queste, come<br />

delle altre professioni.<br />

I provvedimenti diretti a riformare l'amministrazione pubblica, <strong>la</strong> giustizia<br />

civile e penale C 6 ), <strong>la</strong> ripartizione delle imposte fra i contribuenti,<br />

l'ordinamento civile e militare e quello degli studi, risentono troppo del<strong>la</strong><br />

precipitazione con cui furono escogitati e non sono giusti e pratici come<br />

quelli del codice napoleonico.<br />

Governo Centrale e Municipalità di Padova gareggiavano nell'insultare<br />

il cessato governo di Venezia, chiamato rapace, <strong>per</strong>fido, tiranno; e<br />

tali offese, fino ad un certo punto compatibili nel<strong>la</strong> bocca dei Francesi,<br />

diventarono vergognose ed intollerabili quando erano pronunciate da<br />

qualche patrizio veneto che, <strong>per</strong> interesse o <strong>per</strong> viltà, rinnegava e vitu<strong>per</strong>ava<br />

quel<strong>la</strong> patria, dal<strong>la</strong> quale egli e i suoi maggiori avevano ottenuto<br />

privilegi, onori e ricchezze.<br />

Ma intanto che i giacobini nostrani stavano escogitando nuovi progetti,<br />

coordinati allo svolgimento del piano rivoluzionario, i loro <strong>amici</strong><br />

di Francia negoziavano coll'Austria, e frutto dell'ignobile pateracchio,<br />

cominciato a Leoben, consumato a Campoformio (17 Ottobre 1797), fu<br />

<strong>la</strong> cessione del<strong>la</strong> regione veneta all'Austria.<br />

Con quest'atto il governo francese si mostrò quale realmente era, cioè<br />

nemico d'Italia e mentitore. Instauratosi infatti collo specioso pretesto di<br />

dare ordine, pace e libertà ai nostri connazionali, <strong>per</strong>petrò a loro danno<br />

ruberie e spogli azioni di ogni fatta e, con atroci offese, insultò quanto<br />

era venerato e caro alloro cuore; affermatosi coll'altro pretesto di dare<br />

garanzia di lunga e vera ce felicità ai sudditi, nei nove mesi di sua infausta<br />

vita si rivelò oppressore e tiranno e terminò l'inonorata esistenza assoggettando<br />

le sorti dei nostri concittadini al giogo austriaco.<br />

Il Governo Centrale volle segnare <strong>la</strong> sua morte con due atti di servile<br />

cortigianeria, che male s'accordavano coi mil<strong>la</strong>ntati principii democratici.<br />

Il primo consisteva in un manifesto letto dai cittadini padovani, con<br />

piti sorpresa che dolore, sulle cantonate delle contrade nel mattino del<br />

18 Gennaio 1798; si annunciava in esso l'imminente arrivo degli Au-<br />

(16) Chi volesse conoscere come il tribunale giacobino di Padova amministrava <strong>la</strong> giustizia<br />

penale, legga <strong>la</strong> sentenza contenuta nel IV volume degli Annali pago 25, <strong>per</strong> <strong>la</strong> quale<br />

due losche figure convinte di seduzione, di tentato aborto e di infanticidio furono assolte,<br />

<strong>per</strong> inesistenza di reato!<br />

200<br />

striaci, si esaltavano le virtti di Francesco I e si invitavano i cittadini ad<br />

astenersi da qualunque dec<strong>la</strong>mazione ingiuriosa od offensiva contro qualsiasi<br />

Nazione o Persona. Oh delicatezza di coscienza dei membri del Governo<br />

Centrale! Certamente essi non avevano usato tanti riguardi quando<br />

si trattava di Venezia.<br />

Il secondo consisteva in un avviso che il Governo Centrale si affrettò<br />

di pubblicate, appena giunti gli Austriaci (20 Gennaio 1798); si notavano<br />

in esso delle allusioni abbastanza manifeste ai tumulti politici ed<br />

alle sventure passate (i Francesi erano pattiti e quindi si poteva par<strong>la</strong>re<br />

chiaramente), ma a tutto avrebbe riparato <strong>la</strong> generosità, <strong>la</strong> magnanimità<br />

e <strong>la</strong> clemenza di Francesco L<br />

CosI par<strong>la</strong>vano, e forse anche pensavano, le autorità costituite e <strong>la</strong><br />

c<strong>la</strong>sse piti elevata; ma il popolo, che nel suo buon senso innato sa dare<br />

agli avvenimenti ed alle <strong>per</strong>sone il giusto valore, il popolo che aveva<br />

veduto i soldati francesi penetrare nelle sue case, portandovi <strong>la</strong> rapina e il<br />

disonore, esultò al<strong>la</strong> loro partenza ed accolse con senso di sollievo e di<br />

giubilo l'arrivo degli Austriaci (17).<br />

Maggior contentezza avrebbe arrecato <strong>la</strong> restaurazione del<strong>la</strong> vecchia<br />

ed amata repubblica, ma ciò era possibile? Bisogna dire che il governo<br />

Austriaco di quest'epoca sia stato alquanto migliore di quello instaurato<br />

dal congresso di Vienna, se Jacopo Capitanio poté descrivere il dolore<br />

e lo sgomento dei cittadini padovani allorché, in forza di nuovi avvenimenti<br />

favorevoli ai Francesi ed infausti agli Austriaci, questi nel pomeriggio<br />

del 9 Gennaio 1801 dovettero abbandonare Padova, e quelli vi<br />

entrarono scalzi, <strong>la</strong>ceri ed affamati.<br />

Col<strong>la</strong> nuova comparsa dei Francesi ricominciarono le requisizioni, i<br />

sequestri, le multe, gli arresti e le confische che cessarono soltanto il<br />

giorno di loro partenza, 2 Aprile 1801.<br />

Arrivi e partenze degli Austriaci e dei Francesi furono festeggiati collo<br />

stesso entusiasmo dalle stesse <strong>per</strong>sone e <strong>la</strong> fioritura dei discorsi accademici,<br />

dei sonetti, delle Messe cantate e dei Te Deum fu meravigliosa ed<br />

anche nauseante.<br />

Nel<strong>la</strong> restaurazione del loro governo gli Austriaci vollero rispettate<br />

le tradizioni del<strong>la</strong> cessata repubblica ed affidarono il governo di Venezia<br />

al patrizio Francesco Pesaro, l'antico e sfortunato patrocinatore del<strong>la</strong><br />

neutralità armata. L'amministrazione del<strong>la</strong> nostra cittadina e del<strong>la</strong> podestaria<br />

fu affidata ad un giuredicente, pure esso patrizio veneto, che dal<br />

(17) Stanche di angherie, di sopraffazioni e di spogliazioni, le popo<strong>la</strong>zioni venete accolsero<br />

gli Austriaci come liberatori e, fino ad un certo punto, non ebbero torto, poiché<br />

questi ripristinarono subito l'im<strong>per</strong>o dell'ordine e del<strong>la</strong> legge.<br />

201


1798 al 1805 fu Nicolò Patuta; <strong>la</strong> Municipalità Provvisoria fu disciolta<br />

e sostituita dal<strong>la</strong> Deputazione Comunale; pi{t tardi (1805) i Francesi<br />

ripristineranno <strong>la</strong> Municipalità Provvisoria e gli Austriaci <strong>la</strong> Deputazione<br />

Comunale (1815).<br />

Esiste nel<strong>la</strong> Biblioteca Civica di Padova un Memoriale, esteso dal dottor<br />

Antonio Maria Piazza e presentato all'Im<strong>per</strong>iale Governo Austriaco,<br />

che merita di essere riportato almeno in parte, poiché ci tramanda interessanti<br />

notizie sul funzionamento del<strong>la</strong> ex-podestaria di Camposampiero<br />

in questa epoca, disgraziatamente scarsa di notizie. « La popo<strong>la</strong>zione (cosi<br />

il Piazza) del<strong>la</strong> terra di Camposampiero è composta di settantadue comuni<br />

ed è denominata podestaria; viene rappresentata da un Consiglio di<br />

Deputati, il quale elegge a sua volta ogni anno due individui detti Savi,<br />

che hanno l'esercizio dell'economato del<strong>la</strong> p,odestaria; sono loro ufizi<br />

quelli di curare il pubblico bene, di rivendicare i diritti, d'esaminare i ricorsi<br />

<strong>per</strong> le imposte straordinarie e di riattare le fabbriche pubbliche, i<br />

ponti e le strade. Nell' esecuzione di questi ultimi <strong>la</strong>vori i Savi provvedono<br />

il materiale, sorvegliano ['andamento dei <strong>la</strong>vori che prima del<strong>la</strong> loro<br />

esecuzione mettono all' asta» CS).<br />

Dal<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione si capisce come, ad onta di tante innovazioni, continuava<br />

ancora a vigere il regime amministrativo del<strong>la</strong> cessata repubblica.<br />

Questo documento ed un cenno fuggevole contenuto in un atto di<br />

morte, registrato nel Dicembre del 1800, ove <strong>per</strong> <strong>la</strong> prima volta si par<strong>la</strong><br />

delle carceri di Camposampiero, sono le uniche memorie del<strong>la</strong> dominazione<br />

austriaca C 9 ).<br />

Intanto il Bonaparte, passando di vittoria in vittoria, dopo <strong>la</strong> campale<br />

giornata di Austerlitz (2 Dicembre 1805) aveva costretto gli Austriaci<br />

a chiedere l'armistizio e poi ad accettare <strong>la</strong> pace di Presburgo (26<br />

Dicembre 1805) <strong>per</strong> <strong>la</strong> quale <strong>la</strong> regione veneta entrava a far parte del<br />

cosidetto regno d'Italia che il Bonaparte, diventato arbitro dei destini<br />

di mezza Europa, nel rimaneggiamento di essa, assegnò ad Eugenio Beauharnais,<br />

viceré d'Italia eO).<br />

Nel<strong>la</strong> nuova suddivisione (1807) Padova e territorio diventano il Di-<br />

(18) PIAZZA: Memoriali, Bibl. Civica Padova, B. P. 1019, XVI.<br />

(19) Le carceri di Camposampiero esistettero sotto il dominio dei conti, che, nei primi<br />

tempi, ebbero sui cittadini giurisdizione civile e penale; non dovettero esistere, o almeno<br />

non funzionarono che come luogo di provvisoria custodia, sotto <strong>la</strong> repubblica, poiché il nostro<br />

podestà non ebbe autorità punitiva; furono ripristinate dal governo austriaco.<br />

(20) Il Regno Italico, fondato da Napoleone, comprendeva le Marche, <strong>la</strong> Romagna, il<br />

ducato di Modena, <strong>la</strong> Lombardia e <strong>la</strong> Venezia e queste regioni erano divise in dipartimenti,<br />

secondo il costume francese. Mi<strong>la</strong>no era <strong>la</strong> città capitale.<br />

202<br />

partimento del Brenta. Camposampiero assieme ad Este e Piove di Sacco,<br />

viene dichiarata sottoprefettura e distretto che abbraccia i cantoni di<br />

Camposampiero, Cittadel<strong>la</strong> e Mirano, il capoluogo del distretto è Camposampiero<br />

che assieme a Mirano ed a Cittadel<strong>la</strong> conta 56.433 abitanti<br />

come distretto, 21.153 come cantone e l ).<br />

La sottoprefettura di Camposampiero è retta da un viceprefetto, il<br />

cantone da un podestà che dura in carica tre anni ed, a reggenza finita,<br />

può essere riconfermato <strong>per</strong> altri tre; il podestà non è più patrizio veneziano,<br />

come nei tempi andati, ma nostro concittadino.<br />

Dei viceprefetti è ricordato il nome di Luigi Marchetti, e di Matino<br />

Serbelloni, dei podestà quelli di Francesco Tentori e 2 ), Vincenzo Tergolina<br />

e Benedetto Sangalli, che governarono viceprefettura e cantone di<br />

Camposampiero <strong>per</strong> tutto il <strong>per</strong>iodo del Regno Italico (1805-1814).<br />

L'archivio parrocchiale, unica fonte da cui si possa derivare qualche<br />

(21) La divisione a dipartimenti fu introdotta in Francia nel 1789 dall'Assemblea Costituente.<br />

I dipartimenti furono divisi in distretti, i distretti in cantoni, i cantoni in comuni.<br />

Onde Camposampiero fu distretto, cantone e comune.<br />

(22) Francesco Tentori, figlio di antica e distinta famiglia camposampierina onOl'ata<br />

del<strong>la</strong> cittadinanza di Concordia, fu consilier de comun e deputà e, fino dal 1786, anche<br />

cavalier pretoriano «carico di somma importanza rapporto al<strong>la</strong> vittuaria et a sollivo dei<br />

poveri », come scriveva il nostro podestà Antonio Maria Balbi nel decreto di nomina<br />

ove fra l'altro, proc<strong>la</strong>mava il Tentoti il miglior cittadino di Camposampiero.<br />

Napoleone I creò il Tentori membro del Consiglio Generale del Dipartimento del<br />

Brenta.<br />

Al<strong>la</strong> famiglia Tentori appartenne anche l'abate Cristoforo Tentori nato a Itvera, presso<br />

Siviglia, il lO Agosto 1745 da Sebastiano, nostro concittadino, recatosi nel<strong>la</strong> Spagna<br />

<strong>per</strong> ragione di affari.<br />

A 16 anni Cristoforo passò col<strong>la</strong> famiglia a Venezia che tenne in conto di patria, illustrò<br />

cogli scritti, edificò con esempi di virtti civili e servi con fedeltà ed onore in epoca<br />

di decadenza politica e morale e di vili connivenze verso lo straniero prepotente ed<br />

invasore.<br />

E tale grandezza di carattere fu <strong>la</strong> sua maggior gloria ed anche <strong>la</strong> causa delle sue<br />

disavventure <strong>per</strong> cui, mentre altri, a lui inferiOl'i <strong>per</strong> ingegno e <strong>per</strong> coltura, godettero<br />

favori, pensioni e sussidi dai nuovi padroni, Cristoforo trascinò <strong>la</strong> sua vita nel<strong>la</strong> indigenza<br />

e dovette p1'Ocacciarsi il pane fungendo da precettore in casa Tiepolo.<br />

Mori improvvisamente a Carbonera, nel<strong>la</strong> vil<strong>la</strong> Tiepolo, il 2 Ottobre 1810 ed il suo<br />

sepolcro giacque inonorato, senza <strong>la</strong>pide e senza croce!<br />

Tra le molte o<strong>per</strong>e composte dall'insigne storico e statista citerò queste: «Saggio sul<strong>la</strong><br />

<strong>storia</strong> civile, politica, ecclesiastica di Venezia, ecc. » in 12 volumi. - Venezia. 1785-1790.<br />

«Del<strong>la</strong> legis<strong>la</strong>zione veneziana sul<strong>la</strong> preservazione del<strong>la</strong> <strong>la</strong>guna ». Venezia 1792.<br />

«Raccolta di documenti inediti che formalZo <strong>la</strong> <strong>storia</strong> diplomatica del<strong>la</strong> rivoluzione e<br />

del<strong>la</strong> caduta di Venezia ». 2 volumi. - Augusta 1799.<br />

Quest'ultima o<strong>per</strong>a, <strong>per</strong> motivi politici, comparsa senza il nome dell'autore, presenta<br />

eccezionale importanza <strong>per</strong> chi vuole conoscere gli avvenimenti che precedettero ecl accompagnarono<br />

<strong>la</strong> caduta del<strong>la</strong> millenaria repubblica.<br />

Notizie più copiose su Cristoforo Tentori si possono attingere dall, Biografie degli<br />

Italiani illustri del secolo XVHI del TIPALDO, VoI. VIII, pago 96·102. Venezia 1834.<br />

2°3


vori il brigantaggio ed allora le imprese dei briganti diventarono piu frequenti<br />

e pili terribili, mentre le popo<strong>la</strong>zioni, non difese dal<strong>la</strong> forza pubblica,<br />

<strong>per</strong>ché tutti gli uomini validi erano sotto le armi, passarono giorni<br />

c notti di trepidanti angustie e di spavento.<br />

Emuli delle gesta dei Vandali e degli iconoc<strong>la</strong>sti, i briganti distrussero<br />

molti archivi di municipi e di chiese.<br />

Da una lettera dei fabbriceri di Fratte al podestà Tentori, rilevo che<br />

i briganti piu volte tentarono di incendiare l'archivio di quel<strong>la</strong> parrocchia,<br />

salvato dal<strong>la</strong> astuzia dei fabbriceri, i quali ogni sera cangiarono di<br />

sede registri e carte e <strong>per</strong> un mese continuarono <strong>la</strong> noiosa funzione.<br />

Riuscirono purtroppo a distruggere l'archivio del<strong>la</strong> nostra podestaria,<br />

ed ecco come. Di bel giorno alcune centinaia di briganti, armati fino<br />

ai denti ed ordinati a battaglia, capitarono nel<strong>la</strong> piazza di Camposampiero<br />

c tosto presero d'assalto il pa<strong>la</strong>zzo municipale costringendo gli impiegati<br />

a scappare, quindi invasi i locali e saccheggiato quanto di buono<br />

ivi si trovava, gettarono dalle finestre buste, registri, filze e tutto il materiale<br />

d'archivio formatosi nel corso di quattro secoli e di tutto fecero<br />

un falò nel mezzo del<strong>la</strong> piazza eS).<br />

Ciò avvenne <strong>la</strong> mattina del 12 Luglio 1809.<br />

Vediamo ora alcuni provvedimenti diretti a combattere il brigantaggio.<br />

Il primo Luglio 1808 il viceprefetto di Camposampiero Marchetti<br />

ordina che, dalle 10 alle 11 di sera, si suoni a lenti rintocchi <strong>la</strong> campana<br />

maggiore di S. Pietro e comanda che a tal segno tutti i cittadini<br />

si ritirino nelle loro case, <strong>per</strong>ché, dopo quell'ora, chi sarà trovato nel<strong>la</strong><br />

piazza o nelle strade, verrà tradotto in carcere dalle pattuglie comunali,<br />

le quali avevano l'ufficio di <strong>per</strong>lustrare nottetempo le vie, <strong>per</strong> tener<br />

lontane le incursioni brigantesche e 6 ).<br />

Non bastando l'o<strong>per</strong>a delle pattuglie comunali, che in qualche luogo<br />

avevano fatto causa comune con i briganti, il prefetto di Padova con<br />

decreto 11 Luglio 1809, ordina <strong>la</strong> costituzione di uno squadrone vo<strong>la</strong>nte<br />

composto di soldati istruiti, armati e sempre pronti agli ordini e 7 ).<br />

Il 14 Luglio 1809 il prefetto annuncia ai podestà del territorio un<br />

fortunato colpo di mano o<strong>per</strong>ato dalle truppe rego<strong>la</strong>ri, le quali erano<br />

(25) Del<strong>la</strong> impresa dei briganti devo <strong>la</strong>gnarmi anch'io, <strong>per</strong>ché in causa di essa fui<br />

privato di documenti e di lumi, nel<strong>la</strong> compi<strong>la</strong>zione di queste memorie, che dovetti poi<br />

mendicare e, quali disiecta membra, raccogliere di qua e di là non senza incomodo e<br />

spese. La facinorosa impresa è ricordata da un documento posteriore custodito nell' Archivio<br />

di Stato. - Direzione del Demanio delle Provincie Venete. - Doc. 592, fase. 346. -<br />

Maggio 1830.<br />

(26) Arch. Parr. - Busta: «Corrispondenza coll'autorità civile ».<br />

(27) Arcb. Parr. - Busta: «Corrispondenza coll'autorità civile ».<br />

2.06<br />

riuscite ad arrestare una minacciata invasione di briganti diretta dal<br />

Polesine all'alto Padovano, e, lungo il Po, avevano teso un cordone di<br />

difesa, attraverso il quale i briganti non sarebbero piu passati.<br />

Continua il prefetto esortando pattuglie comunali e squadre vo<strong>la</strong>nti a<br />

<strong>per</strong>seguire gli altri briganti che, tagliati fuori dallo stato maggiore, raccolti<br />

in piccoli nuclei o sbandati, facevano <strong>la</strong> guerriglia <strong>per</strong> proprio<br />

conto e 8 ).<br />

Seguono poi altre ordinanze di minore importanza e quasi tutte del<br />

Marchetti, che impongono ad ogni Comune <strong>la</strong> istituzione del<strong>la</strong> guardia<br />

civica, consigliano di nascondere i registri degli archivi <strong>per</strong> sottrarli al<strong>la</strong><br />

paventata manomissione e comandano che si tengano ben serrati i campanili<br />

e si tolgano corde e battenti alle campane, poiché in molti luoghi<br />

i briganti erano riusciti a penetrarvi ed a suonare di notte le campane,<br />

diffondendo il panico nel<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione e 9 ).<br />

Finalmente i briganti sono domati, <strong>la</strong> loro consorteria è distrutta ed i<br />

cittadini dopo due anni di preoccupazioni, possono liberamente respirare;<br />

restano <strong>per</strong>ò ancora quegli individui sospetti che, nel tempo addietro,<br />

avevano favorito o ricettato i briganti. Contro costoro il podestà Tentori<br />

richiama l'attenzione dei parroci e spedisce ad essi un modulo da riempirsi<br />

col<strong>la</strong> dichiarazione del nome e cognome, paternità ed età dei disertori,<br />

refrattari e malviventi delle singole parrocchie. La lettera porta <strong>la</strong><br />

data del 18 Dicembre 1810, <strong>la</strong> risposta dell'arciprete Tempesta è del<br />

giorno seguente; da essa rilevo come due soli fossero i soggetti camposampierini<br />

di tale risma di cui, <strong>per</strong> i dovuti riguardi, taccio i nomi eO).<br />

La circo<strong>la</strong>re Tentori è l'ultimo documento che accenna ai briganti e<br />

brigantaggio, indice sicuro questo che l'ambiente era stato dismorbato.<br />

A scanso di equivoci, <strong>per</strong> <strong>la</strong> verità e <strong>per</strong> il buon nome di Camposampiero<br />

devo aggiungere che i nostri concittadini non esercitarono, nè favorirono<br />

il brigantaggio, ma piuttosto furono vittime di esso, come lo prova<br />

<strong>la</strong> distruzione dell'archivio municipale, mentre <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione dell'arciprete<br />

sta a dimostrare come su 1500 anime, quante ne contava allora <strong>la</strong> parrocchia,<br />

due soltanto erano i pregiudicati e questo fia suggel ch'ogni uomo<br />

sgannt.<br />

Esistono nell'archivio parrocchiale altri decreti emanati dal<strong>la</strong> su<strong>per</strong>io-<br />

(28) Arch. Parr. - Busta: «Corrispondenza coll'autorità civile ».<br />

(29) Arch. Parr. - Busta: «Corrispondenza coll'autorità civile ».<br />

(30) Neppur in passato Camposampiero ed i suoi concittadini ebbero trista fama. Infatti<br />

il 20 Luglio 1743 Antonio Minio e il 2 Giugno 1762 Antonio Corner, nostri podestà,<br />

ad analoghe domande del Consiglio dei X, risposero che a Camposampiero non vi erano<br />

malviventi, banditi o gaglioffi. (Arch. di Stato. Venezia. Avogaria di Comun. P. Miscel<strong>la</strong>nea.<br />

Busta 230).<br />

207


e autorità, notevoli quegli ispirati ad idee piu o meno giacobine che<br />

ordinano <strong>la</strong> soppressione delle antiche confraternite dei Defunti, del S. Rosario,<br />

di S. Giuseppe, del Carmine e di S. Caterina, che vietano <strong>la</strong> Messa<br />

solenne nel<strong>la</strong> notte di Natale, che proibiscono il seppellimento dei cadaveri<br />

nelle arche del<strong>la</strong> Chiesa, che istituiscono <strong>la</strong> Fabbriceria <strong>per</strong> l'amministrazione<br />

dei beni ecclesiastici, ecc.<br />

Meritano invece speciale menzione quei decreti che, ispirati a piu alta<br />

e piu pura idealità e scevri da settaria partigianeria, ordinano il censimento,<br />

proscrivono l'accattonaggio e promuovono collette nelle singole<br />

chiese allo scopo di istituire in Padova una Casa di Ricovero CI) che provveda<br />

onesto sostentamento ai vecchi di povera condizione, ed una scuo<strong>la</strong><br />

d'arte e mestieri che, ritogliendo i ragazzi dai <strong>per</strong>icoli del<strong>la</strong> strada, insegni<br />

il modo di procurarsi onoratamente di che vivere CZ).<br />

Delle o<strong>per</strong>e compiute a Camposampiero durante il regno napoleonico<br />

non resta che il ponte sopra il Vandura, nei pressi dell'attuale Banca Popo<strong>la</strong>re,<br />

costruito a spese del<strong>la</strong> Comunità, come lo attesta questa iscrizione<br />

che ancor oggi si può leggere:<br />

CAMPISANCTIPETRI<br />

MUNICIPIUM FECIT<br />

AERE PROPRIO<br />

1806 C 3 )<br />

Ma anche il regno italico, come gli altri regni napoleonici privi di tradizioni<br />

storiche o di basi razionali e tenuti in vita dal<strong>la</strong> ferrea volontà<br />

del loro autore, doveva sparire quando <strong>la</strong> fortuna cessava di mostrare il<br />

volto amico al Corso fatale C 4 ).<br />

(31) Tale istituzione ebbe vita lO anni dopo, cioè nel 1821 e principalmente <strong>per</strong><br />

l'o<strong>per</strong>a fi<strong>la</strong>ntropica di Mons. Scipione Dondi Dall'Orologio, vescovo di Padova. Al qual<br />

proposito dirò che il detto pre<strong>la</strong>to fu nominato vicario capito<strong>la</strong>re dopo <strong>la</strong> morte del vescovo<br />

Nicolò Giustiniani (24 Novembre 1796) a cui successe soltanto neì 1807, cioè dopo<br />

quasi 11 anni di vacanza dovuta alle pretese del governo austriaco. Il Dondi fu dei primi<br />

vescovi di Terraferma non veneziani e benché simpatizzante <strong>per</strong> le idee nuove, fu tem<strong>per</strong>ato<br />

nel sostenerle e ligio ai doveri dell'alto suo ufficio. Illustrò <strong>la</strong> cattedra del Barbarigo<br />

col<strong>la</strong> scienza, col<strong>la</strong> pietà, sopra tutto col<strong>la</strong> carità.<br />

(32) È cosa doverosa il ricordare come i tre massimi istituti di beneficenza di Padova<br />

sorsero <strong>per</strong> iniziativa o <strong>per</strong> l'appoggio dei vescovi di quel<strong>la</strong> città. Quindi al<strong>la</strong> fondazione<br />

del Monte di Pietà, dell'Ospedale e del<strong>la</strong> Casa di Ricovero sono assocl'ati rispettivamente<br />

i nomi dei vescovi Pietro Barozzi, Nicolò Giustiniani e Scipione Dondi dall'Orologio.<br />

(33) Oggidi il ponte fu demolito e ricostruito con piu ampie e rego<strong>la</strong>ri proporzioni.<br />

(34) Ricorderò anche che alcuni Camposampierini parteciparono alle campagne napoleoniche<br />

di Spagna e di Russia.<br />

Durante il regno italico stanziò a Camposampiero un presidio di soldati francesi co-<br />

208<br />

E <strong>la</strong> disfatta di Lipsia (17-19 Ottobre 1813), seguita dall'abdicazione<br />

del Bonaparte, mise il viceré Eugenio in assai critiche condizioni, <strong>per</strong> cui,<br />

vedendosi esposto alle ire dei sudditi, stanchi del governo francese, ed<br />

alle inimicizie degli altri sovrani d'Europa, imbaldanziti <strong>per</strong> gli insuccessi<br />

napoleonici, da uomo avveduto provvide assai bene ai casi propri e,<br />

raccolte le immense ricchezze accumu<strong>la</strong>te e piantati regno e sudditi, si ritirò<br />

a Monaco di Baviera ove condusse vita privata fino al<strong>la</strong> morte (1824).<br />

La ritirata di Eugenio e dei Francesi fu seguita dal<strong>la</strong> immediata occupazione<br />

degli Austriaci che si estese al<strong>la</strong> Venezia e al<strong>la</strong> Lombardia (1814),<br />

cOSI che il trattato di Vienna, assegnando queste due regioni all'Austria,<br />

non fece che ratificare il fatto compiuto.<br />

Assieme a questi avvenimenti politici di capitale importanza, altri<br />

avvenimenti di carattere tutto intimo e di indole demografica, economica<br />

e morale si svolsero a Camposampiero e contribuirono a cangiarne <strong>la</strong><br />

vecchia fisionomia.<br />

Notasi infatti, fra gli anni 1797 e 1820, uno straordinario movimento<br />

di emigrazione di vecchie famiglie paesane e d'immigrazione di famiglie<br />

forestiere che, stanziatesi quivi, occuparono case e terreni <strong>la</strong>sciati dalle<br />

prime. In forza di tale fenomeno le vecchie famiglie camposampierine<br />

restarono ben poche.<br />

La rovina poi del<strong>la</strong> repubblica di Venezia, <strong>per</strong> una concomitanza di<br />

cause e di effetti che non è qui luogo di ricordare, trasse con sé quel<strong>la</strong><br />

di molte famiglie patrizie veneziane, che, oberate di debiti, ed avvezze<br />

ad una vita fastosa ed oziosa, <strong>per</strong> pagare i creditori e continuare nelle<br />

vecchie abitudini, dovettero vendere terreni e ville.<br />

Chi ne guadagnò in questi cangiamenti fu <strong>la</strong> gente nuova (c<strong>la</strong>sse borghese)<br />

che i subiti guadagni e gli avvenimenti politici favorevoli avevano<br />

innalzato ad ins<strong>per</strong>ate fortune.<br />

Il catasto, compi<strong>la</strong>to nell'anno 1817 ed esistente presso il locale<br />

Ufficio delle Imposte, dimostra come i Veneziani, fino al 1797 signori di<br />

quasi metà del<strong>la</strong> proprietà terriera di Camposampiero, si erano ridotti<br />

allora a possederne appena una quinta parte eS).<br />

mandato da un capitano di piazza e lo stesso era avvenuto sotto il dominio austriaco<br />

(1798-1805).<br />

(35) Nei secoli passati <strong>la</strong> proprietà familiare dei patrizi veneziani ebbe carattere quasi<br />

sacro e, con gelosa cura, fu tramandata di padre in figlio. - Le vecchie <strong>per</strong>izie dei beni,<br />

illustrate con acquerelli che rilevano piantagioni, case, strade e corsi d'acqua, erano conservate<br />

e custodite negli artistici cassoni accanto ai zecchini, ai crosom, alle zoie ed all'albero<br />

genealogico di famiglia. Rari erano i cambiamenti di proprietà e quasi sempre dovuti<br />

ad assegnazioni di dote.<br />

Al<strong>la</strong> conservazione dei patrimoni molto contribui il fidecommesso, disposizione testa-<br />

14<br />

209


Passando Camposampiero al dominio austriaco fece parte del Regno<br />

Lombardo-Veneto e diventò sede di una pretura, di un commissariato di<br />

secondo ordine e capoluogo di distretto, il quale, con circoscrizione rimaneggiata,<br />

comprese i comuni di Campodarsego, Camposanmartino,<br />

Curtarolo, Loreggia, Massanzago, Piombino, S. Eufemia, S. Giorgio delle<br />

Pertiche, S. Giustina in Colle, S. Michele delle Abbadesse e 6 ), Trebaseleghe,<br />

Vil<strong>la</strong> del Conte e Vil<strong>la</strong>nova.<br />

Gli avvenimenti che si svolsero durante <strong>la</strong> dominazione austriaca<br />

(1814-1866), sono pochi e di re<strong>la</strong>tiva importanza e si possono ridurre<br />

alle due funzioni di parata che infallibilmente si ripetevano ogni anno,<br />

quando il Commissario e 7 ), invitava autorità e popolo nel<strong>la</strong> chiesa di<br />

S. Pietro <strong>per</strong> il canto del Te Deum nell'anniversario del<strong>la</strong> nascita e del<strong>la</strong><br />

incoronazione di Francesco I, di Ferdinando I, di Francesco Giuseppe,<br />

successivamente im<strong>per</strong>atori d'Austria.<br />

Ma queste cerimonie ufficiali ed ufficiose, fredde ed auliche, male rispondevano<br />

ai sentimenti dei nostri concittadini, i quali non potevano<br />

ce<strong>la</strong>re <strong>la</strong> loro avversione ed il disprezzo verso un governo fondato sul<strong>la</strong><br />

reazione, mantenuto dai sospetti, rinforzato dallo spionaggio e dalle forche<br />

e che mirava a reprimere con rigore ogni sentimento di italianità.<br />

« Bisogna che gli Italiani dimentichino di esser figli d)Italia <strong>per</strong> essere<br />

sudditi Tedeschi» andava ripetendo il grande ispiratore del<strong>la</strong> politica<br />

austriaca, principe Metternich eS). Tali propositi inasprirono gli animi<br />

degli italiani, li infiammarono di amore verso <strong>la</strong> loro disgraziata patria,<br />

e indussero i più audaci ad atti di ribellione, i più timidi ad attendere<br />

con ansia il giorno del<strong>la</strong> riscossa.<br />

Ed il giorno parve arrivato allorché dal piccolo Piemonte parti e si<br />

diffuse <strong>per</strong> tutta l'Italia il messaggio del<strong>la</strong> liberazione che tante s<strong>per</strong>anze<br />

e tanti palpiti generosi suscitò nel petto di ogni italiano, nel Maggio<br />

fiorente del<strong>la</strong> nostra <strong>storia</strong> (primavera 1848).<br />

Per fortunata coincidenza giunsero in Italia e si divulgarono dalle Alpi<br />

al Lilibeo le sensazionali notizie che a Vienna era scoppiata l'insurre-<br />

mentaria molto in uso sotto <strong>la</strong> Serenissima, <strong>per</strong> <strong>la</strong> quale l'erede non poteva alienare il<br />

pa<strong>la</strong>zzo o il fondo ereditato.<br />

I fidecommessi, assieme alle primogeniture ed ai maggioraschi, furono abrogati da un<br />

decreto del Governo Centrale del Padovano il 22 Agosto 1797 e <strong>la</strong> loro abolizione non<br />

fu certo l'ultima causa del<strong>la</strong> rovina del patriziato veneziano.<br />

(36) S. Michele delle Abbadesse, S. Leonardo, S. Eufemia più tardi formarono un<br />

solo Comune, denominato Borgoricco.<br />

(37) Fra i nostri commissari ricorderò Pietro fratello del poeta veneziano Luigi<br />

Caner.<br />

(38) È celebre <strong>la</strong> formu<strong>la</strong> tanto cara a Metternich: «L'Italia è un'espressione geografica<br />

e nul<strong>la</strong> pit;».<br />

210<br />

zione, che il Metternich era stato licenziato, che l'Ungheria si era sollevata.<br />

A tali notizie Mi<strong>la</strong>no improvvisa le barricate, organizza le cinque<br />

giornate e, cacciati gli Austriaci, proc<strong>la</strong>ma <strong>la</strong> propria indipendenza. Venezia<br />

segue l'esempio di Mi<strong>la</strong>no ed il popolo, sollevato si contro l'oppressore,<br />

sfonda le porte delle carceri, ritoglie dai ceppi, porta in trionfo<br />

Daniele Manin e 9 ) e lo proc<strong>la</strong>ma doge del<strong>la</strong> nuova repubblica, che parve<br />

soltanto risorta <strong>per</strong> <strong>la</strong>vare l'onta del<strong>la</strong> vecchia con nuova ed altrettanto<br />

gloriosa morte, quanto ignominiosa era stata <strong>la</strong> prima.<br />

Questo impulso di vita rinnovel<strong>la</strong>ta, tutta fatta di s<strong>per</strong>anze, di febbrili<br />

attività, di entusiasmi e di sogni, trova eco anche nel<strong>la</strong> nostra<br />

cittadina, e Camposampiero, imitando Padova, si costituisce a Governo<br />

Provvisorio, a cui vengono chiamati dal<strong>la</strong> fiducia popo<strong>la</strong>re i signori Ernesto<br />

Favero, Giuseppe Zuliani e Carlo Graziani (dal 15 Marzo al lO<br />

Giugno 1848) (40).<br />

Il governo provvisorio si mette subito all'o<strong>per</strong>a ed i primi atti sono<br />

quelli di proc<strong>la</strong>mare l'adesione al<strong>la</strong> monarchia costituzionale di Carlo<br />

Alberto, di chiedere al governo di Venezia l'autorizzazione <strong>per</strong> un prestito<br />

di lire duemi<strong>la</strong> da incontrarsi col Comune di Campodarsego <strong>per</strong> <strong>la</strong><br />

costituzione del<strong>la</strong> Guardia Civica, e di indire l'arruo<strong>la</strong>mento dei crociati<br />

volontari che devono partire <strong>per</strong> Vicenza ave maggiormente si accanisce<br />

<strong>la</strong> resistenza nemica (41).<br />

Nel<strong>la</strong> piazza del grano garrisce ancora al venti il vessillo di S. Marco<br />

che tante reminiscenze gloriose nel<strong>la</strong> memoria e tanti cari affetti ridesta<br />

nel cuore, mentre nel<strong>la</strong> casa del signor Ernesto Favero, diventata sede<br />

del movimento politico e militare cittadino, di giorno e di notte si raccoglie<br />

il ceto intellettuale camposampierino, ostentante coccarde tricolori<br />

ed ansioso di apprendere le notizie giunte dal Piemonte, da Vicenza<br />

e da Venezia.<br />

Il signor Ernesto Faveto, che mai passò in vita sua giorni di cosi assil<strong>la</strong>nte<br />

<strong>la</strong>voro, comunica ed illustra i dispacci che, <strong>per</strong> a<strong>per</strong>ta o segreta<br />

via, riceve, terminando <strong>la</strong> sua o<strong>per</strong>a di reporter con quel<strong>la</strong> di tribuna<br />

che, con concioni italianissime, infiamma l'uditorio all'amore del<strong>la</strong> patria<br />

e tutti esorta a bene s<strong>per</strong>are nei suoi destini.<br />

Ma gli Austriaci dovunque cacciati, trovano un luogo di rifugio e di<br />

(39) Daniel Manin e Nicolò Tommaseo erano stati carcerati alcuni giorni innanzi <strong>per</strong> il<br />

101'0 amore di patria e <strong>per</strong> <strong>la</strong> franchezza intrepida davanti al nemico.<br />

(40) La busta del<strong>la</strong> gestione del nostro Comune <strong>per</strong> l'anno 1848, esistente nell'Arch.<br />

Municip., contiene pochissimi documenti del Governo Provvisorio; si vede che, prima<br />

del ritorno degli Austriaci, fu distrutto quanto si ritenne compromettente.<br />

(41) Archivio Municipale di Camposampiero. Busta 1848.<br />

211


minaccia nel quadri<strong>la</strong>tero, compreso tra le fortezze di Verona, Mantova,<br />

Legnano e Peschiera; <strong>per</strong> snidarli da queste posizioni e costringerli a ripassare<br />

le Alpi, muove dal generoso Piemonte re Carlo Alberto, su di<br />

lui s'appuntano gli occhi, i cuori e le s<strong>per</strong>anze degli Italiani.<br />

Gli inizi del<strong>la</strong> campagna sono oltremodo promettenti, <strong>per</strong>ché i Piemontesi,<br />

valicato il Mincio, attaccano gli Austriaci nei loro serragli e le vittorie<br />

di Pastrengo, Goito e Governolo sembrano presagire l'ora del riscatto.<br />

Ma l'arrivo di nuovi e poderosi rinforzi nemici, l'impreparazione delle<br />

truppe e <strong>la</strong> <strong>per</strong>plessità dei generali piemontesi, compromettono l'esito<br />

del<strong>la</strong> guerra, POCQ avanti cOSI lusinghiero, e i disastri di Custoza e di<br />

Novara conducono al<strong>la</strong> restaurazione del dominio austriaco che, con ribaditi<br />

ceppi di servaggio, si afferma e si protrae fino al 1866.<br />

In quell'anno Camposampiero con tutta <strong>la</strong> regione veneta passò definitivamente<br />

e si riuni al<strong>la</strong> grande madre comune di ogni italiano.<br />

Sono tristi avvenimenti di quest'epoca le epidemie coleriche del 1836<br />

e del 1855 e <strong>la</strong> fuci<strong>la</strong>zione di lO pregiudicati, parte camposampierini,<br />

parte dei vicini paesi, decretata dall'Im<strong>per</strong>iale Giudizio Statario ed eseguita<br />

nel nostro Campo Marzio nei giorni 5, 6, lO, 18, 24 Dicembre<br />

1851 (42).<br />

(42) Registro civile dei morti anni 1836-1851-1855.<br />

212<br />

VIII<br />

SERIE CRONOLOGICA DEI PODESTÀ VENETI<br />

DI <strong>CAMPOSAMPIERO</strong>


Esibisco ai miei lettori <strong>la</strong> serie dei nostri podestà desunta dai registri<br />

dei Reggimenti e dai registri Segretario alle voci dell'Archivio di Stato e<br />

completata con nomi tolti da documenti pubblici.<br />

e) ................. 1405 - 1411<br />

Marino Baffo 1412<br />

Gasparo Renier 1418<br />

Nicolò Bondumier 1420<br />

Giorgio Michiel 1435<br />

Andrea Maustro 15 Gennaio 1438<br />

Giacomo Correr 28 Gennaio 1439<br />

Fantino Premarin 19 Giugno 1440<br />

Giulio Loredan 15 Ottobre 1441<br />

Giro<strong>la</strong>mo Barbarigo 24 Maggio 1442<br />

Vito Canatorta 19 Gennaio 1443<br />

Lorenzo da Mosto 30 Marzo 1445<br />

Marco Dolfìn 12 Giugno 1446<br />

Francesco Zorzi 29 Giugno 1446<br />

Simeone Morosini 17 Novembre 1448<br />

Nicolò Arimondo 1 Marzo 1449<br />

Pietro Salomon 24 Giugno 1450<br />

Giovanni Surian 18 Luglio 1451<br />

Domenico Correr 5 Novembre 1452<br />

Ettore Soranzo 26 Novembre 1452<br />

Lodovico Navagero 1 Settembre 1454<br />

-- -"-----"_ .. _"."--<br />

(1) Finora ho ricercato invano il nome dei podestà anteriori al 1411, che dovettero<br />

essere almeno quattro a partire dal 1405, epoca in cui <strong>la</strong> Serenissima estese il suo dominio<br />

su Camposampiero, e neppure ho trovato il nome dei podestà fra il 1412 e il 1418 che<br />

dovettero essere altri quattro.<br />

21 5


Paolo Zane 27 Luglio 1596<br />

Pietro Michiel<br />

Lorenzo Bembo l Settembre 1665<br />

14 Ottobre 1597 Giacomo Semitecolo 13 Novembre<br />

Giovanni de Mezo<br />

1666<br />

14 Ottobre 1598<br />

Gaspare Salomon<br />

Paolo DoHìn 2 Giugno 1668<br />

14 Marzo 1600 Nicolò Molin 18 Maggio<br />

Leonardo Zorzi<br />

1670<br />

15 Giugno 1601<br />

Tomaso Donato<br />

Giovanni Corner 15 Ottobre 1671<br />

1603 Angelo Venier 18 Marzo 1673<br />

Giorgio Loredan<br />

1606 Francesco Longo 13 Giugno 1674<br />

Francesco Balbi 12 Giugno 1612 Giuseppe Barbaro 9 Ottobre 1675<br />

Guido A vogaro 13 Luglio 1613 Bartolomeo Zen 23 Marzo 1677<br />

Antonio Longo 25 Novembre 1614 Antonio Barbaro 5 Ottobre 1678<br />

Giambattista Michiel 23 Marzo 1615 Marc' Antonio Gius tinian 4 Gennaio 1680<br />

Giovanni Francesco Balbi 16 Luglio 1616 Alberto Barbaro 13 Aprile 1681<br />

Lorenzo Zorzi 14 Giugno 1617 Marco Zen 12 Agosto 1682<br />

Tomaso Pizzamano 13 Settembre 1618 Domenico Diedo 20 Gennaio 1684<br />

Giro<strong>la</strong>mo Donato 2 Gennaio 1619 Andrea Priuli 26 Aprile 1685<br />

Lorenzo Pasqualigo 4 Aprile 1621 Giacomo Barbaro 25 Agosto 1686<br />

Francesco Pasqualigo 3 Luglio 1622 Camillo Barbaro 26 Dicembre 1687<br />

Simone Salomon 8 Aprile 1624 Bartolomeo Balbi 27 Aprile 1689<br />

Tomaso Pizzamano 13 Marzo 1625 Giovanni Francesco Zorzi 26 Agosto 1690<br />

Francesco Diedo 5 Febbraio 1626 Vettore Morosini 19 Gennaio 1692<br />

Andrea Malipiero .31 Marzo 1627 Lorenzo Pizzamano 6 Maggio 1693<br />

Andrea Dolfin 17 Aprile 1628 Vincenzo Longo 6 Settembre 1694<br />

Giro<strong>la</strong>mo Valier 19 Dicembre 1628 Giacomo Marin 7 Gennaio 1696<br />

Camillo Loredan 16 Giugno 1630 Marino Nadal 5 Marzo 1697<br />

Giulio Zorzi 6 Maggio 1631 Domenico Diedo 4 Luglio 1698<br />

Nicolò Contarini<br />

1632 Domenico Zen 22 Ottobre 1699<br />

Nicolò Dolfin 12 Novemhre 1634 Giacomo Barbaro 2 Marzo 1701<br />

Giro<strong>la</strong>mo Valier 5 Luglio 1637 Antonio Balbi 12 Luglio 1702<br />

Antonio Zorzi 22 Ottobre 1638 Marc'Antonio Barbaro 20 Dicembre 1703<br />

PeIIegrino Pasqualigo lO Maggio 1640 Vincenzo Zen 3 Aprile 1705<br />

Nicolò Dolfin 17 Maggio 1642 Tomaso Longo 2 Agosto 1706<br />

Giambattista Baseggio 17 Aprile 1644 Paolo Longo 8 Dicembre 1707<br />

Francesco Col<strong>la</strong>lto 20 Novembre 1644 Benedetto Balbi 16 Aprile 1709<br />

Giovanni Zorzi 18 Aprile 1646 Lorenzo Pizzamano 16 Agosto 1710<br />

Sebastiano Corner 4 Agosto 1647 Giovanni Minio 20 Dicembre 1711<br />

Andrea Michiel 27 Settembre 1648 Giro<strong>la</strong>mo Marin 6 Maggio 1713<br />

Tomaso Pizzamano 15 Aprile 1649 Angelo Ven1er 12 Agosto 1714<br />

Gabriele Pisani 28 Agosto 1650 Giovanni Carlo Zorzi 19 Marzo 1715<br />

Alvise Zorzi 22 Aprile 1657 Francesco Diedo 19 Luglio 1716<br />

Costantino Zorzi 14 Agosto 1653 Luc' Antonio Zancariol 27 Novembre 1717<br />

Giorgio Loredan 16 Dicembre 1654 Nicolò Pisani 1 Aprile 1719<br />

Pietro Molin 28 Maggio 1656 Marco Barbaro 8 Agosto 1720<br />

Angelo Premarin 12 Settembre 1657 Francesco Maria Balbi 16 Dicembre 1721<br />

Bartolomeo Balbi 29 Dicembre 1658 Antonio Soranzo 24 Aprile 1723<br />

Marco Muazzo 23 Marzo 1660 Alvise Corner 23 Agosto 1724<br />

Paolo Corner 1 Gennaio 1662 Giovanni Bon 30 Dicembre 1725<br />

Pietro Loredan 17 Aprile 1662 Nicolò Pizzamano 8 Maggio 1727<br />

Francesco Baseggio 27 Giugno 1664 Tomaso Antonio Quirini 15 Settembre 1728<br />

218 219


Giro<strong>la</strong>mo Natale Canal<br />

Lorenzo Pizzamano<br />

Francesco Corner<br />

Marco Badoer<br />

Federico Priuli<br />

Bonaventura Diedo<br />

Lorenzo Pizzamano<br />

Francesco Corner<br />

Cesare Balbi<br />

Andrea Minio<br />

Pietro Antonio 20rzi<br />

Mare' Antonio Balbi<br />

Triffone Barbaro<br />

Marco 20rzi<br />

Giovanni Antonio Minio<br />

Ottaviano Balbi<br />

Antonio Dolfin<br />

Marc'Antonio Corner<br />

Nicolò Balbi<br />

2accaria Bonlini<br />

Diego Corner<br />

Lorenzo Contarini<br />

Ruggero Badoer<br />

Antonio Corner<br />

Marco Pizzamano<br />

Giacomo Bembo<br />

Diego Corner<br />

Pietro Antonio da Riva<br />

Giacomo Pietro 20rzi<br />

Marco Barbaro<br />

Sebastiano Barozzi<br />

Carlo Marin<br />

Diego Corner<br />

Domenico Maria Contarini<br />

Fantino Contarini<br />

Francesco Contarini<br />

Simone Barbaro<br />

Sebastiano Soranzo<br />

Giorgio Balbi<br />

Pietro Bembo<br />

Giovanni Alvise Minio<br />

Giovanni Minio<br />

Antonio Maria Balbi<br />

Andrea Barbaro<br />

Giro<strong>la</strong>mo Contarini<br />

Giambattista Corner<br />

Antonio Bon<br />

Michiel Morosini<br />

220<br />

23 Gennaio<br />

23 Maggio<br />

23 Settembre<br />

30 Gennaio<br />

6 Giugno<br />

13 Ottobre<br />

20 Febbraio<br />

30 Giugno<br />

5 Novembre<br />

13 Marzo<br />

20 Luglio<br />

28 Novembre<br />

3 Aprile<br />

lO Agosto<br />

18 Dicembre<br />

25 Aprile<br />

25 Agosto<br />

2 Gennaio<br />

9 Maggio<br />

9 Settembre<br />

21 Gennaio<br />

19 Maggio<br />

27 Settembre<br />

4 Febbraio<br />

12 Giugno<br />

Il Ottobre<br />

lO Febbraio<br />

17 Giugno<br />

24 Ottobre<br />

4 Marzo<br />

4 Luglio<br />

Il Novembre<br />

18 Marzo<br />

25 Luglio<br />

2 Dicembre<br />

9 Aprile<br />

8 Agosto<br />

8 Dicembre<br />

16 Aprile<br />

23 Agosto<br />

20 Dicembre<br />

8 Maggio<br />

8 Settembre<br />

16 Gennaio<br />

23 Maggio<br />

30 Settembre<br />

6 Febbraio<br />

14 Giugno<br />

1730<br />

1731<br />

1732<br />

1734<br />

1735<br />

1736<br />

1739<br />

1739<br />

1740<br />

1742<br />

1743<br />

1744<br />

1746<br />

1747<br />

1748<br />

1750<br />

1751<br />

1753<br />

1754<br />

1755<br />

1756<br />

1758<br />

1759<br />

1761<br />

1762<br />

1763<br />

1765<br />

1766<br />

1767<br />

1769<br />

1770<br />

1771<br />

1773<br />

1774<br />

1775<br />

1777<br />

1778<br />

1779<br />

1781<br />

1782<br />

1783<br />

1785<br />

1786<br />

1788<br />

1789<br />

1790<br />

1792<br />

1793<br />

Giacomo Antonio Contarini<br />

Giuseppe 20rzi<br />

22 Ottobre<br />

2 Marzo<br />

1794<br />

1796<br />

Il podestà durava in carica 16 mesi, ma spesso questo tempo fu prolungato<br />

e qualche altra volta, <strong>per</strong> ordine del Senato, motivato da gravi<br />

ragioni (correzione, castigo, promozione), fu anche accorciato.<br />

Nessuno dei podestà camposampierini mori in carica; i registri mortu<br />

ari conservano invece gli atti necrologici di mogli e figli dei podestà<br />

morti a Camposampiero ed i registri battesimali ci tramandano i nomi di<br />

parecchi figli di podestà quivi nati.<br />

Il battesimo dei figli dei podestà, amministrato sempre dall'arciprete,<br />

era accompagnato da certe solennità; vi presenziavano i Savi del<strong>la</strong> podestaria,<br />

il collegio dei Cavalieri pretoriani, gli uomini del Comune, il cancelliere<br />

e fungevano da padrini i patrizi veneziani quivi villeggianti; l'arciprete<br />

poi quasi sempre riservava una pagina di registro <strong>per</strong> <strong>la</strong> redazione<br />

dell'atto battesimale.<br />

22I


PARTE SECONDA<br />

STORIA ECCLESIASTICA


15<br />

A SUA ECCELLENZA<br />

Mons. ANDREA GIACINTO LONGHIN<br />

VESCOVO DI TREVISO<br />

QUESTE MEMORIE STORICHE<br />

DELLA VETUSTA PIEVE<br />

DI <strong>CAMPOSAMPIERO</strong><br />

LONTANA DALLA SUA PERSONA<br />

VICINISSiMA AL SUO CUORE<br />

CON REVERENTE AFFETTO<br />

L'AUTORE<br />

CONSACRA


I<br />

LA PIEVE DI <strong>CAMPOSAMPIERO</strong>


SOMMARIO: Notizie preliminari sul<strong>la</strong> pieve di Camposampiero. - Origine e progressivo<br />

sviluppo. - Sua antica e probabile dipendenza dal<strong>la</strong> diocesi di Padova. -<br />

In epoca non precisata passa a quel<strong>la</strong> di Treviso. - Il castello di Camposampiero<br />

e l'abbazia di S. Eufemia di Vil<strong>la</strong>nova. - Fonti di <strong>storia</strong> ecclesiastica camposampierina<br />

dal secolo XV in poi. - Re<strong>la</strong>zioni delle visite pastorali. - Cortesie scambiate<br />

fra il vescovo di Treviso ed il podestà di Camposampiero.<br />

La pieve di Camposampiero, del<strong>la</strong> quale imprendo a narrare le principali<br />

vicende storiche, è compresa tra le finitime di Loreggia e Rustega<br />

del<strong>la</strong> diocesi di Treviso, di S. Giorgio delle Pertiche e Santa Eufemia<br />

del<strong>la</strong> diocesi di Padova e poiché queste chiese matrici coll'andar del tempo<br />

figliarono delle cappelle, piti tardi diventate parrocchie, cosi oggidi<strong>la</strong><br />

nostra confina con quel<strong>la</strong> di Loreggio<strong>la</strong>, Loreggia, Rustega, S. Leonardo<br />

di Borgoricco, S. Michele delle Abbadesse, San Giorgio delle Pertiche,<br />

S. Giustina in Colle, San Marco di Campoarcone o di Camposampiero e<br />

Fratte C).<br />

La nostra pieve non ebbe mai chiese filiali e fu sempre indipendente,<br />

non troppo vasta e numerosa, né troppo ristretta <strong>per</strong> estensione e <strong>per</strong><br />

popo<strong>la</strong>zione e); essa vanta una chiesa abbastanza bel<strong>la</strong>, benché insufficiente<br />

ai bisogni del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione piti che duplicata da un secolo in<br />

qua; vicino al<strong>la</strong> chiesa sorge <strong>la</strong> robusta torre campanaria con buon concerto<br />

di campane e nel territorio vi sono un convento, un santuario antoniano,<br />

diversi oratorii, case religiose e pie istituzioni, che non ogni<br />

paese può vantare.<br />

(1) Per quanto riguarda le antiche pievi e le cappelle filiali ho consultato i registri degli<br />

archivi curiali di Padova e di Treviso.<br />

(2) Oggidi conta 3300 abitanti.<br />

229


fusero il culto di S. Giorgio « il santo cavaliere ed il santo dei cavalieri»<br />

al cui onore furono eretti, su e giu <strong>per</strong> il territorio, chiese, edicole<br />

e sacelli C).<br />

A compimento di queste notizie aggiungerò che dapprima nell'amministrazione<br />

delle chiese emersero soltanto gli episcopi, ma quando il cristianesimo<br />

si diffuse nelle campagne a <strong>la</strong>to agli episcopi apparvero i corepisco<br />

pi (vescovi di vil<strong>la</strong>ggio) che senza residenza fissa, come i missionari<br />

di oggi di, si recavano di paese in paese <strong>per</strong> provvedere ai bisogni spirirituali<br />

delle nuove comunità.<br />

Avvenuta <strong>la</strong> conversione delle campagne, i corepiscopi scomparvero<br />

quasi del tutto, ed il campo restò nettamente diviso fra gli episcopi ed i<br />

presbiteri detti parroci; i primi sorvegliavano, e provvedevano alle comunità<br />

religiose del<strong>la</strong> città, i secondi a quelle di campagna.<br />

Circa l'origine e <strong>la</strong> evoluzione storica del<strong>la</strong> nostra pieve non posso<br />

affermare piu di quanto ho detto; documenti o monumenti di vecchia<br />

data non ve ne sono, ed il primo accenno ad essa, lo si trova nel<strong>la</strong> bol<strong>la</strong><br />

del B. Eugenio III (1152) eD) che <strong>la</strong> presenta come pieve già formata,<br />

provveduta di battistero, retta da pievano, detto piu tardi arciprete, ed<br />

al<strong>la</strong> dipendenza del vescovo di Treviso a cui venne confermata.<br />

Mette conto di ricordare come <strong>la</strong> diffusione del cristianesimo nell'aaro<br />

b<br />

patavino coincise con lunga ed ininterrotta serie di disavventure religiose<br />

e politiche, che tanto valsero a <strong>per</strong>turbare lo stato delle nascenti comunità<br />

cristiane ed a compromettere assieme <strong>la</strong> pace e <strong>la</strong> fortuna dei paesi,<br />

delle famiglie e degli individui. Difatti, avvenuto appena il passaggio delle<br />

nostre popo<strong>la</strong>zioni al culto del Dio vero, ecco sorgere ad intaccare <strong>la</strong> fede<br />

cattolica l'eresia ariana, turbine che veloce corse da oriente ad occidente ,<br />

tempesta deso<strong>la</strong>trice che mise a serio <strong>per</strong>icolo le s<strong>per</strong>anze del<strong>la</strong> religione,<br />

raffica assideratrice, passata sopra le comunità cristiane come gelido borea<br />

su di un giardino fiorito, arrestandovi di botto <strong>la</strong> vita religiosa, pur<br />

dianzi piena di fervore, di entusiasmo e di magnifiche promesse.<br />

Poco dopo l'introduzione del cristianesimo arrivò l'ora del<strong>la</strong> grande<br />

espiazione <strong>per</strong> l'im<strong>per</strong>o romano e dalle regioni, cui l' orsa algida preme,<br />

Visigoti, Svevi, Borgognoni, A<strong>la</strong>ni, Dnni, Eruli, Goti, Longobardi, Franchi<br />

ed ultimi di tutti gli Dngheri, sca<strong>la</strong>te le montagne, da natura poste<br />

ai confini del<strong>la</strong> nostra patria quasi antemurale, precipitarono nelle pia-<br />

. (9) Il Kandler, nel suo studio «l'agro colonico di Padova », ritiene che San Giorgio<br />

SIa stato scelto quale patrono dai coloni e dai soldati; oltre a molti sacelli del nostro territorio<br />

dedicati a San Giorgio vi sono le tre parrocchie di San Giorgio delle Pertiche San<br />

Giorgio in Bosco e San Giorgio in Brenta. '<br />

(10) La bol<strong>la</strong> di Eugenio III (3 Maggio 1152), diretta al vescovo di Treviso Bonifacio,<br />

è uno dei pochi documenti ecclesiastici antichi che oggidi si conservano.<br />

nure sottoposte, dovunque seminando col ferro e col fuoco <strong>la</strong> deso<strong>la</strong>zione<br />

e <strong>la</strong> morte.<br />

Terrorizzati da queste invasioni, ripetute a breve scadenza senza dare<br />

tempo di rimettersi dalle passate iatture, i nostri antenati abbandonarono<br />

il luogo natio e, preceduti ed accompagnati nel triste viaggio di<br />

profughi dai cittadini di Padova e dagli abitanti dell'agro, ripararono nell'estuario<br />

veneto (11); allora i nostri paesi restarono muti e silenti, come<br />

le rovine accumu<strong>la</strong>te dai barbari.<br />

Non fa meraviglia se, in mezzo a tanto trambusto ed a tanti disastri,<br />

i ricordi dell'im<strong>per</strong>o e dei primi tempi del cristianesimo siano andati distrutti<br />

e soltanto, eco lontana ri<strong>per</strong>cossa attraverso i secoli, sia rimasta<br />

nel popolo <strong>la</strong> confusa memoria di una distruzione universale completa.<br />

Prima di procedere credo giunto il momento di accennare ad una<br />

questione storico-religiosa riguardante <strong>la</strong> nostra pieve, che le piu antiche<br />

memorie assegnano al<strong>la</strong> diocesi di Treviso, ma che, secondo indizi di probabilità,<br />

in origine sarebbe stata soggetta a quel<strong>la</strong> di Padova.<br />

Militano in favore di questa ipotesi <strong>la</strong> vicinanza di Camposampiero a<br />

Padova, <strong>la</strong> probabile derivazione del cristianesimo da quel<strong>la</strong> città, le re<strong>la</strong>zioni<br />

storiche che il nostro paese ebbe sempre con Padova del cui agro<br />

faceva parte e l'ipotesi viene anche l'avvalorata dal<strong>la</strong> priorità di origine<br />

del<strong>la</strong> diocesi di Padova in confronto di quel<strong>la</strong> di Treviso.<br />

E se Camposampiero in tempi remoti fu soggetta a Padova, come,<br />

quando e <strong>per</strong>ché avvenne l'avulsione dal<strong>la</strong> primitiva diocesi?<br />

Rispondo che il cangiamento potè avvenire in due momenti; o nell'epoca<br />

longobarda, o in quel<strong>la</strong> degli Ottoni.<br />

È noto infatti, come fra il 568 ed il 600, precisamente fra <strong>la</strong> discesa<br />

dei Longobardi e <strong>la</strong> conquista di Padova, i duchi di Treviso spinsero<br />

le loro incursioni fino a Vigodarzere, riuscendo ad impadronirsi stabilmente<br />

di Camposampiero ed altrettanto fecero quelli di Vicenza occupando<br />

Cittadel<strong>la</strong> e 2 ); ora il fatto che Camposampiero attualmente dipende<br />

dal<strong>la</strong> diocesi di Treviso e Cittadel<strong>la</strong>, fino a cento anni fa, dipendeva<br />

da quel<strong>la</strong> di Vicenza, indurrebbe a ritenere che i vescovi di Treviso e di<br />

Vicenza, seguendo l'esempio dei rispettivi duchi, avessero estesa <strong>la</strong> giurisdizione<br />

ecclesiastica dove questi avevano estesa quel<strong>la</strong> civile, agevo<strong>la</strong>ti<br />

(11) Due furono le principali immigrazioni delle popo<strong>la</strong>zioni continentali verso l'estuario<br />

veneto; al<strong>la</strong> discesa di Atti<strong>la</strong> <strong>la</strong> prima, <strong>la</strong> seconda al<strong>la</strong> discesa dei Longobardi che,<br />

pagani in parte e in parte ariani, odiavano <strong>la</strong> religione cattolica; questa seconda immigra­<br />

ZIOne fu seguita anche dai vescovi di Terraferma.<br />

(12) GENNARI: Cambiamenti di confini nel padovano, Pago 28 ed altrove.<br />

233


VISITA PASTORALE .3 MAGGIO 1564 e 8 )<br />

Fu compiuta da Giorgio Corner, ze<strong>la</strong>ntissimo vescovo di Treviso,<br />

amico, ammiratore, imitatore di S. Carlo Borromeo e parte attivissima<br />

nei <strong>la</strong>vori del Concilio di Trento, morto in concetto di santità.<br />

Mancava l'arciprete don Giulio Conzian e lo suppliva Andrea de Ma<strong>la</strong>tinis.<br />

A costui il vescovo raccomandò l'insegnamento del catechismo<br />

agli adulti e del<strong>la</strong> dottrina Cristiana ai fanciulli.<br />

Nell'autunno 1573 e 9 ) Giorgio Corner fu nuovamente a Camposampiero<br />

e visitò il Monte di Pietà, chiamando a deposizione gli amministratori<br />

del pio istituto dai quali volle conoscere il valore effettivo dei pegni<br />

custoditi (circa 18.000 lire), l'impiego degli utili ricavati e altre notizie<br />

sul funzionamento dell'o<strong>per</strong>a stessa.<br />

Essendo venuto a conoscenza di alcuni pubblici peccatori il vescovo<br />

li chiamò a sé e, con calde preghiere, li esortò a migliorar vita.<br />

VISITA PASTORALE 28 APRILE 1578 eO)<br />

Fu compiuta dal vescovo Francesco Corner, alcuni giorni dopo il suo<br />

ingresso a Treviso. Era arciprete del<strong>la</strong> nostra pieve don Giovanni Rauli,<br />

il quale depose sul<strong>la</strong> poca fedeltà dei massari del<strong>la</strong> Fabbrica, sui costumi<br />

di alcuni castel<strong>la</strong>ni ed in generale sul<strong>la</strong> trascuratezza dei genitori nel<br />

mandare i figli a dottrina.<br />

VISITA PASTORALE 26-27 LUGLIO 1584 e 1 )<br />

Cesare Nores, vescovo di Parenzo, <strong>per</strong> delegazione del<strong>la</strong> S. Sede visitò<br />

<strong>la</strong> nostra parrocchia; continuava a regger<strong>la</strong> il Rauli.<br />

La chiesa parrocchiale aveva cinque altari, il maggiore e quelli di San<br />

Bernardino da Siena, dei Ss. Cosma e Damiano, del<strong>la</strong> Madonna del Carmine<br />

e S. Caterina e del<strong>la</strong> Madonna del Rosario.<br />

Copiosi e ricchi furono gli arredi sacri, che il Rauli fece passare in rivista<br />

a Sua Eccellenza, tra i quali figura l'attuale croce parrocchiale.<br />

Il vescovo ordinò <strong>la</strong> rimozione di due tombe, l'una sotto il pulpito<br />

(quel<strong>la</strong> di Tiso Camposampiero?), l'altra di fronte al battistero.<br />

Dal<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione si rileva che le pareti del<strong>la</strong> chiesa erano in buona parte<br />

dipinte ad affresco.<br />

(28) Archivio Curia Treviso, Visite 1564, Titolo Camposampiero.<br />

(29) Archivio Curia Treviso, Visite 1573, Titolo Camposampiero.<br />

(30) Archivio Curia Treviso, Visite 1578, Titolo Camposampzero.<br />

(31) Archivio Curia Padova, Visite 1584, Titolo Camposampiero.<br />

Il visitatore si recò nel<strong>la</strong> chiesa di S. Giovanni dei Padri Osservanti<br />

e vi trovò nove altari con candelieri di ramo e di <strong>la</strong>tton, visitò pure gli<br />

oratori di San Giacomo dei Quirini e del<strong>la</strong> Madonna del<strong>la</strong> Neve di<br />

ca' Bernardo e da questo passò al Monte di Pietà, situato in p<strong>la</strong>tea dicti<br />

castri.<br />

VISITA PASTORALE 1 OTTOBRE 159.3 e 2 )<br />

La compi il vescovo Francesco Corner e <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione di essa nul<strong>la</strong><br />

presenta di degno rilievo.<br />

VISITA PASTORALE 25 SETTEMBRE 1597 e 3 )<br />

Ebbe luogo <strong>per</strong> ministero di Alvise Molin, vescovo di Treviso, reggendo<br />

<strong>la</strong> nostra pieve don Giovanni Cristoforo Baldi di Clusone (Bergamo).<br />

Il vescovo visitò chiesa, canonica, cimitero, oratori, e, trovata<br />

ogni cosa in <strong>per</strong>fetta rego<strong>la</strong>, encomiò l'arciprete <strong>per</strong> il suo zelo. Prima di<br />

partire si recò nei pa<strong>la</strong>zzi di alcuni nobili veneziani quivi villeggianti ai<br />

quali presentò complimenti e ne ebbe in ricambio atti di omaggio. Però<br />

alcune confidenze fattegli dall'arciprete, circa <strong>la</strong> condotta dei lustrissimi<br />

signori, contristarono l'animo del vescovo onde egli parti addolorato da<br />

Camposampiero.<br />

VISITA PASTORALE 2 OTTOBRE 1608 e 4 )<br />

Fu compiuta dal vescovo Francesco Giustiniani, il quale restò tanto<br />

soddisfatto <strong>per</strong> le accoglienze ricevute e le eccellenti prove di zelo dimostrate<br />

dal Baldi, che lo condusse seco a Treviso e lo costitui suo vicario<br />

generale.<br />

VISITA PASTORALE 15 GIUGNO 1625 eS)<br />

Ebbe luogo <strong>per</strong> il ministero di Vincenzo Giustiniani, vescovo di Treviso.<br />

Reggeva <strong>la</strong> nostra pieve il concittadino don Antonio Chello, discendente<br />

da antica e ragguardevole famiglia castel<strong>la</strong>na, quasi distrutta<br />

dal<strong>la</strong> peste del 1631.<br />

16<br />

(32) Archivio Curia Treviso, Visite 1593, Titolo Camposampiero.<br />

(33) Archivio Curia Treviso, Visite 1597, Titolo Camposampiero.<br />

(34) Archivio Curia Treviso, Visite 1608, Titolo Camposampiero.<br />

(35) Archivio Curia Treviso, Visite 1625, Titolo Camposampiero.


La popo<strong>la</strong>zione, di molto aumentata, sorpassava le mille anime, <strong>per</strong>ò<br />

anche questa volta si avverava <strong>la</strong> sentenza scritturale « multiplicasti gentem<br />

et non magnificasti <strong>la</strong>etitiam »; certi disordini, non mai del tutto estirpati,<br />

ultimamente erano accresciuti di numero e di gravità e, se <strong>la</strong> descrizione<br />

fatta dal Chello non è esagerata, se il mio antecessore non ha<br />

troppo caricate le tinte, con vie n proprio dire che Camposampiero era diventata<br />

una picco<strong>la</strong> Ginevra <strong>per</strong> irreligione, una Sibari <strong>per</strong> mal costume.<br />

La re<strong>la</strong>zione morale che il Chello presentò a Sua Eccellenza, e pili ancora<br />

una certa lettera che comincia con le sintomatiche parole: «Questa mia<br />

disgraziata parrocchia» e 6 ), sono cose che non si possono leggere anche<br />

oggidi, senza provare un senso di sorpresa e di commozione. La peste<br />

del 1631 rimediò a tanti disordini!<br />

L'arciprete Chello si rese benemerito del<strong>la</strong> nostra cittadina <strong>per</strong> l'assistenza<br />

prestata agli appestati nel 1631, del<strong>la</strong> chiesa <strong>per</strong> l'istituzione di<br />

una mansioneria e <strong>per</strong> molti oggetti d'argento testati a suo favore, dei<br />

successori <strong>per</strong> una tomba, a sue spese a<strong>per</strong>ta nel mezzo del coro, ove trovarono<br />

sepoltura arcipreti e sacerdoti del<strong>la</strong> parrocchia; l'ultimo arciprete<br />

ivi deposto fu don Giuseppe Bini (1798).<br />

VISITA PASTORALE 7 SETTEMBRE 1641 C 7 )<br />

Fu compiuta dal vescovo Marco Morosini; le piaghe morali del<strong>la</strong> parrocchia<br />

erano state risanate dal<strong>la</strong> peste, non cosi quelle demografiche e<br />

statistiche, <strong>per</strong>ché <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione era discesa a 700 abitanti.<br />

VISITA PASTORALE 25 MAGGIO 1647 eS)<br />

La re<strong>la</strong>zione di questa visita abbonda di notizie, fin troppo, come si<br />

vedrà dall'esposizione.<br />

La mattina del 25 Maggio 1647 quasi tutta <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione di Camposampiero,<br />

avvertita remotamente dal<strong>la</strong> voce dell'arciprete, prossimamente<br />

da quel<strong>la</strong> delle campane, si riversò lungo le vie di Noale <strong>per</strong> incontrare<br />

Sua Eccellenza monsignor Antonio Lupi, che <strong>per</strong> <strong>la</strong> prima volta<br />

visitava <strong>la</strong> nostra pieve.<br />

Lo spettacolo coreografico offerto da tanta moltitudine diversa di condizione,<br />

di età, di sesso e di idee doveva essere qualche cosa di mera··<br />

viglioso.<br />

Ragazzi montati su cavalli o asinelli, ragazze vestite nel pittoresco co-<br />

(36) Archivio Curia Treviso, Busta I, Camposampiero.<br />

(37) Archivio Curia Treviso, Visite 1641, Titolo Camposampiero.<br />

(38) Archivio Curia Treviso, Visite 1674, Titolo Camposampiero.<br />

stume del tempo, fanciulli a brigatelle portanti 111 mano fiori e rami<br />

d'albero, confratelli indossanti le divise proprie di ciascheduna scuo<strong>la</strong>,<br />

podestà, cancelliere, cavalieri pretoriani nell'uniforme di ga<strong>la</strong>, frati e sacerdoti<br />

con cotta, massari con baldacchino; tutto insomma Camposampiero<br />

ufficiale ed ufficioso, curioso e devoto, serio e chiassoso, volle<br />

partecipare al<strong>la</strong> dimostrazione.<br />

Quando tutta questa moltitudine arrivò ai confini del<strong>la</strong> parrocchia,<br />

verso Noale, dovette sostare alquanto, <strong>per</strong>ché l'arrivo del vescovo si fece<br />

attendere; intanto il cielo, fino allora limpido e sereno, andò rabbuiandosi,<br />

negri nuvoloni sospinti da forte vento si accaval<strong>la</strong>rono sull'orizzonte,<br />

guizzarono i <strong>la</strong>mpi, scrosciarono i tuoni, indizi che l'acquazzone<br />

non doveva tardare.<br />

E <strong>la</strong> pioggia discese; fredda, abbondante, insistente, discese a bagnare<br />

i pomposi vestiti delle nostre autorità e a raffreddare l'entusiasmo dei<br />

Camposampierini.<br />

Quando Dio volle il maltempo cessò ed arrivò molto corrucciato Sua<br />

Eccellenza, che, accolto sotto il baldacchino avendo al<strong>la</strong> sua destra Zuanne<br />

Zorzi, nostro podestà ed al<strong>la</strong> sinistra l'arciprete, assieme ai pochi<br />

fedeli rimasti, si avviò verso <strong>la</strong> chiesa.<br />

Come era prevedibile il concorso al<strong>la</strong> funzione fu scarso, il numero<br />

delle comunioni quasi nullo, <strong>per</strong>ché <strong>la</strong> maggior parte dei convenuti era<br />

ritornata a casa a l'asciugare i panni od i cenci.<br />

Ci voleva un capro espiatorio <strong>per</strong> tanto disordine, ed il capro espiatorio<br />

fu proprio il nostro arciprete, incolpato di non avere antecedentemente<br />

raccomandato ai parrocchiani di ricevere <strong>la</strong> comunione dalle mani<br />

di Sua Eccellenza.<br />

Il povero Chello addusse le sue ragioni, ma inutilmente, ché Sua Eccellenza<br />

lo chiamò a lungo interrogatorio prima, poi lo sottopose ad umiliante<br />

confronto con i cappel<strong>la</strong>ni e con i massari e tutto questo <strong>per</strong> lo<br />

scarso numero delle comunioni; durante il pranzo l'arciprete si ebbe un<br />

rimprovero pubblico e, prima del<strong>la</strong> partenza, un nuovo rabbuffo.<br />

Oh! quel<strong>la</strong> burrasca del<strong>la</strong> mattinata era stata proprio simbolo e presagio<br />

del<strong>la</strong> burrasca che si addensò pili tardi sul capo del povero Chello!<br />

VISITA PASTORALE 26 MAGGIO 1658 e 9 )<br />

Fu <strong>la</strong> seconda del vescovo Antonio Lupi che, questa volta, avendo<br />

trovato tutto in buon ordine, ebbe parole di encomio <strong>per</strong> il Chello. Tarda<br />

riparazione di quanto 11 anni prima era avvenuto!<br />

(39) Archivio Curia Treviso, Visite 1658, Titolo Camposampiero.


VISITE PASTORALI 30 SETTEMBRE 1674<br />

11 MAGGIO 168.5 - 10 OTTOBRE 1701 (40)<br />

La prima avvenne <strong>per</strong> ministero del vescovo Bartolomeo Gradenigo;<br />

le altre due <strong>per</strong> ministero del vescovo Giovanni Battista Sanuto, tutte e<br />

tre sotto l'arciprete Giro<strong>la</strong>mo Zanchi che, da buon veneziano, si compiaceva<br />

di essere chiamato monsignore!<br />

Nul<strong>la</strong> di singo<strong>la</strong>re in queste visite, salvo le <strong>la</strong>gnanze dello Zanchi <strong>per</strong><br />

alcune inframettenze dei Padri Osservanti di San Giovanni nelle faccende<br />

parrocchiali.<br />

VISITA PASTORALE 28 APRILE 1713 (41)<br />

Fu compiuta dal vescovo Fortunato Morosini sotto il venerando arciprete<br />

don Bartolomeo Tessari, dottore in S. Teologia; <strong>per</strong> <strong>la</strong> prima volta<br />

<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione accenna all'oratorio del<strong>la</strong> Presentazione di Maria di proprietà<br />

Bragadin.<br />

Assai lusinghiere le deposizioni dei massari e dei sacerdoti sul conto<br />

dell'arciprete che, anche <strong>per</strong> certi indizi, doveva essere un sacerdote degnissimo.<br />

VISITA PASTORALE 6-7 OTTOBRE 1725 (42)<br />

La compi il vescovo di Treviso Augusto Zacca, già canonico del<strong>la</strong> cattedrale<br />

di Padova, convisitatore del B. Gregorio Barbarigo e, <strong>per</strong> dottrina<br />

e santità, illustre fra i vescovi del<strong>la</strong> nostra diocesi.<br />

La visita riuscl solenne <strong>per</strong> l'ordinazione di alcuni suddiaconi e diaconi<br />

tenuta da Sua Eccellenza nel<strong>la</strong> nostra chiesa (7 Ottobre) e <strong>per</strong> una<br />

riuscitissima disputa di dottrina cristiana, offerta dai fanciulli e fanciulle<br />

a Sua Eccellenza, soddisfattissimo dell'improvvisata.<br />

Continuava a reggere <strong>la</strong> parrocchia il Tessari.<br />

VISITA PASTORALE 12 MAGGIO 1747 (43)<br />

Ebbe luogo <strong>per</strong> il ministero di Benedetto de Luca, reggendo <strong>la</strong> nostra<br />

pieve don Carlo Antonio Belcavello, quivi tras<strong>la</strong>to da Cavaso, licenziato<br />

in diritto canonico e civile.<br />

(40) Archivio Curia Treviso, Visite 1674-1685-1701, Titolo Camposampiero.<br />

(41) Archivio Curia Treviso, Visite 1713, Titolo Camposampiero.<br />

(42) Archivio Curia Treviso, Visite 1725, Titolo Camposampiero.<br />

(43) Archivio Curia Treviso, Visite 1747, Titolo Camposampiero.<br />

244<br />

Visitata <strong>la</strong> chiesa parrocchiale, che poco prima aveva subito importantissimi<br />

<strong>la</strong>vori di trasformazione e di abbellimento, il vescovo passò<br />

agli oratori, fra i quali visitò <strong>la</strong> prima volta quello di S. Pietro Orseolo<br />

in aedibus praetoriis.<br />

VISITA PASTORALE 14 SETTEMBRE 17.54 (44)<br />

Sua Eccellenza monsignor Paolo Francesco Giustiniani, vescovo di<br />

Treviso, fedele al<strong>la</strong> tradizione « Veneziani gran signori », arrivò a Camposampiero<br />

nel<strong>la</strong> sera del 13 settembre con una comitiva di 1.5 <strong>per</strong>sone<br />

e 10 cavalli, che, non avendo trovato alloggio sufficiente nel<strong>la</strong> canonica,<br />

si divisero fra <strong>la</strong> stessa e l'albergo del Tezzon (45).<br />

Il giorno dopo ebbe luogo <strong>la</strong> visita pastorale con omelia, cresima e<br />

semi pontificale, cui seguirono gli interrogatori dei massari e prima dei<br />

sacerdoti.<br />

Reggeva <strong>la</strong> parrocchia don Giovanni Badoer, piu tardi promosso vescovo<br />

di Aso<strong>la</strong>, in quel di Brescia.<br />

VISITA PASTORALE lO SETTEMBRE 1764 (46)<br />

Fu <strong>la</strong> seconda del vescovo Giustiniani, anche questa volta parte del<br />

numeroso equipaggio <strong>per</strong>nottò al Tezzon.<br />

Era arciprete don Nicolò Borto<strong>la</strong>to, <strong>per</strong> tanti titoli benemerito del<strong>la</strong><br />

nostra cittadina e del<strong>la</strong> nostra chiesa.<br />

Lo spirito religioso del<strong>la</strong> parrocchia, che il vescovo ebbe opportunità<br />

di constatare, le festose accoglienze all'arrivo ed al<strong>la</strong> partenza, le ottime<br />

prove dei ragazzi del<strong>la</strong> dottrina cristiana, le informazioni dei sacerdoti<br />

e dei massari sul conto dell'arciprete, che <strong>per</strong> tante ragioni si può considerare<br />

l'ottimo fra quanti ressero <strong>la</strong> nostra pieve, commossero il vescovo<br />

onde questi, <strong>la</strong>sciando Camposampiero, affermò che non avrebbe mai dimenticato<br />

<strong>la</strong> nostra pieve e le dolci impressioni quivi gustate.<br />

VISITA PASTORALE 4-.5-6 SETTEMBRE 1777 (47)<br />

Fu <strong>la</strong> terza ed ultima del vescovo Giustiniani, svoltasi con tutte le<br />

modalità delle precedenti.<br />

(44) Archivio Curia Treviso, Visite 1754, Titolo Camposampiero.<br />

(45) Sotto questo vescovo furono frequenti le <strong>la</strong>gnanze dei parroci <strong>per</strong> il numero<br />

delle bocche, che seco conduceva sua Eccellenza nelle visite pastorali. Paolo Francesco<br />

Giustiniani era fratello di Nicolò contemporaneamente vescovo di Padova.<br />

(46) Archivio Curia Treviso, Visite 1764, Titolo Camposampiero.<br />

(47) Archivio Curia Treviso, Visite 1777, Titolo Camposampiero.<br />

245


Continuava a reggere <strong>la</strong> pieve il Borto<strong>la</strong>to che, in occasione di questa<br />

visita, preparò, con molta diligenza, una re<strong>la</strong>zione storica sul<strong>la</strong> nostra<br />

chiesa.<br />

Quando Sua Eccellenza domandò all'arciprete se i parrocchiani fre·quentavano<br />

<strong>la</strong> chiesa, questi rispose: «Quelli del<strong>la</strong> campagna moltissi-·<br />

ma) quelli del castello pochissimo ».<br />

Al qual proposito mi piace di osservare che, se i tempi sono cangiati,<br />

i costumi sono rimasti quelli di una volta.<br />

Il vescovo visitò anche <strong>la</strong> chiesa di San Giovanni, dopo <strong>la</strong> partenza<br />

dei Padri Osservanti (1769) ofEciata da don Andrea Allegri.<br />

VISITA PASTORALE 17-18-19 SETTEMBRE 1792 (48)<br />

Fu compiuta dal vescovo Bernardino Marin, reggendo <strong>la</strong> pieve don<br />

Giuseppe Bini cittadino veneziano.<br />

Nul<strong>la</strong> di partico<strong>la</strong>re nel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione, salvo <strong>la</strong> risposta data dall'inserviente<br />

del podestà Antonio Bon al segretario del vescovo, che si era recato<br />

in pa<strong>la</strong>zzo pretorio <strong>per</strong> annunciare l'arrivo di Sua Eccellenza, curiosa risposta,<br />

poco corretta e meno diplomatica: «Monsignore, COS1 il servo,<br />

Sua Eccellenza) il podestà, le fa sa<strong>per</strong>e che è ancora a letto ».<br />

Buon riposo!<br />

Sette anni dopo s'addormentava, senza pili risvegliarsi, <strong>la</strong> vecchia<br />

Repubblica!<br />

CORTESIE DIPLOMATICHE<br />

CHE SI SCAMBIAVANO IL PODESTÀ E IL VESCOVO<br />

IN OCCASIONE DELLA VISITA PASTORALE<br />

Tra i vescovi visitatori ed il podestà di Camposampiero, passarono, nei<br />

secoli addietro, dei rapporti che non erano di so<strong>la</strong> cortesia, quale cono.<br />

veniva si fra i due patrizi l'uno e l'altro veneziano (49), ma anche di vera<br />

diplomazia e di politica squisita, di quel<strong>la</strong> cioè che seppe attuare, nel suo<br />

miglior tempo, <strong>la</strong> Serenissima e, <strong>per</strong> essa, i suoi rappresentanti.<br />

Quando il vescovo di Treviso aveva determinato il tempo del<strong>la</strong> visita<br />

pastorale nel<strong>la</strong> nostra parrocchia ed in quelle soggette al<strong>la</strong> reggenza di<br />

Camposampiero, ne dava partecipazione al podestà, richiedendogli licenza<br />

di chiamare a deposizione giurata i massari del<strong>la</strong> Fabbrica e quelli delle<br />

(48) Archivio Curia Treviso, Visite 1792, Titolo Camposampiero.<br />

(49) Per tutto il tempo del<strong>la</strong> dominazione veneta i vescovi di Terraferma furono pa·<br />

trizi veneziani.<br />

scuole, che, nel<strong>la</strong> qualità di <strong>per</strong>sone seco<strong>la</strong>ri, non erano soggetti al<strong>la</strong><br />

giurisdizione ecclesiastica.<br />

Il podestà s'affrettava a rispondere che nul<strong>la</strong> aveva di contrario <strong>per</strong><br />

concedere <strong>la</strong> chiesta facoltà, soltanto bastavagli conoscere i nomi delle<br />

<strong>per</strong>sone chiamate a giuramento, e spesso faceva osservare a Sua Eccellenza<br />

che l'interrogatorio doveva versare su argomenti ecclesiastici c non<br />

su affari civili o politici.<br />

E chi non vede in questo il procedimento circospetto e geloso del<strong>la</strong> repubblica<br />

di Venezia? E chi non ricorda Paolo Sarpi, il suo ambiente, il<br />

suo tempo, le sue dottrine ed il suo appoggio da parte del Senato Veneto?<br />

Appena giunto a Camposampiero, il vescovo inviava iI segretario e <strong>la</strong><br />

staffetta in pa<strong>la</strong>zzo pretorio <strong>per</strong> annunziare il suo arrivo, ed il podestà,<br />

nul<strong>la</strong> mora interposita, (i resoconti delle visite ci tengono molto a far rilevare<br />

questa partico<strong>la</strong>rità), mandava il cancelliere in canonica a conso<strong>la</strong>rsi<br />

col vescovo <strong>per</strong> il felice viaggio ed a concertare l'ora in cui Sua Eccellenza<br />

lo avrebbe ricevuto in visita.<br />

All'ora convenuta podestà e cancelliere, veste ducali induti, e nel secolo<br />

XVIII con calze rosse) spada e bastone al<strong>la</strong> franzese, si avviavano<br />

verso <strong>la</strong> canonica; quivi giunti, erano subito introdotti nel cubicolo di<br />

Sua Eccellenza e con esso si trattenevano in colloquio, dopo di che podestà<br />

e cancelliere ritornavano al<strong>la</strong> propria sede.<br />

E Sua Eccellenza, che non voleva essere da meno, prima di <strong>la</strong>sciare<br />

Camposampiero ricambiava <strong>la</strong> visita recandosi nel pa<strong>la</strong>zzo pretorio in abito<br />

corto con croce pastorale e cannadindia, accompagnato dal segretario e<br />

spesso anche dall'arciprete e dal parroco di S. Marco.<br />

Venezia godeva di tali atti, cortesi ed insieme diplomatici, sempre ridondanti<br />

a vantaggio del suo governo, che nel rispetto al<strong>la</strong> religione trovava<br />

forti e preziose energie morali e nuovo prestigio di autorità presso<br />

il popolo, il quale seguiva con interesse questi piccoli avvenimenti del<strong>la</strong><br />

cronaca cittadina, piccoli è vero nel<strong>la</strong> loro entità, ma grandi nel loro effetto<br />

morale.<br />

247


II<br />

LA CHIESA ARCIPRETALE DI SAN PIETRO


SOMMARIO: Commento critico ad una re<strong>la</strong>zione sul<strong>la</strong> chiesa di San Pietro, compi<strong>la</strong>ta<br />

dall'arciprete Borto<strong>la</strong>to. - Il primitivo sacello di San Pietro - La ricostruzione<br />

del 1200. - La nuova ricostruzione fra il 1450 ed il 1470. - Ampliamenti<br />

ed abbellimenti eseguiti fra il 1720 ed il 1730. - Lavori piu recenti. - La chiesa<br />

di San Pietro nelle singole parti. - Il campanile.<br />

Una tradizione medievale attribuisce a S. Prosdocimo <strong>la</strong> fondazione del<br />

primitivo sacello, fino da tempi remoti esistente nel posto dell'attuale<br />

chiesa di S. Pietro e), ed oh! quanto volentieri rivendicherei al<strong>la</strong> mia<br />

amata pieve <strong>la</strong> gloria di una fondazione cosi antica ed illustre, se contro<br />

<strong>la</strong> accennata tradizione non militassero argomenti di valore storico indiscutibile<br />

e fra di essi il fatto, quasi assodato, che <strong>la</strong> diffusione del ctistianesimo<br />

nell'agro patavino non è anteriore al IV secolo!<br />

In ordine di importanza, non certo in ordine cronologico, il primo<br />

documento che si occupa ex professo del<strong>la</strong> chiesa di S. Pietro è costituito<br />

da una re<strong>la</strong>zione e) che il mio diligente e coscienzioso predecessore don<br />

Nicolò Borto<strong>la</strong>to estese ed umiliò a Sua Ecc. Mons. Paolo Francesco Giustiniani<br />

recato si <strong>per</strong> <strong>la</strong> terza volta a visitare <strong>la</strong> pieve, nei giorni 4-5-6 Settembre<br />

1777.<br />

Tolgo dal<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione quanto fa al caso mio.<br />

« Il titolo di questa chiesa è volgarmente S. Pietro di Camposampiero,<br />

<strong>per</strong> altro i suoi tito<strong>la</strong>ri s,ono i Ss. Pietro e Paolo. Del<strong>la</strong> sua fondazione<br />

11011 si ha documento; corre bensì voce che sia più antica del castello, e<br />

(1) La tradizione prosdocimiana è accolta, senza tiserve, dallo Scardeone, dal Cittadel<strong>la</strong>,<br />

dall'Orsato, dal Portenari e dal Salomon.<br />

(2) Archivio Curia Treviso, Busta I. Camposampiero.<br />

25 1


che dopo <strong>la</strong> fondazione di questo seguita dopo <strong>la</strong> metà del XII secolo,<br />

sia stata a comodo del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione qui rifabbricata, distrutta l'antica<br />

che dicesi essere stata situata nel<strong>la</strong> Vil<strong>la</strong> mezzo miglio da qui distante.<br />

Checchessia di ciò <strong>la</strong> sua struttura indicava essere del secolo XIII; fu<br />

poi ridotta allo stato presente dal<strong>la</strong> pietà dei parrocchiani, che prima<br />

del<strong>la</strong> metà del presente secolo l'alzarono, l'adomarono con soffitto e pi<strong>la</strong>stri<br />

con competente coro e pavimento come ora si vede ».<br />

Il documento, non antico, riferisce tradizioni e fatti di antica data<br />

e cose a quel tempo credute, benché non del tutto esatte; merita quindi<br />

un po' di commento illustrativo ed anche un po' di critica.<br />

Che l'antico tito<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> chiesa sia stato San Pietro, e soltanto San<br />

Pietro, è questo un fatto incontrovertibile; l'apostolo S. Paolo fu dipinto<br />

nel<strong>la</strong> pa<strong>la</strong> dell'altar maggiore verso il 1500, ma fu assunto a contito<strong>la</strong>re<br />

molto piu tardi e il primo documento ufficiale, dal quale appaiono i due<br />

patroni S. Pietro e S. Paolo, risale soltanto al 17 Ottobre 1741 e).<br />

Avverto di passaggio che, ordinariamente par<strong>la</strong>ndo, le chiese parrocchiali<br />

intito<strong>la</strong>te a S. Pietro Apostolo risalgono quasi tutte a vecchia<br />

data.<br />

Che <strong>la</strong> chiesa di S. Pietro sia piu antica del castello, anche ciò è pacifico<br />

e lo conferma il fatto che castello e conti derivarono il nome dal<br />

tito<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> chiesa che, <strong>per</strong> forza di cose, doveva antecedentemente<br />

esistere.<br />

Che poi <strong>la</strong> chiesa di S. Pietro anticamente fosse nel<strong>la</strong> vil<strong>la</strong>, cioè verso<br />

<strong>la</strong> campagna mezzo miglio lontano dall'attuale, è questa una tradizione<br />

popo<strong>la</strong>re non ancora estinta, ma che non presenta serio valore. Anche<br />

oggidi infatti i nostri contadini, impressionati dal<strong>la</strong> grande quantità di<br />

ruderi che si rinvengono in diverse località, vanno ripetendo che su quei<br />

posti, anticamente, doveva trovarsi una chiesa (già <strong>per</strong> il nostro buon<br />

popolo i grandi edifici non possono essere stati altro che chiese!).<br />

Ora invece noi sappiamo che questi ruderi appartenevano a costruzioni<br />

romane, che nul<strong>la</strong> hanno a che fare col<strong>la</strong> chiesa di S. Pietro.<br />

Che questa sia stata costruita nel secolo XIII cioè nel 1200, è vero<br />

soltanto in parte e cioè essa fu costruita in quell'epoca, ma fu nuovamente<br />

rifabbricata fra gli anni 1450 e 1470.<br />

Del<strong>la</strong> ricostruzione avvenuta fra il 1450 ed il 1470 abbiamo due prove<br />

storiche contemporanee, <strong>la</strong> prima costituita dal documento di ripartizione<br />

dei beni patrimoniali delle chiese di S. Pietro e di S. Marco (1485),<br />

dove si legge che <strong>la</strong> Comunità di Camposampiero, impietosita dalle di-<br />

(3) ZANGRANDO: Memorie storiche sulle chiese del<strong>la</strong> diocesi di Treviso, Manoscritto<br />

esistente presso l'autore.<br />

25 2<br />

sastrose condizioni delle due chiese, cedette <strong>per</strong> parecchi anni, a vantaggio<br />

di esse, alcuni terreni comunali, « <strong>per</strong> <strong>la</strong> qual cosa è stato fatto che<br />

ditte chiese dalle fondamenta molto maggiori che <strong>per</strong> innanzi et più belle<br />

sono sta redificate » (4).<br />

La seconda prova è costituita dal<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> visita del delegato<br />

vescovile canonico Domenico Candellino (147 O) ave si legge questo importante<br />

accenno: «Ecclesia et altaria S. Petri non sunt consecrata quia<br />

de novo sunt fabricata » e).<br />

La re<strong>la</strong>zione del Borto<strong>la</strong>to prosegue con questo tenore: « fu poi ridotta<br />

(<strong>la</strong> chiesa di S. Pietro) allo stato presente dal<strong>la</strong> pietà dei parrocchiani che<br />

prima del<strong>la</strong> metà del presente secolo !' alzarono, l'adomarono con soffitto<br />

e pi<strong>la</strong>stri con un competente coro e pavimento come ora si vede ».<br />

Qui <strong>la</strong> deposizione del Borto<strong>la</strong>to diventa ineccepibile, <strong>per</strong>ché tratta di<br />

fatti avvenuti cinquanta anni prima dell'epoca in cui scriveva, e venti<br />

appena prima del suo ingresso, quindi il re<strong>la</strong>tore non poteva errare essendo<br />

ancor vivi i testimoni del fatto e buona parte di coloro che, al<strong>la</strong><br />

santa o<strong>per</strong>a, avevano concorso con denaro e con <strong>la</strong>voro gratuito.<br />

Prima di passare pili avanti descriverò brevemente <strong>la</strong> vecchia chiesa<br />

di S. Pietro, quel<strong>la</strong> cioè costruita fra il 1450 ed il 1470 e che fu forse<br />

<strong>la</strong> terza, se non <strong>la</strong> quarta, in ordine di tempo.<br />

Questa occupava l'area e <strong>la</strong> posizione dell'attuale chiesa ed aveva <strong>la</strong><br />

stessa <strong>la</strong>rghezza; era <strong>per</strong>ò alquanto piu bassa e piu corta; angusto era<br />

il coro, una so<strong>la</strong> e picco<strong>la</strong> <strong>la</strong> sagrestia, mancava il soffitto, il pavimento<br />

era di pietra cotta, il campanile stava addossato al<strong>la</strong> facciata del<strong>la</strong> chiesa,<br />

da parte di tramontana, tre erano gli altari, il maggiore di S. Pietro, il<br />

secondo in comu Evangelii, il terzo in comu Episto<strong>la</strong>e, rispettivamente<br />

dedicati ai SS. Cosma e Damiano ed a S. Bernardino da Siena; piu tardi<br />

furono aggiunti quelli del<strong>la</strong> Madonna del Carmine e S. Caterina e del<strong>la</strong><br />

Madonna del Rosario.<br />

Le visite vescovili ricordano molte tombe sparse nel pavimento, sotto<br />

il pulpito, davanti al battistero e le pareti interne in buona parte dipinte<br />

a fresco.<br />

Il muro esterno era frammezzato da pi<strong>la</strong>strini e da contrafforti e sopra<br />

<strong>la</strong> porta spiccava una finestra a rosone, mentre l'interno del<strong>la</strong> chiesa semplicissimo,<br />

senza colonne e senza cappelle, doveva offrire l'idea di una<br />

vasta sa<strong>la</strong> uniforme e monotona (6).<br />

Cosi durò dal 1470 al 1717, quando i nostri concittadini, volendo<br />

(4) Archivio Parrocchiale, Busta «Vecchie carte ».<br />

(5) Archivio Curiale Treviso, Busta, Congregazione di Camposampiero.<br />

(6) Il CITTADELLA (1605) cOSI descrisse <strong>la</strong> nostra chiesa: «San Pietro fondata da S.<br />

253


provvedere al decoro estetico del loro maggior tempio, concepirono ed<br />

attuarono, in parecchi anni, una serie di <strong>la</strong>vori di trasformazione e di abbellimento<br />

<strong>per</strong> i quali <strong>la</strong> chiesa, abbandonate le vecchie e rozze forme<br />

medievali, si tivesti delle c<strong>la</strong>ssiche bel!ezze che Atene insegnò prima a<br />

Roma e Roma apprese a tutto il mondo.<br />

Il primo <strong>la</strong>voro compiuto fu <strong>la</strong> demolizione del vecchio coro, seguita<br />

dal<strong>la</strong> costruzione del nuovo spazioso ed elegante nel quale furono collocate<br />

le belle cantorie, con sedili e dossali <strong>la</strong>vorati da Gaspare Pisanello,<br />

intarsiatore di Padova (1).<br />

Dopo un <strong>per</strong>iodo di sosta, i <strong>la</strong>vori furono ripresi nel 1720 e, con parecchie<br />

interruzioni, condotti a compimento verso il 1730; fra queste<br />

due epoche fu abbattuto il vecchio campanile che deturpava <strong>la</strong> facciata<br />

del<strong>la</strong> chiesa e, con piti elegante forma, costruito il nuovo; fu alzato il<br />

tetto, costruito il somtto, disteso il pavimento in pietra di Pove e rimaneggiato<br />

tutto l'interno del<strong>la</strong> chiesa che, diviso ad archi spalleggiati da<br />

pi<strong>la</strong>stri di stile ionico, assunse nuovo e c<strong>la</strong>ssico aspetto.<br />

Per quello che riguarda <strong>la</strong> sistemazione interna ed esterna del<strong>la</strong> nostra<br />

chiesa e <strong>la</strong> ricostruzione del campanile, le notizie piti copiose si dovrebbero<br />

dedurre dal registro del<strong>la</strong> Fabbrica ove, di volta in volta, i massari<br />

ne conteggiavano i proventi e le spese ordinarie e straordinarie.<br />

Disgraziatamente il destino ci ha giuocato un brutto tiro invo<strong>la</strong>ndoci<br />

il registro del<strong>la</strong> Fabbrica; restano <strong>per</strong>ò quelli delle singole confraternite ed<br />

alcuni documenti custoditi nell'archivio Civico di Padova re<strong>la</strong>tivi al<strong>la</strong><br />

ricostruzione del<strong>la</strong> chiesa e campanile.<br />

Appoggiato adunque a queste autorevoli fonti dirò che i <strong>la</strong>vori principiarono<br />

nel 1720 essendo arciprete don Bartolomeo Tessari, massari<br />

Iseppo Peroni <strong>per</strong> il castello, Bortolo Maggion <strong>per</strong> <strong>la</strong> vil<strong>la</strong>, capomastro<br />

Matteo Bianchi, e continuarono fino al 1723 nel quale anno si dovettero<br />

interrom<strong>per</strong>e <strong>per</strong> crisi finanziaria di indole acuta. Dopo due anni di sosta<br />

arciprete e massari escogitarono un gesto audace che, almeno nel<strong>la</strong> loro<br />

intenzione, doveva bastare a condurre in porto i <strong>la</strong>vori interrotti, ma che<br />

purtroppo si risolse in un fiasco pietoso. Con una supplica umile e devota<br />

inoltrata al doge Alvise Mocenigo (Luglio 1725) essi implorarono dal governo<br />

del<strong>la</strong> Serenissima uno straordinario concorso <strong>per</strong> ultimare i <strong>la</strong>vori<br />

del<strong>la</strong> chiesa e campanile, arenati <strong>per</strong> mancanza di mezzi, affermandosi piti<br />

che sicuri di ottenere tale grazia dal<strong>la</strong> Santa e Benedetta Repubblica al<strong>la</strong><br />

Prosdocimo lunga piedi 80 <strong>la</strong>rga 24 ha quattro altari e sepoltura di Tiso Camposampiero.<br />

È arciprete don Cristoforo Baldi bergamasco chiamato monsignore ».<br />

(7) Registro del<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> del Ss. Sacramento, anno 1717.<br />

254<br />

quale tutti i Camposampierini promettevano in ogni evenienza fedeltà e<br />

devozione.<br />

Ma il doge, avvezzo a simili richieste ed a simili proteste, non abboccò<br />

l'amo e, presa l'istanza, <strong>la</strong> trasmise al podestà di Padova che <strong>per</strong><br />

tutta risposta spedi un dispaccio ai massari delle confraternite, invitandoli<br />

a deporre fedelmente i bi<strong>la</strong>nci delle loro gestioni.<br />

Come lo dimostrarono gli eventi l'esposizione dei bi<strong>la</strong>nci doveva fornire<br />

al podestà un elemento <strong>per</strong> applicare alle singole confraternite i decreti<br />

di tassazione a beneficio del<strong>la</strong> chiesa (8).<br />

Nel Gennaio 1726 l'arciprete, i massari del<strong>la</strong> chiesa e delle confraternite<br />

ritentarono <strong>la</strong> prova ed al podestà e vicecapitano di Padova, Giovanni<br />

Antonio Ruzzini, recapitarono una re<strong>la</strong>zione sui <strong>la</strong>vori compiuti,<br />

su. quanto restava da fare, sul<strong>la</strong> spesa incontrata e su quel<strong>la</strong> occorrente<br />

<strong>per</strong> ultimare i <strong>la</strong>vori; <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione è accompagnata dal<strong>la</strong> fervorosa istanza<br />

<strong>per</strong> uno straordinario sussidio. Ne riferirò quivi il riassunto.<br />

Da principio il documento accenna ai grandi sacrifici fino allora sostenuti<br />

dai Camposampierini <strong>per</strong> riattare <strong>la</strong> 101'0 chiesa che vetustà e trascuratezza<br />

avevano reso indecorosa, ricorda i due anni (1723-24) di scarso<br />

l'accolto che non <strong>per</strong>mise di raggranel<strong>la</strong>re che qualche bezzo, ricorda<br />

inoltre le tenuissime rendite delle scuole e passa quindi a giustificare i <strong>la</strong>vori<br />

intrapresi, affermando che si dovette demolire il co<strong>per</strong>to del<strong>la</strong><br />

chiesa, <strong>per</strong>ché minacciava di crol<strong>la</strong>re, si dovette demolire il campanile,<br />

già decapitato del<strong>la</strong> pigna da un fulmine, <strong>per</strong>ché essendo addossato al<br />

muro del<strong>la</strong> chiesa, costituiva un <strong>per</strong>icolo <strong>per</strong> <strong>la</strong> solidità statica del<strong>la</strong><br />

stessa. Fino ad allora erano stati spesi ducati 1700 e <strong>per</strong> il compimento<br />

del<strong>la</strong> chiesa e del nuovo campanile ne occorrevano altri 2000; ma ogni<br />

risorsa era esaurita, onde arciprete, massari e popo<strong>la</strong>zione si appel<strong>la</strong>vano<br />

al cuore magnanimo del podestà.<br />

Non riuscii a trovare <strong>la</strong> risposta di tale istanza, trovai invece diversi<br />

decreti dei podestà di Padova che obbligavano le confraternite a versare<br />

ogni anno un contributo <strong>per</strong> il restauro del<strong>la</strong> chiesa ed il rifacimento<br />

del campanile, onde i Camposampierini, <strong>per</strong>suasi che nul<strong>la</strong> potevano attendere<br />

dagli altri e solo dovevano contare sulle proprie forze, si assoggettarono<br />

a nuovi sacrifici e ripresero i <strong>la</strong>vori del<strong>la</strong> chiesa e del campanile<br />

che nel 1730 erano già compiuti, benché soltanto in parte pagati; <strong>la</strong><br />

completa estinzione del debito incontrato avvenne nel 1751 e).<br />

(8) Dai registri delle confraternite dal 1720 uno al 1750 risulta, nel<strong>la</strong> partita spese,<br />

un annuo concorso, decretato dal podestà, <strong>per</strong> <strong>la</strong> ricostruzione del<strong>la</strong> chiesa.<br />

(9) Per tutte queste notizie V. Archiv. Civ. Padova - P. II, Busta 1492.<br />

Storicamente adunque l'attuale chiesa di S. Pietro è <strong>la</strong> terza, poiché <strong>la</strong> prima è quel<strong>la</strong>


Trasformata cosi <strong>la</strong> nostra chiesa ebbe cinque altari, il maggiore intito<strong>la</strong>to<br />

ai Ss. Pietro e Paolo, ed i <strong>la</strong>terali del<strong>la</strong> Madonna del Carmine e S.<br />

Caterina, del<strong>la</strong> Madonna del Rosario, di S. Giuseppe (detto anche del<strong>la</strong><br />

Natività) e del Crocefisso; scomparvero quelli di S. Bernardino da Siena<br />

e dei Ss. Cosma e Damiano CO).<br />

Venuto fra di noi l'arciprete don Nicolò Borto<strong>la</strong>to (1762), che a Torreselle,<br />

in dieci anni di parrocato, aveva eretto su disegno di Giorgio<br />

Massari quel<strong>la</strong> bel<strong>la</strong> chiesa, pensò subito di arricchire, di bei <strong>la</strong>vori,<br />

anche <strong>la</strong> nostra.<br />

Quindi nel 1776, assieme ai massari del<strong>la</strong> Fabbrica, commise ai fratelli<br />

Ferrazzi di Pove l'altar maggiore che, eseguito conforme all' ordinazione,<br />

cioè in rosso de Pranza e biancon da Poe, costò lire vene te 2884 e fu sostituito<br />

al vecchio venduto a Pavejo<strong>la</strong>, mentre i due angeli, collocati ai<br />

fianchi dell'altare, furono scolpiti da Agostino Faso<strong>la</strong>to (11) di Padova e risentono<br />

del gusto manierato dell'epoca.<br />

E <strong>per</strong>ché fino a quel tempo una soltanto era <strong>la</strong> sagrestia che doveva<br />

servire ai sacerdoti, ai massari, agli inservienti di chiesa ed ai parrocchiani<br />

nelle <strong>per</strong>iodiche vicinie, cioè a troppe <strong>per</strong>sone ed a troppi usi,<br />

il Borto<strong>la</strong>to, <strong>per</strong> evitare tanta promiscuità di <strong>per</strong>sone e di uffici, nel<br />

1786 fece costruire <strong>la</strong> nuova sagrestia dei sacerdoti. Per tale o<strong>per</strong>a furono<br />

spese lire vene te 2889, alle quali ne aggiunse 620 il Borto<strong>la</strong>to di<br />

suo peculio, <strong>per</strong> l'acquisto del grandioso armadio, che anche oggi serve<br />

egregiamente allo scopo C 2 ).<br />

Cinquant'anni piti tardi furono ripresi i <strong>la</strong>vori <strong>per</strong> iniziativa dell'arciprete<br />

Bacchetti che, fra il 1823 e 1834 (13), fece costruire le cappelle<br />

<strong>la</strong>terali, ove trovarono ricetto gli altari prima addossati alle pareti; com-<br />

che esisteva da epoca ignota fino al 1450 circa; <strong>la</strong> seconda quel<strong>la</strong> del 1450 fino al 1720<br />

circa; <strong>la</strong> terza è l'attuale. Però anche anteriore al<strong>la</strong> prima chiesa storicamente certa, dovette<br />

esistere un oratorio dedicato a S. Pietro.<br />

Le rinnovazioni furono sempre accompagnate da quegli ampliamenti che il progressivo<br />

aumento del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione richiedeva.<br />

Per gli opportuni confronti fra <strong>la</strong> chiesa di Camposampiero prima del 1720 e quel<strong>la</strong><br />

posteriore si osservino <strong>la</strong> illustrazione del Coronelli e <strong>la</strong> attuale configurazione del<strong>la</strong><br />

chiesa.<br />

(10) L'antico e non piu esistente altare dei Ss. Cosma e Damiano era congiunto ad un<br />

ricordo storico importantissimo, <strong>la</strong> morte di Eccelino il tiranno avvenuta nel giorno in<br />

cui il rito ecclesiastico celebra <strong>la</strong> festa di quei due santi (27 Settembre 1259). Anche molte<br />

chiese ed oratori, sparsi nei paesi del<strong>la</strong> vecchia Marca e dedicati a S. Bartolomeo, devono<br />

<strong>la</strong> loro origine al<strong>la</strong> distruzione del<strong>la</strong> famiglia di Alberico da Romano (24 Agosto 1260,<br />

giorno di S. Bartolomeo).<br />

(11) Per questi <strong>la</strong>vori, Registro Fabbrica 1766.<br />

(12) Per questi <strong>la</strong>vori, Registro Fabbrica 1786.<br />

(13) Per questi <strong>la</strong>vori, Registro Fabbrica 1833 e 1834.<br />

mise a Sebastiano Santi i due dipinti del coro, fece intonacare il muro<br />

esterno del<strong>la</strong> chiesa e, nel 1838, eresse l'attuale facciata; eseguita quest'o<strong>per</strong>a<br />

sorse nei parrocchiani il desiderio di demolire l'antica loggia,<br />

sopra il ponte del Tergolino, <strong>per</strong>ché meglio spiccassero le linee architettoniche<br />

del<strong>la</strong> facciata; a tale progetto si oppose l'arciprete, ma <strong>la</strong> volontà<br />

del popolo e dei fabbriceri ebbe il sopravvento e <strong>la</strong> loggia cadde abbattuta<br />

(1839).<br />

Ma quanto a lungo non vivono le tradizioni nel<strong>la</strong> memoria e nel<br />

linguaggio del popolo e quanto felice è lo storico che sa interrogarle!<br />

Anche oggidi, dopo 150 anni, i vecchi paesani chiamano <strong>la</strong> sagrestia<br />

nuova quel<strong>la</strong> dei sacerdoti, anche oggidi, dopo 85 anni, il popolo conosce<br />

col nome di ponte del<strong>la</strong> loggia, quello che, dal<strong>la</strong> strada comunale,<br />

conduce al<strong>la</strong> chiesa!<br />

Nei trentacinque anni di suo parrocato, il mio antecessore, monsignor<br />

Carlo Gallina, compi parecchie o<strong>per</strong>e che ridondarono a decoro<br />

del<strong>la</strong> nostra chiesa; ricorderò fra di esse <strong>la</strong> decorazione interna o<strong>per</strong>a<br />

del bizzarro pittore Pittaco, il rifacimento dell'organo, o<strong>per</strong>a del Bazzani,<br />

col<strong>la</strong>udata nell'anno 1878 dal celebre abate Jacopo Tomadini C 4 ), gli<br />

altari di S. Antonio, del<strong>la</strong> Madonna del<strong>la</strong> Salute (o meglio di N. Signora<br />

del S. Cuore) e di S. Pietro nonché molti arredi sacri che nul<strong>la</strong> <strong>la</strong>sciano<br />

a desiderare <strong>per</strong> copia, proprietà e buon gusto.<br />

Cosi anche <strong>la</strong> nostra chiesa, dopo lunghi e costosi <strong>la</strong>vori, fu condotta<br />

a compimento; ma convien dire che a questo mondo nessuna gioia<br />

è completa, come nessuna o<strong>per</strong>a è mai <strong>per</strong>fetta! Proprio quando <strong>la</strong> chiesa<br />

parve condotta a compimento, propria allora si constatò che piti non<br />

bastava al<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione, raddoppiata in cento anni, ed allora cominciarono<br />

i progetti, i sopraluoghi, le visite ad altre chiese, i consigli, le informazioni<br />

e le esibizioni.<br />

Finora i progetti sono rimasti in carta, <strong>per</strong>ché gravi difficoltà di ordine<br />

finanziario e di ordine tecnico, si oppongono al<strong>la</strong> loro esecuzione.<br />

LA CHIESA DI S. PIETRO NELLE SINGOLE PARTI<br />

Chi, appena entrato nel<strong>la</strong> nostra chiesa, si ferma a contemp<strong>la</strong>re l'insieme<br />

e le singole parti del sacro edificio, prova un senso di compiacimento<br />

e di godimento estetico che trova <strong>la</strong> sua espressione in queste<br />

parole: Bel<strong>la</strong>, semplice, maestosa!<br />

Infatti le parti sono armonicamente proporzionate, le dimensioni in<br />

(14) Esistono nel nostro archivio alcune lettere scritte dal Tomadini al mio antecessore.<br />

17<br />

257


corrispondenza fra di loro e l'eccessiva lunghezza viene tolta dal<strong>la</strong> loggia<br />

che sostiene l'organo e <strong>la</strong> cantoria e quasi divide questa parte del<strong>la</strong> chiesa<br />

dal corpo propriamente detto.<br />

Senza essere una galleria di arti belle e senza avere <strong>la</strong> pretesa di gareggiare<br />

<strong>per</strong> monumenti con qualche chiesa di città, <strong>la</strong> nostra contiene<br />

delle cose non disprezzabili. Ed anche un profano di arte resta colpito<br />

di ammirazione nel contemp<strong>la</strong>re il dipinto dell'altar maggiore che rappresenta<br />

<strong>la</strong> Madonna in gloria circondata da alcuni Santi, fra i quali i<br />

patroni del<strong>la</strong> parrocchia; soggetto trattato in molte e svariate maniere dai<br />

grandi artisti del. 1400 e del 1500.<br />

Appartiene il nostto dipinto ad epoca c<strong>la</strong>ssica, fu attribuito a Palma<br />

il giovine, ma gli intelligenti non riscontrano i caratteri di questo autore;<br />

qua e là si scorgono nel<strong>la</strong> vecchia te<strong>la</strong> tratti di ritocchi, non sempre felici,<br />

l'ultimo dei quali è dovuto al pennello di Lorenzo Pinzoni.<br />

Di eccellente fattura sono pure le cantorie del coro intagliate in noce<br />

e divise in iscompartimenti da eleganti colonnine, di stile corinzio.<br />

Grandioso <strong>per</strong> mole, correttissimo e geniale <strong>per</strong> disegno è l'apparato<br />

delle 40 ore che i fabbriceri acquistarono, all'epoca napoleonica, dal R.<br />

Demanio, cui era <strong>per</strong>venuto dopo <strong>la</strong> soppressione del convento di S.<br />

Giacomo di Padova e <strong>la</strong> demolizione di quel<strong>la</strong> chiesa.<br />

Oggi di gli altari sono sette; di vero valore artistico <strong>per</strong>ò, ve ne è uno<br />

soltanto, quello del Crocefisso che racchiude entro <strong>la</strong> nicchia l'immagine<br />

di Gesti in croce, o<strong>per</strong>a pregevole <strong>per</strong> esecuzione anatomica, non meno<br />

che <strong>per</strong> <strong>la</strong> dolce e paziente espressione del divino Martire del Golgota.<br />

Prezioso è pure il mosaico del paliotto di questo altare; peccato che<br />

nell'ultimo trasporto ne siano staccati e <strong>per</strong>duti alcuni pezzi!<br />

Gli arredi di sacrestia sono molti, bene conservati, bene custoditi e<br />

qualcheduno non manca di pregio.<br />

CAMPANILE DI S. PIETRO<br />

Non è antico, poiché <strong>la</strong> sua costruzione risale fra gli anni 1725 e 1730;<br />

è da muovere un rimprovero ai nostri vecchi che non si sono curati di<br />

mettere in qualche luogo una iscrizione che almeno ricordasse <strong>la</strong> data<br />

precisa del<strong>la</strong> sua erezione.<br />

Mole massiccia e bene costruita, sormontata da elegante cupo<strong>la</strong>, avrebbe<br />

richiesto <strong>per</strong>ò altezza maggiore.<br />

Preso di mira dai fulmini e decapitato piti volte, nel 1794, 1824, 1833,<br />

1845, il nostro campanile fu rinnovato nel<strong>la</strong> parte su<strong>per</strong>iore qualche anno<br />

fa ed oggidi si presenta in ottime condizioni statiche.<br />

Anche le campane furono disgraziate e ben otto volte, fra il 1800 ed<br />

il 1900, furono totalmente o parzialmente rifuse.<br />

L'ultimo concerto è del 1904; ad esso nel 1920 fu aggiunta una quatta<br />

campana che, confezionata col bronzo dei cannoni austriaci tolti a Vittorio<br />

Veneto, ricorderà, colle sue note squil<strong>la</strong>nti, <strong>la</strong> grande vittoria delle armi<br />

italiche, mentre col nome ricorderà una gloria del<strong>la</strong> nostra cittadina e<br />

del clero padovano, il B. Crescenzio di Camposampiero.<br />

259


III<br />

ORATORI! NON PIÙ ESISTENTI


SOMMARIO: Oratorio del<strong>la</strong> Madonna del<strong>la</strong> Neve. - Sue vicende e sua demolizione. -<br />

Curiosa iscrizione di Margherita Braterich. - Oratorio del<strong>la</strong> Presentazione di<br />

Maria dei Bragadin. - Vicende e demolizione. - Oratorio eli San Pietro Orseolo<br />

in aedibus praetoriis.<br />

Alquanto fuori del<strong>la</strong> cinta murata del castello, in soggiorno reso<br />

ameno dal corso di p<strong>la</strong>cide acque, ombreggiato, anche allora, da colossali<br />

piante e con ampio orizzonte a<strong>per</strong>to verso <strong>la</strong> campagna, <strong>la</strong> patrizia<br />

famiglia veneta dei Bernardo, si fabbricò una villetta che ancora oggidi,<br />

dopo restauri e modiflcazioni, cOSI bene conserva i caratteri del<strong>la</strong> architettura<br />

cinquecentesca.<br />

Accanto al<strong>la</strong> villetta sorgevano le adiacenze, <strong>la</strong> casa <strong>per</strong> i <strong>la</strong>voratori<br />

del<strong>la</strong> terra e l'oratorio gentilizio, dedicato al<strong>la</strong> Madonna del<strong>la</strong> Neve, che<br />

i nostri vecchi conobbero col titolo di Madonnetta; il nome fu anche<br />

consacrato nei registri parrocchiali.<br />

Le visite vescovili del 1573, 1584 e del 1597 constatano le ottime<br />

condizioni del<strong>la</strong> chiesuo<strong>la</strong>, che aveva tre altari ed era officiata da frate<br />

Paolo Marchiano di Lendinara, <strong>per</strong> ragioni di salute e con licenza dei<br />

su<strong>per</strong>iori, dimorante fuori convento e).<br />

Il Cittadel<strong>la</strong> nel 1605 cOSI par<strong>la</strong> di questo oratorio. « La Madonnetta<br />

dove stà fra Paolo Marchiano che cerca il sabato, salezzada) tave<strong>la</strong>da et<br />

depenta lunga piedi 38) <strong>la</strong>rga 20 » e).<br />

(I) Archivio Curiale, Visite di quegli anni. Prende un granchio a secco l'Agnolettl<br />

quando asserisce che, annesso al nostro oratorio, vi fu un convento di Serviti, l'errore è<br />

manifestamente dovuto al<strong>la</strong> residenza di frate Paolo Marchiano.<br />

(2) Descrittione di Padoa, Pago 309.


«Hero, acceptus Civibus, gratus ruricolis, utilis omnibus: ter fe/ix,<br />

« si diu vixisset.<br />

« Devixit reparatae Salutis. An. MDCXCII XVII Februarii. Aetatis<br />

suae XLVIII» (6).<br />

Appena letta questa iscrizione, mi prese <strong>la</strong> curiosità di compulsare<br />

il registro dei morti <strong>per</strong> vedere che avesse scritto, sul conto di questa<br />

amazzone, il mio antecessore don Giro<strong>la</strong>mo Zanchi; ma <strong>la</strong> mia curiosità<br />

restò delusa subito che incontrai questa <strong>la</strong>conica necrologia:<br />

« adì 18 Febbraro 1692<br />

Margherita Braterich d'anni 48 et mesi due essendo idropica passò<br />

a miglior vita improvvisamente avendo <strong>per</strong>ò preso il S. Giubileo. Il Sig,n,ore<br />

Iddio ['abbia in gloria. Il suo corpo fu sepolto in chiesa nell' arca<br />

del Rosario, morse in chà Contarini » (1).<br />

ORATORIO DELLA PRESENTAZIONE DI MARIA<br />

O DELLA MADONNA DELLA SALUTE<br />

Non vonei che il mio lettore confondesse l'antico oratorio del<strong>la</strong> Madonna<br />

del<strong>la</strong> Salute coll'attuale di Piazza Castello che, come altrove ho<br />

scritto, fino al 1836, ebbe <strong>per</strong> tito<strong>la</strong>re S. Giacomo Maggiore.<br />

L'antico oratorio del<strong>la</strong> Madonna del<strong>la</strong> Salute sorse, se non contemporaneo,<br />

certamente attiguo al pa<strong>la</strong>zzo dei patrizi veneziani Bragadin dei<br />

quali figurava come proprietà e, benché il nome apparisca <strong>per</strong> <strong>la</strong> prima<br />

volta soltanto nel 1713, pure <strong>la</strong> sua costruzione deve essere anteriore a<br />

tale epoca. Ove poi fossero situati pa<strong>la</strong>zzo Bragadin ed oratorio annesso,<br />

è cosa che non posso precisare; un documento contemporaneo afferma<br />

che i Bragadin ebbero pa<strong>la</strong>zzo vicino al castello, ma l'accenno troppo<br />

vago non <strong>per</strong>mette d'individuarne <strong>la</strong> ubicazione, che <strong>per</strong>ò, da certi dati,<br />

giudicherei nei pressi dell'attuale pa<strong>la</strong>zzo Mogno.<br />

Nel<strong>la</strong> visita del 1713 il vescovo Fortunato Morosini domandò al-<br />

(6) In dicitura italiana cosi suona l'iscrizione:<br />

«Fermati o passeggero ed apprendi <strong>la</strong> lodevole memoria del<strong>la</strong> donna virile, degna di<br />

«eterna fama, Margherita Bratevich, nata a Pinguente nell'Istria da onorata famiglia, a<br />

«17 anni, già matura <strong>per</strong> senno, abbandonò il suolo sterile del<strong>la</strong> patria e passò a Vene­<br />

« zia al servizio del nobil uomo Domenico Contarini di NicoIò ed, assunto il nome maschi­<br />

«le di Pietro Fabioto, fu preposta al<strong>la</strong> direzione del<strong>la</strong> casa e dclle possessioni rurali c<br />

«<strong>per</strong> oltre 30 anni funse da fedele amministratrice, castamente vivendo contenta solo del<br />

«vitto e del vestito maschile; cara al padrone, accetta ai cittadini, benevisa dagli agricol­<br />

«tori, servizievole con tutti <strong>la</strong>sciò, tesoro inestimabile, un nome intemerato; felicissima<br />

« se piu lungo tempo fosse vissuta. Mori il 17 Febbraio 1692 di anni 48 ».<br />

(7) Registro morti dell'anno 1692.<br />

l'arciprete Tessari, se e quando si celebrava <strong>la</strong> Messa nell'Oratorio e<br />

questi rispose: «Sì, Eccellenza, <strong>la</strong> si celebra quando sono fuori i Lustrissimi<br />

patroni, i Bragadin ».<br />

Lo visitò il vescovo Paolo Francesco Giustiniani nel 1754 e, trovatolo<br />

in cattivo assetto, vi proibi<strong>la</strong> celebrazione del<strong>la</strong> Messa e lo stesso divieto<br />

confermò nel 1777; questa volta era proprietario del<strong>la</strong> vil<strong>la</strong> e oratorio<br />

il nobile Filippo Balbi, che, con poco rispetto al<strong>la</strong> santità del luogo, lo<br />

aveva convertito in magazzino di ferravecchie familiari.<br />

La re<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> visita vescovile del 1792 non fa più accenno dell'oratorio,<br />

onde arguisco che in questo frattempo esso sia passato dall'abbominazione<br />

al<strong>la</strong> deso<strong>la</strong>zione e da questa al<strong>la</strong> rovina.<br />

ORATORIO DI S. PIETRO ORSEOLO<br />

Il nostro podestà Bonaventura Diedo, nobile figura di patrizio veneziano<br />

che all'amor patrio associava quello del<strong>la</strong> religione, nel 1737 converti<br />

una stanza del pa<strong>la</strong>zzo pretorio (ora Municipio) in cappel<strong>la</strong> privata<br />

che, da buon suddito del<strong>la</strong> Serenissima, dedicò al<strong>la</strong> memoria di un doge<br />

sollevato dal<strong>la</strong> chiesa all'onore degli altari, S. Pietro Orseolo.<br />

Lo benedisse, con delegazione vescovile, l'arciprete Belcavello, il 2<br />

Febbraio 1737. Vi celebrava <strong>la</strong> Messa nei giorni festivi un padre di<br />

S. Giovanni a comodità del podestà, del cancelliere nonché delle famiglie<br />

del<strong>la</strong> corte pretoriana.<br />

La cappel<strong>la</strong> fu visitata <strong>per</strong> l'ultima volta dal vescovo Bernardino<br />

Marin nel 1792, e sussistette fino al Maggio del 1797; scomparve in<br />

quell'anno assieme a tante altre care memorie distrutte dal<strong>la</strong> follia<br />

vandalica dei giacobini francesi.


IV<br />

ORATORII ESISTENTI


SOMMARIO: Oratorio olim di San Giacomo, ora del<strong>la</strong> Madonna del<strong>la</strong> Salute. - SaceUi<br />

del Transito di S. Giuseppe, del S. Cuore di Gesu e del<strong>la</strong> Madonna del<br />

Suffragio.<br />

ORATORIO « OLIM » DI SAN GIACOMO<br />

ORA DELLA MADONNA DELLA SALUTE<br />

Quando <strong>la</strong> Repubblica estese il suo dominio su Camposampiero (1405)<br />

il vecchio castello e l'area cintata dalle mura furono confiscate ai Carraresi<br />

e dichiarate proprietà nazionale.<br />

Nel seguente anno (Ottobre 1406) <strong>la</strong> nobile ed illustre famiglia<br />

Quirini acquistò dallo stato un appezzamento di terra entro il castello,<br />

ed ivi eresse un grandioso pa<strong>la</strong>zzo, che il nostro popolo, con paro<strong>la</strong><br />

espressiva, denominò il pa<strong>la</strong>zzon al quale furono aggiunte adiacenze,<br />

orto, giardino, casa <strong>per</strong> i <strong>la</strong>voratori ed oratorio dedicato a S. Giacomo<br />

il Maggiore.<br />

Per circa tre secoli le re<strong>la</strong>zioni delle visite vescovili si occuparono<br />

del<strong>la</strong> chiesetta di S. Giacomo che aveva un solo altare, una sagrestia<br />

discretamente provveduta, né mancava di campanile.<br />

CosI ne par<strong>la</strong> il Cittadel<strong>la</strong>: «San Giacomo dei Quirini salezzada et<br />

tavel<strong>la</strong>da, lunga piedi 24, <strong>la</strong>rga 12 officiata da un Padre di San Giovanni<br />

» e).<br />

Vil<strong>la</strong> ed oratorio e), verso <strong>la</strong> metà del 1600, passarono ai Civran e,<br />

(I) Descrittione di Padoa, Pago 310.<br />

(2) Ancora oggidi il portale quattrocentesco conserva nell'architrave lo stemma gentili.<br />

zio dei Quirini, mentre i banchi portano impresso quello dei Civran.


cento e venti anni dopo, agli Andrighetti che, durante il Regno ltalico<br />

(1805-1814), seccati, a quanto si dice, dal continuo passaggio di soldati<br />

che trasformavano il pa<strong>la</strong>zzo in quartiere militare, lo demolirono e di<br />

SI su<strong>per</strong>ba mole non restò in piedi che l'oratorio.<br />

Scoppiata l'epidemia cholerica del 1836, <strong>per</strong> voto unanime del<strong>la</strong><br />

popo<strong>la</strong>zione di Camposampiero, l'oratorio assunse il titolo del<strong>la</strong> Madonna<br />

del<strong>la</strong> Salute e solenne e memorabile, nel<strong>la</strong> <strong>storia</strong> Camposampierina,<br />

resterà il ricordo del<strong>la</strong> funzione espiatrice dell'ultima domenica di Luglio<br />

di quell'anno, quando autorità e popolo entro <strong>la</strong> chiesetta compirono l'atto<br />

di dedicazione a Maria, supplicando <strong>la</strong> del<strong>la</strong> liberazione dal contagio.<br />

E <strong>la</strong> Madonna non fu sorda alle preghiere dei figli ai quali subito<br />

concesse il favore implorato, e, mentre nelle vicine parrocchie il contagio<br />

continuava a mietere vittime <strong>per</strong> tutto l'Agosto, nel<strong>la</strong> nostra terminò<br />

l'o<strong>per</strong>a distruttrice col Luglio di quell'anno.<br />

L'oratorio del<strong>la</strong> Madonna del<strong>la</strong> Salute attualmente è proprietà del<strong>la</strong><br />

Fabbriceria di Camposampiero e bene meritò di esso <strong>la</strong> signora Amalia<br />

Maccaferri arricchendolo di numerosa e ricca suppellettile, quale non<br />

possono vantare molte chiese parrocchiali.<br />

SACELLI<br />

Sono di recente istituzione gli oratori privati del Transito di San Giuseppe<br />

nel<strong>la</strong> Casa di Ricovero, del S. Cuore di Gesu nel Laboratorio Femminile<br />

e quello pubblico del Cimitero Comunale, dedicato al<strong>la</strong> Madonna<br />

del Suffragio.<br />

272<br />

!8<br />

v<br />

NOTIZIE STORICHE COMPLEMENTARI


SOMMARIO: Casa canonica di Camposampiero. - Beneficio parrocchiale. - Beni patrimoniali<br />

del<strong>la</strong> chiesa e massari. - Vecchie confraternite. - Fraglia dei Pistori. -<br />

Culto su<strong>per</strong>stizioso attribuito ad una immagine del<strong>la</strong> Madonna e provvedimenti<br />

delle autorità. - Pagina d'oro di <strong>storia</strong> ecclesiastica Camposampierina. - Serie<br />

cronologica degli arcipreti di Camposampiero.<br />

CASA CANONICA DI <strong>CAMPOSAMPIERO</strong><br />

Veduta all'esterno, <strong>la</strong> canonica di Camposampiero sembra piuttosto<br />

un istituto che una casa privata, tanto essa apparisce grandiosa; ma nell'interno<br />

cangia di aspetto e presenta tutti i caratteri del raffazzonamento<br />

e di <strong>la</strong>vori eseguiti in diverse epoche, con criteri differenti e poco pratici.<br />

La primitiva costruzione del<strong>la</strong> canonica risale a data immemorabile,<br />

tant'è vero che nessun ricordo si conserva e soltanto il Sanuto ci fa sa<strong>per</strong>e<br />

che, nel 1513, fu incendiata dai cesarei condotti dal Cm·dona.<br />

Fino al 1852 <strong>la</strong> parte abitabile era costituita dai soli ambienti paralleli<br />

al Tergolino, mentre l'altra parte, verso mattina, nel pianterreno e<br />

nel su<strong>per</strong>iore era interamente occupata da due grandiose sale dal<strong>la</strong> travatura<br />

sansovinesca.<br />

I vecchi registri accennano a <strong>la</strong>vori eseguiti, di tratto in tratto, <strong>per</strong><br />

conzar <strong>la</strong> calonega, ma trattasi di cose di picco<strong>la</strong> entità.<br />

L'ultima trasformazione è dovuta a <strong>per</strong>sonale iniziativa dell'arciprete<br />

Scalfarotto, (1852), il quale concepl e, coll'aiuto dei parrocchiani e del<br />

Municipio, eseguI un suo disegno bizzarro e poco pratico.<br />

Abbondano infatti nel<strong>la</strong> canonica le stanze comunicanti, i bugigattoli<br />

senza luce, le finte porte ed i finti balconi, mentre, in cOSI vasto<br />

edificio, scarseggiano i locali necessari <strong>per</strong> le nuove esigenze del<strong>la</strong> vita<br />

parrocchiale che spesso trasformano <strong>la</strong> tranquil<strong>la</strong> abitazione del parroco<br />

275


S. GIUSEPPE<br />

Comparve dopo che Giovanni GabrielE, (11 Marzo 1697), patt1ZlO<br />

veneto abitualmente domiciliato a Camposampiero ove teneva negotio et<br />

trafegava d'olgio saon et altre bagatelle, istitul l'altare di S. Giuseppe,<br />

dotandolo di annua rendita e di mansioneria.<br />

Il testamento del Gabrielli (6) è monumento di pietà e di generosità<br />

patrizia; in esso il nobiluomo, dopo di avere istituito altare e mansioneria,<br />

condona debiti, <strong>la</strong>scia agli <strong>amici</strong> zoie, zoielli, statue e dipinti, pregandoli<br />

di accettare i doni, quali pegno di sincero affetto.<br />

Tutte queste confraternite furono spazzate dal<strong>la</strong> legge napoleonica<br />

del 1808, ed i loro beni furono in parte devoluti al Demanio, in parte<br />

al<strong>la</strong> Fabbriceria, unico ente ecclesiastico che <strong>la</strong> legge ufficiale riconobbe.<br />

L'altar maggiore del<strong>la</strong> chiesa era amministrato dal<strong>la</strong> Luminaria, ed il<br />

nome, abbastanza espressivo, denota l'uso e l'abuso di candele, tanto<br />

comuni a quell'epoca.<br />

FRAGLIA DEI PISTORI<br />

La fraglia o corporazione dei pistori fu istituita nell'anno 1564, reggendo<br />

<strong>la</strong> nostra podestaria Francesco Zorzi.<br />

Di essa conservasi un me<strong>la</strong>nconico ricordo nell'archivio parrocchiale<br />

consistente in diversi fascicoli manoscritti ed intito<strong>la</strong>ti: «Lite tra <strong>la</strong> Fraglia<br />

dei Pistori e <strong>la</strong> Confraternita del 55. Sacramento ». Come il titolo<br />

lo annuncia, i manoscritti contengono <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione di una lunga ed ostinata<br />

vertenza, insorta fra i panettieri di Camposampiero ed i massari<br />

del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> del Santissimo, pretendendo questi ultimi che, anche dopo<br />

lo scioglimento del<strong>la</strong> fraglia, i fornari del castello osservassero quanto<br />

prescriveva l'articolo XVI e consegnassero ai massari di detta scuo<strong>la</strong>,<br />

ogni anno nel<strong>la</strong> festa del Corpo di Cristo, lire 24 pizole e doi torzi del<br />

peso de lire sie.<br />

Dopo un secolo di caloroso dibattito <strong>la</strong> lite terminò con una composizione<br />

amichevole, a cui <strong>per</strong>ò non volle sottostare Zuanne Zabeo, uno<br />

dei pistori, e male gliene incolse! Perché il mattino del 27 Giugno 1747,<br />

mentre l'ostinato Zabeo stava al banco spacciando <strong>la</strong> merce ai clienti, vide<br />

comparire sul<strong>la</strong> soglia di sua bottega, vestito in pieno assetto di guerra,<br />

Antonio Combi, comandante delle ordinanze del<strong>la</strong> podestaria, il quale,<br />

senza tante cerimonie, applicò il sequestro su quanto s'attruovava nel<br />

suo negotio C).<br />

(6) Archivio Parrocchiale, Busta contratti e testamenti.<br />

(7) Archivio Parrocchiale, Busta Vecchie carte.<br />

280<br />

Riporterò in fine dell'o<strong>per</strong>a lo statuto del<strong>la</strong> Fraglia; si fanno oggidl<br />

tante ricerche <strong>per</strong> esumare gli statuti delle antiche corporazioni, si fanno<br />

tanti studi su di esse, che non credo inutile aggiungere il modesto contributo<br />

di una pietra al grande edificio del<strong>la</strong> sapienza e dell'es<strong>per</strong>ienza<br />

passata.<br />

CULTO SUPERSTIZIOSO<br />

ATTRIBUITO AD UNA IMMAGINE DELLA MADONNA<br />

E PROVVEDIMENTI DELLE AUTORITÀ<br />

Suscitò qualche scalpore, entro e fuori di Camposampiero, e procurò<br />

noie parecchie alle autorità civile e religiosa, certa forma di culto intem<strong>per</strong>ante<br />

attribuito, cento e pili anni or sono, ad un simu<strong>la</strong>cro del<strong>la</strong><br />

Madonna.<br />

Riassumerò <strong>per</strong> sommi capi l'origine, lo svolgimento e <strong>la</strong> fine del<strong>la</strong><br />

questione politico-religiosa, che tanto appassionò gli animi dei nostri<br />

antenati.<br />

Il 22 Settembre 1811 don Giuseppe Valle, arciprete di Loreggia e<br />

delegato governativo <strong>per</strong> il culto nel<strong>la</strong> circoscrizione di Camposampiero,<br />

partecipò al prefetto di Padova che i nostri concittadini avevano collocato<br />

sopra di un altare, addossato al<strong>la</strong> parete esterna del Monte di Pietà,<br />

una immagine del<strong>la</strong> Madonna, donata da Vincenzo Allegri (8); sopra<br />

l'altare ardevano ceri, pendevano tavolette votive, nei giorni di mercato,<br />

dietro invito di una donna, accorreva gente <strong>per</strong> ascoltare <strong>la</strong> predica di<br />

un sacerdote il quale, con voce e gesto enfatico, raccontava non so quali<br />

prodigi o<strong>per</strong>ati dal simu<strong>la</strong>cro.<br />

Il peggio si era che, a predica terminata, usciva l'oste vicino invitando<br />

i convenuti a degustare il vino del<strong>la</strong> sua cantina ed i prodotti di sua arte<br />

culinaria.<br />

Questo miscuglio di cose sacre e profane, di religione e di interessi non<br />

si doveva più oltre tollerare, onde il Valle, deplorata <strong>la</strong> noncuranza dell'arciprete<br />

Tempesta, sollecitava il prefetto a promulgare un decreto <strong>per</strong><br />

<strong>la</strong> rimozione dell'immagine.<br />

Il prefetto di Padova, pili avveduto del Valle, espose <strong>la</strong> faccenda al<br />

vescovo di Treviso, pregandolo di ordinare <strong>la</strong> rimozione del simu<strong>la</strong>cro,<br />

diventato oggetto di losche specu<strong>la</strong>zioni <strong>per</strong> gli interessati e di culto<br />

su<strong>per</strong>stizioso <strong>per</strong> il popolo.<br />

Il vescovo rispose al prefetto meravigliandosi dei disordini segna<strong>la</strong>ti<br />

(8) All'epoca del convento il simu<strong>la</strong>cro trovavasi in un altarino nel fondo del primo<br />

chiostro.<br />

281


e dell'invocato provvedimento; altrove, anche a Noale, cosi il vescovo,<br />

sotto <strong>la</strong> loggia pubblica) vi sono immagini del<strong>la</strong> Madonna e non si erano<br />

mai <strong>la</strong>mentati inconvenienti di sorta.<br />

Insistendo nuovamente il prefetto nel<strong>la</strong> sua istanza, il vescovo affidò a<br />

don Francesco Barbaro, arciprete di Zeminiana, l'incarico di recarsi <strong>per</strong>sonalmente<br />

a Camposampiero <strong>per</strong> verificare i <strong>la</strong>mentati disordini e darne<br />

ragguaglio fedele.<br />

Il Barbaro, venuto a Camposampiero ed assunte precise informazioni,<br />

consigliò il vescovo di emanare un decreto di questo tenore:<br />

I. Proibizione di render pubblico culto all'immagine di Maria del<br />

Monte di Pietà.<br />

II. Ordine di coprire <strong>per</strong> qualche tempo l'immagine <strong>per</strong> divezzare,<br />

un po' al<strong>la</strong> volta, il popolo dal culto del<strong>la</strong> stessa.<br />

III. Ordine di trasportare, dopo qualche tempo, il simu<strong>la</strong>cro nel vicino<br />

oratorio di S. Giacomo.<br />

E cosi fu fatto.<br />

Ma <strong>la</strong> Madonna, che voleva avere culto di sincera pietà dai Camposampierini<br />

e dai forestieri, se ne stette <strong>per</strong> alcuni anni nel<strong>la</strong> sagrestia di<br />

S. Giacomo, finché, nel 1836, prese posto nell'altare del<strong>la</strong> chiesa stessa<br />

ove, massimamente nei merco1edi, riceve tributo di preghiere da coloro<br />

che frequentano il nostro mercato e).<br />

PAGINA D'ORO DI STORIA ECCLESIASTICA<br />

CAMPOSAMPIERINA<br />

In epoca antica, ed anche recente, <strong>la</strong> nostra cittadina ebbe rapporti<br />

con <strong>per</strong>sonaggi eminenti <strong>per</strong> l'esercizio di cristiane virtli, alcuni dei quali<br />

furono innalzati all'onore degli altari.<br />

Omettendo <strong>la</strong> problematica venuta di S. Prosdocimo, accennerò al<br />

B. Crescenzio ("I" 1100), figlio e fratello dei nostri feudatari, e quindi,<br />

sotto un certo punto di vista, gloria Camposampierina.<br />

Benché il campo del<strong>la</strong> sua azione ed il teatro del<strong>la</strong> sua santità sia stata<br />

<strong>la</strong> città di Padova ove <strong>per</strong> alcuni anni resse <strong>la</strong> parrocchia di San Luca, tuttavia<br />

è fuor di dubbio che il Beato soggiornò anche a Camposampiero,<br />

anzi quivi trasse i natali e O ) ed ai nostri concittadini offri l'edificante<br />

(9) La re<strong>la</strong>zione di tale controversia si trova nell'Arcbivio Curiale di Treviso, Busta I,<br />

Camposampiero.<br />

(IO) Il B. Crescenzio nacque nel<strong>la</strong> seconda metà del secolo XI, prima cioè che i Comuni<br />

obbligassero i conti rurali a fissare il loro domicilio nel<strong>la</strong> città, quindi con tutta probabilità<br />

nacque a Camposampiero.<br />

Anzi l'antico martirologio delle monache di S. Agata riportava questa notizia «III<br />

spettacolo del<strong>la</strong> nobiltà del sangue congiunta a quel<strong>la</strong> pili vera e maggiore<br />

delle o<strong>per</strong>e virtuose.<br />

S. Antonio di Padova domiciliò a Camposampiero <strong>per</strong> circa un mese<br />

e, preziosi e venerati ricordi di sua dimora, restano ancora oggidi <strong>la</strong><br />

tavo<strong>la</strong> dove concedeva scarso riposo al suo corpo martoriato, <strong>la</strong> cappellina<br />

del<strong>la</strong> visione (benché trasformata) ed i ram polli del noce d'onde<br />

predicò ai nostri castel<strong>la</strong>ni.<br />

Il conventino di S. Giovanni, dopo <strong>la</strong> breve <strong>per</strong>manenza del Taumaturgo,<br />

diventò celebre nell'ordine francescano ed in esso, come in antecipata<br />

Manresa, si raccolsero spesso i Padri del Santo <strong>per</strong> riposare il<br />

corpo e <strong>per</strong>fezionare lo spirito, <strong>per</strong> maturare i disegni di loro santificazione<br />

e <strong>per</strong> ascoltare, nel<strong>la</strong> solitudine e nel raccoglimento, <strong>la</strong> voce del<br />

Signore che li chiamava a nuove fatiche ed a nuovi meriti.<br />

Quindi nel romitaggio di S. Giovanni si ritirò verso il 1295 il B.<br />

Jacopo da Padova, allorché gli parve di essere chiamato da Dio al<strong>la</strong> conversione<br />

degli infedeli, e quivi il Signore gli mostrò il campo del suo<br />

aposto<strong>la</strong>to, il martirio e l'eterno premio che l'attendeva (11).<br />

L'effigie del protomartire dell'Indocina (t 1321) fu dipinta nel cornicione<br />

interno del coro in S. Antonio del noce da pennello maestro, ed<br />

anche oggidi l'immagine del Beato, squarciata in pili luoghi da acute<br />

freccie e sanguinante, col viso composto a paziente rassegnazione, ispira,<br />

in chi <strong>la</strong> riguarda, sentimenti di commozione e di profonda pietà.<br />

Gli altri <strong>per</strong>sonaggi, effigiati nello stesso cornicione assieme al B.<br />

Japoco, e cioè S. Daniele e compagni, B. Luca Belludi, B. Bernardino<br />

Tomitano, B. Giovanni da Capistrano, B. Jacopo di Marca, B. Michele,<br />

B. Cherubino da Spoleto, B. Damiano da Padova, B. Berardo e compagni,<br />

B. Jacopo Barelli (?) C Z ), appartengono all'epoca c<strong>la</strong>ssica dell'ordine<br />

minorita e, quale pili quale meno, ebbero re<strong>la</strong>zioni con Camposampiero<br />

<strong>per</strong> il passaggio o <strong>per</strong> <strong>la</strong> temporanea dimora nel nostro convento,<br />

che in causa del<strong>la</strong> sua vicinanza ai conventi maggiori di S. Antonio e di<br />

S. Francesco di Padova, ebbe sempre con essi strettissimi rapporti.<br />

Il grande apostolo del 1400, S. Bernardino da Siena (1380-1444) che<br />

in pochi anni <strong>per</strong>corse buona parte d'Italia e dai pulpiti di città e di<br />

campagna annunciò, con eloquenza popo<strong>la</strong>re, arguta e sempre efficace,<br />

le verità evangeliche, terrorizzando i peccatori e suscitando fiamme di<br />

Kalendas Deccmbris civitate Padua e 13. Crescentii et confessoriO', qui non solum ex oppido<br />

Campi Sancti Petri, agri patavini, originem traxi!, verum etiam etc. ». GRINZATO: Dissertazione<br />

sul culto del B. Crescenzio, pago 31.<br />

(11) B. JACOPO DA PADOVA: Memorie storiche, pago 15. Venezia 1904.<br />

(12) Alcuni di questi beati più tardi furono dichiarati santi.


Chiese delVicariato di Valdobbiadene, territorio di Treviso di là dal<strong>la</strong><br />

Piave, ma soggette al vescovo di Padova. - Nell'autunno avendo già mandato<br />

avanti i Padri missionari a predicare e confessare quei popoli,<br />

l'Eminenza Sua partì da Padova in carrozza, conducendomi seco, come<br />

suo auditore. - La sera si prese alloggio vicino a Camposampiero e 6 ) nel<br />

pa<strong>la</strong>zzo del canonico Marc'Antonio Barbariga che fu poi arcivescovo di<br />

Corfu e cardinale del titolo di S. Susanna <strong>per</strong> vicende politiche tras<strong>la</strong>to a<br />

Montefiascone, ivi dopo recitato il Mattutino <strong>per</strong> il seguente giorno e<br />

fatta breve cena, ognuno andò a dormire. A me venne in sorte assegnata<br />

una camera vicina a quel<strong>la</strong> dell'Eminentissimo Cardinale Vescovo, che<br />

aveva nel muro divisorio una porta <strong>per</strong> il passaggio dall' una all' altra<br />

stanza, ma serrata allora con catenaccio di ferro. - Sul<strong>la</strong> mezzanotte io fui<br />

svegliato da certo insolito rumore, ed ascoltando che fosse, compresi che<br />

sua Eminenza si f<strong>la</strong>gel<strong>la</strong>va e faceva disciplina. Cheto cheto uscii dal letto,<br />

presi <strong>la</strong> mia veste, mi inginocchiai appresso al<strong>la</strong> porta, ascoltando con le<br />

orecchie e venerando col cuore quel<strong>la</strong> penosa f<strong>la</strong>gel<strong>la</strong>zione, che esso<br />

Eminentissimo Cardinale faceva in quell'ora sopra le sue spalle e che<br />

durò un quarto d'ora in circa.<br />

Terminata che fu <strong>la</strong> disciplina io piano, piano ritornai in letto senza<br />

punto farmi sentire, ammirando <strong>la</strong> santità, <strong>la</strong> devozione e <strong>la</strong> penitenza<br />

di si buon pastore. - Ho sempre tenuto secreto in me questo successo,<br />

vivendo l'Eminenza Sua, <strong>per</strong> termine di dovuto ossequioso rispetto, ma<br />

adesso l'ho manifestato essendo già nell'eterna vita ».<br />

Ai re<strong>la</strong>tori del processo di canonizzazione ed ai biografi del beato non<br />

isfuggirà un fatto cos1 importante e cos1 edificante.<br />

Dove era vil<strong>la</strong> Barbarigo?<br />

Indarno <strong>la</strong> ho ricercata nei vecchi libri di estimo e nelle denunzie che,<br />

di tratto in tratto, il Senato Veneto imponeva alle famiglie possidenti<br />

quando, non so <strong>per</strong> quale fortuna, a risolvere il tormentoso problema mi<br />

arrivò tra le mani l'illustrazione grafica di Camposampiero descritta verso<br />

il 1690 (proprio nell'epoca del B. Gregorio) dal padre Vincenzo CoronelIi;<br />

da essa ho rilevato che vil<strong>la</strong> Barbarigo corrisponde all'attuale pa<strong>la</strong>zzo<br />

del Laboratorio Femminile di proprietà del cav. Antonio Rossati,<br />

benché trasformazioni posteriori <strong>la</strong> abbiano alquanto alterata.<br />

Anche Pio X ebbe rapporti con Camposampiero. Anzi <strong>per</strong> poco nel<br />

1866 non fu nominato parroco di San Marco e 7 ).<br />

Diventato arciprete di Salzano (1867) don Giuseppe Sarto, accoglien-<br />

(16) Vicino, cioè fuori delle cinta murate del castello dove era il pa<strong>la</strong>zzo Barbariga.<br />

(17) Vedi «Progetti di concentrazione, ecc.» piu avanti.<br />

do l'invito del mio antecessore Scalfarotto, nel 1868 predicò il quaresimale<br />

nel<strong>la</strong> nostra chiesa e parecchi fra i viventi ricordano <strong>la</strong> sua paro<strong>la</strong><br />

calda, spontanea e popo<strong>la</strong>re.<br />

Di Pio X si sta ora promovendo <strong>la</strong> causa di beatifìcazione; tutto il<br />

mondo <strong>la</strong> richiede, le prove riescono facili ed abbondanti onde, a breve<br />

scadenza, vedremo il mite grande Vicario di Cristo innalzato all'onore<br />

degli altari, e sarà quello un giorno di festa <strong>per</strong> tutta <strong>la</strong> chiesa cattolica,<br />

<strong>per</strong> Camposampiero che lo ebbe oratore quaresimalista e <strong>per</strong> lo scrivente<br />

che è l'ultimo sacerdote ordinato da Sua Eccellenza il Cardinale Giuseppe<br />

Sarto (26 luglio 1903), qualche giorno appresso entrato in Conc<strong>la</strong>ve,<br />

donde usci PAPA PIO X.<br />

SERIE CRONOLOGICA DEGLI ARCIPRETI DI <strong>CAMPOSAMPIERO</strong><br />

La mancanza di documenti di vecchia data rende impossibile <strong>la</strong> compi<strong>la</strong>zione<br />

integrale del<strong>la</strong> serie degli arcipreti del<strong>la</strong> nostra pieve.<br />

Mi accontenterò quindi di riportare il nome di quelli che trovai registrati<br />

nel quaderno delle collette, nelle buste beneficiorum e nei libri<br />

dell'archivio parrocchiale.<br />

Nei quaderni delle collette, esistenti presso <strong>la</strong> Curia Ves covile di Treviso,<br />

figurano questi nomi degli arcipreti di Camposampiero:<br />

1. Presbiter Albertus 1330<br />

2. Presbiter Bonus 1348<br />

Nelle buste beneficio rum dell'archivio curiale di Treviso figurano<br />

questi nomi:<br />

3. Don Giacomo De Romeis 1467<br />

4. Don Antonio da Napoli 1473<br />

5. Don Pier Antonio Patano 1508<br />

6. Il Cardinale Francesco Pisani 1522<br />

Questo ultimo era investito del nostro beneficio parrocchiale e contemporaneamente<br />

era vescovo di Padova ed amministratore del<strong>la</strong> diocesi<br />

di Treviso; lo suppliva nel<strong>la</strong> cura delle anime don Apollonio Grifo.<br />

7. Canonico Marco Mocenigo 1535<br />

Il Mocenigo risiedeva a Venezia ed era investito dei due benefici di<br />

S. Pietro e di S. Marco; lo suppliva, nel disbrigo delle mansioni parrocchiali,<br />

il sacerdote don Vendramino Fasolo, il quale continuò <strong>la</strong> supplenza<br />

anche sotto il parrocato di<br />

8. Don Bartolomeo Beaziano 1540<br />

2


che risiedeva pur esso a Venezia stipendiando il Fasolo con cento ducati<br />

annui.<br />

9. Don Giulio Contian 1564<br />

anche questi, benché effettivo arciprete di Camposampiero, seguendo un<br />

abuso proscritto dalle disposizioni del Concilio di Trento, non risiedette<br />

in cura, ove tenne a suo servizio don Andrea dei Ma<strong>la</strong>tini.<br />

lO. Don Giovanni Rauli dal 1565 al 1590<br />

11. Don Cristoforo Baldi dal 1590 al 1608<br />

poscia vicario generale del vescovo Francesco Giustiniani.<br />

I registri parrocchiali ci offrono, dal 1608 in poi, <strong>la</strong> serie intinterrotta<br />

degli arcipreti di Camposampiero.<br />

12. Don Antonio Chello 1622-1666<br />

13. Don Giro<strong>la</strong>mo Zanchi 1666-1708<br />

14. Don Bartolomeo Tessari 1708-1730<br />

15. Don Carlo Antonio Belcavello 1730-1750<br />

16. Don Giovanni Battista Badoer 1750-1756<br />

promosso vescovo di Aso<strong>la</strong> nel Mantovano<br />

17. Don Giuseppe Giustina 1756-1762<br />

tras<strong>la</strong>to a Carpenedo di Mestre.<br />

18. Don Nicolò Borto<strong>la</strong>to 1762-1791<br />

19. Don Giuseppe Bini 1791-1798<br />

20. Don Andrea Tempesta 1798-1820<br />

21. Don Iacopo Bacchetti 1820-1850<br />

22. Don Tomaso Scalfarotto 1850-1876<br />

promosso canonico effettivo del<strong>la</strong> cattedrale di Treviso.<br />

23. Don Carlo Gallina 1876-1913<br />

canonico onorario del<strong>la</strong> Cattedrale di Treviso.<br />

24. Don Luigi Rostiro<strong>la</strong> dal 1914 e fino a che piacerà all'Altissimo.<br />

Degli arcipreti anteriori al 1300 non ho trovato cenno alcuno<br />

in nessun documento.<br />

Tutti gli arcipreti di Camposampiero si resero benemeriti del<strong>la</strong> chiesa<br />

e del<strong>la</strong> parrocchia, alcuni furono dottori in scienza teologica e in diritto<br />

canonico, molti vicari foranei del<strong>la</strong> congregazione e qualcheduno <strong>la</strong>sciò<br />

fama di virtu sacerdotali non comuni.<br />

Don Antonio Chello, don Nicolò Borto<strong>la</strong>to e Monsignor Carlo Gallina,<br />

in vita ed in morte, beneficarono le chiese, i poveri, le ragazze nubende ed<br />

il Seminario diocesano.<br />

288<br />

1:1<br />

VI<br />

CHIESA E MONASTERO DI SAN GIOVANNI<br />

ED ORATORIO DI S. ANTONIO DEL NOCE


SOMMARIO: Antichità del primitivo oratorio di San Giovanni. - Sua assegnazione a<br />

chiesa gentilizia dei feudatari e venuta dei Padri Francescani. - Preesistenza del<br />

romitaggio al<strong>la</strong> venuta di S. Antonio. - S. Antonio illustra Camposampiero. -<br />

Cimeli antoniani. - Abbandono del convento da parte dei Padri Francescani. -<br />

Ricostruzione del<strong>la</strong> chiesa e monastero <strong>per</strong> o<strong>per</strong>a di Gregorio Camposampiero.<br />

- Venuta dei Minori Osservanti. - Vicende del<strong>la</strong> chiesa e del monastero dal<br />

1431 al 1769. - Soppressione del convento. - Abbattimento del<strong>la</strong> chiesa. - L'oratorio<br />

campestre di San Giovanni. Venuta dei Padri Conventuali. - Erezione<br />

del Santuario Antoniano e del collegio delle Missioni. - Illustrazione dell'oratorio<br />

di S. Antonio del noce.<br />

Non mancherò di rispetto al mio venerato e dottissimo maestro,<br />

monsignor Carlo Agnoletti, facendo ampie riserve su quanto egli asserisce<br />

circa l'origine e <strong>la</strong> finalità del<strong>la</strong> primitiva chiesa di S. Giovanni che<br />

vorrebbe fondata da S. Ptosdocimo ed intito<strong>la</strong>ta al Battista, <strong>per</strong>ché destinata<br />

a sede del sacro fonte del<strong>la</strong> pieve di Camposampiero e).<br />

Circa <strong>la</strong> <strong>per</strong>sona e il ministero di S. Ptosdocimo si sono affermate tante<br />

cose che <strong>la</strong> critica moderna, COS1 esigente in fatto di prove, oggi di non ammette<br />

e l'ultima paro<strong>la</strong> sul<strong>la</strong> vexata quaestio è meglio <strong>la</strong>sciar<strong>la</strong> a quegli<br />

studiosi che <strong>la</strong> dottrina severa sapranno associare col rispetto dovuto a<br />

venerande tradizioni.<br />

Riguardo al<strong>la</strong> destinazione del nostto S. Giovanni a sede del fonte<br />

battesimale, <strong>la</strong> risoluzione negativa e <strong>per</strong>entoria è data dal fatto che<br />

l'antico tito<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> chiesa non era S. Giovanni Battista, ma S. Giovanni<br />

Evangelista.<br />

È <strong>per</strong>ò certissimo che l'origine del<strong>la</strong> primitiva chiesa di S. Giovanni<br />

(1) ACNOLETTI: Treviso e le sue pievi, voI. Il, pago 402.<br />

29 1


si <strong>per</strong>de nel<strong>la</strong> notte dei secoli, come pure è certo che essa sorse prima del<br />

castello e) ed, allorché questo fu eretto, diventò chiesa gentilizia dei<br />

nostri feudatari.<br />

Il testamento di Gherardino di Camposampiero (1191), quale spiraglio<br />

di luce attraverso le fitte tenebre dell'alto medioevo, illumina alquanto<br />

<strong>la</strong> nostra chiesa e, se non altro, ce <strong>la</strong> fa conoscere come esistente a quel<br />

tempo e come dotata, grazie all'affetto dei nostri conti a quel<strong>la</strong> che dovette<br />

essere <strong>la</strong> loro cappel<strong>la</strong>, con maggior <strong>la</strong>rghezza delle due chiese<br />

parrocchiali di S. Pietro e di S. Marco.<br />

Riferisco dal testamento quanto fa <strong>per</strong> il caso: « ... Santo Joanni<br />

de Camposanctipetri vineam unam que respondeat tres urnas vini ..... et<br />

vineam de pecia terra de subtus terre quod habet ex comune de Romano<br />

e) ».<br />

Anni or sono, nello scavo delle fondazioni del<strong>la</strong> nuova chiesa vennero<br />

al<strong>la</strong> luce alcuni avanzi di quel<strong>la</strong> che chiamerò « PRIMA CHIESA»<br />

di San Giovanni e bene fecero i Conventuali conservando questi sacri<br />

ruderi che il ricordo e <strong>la</strong> presenza di S. Antonio resero venerati e cari.<br />

Eravamo nel bel tempo del fervore francescano ed i discepoli del serafico<br />

padre, fedeli al consiglio evangelico misit binos con quello che<br />

segue, si recavano a due a due <strong>per</strong> le città e <strong>per</strong> i castelli predicando al<br />

secolo selvaggio, agli uomini fieri di costume e divisi da lotte di partito,<br />

le vinu evangeliche del<strong>la</strong> umiltà, del<strong>la</strong> carità, del distacco dai beni terrestri<br />

e <strong>la</strong> loro paro<strong>la</strong>, avvalorata dall'esempio e dal<strong>la</strong> grazia del Signore,<br />

suscitava dovunque entusiasmo e manifestazioni religiose imponenti.<br />

Principi e popoli andavano a gara <strong>per</strong> avere nel loro feudo i figli di S.<br />

Francesco e Tiso da Camposampiero, da qualche anno ridotto si quivi a<br />

vita privata, Tiso, che avea dato il nome al III ordine minorita, Tiso,<br />

che di S. Antonio era ammiratore e confidente, verso il 1227 invitò i<br />

Padri nel suo castello e ad essi assegnò <strong>la</strong> chiesa di S. Giovanni.<br />

Cosi Camposampiero a <strong>la</strong>to del castello ebbe il convento; l'uno rappresentava<br />

l'orgoglio, <strong>la</strong> potenza e <strong>la</strong> forza materiale, l'altro l'umiltà,<br />

<strong>la</strong> povertà e <strong>la</strong> forza morale; tali contrasti erano frequenti nel medioevo.<br />

Mancano finora le prove dirette dell'invito di Tiso ai Francescani,<br />

ma ci sono <strong>per</strong> compenso tali indizi di probabilità, che bastano <strong>per</strong><br />

convertire l'ipotesi in tesi di assoluta certezza.<br />

(2) La precedenza, in ordine di tempo, del<strong>la</strong> chiesa al castello è provata dal<strong>la</strong> sua<br />

ubicazione extra il girone delle mura.<br />

(3) VEReI: Codice Eccelinial1o, pago 42. Male s'appose il P. Granic facendo risalire a<br />

100 anni prima il testamento dì Gherardino; le <strong>per</strong>sone in esso nominate, vivevano proprio<br />

nell'epoca assegnata dal Verci e dall'Avogadro, cioè nel 1190. Piu avanti nello stesso<br />

Nel piccolo convento, formato attorno al<strong>la</strong> chiesa di S. Giovanni,<br />

abitò quasi ininterrottamente <strong>per</strong> un mese il grande Taumaturgo, che<br />

Padova e Lisbona con tutto il mondo onorano (4).<br />

Le partico<strong>la</strong>rità del<strong>la</strong> dimora di S. Antonio sono narrate, con qualche<br />

diffusione, dal<strong>la</strong> Legenda major e dal<strong>la</strong> Legenda minor cui, dovendo procedere<br />

innanzi, rimando il lettore. Dirò soltanto che Sant'Antonio pose<br />

stanza fra di noi <strong>per</strong> aderire al desiderio espresso da Tiso, <strong>per</strong> ricreare<br />

il corpo abbattuto e defatigato dalle penitenze, dal<strong>la</strong> predicazione e dai<br />

viaggi e, piu che altro, <strong>per</strong> disporsi, nel romito recesso, al grande passaggio<br />

che l'idropisia ognora crescente ed il Signore nei frequenti colloqui,<br />

gli annunciavano ormai vicino.<br />

Il breve <strong>per</strong>iodo di suo domicilio a Camposampiero fu illustrato da fatti<br />

portento si, comuni del resto nel<strong>la</strong> vita del Santo; quivi infatti assorto<br />

in contemp<strong>la</strong>zione, accolse fra le sue braccia il Bambino Gesu; quivi,<br />

asceso su di un noce colossale, annunziò <strong>la</strong> buona novel<strong>la</strong> ad una moltitudine<br />

di gente accorsa al<strong>la</strong> fama del suo arrivo (l'episodio fu eternato<br />

dal pennello del Bonifacio); quivi <strong>la</strong>sciò <strong>la</strong> tavo<strong>la</strong>, duro origliere sul quale<br />

concedeva breve riposo alle stanche membra, e sopra di essa il valente<br />

pittore Andrea Vivarini da Murano (5), ritrasse l'effigie del Santo, ammirabile<br />

<strong>per</strong> soave profumo di misticismo e <strong>per</strong> !'infinita bontà da essa<br />

spiranti.<br />

testamento si legge quest'altra disposizione: «Sancto Johanni de Campo Sal1cti Petri rOI1cum<br />

Guizzo<strong>la</strong> de Arsio iudicavit ».<br />

(4) Qualche autore vorrebbe che nel frattempo S. Antonio si sia recato a Verona<br />

<strong>per</strong> implorare da Eccelino <strong>la</strong> liberazione di Rizzardo di S. Bonifacio, il Ro<strong>la</strong>ndino <strong>per</strong>ò<br />

assegna il viaggio a qualche tempo prima, e le due Leggende non ne fanno cenno.<br />

Alcuni biografi del Santo fantasticarono che, nel tempo del suo soggiorno a Camposampiero,<br />

egli sia stato ospite del Tiso; altri, sconcertati dal<strong>la</strong> celletta rustica, che Tiso<br />

apprestò colle sue mani intrecciando i rami del colossale noce, opinarono che S. Antonio<br />

fissasse in essa <strong>la</strong> sua dimora notturna e diurna ed esclusero <strong>la</strong> preesistenza di un conventino<br />

di frati Minori a Camposampiero: nul<strong>la</strong> di piu falso di tutto questo. Vediamo<br />

infatti che cosa dicono i documenti piu antichi e piu degni di fede.<br />

La Legel1da Major, scritta fra il 1233 ed il 1245, accenna ad una domus Fratrum,<br />

ospizio di frati, esistente a Camposampiero; <strong>la</strong> Legenda mil10r par<strong>la</strong> di locus fratrum ibi<br />

(cioè a Camposampiero) morantium; e ad un locus fratrum allude pure <strong>la</strong> vita di S. Antonio<br />

scritta, poco dopo le due Legende, dal B. Giovanni Rigauld.<br />

Ricercare altre prove dopo le addotte è cosa su<strong>per</strong>flua.<br />

La celletta rustica era soltanto un luogo di temporaneo ritiro del Santo ed il pa<strong>la</strong>zzo<br />

di Tiso (ora sede del Municipio) nul<strong>la</strong> ebbe a che fare con S. Antonio che <strong>per</strong>fetto<br />

religioso come era, non infranse certamente <strong>la</strong> disciplina c<strong>la</strong>ustrale, <strong>per</strong> abitare il pa<strong>la</strong>zzo<br />

di un signore, <strong>per</strong> quanto amico.<br />

I! Ro<strong>la</strong>ndino COSl descrive le occupazioni di S. Antonio, nel tempo di sua dimora a<br />

Camposampiero: «die noctuque regiral1s vetus testamel1tum et novum scribere parabat<br />

utilia populo christian o ».<br />

(5) Fondatore del<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> pittorica di Murano; fior! verso <strong>la</strong> prima metà del sec. XV.<br />

293


Il buon popolo di Camposampiero saprà custodire questi preziosi<br />

ricordi antoniani, sacra eredità tramandata dai suoi avi, tesoro incomparabile<br />

che il mondo invidia e, recandosi a visitare il sacro luogo, assieme<br />

al<strong>la</strong> divozione sentirà fotte e profonda <strong>la</strong> gratitudine verso il<br />

Santo, che, pellegrino in terra, onorò Camposampiero ed ora <strong>la</strong> benedice<br />

dal Cielo (6).<br />

Ometto di ricordare l'ultimo viaggio a Padova e <strong>la</strong> sua morte preziosa<br />

avvenuta all'Arcel<strong>la</strong> (1.3 Giugno 1231).<br />

Con <strong>la</strong> partenza di S. Antonio il tranquillo romitaggio di S. Giovanni<br />

rientrava nel silenzio e nelle tenebre cosi fitte, che in nessun modo è dato<br />

di penetrare; non si va <strong>per</strong>ò lontani dal vero asserendo che il tempo decorso<br />

fra il 1231 ed il 1425, fu epoca di abbandono, di deso<strong>la</strong>zione e<br />

di rovina <strong>per</strong> <strong>la</strong> chiesa e convento di S. Giovanni.<br />

È cosa certissima che, nel frattempo, i Padri Francescani abbandonarono<br />

il nostro convento e passarono altrove, ma quando avvenne l'emigrazione?<br />

Come? Dove? Perché?<br />

Sono queste domande alle quali, anche dopo lunghe ed accurate indagini,<br />

non posso rispondere che con argomenti di probabilità, anche<br />

questa volta confinanti col<strong>la</strong> certezza, come risulterà dal<strong>la</strong> seguente esposizione.<br />

Fino a che dominarono a Camposampiero i successori di Tiso, i Francescani<br />

poterono contare su patroni, difensori e protettori che, <strong>per</strong><br />

interesse, tradizioni familiari e sentimenti religiosi, rispettarono ehvorirono<br />

chiesa, convento e padri, ma, cangiato il corso degli eventi,<br />

anche queste felici condizioni cessarono.<br />

Per il testamento dell'ultimo Tiso (1.334) il castello di Camposampiero<br />

passò ai Carraresi ed il passaggio avvenne in via tutt'altro che pacifica.<br />

È noto infatti come Guglielmo Camposampiero, nipote a Tiso, ritenendosi<br />

defraudato del castello avito, ingaggiò col nuovo erede una guerra<br />

lunga ed ostinata, trasdnatasi <strong>per</strong> sei anni. Le vicende, a cui il no·.<br />

stro castello andò soggetto in questo tempo - assalti notturni e diurni,<br />

battaglie, ammutinamento del presidio postovi dal Carrarese, proditoria<br />

uccisione del capitano C<strong>la</strong>rioto (13.3 7), espugnazione del castello, rappre ..<br />

(6) Tutta Camposampiero si appl"esta a degnamente celebrare il VII centenario del<strong>la</strong><br />

venuta di S. Antonio (1931).<br />

294<br />

saglie ed incendi - dovettero creare uno stato di cose orrendo ed intollerabile<br />

<strong>per</strong> i nostri frati n.<br />

Immaginate il monastero di S. Giovanni appena fuori del castello<br />

conteso dai soldati di Guglielmo e difeso da quelli del Carrarese, unico<br />

grande fabbricato che potesse prestarsi quale base di azione <strong>per</strong> gli assalitori<br />

e quale luogo di rifugio, in caso di sortita sfortunata, <strong>per</strong> gli assaliti;<br />

costantemente preso <strong>per</strong> obiettivo dalle macchine di guerra, a seconda<br />

del<strong>la</strong> circostanza trasformato in caserma, arsenale, trincea, magazzino<br />

ed ospedale militare.<br />

Immaginate inoltre le insolenze e le so<strong>per</strong>chierie dei soldati; immaginate<br />

tutto questo e poi ditemi se in tali condizioni, era possibile l'osservanza<br />

del<strong>la</strong> rego<strong>la</strong> c<strong>la</strong>ustrale. Neppure <strong>la</strong> vita dei religiosi era sicura.<br />

Fondato su tali argomenti, ritengo che l'abbandono del convento coincida<br />

col passaggio del castello ai nuovi proprietari e precisamente col<strong>la</strong><br />

a<strong>per</strong>tura delle ostilità fra Marsiglio da Carrara e Guglielmo di Camposampiero<br />

(1.335).<br />

Ma un luogo, teso celebre dal<strong>la</strong> presenza di Sant' Antonio, non poteva<br />

essere condannato a <strong>per</strong>petua rovina, e neppure doveva restare abbandonato.<br />

Ove gli uomini non avessero pensato al<strong>la</strong> sua resurrezione, <strong>la</strong><br />

Provvidenza di Dio, che onora i fedeli suoi servi e dirige l'uomo al<strong>la</strong><br />

consecuzione di un fine prd-isso negli eterni consigli, doveva preparare i<br />

tempi e suscitare il <strong>per</strong>sonaggio dal cuore munifico e dal<strong>la</strong> grande fede che,<br />

alle ossa aride, cioé alle macerie del convento e del<strong>la</strong> chiesa di S. Giovanni,<br />

infondesse vita rinnovel<strong>la</strong>ta.<br />

Ed il Signore fece l'una e l'altra cosa.<br />

Nell'anno 1405, <strong>per</strong> effetto di vicende belliche altrove accennate,<br />

Venezia diventava signora del nostro castello, e l'avvento del suo governo<br />

segnò <strong>la</strong> morte del regno dispotico delle Signorie e l'inizio di una<br />

nuova era feconda di pace e di sicurezza pubblica e privata. Venti anni<br />

dopo quest'epoca apparve l'uomo del<strong>la</strong> Provvidenza e, <strong>per</strong> mirabile<br />

coincidenza di fatti, esso appartenne a quel<strong>la</strong> stessa famiglia che di Camposampiero<br />

ebbe il feudo e da Camposampiero trasse il nome. Gregorio<br />

di Camposampiero, che il De Marchi con tanta leggerezza addita quale<br />

traditore di Francesco Novello (8), nel<strong>la</strong> sua pietà e ricchezza trovò le<br />

risorse <strong>per</strong> effettuare <strong>la</strong> risurrezione del<strong>la</strong> chiesa e del convento di S. Gio-<br />

(1) V. Capitolo «Vicende storiche di Camposampiero dall'epoca comunale al<strong>la</strong> Signoria<br />

dei Carraresi ».<br />

(8) Storia dei Camposampiero, pago 150.<br />

295


vanni e <strong>la</strong> rivendicazione delle memorie antoniane, da due secoli sepolte<br />

nell'oblio.<br />

Esistono, nelle buste del soppresso convento di S. Giovanni, due bolle<br />

pontificie ed un re scritto vescovile che forniscono sicuri e preziosi ragguagli<br />

sul<strong>la</strong> ricostruzione del<strong>la</strong> chiesa e convento di San Giovanni (9).<br />

La prima bol<strong>la</strong>, «Licet nobis» di Papa Martino V (20 Settembre<br />

1425), è diretta ad encomiare lo zelo di Gregorio di Camposampiero che<br />

si accinge a riedificare chiesa e convento cadenti <strong>per</strong> vetustà, ed a concedere<br />

spirituali favori a coloro che offriranno denaro e mano d'o<strong>per</strong>a,<br />

nonché a coloro che visiteranno il santuario, quando sarà eretto.<br />

La seconda, «Piis supplicum votis» dello stesso Pontefice (7 Febbraio<br />

1426), è diretta a Giovanni Benedetti, vescovo di Treviso, autorizzandolo<br />

a concedere <strong>la</strong> nuova chiesa coll'annesso convento ai Padri Osservanti<br />

del<strong>la</strong> Provincia Lombarda.<br />

Il terzo documento è un rescritto del vescovo Giovanni Benedetti<br />

(28 Dicembre 1426), <strong>per</strong> il quale il pre<strong>la</strong>to concede formalmente ai<br />

Padri Osservanti del<strong>la</strong> Provincia Lombarda chiesa e convento di S. Giovanni.<br />

Ottenuti questi preziosi documenti Gregorio Camposampiero si mise<br />

all'o<strong>per</strong>a, che fu di demolizione del vecchio e diruto edificio, e di ricostruzione<br />

del nuovo con maggiori proporzioni e con piu venuste<br />

forme (0).<br />

Il <strong>la</strong>voro cominciato nel 1426, sospeso e ripreso, fu condotto a termine<br />

nel 1431, come lo denota l'iscrizione, fino al 1799 murata sopra <strong>la</strong> porta<br />

maggiore del<strong>la</strong> chiesa, ora giacente fra i vepri e l'erbe del primo chiostro<br />

del convento, in attesa di piu degna collocazione: «Hoc opus fieri fecit<br />

Sier Gregorius De Camposanctipetri Anno D. MCCCCXXXI - Die XIII<br />

I ulii ».<br />

Lo stile primitivo di questa, che chiamerò « SECONDA CHIESA », era<br />

rappresentato da una di quelle forme architettoniche transizionali tra 11<br />

gotico italiano ed il rinascimento, cOSI comuni nell'alta Italia in quell'epoca<br />

di evoluzione artistica; come buona parte delle chiese france-<br />

(9) Per tutte queste notizie ho consultato le buste 3202, 3203, 3204, 3227, 3248 del<br />

soppresso convento di S. Giovanni, conservate nell'Archivio Civico di Padova, Stanza H·<br />

assieme a quelle dell'ex convento di S. Francesco.<br />

(lO) Fu messa in dubbio da qualcheduno anche <strong>la</strong> esistenza di un convento di San<br />

Giovanni, anteriore al<strong>la</strong> ricostruzione di Gregorio Camposampiero. Quanta serietà presenti<br />

tale opinione lo dicono le due bolle di Martino V ed il re scritto del vescovo di<br />

Treviso con i ripetuti accenni al<strong>la</strong> chiesa di S. Giovanni, cum domibus et aedificiis suis<br />

prae nimia vetustate etc.<br />

Le due Legende di S. Antonio dimostrano anzi che il convento esisteva prima del<br />

1231, come piu addietro si è veduto.<br />

scane, aveva una so<strong>la</strong> navata che terminava in vasto coro capace di contenere<br />

buon numero di officianti.<br />

Ma lo stile primitivo non fu a lungo rispettato; il seicento barocco<br />

portò anche nel nostro S. Giovanni <strong>la</strong> sua o<strong>per</strong>a di contaminazione ed<br />

allora fu a<strong>per</strong>ta una seconda navata da parte di tramontana, nuovi altari<br />

furono addossati alle pareti, e, senza alcun riguardo a leggi estetiche e<br />

liturgiche, lungo il <strong>per</strong>imetro del<strong>la</strong> chiesa furono innalzate cappelle e<br />

cappelline, onde essa assunse quell'aspetto stravagante che si scorge<br />

dal<strong>la</strong> illustrazione riportata a pagina 27 dell'opuscolo « La nuova chiesa<br />

ecc. ».<br />

Nell' archivio del<strong>la</strong> Curia di Treviso (11) trovasi una re<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong><br />

chiesa di S. Giovanni, estesa nel 1777 da don Andrea Allegri; rilevo da<br />

essa che dodici erano gli altari: 1. Il Maggiore dedicato al SS. Sacramento<br />

ed a S. Giovanni Battista; 2. In cornu evangelii l'Immaco<strong>la</strong>ta<br />

Concezione; 3. In cornu episto<strong>la</strong>e S. Antonio di Padova. In cornu episto<strong>la</strong>e,<br />

verso mezzodi ove mancava <strong>la</strong> navata; 4. S. Francesco d'Assisi;<br />

5. S. Pietro d'Alcantara; 6. Il Nome di Gesu. In cornu evangelii e nel<strong>la</strong><br />

seconda navata entro a cappelle, o appoggiati al<strong>la</strong> parete; 7. S. Margherita;<br />

8. S. Crocefisso; 9. S. Antonio di Padova (secondo altare);<br />

lO. S. Antonio Abate; 11. S. Diego; 12. S. Caterina e finalmente un<br />

terzo altare di S. Antonio di Padova nel<strong>la</strong> cappellina del<strong>la</strong> visione, cui<br />

si accedeva dal coro a mezzo di tortuosa sca<strong>la</strong> e 2 ).<br />

Per oltre tre secoli nel<strong>la</strong> chiesa di S. Giovanni trovarono sepoltura<br />

le piu cospicue <strong>per</strong>sonalità cittadine cOSI che, all'epoca del<strong>la</strong> soppressione,<br />

ben ventiquattro erano le tombe monumentali qua e là sparse<br />

sul pavimento, due mausolei addossati al muro delle cappelle, l'uno<br />

dell'arcivescovo Francesco Quirini, l'altro di Cristoforo Rubini, tra le<br />

tombe del chiostro maggiore, in fondo al quale stava un altarino con<br />

simu<strong>la</strong>cro mariale, quello stesso che, dopo varie <strong>per</strong>ipezie, oggidl si<br />

venera nell'oratorio del<strong>la</strong> Madonna del<strong>la</strong> Salute.<br />

Per tanti monumenti sepolcrali <strong>la</strong> chiesa di S. Giovanni poté considerarsi<br />

il Panteon camposampierino, doppiamente caro ai nostri con-<br />

(11) Busta I Camposampiero.<br />

(12) La vera cel<strong>la</strong> di S. Antonio, detta anche cappellina del<strong>la</strong> visione, <strong>per</strong>ché ivi, secondo<br />

un'antica tradizione, S. Antonio ricevette fra le braccia Gesù in forma di vezzoso<br />

bambino, disparve nel<strong>la</strong> ricostruzione del convento avvenuta fra gli anni 1426-1431, <strong>per</strong><br />

cui l'attuale cappellina occupa soltanto il posto dell'antica cel<strong>la</strong>. Gli stucchi di cattivo<br />

gusto che <strong>la</strong> deturpano risalgono a 60 anni fa.<br />

Un recente decreto del Ministero del<strong>la</strong> Pubblica Istruzione dichiarò <strong>la</strong> cappel<strong>la</strong> monumento<br />

nazionale; nuovo argomento questo <strong>per</strong> i Padri Conventuali e <strong>per</strong> il popolo<br />

devoto di onorare S. Antonio in foco sancto eius.<br />

297


estò l'onere di far celebrare una Messa festiva a S. Giovanni e di solennizzare<br />

<strong>la</strong> festa di S. Antonio; ai Padri quello di eseguire i legati annessi<br />

ai beni dotali (19).<br />

Per <strong>la</strong> partenza dei Padri Osservanti convento e chiesa di S. Giovanni,<br />

<strong>per</strong>duti i loro naturali custodi, restarono in balia dei nuovi giuredicenti,<br />

i conti di Camposampiero, i quali, ottenuta l'assegnazione<br />

di parte dei beni patrimoniali, non avevano piu interesse di occuparsi<br />

delle loro vicende.<br />

Gli effetti di questa trascuratezza non tardarono a manifestarsi in fenditure<br />

che si aprirono nei muri <strong>per</strong>imetrali del<strong>la</strong> chiesa, nello sfacimento<br />

del tetto, d'onde penetravano gli stillicidi, ed in uno stato di<br />

generale disordine che, fra il 1769 ed il 1797, andò sempre piu accentuandosi.<br />

Le visite vescovili del 1777 e del 1792 constatarono le deso<strong>la</strong>nti condizioni<br />

del sacro edificio, sospesero altari ed ordinarono restauri, ma i<br />

nuovi padroni pensavano piuttosto a demolire <strong>la</strong> chiesa, che a restaurar<strong>la</strong>.<br />

Animati da tale intenzione si fecero ri<strong>la</strong>sciare da due muratori una <strong>per</strong>izia<br />

compiacente che, constatando ed esagerando le condizioni statiche<br />

del<strong>la</strong> chiesa, <strong>per</strong> motivi di pubblica incolumità, ne richiedeva l'abbattimento<br />

(1797), ed il Governo Centrale di Padova, poco prima instaurato<br />

dai Francesi, che tante chiese aveva demolite o convertite a profano<br />

uso, sollecitato anche dal<strong>la</strong> Municipalità Provvisoria di Camposampiero,<br />

concesse il favore implorato a condizione che picco<strong>la</strong> parte del<strong>la</strong> chiesa<br />

restasse in piedi a comodo dei fedeli.<br />

La demolizione ebbe principio nel Marzo 1798, sospesa <strong>per</strong> le rimostranze<br />

dei Camposampierini, a mezzo del notaio Gio. Maria Piazza,<br />

inoltrate al Governo Austriaco eO), fu poco dopo ripresa <strong>per</strong> connivenza<br />

del debole vescovo, Bernardino Marini.<br />

Non credo che alcun Camposampierino abbia prestato volentieri il suo<br />

braccio ad o<strong>per</strong>a COSI vandalica; sotto i colpi del piccone cadde sfasciato<br />

il vecchio tetto a capriate dipinte, caddero le vetuste mura i<strong>storia</strong>te da<br />

egregi pennelli e l ) e tappezzate di stucchi, caddero i pi<strong>la</strong>stri, gli altari, i<br />

monumenti addossati alle pareti, turbate nel<strong>la</strong> loro pace seco<strong>la</strong>re le ossa<br />

(19) I resoconti di questa lite, e di quello che segui <strong>per</strong> <strong>la</strong> demolizione del<strong>la</strong> chiesa,<br />

furono stampati in diversi opuscoli fra il 1778 ed il 1799. Si conservano in Curia di<br />

Treviso e nell'Archivio Civico di Padova. Buste H. 3202, 3204 (Archivio di S. Francesco<br />

Grande).<br />

(20) Archivio Civico di Padova Allegati Piazza B.P. 123. «Protesta degli abitanti di<br />

Camposampiero, 7 settembre 1798» da cui rilevasi che, a quell'epoca, buona parte del<strong>la</strong><br />

chiesa era stata demolita e si erano venduti altari, organo e campane.<br />

(21) Anche il fratello di Tiziano aveva dipinto l'immagine di Maria.<br />

dei morti rividero <strong>la</strong> luce e senza pietà furono dis<strong>per</strong>se assieme a tante<br />

altre memorie care <strong>per</strong> antichità, <strong>per</strong> valore intrinseco e <strong>per</strong> i ricordi<br />

associati.<br />

Non tutto <strong>per</strong>ò fu distrutto; restò in piedi il coro del<strong>la</strong> chiesa che,<br />

aggiunto a parte del<strong>la</strong> navata principale, formò quello che i nostri concittadini<br />

ricordano e che chiamerò « TERZA CHIESA» di S. Giovanni.<br />

Ebbe essa un secolo di vita e fu abbattutta 16 anni fa, <strong>per</strong> dar luogo<br />

all'attuale santuario.<br />

Sopra <strong>la</strong> porta del<strong>la</strong> terza chiesa fu murata questa iscrizione, povera<br />

di concetto e di forma, come gretta e meschina ne era stata <strong>la</strong> riduzione:<br />

« Haec ecclesia S. lo. Bapt. reducta fuit ab N. C. Maria Marchiori Camposampiero<br />

sumptibus suis anno 1799 ».<br />

La demolizione di S. Giovanni, a breve intervallo di tempo fu seguita<br />

dal<strong>la</strong> rovina del<strong>la</strong> famiglia dei Camposampiero che, <strong>per</strong> soddisfare<br />

ingenti debiti incontrati, dovette vendere all'incanto (1807) le proprie<br />

possessioni e, fra queste, il convento e <strong>la</strong> chiesa di S. Giovanni, che passarono<br />

in proprietà del nostro concittadino Vincenzo Allegri e da questo ai<br />

suoi successori.<br />

Gli eredi Allegri nel 1854, con atto nobilissimo, cedettero al Municipio<br />

di Camposampiero ogni loro diritto sul<strong>la</strong> chiesa di S. Giovanni,<br />

sagrestia, oratorio del noce e dipinto del Bonifacio e 2 ), obbligandosi di<br />

versare ogni anno lire 250 <strong>per</strong> una Messa festiva nonché <strong>per</strong> <strong>la</strong> celebrazione<br />

del<strong>la</strong> solennità di S. Antonio; ed il Municipio accettò il dono<br />

e le condizioni e 3 ).<br />

Se non che il desiderio, non mai estinto, di riavere fra noi i buoni<br />

Padri di tratto in tratto riarse nel cuore dei Camposampierini e li spinse<br />

ad intavo<strong>la</strong>re trattative colle diverse famiglie francescane, allo scopo di<br />

affidare ad una di esse <strong>la</strong> custodia dei luoghi santificati dal Taumaturgo.<br />

Fallite le prime prove i Camposampierini non si dettero <strong>per</strong> vinti, ma<br />

continuarono con <strong>per</strong>tinace costanza nelle loro pratiche, finché nel 1895,<br />

auspice il Municipio di Camposampiero e <strong>per</strong> esso i signori cav. Benedetto<br />

Mogno, cav. Giuseppe Callegari e <strong>per</strong> <strong>la</strong> parte ecclesiastica il mio<br />

antecessore don Carlo Gallina, i M. R. Padri Conventuali di Padova accolsero<br />

l'invito, presero possesso del convento e del<strong>la</strong> chiesa e quivi<br />

stanziarono un rampollo del<strong>la</strong> loro numerosa ed incUta famiglia.<br />

Alcuni anni appresso l'oratorio campestre di S. Giovanni, diventato<br />

(22) Nell'atto di cessione è detto che il quadro deve sempre restare nel<strong>la</strong> chiesa di<br />

S. Antonio. Merita una lode speciale il signor Vincenzo Allegri che, nel principio dello<br />

scorso secolo, rifiutò una cospicua somma, offertagli <strong>per</strong> il prezioso dipinto.<br />

(23) Arch. Parr. di Camposampiero, Busta: Corrispondenza coll'autorità civile.<br />

3 0I


insufficiente <strong>per</strong> i devoti nostrali e forestieri ed anche cadente <strong>per</strong> il<br />

cattivo materiale usato nel<strong>la</strong> costruzione, fu demolito e sulle sue rovine<br />

sorse <strong>la</strong> « QUARTA CHIESA» (1907).<br />

Ne forni il disegno l'ingegnere Augusto Zardo, che, volendo rievocare<br />

lo stile dell'epoca di S. Antonio, vi riuscl soltanto in parte; <strong>la</strong> chiesa di<br />

struttura grandiosa, ma pesante e tozza, non ancora è compita, lo zelo <strong>per</strong>ò<br />

dei Padri Conventuali va escogitando ogni anno nuovi abbellimenti <strong>per</strong> il<br />

santuario, mentre il popolo numeroso e devoto gareggia nell'onorare il<br />

grande Taumaturgo.<br />

Nello scorso anno fu condotta a compimento <strong>la</strong> pavimenta zio ne del<strong>la</strong><br />

chiesa ed ora si sta ultimando un grandioso fabbricato, destinato ad<br />

accogliere il Seminario Regionale dell'ordine e 4 ).<br />

ORATORIO DI S. ANTONIO DEL NOCE<br />

Raccontano i cronisti coevi che S. Antonio, appena giunto a Camposampiero,<br />

aderendo al desiderio espresso dal popolo, accorso all'annuncio<br />

del suo anivo, ascese su di un noce, e di là intrattenne il suo uditorio<br />

su argomenti sacri.<br />

A <strong>per</strong>ennare <strong>la</strong> memoria del fatto, sul posto dove sorgeva <strong>la</strong> pianta, fu<br />

costruita una chiesetta, secondo il Salomon da Gregorio di Camposampiero;<br />

sembra <strong>per</strong>ò da certi indizi che essa sia anteriore a quell'epoca<br />

(1432) eS),<br />

Il compianto padre Granic in una dotta re<strong>la</strong>zione, apparsa nell'opuscolo<br />

« La nuova chiesa ecc. » pago 38-40, molto bene illustrò l'oratorio<br />

ed i preziosi cimeli in esso conservati; ad essa quindi rimando il lettore.<br />

Noterò soltanto come tre siano le parti dell'oratorio di S. Antonio;<br />

l'anteriore, a quanto sembra di piu antica data, è tutta decorata da affreschi<br />

rappresentanti episodi del<strong>la</strong> vita del Santo. Cosa degna di rilievo!<br />

Sono centinaia di anni che l'ignoto pennello ha fissato nel<strong>la</strong> parete le ora<br />

gaie, ora commoventi scene, ma i colori sono ancora freschi, viva e par<strong>la</strong>nte<br />

è l'espressione dei volti benché il disegno troppo secco né sempl'e<br />

corretto e <strong>la</strong> prospettiva infantile, accennino ad epoca ancora rudimentale<br />

<strong>per</strong> l'arte.<br />

La seconda parte, quel<strong>la</strong> che serve da coro, sembl'a alquanto posteriore;<br />

spiccano in essa alcuni medaglioni dipinti nel<strong>la</strong> camice, rappre-<br />

(24) Ne fornì il disegno il valente quanto modesto architetto Ing. Giovanni Landini<br />

(25) Agri Patavini Inscriptiones, pago 245.<br />

Ancora oggidi vivono i rampolli di quel noce e, cosa meravigliosa, mentre si conservano<br />

brulli fino ai primi giorni del<strong>la</strong> trcdicina, subito si rivestono di gemme.<br />

sentanti alcuni santi dell'ordine serafico; il tempo in cui vissero i santi<br />

effigiati ed il loro notevole vantaggio estetico sui dipinti del<strong>la</strong> prima parte<br />

del<strong>la</strong> chiesa, accennano ad epoca posteriore e di maggior progresso artistico.<br />

Di recente costruzione è invece <strong>la</strong> terza parte dell'oratorio, o abside.<br />

In complesso <strong>la</strong> nostra chiesuo<strong>la</strong>, e <strong>per</strong> le forme architettoniche e <strong>per</strong> j<br />

preziosi tesori artistici racchiusi, può ritenersi un vero museo di pittura<br />

murale antica. Ma <strong>la</strong> palma sopra tutti gli altri dipinti viene riportata dal<br />

celebre quadro del Bonifacio, rappresentante il Santo nell'atto di predicare<br />

dal noce. La scena di questo quadro si può dividere in tre parti distinte,<br />

ma concordi <strong>per</strong> unità di concetto.<br />

Nello scompartimento su<strong>per</strong>iore figurano <strong>la</strong> Madonna col Bambino,<br />

S. Giovanni Evangelista e S. Francesco; i due santi contemp<strong>la</strong>no con<br />

occhio di pietà filiale <strong>la</strong> Madre Celeste e <strong>la</strong> Madonna sogguarda, con soave<br />

compiacenza, il santo oratore e gli uditori; il secondo scompartimento<br />

è tutto occupato dal protagonista S. Antonio che, seduto sull'inforcatura<br />

del noce, con volto tranquillo ed atteggiato a muovere <strong>la</strong><br />

lingua, con gesto nobile e compassato, quale s'addice a sacro oratore, annuncia<br />

le verità celesti agli uditori i quali, raccolti attorno al<strong>la</strong> pianta,<br />

diversi di costume, di atteggiamento, di età e di condizione, pendono dal<br />

suo <strong>la</strong>bbro.<br />

Nello sfondo del quadro campeggia un tratto di cielo tinto di quell'azzurro<br />

carico, tutto proprio del Bonifacio; piu sotto, in lontananza, sono<br />

profi<strong>la</strong>te torri, mura e porte di quello che dovrebbe essere il castello di<br />

Camposampiero, ma <strong>la</strong> sua configurazione, affatto diversa dal<strong>la</strong> realtà,<br />

toglie ogni valore storico al dipinto, che <strong>per</strong>ò abbonda di pregi artistici,<br />

alquanto menomati da non felici ritocchi, specialmente nel<strong>la</strong> figura del<br />

Santo e 6 ).<br />

Il Cittadel<strong>la</strong> cosi descrisse <strong>la</strong> chiesetta di S. Antonio: «S. Antonio del<strong>la</strong><br />

Nogara lunga piedi 38 <strong>la</strong>rga 20 saezzada, tave<strong>la</strong>da con tomba et mollo<br />

depenta » e 7 ).<br />

Sotto il titolo di annuale spendita, figura nel vecchi registri di S. Giovanni<br />

una certa somma di denaro impiegata nel conzar (acconciare) <strong>la</strong><br />

(26) Il dipinto di Bonifacio, a torto attribuito al GiOl'gione, fu illustrato in una monografia<br />

del canonico Lorenzo Crico «Descrizione del<strong>la</strong> tavo<strong>la</strong> del Bonifacio ». Bassano,<br />

1831.<br />

Ad esso accenna anche il Ridolfi nelle sue Vite dei pittori.<br />

Fra i <strong>per</strong>sonaggi del quadro figurano Tiso da Camposampiero e, <strong>per</strong> anacronismo frequente<br />

nei pittori veneziani, anche il nostro podestà col cancelliere.<br />

Bonifacio dei Pitati sco<strong>la</strong>ro di Tiziano, nacque a Verona nel 1487 e mori nel 153.3.<br />

(27) Descrittione di Padoa, pago .310.


salizzada che da S. Giovanni conduceva al<strong>la</strong> chiesetta di S. Antonio;<br />

oggidi il selciato è scomparso ed il comodo stradone, che conduce dall'una<br />

all'altra chiesa, è fiancheggiato da colossali piante.<br />

Al di sopra e al di sotto del convento e chiesa di S. Giovanni, si rinvengono<br />

sotterra avanzi di murazzi lunghi e <strong>la</strong>rghi, cocci di anfore, <strong>la</strong>terizi<br />

bol<strong>la</strong>ti e fittili in discreta quantità; indizi questi, che <strong>la</strong> località,<br />

anche in tempi remoti, aveva abitazioni ed abitanti.<br />

20<br />

VII<br />

PARROCCHIA E CHIESA DI S. MARCO<br />

DI <strong>CAMPOSAMPIERO</strong>


SOMMARIO: Origine del<strong>la</strong> parrocchia di S. Marco. - Sua antica dipendenza da S.<br />

Giorgio delle Pertiche. - Chiesa e parrocchia di S. Marco nelle visite vescovili. -<br />

Oratorio di S. Anna. - Progetti di concentrazione del<strong>la</strong> parrocchia di S. Marco<br />

in quel<strong>la</strong> di S. Pietro. - Serie cronologica dei parroci di S. Marco.<br />

L'antica e vasta pieve di S. Giorgio delle Pertiche, illustre fra quelle<br />

del<strong>la</strong> diocesi patavina, si estendeva un tempo <strong>per</strong> lungo tratto al di là<br />

e al di qua del Vandura ed abbracciava il territorio oggidl suddiviso fra<br />

le parrocchie di S. Giorgio propriamente detto, S. Michele del<strong>la</strong> Abbadesse,<br />

S. Giustina in Colle, S. Marco di Campoarcone, S. Giacomo di<br />

Fratte e).<br />

Tutte queste chiese, quale prima quale dopo sorte entro il territorio<br />

del<strong>la</strong> pieve di S. Giorgio in quei luoghi ove si era formato un nucleo<br />

di case, appariscono nei vecchi documenti come cappelle del<strong>la</strong> grande<br />

pieve, quindi senza vita autonoma, rette ed officiate da un « cappel<strong>la</strong>no»<br />

che ripeteva l'origine del<strong>la</strong> propria autorità e riconosceva <strong>la</strong> ragione del<strong>la</strong><br />

propria dipendenza nell'arciprete di S. Giorgio.<br />

Ma l'antica soggezione non durò a lungo; l'aumentata popo<strong>la</strong>zione delle<br />

filiali, ansiose di libertà ed assecondate nelle aspirazioni dai rispettivi<br />

curati, le pili o meno tacite usurpazioni di questi, le concessioni vescovili,<br />

<strong>la</strong> tolleranza dell'arciprete, cOSI in questo come in analoghi casi,<br />

andarono creando un po' al<strong>la</strong> volta uno stato di indipendenza, limitato<br />

soltanto da qualche atto d'omaggio verso <strong>la</strong> pieve matrice (Z).<br />

(1) S. Giorgio delle Pertiche era feudo del vescovo di Padova onde il presule patavino<br />

vi ebbe castello e giurisdizione civile nell'alto medioevo.<br />

(2) Oggidi l'atto di omaggio consiste nel prendere l'olio benedetto dal<strong>la</strong> chiesa matrice.


don Francesco Zanoni, nel<strong>la</strong> seconda don Giovanni Donadini (11).<br />

22 Ottobre .1658. Erasmo Segreti, arciprete di Breganze, <strong>per</strong> delegazione<br />

di Giorgio Corner visitò <strong>la</strong> parrocchia di S. Marco; ne era parroco<br />

don Pellegrino Pellegrini, diocesano di Aquileia. L'altare del Corpo di<br />

Cristo era stato sostituito da quello del<strong>la</strong> Madonna del<strong>la</strong> Cintura o del<strong>la</strong><br />

Conso<strong>la</strong>zione e 300 erano le anime ( 2 ).<br />

Preceduto da una missione, accompagnato da diversi pre<strong>la</strong>ti ed accolto<br />

con imponenti dimostrazioni, nel mattino del 14 Settembre 1669, arrivò<br />

il B. Gregorio Barbarigo e, celebrata <strong>la</strong> funzione rituale ed amministrata<br />

<strong>la</strong> cresima, visitò <strong>la</strong> chiesa, <strong>la</strong> sagrestia, il cimitero, <strong>la</strong> canonica e, quello<br />

che piu gli stava a cuore, <strong>la</strong> dottrina cristiana.<br />

La re<strong>la</strong>zione di questa, come delle altre visite di Barbarigo, è diffusissima<br />

ed interessantissima e, dico il vero, basterebbe soltanto <strong>la</strong> lettura<br />

delle dieci pagine in foglio del resoconto <strong>per</strong> formarsi una idea del<strong>la</strong><br />

grandezza del cuore, del<strong>la</strong> santità e dello zelo apostolico di quel pre<strong>la</strong>to.<br />

Nul<strong>la</strong> sfuggi all'occhio indagatore ed al<strong>la</strong> pastorale sollecitudine del<br />

santo vescovo; tutto egli volle conoscere, clero, massari, padri di famiglia,<br />

inservienti di chiesa e di canonica, medico, levatrice, confessori di<br />

sacerdoti, usi ed abusi del<strong>la</strong> parrocchia, chiesa, campanile, sacri arredi,<br />

sagrestia, suppellettili sacre, reliquie, archivio e, soprattutto, <strong>la</strong> dottrina<br />

cristiana.<br />

Era parroco don Bartolomeo Ceffis, lo aiutava nelle straordinarie occasioni<br />

don Giuseppe Maruzzi, ze<strong>la</strong>nte cappel<strong>la</strong>no di Camposampiero,<br />

<strong>per</strong> nobiltà di natali, ingenita bontà e santità di vita, degnissimo di piu<br />

alto onore (13).<br />

4 Dicembre 1680. Seconda visita del B. Gregorio Barbarigo, non preceduta<br />

da incontro ed in forma privata, in causa del<strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia del parroco<br />

don Bartolomeo Ceffis. Lunga e minuziosa è anche <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione di<br />

questa visita nel<strong>la</strong> quale il parroco infermo fu supplito da don Seba.<br />

stiano De Bellis, cappel<strong>la</strong>no di S. Pietro e 4 ).<br />

17 Giugno 1684. Terza visita del Barbarigo che, con grande dolore,<br />

invenit doctrinam omnino destitutam, onde il santo pre<strong>la</strong>to, assunte le<br />

veci del parroco, insegnò egli stesso il catechismo ai fanciulli, distribul<br />

medaglie, fece raccomandazioni e, prima del<strong>la</strong> partenza, tracciò uno<br />

schema <strong>per</strong> l'insegnamento dello stesso eS).<br />

(11) Archivio Curiale Padova, Visite 1633 - 1647.<br />

(12) Archivio Curiale Padova, Visite 1658.<br />

(13) Archivio Curiale Padova, Visite 1669.<br />

(14) Archivio Curiale Padova, Visite 1680.<br />

(15) Archivio Curiale Padova, Visite 1684.<br />

3 10<br />

27 Settembre 1695. Ultima visita del Barbarigo.<br />

Il parroco don Benedetto Bosello si buscò una <strong>la</strong>vata di capo dal suo<br />

su<strong>per</strong>iore <strong>per</strong> <strong>la</strong> trascuratezza nell'insegnamento del<strong>la</strong> dottrina quam<br />

Eminentissimus invenit parum numerosam) parum instructam et parum<br />

ordinatam. Il Bosello si <strong>la</strong>gnò con Sua Eminenza <strong>per</strong>ché troppo spesso i<br />

suoi parrocchiani disertavano <strong>la</strong> chiesa parrocchiale <strong>per</strong> recarsi a S. Giovanni<br />

od a S. Pietro ( 6 ).<br />

15 Ottobre 1703. Visita del vescovo Giorgio Corner.<br />

La chiesa di S. Marco trovavasi in discrete condizioni, ma <strong>la</strong> dottrina<br />

cristiana era mediocriter instructam, onde nuove esortazioni al parroco<br />

don Benedetto Bosello.<br />

La re<strong>la</strong>zione di questa visita viene resa interessante dalle deposizioni<br />

del querulo Bosello il quale si <strong>la</strong>gna degli scarsi proventi del beneficio,<br />

in tra el batter el Iromento et il dar dinari a chi lo cerca è più <strong>la</strong> spesa<br />

che <strong>la</strong> entrada, e, continuando nelle sue me<strong>la</strong>nconiche recriminazioni, si<br />

<strong>la</strong>gna del<strong>la</strong> poca frequenza dei parrocchiani al<strong>la</strong> chiesa, vanno a S. Pietro)<br />

vanno a S. Giovanni, vanno dove sentono suonare le campane ed a S.<br />

Marco non vengono; si <strong>la</strong>gna di alcune inframettenze dei Padri di S. Giovanni<br />

che non ascoltano né vescovi, né decreti; si <strong>la</strong>gna ancora dei parrocchiani<br />

troppo amanti di veglie, di sagre, di balli, di lunghi amoreggiamenti,<br />

e, soprattutto, degli uomini i quali non vogliono prendere il<br />

loro posto in chiesa, ma si fermano sul<strong>la</strong> porta d'ingresso e 7 ).<br />

Il cardinale Carlo Rezzonico, vescovo di Padova e piu tardi S. Pontefice<br />

col nome di Clemente XIII, visitò <strong>la</strong> chiesa di S. Marco il 25 Marzo<br />

1744. Ne era parroco don Angelo De Gaspari, le anime erano 344.<br />

Chiesa, sagrestia, canonica e dottrina furono riscontrate in ottimo<br />

stato ( 8 ).<br />

La visita del vescovo Nicolò Giustiniani, avvenuta il 16 Luglio 1776<br />

sotto il parroco don Pasquale Gasparini, nul<strong>la</strong> ci offre di interessante;<br />

<strong>la</strong> nota stonata questa volta è data da quattro inconfessi, indizio di tempi<br />

cangiati ( 9 ).<br />

5 Settembre 1823. Il vescovo Modesto Farina visitò <strong>la</strong> chiesa di<br />

S. Marco, 400 erano le anime, 16 gli inconfessi, molto interessante <strong>la</strong><br />

re<strong>la</strong>zione del parroco don Cristiano Cera eD).<br />

Il Cittadel<strong>la</strong> (1605) cos1 descrisse <strong>la</strong> chiesa: «S. Marco nel borgo<br />

(16) Archivio Curiale Padova, Visite 1691<br />

(17) Archivio Curiale Padova, Visite 1703.<br />

(18) Archivio Curiale Padova, Visite 1744.<br />

(19) Archivio Curiale Padova, Visite 1776.<br />

(20) Archivio Curiale Padova, Visite 182.3.<br />

3 II


usado dagli im<strong>per</strong>iali e l ) lunga piedi 54 et <strong>la</strong>rga 20, seleziada et tave<strong>la</strong>da<br />

con tre altari e cinque sepolture.<br />

Sono ancora visibili nel pavimento del<strong>la</strong> chiesa gli avelli sepolcrali<br />

dei sacerdoti, di Vittore Bondumier fondatore di una mansioneria, di<br />

Rubino Rubini, dei Da Vico, dei Da Mosto e dei confratelli di S. Lucia.<br />

Ai tre nominati altari altri due ne furono aggiunti, dedicati a Santa<br />

Filomena ed al B. Curato d'Arso<br />

Pregevole è il dipinto dell'altar maggiore, o<strong>per</strong>a di ignoto autore appartenente<br />

al<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> veneziana.<br />

ORA TORIO DI S. ANNA<br />

Nei pressi dell'attuale Banca Popo<strong>la</strong>re esisteva un minuscolo oratorio<br />

scomparso cento e piti anni or sono, <strong>la</strong>sciando il nome al<strong>la</strong> contrada.<br />

Il Cittadel<strong>la</strong> (1605) COSI lo descrive: «Sant'Anna salez.zada in parte e<br />

tave<strong>la</strong>da, lunga piedi 10 <strong>la</strong>rga 8 ».<br />

Fu visitato dal cardinale Barbarigo, dal vescovo Giorgio Corner (15<br />

Ottobre 1703) che lo trovò rovinoso, e dal cardinale Rezzonico che, vedutolo<br />

de omnibus expoliatum et derelictum, lo sospese (1744).<br />

La re<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> visita di monsignor Giustiniani (177 6) non fa accenno<br />

di esso, onde giudico che <strong>la</strong> sua demolizione sia avvenuta fra il<br />

1744 ed il 1776.<br />

PROGETTI DI CONCENTRAZIONE DELLA PARROCCHIA<br />

DI S. MARCO IN QUELLA DI S. PIETRO (22)<br />

La contiguità delle due chiese e delle due parrocchie di S. Pietro<br />

e di S. Marco, i vantaggi che si sarebbero ottenuti e gli inconvenienti<br />

che si sarebbero evitati riunendo le due parrocchie in una so<strong>la</strong>, <strong>la</strong> istituzione<br />

dell'ospedale ed altri motivi ancora suggerirono il progetto di<br />

concentrare <strong>la</strong> parrocchia di S. Marco in quel<strong>la</strong> di S. Pietro.<br />

Il deux ex machina, !'iniziatore ed il propagatore ardente, colui che<br />

al progetto consacrò <strong>la</strong>voro e volontà tenace, fu don Antonio Campagnaro,<br />

nome che i Camposampierini ricorderanno con gratitudine ed associeranno<br />

a quello di Pietro Cosma, <strong>per</strong>ché se questi fu il fondatore materiale<br />

del maggiore nostro istituto di beneficenza, il Campagnaro ne fu il<br />

fondatore morale.<br />

(21) Nell'assalto del 2 Ottobre 1513.<br />

(22) Quanto riguarda lo svolgimento di questa pratica è contenuto nel<strong>la</strong> Busta II<br />

Camposampiero dell'Archivio Curiale Treviso.<br />

3 12<br />

Nello svolgimento delle pratiche apparisce anche il nome dell'arciprete<br />

Scalfarotto, ma questi non certamente uomo di ardite inizative,<br />

piuttosto ambiva raccogliere iI frutto del <strong>la</strong>voro altrui.<br />

Senza altri preamboli entro nel<strong>la</strong> questione.<br />

Marzo 1866. L'arciprete Scalfarotto rassegna al vescovo di Treviso<br />

un re<strong>la</strong>zione storico-morale diretta ad illustrare il progetto di concentrazione;<br />

alcuni rilievi mappali accompagnano il progetto.<br />

Aprile 1866. Il vescovo di Treviso accoglie <strong>la</strong> proposta dello Scalfarotto<br />

e <strong>la</strong> presenta al vescovo di Padova pregandolo, qualora l'avesse<br />

trovata di suo gradimento, di cominciare le pratiche presso Roma.<br />

Il vescovo di Treviso si mostra disposto di compensare <strong>la</strong> <strong>per</strong>dita di<br />

S. Marco con una delle parrocchie di Mira, Oriago, Abbazia Pisani, S.<br />

Maria di Sa<strong>la</strong>, a piacimento del vescovo di Padova.<br />

Aprile 1866. Quest'ultimo accetta <strong>la</strong> proposta del vescovo di Treviso<br />

e lo assicura di avere cominciato le pratiche <strong>per</strong> <strong>la</strong> concentrazione.<br />

Però tutte queste cose non avvengono al<strong>la</strong> insaputa del parroco di<br />

S. Marco il quale si turba, s'affanna e corre <strong>per</strong> le case dei parrocchiani,<br />

dicendo che si vuole distruggere <strong>la</strong> parrocchia di S. Marco; né pago di<br />

questo <strong>la</strong>vorio, esorta i fabbriceri a raccogliere firme e croci di protesta<br />

da spedir si ai due vescovi, e cosi fu fatto.<br />

Maggio 1866. Machine arrière. Il vescovo di Padova partecipa a quello<br />

di Treviso che, stante l'opposizione dei parrocchiani di San Marco, non<br />

crede di passare <strong>per</strong> allora al<strong>la</strong> esecuzione del progetto che pur trovava<br />

equo e conveniente; i tempi che corrono sono difficili, scrive il vescovo, e<br />

non è opportuno aggiungere ai danni dell'imminente guerra, altri motivi<br />

di rancore e 3 ).<br />

Conchiude dicendosi disposto di riprendere le trattative a guerra finita.<br />

Maggio 1866. Il vescovo di Treviso risponde accettando <strong>la</strong> decisione.<br />

Maggio 1866. Il Municipio di Camposampiero, riattivando <strong>la</strong> pratica<br />

di propria iniziativa, scrive al vescovo di Treviso richiedendo <strong>la</strong> concentrazione<br />

di S. Marco in S. Pietro ed il passaggio nel<strong>la</strong> diocesi di Padova<br />

del<strong>la</strong> nuova parrocchia risultante, <strong>per</strong>ché anche amministrativamente il<br />

paese dipende da Padova.<br />

Risponde subito di suo pugno il vescovo e fa osservare al nostro<br />

Municipio che <strong>la</strong> pratica <strong>per</strong> ora è sospesa, ma nel caso dovesse riprendersi,<br />

fino da allora dichiara che non si <strong>la</strong>scierà mai togliere <strong>la</strong> parrocchia<br />

di Camposampiero, <strong>per</strong>ché troppo preziosa e troppo cara al suo cuore.<br />

(23) Alludeva al<strong>la</strong> guerra italo-austriaca nel 1866, che proprio in quei giorni stava<br />

<strong>per</strong> iscoppiare.


Un nuovo passo <strong>per</strong> <strong>la</strong> concentrazione fu iniziato dal vescovo di Treviso,<br />

monsignor Callegari (1881); ma <strong>la</strong> morte del vescovo di Padova ne<br />

impedl l'attuazione ed il successore in quel<strong>la</strong> sede, che fu monsignor<br />

Callegari stesso, nel<strong>la</strong> ripresa delle trattative col nuovo vescovo trevisano,<br />

monsignor Apollonio, avanzò tali pretese, che questi credette bene di<br />

interrom<strong>per</strong>e ogni ulteriore pratica e 4 ).<br />

Non credo che attualmente sia piu il caso di riesumare il progetto;<br />

tanti inconvenienti, che a prima vista parrebbero derivare dal<strong>la</strong> vicinanza<br />

delle due parrocchie di differente diocesi, devono trovare <strong>la</strong> soluzione nel<br />

buon accordo dei parroci, nel rispetto reciproco dei propri diritti, nel<br />

compatimento dei difetti, nell'abbandono di qualunque idea di zelotipia<br />

o di campanilismo, nel<strong>la</strong> unità di intenti e di azione, e nell'unione<br />

morale delle due parrocchie; che se l'unione in tutti i casi è espressione<br />

di forza, nel nostro caso è anche manifestazione stupenda ed esemp<strong>la</strong>re<br />

di carità cristiana. Al quale proposito vale <strong>la</strong> pena di riferire quanto<br />

scrisse S. Ecc. Mons. Luigi Pellizzo, già vescovo di Padova ora arcivescovo<br />

tito<strong>la</strong>re di Damiata, nei decreti che seguirono <strong>la</strong> visita pastorale<br />

del 25 Aprile 1922: « ... Ci piace lodare lo spirito di concordia che regna<br />

fra il Clero delle due parrocchie di Camposampiero. Questo spirito di<br />

concordia mentre serve a mantenere in vita e a far rifiorire le istituzioni<br />

già s,orte, né susciterà delle altre qualora si rendano necessarie <strong>per</strong> mantenere<br />

integra <strong>la</strong> fede ed intatti i costumi di questa popo<strong>la</strong>zione, profondamente<br />

cristiana ».<br />

Quale ricordo del progetto di concentrazione resti il seguente fatto.<br />

Don Antonio Campagnaro, preoccupato dallo stato d'animo dei parrocchiani<br />

di S. Marco, che a tutti i costi non volevano che <strong>la</strong> loro chiesa<br />

<strong>per</strong>desse <strong>la</strong> parrocchialità, in una lettera confidenziale al vescovo Zinelli<br />

esponeva presso a poco quest'avviso e suggeriva al suo su<strong>per</strong>iore questi<br />

consigli: «Sarà bene che <strong>la</strong> concentrazione di S. Marco in S. Pietro sia<br />

« preceduta dal passaggio di S. Marco al<strong>la</strong> diocesi trevisana; in tale caso<br />

« S. Marco continuerà anche sotto <strong>la</strong> nuova diocesi a conservare, <strong>per</strong> qual­<br />

« che tempo, <strong>la</strong> parrocchialità; converrà <strong>per</strong>ò sostituire l'attuale parroco<br />

«con un sacerdote adatto al momento difficile) con un sacerdote cioè<br />

« che sia disposto di governare <strong>la</strong> parrocchia <strong>per</strong> due o tre anni al piu<br />

« e sia pronto a ritirarsi, senza creare imbarazzi, al momento del<strong>la</strong> c,on-<br />

(24) Sembra che monsignor Callegari chiedesse tre parrocchie trevisane in compenso<br />

di S. Marco.<br />

« centrazione; parrebbe molto indicato, <strong>per</strong> le attuali condizioni, l'ottimo<br />

«e prudente sacerdote don GIUSEPPE SARTO, attuale cappel<strong>la</strong>no di<br />

« Tombolo ».<br />

Don GIUSEPPE SARTO, come tutti sanno, era il futuro Pro X.<br />

Ah buon don Campagnaro, quanto ci vedevi bene addentro nelle cose<br />

e come conoscevi bene gli uomini! eS).<br />

SERIE CRONOLOGICA DEI PARROCI DI S. MARCO<br />

Presbiter Paulus 1454<br />

» Giacomo da Verona 1496<br />

Don Bernardino Andreatta 1574 .. 1601<br />

» Giovanni Zanoni 1602 .. 1630<br />

» Francesco Zanoni 1631 .. 1641<br />

» Giacomo Donadini 1642 .. 1648<br />

» Giovanni Pilosio 1648 .. 1658<br />

» Pellegrino Pellegrini 1658 .. 1660<br />

» Bartolomeo Cefhs 1660 - 1684<br />

» Benedetto Bosello 1685 .. 1707<br />

» Giovanni Battista Foppa 1707 .. 1712<br />

» Angelo De Gaspari 1712 .. 1750<br />

» Nicolò Lunardoni 1750 .. 1756<br />

» Sebastiano Stefani 1757 .. 1764<br />

» Pasquale Gasparini 1765 .. 1812<br />

» Cristiano Cera 1813 .. 1854<br />

» Giuseppe Buzzo<strong>la</strong> 1855 .. 1866<br />

» Giovanni Battista Frigo 1867 - 1887<br />

» Giuseppe Pesavento 1888 .. 1893<br />

» Giovanni Battista Bianchin 1893 .. 1905<br />

» Antonio Barausse 1805 ..<br />

(25) Don Antonio Campagnaro, nativo di Maerne, fu <strong>per</strong> qualche anno cappel<strong>la</strong>no di<br />

Camposampiero, poi cappel<strong>la</strong>no dell'Ospedale cittadino e, negli ultimi anni di sua vita,<br />

vicario di S. Giovanni in Riva di Treviso, nel quale ufficio mori verso il 1890.


PARTE TERZA<br />

MONOGRAFIE


AL REVERENDISSIMO<br />

Mons. GIUSEPPE FURLAN<br />

PREVOSTO DI MONTEBELLUNA<br />

CON FILIALE AFFETTO<br />

ED IMMENSA GRATITUDINE<br />

QUESTE PAGINE<br />

L'AUTORE<br />

CONSACRA


21<br />

I<br />

VICENDE STORICHE DEL CASTELLO<br />

DI <strong>CAMPOSAMPIERO</strong><br />

TORRI - MURA - PORTE - ARGINI E FOSSE


SOMMARIO: Probabili autori del nostro castello. - Lavori di fortificazione, entro e<br />

fuori del<strong>la</strong> cinta murata, eseguiti dai feudatari, dal Comune di Padova e dai<br />

Carraresi. - Descrizione del castello. - Sue vicissitudini. - Sua fine. - Reliquie<br />

ancora esistenti.<br />

I nostri conti, ottenuto che ebbero dal<strong>la</strong> grazia sovrana l'infeudazione<br />

di Camposampiero, pensarono di assicurarne il pacifico possesso<br />

(eravamo in tempi barbari e frequenti erano le contese tra feudatari e<br />

feudatari) col<strong>la</strong> costruzione di un castello che fosse luogo di loro onorata<br />

residenza e, <strong>per</strong> le o<strong>per</strong>e di fortificazione intorno ad esso compite, desse<br />

anche affidamento di resistenza contro gli assalti del nemico.<br />

In una posizione uniformemente piana e che offriva pochi vantaggi<br />

strategici, le risorse non erano da chiedersi al<strong>la</strong> natura, ma piuttosto<br />

all'arte e l'arte fu messa in o<strong>per</strong>a con lo sdoppiamento del fiumicello<br />

Vandura diviso, nel luogo prescelto, in due rami, che, correndo entro<br />

<strong>la</strong>rghi e profondi fossati, ricinsero il <strong>per</strong>imetro esterno dell'erigendo<br />

castello.<br />

Fu questo il primo <strong>la</strong>voro eseguito nel<strong>la</strong> costruzione del castello ed<br />

anche il primo <strong>la</strong>voro quivi eseguito dopo <strong>la</strong> profonda notte dell'alto<br />

medioevo durante <strong>la</strong> quale l'inerzia s'impossessò degli uomini, inducendoli<br />

ad accettare con sonnolento e passivo fatalismo tutti gli eventi<br />

contrari, inondazioni, carestie, morbi e miseria, senza opporvi resistenza<br />

di sorta; il materiale proveniente dal<strong>la</strong> escavazione dei fossati ammassato,<br />

battuto e consolidato nel<strong>la</strong> riva interna diventò l'argine e sopra l'argine fu<br />

innalzato il girone delle mura le quali sormontate da mer<strong>la</strong>ture, rin-


calzate nei punti pili deboli da bastioni e da torri ('), provvedute di<br />

feritoie e di spie, interrotte da ponti levatoi con catene di ferro e porte<br />

di accesso, costituirono <strong>la</strong> pili potente difesa del castello, davanti al<strong>la</strong><br />

quale doveva necessariamente arrestarsi l'impetuosa avanzata del nemico<br />

e convertire in rego<strong>la</strong>re assedio una azione campale, <strong>per</strong> quanto fortunata.<br />

Trabucchi, mangani, petriere, catapulte, e tutte le altre macchine che<br />

l'arte militare allora conosceva, poco potevano contro <strong>la</strong> robustezza delle<br />

mura e contro <strong>la</strong> difesa degli assediati che con sassi, con raffi uncinati,<br />

con a<strong>la</strong>barde, con acqua bollente, nascosti dai merli e protetti dalle<br />

feritoie, molestavano il nemico.<br />

Il recinto interno del castello, denominato refosso, fu diviso in iscompartimenti<br />

e, con criteri prevalentemente militari, fu occupato dal<strong>la</strong> rocca,<br />

pa<strong>la</strong>zzo di residenza dei conti ed estrema difesa pure essa circondata<br />

di mura e terrapieni, dalle caserme dove alloggiavano le masnade dei<br />

conti, dai depositi di armi, dal campo di Marte, riservato alle esercitazioni<br />

militari, e da qualche abitazione civile (Z).<br />

La configurazione del castello, quale risulta dal fosso di circonval<strong>la</strong>zione,<br />

unico documento oggi di esistente, era di un quadrato un po' bizzarro<br />

ad angoli smussati.<br />

Si avverta che l'estrazione del Tergolino e <strong>la</strong> immissione di parte del<br />

Vandura nel Muson Vecchio, <strong>la</strong>vori di pili recente data, hanno alquanto<br />

modificato <strong>la</strong> pianta originale del castello nel <strong>la</strong>to nord-est.<br />

A chi è dovuta <strong>la</strong> primitiva fondazione del castello di Camposampiero?<br />

I cronisti medievali non fanno cenno in proposito e gli storici posteriori<br />

hanno avanzato le pili disparate congetture di cui non vale proprio <strong>la</strong><br />

pena di occuparsi. Un vero documento di fondazione manca, né è il caso<br />

di ricercarlo oggidl dopo <strong>la</strong> dis<strong>per</strong>sione degli archivi avvenuta durante<br />

le guerre napoleoniche, tanto pili che, molto probabilmente, esso non<br />

esisteva nemmeno prima di quell'epoca, come sembra provarlo il fatto,<br />

che nei diversi fascicoli di memorie familiari, raccolte e stampate fra gli<br />

anni 1778-1805 dai conti Camposampiero, non vi è cenno alcuno sull'epoca<br />

di fondazione, né sull'autore o autori del nostro castello C).<br />

(1) In origine le torri del castello dovettero essere pili di due, <strong>per</strong>ché, nei castelli medievali,<br />

porte d'accesso ed angoli del recinto murato erano fortificati da torri e da bastioni.<br />

(2) Un documento del Cod. Dipl. del GLORIA (anno 1183) nomina <strong>la</strong> casa di certo Ta<strong>la</strong>po,<br />

situata nel recinto del castello di Camposampiero e provveduta di portico.<br />

(3) Epoca di costruzione ed autore del nostro castello sono cose che, difettando le prove,<br />

non si possono precisare.<br />

lo credo che <strong>la</strong> primitiva origine del castello e <strong>la</strong> sua infeudazione si identifichino nel<br />

tempo e nell'autore, poiché penso, e non a torto, che prima cura di chi ottenne il feudo<br />

Sorvo<strong>la</strong>ta adunque tale questione dirò ora, e questa volta con sicurtà<br />

che non teme smentita, come il nostro castello fra i vicini di Noale,<br />

Castelfranco e Cittadel<strong>la</strong>, riporta <strong>la</strong> palma del<strong>la</strong> priorità di tempo; infatti<br />

quello di Noale dovette <strong>la</strong> sua origine a Vinciguerra Tempesta, valoroso<br />

rampollo di casa Camposampiero ivi trapiantato verso il 1110, quello di<br />

Castelfranco fu edificato dal<strong>la</strong> comunità di Treviso nel 1198 sui confini<br />

del territorio <strong>per</strong> serrare i passi alle invasioni dei Padovani ed il castello<br />

di Cittadel<strong>la</strong> sorse <strong>per</strong> competizioni comunali, poiché i Padovani lo<br />

edificarono fra gli anni 1220-1221 a fine di fronteggiare i Trevisani.<br />

È certo che il nostro castello, nel corso di parecchi secoli, subl modificazioni<br />

notevoli, quali restauri, ampliamenti e fortificazioni, come lo<br />

richiedevano le sempre nuove ed impellenti necessità di guerra e questo<br />

non soltanto <strong>per</strong> o<strong>per</strong>a dei feudatari, ma, quando divampò <strong>la</strong> guerra fra<br />

Eccelino ed il Comune di Padova e <strong>la</strong> causa dei nostri conti si identificò<br />

con quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> repubblica padovana diventando <strong>la</strong> causa del<strong>la</strong> libertà e<br />

del<strong>la</strong> giustizia, insidiate dal tiranno, il nostro castello fu munito di potenti<br />

o<strong>per</strong>e di difesa <strong>per</strong> o<strong>per</strong>a del Comune di Padova (1229); credo anzi che,<br />

in quel<strong>la</strong> circostanza, nei contermini paesi di Loreggia, Rustega, S. Giorgio<br />

delle Pertiche e Borgoricco siano stati eretti a difesa di esso bastie,<br />

torri e baluardi (4). Un piano di difesa cosi bene ideato lo trasformò in<br />

una piazza forte di primo ordine, ritenuta a quel tempo inespugnabile, ed<br />

sia stata quel<strong>la</strong> di fortificarlo con mura, torri, spalti, fossati, rocca e con quanti altri<br />

presidi l'arte bellica allora conosceva.<br />

Tacendo gli autori contemporanei, gli storici posteriori si sono abbandonati a diverse<br />

congetture e chi volle fondato il castello da Tiso IV verso il 1125 (Gloria), chi da Tiso<br />

VI e da Gherardo III, cento anni dopo (Scardeone, Bonifacio, Orsato, Salomon), chi,<br />

tentennando fra Tiso III e Gherardo I, e fra Tiso IV e Gherardo II, lo fece risalire al<br />

1085; quest'ultima opinione fu seguits anche dal Ministero di Pubblica Istruzione nel<br />

recente decreto ri<strong>la</strong>sciato al Municipio di Camposampiero, <strong>per</strong> il quale i resti del castello<br />

vengono dichiarati monumento nazionale.<br />

Però tale opinione è destituita di prove, anzi l'unica prova contemporanea starebbe a<br />

smentire il fatto.<br />

Infatti il documento di donazione all'Abbazia di S. Eufemia di Vil<strong>la</strong>nova del 1085<br />

(riportato nel I voI. pago 309 del Cod. Dipl. del GLORIA), esclude l'o<strong>per</strong>a di Tiso III, a<br />

quel tempo morto, <strong>per</strong>ché nell'atto comparisce <strong>la</strong> sua consorte India, che è detta vedova;<br />

esclude l'o<strong>per</strong>a di Tiso IV e di Gherardo II, <strong>per</strong>ché quest'ultimo è detto pupillo, cioè<br />

ancora ragazzo, e in quell'età si fanno castelli in aria, non di pietra.<br />

(4) Importantissimi <strong>la</strong>vori di carattere bellico, fuori del<strong>la</strong> cinta murata e massimamente<br />

lungo le rive del Muson, furono intrapresi pili tardi (1370-1382) da Francesco il<br />

Vecchio da Carrara, im<strong>per</strong>versando <strong>la</strong> guerra contro Venezia. Anzi in questa occasione i<br />

castelli di Camposampiero, Stigliano e Mirano furono congiunti fra di loro da un sistema<br />

non interrotto di fortificazioni e diventarono tre piazzeforti contro delle quali invano cozzarono<br />

i soldati del Visconti e del<strong>la</strong> repubblica di Venezia.<br />

Queste fortificazioni furono abbattute quando <strong>la</strong> Serenissima estese il suo dominio nel<br />

padovano (1405), i ruderi sono qua e là dis<strong>per</strong>si nel sottosuolo.


i fatti lo dimostrarono; Eccelino, che non risparmiò nessun castello del<br />

padovano C), Eccelino, che spinse il suo ardire fino ad Este, rocca di quei<br />

potenti marchesi, Eccelino, che riconosceva l'origine dell'odio accanito<br />

dei Padovani contro <strong>la</strong> sua <strong>per</strong>sona nell'antica vertenza fra i da Romano<br />

ed i Camposampiero (6), Eccelino, che nel 1227 s'impadronl' di Fonte,<br />

nel 1224 occupò Treville e nel 1247 penitus delevit Campreto, castelli<br />

di proprietà dei nostri conti, si arrestò alle porte di Camposampiero, ed<br />

allora soltanto ne diventò signore quando i Padovani, con atto di suprema<br />

debolezza scontata da tardivi pentimenti, diedero se stessi, città<br />

e territorio in balia del tiranno (1237).<br />

Dopo questa disquisizione, io vorrei sottoporre agli occhi dei mIeI<br />

lettori una figura illustrativa del nostro castello, quale lo videro Sant'Antonio<br />

di Padova, Tiso VI ed i nostri antenati; mi accontenterei,<br />

in mancanza di altro, anche di un grosso<strong>la</strong>no abbozzo delle vecchie mura,<br />

delle torri e dei baluardi, ma purtroppo devo rinunciare al<strong>la</strong> soddisfazione<br />

di questo legittimo mio desiderio e dei miei concittadini, poiché<br />

tempo ed uomini, con eguale accanimento e con deleterio risultato,<br />

hanno congiurato contro il nostro castello, quello distruggendo e spazzando<br />

col<strong>la</strong> sua fredda a<strong>la</strong> qualunque avanzo, questi, <strong>per</strong> ben due volte,<br />

stendendo l'empia mano sulle memorie scritte che un passato, memorabile<br />

<strong>per</strong> eventi gloriosi, aveva tramandato, gettandole nel fuoco divoratore<br />

che le converti in cenere che il vento dis<strong>per</strong>se.<br />

Resta, è vero, nell'oratorio di S. Antonio, il famoso dipinto del Bonifacio<br />

dei Pitati rappresentante il Taumaturgo che, dall'altezza di un<br />

noce, annuncia <strong>la</strong> buona novel<strong>la</strong> alle autorità ed al popolo di Camposampiero;<br />

al quadro serve di sfondo <strong>la</strong> prospettiva del nostro castello, ma<br />

se il dipinto <strong>per</strong> correttezza di disegno, <strong>per</strong> vivacità di colori ed espressione<br />

dei volti è capo<strong>la</strong>voro di inarrivabile bellezza, storicamente non<br />

vale proprio nul<strong>la</strong>; figuratevi che il castello di Camposampiero viene<br />

collocato sul dorso di una collina (sic!), le torri poi, le mura, i baluardi<br />

e le porte, quali le delineò il Bonifacio, sono troppo in contrasto col<strong>la</strong><br />

realtà, con quello che <strong>la</strong>sciarono scritto gli storici contemporanei e con<br />

quel poco che ancora rimane C).<br />

(5) Noale, Mirano, Conegliano, Mestre, Marostica, Stigliano, Asolo, Cittadel<strong>la</strong>, Castelfranco<br />

ed altri castelli, quali prima quali dopo, in poco tempo caddero in potere di Eccelino<br />

e furono quasi tutti smantel<strong>la</strong>ti.<br />

(6) Scrive il cronista Lorenzo de Monaci che nel 1236, cioè nel<strong>la</strong> fase piu acuta del<strong>la</strong><br />

lotta fra Eccelino ed i Padovani, quegli assicurava Federico II che <strong>la</strong> causa dell'odio dei<br />

Padovani contro <strong>la</strong> sua <strong>per</strong>sona erano i conti di Camposampiero, quorum nutu omnia<br />

gerebantur.<br />

(1) Né maggior luce si ritrae dall'esame delle carte geografiche del territorio padovano<br />

Animato dal desiderio di trovare una piu veritiera illustrazione grafica,<br />

rovistai vecchie <strong>per</strong>izie dei beni patrimoniali di alcune famiglie cittadine,<br />

frugai negli archivi di Padova e di Venezia, ripassai pagina <strong>per</strong><br />

pagina le vite di S. Antonio, cosi abbondanti di illustrazioni dei luoghi<br />

frequentati dal Santo, chiesi inf0tmazioni e consigli a <strong>per</strong>sone competenti<br />

in materia, ma tante ricerche es<strong>per</strong>ite con fatica, agevo<strong>la</strong>te dal<strong>la</strong><br />

buona volontà e confortate dal<strong>la</strong> s<strong>per</strong>anza, non riuscirono a nul<strong>la</strong>, forse<br />

quello che cercavo ansiosamente giaceva in qualche soffitta, abbandonato<br />

al<strong>la</strong> devastazione dei topi o posseduto da <strong>per</strong>sone che non hanno alcun<br />

interesse di custodire tali memorie.<br />

Fallita <strong>la</strong> prova dei documenti di carattere figurativo mi resta quel<strong>la</strong><br />

di carattere descrittivo; ma anche quivi un triste destino grava sul<strong>la</strong><br />

<strong>storia</strong> di Camposampiero, <strong>per</strong>ché coloro che hanno par<strong>la</strong>to del nostro castello,<br />

o lo fecero con tale parsimonia e con termini cOSI concisi da darne<br />

up'idea non adeguata, oppure si sono limitati a ricopiare ciò che altri<br />

avevano scritto, <strong>per</strong> cui diverse testimonianze si riducono ad una so<strong>la</strong>;<br />

ad ogni modo, fedele al mio assunto, riporterò quelle notizie che tempo,<br />

fuoco ed uomini non ci hanno invidiato.<br />

Il primo storico che si è occupato di Camposampiero è Marin Sanuto<br />

il celebre autore dei Diari) che, affezionato al<strong>la</strong> sua Venezia e desideroso<br />

di conoscerne i possessi, nel 1483 imprese un pellegrinaggio attraverso<br />

i paesi del<strong>la</strong> Terraferma e venne anche a Camposampiero e cOSI <strong>la</strong>conicamente<br />

descrisse le sue impressioni: «andoe a Cam posam piero dov' era<br />

podestà Vincenzo Gabriel ... è castello bellissimo ... fuor del castello è<br />

una ciesa de S. Francesco (cioè <strong>la</strong> chiesa di S. Giovanni officiata dai<br />

Francescani) d,ov'era <strong>la</strong> nogara de Sant'Antonio de Padoa et molte altre<br />

belle cosse» (8).<br />

Oh caro ed illustre Sanuto, quanto meglio sarebbe stato che, uscendo<br />

dal<strong>la</strong> riservatezza imposta nello scrivere sul nostro castello, ci avessi<br />

detto qualche cosa di piu! Come vuoi che noi, distanti oltre 400 anni dall'epoca,<br />

possiamo indovinare le molte altre belle cosse! Certo, o Sanuto,<br />

non fosti cosi parco di notizie quando par<strong>la</strong>sti di Asolo, Cittadel<strong>la</strong>, Castelfranco,<br />

Monselice, Montagnana e di altri castelli a noi vicini, dei quali<br />

compi<strong>la</strong>te dallo Squarcione, da Annibale de Madiis, da Cristoforo Sabbadini e da Bartolomeo<br />

Breda, come pure da quelle aggiunte alle o<strong>per</strong>e del Cittadel<strong>la</strong>, del Portenari e dell'Orsato;<br />

nelle quali il nostro castello è segnato da un abbozzo convenzionale.<br />

Credo che una carta a rilievo non sia mai stata descritta, e Giovanni Marinelli, nell'o<strong>per</strong>a<br />

«Saggio di cartografia del<strong>la</strong> regione veneta », mentre accenna ad illustrazioni grafiche<br />

di parecchi castelli di minore importanza del nostro, nul<strong>la</strong> scrive riguardo a quello di<br />

Camposampiero.<br />

(8) SANUTO: Itinerario, Pago 114.


icordasti il numero ed il nome delle porte e delle torri e <strong>per</strong>fino lo stipendio<br />

dei custodi. È ben vero che le parole bellissimo castello valgono<br />

un Perti, ma sono troppo comprensive e troppo poco estensive.<br />

Ho detto, poco fa, che un triste destino grava sulle sorti del nostro<br />

castello contro del quale hanno congiurato il tempo, il fuoco, gli uomini<br />

idioti ed iconoc<strong>la</strong>sti e <strong>per</strong>fino gli storici che, <strong>per</strong> il loro ufficio, avrebbero<br />

dovuto raccogliere gelosamente e fedelmente tramandare ai posteri le<br />

memorie del passato; orbene il Bonifacio prima di tutti, nel libro XI<br />

del<strong>la</strong> sua Hi<strong>storia</strong> di Trevigi, affermò che il castello di Camposampiero fu<br />

arso e distrutto nel 1513 dai soldati del Cardona e dietro il Bonifacio<br />

gli altri storici, dal Salomon al Gloria quasi tutti affermarono che il<br />

castello di Camposampiero fu assediato ed espugnato dal Cardona, e poi<br />

incendiato e distrutto.<br />

Che valore abbiano queste asserzioni, cOSI facilmente enunciate, lo dimostra<br />

uno storico contemporaneo al<strong>la</strong> facinorosa impresa del Cardona,<br />

il Sanuto, il quale racconta come gli Spagnoli in quell'occasione, incendiarono<br />

solum 15 case C) e lo dicono ancora i documenti, posteriori di duecento<br />

anni al<strong>la</strong> supposta distruzione, i quali par<strong>la</strong>no di mura, di porte,<br />

di ponti levatoi e d'altre parti del castello ancora esistenti.<br />

Ma l'asserzione del Bonifacio non è nemmeno verosimile quando si<br />

pensi che gli Spagnoli, condotti dal Cardona, arrivarono a Camposampiero<br />

nel<strong>la</strong> sera del 1 Ottobre 1513 e partirono in fretta il mattino seguente al<strong>la</strong><br />

volta del Brenta, avendo inteso che l'Alviano si era mosso da Padova<br />

<strong>per</strong> attaccarli; e come è possibile distruggere in poche ore una costruzione<br />

cosi formidabile? E come fa a prender fuoco un castello formato<br />

di mura e di baluardi di pietra? E nel caso nostro quali vantaggi e quale<br />

ragione avrebbero spinto gli Spagnoli ad abbatterne le mura? Certo ad<br />

essi dovette bastare l'a<strong>per</strong>tura di una o piti breccie <strong>per</strong> penetrarvi e commettere<br />

tutte quelle violenze cui erano avvezzi e che noi conosciamo dal<strong>la</strong><br />

fedele re<strong>la</strong>zione del Sanuto.<br />

Dopo <strong>la</strong> guerra di Cambrai scrisse su Camposampiero Bernardino Scardeone<br />

(1560), canonico di Padova, e prima parroco <strong>per</strong> oltre quarant'anni<br />

di Murelle, e <strong>la</strong> sua descrizione è molto accreditata, <strong>per</strong>ché essendo quel<strong>la</strong><br />

vil<strong>la</strong> soggetta al<strong>la</strong> nostra podestaria, <strong>per</strong> ragioni d'ufficio lo Scardeone<br />

doveva recarsi frequentemente a Camposampiero. Riporto le sue parole<br />

«Ad septentrionalem p<strong>la</strong>gam decem passuum millibus ab urbe distai<br />

satis frequens oppidum Campus Sancti Petri cum aree, fossis, moenibus,<br />

aggeribusque circundatum » eD). Parole che sono un commento dell'ag-<br />

(9) Diari, VoI. XVII, pago 140.<br />

(lO) De Antiquitate Patavii, pago 17.<br />

gettivo bellissimo rega<strong>la</strong>to dal Sanuto al nostro castello e lo dimostrano<br />

in piena rego<strong>la</strong> con rocca, fosse, spalti e mura, cioè completo.<br />

Andrea Cittadel<strong>la</strong>, nel<strong>la</strong> Descrittione di Padoa (1605) pago 308, cOSI<br />

ne par<strong>la</strong>: «è castello con Pitocca, Malcanton, Vil<strong>la</strong> Vettura, tien fosse<br />

con torri e muraglia stretta et argini che <strong>la</strong> circondano ..... ha cinque aditi<br />

o passi (porte) al castello ». Sono degne di rilievo le due partico<strong>la</strong>rità<br />

del<strong>la</strong> muraglia stretta e dei cinque aditi.<br />

Credo inutile riportare quanto scrissero l'Orsato, il Portenari ed il<br />

Salomon i quali tradussero in veste italiana quanto prima di loro aveva<br />

scritto lo Scardeone, senza nul<strong>la</strong> aggiungere.<br />

F<strong>la</strong>vio Biondo di Forli (11) chiama Camposampiero « terra molto ricca».<br />

Paolo Giovio lo dice paese belli'ssimo e Z ) ed il Salomon, non senza<br />

i<strong>per</strong>bole, onora il nostro castello col titolo di inespugnabile e 3 ).<br />

Il sommo naturalista Cuvier, prima ancora che sotto i ghiacci del<strong>la</strong><br />

Siberia si scoprisse il mastodonte intatto, dall'esame di alcune ossa del<strong>la</strong><br />

mostruosa fiera ne divinò <strong>la</strong> grandezza e le forme, quali risultarono<br />

confermate da posteriori sco<strong>per</strong>te; io, dalle poche espressioni qua e là<br />

racimo<strong>la</strong>te negli scritti sopraccitati, m'ingegnerò ora di ricostruire il castello<br />

di Camposampiero. Ferme adunque le dimensioni e <strong>la</strong> configurazione,<br />

quali sono indicate dai due rami del Vandura, dal punto di divisione<br />

al<strong>la</strong> loro confluenza, dirò che esso era munito di fosse, di argini, di<br />

muraglia stretta, di torri e rocca, aveva cinque porte d'ingresso, era artisticamente<br />

bellissimo, militarmente inespugnabile; nel<strong>la</strong> breve descrizione<br />

non v'è paro<strong>la</strong> che non sia stata tolta da autori contemporanei.<br />

La fantasia potrà anche aggiungervi qualche partico<strong>la</strong>rità verosimile,<br />

come gloriose cicatrici impresse su e giti <strong>per</strong> le mura, dolorosi ricordi<br />

degli assalti di Cane del<strong>la</strong> Sca<strong>la</strong> (1313), di Guglielmo Camposampiero<br />

(1337) e di Francesco Novello da Carrara (1390), leoni rampanti, carri<br />

e leoni a<strong>la</strong>ti a profusione effigiati nelle porte, nelle torri, nelle mura e<br />

nei pubblici edifici, insegne le prime dei conti Camposampiero, le seconde<br />

dei Carraresi, le altre del<strong>la</strong> Dominante, porte di legno ad arco<br />

(11) Roma restaurata ecc. pago 185. Venezia 1543.<br />

(12) Hi<strong>storia</strong> del suo tempo, VoI. I, Libro 12 pago 110. Venezia 1556.<br />

(13) Inscriptiones Agri Patav., Pago 241.<br />

E <strong>la</strong> recensione degli scrittori antichi che ebbero parole lusinghiere <strong>per</strong> <strong>la</strong> nostra cittadina<br />

non è finita. La cronachetta del Calza (1556), esistente presso <strong>la</strong> Marciana, (m.<br />

scritto itaI. VI, 225) dice Camposampiero uno dei sette castelli padovani «grande come<br />

nel<strong>la</strong> Romagna molte città », mentre un secolo pili addietro il Baratel<strong>la</strong>, non senza enfatica<br />

esagerazione, afferma che esso su<strong>per</strong>ava gli altri del territorio padovano <strong>per</strong> !'importanza<br />

delle sue fortificazioni, <strong>per</strong> l'opulenza e numero di abitanti.


acuto, ben salde e tempestate di chiodi, ponti levatoi che scavalcano, nei<br />

punti di accesso, il fossato di circonval<strong>la</strong>zione, edera che riveste le mura<br />

ed ora le ricopre interamente, ora <strong>la</strong>scia vedere qualche tratto di mattoni<br />

anneriti dal sole e, nelle sere primaverili, potrà anche immaginare<br />

uno stuolo festevole di rane che, rintanate nei fossati, col monotono<br />

gracchiare addormentano i cittadini.<br />

Nel corso di sua vita pluriseco<strong>la</strong>re, il castello di Camposampiero<br />

ebbe una <strong>storia</strong> assai movimentata che, ricapito<strong>la</strong>ta in quadro cronologico,<br />

sottopongo ora ai miei lettori.<br />

1015-1100 - Il castello viene edificato.<br />

1115 - È visitato dall'im<strong>per</strong>atore Arrigo V.<br />

1150 (?) - Pure restando in proprietà dei conti, passa sotto il protettorato<br />

del Comune di Padova.<br />

1229 - Viene munito di potenti o<strong>per</strong>e di fortificazione dal Comune<br />

di Padova.<br />

1231 - Accoglie fra le sue mura S. Antonio di Padova, ospite illustre<br />

di fama mondiale, onorato dal devoto discepolo Tiso di Camposampiero.<br />

1237 - Per ispontanea dedizione dei cittadini di Padova, assieme a<br />

quel<strong>la</strong> città, passa in potere di Eccelino il tiranno che, due anni<br />

appresso, quivi conduce, con gran seguito di baroni, di conti e di<br />

dame, l'im<strong>per</strong>atore Federico II.<br />

1256 - Ribel<strong>la</strong>tasi Padova ad Eccelino, il castello, seguendo le vicende<br />

di quel<strong>la</strong> città, ritorna sotto i conti e sotto il protettorato di<br />

Padova.<br />

1313 - È assalito e depredato da Cane del<strong>la</strong> Sca<strong>la</strong>.<br />

1328 - Passa in dominio di Cane del<strong>la</strong> Sca<strong>la</strong> che vi costituisce suo vicario<br />

Tiso di Camposampiero.<br />

1334 - Tiso IX, morendo senza successori, lo <strong>la</strong>scia in eredità allo<br />

zio materno Marsiglio da Carrara.<br />

1337 - Guglielmo di Camposampiero, nipote di Tiso, vantando diritti,<br />

nottetempo lo assale e, dopo breve combattimento, lo espugna.<br />

1339-1340 - Per compromesso dei due contendenti, Marsiglio e Guglielmo,<br />

viene custodito dai Veneziani fino a lite terminata.<br />

1340 - Il doge Francesco Dandolo, al cui tribunale viene deferita<br />

<strong>la</strong> controversia, lo assegna ad Ubertino da Carrara, successore di<br />

Marsiglio.<br />

1389 - È occupato dai soldati di Giangaleazzo Visconti.<br />

1390 ... Dopo breve ed accanito combattimento è nuovamente occupato<br />

da Francesco Novello da Carrara.<br />

33 0<br />

1405 - Per tradimento del capitano Vivaldo di Gerardo, che lo custodiva<br />

a nome di Francesco Novello, viene ceduto ai Veneziani<br />

<strong>per</strong> 4000 ducati.<br />

1509 - Infuriando <strong>la</strong> guerra di Cambrai, <strong>per</strong> alcuni giorni dei mesi<br />

Giugno e Luglio, è occupato, a nome dell'im<strong>per</strong>atore Massimiliano,<br />

dall'avventuriero conte Leonardo Trissino.<br />

1509 - Verso <strong>la</strong> metà di Luglio è rioccupato dai Veneziani.<br />

1509 - Nell'Agosto è preso d'assalto da Federico Gonzaga conte di<br />

Bozzolo che espugna anche <strong>la</strong> rocca, al<strong>la</strong> presenza dell'im<strong>per</strong>atore<br />

Massimiliano.<br />

1509 - Verso gli ultimi giorni di Settembre è riconquistato dai Veneziani.<br />

1510 - Nel Giugno è occupato dai Francesi che poi lo abbandonano;<br />

rioccupato dai Francesi nel Luglio dello stesso anno, viene dopo alcuni<br />

giorni abbandonato.<br />

1513 - La notte dall'l al 2 Ottobre 1513 è assalito ed espugnato dagli<br />

Spagnoli, comandati da Raffaello Cardona, i quali, commesse infinite<br />

ribalderie a danno degli abitanti e delle case, lo abbandonano<br />

il giorno seguente.<br />

1513 - Ritorna a Venezia che lo possiede tranquil<strong>la</strong>mente <strong>per</strong> 284<br />

anni.<br />

Dopo il 1605 e prima del 1700 vengono abbattute le mura, le porte e<br />

rispianati gli spalti (14).<br />

1797 - È occupato dai Francesi, condotti dal generale La Hoz.<br />

Ho buoni argomenti <strong>per</strong> credere che, al momento dell'occupazione francese,<br />

dell'antico castello sussistessero soltanto qua e là, nei punti piu<br />

lontani dal caseggiato, alcuni informi ruderi che, costituendo una bruttura<br />

edilizia, furono tolti.<br />

A compimento di queste notizie illustrative aggiungerò che Venezia,<br />

diventata signora di Terraferma, temendo che i castelli dovunque sparsi<br />

nei nuovi domini, ridiventassero nido di tiranni che dessero brighe al<br />

suo governo, ordinò <strong>la</strong> demolizione dei castelli di campagna, mentre<br />

rispettò quelli delle città diventate sede di un pretore, il quale, coll'au-<br />

(14) La sco<strong>per</strong>ta del<strong>la</strong> incisione, compi<strong>la</strong>ta dal Coronelli fra il 1690 ed il 1710, ancora<br />

meglio determina l'epoca approssimativa dell'abbattimento delle vecchie mura, che si deve<br />

con tutta sicurezza assegnare fra il 1605, epoca in cui il Cittadel<strong>la</strong> le vide e descrisse, ed<br />

il 1700 circa, epoca nel<strong>la</strong> quale le mura piu non compariscono. Però anche dopo <strong>la</strong> distruzione<br />

delle mura qua e là restò qualche informe troncone di esse.<br />

33 1


torità <strong>per</strong>sonale e con quel<strong>la</strong> delle cernide, precludeva <strong>la</strong> via a qualunque<br />

velleità dispotica ed egemonica dei signorotti.<br />

Per questa ragione le mura del nostro castello furono rispettate dal<strong>la</strong><br />

gelosa Repubblica e restarono in piedi anche quando l'uso delle armi da<br />

fuoco e specialmente del cannone ritolse ad esse ogni vantaggio strategico<br />

e le rese un accessorio puramente decorativo che valse a conservare<br />

a Camposampiero il carattere di cittadina, contribui a tenere vive nel<strong>la</strong><br />

memoria le imprese dei feudatari, di Eccelino, di Cane del<strong>la</strong> Sca<strong>la</strong> e dei<br />

Carraresi, e fece entrare Camposampiero nel numero dei sette luoghi fortificati<br />

del territorio padovano.<br />

Oggi le mura piti non esistono; quale fu <strong>la</strong> loro fine? Lo dirò in poche<br />

parole; essa fu degna di una vita tutta consacrata al bene dei nostri<br />

concittadini.<br />

La storica missione di propugnacolo del<strong>la</strong> vita e delle sostanze dei<br />

Camposampierini, nei foschi tempi medievali, era terminata e le gloriose<br />

mura, votate al bene dei nostri concittadini, <strong>per</strong> essi sacrificarono <strong>la</strong><br />

loro esistenza, provvedendoli di comode abitazioni, di pubblici edifici e<br />

di ponti colle loro membra muti<strong>la</strong>te e di<strong>la</strong>niate dal piccone demolitore.<br />

La sorte finale del nostro castello mi richiama al<strong>la</strong> memoria il pellicano<br />

del<strong>la</strong> favo<strong>la</strong> che, generati i figli, si <strong>la</strong>cera il petto e, col sangue stil<strong>la</strong>nte<br />

dalle ferite, li nutre e termina contento <strong>la</strong> sua vita.<br />

Per oltre un secolo autorità e cittadini di Camposampiero con carri<br />

e con carrette, di giorno e di notte, con il <strong>per</strong>messo od abusivamente, si<br />

recarono ai piedi delle storiche mura rispettate dal tempo e dai nemici e,<br />

con azione distruggitrice e depredatrice lenta ma ininterrotta, ne asportarono<br />

le pietre <strong>per</strong> servirsene a proprio uso.<br />

Il ricco che aveva bisogno di fabbricarsi un pa<strong>la</strong>zzo, il povero che voleva<br />

provvedersi di un tugurio, si recavano alle mura come al<strong>la</strong> fornace<br />

od a cava di pietre; le autorità stesse, quando dovevano riparare i danni<br />

arrecati dal<strong>la</strong> vetustà agli edifici pubblici, o provvederne l'ampliamento<br />

o ricostruire i ponti del<strong>la</strong> città e dei paesi del<strong>la</strong> podestaria ruinati dalle<br />

inondazioni; il privato che voleva limitare con un muro il proprio podere,<br />

chiunque insomma aveva bisogno di pietre si recava alle mura del<br />

castello, come si va al pozzo <strong>per</strong> attingere acqua, ed andava e ritornava<br />

con carri una o piti volte, a seconda del bisogno, <strong>per</strong> rifornirsi e godere<br />

di un beneficio cosi comodo e di cosi poco costo.<br />

Che piti? Lo stesso arciprete Bacchetti, nel 1836 e nel 1837, dovendo<br />

ricostruire il muro di cinta del vecchio cimitero, mandò a raccogliere<br />

pietre delle mura del castello. Infatti nel registro cassa del<strong>la</strong> Fabbriceria,<br />

sotto il 31 Maggio 1836, trovo questa annotazione: «spesa incontrata<br />

33 2<br />

<strong>per</strong> ['escavo di pietre vecchie nelle mura del castello L. 54.32 » e l'anno<br />

appresso, sotto il 20 Febbraio: «pagate a Domenico Cagnin e a Cesare<br />

Bressan L. 100 <strong>per</strong> metri 25 cubi di pietre scavati nelle mura c,omunali<br />

del castello ». Il prezzo era irrisorio e tale da invogliare chiunque ne<br />

aveva bisogno; doveva <strong>per</strong>ò trattarsi di pietre scavate dalle fondamenta,<br />

<strong>per</strong>ché sotto quest'ultima voce del bi<strong>la</strong>ncio trovo registrata questa spesa:<br />

« Contate L. 14 al signor Antonio Pinton negoziante di ferro di Padova<br />

<strong>per</strong> due leve <strong>per</strong> scavare le pietre del castello» eS).<br />

Sotto i colpi del piccone un po' al<strong>la</strong> volta caddero a terra le mura,<br />

i bastioni, le porte e piti tardi furono rispianati gli argini, ultimo avanzo<br />

di tanta o<strong>per</strong>a.<br />

Dirò che nel 1657 sussisteva <strong>la</strong> porta Padova (vicino all'attuale Cassa<br />

di Risparmio), <strong>la</strong> ricorda il Salomon accennando ad una iscrizione, ivi<br />

collocata dai nostri concittadini, <strong>per</strong> premiare le benemerenze del podestà<br />

Pietro Molin e 6 ); dirò che nel 1700 erano in piedi ponte e porta che<br />

mettevano al<strong>la</strong> rocca (17), e che, nel 1841, fu demolito l'ultimo tratto di<br />

mura, nel<strong>la</strong> località delle Grazie, come lo attesta un involtino cartaceo<br />

a me consegnato dal cav. Giuseppe Callegari con entro una medaglia del<br />

pontefice Clemente VIII con questa dicitura: «Medaglia ritrovata l'anno<br />

1841 nell'abbattere le mura del castello alle Grazie ».<br />

Terminerò ora il mio compito raccogliendo, con religiosa venerazione,<br />

i pochi avanzi dell'antico castello. Essi sono:<br />

Il fosso di circonval<strong>la</strong>zione che, in mancanza d'altri documenti, ci<br />

dimostra <strong>la</strong> configurazione e le dimensioni del recinto murato.<br />

La rocca o cittadel<strong>la</strong> che, recinta un tempo di mura e fortificata da<br />

terrapieni, attraverso a seco<strong>la</strong>ri vicende fu residenza dei conti nel tempo<br />

feudale, dei capitani sotto <strong>la</strong> repubblica di Padova, dei vicari sotto i<br />

Carraresi, dei podestà sotto Venezia ed ora è sede del Municipio, del<strong>la</strong><br />

R. Pretura e di altri edifici distrettuali; otto secoli di vita nul<strong>la</strong> hanno<br />

tolto al<strong>la</strong> robustezza di questo edificio che sfida il tempo.<br />

Le due torri, l'una di porta Padova, l'altra del<strong>la</strong> rocca le quali, benché<br />

alquanto modificate nel<strong>la</strong> parte su<strong>per</strong>iore, conservano ancora il loro<br />

carattere schiettamente medievale eS), ed oggidi, s<strong>per</strong>dute in mezzo a<br />

(1S) Registro del<strong>la</strong> Fabbriceria degli anni 1836-37 nell'Arch. Parrocchiale.<br />

(16) Inscriptiones Agri Patavini - Pago 242.<br />

(17) Vedi illustrazione grafica del Coronelli.<br />

(IS) CosI terminarono <strong>la</strong> loro esistenza i castelli posseduti dai nostri feudatari: quello<br />

di Campreto fu distrutto da Eccelino nel 1247, quello di Fonte fu abbattuto dai crociati<br />

in odio agli Eccelini nell'anno 1260, quello di Treville, acquistato dal<strong>la</strong> repubblica di<br />

Venezia <strong>per</strong> 6000 lire piccole da Sara, figlia unica di Guglielmo di Camposampiero, fu<br />

333


tanti pa<strong>la</strong>zzi, cosi diversi <strong>per</strong> gusto artistico e <strong>per</strong> destinazione, fanno <strong>la</strong><br />

figura di due uccel<strong>la</strong>cci notturni che, contro <strong>la</strong> loro abitudine, si sono<br />

presi fuori del covo quando il sole è alto sull'orizzonte e ferve l'o<strong>per</strong>a degli<br />

uomini nei campi, nelle botteghe, nelle officine.<br />

Di mura, bastioni, argini nessuna traccia in nessun luogo; esistono invece<br />

avanzi dell'antica via di circonval<strong>la</strong>zione che nottetempo, quando i<br />

ponti levatoi erano tolti, veicoli e pedoni dovevano <strong>per</strong>correre, ed ancora<br />

un abbastanza notevole slivello fra il recinto del castello ed il circostante<br />

terreno esterno.<br />

Nell'anno 1782 esisteva dietro il Monte di Pietà un tratto di mura,<br />

lo rileva <strong>la</strong> descrizione dei beni di quell'istituto, estesa dal <strong>per</strong>ito Giuseppe<br />

Tentori, dove, fra le altre possessioni spettanti al Sacro Monte,<br />

figurano alcuni T ezoni appoggiati al<strong>la</strong> mura pubblica (19).<br />

Anche <strong>la</strong> casa, oggidi abitata dal<strong>la</strong> famiglia Gasparini, si appoggia<br />

su di un troncone delle vecchie mura.<br />

I Camposampierini fissando i loro occhi sulle massicce torri che il<br />

tempo anneri e corrose, richiameranno al<strong>la</strong> memoria <strong>la</strong> <strong>storia</strong> illustre<br />

del loro castello e ricorderanno le figure ed i nomi di Tiso VI, di S. Antonio<br />

di Padova, di Eccelino, di Cane del<strong>la</strong> Sca<strong>la</strong>, del B. Bernardino da<br />

Feltre, di Antonio Quirini, di Massimiliano im<strong>per</strong>atore e con essi l'eterna<br />

vicenda di oppressori e di oppressi, di vittime e di carnefici, di tiranni<br />

e benefattori a cui, volenti o nolenti, sempre soggiacquero i mortali.<br />

spianato <strong>per</strong> decreto del Senato Veneto, reggendo <strong>la</strong> repubblica il doge Andrea Dandolo<br />

(1343).<br />

(19) L'incisione del Coronelli ci mostra <strong>la</strong> torre di Porta Padova, o torre dell'Orologio,<br />

smantel<strong>la</strong>ta nel<strong>la</strong> parte su<strong>per</strong>iore e conservante ancora le tracce dell'assalto del Cardona.<br />

334<br />

II<br />

IL MONTE DI PIETÀ DI <strong>CAMPOSAMPIERO</strong>


SOMMARIO: Origine del patrio Monte. - L'o<strong>per</strong>a del B. Bernardino da Feltre a Camposampiero.<br />

- Gloriose e dolorose vicissitudini dell'Istituto.<br />

Antica ed illustre è l'origine del patrio Monte di Pietà che vanta quale<br />

fondatore il B. Bernardino da Feltre, quegli stesso cioè che al<strong>la</strong> provvida<br />

istituzione poco prima sorta e movente il timido passo fra incagli giuridici,<br />

economici e politici non lievi, diede impulso gagliardo di espansione<br />

e vita feconda e).<br />

(1) La prima idea dei Monti di Pietà sorse in grembo all'Ordine francescano e fu effetto<br />

di commiserazione verso il povero popolo dissanguato dalle angherie rapaci degli usurai<br />

massimamente ebrei, (questi nel XV secolo avevano banchi un po' dap<strong>per</strong>tutto ed esigevano<br />

il 20, il 30, ed anche il 40 <strong>per</strong> 100 sul denaro prestato).<br />

Il primo Monte sorse ad Arcevia (Ancona) nel 1428, <strong>per</strong> o<strong>per</strong>a di fra Lodovico da<br />

Camerino, ma cominciò le o<strong>per</strong>azioni soltanto nel 1483 in causa di ostinate lotte suscitate<br />

dagli avversari.<br />

Quello di Padova fu fondato dal Padre Michele da Mi<strong>la</strong>no nel 1469, ma non funzionò<br />

che nel 1491, mercè l'o<strong>per</strong>a del B. Bernardino e del vescovo Pietro Barozzi.<br />

Combatterono <strong>la</strong> nuova istituzione:<br />

1. - gli usurai ebrei <strong>per</strong> interesse, e ciò era ovvio;<br />

2. - l'autorità religiosa, i teologi ed i giuristi, <strong>per</strong>ché Si tlteneva a quel tempo, che<br />

qualunque interesse <strong>per</strong>cepito su denaro prestato, fosse illecito, ed i Monti di Pietà prestavano<br />

al 5 <strong>per</strong> lODi (*).<br />

(") Nel sostenere <strong>la</strong> loro tesi i teologi si appel<strong>la</strong>vano al precetto scritturale «mutuum<br />

date nihil inde s<strong>per</strong>antes », mentre il B. Bernardino ed il vescovo Barozzi facevano giustamente<br />

osservare che <strong>per</strong> il funzionamento dell'istituto occorrevano degli impiegati che bisognava<br />

pur stipendiare, <strong>per</strong>ché anche questa volta secondo il detto scritturale «dignus<br />

est o<strong>per</strong>arius mercede sua ».<br />

22<br />

3. - i principi seco<strong>la</strong>ri subordinati e corrotti con denaro dagli Ebrei.<br />

Contro di costoro il Beato Bernardino impegnò lotta lunga e costante, coronata al-<br />

337


Due lettere contemporanee, scritte dai nostri podestà al B. Bernardino,<br />

alcune notizie contenute nelle o<strong>per</strong>e del Vecellio e) e del De Besse e)<br />

ed una re<strong>la</strong>zione, al Beato stesso inviata dai Conservatori del Monte di<br />

Pietà di Padova (4), mi <strong>per</strong>mettono di offrire ricostruita con precisione<br />

di tempo e ricchezza di partico<strong>la</strong>ri, <strong>la</strong> <strong>storia</strong> del<strong>la</strong> fondazione del nostro<br />

Monte, che è dei piu antichi d'Italia.<br />

Non facendone menzione i documenti non si può affermare se il Beato<br />

Bernardino sia venuto a Camposampiero <strong>per</strong> invito dei magistrati del nostro<br />

castello o <strong>per</strong> ordine dei suoi su<strong>per</strong>iori; il fatto è che un mattino<br />

del Maggio 1492, l'umile figlio di S. Francesco, dal volto emaciato, dai<br />

vestiti rattoppati, precinto i lombi di una corda, scalzo e tutto madido<br />

di sudore, arrivò a Camposampiero annunciatore facondo ed efficace di<br />

eterne verità, apportatore di pace tra le famiglie discordi, martello dell'usura<br />

e terrore degli usurai.<br />

Già <strong>la</strong> fama l'aveva preceduto e parecchi nostri concittadini in quell'anno<br />

l'avevano udito predicare <strong>la</strong> quaresima in Padova e sapevano anche<br />

quanto aveva fatto <strong>per</strong> quel Monte di Pietà (5). Certamente il Beato<br />

avrà trovato presso i nostri castel<strong>la</strong>ni quelle accoglienze entusiastiche, dovunque<br />

a lui tributate da ogni ceto di cittadini, ed è lecito supporre<br />

anche che a Camposampiero, come a Feltre, Asolo, Castelfranco, Monselice<br />

ed in altre città ove le chiese troppo anguste non potevano contenere <strong>la</strong><br />

moltitudine accorsa da vicino e da lontano, egli predicasse su di un palco<br />

eretto nel<strong>la</strong> piazza maggiore, convertita in chiesa-accampamento, <strong>per</strong>ché<br />

co<strong>per</strong>ta e rinchiusa da tendoni legati da funi e sostenuti da assi. Nel<strong>la</strong> sua<br />

concione il Beato esortò ricchi, poveri, vecchi, giovani, uomini e donne<br />

al<strong>la</strong> pratica fervorosa delle virtu cristiane, all'odio del peccato, all'amore<br />

fine da pieno successo, <strong>per</strong>ché gli Ebrei furono ridotti al silenzio, i Monti furono riguardati<br />

come res sacrae e protetti dall'autorità ecclesiastica, e, da allora in poi, assunsero il<br />

nome di Santi Monti o Monti di Cristo, mentre l'autorità civile concesse ad essi il riconoscimento<br />

giuridico e l'appoggio morale.<br />

Il trionfo era stato completo e glorioso.<br />

Nei momenti pili difficili del<strong>la</strong> lotta il Beato Bernardino fu incoraggiato e sorretto dai<br />

saggi consigli e dall'o<strong>per</strong>a fattiva di Beato Angelo da Chivasso, vicario generale dell'ordine<br />

minorita, e da Pietro Barozzi insigne vescovo di Padova.<br />

(2) Vita del Beato Bernardino Tomitano, Feltre 1894. Lettere di uomini celebri al<br />

Beato Bernardino, Feltre 1894.<br />

(3) Le bienhereux Bernardin de Feltre, Tours 1902.<br />

(4) VECELLIO: Lettere di uomini celebri ecc., pago 44 e seguenti.<br />

(5) Il Monte di Pietà di Padova fu effettivamente inaugurato nel 1491, col<strong>la</strong> coo<strong>per</strong>azione<br />

del santo e benefico vescovo Barozzi ed ebbe <strong>per</strong> immediato effetto <strong>la</strong> cessazione di<br />

22 banchi di usurai ebrei che facevano <strong>la</strong>uti affari col popolo minuto e cogli studenti<br />

dell'Università anche allora, come ora, a corto di denari.<br />

di Gesu Cristo, e, terminata <strong>la</strong> predica (che di solito durava due o tre<br />

ore), <strong>la</strong>nciò l'idea di fondare un Monte di Pietà, a servizio di tutta <strong>la</strong><br />

podestaria. A tale scopo raccomandò e raccolse l'offerta del ricco e quel<strong>la</strong><br />

del povero, quindi tracciò uno schema di statuto del<strong>la</strong> Pia O<strong>per</strong>a che<br />

spedl al Senato di Venezia <strong>per</strong> l'approvazione, <strong>la</strong> quale si fece attendere<br />

alquanto.<br />

Al<strong>la</strong> fondazione del Monte di Pietà di Camposampiero molto dovette<br />

contribuire l'esistenza di alcuni banchi di usurai ebrei nel<strong>la</strong> nostra cittadina<br />

ed ancora piu il fatto gravissimo, che di solito si ripeteva negli ultimi<br />

giorni di Settembre e nei primi di Ottobre di ogni anno, quando torme<br />

di Ebrei inondavano il nostro mercato ed accampati nel<strong>la</strong> piazzetta<br />

del grano con gran quantità di sacchi di frumento da semina, lo vendevano<br />

all'iniquo patto che, nell'epoca del raccolto, un terzo, talvolta<br />

anche <strong>la</strong> metà del<strong>la</strong> produzione, fosse consegnata ad essi quale prezzo<br />

del<strong>la</strong> semente avuta. La condizione-capestro era legalizzata da atto notarile<br />

e, <strong>per</strong> amore o <strong>per</strong> forza, doveva essere accettata dal contadino, se<br />

non voleva <strong>la</strong>sciare incolto il magro campicello (6). C'era abbastanza dunque<br />

<strong>per</strong> suscitare <strong>la</strong> pietà e l'o<strong>per</strong>a del Beato il quale, assolta felicemente<br />

<strong>la</strong> missione e fondato il Monte, scortato dai nostri concittadini si avviò<br />

a Castelfranco, di là passò ad Asolo e finalmente a Feltre; ivi lo raggiunse<br />

una lettera del nostro podestà Stefano Contarini che gli dava fedele ragguaglio<br />

sulle condizioni dell'incipiente Monte a cui <strong>per</strong>sone, non nominate<br />

nel documento, promettevano od offrivano, a titolo di donazione o<br />

di prestito, denaro e frumento.<br />

Riporterò <strong>per</strong> esteso il documento:<br />

« Rev.do in Christo patri Fratri Domino Bernardino feltrensi ordinis<br />

minorum Seraphici Sancti Francisci divini verbi preconj eximio C).<br />

DOMINUS IESUS<br />

« Rev.de in Christo pater. Ad conso<strong>la</strong>tionem et gaudio de <strong>la</strong> Reverenda<br />

paternità vostra: a nuy ha apparso drizare questa nostra: significando a<br />

quel<strong>la</strong>: Come (Divina favente gratia) Hogi: p.ocho da poi el partir de <strong>la</strong><br />

prefata: Reverentia vostra: habiamo attrovato al Sancto Monte de pietade:<br />

promessi de, Dono a<strong>la</strong> summa de ducati cento e mogi 40 formento: et<br />

(6) «Alterum quod majus est, et majoribus rapinis occurrit, quibus involvebantur et<br />

devorabantur rurales seminibus egentes, qui tertiam partem et aliqui dimidiam totius grani<br />

colligendj pro ipso semine dabant ». VECELLIO: Lettere di uomini celebri ecc., Pago 46.<br />

(1) VECELLIO: Lettere di uomini celebri ecc., pago 57.<br />

339


promessi <strong>per</strong> imprestedo a <strong>la</strong> summa de ducati quatrocento) da <strong>per</strong>s,one<br />

numero circa 25: so<strong>la</strong>mente hozi; come e dicto: et s<strong>per</strong>emo in pochi zorni<br />

(domino concedente) fare tale recolta che no saremo Inferiori ad altre<br />

castel<strong>la</strong>: pregando <strong>la</strong> prefata Reverentia vostra se degni pregare <strong>la</strong>ltissimo<br />

dio: <strong>per</strong> noi et ci conceda gratia de <strong>per</strong>severare de bene in melgio nel fervore<br />

principiato: ad <strong>la</strong>ude sua: et a desiderata conso<strong>la</strong>tione de vostra Reverentia:<br />

al<strong>la</strong> quale supplichemo se degni omnino de ritorno suo da Feltro<br />

se degni fare <strong>la</strong> desiderata visitatione de questo luogo: <strong>la</strong> quale sarà casone<br />

efficacissima) de lo inestimabile accressimento di esso monte. Ex Camposanctipetri<br />

die Mercurii 9 Madij 1492.<br />

Eiusdem Reverentiae Vestre devotissimi.<br />

STEPHANUS CONT ARENO<br />

potestas et comunitas Campi-Sancti-Petri ».<br />

Dal documento emergono i promettenti inizi del nostro Monte, <strong>la</strong> venerazione,<br />

il grato ricordo conservato e <strong>la</strong> fiducia dei nostri concittadini<br />

nel B. Bernardino che lo richiedono di un'altra visita dal<strong>la</strong> quale s<strong>per</strong>ano<br />

nuovi incrementi <strong>per</strong> il loro istituto; <strong>la</strong> visita <strong>per</strong>ò non ebbe luogo, <strong>per</strong>ché<br />

mentre il Beato si trovava a Feltre, gli giunse l'obbedienza di B. Angelo<br />

da Chivasso, che lo destinava a Genova <strong>per</strong> un corso di prediche, onde<br />

egli, <strong>la</strong>sciata <strong>la</strong> città natale, discese a Quero e di là, <strong>per</strong> <strong>la</strong> Valcavasia passò<br />

a Bassano e, attraversate molte città dell'alta Italia, arrivò a Genova.<br />

Cosi di questa, come dell'altra lettera che riporterò pili avanti, non<br />

posso esibire <strong>la</strong> risposta del Beato, <strong>per</strong>ché l'attuale archivio del nostro<br />

Monte non contiene documento alcuno anteriore al 1798 ché, quanto esisteva<br />

prima di tale epoca, fu distrutto dai Francesi nel<strong>la</strong> invasione del<br />

1797.<br />

Seguendo adunque i principi del nostro Monte, dirò che <strong>per</strong> tutto il<br />

1493 esso non poté funzionare, <strong>per</strong>ché non ancora era giunta da Venezia<br />

<strong>la</strong> conferma degli articoli statutari. Quale <strong>la</strong> scusa del ritardo se non i<br />

maneggi ed il <strong>la</strong>vorio palese e segreto degli Ebrei che, a mezzo di terze<br />

<strong>per</strong>sone, cercavano di intralciare l'a<strong>per</strong>tura del Monte che avrebbe segnato<br />

<strong>la</strong> morte dei loro loschi affaracci?<br />

Il De Besse (8) stabilisce in quest'anno una nuova visita del Beato a<br />

Camposampiero, accompagnata dal<strong>la</strong> inaugurazione del Monte; evidente-<br />

(8) Op. cit., val. II, pago 300 «le voyage de Camposampiero eut pour bout de fonder<br />

le Mont de Piété, dont les statuts avaient l'approvation du Sénat de Venise ». Questi<br />

fatti si devono riferire all'anno seguente, 1494.<br />

34 0<br />

mente quel bravo uomo è incorso in errore, <strong>per</strong>ché i documenti contemporanei<br />

provano che <strong>per</strong> tutto il 1493 il Beato visse fuori e lontano<br />

dallo stato veneto e dall'alta Italia e pressato da vescovi, magistrati, comunità<br />

e su<strong>per</strong>iori, senza prendere un giorno di riposo, trascorse buona<br />

parte dell'Italia media predicando con meravigliosi risultati e dovunque<br />

istituendo Monti di Pietà C).<br />

Nel<strong>la</strong> quaresima del 1494 il Beato predicò a Vicenza, di là passò a<br />

Padova, quindi a Monselice e, verso <strong>la</strong> metà di Maggio, fu a Camposampiero.<br />

Accolto anche questa volta con entusiasmo, sua prima cura fu quel<strong>la</strong><br />

di informarsi sullo stato del Monte e poiché in quei giorni era giunta<br />

<strong>la</strong> sospirata approvazione dello statuto ed il modesto patrimonio costituito<br />

<strong>per</strong>metteva l'emissione dei prestiti, il Beato, assieme a fra Sisto<br />

suo correligionario, apri solennemente l'istituto e nuove offerte furono<br />

raccolte in tale occasione.<br />

Subito dopo <strong>la</strong> sua partenza insorse un'aspra contesa fra i cittadini<br />

del nostro castello e gli Ebrei, volendo questi fermarsi a Camposampiero<br />

<strong>per</strong> continuare il traffico del denaro alle condizioni praticate dal Monte,<br />

cioè al 5 %, mentre i Camposampierini, memori delle passate vessazioni,<br />

a tutti i costi richiedevano il loro ostracismo.<br />

Gli Ebrei ricorsero al Senato e questo <strong>per</strong>mise <strong>la</strong> loro <strong>per</strong>manenza<br />

a Camposampiero ed il loro traffico, sempre <strong>per</strong>ò alle condizioni determinate<br />

dai capitoli del Monte. Ai nostri concittadini dispiacquero tali decisioni<br />

e, <strong>per</strong> mezzo del podestà Francesco Priuli, esposero il caso al B. Bernardino<br />

e lo richiesero di consiglio.<br />

Sottopongo al lettore il testo autentico dell'istanza:<br />

« Reverendo in Christo Domino Patri Bernardino de feltre ordinis Seraphici<br />

Francisci. Patri observantissimo CO).<br />

« Reverende in Christo Pater honorande. Cum his su<strong>per</strong>ioribus diebus<br />

erectus fuisset in hoc loco <strong>per</strong> han c potestariam seu districtuales eius<br />

Mons pietatis) et auctus sit valde medio confluentium elymosinarum <strong>per</strong><br />

predicationes vestrae Reverentiae et venerabilis Domini Fratris Sixti ordinis<br />

vestre Religionis. Et Districtuales predicti cupientes de bono in<br />

melius proficere vellent Iudeum foenerantem in hoc loco penitus expellere.<br />

T andem post aliquas lites) Dec<strong>la</strong>ratum fuit <strong>per</strong> Illustrissimum Do-<br />

(9) VECELLIO: Vita del Beato Bernardino, pago 34.<br />

(10) VECELLIO: Lettere di uomini celebri, pago 113-114.<br />

34 1


minum nostrum) Et demum <strong>per</strong> Magnificos Dominos Advocatores. Quod<br />

Iudeus Ipse stare possit in hoc loco et foenerari ad Ziotum suum cum<br />

solitis Capitulis dependentibus ab ipso Mutuo) hoc tamen addito Quod si<br />

<strong>per</strong> I psos districtuales videbitur causa alia capitu<strong>la</strong> extra I psum mutuum<br />

aliquid dec<strong>la</strong>rare: quod sil in arbitrio eorum) hec cogi possint aliter preter<br />

eorum velle ad observantiam Ipsorum: Et quia pau<strong>per</strong>es Ipsi sunt Inter<br />

sil<strong>la</strong>m et caribdim pro pter Capitu<strong>la</strong> I psa quibus si assentiant dubitant Altissimo<br />

Creatori offendere: Si dissentiunt litibus vexabuntur. Et fortasse<br />

in lite subcumberent prout in reliquis causa mutuum fecerunt. Ideo ad eorum<br />

pau<strong>per</strong>um requisitionem decrevi has Reventie vestre scribere. Et eidem<br />

mittere exemplum dictorum capitulorum maxime eorum de quibus<br />

contendi debet non includendo tamen capitu<strong>la</strong> mutui que ut predixi confirmata<br />

fuerunt. Et similiter decrevi mittere exemplum subditorum ut<br />

velit rem omnem examinare. Et parere suum dec<strong>la</strong>rare quo possint. Et<br />

litibus abstinere. Et domino nostro Iesu Christo rem gratam prout cupiunt<br />

facere. Dec<strong>la</strong>rari tamen Reverentie vestre Quod Iudeus contentus<br />

est renuntiare illis capitulis que facerunt in damnum) et concernunt obligationem<br />

dictorum hominum. Nec plura me cum universis subditis Devotioni<br />

vestre et orationibus comendo. Et responsum suum de predictis Devote<br />

expectamus. Valete in Domino.<br />

Ex Campo saneti Petri secundo Iunij1494.<br />

Campi S. Petri Potestas ».<br />

FRANCISCUS DE PRIOLIS<br />

Questa lettera recapitata a Verona od a Brescia ove si trovava il Beato,<br />

rappresenta l'ultima re<strong>la</strong>zione che i nostri concittadini ebbero con quel<br />

degno ministro di Cristo e grande fi<strong>la</strong>ntropo che poco dopo (28 Settembre<br />

1494) consunto dalle fatiche e dalle austerità, chiudeva santamente<br />

i suoi giorni nel convento di San Jacopo di Pavia a 55 anni (11).<br />

Il nostro Monte godette sempre del<strong>la</strong> paterna tute<strong>la</strong> del<strong>la</strong> Repubblica<br />

<strong>la</strong> quale con saggi provvedimenti ne diresse il funzionamento, ne sorvegliò<br />

le o<strong>per</strong>azioni, devolvendo a suo profitto le multe applicate dai<br />

podestà e, nei momenti critici, soccorse con questue di frumento organizzate<br />

in tutta <strong>la</strong> podestaria, ed anche con offerte raccolte nelle chiese, durante<br />

il <strong>per</strong>iodo quaresimale.<br />

Sotto <strong>la</strong> dominazione veneta il monte era diretto da un custode o<br />

(11) VECELLIO: Vita del Beato Bernardino, pago 75.<br />

34 2<br />

cameraro con un anno di carica, aveva un consiglio d'amministrazione,<br />

estimadori propri e <strong>per</strong> le aste si valeva dell'o<strong>per</strong>a e del<strong>la</strong> voce del trombetta<br />

del<strong>la</strong> podestaria; come o<strong>per</strong>a pubblica, era soggetto al controllo del<br />

Collegio degli Scansadori, del podestà e degli Inquisitori di Terraferma,<br />

e, come o<strong>per</strong>a pia, di origine e natura ecclesiastica, era ispezionato dai<br />

vescovi nelle visite pastorali.<br />

Nell'archivio di Stato (Avogaria de comun Miscel<strong>la</strong>nea 237 P.) esiste<br />

uno statuto del nostro Monte compi<strong>la</strong>to in 21 articoli dal podestà Lorenzo<br />

Pizzamano nell'anno 1711; rilevasi da esso che 25 erano i membri<br />

del consiglio d'amministrazione e cioè 20 consiglieri, 12 nominati<br />

dalle ville del<strong>la</strong> podestaria, 8 dal<strong>la</strong> comunità di Camposampiero, due contradditori,<br />

due conservatori ed il Massaro o Cameraro.<br />

Verificandosi disordini nell'amministrazione l'autorità non mancava<br />

d'intervenire mettendovi freno con opportuni rimedi; cOSI nell'anno<br />

1674 gli Inquisitori di Terraferma, Marco Antonio Giustiniani, Antonio<br />

Barbarigo e Miciel Foscarini, proibirono che piu di un membro del<strong>la</strong><br />

stessa famiglia avesse parte nel consiglio, rimisero in vigore <strong>la</strong> vecchia<br />

usanza di applicare le multe a vantaggio dell'istituto e e 2 ) proibirono l'abuso,<br />

invalso da parecchi anni, di formare lo stipendio del medico del<br />

castello e del predicatore del<strong>la</strong> quaresima di S. Pietro con denaro tolto<br />

dal Monte di Pietà (13).<br />

Ma gli abusi sono come <strong>la</strong> gramigna che ognora estirpata, ognora rigermoglia<br />

infestando il terreno con le sue maledette radici, <strong>per</strong> cui contro<br />

nuovi abusi nuovi provvedimenti furono adottati.<br />

Quindi nel 1720 gli Inquisitori Pietro Grimani, Miciel Morosini, Alvise<br />

Mocenigo, decretarono che il Cameraro tenesse un veritiero registro<br />

<strong>per</strong> l'annotazione dei pegni, dei depositi, degli svincoli e degli acconti<br />

dati, obbligarono il trombetta a pubblicare ogni mercoledi nel<strong>la</strong> piazza<br />

del mercato gli avvisi d'asta ed al Camera 1'0 intimarono di non accettare<br />

regali di sorta, sotto pena di restituzione e multa, bastandogli quanto<br />

era assegnato dal<strong>la</strong> tariffa ed inoltre l'obbligarono a depositare una certa<br />

somma, a titolo di cauzione, nell'atto di prendere possesso del<strong>la</strong> carica<br />

e, nell'atto di <strong>la</strong>sciar<strong>la</strong>, a consegnare il distinto inventario dei pegni, dei<br />

depositi e degli altri valori custoditi e 4 ).<br />

(12) Fino dal 16 Ottobre 1586 Pietro Garzoni, nostro podestà, partecipava al Consiglio<br />

dei X il suo divisamento di erogare le multe applicate al povero miserabile e mezzo distrutto<br />

Monte di Pietà; anche senza commenti queste espressioni fanno comprendere come<br />

nemmeno allora il nostro Monte navigasse in buone acque. (Arch. di Stato. Busta 105.<br />

Compi<strong>la</strong>zione leggi).<br />

(13) Ordini e terminazioni dei sindaci di Terraferma. VoI. I, pago 279.<br />

(14) Op. cit., VoI. II., pago 97.<br />

343


Il Monte di Pietà nel<strong>la</strong> sua lunga vita incontrò delle avventure non<br />

sempre liete, fra le quali ricorderò l'assalto dei Francesi del 26 giugno<br />

1510, seguito dal saccheggio del<strong>la</strong> cassaforte e dell'armadio dei pegni,<br />

« et hano sachizato lo Monte di <strong>la</strong> Pietà », cOSI il buon Sanuto, ed ancora<br />

ricorderò l'invasione <strong>per</strong>petrata armata manu dai soldati francesi (1797)<br />

i quali, sfondate le porte del pa<strong>la</strong>zzo e scassinati i serramenti del<strong>la</strong> cassaforte,<br />

derubarono pegni, denaro e quanto altro di buono ivi trovarono,<br />

ed, a quel che sembra, incendiarono anche i registri dell'archivio.<br />

Non furono <strong>per</strong>ò i nemici esterni quelli che causarono i maggiori danni<br />

all'istituto, ma piuttosto i nemici interni, vestiti da <strong>amici</strong> ed in parvenza<br />

di benefattori, come si vedrà nel<strong>la</strong> seguente esposizione.<br />

I disordini dell'amministrazione del nostro Monte crebbero e diventarono<br />

gravi a tal segno di minacciarne <strong>la</strong> esistenza nel secolo XVIII, allorquando<br />

l'autorità del governo di Venezia, diventata imbelle e neghittosa<br />

in ogni manifestazione del<strong>la</strong> vita, non piti esercitò sulle amministrazioni<br />

dipendenti quell'o<strong>per</strong>a di provvidenziale sorveglianza che ne rego<strong>la</strong><br />

il funzionamento e ne conserva lo spirito, onde quelle diventarono facile<br />

conquista di uomini senza coscienza che, dal<strong>la</strong> ignoranza comune e dal<br />

mancato controllo dell'autorità, sep<strong>per</strong>o trarre profitto a loro vantaggio<br />

ed a danno dell'istituto. In alcuni documenti dell'Archivio di Stato (Busta<br />

237 Avogaria di Comun P. e Busta 28 Scansadori eS) alle spese pubbliche)<br />

viene esposta e documentata in diversi fascicoli <strong>la</strong> <strong>storia</strong> delle dolorose<br />

<strong>per</strong>ipezie cui andò soggetto il nostro Monte; sono cose che non<br />

si possono leggere senza che un sentimento di pietà, di meraviglia, e di<br />

indignazione si impadronisca dell'animo.<br />

Ricapitolerò <strong>per</strong> sommi capi <strong>la</strong> vergognosa pagina.<br />

Il 4 Febbraio 1761 arrivò a Camposampiero il nuovo podestà Antonio<br />

Corner. Uomo serio, energico, ed amante del pubblico bene, il Corner,<br />

fino dai primi giorni di sua <strong>per</strong>manenza tra noi, fu impressionato dalle<br />

insistenti dicerie che correvano di bocca in bocca sui disordini interni<br />

del Monte di Pietà, e senza tanto attendere, si recò nel<strong>la</strong> sede dell'istituto e<br />

vi compi una coscienziosa e minuziosa inchiesta i cui risultati ci sono<br />

resi noti da questo rapporto inviato dal Corner stesso il 21 Luglio 1761,<br />

al Collegio degli Scansadori.<br />

Premessa una re<strong>la</strong>zione morale di intonazione pessimista sulle condizioni<br />

del nostro Monte, il Corner passa ad esporre queste cifre.<br />

(15) L'ufficio degli Scansadori era il magistrato da cui dipendevano i Monti di Pietà<br />

sotto <strong>la</strong> dominazione veneta.<br />

344<br />

A. - STATO ATTIVO DEL MONTE<br />

Capitale in beni stabili di <strong>per</strong>tinenza del Monte:<br />

Capitale in denaro L. 10.347.15<br />

1. Il pa<strong>la</strong>zzo del Monte con luoghi terreni, soler, saletta, camere e graneri<br />

di sopra.<br />

2. Casa attaccata al pa<strong>la</strong>zzo del Monte detta <strong>la</strong> casa del Cappeller.<br />

3. Casa contigua col pubblico Toresin.<br />

4. Tezoni appoggiati al<strong>la</strong> mura pubblica.<br />

5. Terreno contiguo a queste case, parte ortale, parte cortivale, circa mezzo<br />

campo.<br />

6. Casa ai volti.<br />

7. Un campo e mezzo di terra all'Oltarsego, in Vil<strong>la</strong> di Arsego.<br />

8. Alcuni livelli.<br />

B. - STATO PASSIVO DEL MONTE<br />

Esso è rappresentato, cOSI scrive il Corner, da una lista di debiti gravanti<br />

su vecchi massari i quali, nel tempo del<strong>la</strong> loro reggenza, hanno maneggiato<br />

il denaro del Monte senza restituirlo nell' atto di <strong>la</strong>sciare l'ufficio.<br />

Segue <strong>la</strong> lista (nel<strong>la</strong> quale figura anche il nome di alcuni patrizi vene-<br />

)<br />

. . ,<br />

Z<strong>la</strong>m ..<br />

Eccellentissimo Alvise Marcello, massaro nel 1720<br />

Giro<strong>la</strong>mo Girotto » » 1696<br />

Zamaria Pedon » » 1604<br />

Eccellentissimo Benedetto Zatta » » 1694<br />

Gasparo Guidotti » » .1709<br />

Zorzi de Zorzi » » 1741<br />

Eccellentissimo Carlo Barbanti » » 1754<br />

Da diversi Livel<strong>la</strong>tori debitori<br />

Debiti di massari anteriori al 1690<br />

L. 338.15<br />

» 1220.06<br />

» 685.-<br />

» 212.-<br />

» 449.-<br />

» 61.13<br />

» 486.14<br />

» 508.50<br />

» 1600.-<br />

Totale Lire 5559.98<br />

E <strong>per</strong> amministrare cosi bene il S. Monte i massari e gli altri offidali<br />

erano cosi pagati:<br />

345


ONORARI AGLI OFFICIALI DEL MONTE<br />

Ai nuovi consiglieri nel giorno dell' elezione<br />

Sa<strong>la</strong>rio del massaro del pegno .<br />

Sa<strong>la</strong>rio del massaro del disimpegno<br />

Sa<strong>la</strong>rio del conservator di fuori .<br />

Sa<strong>la</strong>rio del n.odaro e 6 ) •<br />

Sa<strong>la</strong>rio del conservator di dentro<br />

L.<br />

»<br />

»<br />

»<br />

»<br />

»<br />

41.-<br />

124.-<br />

64.-<br />

40.-<br />

31.-<br />

31.-<br />

Dopo l'esposizione di questi dati statistici, il Corner rappresenta all'ufficio<br />

degli Scansadori un caso tipico di truffa fraudolenta e continuata,<br />

<strong>per</strong>petrata a danno dell'Istituto.<br />

Ecco in poche parole <strong>la</strong> <strong>storia</strong> del fattaccio, che oggidi passerebbe col<br />

nome di truffa al<strong>la</strong> americana, nell'esposizione viene omesso il nome dell'autore,<br />

benché <strong>la</strong> sua famiglia piti non esista a Camposampiero.<br />

Nel 1738 era stato eletto massaro del Monte un certo Zuanne ... , che<br />

<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione del Corner dice « marangon da molini et uomo de molto talento<br />

et de molta lingua », mentre le concordi deposizioni dei testimoni<br />

lo dicono uomo pieno di garbugli, astuto, intrigante ecc.<br />

Zuanne ... bazzicava in pa<strong>la</strong>zzo del<strong>la</strong> podestaria, nel Monte, nel mercato,<br />

negli affari pubblici e privati, con i ga<strong>la</strong>ntuomini e coi furfanti,<br />

amico del podestà, del comandante delle cernide, degli sbirri, egli non<br />

mancava mai ove vi erano raggiri, tranelli o s<strong>per</strong>anza di guadagno. Un<br />

uomo di tal genere doveva fare fortuna in tempi d'ignoranza e di buona<br />

fede.<br />

Orbene, costui seppe bene maneggiarsi che, ad onta di un decreto<br />

dagli Inquisitori di Terraferma poco prima emanato, che vietava <strong>la</strong> <strong>per</strong>manenza<br />

in carica oltre un anno, vi stette fino al 1750.<br />

In quell'anno furono riscontrati dei guasti abbastanza seri nel co<strong>per</strong>to<br />

del pa<strong>la</strong>zzo del Monte <strong>per</strong> cui occorrevano restauri d'urgenza, ma dove<br />

trovare il denaro se <strong>la</strong> cassa era esausta?<br />

Nel<strong>la</strong> seduta del 30 Marzo 1750 Zuanne ... espose ai colleghi del Consiglio<br />

il progetto di restaurare a sue spese il co<strong>per</strong>to del Monte a condizione<br />

che, tolte delle stanze <strong>per</strong> il pegno ed il disimpegno, il pa<strong>la</strong>zzo<br />

fosse <strong>la</strong>sciato a sua disposizione e con esso anche le due case dette del<br />

cappeller e del Toresin, fino a completa estinzione del<strong>la</strong> spesa sostenuta<br />

<strong>per</strong> il restauro.<br />

(16) Una spesa che spesso figurava nei registri del Monte è <strong>la</strong> cosidetta tassa del Bagattino<br />

che ogni anno l'Istituto doveva versare all'Ufficio di Sanità di Padova.<br />

La cassa del Bagattino diventò provvidenziale nelle epoche di pestilenza.<br />

I consiglieri del Monte accettarono <strong>la</strong> proposta di Zuanne ... colle<br />

annesse condizioni e senz'altro inoltrarono <strong>la</strong> deliberazione al podestà di<br />

Padova <strong>per</strong> l'approvazione, che non tardò ad arrivare, poiché nel<strong>la</strong> domanda,<br />

dietro consiglio di Zuanne ... , si erano taciute le onerose condizioni<br />

che l'avrebbero frustrata.<br />

Zuanne ... , restaurò il co<strong>per</strong>to, passò col<strong>la</strong> famiglia ad abitare nel pa<strong>la</strong>zzo<br />

del Monte ed af-fittò il pianterreno del pa<strong>la</strong>zzo e le altre due case<br />

<strong>per</strong> lire 250 annue.<br />

Un affare d'oro; davvero che costui aveva trovato <strong>la</strong> sua America senza<br />

varcare l'oceano e senza esporsi a <strong>per</strong>icoli!<br />

A meglio conoscere 1'astuzia di questo uomo e <strong>la</strong> dabbenaggine dei<br />

nostri vecchi valga il seguente fatto.<br />

Zuanne ... , diventato creditore verso il Monte, disse che, <strong>per</strong> ragioni di<br />

delicatezza, non credeva piti conveniente di continuare nell'officio di<br />

massaro, <strong>per</strong>ò aggiunse: siccome io ho messo i miei denari nel restauro<br />

del pa<strong>la</strong>zzo è giusto che abbia nelle mani una cauzione e <strong>la</strong> cauzione che<br />

io domando è che sia nominato massaro mio figlio Francesco.<br />

Il consiglio accolse <strong>la</strong> proposta di Zuanne ... e, con suffragio unanime,<br />

l'approvò. Notisi che Francesco, il nuovo massaro, aveva 12 anni! ...<br />

Il nostro podestà Antonio Corner, dopo di avere constatato questi disordini,<br />

domanda al Collegio degli Scansadori se non sia il caso di provvedere<br />

al<strong>la</strong> chiusura del Monte di Pietà di Camposampiero, piuttosto che<br />

tollerare un tale stato di cose che doveva di necessità <strong>per</strong>petuarsi, poiché<br />

in questo disgraziato castello non conosco <strong>per</strong>sona, cosi il Corner, che<br />

sappia amministrare l'istituto.<br />

Nel<strong>la</strong> busta non trovo alcuna risposta al<strong>la</strong> lettera del Corner, segno<br />

questo che nessun provvedimento fu preso dall'autorità, onde le cose<br />

camminarono come prima, anzi andarono avanti a precipizio e ciò si vedrà<br />

piti avanti.<br />

Piti energici invece si mostrarono gli Scansadori contro i fratelli Alvise<br />

e Giacinto Mazzoni e contro Alessandro Favero, debitori di certa<br />

somma di denaro verso <strong>la</strong> Camera d'imprestito, annessa al Monte, ordinando<br />

con pubblici stridori l'asta delle loro possessioni (1762).<br />

Ho detto poco fa che <strong>la</strong> losca impresa di Zuanne ... non fu arrestata<br />

nel suo sviluppo da provvedimenti energici del<strong>la</strong> su<strong>per</strong>iore autorità, <strong>per</strong>ché<br />

<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione del Corner non fu presa in considerazione.<br />

Proseguo adunque nel<strong>la</strong> narrazione del triste fatto, che nuove sorprese<br />

ci riserva.<br />

Nel 1767 Francesco ... si ritirò dall'amministrazione dell'istituto ed in<br />

quell' occasione il padre suo insinuò un credito di L. 177 4 .15 <strong>per</strong> i noti<br />

347


estauri eseguiti 17 anni addietro; contro questa cifra molto esagerata,<br />

stavano L. 4250.00 reali di affitti <strong>per</strong>cepiti da Zuanne ... e l'uso gratuito<br />

del pa<strong>la</strong>zzo; ma nessuno dei consiglieri fiatò sull'argomento, nessuno mosse<br />

<strong>la</strong>gnanza, anzi (parrebbe incredibile, se non fosse vero!) i consiglieri<br />

ringraziarono Zuanne ... del<strong>la</strong> sua longanimità nell'aspettare il pagamento<br />

del vantato credito e, siccome anche allora mancavano i denari <strong>per</strong> <strong>la</strong><br />

estinzione, lo pregarono di ricevere a titolo di gratitudine e di cauzione,<br />

<strong>la</strong> casa ai volti ed i due campi di Arsego <strong>per</strong> il tenue compenso di L. 12<br />

annue.<br />

Al<strong>la</strong> morte di Zuanne ... i figli Francesco ed Antonio diventarono possessori<br />

di una sostanza che fruttava ducati 700 di annua rendita (convien<br />

proprio dire che questa volta <strong>la</strong> farina del diavolo non andò in crusca),<br />

mentre il povero Monte di Pietà si dibatteva fra le strettezze, ridotto<br />

alle stanzuccie del pegno e del disimpegno che, infracidite dal<strong>la</strong> salsedine,<br />

nel 1790 non potevano piti servire.<br />

Nel 1788 i figli di Zuanne ... avevano già oltrepassato le 10.000 lire<br />

di affitti riscossi e restava ancora a loro vantaggio il credito di L. 1774.15<br />

<strong>per</strong> poche tegole e quattro travi rimessi dal padre nel co<strong>per</strong>to del pa<strong>la</strong>zzo.<br />

Nel 1793 i massari Santo Simioni e Pietro Callegari, tanto dissero e<br />

tanto fecero, che il Collegio degli Scansadori delegò il patrizio veneziano<br />

Benedetto Civran, quivi villeggiante, ad es<strong>per</strong>ire una inchiesta sugli affari<br />

del Monte; anche questa volta le prove contro gli eredi di Zuanne ...<br />

furono schiaccianti, ma essi sep<strong>per</strong>o cOSI bene destreggiarsi, che nel<br />

1795 <strong>la</strong> causa era ancora pendente (17).<br />

Mentre durava <strong>la</strong> lite con gli eredi di Zuanne ... altre malversazioni venivano<br />

compiute a danno del Monte di Pietà; alcuni massari erano stati<br />

accusati di aver cangiato i pegni con oggetti di valore inferiore, altri di<br />

(17) La incresciosa vertenza fra il nostro Monte e gli eredi di Zuanne... trovò il suo<br />

epilogo dopo <strong>la</strong> caduta del<strong>la</strong> Repubblica e precisamente il 17 Novembre 1799 durante<br />

una seduta consigliare dell'Istituto a cui intervenne Nicolò Paruta, giuridicente del nostro<br />

castello e rappresentante il Governo Austriaco.<br />

Nel<strong>la</strong> seduta don Antonio e Francesco figli di Zuanne ... rinunciarono ad ogni vantato<br />

credito verso il Monte di Pietà, restituirono allo stesso <strong>la</strong> terra di Arsego che il padre<br />

aveva usurpata, ed il Monte di Pietà rinunciò ad ogni azione creditoria verso i fratelli.<br />

(Archivio Civico Padova, G. 2737).<br />

Del resto le malversazioni di denaro non furono soltanto <strong>per</strong>petrate a danno del nostro<br />

Monte; nel 1786 il Senato Veneto, impressionato dalle al<strong>la</strong>rmanti re<strong>la</strong>zioni che da<br />

ogni città affiuivano a Venezia, ordinò un'inchiesta sui Monti di Pietà di Terraferma; e<br />

le appropriazioni indebite, le frodi e gli intacchi di denaro quasi sempre praticati da amministratori<br />

infedeli, toccarono <strong>la</strong> cifra di 342.294 ducati. (J. MORO: Op. cit., pago 117).<br />

ritenere in casa propria i pegni, altri di averli fatti scomparire, altri di<br />

avere tolti i pegni e di averli impegnati ad altri Monti, altri di avere<br />

riscosso denaro <strong>per</strong> rimettere i pegni e di non averlo fatto ed altri ancora<br />

di avere sottratto importanti documenti o di aver falsificato i conti ecc.<br />

La mattina del 28 Aprile del 1874 Carlo Perini, massaro del Monte,<br />

si uccise con una archibugiata, e <strong>per</strong> quale motivo? Semplicissimo: Lire<br />

5887 sottratte al<strong>la</strong> cassa e non potute rimettere.<br />

Dopo questa triste esposizione non si può dare torto al podestà Antonio<br />

Corner se, <strong>per</strong> ragioni di pubblica moralità, implorava <strong>la</strong> soppressione<br />

definitiva del Monte, e si è anche indotti ad usare una certa indulgenza<br />

verso le truppe avide e cenciose dei Francesi che, nel Maggio del<br />

1797, saccheggiarono <strong>la</strong> cassaforte, derubarono mobili e preziosi ed incendiarono<br />

l'archivio dell'istituto.<br />

Almeno costoro erano nemici!<br />

Il Sacro Monte aveva unita una Camera d'imprestito eS), specie di<br />

Banca rudimentale di credito, quale i tempi consentivano.<br />

Antichissima è <strong>la</strong> sede dell'Istituto, che nel pianterreno mostra ancora<br />

visibili le tracce dell'architettura cinquecentesca, il piano su<strong>per</strong>iore fu,<br />

in diverse riprese, modificato e radicali trasformazioni subi, nel principio<br />

del secolo scorso, quando il Governo Austriaco lo adattò a sede del<br />

Commissario e degli uffici di Commissariato. L'attuale amministrazione,<br />

con saggio criterio di modernità, trasformò gli ambienti interni onde meglio<br />

rispondessero alle esigenze di servizio e, nel vestibolo dell'istituto,<br />

fece collocare una <strong>la</strong>pide commemorativa.<br />

(18) CITTADELLA: Descrittione di Padoa, pago 309. Avverto che nei passati secoli i<br />

depositi fatti al Monte non erano fruttiferi, ma si prestava al Monte <strong>per</strong>ché questo potesse<br />

prestare ai poveri.<br />

349


III<br />

CANGIAMENTI AVVENUTI NEI CORSI D'ACOUA<br />

CAMPOSAMPIERINI


SOMMARIO: Antichi corsi d'acqua del nostro territorio. - Lavori eseguiti, con intendimenti<br />

diversi, dai feudatari, dai Carraresi, e dal<strong>la</strong> Serenissima. - Il porto di<br />

Camposampiero.<br />

Haec regio acquis undique scatet.<br />

SCARDEONE<br />

Il dottissimo Filiasi, dopo aver affermato che l'indovinare l'antico<br />

corso dei fiumi padovani equivaleva a spiegare i geroglifici dell'Egitto,<br />

aggiunse: «Essi (i fiumi del padovano) in tutti i modi possibili e in tutte<br />

le possibili direzioni, ora da natura ora dall' arte, furono fatti camminare»e).<br />

Piti non regge il paragone dopo che, cento anni fa, il Champollion riusci<br />

a decifrare i geroglifici egiziani, ma <strong>la</strong> verità sussiste ancora ed è proprio<br />

vero che, in tanta vicenda di lente stagioni, natura ed arte hanno<br />

contribuito a rendere sempre piti difficile <strong>la</strong> risoluzione del problema riguardante<br />

il primitivo corso dei fiumi del territorio padovano, come pure<br />

di quelli, assai piti modesti, che attraversano il territorio Camposampierino.<br />

23<br />

Vi sono buone ragioni <strong>per</strong> ritenere che i vecchi e naturali corsi d'ac-<br />

(1) Memorie storiche dei Veneti primi e secondi, Tomo I, pago 265.<br />

353


qua Camposampierini, dai tempi stonC1 m qua, siano: il Muson (Z), il<br />

Vandura e), il Riostorto (4), l'Orcone e) e <strong>la</strong> Rustega (6).<br />

Quale via <strong>per</strong>ò tenessero anticamente questi fiumicelli, nell'attraversare<br />

il nostro territorio, è cosa ignorata.<br />

Documenti scritti non ve ne sono n e le prove d'altro genere, in questi<br />

casi, sono sempre difficili a produrre; <strong>per</strong> ottenerle occorrerebbero infatti<br />

ingenti movimenti di terra praticati su di una zona continua, <strong>la</strong>rga<br />

e profonda a fine di rintracciare le sedimentazioni che denotano l'antico<br />

passaggio del fiume; indovinarlo è cosa ma<strong>la</strong>gevole ed azzardosa, poiché<br />

il campo delle ipotesi è vasto assai e di esse si potrebbe facilmente riem-<br />

(2) Il Muson si trova nominato <strong>per</strong> <strong>la</strong> prima volta nel<strong>la</strong> donazione che Ottone I fece<br />

al monastero di S. Candido (872). GLORIA: Cod. Dipl., VoI. I, pago 85.<br />

Il nome Muson fu fatto derivare da mosa, luogo pantanoso, e in tal caso l'etimologia<br />

alluderebbe ai suoi frequenti straripamenti che impaludavano il terreno; anche fu fatto<br />

derivare da Misquilenses (?) con allusione ad una colonia romana stanziata nei colli aso<strong>la</strong>ni,<br />

d'onde il fiume trae origine. È poi da rifiutare <strong>la</strong> favolosa e cervellotica etimologia<br />

del Baratel<strong>la</strong> che lo vuole derivato da Musa, <strong>per</strong>ché le Muse avrebbero abitato lungo le<br />

sue rive, ed il fiume sarebbe stato consacrato a queste divinità.<br />

(3) Questo fiumicello è nominato <strong>per</strong> <strong>la</strong> prima volta nell'atto di donazione che Eccelo<br />

ed i conti di Camposampiero fecero all'Abbazia di S. Eufemia di Vil<strong>la</strong>nova (1085).<br />

GLORIA: Cod. Dipl., voI. I, pago 285.<br />

Il Baratel<strong>la</strong>, seguendo il vezzo degli umanisti, lo chiama Lavandu<strong>la</strong>, benché tutti i documenti<br />

anteriori parlino di Vandura.<br />

(4) Il nome allude al suo corso anfrattuoso ed irrego<strong>la</strong>re.<br />

Il Baratel<strong>la</strong> lo chiama Aragostus!<br />

(5) Nominato anch'esso nell'atto di donazione di cui al<strong>la</strong> nota (2).<br />

(6) Celebrata dal Baratel<strong>la</strong> che, <strong>per</strong> fortuna, ritiene il nome Rustica.<br />

(7) La famosa tavo<strong>la</strong> Peutingeriana (IV secolo dopo Cr.) (*) nul<strong>la</strong> contiene <strong>per</strong> <strong>la</strong> nostra<br />

idrografia ed il GENNARI, il COPPIN ed il GLORIA, nei loro studi, si occuparono quasi<br />

esclusivamente del Brenta e del Bacchiglione. Le tavole di KANDLER e del LEGNAZZI (molto<br />

ideali) riducono i nostri corsi d'acqua al solo Muson, quel<strong>la</strong> del GLORIA al solo Tergo<strong>la</strong>.<br />

In tanta diversità di opinioni che si può ritenere? Aggiungere nuove ipotesi equivarrebbe<br />

ad imbrogliare una questione già abbastanza complicata.<br />

Badiamo dunque ai fatti e soltanto a questi.<br />

In certi siti lungo il letto del Muson vecchio e del Vandura, si scorgono tracce di fondazioni<br />

che attraversano <strong>la</strong> corrente e continuano prima e dopo l'alveo e ciò starebbe ad<br />

indicare che questo, o da natura o dall'arte, fu spostato.<br />

Chi poi osserva il corso del Vandura, nel tratto Cittadel<strong>la</strong> - Camposampiero, lo vede<br />

inclinato da nord a sud - est e, nel<strong>la</strong> sua direzione, tortuoso e frastagliato; giunto il Vandura<br />

a Camposampiero ed avvicinatosi al Muson, bruscamente <strong>la</strong>scia <strong>la</strong> vecchia direzione<br />

e si avvia verso sud - ovest <strong>per</strong>correndo una linea abbastanza rego<strong>la</strong>re che tiene piuttosto<br />

del canale artefatto che del fiume. Sembrerebbe che anticamente il Vandura, nei pressi di<br />

Camposampiero, confluisse nel Muson; ma quando avvenne <strong>la</strong> separazione? Nel 589 o<br />

piu tardi quando <strong>per</strong> l'erezione del castello fu modificato l'antico corso?<br />

(*) La tavo<strong>la</strong> peutÌngeriana, unico documento dell'antica cartografia, risale all'epoca<br />

dell'im<strong>per</strong>atore Teodosio (346-395) e fu rinvenuta da Corrado Peutinger ad Augusta nel<br />

1530, l'originale esiste a Vienna; nel<strong>la</strong> Biblioteca del<strong>la</strong> Università di Padova se ne conserva<br />

copia conforme.<br />

354<br />

pire un libro senza arrivare a nessuna conclusione, anzi con <strong>per</strong>icolo di<br />

allontanarsi dal<strong>la</strong> realtà dei fatti.<br />

Se, difettando le prove, tante notizie che riguardano l'antico corso dei<br />

nostri fiumi non si possono precisare; se è lecito supporre che anche<br />

quivi, come in altri luoghi, i fiumi, non arginati e convoglianti le loro<br />

acque in un terreno di facile erosione, ad ogni piena aprissero un nuovo<br />

alveo; fra tante incertezze si deve <strong>per</strong>ò ritenere che i coloni romani<br />

quivi dedotti, od i primitivi abitanti del territorio, abbiano eseguito quelle<br />

o<strong>per</strong>e di livel<strong>la</strong>zione, di arginatura e di sistemazione nei corsi d'acqua<br />

senza i quali era impossibile il <strong>la</strong>voro, non sicuro il raccolto e <strong>la</strong> stessa<br />

incolumità <strong>per</strong>sonale versava in <strong>per</strong>icolo.<br />

Le invasioni barbariche e il conseguente spopo<strong>la</strong>mento dei nostri paesi<br />

privarono i corsi d'acqua di quel<strong>la</strong> sorveglianza continua ed intelligente<br />

che ne rego<strong>la</strong> il deflusso e ne impedisce gli straripamenti, onde quelli,<br />

ripresa libertà d'azione, disalvearono, convertendo in paludi e canneti<br />

<strong>la</strong>rga estensione di territorio; <strong>la</strong>ddove non irruppe il fiume ivi crebbero<br />

fitte le boscaglie.<br />

A deteriorare le condizioni si aggiunsero le forze di natura, e certamente<br />

il diluvio del 589 (8), che cangiò <strong>la</strong> fisionomia idrografica del<strong>la</strong><br />

regione veneta, ebbe qualche ri<strong>per</strong>cussione nel nostro territorio, benché,<br />

anche questa volta, non si possano precisare le diversioni avvenute.<br />

Gli storici che trattarono il <strong>per</strong>iodo che va dal 500 al 1000, fanno<br />

una ben triste descrizione sullo stato delle nostre popo<strong>la</strong>zioni impegnate<br />

in continua lotta coll'invasore crudele e depredatore che coll'a<strong>la</strong>barda<br />

in mano impone <strong>la</strong> sua volontà sempre feroce, impegnate in lotta disuguale<br />

coll'ignoranza, col<strong>la</strong> peste, col<strong>la</strong> fame e piu di tutto col grande e<br />

<strong>per</strong>icoloso nemico, il fiume, che ad ogni momento può travolgere nel<strong>la</strong><br />

sua rapina e seppellire sotto <strong>la</strong> grave mora delle sue alluvioni il meschino<br />

abituro di paglia, il magro campicello, lo stentato raccolto e lo stesso<br />

<strong>la</strong>voratore con <strong>la</strong> famiglia.<br />

L'orizzonte comincia a rischiararsi verso il 1000 e ciò <strong>per</strong> l'o<strong>per</strong>a benefica<br />

dei Benedettini di S. Eufemia di Vil<strong>la</strong>nova che, fedeli alle tradizioni<br />

dell'Ordine ed al precetto del loro fondatore C), un po' al<strong>la</strong> volta<br />

(8) Per <strong>la</strong> inondazione del 589 il Mincio si riversò nel Po, l'Adige <strong>la</strong>sciò Este che da<br />

quel fiume avea derivato il nome e prese <strong>la</strong> via di Legnago, il Brenta che, a quanto si<br />

crede, correva <strong>per</strong> Padova diviso in due rami, detti Medoacus maior e Medoacus minor,<br />

si apri nuova via piu a levante, ed altri cangiamenti idrografici avvennero.<br />

(9) Ora et <strong>la</strong>bora.<br />

355


vanno tramutando <strong>la</strong> deserta <strong>la</strong>nda a tratti palustre, a tratti boschiva, in<br />

rigogliosa campagna; sotto <strong>la</strong> loro direzione i coloni approfondiscono il<br />

letto dei fiumi, alzano argini, canalizzano le acque stagnanti, ed imprendono<br />

altri <strong>la</strong>vori di privata e pubblica utilità.<br />

Poco dopo il 1000 fu compiuto un <strong>la</strong>voro che deve essere ricordato,<br />

non <strong>per</strong> grandezza di proporzioni o <strong>per</strong> utilità derivata, ma <strong>per</strong>ché è il<br />

primo <strong>la</strong>voro storicamente certo re<strong>la</strong>tivo ai nostri fiumi e <strong>per</strong>ché riguarda<br />

so<strong>la</strong>mente Camposampiero, anzi il centro di Camposampiero, lo sdoppiamento<br />

cioè del Vandura, che, diviso in due rami, fu condotto a ricingere<br />

il girone esterno del castello.<br />

Ma se i nostri conti ritoccarono il corso del Vandura <strong>per</strong> ragioni strategiche,<br />

pili tardi il Comune di Padova, dietro ordine del podestà, <strong>per</strong> ragioni<br />

di utilità pubblica esegui nei corsi d'acqua molteplici <strong>la</strong>vori ordinari<br />

e straordinari.<br />

Pili volte infatti gli statuti comunali si occupano di Camposampiero<br />

e chiamano gli abitanti delle singole contrade a rincalzare gli argini, a<br />

rimettere in assetto i ponti, a fornire braccia e buoi <strong>per</strong> lo espurgo delle<br />

fosse e a racconciare strade ed argini dal ponte del<strong>la</strong> Tergo<strong>la</strong> a S. I<strong>la</strong>rio.<br />

Ometto <strong>la</strong> citazione dei decreti, avendo trattato l'argomento, con qualche<br />

estensione, nel capitolo « Camposampiero nell'epoca comunale, ecc. ».<br />

Dirò soltanto che in questi tempi il Muson ascese a qualche celebrità e,<br />

<strong>per</strong>ché segnò il confine dei territori delle repubbliche di Padova e di<br />

Treviso, ebbe l'onore di vedere il suo nome inciso nei sigilli dell'uno e<br />

dell'altro Comune eO).<br />

Padova scrisse: Mons, Muso) Athes, mare certos dant mihi fines.<br />

Treviso scrisse: Monti, Musoni, ponto, dominorque Naoni (11).<br />

Ben pili importanti, benché meno utili, furono i <strong>la</strong>vori eseguiti lungo<br />

il Muson da Francesco il Vecchio da Carrara (1355-1393). Questo principe<br />

ebbe l'accortezza di intuire quanto pili tardi avvenne, l'espansione<br />

cioè di Venezia nel<strong>la</strong> Terraferma a danno delle signorie allora esistenti e,<br />

risoluto di scongiurare il <strong>per</strong>icolo che a lui pili vicino si presentava<br />

imminente, egli stesso diventò assalitore onde, stretta alleanza con tutti<br />

i nemici di Venezia, condusse una serie di guerre, ora fortunate, ora<br />

disastrose, ma che finirono col rovinare lui stesso, <strong>la</strong> sua famiglia, i sudditi<br />

e lo stato.<br />

(IO) Anche il Baratel<strong>la</strong> derivò nuove glorie al nostro Muson celebrandolo con poemetti,<br />

elegie e carmi lirici.<br />

(11) Il Noncello, piccolo corso d'acqua che divideva il Comune di Treviso dal<br />

Friuli.<br />

Rimando il lettore al capitolo « Del<strong>la</strong> dominazione Carrarese » <strong>per</strong> quel<br />

che riguarda le vicende belliche e quivi illustrerò soltanto i <strong>la</strong>vori eseguiti<br />

da Francesco il Vecchio lungo il Muson.<br />

Essi furono ispirati a questi principi:<br />

1. - Ingrossare il fiume Muson, dopo <strong>la</strong> conquista di Treviso diventato<br />

linea di confine fra gli stati del Carrare se e quelli del<strong>la</strong> Serenissima, <strong>per</strong>ché<br />

il Muson ingrossato scaricasse in <strong>la</strong>guna <strong>la</strong> maggior quantità possibile<br />

di detriti con pregiudizio del<strong>la</strong> <strong>la</strong>guna e di Venezia stessa.<br />

2. - Innalzare lungo il corso del Muson un lungo e poderoso argine<br />

da parte del suo territorio, costringendo il fiume, nelle <strong>per</strong>iodiche intumescenze,<br />

a riversarsi nei paesi soggetti al dominio veneto.<br />

3. - Creare lungo il corso del Muson, <strong>per</strong> il tratto di 14 miglia, un sistema<br />

coordinato di difese con i punti salienti nelle piazzeforti di Camposampiero,<br />

Stigliano e Mirano; a questo campo trincerato fu dato il nome<br />

di Serraglio.<br />

E vengo ai singoli <strong>la</strong>vori.<br />

Nel 1370 Francesco da Carrara, ingaggiata grande quantità di zappatori,<br />

fece approfondire ed al<strong>la</strong>rgare il letto del Muson nel tratto da Camposampiero<br />

e 2 ) a Mirano <strong>per</strong> introdurvi il Vandura ed, a quanto pare,<br />

anche Rosada (13).<br />

Con tali aggiunte il Muson crebbe a dismisura e, <strong>per</strong> volume di acque,<br />

gareggiò col Bacchiglione e 4 ).<br />

A compimento di questi <strong>la</strong>vori il Carrarese fece costruire un lungo e<br />

<strong>la</strong>rgo spalto sul<strong>la</strong> riva del Muson prospiciente i suoi domini, esponendo<br />

cosi campagne e paesi dell'altra riva a continuo <strong>per</strong>icolo di inondazione<br />

eS).<br />

Dodici anni appresso (1382) Francesco attuava l'ultimo suo progetto<br />

re<strong>la</strong>tivo al piano di difesa e di offesa lungo il Muson e, nel tratto da Castelfranco<br />

a Camposampiero e da Camposampiero fino alle acque salse,<br />

creò un sistema di fortificazioni formato di murazzi, torri di legno e di<br />

pietra, baluardi, casematte e roste che culminavano nelle piazzeforti di<br />

(12) VEReI: Storia del<strong>la</strong> Marca Trivigiana, Tomo XIV, pago 54. Documenti.<br />

(13) PAVANELLO: Antichi scrittori di idraulica vene ti. Venezia 1919, pago 99, nota 3.<br />

11 Rosada era un canale irrigatorio estratto dal Brenta e condotto, si crede, prima a<br />

Cittadel<strong>la</strong>, poi a Castelfranco ed ivi fatto confluire nel Muson.<br />

(14) Notisi che a quel tempo non erano stati estratti dal Muson i canali del Muson dei<br />

Sassi e del Tergolino, <strong>per</strong> cui quello aveva un volume di acqua tre volte maggiore<br />

dell'attuale.<br />

(15) VEReI: Storia del<strong>la</strong> Marca Trivigiana, Tomo XIV, pago 54. Documenti.<br />

Il VEReI, non pratico dei luoghi, dà una interpretazione erronea al<strong>la</strong> lettera del podestà<br />

di Noale, Alvise Civran, che partecipava al governo di Venezia i <strong>la</strong>vori del<br />

Carrarese.<br />

357


Camposampiero, Stigliano e Mirano le quali, come bastioni di immensa<br />

muraglia, rincalzavano e rendevano inespugnabile tutto il Serraglio e 6 ).<br />

Per questi <strong>la</strong>vori il Muson, ingrossato e fortificato, diventò un amico<br />

del Carrarese, anzi il piti fedele di tutti, poiché, mentre gli altri lo abbandonarono,<br />

il Muson fu sempre con lui e <strong>per</strong> lui e ben lo s<strong>per</strong>imentarono<br />

i Mi<strong>la</strong>nesi, condotti da Giacomo Dal Verme, quando, dopo d'aver tentato<br />

inutilmente di forzare il Serraglio, piantarono i loro bivacchi lungo<br />

le rive del Muson (1388) e questo attraverso gli argini squarciati in<br />

parecchie località (17), precipitò colle sue onde furenti nel campo nemico,<br />

costringendo i Viscontei a portare altrove le loro tende eS).<br />

Non ultimo scopo che i Veneziani si prefissero nell'impadronirsi di<br />

Terraferma fu quello di avere mano libera sui fiumi che sboccavano in <strong>la</strong>guna,<br />

colmando<strong>la</strong> di detriti e mettendo in serio <strong>per</strong>icolo l'esistenza<br />

del<strong>la</strong> città e 9 ).<br />

Ad ovviare questo danno non bastava infatti l'essere padroni delle<br />

foci dei fiumi, ma occorreva dominarne tutto il corso <strong>per</strong> eseguire lungo<br />

di esso dei canali scaricatori che smaltissero parte di loro acque ed anche<br />

<strong>per</strong> ottenere, nei punti del<strong>la</strong> diversione, quel<strong>la</strong> pendenza necessaria onde<br />

<strong>la</strong> corrente non irrompesse a danno dei paesi e delle campagne.<br />

Quanto era avvenuto a Iesolo ed a Eraclea, un giorno fiorenti ed allora<br />

dai depositi fluviali trasformate in paludi, quello che avveniva di TorcelIo,<br />

deso<strong>la</strong>ta dal<strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ria, come spettro fatale che turba <strong>la</strong> veglia ed<br />

i sonni, preoccupava l'animo degli uomini di stato del<strong>la</strong> Serenissima che,<br />

(16) La carta del territorio padovano descritta dal De Madiis e riportata a pago 122<br />

nell'o<strong>per</strong>a del PAVANELLO «Antichi scrittori ecc. », ci offre un'idea abbastanza precisa<br />

del Serraglio.<br />

Sul<strong>la</strong> effettuazione di queste o<strong>per</strong>e eseguite dal Carrarese vedi il VERCI «Storia del<strong>la</strong><br />

Marca Trivigiana », Tomo XVI. pago 16. Documenti.<br />

Le popo<strong>la</strong>zioni vicine spaventate da tali <strong>la</strong>vori fuggirono altrove: «Poi se messe<br />

(Francesco da Carrara) a fortir le sue chastel<strong>la</strong> delle cosse necessarie, fece far alcuni bastioni<br />

da Chastelfranco fino alle acque marine, de sopra del fiume Muson. Questa cassa<br />

messe in spazemo <strong>la</strong> zente del paese ita che assae <strong>per</strong> fuzere <strong>la</strong> rabia de costui (del Carrarese)<br />

abbandonano le loro habitacion et andana in altro punto ». ANONIMO FOSCARINIA­<br />

NO, foglio 104, parte II.<br />

(17) L'o<strong>per</strong>azione fu eseguita dai capitani dei castelli di Camposampiero, Stigliano e<br />

Mirano.<br />

(18) GATTARI: Cronaca Carrarese, Settembre 1388.<br />

(19) Marco Corner, uno dei piu illustri ed antichi idraulici veneziani, osservava che<br />

su venti burchi d'acqua riversantisi in <strong>la</strong>guna un burchio era di fango, ed aggiungeva:<br />

e chi mi sa dire quanti burchi d'acqua entrano in un giorno, in un mese, in un anno in<br />

<strong>la</strong>guna ed assieme quanti burchi di fango? Se si va avanti di questo passo, senza provvedere,<br />

presto sentiremo le rane a cantar in <strong>la</strong>guna reduta in canedo!<br />

risoluti di scongiurare tanta jattura al<strong>la</strong> patria, appena conquistata <strong>la</strong><br />

Terraferma, impegnarono una lotta immane, tenace e gloriosa contro <strong>la</strong> natura,<br />

che dapprincipio si manifestò con piccole deviazioni eseguite presso<br />

<strong>la</strong> foce dei fiumi (1200-1450) e piti tardi (1450-1796) assunse proporzioni<br />

immense e venne attuando quel radicale provvedimento che solo poteva<br />

salvare Venezia, <strong>la</strong> diversione cioè di tutti i fiumi che entravano<br />

in <strong>la</strong>guna, da Chioggia a Caorle.<br />

Lasciando da parte, come richiede l'indole di questo studio, quanto<br />

si riferisce alle o<strong>per</strong>e di deviazione e di sistemazione compiute sul Brenta,<br />

sul Sile, sul Piave eO), accennerò a quelle eseguite sui nostri corsi<br />

d'acque, anzi quasi esclusivamente sul Muson, unico dei nostri fiumi che<br />

scaricasse in <strong>la</strong>guna, e quindi il solo atto a richiamare l'attenzione e l'o<strong>per</strong>a<br />

dei Veneziani.<br />

Ed, a maggior intelligenza di quanto verrò esponendo, credo utile di<br />

illustrare prima il corso del Muson, quale si trovava al tempo che i Veneziani<br />

s'insignorirono del territorio padovano (1405).<br />

Il Muson traeva origine dai colli aso<strong>la</strong>ni, ed accolti sul suo alveo<br />

l'Astego ed il Volone, presso il vil<strong>la</strong>ggio di Spineda d'Asolo si divideva<br />

in due rami, poco piti avanti rientranti in se stessi; nel punto di unione,<br />

in epoca a noi ignota, fu costruito un tramezzo <strong>per</strong> dividere e rego<strong>la</strong>re<br />

le acque dei due torrenti che procedettero di nuovo distinti e separati,<br />

l'uno col nome di Musonello o Marzenego <strong>per</strong> <strong>la</strong> via di Castelfranco (a<br />

levante), Resana, Noale, Mestre, <strong>la</strong>guna; l'altro col nome di Muson o<br />

di soprabbondante del Muson diretto verso Castelfranco (a ponente),<br />

Camposampiero e l ), Stigliano, Mirano, Lizzafusina e <strong>la</strong>guna.<br />

Il soprabbondante del Muson nel suo viaggio verso <strong>la</strong> <strong>la</strong>guna riceveva<br />

questi ailluenti: fra Castelfranco e Camposampiero il Rosada, il Riostorto,<br />

<strong>la</strong> Moggia, il Barbacan ed il Muson vecchio o Muson di Castelfranco,<br />

originato da sorgenti <strong>per</strong>enni del<strong>la</strong> campagna castel<strong>la</strong>na e 2 ); fra Camposampiero<br />

e Mirano accoglieva col suo alveo il Piovego, il Rustega ed alcuni<br />

canaletti di scolo, dopo Mirano il Lusore, il Melegone ed il Pionca,<br />

e da allora in poi, col nome di Bottenigo e 3 ), ricco di acque e di detriti,<br />

(20) Leggasi a questo proposito il magistrale articolo del Prof. PAVANELLO «Litorale<br />

veneto e Lagune veneziane» comparso nel<strong>la</strong> rivista del Touring Club, Febbraio 1923.<br />

(21) Vicino a Loreggia una parte del soprabbondante del Muson si scaricava nel Rustega,<br />

l'altra parte si avviava verso Camposampiero ed, a porta Antonel<strong>la</strong>, confluiva nel<br />

Muson fiume o Muson di Castelfranco. Ciò avveniva prima del 1612.<br />

(22) Il Vandura si faceva riversare nel Muson soltanto nel tempo di guerra, a fine<br />

di meglio fortificare ed assicurare il confine.<br />

(23) I nomi di Muson e di Bottenigo sono usati collo stesso significato dai vecchi idraulici<br />

veneziani.<br />

359


strappati al monte ed al piano e travolti nel<strong>la</strong> sua rapina, entrava in <strong>la</strong>guna<br />

presso Lizzafusina.<br />

Di qua le preoccupazioni del Senato di Venezia che, abbattute le vecchie<br />

fortificazioni lungo il corso del Muson erette dal Carrarese, discusso<br />

ed abbandonato il progetto di rendere navigabile il tratto Camposampiero-Mirano<br />

e 4 ) come lo era fin dal tempo antico, il tratto da Mirano a<br />

Lizzafusina eS), propose e studiò un piano di rego<strong>la</strong>zione del corso su<strong>per</strong>iore<br />

ed inferiore del Muson.<br />

Nel Marzo 1458 furono inviati a Cittadel<strong>la</strong> ed a Camposampiero 6 Savi<br />

alle acque e sei zentilomeni deputati alli argini e con essi l'lidraulico<br />

Marco Corner <strong>per</strong> esaminare il Muson et veder se dicto Botenigo se podesse<br />

retornar in Brenta e 6 ).<br />

È ignoto l'esito dell'ispezione, soltanto si sa che Venezia, preoccupata<br />

dai <strong>per</strong>icoli maggiori che presentava il Brenta, <strong>per</strong> allora attese al<strong>la</strong> sistemazione<br />

di questo fiume. Piti tardi il progetto del<strong>la</strong> diretta diversione del<br />

Muson in Brenta fu abbandonato ed altri ne furono presentati piti complessi,<br />

piti frazionati, condotti a termine un po' al<strong>la</strong> volta nel corso di<br />

un secolo.<br />

Si incominciò quindi col diminuire il volume d'acqua del Muson e,<br />

fino al<strong>la</strong> metà del secolo XV, si apri il canale scaricatore detto Tergolino<br />

o Piovego, che portò in Tergo<strong>la</strong> una parte del Muson, quindi (1531)<br />

fu estratto e ricondotto in Brenta il Rosada ( 7 ) e finalmente nel 1605<br />

fu riassunto il progetto di smaltire le acque del Muson (28) su<strong>per</strong>iore dividendole<br />

fra il Brenta ed il Sile, ma poiché tale progetto non trovò con-<br />

(24) BARATELLA: Ecatometrologia, Folio 7 e 8.<br />

(25) SCARDEONE: De antiquitate Patavii, Pago 20.<br />

(26) PAVANELLO: Op'. cit.) pago 99.<br />

(27) PAVANELLO: Op. cit., pago 99.<br />

(28) Nello svolgimento degli studi e delle o<strong>per</strong>azioni dirette a divertire il corso del<br />

Muson torrente conviene tener conto di un progetto e<strong>la</strong>borato dal nostro concittadino Andrea<br />

Fasolo ed inoltrato dallo stesso al Magistrato alle acque il 27 Gennaio 1572. Il Fasolo,<br />

che si dice amante del<strong>la</strong> patria non meno che <strong>per</strong>ito nei <strong>la</strong>vori idraulici, con ragioni<br />

che non mancano di buon senso, sostiene <strong>la</strong> tesi del<strong>la</strong> diversione del Muson fiume nel<br />

Vandura con lo scarico nel Brenta a Vigodarzere e propone che il Muson torrente abbia<br />

da continuare <strong>per</strong> vecchia direzione Camposampiero, Stigliano, Mirano; nel<strong>la</strong> lunga esposizione<br />

del Fasolo non mancano gli accenni alle frequenti inondazioni delle campagne<br />

camposampierine, nonché al desiderio sempre vivo, e sempre destinato a fallire, che il<br />

Muson fiume ed il Muson torrente siano resi navigabili con grande vantaggio del<strong>la</strong> nostra<br />

cittadina. Ma il progetto del Fasolo non fu preso in considerazione dal Magistrato alle<br />

acque, che aveva le sue buone ragioni di non appoggiarlo, anzi di fare tutto l'opposto<br />

di quanto suggeriva quel bravo uomo. Venezia infatti voleva a tutti i costi ostracizzare<br />

dal<strong>la</strong> <strong>la</strong>guna il Muson torrente che, con gli abbondanti detriti, costituiva un serio <strong>per</strong>icolo<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> regina dell'Adriatico.<br />

Lo studio del Fasolo è corredato da un abbozzo grafico del nostro territorio abbastanza<br />

senzienti i Savi Ordinari sopra le Acque, non se ne fece nul<strong>la</strong>.<br />

Nel 1612 (seduta 14 Maggio), fu deliberato di dividere il Muson torrente<br />

dal Muson fiume e di condurre il primo, attraverso un canale lungo<br />

parecchie miglia quasi sempre rettilineo e saldamente arginato, dal<strong>la</strong> località<br />

Tezze-Corner (fra Castelfranco e Camposampiero) fino a Vigodarzere<br />

scaricandolo in Brenta ( 9 ).<br />

L'esecuzione dei <strong>la</strong>vori necessari, (a<strong>per</strong>tura del letto, livel<strong>la</strong>zione, stramezzi,<br />

ponte-canali e chiaviche), fu sollecitamente condotta a termine<br />

ed al nuovo canale fu dato il nome di Taglio del Muson o Muson dei<br />

Sassi, mentre al Muson di Camposampiero restò quello di Muson vecchio,<br />

<strong>per</strong>ché segue <strong>la</strong> vecchia via, o Muson fiume (cime <strong>per</strong> fiume) eD).<br />

Scemato di potenzialità il Muson, piti facile doveva riuscire il suo<br />

definitivo ostracismo dal<strong>la</strong> <strong>la</strong>guna; quindi il Senato Veneto, accettando<br />

il piano proposto dagli idraulici Gallesi e Contin, fece aprire nel 1610 e 1 )<br />

il Taglio Novissimo del Brenta, nel quale fu introdotto il Muson vecchio<br />

a mezzo del Taglio di Mirano, condotto a termine e collegato col Novissimo<br />

nel 1653 e 2 ).<br />

interessante, <strong>per</strong>ché ci fa conoscere le condizioni idrologiche di Camposampiero in epoca<br />

anteriore al<strong>la</strong> sistemazione delle nostre acque.<br />

Dall'esame di questo schizzo ci risulta che il Muson torrente od il Muson di Asolo,<br />

giunto a Loreggia, si divideva in due rami, l'uno dei quali metteva nel Rustega, l'altro si<br />

avviava verso Camposampiero e confluiva nel Muson fiume o Muson di Castelfranco ed<br />

assunto ivi il nome di acqua longa de Camposampiero, seguiva <strong>la</strong> vecchia strada Stigliano,<br />

Mirano, Lizzafusina e <strong>la</strong>guna. Gli altri corsi d'acqua Camposampierini erano il Vandura, il<br />

Riostorto, <strong>la</strong> Moggia, il Barbacan, <strong>la</strong> Fossalta, il Piovego (ora Tergolino); figurano anche<br />

nello schizzo i due manufatti del Businello e del<strong>la</strong> Botte.<br />

Buona parte dell'area del Campo Marzio era allora occupata da una gran tossa formata<br />

dal Vandura e da essa si staccava un rigagnolo che, attraversata <strong>la</strong> piazza maggiore, rientrava<br />

nel Vandura verso sud-est; un'altra fossa, formata dal<strong>la</strong> Moggia, stava presso il<br />

convento e chiesa di S. Giovanni. (Arch. di Stato - Savi ed Esecutori alle acque - Busta<br />

60).<br />

(29) ZENDRINI: Memorie del<strong>la</strong> <strong>la</strong>guna, VoI. II, pago 57.<br />

(30) Gli scopi prefissi dal governo di Venezia nel<strong>la</strong> diversione del Muson torrente si<br />

possono cOSI riassumere:<br />

a) Impedire l'ostruzione del letto del Muson e l'interrimento del<strong>la</strong> <strong>la</strong>guna, <strong>per</strong>ché<br />

il Muson torrente, discendendo con forte pendenza, trascinava seco gran quantità di detriti<br />

alluvionali.<br />

b) Diminuire il volume di acqua del Muson fiume a fine di rendere piti facile <strong>la</strong><br />

sua definitiva diversione dal<strong>la</strong> <strong>la</strong>guna.<br />

c) Liberare Camposampiero dal <strong>per</strong>icolo delle inondazioni che abitualmente infestavano<br />

il paese e campagne nel<strong>la</strong> primavera e nell'autunno.<br />

d) Assicurare piti tardi al T aglio di Mirano quel<strong>la</strong> quantità uguale e costante di<br />

acque necessarie al<strong>la</strong> navigazione, ciò che prima mancava affatto, <strong>per</strong>ché il Muson torrente<br />

riversava nel Muson fiume o troppa o scarsa quantità di acque, a seconda delle stagioni<br />

asciutte o piovose.<br />

(31) PAVANELLO: Op. cit., pago 149, nota 1.<br />

(32) PAVANELLO: Op. cit., pago 149, nota 1. Per questi <strong>la</strong>vori il Muson assieme al


Ultimati i <strong>la</strong>vori di diversione fluviale, Venezia dormi i suoi sonni tranquilli,<br />

<strong>per</strong>ché il <strong>per</strong>icolo dell'interrimento <strong>la</strong>gunare era scomparso; purtroppo<br />

altri <strong>per</strong>icoli apparvero sull'orizzonte e d'altro genere, che non si<br />

poterono scongiurare <strong>per</strong>ché non si volle farlo.<br />

Quindi <strong>la</strong> Serenissima, a mezzo del Magistrato alle Acque, assicurò<br />

<strong>la</strong> <strong>per</strong>petuità dei <strong>la</strong>vori eseguiti, il rego<strong>la</strong>re andamento dei fiumi, <strong>la</strong> distribuzione<br />

delle acque, i ponti e gli argini, con saggie disposizioni che<br />

furono confermate e accettate anche dai successivi governi e, salvo lievi<br />

modifiche, furono introdotte negli statuti dei moderni Consorzi.<br />

Al termine di questo studio mi si affaccia questa riflessione me<strong>la</strong>nconica:<br />

come va che Camposampiero non ebbe il porto di congiunzione con<br />

Mirano e con Venezia? Due volte, nel 1435 cioè e nel 1669, fu presentata<br />

al Senato Veneto <strong>la</strong> petizione di cittadini di Camposampiero e in<br />

tutte due volte il Senato sentenziò con parere favorevole, ma altro è dire,<br />

altro è fare; i <strong>la</strong>vori di al<strong>la</strong>rgamento del letto del Muson, <strong>la</strong> costruzione<br />

dei carri <strong>per</strong> il trasporto delle barche nei luoghi impediti dai molini e<br />

<strong>la</strong> costruzione del porto non ebbe mai effetto. Perché?<br />

Due motivi principalmente hanno ostaco<strong>la</strong>to l'esecuzione del progetto.<br />

Il primo di un valore <strong>per</strong>entorio, il secondo di valore molto e molto<br />

re<strong>la</strong>tivo, anzi soltanto di presunzione.<br />

Venezia, con l'esecuzione dei <strong>la</strong>vori lungo i nostri fiumi, si propose<br />

quasi esclusivamente di liberare <strong>la</strong> <strong>la</strong>guna dal <strong>per</strong>icolo dell'interramento;<br />

a questo scopo, cOSI unito coll'esistenza del<strong>la</strong> città, essa consacrò lo studio<br />

dei suoi idraulici, l'attività del Magistrato alle Acque ed il denaro del suo<br />

erario; tutto il resto <strong>la</strong> interessò fino ad un certo punto e molto re<strong>la</strong>tivamente,<br />

e ciò sia detto con buona pace dei Camposampierini.<br />

Il secondo argomento lo fornisce il Baratel<strong>la</strong> quando in una certa sua<br />

poesia celebrò il futuro porto di Camposampiero e vaticinò le ricchezze<br />

che il porto avrebbe arrecato ai nostri concittadini.<br />

I poeti, scrisse il Manzoni, non sono profeti e quando vollero darsi<br />

l'aria di profeti hanno prese delle solenni cantonate, e poveri disgraziati!<br />

hanno compromesso l'andamento del<strong>la</strong> cosa.<br />

E chi lo sa che, se il Baratel<strong>la</strong> non avesse assunto <strong>la</strong> posa audace (Dio<br />

gli <strong>per</strong>doni!) di un veggente, Camposampiero avrebbe avuto il suo porto.<br />

Taglio Novissimo entrò nel Brenta a Conche e da quell'anno in poi assieme al Brenta<br />

sfociò a Brondolo, al di sotto di Chioggia. Il V ACANI, nel suo studio sul<strong>la</strong> <strong>la</strong>guna di Venezia,<br />

Firenze 1871, asserisce che <strong>la</strong> congiunzione del Taglio di Mirano col Taglio del Brenta<br />

avvenne nel 1612; benché non abbia potuto verificare <strong>la</strong> data precisa, inclinerei piuttosto<br />

ad accettare quest'ultima epoca.<br />

IV<br />

<strong>CAMPOSAMPIERO</strong> E LA GUERRA DI CAMBRAI


SOMMARIO: Lega di Cambrai e moventi che <strong>la</strong> determinarono. - La Serenissima alle<br />

prese con mezza Europa. - Occupazione di Camposampiero da parte del fedifrago<br />

Leonardo Trissino. - Liberazione di Camposampiero. - L'im<strong>per</strong>atore Massimiliano<br />

assale ed espugna il nostro castello. - Nobile figura del nostro podestà<br />

Antonio Quirini. - Camposampiero ritorna al<strong>la</strong> Serenissima. - I Francesi conquistano<br />

Camposampiero e lo abbandonano dopo aver saccheggiato il Monte di<br />

Pietà. - Nuova occupazione e nuovo abbandono da parte dei Francesi. - Venezia<br />

stanzia a Camposampiero un presidio di difesa. - Il viceré Cardona assale, espugna,<br />

mette a fuoco Camposampiero e poi fugge davanti alle incalzanti milizie dell'Alviano.<br />

- Nuove nubi sull'orizzonte. - Ritorna <strong>la</strong> pace. - Camposampierini<br />

ribelli a Venezia durante <strong>la</strong> guerra di Cambrai.<br />

Il giorno 11 settembre 1405 Vivaldo di Gerardo, cui era stata commessa<br />

<strong>la</strong> difesa del nostro castello assediato dai Veneziani, mancò di<br />

fede a Francesco Novello da Carrara e, venuto a patti col nemico, cedette<br />

Camposampiero <strong>per</strong> 4000 ducati che <strong>la</strong> Signoria puntualmente pagò.<br />

L'atto compiuto, né valoroso, né magnanimo e tanto meno corretto,<br />

trovava dei forti motivi attenuanti nel<strong>la</strong> dis<strong>per</strong>ata condizione ormai creata<br />

agli stati del Carrare se dalle vittoriose armi veneziane.<br />

Ed è certo che Vivaldo, prima di passare al mercimonio del nostro castello,<br />

pensò che inutile, impossibile e dannosa, non meno al<strong>la</strong> città<br />

che agli abitanti, sarebbe stata <strong>la</strong> resistenza; pensò al<strong>la</strong> dolorosa situazione<br />

di Padova, serrata da ogni parte dai nemici, tormentata dal<strong>la</strong> fame,<br />

decimata dal<strong>la</strong> peste e decisa di ribel<strong>la</strong>rsi al suo signore; ricordò <strong>la</strong> triste<br />

sorte dei vicari di Stigliano e di Este che, avendo voluto opporre resistenza<br />

ai Veneziani, il primo fu ucciso dai soldati, il secondo fu defenestrato<br />

dal<strong>la</strong> sa<strong>la</strong> del Consiglio, ed inorridito risolse di non imitare il loro<br />

esempio.


Sanuto: Diari, voI. VIII, pago 406, Giugno 1509: «Camposampiero<br />

avendo fatto alcuni cittadini padovani al governo et non li piacendo nè<br />

sapendo rezer li altri, et li contadini esser tutti marcheschi mandono dir<br />

<strong>la</strong> Signoria non ponno star cussì et vono esser sotto S. Marco ».<br />

Leonardo Trissino, impotente a frenare i generosi sentimenti dei Camposampierini,<br />

ricorre alle vendette e ne saccheggia le campagne; non l'avesse<br />

fatto! La forte anima camposampierina insorge e, come mol<strong>la</strong> compressa,<br />

scatta, si ribel<strong>la</strong>, ma non si piega.<br />

Sanuto: VoI. VIII, pago 483, 5 Luglio 1509. Leonardo Trissino, uscito<br />

di Padova il mattino del 4 Luglio 1509 con qualche centinaio di cavalli<br />

va « sachizando possession et lochi de Veneziani ... ma lo sdegno<br />

principale riserva contra queli de Camposampiero che non volseno aceptar<br />

100 fanti imo un citadin padoan vi andara podestà non lo volseno et voleno<br />

re tornar soto S. Marco ».<br />

Minacce, intimidazioni, incendi e saccheggi a nul<strong>la</strong> approdano; Camposampiero<br />

non vuole sa<strong>per</strong>ne di traditori italiani o di avventurieri tedeschi,<br />

non riconosce altra signoria che quel<strong>la</strong> di Venezia e vuole il generoso<br />

leone di S. Marco, non l'aqui<strong>la</strong> tedesca grifagna e <strong>la</strong>dra.<br />

Sanuto: VoI. VIII, pago 514, 14 Luglio 1509. « Camposampiero levò<br />

(cioè si dichiarò favorevole) iterum S. Marco et fu mandato <strong>per</strong> <strong>la</strong> Signoria<br />

a quel locho Sier Antonio Quirini ». Giunta a Venezia l'eco del<strong>la</strong><br />

fedeltà dei Camposampierini, il Senato nel<strong>la</strong> tornata del 16 Luglio 1509,<br />

si affretta a tributare un pubblico encomio ai nostri concittadini.<br />

Sanuto: VoI VIII, pago 519, 16 Luglio 1509. Il Senato, con p<strong>la</strong>uso<br />

unanime, loda il contegno dei Camposampierini ed accoglie con simpatia<br />

le loro dimostrazioni di giubilo <strong>per</strong> <strong>la</strong> nomina di un podestà veneziano,<br />

e nuovamente rileva come contadini e castel<strong>la</strong>ni di Camposampiero « mai<br />

non volseno podestà padoan et sono marcheschi tuti ».<br />

La provata fedeltà del popolo e <strong>la</strong> sua avversione all'im<strong>per</strong>atore giovarono<br />

assai al<strong>la</strong> causa del<strong>la</strong> Serenissima onde il Senato Veneto, facendo<br />

fidanza su tali sentimenti, ordinò al provveditore Andrea Gritti di uscire<br />

di Treviso <strong>per</strong> muovere al<strong>la</strong> rioccupazione di Padova.<br />

Ed il Gritti, presa <strong>la</strong> via di Castelfranco, Camposampiero (8) e Vigo-<br />

(8) Pare che il Gritti abbia fatto sosta a Camposampiero, cOSI accenna lo SPAZZARINI:<br />

Hi<strong>storia</strong> patavina Ms. Museo Civico Padova, B. C. 394, pago 200 « ... Senatus Venetus<br />

aegre ferens (l'occupazione di Padova da parte del Trissino) praemisit Andream Gritti consulem<br />

in Campo Sancti Petri cum robore copiarum ac tumultuario delectu ex agris duorum<br />

ferme milium armatorum volontarie sequentium consulem (il famoso esercito rusticano)<br />

qui die Martis decimo septimo iulii urbem Patavii ingressus est ».<br />

Ed il Buzzacarino afferma che precisamente a Camposampiero avvenne il congiungimento<br />

delle truppe rego<strong>la</strong>ri veneziane con l'esercito raccogliticcio dei contadini.<br />

37 0<br />

darzere, verso l'aurora del 17 Luglio 1509 giunse nei sobborghi di Padova<br />

con un drappello di soldati, lungo <strong>la</strong> strada ingrossato da contadini<br />

« armati di archi e di spunzoni » e, usando questo ingegnoso stratagemma,<br />

riusd a penetrare nel<strong>la</strong> città. Erano le cinque del mattino (17 Luglio)<br />

quando si avvicinarono a porta Codalunga tre carri di frumento condotti<br />

da cavalieri, vestiti in arnese di contadini, chiedendo libertà di passaggio<br />

<strong>per</strong> condurre il grano ad un cittadino. Dietro a tale pretesto fu<br />

a<strong>per</strong>ta <strong>la</strong> porta e subito sbucarono dal carro alcuni fanti che, impossessatisi<br />

di essa, <strong>la</strong>sciarono il varco libero alle milizie.<br />

Il Trissino spaventato si rifugiò nel castello (attuale Speco<strong>la</strong> Astronomica),<br />

ma il Grhti comandò alle artiglierie di aprire una breccia nelle<br />

mura e, penetrato vi senza fatica, fece prigioniero il Trissino, tradotto<br />

poscia a Venezia fra le imprecazioni del popolo; cosi ebbe fine il suo<br />

governo dopo 40 giorni che era stato instaurato (9).<br />

I Veneziani furono accolti con dimostrazioni di straordinaria allegrezza;<br />

da tutte le parti del<strong>la</strong> campagna padovana, si riversarono nel<strong>la</strong> città<br />

contadini e borghesi <strong>per</strong> inscenare una dimostrazione di giubilo, ed il grido<br />

che erompeva da tutti i petti in quel giorno era questo: «Evviva San<br />

Marco! Laudato sia Dio che vedemo li nostri venetiani che li traditori volea<br />

desfarli! »; tra i molti p<strong>la</strong>udenti Marin Sanuto, presente al<strong>la</strong> dimostrazione,<br />

riconobbe il nostro podestà Antonio Quirini con molti vil<strong>la</strong>ni<br />

de Camposampiero. Sanuto: VoI. VIII, pago 524, 29 Luglio 1509.<br />

La Serenissima intanto premuniva Padova dalle nemiche offese concentrandovi<br />

gran copia di milizie, rafforzando i bastioni e terrapieni, introducendovi<br />

vettovaglie, artiglierie e munizioni. Infatti Massimiliano non<br />

tardò a comparire con un esercito che gli storici posteriori fecero salire<br />

a 80.000 uomini, mentre invece dal<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione manoscritta del Buzzacarino<br />

esso non risulta su<strong>per</strong>iore ai 23.000 combattenti effettivi, 17.000<br />

fanti cioè e 6.000 cavalleggeri. L'im<strong>per</strong>atore parti da Trento nei primi<br />

giorni dell'Agosto 1509 e s'avviò a Bassano, ivi fece <strong>la</strong> rassegna delle sue<br />

truppe, di là passò a Piombino e quindi si rivolse verso Camposampiero<br />

<strong>per</strong> mettersi sul<strong>la</strong> via di Padova eD). I Camposampierini, quando capisco-<br />

(9) Dopo <strong>la</strong> conquista di Padova a Venezia si andava dicendo stavolta el Griti se acquista<br />

<strong>la</strong> bereta, cioè Andrea Gritti, in premio del suo valore, verrà nominato doge. CosI<br />

il diario di Martino Merlini, mercante veneziano. E difatti il Gritti fu elevato al<strong>la</strong> dignità<br />

dogale nel 1523.<br />

(lO) « ... et levatosi da Pionbino (l'im<strong>per</strong>atore) cavalcò verso Castelfranco flectendo el<br />

camin a mano destra andò verso Canpo S. Piero et quelo prexo et sachegiato ivi alozò ».<br />

La obsidione de Padua. Pago 127.<br />

L'im<strong>per</strong>atore si fermò un giorno a Camposampiero « ... sendo stato un giorno lo im<strong>per</strong>atore<br />

a Canpo S. Piero) levato el canpo se drezò verso Padua ». Op. cit., pago 274.<br />

37 I


no che Massimiliano vuole onorarli di una poco gradita visita, mandano<br />

ambasciatori ad Alvise de' Dardani, che, con <strong>la</strong> sua milizia rusticana,<br />

si trovava a Mirano, supplicandolo di accorrere a Camposampiero ove il<br />

<strong>per</strong>icolo è imminente e questi, temendo di non avere forze sufficienti, scrive<br />

al provveditore Cristoforo Moro e lo prega che, <strong>la</strong>sciata ogni altra<br />

impresa, tutte le forze disponibili concentri e rivolga su Camposampiero<br />

minacciata dall'im<strong>per</strong>atore. Sembra <strong>per</strong>ò che il Moro non si rendesse<br />

conto del <strong>per</strong>icolo in cui versava il nostro castello, poiché rispose ad<br />

Alvise de' Dardani che sarebbe andato a Camposampiero piti tardi nel<br />

ritorno da Treviso; di tutto questo Alvise dà ragguaglio a Venezia con<br />

lettera che, letta nel<strong>la</strong> seduta dei Pregadi il 7 Agosto 1509, suscita disapprovazione<br />

e condanna del Moro e compassione verso Camposampiero<br />

esposta alle rappresaglie im<strong>per</strong>iali, senza s<strong>per</strong>anza di aiuti.<br />

Sanuto: VoI. IX, pago 34, 7 Agosto 1509. « ... Come Camposampiero<br />

ci ha mandato dimandar soccorso <strong>per</strong>ché el campo vien li. Et lui va con i<br />

vil<strong>la</strong>ni et mandò a dir a Moro provveditor soccoresse quel locho (cioè<br />

Camposampiero). Rispose, al<strong>la</strong> tornada di Treviso farebbe quel<strong>la</strong> volta<br />

... ». Al<strong>la</strong> lettera di Jacopo fa seguito questo commento del Sanuto<br />

« <strong>la</strong> qual lettara vene heri hessendo Pregadi suso et fu lecta con gran<br />

mormoration et vergogna de dito provveditor Moro ». Anche questa volta<br />

«dum Romae consulitur Saguntum expugnatur », Massimiliano coi<br />

suoi 23.000 soldati sta ormai sopra Camposampiero e tristi ore incombono<br />

sul<strong>la</strong> nostra cittadina. Il mattino dell'8 Agosto 1509 arriva ansimante<br />

nel<strong>la</strong> piazza del Santo Alvise de' Dardani e riferisce al capitan<br />

zeneral (Nicolò Orsini) et altre <strong>per</strong>sone raccolte a par<strong>la</strong>mento, che Antonio<br />

Quirini, nostro podestà, scongiura l'invio immediato di truppe, <strong>per</strong>ché<br />

gli im<strong>per</strong>iali sono alle porte del castello ed il paese è già in fiamme ... ;<br />

ritornando a Camposampiero Alvise apprende che il castello e <strong>la</strong> rocca<br />

sono caduti in mano dei nemici e Antonio Quirini è fatto prigioniero.<br />

Sanuto: VoI. IX, pago 37-38, 9 Agosto 1509: «Nel<strong>la</strong> piazza del Santo<br />

era capitan zeneral e il provveditor Gritti e el cao (capo) dei X e l'avogador<br />

e s'ave aviso che i nemici venudi a Camposampiero danizando,<br />

et quel provveditor Antonio Quirini dimandava aiuto sopravene Sier<br />

Alvise dei Dardani provveditor de Miran dicendo de venir de Camposampiero<br />

et si mandi fanti et stratioti poiché tutto va in fuoco et in<br />

fiamme et lui de Miran è andato con bon numero de vil<strong>la</strong>ni: ma noI poi<br />

piu star ... mandino zente. Et cussi fu licenziato et in itinere ebe aviso<br />

esser i nemici col campo venuti là et aver auto il castello et in <strong>la</strong> rocha<br />

si era tirato Sier Antonio Quirini provveditor, sichè dito Dardano tolse<br />

volta et andò a Miran. In questo mezo i todeschi sachizavono el paese<br />

37 2<br />

et vi<strong>la</strong>ni fuzivano tutti .... In questo interim el campo dell'im<strong>per</strong>atore<br />

qual era in <strong>per</strong>sona, auto Camposampiero ebe <strong>la</strong> rocha et il provveditor<br />

fu fatto preson et fu usato gran crudeltà <strong>per</strong> li nemici» (11).<br />

Il facile espugnatore del<strong>la</strong> nostra rocca fu il capitano im<strong>per</strong>iale Federico<br />

di Bozzolo e 2 ); Antonio Quirini, podestà di Camposampiero,<br />

caduto prigioniero dopo breve ma valorosa resistenza, fu mandato alle<br />

carceri di Trento e vi stette <strong>per</strong> oltre quattordici mesi.<br />

L'annalista Jacopo Bruto cOSI spiega le crudeltà <strong>per</strong>petrate dai Tedeschi:<br />

« ... ce<strong>per</strong>unt <strong>per</strong> vim castrum Campo Sancti Petri et venerunt<br />

usque ad plebem Vici Aggeris omnia depraedantes et interficientes<br />

quoscumque homines rurales inveniebant (13) ». Insu<strong>per</strong>bito <strong>per</strong> il facile<br />

trionfo Massimiliano mosse al<strong>la</strong> conquista di Padova e, attraversato senza<br />

resistenza il ponte di Vigodarzere, arrivò sotto le mura che cinse d'assedio<br />

e, con rinnovati assalti, tentò inutilmente di espugnare; alfine<br />

confuso e svergognato abbandonò l'impresa (29 Settembre 1509) e si<br />

ritirò, abbandonando i castelli del territorio padovano poco prima occupati,<br />

mentre, col<strong>la</strong> stessa celerità che egli eseguiva <strong>la</strong> manovra del<strong>la</strong> ritirata,<br />

gli eserciti veneziani muovevano al<strong>la</strong> conquista dei paesi <strong>per</strong>duti.<br />

Che sia avvenuto a Camposampiero nel mese e mezzo di occupazione<br />

nemica non lo sappiamo, possiamo <strong>per</strong>ò immaginare che triste assai<br />

trascorresse questo <strong>per</strong>iodo e <strong>per</strong> <strong>la</strong> crudeltà dei nemici, <strong>per</strong> il mal ce<strong>la</strong>to<br />

affetto dei Camposampierini verso Venezia e <strong>per</strong>ché, piccolo castello,<br />

Camposampiero aveva avuto l'ardire di resistere a formidabile armata<br />

condotta da sua Maestà Cesarea. Solo sappiamo che, il 14 Agosto 1509,<br />

il provveditore Cristoforo Moro, venuto a corrispondenza coll'Im<strong>per</strong>atore<br />

che lo richiedeva di un salvacondotto <strong>per</strong> mandare un messo a<br />

Mantova, profittò del momento <strong>per</strong> domandare <strong>la</strong> liberazione di Antonio<br />

Quirini, ma l'im<strong>per</strong>atore, o chi <strong>per</strong> lui, fece intendere al Moro che il<br />

Quirini non poteva essere liberato, <strong>per</strong>ché « non si era reso a pati ma a<br />

discretion et <strong>per</strong>ò resterà prexon ». Dalle quali parole si capisce che<br />

se il Quirini avesse ceduto vilmente il nostro castello, l'im<strong>per</strong>atore avreb-<br />

(11) La caduta del castello di Camposampiero e <strong>la</strong> fine del nostro podestà, che valorosamente<br />

l'aveva difeso, sono cosi descritte dal Buzzacarino: «9 e 10 avosto 1510, el campo<br />

l'altra zornada andò a Canpo San Piero et fa preso el castelo a pati salvo l'avere e le<br />

<strong>per</strong>sone et fa preso il podesta venetiano che se domandava Antonio Quirini et fa meso su<br />

un cavalo co un basto et fa meso dredo (dietro) el campo et fa mandado a Trento ».<br />

M.scritto - Museo Civico di Padova, B. P. 552.<br />

(12) Federico Gonzaga, conte di Bozzolo, capitano dei cavalleggeri cesarei che, piu<br />

tardi, nel<strong>la</strong> battaglia di Ravenna, restò mortalmente ferito.<br />

(13) GLORIA: Di Padova dopo <strong>la</strong> lega di Cambrai, Pago 30.<br />

373


e premiato il tradimento col<strong>la</strong> libertà, ma poiché il generoso podestà<br />

volle opporre resistenza, <strong>per</strong> questo dovette restare prigioniero e 4 ).<br />

La Serenissima mandò allora podestà a Camposampiero, con 50 fanti<br />

di presidio, Giro<strong>la</strong>mo Baffo, che non era certo del<strong>la</strong> tempra del Quirini;<br />

i nemici intanto si aggirano attorno al nostro castello ed il Baffo teme<br />

e trema ed ascoltando <strong>la</strong> paura, madre di cattivi consigli, chiede al<br />

Consiglio dei X di allontanarsi <strong>per</strong> qualche tempo e ne ha <strong>per</strong> tutta<br />

risposta questo <strong>la</strong>conico comando: «Stia al suo posto »; onde egli deve<br />

restare a Camposampiero con i 50 fanti concessi e, compagna indivisibile,<br />

... <strong>la</strong> paura.<br />

La Serenissima intanto ricu<strong>per</strong>a Monselice, Lonigo, i castelli del Polesine<br />

e <strong>la</strong> città di Vicenza, e, traendo partito da alcune divergenze insorte<br />

fra il re di Francia e <strong>la</strong> Santa Sede, manda ambasciatori al Papa <strong>per</strong> <strong>la</strong><br />

riconciliazione, ottenuta il 24 Febbraio 1510; rappacificata col piti terribile<br />

avversario che, oltre ai mezzi materiali, disponeva dei mezzi spirituali<br />

e di un grande ascendente presso i popoli, Venezia attese a ricostituire<br />

i suoi eserciti a cui, dopo <strong>la</strong> morte del Pitigliano (avvenuta <strong>per</strong><br />

le grandi fatiche e le prolungate vigilie sostenute nell'assedio di Padova),<br />

assegnò come supremo condottiero Andrea Gritti. La saggia Repubblica<br />

attese anche a riordinare i servizi nelle città, già occupate dal nemico, a<br />

riparare i mali arrecati dal<strong>la</strong> invasione ed a mettere le città in stato di<br />

difesa.<br />

Frattanto i Francesi marciavano al<strong>la</strong> conquista di Vicenza e puntavano<br />

su Cittadel<strong>la</strong> onde Giro<strong>la</strong>mo Baffo, entrato in grandi apprensioni, domandò<br />

nuovamente a Venezia di assentarsi <strong>per</strong> motivi prudenziali eS);<br />

<strong>per</strong> sua fortuna i Francesi si avviarono verso Bassano e Marostica.<br />

Qualche tempo prima del<strong>la</strong> invasione di queste due città, e precisamente<br />

il 22 Giugno 1510, fu inviata da Venezia questa curiosa intimazione:<br />

Sanuto - VoI. X pago 617, 22 Giugno 1510. «Se comanda ai<br />

podestà de Bassan, Marostega, Cittadel<strong>la</strong>, Axolo e Camposampiero che<br />

fazeno publizi proc<strong>la</strong>mi che tutti conduchino i vini che hanno in Padova<br />

e Treviso sotto pena de esser sfondà le bote) e questo in termine di zorni<br />

tre ». Dopo un ordine di questo genere l'invasione non doveva tardare.<br />

Infatti i Francesi occuparono Vicenza, Cittadel<strong>la</strong> oltre Marostica e Bassano<br />

e le truppe veneziane ebbero ordine di ritirarsi a Padova e Treviso<br />

(14) Peccato che nell'ultima denominazione delle vie e delle piazze non siasi tenuto<br />

conto del nome di questo eroe, <strong>la</strong> cui famiglia ebbe anche vil<strong>la</strong> e possessi prediali a<br />

Camposampiero.<br />

(15) La lettera del Baffo è conservata nell'Archivio di Stato di Venezia. Capo del Consiglio<br />

dei X. Busta 112.<br />

374<br />

<strong>per</strong> provvedere al<strong>la</strong> difesa di queste città; <strong>per</strong>ò qualche pattuglia di<br />

Francesi, uscendo da Cittadel<strong>la</strong>, si spinse con poca fortuna questa volta<br />

verso Camposampiero onde il provveditore Contarini, il 25 Giugno 1510,<br />

da Camposampiero cosi scriveva a Venezia:<br />

Sanuto: VoI. X, pago 640 « .... chome ozi ha vendo passà <strong>la</strong> Brenta a<br />

Fontaniva trovoe 100 cavalli de inimizi et feno le man) preso il<br />

capitano Jacopo Ispano et 50 altri et 50 cavalli) il resto fuziteno ».<br />

Jacopo Ispano fu condotto prigioniero a Padova e, dalle sue generalità,<br />

si rilevò che « era homo de conto », cOSI il Sanuto.<br />

Ma questa scorribanda non era che l'avanguardia di piti numeroso<br />

esercito che, oltre passato il Brenta, marciò su Camposampiero di cui si<br />

impadroni nel<strong>la</strong> sera del 24 Giugno 1510, dopo furioso assalto.<br />

Questa volta Giro<strong>la</strong>mo Baffo, senza chiedere od aspettare il <strong>per</strong>messo,<br />

fuggi sul serio a Venezia, apportatore di tristi notizie. Sanuto: VoI. X,<br />

pago 633,26 Giugno 1510 «Hyeronimo Baffo zonto a Venezia referisce<br />

quel loco (Camposampiero) esser venudo in man de inimizi adeo tutti<br />

di là sono in fuga ». Il trionfo dei Francesi fu effimero e <strong>la</strong> loro <strong>per</strong>manenza<br />

a Camposampiero non si protrasse oltre i quattro giorni onde<br />

Alvise Dolfin, podestà di Noale, poteva scrivere a Venezia: Sanuto - VoI.<br />

X, pago 682, 30 Giugno 1510. « che i nemizi erano a Camposampiero<br />

sono partidi et hanno sachizato lo Monte di Pietà dieno (dicono o devono)<br />

tornar) erano cavalli 400 pedoni 600,. tutti i contadini sono fuziti ».<br />

Convien dire che i Francesi siano molto devoti alle tradizioni di razza,<br />

<strong>per</strong>ché anche nel Maggio del 1797, appena arrivati a Camposampiero,<br />

saccheggiarono il Monte di Pietà; è bene anche ricordare come, in questa<br />

epoca, i soli Francesi combattevano contro Venezia, <strong>per</strong>ché i Tedeschi,<br />

in segno di protesta contro Massimiliano che, sempre a corto di denaro<br />

e 6 ), da qualche tempo non li pagava, rivalicarono le Alpi, o si astennero<br />

dal combattere proc<strong>la</strong>mando quello che oggidi si direbbe lo scio<strong>per</strong>o<br />

bianco! Le notizie sensazionali ormai si susseguono. Sanuto - VoI. X,<br />

pago 690, 1 Luglio 1510: il podestà di Noale Alvise Dolfin, scrive a<br />

Venezia che « Iacomin Bazagin <strong>la</strong>orador (cioè contadino) de Camposampiero<br />

vien dal campo nemico ave era stato prexon ... e race,onta che i nemizi<br />

erano alozadi a S. Giorgio del Bosco et el Campo era levato gridando:<br />

Padoa Padoa! » Questo grido nel<strong>la</strong> bocca dei Francesi, era una mil<strong>la</strong>nteria<br />

e nul<strong>la</strong> piti. Troppo ben difesa era Padova e troppo stavano a<br />

cuore dei Veneziani le « Antenoree mura! ». La nostra cittadina invece<br />

(16) Massimiliano si trovò spesso in crisi finanziaria, onde passò al<strong>la</strong> <strong>storia</strong> col nomi·<br />

gnolo di Massimiliano senza denari.<br />

375


ebbe a provare un'altra volta l'insulto nemico ed infatti il provveditore<br />

di Padova, il 4 Luglio 1510, partecipava a Venezia una nuova scorreria<br />

dei nemici su Camposampiero, « adeo (cosi che) quelli de<strong>la</strong> contrà sono<br />

tuti in fuga et sono corsi fino al ponte de Vigodarzere ». Mentre si svolgevano<br />

questi fatti <strong>la</strong> Repubblica si maneggiava a tutto potere presso<br />

il Papa, presso l'im<strong>per</strong>atore e presso il re d'Ungheria, né tra<strong>la</strong>sciava di<br />

mandar ambasciatori al sultano di Turchia <strong>per</strong> richiederlo d'aiuto; ed i<br />

sussidi turchi non mancarono. Il Buzzacarino nel<strong>la</strong> Cronaca (pag. 275)<br />

riferisce come oltre 300 Turchi al servizio del<strong>la</strong> Serenissima furono fatti<br />

a pezzi dai Francesi, nel territorio compreso fra Limena e Camposampiero.<br />

Ma riprendiamo il racconto degli avvenimenti ché <strong>la</strong> via lunga ne sospinge<br />

su <strong>per</strong> il doloroso calvario ove è trascinata <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione di Camposampiero<br />

che vede il suo castello ripetutamente cadere in mano degli<br />

avversari, le case invase, depredati gli averi e, sotto l'incalzante avanzata<br />

delle orde nemiche, è costretta ad esu<strong>la</strong>re raminga. Anche questa<br />

seconda occupazione francese fu temporanea e seguita, al<strong>la</strong> distanza di<br />

qualche mese, da volontario abbandono, come rilevasi da una lettera<br />

diretta al Senato Veneto da Pietro Marcello, podestà di Noale. Il Marcello,<br />

rendendo conto del suo o<strong>per</strong>ato, cosi scrive: Sanuto - VoI. XI,<br />

pago 239, 8 Ottobre 1510 « ... come aja auto Camposampiero <strong>per</strong>ché<br />

niun v' era dentro et lui è con <strong>la</strong> zente et mandò 400 fanti a Padoa; et li<br />

è domino Alvise dei Dardani et fo provveditor Bertuzzi Contarini ».<br />

La fuga dei Francesi e <strong>la</strong> liberazione di Camposampiero apportarono<br />

straordinaria letizia ai nostri concittadini che inviarono tosto a Venezia<br />

onorevole ambasciata <strong>per</strong> manifestare al Senato congratu<strong>la</strong>zioni, ringraziamenti<br />

e proteste di obbedienza e fedeltà.<br />

Sanuto - VoI. X - 1510 « veneno a conseio alcuni cittadini et contadini<br />

del Collegio de Camposampiero ringraziando Idio e <strong>la</strong> Illustrissima<br />

Signoria vostra esser ritornadi sotto S. Marco <strong>la</strong>udando Sier Bertuzzi<br />

loro provveditor ».<br />

Non credo che nessun governo abbia saputo con si felice esito cattivarsi<br />

l'affetto dei sudditi quanto seppe fare e riuscl ad ottenere quello<br />

di Venezia; di solito, a torto od a ragione, i sudditi disprezzano, odiano<br />

o <strong>per</strong> lo meno circondano di indifferente apatia i loro governi; fra Venezia<br />

invece ed i propri sudditi e fra questi e quel<strong>la</strong>, corsero sempre quei<br />

l'apporti che, in bene ordinata famiglia, devono passare fra padre e figli e<br />

tra figli e padre.<br />

Il Sanuto, sotto il giorno 29 Ottobre 1510, ci riferisce che, venuti a<br />

patti Veneziani e Tedeschi, questi restituirono <strong>la</strong> libertà ad Antonio Qui-<br />

rini, quelli, <strong>per</strong> contraccambio, cedettero ai Tedeschi un certo Giovanni<br />

de Montibus, catturato in uno scontro a Serravalle.<br />

Degli avversari del<strong>la</strong> Repubblica si erano ritirati dal<strong>la</strong> lega soltanto il<br />

pontefice Giulio II e, <strong>per</strong> il suo consiglio, Ferdinando di Spagna; continuavano<br />

invece a combattere il re di Francia e Alfonso d'Este, duca di<br />

Ferrara. La guerra si combatteva entro e fuori del territorio veneto,<br />

massimamente in Lombardia ed in Romagna, mentre nei nostri paesi,<br />

piti che vera guerra, continuava una guerriglia incessante, a base di<br />

scorrerie e di rappresaglie, <strong>per</strong>petrate dai soldati Francesi qua e là annidati.<br />

La posizione di Camposampiero in questo tempo era diventata<br />

oltremodo difficile, <strong>per</strong>ché i vicini castelli (17) erano ancora occupati dai<br />

nemici che di quando in quando, uscendo dalle rocche o dagli accampamenti,<br />

si gettavano sulle nostre campagne a commettere ribalderie.<br />

Onde Venezia, giustamente al<strong>la</strong>rmata da tale penosa situazione creata<br />

ai Camposampierini, fino dai primi mesi del 1511 provvide a presidiare<br />

stabilmente il nostro castello con alcune centinaia di cavalleggeri, capitanati<br />

da Meleagro di Forli e, nelle praterie del territorio, fece accampare<br />

alcune centinaia di balestrieri e di stratioti (soldati delle colonie<br />

greche). La <strong>per</strong>manenza di queste truppe rialzò alquanto il morale dei<br />

Camposampierini e sempre piti li affezionò al<strong>la</strong> Serenissima che aveva<br />

pensato e provveduto presto e bene al<strong>la</strong> loro difesa.<br />

E Meleagro da Forli ed il Contarini non hanno che da lodare il contegno<br />

dei loro reparti e possono assicurare <strong>la</strong> Serenissima che se i nemizi<br />

venissero a dar bataja avriano fato grandissima becharia (sic): <strong>la</strong><br />

re<strong>la</strong>zione dei predetti capitani aggiunge che i nemici erano <strong>per</strong> <strong>la</strong> piu<br />

parte todeschi, franzesi e sguizari ... che il loro rancio consisteva in carne<br />

(rubata nelle nostre stalle) fasuoli et rave (Sanuto - VoI. XIII, pago 12)<br />

e ci fa sa<strong>per</strong>e inoltre che il Baffo, passata <strong>la</strong> fiffa, era ritornato al suo<br />

posto ... sempre <strong>per</strong>ò colle narici in alto, fiutando l'aere infido ... e sempre<br />

pronto a ritirate strategiche. Diamine! aveva ancor paura con un<br />

presidio di valorosi soldati pronti a far becharia dei nimizi! Federico<br />

Contarini non se ne sta ad aspettare <strong>la</strong> venuta del nemico, ma corre a<br />

provocarlo nelle rocche di Castelfranco e di Asolo, ove erasi trincerato<br />

procurando di attirarlo a battaglia campale e, riuscito vano il tentativo,<br />

lo molesta nelle sue o<strong>per</strong>azioni, lo deruba delle vettovaglie e non ristà<br />

finché, onusto di bottino e di gloria, non ritorna a Camposampiero tra<br />

gli app<strong>la</strong>usi dei nostri concittadini.<br />

(17) Di Cittadel<strong>la</strong>, Castelfranco.<br />

377


Una lettera, scritta da Federico Contarini al fratello Marcantonio, ci dà<br />

ragguaglio di una ardita e fortunata incursione compiuta.<br />

Riporto il documento nel testo integrale: Sanuto - VoI. XII, pago 520,<br />

521, 14 Settembre 1511. «Siccome heri scrissi cavalcai con cavalli da<br />

500 fra balestrieri e stratioti e andai fino a Camposampiero dove zonto<br />

che fui intesi che <strong>la</strong> scorta dei nemizi doveva venir a levar cassoni de pane<br />

nel qual locho era preparato. Mi levai a mezzanotte <strong>per</strong> far l'effetto predicto<br />

e cavalcai tanto che all'alba del giorno, questa mattina m'imboscai<br />

fra Castel Franco due millia e piu el feci benissimo di scoprire le strade<br />

da ogni banda aziò venendo loro facessero conto con nui et ivi steti ascoso<br />

<strong>per</strong> spatio di ore 6 che mai alcun inimico comparse, scorsi un pezzo<br />

avanti de circa sei milia oltre Asolo <strong>per</strong> intender del campo nemico, del<br />

quale fu mai possibile potesse sa<strong>per</strong>e cosa alcuna <strong>per</strong> esser il paese inabitato.<br />

Mandai 50 cavalli electi dei stratioti con commissione d'assaltarne<br />

il campo aver far qualche prigione tanto che si intenda in qual locho se<br />

trova eso campo. Deti volta et vini a le porte di Castelfranco corrando et<br />

<strong>per</strong> lo spatio di due ore gli feci dare battaglia ed attacare il foca al<strong>la</strong> porta,<br />

tanto che entramo dentro, facemo prigionieri el Commissario che è<br />

zentilhomo pavese fanti XX cavalli 12 et otto fornari che facean'o il pane<br />

<strong>per</strong> il campo. Feci sachizare tutto il pane che si attrovava dentro et le<br />

farine et assai formenti sono sta tolti in modo che tutti gli stratioti che<br />

balestrieri si cargono i suoi cavalli chi di pane chi di farina et qual di<br />

formento. Ruinai prete rea acta forni e poi mi avviai a Camposampiero»<br />

e 8 ).<br />

E Meleagro non vuoI esser da meno del Contarini e, nell'illustre arringo,<br />

contende al collega <strong>la</strong> palma dell'onore scagliandosi con i suoi<br />

veloci ed intrepidi cavalleggeri al<strong>la</strong> caccia dei nemici e, quanti ne trova,<br />

sguizari, todeschi e franzesi qua e là dis<strong>per</strong>si a razziare, a commettere ribalderie,<br />

tutti li uccide, salvando cosi il paese dalle invasioni dal<strong>la</strong> parte<br />

di Noale, come il Contarini lo salva da quel<strong>la</strong> di Castelfranco. Sanuto,­<br />

VoI. XIII, pago 95, 96, 13 Ottobre 1511, « dopo disnar fa Pregadi (cioè<br />

si tenne il Consiglio dei Pregadi) et lecto una letera de domino Meleagro<br />

da Forlì da Camposampiero di quanto à fatto contro i nemici che par sia<br />

sta lu quello che mandoè a Noal contro i nemici ».<br />

Ai mali provenienti dai nemici, durante <strong>la</strong> guerra spesso si aggiungono<br />

quelli causati dai ribaldi che, approfittando dello scompiglio universale<br />

e del<strong>la</strong> impossibilità di ottenere <strong>la</strong> osservanza del<strong>la</strong> legge, commettono<br />

(18) L'impresa audace del Contarini è ricordata dal Bembo nel Libro XII delle Storie<br />

Venete. Pago 608, Venezia 1747.<br />

impunemente ogni sorta di scelleratezze a danno di pacifici ed inermi<br />

cittadini; 1Jno di q1Jesti figuri che, colle sue malefatte, si procacciò bmtta<br />

fama fu 1Jn certo Bonturel<strong>la</strong> da Bassano, catt1Jrato da alcuni contadini di<br />

Camposampiero e consegnato nelle mani dell'a1Jtorità.<br />

San1Jto - VoI. XIII, pago 29-30 Dicembre 1511 scrive che i Rettori di<br />

Padova hanno com1Jnicato a Venezia « come i vil<strong>la</strong>ni de Camposampiero<br />

havevano preso Bonturel<strong>la</strong> da Bassan grandissimo rebello et lo manda<br />

di lì, el quale merita mille forche <strong>per</strong> li danni fatti et lo examineranno<br />

et sarà punito juxta li suoi demeriti ».<br />

Il Bonturel<strong>la</strong> fu mandato a Padova <strong>per</strong> essere gi1Jdicato e condannato<br />

da q1Jel podestà, non avendo quello di Camposampiero giurisdizione<br />

penale, ma solo civile.<br />

Con <strong>la</strong> cattura di Bonturel<strong>la</strong>, el quale merita mille forche (!), si chiude<br />

<strong>per</strong> Camposampiero il primo <strong>per</strong>iodo del<strong>la</strong> guerra di Cambrai; lo stato<br />

di servizio del nostro castello finora è questo : occupato una volta dal<br />

fedifrago Trissino, una volta dai Tedeschi e due dai Francesi, sempre<br />

ritornò sotto <strong>la</strong> dominazione di Venezia che, ad impedire ulteriori invasioni,<br />

vi mise uno stabile presidio al comando di eccellenti condottieri.<br />

Danni spirit1Jali, morali ed economici certo ve ne furono durante<br />

questo <strong>per</strong>iodo avventuroso, ma due anni di treg1Ja, vi posero riparo.<br />

Ed ora tra<strong>la</strong>scierò momentaneamente <strong>la</strong> cronaca di Camposampiero <strong>per</strong><br />

riprendere <strong>la</strong> <strong>storia</strong> di ben pili importanti avvenimenti a cui sono collegati<br />

i fatti, purtroppo ancora dolorosi, che si svolsero quivi. Dirò adunque<br />

come, verso <strong>la</strong> fine dell'anno 1511, Gi1J1io II interpose i suoi buoni<br />

1Jflici <strong>per</strong> <strong>la</strong> conciliazione tra l'im<strong>per</strong>atore Massimiliano e Venezia ed<br />

ancora che, falliti i negoziati, lo stesso Papa si ado<strong>per</strong>ò <strong>per</strong> conchiudere<br />

<strong>la</strong> Lega Santa (4 Ottobre 1511) fra <strong>la</strong> Serenissima e Ferdinando il<br />

Cattolico di Spagna coll'intento di cacciare i Francesi d'Italia e 9 ). Ma <strong>la</strong><br />

grande vittoria di Ravenna, riportata da Gastone Foix (11 Aprile 1512)<br />

contro Spagnuoli, pontifici e Veneziani capitanati da Raimondo Cardona,<br />

ind1JSse <strong>la</strong> Serenissima a staccarsi dal Pontefice e dagli Spagnoli e ad accogliere<br />

le proposte venute da Luigi XII, di 1Jna alleanza offensiva e difensiva<br />

tra <strong>la</strong> Francia e <strong>la</strong> Repubblica.<br />

In virtli di tale trattato, che molto astutamente si aspettò a sotto-<br />

(19) Giulio II faceva queste confidenze all'oratore veneto Donato: «questi franceSI<br />

mi à tolta <strong>la</strong> fame e no dormo, e questa note mi levai a pasizar <strong>per</strong> <strong>la</strong> camera che non<br />

poteva dormir ».<br />

379


scrivere dopo <strong>la</strong> morte di Giulio II eD), i Veneziani si obbligarono di<br />

aiutare Luigi XII nel<strong>la</strong> conquista del ducato di Mi<strong>la</strong>no e questi <strong>per</strong> compenso<br />

si obbligò di aiutarli nel<strong>la</strong> ricu<strong>per</strong>azione delle città di Terraferma,<br />

possedute prima del<strong>la</strong> guerra.<br />

Conchiuso il trattato il re di Francia restitui a Venezia il prode Bartolomeo<br />

d'Alviano al quale, con solenne funzione religiosa celebrata nel<strong>la</strong><br />

basilica marciana, furono consegnati il vessillo di San Marco ed il bastone<br />

del comando supremo dell'esercito veneziano.<br />

I Francesi, diretti al<strong>la</strong> conquista del ducato di Mi<strong>la</strong>no, attraversate<br />

le Alpi, giunsero a Novara e là furono affrontati dagli Svizzeri che con<br />

furibondo assalto misero lo scompiglio nel campo francese e, impadronitisi<br />

delle artiglierie, le rivolsero contro il nemico, mentre <strong>la</strong> cavalleria<br />

impigliata nelle paludi ed incapace di manovrare dovette ritirarsi in<br />

disordinata fuga (6 Giugno 1513). L'Alviano, che attendeva sulle rive<br />

dell'Adige, conosciuta <strong>la</strong> disfatta dei Francesi e <strong>la</strong> marcia degli Spagnu<br />

oli verso Vicenza e Padova si affrettò a raggiungere quest'ultima<br />

città che muni e fortificò con o<strong>per</strong>e belliche e presidiò con numeroso esercito.<br />

Intanto il Cardona, avvicinatosi al<strong>la</strong> città, ne tentava l'assalto, ma<br />

ributtato dal valore dei difensori, quasi a ricattarsi dello smacco subito,<br />

riversò le sue orde nel territorio padovano, incendiando e saccheggiando<br />

ville e castelli, anzi il burbanzoso, spintosi fino all'orlo delle <strong>la</strong>gune, ordinò<br />

che da Marghera si tirassero alcuni colpi di cannone su Venezia e l ).<br />

Sdegnato l'Alviano <strong>per</strong> tale notizia, impaziente di starsene rinchiuso entro<br />

le mura e desideroso di compiere qualche impresa a vantaggio del<strong>la</strong> patria,<br />

usci in campo contro il nemico coll'audace proposito di chiudergli<br />

le vie del<strong>la</strong> ritirata; ma il Cardona, intuito il <strong>per</strong>icolo, affrettò <strong>la</strong> fuga dei<br />

suoi soldati.<br />

Ed ora il corso degli avvenimenti mi costringe ad occuparmi nuovamente<br />

di Camposampiero che, anche questa volta, segnerà nel<strong>la</strong> <strong>storia</strong><br />

una pagina dolorosa ed illustre, se patire <strong>per</strong> <strong>la</strong> patria è sempre cosa<br />

gloriosa e bel<strong>la</strong>.<br />

Prendo di nuovo a guida il Sanuto e riporto colle mie parole il fedele<br />

riassunto del<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione che il cancelliere di Bartolomeo d'Alviano spedi<br />

a Venezia.<br />

(20) Giulio II mori <strong>la</strong> notte fra il 20 ed il 21 Febbraio 1513, fra il cordoglio dei Romani,<br />

i quali sentivano che uno spirito regale era trapassato: cosi il GREGOROVIUS. Il trattato<br />

di Blois fu sottoscritto il 12 Maggio 1513.<br />

(21) La re<strong>la</strong>zione del vicerè Cardona contiene queste parole: «E se avessi auto i due<br />

canoni di S. Maestà Cesarea avrei canoneggiato in cuore <strong>la</strong> città fino al<strong>la</strong> piazza di San<br />

Marco ».<br />

La mattina del 2 Ottobre del 1513 giungono a Padova notizie che i<br />

cesarei, (Spagnuoli e Tedeschi capitanati dal Cardona), saccheggiate Montagnana<br />

e Piove di Sacco nell'andata, e nel ritorno Marghera, Mestre e<br />

Noale, sono arrivati a Camposampiero e dicono di riversarsi su Padova;<br />

a tale notizia l'Alviano richiama il suo spirito eroico, raduna i soldati<br />

nel<strong>la</strong> basilica di S. Antonio, li arringa, li anima a piombare sul nemico<br />

<strong>per</strong> arrestarlo e trucidarlo nello stesso campo di invasione, promette<br />

premi ai valorosi, a tutti <strong>la</strong> vittoria; le sue parole infiammano l'uditorio<br />

e <strong>la</strong> basilica diventa un mare che freme e ondeggia; da tutti e da <strong>per</strong> tutto<br />

si grida: ... Viva S. Marco! Fuori i barbari! Avanti al<strong>la</strong> vittoria! Una nobile<br />

gara tosto si accende fra coloro che aspirano di portare lo stendardo,<br />

l'onore è ambito da tutti, ma <strong>la</strong> sorte favorisce Carlo fiol del conte Bernardin<br />

e 2 ), attorno al quale fa ressa il fiore del<strong>la</strong> gioventu padovana <strong>per</strong><br />

contendergli il nobile ufficio e chi offre 500, chi 600 ducati, <strong>per</strong>ché ceda<br />

il posto dell'onore, ma quegli risponde fieramente che <strong>per</strong> tutto l'oro<br />

del mondo non l'avrebbe fatto. In fretta, in fretta l'esercito, composto di<br />

qualche migliaio di stratioti, balestrieri, cavalleggeri, cui si aggiungono<br />

circa 2000 giovani volontari del<strong>la</strong> città e del contado, si mette in ordinanza<br />

e marcia contro il nemico. Assieme all'Alviano si muovono Giulio<br />

Manfron da Vicenza con 500 soldati, e Paolo Balioni da Treviso con<br />

circa 6000 huomini e de zente fur<strong>la</strong>na et trevisana) col fermo proposito di<br />

ostruire al nemico le vie del<strong>la</strong> ritirata. Il Cardona, niente spaventato<br />

dal<strong>la</strong> minaccia, prende <strong>la</strong> risoluzione di aprirsi <strong>la</strong> via attraverso il campo<br />

avversario, ma, nel<strong>la</strong> esecuzione del<strong>la</strong> temeraria manovra, molti dei suoi<br />

soldati si sbandano e sono inseguiti dai Veneziani che, come veltri<br />

sguinzagliati al<strong>la</strong> caccia, li attendono al guado dei fiumi, allo sbocco delle<br />

vie, li rinserrano nelle valli, li dis<strong>per</strong>dono fra i monti o li costringono a<br />

venire alle mani, catturando i pochi su<strong>per</strong>stiti dal<strong>la</strong> pugna.<br />

Ma ritorniamo a Camposampiero ed al fedele Sanuto - 2 Ottobre 1513.<br />

« I nemizi questa notte (dal 1 al 2 Ottobre) sono alozati a Cam posampiero<br />

e il campo nos,tro è al<strong>la</strong> campagna ... questa notte essi lo intesono<br />

et allor sono fuziti verso il Brenta in susa» e 3 ).<br />

E quanti erano i nemici? Dal<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione del cancelliere dell'Alviano<br />

si capisce che l'esercito del Cardona era un'accozzaglia arlecchinesca di<br />

4000 spagnoli, 2000 schioppettieri todeschi) 1200 huomeni d'arme)<br />

in prevalenza sguizzari e 600 cavalli senza barde) ..... su <strong>per</strong> giu 8000<br />

(22) Il conte Bernardino d'Antigno<strong>la</strong>, nipote dell'Alviano.<br />

(23) PAOLO GIOVIO nel Libro delle sue Storie, pago 270 cosI racconta <strong>la</strong> fuga degli Spagnoli<br />

e <strong>la</strong> conseguente liberazione di Camposampiero: «Erano alloggiati gli Spagnuoli<br />

a Camposampiero quando venne loro nuova che il Liviano con tutto l'esercito s'era ferma-


s,aldati, senza vestiti, senza vettovaglie, senza disciplina, senza causa<br />

buona da difendere; hano consumato tuto il biscoto e tuta <strong>la</strong> nocte fanno<br />

cusinar carne maxime le fanterie (al<strong>la</strong> provvisione del<strong>la</strong> carne pensavano<br />

le nostre stalle), né lo stato morale di questa masnada era migliore dello<br />

stato economico, poiché si ha <strong>per</strong> <strong>per</strong>sone fuzite che i nemizi tremano<br />

dicendo non avrebbero mai pensato el campo uscisse. I nemici fuggono,<br />

incalzati e premuti alle spalle dalle ardimentose truppe dell'Alviano ed,<br />

abbandonato il territorio di Camposampiero, ad altro non pensano che<br />

a mettersi in salvo tentando il guado del Brenta chi a Curtarolo, chi a<br />

Vigordarzere, chi a Fontaniva; in breve ora le rive del Brenta formico<strong>la</strong>no<br />

di soldati fuggenti incalzati dai Veneziani, molti cadono sul campo, molti<br />

sono fatti prigionieri ed altri, con fuochi accesi durante <strong>la</strong> notte, tengono<br />

a bada i Veneziani mentre si affrettano a raggiungere <strong>la</strong> opposta<br />

riva, cosicché nel mattino seguente (3 Ottobre 1513) quelli, movendo<br />

all'assalto, non trovano piu il nemico, ma vedono al di là de <strong>la</strong> Brenta<br />

un gran spolverio, indizio che il nemico si era messo in salvo. - Sanuto<br />

- VoI. XVII, pago 140, 5 Ottobre 1513.<br />

« La matina par tempo molti patrici sono a S. Marco credendo sa<strong>per</strong><br />

qualche bona nova e <strong>la</strong> rottura del campo nemico, arriva noticie di<br />

Sier Jacopo Malipiero p,adestà de Camposampiero come è ritornato al<strong>la</strong><br />

sua podestaria ave è stato i nemici e da presso hanno brusado solum<br />

15 case ... molti fuziteno del campo nemico et dicti esser vicini al<strong>la</strong><br />

Brenta e di là a Cittadel<strong>la</strong> e temono molto nel passar le nostre artellerie ...<br />

aver inteso che il Bajon (Paolo Balioni) ed il Gritti esser sopra <strong>la</strong> sua<br />

podestaria ...... N oal è sta tuta brusado ch' è stà grandissima compassion ».<br />

Una lettera, trovata nelle saccoccie di un soldato tedesco ammazzato<br />

sui monti vicentini, contiene il fedele rapporto delle o<strong>per</strong>azioni eseguite<br />

dal Cardona negli ultimi giorni di Settembre e nei primi giorni di Ottobre<br />

1513; <strong>la</strong> riferisco sunteggiata.<br />

Sanuto - VoI. XVII, pago 184. Racconta adunque <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione come<br />

il Cardona ed i soldati, saccheggiate ed incendiate le borgate di Montagnana,<br />

Este e Bovolenta, si diressero verso Piove di Sacco che fu sachizada<br />

et brusada...... di là passarono a Lizzafusina e minacciarono<br />

Venezia ... quindi a Mestre ove ammazzarono cento inermi cittadini, poi<br />

a Marghera che rasero al suolo; le suppellettili delle case e dei pa<strong>la</strong>zzi<br />

to al di là de <strong>la</strong> Brenta et quivi desideroso di battaglia et di vendetta, era <strong>per</strong> vietargli<br />

con l'armi che non passassero il fiume. Questa cosa pose fine al rubare et al far male <strong>per</strong><br />

lo che essendo sospesi li animi di ognuno tutti i piu animosi soldati ancora non pensavano<br />

piu d'assassinare crudelmente gli habitat ori nè d'ab bruciare quel bellissimo castello (cioè<br />

Camposampiero) ma in che modo potevano riportar le prede e difendere <strong>la</strong> vita ».<br />

signorili nuotavano assieme ai tizzoni nel<strong>la</strong> <strong>la</strong>guna; nel momento di abbandonare<br />

Mestre si obbligarono con un voto di abbruciare i paesi <strong>per</strong><br />

i quali dovevano passare, e Noale, primo di tutti, es<strong>per</strong>imentò <strong>la</strong> loro<br />

crudeltà, a Camposampiero arrivarono <strong>la</strong> sera del 1 Ottobre e 4 ) e poco<br />

di male poterono fare <strong>per</strong> l'oscurità del<strong>la</strong> notte senza luna, peggio certamente<br />

avrebbero fatto al mattino, se <strong>la</strong> notizia che Sior Bortolo Livian<br />

(Bartolomeo d'Alviano) era uscito da Padova con gran quantità de<br />

zente et artellerie coll'intenzion de proibir et passar de <strong>la</strong> Brenta, non li<br />

avesse fatti desistere dall'idea del saccheggio <strong>per</strong> darsi a precipitosa<br />

fuga ... La lettera riferisce anche che i nostri contadini uscirono con archibugi<br />

a caricare <strong>la</strong> ritirata degli Ispano-Tedeschi. I cesarei fuggirono<br />

verso Vicenza ove si riordinarono, si raccolsero e, aumentati da altre<br />

truppe discese da oltr'Alpe, affrontarono i Veneziani con esito fortunato<br />

(7 Ottobre 1513), quindi si ritirarono nelle rocche di Este e Montagnana<br />

attendendo <strong>la</strong> buona stagione; allora li vedremo nuovamente<br />

piombare su Camposampiero.<br />

Fu detto da molti (Bonifacio, Salomon, Tentori) che il nostro castello<br />

fu interamente distrutto dalle soldatesche del Cardona. Quanto<br />

vi sia di veritiero in questa affermazione, il fedele racconto del Sanuto<br />

lo dimostra: i cesarei distrussero 15 case e non piu. Dopo queste notizie<br />

di capitale importanza <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>storia</strong> di Camposampiero, il Sanuto piu<br />

non si occupa del<strong>la</strong> nostra cittadina <strong>per</strong> tutto il 1513, segno questo che<br />

<strong>la</strong> calma era ritornata dopo tanti sconvolgimenti e tante rovine. Nel<br />

Gennaio 1514 nuovamente fa capolino il nome di Camposampiero <strong>per</strong> un<br />

caso strano che riferisco, a prova del<strong>la</strong> buona fede degli uomini di quel<br />

tempo in genere e del Sanuto in ispecie.<br />

Sanuto - VoI. XVII, pago 506, Gennaio 1514. « Non voglio restar da<br />

scriver quelo che ozi intesi che <strong>la</strong> nocte che segui l'inzendio de Rialto eS)<br />

(24) La re<strong>la</strong>zione concorda con quanto scrisse il BUZZACARINO: 1-2 Ottobre 1513 ... el<br />

Vicio Re (Cardona) intese che el sior Bortolomio (l'Alviano) era uxito de Padova subito fece<br />

levare lo esercito da Mestre e andò <strong>la</strong> note a lozar a Canpo San Piero et fece brusare<br />

Mergera e Mestre, l'altra matina se sepe certo che Missier Bortolomio era andà a Vicenza<br />

et li soldati mormorava molto ... et Vicio Re sorprese alcuni vil<strong>la</strong>ni che asseriva et campo<br />

!IO era andà fora de Padova et il Vieto Re se levò da Campo San Piero et andò a Cittadel<strong>la</strong><br />

». BUZZACARINO: Op. cito<br />

E lo SPAZZARINI, Op. cit., pago 227: «hostes Noale cas/rum deinde Campi Sancti<br />

Petri oppida incendio vastant, onusti demum grandi bovum proeda quos inter coeteram<br />

agrestem proedam ducebant ad Sanctam Crucem, agri Cittadel<strong>la</strong>e ».<br />

(25) È il famoso incendio di Rialto avvenuto il 1. Gennaio 1514, che distrusse gli<br />

uffici addetti al commercio interno ed esterno, al<strong>la</strong> navigazione, ai dazi ed all'annona; <strong>la</strong><br />

cui ricostruzione fu affidata al valente architetto Antonio Scarpagni detto Scarpagnino,<br />

mentre il ponte di Rialto, anticamente di legno, fu costruito nel<strong>la</strong> forma attuale da Antonio<br />

da Ponte nel 1588.


adì 5 Zener el luni vegnendo al marti e il zorno Sier Antonio Quirini era<br />

a Camposampiero et vete (vide) de zorno tre soli in cielo certissimo e<br />

l'arco balen de soto al<strong>la</strong> roversa zio è co le ponte in suso e cossa de grandissimo<br />

pr,odigio molti, de lì lo veteno (videro) e poi <strong>la</strong> nocte vete tre<br />

lune in ciel certissimo et pubblico lo dice a chi voI sentir ».<br />

La curiosa notizia serve di intermezzo tra l'uno e l'altro atto del<br />

dramma che tosto continua, e purtroppo con fosche tinte <strong>per</strong> Camposampiero;<br />

fallite le pratiche iniziate da Papa Leone X <strong>per</strong> <strong>la</strong> pace, <strong>per</strong>ché<br />

Venezia non voleva abbandonare l'alleanza del<strong>la</strong> Francia, e neppure<br />

aderire alle pretese di Massimiliano sul<strong>la</strong> città di Verona, nel<strong>la</strong> primavera<br />

1514 Tedeschi, Svizzeri e Spagnuoli escono dagli accampamenti di<br />

Este e Montagnana e cominciano a razziare sul padovano e sul trevisano;<br />

ricominciano quindi i tormenti <strong>per</strong> <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione di Camposampiero<br />

che deve prendere ancora <strong>la</strong> via dolorosa dell'esilio.<br />

Sanuto - VoI. XVIII, pago 293,23 Giugno 1514. « Non voglio restar<br />

da scrivere come ozi vidi ritornar cossa de me<strong>la</strong>nconia a chi <strong>la</strong> vede, ch' era<br />

poveri contadini de Miran, Camposampiero, Noal, Castelfranco e vile fuzer<br />

tutte di Marghera quì con tante carghe de roba, <strong>la</strong>ssando le lor case,<br />

et cossì venivano assai barche, ma durò poco che <strong>la</strong> mattina seguente<br />

inteso ebeno i nemizi non venir più avanti imo esser retornadi a Cittadel<strong>la</strong><br />

visentina etiam loro vil<strong>la</strong>ni soprastano a venir in ste <strong>la</strong>gune e ritornano<br />

a caxa ».<br />

Anche questa volta <strong>per</strong>ò Venezia, a mezzo dell'Alviano, provvide in<br />

modo adeguato al<strong>la</strong> sicurezza dei Camposampierini. Sanuto XVIII, pago<br />

345, 12 Luglio 1514. « ... Come havendo inteso i nemici aver mandato<br />

una grossa cavalcata de homeni d'arme 150 cavalieri tizieri verso Camposampiero<br />

aver parso a lui capitan zeneral di mandarli incontro circa 300<br />

homeni d'arme et cavalieri lizieri ... di che se s<strong>per</strong>a trovando i nemizi di<br />

loro arano vittoria ».<br />

Ancora una nube incombe sul cielo di Camposampiero, un'altra volta<br />

ancora i Camposampierini devono trepidare sul<strong>la</strong> loro sorte, su quel<strong>la</strong><br />

dei loro figli e delle loro sostanze. Sanuto - VoI. XX, pago 251, 1 Luglio<br />

1515: «Di Treviso Sier Jacomo Trevixan podestà et capitanio averte<br />

come era zonto el cava<strong>la</strong>ro che tien a li passi de <strong>la</strong> Brenta e referisce questa<br />

mane <strong>per</strong> tempo 200 cavalli dei nemizi con fanti in groppa esser passà<br />

<strong>la</strong> Brenta a Fontaniva et vano facendo dani et par siano ca<strong>la</strong>ti su quel de<br />

Camposampiero ». Erano le ultime avvisaglie del grande cataclisma bellico,<br />

ormai su<strong>per</strong>ato.<br />

La guerra di Cambrai terminò con <strong>la</strong> battaglia di Melegnano (13 Settembre<br />

1515) vinta dai Francesi, soccorsi nell'ora decisiva dalle truppe<br />

\,Tenete al comando del grande d'Alviano; dopo di essa i cesarei ripassarono<br />

le mal vietate Alpi, Cardona ritornò a Napoli, i Francesi nel<strong>la</strong> loro<br />

patria, Venezia riebbe quasi tutti i possessi di Terraferma e 6 ), e Camposampiero<br />

non soffri piu molestie <strong>per</strong> <strong>la</strong> durata di quasi tre secoli.<br />

La cronaca camposampierina del Sanuto si chiude con un atto di sovrana<br />

clemenza che <strong>la</strong> Serenissima usò ai nostri concittadini e non fu<br />

certo il solo, né l'ultimo.<br />

Sanuto - 39 Maggio 1521. «Se intese <strong>la</strong> tempesta de jeri aver fato<br />

dano et tempestà su quel de Camposampiero ». E tosto segue. Sanuto -<br />

4 Giugno 1521. «Fo scritto al podestà de Camposampiero che alcune<br />

vile stante <strong>la</strong> tempesta stada et alcuni vi<strong>la</strong>ni nominati nelle le te re siano<br />

esenti <strong>per</strong> tre anni da angarie <strong>per</strong>sonali ».<br />

Da questo, come da altri simili atti, si capisce <strong>per</strong>ché il governo di<br />

Venezia e <strong>la</strong> sua autorità fossero ricambiati con fedeltà e con affetto filiale<br />

da parte dei sudditi.<br />

A compimento di quanto ho narrato intorno al<strong>la</strong> guerra di Cambrai<br />

aggiungerò che nell'Archivio del Consiglio dei X (Archivio di Stato Venezia)<br />

trovasi un codice intito<strong>la</strong>to: «Alfabeto nel quale sono descritti<br />

li nomi e cognomi di tutti li cittadini di Padova e territorio che negli anni<br />

1509 e 1510 furono licenziati come ribelli ».<br />

Riporto quanto interessa Camposampiero.<br />

Carcerati<br />

Domenego T orniego da Camposampiero.<br />

Mandati da qui aIe preson<br />

«Nicolò da Camposampiero el<br />

so nepote comandato vegnir de qui<br />

ut in litteris soprasignatis n. 3 del<br />

Accusa<br />

« S padazin in 5 aprilis C. 4 a tergo<br />

non dice altro salvo che el sia<br />

domandà sier Benedetto Vitturi, zenero<br />

de missier Piero Balbi.<br />

Accusa<br />

« Spadazin dise nel<strong>la</strong> sua re<strong>la</strong>zion<br />

de dì 5 aprile C. 3 a tergo circa finem<br />

che el fo mandato <strong>per</strong> suspec-<br />

(26) La guerra di Cambrai ritolse a Venezia le città di Cremona, Rovereto, Trento ed<br />

alcuni castelli di Romagna.<br />

25


num, de XI similiter mandati et<br />

uno suo nepote, le letere no dichiarano<br />

el nome ».<br />

Alvise Maria dice no averlo mai<br />

veduto né sa<strong>per</strong> el nome.<br />

to, ha poco poder, ma che el fu<br />

mandà <strong>per</strong> esser venudo un famegio<br />

del campo degli inimizi et aloxò in<br />

casa sua; et el fiol de D. Iulio da<br />

Codegno<strong>la</strong> el fece intender ».<br />

In conclusione nel <strong>per</strong>iodo del<strong>la</strong> guerra di Cambrai, Camposampiero<br />

diede due ribelli, anzi uno solo, giacché il conte Nicolò Camposampiero,<br />

piti tardi bandito e che un documento del 1515 dimostra ancora <strong>la</strong>titante,<br />

risiedeva a Padova.<br />

v<br />

LA PESTE DEL 1631 A <strong>CAMPOSAMPIERO</strong>


SOMMARIO: Memorie di antiche pestilenze. - La peste del 1436 illustrata dal poeta<br />

Baratel<strong>la</strong>. - La peste del 1631. - Sintomi iniziali e progressivo sviluppo. - Sua<br />

strage. - Provvedimenti presi dall'autorità. - Lazzaretto. - Sequestro. - Tumu<strong>la</strong>zione<br />

degli appestati. - Rastrelli. - Numero approssimativo delle vittime.<br />

Fra le ma<strong>la</strong>ttie contagiose che, nei secoli andati, maggiormente travagliarono<br />

<strong>la</strong> società, quel<strong>la</strong> che fece piti numerose vittime e con piti frequenza<br />

inneri fu certamente le peste bubbonica; e <strong>la</strong> <strong>storia</strong> antica ci ha<br />

tramandato il dolorante ricordo di terribili epidemie che invasero e spopo<strong>la</strong>rono<br />

l'Italia e con essa buona parte d'Europa, mentre <strong>la</strong> <strong>storia</strong> recente<br />

ricorda le pestilenze del 1436, del 1555, del 1576 e quel<strong>la</strong> piti<br />

spaventosa del 1631 che, <strong>per</strong> fortuna, fu l'ultima.<br />

Una elegia di Antonio Baratel<strong>la</strong> ci fornisce sicure e pietose notizie<br />

sui danni causati dal<strong>la</strong> peste del 1631; <strong>la</strong> riporterò quivi nel testo originale<br />

e nel<strong>la</strong> traduzione.<br />

Dal<strong>la</strong> lettura si comprende che il terribile morbo distrusse buona parte<br />

dei nostri concittadini, infuriando massimamente entro <strong>la</strong> cinta murata<br />

del castello; <strong>la</strong> poesia contiene notizie anche di altra natura, sempre interessanti<br />

e preziose <strong>per</strong> l'antichità e <strong>per</strong> l'autore.<br />

AD CAMPIPETRUM OPPIDUM PATAVINUM<br />

Campipetrum e) rusticis ferax<br />

Rura quinquanginta possides<br />

(1) Come era vezzo degli umanisti, il Baratel<strong>la</strong> paganizzò il nome Campus Saneti Petri<br />

trasmutandolo in Campipetrum che nei codici antichi, <strong>per</strong> abbreviatura, diventò Campetrum;<br />

onde alcuni fantasticarono che il primitivo nome del nostro paese fosse Campetrum<br />

o Campetra.


Absque Laureia. Duas quod rus<br />

Continet vil<strong>la</strong>s, sed unum est rus.<br />

Quod tibi sem<strong>per</strong> favet libens.<br />

Rus id est primum quod ante stat<br />

Ob decorem multiformium,<br />

Uber es limphis, exuberius<br />

Cerere quavis, libero facile.<br />

Tu tamen cum sis potens rebus<br />

Pau<strong>per</strong> es hominibus utrislibet,<br />

Gente sic quasi vacas intus;<br />

Pestis hoc damnum intuIit tibi.<br />

Moenia olim pIena videram<br />

Tunc eras luxu integer locus,<br />

Foeminas, mares, senes, iuvenes<br />

Pace tractabas gazis plenos,<br />

Beu ubi census gazae sunt tot?<br />

Beu gaza moritur, <strong>per</strong>it dum homo<br />

Tunc Policrates Orontheo<br />

Perdidit vitam et gazas omnes.<br />

Non era t patavis locus locis<br />

Ditior te nempe Campipetrum.<br />

Monsilex, Beste tibi cessit<br />

Aere, Montagnana, quin etiam<br />

Spes adhuc su<strong>per</strong>est gazis olim<br />

AffIuens et hominibus utrisque.<br />

Sentio velle venetos patres<br />

Alveum Musonis a<strong>per</strong>ire<br />

Quo rates eant ad adriacum<br />

Campipetrae chorum et redeant.<br />

Mercibus tantis eris dives.<br />

Tunc eris dives gazis hominum.<br />

Rura Campipetri tunc erunt fertilia<br />

Tunc tuaque Laureia<br />

Quam colis, Campipetrum, fiet<br />

Fertilis. Vates et eiusdem<br />

Rite tunc Vates canit quisque<br />

Cum sit exemptus <strong>la</strong>bore animi.<br />

A. BARATELLA: Ecatometrologia ros., Museo Civico di Padova, foglio 7-8.<br />

Traduzione del concittadino P. Stanis<strong>la</strong>o Bertolo dei Minori Conv.<br />

A <strong>CAMPOSAMPIERO</strong><br />

CASTELLO PADOVANO<br />

Campo di Piero! Nel tuo vago piano<br />

Che natura vestia di floridezza,<br />

Ammantata di verde e di sorriso,<br />

39 0<br />

Giace una vil<strong>la</strong> che il suo nome attinge<br />

Dal ramo che de' vati il fronte adorna,<br />

Laureia, dico, <strong>la</strong> mia dolce patria,<br />

(Che tanto avanza <strong>la</strong> minor sorel<strong>la</strong><br />

Cui <strong>per</strong> anco l'avvince il vago nome)<br />

A te compagna ne le tue vicende<br />

D'età in etade e che teco congiunta<br />

Il fato suo proseguirà contenta.<br />

Campo di Piero! se copiose linfe<br />

Solcano il suolo tuo: se Bacco e Cerere<br />

Fan scintil<strong>la</strong>re le tue vigne d'uva,<br />

E di messi i tuoi campi, e <strong>la</strong> ricchezza<br />

InvidIate rende le tue terre,<br />

Sei di genti deserto ... Oh! infesta lue<br />

I figli tuoi, fra spasimante duolo,<br />

A cento a cento sospingeva a morte .....<br />

Altra fiata veggea le mura tue<br />

Rigurgitar di nerboruta gente,<br />

Qui fean corona, ne le amene case,<br />

Vispi fanciulli e candidi vegliardi:<br />

Spargeva ovunque venustà il suo riso,<br />

E, ne <strong>la</strong> pace, d'ogni ben ripieno,<br />

Mercanteggiavi primo fra' lontani:<br />

Ove i tesori tuoi? Ove il sorriso?<br />

Oh! che <strong>per</strong>isce col<strong>la</strong> morte il riso<br />

E <strong>la</strong> ricchezza: e pur ... crudele fato<br />

Te pure incolse, o Policrate mio,<br />

Cui non serbar gli accolti beni in vita.<br />

Padova non avea di te castello<br />

Piu fiorente, e Monselice e Montagnana<br />

Ed Este ancora ti cede a <strong>la</strong> palma.<br />

Ma, se muoiono gli uomini e le cose,<br />

Ancora bril<strong>la</strong> del<strong>la</strong> speme il l'aggio.<br />

Fama ne arreca che i Maggiori Padri<br />

Del Veneto Senato alle tue mura<br />

Voglion trarre i navigli, e il tuo Musone,<br />

Che tortuoso s'incammina al mare,<br />

Agevol via sarà <strong>per</strong> <strong>la</strong> tua merce<br />

Fino a Vinegia dell' Adriaco gemma.<br />

Ricchezze opime allora e nuove genti<br />

Ti renderanno al tuo vetusto onore:<br />

E teco rideran di splendor novo<br />

La mia Laureia e le dis<strong>per</strong>se ville.<br />

Allor, contento nel<strong>la</strong> ricca pace,<br />

Canterà le tue glorie il poeta.<br />

La peste del 1576 so<strong>la</strong>mente a Padova fece 12.000 vittime circa; anche<br />

questa volta si propagò in tutto il territorio e fuori di esso e, benché <strong>la</strong><br />

39 1


mancanza di documenti scritti non <strong>per</strong>metta di riportare cifre, date, nomi,<br />

pure è indubitato ch'essa colpi anche Camposampiero (2) e paesi vicini,<br />

come lo prova una iscrizione, già esistente nel<strong>la</strong> vecchia chiesa di S. Giustina<br />

in Colle che, tolta dal Salomon, quivi trascrivo:<br />

D. O. Ioannis Mariae Pavani olim Syndici et Rectoris Pat. ossa sub<br />

hoc sepulchro posita sunt qui quidem anno 64 et mense decem obiit 14<br />

Kal. 'octob. MDLXXVI ob pestem n.<br />

Ben pili micidiale fu <strong>la</strong> peste del 1631; questa nel<strong>la</strong> so<strong>la</strong> città di Padova,<br />

non ancora rimessa dal disastro del 1576, condusse a morte 18.000<br />

cittadini, cioè pili di metà del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione che le statistiche contemporanee<br />

fanno ascendere a 35.000 abitanti; si estese anche questa volta a<br />

tutti i domini del<strong>la</strong> Serenissima, spopolò Venezia (4), desolò l'Italia e<br />

scorrazzò <strong>per</strong> <strong>la</strong>rgo e <strong>per</strong> lungo tutta l'Europa. Il tremendo contagio si<br />

manifestò fino dal 1629 in forma attenuata e meno deleteria, ma continua<br />

ed ostinata, riprese forza nel seguente anno, im<strong>per</strong>versò orribilmente nel<br />

1631, terminando il suo corso fatale nel Gennaio 1632.<br />

Alessandro Manzoni, nel<strong>la</strong> magistrale descrizione del<strong>la</strong> peste di Mi<strong>la</strong>no,<br />

osserva come le memorie di quel tempo ca<strong>la</strong>mitoso, trascurando quanto<br />

avveniva nelle campagne, esclusivamente si occupassero del<strong>la</strong> città e dei<br />

cittadini e questo, soggiunge col<strong>la</strong> solita arguzia l'autore dei « Promessi<br />

Sposi ») <strong>per</strong> buone e <strong>per</strong> cattive ragioni. L'osservazione del Manzoni non<br />

vale <strong>per</strong> <strong>la</strong> nostra cittadina che, in grazia di un registrino mortuario compi<strong>la</strong>to<br />

da don Antonio Chello, cittadino ed arciprete di Camposampiero,<br />

può vantare una re<strong>la</strong>zione, se non sempre ordinata e del tutto completa,<br />

certo veridica ed interessante intorno al terribile avvenimento e).<br />

Lo dico subito, il registro, compi<strong>la</strong>to dal mio antecessore, non contiene<br />

<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione storica e tanto meno scientifica sul<strong>la</strong> origine, cause e svolgimento<br />

del contagio, ma <strong>la</strong> so<strong>la</strong> annotazione dei morti distinti <strong>per</strong> nome e<br />

cognome, giorno di morte e luogo di sepoltura, e questa estesa in forma<br />

cosi rudimentale, da ricordare piuttosto gli antichi obituari anziché i re-<br />

(2) Nell'Archivio di Stato di Venezia, Re<strong>la</strong>,zioni, Collegio V. Secreta, Busta 54, esiste<br />

il resoconto dei morti di peste nell'anno 1576, compi<strong>la</strong>to dal podestà di Padova Pasquale<br />

Cicogna; esso riguarda <strong>la</strong> città di Padova ed il territorio; <strong>per</strong>ò, mentre il Cicogna promette<br />

di descrivere le vittime de ogni vil<strong>la</strong> paduana, dimentica Camposampiero con molti<br />

altri paesi.<br />

(3) Agri Patavini inscriptiones, Pago 253.<br />

(4) La sontuosa chiesa del<strong>la</strong> Madonna del<strong>la</strong> Salute fu innalzata <strong>per</strong> voto concorde<br />

dei magistrati e cittadini dopo <strong>la</strong> peste del 1631, come quel<strong>la</strong> del Redentore dopo <strong>la</strong><br />

peste del 1576.<br />

(5) Il registrino del CHELLO è cosi intito<strong>la</strong>to: «Morti del<strong>la</strong> pieve di Campo S. Piero<br />

dall'anno 1618 all'anno 1637 ». Manoscritto dell'Arch. Parr. di Camposampiero.<br />

39 2<br />

gistri dei morti dei due seguenti secoli, ricchi spesso di preziose notizie.<br />

Pure anche attraverso al<strong>la</strong> lugubre recensione di nomi, cognomi, di<br />

epoche, dalle osservazioni che il Chello fa seguire al<strong>la</strong> annotazione, da<br />

qualche notizia che si <strong>la</strong>scia sfuggire e da altre partico<strong>la</strong>rità, singo<strong>la</strong>rmente<br />

prese e raccolte assieme, vagliate, confrontate e completate con<br />

notizie desunte da altra fonte, ho potuto ricostruire un po' di cronaca su<br />

quest'epoca quanto terribile, altrettanto oscura.<br />

Avverto anche che il Chello si occupa soltanto del<strong>la</strong> sua parrocchia;<br />

S. Marco e Rustega, anche allora, erano parrocchie distinte ed indipendenti;<br />

anzi Rustega non dipendeva neanche dal Comune di Camposampiero<br />

e tanto Rustega, quanto S. Marco, come buona parte delle altre<br />

parrocchie fuori di città, mancano del registro dei morti di quest'epoca<br />

e <strong>la</strong> mancanza rende pili prezioso il nostro documento.<br />

Fino dal 1629 si nota una recrudescenza abbastanza sintomatica nel<strong>la</strong><br />

mortalità, massimamente degli adulti, che, mentre negli anni antecedenti<br />

non sorpassa <strong>la</strong> ventina, numero questo che rappresenta <strong>la</strong> media<br />

proporzionale dei morti su 1100 abitanti, quanti allora ne contava <strong>la</strong><br />

pieve, dal Gennaio all'Ottobre del 1629 sale bruscamente al<strong>la</strong> cifra di<br />

53; sotto il 5 ottobre trovo interpo<strong>la</strong>ta questa osservazione del Chello:<br />

« Noto come io Antonio Chello sono stato amma<strong>la</strong>to mesi quattro onde<br />

zn detto tempo sono stati sepolti morti molti piccoli et grandi dei quali<br />

non è fatta nota partico<strong>la</strong>re <strong>per</strong> detta mia ma<strong>la</strong>ttia ».<br />

Evidentemente il Chello ammalò di peste e, come Renzo e don Abbondio<br />

del Manzoni, guari, acquistando <strong>per</strong> tal modo l'immunità dal<br />

terribile contagio (6), quel<strong>la</strong> immunità che lo salvò dall'immane disastro<br />

del 1631, quando, intorno e vicino a sé, vide <strong>per</strong>ire quasi tutta <strong>la</strong><br />

famiglia e metà dei suoi figli spirituali, quel<strong>la</strong> immunità che rese preziosa<br />

e benemerita l'o<strong>per</strong>a sua nel<strong>la</strong> assistenza degli infermi, e nel conforto<br />

dei su<strong>per</strong>stiti.<br />

La registrazione, dopo <strong>la</strong> <strong>la</strong>cuna di due mesi, fedelmente riprende col<br />

Dicembre; né <strong>la</strong> peste accenna a scemare coll'avvicinarsi dell'inverno,<br />

anzi nel Dicembre morirono 20 <strong>per</strong>sone che, aggiunte alle 53 morte nei<br />

primi nove mesi ed ai non registrati nei mesi di Ottobre e di Novembre,<br />

ci dà una cifra non certamente inferiore al numero di 100 morti e forse<br />

pili. Ma, cosa strana! Il registro non accenna a peste, né fa capire che<br />

tanta mortalità fosse attribuita a ma<strong>la</strong>ttia di carattere contagioso, di conseguenza<br />

nessuna misura di precauzione fu presa dalle autorità civili e,<br />

(6) Era cosa piuttosto unica che rara il prendere due volte <strong>la</strong> peste.<br />

393


come nei tempi normali, si continuò a seppellire nei cimiteri e piti spesso<br />

nelle chiese di S. Pietro e S. Giovanni (uso che continuò fino al 1812).<br />

Noto anche di passaggio come <strong>la</strong> prima vittima fu il medico del paese<br />

dottor Giovanni Usotti di Sacile, morto il 14 Maggio 1629 a 27 anni, ed<br />

il fatto indurrebbe quasi ad ammettere nel contagio una risoluta volontà<br />

di distruzione che, <strong>per</strong> avere piti facile il corso, priva l'uomo dei soccorsi<br />

dell'arte medica; meglio ancora sta a dimostrare l'impotenza del<strong>la</strong> scienza<br />

e delle umane risorse contro una forza maggiore e piti terribile, quel<strong>la</strong><br />

del contagio C).<br />

Dopo breve sosta <strong>la</strong> peste riappare nel<strong>la</strong> primavera del 1630 in forma<br />

tanto violenta e micidiale, che in quell'anno il Chello registra ben 150<br />

morti; conviene anche tener conto che <strong>la</strong> registrazione fu omessa nell'Agosto,<br />

mese che, <strong>per</strong> molte ragioni, si può ritenere il piti esiziale; di<br />

questa omissione il povero Chello non si giustifica, ma noi dobbiamo<br />

usargli indulgenza lo stesso!<br />

Povero arciprete, chiamato di giorno e di notte al capezzale degli amma<strong>la</strong>ti,<br />

sempre in mezzo a <strong>la</strong>grime, a miserie fisiche e morali, a grida<br />

strazianti di padri, di madri, di spose, di sposi e di orfanelli, angustiato<br />

dal<strong>la</strong> apprensione che il tremendo f<strong>la</strong>gello non avrebbe piti risparmiato<br />

famiglia del<strong>la</strong> sua parrocchia, spettatore del<strong>la</strong> morte dei genitori, dei<br />

fratelli e del<strong>la</strong> quasi distruzione di sua famiglia, nell'impossibilità dolorosa<br />

di mettere riparo a tanto disastro, e di provvedere a tanti e ognora<br />

crescenti bisogni; in tali condizioni c'era da <strong>per</strong>dere <strong>la</strong> testa, nonché<br />

da dimenticare <strong>la</strong> registrazione dei morti!<br />

Osservo con sorpresa che anche in quest'anno si continuò a seppellire<br />

nelle chiese.<br />

Nell'inverno del 1630-31 il contagio cessò quasi <strong>per</strong> incanto, cosicché<br />

<strong>la</strong> registrazione ci dà 3 morti nel mese di Gennaio, 6 nel Febbraio, nessuno<br />

nel Marzo, 1 nell'Aprile, nel Maggio 3; c'era abbastanza <strong>per</strong> lusingarsi<br />

che il contagio fosse del tutto scomparso; ma questa era piuttosto<br />

sosta che cessazione, anzi era <strong>la</strong> calma che precede l'uragano, <strong>per</strong>ché nel<br />

(7) Il Lisotti fu sostituito nel servizio medico da Antonio Bevi<strong>la</strong>cqua, contro del quale<br />

il podestà di Camposampiero, Nicolò Contarini, dietro sollecitazione dei nostri castel<strong>la</strong>ni,<br />

inviò al Consiglio dei X una disastrosa re<strong>la</strong>zione morale sul contegno tenuto durante il<br />

contagio (è detto nel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione che il Bevi<strong>la</strong>cqua esigeva enormi somme di denaro <strong>per</strong><br />

visitare gli appestati, <strong>per</strong>metteva il seppellimento nelle chiese <strong>per</strong> denaro ed altro ancora).<br />

Il Bevi<strong>la</strong>cqua se ne vendicò ed, a mezzo di un sicario prezzo<strong>la</strong>to, attentò <strong>la</strong> vita del nostro<br />

podestà, nel<strong>la</strong> mattina del 3 Agosto 1632. (Capi del Consiglio dei X - Lettere dei<br />

Rettori di Camposampiero - Busta .112, Archivio di Stato.<br />

394<br />

Giugno nuovamente il contagio riprese e non piti con segni attenuati o<br />

dubbi, ma coi terribili e manifesti caratteri di vera peste, cioè con altissime<br />

febbri, accessi di spasimo e di delirio, emissioni di vomito color verderame,<br />

orine putrefatte di color plumbeo e quasi sempre contrassegnato<br />

da sozzi bubboni ascel<strong>la</strong>ri. Riporto dal registro l'atto necrologico del primo<br />

morto di conosciuta peste.<br />

« 1631 adì 3 zugno<br />

Bastian Peggio n monaro al molin novo <strong>per</strong> sospetto de mal contagioso<br />

fu sepolto nei campi ».<br />

Al disgraziato Peggion fanno seguito in breve tempo i figli, <strong>la</strong> moglie<br />

e gli altri di famiglia, non piti colpiti da mal contagioso, ma da vera peste,<br />

dichiarata dai medici, riconosciuta dal popolo, descritta dal Chello che<br />

dal 6 Giugno in poi, negli atti di morte, non par<strong>la</strong> piti di sospetto, ma<br />

di so<strong>la</strong> e vera peste. Ormai il nemico è penetrato nel paese ed assieme<br />

allo spavento l'ansiosa preoccupazione <strong>per</strong> <strong>la</strong> propria esistenza invade l'animo<br />

di tutti; si sa che il contagio fa strage a Padova, <strong>la</strong> fama popo<strong>la</strong>re,<br />

risvegliata dai su<strong>per</strong>stiti del contagio del 1576 e non ancora cancel<strong>la</strong>ta<br />

nel<strong>la</strong> memoria, ricorda <strong>la</strong> strage di quell'anno, mentre <strong>la</strong> verità ogni<br />

giorno piti s'impone col<strong>la</strong> sua terribile evidenza; il numero dei morti<br />

cresce e sono 4, 5, 6, 8, 10, quelli che <strong>la</strong> peste uccide in un solo giorno.<br />

Il morbo fatale, entrato una volta in paese, si avanza nel<strong>la</strong> marcia<br />

sterminatrice e con piti violenza infierisce ave piti forte e piti tenace trova<br />

<strong>la</strong> resistenza e gli adulti sono colpiti a preferenza dei vecchi e dei giovani,<br />

né sempre i morti sono cittadini di Camposampiero, talvolta sono<br />

forestieri che, recandosi <strong>per</strong> i loro affari quivi o altrove, strada facendo,<br />

colpiti di peste cadono a terra e, raccolti da qualche vicina famiglia o abbandonati<br />

sul<strong>la</strong> pubblica via, nello stesso giorno e nel<strong>la</strong> stessa ora trovano<br />

morte e sepoltura, senza che i loro cari vengano a conoscere dove e come<br />

siano <strong>per</strong>iti. Sono nobili padovani e veneziani che, fuggendo dal<strong>la</strong> città<br />

ave <strong>la</strong> peste orribilmente im<strong>per</strong>versa, cercano asilo e scampo nel nostro<br />

paese, ma con essi viaggia e li accompagna il terribile contagio e, dove<br />

cercano salvezza e salute, trovano <strong>la</strong> morte; sono famiglie intere nelle<br />

quali <strong>la</strong> peste è penetrata, come il lupo nell'ovile, e non cessa di fare strage<br />

che quando le vittime sono finite. Per tal modo si estinsero in questo<br />

anno <strong>la</strong> nobile famiglia Faris, di origine padovana, che possedeva beni<br />

e case nel<strong>la</strong> nostra cittadina, <strong>la</strong> famiglia Carnia che, come tutte le gentilizie,<br />

aveva tomba nel<strong>la</strong> chiesa di S. Pietro, <strong>la</strong> famiglia Petrobelli, che<br />

ebbe <strong>la</strong>rgo censo, onorate tradizioni e occupò posti distinti quivi ed a<br />

Padova, <strong>la</strong> famiglia Mosca, che con donazioni aveva arricchito il patrimonio<br />

del<strong>la</strong> nostra chiesa, <strong>la</strong> famiglia Chello, di vetusta origine Campo-<br />

395


sampierina e di essa rimase in vita don Antonio, arciprete del<strong>la</strong> pieve,<br />

preservato dal<strong>la</strong> Provvidenza <strong>per</strong>ché gli infermi avessero i soccorsi religiosi,<br />

gli amitti <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> di conforto, e tante e cOSI profonde ferite fossero<br />

conso<strong>la</strong>te e lenite col balsamo del<strong>la</strong> carità cristiana.<br />

Alle famiglie dell'aristocrazia paesana conviene aggiungerne altre del<br />

popolo minuto, il cui nome piti non appare nei registri dei battezzati<br />

e dei matrimoni dopo il 1631, indizio questo, unito a quello del grande<br />

numero dei morti, di loro distruzione.<br />

La registrazione termina col 14 luglio 1631 e <strong>la</strong> <strong>la</strong>cuna viene giustificata<br />

dal Chello con questa nota:<br />

« li 25 zenaro 1632<br />

Furono sepolti morti altri al N.: di 150 nelli campi o prati dei comuni<br />

et arzeri del taglio et più (cioè più di 150) morti al Lazzareto et<br />

nelle proprie case che <strong>per</strong> non essermi in tempo denonciati non sono registrati<br />

in questo <strong>per</strong> <strong>la</strong> peste che vagò furiosamente in Vil<strong>la</strong> del Canton,<br />

et in questa terra fino a questo giorno ».<br />

Dal<strong>la</strong> annotazione si capisce che <strong>la</strong> peste cessò il 25 Gennaio 1632,<br />

nel qual giorno <strong>la</strong> chiesa festeggia <strong>la</strong> conversione di S. Paolo; che l'epicentro<br />

del<strong>la</strong> peste fu <strong>la</strong> Vil<strong>la</strong> del Canton (dal<strong>la</strong> chiesa di S. Pietro alle<br />

Casere), che i mesi in cui manca <strong>la</strong> registrazione, specialmente il mese di<br />

Agosto, furono quelli che dettero il maggior contingente di morti (nel<br />

mese di Agosto <strong>la</strong> registrazione fu omessa anche a Padova) e finalmente,<br />

che il Chello non registrò i bambini morti di peste.<br />

E quali provvedimenti furono presi dalle autorità <strong>per</strong> arrestare o almeno<br />

circoscrivere il contagio? Per rispondere a tale domanda converrebbe<br />

che avessi a mia disposizione l'archivio cittadino di sanità, cosa questa<br />

che mi manca, <strong>per</strong>ché, se archivio di sanità vi fu, e ne dubito assai,<br />

esso andò distrutto nel vandalico incendio del<strong>la</strong> sede municipale (12<br />

Luglio 1809); <strong>per</strong> cui l'unica fonte da cui qualche cosa si può attingere<br />

è ancora il registrino mortuario del Chello, dall'attento esame del quale<br />

si comprende che qualche provvedimento fu pure adottato.<br />

Era podestà di Camposampiero nell'anno 1631 Giulio Zorzi, patrizio<br />

veneziano, insediato quivi il 6 Maggio di quell'anno; lo coadiuvava nell'o<strong>per</strong>a<br />

un consiglio di sanità, composto di alcuni cittadini, fra i primi<br />

l'arciprete (8). Il primo provvedimento fu quello di vietare il seppellimento<br />

dei cadaveri degli appestati nelle chiese e nei cimiteri. Gli appestati<br />

furono sepolti in luoghi non sempre suggeriti dalle regole di buona<br />

(8) Da una lettera di Giovanni Minio, podestà di Camposampiero nel 1713, si rileva<br />

che quattro erano i membri del Consiglio di sanità.<br />

IgIene, e cioè nei comuni (appezzamenti di terra incolti e di proprietà<br />

comunale), nei campi (<strong>la</strong>vorati o posseduti dal<strong>la</strong> famiglia del morto), negli<br />

arzeri del taglio (argini del Muson dei sassi, a<strong>per</strong>to venti anni prima), negli<br />

horti e nei cortivi (sic!), <strong>per</strong> contrabbando (infrazione di legge) o <strong>per</strong><br />

gratia (cioè <strong>per</strong> privilegio concesso a chi pagava una determinata somma<br />

<strong>per</strong> il mantenimento del<strong>la</strong>zzaretto), nelle chiese.<br />

Il secondo provvedimento fu il sequestro delle case, ove si era manifestato<br />

il contagio, coll'assoluta proibizione fatta agli abitanti di uscirne<br />

<strong>per</strong> qualsiasi ragione; l'osservanza era assicurata da due assicelle traversali<br />

inchiodate sulle porte e sulle finestre dell'abitazione; ai sequestrati<br />

il comune somministrava 6 soldi di pane al giorno ed il sequestro fu<br />

applicato dapprima nel<strong>la</strong> casa del Peggion.<br />

Il terzo provvedimento fu l'a<strong>per</strong>tura di un <strong>la</strong>zzaretto, ove a spese<br />

del Comune erano raccolti e mantenuti gli appestati di condizione povera;<br />

non so ove fosse situato il<strong>la</strong>zzaretto; voglio credere che sarà stato<br />

a<strong>per</strong>to a qualche distanza dal caseggiato, almeno cOSI doveva suggerire<br />

<strong>la</strong> prudenza; esso viene nominato <strong>per</strong> <strong>la</strong> prima volta nell'atto di morte<br />

di Margherita Bartolomieta sotto 1'11 Giugno 1631 e da ciò si capisce<br />

che il provvedimento fu preso subito dopo che <strong>la</strong> peste fu riconosciuta.<br />

A questi tre provvedimenti diretti ad iso<strong>la</strong>re il contagio, bisogna aggiungere<br />

i cOSI detti rastrelli, costituiti da due pi<strong>la</strong>stri che, serrati da due<br />

battenti, bloccavano tutte le vie di accesso al paese; i rastrelli erano<br />

piantonati giorno e notte da cittadini e campagnoli, armati di archibugio,<br />

con <strong>la</strong> consegna di interdire l'entrata a chi non esibiva <strong>la</strong> bolletta di<br />

sanità, comprovante <strong>la</strong> provenienza da luoghi non infetti da peste.<br />

Trovo spesso nominati i rastrelli di ponte Bellin e quelli situati di<br />

fronte al<strong>la</strong> chiesa di S. Pietro.<br />

I rimedi che <strong>la</strong> scienza medica suggeriva <strong>per</strong> prevenire o <strong>per</strong> curare<br />

il contagio consistevano quasi esclusivamente in suffumigi di rosmarino,<br />

<strong>la</strong>uro, ginepro, cipol<strong>la</strong>, zolfo, pece; si faceva anche grande uso di <strong>la</strong>udano<br />

e di aceto.<br />

Con i dati anagrafici che il Chello ci ha tramandato non è certo possibile<br />

precisare, con certezza matematica, il numero dei morti di peste<br />

negli anni 1629-30-31; ho <strong>per</strong>ò fondati motivi di credere che non si discosti<br />

molto dal vero lo specchietto che sottopongo ai miei lettori:<br />

Nell'anno 1629 morti di peste 100<br />

» 1630» » » 150<br />

» 1631» » » 250<br />

Totale 500<br />

397


E quanti erano gli abitanti del<strong>la</strong> parrocchia di Camposampiero nell'anno<br />

1629? Non oltrepassavano i 1100, come lo comprova <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione che<br />

il Chello presentò al vescovo Vincenzo Giustiniani nel<strong>la</strong> visita pastorale<br />

del 15 Giugno 1625 C). Cinquecento morti e forse piu, su 1100 abitanti!<br />

enorme, spaventosa <strong>per</strong>centuale che dimostra come quasi metà del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione<br />

e buon numero di famiglie siano <strong>per</strong>ite; in confronto al<strong>la</strong><br />

grandezza di questo disastro, che sono i morti paesani dei tre anni di<br />

guerra e le vittime del<strong>la</strong> tanto temuta spagno<strong>la</strong> del 191.8-1.9? Avevo ben<br />

ragione di dire che <strong>la</strong> peste del 1.631. fu l'avvenimento piu luttuoso di<br />

tutta <strong>la</strong> <strong>storia</strong> di Camposampiero! Le conseguenze dolorose le constatò il<br />

vescovo Marco Morosini quando, nel<strong>la</strong> visita dell'anno 1641., trovò che<br />

<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione era discesa a 750 abitanti; i quali, <strong>per</strong> quel<strong>la</strong> necessaria<br />

e provvidenziale legge di compensazione che governa le cose fisiche come<br />

le morali, <strong>per</strong> via di matrimoni e di nascite diventarono 1.050 nel<strong>la</strong> visita<br />

del vescovo Antonio Lupi, avvenuta nel 1658.<br />

Le piaghe a<strong>per</strong>te dal<strong>la</strong> peste erano cosi in parte sanate, ma il ricordo<br />

dei tristi giorni passati, ed il timore che il contagio dovesse nuovamente<br />

infestare il paese, come incubo spaventoso gravò sull'animo dei nostri antenati<br />

e <strong>per</strong> oltre un secolo ne turbò i sogni, ne costernò le allegrezze,<br />

ne amareggiò le ore di pace e, di tratto in tratto, quando qualche cittadino<br />

moriva di male non conosciuto o violento, come negli anni 1647 e 1713,<br />

<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione accorse in massa dal podestà e dai consiglieri di sanità,<br />

rec<strong>la</strong>mando <strong>per</strong>ché fossero chiusi i rastrelli ed interrotte le vie di accesso<br />

al paese e, ottenuto ciò che chiedeva, corse, armata di archibugio, a farvi<br />

<strong>la</strong> guardia di giorno e di notte; tanto fu lo spavento diffuso e conservato<br />

dal<strong>la</strong> peste del 1631! Dopo quell'anno essa non apparve piu; i vecchi<br />

registri dei morti ricordano epidemie di tifo, di vaiuolo, di pneumonite,<br />

ricordano le due epidemie choleriche del 1836 e del 1855 (l0), i recenti ricordano<br />

<strong>la</strong> grippe del 1918; mali gravi, è vero, ma <strong>per</strong> nul<strong>la</strong> paragonabili<br />

al<strong>la</strong> peste del 1631. Ora di essa restano due ricordi, <strong>la</strong> festa votiva di<br />

S. Paolo (25 Gennaio) con <strong>la</strong> sagretta del Comun Canton, ora Casere;<br />

(9) Arch. Curo di Treviso, Visitationum 1625, Camposampiero.<br />

La peste del 1631 fece numerose vittime anche negli altri castelli e nelle ville del territorio<br />

e lo provano queste parole del<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione riasciata al Senato dal podestà di Padova,<br />

ALVISE PRIULI (1634). «La descrittione (cioè il censimento) del territorio, computati<br />

li castelli, fu fatta nell'anno passato (cioè nel 1633) et furono <strong>per</strong> essa ritrovate in<br />

tutto Persone ottantasettemi<strong>la</strong>, trecento, novantatre, che restò inferiore a quel<strong>la</strong> del 1630<br />

di Persone quattordicimille trecento quindici ».<br />

(l0) Le epidemie choleriche del 1836 e del 1855, che tanta costernazione diffusero nel<strong>la</strong><br />

nostra cittadina, fecero complessivamente 80 vittime.<br />

l'altro triste ricordo è il cOSI detto camposanto, appezzamento di terra<br />

situato fra il Muson torrente e <strong>la</strong> via padovana, tutto recinto da fossati,<br />

ove nell'anno 1631, come nelle antecedenti pestilenze, trovarono tomba e<br />

riposo gli appestati del Comun Canton; ancora oggi <strong>la</strong> fama popo<strong>la</strong>re ripete<br />

il nome di camposanto senza sa<strong>per</strong>ne <strong>la</strong> ragione, che non deve essere<br />

differente da quel<strong>la</strong> esposta.<br />

A) FONTI:<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

FONTI ED OPERE CONSULTATE<br />

ARCHIVIO CIVICO PADOVA<br />

Stanze N. O. Buste: 647 - 650 - 651 - 669 - 1049 - 2727 - 2728 - 2729.<br />

Lettere ai Lettori.<br />

Stanza G. Buste: 1243 - 1244 - 1245 - 1250 - 2453 - 2736 - 2737 - 2738 - 2739 - 2740 -<br />

2741 - 2742.<br />

Atti del Governo Democratico Francese e del Governo Austriaco.<br />

ARCHIVIO DI STATO VENEZIA<br />

Buste: 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 13 - 35. Democrazia e Governo Centrale del Padovano,<br />

ed in modo speciale <strong>la</strong> Busta 35 che riguarda <strong>la</strong> so<strong>la</strong> Municipalità di Campo·<br />

sampiero.<br />

Filze, Senato Militar. Anni 1796 e 1797 dal numero 23 al numero 45.<br />

ARCHIVIO PARROCCHIALE DI <strong>CAMPOSAMPIERO</strong><br />

Registri canonici dei Battesimi, dei Matrimoni e dei Morti dal 1796 al 1805.<br />

B) OPERE A STAMPA:<br />

Annali del<strong>la</strong> Libertà Padovana. Padova, Brandolese 1797.<br />

BORGHERINI: Il Governo di Venezia in Padova nell'ultimo secolo del<strong>la</strong> Repubblica. Padova,<br />

Salmin 1909.<br />

ONGARO: La Municipalità a Padova nel 1797. Padova, Drucker 1904.<br />

TOFFANIN: Il Dominio Austriaco in Padova dal 20 Gennaio 1798 al 16 Gennaio 1801.<br />

Padova, Drucker 1901.<br />

C) MANOSCRITTI:<br />

CAPITANIO: L'occupazione francese del 1801 - Bibl. Civ. Padova.<br />

Cronaca anonima. Annali di Padova del 1797. Bibl. Universitaria, Padova.<br />

GENNARI: Diario dal 1739 al 1800. Bibl. Seminario Padova.<br />

399


26<br />

VI<br />

RICORDI DI VITA CAMPOSAMPIERINA<br />

DAL 1796 AL 1805


SOMMARIO: Camposampiero nel 1796. - Invasione francese dell'alta Italia .- Le<br />

campagne franco-piemontese e franco-austriaca. - Le truppe austro-francesi invadono<br />

<strong>la</strong> Terraferma veneta. - Contegno dei Francesi. - Diario camposampierino<br />

dal Giugno 1796 al 28 Aprile 1797. - Occupazione francese di Padova e di<br />

Camposampiero. - La Municipalità Provvisoria. - Camposampiero cessa di essere<br />

capoluogo di podestaria <strong>per</strong> diventare capoluogo di cantone. - Comandanti<br />

francesi del<strong>la</strong> nostra piazza. Tribunale civile, Tribunale criminale, Giudici di<br />

pace. - Tribunale di Pubblica sicurezza. - Guardia civica. - Albero del<strong>la</strong> libertà.<br />

- Requisizioni. - Contribuzioni. - Sequestri. - Depredazione dell'argenteria<br />

delle chiese. - Passaggio di truppe francesi <strong>per</strong> Camposampiero. - Vessazioni.<br />

- Colpe dei nostri Municipalisti e condanna di tre di essi. - Venuta degli<br />

Austriaci. - Ricostituzione e riorganizzazione del<strong>la</strong> podestaria. - Passaggio dei<br />

Russi. - Ritorno dei Francesi. - Nuova dominazione austriaca. - Monito ai<br />

nostri cittadini.<br />

Nel 1796 (epoca da cui cominciano queste memorie) Camposampiero,<br />

assai piu che oggidi, presentava il caratteristico aspetto di una cittadina<br />

medievale, benché alquanto ritoccato dalle innovazioni impresse da quattro<br />

secoli di dominio veneto.<br />

Fra gli edifici cittadini del relosso primeggiavano le due torri, il pa<strong>la</strong>zzo<br />

pretorio, <strong>la</strong> cancelleria, il Monte di Pietà, l'armamentario ed alcuni<br />

pa<strong>la</strong>zzi di patrizi veneziani (piu fastoso di tutti quello dei Civran);<br />

gli altri edifici erano casupole basse, fiancheggiate da portici, ed allineati<br />

lungo le strade strette, irrego<strong>la</strong>ri e mal governate. La dominazione di San<br />

Marco poi si affermava al forestiero e si imponeva ai cittadini con leoni<br />

effigiati, b<strong>la</strong>soni nobiliari, ducali stampate e con iscrizioni ricordanti le<br />

benemerenze di qualche podestà; di questi segni abbondavano le facciate<br />

dei pa<strong>la</strong>zzi pubblici e privati.<br />

La popo<strong>la</strong>zione cittadina era divisa nelle tre c<strong>la</strong>ssi di benestanti (i po-


chi fortunati che vivevano di entrate), di mediocri (mercanti e fattori di<br />

signori veneziani) e di infimi che vivevano col frutto del travaglio giornaliero<br />

C).<br />

Fuori del castello, dis<strong>per</strong>sa <strong>per</strong> le campagne e vicino ai campi <strong>la</strong>vorati,<br />

stava <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione agrico<strong>la</strong> divisa nelle due c<strong>la</strong>ssi di massari e di bisnenti;<br />

i primi abitavano case coloniche provvedute di cortile, portici, stalle<br />

e godevano discreta agiatezza, gli altri invece campavano miseramente,<br />

rintanati in casoni di paglia ove igiene e pulizia bril<strong>la</strong>vano <strong>per</strong> <strong>la</strong> loro<br />

assenza e nul<strong>la</strong> avevano di proprio, fuorché le braccia e <strong>la</strong> figlio<strong>la</strong>nza.<br />

Nel<strong>la</strong> stagione autunnale facevano <strong>la</strong> loro comparsa alcune famiglie veneziane<br />

che nel territorio avevano vil<strong>la</strong> e poderi ed allora le vie di Camposampiero<br />

presentavano lo spettacolo coreografico di toghe, di parrucche,<br />

di livree e si udivano ripetere dai nostri concittadini i complimentosi<br />

saluti Eccellentissimo) Lustrissimo) Nobil Homo ecc., sempre accompagnati<br />

da inchini e scappel<strong>la</strong>te.<br />

E quanto diverso dal nostro non era il tenore di vita dei nostri avi!<br />

Allora <strong>la</strong> vita mancava di tutte quelle comodità e di quei servizi, oggidi<br />

diventati un bisogno essenziale.<br />

I nostri vecchi tiravano avanti molto al<strong>la</strong> buona; non teatro quindi,<br />

non divertimenti, non telegrafo, ferrovie e telefono, non acqua potabile,<br />

non istruzione pubblica, non osservanza di leggi igieniche, non illuminazione<br />

notturna; servizio saltuario di posta, a seconda del tempo e del<strong>la</strong><br />

stagione ed in ogni caso arretrato! Gli unici luoghi di ritrovo <strong>per</strong> le<br />

<strong>per</strong>sone serie e gli sfaccendati erano i caffè di Pietro Peroni e quello<br />

degli Svizzeri.<br />

(I) L'anagrafe estesa dal mio antecessore don Nicolò Borto<strong>la</strong>to (1789), completata da<br />

alcune notizie desunte dall'archivio parrocchiale, ci offre una fotografia istantanea del<strong>la</strong><br />

nostra cittadina in questo tempo. E, se i miei cortesi lettori vorranno prendere conoscenza<br />

dei loro avi che furono testimoni degli avvenimenti che verrò narrando, non hanno<br />

che da leggere quanto qui sotto sta scritto.<br />

Nel 1796 era podestà Iseppo Zorzi, arciprete don Giuseppe Bini, capitano delle cernide<br />

Giuseppe Savelli, <strong>per</strong>sone dabbene queste che abitavano il pa<strong>la</strong>zzo pretorio e <strong>la</strong><br />

canonica. Su e giu <strong>per</strong> le vie del castello o nelle proprie botteghe si sarebbero incontrati<br />

Benedetto Tentori e Francesco Saggin casolini, Giacomo Mini pistor, beccher e oste nell'osteria<br />

granda, Marco Cecchinato mercante di farina za<strong>la</strong>, Piero Peroni scaleter e pistor,<br />

gli Svizzeri caffettieri e bigo<strong>la</strong>ri, Antonio Niocco e Carlo Sangalli spizzieri, Marcantonio<br />

Barbieri negoziante de fero, Paulo Frasson mercante, Gio. Batta Mazzonetto marzer, Giuseppe<br />

Peroni tabacher, Melchiore Benozzo finestrer, Antonio Callegari corder, Giuseppe<br />

Bressan sartor, Felice Bianchi murador, Antonio Ficcato, Liberal Babei, Francesco Bonora<br />

e Domenica Fardin bettolini, Matteo Faccioli e Giovanni Battista Storni medici, Iseppo<br />

Tentori <strong>per</strong>ito, Carlo Boerio nodaro, Demetrio Maco<strong>la</strong>, Zaccaria Abetti e Francesco Tentori<br />

possidenti ecc.<br />

A quell'epoca nel castello vi erano quattro bettole oltre l'osteria grande, tre in Comun<br />

Canton, una in Comun Canove.<br />

Da questa revisione delle condizioni cittadine in sullo scorcio del secolo<br />

XVIII si sarebbe quasi indotti a credere che Camposampiero, come<br />

Firenze di Cacciaguida, vivesse in pace sobria e pudica, se i delitti di<br />

sangue e le nascite illegittime, fenomeni morali diventati troppo frequenti<br />

dopo <strong>la</strong> metà di quel secolo, non ci richiamassero al<strong>la</strong> severa<br />

realtà dei fatti.<br />

Il governo del nostro castello e del<strong>la</strong> podestaria e <strong>per</strong> nul<strong>la</strong> cangiato<br />

dal 1405, epoca in cui Camposampiero passò al<strong>la</strong> dominazione veneta:<br />

constava di queste autorità.<br />

11 Podestà, che rappresentava <strong>la</strong> Serenissima ed era il Presidente nato<br />

del Consiglio dei Savi e degli Uomini di Comun, nonché l'amministratore<br />

del<strong>la</strong> giustizia.<br />

Il Consiglio dei Savi, composto di quattro membri, due del castello<br />

e due delle ville del<strong>la</strong> podestaria, che di tratto in tratto si radunavano,<br />

dietro invito del podestà, <strong>per</strong> trattare gli affari amministrativi di tutta<br />

<strong>la</strong> podestaria.<br />

Gli Uomini de Comun, o deputati ad utilia, qualche cosa di simile all'odierno<br />

Consiglio Comunale, cui spettava <strong>la</strong> trattazione degli interessi<br />

concernenti il nostro castello (annona, sanità, <strong>la</strong>vori pubblici ecc.).<br />

I Cavalieri Pretoriani che vigi<strong>la</strong>vano il mercato e, quando il bisogno lo<br />

richiedeva, applicavano il calmiere sui generi di prima necessità.<br />

Podestà e Consiglio dei Savi avevano a loro servizio un drappello di<br />

milizie dette le ordinanze del<strong>la</strong> podestaria ed un corpo di sbirri, detti<br />

brachi o bassa forza. Le re<strong>la</strong>zioni, ri<strong>la</strong>sciate dai podestà al Senato nell'atto<br />

di abbandonare <strong>la</strong> reggenza, sono tutte concordi nell'attestare <strong>la</strong> devozione,<br />

<strong>la</strong> fedeltà e l'affezione dal nostro popolo professate verso il governo<br />

veneto.<br />

Tali erano le condizioni di Camposampiero al<strong>la</strong> vigilia di grandi e<br />

luttuosi avvenimenti, quando l'infernal bufera scatenatasi dapprima in<br />

Francia e da violenta raffica trasportata attraverso il Piemonte e <strong>la</strong> Lombardia,<br />

raccolse e riversò <strong>la</strong> sua furibonda ira sui domini del<strong>la</strong> Serenissima,<br />

atterrando e calpestando, senza pietà, istituzioni seco<strong>la</strong>ri, memorie<br />

sacre, <strong>per</strong>sone auguste, terminando <strong>la</strong> sua o<strong>per</strong>a nefasta coll'assassinio<br />

ed il mercimonio del<strong>la</strong> millenaria Repubblica.<br />

I nostri avi non avevano veduto e qualcheduno di essi nemmeno sentito<br />

par<strong>la</strong>re di guerra e di battaglie; somma cura del governo di Venezia,<br />

dopo <strong>la</strong> guerra di Cambrai, era stata sempre quel<strong>la</strong> di mantenere a tutti<br />

i costi <strong>la</strong> pace coi popoli vicini e da oltre un secolo a questo piano di


Quali saranno stati i discorsi dei nostri concittadini, raccolti nel caffè<br />

Peroni durante le lunghe serate invernali? Certo non occorre esser profeti<br />

<strong>per</strong> indovinarli; i tristi avvenimenti dell'anno che stava <strong>per</strong> tramontare<br />

e le previsioni di un avvenire gravido di misteriose incognite, fornivano<br />

ampia materia alle discussioni. Si dovette molto par<strong>la</strong>re delle vittorie<br />

e delle furfanterie dei Francesi, delle c<strong>la</strong>morose sconfitte degli Austriaci,<br />

dei propositi del Senato Veneto, soprattutto si dovette molto<br />

par<strong>la</strong>re di un generale giovane di anni, ma ormai famoso <strong>per</strong> tutto il<br />

mondo, il generale Bonaparte.<br />

Ma erano discorsi freddi, senza entusiasmo, senza festività e che presto<br />

terminavano, dopo i quali ognuno desiderava rincasare, <strong>per</strong>ché, di<br />

quando in quando, passavano soldati francesi od austriaci sbandatisi dal<br />

campo <strong>per</strong> commettere ribalderie.<br />

Mentre i castel<strong>la</strong>ni ingannavano il tempo al caffè Peroni, i campagnuoli,<br />

rintanati nelle stalle col ventre né sazio, né digiuno, ricordavano con<br />

voce <strong>la</strong>mentosa i danni patiti, il granaio vuotato, <strong>la</strong> stal<strong>la</strong> diminuita ed<br />

il fienile smagrito dalle requisizioni e protendevano lo sguardo verso un<br />

avvenire che si delineava molto oscuro!<br />

L'alba del 1797 spuntò foriera di sangue e di rovine. Il Direttorio<br />

francese aveva decretata <strong>la</strong> rovina di Venezia e il Bonaparte, che doveva<br />

essere il braccio esecutore, stava studiando i mezzi <strong>per</strong> raggiungere lo<br />

scopo e, fra i molti possibili, si appigliò a quelli che piu ripugnavano al<strong>la</strong><br />

onestà ed al<strong>la</strong> lealtà, a quelli cioè insegnati dal<strong>la</strong> ma<strong>la</strong>fede e dal<strong>la</strong> ipocrisia.<br />

Povera Repubblica! Credeva di aver trovata <strong>la</strong> propria salvezza nel<strong>la</strong><br />

neutralità disarmata ed invece trovò in essa <strong>la</strong> morte ed il sepolcro.<br />

Non mi indugierò su fatti conosciuti, dirò soltanto che nel Gennaio<br />

1797 gli Austriaci <strong>la</strong>nciarono in campo nuove divisioni <strong>per</strong> arrestare l'avanzata<br />

dei Francesi, ma il disastro di Rivoli (15 Gennaio 1797) e <strong>la</strong><br />

caduta di Mantova (2 Febbraio 1797) indussero il supremo comando a<br />

ritirare gli eserciti oltre il Piave, <strong>per</strong> riorganizzarli e consolidarli in piu<br />

sicure posizioni.<br />

Dopo Rivoli e Mantova <strong>la</strong> Terraferma veneta fu letteralmente inondata<br />

di truppe francesi e cispadane (di Ferrara, Modena, Bologna) e,<br />

dal<strong>la</strong> bocca di quei soldati spavaldi e tracotanti, i nostri avi appresero<br />

con orrore le prime calunnie contro il governo veneto accusato di favorire<br />

gli Austriaci, di armare le popo<strong>la</strong>zioni <strong>per</strong> aggredire alle spalle i<br />

Francesi e minacciato di terribile vendetta.<br />

Con tali pretesti il 12 e il 18 Marzo i Francesi suscitarono <strong>la</strong> ribellione<br />

di Bergamo e Brescia ed il 17 Aprile tentarono <strong>la</strong> stessa o<strong>per</strong>a a Verona,<br />

ma <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione insorta contro i Francesi (Pasque Veronesi) rese vano<br />

il conato; otto giorni dopo <strong>per</strong>ò anche questa città cadeva in loro potere.<br />

L'incendio si era esteso a tutta <strong>la</strong> Terraferma, né vi era piu modo di<br />

circoscriverlo o di domarlo; quindi il 27 Aprile il generale La Hoz, entrato<br />

in Vicenza, innalzava l'albero del<strong>la</strong> libertà e proc<strong>la</strong>mava decaduto il<br />

governo veneto e lo stesso avveniva a Padova nel seguente giorno.<br />

Arrivato a questo punto credo di far cosa accetta ai miei concittadini<br />

presentando ad essi un diario degli avvenimenti che si svolsero a Camposampiero<br />

dal<strong>la</strong> primavera del 1796 al 28 Aprile 1797, cioè dal<strong>la</strong> vio<strong>la</strong>zione<br />

del<strong>la</strong> neutralità di Venezia fino al<strong>la</strong> occupazione francese di Padova<br />

e di Camposampiero.<br />

Le fonti da cui ho derivato il diario sono i dispacci che si scambiarono<br />

il nostro ultimo podestà Iseppo Zorzi e il vice podestà e capitanio<br />

di Padova Zanfrancesco Labia, i dispacci che il Labia stesso inviò al Senato<br />

Veneto ed ancora alcune notizie desunte dai registri dell'archivio<br />

di questa pieve.<br />

ANNO 1796<br />

13 Febbraio. - Il penultimo podestà di Camposampiero Giacomo Antonio<br />

Contarini significa al vice podestà di Padova l'inquietudine dei nostri concittadini<br />

<strong>per</strong> il continuo passaggio di esseri vagabondi e questuanti.<br />

2 Marzo. - Il nuovo podestà di Camposampiero Iseppo Zorzi partecipa al<br />

vicepodestà di Padova <strong>la</strong> sua venuta a Camposampiero quale rappresentante<br />

del<strong>la</strong> Serenissima.<br />

.30 Aprile. Il nostro podestà segna<strong>la</strong> al vicepodestà di Padova <strong>la</strong> frequente<br />

apparizione di sbirri ramenghi (randagi), i quali penetrano nelle case e,<br />

manu armata, impongono taglie ed estorquono denaro.<br />

18 Maggio. - Odor di polvere! In obbedienza ad ordini su<strong>per</strong>iori il nostro<br />

podestà invia a Padova una nota fedele di tutte le armi che si trovano<br />

presso <strong>la</strong> V e VI Centuria delle cernide residenti a Camposampiero, e<br />

sono fusili abili 163, fusili inabili 5, baionette 161, pendoni 165, patrone<br />

166.<br />

21 Giugno. - Il nostro podestà partecipa al vice podestà di Padova l'arresto<br />

di due disertori austriaci che, sotto buona custodia, spedisce a Padova <strong>per</strong>ché<br />

siano inoltrati alloro campo.<br />

24 Giugno. - Altri due disertori austriaci arrestati nel territorio di Camposampiero<br />

vengono accompagnati a Padova dalle pattuglie.


tare di Castelfranco dovettero restar impresse nel<strong>la</strong> sua memoria ed ancora<br />

pili si risvegliarono quando il generaI Victor Perrin, in carne ed ossa,<br />

stava <strong>per</strong> arrivare a Camposampiero dopo di aver fatto sosta a Castelfranco<br />

e di aver udito le accuse, a suo carico, dal<strong>la</strong> bocca di quel comandante.<br />

Ad ogni modo anche se il Zorzi avesse abbandonato il posto e si<br />

fosse ritirato in piu spirabil aere, noi useremo lo stesso misericordia all'ultimo<br />

rappresentante del<strong>la</strong> veneta repubblica a Camposampiero. Ben<br />

pili gravi erano state le colpe di coloro che, nei momenti critici, non<br />

sep<strong>per</strong>o dirigere le sorti dello stato con forza e dignità.<br />

Povero Iseppo Zorzi! Rileggendo i tuoi dispacci firmati con mano tremante<br />

e con carattere stentato, un senso di pietà ha sempre invaso l'animo<br />

mio e lo confesso non ho cercato mai, né ho preteso di trovare nel<strong>la</strong><br />

tua <strong>per</strong>sona l'eroe od il vile, ma soltanto il vecchio rappresentante di<br />

decrepita repubblica.<br />

Il 23 Aprile il generale Perrin arrivò a Padova con tutta <strong>la</strong> sua divisione<br />

ed al vice podestà Zanfrancesco Labia che, con atto di cortesia, si<br />

era recato a complimentarlo, rivolse parole di fuoco contro il governo<br />

di Venezia, il Labia fece del suo meglio <strong>per</strong> rabbonirlo, ma inutilmente,<br />

onde ritornò in pa<strong>la</strong>zzo pretorio con <strong>la</strong> convinzione che tutto fosse finito<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> sua patria.<br />

Il 24 Aprile avvenne l'occupazione di Verona, il 27 quel<strong>la</strong> di Vicenza,<br />

il 28 quel<strong>la</strong> di Padova e <strong>la</strong> carcerazione del Labia, mentre nel<strong>la</strong> stessa sera<br />

quei cittadini che un mese avanti avevano giurato fedeltà eterna a S.<br />

Marco, raccolti in casa del nobile Giro<strong>la</strong>mo Dottori proc<strong>la</strong>marono deca··<br />

duto <strong>per</strong> sempre il governo veneto in Padova.<br />

Ad onta delle diligenti ricerche finora es<strong>per</strong>ite, non sono riuscito a<br />

trovare il giorno preciso dell'occupazione francese di Camposampiero,<br />

che <strong>per</strong>ò non dovette avvenire prima del 30 Aprile, né dopo il 5 Maggio,<br />

in quest'ultima epoca infatti <strong>la</strong> nostra Municipalità Provvisoria era già<br />

costituita e).<br />

Come, quando il nembo minaccioso si addensa ed il soffio del vento<br />

ed il brontolio del tuono annunciano l'uragano vicino, <strong>la</strong> gente corre a<br />

ritirare quanto tiene nel cortile o nelle terrazze, chiude porte e finestre<br />

e silenziosa e tremante si raccoglie in casa aspettando che l'ira del cielo<br />

si riversi e passi, cosi i nostri buoni avi, udito l'arrivo dei Francesi, trafugarono<br />

e nascosero in fretta quanto avevano di buono, e, tappati nelle<br />

loro case, col cuore serrato ascoltarono le canzonacce dei soldati francesi,<br />

i quali, secondo quanto afferma <strong>la</strong> tradizione avvalorata dai fatti,<br />

vollero rendere memorabile <strong>la</strong> loro comparsa col saccheggio del Monte di<br />

Pietà e del<strong>la</strong> cassaforte del pa<strong>la</strong>zzo pretorio (4).<br />

(3) Annali del<strong>la</strong> libertà padovana, VoI. I, pago 36.<br />

(4) Quello che i giacobini fecero a Camposampiero avevano fatto prima a Bergamo,<br />

Brescia, Verona, Vicenza ecc. A Bassano incendiarono anche il pa<strong>la</strong>zzo pretorio.<br />

Col<strong>la</strong> venuta dei Francesi tutto il vecchio sistema di governo del<strong>la</strong><br />

nostra podestaria crollò, quindi da allora in poi non vi furono pili podestà,<br />

deputati ad utilia, cavalieri pretoriani, Savi ecc., nul<strong>la</strong> di tutto questo<br />

edificio restò in piedi, tutto fu abbattuto e sulle sue rovine sorsero <strong>la</strong><br />

Municipalità Provvisoria, i Giudici del Civile e del Criminale e <strong>la</strong> Camera<br />

del<strong>la</strong> pace; il nome stesso di podestaria fu cangiato in quello di Cantone.<br />

Ed ora una paro<strong>la</strong> su queste magistrature.<br />

La Municipalità Provvisoria era il primo organo amministrativo del<br />

Cantone e del castello di Camposampiero, cui competeva <strong>la</strong> trattazione di<br />

tutti gli affari pubblici; in realtà <strong>la</strong> nostra Municipalità, nei nove mesi<br />

di sua vita, dovette concentrare e restringere tutta <strong>la</strong> sua attività nell'accontentare<br />

le brame ingorde delle truppe francesi e le continue ed<br />

ognora crescenti imposizioni del Governo Centrale del padovano, onde i<br />

suoi membri furono quasi sempre in movimento <strong>per</strong> ispezionare granai,<br />

cantine, fienili, stalle, e requisire sempre, requisire senza fine.<br />

Istituita prima del 5 Maggio <strong>la</strong> nostra Municipalità risultò composta<br />

di 12 membri effettivi e di 6 aggiunti, di cui riporto i nomi.<br />

Giacomo Mini<br />

Carlo Sangalli<br />

Giuseppe Gerunzi<br />

Marco Cecchinato<br />

Angelo Ghedini<br />

Antonio Fantin<br />

Francesco Tentori<br />

Giovanni Malucello<br />

Antonio Storni<br />

MEMBRI EFFETTIVI<br />

MEMBRI AGGIUNTI<br />

Segretario: Diomede Tentori<br />

Marcantonio Barbieri<br />

Antonio Martelozzo<br />

Giorgio Pinaffo<br />

Giacomo Maria Lucatello<br />

Gio. Batta Storni<br />

Matteo Faccioli<br />

Pietro T avelli<br />

Antonio Callegari<br />

Antonio Ficcato<br />

I membri del<strong>la</strong> Municipalità erano in parte nostri concittadini, in parte<br />

abitavano le ville del Cantone, si radunavano in seduta nell'ex pa<strong>la</strong>zzo<br />

pretorio ed ogni presenza era compensata con L. lO. Fortunati mortali!<br />

essi curavano il bene pubblico ed assieme il bene proprio, due cose che,<br />

ordinariamente par<strong>la</strong>ndo, non vanno d'accordo! In omaggio ai principi<br />

democratici ogni dieci giorni, un membro <strong>per</strong> turno assumeva <strong>la</strong> presi-<br />

2'7


denza del<strong>la</strong> Municipalità e, durante le sedute, i nostri Municipalisti indossavano<br />

una sciarpa dal tricolore francese.<br />

La cerimonia del<strong>la</strong> instal<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> nostra Municipalità ebbe luogo<br />

il 9 Maggio 1797 e fu compiuta dal capitano Thomiers, aiutante di campo<br />

del generale La Hoz, venuto espressamente da Padova col seguito di 8<br />

soldati e 16 cavalli.<br />

In quel giorno <strong>la</strong> tavo<strong>la</strong> (pranzo) del Thomiers e dei Municipalisti<br />

costò L. 532 e L. 800 di mancia volle il Thomiers prima di partire <strong>per</strong><br />

Cittadel<strong>la</strong>, ove si recava <strong>per</strong> inaugurare quel<strong>la</strong> Municipalità.<br />

Il 9 Maggio fece il suo ingresso a Camposampiero il capitano Giovanni<br />

Carrère destinato quale comandante del<strong>la</strong> nostra piazza, e subito proibi,<br />

sotto gravissime pene, qualsiasi riunione nelle case o nel<strong>la</strong> piazza ed<br />

ordinò <strong>la</strong> requisizione di tutte le armi da fuoco e da taglio, cioè pistole)<br />

sciabole) paZossi) tromboni) coltelli stil<strong>la</strong>ti e qualunque altra arma) eccettuati<br />

i coltelli da tavo<strong>la</strong>.<br />

Il Carrère si fermò fino al 22 Giugno ed al<strong>la</strong> sua partenza .<strong>la</strong> Municipalità<br />

di Camposampiero dovette pagare L. 1.330,70 <strong>per</strong> tavo<strong>la</strong> e<br />

mancia.<br />

Dopo il Carrère fu assunto al comando del<strong>la</strong> nostra piazza il capitano<br />

Francesco Montagnac, che vi restò dal 22 Giugno fino al 9 Agosto, e<br />

questa volta pure <strong>la</strong> nostra Municipalità dovette sborsare L. 2.500 <strong>per</strong><br />

tavo<strong>la</strong> e mancia. Al Montagnac succedette il Cassagne fino al 12 Agosto<br />

e <strong>per</strong> lui furono spese L. 143, al Cassagne succedette il Poussan fino<br />

al 26 Settembre e si spesero, <strong>per</strong> i soliti titoli, L. 943.<br />

Insomma L. 5.867,20 dovette pagare <strong>la</strong> nostra Municipalità, cioè i<br />

nostri concittadini, <strong>per</strong> mantenere questi parassiti. Dopo il Poussan non<br />

trovo piu memoria di comandanti di piazza.<br />

Assieme al<strong>la</strong> Municipalità fu istituito il Tribunale Civile, <strong>la</strong> cui direzione,<br />

anche questa volta in omaggio al principio democratico, fu affidata<br />

a semplici cittadini, che furono: Carlo Sangalli, Antonio Niocco,<br />

Benedetto Tentori. A <strong>la</strong>to del Tribunale Civile fu istituito il Tribunale<br />

Criminale, esso pure affidato a privati cittadini, che furono: Giovanni<br />

Malucello, Pietro Foscarini, Gio. Batta Favero.<br />

E con i due Tribunali sorse <strong>la</strong> Camera del<strong>la</strong> Pace, oggidi Ufficio del<br />

Giudice Conciliatore, i cui membri furono: Antonio Venier, Domenico<br />

Pertile, don Antonio Benozzato.<br />

Qualche mese dopo fu istituito a Camposampiero, come in tutti i<br />

capiluoghi di Cantone, il Tribunale di Sicurezza Interna, con preciso<br />

mandato di ricercare, arrestare e condannare i nemici del<strong>la</strong> patria e del<strong>la</strong><br />

libertà.<br />

Questa istituzione, che in qualche luogo si prestò troppo bene <strong>per</strong><br />

servizi di spionaggio ed a sfogo di private vendette, fra di noi condusse<br />

una vita innocua; una so<strong>la</strong> <strong>per</strong>sona infatti fu condannata dal Tribunale<br />

di Sicurezza Interna e precisamente Andrea Molini di Santa Giustina<br />

in Colle, pazzoide ed ubriacone molesto.<br />

Anche le cernide del<strong>la</strong> Repubblica furono disciolte e sostituite dal<strong>la</strong><br />

Guardia Civica, cui dovettero iscriversi tutti i cittadini dai 18 ai 60<br />

anni; ne fu capitano Demetrio Maco<strong>la</strong> che, in omaggio ai principi democratici,<br />

buttò a mare il titolo di conte.<br />

La Guardia Civica, di effettivo servizio nel nostro castello, risultò<br />

composta di 24 soldati, comandati da due sott'ufficiali, 12 di essi facevano<br />

servizio di giorno, e 12 di notte.<br />

L'Albero del<strong>la</strong> Libertà fu innalzato nel<strong>la</strong> piazza di Camposampiero il<br />

26 Settembre 1797, cioè quando altrove aveva già dato i suoi frutti,<br />

e <strong>la</strong> cerimonia del<strong>la</strong> inalberazione fu associata al<strong>la</strong> commemorazione<br />

civile dei soldati francesi, morti nelle antecedenti guerre. In tale occasione<br />

furono distribuite 954 razioni di pane, carne e vino ai soldati francesi<br />

qui residenti, al<strong>la</strong> Guardia Civica, ai poveri ed ai prigionieri.<br />

Alcuni giorni dopo <strong>la</strong> festa dell'Albero del<strong>la</strong> Libertà, Iseppo Tentori,<br />

<strong>per</strong>ito agrimensore e segretario del Tribunale Civile e Criminale, scriveva<br />

in un documento pubblico queste mirabo<strong>la</strong>nti parole: «L'arbore<br />

celeste del<strong>la</strong> Libertà) venuto dal<strong>la</strong> Senna) è <strong>la</strong> base del<strong>la</strong> gran macchina<br />

del<strong>la</strong> democrazia! » - Il figlio suo Diomede, segretario del<strong>la</strong> Municipalità,<br />

pili evoluto e piu bellicoso del padre, nei documenti pubblici<br />

usava parole roventi contro il cessato regime, con frequenti accenni al<strong>la</strong><br />

abborrita aristocrazia) al<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione iugu<strong>la</strong>ta sotto l'infame governo<br />

di Venezia, e con acc<strong>la</strong>mazioni, piu o meno sincere, al nuovo regime di<br />

libertà e di uguaglianza instaurato dai rivoluzionari francesi.<br />

Ed ora passerò all'argomento delle requisizioni che, quale cappa di<br />

piombo gravarono sul<strong>la</strong> miserabile popo<strong>la</strong>zione, già dissanguata dalle<br />

contribuzioni e dai saccheggi del precedente anno.<br />

Il Direttorio Francese poco o nul<strong>la</strong> forniva <strong>per</strong> il mantenimento dei<br />

suoi soldati; a questo dovevano pensare e provvedere i singoli comandanti<br />

delle divisioni militari. Di piu ancora l'esercito francese del 1797<br />

era composto di una accozzaglia di avventurieri accorsi sotto le bandiere<br />

e discesi in Italia <strong>per</strong> arricchire a nostre spese e <strong>per</strong> rubare a nostro<br />

danno, e gli ufficiali stessi che <strong>per</strong> buona parte appartenevano al<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse<br />

moralmente ed economicamente pili bassa del<strong>la</strong> società e sollevati ad


ins<strong>per</strong>ate fortune da atti di audacia o di spregiudizio, non avevano sentimenti<br />

e desideri piti nobili dei loro soldati.<br />

Quindi sotto le pressioni del Governo Centrale del padovano, presieduto<br />

prima dal generale Perrin, poi dal generale Massena, <strong>la</strong> nostra Municipalità<br />

dovette subito mettersi all'o<strong>per</strong>a, che fu prima di esigere <strong>la</strong><br />

fedele denuncia di tutti i generi posseduti dal<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione, poi di ispezione<br />

nelle case, nelle botteghe, nelle stalle e nei granai <strong>per</strong> control<strong>la</strong>re<br />

<strong>la</strong> veridicità delle denuncie fatte e <strong>per</strong> impegnare quanto occorreva al<strong>la</strong><br />

truppa francese, restando intanto proibito qualunque contratto, e finalmente<br />

a quel<strong>la</strong> di vera e propria requisizione.<br />

Il risultato delle denuncie e delle visite di controllo fruttò <strong>la</strong> istituzione<br />

dei cosiddetti Monti o magazzini di rifornimento, fra i quali ricorderò<br />

i monti di frumento, carne, vino, fieno, paglia, avena, aceto, sale,<br />

legna, candele, scarpe, te<strong>la</strong>, giacché tutto era buono <strong>per</strong> i Francesi. Dai<br />

monti attingevano il Governo Centrale e <strong>la</strong> truppa francese di passaggio<br />

o di stazione.<br />

Alle requisizioni seguirono le contribuzioni in denaro ed il registro<br />

dei Pagamenti effettuati dal<strong>la</strong> Municipalità di Camposampiero esibisce<br />

queste voci:<br />

1. - Gravezze ordinarie <strong>per</strong> l'anno 1797.<br />

2. - Imposta dell'8% sui patrimoni, decretata il 13 Settembre.<br />

3. - T aglione pagabile in cinque rate decretato il 5 Giugno.<br />

4. - T estatico.<br />

5. - Dazi.<br />

6. - Prestito forzato, decretato il 5 Giugno.<br />

7. - Contribuzione del 5 % .<br />

8. - Prestito patriottico.<br />

9. - Esazione dei crediti del cessato governo.<br />

lO. - Affranco obbligatorio dei livelli.<br />

Il. - Tassa ai corpi ecclesiastici.<br />

12. - Prestito volontario.<br />

13 - Consegna dell' argento e delle zoie delle chiese (5).<br />

(5) La requisizione delle argenterie delle chiese del<strong>la</strong> nostra podestaria fu effettuata<br />

dal Municipalista Antonio Gennari nel Maggio e Giugno del 1797. Esibisco l'elenco parziale<br />

del<strong>la</strong> argenteria requisita:<br />

Mejaniga once 330 Vigodarzere (dieci <strong>la</strong>mpade) once 432<br />

Loreggia » 491 Camposampiero » 1160<br />

Codiverno » 232 S. Michele delle Badesse » 416<br />

S. Eufemia » 116 Marsango » 332<br />

Campodarsego » 176 Fratte » 84<br />

4 20<br />

E tutto ciò <strong>per</strong> mantenere quelle truppe che al<strong>la</strong> nostra patria portarono<br />

<strong>la</strong> miseria, il disonore ed il giogo austriaco.<br />

Alle requisizioni ed alle contribuzioni si aggiunsero i sequestri ed<br />

il 31 Maggio <strong>la</strong> nostra Municipalità, eseguendo un antecedente decreto<br />

del Governo Centrale, applicava il sequestro a tutti i beni mobili appartenenti<br />

agli ex-patrizi Francesco Labia, Lunardo Foscarini, Alvise Contarini<br />

e Antonio Gabrielli.<br />

Ma tanti odiosi provvedimenti non bastavano a saziare le esigenze<br />

continue del comando francese e del Governo Centrale, che sempre richiedevano<br />

nuove somministrazioni, con intimazioni <strong>per</strong>entorie, accompagnate<br />

da minacce. Intanto i fornitori esigevano il pagamento dei generi<br />

consegnati e <strong>la</strong> nostra Municipalità scriveva e riscriveva al Governo Centrale,<br />

domandando denari <strong>per</strong> i pagamenti e un po' di mitigazione nelle<br />

richieste.<br />

Ne ebbe in risposta parole di conforto e moniti di patriottismo, ma<br />

non denari, ed il 19 Ottobre, questo curioso, non so se consiglio o comando:<br />

« La Municipalità di Camposampiero viene autorizzata a deliberare un<br />

gettito straordinario di imposta corrispondente ai debiti incontrati, si<br />

raccomanda ad essa di osservare <strong>la</strong> giustizia distributiva nel<strong>la</strong> applicazione<br />

del gettito ». In altre parole il governo autorizzava (bel<strong>la</strong> degnazione!)<br />

<strong>la</strong> Municipalità ad imporre una nuova tassa sui contribuenti, che questa<br />

volta erano i creditori che dovevano essere pagati coi proventi del<strong>la</strong><br />

nuova imposta, in altre parole essi stessi dovevano pagarsi col proprio<br />

denaro!<br />

Né furono questi soli i fastidi di quell'anno ca<strong>la</strong>mitoso. Spesso arrivava<br />

di notte qualche compagnia di soldati francesi ed allora i Municipalisti<br />

dovevano <strong>la</strong>sciare il letto e recarsi <strong>per</strong> le case in cerca di alloggio; altra<br />

volta i Francesi stessi, in occasione di passaggio, richiedevano l'immediata<br />

consegna di centinaia di razioni di carne, frumento, fieno, avena, e vi<br />

era poco da scherzare, <strong>per</strong>ché <strong>la</strong> domanda, sempre arrogante, era accompagnata<br />

da minacce di saccheggio, di incendio ecc. ed allora i Municipalisti<br />

dovevano mettersi al <strong>la</strong>voro <strong>per</strong> appagare le richieste del<strong>la</strong> truppa.<br />

Dal<strong>la</strong> corrispondenza del<strong>la</strong> nostra Municipalità col Governo Centrale,<br />

che non è completa, traggo queste notizie.<br />

Il 23 Giugno un comando francese richiese ai nostri Municipalisti <strong>la</strong><br />

immediata consegna di 300 paia di scarpe.<br />

Tavo una <strong>la</strong>mpada.<br />

S. Giustina<br />

S. Marco di C.S. Pietro<br />

Reschigliano<br />

S. Giorgio delle Pertiche<br />

once 266<br />

» 448<br />

» 66<br />

» 298<br />

4 21<br />

Pionca once 270<br />

ecc. ecc.<br />

Le chiese di Zeminiana, Vil<strong>la</strong>delconte<br />

e Fiumicello riscattarono l'argenteria versando<br />

denaro.


Il 12 Luglio <strong>la</strong> nostra Municipalità scrisse al Governo Centrale che <strong>la</strong><br />

popo<strong>la</strong>zione di Camposampiero era stanca di vedere le proprie case trasformate<br />

in caserme <strong>per</strong> <strong>la</strong> continua affiuenza di soldati, che si comportavano<br />

da padroni.<br />

Il 13 Agosto <strong>la</strong> nostra Municipalità scrisse al Governo Centrale che<br />

<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione del Cantone era esas<strong>per</strong>ata <strong>per</strong> le troppo frequenti requisizioni<br />

di carri e di buoi.<br />

Il 23 Agosto giunsero a Camposampiero 6000 usseri del<strong>la</strong> divisione<br />

Rey, 'richiedendo <strong>la</strong> consegna di 2000 pagliericci; dopo molto litigare<br />

con i Municipalisti si accontentarono di 100, ma vollero <strong>per</strong> compenso<br />

l'avena <strong>per</strong> i cavalli.<br />

Il 10 Ottobre venne fatta l'intimazione di consegnar una ingente<br />

quantità di co<strong>per</strong>te e di pagliericci, ed i nostri Municipalisti non sapevano<br />

a che santo votarsi, quando uno di essi <strong>la</strong>nciò <strong>la</strong> proposta di recarsi<br />

<strong>per</strong> le ville degli ex-patrizi veneziani a requisire le co<strong>per</strong>te e le materasse<br />

ivi esistenti e cOSI fu fatto.<br />

Come ho detto, l'archivio del<strong>la</strong> nostra Municipalità (contenuto nel<strong>la</strong><br />

Busta 35 - Democrazia e Governo Centrale del padovano - Archivio<br />

di Stato - Venezia) non è completo, quindi molte altre richieste di<br />

simile genere, e forse piti gravose, si devono supporre come avvenute.<br />

Ed ora una paro<strong>la</strong> sui nostri Municipalisti: essi appartenevano in<br />

parte al nostro castello, in parte alle ville del Cantone, e <strong>per</strong> esercitare il<br />

loro ufficio erano pagati con lire 10 ogni seduta; alcuni erano contemporaneamente<br />

membri di qualche altra magistratura e quindi <strong>per</strong>cepivano<br />

doppio stipendio, ed altre indennità <strong>per</strong>cepivano <strong>per</strong> appuntamenti, noleggi,<br />

viaggi ed anche <strong>per</strong> motivi meno p<strong>la</strong>usibili. Con tutto questo <strong>la</strong><br />

loro condotta non fu <strong>per</strong>fettamente corretta. Già si capisce, eravamo<br />

in un'epoca di scompiglio e di anarchia e tutti rubavano a piti non<br />

posso, <strong>per</strong>ché prevedevano che <strong>la</strong> bazza non poteva durare lungo tempo.<br />

E quando le dicerie sulle scorrettezze dei nostri Municipalisti giunsero<br />

all'orecchio del Governo Centrale, questo mandò a Camposampiero<br />

il <strong>per</strong>ito Giovanni Antonio Businari <strong>per</strong> una diligente revisione dei registri,<br />

i cui risultati, resi noti con re<strong>la</strong>zione 30 Novembre 1797, accertarono<br />

un disavanzo di L. 41.190,18.<br />

Non trovo che il Governo Centrale abbia preso alcun provvedimento<br />

contro i nostri Municipalisti (se lo avesse fatto era proprio il caso di<br />

ripetere ait <strong>la</strong>tro ad <strong>la</strong>tronem), onde le cose andarono avanti peggio di<br />

prima, come lo conferma <strong>la</strong> seguente sentenza fulminata dal Tribunale<br />

4 22<br />

Nazionale di Padova il 19 Gennaio 1798, al<strong>la</strong> vigilia dell'ingresso degli<br />

Austriaci e quivi riportata sotto nel testo integrale.<br />

Il Tribunal Nazionale istituito, e specialmente delegato a far cognizione<br />

delle colpe dei Pubblici Funzionari del Padovano, Polesine di<br />

Rovigo, ed Adria.<br />

Avendo considerate nell' odierna Sessione <strong>per</strong> li rapporti del Commissario<br />

Re<strong>la</strong>tore le varie imputazioni dal Processo risultanti in aggravio<br />

degli arrestati cittadini Giuseppe Gerunzi (6) Commissario del Governo<br />

a Camposampiero, di Beniamin Corner C), e Giovanni Malucello (8)<br />

Municipalisti di quel Cantone, ma partico<strong>la</strong>rmente contro i due primi,<br />

Geruzzi e Corner, cioè abuso di autorità, ordini violenti fatti eseguire<br />

con arbitrio, ed eccedenza di pene nelle domiciliarie <strong>per</strong>quisizioni <strong>per</strong><br />

l'armi ed arbitrj, e parzialità scandalose nell'imposta, ed esazione dell'imprestito<br />

patriottico, e fattosi pure dal Tribunale riflesso alle allegazioni e<br />

difesa del loro Avvocato Cittadino Braga, ha decretato che gli suddetti<br />

Giuseppe Gerunzi, e Beniamino Corner siano condannati a diciotto<br />

mesi di Carcere dal giorno del loro arresto, e<br />

Giovanni Malucello a tre mesi di Carcere dal giorno dell' arresto medesimo.<br />

Padova 30 Nevoso Anno VI del<strong>la</strong> Repubblica Francese, e II del<strong>la</strong><br />

Libertà Italiana, 19 Gennaio 1798 V. S.<br />

Ascanio Fenicio Presidente.<br />

Gio. Francesco Giupponi Presidente del Tribunale.<br />

Marangoni V. Presidente.<br />

Minotto Giudice del Tribunale.<br />

Antonio Marchetti Giudice del Tribunale.<br />

Gaetano Giaconi Giudice del Tribunale.<br />

Marsiglio Papafava Giudice del Tribunale.<br />

Paleocapa Segretario.<br />

DETTO<br />

Pubblicata nel<strong>la</strong> Sa<strong>la</strong> del<strong>la</strong> Sessione alle ore 1 e mezza pomeridiane e).<br />

(6) Giuseppe Gerunzi abìtava a S. Michele delle Abbadesse ed, a quel che credo, doveva<br />

essere fattore di un ex-patrizio veneto. Mori a Camposampiero ìl 24 Marzo 1811<br />

a 66 anni.<br />

(1) Beniamino Corner, ex-patrizio veneto, fu chiamato a far parte del<strong>la</strong> nostra Municipalità<br />

<strong>per</strong> il suo accanimento contro il cessato governo veneto. Abìtava in una vil<strong>la</strong> del<br />

nostro Cantone e il 27 Novembre 1798 sposò Antonia figlia di Giuseppe Gerunzi morta<br />

il 13 Ottobre 1799.<br />

(8) Giovanni Malucello abìtava a S. Giustina in Colle.<br />

(9) Annali del<strong>la</strong> libertà padovana - VoI. VI, pago 373 e 374.


E questo fu l'ultimo atto del Governo Centrale poiché, in forza dei<br />

preliminari di Leoben e del trattato di Campoformio, i Francesi dovettero<br />

sgombrare gli ex domini vene ti di Terraferma (eccettuate città e territorio<br />

di Bergamo, Brescia e Crema) che furono immediatamente occupati<br />

dagli Austriaci.<br />

Quindi il 20 Gennaio 1798 il conte di Walis entrò in Padova con una<br />

grossa colonna di truppa e prese possesso del<strong>la</strong> città a nome di sua Maestà<br />

Cesarea. Dopo tante <strong>per</strong>ipezie passate e tanti danni patiti nei nove mesi<br />

di occupazione francese, le nostre popo<strong>la</strong>zioni accolsero i nuovi padroni<br />

con un senso di sollievo e con manifestazioni di entusiasmo, e canti solenni<br />

di Te Deum, pubbliche illuminazioni, accademie, sonetti e balli<br />

festeggiarono il loro arrivo.<br />

Gli Austriaci rimisero subito in vigore <strong>la</strong> legge, restituirono ai nobili<br />

le loro prerogative, ricollocarono al loro posto i leoni di San Marco e<br />

fecero di tutto <strong>per</strong> cancel<strong>la</strong>re qualsiasi traccia del<strong>la</strong> passata dominazione.<br />

Quindi, con fine accorgimento politico, deputarono al governo di Venezia<br />

il venerando patrizio Francesco Pesaro e, nel nostro Cantone, ritornato<br />

podestaria, insediarono il giure dicente Nicolò Paruta, pure esso patrizio<br />

veneto.<br />

Al<strong>la</strong> Municipalità Provvisoria fu sostituita <strong>la</strong> Deputazione Comunale,<br />

che risultò composta di questi membri:<br />

Nobile Signor Nicolò Paruta giuri dicente<br />

DEPUTATI<br />

Sig. Carlo Sangalli<br />

» Giovanni Battista Storni<br />

» Marco Cecchinato<br />

CAVALIERI DEL COMUN<br />

Sig. Pietro Tavelli<br />

Conte Giovanni Maco<strong>la</strong><br />

DEPUTATI ALLA SANITÀ<br />

Sig. Antonio Callegari<br />

» Antonio Ficcato<br />

DEPUTATI ALLA PACE<br />

Sig. Francesco Bonora<br />

» Francesco Saggin<br />

Antonio Storni - Contradittore<br />

Anche il collegio dei Savi fu ripristinato.<br />

Negli anni 1798, 1799, 1800, 1801 stanziò a Camposampiero una<br />

compagnia del reggimento Wiirttemberg sotto il comando del capitano<br />

Giuseppe Haupt di Praga; furono pagate le passate requisizioni fatte<br />

dagli Austriaci nel 1796-1797 e nuove requisizioni ebbero luogo.<br />

Ad onor del vero gli Austriaci non <strong>per</strong>petrarono quei furti e quelle<br />

devastazioni che avevano reso odiata e nefasta <strong>la</strong> dominazione francese;<br />

nessun rec<strong>la</strong>mo infatti sul loro conto ho trovato nelle buste dell'Archivio<br />

Civico, mentre le note del<strong>la</strong> roba robada dai francesi costituirebbero da<br />

sole un archivio.<br />

Il passaggio delle truppe russe e cosacche (Giugno 1799) mandate<br />

a rinforzare l'esercito austriaco e <strong>la</strong> conseguente requisizione di carri,<br />

buoi e cavalli (<strong>la</strong> so<strong>la</strong> nostra podestaria dovette fornire 160 cavalli) esas<strong>per</strong>arono<br />

alquanto il nostro popolo e lo conferma anche una lettera<br />

(Giugno del 1799) dai nostri conterranei Pietro Prevedello ed Antonio<br />

Cagnin indirizzata al marchese Bia, deputato alle sussistenze russe, ove<br />

fra l'altro è detto che « no xe giusto che i soli cari de<strong>la</strong> vi<strong>la</strong> sia usadi <strong>per</strong><br />

el trasporto de <strong>la</strong> roba dei Russi, nel castelo se trova 35 cavali e quei fin<br />

al presente non à avudo alcun desturbo ».<br />

Nuovi avvenimenti politici e militari ricondussero nel<strong>la</strong> terra veneta<br />

i Francesi i quali entrarono a Padova il lO Gennaio 1801 fra <strong>la</strong> tris,tezza<br />

e il silenzio di tutti, come scrisse nel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione Jacopo Capitanio,<br />

e, subito dopo il loro arrivo, cominciarono requisizioni di buoi, carne,<br />

acquavite, avena, fieno e cavalli eO), seguite dall'applicazione del<strong>la</strong> tassa<br />

progressiva, del taglione, del<strong>la</strong> tassa del 5 <strong>per</strong> 100, e del prestito forzato.<br />

Quando Iddio volle i Francesi se ne andarono e ritornarono gli Austriaci<br />

che durarono fino al 1805.<br />

Mancherei al mio dovere di cittadino italiano se, dopo questa esposizione<br />

dolorosa di cifre, di date e di fatti, non facessi apprezzare ai miei<br />

concittadini il dono incomparabile del<strong>la</strong> libertà del<strong>la</strong> nostra cara patria<br />

finalmente conseguita, dopo supremi sforzi ed immani sacrifici. Oh <strong>la</strong> dominazione<br />

straniera fu sempre nefasta all'Italia, crudele <strong>per</strong> i cittadini e<br />

vergognosa <strong>per</strong> l'invasore!<br />

Odio <strong>per</strong> nessuno, amore <strong>per</strong> tutti ed a tutti, ma ognuno stia a casa<br />

propria. La Francia <strong>per</strong> i Francesi, l'Austria <strong>per</strong> gli Austriaci e l'Italia<br />

sempre e so<strong>la</strong>mente <strong>per</strong> gli Italiani.<br />

(l0) Le requisizioni dei Francesi furono veri e propri furti, giacché nessuna requisizione<br />

francese fu pagata.<br />

4 2 5


VII<br />

ANEDDOTI. RICORDI E CURIOSITÀ<br />

CAMPOSAMPIERINE


SOMMARIO: Amenità e varietà. - Antica anagrafe. - Boschi e paludi del territorio.<br />

- Costumi dei tempi andati. - Cimiteri. - Famiglie di vecchia data. - Funerali.<br />

- Furti in chiesa. - L'industria nei tempi che furono. - Località di vecchia<br />

data. - Ma<strong>la</strong>ttie e medici. - Rastrelli. - Pubblica istruzione. - Suicidi. - Trovatelli<br />

del<strong>la</strong> Pietà di Venezia. - Vittime delle torri e del campanile.<br />

Trovano posto, con questo titolo ed in questo luogo, alcune frammentarie<br />

notizie, qua e là desunte fiutando e sfogliando, diurna et nocturna<br />

manu, i vecchi registri e che, non avendo potuto inserire nel contesto<br />

del<strong>la</strong> <strong>storia</strong>, ho riservato a queste ultime pagine.<br />

Quantunque tali notizie vengano ultime nell'ordine espositivo e, <strong>per</strong><br />

loro natura, presentino un carattere frammentario e multicolore, pure<br />

non mancano d'importanza, poiché, soltanto dal<strong>la</strong> loro connessione mentale<br />

con quanto fu esposto nel testo, il lettore potrà formarsi una idea<br />

non inadeguata sui costumi dei nostri buoni avi e sulle condizioni economiche,<br />

morali, intellettuali ed anche igieniche di Camposampiero in<br />

un'epoca <strong>per</strong> tanti conti sorpassata.<br />

Se a tanto riuscirò, mi sembrerà di avere ottenuto il fine proposto<br />

nel compi<strong>la</strong>re queste memorie, che non fu quello di accozzare assieme<br />

una serie di nomi, di date e di avvenimenti seguiti o preceduti da apprezzamenti<br />

soggettivi, il piti delle volte inopportuni ed ingiusti, ma<br />

quello piuttosto di far rivivere i tardi nepoti nell'ambiente morale e materiale<br />

dei loro avi, <strong>per</strong> <strong>la</strong> fedele rievocazione dei costumi pubblici e privati<br />

del tempo che fu.<br />

Compi<strong>la</strong>ndo questo centone di notizie piti volte mi si è affacciata al<strong>la</strong><br />

mente un'idea balzana che, valga ciò che può valere, voglio manifestare ai


nate ogni sorta di impro<strong>per</strong>i contro il podestà, <strong>la</strong> famiglia sua, avi e pro<br />

avi di cà Zorzi.<br />

Il podestà, nel<strong>la</strong> lettera di partecipazione, implora dal Consiglio dei X<br />

un pronto ed esemp<strong>la</strong>re castigo contro il Priuli. Del resto Francesco<br />

Priuli, nobile veneziano che passò <strong>la</strong> maggior parte di sua vita a Camposampiero,<br />

era uomo violento, ed anche scostumato, come si rileva da una<br />

lettera inviata dall'arciprete Baldi al vescovo di Treviso. Datosi negli<br />

ultimi anni al<strong>la</strong> pietà ed al<strong>la</strong> penitenza, morendo istitul legati a favore<br />

delle chiese di S. Pietro, S. Marco e S. Giovanni. Meglio tardi che mai!<br />

Nel<strong>la</strong> mattinata del 24 Maggio 1607 il pregiudicato Antonio Saggin,<br />

si recò nel pa<strong>la</strong>zzo del podestà Giorgio Loredan e contro di lui vomitò<br />

ogni sorta d'impro<strong>per</strong>i.<br />

Tratto in arresto, Francesco Barbanti suo compagno di scelleratezze<br />

promosse una crociata di malviventi <strong>per</strong> tentare <strong>la</strong> liberazione, senza<br />

<strong>per</strong>ò riuscire nell'intento.<br />

Il processo contro il Saggin ebbe luogo nel pa<strong>la</strong>zzo pretorio di Padova<br />

ed il padre suo, fra lo stupore dei presenti, fece contro il nostro podestà<br />

questa grave deposizione: Il podes,tà di Camposampiero si recò a casa mia<br />

<strong>per</strong> dirmi che avrebbe liberato mio figlio Antonio se gli avessi consegnato<br />

100 ducati (sic!) Denari ed <strong>amici</strong>zia con quel che segue.<br />

Il 10 Settembre 1620 Andrea Malipiero, nostro podestà, partecipò indignato<br />

al Consiglio dei X come, poco prima di <strong>la</strong>sciare Camposampiero,<br />

mentre caricava i mobili sul carro del<strong>la</strong> partenza, Alvise Foresto rivolto si<br />

a Gasparo Munaro, che col suo birroccio transitava <strong>per</strong> <strong>la</strong> piazza conducendo<br />

<strong>la</strong> farina ai clienti, gridò con quanta voce aveva: «Gasparo imprestami<br />

il ,tuo cavallo che voglio legare al<strong>la</strong> coda di esso e trascinare <strong>per</strong><br />

le strade del paese quel<strong>la</strong> figura ... di podestà ».<br />

Il saluto al podestà partente non fu né cortese, né corretto e Andrea<br />

Malipiero, partecipando il fattaccio al Consiglio dei X, aveva ragione di<br />

invocare un energico castigo contro il Foresto, esagerava <strong>per</strong>ò nell'affermare<br />

che il disonore, inflitto da costui al podestà, colpiva tutta <strong>la</strong> repubblica<br />

di Venezia. Via, ciò era un po' troppo!<br />

Giro<strong>la</strong>mo Valier, il 24 Maggio 1630, fu minacciato da Antonio Maran,<br />

huomo sicario et bandito di Padova, che lo rincorse <strong>per</strong> un buon tratto<br />

<strong>la</strong>nciando gli questo vilipendio: «Se no ti gavessi quele maneghe rosse e)<br />

te mettaria mi a posto ».<br />

Giulio Zorzi, il 13 Ottobre 1631, fu aggredito e minacciato nel<strong>la</strong> soglia<br />

del pa<strong>la</strong>zzo pretorio da Giovanni Maria Faroni, soprastante al dacio.<br />

(3) Il nostro podestà indossava veste nera con maniche rosse.<br />

432<br />

Nicolò Contarini, il 3 Agosto 1632, fu aggredito da Francesco Carrara,<br />

armato di stile e prezzo<strong>la</strong>to da Antonio Bevi<strong>la</strong>cqua, ed ebbe salva <strong>la</strong> vita<br />

<strong>per</strong> il pronto intervento di due ufficiali (4).<br />

Il podestà Zuane Zorz1, 13 Febbraio 1647, recato si nel forno di Giacomo<br />

Gobbi, che spacciava pane inferiore al peso, <strong>per</strong> legittima difesa<br />

dovette venire alle mani con lui e fu salvato da peggiori danni <strong>per</strong> o<strong>per</strong>a<br />

di alcuni cittadini, presenti al<strong>la</strong> scenaccia.<br />

Lunga assai è <strong>la</strong> recensione degli insulti ricevuti dai nostri podestà, di<br />

giorno, di notte, <strong>per</strong> istrada, sul mercato, in case private, nel pa<strong>la</strong>zzo<br />

pretorio, e <strong>per</strong>fino nell'esercizio delle proprie funzioni, da uomini del<br />

volgo, pili spesso da <strong>per</strong>sone qualificate ed anche da donne.<br />

Una volta furono attaccati, nottetempo, sulle porte del pa<strong>la</strong>zzo pretorio<br />

dei cartelloni con insulti al<strong>la</strong> <strong>per</strong>sona ed all'onore del podestà.<br />

Anche i cavalieri pretmiani} nel loro ufficio di <strong>per</strong>lustrare il mercato<br />

assieme agli sbirri <strong>per</strong> vedere se vi fossero frodi nel dazio, infrazioni di<br />

calmiere o abusi d'altra natura, non trovarono sempre accoglienze oneste<br />

e liete presso i bottegai.<br />

Curioso e comico è ciò che avvenne ad un cavaliere pretoriano, reggendo<br />

<strong>la</strong> podestaria Francesco Pasqualigo (1673). Nel salone dell'udienza,<br />

ave dovevasi discutere <strong>la</strong> causa, erano già comparsi il podestà, gli sbirri,<br />

gli avvocati, l'accusatore (il cui nome è taciuto) e con essi l'accusato<br />

Francesco Gabriel, cui era stata sequestrata del<strong>la</strong> farina avariata; orbene<br />

mentre il podestà stava pronunciando <strong>la</strong> forma<strong>la</strong> iniziale e), d'un tratto<br />

il Gabriel <strong>la</strong>scia il suo posto e si s<strong>la</strong>ncia col pugnale in mano contro il<br />

cavaliere e lo ferisce ripetutamente accompagnando l'atto proditorio con<br />

le parole: «T e insegnarò mi} martuffo che te si} a ficar el naso ancora<br />

in te <strong>la</strong> me farina! »<br />

Sarebbe pure cosa troppo tediosa il riportare <strong>la</strong> litania dei sequestri<br />

o<strong>per</strong>ati dai podestà nei quasi 400 anni del loro regime; mi accontenterò<br />

solo di accennare al primo in ordine di tempo ed al primo in ordine di<br />

importanza.<br />

Nel 1503 il podestà Giovanni Paruta, partecipò che, nei granai di<br />

Pietro Calderara e Zuane Pelizzaro} trovoè gran quantità di biava} zioè<br />

(4) Antonio Bevi<strong>la</strong>cqua, medico di Camposampiero, durante il terribile <strong>per</strong>iodo del<strong>la</strong><br />

peste (1630-1931), era stato accusato di rapine, estorsioni di denaro e di prevaricazione,<br />

questa <strong>la</strong> ragione del suo rancore contro il Contarini.<br />

(5) Christi nomine invocato.<br />

28<br />

433


segata, farina, sorgo, a quali se sta fato comandamento debano condur<strong>la</strong><br />

a Venezia.<br />

Il Calderaro ed il PelIizzaro erano incettatori e l'incetta del grano fu<br />

sempre proibita sotto <strong>la</strong> dominazione veneta.<br />

Il 18 Marzo 1597 il podestà Paolo Zane sequestrò nel mercato una<br />

ingente quantità di panno forestiero (<strong>la</strong> lista delle pezze e dei cavezzi<br />

riempie sei pagine). Il processo contro i venditori ebbe luogo nel<strong>la</strong> residenza<br />

del podestà di Padova e vi intervenne una rappresentanza del<strong>la</strong><br />

Università del<strong>la</strong> <strong>la</strong>na di Padova che, nell'illecito commercio, vedeva lesi<br />

i suoi diritti di fabbricazione e di vendita.<br />

Tutte queste re<strong>la</strong>zioni dei nostri podestà al Consiglio dei X sono<br />

piene di espressioni di rispetto, di proteste, di obbedienza e di esibizione<br />

incondizionata di servizi e talvolta <strong>la</strong> conclusione finale porta<br />

queste parole: «Proteso in ginocchio davanti l'Eccellentissimo Consiglio<br />

dei X ecc. ».<br />

E poiché sono entrato in tema di processi e di cose amene e curiose,<br />

non voglio defraudare i miei lettori del<strong>la</strong> narrazione di un gustoso episodio,<br />

svoltosi a Camposampiero ed a Padova nel Settembre del 1724.<br />

Era morto un bue a Francesco Sco<strong>la</strong>ro, abitante in contrada del Corso<br />

e costui, senza chiedere il <strong>per</strong>messo agli ufficiali di sanità (6), spacciò <strong>la</strong><br />

carne del<strong>la</strong> bestia; i birri, che fiutavano e spiavano ovunque, venuti a conoscenza<br />

del fatto, corsero dal podestà Alvise Corner a farne de<strong>la</strong>zione<br />

ed il Corner mandò in casa dello Sco<strong>la</strong>ro due soldati delle cernide <strong>per</strong><br />

investigare, ed al caso, requisire <strong>la</strong> carne avariata.<br />

Accolti bruscamente i soldati <strong>per</strong>quisirono tutta <strong>la</strong> casa, ma non trovarono<br />

che il fegato ed il cuore del bue, entro un cesto di vimini; qui<br />

nacque una colluttazione fra lo Sco<strong>la</strong>ro ed i soldati, <strong>per</strong>ché questi volevano<br />

portar via <strong>la</strong> merce trovata e quegli non voleva cedere il canestro;<br />

dopo un tira-tira il canestro restò in mano dello Sco<strong>la</strong>ro che, fuggendo<br />

<strong>per</strong> i campi, gridava verso i soldati: «andè dal podestà e disèghe che sta<br />

carne <strong>la</strong> magnarò doman co me fioi e el vedarà se moriremo ».<br />

Ne segui il processo che, essendo di natura criminale, ebbe luogo a<br />

Padova C) e vi comparvero due curiose macchiette: Zuanne Callegari e<br />

Zuanne Chioatto. Il Callegari, oste di Fratte, raccontò come, avendo<br />

inteso <strong>la</strong> disgrazia dello Sco<strong>la</strong>ro, si recò nel<strong>la</strong> sua casa ed acquistò metà<br />

(6) Era severamente proibita <strong>la</strong> vendita del<strong>la</strong> carne di bestia morta, non visitata e li.<br />

cenziata dagli ufficiali di sanità.<br />

(1) Come ho detto il podestà di Camposampiero non poteva giudicare che le cause<br />

civili; le criminali erano devolute al podestà di Padova.<br />

434<br />

del<strong>la</strong> bestia morta, che poi vendette ai clienti, i quali <strong>la</strong> mangiarono senza<br />

nessuna conseguenza.<br />

Entrò quindi nell'au<strong>la</strong> Zuanne Chioatto, contadino di Camposampiero,<br />

il quale comparve davanti ai magistrati nel suo arnese di campagnuolo,<br />

scalzo, <strong>la</strong>cero, senza giubba e tutto intriso il volto di sudore e di polvere.<br />

Egli fece presso a poco questa deposizione (8). Noaltri pora zente co<br />

magnemo carne bisogna che ghe sia disgrazie in casa, cioè o bestie morte<br />

o ma<strong>la</strong>i; dopo questo esordio molto filosofico, anzi metafisico, continuò<br />

dicendo come, trovandosi casualmente in piazza, senti da un suo compare<br />

queste parole: «Nane, se te voI magnar da sior, va da Checco Sco<strong>la</strong>ro<br />

che ghe xe morta na bestia e el vende <strong>la</strong> carne a quattro soldi <strong>la</strong> lira »,<br />

a questo avviso egli corse dallo Sco<strong>la</strong>ro, acquistò <strong>la</strong> carne e <strong>la</strong> mangiò<br />

col<strong>la</strong> sua famiglia.<br />

Il Chio atto terminò <strong>la</strong> sua me<strong>la</strong>nconica deposizione con queste parole:<br />

« Za noaltri pori diavoli semo disgrazià sempre anca quando ne par de<br />

aver ciapà <strong>la</strong> fortuna, e cussì <strong>per</strong> un toeo de carne, me foca <strong>per</strong>der na<br />

zornada de <strong>la</strong>voro e forse me tocarà andar anca in preson ».<br />

Furono tutti assolti, compreso lo Sco<strong>la</strong>ro C).<br />

Il piccante episodio offrirebbe argomento <strong>per</strong> una commedia.<br />

2. - ANTICA ANAGRAFE DI <strong>CAMPOSAMPIERO</strong><br />

Se oggidi, in grazia delle migliorate condizioni igieniche ed economiche,<br />

<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione di Camposampiero va crescendo, <strong>per</strong> modo di dire con<br />

progressione geometrica, nei passati secoli l'aumento avveniva con progressione<br />

aritmetica, di quando in quando bruscamente arrestato da epidemie<br />

sterminatrici eO).<br />

Le re<strong>la</strong>zioni delle visite vescovili contengono i demografici che sottopongo<br />

al lettore.<br />

(8) Quanto riferisco non è testualmente uscito dal<strong>la</strong> bocca del Chio atto, ma piuttosto<br />

è lo svolgimento del riassunto compi<strong>la</strong>to dai re<strong>la</strong>tori del processo.<br />

(9) Il resoconto del processo, esteso con tutte le formalità giuridiche e burocratiche<br />

che nul<strong>la</strong> hanno da invidiare ai metodi moderni, si trova nell'Archivio di Sanità di Padova,<br />

Processi, N. 2126.<br />

(lO) Le piti antiche notizie ufficiali sul<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione del territorio padovano ci sono<br />

fornite dal censimento ordinato dal Consiglio Maggiore di Padova nel 1281; risulta da<br />

esso che il territorio di Padova (città esclusa) aveva 63.300 abitanti; cioè poco piti di un<br />

decimo di oggidl; in proporzione Camposampiero (esclusa Rustega, comunità indipendente)<br />

doveva avere circa 400 abitanti.<br />

Le notizie ufficiali dell'Archivio di Stato fra il 1430 ed il 1660 danno a Padova e<br />

territorio una popo<strong>la</strong>zione oscil<strong>la</strong>nte fra i 150.000 ed il 167.550 abitanti.<br />

435


Piti volte Marin Sanuto, nei Diari, fa menzione di taglie applicate a<br />

nostri concittadini resi rei di gravi delitti (omicidi, grassazioni, ferimenti<br />

proditori) e in un caso anche di scassinamento delle porte delle carceri<br />

<strong>per</strong> liberare i detenuti ('8).<br />

Molto si occuparono dei costumi camposampierini gli arcipreti nelle<br />

re<strong>la</strong>zioni rassegnate ai vescovi nelle visite pastorali.<br />

Don Giovanni Rauli, arciprete di Camposampiero nel 1578, riferi al<br />

vescovo che i massari erano insubordinati, che i genitori non mandavano<br />

i figli a dottrina, che alcune <strong>per</strong>sone bestemmiavano, altre non ottem<strong>per</strong>avano<br />

al precetto pasquale e finalmente si <strong>la</strong>gnò de zerta zente che se<br />

ferma sotto <strong>la</strong> lozeta in tempo de vesparo e,t di zovani che portano in chiesa<br />

le sue coltel<strong>la</strong> et li suoi pugnali ('9).<br />

La ferocia del costume non dava tregua neppure in chiesa.<br />

L'arciprete Baldi, deplorava, nel 1603, <strong>la</strong> condotta scorretta di Francesco<br />

Priuli e <strong>la</strong> imprudenza sacrilega di Bernardo Tessaro che, in giorno<br />

di digiuno, aveva acquistato dal macel<strong>la</strong>io del castello due bresole e le<br />

aveva consumate all'osteria granda eO).<br />

Un'altra re<strong>la</strong>zione del Baldi (1605) par<strong>la</strong> di inconfessi, di bestemmiatori<br />

e di banditi e <strong>la</strong>menta il malo esempio dato dai nobili veneziani<br />

quivi villeggianti; il Baldi assicura il vescovo di averli richiamati al dovere,<br />

ma con poco profitto, poiché quegli gli risposero: «Noi non dipendiamo<br />

dal<strong>la</strong> vostra giurisdizione spirituale, ma da quel<strong>la</strong> del patriarca di<br />

Venezia, quindi le vostre recriminazioni sono inutili» e l ).<br />

Ancora piti disastrosa è <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione dell'arciprete Chello (1625) (22);<br />

rilevasi da essa che abbastanza frequenti erano nel<strong>la</strong> parrocchia i disordini<br />

del<strong>la</strong> irreligione, del<strong>la</strong> bestemmia e del<strong>la</strong> disonestà, né mancavano<br />

i casi di impenitenza finale, <strong>per</strong> cui si dovette talvolta negare <strong>la</strong> sepoltura<br />

ecclesiastica.<br />

Assai commovente <strong>la</strong> lettera dallo stesso diretta al vescovo Vicenzo<br />

Giustiniani, il 25 Aprile 1627 e 3 ) <strong>per</strong> renderlo edotto delle deplorevoli<br />

condizioni religiose e morali del<strong>la</strong> parrocchia.<br />

Purtroppo ci volle <strong>la</strong> peste del 1631, <strong>la</strong> famosa scopa di don Abbondio,<br />

<strong>per</strong> migliorare i costumi dei nostri concittadini e <strong>per</strong> purificare l'ambiente<br />

ammorbato!<br />

(18) Diari, VoI. 43, pago 473.<br />

(19) Archivio Curiale Treviso, Visite 1578.<br />

(20) Archivio Curiale Treviso, Visite 1603.<br />

(21) Archivio Curiale Treviso, Visite 1605.<br />

(22) Archivio Curiale Treviso, Visite 1625.<br />

(23) Archivio Curiale Treviso, Busta L Camposampiero.<br />

Difatti l'arciprete Tessari, nel<strong>la</strong> visita del 1713, assicurò Sua Eccellenza<br />

che <strong>per</strong> grazia di Dio nel<strong>la</strong> parrocchia non vi erano né inconfessi, né<br />

bestemmiatori, né concubinari.<br />

La re<strong>la</strong>zione del parroco di S. Marco, don Benedetto Bosello (1703),<br />

deplora parecchi abusi penetrati in quel<strong>la</strong> parrocchia, noto fra di essi il<br />

ballo, le veglie invernali lungamente protratte, i lunghi amoreggiamenti<br />

ed il par<strong>la</strong>re licenzioso degli adulti e 4 ). Ed il coscienzioso e diligente<br />

arciprete don Nicolò Borto<strong>la</strong>to, nelle re<strong>la</strong>zioni del 1764 e del 1777, mentre<br />

loda l'onestà dei costumi dei campagnoli camposampierini, usa parole<br />

gravi contro l'indifferenza religiosa e <strong>la</strong> vita niente affatto cristiana di<br />

qualche castel<strong>la</strong>no e di qualche castel<strong>la</strong>na.<br />

In tutto il secolo XVIII, e specialmente nell'ultima metà di esso, come<br />

negli altri domini del<strong>la</strong> Repubblica, cosi a Camposampiero, il delitto di<br />

sangue assunse il carattere e <strong>la</strong> proporzione di una ma<strong>la</strong>ttia contagiosa.<br />

Le cause del triste fenomeno morale devonsi piti che tutto ricercare<br />

nello scaduto prestigio dell'autorità civile, nell'abuso del coltello e dell'archibugio<br />

e nel<strong>la</strong> leggerezza delle pene applicate agli omicidi, nonché<br />

nel<strong>la</strong> facilità di condonarle e di commutarle eS).<br />

Quasi sempre le vittime sono di giovane età, quasi sempre gli uccisori<br />

sono <strong>per</strong>sone incognite e se il primo fatto denota che l'omicidio non fu<br />

<strong>per</strong>petrato a scopo di furto, ma <strong>per</strong> rissa, vendetta, o rivalità amorose,<br />

il secondo denota <strong>la</strong> poca premura dell'autorità nel<strong>la</strong> ricerca dell'autore<br />

o degli autori del delitto.<br />

Nel<strong>la</strong> prima metà del secolo XVIII gli omicidi a Camposampiero furono<br />

14, nel<strong>la</strong> seconda diventarono 30.<br />

Traggo questi dati dai registri dei morti, i quali naturalmente non<br />

par<strong>la</strong>no che di coloro che <strong>per</strong>dettero <strong>la</strong> vita, assai piti furono quelli che<br />

restarono feriti e guarirono.<br />

Le armi piti usate erano il coltel<strong>la</strong>ccio, lo stile ed il pugnale (armi bianche),<br />

<strong>la</strong> pisto<strong>la</strong> lunga e l'archibugio (armi da fuoco).<br />

Riporto dal registro dei morti questa tragica avventura:<br />

« addì 20 febbraro 1759<br />

Pietro Valier itz,trodottosi di notte nel pa<strong>la</strong>zzo pretorio (ora Municipio)<br />

di questa Terra <strong>la</strong> notte del .18 corrente dopo aver tentata proditoriamente<br />

<strong>la</strong> vita dell'illustrissimo signor Antonio Apollonia, Cancelliere dell'Eccellentissimo<br />

signor Lorenzo Contarini, attuale Podestà di Campo-<br />

(24) Archivio Curiale Padova, Visite 1703.<br />

(25) Il codice del<strong>la</strong> Repubblica, mentre condannava severamente <strong>la</strong> grassazione (gli<br />

assassini erano sospesi alle forche, strozzati, decapitati, squartati), puniva l'omicidio semplice<br />

col<strong>la</strong> relegazione nelle galere o nei forti di Palmanova e di Legnago.<br />

44 I


sampiero, con arma da fuoco dallo stesso signor Apollonia fu ucciso ... il<br />

suo cadavere fu posto nel<strong>la</strong> sepol,tura dei fore-stieri vicino al<strong>la</strong> porta maggiore<br />

del<strong>la</strong> chiesa, al di fuori<br />

Giuseppe Giustina Arciprete» e 6 ).<br />

5. - CIMITERI<br />

Prima del 1808 era data facoltà al<strong>la</strong> famiglia del defunto o al defunto<br />

stesso adhuc vivens, di scegliere il luogo del<strong>la</strong> propria sepoltura e non<br />

eravi, come ora, un cimitero comune <strong>per</strong> tutti.<br />

Se un nobile veneziano veniva a morte, il suo cadavere era deposto<br />

nel<strong>la</strong> tomba familiare dell'oratorio annesso al<strong>la</strong> vil<strong>la</strong> e, mancando l'oratorio,<br />

il seppellimento avveniva nell'arca di una confraternita, previa<br />

licenza dei massari.<br />

I sacerdoti delle due parrocchie ed i padri di San Giovanni avevano<br />

tombe nelle rispettive chiese di fronte al maggior altare e massari e confratelli<br />

delle scuole avevano tomba nell'arca del<strong>la</strong> confraternita, di fronte<br />

all'altare del santo patrono.<br />

Le famiglie piu cospicue del paese avevano arca propria nelle chiese,<br />

mancando questa, di solito chiedevano <strong>la</strong> sepoltura dei congiunti entro<br />

<strong>la</strong> chiesa di San Giovanni che, in breve tempo, <strong>per</strong> <strong>la</strong> grande quantità di<br />

avelli e di tumuli, diventò una vera necropoli.<br />

Nel<strong>la</strong> parrocchiale di S. Pietro ebbero arche e tombe, oltre i sacerdoti,<br />

le confraternite del Crocifisso, del Rosario, del SS. Sacramento e<br />

del Carmine, i massari del<strong>la</strong> Fabbrica, i Carnio, i Tavelli, i Tentori ed<br />

i Peroni e 7 ).<br />

Nel<strong>la</strong> chiesa di San Giovanni ebbero tombe i Padri Osservanti, i Quirini,<br />

i Gabrielli, i Foresto, i Calderaro, i Rubini, i Bosello, i Priuli, i<br />

Garbini; ebbero monumenti sepolcrali nel<strong>la</strong> stessa chiesa l'arcivescovo<br />

Francesco Quirini, Cristoforo Rubini e, nei chiostri del convento, i Zatta<br />

ed i Zonca.<br />

Nel<strong>la</strong> chiesa di S. Marco ebbero tomba i parroci, i confratelli di Santa<br />

Lucia, i Bondumier, i da Vico ed i Rubini.<br />

In tutti gli altri oratori vi erano una o piu tombe.<br />

I defunti di condizione povera erano sepolti nei cimiteri che contornavano<br />

le chiese di S. Pietro, S. Marco e S. Giovanni, i pellegrini ° forestieri<br />

nell'arca comune, di fronte al<strong>la</strong> porta maggiore di San Pietro.<br />

(26) Arch. Parr., Registro morti 1759.<br />

(27) Per tutte queste notizie, SALOMON: Agri Patav. Inscriptiones, titolo Camposampiero<br />

ed i registri dei morti delle due parrocchie.<br />

44 2<br />

Il seppellimento nelle chiese fu proibito da un decreto napoleonico<br />

del 1808, entrato in vigore quattro anni dopo, e l'ultimo sepolto nel<strong>la</strong><br />

chiesa di S. Pietro fu Alvise Niocco (25 Aprile 1812).<br />

Nel 1823 il Governo austriaco, ad onta delle rimostranze dei parroci<br />

Bacchetti e Cera, ordinò l'a<strong>per</strong>tura di un cimitero comune <strong>per</strong> le due<br />

parrocchie, dietro il coro del<strong>la</strong> chiesa di S. Pietro eS) che, diventato insufficiente<br />

dopo <strong>la</strong> fondazione dell'ospedale, fu ampliato verso il 1860<br />

e finalmente nel 1907 fu trasportato nell'attuale località di via Noale,<br />

ora via Bonora.<br />

6. - FAMIGLIE DI VECCHIA DATA<br />

Credo di far cosa grata ai miei lettori sottoponendo ad essi <strong>la</strong> recensione<br />

delle prime famiglie cittadine e di quelle ancora che a Camposampiero<br />

ebbero <strong>la</strong> proprietà edilizia e fondiaria nei secoli passati.<br />

a) Famiglie patrizie veneziane che sotto <strong>la</strong> Repubblica ebbero quivi<br />

proprietà terriera ed edilizia:<br />

Bernardo, Badoer, Balbi-Valier, Barbarigo, Bembo, Boerio, Boldu,<br />

Bondumier, Bozzoni, Bragadin, Civran, Contarini, da Mosto, da Ponte,<br />

Donati, Gabrielli, Gritti, Grimani, Loredan, Mi<strong>la</strong>ni, Mocenigo, Moro,<br />

Morosini, Erizzo, Priuli, Quirini, Rubini, Semitecolo, Sarvognan e Zatta.<br />

b) Vecchie famiglie paesane di ceto civile, in parte estinte od emigrate<br />

ed in parte ancora esistenti:<br />

Bevi<strong>la</strong>cqua, Bosello, Carnio, Chello, Como, Este, Foresto, Garbin,<br />

Mosca, Maruzzi, Pavanin, Pedrinelli, Peroni (nei vecchi registri Peroni<br />

dell'Aqui<strong>la</strong>), Petrobelli, Tavelli, Tentori, Zin, Zonca ecc.<br />

Da queste famiglie, <strong>per</strong> antica consuetudine, derivarono medici, sacerdoti,<br />

notai, avvocati, deputati di comune, cavalieri pretori ani e savi<br />

del<strong>la</strong> podestaria e del castello.<br />

c) Vecchie famiglie camposampierine di ceto industriale od artigiano:<br />

Barbieri, Benozzo, Bianchi, Bressan, Callegari, Calzavara, Chioatto,<br />

Favero, Frasson, Gherlenda, Mazzonetto, Miozzo, Pesce, Saggin, Simeoni<br />

ecc.<br />

d) Principali famiglie camposampierine di condizione agrico<strong>la</strong>:<br />

Beccegato, Brugnaro, Daminato, Fantinato, Ficcato, Franceschini, Giu-<br />

(2S) Archivio Curiale Treviso. Busta I Camposampiero.<br />

Oliva Mazzonetto di anni 30 fu <strong>la</strong> prima sepolta del nuovo cimitero (Registro morti,<br />

13 Dicembre 1823).<br />

443


isato, Pinaffo, Pigozzo, PrevedeIlo, Perin, Ruffato, Sabbadin, Scantamburlo,<br />

Scarante, Valentini, Vion (ora Ghion) ecc.<br />

e) Tra le famiglie quivi emigrate, dal 1750 al 1850, le principali sono:<br />

Abetti, Maco<strong>la</strong>, Mogno, Piran, Targhetta, Goin, Gatto, Smania, Pa<strong>la</strong>ro,<br />

Vanin ecc., ancora viventi; Maccaferri, Marosinotto, Sangalli, Giannini<br />

estinte e 9 ).<br />

7. - FUNERALI<br />

Anche nei tempi andati i funerali del defunto si celebravano sempre<br />

nel<strong>la</strong> chiesa parrocchiale. Quando <strong>per</strong>ò (e ciò avveniva spesso) il defunto<br />

adhuc vivens o i parenti suoi richiedevano il seppellimento in S. Giovanni,<br />

a funerale terminato, i Padri Osservanti attendevano il feretro al<strong>la</strong><br />

Dispensa del Sal ed ivi, fatta riverenza del<strong>la</strong> Croce parrocchiale, levavano<br />

il cadavere e lo scortavano fino al<strong>la</strong> loro chiesa.<br />

Così i diritti parrocchiali erano salvi; è da notare che, durante le esequie<br />

a S. Giovanni, il cappel<strong>la</strong>no di S. Pietro, quale rappresentante dell'arciprete,<br />

doveva tenere <strong>la</strong> sto<strong>la</strong>! Questa partico<strong>la</strong>rità è sempre rilevata<br />

nelle registrazioni.<br />

I defunti erano portati sco<strong>per</strong>ti al<strong>la</strong> chiesa ed al cimitero, e tale usanza<br />

continuò fino al 1808; non erano chiusi in cassa, ma ravvolti in un<br />

lenzuolo, cosicché l'arciprete Zanchi notò nel registro dei morti come<br />

cosa singo<strong>la</strong>re e mai avvenuta, che Francesco Cotti, sergente delle ordinanze<br />

del<strong>la</strong> podestaria, fu sepolto in cassa di legno (3 Settembre 1697).<br />

Quando il defunto <strong>la</strong>sciava qualche legato, nel giorno del funerale<br />

prima del<strong>la</strong> levata, mentre popolo e sacerdoti aspettavano, il notaio si<br />

metteva ai piedi del cadavere e leggeva a voce alta le disposizioni testamentarie<br />

del defunto; ed è facile immaginare <strong>la</strong> i<strong>la</strong>rità suscitata ed i<br />

commenti provocati dal<strong>la</strong> lettura di queste parole, contenute nel testamento<br />

di Zuane Gabrieli: «Volgio esser sepulto vestido al<strong>la</strong> franzescana<br />

(29) Che anche nei secoli passati i Camposampierini non difettassero di buon umore<br />

lo attestano le mende o soprannomi affibbiati a famiglie od a <strong>per</strong>sone; <strong>la</strong>sciando stare<br />

i primi, <strong>per</strong> non offendere <strong>la</strong> suscettibilità di qualcheduno, dirò che Francesca Saggin<br />

(m. 1745), una donnona grande, tarchiata e vecchia, era chiamata <strong>la</strong> Checcona, Matteo Zuliani<br />

(m. 1797) che si dilettava di ascoltare e ripetere le prediche era conosciuto col nome<br />

di Predicatore.<br />

Né mancarono in passato esempi di vita veramente virtuosa, al qual proposito riferirò<br />

che, sotto l'atto di morte di Elisabetta Este (lO Agosto 1765), il santo e riservatissimo<br />

mio antecessore Borto<strong>la</strong>to scrisse queste parole: Memoria hujus virginis in benedictione<br />

est. Nel<strong>la</strong> bocca e nel<strong>la</strong> penna di un uomo cosi riflessivo e cosi parco nel lodare, l'espressione<br />

diventa eloquente.<br />

444<br />

et volgio che dopo <strong>la</strong> mia sepoltura <strong>la</strong> mia archa sia inarpesada, <strong>per</strong>ché<br />

nissun altro sia messo dentro »; come di quelle del testamento di Isabel<strong>la</strong><br />

Zanetti: «volgio esser sepulta descolza et in camisa », e di quelle pure<br />

del testamento di Alvise Zordan: «<strong>la</strong>ssio de tuto el mio ben madona et<br />

patrona mia molgie », <strong>la</strong> quale, quattro anni dopo, cOSI esordiva il suo<br />

testamento: «lo Adriana Zordan <strong>per</strong> gratia de Dio sana de mente et sentada<br />

in uno scagno ecc. ecc. » eO).<br />

8. - FURTI IN CHIESA<br />

Non furono cOSI frequenti, è vero, ma non mancarono neppure nel<br />

tempi passati, i furti <strong>per</strong>petrati nottetempo in chiesa.<br />

Pili volte i libri dei maneggi del<strong>la</strong> Fabbrica accennano ad onorari pagati<br />

agli officiali del Malefizio di Padova <strong>per</strong> cavalcate fino a Camposampiero<br />

allo scopo di indagare su furti compiuti in chiesa, ed esibiscono<br />

polizze di pagamento <strong>per</strong> restauri di serrature e di casselle scassinate dai<br />

<strong>la</strong>dri (1741 e 1774).<br />

Ma si trattava sempre di furti <strong>per</strong>petrati a fine di lucro; il primo furto<br />

essenzialmente sacrilego fu compiuto nel<strong>la</strong> notte fra il 24 ed il 25 luglio<br />

1832, allorché ignoti penetrarono nel<strong>la</strong> chiesa di S. Pietro e derubarono<br />

l'Ostensorio con le Specie Sacramentali e 1 ).<br />

9. - L'INDUSTRIA NEI TEMPI CHE FURONO<br />

Da notizie frammentarie, qua e là derivate e reciprocamente completate,<br />

ho potuto raccogliere questi cenni sul<strong>la</strong> antica industria camposampierina.<br />

Lo dico subito, Camposampiero non fu mai paese industriale nel<br />

vero senso del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> e le piccole industrie, che quivi fiorirono, si<br />

mantennero sempre in uno stato primordiale, bastando appena con <strong>la</strong><br />

loro produzione, a sop<strong>per</strong>ire i bisogni del<strong>la</strong> cittadina, ed ancora oggidi<br />

i nostri corsi d'acqua, da cui tanta energia fattiva si potrebbe derivare,<br />

fluiscono ino<strong>per</strong>osi.<br />

(30) Per tutte queste amenità, Arch. Parr., Busta, Contratti e Testamenti.<br />

(31) Ancora piu esecrando fu il furto sacrilego <strong>per</strong>petrato nel<strong>la</strong> chiesa di San Marco <strong>la</strong><br />

notte sul 28 Novembre 1900 da ignoti autori, che, penetrati in chiesa e scassinate le porticine<br />

del tabernacolo, vi asportarono le Sacre Specie, poi dis<strong>per</strong>se lungo <strong>la</strong> strada.<br />

Sul luogo ove furono raccolte le particole fu eretto un artistico sacello, ed ogni anno,<br />

nel<strong>la</strong> chiesa di S. Marco, <strong>per</strong> commemorare ed espiare il sacrilegio, viene tenuto un triduo<br />

eucaristico con prediche, pratiche di pietà, comunioni e processioni che mette capo<br />

al sacello.<br />

445


Fin dal 1306 vi erano in paese parecchie ruote da molino e lo dimostra<br />

il famoso decreto di Ponzino dei Ponzinardi, podestà di Padova, altrove<br />

citato.<br />

Fiori ed ascese a qualche pros<strong>per</strong>ità nel Medio Evo, l'arte del<strong>la</strong> <strong>la</strong>na,<br />

ed i <strong>la</strong>nieri di Camposampiero affrontarono <strong>la</strong> concorrenza dei <strong>la</strong>nari e<br />

degli scavezzadori di Padova che, spinti da trista invidia, ottennero <strong>la</strong><br />

famosa ducale catenaccio che condannava a morte il <strong>la</strong>nificio di Camposampiero<br />

(1477).<br />

Il Cittadel<strong>la</strong> (1605) scrive che al<strong>la</strong> sua epoca eravi a Camposampiero<br />

il luogo del salnitro, cioè una tettoia o tezzone, dove si ammassava il<br />

salnitro spazzato nelle cantine, nelle stalle, nei sottoportici e nei luoghi<br />

umidi; e se vi era il luogo del salnitro, vi erano anche i salnitrari.<br />

Una <strong>per</strong>izia dei beni del Monte di Pietà, estesa verso <strong>la</strong> fine del<br />

1700, e l'anagrafe dello Stato Veneto 1771-1775 dimostrano che nel pianterreno<br />

di quell'istituto vi era una tintoria, condotta dai Peroni, <strong>la</strong> stessa<br />

anagrafe accenna a te<strong>la</strong>i di lino e di bombace.<br />

L'atto di morte del tedesco Giovanni Walter, dice che costui era direttore<br />

di una fabbrica di tele indiane (Registro morti 24 Novembre<br />

1778), e l'atto di battesimo di Amabilia Giovanni afferma che il bambino<br />

nacque a Camposampiero <strong>per</strong>ché <strong>la</strong> madre trovavasi fra noi a <strong>la</strong>vorare<br />

<strong>la</strong> seta (Reg. battesimi 29 Agosto 1790). Vi era quindi un fi<strong>la</strong>toio.<br />

A quanto narra <strong>la</strong> tradizione, nel<strong>la</strong> località, ora detta le Casere, e<br />

precisamente ove trovasi quell'agglomeramento di casupole che diede il<br />

nome al<strong>la</strong> contrada, nei tempi andati vi era una fornace di pietre.<br />

10. - LOCALITÀ DI ANTICA DATA<br />

Sotto il dominio del<strong>la</strong> Repubblica tutto il paese era diviso in due<br />

parti distinte, il castello cioè e <strong>la</strong> vil<strong>la</strong>.<br />

Il castello, allora recinto da mura, constava di queste località: piazza<br />

del mercato) piazza del grano) campomarzio) contrada delle Grazie) salizzada<br />

di S. Giacomo) le beccherie) contrada dei nodari) contrada dell) horologio)<br />

porteghi alti) porteghi bassi) calleselle morte) casette del<strong>la</strong> rocca)<br />

ecc. ecc.<br />

La vil<strong>la</strong> era divisa nei comun Canton) comun Albarel<strong>la</strong>) comun Fur<strong>la</strong>n)<br />

comun Malcanton) Pissintorno) Borgo nuovo) San Marco) vil<strong>la</strong> Vettura)<br />

Corso, e questi comunelli al<strong>la</strong> loro volta erano suddivisi nelle località:<br />

ponte bellin) contrada rialto) S. Anna) strada alta) strada bassa) pon.tecanaIe)<br />

i volti) <strong>la</strong> botte) businello) ponte ongarati) straelle) canove) bastion)<br />

casoni) casette del<strong>la</strong> Madonetta) ciodare) ponle del<strong>la</strong> sega) ecc. C 2 ).<br />

Non trovo accenno, nei vecchi registri, ai nomi di Casere (comun Canton)<br />

e di Centoni C 3 ) (Malcanton).<br />

Gli edifici sacri erano le chiese parrocchiali e gli oratori altrove nominati.<br />

Gli edifici pubblici del<strong>la</strong> cittadina erano i pa<strong>la</strong>zzi del<strong>la</strong> Podestaria e<br />

del<strong>la</strong> Cancelleria con loggia pubblica, le casette del<strong>la</strong> Rocca, ove alloggiavano<br />

le cernide, l'arsenale, il Monte di Pietà, <strong>la</strong> dispensa del sal e<br />

l'ospizio dei pellegrini. Figura molto spesso nei vecchi registri, il nome<br />

dell'Hostaria granda, che è l'attuale albergo del<strong>la</strong> Torre.<br />

11. - MALATTIE E MEDICI<br />

Nell'alto e basso medioevo furono assai frequenti le pestilenze, che,<br />

con le loro stragi, contribuirono a mantenere il numero del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione<br />

entro certi limiti; l'ultima nell'ordine cronologico, ma <strong>la</strong> piu violenta e<br />

micidiale <strong>per</strong> durata e <strong>per</strong> quantità di vittime, fu quel<strong>la</strong> del 1631.<br />

Troppo spesso i registri mortuari dei passati secoli accennano a vere<br />

epidemie di scorbuto, pettecchie, pel<strong>la</strong>gra (morbus miseriae) e ad altri<br />

mali causati dalle miserabili condizioni di vitto, vestito e di alloggio dei<br />

nostri vecchi; s'incontra spesso nei registri mortuari <strong>la</strong> scarantia, nome<br />

esotico di ma<strong>la</strong>ttia esotica e di non cosi facile spiegazione, come taluno<br />

potrebbe credere a prima vista, appoggiato al suono del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>.<br />

Le ma<strong>la</strong>ttie epidemiche che infestarono il paese negli ultimi tre secoli,<br />

furono le punte (pneumoniti), frequentissime negli inverni piovosi e freddi,<br />

il tifo (febbre malignante et <strong>per</strong>niziosa, come scriveva cento anni fa<br />

nei suoi certificati il medico Storni) C 4 ), che infieriva nell'estate e, poiché<br />

in ogni stagione l'uomo deve pagare il suo tributo al<strong>la</strong> morte, nel<strong>la</strong> primavera<br />

e nell'autunno im<strong>per</strong>versavano talvolta il mal di mazzucco (meningite)<br />

e piu ancora il vajolo o vero<strong>la</strong>; quest'ultimo negli anni 1709,<br />

1790, 1796, fece vere ecatombi di fanciulli.<br />

(32) Risulta da vecchie <strong>per</strong>izie e da vecchi estimi che quasi ogni appezzamento di<br />

terra aveva il suo nome; ne ricorderò qualcheduno: il bastian, <strong>la</strong> campagno<strong>la</strong>, il palù, il<br />

bosco de Malcanton, <strong>la</strong> sega, le galmarelle, le tambelliere, i Comuni, le case nove, <strong>la</strong><br />

gnocata, il transagno, le pirole, <strong>la</strong> valle, il cuco, <strong>la</strong> fratta ecc.<br />

(33) Il nome Centoni comparisce <strong>per</strong> <strong>la</strong> prima volta in un atto di morte sotto il 15<br />

Gennaio 1822. Il Baratel<strong>la</strong> <strong>per</strong>ò aveva celebrato con un poemctto <strong>la</strong> palude Centena.<br />

(34) A proposito di analisi diagnostiche e di atti necrologici dirò che sotto il 12 Novembre<br />

1811 trovasi questa curiosa necrologia: «Un fanziulo morto <strong>per</strong> una longina»<br />

cioè <strong>per</strong> difterite.<br />

447


Rari erano i casi di tisi polmonare detta tabe; abbastanza frequenti le<br />

morti <strong>per</strong> morsicatura di cane idrofobo.<br />

Nei casi di morte violenta (suicidio, omicidio, morte accidentale) il cadavere<br />

non poteva essere rimosso dal luogo se prima non era visitato dagli<br />

Officiali del Malefizio di Padova (autorità criminale di oggidl), che dietro<br />

avviso del nostro podestà, si recavano sul posto <strong>per</strong> le constatazioni<br />

di legge eS).<br />

Quando insorgeva il sospetto che <strong>la</strong> morte fosse dovuta a ma<strong>la</strong>ttia<br />

contagiosa, il cadavere era visitato dagli officiali di sanità, che ri<strong>la</strong>sciavano<br />

il <strong>per</strong>messo di rego<strong>la</strong>re seppellimento qualora <strong>la</strong> morte non fosse<br />

avvenuta <strong>per</strong> male geloso (contagioso), e quando dai nostri corsi d'acqua<br />

si estraeva il cadavere di uno sconosciuto, il podestà ne ordinava l'esposizione<br />

sul<strong>la</strong> pubblica strada <strong>per</strong> 24 ore, onde piu facile riuscisse il riconoscimento.<br />

Negli scorsi secoli il servizio medico era esercitato da un solo tito<strong>la</strong>re ,<br />

ma dopo il 1790 i medici cittadini (allora detti fisici) furono due; appartenevano<br />

di solito, come i notai ed i sacerdoti, a famiglie cittadine e<br />

parecchi medici diedero a Camposampiero quelle dei Bevi<strong>la</strong>cqua, dei<br />

Garbin e dei Bosello.<br />

Il loro stipendio non era formato dal<strong>la</strong> Comunità, <strong>per</strong>ché <strong>la</strong> condotta<br />

medica era sconosciuta, il medico in passato esercitava una libera professione,<br />

ed anche i poveri, se volevano valersi dell'o<strong>per</strong>a sua, dovevano<br />

pagarlo, d'onde i frequenti <strong>la</strong>menti dei parroci, <strong>per</strong>ché i poveri, quando<br />

cadevano infermi, non ricorrevano al medico <strong>per</strong> timore di spendere denaro<br />

nel<strong>la</strong> visita e nelle medicine e 6 ).<br />

Sarà pur vero che il mondo invecchiando peggiora, ma quante cose<br />

da allora ad oggi non sono cangiate in meglio!<br />

Dal diligente esame dei registti parrocchiali di S. Pietro e di S. Marco<br />

ho tilevato che una so<strong>la</strong> <strong>per</strong>sona arrivò ai cento anni e fu Maria Francescato<br />

di S. Pietro, morta piu che centenaria il 23 Febbraio 1733.<br />

12. - PUBBLICA ISTRUZIONE<br />

Poco posso dire sulle condizioni dell'istruzione pubblica nei secoli<br />

(35) Gli Offidali del Malefizio si recavano a Camposampiero montati a cavallo, onde<br />

<strong>la</strong> loro visita era denominata <strong>la</strong> cavalcata del Malefizio o semplicemente <strong>la</strong> cavalcata.<br />

(36) Prima del 1674 il Monte di Pietà versava un'annua quota al medico del castello<br />

<strong>per</strong> il servizio gratuito dei poveri ma in quell'anno gli Inquisitori di Terraferma proscris.<br />

sera tale usanza.<br />

andati. È certo <strong>per</strong>ò che le autorità trascurarono questo ramo importantissimo<br />

del<strong>la</strong> civiltà umana non sembrando cosa giusta che, chi doveva<br />

trascorrere <strong>la</strong> sua vita fra i campi e le stalle, si occupasse di lettere, di<br />

letteratura e di conti; né erano le sole autorità locali che pensavano e ragionavano<br />

in questo modo, anche i grandi uomini del<strong>la</strong> Repubblica condividevano<br />

tali idee.<br />

Ma se il popolo non partecipava al benefizio del<strong>la</strong> istruzione, doveva<br />

sostenerne i pesi ed in maniera né proporzionata né giusta.<br />

A conferma di quanto ho detto riferirò questo brano tolto dal<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione<br />

degli Inquisitori di Terraferma Pietro Zen, Francesco Falier e<br />

Filippo da Molin (6 Aprile 1591): « ... i signori castel<strong>la</strong>ni di Camposampiero<br />

quando vogliono condur <strong>per</strong> esempio un maestro che non ha nessuna<br />

convenienza col colonato (con i contadini) pongono <strong>la</strong> gravezza compartida<br />

su quello, sì ben che spesso un povero contadin che starà 3 o 4<br />

milia lontan dal preceUor pagherà vinti vdte quanto un citadin che li starà<br />

vicin, se ben li suoi filioli attenderanno all' agricoltura e non alle lettere<br />

» e 7 ). In altre parole, scarpa grossa con quanto è poscia scripto.<br />

Verso <strong>la</strong> une del secolo XVIII, piu <strong>per</strong> amore del nobile ufficio che<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> scarsa retribuzione, esercitò il magistero fra di noi il sacerdote<br />

don Francesco De Pieri, che all'amore del bello e del buono educò parecchie<br />

generazioni camposampierine.<br />

Il De Pieri faceva scuo<strong>la</strong> nel soppresso monastero di S. Giovanni e<br />

morendo volle consacrare il frutto delle sue fatiche al nostro Monte<br />

di Pietà.<br />

È proprio il caso di ripetere: santo il <strong>la</strong>voro, santo il risparmio e santo<br />

l'impiego di esso.<br />

13. - RASTRELLI<br />

Fino al tempo del<strong>la</strong> rivoluzione francese nelle tre strade che danno<br />

accesso a Camposampiero, dal<strong>la</strong> parte cioè di Padova, Castelfranco e<br />

Cittadel<strong>la</strong> si incontravano tre portoni formati da due pUastti di pietra<br />

hinc in de del<strong>la</strong> strada, chiusi da cancelli di legno.<br />

Erano i cosiddetti Rastrelli di Ponte Bellin, di S. Pietro e del Molino<br />

del Castello, nei quali i nostri vecchi riponevano tanta fiducia e, nelle<br />

epoche di pestilenze, esercitavano <strong>la</strong> piu gelosa vigi<strong>la</strong>nza.<br />

(37) Archivio di Stato - SE CRETA - Re<strong>la</strong>zioni delle visite degli Inquisitori di Terraferma,<br />

1591.<br />

29<br />

449


Vicino ai rastrelli stava una forca <strong>per</strong> i contravventori che a viva forza<br />

volevano attraversarli.<br />

Nei tempi ordinari i cancelli restavano a<strong>per</strong>ti e non erano sorvegliati,<br />

ma quando il contagio minacciava <strong>la</strong> sua apparizione, il podestà dava<br />

ordine che si tagliassero tutte le vie secondarie che conducevano al<br />

paese, onde i passeggeri fossero obbligati a transitare <strong>per</strong> le tre strade<br />

sorvegliate dai rastrelli, e <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione cittadina e campagno<strong>la</strong>, dietro<br />

invito dei Provveditori di Sanità di giorno e di notte accorreva <strong>per</strong> turno<br />

a custodire i rastrelli, armata di archibugio col<strong>la</strong> micia sempre impizzada,<br />

come era prescritto.<br />

Il viaggiatore che voleva entrare nel nostro castello, giunto ai rastrelli<br />

doveva esibire <strong>la</strong> bolletta di sanità, ri<strong>la</strong>sciata dal proprio parroco con <strong>la</strong><br />

attestazione che egli non proveniva da luogo infetto da peste. Se mancava<br />

di bolletta era rimandato e, se voleva a tutti i costi passare, i custodi<br />

dei rastrelli gli spianavano l'archibugio o <strong>la</strong> trascinavano al<strong>la</strong> forca.<br />

I rastrelli erano, di quando in quando, ispezionati dai Provveditori del<strong>la</strong><br />

Sanità di Padova, e nell'Archivio di Sanità, Busta 2055, ho trovato i<br />

resoconti delle visite del 25 Luglio 1656, 23 Novembre 1679 e 1 Settembre<br />

1713.<br />

In quest'ultima visita i Provveditori si accorsero che le canoniche di<br />

S. Pietro e di S. Marco avevano due porte, una di fuori ed una entro i<br />

rastrelli, onde riusciva facile ai due parroci di far entrare i forestieri <strong>per</strong><br />

<strong>la</strong> porta sotto i rastrelli ed uscire <strong>per</strong> quel<strong>la</strong> al di sopra, eludendo cosi <strong>la</strong><br />

vigi<strong>la</strong>nza dei custodi; <strong>per</strong> questa ragione i Provveditori proibirono ai due<br />

parroci, sotto pena de <strong>la</strong> vita, di usare <strong>la</strong> porta al di sotto dei rastrelli,<br />

fuorché <strong>per</strong> le <strong>per</strong>sone di casa.<br />

14. - SUICIDI<br />

Il suicidio, voluto e coscientemente <strong>per</strong>petrato, era sconosciuto dai<br />

nostri vecchi; è ben vero che, sfogliando i registri mortuari, di quando<br />

in quando si incontra l'atto necrologico di qualche infelice che miseramente<br />

aveva posto fine ai suoi giorni o precipitando da un'altezza, o gettandosi<br />

nell'acqua, o appiccandosi ad una pianta, ma si trattava sempre<br />

di <strong>per</strong>sone affette da qualche male cronico (pel<strong>la</strong>gra, pazzia, atavismo)<br />

e condotte al triste divisamento in un momento di incoscienza.<br />

Colui che primo diede il triste esempio del suicidio freddamente meditato<br />

ed eseguito fu Tomaso Cremonese, impiegato in questa esattoria (2<br />

Agosto 1833); il delitto suscitò orrore nel<strong>la</strong> nostra popo<strong>la</strong>zione, l'arciprete<br />

Bacchetti ricorse al vescovo <strong>per</strong> il funerale e ne ebbe questa risposta:<br />

45°<br />

stando il fatto nei termini esposti, il disgraziato sia sepolto sine luce et<br />

sine cruce.<br />

Sono invece abbastanza frequenti le memorie di <strong>per</strong>sone morte <strong>per</strong><br />

annegamento accidentale, massimamente vecchi e fanciulli, ed il fenomeno<br />

trova spiegazione nelle condizioni idrografiche del paese, solcato<br />

in tutte le parti da corsi d'acqua ed, a quel tempo, infestato da fosse e da<br />

fossati, non difesi da ripari naturali od artificiali.<br />

15. - TROVATELLI DELLA PIETÀ DI VENEZIA<br />

Era antica nel nostro paese <strong>la</strong> consuetudine di prendere ed al<strong>la</strong>ttare,<br />

ed anche di adottare, i trovatelli del<strong>la</strong> Pietà di Venezia; anzi questo istituto<br />

nei secoli andati era diventato il luogo di rifornimento delle famiglie<br />

senza figli.<br />

Racconterò a questo proposito una truffa all'americana di cui fu vittima<br />

Giacomo Zanon, sagrestano di S. Pietro, nel 1740.<br />

Si presentarono a costui due <strong>per</strong>sone sconosciute, uomo e donna, signorilmente<br />

vestite e, spacciatesi <strong>per</strong> i conti Gradenigo di Venezia, lo<br />

pregarono di custodire, <strong>per</strong> qualche giorno, le tenere figlie C<strong>la</strong>ra e Vittoria,<br />

promettendo <strong>la</strong>uta ricompensa al ritorno. Combinato l'affare i sedicenti<br />

conti Gradenigo partirono; passarono i giorni ed i mesi, passò anche<br />

un anno ed il povero Zanon invano attendeva <strong>la</strong> promessa visita e,<br />

ciò che piti gli stava a cuore, il guiderdone.<br />

In poche parole, i falsi Gradenigo non si videro piti ed il Zanon dovette<br />

aggiungere le due bambine al codazzo numeroso dei suoi figli. Povere<br />

bambine! Qualche tempo dopo <strong>per</strong>irono in un'epidemia di vaiolo eS).<br />

16. - VITTIME DELLE TORRI DEL CASTELLO E DEL CAMPANILE<br />

Anche le vecchie torri del castello ed il campanile di S. Pietro, seguendo<br />

l'andazzo dei tempi cosi corrivi al delitto, si macchiarono di sangue<br />

umano.<br />

I registri del<strong>la</strong> pieve ricordano <strong>la</strong> caduta mortale dal<strong>la</strong> torre del<strong>la</strong> Rocca,<br />

di Antonio Pizzamano figlio di Nicolò nostro podestà (6 Gennaio<br />

1728), quel<strong>la</strong> pure mortale di Michele Alessandri dal campanile di San<br />

Pietro (15 Dicembre 1757) e quel<strong>la</strong> di Battista Bianchi dal<strong>la</strong> torre di<br />

Porta Padova; quest'ultimo, recato si a caricare l'orologio, cadde con<br />

pesi in mano, incontrando subitanea morte (15 Novembre 1795).<br />

(3S) Registro dei morti, 27 Marzo e 20 Maggio 1741.<br />

45 1


ANTONIO BARATELLA<br />

Antonio Baratel<strong>la</strong> nacque a Loreggia verso il 1385 e passò con <strong>la</strong> famiglia,<br />

in età ancora giovanile, a Camposampiero, ove esercitò il notariato,<br />

che presto abbandonò <strong>per</strong> applicarsi allo studio delle leggi in Padova.<br />

Spirito irrequieto, fantastico e volubile, nemico del<strong>la</strong> fatica e pieno di<br />

nostalgia <strong>per</strong> il natio loco, il Baratel<strong>la</strong>, già notaio e leguleio, diventò precettore<br />

di grammatica successivamente a Padova, Muggia, Venezia, Belluno,<br />

Feltre, di quando in quando ritornando a Camposampiero ove fissava<br />

temporanea dimora.<br />

Mori a Feltre il 27 luglio 1448 e fu sepolto nel<strong>la</strong> cattedrale di quel<strong>la</strong><br />

città.<br />

Seguendo il miraggio costantemente vagheggiato dell'incoronazione<br />

poetica, che sempre gli sfuggiva come il cibo a Tantalo, compose oltre<br />

75.000 versi di vena facile e scorrevole, molto lodati ai suoi tempi, benché<br />

spesso difettino di vera ispirazione e piu di tutto del famoso limae<br />

<strong>la</strong>bor oraziano.<br />

Nei poemetti Muso, Lavandu<strong>la</strong>, Rustica, Gorgostus, Centena, Laureia,<br />

illustrò i nostri corsi d'acqua, <strong>la</strong> palude dei Centoni, il paese natio, e nel<br />

poemetto Campipitrea (3100 versi) celebrò i fasti del<strong>la</strong> famiglia dei nostri<br />

conti e del nostro castello; disgraziatamente questo <strong>la</strong>voro, che tanta<br />

luce avrebbe portato al<strong>la</strong> <strong>storia</strong> camposampierina, non giunse fino a noi.<br />

Nel<strong>la</strong> prima parte di quel<strong>la</strong> raccolta di poesie giovanili, di svariate forme<br />

metriche, che egli denominò « Ecatometrologia », celebrò le acque,<br />

gli uccelli, le fiere, i pesci, le selve, le campagne ed i vil<strong>la</strong>ggi del<strong>la</strong> podestaria<br />

di Camposampiero. Tale o<strong>per</strong>a ci è conservata in elegante codice<br />

membranaceo nel Museo Civico di Padova e) e mi auguro che i Muni-<br />

(1) Museo di Padova B. P. 881.<br />

453


cipi del distretto di Camposampiero curino l'edizione a stampa di questo<br />

<strong>la</strong>voro baratelliano, che tanto interesse presenta <strong>per</strong> le curiose notizie contenute<br />

intorno al<strong>la</strong> flora, al<strong>la</strong> fauna e all'idrografia dell' antico territorio<br />

camposampierino.<br />

Chi volesse conoscere qualche cosa di pili sul<strong>la</strong> vita e sulle o<strong>per</strong>e di<br />

questo poeta, legga <strong>la</strong> magistrale monografia di Arnaldo Segarizzi « Antonio<br />

Baratel<strong>la</strong> ed i suoi corrispondenti - Venezia, 1916 ».<br />

Anche nelle altre o<strong>per</strong>e dello stesso poeta e specialmente nel<strong>la</strong> Policleome, nareis,<br />

ne1I'Antonio, nel<strong>la</strong> Baratel<strong>la</strong> e nel<strong>la</strong> Laureia ricorrono frequenti gli accenni a Camposampiero,<br />

che non presentano <strong>per</strong>ò interesse storico.<br />

454<br />

IX<br />

DUE DOCUMENTI


Il cortese lettore mi risparmierà, ne sono certo, <strong>la</strong> fatica di produrre<br />

<strong>per</strong> extensum i documenti qua e là citati nel contesto del<strong>la</strong> <strong>storia</strong> o richiamati<br />

nelle postille; sempre a<strong>per</strong>te infatti a lui sono le fonti, d'onde li<br />

dedussi, COS1 <strong>per</strong> le investigazioni come <strong>per</strong> il controllo; alcuni documenti<br />

figurano anche stampati nel Codice Ecceliniano del Verci e nel Codice<br />

Diplomatico del Gloria e nelle Memorie di famiglia dei conti Camposampiero,<br />

onde non vedrei proprio <strong>la</strong> ragione di ripeterli quivi.<br />

Ometterò quindi <strong>la</strong> pubblicazione di bolle papali, di ducali e decreti<br />

del Senato, ordini e terminazioni dei Sindaci di Terraferma, re<strong>la</strong>zioni di<br />

podestà, provvedimenti delle diverse autorità avvicendatesi sul castello,<br />

sul<strong>la</strong> podestaria e sul distretto di Camposampiero, atti notarili, testamenti<br />

e contratti, re<strong>la</strong>zioni di vicinie, polizze di estimo, resoconti procedurali<br />

e finanziari ed, in una paro<strong>la</strong>, di tutta quel<strong>la</strong> congerie di materiale ausiliare<br />

che, da storico fedele, ho citato con precise indicazioni, riportandane<br />

anche, ave il caso lo richiedeva, le testuali parole.<br />

Al<strong>la</strong> comune rego<strong>la</strong> farò eccezione <strong>per</strong> l'Atto divisionale del patrimonio<br />

delle due chiese di S. Pietro e di S. Marco (1485) e <strong>per</strong> i Capitoli del<strong>la</strong><br />

Fraglia dei Pistori (1564); tali documenti esistono in una so<strong>la</strong> copia nell'archivio<br />

del<strong>la</strong> mia pieve e non vorrei che un incendio o qualche altro infortunio<br />

ce ne privasse; onde, a prevenire l'irreparabile danno, ho pensato<br />

di riprodurli nel<strong>la</strong> loro integrità.<br />

ATTO DIVISIONALE DEL PATRIMONIO<br />

DELLE DUE CHIESE DI S. PIETRO E DI S. MARCO (1486)<br />

In Nome sia de Christo L'anno del<strong>la</strong> Natività di quello 1485. Inditione<br />

Terza al dì veramente infrascritto del Mese di Settembre: Et in<br />

Chiesa del<strong>la</strong> infrascritta Vil<strong>la</strong> di Campo San Piero.<br />

457


1. - Noi Benedetto Novello Arciprete di Bassan, ma Diocese Vesentina,<br />

el Giudice Delegato Apostolico, insieme con Missier Anzolo dal<strong>la</strong><br />

Mota Preposito de Asolo del<strong>la</strong> Diocese de Treviso, et con <strong>la</strong> C<strong>la</strong>uso<strong>la</strong>, ò<br />

veramente caudun di loro, come appar <strong>per</strong> l'Apostolico Breve in alcuna<br />

parle viciato, et con l'Anello del Pescator bol<strong>la</strong>to con una certa supplicatione<br />

dentro inclusa: il tenor del qual Breve, et Supplication de tal sorte<br />

è. Videlicet.<br />

BOLLA DI INNOCENTIO PAPA OTTAUO<br />

2. - Diletti figlioli salute, et Apostolica Benedittione. Mandiamo a voi<br />

supplication nelle presenti inclusa de man del Venerabile Frate Nostro<br />

Iulio Episcopo de Ostia Cardinal de S. Pietro in Vincu<strong>la</strong> in presentia<br />

Nostra signata. Volemo Ancora, Et à Voi comettemo, Et comandiamo,<br />

che chiamati quelli da esser chiamati, all' esecutione di quello procediate,<br />

secondo <strong>la</strong> signatura di quello.<br />

Dato in Roma appresso San Pietro, sotto l'Anello del Pescatore de dì<br />

XXI. Luglio MCCCCLXXXV. del Pontificato Nostro l'Anno Primo.<br />

BEATISSIMO PADRE<br />

3. - Conciosiachè il Commun, et Università delli Huomini del<strong>la</strong> Vil<strong>la</strong><br />

de Campo San Piero habbino due Chiese, una de San Piero, Diocese de<br />

Treviso, et de S. Marco, Diocese de Padova, le quali <strong>per</strong> innanzi totalmente<br />

erano distrutte, et rouinate, quale reparare, et restaurare impossibil<br />

era à detti huomini, attenta <strong>la</strong> pouertà di quelli: Hanno costituito<br />

sì, et alle Chiese predette obligorono tutti li pascoli, et communali, privando<br />

a essi <strong>la</strong> sua Università, acciò che delle intrade, et Frutti di detti<br />

Pascoli, over Terre Communali de novo fusseno reformate dette Chiese.<br />

Aggionto tal Patto, Et Convention, Che Restaurate Dette Chiese, Essi<br />

Pascoli, Et Communali à Suoi Huomini, Et Commune Retornassero.<br />

Per <strong>la</strong> qual cosa è stà fatto, che dette Chiese dalle fondamenta, molto<br />

maggiore, che <strong>per</strong> anzi, et più belle sono stà redificate. Niente di meno<br />

ancora detti Pascoli non sono stati restiluiti à detti Huomeni, et Commun,<br />

anzi <strong>per</strong> Giudizi Ecclesiastici, et Secu<strong>la</strong>ri contra Giustitia, et <strong>la</strong> Convention<br />

di detti huomini è impedita tal Causa con alcune Sententie, le quali<br />

impediscono le raggioni, adeo che ne le Chiese predette godono il Beneficio,<br />

et utilità de detti Pascoli, et Communali, ne anche li Huomeni predetti<br />

godeno li frutti: ma certi Amministratori in quel luoco habitanti,<br />

tutti li Pascoli, et Frutti rouinano, e consumano.<br />

4. - Per <strong>la</strong> qual cosa humilmente si supplica Vostra Santità da parte<br />

del<strong>la</strong> Università di detti huomini, che si degni Vostra Santità tal Causa<br />

remettere à un Pre<strong>la</strong>to, ouer due habitanti de lì, li Quali se le predette<br />

cose troveranno esser vere, le predette Terre, et Pascoli <strong>per</strong> <strong>la</strong> manutentione,<br />

et Fabrica di dette Chiese, et Paramenti, et Calici, et allre cose<br />

al Divin Culto necessarie, Dividino, et assegnino, et <strong>per</strong>petuamente costituiscano.<br />

5. - Il resto veramente di detti Pascoli, ouer Terre Communali à detti<br />

huomeni, et U niuersità preditta <strong>per</strong> l'Autorità Apostolica deputino. Non<br />

ostante Concessioni che fossero fatte in contrario, come si dimanda de<br />

Commission del<strong>la</strong> Causa. T estibus.<br />

Dat. in Roma appresso S. Piero alli XV Luglio ['Anno Primo.<br />

A TERGO BRENIS<br />

Alli Diletti Figliuoli praeposito de Asolo de Triuisana, et Arciprete di<br />

Bassan del<strong>la</strong> Diocese Visentina del<strong>la</strong> Chiesa, ouero à cadaun de loro.<br />

Regist. in Libro XI Folio CCXXXVIIII.<br />

SEGUE LE DIUISION<br />

6. - Desiderando adunque con ogni riverentia con <strong>la</strong> quale dovemo<br />

con sollecitudine, et vigi<strong>la</strong>nza a' tali apostolici commandamenti obbedire.<br />

Nouo supra ciò processo habbiamo formato secondo, che à noi hà parso,<br />

tutte le cose necessarie diligentemente habbiamo considerate, et massime<br />

visto un certo Processo altre volte in tal Causa agitato con alcune Sententie<br />

Ecclesiastiche, e Seco<strong>la</strong>ri.<br />

OMISSIS<br />

7. - Chiamati li nomi di Christo, et del<strong>la</strong> Beatissima Vergine delli<br />

quali tutte le cose buone procedono. Per questa nostra definitiua Sententia<br />

Diamo, Publichemo, Intimiamo, Sententiamo esse dette ante Senfentie<br />

videlicet dell'Anno 1422, 1445, 1450, 1463, con tut.to il Processo<br />

di quelle, e tutti i suoi Laudi, e dependentie, et altre Sententie, che<br />

fossero, ò veramente si trovassero, così Ecclesiastiche, come Seco<strong>la</strong>ri in<br />

tal Causa indicante esse ancora, et le medeme nulle, tagliate, et annul<strong>la</strong>te,<br />

et <strong>per</strong> tagliate, nulle, casse, et annul<strong>la</strong>te hauemo, et volemo hauere come<br />

se mai fossero state Publicate.<br />

459


8. - Dicemo ancora et publichemo, intimemo, e sen,tentiemo, che<br />

tutti li Pascoli, Terre, e Broli, Campi, et altre cose Communale delli<br />

huomeni, et Commun, ouero delle Uniuersità del<strong>la</strong> Vil<strong>la</strong> de Campo S.<br />

Piero altre volte come si dice, assegnate in <strong>la</strong> reparation, ouero à qualunque<br />

modo delle Chiese di S. Piero, e S. Marco del<strong>la</strong> Vil<strong>la</strong> predetta<br />

Adesso egualmente siano diuisi in due parti, Delle quali una sempre mai<br />

sia delle Chiese antedette, l'altra veramente parte de detti huomini, et<br />

Commun del<strong>la</strong> Vil<strong>la</strong> predetta.<br />

9. - Et che del<strong>la</strong> metà à dette Chiese toccada sia Fabricato, et reparado<br />

esse Chiese, et de Paramenti, Calici, et altre cose ancora al Divin<br />

Culto necessarie siano ornate.<br />

lO. - L'altra veramente metà à detti Huomini, Commun, et Uniuersità<br />

spettante Essi Huomini, et Commun Vaglino, et possino à suo volere<br />

et benep<strong>la</strong>cito disponere, et far tutto quello à essi Huomini Perpetuamente<br />

piaceranno, come de cosa sua propria senza contrarietà di <strong>per</strong>sona<br />

alcuna, così Ecclesiastiche, come Seco<strong>la</strong>ri, non os,tante qualunque cosa<br />

che fosse in contrario, Per l'Autorità predetta come di sopra habbiamo<br />

dechiarito.<br />

OMMISSIS<br />

11. - Del<strong>la</strong> Diuixione veramente da esser fatta di esse Terre , Pascoli ,<br />

Communali. Et debitori qualunque infra esse Chiese, et Communi, et<br />

Huomeni antedetti. Per questa nostra definitiva Sentenza, Resseruemo à<br />

noi il giudizio, et arbitrio de essa Diuision, et questo <strong>per</strong>chè intendemo<br />

<strong>per</strong>ticar, ouer far <strong>per</strong>tica Essi Campi, Terre, e Pascoli, e ancora qualunque<br />

debitor delle Cose preditte diligentemente cercar, et esaminar, accioche à<br />

cadauna delle Parti preditte <strong>la</strong> detta portion sua sopra giudicata Consignar<br />

possiamo, <strong>la</strong> qual certamente Diuision fatta, ouer da esser fatta, dicemo,<br />

intendemo, publichiamo, et sententiamo, che del<strong>la</strong> Parte, ouero metà<br />

à esse Chiese toccata, Delle cinque Parti di tal Mità: Tre Parti siano<br />

del<strong>la</strong> Chiesa di S. Piero, le al,tre veramente due Parti siano, et esser<br />

debbano del<strong>la</strong> Chiesa di S. Marco del<strong>la</strong> Vil<strong>la</strong> predetta. Et questo, <strong>per</strong>ché<br />

<strong>la</strong> predetta Chiesa di S. Piero è Pieve, et più <strong>la</strong>rga, et popo<strong>la</strong>ta de manco<br />

ancora reparation, et altre Cose al Divin Culto necessarie hà più bisogno,<br />

et <strong>per</strong> li tempi, che veniranno continuamente hauerà più bisogno, che <strong>la</strong><br />

Chiesa di S. Marco, <strong>la</strong> quale è Capel<strong>la</strong> et assai sustentata, et manco popu<strong>la</strong>ta,<br />

etc.<br />

12. - Oltra di questo Dicemo, Publichemo, Intendemo, e Sententiemo<br />

che ogni Anno, et Perpetuamente di Anno in Anno nel<strong>la</strong> ottaua del<strong>la</strong> Natività<br />

di Nostro Signor Giesù Christo di detta Pieue de S. Piero di Campo<br />

S. Piero, e del<strong>la</strong> Capel<strong>la</strong> di S. Marco, congregato il suo Vicinato, ouero<br />

Consiglio in essa Chiesa di S. Piero al sono di Campana secondo il consueto<br />

siano eletti quattro Massari, ouero Ministratori di buona conscientia,<br />

et fama, Li quali <strong>per</strong> ditto Anno, scodino dalli debitori, Affittino, et<br />

faccino tutto quello, che <strong>per</strong> <strong>la</strong> loro conscienza parerà <strong>per</strong> tal fabrica, et<br />

ornamento delle antedette Chiese Del<strong>la</strong> Mità de detti Communali, diuisi<br />

come habbiamo detto.<br />

OMMISSIS<br />

13. - Et così come di sopra è stato ditto in questi scritti in tutto, et<br />

<strong>per</strong> tutto. Noi medemo Giudice, et Delegato Apostolico. Sedendo in Tribunale<br />

nel<strong>la</strong> Chiesa de S. Piero. Pronunliemo, Laudemo, Terminemo, et<br />

Sententiemo in tra detti Rettori, ouero Ministratori, ouero Massari delle<br />

Chiese predette da una, Et li antedetti huomeni, et Commun del<strong>la</strong> Vil<strong>la</strong><br />

predetta dall' altra. Laus Deo.<br />

In fede delle qual cose l'antedetta Sentenza di man propria hauemo<br />

sottoscritto essa ancora con il nostro Bollo picciolo hauemo bol<strong>la</strong>to, et<br />

hauemo fatto Intimare e Publicare <strong>per</strong> me Pre Marin Trevisan Nodaro<br />

infrascritto.<br />

OMMISSIS<br />

14. - Di quel medemo Millesimo, et Indition, al dì veramente di Luni<br />

à 13 di Decembre in Campo San Piero in Camera Grande da basso<br />

de Casa del Magnifico Sig. Francesco Quirini, etc. e). L'istesso Retterendo<br />

Sig. Delegato havuta maittra, e diligente informatione da pur assai<br />

huomeni del<strong>la</strong> Vil<strong>la</strong> di Campo S. Piero del<strong>la</strong> Pertication fatta da alcuni<br />

delli predetti huomini del<strong>la</strong> Vil<strong>la</strong> predetta de tutti li Campi spettanti, e<br />

<strong>per</strong>tinenti al<strong>la</strong> antedet.ta Deuision del<strong>la</strong> Causa.<br />

I capi che vanno dal numero 14 al 23, <strong>per</strong> brevità quivi omessi, trattano<br />

del<strong>la</strong> divisione e del<strong>la</strong> assegnazione dei beni patrimoniali, effettuate<br />

col criterio sopra accennato cioè tre quinti al<strong>la</strong> chiesa di San Pietro, due<br />

quinti a quel<strong>la</strong> di S. Marco.<br />

(1) Nel pa<strong>la</strong>zzo Quirini poi Civran.


24. - Et Cosi Come di sopra è sta.to ditto Esso Signor Delegato Ha<br />

definito) Sententiato) et Terminato) et Sententiando Dichiarito. T estibus<br />

etc.<br />

25. - lo Prè Marin Triuisan Nodaro come di sopra à tutte le cose premesse)<br />

et cadauna fui presente) et <strong>la</strong> sopradeUa Diuision hò scritto) Letto)<br />

Publicat,O insieme con li soprascritti T estimonij) <strong>per</strong>ò in fede delle qual<br />

cose mi ho sottoscritto di man propria.<br />

26. - Noi Benedetto Novello Delegato soprascritto de man propria<br />

havemo sottoscritto.<br />

27. - lo Giacomo q. Pietro deWAmico Cittadin di Bassan <strong>per</strong> <strong>la</strong> Im<strong>per</strong>iale<br />

auttorità Nodaro) e ancora del<strong>la</strong> Egreggia Communità di Bassano<br />

Cancellier'o De Mandato de Esso Reuerendissimo Signor Delegato Apostolico<br />

<strong>la</strong> soprascritta Sententia con tutte le cose premesse) et cadauna<br />

deWoriginal Processo de essa Causa in questa Publica forma hò scritto)<br />

et cauata fedelmente) niente accrescendo) ne minuendo) ne in alcuna cosa<br />

fal<strong>la</strong>ndo come hò potuto. lo <strong>per</strong>ò in fede dalle qual Cose ne hò sottoscritto<br />

li miei Segno) et Nome soliti) in Bassano al dì del Luni XXVI del<br />

Mese di Zener MCCCCLXXXVI.<br />

LAUS DEO<br />

CAPITOLI DELLA FRAGIA, OVVER SCOLA DE PISTORI<br />

DI CAMPO SAN PIERO<br />

COSTITUITASI IL 13 APRILE 1564<br />

ESSENDO PODESTÀ DI <strong>CAMPOSAMPIERO</strong> FRANCESCO ZORZI<br />

Capitolo primo, «che ogn'anno si debba elleger un Gastaldo et un<br />

Massaro del<strong>la</strong> fraglia ».<br />

Perché è necessario fra le altre cose) che debbano esser in <strong>la</strong> fragia delli<br />

Pistori) che vi siano governatori che habbino à governar del<strong>la</strong> fragia) <strong>per</strong>ò<br />

sia statuito) et ordinato) che ogni anno anno si debba eleger uno Gastaldo<br />

et uno Massaro) e se fosse alcuno di detta fra glia) che ricusasse esser Gastaldo)<br />

ovver Massaro) caschi al<strong>la</strong> pena di lire cinque de piccoli <strong>per</strong> cadauna<br />

volta) da esser divisa <strong>la</strong> metade à detta fragia) e t altra al Santo Monte<br />

de pietade e niente di meno sia obbligato di accetar tal)officio: e se il<br />

Castaldo eletto fosse di sì prava natura che intacasse il cavedale e) de detta<br />

fraglia) possasi fare ogn' essecutione) si contra <strong>la</strong> sua <strong>per</strong>sona, come suoi<br />

beni, e non possi lui appel<strong>la</strong>rsi di tali essecutioni, e caschi al<strong>la</strong> pena di<br />

soldi quattro <strong>per</strong> lira da esser scossi dagli Rettori, che <strong>per</strong> tempo saranno,<br />

et sia obbligato detto Castaldo tener un libro sopra il quale si habbia à<br />

nottare <strong>per</strong> lui tutti li danari saranno scossi) et quelli, che similmente saranno<br />

esborsati <strong>per</strong> utili et beneficio di el<strong>la</strong> fragia, essendo obligato in<br />

forza del suo officio dar conto del Maneggio suo à dei Sindaci da esser<br />

eletti ancor loro de anno in anno del corpo di detta fragia al<strong>la</strong> presenza<br />

del Rettore e).<br />

Capitolo secondo, « che il detto Gastaldo sia tenuto zurare in mano<br />

del Rettore ».<br />

Che il detto Gastaldo sarà elletto sii tenuto zurare in mano del Magnifico<br />

Rettore de far il suo officio realmente) secondo <strong>la</strong> forma delli capitoli)<br />

et che à tutto suo poter faria osservar li detti capitoli) et farà tutte le<br />

cose) le qual saranno de utilità delrIllustrissima Signoria di Venetia et<br />

del bene di questo luoco) et di el<strong>la</strong> fragia li successori veramente siano tenuti<br />

zurare al<strong>la</strong> presentia del Gastaldo vecchio delr anno anteriore.<br />

Capitolo terzo « che il Gastaldo passi buttar ratte et scader senza congregar<br />

il Capitolo ».<br />

Sia statuito et ordinato) et osservato) ch)il Castaldo di detta fragia<br />

possa senza congregar il capitolo di el<strong>la</strong> buttar raMe <strong>per</strong> scoder danari)<br />

quando sarà necessario et possi spender à favor et utili di detta fragia<br />

tutti quelli soldi che saranno bisognosi di tempo in tempo.<br />

Capitolo quarto, « che li Gastaldi passino metter pena alli fratelli del<strong>la</strong><br />

fragia al<strong>la</strong> somma di L. 3 ».<br />

Che ,tutti li Gastaldi di ditta fragia al tempo del suo officio del<strong>la</strong> Gastaldia<br />

possino far scoder tutti <strong>la</strong> pena, qual metterà a qualunque di detta<br />

fragia) che contrafarrà alli capitoli) et habbi autorità di poter metter pena<br />

à tutti li fratelli de ditta fragia fino al<strong>la</strong> somma di L. 3 de piccoli.<br />

Capitolo quinto, «che tutti quelli che vorranno entrare nel<strong>la</strong> fragia<br />

debbano pagar lire vinti à termine di mesi sei ».<br />

(2) Capitale, patrimonio.<br />

(3) Cioè del podestà.


Sia statuito et ordinato, che tutti quelli che intreranno nel<strong>la</strong> ditta fragia<br />

l'anno presente 1564 debbino pagare lire vinti de piccoli <strong>per</strong> cadauno a<br />

detta fragia in termine di mesi sei, pagando ogni mese <strong>la</strong> sua ratta, et<br />

ogni anno poi <strong>per</strong> l'avvenire lire tre de piccoli <strong>per</strong> cadauno.<br />

Capitolo sesto, « de quelli che vorranno entrare nel<strong>la</strong> fragia passato<br />

l'anno 1564 ».<br />

Che tutti quelli che vorranno entrare in detta fragia passato l'anno<br />

presente 1564 siano obligati esborsare lire vinti de piccoli <strong>per</strong> cadauno<br />

subito avanti l'entrare.<br />

Capitolo settimo « che volendo alcuno entrare nel<strong>la</strong> fragia sia tenuto<br />

dar noticia al Gastaldo e Massaro ».<br />

Che volendo entrare alcuno in detta fragia sia tenuto dar noticia al<br />

Castaldo et al Massaro soprascritti, li quali de licenza del Magnifico Podestà,<br />

che <strong>per</strong> tempo sarà, siano tenuti convocare il suo capitolo e far<br />

balotar <strong>la</strong> parte d'accettare, ovvero repudiare quello che vorrà intrare, et<br />

quello, che sarà <strong>per</strong> <strong>la</strong> maggior parte quello, sia eseguito et osservato,<br />

douendosi prima dar zuramento à tutti quelli, che balotteranno di far<br />

quello, che li ditterà <strong>la</strong> sua conscienza instantemente, e non altramente.<br />

Capitolo ottavo, « che li pistori habbino in ogni tempo nelle sue botteghe<br />

pane da vendere abbondantemente ».<br />

Che tutti li fornari di detta fragia siano tenuti in ogni tempo hauer<br />

nelle sue botteghe pubbliche pane da vender abbondantemente, bello, ben<br />

cotto et gouernato, et mancando di hauerne caschi al<strong>la</strong> pena de L. 3 de<br />

piccoli <strong>per</strong> <strong>la</strong> prima, <strong>per</strong> <strong>la</strong> seconda L. 10 e <strong>per</strong> <strong>la</strong> terza de L. 25 et continuando<br />

de priuation <strong>per</strong>petua da detta fragia, da esser diuisa tal pena<br />

pecunaria un terzo al<strong>la</strong> fragia, et uno alli Rettor, che <strong>per</strong> tempo saranno,<br />

e l'altra l'accusatore.<br />

Capitolo nono, « che li Pistori fa cino il pane giusta il Ca<strong>la</strong>miero di<br />

Padova (4) ».<br />

(4) Nel 1672 i pistori domandarono <strong>la</strong> sostituzione di questo articolo con l'altro:<br />

« I Pistori del<strong>la</strong> Fragia fabbricheranno il pane giusta il calmiero che sarà destinato da questo<br />

Rezimento (cioè del podestà e dei cavalieri pretoriani) rego<strong>la</strong>to giusta li prezzi che di<br />

mercato in mercato di mese in mese faria <strong>la</strong> piazza ».<br />

Il debole podestà Giovanni Corner accettò <strong>la</strong> modificazione proposta, ma ciò non<br />

piacque ai cavalieri pretori ani e agli Huomeni de Comun, che ricorsero al doge Nicolò<br />

Siano tenuti alli pistori à far il pane giusto il Ca<strong>la</strong>mier di Padova, qui<br />

sotto anotato, non hauendo rispetto à precio alcuno, et essendo li trouato<br />

pan scarso e defetivo caschino alle pene contenute nelle proc<strong>la</strong>me fatte<br />

nel principio de Regimenti delli Rettori, non potendo li Cavallieri n<br />

pesar ditto pane, saluo che à grossi ».<br />

Capitolo decimo, « che li Pistori passino com<strong>per</strong>ar formenti dandoli<br />

in nota alli Rettori (6) ».<br />

Che li pistori possino com<strong>per</strong>ar formenti alli tempi debiti, che sono<br />

Luglio, Agosto et Settembre ad uso di far pane da vender, eccetto che su<br />

li publici marcati di questo luoco, quali formenti siano tenuti essi<br />

fornari dar in notta alli Magnifici Rettori, che <strong>per</strong> tempo saranno, senza<br />

pregiuditio <strong>per</strong>ò del datiaro, e quelli comprati, liberamente incanevare C),<br />

non ad altro uso, che da far pan da uender in quello luoco, et essendo<br />

trouati à vender formenti in picco<strong>la</strong>, ò grande quantità caschino al<strong>la</strong> pena<br />

iremissibilmente di <strong>per</strong>dar essi formenti e de altre<strong>la</strong>nto, <strong>la</strong> metà del<strong>la</strong><br />

qual pena sia dell' accusatore, qual sia tenuto secreto e l'altra dalli Rettore,<br />

che faranno l'essecutione.<br />

Capitolo undicesimo « che non si passi dar pane sopra marcato ».<br />

Niuno delli soprascritti Rettori possa dar pane, ovver far avvantaggio<br />

alli compratori, <strong>per</strong> causa di daniar le Botteghe altrui, ma siano tenuti<br />

à vender giusto l'ordinario, sotto pena di L. 3 de piccoli da esser applicadi<br />

à detta fragia ogni volta che sarà trovato o accusato.<br />

Capitolo dodicesimo, « che <strong>la</strong> fragia debba tenir continuamente moza<br />

25 di formenti (8) ».<br />

Che sia tenuta obligata detta fragia tenir continuamente moza 25 di<br />

Sagredo e questi, con ducale 12 Aprile 1675, cassò <strong>la</strong> modificazione introdotta ed obbligò<br />

i pistori ad attenersi al calmiere di Padova, come si praticava in tutti i luoghi del<br />

padovano.<br />

(5) I cavalieri pretoriani dovevano ispezionare il mercato ed applicare punizioni e sequestri<br />

dovunque verificassero frodi sul commercio del<strong>la</strong> vittuaria cioè sul<strong>la</strong> qualità, peso,<br />

prezzo e misura ecc.<br />

(6) Ho detto altrove che, sotto <strong>la</strong> dominazione veneta, era severamente proibita l'incetta<br />

delle granaglie; l'articolo presente <strong>la</strong> <strong>per</strong>mette, sotto certe condizioni, ai soli<br />

pistori.<br />

(1) Mettere nel granaio e conservare <strong>per</strong> il bisogno.<br />

(8) Misura di capacità varia a seconda dei luoghi, nel padovano equivaleva a tre<br />

sacchi.<br />

30


formento da esser mostrati alli Magnifici Rettori) et alli deputati ad utilia<br />

di questo Castello) ad ogni loro richiesta) eccettuando li mesi di Ciugno<br />

et Luglio) sotto pena à el<strong>la</strong> fragia di L. 50) alli quali simul et in solido<br />

siano obligati tutti i Rettori soprascritti) <strong>la</strong> qual pena sia applicata <strong>la</strong> mità<br />

al Santo Monte di pietà) e l) altra mità alli Rettori) che in quel tempo<br />

sarano.<br />

Capitolo tredicesimo, «che niuno ardisca tenir pane da vender, se<br />

non sarà del<strong>la</strong> fragia ».<br />

Che niuno) et sia chi si vaglia nan ardisca far pan da vender) né tenire<br />

in luochi publici) ò privati) se non sarà del<strong>la</strong> fragia) satta pena à chi<br />

fasse travata di <strong>per</strong>dar il pan) e di pagar soldi vinti <strong>per</strong> cadauno saldo<br />

de pan) che se fasse travato da vender) avvera che havesse venduto) et<br />

fasse accusata) <strong>la</strong> qual pena sia <strong>la</strong> metà del!' accusatar) et l'altra mettà di<br />

essa fragia) et questa tante valte) quante sarà travato.<br />

Capitolo quattordicesimo, « che il Massaro debbi commandar tutti li<br />

Pistori alle processioni et alli funerali ».<br />

Che il massara de detta fragia sia ,obbligato quanda accascherà far<br />

pracessiani in questa Castel<strong>la</strong> avera accampagnare alcun Carpa de detti<br />

frattelli) andar camandare tutti li pistari à dover andar à detta processione)<br />

aver funerale satta pena di pagar saldi vinti <strong>per</strong> fiata da esser applicati<br />

a detta fragia) quali frattelli siana <strong>per</strong> cadauna valta che mancassera.<br />

Capitolo quindicesimo, «che li Pistori siano tenuti tenir sopra le<br />

Botteghe un boletino à quante onze fano il pane ».<br />

Che detti Pistari siana tenuti tenir pubblicamente un boletina) che<br />

da agn'una passi esser vista à quante onze fanna il pane de tempa in tempa<br />

satta pena à chi mancasse di haver detta boletina di lire una de piccali<br />

ogni valta li quali siana delli Cavallieri di Camun aver dell) accusatari.<br />

Capitolo sedicesimo, « che <strong>la</strong> fragia sia obbligata a pagar L. 24 al<strong>la</strong><br />

Spettabile Communità ».<br />

Che sia obligata <strong>la</strong> saprascritta fragia pagar L. 24 de piccali al<strong>la</strong> spettabil<br />

camunità di questo luaca <strong>per</strong> far fare <strong>la</strong> pracessian del Santissima<br />

Carpa del nastra Signar Ciesu Crista e sia tenuta detta fragia camprar<br />

dai tarze de pesa di lire sie l'una de cera bianca, quali due tarze habbina<br />

da esser partate) una dal Castalda et l'altra dal Massara in pracessian<br />

il zorno del<strong>la</strong> solenità del Santissimo Carpa del nastra Signar Ciesu<br />

Cristo) et finita <strong>la</strong> pracessian siana tenuti esse tarze ,offrir al<strong>la</strong> sca<strong>la</strong> del<br />

Santissimo Corpa del nastro Signor Ciesu Cristo) e quest' obbligasian<br />

s)intenderà ogn)anna.<br />

Capitolo diciassettesimo, « che li Pistori di detta fragia non eccedano<br />

<strong>la</strong> summa de dieci (9) ».<br />

Che detti Pistari di detta fragia nan passana ecceder <strong>la</strong> summa de dieci<br />

ma mancando alcuna si passi far ellettiane de altri in <strong>la</strong>ca de quali fassera<br />

mancanti overo privati di far pane come contrafacenti alli sapra<br />

scritti capitali.<br />

Capitolo diciottesimo, « che tutti questi capitoli et promisioni siano<br />

scritto sopra un libro, qual debbi star appresso il Castaldo ».<br />

Che tutti questi capitali insieme cal<strong>la</strong> previsiane saprascritta) habbina<br />

da esser scritta nan sa<strong>la</strong>mente nel<strong>la</strong> Cancelleria delli Rettari) ma etiam in<br />

una libra) il qual debba cantinuamente stare appressa il Castaldo, et<br />

quel<strong>la</strong> de anna in anna prima letti essi capitali al tempa del<strong>la</strong> creatian<br />

del nava Castalda) et Massara nel capita<strong>la</strong> à ciò legitimamente cangregata)<br />

debba esser cansigna<strong>la</strong> al nava Castalda successa re e cast si habbi<br />

da ,osservar successivamente.<br />

(9) L'articolo fu piu tardi modificato con questo tenore: «Che tanti pistori potranno<br />

entrar nel<strong>la</strong> fragia, quanti piacerà alli Rettori di detta Fragia ».<br />

Il numero straordinario dei pistori non deve far meraviglia a chi pensi che, non essendo<br />

ancora introdotta <strong>la</strong> coltivazione del sorgo-turco, l'unico cibo cosi del povero<br />

come del ricco era il pane.


x<br />

UNO SGUARDO AL TEMPO PRESENTE


SOMMARIO: Conso<strong>la</strong>nte sviluppo del<strong>la</strong> pubblica beneficenza raggiunto in questi ultimi<br />

tempi. - Congregazione di Carità. - Ospedale. - Casa di Ricovero. - Asilo<br />

infantile. - Patronato. - Società di Mutuo Soccorso e delle Case O<strong>per</strong>aie .­<br />

Scuole primarie e complementari. - Istituti di Credito. - Comizio Agrario. -<br />

Viabilità. - Ferrovie. - Telegrafo. - Telefono. - Illuminazione elettrica. - Progetto<br />

di un acquedotto. - Consorzi aventi sede a Camposampiero. - U !fici distrettuali.<br />

- Industria e suo sviluppo attuale. - Camposampiero e <strong>la</strong> grande conf<strong>la</strong>grazione<br />

mondiale. - Onori tributati ai caduti. - Popo<strong>la</strong>zione attuale e sue<br />

condizioni morali ed economiche. - Auguri <strong>per</strong> l'avvenire e saluto di commiato.<br />

A compimento del<strong>la</strong> mia modesta o<strong>per</strong>a, credo utile e doveroso dare<br />

uno sguardo sulle attuali condizioni morali, intellettuali ed economiche<br />

del nostro paese onde presentarne ai miei lettori un sommario e fedele<br />

resoconto illustrativo.<br />

Ho tanto scritto sul passato, che è giusto scriva qualche cosa anche<br />

sul presente; mi sono piti volte <strong>la</strong>mentato, nel corso di questa <strong>storia</strong>,<br />

che i miei antecessori non abbiano <strong>la</strong>sciato memorie del tempo in cui<br />

vissero, che non vorrei incorrere nel<strong>la</strong> stessa colpa e meritare uguale<br />

condanna dai posteri.<br />

Ciò premesso, esordirò <strong>la</strong> mia re<strong>la</strong>zione trattando l'argomento del<strong>la</strong><br />

beneficenza, come quel<strong>la</strong> che fu sempre ritenuta manifestazione nobilissima<br />

del<strong>la</strong> attività umana e segno piti sicuro di civile progresso, e come<br />

quel<strong>la</strong> ancora che, nel secolo scorso e nel presente, raggiunse presso di<br />

noi uno sviluppo cosi rigoglioso e multiforme da fare veramente onore ad<br />

una cittadina di modeste risorse, come Camposampiero.<br />

Fino al<strong>la</strong> metà del secolo scorso l'unico istituto di beneficenza era il<br />

Monte di Pietà, che <strong>per</strong> l'eseguità del patrimonio, intaccato piti volte da<br />

47 1


amministratori infedeli e deteriorato dal<strong>la</strong> trascuratezza di ammln1stratori<br />

inetti, poté soltanto limitatamente compiere <strong>la</strong> sua missione. Fra i<br />

pochi benefattori dell'Istituto ricorderò il sacerdote don Francesco De<br />

Pieri, nativo di Lucca, ma camposampierino <strong>per</strong> lungo domicilio e <strong>per</strong> affetto,<br />

educatore di parecchie generazioni, il quale morendo, volle dare<br />

nuova prova del suo amore a Camposampiero, costituendo il Sacro Monte<br />

erede di ogni suo avere.<br />

Mi piace anche di rievocare al<strong>la</strong> memoria ed al<strong>la</strong> gratitudine dei Camposampierini<br />

i nomi dei miei venerati antecessori Borto<strong>la</strong>to (t 1791) e<br />

Tempesta (t 1820), i quali dopo di avere sollevato tante miserie economiche<br />

e morali con i carismi del<strong>la</strong> grazia, con parole di conforto e con<br />

ob<strong>la</strong>zioni prodigate in vita, vollero chiamare i poveri a parte del loro<br />

modesto censo, fondando due legati, prima cellu<strong>la</strong> di quel<strong>la</strong> istituzione<br />

che sotto il regno napoleonico fu denominata Congregazione di Carità,<br />

e che doveva essere l'unica dispensiera del<strong>la</strong> pubblica e del<strong>la</strong> privata<br />

beneficenza.<br />

Oggidi questa istituzione conduce una vita forzatamente infeconda e,<br />

ben lungi dal sop<strong>per</strong>ire ai bisogni del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse povera, chiude il bi<strong>la</strong>ncio<br />

con un deficit, colmato dal<strong>la</strong> amministrazione comunale. Deplorevole stato<br />

di cose che durerà finché i maggiori censiti del paese e coloro che dal<br />

paese traggono i piu <strong>la</strong>rghi profitti, non si faranno un dovere di versare<br />

ogni anno il loro contributo al<strong>la</strong> Congregazione di Carità.<br />

L'Ospedale di Camposampiero riconosce <strong>la</strong> causa del<strong>la</strong> vita e del mantenimento<br />

di essa, nel nostro concittadino Pietro Cosma. Uomo di straordinaria<br />

abilità, intelligente ed attivo cosi nell'industria come nel commercio,<br />

Pietro Cosma in pochi anni di <strong>la</strong>voro diventò proprietario di<br />

cospicua sostanza, che, mortogli l'unico figlio, in buona parte devolse<br />

nell'istituzione e nel<strong>la</strong> dotazione dell'Ospedale cittadino.<br />

Questo fu inaugurato il 28 Aprile 1858 e ne assunse <strong>la</strong> direzione lo<br />

stesso fondatore il quale, abbandonati commercio ed affari, si ritirò a<br />

vita privata e fra le pareti dell'istituto passò gli ultimi suoi anni, sorvegliandone<br />

l'andamento ed il progressivo sviluppo, confortando gl'infermi<br />

ed animando gli altri a bene o<strong>per</strong>are con esempi prec<strong>la</strong>ri di carità e di<br />

abnegazione.<br />

Prima di morire (21 Novembre 1865) il Cosma costitui l'Ospedale<br />

erede di buona parte del<strong>la</strong> sua sostanza e non dimenticò le nubende, i<br />

chierici poveri e <strong>la</strong> chiesa di S. Pietro e).<br />

(1) Nell'Archivio parrocchiale di Camposampiero è custodito il primo testamento di<br />

47 2<br />

L'Ospedale, ampliato negli anni 1886 e 1889, fu ricostruito ex-novo<br />

fra il 1908 e il 1912 ed allora il vecchio fabbricato fu trasformato in<br />

ricovero di maniaci, quivi inviati dal<strong>la</strong> provincia di Padova.<br />

La nuova sede grandiosa, ricca di aria e di luce, provveduta anche dei<br />

piu <strong>per</strong>fetti strumenti che <strong>la</strong> scienza moderna ha ritrovato, può comodamente<br />

alloggiare 130 degenti.<br />

Ultimamente il prof. Comm. Gino Crescini, provvide l'istituto di un<br />

Gabinetto Radiologico <strong>per</strong> le cure radio-diagnostica, radiografica e radioterapica<br />

su<strong>per</strong>ficiale e profonda, che può benissimo gareggiare con quelli<br />

dei maggiori Ospedali d'Italia.<br />

La Casa di Ricovero, fondata con disposizioni testamentarie del<strong>la</strong> signora<br />

Anna Bonora vedo Moretti nel 1871, fu a<strong>per</strong>ta dieci anni dopo,<br />

<strong>per</strong>ché intralciata, ostaco<strong>la</strong>ta e quasi mandata a vuoto dal<strong>la</strong> pretenziosa<br />

caparbietà dei parenti del<strong>la</strong> Bonora stessa. L'opposizione dei quali degenerò<br />

in lite trascinata attraverso a diverse sedi giudiziarie con diversa<br />

fortuna e con danno dell'ente che vide falcidiato dalle molte spese il<br />

patrimonio; il dibattito terminò con una transazione accettata dai parenti<br />

del<strong>la</strong> Bonora e dal cav. Benedetto Mogno, sindaco di Camposampiero<br />

e vigile tutore dei conculcati diritti del<strong>la</strong> Casa di Ricovero.<br />

L'istituto, ampliato quindici anni or sono, fu dotato dai signori Silvio<br />

Simeoni (1914), don Luigi Moretto (1916), Ugo Simeoni (1919).<br />

L'Asilo Infantile sorse nell'anno 1904, <strong>per</strong> geniale iniziativa di alcuni<br />

benemeriti cittadini, fra di essi il mio venerato antecessore Mons. Carlo<br />

Gallina (t 1913), e dietro impulso del locale Patronato Sco<strong>la</strong>stico.<br />

Il pa<strong>la</strong>zzo Pugnalin Valsecchi (ex-vil<strong>la</strong> dei nobili veneziani Gritti) fu<br />

sua sede fino al 1907, in quell' anno passò in un pa<strong>la</strong>zzo di proprietà<br />

Perazzolo (ex-vil<strong>la</strong> dei nobili veneziani Balbi-Valier) e, dopo di aver<br />

pellegrinato attraverso le ville veneziane, trovò stabile, onorata e s<strong>per</strong>iamo<br />

anche lunga sede, in un magnifico fabbricato eretto, non senza<br />

sacrifici, nel 1920 e).<br />

A fine di provvedere ai bisogni dell'o<strong>per</strong>aio, nei casi di ma<strong>la</strong>ttia o di<br />

Pietro Cosma (1834) <strong>per</strong> il quale viene costituita erede usufruttuaria <strong>la</strong> moglie Fabiana<br />

Mogno, erede effettivo il figlio Francesco premorto al padre. Nel testamento del 1834 non<br />

v'ha alcun accenno a beneficenza ed a legati pii.<br />

(2) L'attuale amministrazione dell'Asilo concesse ai signori Andrea Avogadro e Maria<br />

Tentori di collocare nell'au<strong>la</strong> maggiore dell'Istituto il monumentino del<strong>la</strong> loro figlia Gina,<br />

o<strong>per</strong>a esimia dello scultore Dante Sodini, e con tale atto intese di onorare <strong>la</strong> pietà paterna<br />

e materna, <strong>la</strong> beneficenza e l'arte insieme.<br />

473


impotenza al <strong>la</strong>voro, nel 1885 fu istituita <strong>la</strong> Società O<strong>per</strong>aia di Mutuo<br />

Soccorso, che oggi di conta buon numero di soci e discreto patrimonio,<br />

impiegato in parte nel<strong>la</strong> costruzione di case o<strong>per</strong>aie onde <strong>la</strong> società O<strong>per</strong>aia<br />

si può chiamare madre del<strong>la</strong> Società delle Case O<strong>per</strong>aie, provvidenziale<br />

istituzione rispondente all'improrogabile bisogno di provvedere<br />

convenienti abitazioni <strong>per</strong> l'aumentata popo<strong>la</strong>zione. È deplorevole che <strong>la</strong><br />

Società delle Case O<strong>per</strong>aie disponga di cosi limitato patrimonio, da non<br />

<strong>per</strong>mettere il compimento del<strong>la</strong> sua missione edilizia, come lo esigerebbero<br />

i bisogni presenti e <strong>la</strong> buona volontà del consiglio d'amministrazione.<br />

Due anni or sono <strong>la</strong> Società delle Case O<strong>per</strong>aie acquistò e mise a disposizione<br />

dei richiedenti un appezzamento di terreno lungo lo stradone<br />

che va a Loreggia.<br />

Coraggio, o Camposampierini! L'area fabbricabile non manca, come<br />

non mancano gli istituti di credito disposti di anticiparvi i capitali necessari;<br />

suvvia adunque, gettate fondazioni, innalzate fastigi ed aumentate<br />

il patrimonio del<strong>la</strong> cittadina edilizia!<br />

L'Istruzione elementare è tenuta nel dovuto onore da un corpo di insegnanti<br />

<strong>per</strong> tanti titoli benemerito, che, con intelletto di amore, alle<br />

novelle generazioni spezza il pane dell'istruzione e vede retribuita <strong>la</strong><br />

propria fatica, piti che dallo stipendio mai adeguato al sacrificio, dal<strong>la</strong><br />

frequenza e dal profitto degli alunni C).<br />

L'edificio sco<strong>la</strong>stico fu costruito ex novo, con moderni criteri didattici<br />

nel 1905 ed ampliato nello scorso anno.<br />

Camposampiero, quale capoluogo del piti vasto e piti popo<strong>la</strong>to distretto<br />

di Padova, richiedeva, da parecchio tempo, l'istituzione di una Scuo<strong>la</strong><br />

Tecnica; a tale bisogno provvidero le autorità comunali del mandamento,<br />

dietro iniziativa di private <strong>per</strong>sone e del<strong>la</strong> nostra amministrazione municipale.<br />

Per tal modo, nell'anno 1920, furono a<strong>per</strong>te le Scuole « Cesare<br />

Battisti» che, su<strong>per</strong>ate le inevitabili prove degli inizi sempre dure e difficili,<br />

si sono ormai affermate con lusinghieri risultati.<br />

Auguro ai miei concittadini che l'istruzione dei loro figli sia sempre<br />

sorretta, ispirata ed accompagnata dall'educazione, <strong>la</strong> so<strong>la</strong> che forma e<br />

prepara i cittadini utili a se stessi, al<strong>la</strong> famiglia ed al<strong>la</strong> patria.<br />

Anche i Padri Conventuali hanno una Scuo<strong>la</strong> Ginnasiale <strong>per</strong> gli aspiranti<br />

allo stato religioso, e, nel<strong>la</strong> parrocchia di S. Pietro, da qualche<br />

(3) Fino dal 1855 le scuole elementari femminili sono dirette con impareggiabile zelo<br />

dalle suore di S. Dorotea di Vicenza e le stesse suore furono assunte nel 1858 dall'Ospedale,<br />

nel 1881 dal<strong>la</strong> Casa di Ricovero, nel 1904 dall'Asilo e nel 1919 dal Laboratorio.<br />

474<br />

anno fiorisce una scuo<strong>la</strong> preparatoria <strong>per</strong> gli alunni chiamati al sacerdozio<br />

ed appartenenti alle contermini diocesi di Padova e Treviso.<br />

E giacché sono in tema di educazione e di gioventti, <strong>per</strong> non mostrare<br />

che a Camposampiero tutto è buono e tutto è <strong>per</strong>fetto e nul<strong>la</strong> resta da<br />

fare, dirò che ogni giorno pill si <strong>la</strong>menta <strong>la</strong> mancanza di un Patronato<br />

Maschile (4), con sede propria, a fine di raccogliere, nel dopo scuo<strong>la</strong>, i ragazzi<br />

randagi <strong>per</strong> le piazze con esempi tutt'altro che edificanti sotto gli<br />

occhi, o dis<strong>per</strong>si <strong>per</strong> le campagne ove commettono ogni sorta di furfanterie.<br />

Hic <strong>la</strong>bor, hic opus, o Concittadini, <strong>la</strong> prima istituzione che dovrà<br />

sorgere a Camposampiero, <strong>la</strong> meta verso <strong>la</strong> quale dovrà convergere <strong>la</strong><br />

beneficenza, il desiderio di ogni cittadino, che ama, non solo a parole, il<br />

proprio paese, d'ora in avanti sarà l'erigendo Patronato.<br />

Manca a Camposampiero il Museo che, sia pure in forma modesta ed<br />

in proporzioni embrionali, dovrebbe esistere in una cittadina che vanta<br />

un sotto suolo abbastanza ricco di materiale archeologico; manca pure<br />

una Scuo<strong>la</strong> di Disegno; fiorisce invece un eccellente Corpo Bandistico,<br />

composto di ottimi elementi.<br />

Da circa 100 anni fu anche costruito un piccolo teatro.<br />

L'unico istituto di credito, nei secoli scorsi, era <strong>la</strong> Camera di Imprestito,<br />

sorta assieme del Monte di Pietà e nel<strong>la</strong> medesima sede; ivi i nostri<br />

antenati depositavano i loro zecchini, le giustine, i crosoni, le doppie ed<br />

i molto rari matapani.<br />

La Camera d'Imprestito emise prestiti, accettò depositi e funzionò onoratamente<br />

<strong>per</strong> secoli parecchi, fino a che fu soppiantata da una fioritura<br />

meravigliosa di istituzioni di credito.<br />

Prima di tutte, nell'ordine cronologico, si presenta <strong>la</strong> Banca Popo<strong>la</strong>re<br />

sorta nell'anno 1874, viene poi <strong>la</strong> succursale del<strong>la</strong> Banca S. Liberale di<br />

Treviso e seguono a poca distanza le Succursali a<strong>per</strong>te dall'Unione Bancaria<br />

Nazionale, dal<strong>la</strong> Casa di Risparmio di Padova, dal Credito Veneto<br />

e dal Credito Agrario.<br />

A tutti gli Istituti Bancari cittadini auguro lunga e pros<strong>per</strong>osa vita ed<br />

all'augurio unisco <strong>la</strong> preghiera di ricordare gli istituti locali di beneficenza;<br />

ciò che del resto molto lodevolmente alcuni di essi praticano.<br />

Nel 1906 fu istituito il Consorzio Agrario e <strong>la</strong> sua non lunga vita è<br />

(4) Nell'attesa di tempi migliori e di benefiche <strong>per</strong>sone, il Patronato Sco<strong>la</strong>stico locale<br />

svolge <strong>la</strong> sua azione fi<strong>la</strong>ntropica provvedendo di oggetti di cancelleria ed anche d'indumenti<br />

gli sco<strong>la</strong>ri di famiglia povera.<br />

475


già contrassegnata da una serie luminosa di benefici derivati al<strong>la</strong> agricoltura,<br />

all'agricoltore, al proprietario e, indirettamente, a tutta <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione.<br />

Difatti il locale Comizio Agrario non limitò <strong>la</strong> sua azione al mercato<br />

di sementi, concimi e materie anticrittogamiche, ma, seguendo le nuove<br />

sco<strong>per</strong>te del<strong>la</strong> scienza e provvedendo ai nuovi bisogni, si fece promotore<br />

di ogni utile iniziativa diretta ad avvantaggiare l'agricoltura. Quindi con<br />

mostre, concorsi e premi, fomentò il miglioramento del<strong>la</strong> razza bovina,<br />

<strong>la</strong> costruzione dei silos, <strong>la</strong> diffusione dell'orticoltura; apri essicatoi <strong>per</strong><br />

bozzoli e <strong>per</strong> il tabacco e, col mezzo del<strong>la</strong> Cattedra Ambu<strong>la</strong>nte, diventò<br />

banditore di ogni innovazione diretta ad incrementare <strong>la</strong> produzione del<br />

suolo, quel<strong>la</strong> delle stalle, e <strong>la</strong> ricchezza del colono e del proprietario.<br />

Ad accrescere il commercio ed il movimento cittadino contribuirono<br />

non poco le linee ferroviarie Padova-Bassano (1877) e Padova-Belluno<br />

(1882) ed ancora piti vi contribuirà <strong>la</strong> Treviso-Ostiglia che, come le<br />

altre due, avrà stazione a Camposampiero e farà di esso un centro ferroviario<br />

ragguardevole.<br />

È anche in progetto <strong>la</strong> costruzione di una linea tramviaria che, unendo<br />

i colli aso<strong>la</strong>ni con Padova, dovrebbe attraversare il nostro paese.<br />

La viabilità pubblica, trascurata nei secoli scorsi, ebbe impulso di<br />

vita gagliarda nel<strong>la</strong> prima metà del secolo XIX, quando le vecchie strade,<br />

anguste, tortuose ed impraticabili nel<strong>la</strong> stagione cattiva, disparvero sostituite<br />

da comode strade bene sorvegliate e spesso ombreggiate da piante.<br />

In questo <strong>la</strong>voro di rinnovazione il governo precedette gli altri enti col<br />

buon esempio, <strong>la</strong> provincia gareggiò con i comuni, ed i comuni con i vicinali<br />

(5).<br />

Anche l'edilizia cittadina risenti il vantaggio di questa felice palingenesi,<br />

<strong>per</strong>ché dal 1820 in poi furono abbattuti alcuni resti delle mura<br />

del vecchio castello, che, troppo addossate alle abitazioni, toglievano a<br />

queste l'aria e <strong>la</strong> luce; furono abbattuti i muri che cingevano <strong>la</strong> rocca<br />

(ora Pa<strong>la</strong>zzo Comunale) e livel<strong>la</strong>ti i terrapieni circostanti; fu atterrata<br />

buona parte degli antichi portici con parecchie sconcie casupole del borgo;<br />

furono rinnovati i vecchi ponti di accesso, fu selciata <strong>la</strong> piazza del grano<br />

(oggidi Piazza Vittoria), furono provvedute di comodi marciapiedi le<br />

(5) Il primo impulso ai <strong>la</strong>vori stradali fu dato dal Codice Napoleonico: i maggiori <strong>la</strong>vori<br />

stradali furono <strong>per</strong>ò eseguiti sotto il Governo Austriaco (cui bonor, bonor) e massimamente<br />

nell'anno 1817 quando le autorità, <strong>per</strong> sollevare <strong>la</strong> miseria delle popo<strong>la</strong>zioni deso<strong>la</strong>te<br />

da terribile carestia, fecero eseguire ex novo, ampliare o sistemare le vecchie<br />

strade.<br />

strade centrali, e finalmente si eressero nuovi edifici e si rinnovarono gli<br />

antichi.<br />

In grazia di questi cangiamenti, avvenuti negli ultimi cent'anni ed in<br />

corso di svolgimento anche oggidi, il nostro paese ha <strong>per</strong>duto quel carattere<br />

medievale, caro <strong>per</strong> le rievocazioni del passato, ed acquistò <strong>per</strong><br />

compenso quell'aspetto di sana modernità, che conforta l'occhio ed è<br />

indice di progresso.<br />

Attualmente gli edifici camposampierini che presentano carattere medievale<br />

sono: il Municipio, le due torri, l'oratorio di S. Antonio del<br />

noce, i portici di via Nodari e, nel<strong>la</strong> stessa via, il pa<strong>la</strong>zzo Luise, che verso<br />

mezzo di ancora conserva alcune finestre ogivali.<br />

Funzionano da parecchi anni il telegrafo ed il telefono, e piazze, vie<br />

principali e molte case private sono illuminate a luce elettrica, fornita<br />

dal<strong>la</strong> Società Adriatica.<br />

Anni or sono fu progettata anche <strong>la</strong> costruzione di un acquedotto <strong>per</strong><br />

derivare a Camposampiero le chiare, fresche e dolci acque, ma le difficoltà<br />

economiche non <strong>per</strong>misero l'attuazione di tale o<strong>per</strong>a.<br />

E se ciò non fu possibile <strong>per</strong> il passato, tanto meno lo è ai nostri giorni<br />

in cui una terribile crisi finanziaria ange e preme i comuni d'Italia e<br />

non ci si vede modo di uscirne che <strong>per</strong> il rotto del<strong>la</strong> cuffia (eufemismo<br />

che in questo luogo sostituisce <strong>la</strong> catastrofica paro<strong>la</strong> fallimento!). Ad ogni<br />

modo quando le condizioni economiche saranno migliorate, le autorità,<br />

che reggeranno le sorti di Camposampiero, faranno bene a riesumare il<br />

progetto ed a condurlo, <strong>per</strong> breviorem viam, all'attuazione.<br />

L'o<strong>per</strong>a è raccomandata dall'igiene e dal<strong>la</strong> pulizia (6).<br />

Intanto, fino a che non verrà l'acquedotto, <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione di campagna<br />

continuerà a rifornirsi del prezioso elemento nei corsi d'acqua<br />

vicini i quali sono disciplinati dai Consorzi C) cOSI denominati: Consorzio<br />

Muson-Vandura, e Consorzio Tergo<strong>la</strong>-Serraglio. Questi hanno sede<br />

in Camposampiero e si prefiggono di favorire l'agricoltura, mediante il<br />

prosciugamento dei luoghi paludosi, e di preservare i campi e le case dalle<br />

inondazioni, mediante <strong>la</strong> manutenzione degli argini ed il <strong>per</strong>iodico espur··<br />

go del letto dei corsi d'acqua.<br />

(6) Mi venne riferito che <strong>la</strong> nostra Banca Popo<strong>la</strong>re ha stanziato una certa somma sugli<br />

utili di quest'anno <strong>per</strong> <strong>la</strong> costruzione dell'acquedotto. Congratu<strong>la</strong>zioni al benemerito istituto<br />

ed auguri che l'esempio offerto sia contagioso nel senso migliore del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>.<br />

(1) I Consorzi, istituiti allo scopo di disciplinare le acque con vantaggio dell'agricoltura<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> esecuzione e manutenzione di o<strong>per</strong>e di prosciugamento e di difesa, sorsero verso<br />

<strong>la</strong> metà del secolo XVI con dipendenza dal Magistrato alle acque. In origine avevano<br />

il nome di Prese.<br />

477


Il Muson dei Sassi dipende direttamente dal Magistrato delle Acque<br />

che tiene a Camposampiero un impiegato ed un magazzino idraulico.<br />

Quale capoluogo di distretto Camposampiero è sede di una Regia<br />

Pretura ed il nostro Pretore amministra <strong>la</strong> giustizia nel<strong>la</strong> stessa sede<br />

dove l'amministrarono, in tempi ormai lontani, i feudatari del nostro<br />

castello, più avanti i podestà del<strong>la</strong> Repubblica ed, in epoca recente, l'im<strong>per</strong>iale<br />

pretore a nome di S. Maestà Cesarea.<br />

Vi è anche una stazione di R. Carabinieri comandata da un maresciallo,<br />

sonvi le carceri mandamentali e tutti gli uffici distrettuali, cioè Agenzia<br />

delle Imposte, Ufficio del Registro, Notariato, Esattoria ecc.<br />

L'industria cittadina fino a qualche tempo fa era limitata a tre molini<br />

(8), ed a qualche tentativo non riuscito di setificio e di tintoria, quando<br />

nel 1919 il cav. Antonio Rossati, acquistato il pa<strong>la</strong>zzo Biliato (già<br />

proprietà Barbarigo, poi Cosma), vi apri un <strong>la</strong>boratorio di merletti veneziani<br />

che in poco tempo diede tale produzione da gareggiare con quel<strong>la</strong><br />

delle rinomate fabbriche di Burano, Venezia e Chioggia.<br />

Oltre 100 sono oggi di le o<strong>per</strong>aie impiegate nel nobile e paziente<br />

<strong>la</strong>voro e lo stabilimento è provveduto di oratorio, di teatrino, e di ampio<br />

cortile, <strong>per</strong>ché al cav. Rossati piacciono le cose fatte <strong>per</strong> bene.<br />

Nello scorso anno i signori Varrati e Franco hanno a<strong>per</strong>to una torneria<br />

di legno che occupa una trentina di o<strong>per</strong>ai e dà produzione squisita.<br />

Questi tentativi, felicemente riusciti, hanno sfatato l'antica e poco onorevole<br />

leggenda, inventata dai <strong>la</strong>udatores temporis acti e divulgata dall'ignoranza,<br />

che a Camposampiero ogni industria è condannata a presta<br />

morte.<br />

L'officina meccanica di Giuseppe Piran, il Pastificio Parpaio<strong>la</strong>, il Calzaturificio<br />

dei fratelli Frasson, <strong>la</strong> Fabbrica di scope dei Costacurta, sono<br />

passi non piu timidi, ma sicuri e franchi verso un avvenire che si delinea<br />

promettente e).<br />

Floride sono le condizioni del nostro mercato che, <strong>per</strong> antica consuetudine,<br />

si tiene il mercoledi di ogni settimana, anzi da qualche tempo si<br />

notano un progressivo sviluppo ed una straordinaria ailluenza di merci,<br />

(8) I tre molini del paese sono antichissimi; da una <strong>per</strong>izia, estesa da Giuseppe Ten.<br />

tori nel 1772, rilevo che il molino del castello apparteneva ai Soranzo, quello del<strong>la</strong> sega<br />

ai Grimani ed il molin novo ai Gritti.<br />

(9) Mentre scrivo i fratelli Pio e Vasco Peroni stanno costruendo un setificio nei pressi<br />

del<strong>la</strong> stazione. Agli egregi signori congratu<strong>la</strong>zioni ed auguri.<br />

di compratori e di affari; vi manca <strong>per</strong>ò l'importantissimo ramo commerciale<br />

dei bovini, cosa inesplicabile in un centro eminentemente agricolo.<br />

Forse tale assenza del bestiame dal nostro mercato sarà dovuta in<br />

origine ad uno di quei decreti proibitivi emanati dal<strong>la</strong> su<strong>per</strong>iore autorità<br />

nei tempi andati, quando il commercio era inceppato da privilegi e da<br />

monopoli.<br />

Ora <strong>per</strong>ò che il commercio è libero da qualunque restrizione, non è piu<br />

giusto che il foro boario serva soltanto alle furfanterie dei monelli, agli<br />

spettacoli dei casotti, o di cortile <strong>per</strong> il pol<strong>la</strong>me dei vicinanti, ma, come<br />

lo stesso nome foro boario lo designa, nei giorni di mercato esso deve<br />

accogliere il bestiame ailluente dalle stalle del distretto.<br />

Al quale proposito non posso omettere una paro<strong>la</strong> di lode verso <strong>la</strong><br />

cessata Amministrazione Comunale che volle istituire o meglio ripristinare<br />

<strong>la</strong> vecchia fiera con l'intenzione che questa abbia ad aprire le porte<br />

del mercato al commercio bovino. Taccio, <strong>per</strong> carità di prossimo, <strong>la</strong><br />

vandalica distruzione delle piante che ombreggiavano il foro boario.<br />

Il mercato incoraggiò i concittadini ad aprire una quantità di negozi<br />

grandi e piccoli ottimamente assortiti, ma soprattutto favori l'a<strong>per</strong>tura di<br />

molte osterie e spacci di liquori, sempre e dovunque troppi <strong>per</strong> il vizio e,<br />

questa volta, di molto su<strong>per</strong>iori al bisogno.<br />

Durante <strong>la</strong> guerra ultima (1914-1918) <strong>la</strong> nostra cittadina diventò successivamente<br />

accampamento invernale di parecchi reggimenti, sede di stati<br />

maggiori, di comandi di tappa, di sussistenza, di tribunali militari, di<br />

ospedaletti da campo, e, <strong>per</strong> grazia celeste, fu preservata dalle incursioni<br />

aeree del nemico.<br />

Egregiamente funzionò, durante <strong>la</strong> guerra, il Comitato di preparazione<br />

civile che svolse o<strong>per</strong>a di verace e fattivo patriottismo.<br />

Assieme al Comitato funzionò anche <strong>la</strong> Casa del soldato che sorretta<br />

da spontanee e<strong>la</strong>rgizioni, con gratuiti spettacoli e gratuita distribuzione di<br />

carta e buste, con <strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> serale e conferenze istruttive, molto fece e<br />

molto ottenne a conforto dei nostri valorosi soldati, parecchi dei quali,<br />

ritornati in famiglia, conservarono grato ricordo dei benefici ricevuti che<br />

testimoniarono con lettere affettuose.<br />

Nelle diverse manifestazioni, cosi religiose come civili, che precedettero,<br />

concomitarono e seguirono <strong>la</strong> guerra, <strong>per</strong> entusiasmo spontaneo e<br />

partecipazione concorde, <strong>la</strong> nostra cittadina non fu a nessun'altra seconda.<br />

Ottantanove furono i concittadini morti in campo di battaglia o <strong>per</strong> ma<strong>la</strong>ttia<br />

contratta in causa di guerra.<br />

Ad esternare <strong>la</strong> memoria dei suoi eroi Camposampiero unanime, il<br />

479


2 Marzo 1920, dopo funzione funebre, cui assisteva Sua Eccellenza Mons.<br />

Andrea Giacinto Longhin vescovo di Treviso, inaugurò una <strong>la</strong>pide murata<br />

nel<strong>la</strong> parete esterna del sacello del Cimitero comunale, ed il 12 Giugno<br />

1921, dopo solenne funzione religiosa, inaugurò il grandioso monumento<br />

in Piazza Vittoria, o<strong>per</strong>a dello scultore Bedeschi eO).<br />

Ognuno di noi erigerà e conserverà entro del proprio cuore uno spirituale<br />

monumento sacro ai nostri eroi, tutto fatto d'amore, di gratitudine<br />

e di ammirazione.<br />

Oggidi <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione di Camposampiero consta di 6300 abitanti cosi<br />

divisi: 3180 nel<strong>la</strong> parrocchia di S. Pietro, 1141 in quel<strong>la</strong> di S. Marco,<br />

1526 in quel<strong>la</strong> di Rustega, 286 in quel<strong>la</strong> di Loreggia, 165 in quel<strong>la</strong> di<br />

Loreggio<strong>la</strong>.<br />

Aggiungerò una paro<strong>la</strong> anche sulle condizioni del nostro popolo, che<br />

tanta influenza esercitano sull'andamento civile e politico del<strong>la</strong> nazione e<br />

sul<strong>la</strong> sua tranquillità interna, giacché non vi ha peggior consigliere dello<br />

stomaco vuoto.<br />

L'aumentata produzione del suolo e l'elevato prezzo, a cui furono<br />

venduti i prodotti negli ultimi anni, <strong>per</strong> inevitabile conseguenza, hanno<br />

contribuito ad innalzare le fortune dell'agricoltore, che aspira ed in parte<br />

vi è anche giunto, al possesso dei campi <strong>la</strong>vorati colle proprie braccia e<br />

fecondati dal proprio sudore.<br />

Cosi un po' al<strong>la</strong> volta, senza movimenti inconsulti, senza convulsioni<br />

sociali, ma <strong>per</strong> <strong>la</strong> via onesta e legale dell'acquisto, molti fittavoli sono<br />

diventati proprietari ed altri lo stanno diventando.<br />

I prodotti del suolo camposampierino oltre il frumento, il granoturco<br />

e l'uva (oggidi minacciata seriamente dal<strong>la</strong> filossera), sono <strong>la</strong> sega<strong>la</strong>, il<br />

fieno, <strong>la</strong> medica, <strong>la</strong> patata, i legumi; <strong>la</strong> bachicoltura è tenuta nel dovuto<br />

onore, e le stalle sono egregiamente provviste di quadrupedi.<br />

Con <strong>la</strong> revisione delle attuali condizioni di Camposampiero, termino<br />

questo <strong>la</strong>voro che, progettato dapprima con modeste proporzioni, <strong>per</strong><br />

l'affluenza di materiale storico venne man mano crescendo, come il filo<br />

d'acqua s<strong>per</strong>duto nel fondo del<strong>la</strong> valle, che, alimentato da rigagnoli dal<br />

(10) Il valoroso nostro concittadino Cav. Colonnello Domenico Mogno tenne in quell'occasione<br />

il discorso inaugurale, commendevole <strong>per</strong> nobilità di pensiero ed elevatezza<br />

di forma.<br />

monte e dal piano riversanti il contributo di loro acque, diventa il fiume<br />

regale.<br />

E nel prendere commiato dai miei lettori devo ingenuamente manifestare<br />

due sentimenti opposti che in quest'ora agitano ed appassionano<br />

l'animo mio. Ed è il primo un sentimento di soddisfazione <strong>per</strong> aver<br />

condotto in porto questa impresa, a prima giunta creduta impossibile,<br />

data <strong>la</strong> mancanza di qualsiasi archivio cittadino pubblico e privato, e tale<br />

sentimento è frutto in parte dell'amor proprio che dovunque si caccia<br />

<strong>per</strong> contaminare le o<strong>per</strong>e dell'uomo, in parte è frutto del<strong>la</strong> convinzione<br />

di aver fatto un'o<strong>per</strong>a civilmente buona, narrando, meglio che ho potuto,<br />

ai tardi nepoti le vicende del<strong>la</strong> loro patria e le gesta dei loro avi. Ma<br />

questa soddisfazione non è completa, <strong>per</strong>ché dal fondo del mio animo<br />

(quali vapori che si alzano dal fondo del<strong>la</strong> valle ad oscurare l'orizzonte)<br />

nasce una preoccupazione che turba e guasta <strong>la</strong> mia gioia e, tradotta in<br />

parole, presso a poco dice: Tu hai esplorato di qua e di là <strong>per</strong> trovare le<br />

notizie che presentavano qualche interesse al<strong>la</strong> patria ed ai concittadini,<br />

ma fosti sempre fortunato nelle ricerche? Puoi dire di avere scandagliato<br />

ed esaurito il vasto pe<strong>la</strong>go delle indagini e di avere scritto quanto si<br />

poteva dire intorno a Camposampiero? ...<br />

Ahi che tesoro di notizie non nasconde l'avaro grembo del<strong>la</strong> terra! Nel<br />

nostro paese non furono mai praticati scavi, eppure il sotto suolo camposampierino<br />

dovrebbe riservare tante sorprese!<br />

Questa osservazione vale <strong>per</strong> l'epoca romana e <strong>per</strong> il <strong>per</strong>iodo delle invasioni<br />

barbariche che <strong>la</strong> sussegui.<br />

E sulle epoche del<strong>la</strong> dominazione feudale e del<strong>la</strong> signoria carrarese, su<br />

quel<strong>la</strong> ancora piti lunga ed importante del<strong>la</strong> dominazione veneta, e su<br />

quelle del<strong>la</strong> dominazione austriaca e del regno napoleonico (11), oh quante<br />

notizie non avrei potuto raccogliere ed esporre, quanti punti ancora oscuri<br />

non avrei lumeggiato e quanti altri confortato con maggior copia di<br />

prove, se avessi potuto valermi di documenti tratti da fonti ancora recondite!<br />

Oh io non credo che il tempo col<strong>la</strong> sua fredda a<strong>la</strong> abbia spazzato ogni<br />

cosa! lo sono intimamente convinto che molti documenti, re<strong>la</strong>tivi al<strong>la</strong><br />

<strong>storia</strong> di Camposampiero, giacciano ignorati in qualche archivio o nel<br />

fondo di qualche soffitta di famiglie veneziane che ebbero quivi villeggiature,<br />

beni prediali ed interessi.<br />

(11) Molte notizie concernenti l'epoca del regno napoleonico devono esistere nell'archivio<br />

di Prefettura a Padova. Non ho tentato nemmeno l'impresa dell'indagine, <strong>per</strong>ché<br />

<strong>per</strong>sone piti es<strong>per</strong>te e piti competenti in materia, ml hanno detto che quell'archivio è un<br />

vero caos, ubi nullus orda sed sempiternus horror in habitat.<br />

31


Il benevolo lettore può facilmente comprendere come, <strong>per</strong> questi giusti<br />

motivi, <strong>la</strong> mia gioia non possa essere completa.<br />

E siccome l'amore mi fu maestro e duce nel raccogliere queste notizie,<br />

siccome ancora Pamore a Camposampiero, dopo le interruzioni dovute al<br />

<strong>per</strong>iodo bellico, a doveri di ministero ed a ragioni <strong>per</strong>sonali, mi ha<br />

indotto a riprendere il <strong>la</strong>voro piti volte sospeso, cosi l'amore guiderà <strong>la</strong><br />

mia penna nel vergare le ultime righe e nel formare questi auguri <strong>per</strong> <strong>la</strong><br />

pros<strong>per</strong>ità e <strong>per</strong> <strong>la</strong> gloria del<strong>la</strong> nostra cittadina.<br />

Ai miei concittadini auguro vita felice e tranquil<strong>la</strong>, non offuscata da<br />

alcuna nube di pubblica o privata contesa, ma allietata sempre dal sorriso<br />

benefico del<strong>la</strong> pace e del<strong>la</strong> concordia.<br />

Alle autorità civili e religiose, che reggono il paese, auguro <strong>la</strong> soddisfazione<br />

maggiore cui gli uomini possano aspirare e raggiungere, quel<strong>la</strong> cioè<br />

di far del gran bene al<strong>la</strong> loro città ed ai loro concittadini e, <strong>per</strong> quanto<br />

è possibile, di veder anche ripagati i nobili intendimenti dal<strong>la</strong> fiducia,<br />

dall'amore e dal rispetto di tutti.<br />

Alle industrie incipienti, che il timido passo muovono fra gli inciampi<br />

di una crisi che travaglia il commercio internazionale ed ogni di piti va<br />

accentuandosi, auguro che, su<strong>per</strong>ati felicemente i disagi di oggi e i <strong>per</strong>icoli<br />

del domani, come nave disincagliata dallo scoglio, procedano sicure e<br />

fidenti verso un avvenire, lieto di promesse e di ricompense.<br />

Agli istituti cittadini, prima di tutto a quelli che hanno <strong>per</strong> iscopo <strong>la</strong><br />

beneficenza e, con differenza di mezzi e concordia di finalità, mirano a<br />

sollevare le miserie fisiche e morali, auguro che sempre adeguatamente<br />

possano rispondere al<strong>la</strong> loro santa missione, sorretti dal<strong>la</strong> simpatia dei<br />

cittadini e dal contributo pronto e cordiale delle <strong>per</strong>sone facoltose.<br />

Al<strong>la</strong> pubblica edilizia, che tanto giova <strong>per</strong> assicurare al<strong>la</strong> nostra cittadina<br />

un posto d'onore di fronte ai vicini paesi, auguro nuove affermazioni<br />

nel campo dell'estetica e dell'utilità pubblica.<br />

All'agricoltura, che tanti progressi ha segnato in cinquant'anni, e tanto<br />

valse a migliorare le condizioni economiche, auguro nuovi incrementi e<br />

nuovi benefici a favore del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse agrico<strong>la</strong>, cosi numerosa e cosi rispettata<br />

che, diciamolo schiettamente, fu troppo disprezzata nei tempi andati<br />

ed oggi di è troppo esaltata da chi ha interesse di fare l'una e l'altra cosa.<br />

E <strong>per</strong>ché il progresso materiale e <strong>la</strong> pros<strong>per</strong>ità che invoco al<strong>la</strong> patria<br />

non siano parvenza esterna che porta nascosti i germi del<strong>la</strong> dissoluzione,<br />

auguro che il benessere economico vada sempre accompagnato dal progresso<br />

morale che rende grandi e rispettate nazioni e popoli.<br />

Ed il passato sia pegno sicuro ed auspicio futuro; un paese che vanta<br />

<strong>la</strong> propria conversione fino da tempi remoti; un paese che nel piti fosco<br />

medioevo, quando civili contese, odi accaniti di popoli e tirannie di principi<br />

straziavano l'Italia, accolse tra le sue mura ed ascoltò <strong>la</strong> voce di S.<br />

Antonio, apostolo di religione e di carità, patrono dei deboli e vindice<br />

del<strong>la</strong> libertà conculcata, saprà custodire e difendere e tramandare incorrotte<br />

ai posteri le tradizioni cristiane che hanno piantato profonde e salde<br />

radici nel nostro suolo.<br />

Oh! lo ricordino i miei concittadini, <strong>la</strong> so<strong>la</strong> religione, fortemente sentita<br />

e fedelmente praticata, ha il potere ineffabile di comunicare alle famiglie,<br />

alle città ed alle nazioni gli inestimabili doni del<strong>la</strong> pace, del benessere<br />

verace e duraturo e di quel<strong>la</strong> civiltà che non conosce tramonto.<br />

Da essa genitori e maestri apprenderanno a bene educare i figli, i su<strong>per</strong>iori<br />

ed i ricchi ad amare gli inferiori, gli umili, a rispettare coloro che<br />

sovrastano <strong>per</strong> autorità e <strong>per</strong> censo, le famiglie a conservare l'onestà dei<br />

costumi, <strong>la</strong> concordia e l'amore paziente e compaziente e l'esercizio assieme<br />

di ogni virtti.<br />

Chiudo il mio libro con una sentenza che, letta qualche anno fa nell'aureo<br />

libro <strong>la</strong> « Morale Cattolica» del Manzoni, mi fece profonda impressione<br />

ed ora voglio <strong>la</strong>sciare ai miei lettori, quale spirituale testamento:<br />

« Se gli uomini pensassero a vivere bene piuttosto che a star bene,<br />

finirebbero collo star meglio ».<br />

La pratica del<strong>la</strong> prima parte del saggio aforisma ci renderà capaci di<br />

godere l'ineffabile gioia accennata nel<strong>la</strong> seconda parte.<br />

E QUESTO FIA SUGGELLO


RUSTEGA<br />

frazione di Camposampiero


STORIA CIVILE


La etimologia di Rustega è delle pili fadli e sicure, <strong>per</strong>ché il nome deriva<br />

da rus e vuoI dire vil<strong>la</strong>ggio eminentemente agricolo, popo<strong>la</strong>to da<br />

campagnoli, cioè da gente sana di corpo e di spirito, nemica dell'ozio e<br />

del<strong>la</strong> mollezza, forte ed onesta e tutta intesa a quei <strong>la</strong>vori che danno le<br />

pili belle soddisfazioni e furono sempre ritenuti sorgente di pace, di<br />

buoni costumi e di pros<strong>per</strong>ità materiale benché, come tutte le cose umane,<br />

non siano privi di amarezze e delusioni.<br />

Bene spesso si vuole che il nome dei vil<strong>la</strong>ggi sia derivato da quello<br />

dei corsi d'acqua che li attraversano; sta <strong>per</strong>ò il fatto che ogni rego<strong>la</strong><br />

ha <strong>la</strong> sua eccezione e questo è proprio il caso di applicare l'eccezione<br />

ritenendo che non il fiume al paese, ma il paese al fiume abbia dato il<br />

nome.<br />

Infatti se il nome Rustega, applicato al paesello, ha una ragione ed un<br />

significato, applicandolo al fiume tutto questo viene a mancare.<br />

Il ruscello fu poi detto Rustega <strong>per</strong>ché è il fiume proprio del paese<br />

che, dentro ai suoi confini, trascina buona parte del suo corso e, dentro<br />

ai suoi confini, termina <strong>la</strong> sua vita sfociando nel Musone.<br />

La vicinanza di Rustega a quel territorio dell'alto padovano intersecato<br />

da un doppio ordine di strade parallele e <strong>per</strong>pendico<strong>la</strong>ri, che lo frazionano<br />

in giusti quadrati cOSI da richiamare al<strong>la</strong> memoria dell'osservatore<br />

1'antica divisione coloniale, dovrebbe costituire un argomento di presunzione<br />

<strong>per</strong> l'antichità del nostro vil<strong>la</strong>ggio.<br />

E se, come opinarono alcuni dotti C), il Gratico<strong>la</strong>to e) fu <strong>la</strong> quarta<br />

(1) Fra i nostri il Legnazzi ed il Gloria, fra i tedeschi il Kandler.<br />

(2) La denominazione di Gratico<strong>la</strong>to romano è re<strong>la</strong>tivamente recente.


parte di una colonia romana che si protendeva al di sopra ed al fianco<br />

del Gratico<strong>la</strong>to stesso <strong>per</strong> cui anche il territorio di Rustega sarebbe stato<br />

compreso nel<strong>la</strong> circoscrizione coloniale, se tutto ciò fosse vero, ben piu<br />

forti sarebbero allora i motivi in favore del<strong>la</strong> romanità di quel vil<strong>la</strong>ggio,<br />

piu tardi denominato Rustega.<br />

Siamo nel campo aleatorio delle ipotesi, è vero, ma queste aumentano<br />

di probabilità e di valore quando sono corroborate e rinfiancate dalle<br />

prove. E queste non mancano; in molte località del territorio di Rustega<br />

l'aratro e <strong>la</strong> vanga dell'agricoltore, nello smuovere <strong>la</strong> terra, si incontrano<br />

in mattoni ed embrici ammassati o sparsi, intieri od a frammenti, che<br />

ancora mostrano leggibile <strong>la</strong> marca degli antichi fornaciai e).<br />

Ora questi ruderi dovettero appartenere ad antiche costruzioni e queste<br />

ad antichi abitatori; che poi questi abitatori fossero romani, le marche<br />

figuline lo attestano: come ognuno vede il ragionamento non fa grinze.<br />

La mancanza assoluta di qualsiasi notizia vertente sulle antiche vicende<br />

di Rustega, mi costringe di saltare, a piè pari, quel lungo tratto di tempo<br />

che, dall'epoca del<strong>la</strong> colonia romana, va fino al 1000 allorquando, rotte<br />

le fitte ed impenetrabili tenebre dell'alto medio evo, gli albori del<strong>la</strong> luce<br />

novel<strong>la</strong> cominciano a proiettarsi sull'orizzonte storico illuminando alquanto<br />

il nostro vil<strong>la</strong>ggio.<br />

Le prime notizie intorno al quale ce lo fanno conoscere come feudo<br />

munito di castello circondato da fosse, argini e mura ed appartenente<br />

al<strong>la</strong> giurisdizione del vescovo di Treviso nelle cose spirituali e nelle<br />

temporali.<br />

Alludendo alle sue piccole proporzioni talvolta il castello viene anche<br />

detto bastia (4). Quando e da quale im<strong>per</strong>atore sia stata fatta <strong>la</strong> concessione<br />

del feudo di Rustega ai vescovi di Treviso e quale sia stata <strong>la</strong> portata<br />

dei diritti vescovili sul<strong>la</strong> vil<strong>la</strong>, sono cose che oggidl non si possono<br />

precisare.<br />

(3) Le piti comuni marche sono: Q. Arrius, Carminius, Sairius, Poni.<br />

( 4 ) A cinque secoli di distanza dal<strong>la</strong> demolizione del castello non è cosa agevole l'individuare<br />

il posto ove sorgeva. Certamente il luogo piti strategico <strong>per</strong> un fortilizio doveva<br />

essere quel<strong>la</strong> lingua di terra compresa fra il Rustega e il Muson poco lungi dal loro incontro.<br />

Anche oggidi <strong>la</strong> località nelle carte militari viene segnata col nome di Bastia, benché<br />

con troppo <strong>la</strong>rga estensione.<br />

A conferma del<strong>la</strong> mia opinione citerò due testimonianze, una contemporanea, l'altra<br />

posteriore. Annibale de Madiis nel<strong>la</strong> sua Tavo<strong>la</strong> del Territorio padovano del 1449 (riportata<br />

dal prof. PAVANELLO in Antichi Scrittori di idraulica Veneti, pago 122) segna l'abbozzo<br />

del<strong>la</strong> Bastia di Rustega fra il Muson ed il Rustega, al punto del<strong>la</strong> loro confluenza; ed il<br />

SALOMON (1696, Inscript. Agri patav., pago 260) cosi si esprime: «Rustega, già forte castello,<br />

circondato dall' acqua del fiume Rustega che entra nel torrente Muson, ora distrutto ».<br />

Aggiungerò ancora che, in un passato re<strong>la</strong>tivamente vicino, esistevano nel<strong>la</strong> località al-<br />

49°<br />

Ho detto sopra che verso il 1000 spuntano gli albori del<strong>la</strong> <strong>storia</strong> di<br />

Rustega e gli albori non sono <strong>la</strong> luce meridiana e d'altra parte conviene<br />

accontentarsi di quello spiraglio che si può avere.<br />

È <strong>per</strong>ò certo che il vescovo di Treviso ebbe castello e curia a Rustega<br />

e godette, come ogni altro feudatario, tutti i diritti feudali cioè decime,<br />

usi, servizi, tributi, dazi e pedaggi, nonché il gius del<strong>la</strong> pi<strong>storia</strong> e del<br />

molino e).<br />

All'epoca dei Comuni questi diritti furono tolti in parte ed in parte<br />

rallentati e piu avanti si ridussero a pochi canoni che i vassalIi ogni<br />

anno dovevano corrispondere al<strong>la</strong> mensa vescovile e ad una certa signoria<br />

nominale sui terreni del<strong>la</strong> vil<strong>la</strong> che non potevano essere venduti od acquistati<br />

senza il benep<strong>la</strong>cito vescovile. Con tutto ciò i vescovi di Treviso<br />

ci tennero molto al<strong>la</strong> loro sovranità sul<strong>la</strong> vil<strong>la</strong> di Rustega e nei vecchi documenti<br />

non mancavano mai di inserire queste parole: «Rustica castrum<br />

agri patavini nostrae iurisdictionis ».<br />

La doppia giurisdizione, civile cioè ed ecclesiastica, del vescovo di<br />

Treviso sul<strong>la</strong> vil<strong>la</strong> di Rustega fu cosi confermata nel 1152 da Papa Eugenio<br />

III: «Bonifacio episcopo tarvisino ... plebem de Rustica cum castro<br />

vil<strong>la</strong> et <strong>per</strong>tinentiis suis » (6).<br />

Come portava l'uso dei tempi i vescovi di Treviso, pur riservando a sé<br />

i diritti e le attribuzioni di feudatari, investirono del castello e territorio<br />

di Rustega alcuni signori seco<strong>la</strong>ri che <strong>per</strong> tal fatto diventarono loro vassalli.<br />

I documenti dell'Archivio ves covile ci hanno tramandato il nome di<br />

parecchi vassalIi: fra di essi ha maggiori titoli <strong>per</strong> essere ricordato<br />

Guercio da Vigodarzere che ottenne il feudo di Rustega dal vescovo<br />

Adalberto Ricco in premio delle benemerenze procacciate si nel<strong>la</strong> guerra<br />

contro Eccelino il tiranno (1259) e nel<strong>la</strong> liberazione di Treviso dal feroce<br />

giogo del fratello Alberigo (1260). Con Guercio il feudo di Rustega diventò<br />

ereditario C) in linea maschile nel<strong>la</strong> sua famiglia (8), sul<strong>la</strong> quale<br />

conviene soffermarsi alquanto.<br />

cune montagnole o matte di terra; anche oggidi il sottosuolo abbonda di fondazioni lunghe<br />

e <strong>la</strong>rghe, di murazzi, di archivolti, di casematte, ed il materiale che si rinviene (frecce, ferri<br />

di cavallo, pallottole di pietra) presenta caratteri spiccatamente militari.<br />

(5) I vecchi documenti contengono frequenti accenni ai diritti vescovili sul molino, sul<strong>la</strong><br />

pi<strong>storia</strong> e sulle acque del Rustega.<br />

L'Archivio del<strong>la</strong> Mensa Vescovile (Busta 44 n. 519) conserva molti diplomi d'investi.tura<br />

del feudo di Rustega e dall'esame di essi risulta che <strong>la</strong> giurisdizione del Vescovo di<br />

Treviso sul<strong>la</strong> vil<strong>la</strong> era estesissima poiché abbracciava castello, terre, possessioni, prati, boschi,<br />

acque, molini, pi<strong>storia</strong>, decime, livelli, azioni e ragioni.<br />

(6) UCBELLI: Italia Sacra, tomo V, pago 521.<br />

(1) Il Codice Capodilista (Bibl. Civica di Padova, pago 5) cosi si esprime: «Illi de Vico-<br />

49 1


Ed i Trapolini ed i da Rustega non si mostrarono indegni del<strong>la</strong> fiducia<br />

in loro riposta <strong>per</strong>ché, sempre pronti e fedeli agli ordini ricevuti, anche<br />

in difficili contingenze, servirono i loro signori con <strong>la</strong> fedeltà dell'amico<br />

e con <strong>la</strong> devozione del figlio.<br />

La sventura è <strong>la</strong> grande prova del<strong>la</strong> verace <strong>amici</strong>zia; chi nell'avversa<br />

fortuna non si piega, non volta faccia al suo signore, non lo abbandona,<br />

ma continua a servirlo con fedeltà inalterata, rifiutando sdegnosamente<br />

i favori dell'avversario e partecipando al dolore ed ai danni del proprio<br />

su<strong>per</strong>iore, costui è suddito devoto ed amico fedele.<br />

Orbene quando Ugone di Duino, capitano di Leopoldo d'Austria allora<br />

in guerra con Francesco il Vecchio, mosse da Treviso verso <strong>la</strong> Bastia di<br />

Rustega con 6000 fanti e 1000 cavalli <strong>per</strong> conquistar<strong>la</strong> ed assoggettar<strong>la</strong><br />

al suo signore, i Trapolini ed i da Rustega racimo<strong>la</strong>rono in fretta poche<br />

centinaia di contadini ed organizzarono tale difesa che Ugone dovette<br />

desistere dall'impresa e <strong>per</strong> rifarsi si diede a scorazzare ed a depredare i<br />

paesi vicini (1382) e 6 ).<br />

E pochi anni dopo quando Galeazzo Visconti, alleato ai Veneziani,<br />

spodestò dei suoi stati Francesco il Vecchio e costrinse Francesco Novello<br />

a riparare oltre le Alpi (1389), anche in quest'occasione i Trapolinl<br />

ed i da Rustega dimostrarono <strong>la</strong> loro fedeltà al legittimo signore. Sotto<br />

<strong>la</strong> pressione dei potenti eserciti nemici essi dovettero cedere <strong>la</strong> bastia ai<br />

viscontei, ma conservarono viva ed inalterata <strong>la</strong> devozione alloro disgraziato<br />

principe e, non potendo fare di piti, attesero il momento opportuno<br />

<strong>per</strong> o<strong>per</strong>are.<br />

Questo non tardò a comparire e <strong>per</strong> o<strong>per</strong>a stessa dei soldati del Visconti<br />

che, con <strong>la</strong> loro condotta brutale, esas<strong>per</strong>arono gli avversari ed alienarono<br />

l'animo di quelli stessi che avevano coo<strong>per</strong>ato ai loro trionfi,<br />

cosicché tutti sospiravano il ritorno di Francesco Novello.<br />

Questi, assicurato che i Padovani desideravano <strong>la</strong> sua presenza e rinfrancato<br />

dai consigli di Stefano, duca di Baviera, risolse di ritornare in<br />

Italia <strong>per</strong> <strong>la</strong> via del Friuli. Aveva appena messo piede in Valvassone<br />

quando due ospiti graditi gli si presentarono, Tiso da Rustega ed Arrigo<br />

Trapolino, che lo ossequiarono, chiamandolo loro signore, rinnovarono<br />

a lui l'omaggio del<strong>la</strong> fedeltà e lo assicurarono che tutti i castelli del<br />

Padovano, e Padova stessa, gli avrebbero a<strong>per</strong>te le porte. I Gattari ri-<br />

(16) «Alduino (cioè Ugone di Duino) subito cavalcò con VI m. fanti da piè (sic!) e co<br />

mille cavalgi verso <strong>la</strong> Bastia de Rustega sul Padovano e quel<strong>la</strong> con più sforzo combattè et<br />

non potendo aver sua intenzion scorseggiò il terreno fatta grossa preda di prexoni e di bestiame<br />

ritornò verso Treviso» (GATTARI: Cronaca Carrarese in Rerum Ital. Script. del<br />

Muratori).<br />

494<br />

portano le commoventi espressioni con le quali Tiso e Trapolino salutarono<br />

Francesco Novello e le ampie esibizioni di servizio da loro profferte<br />

(17). Senza <strong>per</strong>der tempo Tiso e Trapolino si avviarono direttamente ad<br />

espugnare il ponte di Vigodarzere e nel passare <strong>per</strong> Rustega assalirono<br />

e riconquistarono quel<strong>la</strong> bastia eS). Anche l'impresa di Vigodarzere ebbe<br />

felice successo.<br />

Ma ormai l'astro luminoso del<strong>la</strong> famiglia Carrarese mandava gli ultimi<br />

bagliori offuscato da un astro che, ben piti luminoso, sorgeva nell'orizzonte.<br />

La repubblica di Venezia veniva allora attuando il suo programma<br />

di espansione nel<strong>la</strong> terraferma e, nel cammino delle sue conquiste, prima<br />

di ogni altro doveva incontrarsi con gli stati di Francesco di Carrara, che<br />

confinavano con il vecchio dogado e 9 ).<br />

Quando Francesco si accorse del <strong>per</strong>icolo che incombeva sopra di lui<br />

e sopra il suo territorio, pensò di provvedere i suoi castelli di capitani<br />

valorosi e fidati, ed a quello di Limena assegnò Arrigo Trapolino. La<br />

scelta non poteva essere piti indovinata poiché nel<strong>la</strong> guerra, tosto seguita<br />

(1404) e che si svolse con rapidità fulminea, l'unico fatto d'armi favorevole<br />

a Francesco Novello avvenne appùnto nel territorio di Limena.<br />

Fu un episodio fugace del<strong>la</strong> grande guerra che terminò con <strong>la</strong> distruzione<br />

degli stati del Carrarese, assorbiti dal<strong>la</strong> repubblica di Venezia, e<br />

con <strong>la</strong> rovina di Francesco e del<strong>la</strong> sua famiglia.<br />

Prima di passare oltre ricorderò che Francesco il Vecchio nel 1382<br />

lungo le rive del Musone, e quindi anche nel territorio di Rustega, fece<br />

eseguire una serie di <strong>la</strong>vori di difesa <strong>per</strong> fronteggiare un eventuale attacco<br />

da parte del<strong>la</strong> Serenissima eO).<br />

(17) Tiso e Trapolino non si stancarono di fissare con compiacenza Francesco Novello il<br />

quale li volle con sé a pranzo e « dappò el manzare Rigo Trapolin e Tixo da Rustega dixe<br />

Signor mio possa che io ve ho veduto e vedave io voio andare innanzi et aparechiarove el<br />

ponte de Vigodarzere che io voio pigliare quello ponte acciò non abiate alcun contrario <strong>per</strong>fino<br />

alle porte de Padoa. Partine adunque Rigo Trapolin e Tixo da Rustega ecc .... » (GAT­<br />

TARI: Cronaca Carrarese, giugno 1390).<br />

(IS) «Vene (Francesco Novello) verso <strong>la</strong> Bastia de Rustega e quel<strong>la</strong> attrovoe esser sta<br />

presa a sua posta <strong>per</strong> Tiso e Trapolin» (GATTARI: Cronaca Carrarese).<br />

(19) Il vecchio dogado si estendeva da Grado a Capodargine, oggi Cavarzere.<br />

(20) Il Verci nel<strong>la</strong> Storia del<strong>la</strong> Marca Trevigliana - tomo XVI, pago 15 - Documenti -<br />

allude ai <strong>la</strong>vori di difesa fatti eseguire da Francesco di Carrara e l'Anonimo Foscariniano<br />

(parte II, foglio 102 - Bibl. Civica Treviso) accenna ai timori concepiti dagli abitanti<br />

delle due rive del Muson <strong>per</strong> <strong>la</strong> esecuzione di questi <strong>la</strong>vori.<br />

495


Quando il leone di S. Marco distese le sue pacifiche ali sul territorio<br />

padovano (1405), <strong>la</strong> vil<strong>la</strong> di Rustega fu assegnata al<strong>la</strong> podestaria di<br />

Camposampiero (21) e vi restò, suddita fedele, fino al<strong>la</strong> caduta del<strong>la</strong> repubblica.<br />

Uno dei primi atti del<strong>la</strong> Serenissima dovette essere certamente quello<br />

di atterrare <strong>la</strong> vetusta bastia che non aveva piu ragione di sussistere e<br />

che invece avrebbe potuto diventare <strong>per</strong>icolosa al<strong>la</strong> sicurezza dello stato,<br />

risvegliando le velleità autonomistiche di qualche signorotto, e <strong>per</strong>icolosa<br />

al<strong>la</strong> tranquillità delle popo<strong>la</strong>zioni, qualora una consorteria di malviventi<br />

avesse preso stanza in essa (Z2).<br />

Per torsi adunque questo pruno dagli occhi il Senato Veneto ne ordinò<br />

<strong>la</strong> demolizione, che riuscl completa giacché furono colmate le fosse, rispianati<br />

gli argini, raso al suolo il fortilizio e cancel<strong>la</strong>to qualsiasi vestigio di<br />

esso.<br />

L'epoca di questo avvenimento si deve collocare molto vicina al<strong>la</strong> affermazione<br />

del dominio veneto, cioè al 1405: difatti il Salomon nel<br />

1696, il Cittadel<strong>la</strong> nel 1603 e verso il 1550 lo Scardeone affermarono<br />

chiaramente che <strong>la</strong> bastia di Rustega era stata distrutta e piu non esisteva.<br />

* '1( *<br />

L'antica amlCIZIa fra i feudatari di Rustega e <strong>la</strong> famiglia Carrarese<br />

continuò anche nel<strong>la</strong> avversa fortuna, come lo attesterà il triste episodio<br />

che sto <strong>per</strong> narrare.<br />

Mentre ferveva <strong>la</strong> guerra fra Venezia e Filippo Maria Visconti, l'ultimo<br />

discendente dei Carraresi, Marsiglio, istigato dai malvagi pungelli<br />

del Visconti stesso, tentò di sollevare i Padovani contro il temuto leone,<br />

s<strong>per</strong>ando <strong>per</strong> tal modo di vendicare l'eccidio del<strong>la</strong> sua famiglia e di riacquistare<br />

il <strong>per</strong>duto dominio. Fra coloro che parteciparono al<strong>la</strong> cospirazione<br />

figura il nome di Alberto Trapolino. L'esito del<strong>la</strong> congiura fu disastroso,<br />

<strong>per</strong>ché uno dei complici a tempo opportuno rivelò <strong>la</strong> trama al<br />

Consiglio dei X che tosto mise in movimento i suoi segugi e riuscl ad<br />

acciuffare Marsiglio e Trapolino che, processati e condannati, dovettero<br />

subire l'estremo supplizio (1437) (Z3).<br />

(21) Trenta erano le ville soggette al<strong>la</strong> nostra podestaria.<br />

(22) Deliberazioni di questo genere non venivano prese che dal Senato e partecipate dal<br />

Doge.<br />

(23) «Alberto Trapolin fu appicado a Padova al tempo delle novità di missier Marsiglio<br />

da Carrara» SANUTO: Diari, voI. IX, pago 539.<br />

* * .. ,:<br />

Dal tenebroso <strong>la</strong>vorlo dei complotti e dal<strong>la</strong> paurosa visione delle carceri<br />

sotterranee e dei patiboli insanguinati passiamo ora a ricreare alquanto<br />

l'animo contristato nel<strong>la</strong> p<strong>la</strong>cida e serena contemp<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> poesia.<br />

Anche Rustega, come del resto tutte le ville soggette al<strong>la</strong> nostra podestaria,<br />

trovò il suo poeta nell'umani sta Antonio Baratel<strong>la</strong> (1385-1448)<br />

il quale celebrò il fiumicello che trae il nome dal<strong>la</strong> vil<strong>la</strong>, ne ricordò i benefici<br />

ed i danni portati all'agricoltura ed infine ci fece sa<strong>per</strong>e come<br />

lungo le sue rive egli aveva composto dei versi cari alle Muse (24).<br />

Oltre il fiume il Baratel<strong>la</strong> cantò anche <strong>la</strong> vil<strong>la</strong> di Rustega con versi che<br />

qui sotto riporto nel testo nativo.<br />

AD RUSTICAM RUS CAMPI PETRI<br />

Rustica es rtlS Campipetri pulcrum<br />

Laureiam praeter situm es qua gurges<br />

Rustica incedit, sacro quo nomine<br />

Allicis. Fluenta tanta pariter<br />

T e situ sano reficicunt <strong>la</strong>etum<br />

Nil melius aere reor salutis<br />

Quo vigente nul<strong>la</strong> pestis oritur.<br />

Transeo quod sis felix agrortlm<br />

Tu soles nemus molosis saepe<br />

Narrare venando magistris vil<strong>la</strong><br />

Tollere insignis; feras quo <strong>per</strong>dis<br />

Sic tuus Fraxon ferarum est morte<br />

Inclitus qui Gefalus alter Adonis<br />

Dicitur quem metuit omnis praeda<br />

Sive nam sit aut strepitibus.<br />

Es Zocus felix aqua nemoribus<br />

Scilicet Musone Rusticaque<br />

IntuZit hic Musonis undas proprias<br />

Ut iterent priscos amorer mixtim eS).<br />

La cattiva riuscita del<strong>la</strong> congiura ordita contro <strong>la</strong> Serenissima da Marsiglio<br />

da Carrara e <strong>la</strong> miseranda fine di Alberto Trapolino non distolsero<br />

il nipote Alberto dal partecipare ad un'altra cospirazione, pure questa<br />

diretta contro il governo di Venezia.<br />

32<br />

(24) BARATELLA: Ecatometrologia, foglio 2, manoscritto BibI. Civica Padova.<br />

(25) Ecatometrologia, foglio 7.<br />

497


Come tutti i nobili padovani anche Alberto vedeva di malocchio<br />

il dominio di Venezia che si era esteso e consolidato con <strong>la</strong> forza e col<br />

denaro, ed aveva distrutto senza pietà <strong>la</strong> famiglia Carrarese. Di piu ancora<br />

quanto i Carraresi erano stati <strong>la</strong>rghi di favori, di concessioni e di<br />

privilegi verso l'aristocrazia padovana, altrettanto il governo di Venezia<br />

l'aveva trascurata, escludendo<strong>la</strong> da ogni ufficio di fiducia, sorvegliando<strong>la</strong><br />

con occhio di sospettosa diffidenza e riservando tutta <strong>la</strong> sua compiacenza,<br />

tutti gli onori e tutti i posti vantaggiosi al<strong>la</strong> su<strong>per</strong>ba aristocrazia di Venezia.<br />

Non fa dunque meraviglia se 1'aristocrazia padovana era animata da<br />

sentimenti di avversione verso il Governo di Venezia, e se, al momento<br />

del<strong>la</strong> guerra di Cambrai (1509), si dichiarò, quasi unanime, contro <strong>la</strong><br />

Serenissima ed in favore dei suoi nemici.<br />

Quando poi si diffuse in Padova <strong>la</strong> notizia del<strong>la</strong> rotta dell'esercito veneziano<br />

ad Agnadello (14 maggio 1509), <strong>la</strong> nobiltà padovana inviò a Venezia<br />

Alberto Trapolino e Lodovico Conti in qualità di ambasciatori<br />

presso Leonardo Trissino, vicario dell'im<strong>per</strong>atore Massimiliano, <strong>per</strong>ché<br />

a nome di quell'ultimo occupasse <strong>la</strong> città di Padova.<br />

Il Trissino accolse ambasciatori ed ambasciata e tosto entrò in Padova<br />

con alcuni soldati e vi insediò un governo provvisorio di 16 deputati,<br />

fra di essi Alberto Trapolino (giugno 1509).<br />

Tale governo ebbe vita effimera <strong>per</strong>ché Venezia, forte del favore del<br />

popolo che non volle partecipare al<strong>la</strong> congiura dell'aristocrazia e sostenuta<br />

dal<strong>la</strong> saggezza di Andrea Gritti e del valore militare di Citolo<br />

da Perugia, presto riconquistò Padova.<br />

Ed ora cominciano le dolenti note <strong>per</strong> il nostro Alberto Trapolino<br />

che il 17 luglio figura tra i piu tenaci difensori del castello di Padova<br />

contro Citolo da Perugia, il 18 dello stesso messe ebbe il pa<strong>la</strong>zzo di<br />

Padova devastato dal furore del popolo che gridava: Viva San Marco,<br />

a morte i traditori! -, il 19 fu catturato e, sotto buona scorta, condotto<br />

alle carceri di Venezia.<br />

Nell'agosto dello stesso anno Alberto, assieme a Lodovico Conti e<br />

Bertuzzi Bagarolo, fu processato e, convinto di alto tradimento, condannato<br />

a morte; <strong>la</strong> sentenza fu eseguita il 1 dicembre 1509 fra le due<br />

colonne del<strong>la</strong> piazzetta di S. Marco e 6 ).<br />

(26) Per tutte queste notizie V. SANUTO: Diari, voI. VIII, pago 543 e voI. IX, pago 538-<br />

39. Alberto non <strong>per</strong>dette il sangue freddo neppure davanti al<strong>la</strong> morte. Racconta infatti il<br />

Sanuto che egli sali <strong>la</strong> sca<strong>la</strong> del patibolo disendo molti salmi et oration e giunto in cima si<br />

rivolse al boia e disse: «vusto che me butta zo? ». Fu sepolto in S. Francesco del<strong>la</strong> Vigna.<br />

La tragedia di Alberto Trapolino non valse <strong>per</strong>ò a cangiare i sentimenti<br />

antiveneziani dei suoi famigliari <strong>per</strong>ché il 28 giugno 1510, <strong>per</strong>durando<br />

<strong>la</strong> guerra di Cambrai, Nicolò Marcello, podestà di Castelfranco, scriveva<br />

al Senato Veneto in questi termini: "i nemizi sono venudi poco lontan<br />

da Rustega in Ca' Trapolin" e 7 )<br />

Sotto <strong>la</strong> dominazione veneta (1405-1797) <strong>la</strong> vil<strong>la</strong> di Rustega trascorse<br />

anni di tranquillità sicura ed o<strong>per</strong>osa ed, eccettuati quelli funestati dal<strong>la</strong><br />

peste eS), dal vaiolo e dal<strong>la</strong> carestia, anche di re<strong>la</strong>tivo benessere.<br />

Mancando ogni occasione di movimento, di commercio e di emigrazione,<br />

<strong>la</strong> vita prese quel carattere intimo e famigliare che conservò quasi<br />

intatto fino al<strong>la</strong> metà del secolo scorso.<br />

Certamente <strong>la</strong> vita tranquil<strong>la</strong> e casalinga dei secoli andati non si<br />

può confrontare con quel<strong>la</strong> movimentata e tumultuosa del nostro tempo;<br />

oggidi un viaggio in Francia od in America è cosa che non sorprende e<br />

non meraviglia, ma in passato quanti del nostro popolo trascorrevano tutta<br />

<strong>la</strong> loro esistenza senza allontanarsi una so<strong>la</strong> volta dal paese nativo!<br />

Anche le condizioni del suolo erano differenti dalle attuali; <strong>la</strong> proprietà<br />

terriera era quasi stabilmente concentrata nelle mani di pochi<br />

signori, oggidi invece è divisa e suddivisa e frequenti sono le vendite<br />

e gli acquisti e quindi i cangiamenti di proprietà.<br />

Fino al termine del secolo XVIII il suolo abbondava di boschi, di<br />

prati, di fosse e fossati dall'acqua imputridita e dalle rane gracidanti<br />

e le campagne, da novembre a marzo, erano <strong>per</strong>corse ed infestate dai<br />

pastori dei Sette Comuni e del feltrino vaganti con il loro gregge.<br />

Poche erano le case, molti invece i casoni che, innalzando al cielo<br />

<strong>la</strong> loro caratteristica cuspide di paglia, davano ai nostri paesi l'aspetto<br />

dei vil<strong>la</strong>ggi dell'Africa Centrale.<br />

In ogni casa o casone non mancavano mai <strong>la</strong> rocca, il te<strong>la</strong>io e l'aspo.<br />

Sotto il governo del<strong>la</strong> Serenissima diverse famiglie del patriziato veneto<br />

stabilirono a Rustega <strong>la</strong> loro villeggiatura autunnale; oltre i Trapolini ed<br />

Rustega, estinta <strong>la</strong> prima nel 1616, l'altra nel 1728, vengono spesso<br />

(27) SANUTO: Diari, voI. X, pago 673.<br />

(2S) Il BARATELLA ricorda <strong>la</strong> peste del 1436; furono micidiali quelle del 1555, 1576 e<br />

soprattutto quel<strong>la</strong> del 1631. Tra i morti di questa peste troviamo il pievano Pietro de<br />

Gobbi.<br />

499


icordate dai documenti dell'epoca le famiglie dei Dolfin, dei Malipiero,<br />

dei Marinoni e degli Zacco (i Marinoni oriundi di Bergamo, gli Zacco<br />

da Padova, ma accolti fra <strong>la</strong> nobiltà veneziana).<br />

Tutte queste famiglie avevano a Rustega un pa<strong>la</strong>zzo e proprietà fondiaria<br />

e, benché i vincoli feudali si fossero di molto rallentati, <strong>per</strong> il<br />

, fatto che possedevano terreni di giurisdizione ves covile , alcune di esse<br />

erano diventate feudatarie del vescovo di Treviso.<br />

Quando venivano in campagna, <strong>per</strong> <strong>la</strong> villeggiatura autunnale, conducevano<br />

seco, oltre <strong>la</strong> famiglia, <strong>la</strong> servitu e gli <strong>amici</strong>; in tale circostanza,<br />

come è facile pensare, <strong>la</strong> vita del paese si animava alquanto ed assumeva<br />

una nota di vivacità allegra e spensierata e 9 ).<br />

Quasi contemporaneamente al<strong>la</strong> caduta del<strong>la</strong> Repubblica i patrizi veneziani,<br />

eccettuati gli Zacco, vendettero le loro proprietà e si ritirarono<br />

nel<strong>la</strong> città natale ed i loro patrizi furono presto demoliti dai nuovi acquirenti<br />

che convertirono il materiale nel<strong>la</strong> costruzione di abitazioni meno<br />

fastose, è vero, ma meglio rispondenti ai bisogni del<strong>la</strong> vita moderna eO).<br />

Al tempo delle innovazioni, che seguirono <strong>la</strong> caduta di Venezia,<br />

Rustega diventò vil<strong>la</strong> del Cantone di Camposampiero e subito dopo,<br />

<strong>per</strong>duta ogni autonomia, fu aggregata al Comune di Camposampiero.<br />

Il soffio dei tempi nuovi si fece sentire anche a Rustega abrogando<br />

d'un tratto <strong>la</strong> seco<strong>la</strong>re giurisdizione del vescovo di Treviso, che, a dir<br />

il vero, era diventata una memoria storica e nul<strong>la</strong> piu.<br />

Quindi con legge austriaca (1862), confermata ed applicata con tutto<br />

il rigore dal<strong>la</strong> legge italiana (1870), furono abrogati i vincoli feudali e<br />

sciolte <strong>per</strong>sone e cose da ogni servitu.<br />

Per tal modo ebbe Ene ogni giurisdizione civile dei vescovi di Treviso<br />

sul<strong>la</strong> vil<strong>la</strong> di Rustega.<br />

Aggiungerò, a compimento di queste memorie, che nel 1854 fu abbandonato<br />

il vecchio cimitero antistante al<strong>la</strong> facciata del<strong>la</strong> Chiesa e ne<br />

fu a<strong>per</strong>to un altro verso <strong>la</strong> campagna che, diventato insufficiente, fu<br />

ampliato nel 1886 e di nuovo nel 1927.<br />

(29) Il registro dei morti conserva memoria di qualche membro di queste famiglie passato<br />

a miglior vita nel<strong>la</strong> stagione invernale, e ciò prova come talvolta il tempo del<strong>la</strong> villeggiatura<br />

veniva protratto oltre l'autunno.<br />

(30) Ora sussiste il solo pa<strong>la</strong>zzo Zacco tramutato nelle scuole comunali. I Marinoni avevano<br />

proprietà al<strong>la</strong> bastia di Rustega, alle Straelle, in Comun Canton di Camposampiero<br />

ed a Loreggia e pa<strong>la</strong>zzo a Rustega. Giro<strong>la</strong>mo ed Angelo Marinoni quondam Giovanni Battista,<br />

denunciarono in questa forma il loro pa<strong>la</strong>zzo di Rustega: «In vil<strong>la</strong> de Rustega - Casa<br />

domenical con cortivo et orto et altre habentie, qual serve <strong>per</strong> nostra habitacion con brolo<br />

di campi 1 e mezzo serata parte de muro, parte de spinada ». Archivio di Stato, Venezia,<br />

lO Savi, Redecima 1740, Busta 321, Notifica 665. Canareggio.<br />

5°0<br />

Nel<strong>la</strong> grande guerra <strong>per</strong> <strong>la</strong> liberazione e grandezza d'Italia Rustega va<br />

altera di 17 Egli dati al<strong>la</strong> patria: <strong>la</strong> loro memoria vive nel cuore di tutti<br />

ed i loro nomi sono eternati nel marmo murato nel<strong>la</strong> facciata del<strong>la</strong> chiesa.<br />

Faccia il Signore che tanti sacriEci sostenuti e tanto sangue versato diventino<br />

fecondi di pros<strong>per</strong>ità, di pace, di gloria verace <strong>per</strong> <strong>la</strong> picco<strong>la</strong> e <strong>la</strong><br />

grande patria!<br />

5°1


SOLDATI DELLA PARROCCHIA DI RUSTEGA<br />

MORTI IN GUERRA 1915 - 1918<br />

1 Sacchetto Ermenegildo fu Giuseppe<br />

2 Volpato Lino di Giuseppe<br />

3 Barco Augusto fu Giacinto<br />

4 Barco P<strong>la</strong>cido fu Giacinto<br />

5 Alessio Graziano di Anselmo<br />

6 Prosdocimi Guido di Anselmo<br />

7 Frasson Pasquale di Giacinto<br />

8 Cogo Antonio fu Giuseppe<br />

9 Creazzo Umberto fu Giuseppe<br />

10 Cancellier Catterino fu Antonio<br />

11 Baldassa Vitò fu Federico<br />

12 Spessato Giovanni fu Giuseppe<br />

13 Mistro Giulio di Angelo<br />

14 Daminato Gino di Anselmo<br />

15 Cargnin Tullio di Giovanni<br />

16 Lombini Ettore di ignoti<br />

17 Cargnin Gino fu Giovanni - dis<strong>per</strong>so<br />

5 02<br />

STORIA ECCLESIASTICA


Quanto sono scarse ed incerte le notizie di indole civile intorno ai<br />

nostri vil<strong>la</strong>ggi, altrettanto sono abbondanti, benché non sempre degne<br />

di rilievo, le notizie di natura ecclesiastica dei tempi passati.<br />

Questo fenomeno si spiega facilmente, se ben si considera come <strong>la</strong><br />

vita dei nostri antenati si concentrava attorno al<strong>la</strong> chiesa parrocchiale,<br />

casa del Signore e casa del popolo, centro di unità e vincolo di coesione<br />

al quale, come a grande famiglia, facevano capo le diverse famiglie<br />

del<strong>la</strong> vil<strong>la</strong>.<br />

L'ambizione poi del nostro buon popolo ed il suo phi glorioso vanto<br />

erano di abbellire <strong>la</strong> propria chiesa, sorpassando nel<strong>la</strong> ricchezza degli ornamenti<br />

e nelle o<strong>per</strong>e di culto le vicine parrocchie: a tale scopo esso<br />

consacrò in ogni tempo e con generosità che non venne mai meno, buona<br />

parte dei suoi risparmi ed il frutto delle sue privazioni, lieto e contento<br />

di ricrearsi nel<strong>la</strong> contemp<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> sua chiesa decorosa, bene ornata<br />

e ricca di arredi sacri.<br />

Ed intervenire al<strong>la</strong> chiesa nei giorni festivi, ascoltare <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> del<br />

proprio parroco, dare il proprio nome alle confraternite, meglio ancora<br />

raggiungere l'ambito e contrastato ufficio di massaro, partecipare alle<br />

processioni ed alle altre pratiche di pietà, trovare, dopo morte, <strong>la</strong> sepoltura<br />

in un'arca entro <strong>la</strong> chiesa, erano queste le pili belle, anzi le uniche<br />

soddisfazioni morali del nostro popolo nei tempi andati.<br />

Stando cOSI le cose è evidente che le manifestazioni ufficiali del<strong>la</strong> vita<br />

dei nostri vecchi erano di carattere esclusivamente ecclesiastico, e quindi,<br />

mentre nei campi e nelle case scorreva uguale e monotona <strong>la</strong> vita privata,<br />

entro le pareti del<strong>la</strong> chiesa si svolgeva e si concentrava <strong>la</strong> vita pubblica.<br />

Vita pubblica che di tratto in tratto assumeva manifestazioni di fervore<br />

religioso e di schietta e sincera allegria quando il vescovo di Treviso,<br />

5°5


e signore di Rustega, si recava quivi <strong>per</strong> compiere uno dei doveri del suo<br />

ministero, <strong>la</strong> visita pastorale. In tali occasioni pievano e parrocchiani<br />

gareggiavano nel preparare l'incontro a Sua Eccellenza nell'accoglierlo<br />

festanti entro <strong>la</strong> chiesa, adornata <strong>per</strong> <strong>la</strong> solennità, e nel tributare quegli<br />

atti di omaggio e di devozione che Rustega, come tutte le altre parrocchie,<br />

doveva rendere al proprio su<strong>per</strong>iore ecclesiastico e, a differenza di<br />

tante altre, anche al suo su<strong>per</strong>iore civile.<br />

Finito il rito del<strong>la</strong> visita pastorale, il vescovo si ritirava in canonica<br />

e quivi separatamente interrogava il pievano sui costumi dei suoi figliani,<br />

ed i massari sul<strong>la</strong> condotta del pievano; durante gli interrogatori il<br />

fedele segretario, seduto a tavolino con <strong>la</strong> penna nel<strong>la</strong> mano, metteva in<br />

carta le risultanze delle deposizioni, COS1 come uscivano dal<strong>la</strong> bocca degli<br />

interrogati nel<strong>la</strong> nativa semplicità del dialetto antico, non omettendo<br />

qualche piccante e curioso aneddoto.<br />

Le re<strong>la</strong>zioni delle visite vescovili, che vanno dal 1467 fino ai nostri<br />

tempi, sono custodite nell'Archivio del<strong>la</strong> Curia di Treviso ed, in grazia<br />

appunto di esse, mi è possibile di ricostruire, con ordine e precisione,<br />

i fatti piti salienti del<strong>la</strong> <strong>storia</strong> rusticana, illustrandoli, di tratto in tratto,<br />

con informazioni desunte da altre fonti.<br />

Da che esistono memorie scritte, e chi lo sa da quanto tempo prima, <strong>la</strong><br />

chiesa di S. Maria Assunta di Rustega apparisce come matrice o pieve,<br />

avente cioè fonte battesimale proprio, a differenza delle cappelle, e soggetta<br />

al vescovo di Treviso.<br />

La bol<strong>la</strong> infatti di Papa Eugenio III (1152), piti addietro citata, riconosce<br />

e conferma al vescovo di Treviso Bonifacio ed ai suoi successori<br />

il dominio misto, già preesistente, sul<strong>la</strong> pieve di Rustega.<br />

Come tante altre chiese del contado trevisano anche quel<strong>la</strong> di Rustega<br />

viene ricordata e beneficata da Gherardino di Camposampiero (1190) che<br />

COS1 dispose nel suo testamento: «relinquit sol. XL Ecclesiae de Rustega<br />

» e).<br />

Fino da tempo immemorabile una parte del<strong>la</strong> pieve di Rustega, precisamente<br />

quel<strong>la</strong> che risponde al<strong>la</strong> parrocchia di Massanzago, si separò<br />

dal<strong>la</strong> matrice acquistando vita propria ed autonoma; restò, quale ricordo<br />

dell'antica sudditanza, il dovere nei parroci di Massanzago, di assistere<br />

al<strong>la</strong> funzione del sabbato santo nel<strong>la</strong> Chiesa matrice; ma nel sec. XVIII<br />

(1) VERe!: Cod. Ecceliniano, pago 43.<br />

questi rifiutarono l'atto di omaggio ed inutili riuscirono i richiami, le<br />

proteste dei pievani di Rustega e le loro recriminazioni presso il vescovo<br />

di Treviso.<br />

Il Quaderno delle Collette del 1330 ci ha tramandato il nome del<br />

pievano di allora Presbyter Antonius e quello del chierico Nico<strong>la</strong>us:<br />

molto probabilmente il chiericato fu unito al beneficio parrocchiale <strong>per</strong>ché<br />

di esso non si trovano piti accenni e).<br />

L'Hebemus, o stato <strong>per</strong>sonale del<strong>la</strong> diocesi del sec. XV, ci ha tramandato<br />

queste <strong>la</strong>coniche notizie: "Plebs S. Mariae de Rustica, <strong>la</strong>milie 15,<br />

aneme 150" e). Esiste pure nell'Archivio del<strong>la</strong> Curia una fedele descrizione<br />

dei beni del<strong>la</strong> prebenda parrocchiale e del<strong>la</strong> chiesa di Rustega<br />

compi<strong>la</strong>ta nel 1429 da un notaio im<strong>per</strong>iale (4).<br />

La prima visita pastorale, di cui sono conservati gli atti, fu compiuta<br />

dal vicario del vescovo Francesco Barozzi il 7 novembre 1467; il pievano<br />

legittimo Nico<strong>la</strong>us patavinus era assente e) e fungeva da vicepievano<br />

dominus Pasqualinus es<strong>per</strong>to nel<strong>la</strong> lettura, buon conoscitore del<strong>la</strong> grammatica<br />

e non ignaro del canto. La chiesa aveva un solo altare con tabernacolo<br />

di legno; custodiva le S. Specie una pisside argentea; due calici,<br />

due messali in <strong>per</strong>gamena, una croce astile, due <strong>la</strong>mpade, tre pianete,<br />

alcuni capi di biancheria e due campanelle costituivano 1'arredamento<br />

del<strong>la</strong> chiesa, del<strong>la</strong> sagrestia e del campanile. La chiesa poi possedeva<br />

circa quattro campi di terra prativa. Anche in questa, come in tutte le<br />

altre visite, viene ricordato che Rustega è matrice di Massanzago (6).<br />

Gli atti del<strong>la</strong> visita pastorale del 17 ottobre 1488 omettono il nome<br />

del pievano, assente e ricordano quello di Laurentius vicepievano il quale<br />

possedeva un grande libro <strong>per</strong> gli esorcismi. Fra i massari del<strong>la</strong> chiesa<br />

comparisce Giovanni Frasson, il che prova quanto antica sia questa famiglia<br />

che figura in tutti i registri parrocchiali dei secoli posteriori C).<br />

Cinquant'anni prima il Baratel<strong>la</strong> celebrava le glorie venatorie di un<br />

Frasson, terrore delle fiere e degli uccelli.<br />

Fra gli anni 1499-1500, essendo pievano Francesco Argentini, fu costruito,<br />

o meglio condotto a compimento, il vecchio campanile di Rustega<br />

che stava addossato ad un angolo del<strong>la</strong> facciata del<strong>la</strong> chiesa. Il popolo di<br />

(2) Foglio 15, Arch. Curia Treviso.<br />

(3) Foglio 14, Arch. Curia Treviso.<br />

(4) Busta 151, Rustega, Arch. Curia Treviso.<br />

(5) L'assenza o meglio <strong>la</strong> it-residenza dei parroci era disordine abbastanza frequente prima<br />

del Concilio di Trento.<br />

(6) Visitationum, voI. 1, pago 652, Arch. Curia Treviso.<br />

(1) Visitationum, voI. 1, pago 95, Arch. Curia Treviso.


inquisitori del<strong>la</strong> S. Sede, di tratto in tratto inviati nel<strong>la</strong> diocesi <strong>per</strong> control<strong>la</strong>re<br />

<strong>la</strong> esecuzione delle leggi tridentine, verificare gli abusi esistenti,<br />

prendere coscienziose informazioni sul<strong>la</strong> condotta degli ecclesiastici e<br />

del popolo, sbarrare i passi all'eresia protestante che minacciava nuove<br />

conquiste ed infine rendere conto a Roma di quanto avevano veduto e<br />

provveduto.<br />

Nel 1584 fu mandato nel<strong>la</strong> diocesi di Treviso in qualità di visitatort<br />

apostolico Cesare Nores o de Nores vescovo di Parenzo, il quale comparve<br />

a Rustega il 6 luglio di quell'anno. In quest'occasione il pievano Angelo<br />

Franceschini volle farsi onore presentando una lunga lista di sacri<br />

arredi recentemente acquistati; ho confrontato l'inventario con altri di<br />

parrocchie ben piu importanti e ricche e lo ho trovato su<strong>per</strong>iore a molti<br />

in quantità e qualità di oggetti.<br />

Per <strong>la</strong> prima volta, nei verbali di questa visita, sono ricordati gli altari<br />

<strong>la</strong>terali del<strong>la</strong> Madonna del Rosario e di S. Gottardo; ad analoghe interrogazioni<br />

del visitatore il pievano rispose che nel<strong>la</strong> sua parrocchia non vi<br />

erano né adulteri, né eretici, né streghe, né biastemadori o che rompano<br />

le vizilie eS).<br />

L'anno 1584 segna una nuova e fervorosa ripresa nei <strong>la</strong>vori del<strong>la</strong> casa<br />

del Signore.<br />

Nel luglio di quell'anno il pievano Franceschini <strong>per</strong> sua partico<strong>la</strong>r<br />

devocione rifece a sue spese <strong>la</strong> porta maggiore del<strong>la</strong> chiesa in <strong>la</strong>rice con<br />

belle decorazioni e con gli stipiti e cornice de marmoro e quindi, d'accordo<br />

e col concorso dei massari, delle famiglie patrizie e del popolo, al<strong>la</strong> vecchia<br />

loggia impostata sul<strong>la</strong> facciata del<strong>la</strong> chiesa e co<strong>per</strong>ta di paglia ne sostitul<br />

un'altra piu decorosa, terminata in cuspide e sormontata dal<strong>la</strong> croce.<br />

Il 20 novembre di quell'anno un doloroso accidente portò lo sgomento<br />

e l'amarezza nell'animo del pievano e dei popo<strong>la</strong>ni di Rustega; in quel di<br />

aveva avuto luogo il funerale di Matteo Centenaro massaro del<strong>la</strong> chiesa<br />

morto oltre Loreggio<strong>la</strong>; <strong>la</strong> strada lunga e cattiva ritardò di molto il funerale,<br />

COS1 che l'ofuciatura fini dopo il mezzogiorno; a quell'ora i sacerdoti<br />

andarono a pranzo in canonica, rimettendo a dopo pranzo l'assoluzione<br />

del cadavere; intanto il sagrestano sbadatamente aveva <strong>la</strong>sciato accese<br />

le candele dell'altar maggiore. Che sia avvenuto nel frattempo lo videro<br />

i sacerdoti quando, alloro ritorno in chiesa, <strong>la</strong> trovarono tutta invasa<br />

dal fumo e videro l'altar maggiore trasformato in un bracere ardente.<br />

Corsero tosto in coro e fecero del loro meglio <strong>per</strong> ispegnere l'incendio che<br />

ormai aveva distrutto il tabernacolo e il dipinto dell'altar maggiore. Non<br />

(18) Visitatio Apostolica Tarvisina, tomo I, pago 549, Arch. Curia Vesc, di Padova.<br />

5 12<br />

S1 <strong>per</strong>dette di animo <strong>per</strong> questo il buon Franceschini che tosto organizzò<br />

una questua i cui proventi bastarono a provvedere un nuovo tabernacolo,<br />

un nuovo dipinto <strong>per</strong> l'altar maggiore e, con quanto avanzò, fu nuovamente<br />

decorata <strong>la</strong> facciata del<strong>la</strong> chiesa e 9 ).<br />

Nel<strong>la</strong> visita del 29 settembre 1597 era pievano Pietro de Gobbi, pure<br />

di Valstagna e nipote materno del suo antecessore eO) e, come lo zio, sacerdote<br />

di vita interne rata e di zelo o<strong>per</strong>oso; l'altare di S. Gottardo era<br />

diventato di Santa Lucia, piu tardi sarà sempre detto di San Valentino.<br />

In questa visita e nelle due seguenti viene ricordata una giesol<strong>la</strong> (oratorio)<br />

situata nell' orto dei nobili Malipiero nel<strong>la</strong> quale non si celebrava <strong>la</strong><br />

Messa.<br />

Nel 1600 il conte Andrea Cittadel<strong>la</strong> visitò Rustega e sul<strong>la</strong> sua chiesa<br />

ci <strong>la</strong>sciò queste brevi notizie: «In diocesi trevisana l'Assuntion del<strong>la</strong> Madonna<br />

giesa salizzada a quadri et tavel<strong>la</strong>da longa passi 40 (?) <strong>la</strong>rga 20 ha<br />

tre altari doi calici e campane con aneme 200 » e l ).<br />

Il 30 ottobre 1608 il vescovo Francesco Giustiniani visitò <strong>la</strong> chiesa<br />

di Rustega e decretò che <strong>la</strong> festa del<strong>la</strong> sua dedicazione fosse celebrata nel<strong>la</strong><br />

domenica successiva al<strong>la</strong> Assunzione del<strong>la</strong> Madonna. Il pievano de Gobbi<br />

assicurò Sua Eccellenza che tutti i suoi parrocchiani si confessavano e<br />

comunicavano e mancavano affatto gli scandalosi ed i pubblici peccatori<br />

e 2 ).<br />

Il verbale del<strong>la</strong> visita 17 giugno 1625 ricorda <strong>la</strong> consacrazione dell'altar<br />

maggiore compiuta dal vescovo Francesco Corner nel 1582, ed accenna<br />

alle travature del co<strong>per</strong>to del<strong>la</strong> chiesa corrose dal<strong>la</strong> vetustà, infraddite<br />

dagli stillicidi e minaccianti rovina e 3 ).<br />

La re<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> visita pastorale del 1634 contiene le prime notizie<br />

sul vecchio campanile di Rustega, ne riporto le testuali parole: «campanile<br />

est in angulo ecclesiae iuxta baptisterium non sine deformitaie, habet<br />

duas campanas cum funibus etc. ». Vuole l'Agnoletti che queste campane<br />

sieno state fuse l'anno 1390 (!). Il cimitero, non muris sa.tis bene circumscriptum<br />

habet saepes arundineas et arbores ed era situato davanti <strong>la</strong><br />

facciata del<strong>la</strong> chiesa e 4 ). Anche il visitatore apostolico del 1584 deplo-<br />

(19) Libro dei Maneggi del<strong>la</strong> chiesa di Rustega.<br />

(20) Il De Gobbi fece collocare sul<strong>la</strong> tomba dello zio una <strong>la</strong>pide con questa iscrizione:<br />

«Angelo Franceschino de Vallistanea patruo amatissimo Pleb. praedecessori suo ob!it anno<br />

MDLXXXVI die XXIV Martii sibi et succcssoribus Petrus de Gobi Plebanus pOSUlt ». SA­<br />

LOMON: Inscriptiones Agri Patavini, pago 260.<br />

(21) Descritione di Padova, pago 319, Arch. Civico Padova.<br />

(22) Visitationum, voI. 15, pago 308-313, Arch. Curia Treviso.<br />

(23) Visitationum, voI. 16-17, pago 135, Arch. Curia Treviso.<br />

(24) Visitationum, voI. 18, pago 154, Arch. Curia Treviso.<br />

33


ò che alberi, arbusti e tristi erbacce deturpassero il sacro recinto dei<br />

morti.<br />

Sotto il regime parrocchiale di Giovanni Battista Querini, durato oltre<br />

40 anni, <strong>per</strong> ben cinque volte i vescovi di Treviso visitarono Rustega e<br />

cioè il 4 ottobre 1642 eS), il 23 maggio 1647 e 6 ), il 25 maggio 1659 ( 7 ),<br />

il 30 settembre 1674 eS) ed il 7 settembre 1.678 e 9 ).<br />

Nel<strong>la</strong> prima visita le anime del<strong>la</strong> parrocchia non oltrepassavano le 200:<br />

indizio che <strong>la</strong> peste del 1630 non aveva risparmiata questa vil<strong>la</strong> che anzi<br />

aveva tolto ai viventi il pievano de Gobbi. La nobile famiglia dei Trapolini<br />

si era estinta con Francesco morto nel 1616, e <strong>la</strong> segui nel<strong>la</strong> sorte,<br />

cento e dodici anni piu avanti, quel<strong>la</strong> dei da Rustega, mentre le famiglie<br />

patrizie veneziane degli Zacco, dei Marinoni, dei da Mosto e dei Melchiori<br />

venivano occupando il posto delle estinte. In questa visita il vescovo<br />

decretò che <strong>la</strong> solennità del<strong>la</strong> dedicazione del<strong>la</strong> chiesa fosse celebrata<br />

<strong>la</strong> seconda domenica di maggio. Anche quivi, come in tante altre chiese,<br />

nei sabbati, verso il tramonto, si cantavano le litanie <strong>la</strong>uretane.<br />

Nel<strong>la</strong> seconda visita il pievano lodò i buoni costumi dei suoi figliani<br />

ed il vescovo ammirò <strong>la</strong> biblioteca del pievano ricca d'o<strong>per</strong>e di teologia,<br />

di diritto canonico e di predicazione.<br />

Nelle altre tre visite viene ricordato l'oratorio di S. Filippo Neri annesso<br />

al pa<strong>la</strong>zzo degli Zacco.<br />

Le visite pastorali 6 ottobre 1680 eO), 1.4 maggio 1.685 e 1 ) sotto il<br />

regime parrocchiale di Antonio Azzalin e quelle del 17 settembre 1.690 e 2 )<br />

e 28 aprile 1713 e 3 ) sotto il suo successore Marcantonio Montini contengono<br />

notizie insignificanti, salvo il <strong>la</strong>mento concorde dei parroci sul<strong>la</strong> poca<br />

frequenza dei figliuoli al<strong>la</strong> dottrina cristiana.<br />

Il visitatore che quivi si recò il2 ottobre 1725 era S. E. Augusto Zacco,<br />

già arcivescovo di Corfu, allora vescovo di Treviso, membro illustre di<br />

quel<strong>la</strong> famiglia che da un secolo circa possedeva villeggiatura, oratorio e<br />

beni prediali a Rustega. Notano i verbali che il pio pre<strong>la</strong>to, appena arrivato<br />

a Rustega " in pa<strong>la</strong>tio sui iuris se recepit " ove <strong>per</strong>nottò ed il giorno<br />

appresso celebrò <strong>la</strong> S. Funzione, amministrò <strong>la</strong> cresima, istmi i fanciulli<br />

(25) Visitationum, voI. 19, pago 572, Arch. Curia Treviso.<br />

(26) Visitationum, voI. 21·22, pago 186, Arch. Curia Treviso.<br />

(27) Visitationum, voI. 24, pago 120, Arch. Curia Treviso.<br />

(2S) Visitationum, voI. 25, pago 213, Arch. Curia Treviso.<br />

(29) Visitationum, voI. 26, pago 250, Arch. Curia Treviso.<br />

(30) Visitationum, voI. 27, pago 223, Arch. Curia Treviso.<br />

(31) Visitationum, voI. 28, pago 61, Arch. Curia Treviso.<br />

(32) Visitationum, voI. 29, pago 152, Arch. Curia Treviso.<br />

(33) Visitationum, voI. 30, pago 158, Arch. Curia Treviso.<br />

e gli adulti ed al popolo che stipava <strong>la</strong> chiesa, prima di partire, <strong>la</strong>sciò<br />

ricordi e norme di vita cristiana. Le anime del<strong>la</strong> parrocchia erano 370 e<br />

ne era pievano Francesco Gajotto o Gaggiotto, benemerito <strong>per</strong> <strong>la</strong>vori di<br />

abbellimento compiuti nel<strong>la</strong> chiesa e <strong>per</strong> <strong>la</strong> riedificazione del<strong>la</strong> sagrestia<br />

e 4 ).<br />

Il 14 maggio 1747 avvenne <strong>la</strong> visita pastorale di Benedetto de Luca.<br />

Questa volta il pievano Giovanni Mussati si <strong>la</strong>gnò col suo su<strong>per</strong>iore<br />

<strong>per</strong>ché il parroco di Massanzago rifiutava l'omaggio al<strong>la</strong> chiesa matrice ed<br />

il vescovo ordinò che fosse murata una <strong>la</strong>pide commemorativa del<strong>la</strong> consacrazione<br />

del<strong>la</strong> chiesa eS). Sono ricordati gli oratori di S. Filippo degli<br />

Zacco e di S. Ignazio dei Melchiori. Da quell'epoca in poi <strong>la</strong> pieve ed il<br />

pievano di Rustega si presero il lusso di un cappel<strong>la</strong>no.<br />

Il pievano Mussati sostitui a sue spese <strong>la</strong> vecchia pa<strong>la</strong> del coro con un<br />

dipinto ad olio rappresentante l'Assunzione del<strong>la</strong> Madonna ed ancora<br />

oggi di nel margine inferiore di esso si leggono queste parole: " Ioannes<br />

Mussati plebanus propriis expensis 1731 ». Come tanti altri suoi antecessori<br />

anche il Mussati asseverò che <strong>la</strong> chiesa era di certo consacrata, benché<br />

non si sapesse quando e da quale vescovo, e diede ottime re<strong>la</strong>zioni sui<br />

costumi dei suoi parrocchiani e 6 ).<br />

Nel<strong>la</strong> visita pastorale 13 settembre 1.754 il vescovo domandò al pievano<br />

se ci fossero feudi vescovili e questi rispose che l'intera vil<strong>la</strong> era feudo<br />

vescovile.<br />

I verbali delle visite pastorali 2 settembre 1. 77 4 e 7 ) e 4 settembre<br />

1792 eS) non fanno che ripetere quanto era stato detto altre volte.<br />

Nel<strong>la</strong> prima visita <strong>la</strong> parrocchia era vacante <strong>per</strong> <strong>la</strong> morte di Giovanni<br />

Mussati, nel<strong>la</strong> seconda era pievano Francesco Bojè. A partire da questo<br />

tempo, <strong>per</strong> concessione del vescovo Paolo Francesco Giustiniani, i pievani<br />

di Rustega assunsero il titolo di arcipreti ed il primo che fu fregiato di<br />

tale onore fu Francesco Bojè.<br />

Al<strong>la</strong> morte del Bojè (24 febbraio 1800) fu chiamato a succedergli Francesco<br />

Feruglio che, avanzato in età e pieno di acciacchi, <strong>la</strong>sciò questo terreno<br />

esilio 1'11. settembre 1805 .<br />

(34) Visitationum, voI. 31, pago 171, Arch. Curia Treviso.<br />

(35) Riporto il testo del<strong>la</strong> <strong>la</strong>pide che fu rinnovata tre volte anche nel<strong>la</strong> dicitura: «Marcus<br />

Maurocenus Pont. Tarvisinus - Quarto Non. Octob. A. MDCXLII - Pastorali visitatione<br />

<strong>per</strong>acta - encaeniorum dedicationis Huius ecclesiae - Dominicum diem II mensis maii - quo·<br />

tannls assignavit.<br />

(36) Visitationum, voI. 33, pago 117, Arch. Curia Treviso.<br />

(37 e 3S) Busta II, Congr. di Camposampiero, Arch. Curia Treviso. Nel<strong>la</strong> stessa Busta<br />

si trovano anche i capitoli del<strong>la</strong> Confraternita di S. Valentino canonicamente istituita nel<br />

1717 con l'approvazione del vescovo Fortunato Morosini e del Senato Veneto.


Il suo successore Domenico Cee coni (1805-26) rifuse il concerto delle<br />

campane e 9 ) portandole da due a tre e con disposizioni testamentarie istitU!<br />

un legato a beneficio delle zitelle nubende di povera condizione appartenenti<br />

alle parrocchie di Conscio e di Rustega. Sotto il suo parrocato<br />

avvenne un furto sacrilego che egli descrisse in questi termini: {( 4 dicembre<br />

1822 - Questa notte li <strong>la</strong>dri rubarono in codesta (sic!) chiesa <strong>la</strong> sacra<br />

pisside tutti li candelotti degli altari, li bussoli degli oli santi, <strong>la</strong> cazzetta<br />

d'argento serviente alli battesimi il pedestalle d'arzento e <strong>la</strong> reliquia del<strong>la</strong><br />

camisia di Maria 55. <strong>la</strong> tovaglia del suo altare tutti li soldi del<strong>la</strong> cassel<strong>la</strong> ed<br />

il cirio piti piccolo" (40).<br />

Con <strong>la</strong> esposizione di queste notizie sono arrivato all'epoca moderna<br />

intorno al<strong>la</strong> quale le tradizioni non ancora spente e <strong>la</strong> testimonianza di<br />

<strong>per</strong>sone tutt'ora vive ricordano e ripetono gli avvenimenti, senza bisogno<br />

che lo storico si inoltri attraverso il campo oscuro, intricato e <strong>per</strong>icoloso<br />

delle ricerche, delle induzioni e delle probabilità.<br />

Devo <strong>per</strong>ò confessare, ed il lettore se ne sarà accorto, che, non ostante<br />

<strong>la</strong> buona volontà impiegata nel<strong>la</strong> indagine delle vecchie carte degli archivi<br />

di Rustega, Treviso e Padova, non ho potuto risolvere il problema del<strong>la</strong><br />

costruzione del<strong>la</strong> chiesa parrocchiale. Non avendo trovato documenti che<br />

accennino a tale fatto (le polizze finora rinvenute non par<strong>la</strong>no che di<br />

dinari spesi in conzar <strong>la</strong> giesa (41), mi accontenterò di affermare che, nel<strong>la</strong><br />

sua forma primitiva e veramente rustica, <strong>la</strong> chiesa risale con tutta probabilità<br />

al<strong>la</strong> prima parte del secolo decimoquinto (42) e, come buona parte<br />

delle chiese dei tempi passati, aveva il cimitero davanti <strong>la</strong> porta maggiore,<br />

il campanile incuneato in un angolo del<strong>la</strong> facciata ed addossata a quest:;t<br />

una loggetta, co<strong>per</strong>ta di paglia fino al termine del 1500. Il coro, prima<br />

ristretto e con altare di legno, era stato rifatto piu ampio con altare di<br />

pietra nel 1582, concorrendovi nel<strong>la</strong> spesa le nobili famiglie dei Trapolil}i<br />

e dei da Rustega. I due altari <strong>la</strong>terali non erano internati nelle cappelle<br />

ma addossati al<strong>la</strong> parete e rispettivamente collocati in c.ornu E pisto<strong>la</strong>e<br />

(39) Le attuali campane di Rustega sono cinque; due di esse furono gettate nel<strong>la</strong> fonderia<br />

Colbacchini di Bassano nel 1817, una in quel<strong>la</strong> del Colbacchini di Padova nel 1847<br />

le rimanenti due sono o<strong>per</strong>a del Cavadini di Verona e sono precisamente quelle che oggidf<br />

vengono inaugurate. La campana maggiore del concerto risponde al<strong>la</strong> nota musicale fa.<br />

(40) Registro morti di Rustega, n. XXV, pago 1.<br />

(41) Oggidf il vocabolo - caduto in disuso - è diventato ridicolo; in quell'epoca era <strong>la</strong><br />

paro<strong>la</strong> d'ordine dei massari <strong>per</strong> indicare qualsiasi <strong>la</strong>voro di restauro compiuto in chiesa.<br />

(42) Dopo l'affermazione del dominio veneto, 1405, si nota in tutti i paesi di terraferma<br />

grande risveglio e fervore nelle o<strong>per</strong>e di culto.<br />

516<br />

ed in cornu Evangelii, il co<strong>per</strong>to mancava internamente di soffitto e mostrava<br />

le travature grosso<strong>la</strong>ne di rovere, le finestre mancavano di invetriate,<br />

<strong>la</strong> pavimentazione era in parte a selciato ed in parte a tavelle; <strong>la</strong><br />

facciata del<strong>la</strong> chiesa, nei vani non occupati dal<strong>la</strong> loggia e dal campanile,<br />

era rozzamente dipinta e <strong>la</strong> sagrestia era picco<strong>la</strong> e cadente.<br />

Ho tutti i motivi di ritenere che in tali condizioni essa durasse fino al<br />

principio del secolo XVIII, quando, <strong>per</strong> l'o<strong>per</strong>a ze<strong>la</strong>nte dei due pievani<br />

Gajotto e Mussati, assecondata dal<strong>la</strong> coo<strong>per</strong>azione dei terrazzani, <strong>la</strong> chiesa<br />

di Rustega fu trasformata, abbellita e ridotta nel<strong>la</strong> forma in cui si trovava<br />

prima dell'ultimo ampliamento.<br />

E precisamente sotto il regime parrocchiale del Gajotto (1715-29) fu<br />

abbattuta <strong>la</strong> vecchia sagrestia e, sul suo posto, ne sorse un'altra di migliori<br />

proporzioni, fu sistemato l'interno del<strong>la</strong> chiesa con <strong>la</strong> costruzione del soffitto<br />

e le pareti, fino allora povere e disadorne come quelle di una sa<strong>la</strong>,<br />

furono divise da archi e lesene di stile ionico (43).<br />

L'o<strong>per</strong>a iniziata dal Gajotto trovò il suo continuatore nel Mussati<br />

(1729-77) il quale ricostrul gli altari di pietra viva in sostituzione di<br />

quelli di legno e li collocò in decorose cappelle e donò il dipinto dell'altar<br />

maggiore. Questi <strong>la</strong>vori furono compiuti fra gli anni 1731-61 (44).<br />

Dopo tanti <strong>la</strong>vori di abbellimento restava ancora in piedi il vecchio<br />

campanile incuneato nel<strong>la</strong> facciata del<strong>la</strong> chiesa: era una deturpazione che<br />

non poteva essere tollerata piu a lungo. Già l'arciprete Trabucco aveva<br />

ideato <strong>la</strong> demolizione del<strong>la</strong> vetusta e sconcia torre campanaria, ma quando<br />

arrivò il momento dell'attuazione del progetto, o temesse di esporsi ad<br />

un'impresa su<strong>per</strong>iore alle sue forze, o non avesse trovato nel<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione<br />

quel<strong>la</strong> unanimità di consensi, necessaria <strong>per</strong> condurre a compimento<br />

le grandi imprese, di punto in bianco abbandonò <strong>la</strong> parrocchia di Rustega<br />

<strong>per</strong> quel<strong>la</strong> di Vascon, e cOSI il progetto restò arenato.<br />

Dopo il Trabucco venne a Rustega don Eduardo Marangoni, uomo di<br />

ingegno e pietà distinta che i su<strong>per</strong>iori, dopo poco piu di due anni, destinarono<br />

al<strong>la</strong> parrocchia piu importante di Santa Maria di Pieve in<br />

Castelfranco.<br />

Al suo successore Pietro Anselmo Traversi era riservato di attuare <strong>la</strong><br />

grande impresa; riboccante di entusiasmo, come poteva esserlo un giovane<br />

di appena 29 anni, questi mise mano all'o<strong>per</strong>a che, cominciata il 17 settembre<br />

1845, fu condotta a compimento il 30 settembre 1847 e costò<br />

(43) V. Necrologia del pievano Gajotto dell'Archivio di Rustega. Registro morti 6 agosto<br />

1729.<br />

(44) V. iscrizioni sopra gli altari del<strong>la</strong> Madonna del Rosario 1757 e di S. Valentino<br />

1761, e sul dipinto dell'altar maggiore, 1731. " ,


16.000 franchi dei quali 11.000 ne diedero i parrocchiani, 5000 il<br />

Comune.<br />

Cosi Rustega ebbe il suo campanile svelto, elegante ed alto 50 metri,<br />

compresa <strong>la</strong> croce che lo sormonta, dono questo dell'ex arciprete Trabucco<br />

il quale volle che nel campo del<strong>la</strong> banderuo<strong>la</strong>, infissa al<strong>la</strong> croce, fosse<br />

incisa questa curiosa scritta: EVVIVA TRABUCCO! come di fatto avvenne.<br />

Sotto il pievano Traversi <strong>la</strong> famiglia Puntel<strong>la</strong>ti acquistò beni e si eresse<br />

pa<strong>la</strong>zzo in Rustega con annesso oratorio dei SS. Gioacchino e Anna, visitando<br />

il quale, in tre ricorrenze, si acquistava l'indulgenza plenaria.<br />

Sotto l'arciprete (45) Moretto fu eretto, nel 1890, l'altare di San Luigi<br />

Gonzaga e sotto l'attuale, nel 1906, quello del<strong>la</strong> S. Famiglia con annessa<br />

confraternita.<br />

Ma <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione aumentata (450 erano le anime nel 1800, oggidi<br />

1700) non poteva pili essere contenuta nel<strong>la</strong> chiesa, ormai angusta ed<br />

inadeguata al bisogno. La nuova condizione di cose che si era formata<br />

e <strong>la</strong> necessità di provvedere presto e decorosamente, trovarono l'uomo<br />

preparato a fronteggiare <strong>la</strong> situazione ed a risolvere con onore il problema<br />

nel<strong>la</strong> <strong>per</strong>sona dell'arciprete ed amico don F. Leonardi.<br />

Con calma e pazienza il bravo don Francesco e<strong>la</strong>borò nel<strong>la</strong> sua mente<br />

un progetto di ampliamento che prolungava <strong>la</strong> chiesa di parecchi metri<br />

dal<strong>la</strong> parte del coro, portando questo pili avanti, ed assieme studiò un<br />

progetto di ampliamento delle sagrestie e di creazione di nuovi locali<br />

<strong>per</strong> le adunanze delle associazioni cattoliche e <strong>per</strong> l'insegnamento del<strong>la</strong><br />

dottrina, completando infine il <strong>la</strong>voro ideato con <strong>la</strong> sistemazione del<strong>la</strong><br />

facciata, rimasta ancora rude e primitiva.<br />

Stabilito il da farsi don Francesco ricorse all'ingegner Giovanni Landini,<br />

<strong>per</strong>ché mettesse in carta, con le dovute proporzioni, il frutto delle sue<br />

elucubrazioni diurne e notturne, e <strong>per</strong> il finanziamento (che brutta paro<strong>la</strong>!)<br />

fece appello al cuore ed al<strong>la</strong> pietà dei suoi parrocchiani, fedeli,<br />

anche questa volta, alle tradizioni del passato.<br />

I <strong>la</strong>vori iniziati nel gennaio 1924 proseguirono senza sosta <strong>per</strong> tutto<br />

quell'anno ed il successivo e, salvo qualche menda inevitabile nel<strong>la</strong> riduzione<br />

di vecchi ambienti, riuscirono bene. Bene intendo artisticamente',<br />

non economicamente, <strong>per</strong>ché il preventivo iniziale di lire 85.000 fu di<br />

molto su<strong>per</strong>ato (46).<br />

(45) L'arciprete Moretto nel 1893 ottenne e fece collocare ai <strong>la</strong>ti del coro i due dipinti<br />

già esistenti nel Pa<strong>la</strong>zzo Ducale di Venezia e rappresentanti una gloria di Angeli e Narsete<br />

che sta gettando le fondazioni del<strong>la</strong> chiesa di San Geminiano.<br />

(46) Furono spese e pagate L. 125.000.<br />

518<br />

Nel<strong>la</strong> demolizione del coro si rinvenne grande quantità di mattoni<br />

appartenenti già a costruzione romana (forse ad un castel<strong>la</strong>ro) e nel<strong>la</strong><br />

rimozione dell'altar maggiore venne al<strong>la</strong> luce una capsu<strong>la</strong> contenente le<br />

reliquie dei SS. Matteo Ap., Teomisto Mart., Liberale Conf., Eufemia<br />

Verg. con dicitura incisa nel piombo e con le caratteristiche abbreviature<br />

del XV secolo (47).<br />

Ed oggi di tutta Rustega festosa e giubi<strong>la</strong>nte, raccolta attorno al suo<br />

pastore che è di 0110r si degno, si appresta ad inaugurare il nuovo organo<br />

liturgico uscito dal<strong>la</strong> rinomata fabbrica del Cav. Vincenzo Mascioni di<br />

Cuvio (Varese) e le due nuove campane fuse dal<strong>la</strong> non meno celebrata<br />

fonderia Cavadini di Verona.<br />

Oh, faccia sentire <strong>la</strong> sua voce potente, dolce e sempre melodiosa il<br />

nuovo organo e ridica le glorie del Signore! Suonate a distesa, o campane,<br />

ed ai vicini ed ai lontani annunziate quanto possano <strong>la</strong> fede e <strong>la</strong> concordia<br />

di un popolo guidato e preceduto da ze<strong>la</strong>nte pastore!<br />

(47) La capsu<strong>la</strong> è custodita, come raro cimeliD, nel<strong>la</strong> Curia Vesc. di Treviso.


1330<br />

1467-1490<br />

1491<br />

1516<br />

1522<br />

1537<br />

1554<br />

1563<br />

1567-1586<br />

1587-1630<br />

1630-1634<br />

1634-1677<br />

1678-1693<br />

1693-1715<br />

1715-1729<br />

1729-1777<br />

1777-1800<br />

1800-1805<br />

1805-1826<br />

1826-1834<br />

1836-1840<br />

1840-1872<br />

1872-1902<br />

1903<br />

SERIE CRONOLOGICA<br />

DEI<br />

PIEV ANI DI RUSTEGA<br />

RICORDATI NEI DOCUMENTI<br />

Presbyter Antonius<br />

Presbiter Nico<strong>la</strong>us non residente<br />

Francesco Argentini<br />

Pre' Lorenzo Scattolino<br />

Francesco da Mirando<strong>la</strong> vicepievano<br />

Vendramino F asolo vicepievano<br />

Vittore Gianelli<br />

Leonico da Faenza non residente<br />

Angelo Franceschini<br />

Pietro de Gobbi morto nel<strong>la</strong> peste del 1630<br />

Silvestro Ogniben<br />

Giovanni Battista Querini<br />

Antonio Azzalin<br />

Marco Antonio Montini<br />

Francesco Gaggiotto<br />

Giovanni Mussati<br />

Francesco Bojè<br />

Francesco Ferruglio<br />

Domenico Cecconi<br />

Giovanni Battista Trabucco passato a Vascon<br />

Eduardo Marangoni promosso arcip. di Pieve di Castelfranco<br />

Pietro Anselmo Traversi rinunciatario<br />

Luigi Moretto rinunciatario<br />

Francesco Leonardi<br />

Tutti i pievani a partire da Angelo Franceschini fino a Francesco Ferruglio<br />

morirono in Rustega e furono sepolti nel<strong>la</strong> tomba dei sacerdoti<br />

situata in mezzo al vecchio coro e fatta costruire dal pievano Pietro de<br />

Gobbi nel 1586.<br />

5 20<br />

INDICI


INDICE DEI NOMI PROPRI E DELLE FAMIGLIE<br />

Abbioso Hieronimo, 150 (13)<br />

Abbondio (don), 393, 440<br />

Abetti (fam.), 444<br />

- Zaccaria, 404 (1)<br />

Abramo (vesc.), 74, 74 (43)<br />

Ade<strong>la</strong>sia, 68, 83, 96<br />

Adriano (imp.), 41 (56)<br />

Agilulfo, 50<br />

Agnese (sorel<strong>la</strong> di Eccelino), 97 (31)<br />

Agnoletti Carlo, 13, 238, 263 (1), 264 (4),<br />

284, 291, 291 (1), 506, 511<br />

A<strong>la</strong>rico, 29, 48<br />

Alberico, 73, 73 (37), 85, 90, 94, 99, 99 (37),<br />

256 (lO)<br />

- (frat. Eccelino), 491<br />

Albero genealogico dei conti Camposampiero<br />

compi<strong>la</strong>to dal<strong>la</strong> famiglia, 63<br />

-- - -, compi<strong>la</strong>to da Federico Stcfani,<br />

64<br />

compi<strong>la</strong>to da Luigi Hostiro<strong>la</strong>,<br />

65<br />

Alberto (nipote di Cane), 118, 493<br />

Francesco, 216<br />

Albertus presbiter, 287<br />

Alboino (re), 49, 234 (13)<br />

Aldovrandino, 71<br />

Alessandri Michele, 451<br />

Alessandro (papa), 86, 97, 98 (34), 99 (36)<br />

- VI, 367<br />

Alessio Graziano, 502<br />

Alfonso d'Este, 377<br />

Allegri Andrea, 246, 297<br />

- Vincenzo, 76, 281, 301, 301 (22)<br />

Altiniero degli Azzoni, 116<br />

Alviano Bartolomeo D', 179, 181, 328, 365,<br />

368, 380, 381, 382, 383, 383 (24), 384,<br />

385<br />

Alvise De' Dardani, 372, 376<br />

"- Maria, 386<br />

Amabilia Giovanni, 446<br />

Amadio (fra) Da Venezia, 284 (14)<br />

Amedeo Callisto, 239, 309<br />

- Di Savoia, 128<br />

Andrea da Curtarolo, 133, 139, 141<br />

Andreatta Bernardino, 315<br />

Andrighetti (fam.), 272<br />

Angelo (beato) da Chivasso, 338 (1), 340<br />

Annibale, 27<br />

Anonimo, 13<br />

- Foscariniano, 69, 99, 115, 115 (17),<br />

117, 117 (20), 126, 126 (40), 128,<br />

128 (46), 129 (48/49), 358 (16),495<br />

(20)<br />

Ansedisio, 95<br />

- Dei Guidotti, 73, 73 (40), 74, 79,<br />

97, 97 (31), 98<br />

Anselmo di Dovara, 60 (12)<br />

Antenore, 27<br />

Antonello Matteo, 431<br />

Antonio Marco, 29<br />

(santo), lO, 14, 72, 72 (36), 89 (17),<br />

90, 91, 91 (21), 92, 154 (21), 283,<br />

291, 292, 293, 293 (4), 294, 294 (6),<br />

295, 297 (12), 302, 326, .330, 334,<br />

483<br />

-- (figlio di Zuannc), 348, 348 (17)<br />

- del<strong>la</strong> Sca<strong>la</strong>, 131<br />

'l'iso (da Camposampiero), 60 (13),<br />

62 (16)<br />

Antonius Presbiter, 507, 520<br />

Apollonio (vescovo), 314<br />

- Antonio, 441, 442<br />

Arbusti, 60 (13)<br />

Arduino D'Ivrea, 52, 56 (2), 66<br />

Argentini Francesco, 507, 508, 520<br />

Arimondo Andrea, 216<br />

- Nicolò, 215<br />

Arnaldo da Limena, 89 (17), 9'5, 96


Arrigo di Baviera, 56 (1)<br />

- II, 52, 56, 56 (2), 57, 66, 234<br />

- V, 67, 330<br />

-- VII, 75, 113, 114, 115 (16)<br />

Arrius Quintus, 42<br />

Astori G. Battista, 163 (40)<br />

Atti<strong>la</strong>, 29, 48, 233 (11), 407 (2)<br />

Augereau (gen.), 198, 412, 413<br />

Avogadro, 234 (15)<br />

- Andrea, 292 (3), 473 (2)<br />

Avogaro Guido, 218<br />

Vido, 168<br />

Avveduto degli Avvocati, 96<br />

Azzalin Antonio, 514, 520<br />

Azzo IV, 71, 84<br />

-- VII, 71, 72 (35), 84, 85, 87, 91,<br />

92,96<br />

Azzoguido, 89 (17)<br />

Az:wni (fam.), 66 (20)<br />

Babei LiberaI, 404 (1)<br />

Bacchetti Jacopo, 237, 256, 288, 332, 443,<br />

450<br />

Bacco, 391<br />

Badoer (fam.), 443<br />

- Andrea, 154<br />

-- Giovanni Battista, 245, 288<br />

- Giulio, 367 (3)<br />

- Marco, 99 (37), 220<br />

- Marino, 94<br />

- Ruggero, 220<br />

- Stefano, 90, 109<br />

Baffo Giro<strong>la</strong>mo, 216, 374, 374 (15), 375,<br />

377<br />

- Marino, 151, 215<br />

Bagarolo Bertuzzi, 498<br />

Baio (cap.), 412<br />

Bajamonte Tiepolo, 75 (44)<br />

Balbi Antonio, 219<br />

- Antonio Maria, 203 (22), 220<br />

- Bartolomeo, 218, 219<br />

- Benedetto, 219<br />

- Cesare, 163, 220<br />

- Filippo, 267<br />

- Francesco, 218<br />

__ c_ Francesco Maria, 219<br />

- Gian Francesco, 216<br />

- Giorgio, 220<br />

Giovanni Francesco, 218<br />

- Nicolò, 220<br />

- Ottaviano, 220<br />

- Piero, 385<br />

-- Sebastiano, 216<br />

Balbi-Valier (fam.), 175, 264, 265, 443, 473<br />

Baldassa Vitò, 502<br />

Baldi Giovanni Cristoforo, 230 (4), 241,<br />

254 (6), 288, 432, 440<br />

13alioni Paolo, 381, 382<br />

Baone Pietro, 110 (10)<br />

Baraguey d'Hilliers, 188<br />

Baratel<strong>la</strong> (fam.), 276<br />

- Antonio, 13, 14, 23, 23 (3), 24,<br />

39(54), 110, 110(10), 146 (2), 149,<br />

169 (55), 173 (66), 238, 329 (13),<br />

354 (2/6), 356 (lO) 360 (24), 362,<br />

389, 390, 439, 439 (16), 439 (17),<br />

447 (33), 453, 454, 499 (28), 507<br />

Francesco, 238<br />

13al'ausse Antonio, 308, 315<br />

13al'banti Carlo, 345<br />

- Francesco, 432<br />

Barbarigo (fam.), 175, 285, 443<br />

- Agostino, 164, 164 (43)<br />

Antonio, 152, 343<br />

- Giro<strong>la</strong>mo, 215<br />

- Gregorio, 175, 244, 285, 285 (15),<br />

286, 310, 311, 312<br />

-- Marc'Antonio, 285, 285 (15), 286<br />

Barbaro Alberto, 219<br />

- Andrea, 216, 220<br />

Camillo, 219<br />

- Francesco, 282<br />

- Giacomo, 219<br />

Giuseppe, 219<br />

- Marc'Antonio, 219, 220<br />

- Marco, 155, 219, 220<br />

Simone, 220<br />

- Triffone, 220<br />

Barberini, lO<br />

Barbieri (fam.), 443<br />

--- Marc'Antonio, 404 (l), 417<br />

Barbo Paolo, 368 (5)<br />

Barco Augusto, 502<br />

-- P<strong>la</strong>cido, 502<br />

Barelli Jacopo, 283<br />

Bar02zi Francesco, 238, 507<br />

-- J acopo, 217<br />

- Pietro, 208 (32), 309, 337 (1), 338<br />

(1), 338 (4)<br />

Sebastiano, 220<br />

Bartolomei Zanulio, 160<br />

Bartolomeo d'Alviano (vedi Alviano)<br />

Bartolomieta Margherita, 397<br />

Baseggio Francesco, 218<br />

- Giambattista, 218<br />

Battaggia Paolo, 216<br />

Bazagin Jacomin, 375<br />

13azolo (fam.), 492 (7)<br />

Bazzani, 257<br />

Beauharnais Eugenio, 202, 209<br />

Beaziano Bartolomeo, 239, 287<br />

Beccegato ([am.), 443<br />

Bedeschi, 480<br />

Belcavello Carlo Antonio, 244, 267, 288<br />

Belludi Luca (beato), 283<br />

Bembo (il), 378 (18)<br />

- (fam.), 443<br />

- Francesco, 217<br />

- Giacomo, 220<br />

- Lorenzo, 219<br />

- Marco Antonio, 217<br />

- Pietro, 220<br />

Benatello Giovanni, 184<br />

Benedetti Giovanni, 296<br />

Benedetto VIII, 52<br />

Benozzato Antonio, 418<br />

- Francesco, 414<br />

Benozzo (fam.), 443<br />

- Melchiore, 404 (1)<br />

Berardo (beato), 283<br />

Berengario (re), 51, 51 (12), 52, 56, 56 (1)<br />

Bergamaschi Pietro, 285<br />

Bernadotte, 413<br />

Bernardi Carlo, 237 (21)<br />

Bernardino d'Antigno<strong>la</strong> (conte di), 381, 381<br />

(22)<br />

- da Feltre, 151, 175" 235 (16), 334,<br />

337, 338, 338 (1/2), 339, 340, 341<br />

- da Siena, 283, 284, 284 (14), 298<br />

- Tomitano, 283, 284, 285, 298<br />

Bernardo (fam.), 175, 263, 443<br />

- dei Sco<strong>la</strong>ri, 131<br />

Bertoldo Benedetto, 492 (9)<br />

Bettolo Stanis<strong>la</strong>o, 390<br />

Bevi<strong>la</strong>cqua (fam.), 443, 448<br />

- Antonio, 394 (7), 433, 433 (4)<br />

Bia (marchese), 425<br />

Bianchi (fam.), .443<br />

-- Battista, 451<br />

- Felice, 404 (1)<br />

Matteo, 254<br />

Bianchin Giov. Battista, 315<br />

Bini Giuseppe, 189, 189 (100), 242, 246,<br />

288 404 (1)<br />

Boerio (fam.), 175, 443<br />

- Carlo, 404 (1)<br />

Bojé Francesco, 515, 520<br />

Bo<strong>la</strong>ni Marco, 178<br />

Boldù (fam.), 443<br />

- Antonio, 216<br />

Boldù Benedetto, 217<br />

Bol<strong>la</strong>ndisti (i), 67 (22)<br />

Bo11ani Costantino, 217<br />

Bonacursio (di Treviso), 84 (9)<br />

Bon Antonio, 220, 246<br />

Giovanni, 219<br />

- Matteo, 88<br />

Bonaparte Napoleone, 155, 186, 186 (91),<br />

187, 188, 189, 196, 197, 202 (20), 203<br />

(22), 204, 204 (23), 205, 209, 406, 407<br />

(2), 408, 415<br />

Bonardi, 13, 85 (12), 86 (12), 96 (30), 98<br />

(35), 183 (81)<br />

Bondumier fam.), 442, 443<br />

- Nicolò, 215<br />

- Vittore, 308, 312<br />

Bonetto di Camposampiero, 110 (lO)<br />

Bonifacio (Vescovo), 25, 232 (lO), 491, 506<br />

- (storico), 11 (2), 13, 61 (14), 293,<br />

299, 301, 303, 303 (26), 325 (3),<br />

326, 328, 383<br />

Bonlini Zaccaria, 220<br />

Bonnal, 407 (2)<br />

Bonora Anna, 473<br />

- Francesco, 404 (1)<br />

Bonture11a (da .Bassano), 379<br />

Bonus presbiter, 287<br />

Borghetini, 13, 172 (64), 399<br />

Borromeo (scritt.), 492 (9)<br />

- Carlo (san), 240, 285<br />

Borto<strong>la</strong>to Nicolò, 172 (62), 236, 245, 246,<br />

251, 253, 256, 288, 404 (1), 438 (12),<br />

441, 444 (29), 472<br />

Bose11o (fam.), 442, 443, 448<br />

-- Benedetto, 311, 315, 441<br />

Boyer Pierre, 412<br />

Bozzoni (fam.), 443<br />

Braga, 423<br />

Bragadin (fam.), 175, 244, 263, 266, 267<br />

- Andrea, 217<br />

- Francesco, 216<br />

Braterich Margherita, 263, 265, 266 (6),<br />

266<br />

Breda Bartolomeo, 327 (7)<br />

Bressan (fam.), 443<br />

- Cesare, 333<br />

- Giuseppe, 404 (1)<br />

Briani Antonio, 217<br />

Brugnaro (fam.), 443<br />

Bl'unacci, 13, 26 (13), 51 (12), 57 (5), 61,<br />

66, 69 (27)<br />

Bruto Jacopo, 372, 373<br />

Bullo, 13<br />

Bnoso (di Dovara), 98


Da Mosto Domenico, 174<br />

-- Lorenzo, 215<br />

- Marino, 410<br />

Da Mu<strong>la</strong> Agostino, 147 (6), 158 (31)<br />

Da Napoli Antonio, (vedi De Neapoli A.)<br />

Dandolo Andrea, 334 (18)<br />

- Enrico, 123 (32)<br />

- Fantino, 309<br />

- Francesco, 118, 120, 121, 121 (26),<br />

330<br />

- Matteo, 150 (13)<br />

Daniele (san), 154 (21), 283<br />

Dante Alighieri, 70 (29), 100, 114 (15), 118<br />

Da Ponte (fam.), 279, 443<br />

- Antonio, 383 (24)<br />

Da Riva Pietro Antonio, 220<br />

Da Romano (fam.), 56 (1), 59, 69, 73, 74,<br />

79, 82, 85, 86, 89, 91, 326<br />

Da Rustega (fam.), 492, 492 (7/10), 499,<br />

510,516<br />

- Francesco, 510<br />

- Giov. Battista, 492 (10), 493 (10/15),<br />

494<br />

- Tiso, 494, 495, 495 (17/18)<br />

Da Vico (fam.), 312, 442<br />

Da Vigodarzere (fam.), 56<br />

Da Vado (fam.), 97<br />

Da Vo' (fam.), 59<br />

De Bellis Sebastiano, 310<br />

De Besse, 338, 340<br />

De Cara, 26 (17)<br />

De Gaspari Angelo, 311, 315<br />

De Gobbi Pietro, 499 (28), 513, 513 (20),<br />

514, 520<br />

Dei Ma<strong>la</strong>tini Andrea (vedi De Ma<strong>la</strong>tinis A.)<br />

Dei Rossi Matteo, 279, 279 (5)<br />

Delesmannini (i), 32, 32 (36), 70, 97<br />

De Luca Benedetto, 244, 515<br />

De Lusa Zuanne, 173 (66)<br />

De Madiis Annibale, 327 (7), 358 (16),<br />

490 (4)<br />

De Ma<strong>la</strong>tinis Andrea, 240, 288<br />

De Marchi Alessandro, 24, 60 (13), 61, 62<br />

(16), 65 (17), 72 (35), 141 (68), 183,<br />

183 (81), 295<br />

De Mezo Giovanni, 218<br />

- Marco, 216<br />

De Montibus Giovanni, 377<br />

De Neapoli (Nauplia) Antonio, 238, 287<br />

De Osa Alberto, 106 (3)<br />

De Pieri Francesco, 176, 449, 472<br />

De Romeis Giacomo, 238, 287<br />

De Rossi Be1'11ardo, 238<br />

De Scalzi, 60 (13), 141 (68),492 (9)<br />

Desiderio (Re), 50<br />

De Zorzi Zorzi, 345<br />

Diedo Bonaventura, 155, 220, 267<br />

Domenico, 153, 219<br />

-- Francesco, 218, 219<br />

- Pietro, 162<br />

Diocleziano (imp.), 29<br />

Diotisalvi Da Fulgineo, 309<br />

DoWn (fam.), 500<br />

- Alvise, 375<br />

- Andrea, 218<br />

Antonio, 220<br />

- Giacomo, 216<br />

- Giovanni, 217<br />

Leonardo, 216<br />

'- Marco, 215<br />

- Nicolò, 218<br />

_. Paolo, 217, 219<br />

Donadini Giovanni (Giacomo), 310, 315<br />

Donati (fam.), 175, 443<br />

Donato (oratore), 379 (19)<br />

- Giacomo, 216<br />

- Giro<strong>la</strong>mo, 218<br />

Tomaso, 146 (3), 218<br />

Dondi Dall'Orologio Scipione, 67 (22), 208<br />

(31), 208 (32)<br />

Dottori Giro<strong>la</strong>mo, 416<br />

Ducange, 25 (8)<br />

Duchesne, 231 (6)<br />

Duodo Dionisio, 216<br />

- Giovanni, 216<br />

Eccelini (fam.), 56, 56 (3), 59, 60 (12), 68<br />

(24), 72, 74, 75, 82, 83, 100, 135 (58),<br />

234 (16), 235 (16), 333 (18)<br />

Eccelino (il Balbo), 60 (12), 68, 69<br />

- (il Monaco), 60 (12), 68, 70, 71, 72<br />

(37), 74, 82, 83, 84, 84 (9), 84 (lO),<br />

85 (11/12), 89<br />

- (il Tiranno), 60 (12), 73, 73 (37),<br />

79, 85, 86, 88, 89, 90, 91, 91 (21),<br />

92, 93, 93 (23/24), 94, 95, 95 (28),<br />

96, 97, 98, 99, 99 (36), 105, 107,<br />

256 (lO), 293 (4), 325, 326, 326<br />

(5/6), 330, 332, 333 (18), 334, 491<br />

-- Da Romano, 14, 32 (26), 40, 67<br />

Eccelo (capostip.), 52, 68 (24), 234 (15),<br />

354 (3)<br />

Elica di Camposampiero, 57, 57 (4)<br />

Emo, 119<br />

- Angelo, 185 (89)<br />

Enea, 27<br />

Enghelmario di Wil<strong>la</strong>ndres, 116<br />

Enrico (conte di Gorizia), 116<br />

- V, 66<br />

Enselmini Giacomo, 133<br />

Erizzo (fam.), 443<br />

- Nicolò, 415<br />

Ermiza, 68, 68 (24)<br />

Escu<strong>la</strong>pio, 127<br />

Este (fam.), 443<br />

- Elisabetta, 444 (29)<br />

Estensi (fam.), 59, 60, 71, 72, 178<br />

Eugenio III (beato), 25, 26 (13), 135 (58),<br />

232, 232 (lO), 235, 491, 506<br />

Fabioto Pietro, 266 (6)<br />

Faccioli Matteo, 404 (1), 417<br />

Falier Francesco, 449<br />

- Marco, 216<br />

- Michele, 217<br />

Fantin Antonio, 417<br />

Fantinato (fam.), 443<br />

Fantoni Giovanni, 309<br />

Fardin Domenica, 404 (1)<br />

Farina Modesto, 311<br />

Faris (fam.), 395<br />

Faroni Giovanni Maria, 432<br />

Faso<strong>la</strong>to Agostino, 256<br />

Fasolo Andrea, 360 (28)<br />

- Vendramino, 239, 287, 288, 520<br />

Favafoschi, 60 (13), 73 (39), 492 (9)<br />

Favero (fam.), 443<br />

- Alessandro, 347<br />

- E1'11esto, 211<br />

- Gio.Batta, 418<br />

Faxolo Vendramino, (vedi: Fasolo V.)<br />

Federico D'Aragona, 367<br />

- d'Austria, 116<br />

- Barbarossa, 60 (12), 68, 82, 86, 104,<br />

106<br />

- II, 92, 93 (23/24), 94, 326, 330<br />

Fenicio Ascanio, 423<br />

Ferdinando il Cattolico, 367, 379<br />

- di Spagna, 377<br />

- I, 210<br />

Fermo (san), 231 (6)<br />

Ferrari, 13<br />

Ferrazzi (frat.), 256<br />

Ferretto (abate), 67 (22)<br />

Ferro (fam.), 175<br />

- Cristoforo, 147 (5), 216<br />

Ferruglio Francesco, 515, 520<br />

Ficcato (fam.), 443<br />

- Antonio, 404 (1), 417, 424<br />

Filiasi, 13, 26 (17), 27 (21), 32, 33, 353<br />

34<br />

Filippi Angelo, 279<br />

Filippo d'Alençon, 131<br />

- da Peraga, 76, 117<br />

- Maria Visconti, 140 (66), 182, 496<br />

-- II (re di Spagna), 183<br />

Fino Alemanio, 56 (1)<br />

FIacco Siculo, 15, 30, 30 (29)<br />

Flodo, 63, 64<br />

Foix Gastone, 379<br />

Folco (da Camposampiero), 26 (13), 66<br />

Fontana Filippo, 97<br />

Foppa Giov. Battista, 315<br />

Forcellini, 25 (9)<br />

Foresto (fam.), 442, 443<br />

- Alvise, 432<br />

Forni (fam.), 492 (7)<br />

Fartis, 198<br />

Forzadura (fam.), 492 (7)<br />

FOl'zatè Giordano (beato), 89 (17), 93, 94,<br />

94 (26), 95<br />

Foscarini Angelo, 217<br />

- Giovanni Antonio, 217<br />

- Lunardo, 421<br />

Michie! (Miele!), 152, 343<br />

- Pietro, 418<br />

Foscari Pietro, 153<br />

Francescato Maria, 448<br />

Fl'anceschini (fam.), 443<br />

- Angelo, 509, 510, 511, 512, 520<br />

Francesco (san), 158, 158 (30), 303<br />

- (figlio di Zuanne), 347,348,348 (17)<br />

- (figlio di Novello), 140<br />

-- Giuseppe, 210<br />

- il Grande da Carrara, 122, 123, 124,<br />

125, 126, 127, 128, 129, 130, 131,<br />

132, 182<br />

- il Vecchio, 103, 133, 138, 325 (4),<br />

356, 357, 358 (16), 491, 492, 493<br />

- Novello da Carrara, 103, 125, 127,<br />

131, 132, 133, 134, 134 (57), 135,<br />

136, 136 (61), 137, 137 (63), 138,<br />

139, 140, 140 (66), 141, 182 (80),<br />

295, 329, 330, 331, 365, 366, 493,<br />

494, 495, 495 (17/18)<br />

- I (imp.), 195, 201, 210<br />

Franco (fam.), 478<br />

Frasson (fam.), 443<br />

- (fratelli), 478<br />

- Giovanni, 507<br />

- Pasquale, 502<br />

- Pau!o, 404 (1)<br />

- Pietro, 189 (101)<br />

Freganesco Nicolò, 121<br />

Frigo Giov. Battista, 315


Frizier, 493 (10)<br />

Fulin (abate), 13, 61 (15), 185 (88), 186<br />

(89), 187 (94), 190 (104)<br />

Fur<strong>la</strong>netto, 30 (28)<br />

Fur<strong>la</strong>n Giuseppe, 317<br />

Gaboardo, 93 (24)<br />

Gabriel Francesco, 433<br />

Gabrieli Zuane, 444<br />

Gabrielli (fam.), 442, 443<br />

- Antonio, 421<br />

- Giovanni, 280<br />

Gabriel Vincenzo, 216, 327<br />

Gaggiotto Francesco (vedi Gajotto Francesco)<br />

Gaiardia Giov. Battista, 162<br />

Gajotto Francesco, 515, 517, 517 (43), 520<br />

Gallesi Giovanni, 168 (51), 361<br />

Gallina Carlo, 257, 288, 301, 473<br />

Gallo Paolo, 279<br />

Garbin (fam.), 443, 448<br />

Garbini (fam.), 279, 442<br />

Garzoni Pietro, 343 (12)<br />

Gasparini (fam.), 334<br />

- Pasquale, 311, 315, 438 (12)<br />

Gasparo (munaro), 432<br />

Gasparolo Desiderio, 309<br />

Gattari, 14,39 (54), 122 (31), 124, 124 (36),<br />

125 (37), 127, 127 (41/42/43), 128 (44),<br />

130 (50), 131 (54), 133 (55), 134 (57),<br />

135 (59), 136 (60), 137 (62), 141 (69/70),<br />

182 (80), 358 (18), 492 (lO), 493 (14),<br />

494,495 (17/18)<br />

Gatto (fam.), 444<br />

Gennari, 13, 14, 25 (lO), 57 (5), 79 (1),<br />

195 (4), 233 (12), 354 (7), 399<br />

- Antonio, 198, 420 (5)<br />

Gerardino (da Camposampiero), 81 (6), 83,<br />

87<br />

Gerardo di Enzo<strong>la</strong>, 114<br />

Gerunzi Antonia, 423 (7)<br />

Giuseppe, 417, 423, 423 (6),423 (7)<br />

Ghedini Angelo, 417<br />

Gherardino di Camposampiero, 65 (17),<br />

68, 236, 292, 292 (3), 308<br />

Gherardo, 57, 82, 83, 234 (15/16)<br />

- I, 66, 325 (3)<br />

- II, 66, 67, 68, 68 (24), 325 (3)<br />

III, 66, 69, 70, 71, 83, 325 (3)<br />

- IV, 73<br />

Gherlenda (fam.), 443<br />

Ghion (fam.), 444<br />

Ghirardini, 14, 26 (17)<br />

53°<br />

Ghis<strong>la</strong>nzoni Filippo, 168<br />

Giacomo, 75<br />

I, 73<br />

-- da Carrara, 116, 117 (21)<br />

da Scaltenigo, 133<br />

-- eia Verona, 309, 315<br />

- q. Pietro, 462<br />

Giaconi Gaetano, 423<br />

GianeHi Vittore, 509, 520<br />

Gian Galeazzo Visconti (conte di Virtu),<br />

131, 131 (53), 132, 133, 134, n'5, 136,<br />

137, 138, 139, 182 (79), 330, 494<br />

Giannini (fam.), 444<br />

Giorgio (san), 232, 232 (9)<br />

Giorgione, 303 (26)<br />

Giovanni Battista da Riva, 438 (12)<br />

- da Capistrano (san), 283<br />

- da Non, 14, 60 (13), 61 (14), 70<br />

(30), 76 (47), 492 (9), 493 (lO)<br />

- da Schio (beato), 92<br />

degli Eremitani, 108 (5)<br />

- Evangelista (san), 303<br />

Giovio Paolo, 329, 381 (23)<br />

Girarelo da Monteloro, 126, 127<br />

Giro<strong>la</strong>mo da Lezze, 150 (13)<br />

Girotto Giro<strong>la</strong>mo, 345<br />

Gitterman, 86 (12), 88 (15)<br />

Giulio II, 238, 367 (3), 377, 379, 379 (19),<br />

380, 380 (20)<br />

Giupponi Gio. Francesco, 423<br />

Giurisato (fam.), 443<br />

Giuseppe II (imp.), 188 (99), 299<br />

Giustina (santa), 154 (21), 231 (6)<br />

- Giuseppe, 288, 442<br />

Giustiniani Angelo, 155, 155 (26)<br />

- Francesco Paolo, 241, 245, 245 (45),<br />

251, 264, 267, 288, 511 (15), 513,<br />

515<br />

- Luigi, 216<br />

- Marcantonio, 152, 343<br />

- Nicolò, 208 (31/32), 245 (45), 311,<br />

312<br />

-- Vicenzo, 440<br />

- Vincenzo, 241, 398<br />

Giustinian Marc'Antonio, 219<br />

- Zaccaria, 217, 431<br />

Gloria, 14, 24 (5), 25 (11), 27, 57 (4/5),<br />

61, 66 (18), 66 (19), 69 (28), 80 (3),<br />

109 (8), 112 (14), 165 (46), 166 (48),<br />

234 (15), 324 (2), 325 (3), 328, 354<br />

(2/3/7),373 (13),489 (1), 493 (11/12/<br />

13)<br />

Gobbi Giacomo, 433<br />

- Zanino, 508<br />

Goin (fam.), 444<br />

Gonzaga (fam.), 132, 178, 183<br />

- Federico, 180, 331, 373, 373 (12)<br />

Graelenigo (conti di), 451<br />

- Bartolomeo (doge), 121<br />

"- Bartolomeo (vesc.), 244<br />

- C<strong>la</strong>ra, 451<br />

- Giov. Battista, 1.53<br />

-- Nicolò, 216<br />

-- Vittoria, 4.51<br />

Granic, 292 (3), 299 (17), 302, 439 (13)<br />

Graziani Carlo, 211<br />

Gregorio conte eli Camposampiero, 141 (68),<br />

1.57, 291, 295, 296, 296 (10), 298, 299,<br />

302<br />

- IX, 92<br />

Gregorovius, 380 (20)<br />

Grifo Antonio, 239<br />

- Apollonio, 239, 287<br />

Grimani (fam.), 17.5, 443, 478 (8)<br />

- Pietro, 15.5, 343<br />

Grinzato Francesco, 67 (22), 283 (lO)<br />

Gritti (fam.), 175, 443, 473, 478 (8)<br />

Andrea, 368, 370, 370 (8), 371, 371<br />

(9), 374, 382, 498<br />

Grixi Mariano, 216<br />

Gua<strong>la</strong> (beato), 89 (17), 90<br />

Guarnerio (o Varnerio), .57, 66<br />

Guercio di Vigodarzere, 13.5 (58), 491, 492,<br />

492 (7)<br />

Guglielmo (figlio di Giacomo I), 73, 73<br />

(40), 506<br />

(nipote di Tisone), 119, 120, 121,<br />

121 (26), 294, 295, 329, 330, 333<br />

(18)<br />

- da Camposampiero, 75, 87, 97, 99<br />

- Scaligero, 139<br />

Guidotti Gasparo, 345<br />

- Giacomo, 97 (31)<br />

Gujeu (gen.), 196 (7)<br />

Haupt Giuseppe, 424<br />

Iacopo da S. Andrea, 70 (29)<br />

Imi<strong>la</strong> (o Emilia), 66, 80 (3)<br />

India (di Unangerio), 66, 68 (24)<br />

Innocenzo IV, 96<br />

- VIII, 158, 173, 458<br />

Ispano Jacopo, 375<br />

I ulio da Codegno<strong>la</strong>, 386<br />

53 1<br />

Jacopino, 122<br />

Jacopo (figlio di Fr. Novello), 140<br />

- da Carrara, 96, 96 (29)<br />

-- da Padova (beato), 283 (11), 283<br />

- di Marca (beato), 283<br />

-- II, 122<br />

Julio (Episcopo), 458<br />

Kandler, 14, 32 (37), 33, 34, 34 (42), 36,<br />

36 (50), 37 (52), 40 (54), 232 (9), 354<br />

(7), 489 (1)<br />

Kehr, 231 (6)<br />

Labia Francesco, 421<br />

-- Gian Francesco (Zanfrancesco), 187<br />

(95), 195, 409, 410, 411, 412, 414<br />

416<br />

La Hoz, 187, 188, 195,331,409,418<br />

Lamberto (di Pavia), 52<br />

Landini Giovanni, 302 (24), 518<br />

Lando Lucio, 131<br />

Lanza Francesco, 160<br />

Laurentius, 507, 508<br />

Lazzarini, 121 (26), 175 (71)<br />

Legnazzi Enrico Nestore, 14, 30 (29), 33,<br />

33 (40),34,34 (41/42/43),35,35 (46/<br />

47), 36 (50), 40 (.54), 42 (58), 354 (7),<br />

489 (1)<br />

Leonardi Francesco, 518, 520<br />

Leone I (pont.), 48<br />

- X (pont.), 384<br />

Leonico da Faenza, 509, .520<br />

Leopardi, 44<br />

Leopoldo d'Austria, 127, 129, 130, 131,<br />

175 (71), 494<br />

Lepido M. Emilio, 28<br />

Lisotti Giovanni, 394, 394 (7)<br />

Lodovico (fra) da Camerino, 337 (1)<br />

- il Moro, 367<br />

Lolino Leonardo, 217<br />

Lombardini, 39 (54)<br />

Lombini Ettore, .502<br />

Lonardo de Basilea, 147 (4)<br />

Longhin Andrea Giacinto, 223, 480<br />

Longo Antonio, 218<br />

- Francesco, 152, 219<br />

- Paolo, 219<br />

- Tomaso, 219<br />

- Vincenzo, 219<br />

Loredan (fam.), 443<br />

- Camillo, 218<br />

- Francesco, 216


Loredan Giorgio, 218, 432<br />

- Giulio, 215<br />

- Leonardo, 162, 164<br />

- Marco, 121<br />

- Matteo, 217<br />

- Pietro, 218<br />

Lorenzi, 38 (53)<br />

Lorenzo de' Monaci, 14, 84 (9), 93 (23),<br />

326 (6)<br />

Lovo Antonio, 125<br />

- (Lupo) Simone, 125, 125 (38), 129,<br />

130<br />

Luca da Linda, 60 (13)<br />

Lucatello Giacomo Maria, 417<br />

Luigi (Ludovico) re d'Ungheria, 123, 124<br />

- XII, 367, 367 (2), 368, 379, 380<br />

- XVI, 186<br />

Lunardo Canobello, 115<br />

Lunardoni Nicolò, 315<br />

Lupi Antonio, 242, 243, 398<br />

Luzio, 367 (3)<br />

Maccaferri (fam.), 444<br />

- Amalia, 272<br />

Maco<strong>la</strong> (fam.), 444<br />

- Demetrio, 404 (1), 419<br />

- Giovanni, 424<br />

Maffei, 231 (6)<br />

Maggion Bortolo, 254<br />

Magio Alessandro, 147 (5)<br />

Ma<strong>la</strong>testa Carlo, 139<br />

- Francesco, 367<br />

Malipiero, 183 (81)<br />

- (fam.), 500, 510, 513<br />

- Andrea, 217, 218, 432<br />

- Francesco, 217<br />

- Giacomo (Jacopo), 216, 382<br />

Giro<strong>la</strong>mo, 216<br />

- Matteo, 162<br />

- Pasquale, 161<br />

Maltraverso Giordano, 89 (17)<br />

Malucello Giovanni, 417, 418, 423, 423 (8)<br />

Manfredoricco, 69<br />

Manfron Giulio, 381<br />

Manin Daniele, 211, 211 (39)<br />

- Lodovico, 155, 187<br />

Manolesso Nicolò, 217<br />

- Pietro, 216, 217<br />

Mantoan Gaetano, 148 (9)<br />

Manzoni Alessandro, 25, 362, 392, 483<br />

Maran Antonio, 472<br />

Marangoni, 423<br />

- Eduardo, 517, 520<br />

53 2<br />

Marcato Antonio, 277<br />

Marcello Alvise, 345<br />

- Giovanni, 217<br />

- Nicolò, 499<br />

Pietro, 376<br />

Marchesan A., 100 (38), 104 (1), 234 (15)<br />

Marchesi, 14<br />

Marchetti Antonio; 423<br />

- Luigi, 203, 206, 207<br />

Marchi, 14<br />

Marchiano Paolo, 263, 263 (1)<br />

Marco Aurelio, 35 (45)<br />

- Terenzio, 30 (29)<br />

Maria (Arciduch. d'Austria), 183, 184<br />

- (figlia di Gerardino), 83<br />

- (figlia di Ade<strong>la</strong>sia), 68<br />

- Luigia, 204<br />

- da VÒ, 73<br />

Marin Bernardino, 246, 264, 267, 300<br />

- Carlo, 220<br />

- Giacomo, 153, 154, 219<br />

- Giro<strong>la</strong>mo, 219<br />

Marinelli Giovanni, 327 (7)<br />

Marinoni (fam.), 500, 500 (30), 514<br />

- Angelo, 500 (30)<br />

- Giro<strong>la</strong>mo, 500 (30)<br />

Mario,28<br />

Marosinotto (fam.), 444<br />

Marsiglietto, 122<br />

Marsiglio (figlio di Novello), 140 (66), 182<br />

(80), 496, 497<br />

- (zio di Tiso IX), 75, 76, 330<br />

- da Carrara, 116, 117, 118, 119, 119<br />

(22), 120, 121, 121 (26), 295<br />

Martelozzo Antonio, 417<br />

Martino V, 296, 296 (lO)<br />

Maruzzi (fam.), 279, 443<br />

- Giuseppe, 310<br />

-- Maria, 279<br />

Maschio, 56 (1)<br />

Mascioni Vincenzo, 519<br />

Massari Giorgio, 256<br />

Massena Andrea, 196, 198, 413, 420<br />

Massimiliano (im<strong>per</strong>.), 151, 155, 162, 178,<br />

180, 331, 338, 365, 368, 369, 369 (6),<br />

371, 372, 373, 375, 375 (16), 379, 384,<br />

498<br />

II, 183<br />

Massimo (nipote di Cane), 117 (21)<br />

Mastino (nipote di Cane d. Sca<strong>la</strong>), 118, 119,<br />

129, 493<br />

- del<strong>la</strong> Sca<strong>la</strong>, 76<br />

Maurisio, 14, 23, 84 (9), 85 (12), 87, 92<br />

Mauro, 60 (13)<br />

Maustro Andrea, 215<br />

Mazzonetto (fam.), 443<br />

- Giobatta, 404 (1)<br />

- Oliva, 443 (28)<br />

Mazzoni Alvise, 347<br />

- Giacinto, 347<br />

Medin, 369 (7)<br />

Melchiori (fam.), 514, 515<br />

Meleagro (da Forli), 181, 377, 378<br />

Memo Angelo, 217<br />

Menado Marco, 279<br />

Merlini Martino, 371 (9)<br />

Mesa da Porciglia, 99<br />

Metternich, 210, 210 (38), 211<br />

Michele (beato), 283<br />

(padre) da Mi<strong>la</strong>no, 337 (l)<br />

- de Rabata, 136<br />

Michiel Andrea, 218<br />

- Angelo, 217<br />

- Giambattista, 217, 218<br />

- Giorgio, 215<br />

- Pietro, 217<br />

Mi<strong>la</strong>ni (fam.), 264, 264 (3), 443<br />

Milone (vesc.), 67<br />

Mini Giacomo, 404 (1), 417<br />

Minio Andrea, 220<br />

Antonio, 207 (30)<br />

- Francesco Maria, 217<br />

- Gabriele, 217<br />

- Giovanni, 219, 220, 396 (8)<br />

- Giovanni Alvise, 220<br />

- Giovanni Antonio, 220<br />

- Marin, 217<br />

Minotto, 423<br />

- Andrea, 217<br />

- Luigi, 168<br />

Miozzo (fam.), 443<br />

Mistro Giulio, 502<br />

Mitis, 14, 86 (12)<br />

Mocenigo (fam.), 175, 443<br />

- Alvise (doge), 254<br />

- Alvise (inquis.), 155, 343<br />

-- Giovanni, 147 (5)<br />

- Marco, 239, 287<br />

- Tomaso, 160<br />

Mogno (fam.), 444<br />

- Benedetto, 301, 473<br />

- Domenico, 480 (lO)<br />

- Fabiana, 473 (1)<br />

Molin Alessandro, 187 (94)<br />

- Alvise, 241<br />

- Nicolò, 218<br />

- Pietro, 152, 218, 333<br />

Molini Andrea, 419<br />

533<br />

Molmenti, 155 (26), 173 (65)<br />

Momnsen, 14, 26 (17), 30 (28), 42 (58/59)<br />

Monaco Padovano, 14, 23, 85 (12), 98 (35)<br />

Montagnac Francesco, 418<br />

Montecchi (fam.), 60 (12)<br />

Montini Marc'Antonio, 514, 520<br />

Moretto Luigi, 473, 518, 518 (45), 520<br />

Moro,205<br />

- (fam.), 175, 443<br />

- Cristoforo, 372, 373<br />

-- Iacopo, 176 (72), 348 (17)<br />

- Marco, 216<br />

Morosini (fam.), 175, 264, 415, 443<br />

- Alvise, 176<br />

- Andrea, 121, 126<br />

- Bartolomeo, 110 (lO)<br />

-- Fortunato, 244, 266, 515 (37/38)<br />

- Francesco, 185, 185 (89)<br />

- Marco, 242, 398<br />

-- Michiel, 220, 343<br />

- Paolo, 216<br />

- Simeone, 215<br />

- Vettore, 218<br />

Morpurgo, 158 (29)<br />

Mosca (fam.), 239, 395, 443<br />

Muazzo Marco, 218<br />

Muratori, 14, 58 (8), 69, 72 (35), 91 (21),<br />

93 (23), 109, 115 (16), 120 (23/24)<br />

Musatti, 14, 151 (16), 188 (97), 189 (99),<br />

368 (4)<br />

Mussati Giovanni, 515, 517, 520<br />

Mussato Albertino, 14, 28 (24), 75, 75<br />

(45/46), 115, 115 (16)<br />

Nadal Marino, 219<br />

Nani Iacopo, 199 (12)<br />

- Lorenzo, 216<br />

Narsete, 49 518 (45)<br />

Natan profeta, 91 (21)<br />

Navagero Lodovico, 215<br />

- Vincenzo, 216<br />

Nico<strong>la</strong>us (chier.), 507<br />

Patavinus, 507, 520<br />

Nicolò da Camposampiero, 183, 183 (81),<br />

385, 386<br />

- (conte di Carrara), 138, 182<br />

- de Bonaparte, 115<br />

Niocco (fam.), 276<br />

- Alvise, 443<br />

- Antonio, 404 (1), 418<br />

Nores (De Nores) Cesare, 240, 512<br />

Novello Benedetto, 173, 458, 462


Oddi (fam.), 59<br />

Odoacre, 49<br />

Offreducci Gerardo, 83<br />

Ogniben Silvestro, 520<br />

Olivieri, 24 (6), 25 (11)<br />

Omero, 71, 430<br />

Ongarello, 14, 115 (16), 125 (38)<br />

Ongaro, 14, 399<br />

Onorio III, 72 (35)<br />

Orio Matteo, 216<br />

Orsato (fam.), 492 (7/9)<br />

-- 11 (2), 14, 39 (54), 61 (14), 251 (1)<br />

- Sertorio, 166, 170, 235 (17), 325 (3),<br />

329<br />

Orselo Pietro, 267<br />

Orsini Nicolò, 368, 372<br />

Ottaviano Augusto, 29, 37 (52)<br />

Ottone de Mandello, 105 (2)<br />

- I di Sassonia, 52, 74 (43), 354 (2)<br />

- IV, 84<br />

Pace di Montenario, 109<br />

Paganini Salvatore, 509<br />

Pa<strong>la</strong>ro (fam.), 444<br />

Paleocapa, 423<br />

Palma il Giovine, 258<br />

Paolo (diacono), 14, 234 (13)<br />

- (san), 252<br />

Papafava (fam.), 39 (54), 59<br />

- Marsiglio, 423<br />

Parini, 154 (22)<br />

Parisio da Cereda, 92<br />

Parpaio<strong>la</strong> (fam.), 478<br />

Paruta Giovanni, 216, 433<br />

- Nicolò, 202, 348 (17), 424<br />

Paschini, 231 (6)<br />

Pasqualigo Francesco, 218, 433<br />

- Lorenzo, 218<br />

- Pellegrino, 218<br />

Pasqualinus Dominus, 507<br />

Pastor, 367 (3)<br />

Pastorello Ester, 493 (15)<br />

Patani (vedi Patanò Pier Antonio)<br />

Patanò Pier Antonio, 238, 287<br />

Paulus Presbiter, 309, 315<br />

Pavanello Giuseppe, 168 (52), 357 (13),<br />

358 (16), 359 (20), 360 (26/27), 361<br />

(31), 362 (32)<br />

Pavan Giovanni Maria, 392<br />

Pavanin (fam.), 443<br />

- Lorenzo, 279<br />

Pavin (fam.), 279<br />

Peckham Giacomo, 91 (21)<br />

534<br />

Pedon Zamaria, 345<br />

Pedrinelli (fam.), 443<br />

Peggion Bastian, 395, 397<br />

Pe<strong>la</strong>vicino Oberto, 98, 99<br />

Pelizzaro Zuane, 433, 434<br />

Pellegrini Pellegrino, 310, 315<br />

Pellizzo Luigi, 314<br />

Penada (frat.), 205<br />

- Giuseppe, 205<br />

Perazzolo (fum.), 473<br />

Perin (fam.), 444<br />

Perini Carlo, 349<br />

Peroni (fam.), 276, 442, 443, 446<br />

-- Giuseppe, 404 (1)<br />

- Iseppo, 254<br />

-- Pietro, 404, 404 (1)<br />

- Pio, 478 (9)<br />

- Vasco, 478 (9)<br />

Perrin Victor, 196, 197, 198, 415, 416, 420<br />

Pertile Domenico, 418<br />

Pesaro Francesco, 194 (3), 201, 424<br />

- Luca, 216<br />

Pesavento Giuseppe, 315<br />

Pesce (fam.), 443<br />

Petrarca, 122, 126, 126 (39)<br />

Petrobelli (fam.), 395, 443<br />

Petrogalli, 110 (lO)<br />

Peutinger Corrado, 354 (7)<br />

Piazza Antonio Maria, 202, 202 (18)<br />

Gio. Maria, 300<br />

Picotti, 56 (1)<br />

Piero de Bonaparte, 115<br />

Pietro de' Rossi, 118, 122 (29)<br />

-- Gerardo, 74 (42), 85 (12), 98 (35)<br />

- (san), 25, 230, 252<br />

Pigozzo (fam.), 444<br />

Pilosio Giovanni, 315<br />

Pinaffo (fam.), 444<br />

- Giorgio, 417<br />

Pinton Antonio, 333<br />

Pinzoni Lorenzo, 258<br />

Pio X, 286, 287<br />

Piran (fam.l, 444<br />

-- Giuseppe, 478<br />

Pisanello Gaspare, 254<br />

Pisani Ermo<strong>la</strong>o, 217<br />

- Francesco, 235 (16), 239, 287<br />

- Gabriele, 218<br />

- Giorgio, 194 (3)<br />

-- Nicolò, 154, 154 (22), 219, 309<br />

- Vettor, 126<br />

Pittaco, 257<br />

Pittoni, 410, 411<br />

Pizzamano Antonio, 451<br />

Pizzamano Lorenzo, 219, 220, 343<br />

- Marco, 220<br />

- Nicolò, 219, 451<br />

- Tomaso, 218<br />

Plinio, 15, 26, 26 (16)<br />

Polcastro (fam.), 492 (7)<br />

- 14, 185 (87)<br />

Polibio, 15, 27, 27 (18)<br />

Policrate, 391<br />

Pomponio Me<strong>la</strong>, 15, 28<br />

Poni (Laeponi), 42<br />

Ponzino de' Ponzinardi, 155, 446<br />

Ponzio (abate), 72 (37)<br />

Portenari, 14, 39 (54), 170, 251 (1), 327<br />

(7), 329, 492 (9)<br />

Poussan, 418<br />

Predelli, 75 (44), 121 (27) -<br />

Premarin Angelo, 218<br />

Fantino, 215<br />

- Vincenzo, 216<br />

Prevedello (fam.), 444<br />

- Pietro, 425<br />

Priuli (fam.), 175, 442, 443<br />

- Alvise, 398 (9)<br />

- Andrea, 219<br />

- Antonio Maria, 407 (2)<br />

- Federico, 220<br />

- Francesco, 151, 216, 341, 342, 431,<br />

432, 440<br />

- Giro<strong>la</strong>mo, 151, 151 (16) 216<br />

Prosdocimi Guido, 502<br />

Prosdocimo (San), 25, 154 (21), 230, 231,<br />

251, 282, 291<br />

Provera, 412<br />

Querini Giovanni Battista, 514, 520<br />

Quirini (fam.), 32 (34), 173, 173 (66), 174,<br />

239, 241, 271, 271 (2), 442, 443<br />

- Andrea, 194 (3)<br />

Antonio, 151, 155, 180, 216, 334,<br />

365, 370, 371, 372, 373, 374, 376,<br />

384<br />

- Francesco, lO, 174, 297, 442, 461<br />

- Marco, 88, 98 (33)<br />

Tomaso Antonio, 219<br />

Quosdanovic, 187<br />

Radagasio, 29, 48<br />

Rauli Giovanni, 240, 288, 440<br />

Recaldina (di Fontaniva), 64, 68<br />

Redusio, 14, 126 (39)<br />

Renier Gasparo, 160, 215<br />

535<br />

Renier Giovanni, 217<br />

- Luigi, 168<br />

- Paolo, 186 (90), 194 (2)<br />

Renzo (Tramaglino), 393<br />

Rezzonico Carlo, 311, 312<br />

Riario Pietro, 238<br />

Ricco Alberto (Adalberto), 135 (58), 491<br />

RidoHi, 303 (26)<br />

Rigauld Giovanni, 293 (4)<br />

Rinaldo (figlio di Azzo d'Este), 96<br />

Rizzardo di S. Bonifacio, 74, 86, 87, 91,<br />

91 (21), 293 (4)<br />

Rizzetti Giambattista, 196 (7)<br />

Roberto de Robertis, 109, 110, 111, 112,<br />

493<br />

Rodolfo di Borgogna, 52<br />

Ro<strong>la</strong>ndino, 14, 23, 58, 58 (8), 60 (13), 70<br />

(30),71 (33),73 (40), 83 (8), 84, 84 (9),<br />

85 (12), 87, 88, 88 (14/15), 89 (16/17),<br />

90 (18), 91, 91 (21), 95 (27), 96 (30),<br />

98 (33/35), 120, 293 (4)<br />

Ro<strong>la</strong>ndo dei Rossi, 121, 122 (29)<br />

Romanin, 14<br />

R01l1piasio, 169 (53), 169 (55)<br />

Ronchi, 197 (8)<br />

Rossati Antonio, 286, 478<br />

Rossetti (fam.), 492<br />

Rostiro<strong>la</strong> Luigi, 3, 288<br />

Rubini (fam.), 175, 442, 443<br />

- Cristoforo, lO, 197, 198, 442<br />

- Rubino, 312<br />

Ruffato (fam.), 444<br />

Rustega (conti di), vedi Da Rustega<br />

Rustico (san), 231 (6)<br />

RU2zini Giovanni Antonio, 255<br />

Sabbadin (fam.), 444<br />

Sabbadini Cristoforo, 168 (51), 327<br />

Sacchetto Ermenegildo, 502<br />

Sacco Marsiglio, 160<br />

Saggin (fam.), 443<br />

- Antonio, 432<br />

- Francesca, 444 (29)<br />

Francesco, 404 (1), 424<br />

Sagredo Nicolò, 464 (4), 465 (4)<br />

- Zuanne, 172 (60)<br />

Sairius c., 42<br />

Sa<strong>la</strong> (fam.), 492 (7)<br />

Salinguerra, 71, 71 (33), 74, 74 (41), 84,<br />

85, 87<br />

Salomon (Salomonio), 14, 32, 39 (54), 67,<br />

72, 130 (51), 152 (18), 177 (75), 184,<br />

230 (15), 251 (1), 298, 302, 325 (3),


328, 329, 333, 383, 392, 490 (4), 492<br />

(9), 496, 510 (15)<br />

- Cario, 217<br />

- Gaspare, 218<br />

- Giacomo, 152<br />

- Lorenzo, 216<br />

- Pietro, 215<br />

- Simone, 218<br />

Salvagnini, 89 (17)<br />

Sanbonifacio (fam.), 60, 60 (12)<br />

Sangalli (fam.), 276, 444<br />

- Benedetto, 203<br />

- Cario, 404 (1), 417, 418, 424<br />

Santalena, 155 (26)<br />

Santi Sebastiano, 257<br />

Santonini (fam.), 492<br />

Sanuto Giov. Battista, 244<br />

- Marin, 14, 32, 32 (34), 141, 151<br />

(15),152,169 (53),174,174 (68/69),<br />

178 (76), 275, 327, 327 (8), 328, 329,<br />

344, 368 (5), 369, 370, 371, 372,<br />

374, 375, 376, 377, 378, 379, 380,<br />

381, 382, 383, 384, 385, 440, 496<br />

(23), 498 (26), 499 (27)<br />

Sara (figlia di Guglielmo Camposampiero),<br />

333 (18)<br />

Sarpi Paolo, 247<br />

Sarto Giuseppe, 286, 287, 315<br />

Sartori, 14<br />

Sarvognan (fam.), (vedi Savorgnan)<br />

Savelli Giuseppe, 404 (1), 414<br />

- Paolo, 139<br />

Savio, 231 (6)<br />

Savoia (fam.), 178<br />

Savonaro<strong>la</strong> Alvise, 196<br />

Savorgnan (fam.), 264, 443<br />

Sberti, 184 (83)<br />

Sealfarotto Tomaso, 275, 287, 288, 313<br />

Scaligeri, 101, 121<br />

Scantamburlo (fam.), 444<br />

- Matdo, 148 (9)<br />

Searante (fam.), 444<br />

Scardeone Bernardino, 11 (2), 14, 32, 35<br />

(45),38 (54), 39 (54), 60 (13), 61 (14),<br />

67 (22), 76 (47), 94 (25), 122 (30), 170,<br />

182 (79), 251 (1), 325 (3), 328, 329,<br />

353, 360 (25), 492 (9), 496<br />

Scal'pagni Andl'ea (Scarpagnino), 383 (24)<br />

Seattolino Lorenzo, 520<br />

Sciesa Antonio, 164<br />

Scimno, 26 (17)<br />

Sco<strong>la</strong>ro Fl'ancesco, 434, 435<br />

- Iseppo, 415<br />

Scrinzi, 89 (17)<br />

Segarizzi, 14, 110 (lO)<br />

-- Arnaldo, 439 (16), 454<br />

Segreti El'asmo, 310<br />

Sel<strong>la</strong> Quintino, 155 (25)<br />

Semitecolo (fam.), 443<br />

- Giacomo, 219<br />

Sel'belloni Marino, 203, 205<br />

Silio Italico, 27, 27 (19)<br />

Sil<strong>la</strong>, 28<br />

Simeoni (fam.), 443<br />

Silvio, 173<br />

Ugo,473<br />

Simioni (fam.), 276<br />

- Santo, 277, 348<br />

Sinibaldo Vescovo, 72 (37)<br />

Sisto (fra), 341<br />

- IV, 238<br />

Smania (fam.), 444<br />

Sodini Dante, 473 (2)<br />

Solignac, 413<br />

Soranzo (fam.), 175, 478 (8)<br />

- Antonio, 219<br />

- Ett01'e, 215<br />

- Giovanni, 115<br />

- Sebastiano, 219<br />

Sparacio, 14<br />

Spazzarini, 370 (8), 383 (24)<br />

Spel'onel<strong>la</strong> dei Delesmannini, 70, 70 (29)<br />

Spessato Giovanni, 502<br />

Spinabello da Xendrico, 69, 70<br />

Sponehiata Anzoletta, 148 (9)<br />

Squarcione, 327 (7)<br />

Squerise Angelo, 163 (40)<br />

Stefani Fede1'Ìco, 60 (13), 61 (15), 62, 64,<br />

65 (17), 141 (68), 183 (81)<br />

- Sebastiano, 315<br />

Stefano di Polonia, 125<br />

- duca di Baviel'a, 134, 494<br />

Steno Michele, 156 (27)<br />

Stievano Hongal'o, 125<br />

Stor<strong>la</strong>to Bartolomeo, 160<br />

Storni, 447<br />

- Antonio, 417, 424<br />

Giov. Battista, 404 (1), 417, 424<br />

Strabone, 15, 28, 42<br />

Surian Giovanni, 215<br />

Taddea (figlia di Giacomo da Carrara),<br />

117 (21)<br />

Ta<strong>la</strong>po, 324 (2)<br />

Tantalo, 453<br />

Targhetta (fam.), 444<br />

Tavelli (fam.), 276, 442, 443<br />

Tavelli Pietro, 417, 424<br />

Tempesta (fam.), 66 (20), 67 (21)<br />

- Andrea, 207, 281, 288, 472<br />

Tentori, 15, 56 (1), 383, 407 (2)<br />

- (fam.), 203, 276, 442, 443<br />

- Benedetto, 404 (1), 418<br />

- Cristoforo, 203 (22)<br />

Diomede, 417, 419<br />

.- Francesco, 185 (87), 203, 203 (22),<br />

204,205,206,207,404 (1),417<br />

- Gina, 473 (2)<br />

- Giuseppe, 334, 478 (8)<br />

- Iseppo, 404 (1), 419<br />

- Maria, 473 (2)<br />

Teodorico, 49<br />

Teodosio (im<strong>per</strong>.), 354 (7)<br />

Tergolina Giovanni, 160<br />

Vincenzo, 203<br />

Tessati Bartolomeo, 244, 254, 267, 288, 441<br />

Tessaro Bernardo, 440<br />

Thomiers, 418<br />

Tiepolo Lorenzo, 109, 493<br />

- Pietro, 93<br />

Tipaldo, 203 (22)<br />

Tiso I, 26 (13), 52, 56, 57, 57 (4), 58, 63,<br />

66, 67, 79, 234<br />

- II, 66, 80 (3)<br />

III, 66, 67, 325 (3)<br />

- IV, 66, 67, 68, 68 (24), 325 (3)<br />

- V, 65 (17), 68, 69, 69 (28), 70<br />

-- VI, lO, 59 (9), 69, 71, 71 (34), 72,<br />

73, 73 (39), 74, 83, 84, 84 (9), 91,<br />

292, 293, 293 (4), 294, 303 (26),<br />

325 (3), 326, 330, 334<br />

- VII, 73, 74, 74 (42), 86, 97, 100<br />

- VIII, 75, 75 (44), 114, 118<br />

- IX, 75 (46), 75, 117, 118, 119,294,<br />

330<br />

- X, 75, 76<br />

- Novello, 63<br />

- da Rustega, 135, 135 (58)<br />

'l'isolino, 63, 71, 71 (33), 74, 85, 87<br />

Tisone, 64<br />

- (nipote di Marsiglio), 119, 119 (22),<br />

120<br />

Tito Livio, 15, 26 (17), 29 (25)<br />

Tiziano Vecellio, 300 (21)<br />

Toffanin, 399<br />

Tomadini Jacopo, 257, 257 (14)<br />

Tommaseo Nicolò, 211 (39)<br />

Torniego Domenego, 385<br />

Trabucco Giov. Battista, 517, 518, 520<br />

Trapolin Julio, 508<br />

Trapolino, 135<br />

537<br />

Trapolino Alberto, 496, 496 (23),497,498,<br />

499<br />

- Arrigo, 494, 495, 495 (17/18)<br />

- Francesco, 492 (lO), 514<br />

- de' Trapolini, 509<br />

Trapolini (fam.), 492, 492 (7/10), 493 (10/<br />

15), 494, 499, 510, 514, 516<br />

Traversi Pietro Anselmo, 517, 518, 520<br />

Trevisan Francesco, 216<br />

- Marin, 461, 462<br />

-- Romano, 235 (16)<br />

Trevixan Jacomo, 384<br />

Trissino Leonardo, 157, 162, 180, 183 (81),<br />

331, 365, 369, 369 (6), 370, 371, 379,<br />

498<br />

Turricena Angelo, 162<br />

Ubertino, (figlio Franc. Novello), 140 (66)<br />

da Carrara, 35 (45), 39 (54), 120,<br />

121, 122, 122 (30), 330<br />

Ughelli, 15,23 (4),26 (13), 67 (22),491 (6)<br />

Ughi Giuseppe, 407 (2)<br />

Ugo (di Provenza), 52<br />

Ugolino da Duino, 135 (58)<br />

Ugone di Duino (Alduino), 129, 494, 494<br />

(16)<br />

Uguccione di Tartaro, 96 (30)<br />

- d'Uberto Traversini, 96<br />

UEsse, 430<br />

UIdeo di Wals, 116<br />

Vacuni, 362 (32)<br />

Valentini (fam.), 444<br />

- Stefano, 125<br />

Valier Giro<strong>la</strong>mo, 218, 432<br />

Pietro, 441<br />

Val<strong>la</strong>resso Luca, 216<br />

Valle Giuseppe, 281<br />

Valsecchi Annibale, 174 (70)<br />

Vanin (fam.), 444<br />

Vanzi, 164 (43), 172 (60)<br />

Varnerio, 66<br />

Varrati (fam.), 478<br />

Vecellio, 338, 338 (4), 339 (6/7), 341 (9/<br />

lO), 342 (11)<br />

Vences<strong>la</strong>o (imp.), 131 (53)<br />

Vendramin Andrea, 165, 165 (46)<br />

Venier Angelo, 219<br />

- Antonio, 418<br />

- Bernardo, 165<br />

- Giovanni, 217<br />

Marco, 217


Venier Pietro, 217<br />

Verci, 9, 15,56 (1), 60 (13), 68, 68 (24/25/<br />

26), 70 (29/31), 73 (37), 74 (41), 76<br />

(48), 80, 80 (4), 81 (6), 85 (12), 87<br />

(13), 89 (17), 90 (19), 98 (34), 120, 121<br />

(28), 122 (29), 123 (34), 128, 137 (63),<br />

141, 155 (24), 234 (15), 236 (18), 292<br />

(3), 357 (12/15), 358 (16), 457, 493<br />

(15), 495 (20), 506 (1)<br />

Verdura Gian Francesco, 239<br />

Vergerio, 14, 39 (54), 120, 122, 122 (30)<br />

Vespasiano, 29<br />

Viaro Stefano, 150 (13)<br />

- Tomaso, 216<br />

Vigodarzere (fam.), 492, 492 (7/10)<br />

Vinciguerra di Sambonifacio, 115<br />

- Tempesta, 63, 64, 66, 325<br />

Vion (fam.), 444<br />

Visconti (fam.), 494<br />

- Bernabò, 126<br />

Vitellio, 29<br />

Vitturi Benedetto, 161, 216, 385<br />

Vivaldo di Gerardo, 139, 141, 331, 365,<br />

366<br />

Vivarini Andrea, 293<br />

Volpato Lino, .502<br />

Walis (conte di), 424<br />

Walter Giovanni, 446<br />

Wi:imser, 187<br />

Zabeo Zuanne, 280<br />

Zacco (fam.), 492 (7), 500, 514, 515<br />

- Augusto, 244, 285 (15), 514<br />

Zago Vincenzo, 160<br />

Zancani Bertuccio, 121<br />

Zanca!Ìol Luc'Antonio, 219<br />

Zanchi Giro<strong>la</strong>mo, 244, 266, 288, 444<br />

Zane Andrea, 160, 217<br />

- Marc'Antonio, 217<br />

- Paolo, 218, 434<br />

Zanetti Isabel<strong>la</strong>, 279, 445<br />

Zangrando, 252 (3)<br />

Zanocco Rizzeri, 308<br />

Zanon, 15, 36, 37 (52)<br />

- Giacomo, 451<br />

Zanoni Francesco, 310, 315<br />

- Giovanni, 315<br />

Zardo Augusto, 302<br />

Zatta (fam.), 442, 443<br />

- Bassiano, 154, 154 (22)<br />

--- Benedetto, 345<br />

Zen Carlo, 217<br />

-- Domenico, 219<br />

- Luca, 178<br />

- MalTo, 32, 174, 216, 219<br />

- Pietro, 449<br />

- Vincenzo, 219<br />

Zendrini B., 15, 168 (51), 168 (52), 361<br />

(29)<br />

Zilio (arch.), 95 (28)<br />

ZineHi (vesc.), 314<br />

Zin (fam.), 443<br />

- Giacomo, 279<br />

Zonca (fam.), 442, 443<br />

-- Felice, 279<br />

Zordan Adriana, 279, 445<br />

-- Alvise, 279, 445<br />

Zorzi Alvise, 218<br />

- Antonio, 218<br />

- Costantino, 218<br />

- Francesco, 215, 217, 280, 462<br />

- Giacomo Pietro, 220<br />

-- Giovanni, 218, 243<br />

- Giovanni Carlo, 219<br />

Giro<strong>la</strong>mo, 217<br />

--- Giulio, 396, 431, 432<br />

- Giuseppe (Iseppo), 155, 221, 404<br />

(1), 409, 412, 413, 415, 416<br />

- Leonardo, 218, 431<br />

- Lorenzo, 218<br />

Marco, 220<br />

- Pietro Antonio, 220<br />

-- Zuane, 433<br />

Zuanne, 346, 347, 348, 348 (17)<br />

Zuliani Giuseppe, 211<br />

- Matteo, 444 (29)<br />

Zusto Francesco, 217<br />

INDICE GENERALE<br />

Presentazione al<strong>la</strong> seconda edizione ......................... .<br />

Prefazione ............................................ .<br />

Fonti e principali o<strong>per</strong>e consultate ......................... .<br />

PARTE PRIMA<br />

STORIA CIVILE<br />

I - Romanità del territorio camposampierino e di Camposampiero<br />

II - Camposampiero dal<strong>la</strong> caduta dell'im<strong>per</strong>o romano al 1000 ..<br />

III - Notizie preliminari sui conti di Camposampiero ......... .<br />

IV - I primi 150 anni del feudo e Camposampiero nel <strong>per</strong>iodo<br />

ecceliniano ...................................... .<br />

V - Camposampiero sotto il Comune di Padova (1150-1328) -<br />

Sotto gli Scaligeri (1328-1337) - Sotto <strong>la</strong> signoria dei Carraresi<br />

(1340-1405) .......................... o o o o o o o<br />

VI - Camposampiero sotto <strong>la</strong> dominazione veneta (1405-1797) o o<br />

VII - Camposampiero dal<strong>la</strong> caduta del<strong>la</strong> Repubblica (1797) al<strong>la</strong><br />

annessione del<strong>la</strong> Venezia al Regno d'Italia (1866) o o o o o o o o<br />

VIII - Serie cronologica dei podestà veneti di Camposampiero o o o o<br />

PARTE SECONDA<br />

STORIA ECCLESIASTICA<br />

I - La pieve di Camposampiero o o o o o o o o . o o o o o o o o o o o o o o o o o<br />

II - La chiesa arcipretale di San Pietro o o o o o o o . o o o o o o o o o o o o<br />

III Oratorii non piti esistenti o o o o o o o o o o o o o o o o . o o o o o o o o o o o<br />

539<br />

Pago 5<br />

» 7<br />

» 13<br />

» 21<br />

» 45<br />

» 53<br />

» 77<br />

» 101<br />

» 159<br />

» 191<br />

» 213<br />

» 227<br />

» 249<br />

» 261


IV - Oratorii esistenti o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o Pago 269<br />

V - Notizie storiche complementari o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o » 273<br />

VI - Chiesa e monastero di San Giovanni ed oratorio di So Antonio<br />

del noce o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o » 289<br />

VII - Parrocchia e chiesa di S. Marco di Camposampiero o o o o o o o o » 305<br />

PARTE TERZA<br />

MONOGRAFIE<br />

Vicende storiche del castello di Camposampiero o o o o o o o o<br />

II - Il Monte di Pietà di Camposampiero o o o . o o o o o o o o o o o o o o<br />

III - Cangiamenti avvenuti nei corsi d'acqua camposampiedni o o<br />

IV - Camposampiero e <strong>la</strong> guerra di Cambrai o o o o o o o o o o o o o o o o<br />

V - La peste del 1631 a Camposampiero o. o o o o o o o o o o o o o o o .<br />

VI - Ricordi di vita camposampierina dal 1796 al 1805 o. o o o o o o<br />

VII - Aneddoti, ricordi e curiosità camposampierine o o o o o o o . o o<br />

VIII Antonio Baratel<strong>la</strong> o o o o o o o o o . o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o<br />

IX - Due documenti o o . o o o o o o . o o o o o o o o o o o o o o . o o o o o o o o o o o<br />

X - Uno sguardo al tempo presente o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o<br />

RUSTEGA<br />

FRAZIONE DI <strong>CAMPOSAMPIERO</strong><br />

» 321<br />

» 335<br />

» 351<br />

» 363<br />

» 387<br />

» 401<br />

» 427<br />

» 453<br />

» 455<br />

» 469<br />

Storia civile o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o » 487<br />

Storia ecclesiastica o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o o » 503<br />

Indice dei nomi propri e delle famiglie o o o o o o o o o o o o o . o o . o o o o o o » 523<br />

QUESTO VOLUME<br />

« <strong>CAMPOSAMPIERO</strong> - SAGGI STORICI»<br />

DI DON LUIGI ROSTIROLA<br />

È STATO STAMPATO NELL'AGOSTO DEL 1972<br />

NELLA TIPOGRAFIA BERTONCELLO DI CITTADELLA<br />

A CURA DI BINO REBELLATO<br />

EDITORE IN PADOVA


Prezzo del v(<br />

Rilegatura sp

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