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LA CORTE BENEDETTINA DI LEGNARO Vicende ... - Giuliocesaro.it

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<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong><strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong><strong>Vicende</strong>, strutture, restauria cura di Mimmo V<strong>it</strong>a e Francesco G.B. TroleseRegione del Veneto


I documenti estratti dall’Archivio di Stato di Padova,sono stati riprodotti su concessione n. 24 del 06/12/2001, prot. n. 5176/X.1Il disegno dei possedimenti della Corte di Legnaro datato1774, riprodotto nei fogli di risguardo ed in copertina,è stato ricavato dall’ARCHIVIO <strong>DI</strong> STATO <strong>DI</strong> PADOVA, Corporazionisoppresse, S. Giustina, 581.I documenti di pag. 1 e 160 riproducono disegni del1795 conservati nell’ARCHIVIO <strong>DI</strong> STATO <strong>DI</strong> PADOVA, Corporazionisoppresse, S. Giustina, 560, f. 1r, 2r.Pubblicazione realizzata in collaborazione con l’Assessoratoalla Cultura e l’Ident<strong>it</strong>à veneta della Regione delVeneto© Copyright 2001 by :– Regione del Veneto, 30100 Venezia, Dorsoduro 3901– Veneto Agricoltura, 35020 Legnaro (PD), Via RomeaSono rigorosamente vietati la riproduzione, la traduzione,l’adattamento, anche parziale o per estratti, perqualsiasi uso e con qualsiasi mezzo effettuati, compresila copia fotostatica, il microfilm, la memorizzazione elettronicaecc., senza la preventiva autorizzazione scr<strong>it</strong>ta diRegione del Veneto – Veneto Agricoltura.Ogni abuso sarà persegu<strong>it</strong>o a norma di legge.Regione del Veneto


IndiceGIANCARLO GA<strong>LA</strong>N, Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5GIORGIO CAROLLO, Presentazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7GUGLIELMO MONTI, Il recupero della Corte di Legnaro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11SANTE BORTO<strong>LA</strong>MI,‘Corti’ e ‘granze’ benedettine nel Medioevo: alle origini di una storia di lunga durata . . . . . . . . . . 15FRANCESCO G.B. TROLESE, La presenza dei monaci di Santa Giustina a Legnaro e nella Corte . . . . 33LUIGI DESTRO, MAURO RONCADA,L’intervento di restauro da parte della Regione Veneto – Genio civile di Padova . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71ENRICO SCHIAVINA, L’intervento di restauro alla Corte benedettina di Legnaro . . . . . . . . . . . . . . . 954


La storia degli uomini non sempre ha come unici protagonisti re o eserc<strong>it</strong>i.In particolare la storia medievale dei nostri terr<strong>it</strong>ori veneti si segnala comeuna continua opera di addomesticamento della natura: si trattava di terrenidifficili, spesso acqu<strong>it</strong>rinosi o dominati dalle selve. L’azione dei benedettini,assieme a quella delle signorie locali, era diretta alla regimazione delle acque,la bonifica delle terre e comunque alla conversione del paesaggio, allora spessodominato dalla boscaglia, in aree ove si doveva insediare l’agricoltura, la veraricchezza del tempo. Il nostro Veneto è una terra bella oggi. Viene vis<strong>it</strong>ata datutti perché è universalmente riconosciuto questo patrimonio, che è culturale,arch<strong>it</strong>ettonico e ambientale. Ci sarà stato scempio, forse in altri tempi, mala qual<strong>it</strong>à del nostro terr<strong>it</strong>orio è ai vertici mondiali. E dobbiamo ringraziarel’Agricoltura perché ha saputo modellare mirabilmente il paesaggio. Le Cortibenedettine con il loro patrimonio religioso e culturale incrociano questa operaavviata dai monaci con mirabile sapienza circa mille anni fa. Quella di Legnaro,che abbiamo voluto recuperare affidandola al mondo agricolo, è un segnomirabile di questo sviluppo. La rural<strong>it</strong>à oggi è tornata al centro degli interessi.Non si tratta di una sorta di infantile nostalgia del mondo contadino. È veroe proprio mercato, che contraddistingue anche qui le capac<strong>it</strong>à professionali deinostri imprend<strong>it</strong>ori agricoli ed agroalimentari, i quali sanno ben valorizzarei prodotti, avvalendosi della loro superiore qual<strong>it</strong>à e del contesto all’internodei quali vengono proposti. Veneto Agricoltura ha saputo inserirsi in questoprocesso, e la Corte benedettina di Legnaro è, se vogliamo, il segno di come laRegione intende affiancarsi e collaborare con il mondo agricolo per governarei processi in atto. Una parola d’ordine: recuperare la tradizione all’interno diuna visione innovativa ed innovatrice.GIANCARLO GA<strong>LA</strong>NPresidente della Regione del Veneto5


La Corte benedettina di Legnaro, dopo il restauro durato ben 12 anni,è oggi uno dei complessi arch<strong>it</strong>ettonici più significativi della bassa padovana.Come ha già sottolineato il Presidente della Regione Giancarlo Galan, i milionidi Euro spesi, sono stati ben spesi. Gli investimenti in cultura, il recupero dellastoria più profonda della v<strong>it</strong>a del nostro terr<strong>it</strong>orio è un dovere che dobbiamo anoi stessi ed alle generazioni future. La Corte benedettina di Legnaro è semprestata un centro oltreché religioso, il fulcro della v<strong>it</strong>a rurale di un comprensoriovasto e significativo, anche mille anni fa. Per noi di Veneto Agricoltura questo ètanto più vero se, come dimostrano gli importanti testi di Padre Francesco G.B.Trolese, Direttore della Biblioteca dell’Abbazia di Santa Giustina di Padova edel Prof. Sante Bortolami dell’Univers<strong>it</strong>à di Padova – che qui ringrazio per illoro impegno nel portare a termine questo volume –, associamo la Corte di alloraa quella di oggi. Il suo rifiorire non solamente dal punto di vista strutturalema anche quale riferimento per il mondo rurale è l’obiettivo che più ci prefiggevamo.Oggi è centro di formazione e divulgazione, osp<strong>it</strong>a convegni e meetingnazionali ed internazionali, accoglie studiosi e giovani che intendono approfondiree comprendere l’innovazione in agricoltura, o nei settori agroalimentare,forestale, ecc. È inoltre a disposizione del terr<strong>it</strong>orio, osp<strong>it</strong>ando la biblioteca edalcuni servizi del Comune di Legnaro.Voglio anche ringraziare la Soprintendenza per i beni arch<strong>it</strong>ettonici eper il paesaggio del Veneto Orientale che ha segu<strong>it</strong>o con attenzione le fasi delrestauro, permettendoci di giungere ai risultati ben riprodotti in questo libro,come la dedizione degli Ingegneri Luigi Destro e Mauro Roncada del GenioCivile di Padova, che hanno diretto i lavori realizzati con sapienza dalla d<strong>it</strong>taSchiavina. Come un plauso va al Dr. Mimmo V<strong>it</strong>a che con i suoi collaboratoriha portato a termine questo volume, nonostante alcune difficoltà ancheimprevedibili. Il ricordo della scomparsa del Prof. Camillo Semenzato, cui cieravamo affidati per la cura di questo libro, è ancora forte. A lui va il nostrocommosso ricordo, certi che queste pagine incarnano anche quanto egli avrebbepotuto realizzare.GIORGIO CAROLLOAmministratore Unico Veneto Agricoltura7


Guglielmo Monti*Il recupero della corte di LegnaroL’intervento nella Corte benedettina di Legnaro harappresentato per molti aspetti un episodio anomalonell’attiv<strong>it</strong>à della Soprintendenza per i beni arch<strong>it</strong>ettonicie il paesaggio del Veneto Orientale. Normalmentel’Ufficio segue dall’esterno i lavori altrui eserc<strong>it</strong>andoun’azione di controllo, oppure affronta direttamenteoperazioni di restauro assumendone la progettazione edirezione dei lavori. Quest’ultima modal<strong>it</strong>à è costantequando il Ministero per i beni e le attiv<strong>it</strong>à culturalieroga i fondi e tende ad estendersi anche alle opereconcorrenti eventualmente assunte da altri Enti.In questo caso invece si è scelto di lasciare alla RegioneVeneto, cofinanziatrice minor<strong>it</strong>aria insieme al Ministero,l’onere della direzione dei lavori, affidata all’ing. Roncadadel Nucleo operativo di Padova. Il progetto poi avevaavuto un <strong>it</strong>er particolarmente laborioso, provocando,per una serie di disavventure burocratiche che avevanovisto susseguirsi studi preliminari, gare e affidamenti perun lungo periodo, r<strong>it</strong>ardi nell’espletamento delle garee conseguenti disagi all’Ufficio, costretto a rinviare daun anno all’altro i finanziamenti e quindi ad iscriverliin bilancio come fondi non impegnati. Il risultato diquesto processo, pur essendo stato accettato anche sottoil profilo della conservazione di un bene tutelato, avevasusc<strong>it</strong>ato qualche perpless<strong>it</strong>à e la sensazione di trovarsidi fronte ad un impegno prevalentemente incentrato suaspetti strutturali e ridistributivi.Questa prima valutazione, un<strong>it</strong>a alla convinzione cheil complesso, rimaneggiato anche in epoche recenti epesantemente riutilizzato a fini commerciali e industriali,conservasse solo un lim<strong>it</strong>ato interesse specificamentestorico – artistico, è stata alla base della decisione diconservare, dopo l’approvazione del progetto, un ruolodi supervisione, sanc<strong>it</strong>o con appos<strong>it</strong>o accordo di programma.D’altronde la funzione a cui il complesso eradestinato, come parte integrante della struttura univers<strong>it</strong>ariadi Agripolis, rendeva la Regione più interessataa gestire direttamente il cantiere. Anche l’ent<strong>it</strong>à dellesomme, preventivate in nove miliardi, di cui due terzia carico del Ministero, era assolutamente insol<strong>it</strong>a per lenostre opere, difficilmente al di sopra del miliardo.Naturalmente la posizione scelta dava fiducia alla managerial<strong>it</strong>àregionale, ma non intendeva abdicare da unruolo di attiva partecipazione, reso anzi più urgente dai11


GUGLIELMO MONTIlim<strong>it</strong>i dell’impostazione progettuale e dalle condizioniprecarie in cui si trovava proprio la parte più interessantedel vasto insieme di costruzioni, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a dal corpocentrale che domina la grande corte quattrocentesca.Già nell’esame delle proposte presentate si era concentratal’attenzione sul problema dei suoi grandi spaziinterni e del sottostante portico, specialmente delicatonella porzione sostenuta da colonne in pietra di Nanto.La stretta intesa che si è stabil<strong>it</strong>a tra l’arch. Edi Pezzetta,rappresentante della Soprintendenza, l’ing. MauroRoncada, la d<strong>it</strong>ta Schiavina di Casalecchio di Reno,appaltatrice dell’Opera, e l’ing. Raffaele Poluzzi, consulentestatico dell’impresa, ha consent<strong>it</strong>o di superarebrillantemente le difficoltà iniziali. Come vedremomeglio, il comune intento di rispettare e valorizzarel’esistente ha anzi permesso, a dispetto delle impegnativeesigenze tecniche da soddisfare, di scoprire nuovevalenze di natura estetica e documentaria che un usotroppo disinvolto aveva occultato e talvolta deturpato.Si è cercato innanz<strong>it</strong>utto di ridurre al minimo l’impattodella struttura metallica destinata a sostenere le travidel portico, assegnando ai montanti verticali, pocovisibili, anche la funzione di intelaiatura degli infissidelle vetrate, arretrati e semplificati per rest<strong>it</strong>uire allavisione d’insieme l’effetto di profond<strong>it</strong>à originario. Ilcr<strong>it</strong>erio adottato è stato quello di lim<strong>it</strong>are allo strettoindispensabile la presenza di nuovi elementi, ev<strong>it</strong>andofin dove possibile che si sost<strong>it</strong>uiscano a quelli esistenti eli riducano a rivestimenti decorativi.Lo stesso principio ha orientato l’azione di consolidamentodi solai e coperture, portando a superare leindicazioni progettuali, che prevedevano pesanti sost<strong>it</strong>uzionie variazioni di quota. Ci si è lim<strong>it</strong>ati a riordinarele quote d’imposta, modificate d’altronde sulla base diinterventi provvisionali spesso improvvidi e comunqueepisodici, con operazioni puntuali di riabil<strong>it</strong>azione euna generale ricuc<strong>it</strong>ura delle capriate mediante esil<strong>it</strong>iranti metallici in funzione di controventature. I pilastrinidi legno che in maniera anomala ma suggestivatrasformavano le catene lignee in travi sono stati conservati,ev<strong>it</strong>ando così rinforzi più radicali.Al salvataggio di un sistema strutturale di collaborazionetra ossatura del tetto e ord<strong>it</strong>ura primaria sottostante,irrobust<strong>it</strong>a, come già ricordato, dai telai metallici del portico,si è accompagnato quello, assicurato da un sapienterestauro, delle travature cinquecentesche decorate.L’uso di una trama di fibre di carbonio come telaidi contenimento delle deformazioni murarie ha resopossibile il mantenimento delle stesse sagome parietalideformate, intervenendo in misura assai ridotta sul corpodelle murature.Pur accettando alcuni sacrifici per l’inserimento diimpianti che, dovendo normalizzare per uso pubblicograndi ambienti, non possono sempre piegarsi alle esigenzedi discrezione che abbiamo cercato di seguire,anche in questo campo abbiamo segu<strong>it</strong>o un orientamentocapace di abbinare la mancanza di mascheramenticon la minima invasiv<strong>it</strong>à.L’attenzione usata nella soluzione di problemi ediliziha trovato un riscontro nella già accennata cura perle pul<strong>it</strong>ure e il recupero delle decorazioni sulle membraturelignee, le cui pigmentazioni erano gravementealterate dalla caligine e deteriorate da attacchi biologicidi funghi e insetti. La conservazione delle quote originarieha permesso di recuperare anche molti pavimentiin cotto interni, con uno studio delle tess<strong>it</strong>ure che èstato riproposto anche nel ripristino dei grandi selciatiesterni della corte, molto ammalorati dagli usi impropri.L’estensione di queste aie pavimentate in laterizio èveramente eccezionale e c’è sembrata così caratterizzanteda mer<strong>it</strong>are di essere integralmente ripresentata.Un episodio ove quest’entusiasmo della riscoperta,motivato anche dallo stato miserabile in cui si trovava ilcomplesso prima dei lavori, ha trovato la sua ricompensapiù eclatante è stata la scoperta della cappella. Utilizzatacome officina meccanica, aveva perso quasi completamentela sua grazia settecentesca, ma la pul<strong>it</strong>uradelle pareti ha svelato marmorini dipinti e specchiatureraffinate. Per fortuna le poche parti residue del pavimentoalla veneziana hanno permesso di ricostruirnel’intero disegno, che è stato reintegrato riempendo labuca del meccanico e rimettendo in luce, senza troppeforzature, uno spazio che sembrava perso.12


IL RECUPERO DEL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>La vicenda della Corte di Legnaro è esemplare proprioperché dimostra come la perseveranza su obiettivi diconservazione possa portare, anche partendo da condizioniavverse e da contesti edilizi tormentati, a risultatiche superano le previsioni. Se è vero in generale chel’esperienza acquis<strong>it</strong>a in questo campo dalla Soprintendenzasi utilizza nel migliore dei modi affidandogli laprogettazione e la condizione delle opere di maggiorimpegno conservativo, bisogna convenire che in operazionidi largo respiro e di molteplici implicazioni comequesta la collaborazione tra Enti con diverse vocazionie strutture può essere preziosa. Quando si riscontrauna così convincente un<strong>it</strong>à d’intenti gli specialisti dellaist<strong>it</strong>uzione statale possono anche cedere il passo aprofessionisti esterni e ad altri funzionari, lim<strong>it</strong>andosi afornire indicazioni.L’essenziale è che l’azione di tutela non sia recep<strong>it</strong>a dachi opera come ostacolo da superare, ma come consulenzadi cui prof<strong>it</strong>tare per una cresc<strong>it</strong>a qual<strong>it</strong>ativa. Chisi occupa prevalentemente di opere del passato sa chevale la pena di studiarle e comprenderle perché sonoquasi sempre, anche in condizioni apparentementedisperate, in grado di rest<strong>it</strong>uire qualcosa della lorograndezza, a condizione di ascoltarle con una certaumiltà. È però una condizione che costringe ad assumersidei rischi, tra i quali figura quello di rimettere indiscussione i propri intenti progettuali, come non tuttigli operatori sono disposti a fare.Servono perciò leggi e regolamenti che, diversamenteda quello che sta accadendo, consentano e favoriscanol’impiego delle forze più qualificate e la tranquill<strong>it</strong>à dipoter operare una continua revisione, di fronte allarealtà del cantiere, di ogni previsione programmatica.Non so se si riuscirà ad invertire un percorso cheomologa il restauro alla fabbricazione di un prodottoindustriale, ma so che è una condizione necessaria se sivuole che casi come quello della Corte di Legnaro nonrestino fortunate e rare combinazioni.*Soprintendente per i beni arch<strong>it</strong>ettonici eper il paesaggio13


Sante Bortolami‘Corti’ e ‘granze’ benedettine nel Medioevo:alle origini di una storia di lunga durataÈa tutti noto il rapporto complesso e profondoche ha legato nel corso dei secoli il monachesimoalla regione veneta. L’arte, la cultura, laspir<strong>it</strong>ual<strong>it</strong>à, ma anche le forme del paesaggio, gli insediamenti,l’economia del Veneto odierno sarebberoincomprensibili senza questa discreta ma significativapresenza che ha accompagnato il farsi progressivo diuna civiltà dal medioevo ai giorni nostri.Non solo le grandi c<strong>it</strong>tà (si pensi a episodi quali S.Zeno di Verona o S. Giorgio Maggiore di Venezia oancora S. Giustina di Padova) o i centri medi, ma tuttoil terr<strong>it</strong>orio regionale resta segnato in forme stupendedalle tracce di una esperienza che si è svolta appuntotra i chiostri ma in un fecondo e multiforme rapportocon la società e l’ambiente circostanti. Da Follina aPraglia a Vedana a Campese è possibile tuttora ammirareautentiche perle che parlano di una sintesi irrepetibiletra cultura e natura costru<strong>it</strong>a nel corso del tempoall’insegna dell’ora et labora di san Benedetto. Local<strong>it</strong>àquali Badia Polesine, S. Michele delle Abbadesse,Isola dell’Abbà, Brentà dell’Abba Monastier sono lì arammentarci persino col loro nome quale ruolo attivoabbia giocato un simile passato monastico nelle lagunee nella terraferma veneta 1 .Sebbene tutto ciò sia universalmente risaputo, si deveconstatare che per la conoscenza e la salvaguardia d<strong>it</strong>ante e preziose tracce di questa gloriosa storia monasticain terra veneta c’è ancora molto da fare. Una societàche pure si vuole sensibile ai valori della cultura come lanostra non sembra avere ancora compreso pienamentel’importanza di un simile comp<strong>it</strong>o. Si impegnano risorseed energie per attiv<strong>it</strong>à spesso spettacolari ed effimere,dimenticando quello che può durare nel tempo al dilà delle mode e tuttora rende il nostro paese degno diammirazione e di attrattiva. Il lavoro mer<strong>it</strong>orio delleunivers<strong>it</strong>à, delle soprintendenze, delle varie associazioniculturali, delle amministrazioni locali, spesso di singolistudiosi e appassionati, non arriva talora a corrispondereadeguatamente alla domanda di informazione e soprattuttoalle esigenze concrete di tutela e di restauro dellesvariate testimonianze archivistiche, librarie, artistiche earch<strong>it</strong>ettoniche amorevolmente preservate per secoli elasciateci in ered<strong>it</strong>à dalle comun<strong>it</strong>à benedettine del Venetomedioevale e moderno.15


SANTE BORTO<strong>LA</strong>MISpesso accade che solo le opere meglio note e appariscenti,quelle che bene o male entrano negli <strong>it</strong>inerari dimassima del grande flusso turistico, siano fatte oggettod’attenzione e cura. Di moltissime realtà più umbratili,invece, quali potrebbero essere un piccolo priorato ouna cappella o una corte agricola, si ignora talora persinol’esistenza, nonostante i recenti apprezzabili sforzidi catalogazione fatti a vari livelli e da diversi enti.Eppure è proprio questo diffuso patrimonio di segni adare – per così dire – il tono a un’intera civiltà, a cost<strong>it</strong>uirel’imprescindibile sfondo nel quale hanno mododi stagliarsi e brillare gli astri di maggior luce artistica.In questa ricchezza non ancora pienamente apprezzatae difesa come mer<strong>it</strong>a si dovrebbero appunto investireben maggiori risorse materiali ed energie più cospicuedi cuore e di mente, proprio perché parte viva di noi edel cammino storico che abbiamo compiuto.Tra gli episodi che documentano la v<strong>it</strong>al<strong>it</strong>à plurisecolaredel monachesimo nella nostra regione uno deipiù interessanti e meglio conservati è indubbiamenterappresentato dalla Corte benedettina di Legnaro, inprovincia di Padova.Com’è noto, si tratta di una struttura di lungo periodo,appartenuta fino agli inizi dell’Ottocento alla grandeabbazia di S. Giustina, che realizzò qui il centro amministrativoe gestionale di un vasto complesso fondiariocost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>osi fin dall’epoca medioevale e organizzato informe più razionali e moderne durante la dominazioneveneziana della terraferma. Una sorta di agripolis antel<strong>it</strong>teram, si direbbe, intorno alla quale si annodano tantieventi di carattere economico, sociale e in senso latoumano desiderosi ancora di essere indagati a fondo;così come si attende ancora una analisi appropriata diquel complesso arch<strong>it</strong>ettonico che fu l’efficace materializzazionedi un simile progetto di sviluppo produttivoe di aggregazione della popolazione contadina.Sappiamo che l’antico cenobio di S. Giustina, divenutonella prima età moderna il capo di una vasta congregazioneriformata presente in tutta Italia con ben 45 casereligiose affiliate, fu di gran lunga il più precoce e piùpotente fra i monasteri padovani e uno dei maggioridell’intero Veneto fin dal Medioevo 2 . La sua dotazionefondiaria, comprensiva all’epoca della soppressionenapoleonica di oltre 16.000 campi, fu frutto di donazioni,acquisti e permute oculate che si possono seguireattraverso i documenti almeno dal X secolo 3 . Attraversoil mutare dei quadri pol<strong>it</strong>ici – il libero comune, lasignoria carrarese, la dominazione veneziana – si compìcon gradual<strong>it</strong>à quello che si può considerare tuttoraun autentico prodigio: la sapiente realizzazione, cioè,di una serie di interventi in campo agricolo, idraulicoe amministrativo che risultò trainante per tutta l’economiapadovana e diede v<strong>it</strong>a a una serie di grandiaziende-modello. Mediante bonifiche, disboscamentie migliorie, tra provvedimenti gestionali e innovazionetecniche, si crearono i presupposti per impiantareintorno ad alcuni fuochi terr<strong>it</strong>oriali (Correzzola, SanSalvaro di Monselice, Maserà, Legnaro, Rovolon, Torreglia)un organico ma elastico sistema di corti provvisteciascuna di stalle, granai, orti, forno, cantina, inqualche caso anche di mulini e fornaci; corti, che a lorovolta erano governate da altrettanti gastaldi e fungevanoda punto grav<strong>it</strong>azionale di un variopinto mondo diartesani, di braccianti, di coloni insediati direttamentesulla terra padronale o nell’arcipelago delle proprietàdate in concessione.Di questa avvincente epopea agricola le corti superst<strong>it</strong>isono dunque testimonianza viva, una sorta di epifania.Gioielli ammirevoli proprio per il loro valore esemplaredi un percorso storico comune a gran parte dellegenti e delle terre venete.La storia delle Corte benedettina di Legnaro ha il suoesordio circa mille anni fa, cioè dai tempi lontani incui i monaci poterono prendere possesso di quelleche erano ancora lande pressoché spopolate e selvatiche.È da quel remoto periodo in cui gran partedella bassa pianura veneta era un vero «regno dellaforesta e della palude» 4 e Padova stava lentamenterinascendo dopo secoli di depressione che le fonti ciconsentono di seguire il lento cammino che portò allanasc<strong>it</strong>a di un vero e proprio paese, alla formazionedei primi poderi (o mansi), alla cresc<strong>it</strong>a di un nume-16


SANTE BORTO<strong>LA</strong>MIUna parola va spesa anche per chiarire quando e perquali vie quei gangli della v<strong>it</strong>a agricola che furono lecorti si cost<strong>it</strong>uirono o iniziarono la loro secolare vicendadi docili creature nelle mani dei monaci.Le corti, come si sa, sono strutture di lungo periodo lacui diffusione su larga scala in tutto l’Occidente europeosi usa attribuire al grande sforzo organizzativodelle campagne realizzato dai sovrani carolingi verso lafine del IX secolo, anche se c’è chi ha r<strong>it</strong>enuto di intravedernel’incubazione nel mondo med<strong>it</strong>erraneo già inquelle ville rustiche dell’età tardoantica e dei primisecoli barbarici nelle quali i grandi proprietari avevanoavviato un enorme lavoro di concentrazione di uominie di terreni all’insegna di una tendenziale autosufficienzaeconomica 9 . Nel caso del Veneto le prime attestazionidi esse non sono in ogni caso così precocicome in altri amb<strong>it</strong>i della penisola. Solo per il terr<strong>it</strong>orioveronese, che è il meglio documentato per questo periodo,si hanno sparse e scarne indicazioni di simili grandiaziende in cui la forza lavoro veniva organizzata asostegno di una agricoltura che stentava a farsi largo inun oceano di incolti fin dal principio del IX secolo, masi tratta per lo più di un<strong>it</strong>à fondiarie appartenenti allagrande nobiltà o agli episcopi, largamente favor<strong>it</strong>ianche dal punto di vista del potere sulla società contadinadalla debolezza dell’autor<strong>it</strong>à pubblica 10 . Più precisamentele prime notizie di braide, cioè di terre arativea conduzione diretta di alcune corti agricole risalgonoqui all’anno 813 e si fanno via via più frequenti in progressodi tempo 11 . Una delle più note e meglio organizzateera quella di Ostiglia, sulle rive del Po, e appartenevafin dalla metà del IX secolo al monastero emilianodi S. Silvestro di Nonantola 12 . A differenza di quanto siverifica Oltralpe, dove alcune grandi fondazioni monasticheerano in grado di far redigere accurati inventario pol<strong>it</strong>tici delle terre e dei dipendenti già in epoca carolingiae anche diversamente da altre zone padane o delcentro-sud della penisola, nel Veneto le corti monastichecompaiono relativamente tardi e per lo più comefrutto della munificenza dei potenti del secolo – marchesi,conti e altri grandi esponenti dell’aristocrazia – odei presuli diocesani. Ciò risulta perfettamente dalcaso di Padova. Di una fra le prime corti benedettinedocumentate in terr<strong>it</strong>orio padovano, quella di S. Tommasodi Monselice, sappiamo ad esempio che esistevaalmeno dal 906 e solo nell’anno 914 fu donata dal contedi Verona Inghelfredo al monastero femminile venezianodi S. Zaccaria, per essere confermata pochi annidopo dal vescovo di quella c<strong>it</strong>tà 13 . Essa era provvista diuna cappella officiata da un prete designato dalle monacheche, come risulta da notizie più tarde, svolgevaanche funzioni di amministratore della casa padronale(domus cultile) ubicata a ridosso delle mura della c<strong>it</strong>tadinaeuganea e del complesso di fondi rustici cui mettevanocapo altrettanti poderi familiari (massaricie,casalia), di orti, di vigneti, di uliveti, di prati, di pascolie di terreni selvatici disseminati nei dintorni e dipendentida essa. Con lo stesso atto di liberal<strong>it</strong>à le religiosedi S. Zaccaria ricevevano un’altra corte, pure provvistadi una cappella dedicata a S. Maria, in quel di Cona.Una potente abbazia veronese, quella di S. Zeno, eravenuta a sua volta in possesso di altre cospicue proprietànel Padovano già da qualche decennio quando,nel 939, permutava col vescovo della c<strong>it</strong>tà scaligera lachiesa di S. Tommaso s<strong>it</strong>a appunto in una local<strong>it</strong>à vicinaa Piove di Sacco chiamata tuttora Corte, più altredue tra i colli Euganei e i Berici, precisamente a Boccone a Montegalda 14 . Anche questa comprendeva unachiesa retta da un monaco, era provvista di un cim<strong>it</strong>eroe aveva un corredo imprecisato di case e masserie contadinee di serv<strong>it</strong>ù. Una particolar<strong>it</strong>à, anzi, di questoperiodo d’oro dell’espansione monastica fu che i patrimonidonati, fossero o meno organizzati in grosse proprietàaccentrate, si dislocavano con grande facil<strong>it</strong>àanche a distanze notevoli dall’ente benedettino che liotteneva, proprio perché le logiche pol<strong>it</strong>iche dei facoltosidonatori e quelle delle abbazie o delle congregazioniregolari beneficate non seguivano, come sarà insegu<strong>it</strong>o, particolari cr<strong>it</strong>eri di esclusivismo c<strong>it</strong>tadino.Così è normale incontrare già nell’anno 983 sia cortisia casali (cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i di sol<strong>it</strong>o da un<strong>it</strong>à aziendali ugualmenteaccentrate ma più piccole), in mano al monasterovicentino dei SS. Felice e Fortunato in tutta la zonacollinare euganea (a Zovon, Boccon, Fontanafredda,18


SANTE BORTO<strong>LA</strong>MIdei coloni del massaricio. Così, il ricorso al mercato sifaceva solo in casi eccezionali: almeno per le necess<strong>it</strong>àordinarie, l’organismo curtense tendeva all’autarchia»18 . Ma ripetiamo, concretamente esse si presentavanopoi ciascuna con le sue particolar<strong>it</strong>à.Un esempio particolarmente ricco di dettagli è quellodella corte di Bagnoli. Nel 954 il marchese Almericoe la moglie Franca, pure essi esponenti della più altolocataaristocrazia del Regnum Italiae, la donavano aireligiosi di un monastero sorto alle foci del Bacchiglione,cioè S. Michele Arcangelo di Brondolo, conmotivazioni non molto diverse da quelle normalmenteinvocate in simili gesti di generos<strong>it</strong>à da parte dei potentibenefattori: espiare colpe per una condotta di v<strong>it</strong>aassai spesso violenta e rapace nei confronti delle chiesee dei poveri, acquisire mer<strong>it</strong>i spir<strong>it</strong>uali per sé e i propridefunti (pro remedio animae o pro remissione peccatorumsono tra le formule più frequentemente ricorrentinegli atti relativi), garantirsi un sicuro e onorato luogodi sepoltura, crearsi validi appoggi e amicizie anchemateriali per la loro pol<strong>it</strong>ica mondana. Ebbene, lacorte era così composta: da una grande casa padronale(mansio domnicalis) provvista di cappella; un apparatodi ben 125 mansi o massaricie doverano insediati uncentinaio di lavoratori di condizione originariamentelibera e venticinque servi con le rispettive famiglie. Aquesto centro grav<strong>it</strong>azionale afferivano altre due cappelle,l’una dedicata a s. Giovanni Evangelista e l’altraa s. Cristoforo; inoltre otto masserie in un villaggiooggi scomparso (Vico Cerboni); altri due più piccolicentri colonici o fattorie padronali (braidum… quivocatur Braida de Creda, braidum de Levado), entrambiugualmente dotati di una chiesuola. Se si stima checiascun manso potesse avere un’estensione media di20 campi padovani (se ne incontrano anche da 10-15,ma in questa zona anche da 40) si può tranquillamenteipotizzare una grandezza della corte dell’ordine diuna decina di kmq, esattamente quella di un comunemedio della bassa Padovana. Anche i riferimenti adAgna, Conselve, Tribano, S. Siro, Anguillara, Concadalbero,Cavarzere, tra i s<strong>it</strong>i confinanti ci confermanoche la corte coincideva tendenzialmente con l’attualepaese di Bagnoli. Ovviamente la corte aveva una suariconoscibile dimensione e dei confini, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i per lopiù da argini, canali, strade, ma anche da roveri secolari,da qualche cippo lapideo e da una torre. Un f<strong>it</strong>tointreccio di fosse, canali e paludi si alternava all’internodi essa a prati e boschi, e sconfinava verso sud nellasumma silva iusta Adese Vetere, cioè in una enormee pressochè impenetrabile foresta umida adiacenteall’Adige, all’epoca ancora libero di vagare liberamenteper le campagne vicine. In tutto questo vasto compartodi fatto il monastero di S. Michele diventava l’unicodetentore di ogni risorsa naturale, potendo così cumularealle scarse e mal coltivate isole coltivate un enormecomplesso di superfici palustri e boscose che fornivanoselvaggina e pesci e si prestavano ottimamente all’allevamentodegli animali, specie dei suini 19 . Mulini, pozzie persino un mercato da cui si ricavavano i pedaggicorrisposti in ragione delle merci trasportate per terrae su acqua completavano il tutto.Rispetto a questa tipologia di corte a struttura sostanzialmente‘compatta’ anche dal punto di vista dellaproprietà (vi erano, per così dire, incastonate solo duemasserie già donate dagli avi di Almerico al monasteropadovano di S. Giustina e una sorte elarg<strong>it</strong>a a quello diS. Silvestro di Nonantola) la corte di Porto, che la famigliadei conti di Treviso, fortemente indeb<strong>it</strong>ata, cedettenel 1117 per una cospicua somma al monastero dei SS.Ilario e Benedetto, costru<strong>it</strong>o presso le foci del Brenta,non lontano dall’odierna Gambarare, rappresenta uncomplesso assai più sfilacciato e discontinuo. Il suocentro direzionale era cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dal castello e dallacorte (curia) padronale di Porto, nei dintorni del qualesi trovavano anche 25 delle 150 masserie che la componevano.Le altre si distribuivano pressappoco lungotutta l’attuale riviera del Brenta, in una plural<strong>it</strong>à di villaggilontani fra loro anche una decina di chilometri,parecchi dei quali sono tuttora esistenti: Sambruson,Strà, Tombelle, Sermazza, Vigonovo, Fossò, Paluello,Oriago, Borbiago, Rossignago, Mirano, Arino, Veternigo.Anche le cappelle, le selve, i prati e i mulini chene facevano parte erano disseminati su tutto questolungo corridoio che dalla costa adriatica arrivava quasi20


‘CORTI’ E ‘GRANZE’ BENEDETTINE NEL ME<strong>DI</strong>OEVO: ALLE ORIGINI <strong>DI</strong> UNA STORIA <strong>DI</strong> LUNGA DURATACandiana, a S. Stefano di Carrara, a S. Maria di Praglia,a S. Daniele in Monte di Abano, a S. Lucia del Brentadi Fontaniva, a S. Croce di Campese, alla stessa abbaziadelle Carceri (anche se questa si cost<strong>it</strong>uì dapprimacome canonica regolare e divenne solo più tardi monasterocamaldolese) – ebbero tutto l’interesse a espanderee a valorizzare al massimo le dotazioni fondiarieiniziali, coinvolgendo ampie fette della popolazionerurale nei loro progetti di sviluppo. Vastissime plaghepaludose e ampie zone ricoperte di un f<strong>it</strong>to mantello dibosco si aprivano alla loro intraprendenza: era questa lanuova frontiera su cui, impegnando lavoro e ingegno,si poteva presumere di moltiplicare le rese cerealicole ele culture specializzate come l’ulivo e la v<strong>it</strong>e, o ricavareterreni adatti all’allevamento intensivo del bestiame. Inquesta sfida lunga e laboriosa, costellata anche di scacchie battute d’arresto, ma alla fine vincente, i monaciimpararono a diventare formidabili imprend<strong>it</strong>ori.Adattandosi alle mutate condizioni economiche e allenuove dinamiche sociali, essi perfezionarono e non dirado impiantarono ex novo dei centri dominicali da cuidirigere la grande sinfonia del risveglio di campagne dasecoli stagnanti e avare.Si pensi solo a Praglia e a quel che riuscì a costruire nelcomparto collinare Euganeo a partire dal 1100 circa:donazioni, sì, e ancora acquisti, permute, investimenti,migliorie, accorpamento e organizzazione di un arcipelagodi terreni dispersi (una corte era già esistente aCarbonara nel 1205, più tardi se ne troverà una a Spirano);ma, soprattutto, fortissima incentivazione dellaspinta agricolo-insediativa, con la creazione di nuovipoderi colonici, detti con vecchio vocabolario mansi,e addir<strong>it</strong>tura di nuovi paesi. Da Tencarola ad Abano,da Tramonte a Valsanzibio, da Teolo a Torreglia, daLuvigliano a Brusegana fu tutto un fervere di dissodamenti,di ronchi, come allora si diceva. Già in un paiodi contratti d’aff<strong>it</strong>to del 1137 e del 1140 si legge chela terra è data ad vineam plantandam, ma con sempremaggior frequenza compaiono formule come terramruncare et de super casam levare; excolere et lodamareatque fossadare, vineam relevare, ponere vineas locomortuarum, facere domum, curtem et aream et ortumconvenientes. Le terre garbe, nemorose, paludicie, cheper secoli avevano assediato i pochi e dispersi puntidi presenza umana, arretravano visibilmente. Per laraccolta dei prodotti si costruivano canipe decentratenei vari paesi. Laddove la consistenza delle terre o ladistanza dal monastero lo suggeriva, si attrezzavanostabili punti di organizzazione dei lavoratori dipendenti,di depos<strong>it</strong>o degli attrezzi e di stoccaggio delle derrate:qui come in un po’ tutto il Veneto (si pensi a nomicome Bertipaglia, da Braida de Palea o a Bressanvidoda Braidum Sancti V<strong>it</strong>i) 31 si chiamavano braide o braidi(due ne esistevano a Tencarola fin dal 1125, un altro èmenzionato Valsanzibio nel 1201, un altro ancora defin<strong>it</strong>obraydum novum è documentato a Brusegana nel1263, ad esempio) ed erano, di fatto, simili alle cort<strong>it</strong>radizionali. Oltre al lavoro dei conversi e della serv<strong>it</strong>ù(homines de familia, dominicatores) fu soprattutto unrobusto manipolo di contadini legati da contratti dicolonia parziaria e tenuti a lim<strong>it</strong>ati servizi di carreggio,di aratura, di potatura delle v<strong>it</strong>i, di miet<strong>it</strong>ura e ancorpiù un’autentica schiera di ‘livellari’ a fare, generazionedopo generazione, il miracolo (a Tramonte, adesempio, le terre allivellate rappresentavano ancora il64% del totale alla fine del Quattrocento, quando ilmonastero era riusc<strong>it</strong>o a mettere insieme un patrimoniodi 2306 campi padovani, pari a 887 ettari) 32 . Ancorpiù grandiose, perché attuate in notevole misura inzone di bassa pianura caratterizzate da un f<strong>it</strong>to disegnosuperficiale di corsi d’acqua irregolari e da concheacqu<strong>it</strong>rinose, fu l’opera svolta da S. Giustina. Restaincerto, com’è noto, se prima del 970 si possa parlaredi una vera comun<strong>it</strong>à benedettina in questo venerandoluogo di memorie cristiane, ma da questa data è certoche i vescovi di Padova trasferirono nelle mani deireligiosi che vi conducevano v<strong>it</strong>a comune secondo laregola di san Benedetto una consistente quota di benifondiari, facendone una sorta di fulcro di difesa e dipromozione del fianco meridionale della c<strong>it</strong>tà e delterr<strong>it</strong>orio. Nei subborghi meridionali di Padova l’abbaziaavviò con veri e propri piani regolatori un intensosviluppo del tessuto ab<strong>it</strong>ato fin dalla fine del X secolo,ma contemporaneamente e ancor più incisivamente23


SANTE BORTO<strong>LA</strong>MIsi prodigò nel governo e nella redenzione di un vastopatrimonio disperso in varie zone della diocesi: da Tribano,a Pernumia, a Conselve, ad Arre, a Monselice,a Cornegliana, a Bertipaglia, a Camurà, a Maserà, aRonchi, a Carpenedo, a Legnaro, a Rovolon, a Bronzola,e addir<strong>it</strong>tura Masòn, nel Vicentino 33 . Non fuun’impresa semplice, anche per le insidie di pericolosiconcorrenti contro i quali si dovette invocare frequentementela suprema protezione di papi e imperatori 34 .Come quella di Praglia, anche l’abbazia di S. Giustinaperseguì finché le autor<strong>it</strong>à comunali lo permisero unapol<strong>it</strong>ica di rafforzamento non solo patrimoniale, maanche giurisdizionale sulle corti possedute, al punto datrasformarle in curie, cioè vere e proprie enclaves doveil monastero diventava di fatto non solo padrone d<strong>it</strong>erre ma anche signore di uomini. Ancora nel 1232, adesempio, l’imperatore Federico II accordava all’abatedi Praglia un privilegio in virtù del quale poteva eserc<strong>it</strong>arela iurisdictio e il com<strong>it</strong>atus sui villaggi di Brusegana,Tencarola, S. Biagio di Villa del Bosco e Tramonte35 . In qualche modo era la v<strong>it</strong>a dell’intero paese che siidentificava con quella della corte, dato che i monacinello stesso tempo detenevano la massima parte delterr<strong>it</strong>orio, possedevano la chiesa parrocchiale, percepivanole decime, decidevano le controversie fra i contadini,riscuotevano (come Praglia a Brusegana ancor nel1237) la tassa pubblica sul patrimonio (o dadia) 36 e altribalzelli, disponevano della destinazione delle acque, inqualche caso avevano a disposizione anche una nutr<strong>it</strong>aschiera di piccoli vassalli e uomini ‘di masnada’ epotevano persino fortificare con un castello il centrodominicale (come fece S. Giustina a Brenta dell’Abbàe a Concadalbero) 37 . Si prenda – ma è solo un casoesemplare – la corte di Maserà, che come tale era giàesistente, come s’è detto, prima del Mille. Qui, accantoalla domus cultilis o domus donica del monastero esistevauna cappella ‘privata’ con lim<strong>it</strong>ata cura d’animeche fu promossa al rango di pieve già prima del 1077 38e un grappolo di appezzamenti coltivati circondati daben più consistenti aree di incolto. Fu questo nucleoche diventò l’ovvio punto di riferimento della popolazionelocale e la base propulsiva di una sistematicaespansione agricola che investì anche il vicino villaggiodi Ronchi, dove dal 1172 è pure attestata una chiesadi S. Martino. Una indiretta traccia dei dissodamentiintensivi sviluppati in zona si coglie in toponimi qualiBosco Maggiore, Cà del Bosco, Carpenedo, Roverella,Frassineda, tutti dovuti alle principali essenze vegetalidei boschi cedui che dovevano incombere sulla corteancora intorno al Mille; così come altre contradedenominate Calle della Palude, Campi della Palude,Paluselli Larghi, Lagosalso, Conche, Conca Fosole, Vallatarammentano lo stato di disperante impaludamentoche affliggeva ettari ed ettari di terra agli esordi dellagestione monastica. Incentivando con appos<strong>it</strong>e iniziativeil drenaggio e l’irregimentazione delle acque e losvegramento e la messa cultura delle boscaglie, si dilatòil numero delle prese bonificate, dei ronchi, degli amplidove si poteva sfalciare l’erba e seminare. Sul finire delDuecento si può calcolare che l’intero complesso dellacorte raggiungesse l’estensione di 1200 campi padovani(di cui 400 circa a Ronchi), pari a 463 ettari. Nella vicinaRonchi, dipendente da Maserà, l’abate addir<strong>it</strong>turanominava il publicanus, cioè il capovillaggio, di fattodetenendo la piena signoria del luogo: «nullus aliusaliquid habet facere in dicta villa nisi dominus abbas»,dichiara un testimone duecentesco, con un’espressionefin troppo eloquente. Ma anche a Maserà l’abate di S.Giustina poteva impedire a chiunque di «avere o edificaretorri o casetorri»; aveva un gastaldo; teneva unapparato di piccoli vassalli che gli giuravano fedeltà,dovevano fornirgli un cavallo e accompagnarlo nei suoispostamenti nella provincia; governava una schiera di‘famigli’ e, naturalmente, intratteneva rapporti conuno stuolo ben più largo di coloni e di livellari. Lostesso comune rurale, documentato fin dal 1242, si puòdire che fosse in qualche modo interno alla signoriadell’abate e sollec<strong>it</strong>ato da essa fin dal suo nascere 39 , cosìcome spesso si verifica per varie comun<strong>it</strong>à rurali delVeneto medioevale 40 .Anche a Legnaro, per fare un altro cenno, si possonoriscontrare due caratteristiche ben visibili a Maserà ein altre corti benedettine del Padovano: da un lato lacapac<strong>it</strong>à di espandere e solidificare significativamente24


‘CORTI’ E ‘GRANZE’ BENEDETTINE NEL ME<strong>DI</strong>OEVO: ALLE ORIGINI <strong>DI</strong> UNA STORIA <strong>DI</strong> LUNGA DURATAi possedimenti coltivati, dall’altro il permanere di untipo di gestione che, secondo un modello piuttostodiffuso in Italia ma non Oltralpe, continuò a far ampiospazio anche a concessioni di tipo livellario, oltre chesulla gestione diretta della terra e sui patti di coloniaparziaria. Basti dire che quando, nel 1076, il vescovodonava ai monaci di S. Giustina la signoria su quellaporzione di Legnaro dove si trovava la Corte, vi eraancora una vasta palude chiamata Nemora (cioè iBoschi), formata per lo più di roveri (il che giustificaforse l’antica denominazione di Lignarium, cioè diluogo deputato al rifornimento di legname data als<strong>it</strong>o); ebbene, nell’atto vescovile si precisava che eranoconcesse anche le decime di tutta la terra que ad novumvener<strong>it</strong>, cioè che si sarebbe messa a coltura 41 . D’altraparte negli anni ottanta del Duecento, quando la corteaveva ormai realizzato la più parte delle grandi conquistedel suolo, vi afferivano non meno di ottanta livellari(tra cui il cappellano) su un totale di 222 nuclei familiari,i quali versavano la somma (cospicua per i tempi)di più di 783 lire e inoltre 42 capretti, 219 fra polli egalline, quattro colombi e un’oca 42 .Più strutturato in termini tradizionali e largamenteimpostato sul lavoro colonico rimase invece l’enormelatifondo di cui i monaci di S. Giustina vennero in possessonell’angolo sudorientale della provincia nel 1129,tra Bovolenta, Correzzola, Concadalbero, Desman,Villa del Bosco, Brenta dell’Abbà. In questa vastissimazona di bonifica i monaci fecero sorgere addir<strong>it</strong>turanuovi paesi come Civè o Terranova e attraverso undiuturno impegno agricolo, idraulico e amministrativo,costellato anche da acquisti e permute (rilevante quelladi 2330 campi fatta col comune di Padova nell’anno1300), impiantarono un esemplare apparato fondiarioche ai primi del Cinquecento amministrava oltre 13.000campi padovani 43 e può considerarsi una delle maggiorirealizzazioni in assoluto di organizzazione aziendalemonastica della valle del Po. Il tutto, ovviamente, entroun quadro di generalizzato aumento della popolazionee di intensa antropizzazione del paesaggio rurale chetoccò il suo acme tra la fine del Duecento e il principiodel Trecento.Sebbene la documentazione non si sia conservata informe altrettanto massicce, si sa che un’azione ugualmentemer<strong>it</strong>oria svolse in tutto il comparto corrispondenteagli attuali paesi di Pontelongo, Candiana, Arre,Conselve, Terrassa, Pernumia, Tribano, Pontecasale,Cona e altrove il monastero di S. Michele di Candiana.In zone ricche di selve e paludi, dove difficoltosi eranogli spostamenti e radi gli ab<strong>it</strong>ati, i monaci di Candianaottennero dal papa di svolgere anche cura d’animeautonomamente dalla pieve di Conselve, fecero scavarefosse e gettarono ponti, costruirono fornaci, ottennerole decime dei terreni che man mano andavano dissodandosiin local<strong>it</strong>à chiamate Proe de Fossis, Pra’ deBusco, Roverelle, Oneda (da Aulnus, Aulnedum, l’ontànoche i contadini veneti chiamavano onàro, il legnovile prosperante nelle bassure umide, «che no fa vampae no fa ciàro»). Nei numerosi contratti di aff<strong>it</strong>to delleterre, i cui prodotti erano portati nella grande cànevamonastica di Candiana e in altre tezze del circondario,si trovano normalmente nei secoli XII e XIII obblighidi questa natura: fossata… trium pedum circa eam terramundique facere… et facta semper purgata et cavatamanutenere o quod fosatum iamdictus libellarius debetmanutenere bene mundatum et purgatum 44 : formule dacui traspare la quotidiana estrema cura nel preservarele terre coltivate dalle insidie di una idrografia capricciosae talvolta devastante 45 .Naturalmente (non è il caso di esaminare qui la questione)nei secoli della grande ‘rinasc<strong>it</strong>a’ il lavorocontadino poté essere utilizzato secondo una estremavarietà e flessibil<strong>it</strong>à di formule che si scostano spessodagli schemi prospettati come ‘classici’. Nel Padovano,ad esempio, non è infrequente trovare l’anomalia dicontratti di livello che prevedono anche la prestazionedi opere sui fondi gest<strong>it</strong>i in economia dai monaci.Il monastero (allora maschile) di S. Daniele in Montedi Abano, ad esempio, sul finire del XII secolo usavatalvolta questa pratica, obbligando il concessionario aprestare V operas infra annum, unum ad sesolandum,et due ad faciendum vineam et alie due ad sapandumblavam; anche qui, comunque i prodotti delle terreaff<strong>it</strong>tate andavano portati in un appos<strong>it</strong>o magazzino25


SANTE BORTO<strong>LA</strong>MIdi raccolta (canipa), tranne gli ortaggi che dovevanoinvece essere ammassati in una grande tezza (teges)che il monastero teneva ai piedi del colle 46 . Pure certilivellari del monastero di S. Giacomo di Monselicestipulavano contratti per cui dovevano, ad esempio,come corrispettivo della terra data in locazione, solidosV et fugaciam et I opera o tercium et galinam et fugaçamet ovram I ad sapandum. 47Se le case benedettine di più antica origine riuscirononei più dei casi a dar prova di una notevole capac<strong>it</strong>àdi adeguarsi al nuovo corso dell’economia con una piùaggiornata organizzazione delle loro proprietà, le fondazionimonastiche, assai numerose, che vennero spuntandoin c<strong>it</strong>tà e in campagna tra la seconda metà delXII secolo e la prima metà del Duecento svilupparonoanch’esse, quale più quale meno, delle strutture flessibilie decentrate di governo dei patrimoni, anche se lavecchia denominazione di ‘corte’ andò generalmentein disuso assieme alla realtà organizzativa di fattoche sottendeva. Si aggiunga inoltre che una mental<strong>it</strong>àsempre più imprend<strong>it</strong>oriale e un’attenzione crescenteal mercato pervadeva gli stessi investimenti monastici,condizionando in qualche modo l’ubicazione, la grandezzae la funzional<strong>it</strong>à dei nuclei aziendali. Basterebbeuno sguardo anche sommario al processo di cost<strong>it</strong>uzionee di gestione delle terre di monasteri euganeicome S. Margher<strong>it</strong>a di Salarola, S. Giovanni Battistadel Venda, S. Maria di Monte delle Croci, S. Maria diOrbise, S. Giovanni Evangelista di Montericco, di S.Leonardo di Boccon 48 e altri per scoprire come le sceltedei religiosi fossero ispirate da principi di una sapienteintegrazione fra produzione cerealicola, sviluppataprevalentemente nelle aree di pianura perieuganee, ele assai più pregiate culture specializzate (soprattuttov<strong>it</strong>e, olivi, alberi da frutto) praticate in prevalenza suiversanti collinari. Ad esempio, il monastero di S. GiovanniBattista del Gemola, sorto nei primi decenni delDuecento su una collina poco sopra Este, nel 1346 erapadrone di un discreto patrimonio di terreni estremamentefrazionati: alcune grosse possessioni, dislocatenella zona del Montagnanese, garantivano appuntosoprattutto granaglie di varia natura e foraggi; la partepiù cospicua era formata da decine di piccole parcelledisseminate sulle pendici meridionali dei colli Euganei(a Valle di Sotto, Valle dell’Abbà, a Cornolea, a Tormeno,a Rusta, a Faedo, a Calaone, ad Arquà), che producevanovino e olio, frutti, legna, ma anche grano efieno. Questi venivano immagazzinati non in una verae propria corte, ma in un centro di raccolta cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>oda una casa padronale in muratura, con una tezza dipaglia, corte e orto e quattro campi di terra annessi,la quale fungeva da canipa 49 . Le monache di S. Zaccariadi Venezia intorno al 1170 tenevano ad Arquà trebraydi, identificati ciascuno con un nome proprio (delManzo, della Canonica, de Cudula) 50 , che non sappiamose afferissero alla loro corte di Monselice o fosseroun<strong>it</strong>à autonome; certo erano stati concep<strong>it</strong>i e servivanoessenzialmente come aziende v<strong>it</strong>ivinicole. Nella zona diPiove di Sacco, che si prestava assai per questo tipo dicultura, non v’era invece proprietà monastica che nonriservasse quote più o meno ampie di terra alla coltivazionedel lino.Sorti in una fase di accelerata evoluzione dell’economia,di più intensa mobil<strong>it</strong>à sociale, di forme digoverno nuove e più partecipi come quelle comunali,di nuova sensibil<strong>it</strong>à religiosa più attiva e compromessanelle dinamiche della v<strong>it</strong>a civile (si pensi cosa significòdopo il 1195 la nasc<strong>it</strong>a della congregazione degli ‘Albi’del beato Giordano Forzatè, che aggregava più di unaventina di case in tutta la diocesi) 51 , molti monasteridel Padovano dei secoli XII e XIII si inserirono autorevolmentenei processi produttivi, mantenendo sempreun’attenzione privilegiata alla terra e all’agricoltura.Nel terr<strong>it</strong>orio padovano, peraltro, questa attiv<strong>it</strong>à fuaccompagnata e talvolta stimolata dai concom<strong>it</strong>antimassicci investimenti che non pochi monasteri venezianicome S. Nicolò al Lido, S. Giorgio Maggiore,S. Cipriano di Murano, S. Lorenzo di Ammiana, S.Tommaso dei Borgognoni, S. Ilario, S. Giorgio diFosson vennero facendo già ben prima della conquistaveneziana della Terraferma, specialmente nella zonadel Graticolato romano a nord-est di Padova e nellaSaccisica. Per fare un solo esempio ricordo che S.26


‘CORTI’ E ‘GRANZE’ BENEDETTINE NEL ME<strong>DI</strong>OEVO: ALLE ORIGINI <strong>DI</strong> UNA STORIA <strong>DI</strong> LUNGA DURATAGiorgio Maggiore intorno all’anno 1200 aveva un centroamministrativo della sua tenuta di Roncaiette nelquale si ammassavano annualmente qualcosa come 128moggi di frumento, 81 di sorgo, 32 di fava, 4 di ceci, 3e 1 ⁄2 di fagioli, ma anche medica e miglio. Al lavoro delleterre accudivano 6 lavoratori ad opera (arsedentes) ealtri 6 piccoli vassalli, mentre il grosso del patrimonioera affidato a 28 contadini insediati in altrettanti mansicon contratti di villanaggio. Ognuno di questi corrispondevauna quota parte dei legumi e dei cereali einoltre un paio di polli alla festa di san Pietro, un’oca aOgnissanti, una spalla di maiale e una focaccia a santoStefano, dodici uova e un capretto a Pasqua, una gallinaa san Giorgio, una modesta somma di danaro, 1 ⁄5 delvino, più eventuali onoranze, come pepe o cera 52 . Loscambio fecondo di risorse umane e materiali con l’ambienteveneziano sembra inoltre aver favor<strong>it</strong>o anchel’introduzione di nuove tecniche e nuovi cultivar (adesempio le vigne cosiddette schiave) 53 .Sta di fatto che nel Duecento, in un periodo che puòconsiderarsi di aperta crisi, o quanto meno di metamorfosi,del sistema curtense classico e di ricerca dinuove e diversificate vie di organizzazione e gestionedei patrimoni monastici basate piuttosto su locazionia breve scadenza o su concessioni a livello 54 , nonvenne meno l’importanza delle strutture stabili digoverno dei fondi decentrate nelle campagne. Piùche una vera scomparsa della vecchia organizzazionedominicale delle corti, spesso ci fu un adattamento diessa alle mutate condizioni economiche e sociali dellecampagne. Fra tradizione e innovazione, ci fu spazioper soluzioni molto varie, rispecchianti la diversaefficienza dei singoli enti monastici, le condizionipol<strong>it</strong>iche, le congiunture del mercato. Ad esempio aValle dell’Abbà, sui colli Euganei, il monastero polesanodella Vangadizza continuò a mantenere una dellaquattro o cinque canipe di cui disponeva: qui i contadinidovevano portare l’uva, pigiarla e invasare il vinoche, a tempo deb<strong>it</strong>o e sempre a loro spese, era portatoa Este o a Rivadolmo, dove poteva essere smerciato oper via d’acqua trasportato a Badia 55 . Una nov<strong>it</strong>à fucost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a dalla comparsa anche in terra veneta di unorganismo in origine legato alle pratiche di ristrutturazioneagraria dei cistercensi, cioè la grangia (o granza,alla veneta). Ampiamente diffuse in amb<strong>it</strong>o lombardo,le grange erano un<strong>it</strong>à aziendali normalmente affidatea un gruppo di fratelli, non necessariamente monaci,dove si praticava un’agricoltura avanzata per specializzazionedi culture e metodi di coltivazione 56 . Comesi è dimostrato per le granze di S. Maria di Follina, nelTrevigiano, esse, non meno delle corti altomedioevali,svilupparono incisivi programmi di riordino della proprietàe di rimodellamento del paesaggio, dando v<strong>it</strong>aanche sotto il profilo edilizio a complessi articolati,di norma provvisti di case, stalle, granai, ricoveri perattrezzi 57 . Nel Padovano la parola si affermò tardi, masi estese senza difficoltà nel basso medioevo anche adenti non cistercensi nel designare una vera e propriaofficina rurale preposta al governo di una possessionedi qualche peso. Per il monastero di S. Giacomo diMonselice, è stato ipotizzato che le due granze (cosìdenominate nel 1287) di Vanzolivui e Valcaucola, esteserispettivamente 182 campi e mezzo e 193 campi emezzo e ottenute con un’avveduta pol<strong>it</strong>ica di acquistie di messa a coltura di terre boscose e paludose, sianoin qualche modo «manifestazione di quella rinnovatacoscienza religiosa, che soprattutto per influsso deicistercensi, portava a rivalutare il lavoro monastico ea considerarlo come mezzo di ascesi e di beneficenzasociale» 58 . Non così si può dire di altri enti.Il monastero di S. Margher<strong>it</strong>a di Salarola, ad esempio,fondato nel 1179 poco sopra Este, in origine prevedevala consegna del vino nelle grandi botti (vasa) adiacential monastero. In progresso di tempo andò potenziandosiuna sorta di pied-à-terre nel centro di Este, che intre atti del 1358 è defin<strong>it</strong>o grangia. All’interno di essasi trovava anche la caneva del monastero e una casacortecon funzione prettamente economica, dove sisvolgevano contrattazioni e acquisti e probabilmenteveniva anche commercializzata una parte dei prodottiderivanti dai circa 350 campi posseduti. Aff<strong>it</strong>tandonel 1407 un grossa possessione di 80 campi arativia Bresega di Ponso, le monache obbligavano il concessionarioa seminare almeno 30 campi a frumento27


SANTE BORTO<strong>LA</strong>MIe il rimanente a grani ‘minuti’ (espressione con cui siindicavano genericamente cereali e legumi a ciclo primaverile-estivo),a impiantare cento altane di v<strong>it</strong>i e 50piantoni di salice e a scavare venti pertiche di scoline.I grani e i legumi di questa fattoria, dove si allevavanoanche maiali, dovevano essere recap<strong>it</strong>ati «supra granariisprefactarum dominarum in tera de Est», cioè, nellacosiddetta grangia di cui si è detto, che poteva evidentementeessere designata anche con una certa fluid<strong>it</strong>àdi espressioni 59 .S. Agata in Vanzo, un monastero c<strong>it</strong>tadino sorto e cresciutoin piena temperie comunale (come S. Maria diPorciglia, S. Maria in Vanzo, S. Giacomo di Pontecorvo,S. Giovanni di Verdara, S. Prosdocimo e altri oggi per lopiù scomparsi o ridotti a ist<strong>it</strong>uti scolastici, a ospedali, acaserme o addir<strong>it</strong>tura a teatri), alla data del 1304 avevaaccorpato un patrimonio tutt’altro che irrilevante. Graziea una pol<strong>it</strong>ica mirata che puntò ad accorpare le terreintorno alcune corti principali, trascurando le proprietàtroppo isolate o lontane, disponeva di circa 1376 campipadovani (circa 530 ettari) distribu<strong>it</strong>i su un’area cheandava da Camposampiero a Galzignano, da Conselvea Campolongo Maggiore, da Cervarese a Casalserugo, iquali fruttavano 359 moggia(cioè 872 quintali circa) solodi frumento 60 . Le fonti ci permettono di sapere com’eranostrutturate alcune granze attrezzate dal monastero inquesti suoi possedimenti. L’una, a Cortelà, era cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>ada un complesso compatto di sei campi abbondanti convigne a pergolato, con al centro case, forno e fienili, cuierano aggregati altri quattro appezzamenti più piccoliin parte v<strong>it</strong>ati e in parte di bosco; l’altra, a Valnogaredo,consisteva pure in un complesso un<strong>it</strong>ario (casamentum)con case di pietra a uno e due piani, un pozzo, un forno,una tezza con copertura di paglia, un’aia, un orto, unvigneto recintato o brolo, per l’estensione totale di uncampo e quattro pertiche e mezza 61 . Anche nei paraggi diquesta seconda erano sgranati un bel numero di appezzamenti(33 per la precisione) di modeste dimensioni, per lopiù arabili o piantati con vigne schiave o garganeghe e, inminor misura, ricoperti di salici, olivi, bosco e prato. Nonmolto diverso nella materiale conformazione da questicentri dominicali era un terzo «braydum cum una domo,uno doione cum sponda muri et cum portis de lignaminecohopertis de cupis et simul se tenentibus et cum quatuortegetibus cohopertis de paleis et cum duobus puteis etcum curtivo, ara et orto» che le stesse monache avevano aPozzoveggiani 62 . Sappiamo peraltro che questo nucleo unpo’ più articolato e forn<strong>it</strong>o addir<strong>it</strong>tura di una torre (doionum)governava una settantina di campi in cui l’arativo simescolava con le vigne e il prato, i quali rendevano ognianno poco più di 30 moggi di grano, quattro paia di polli,quattro lire, quattro oche, un maiale e altre quattro spalledi maiale, quattro focacce, quattro paia di galline, quattrocapretti e ottanta uova. Certo, non era più lo schemaorganizzativo della ‘corte’ tradizionale (la gestione avvenivamediante aff<strong>it</strong>to quinquennale a terzi). Ma permanevauna tipologia edilizia e paesaggistica memore di passatimodelli. A riprova, poi, che non esisteva una terminologiasempre rigorosa ed esclusiva nel designare similiorganismi aziendali, basti dire che anche quest’ultimo eracomunemente chiamato La Grança de Puciviiano.La fortuna di questa struttura agraria monastica risultadal fatto che la troviamo fra Due e Trecento adottatada vari enti e in diversi amb<strong>it</strong>i del terr<strong>it</strong>orio Padovano.Anche senza tener conto di toponimi come Granze diVescovana o Granze di Camin (in quest’ultimo paeseesisteva un blocco di terre dominicali del vecchio monasteroc<strong>it</strong>tadino di S. Stefano), si sa ad esempio che unagrangia aveva a Casalserugo il monastero veneziano diS. Maria delle Vergini fin dal 1251 63 e nello stesso announa ne possedeva il monastero di S. Giovanni Evangelistadi Montericco a Tribano 64 . Poco dopo, nel 1255,un’altra grangia porticata di proprietà del cenobio diS. Giovanni Battista del Venda è segnalata a Boccon 65 .Ancora nel 1495 una contrada de la Grança si trova nel1495 a Bagnoli di Peraga, dove esisteva una proprietàdel monastero di S. Giovanni di Verdara 66 .Può essere interessante, anche per rendersi contodi quanto in profond<strong>it</strong>à queste e altre realizzazionimonastiche abbiano contato nel plasmare il paesaggio,proporre la descrizione di una sequenza di grange,quasi altrettanti quadretti, contenute in un inventariotrecentesco del monastero di S. Giovanni Battista chedall’alto del Venda dominava l’area euganea.28


‘CORTI’ E ‘GRANZE’ BENEDETTINE NEL ME<strong>DI</strong>OEVO: ALLE ORIGINI <strong>DI</strong> UNA STORIA <strong>DI</strong> LUNGA DURATAUna prima, ai piedi del monastero, presso una fonte,era cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da sedici campi di vigne; su una seconda,a Faedo, si estendevano quattordici campi pure divigneto con 400 alberi di ulivo; una terza, detta Roncodi Cornale, era s<strong>it</strong>uata a Castelnuovo e consisteva inun unico appezzamento di sei campi con alcune casedi paglia, v<strong>it</strong>i schiave, garganeghe e verdicchie, ulivi,alberi da frutto; una quarta, dislocata a Boccon, risultavaformata da cinque campi «cum domibus, canipa etseçuntis (ali, tettoie) de muro cohopertis de cupis et unategete cum vineis garganicis et verdisiis, cum vii pedibusolivarum, cum perariis, pomariis et aliis arboribusfructiferis». A Battaglia v’era infine un’altra casa dominicalecon granaio e caneva dove si raccoglieva tutto ilvino delle proprietà di pianura ed eventualmente partedi quello prodotto dai laboratores de monte e si facevacommercio delle biade. Tutto il resto era un pulviscolodi «petiunculas vinearum et terrarum multum remotaset distantes una ab altera et diificiles ad colendum»,di piccole parcelle «in variis et diversis locis Paduanidistrictus particular<strong>it</strong>er sic dispersas quod nec eas possuntpropter earum longissimam distanciam laborarepropter inopiam monasterii supradicti» 67 . Il che ci inv<strong>it</strong>ada un lato a pensare all’enorme sforzo che le fondazionimonastiche dovettero affrontare per tutto il Medioevo alfine di superare l’estrema frammentazione e l’esasperatadispersione delle proprietà; dall’altro ci fa capire quantofosse avvert<strong>it</strong>a nell’economia agraria del tempo l’esigenzadi creare dei centri di coordinamento del lavoro, digestione dei patrimoni, di aggregazione sociale.L’impoverimento anche spir<strong>it</strong>uale di tanta parte delmovimento monastico tardomedioevale sicuramentecompromise ma non annullò questo prezioso patrimoniodi precedenti esperienze gestionali 68 . Le corti benedettineche tuttora possiamo ammirare nella loro poderosabellezza, per la ver<strong>it</strong>à, sono frutti di una rinnovatastagione di imprend<strong>it</strong>oria monastica dovuta anche auna sofferta e da lungo attesa riforma della v<strong>it</strong>a religiosacenob<strong>it</strong>ica che si sviluppò solo a partire da Quattrocento69 . Ma fu, tuttavia, una ripresa non dimentica disecoli di anteriori realizzazioni faticose e ard<strong>it</strong>e.L’azione di recupero, per usare un’espressione fintroppo abusata, delle superst<strong>it</strong>i tracce di una culturaispirata insieme a concretezza ed eleganza, con leloro inconfondibili arch<strong>it</strong>etture porticate, le cappelle,i vasti cortili, le stalle, le scuderie, i granai, le fornaci,onora chi oggi la compie. A chi ne indaga la laboriosagestazione e lo sviluppo nel tempo tocca far memoriadi qualcosa d’altro. Queste opere destinate a sfidareil tempo, queste sintesi ideali di intelligenza e fatica,tra cui la Corte di Legnaro, sono anche segni vivi diuna lunga avventura umana nel senso più pieno, di uncammino che ha plasmato le coscienze non meno delpaesaggio. Sono insieme segni di lotta e di solidarietàche fanno parte integrante della nostra civiltà.A ricordarcelo, in forme quasi emblematiche, ci soccorronodue immagini. La prima: a Villa del Bosco, nelcuore della grande zona di bonifica dove i monaci diS. Giustina fin dal 1129 avevano posto le fondamentadella sterminata corte di Correzzola, nel 1483 i colonisi mettono d’accordo dopo una serie di pattuizioni coni religiosi per la costruzione delle case: essi procaccerannoi virgulta, la paglia e il legno minuto, al monasterotoccherà fornire i muratori e il legname. È il fruttodi un pegno vicendevole, di una ‘amicizia’, che finisceper permeare tutta la v<strong>it</strong>a del paese e aggregarlo ben aldi là della dimensione economica, nonostante i sempreincombenti rischi dello sfruttamento palliato dal paternalismodei padroni in tonaca. È la stessa prolungatapedagogia del ‘salvarsi insieme’ che fa sorgere in paesela confratern<strong>it</strong>a di san Rocco, i cui statuti, memori deldetto «fatiamo al compagno e fradello nostro quellovoressemo fusse fatto a nuy medemi», ordinano nonsolo che non si bestemmi, che si preghi, che si facciaelemosina, ma anche che si debbano appianare le l<strong>it</strong>i,che si faccia vis<strong>it</strong>a a chi è «amalado de male perichuloxode morbo a caxa suoa», che si vada «a levar el mortoa caxa sua» e gli si faccia «honore e compagnia alagiexia» con cero e stendardi, che si sostengano addir<strong>it</strong>turale spese per le esequie dei più poveri, e si provveda«per amore de Dio» a qualsiasi «dona povera…over viandante e quella fuse a parturire non avesse asustentarse ne ley né la creatura» 70 .29


SANTE BORTO<strong>LA</strong>MIE una seconda, non meno felice immagine: nel 1463un anonimo monaco del Venda rivendica contro lepretese fiscali di Venezia i mer<strong>it</strong>i secolari della suacomun<strong>it</strong>à monastica nel possesso, ab<strong>it</strong>azione e umanizzazionedi quelle contrade 71 , osservando non senzaleg<strong>it</strong>timo orgoglio «ch’el se no fusse el nostro hab<strong>it</strong>areet stare là, serebe una speloncha da ladron he unoreduto de exbandizati». Con la gente di Galzignano, diTorreglia, di Castelnuovo, di Boccon, di Valnogaredo,di Faedo, insomma con tutti – prosegue il buon fratecon la vigorosa fierezza della memoria – proprio «cumtuti havemo avuto per lo passato he ancho avemo perlo presente bona compagnia». Già. La lunga, ‘bonacompagnia’ dei monaci con la nostra vecchia Europa.Converrà ricordarsene, in tempi di preoccupante crisid’ident<strong>it</strong>à della nostra civiltà occidentale, anche girandoper le campagne del Padovano di oggi.NOTE1Sul monachesimo nel Veneto esiste una vasta letteratura storica riguardanteper lo più singole abbazie o particolari amb<strong>it</strong>i diocesani, non ancoraun lavoro di sintesi. Si aggiunga inoltre che sono molti i fondi archivisticidei diversi enti religiosi ancora poco studiati. Al fine di agevolaredelle ricerche esaustive su base scientifica si sta approntando da partedel Centro storico benedettino <strong>it</strong>aliano uno strumento di fondamentaleimportanza come il Monasticon Italiae. Repertorio storico-bibliografico deimonasteri <strong>it</strong>aliani. Del IV volume, relativo alle Tre Venezie, è comparso ilfasc. I, Diocesi di Padova, a cura di G. CARRARO, Cesena 2001.2Per un orientamento di massima si vedano almeno i classici lavori diR. PEPI, L’Abbazia di S. Giustina in Padova. Storia e arte, Padova 1966 eLa basilica di S. Giustina. Arte e storia, Castelfranco Veneto 1970. Unaricca messe di informazioni si può trarre anche dal volume I Benedettinia Padova e nel terr<strong>it</strong>orio padovano attraverso i secoli. Saggi storici sul movimentobenedettino a Padova. Catalogo della mostra storico-artistica nel XVcentenario della nasc<strong>it</strong>a di S. Benedetto (Padova Abbazia di S. Giustina,ottobre-dicembre 1980), a cura di A. DE NICOLÒ SALMAZO, F.G.B. TROLESE,Treviso 1980.3Sul patrimonio fondiario e le sue vicende si vedano soprattutto E. BAN-DELLONI, F. ZECCHIN, I Benedettini di S. Giustina nel Basso Padovano.Bonifiche, agricoltura e arch<strong>it</strong>ettura rurale, Padova 1979; G. DE SANDREGASPARINI, Contadini, chiesa, confratern<strong>it</strong>a in un paese veneto di bonifica.Villa del Bosco nel Quattrocento, Padova 1979; A. STEL<strong>LA</strong>, I beni fondiaridi S. Giustina prima e dopo la secolarizzazione (dall’economia parziaria allagrande azienda), «Atti e memorie della Accademia Patavina di scienze,lettere ed arti», 76 (1963-64), III, p. 93-109.4V. FUMAGALLI, Terra e società nell’Italia Padana. I secoli IX e X, Torino1976, p. 4-24.5G. PENCO, Storia del monachesimo in Italia dalle origini alla fine delmedioevo, Roma 1961, p. 421.6G. DUBY, L’economia rurale nell’Europa medievale. Francia, Inghilterra,Impero (sec. IX-XV), Bari 1972 2 , p. 108.7S. BORTO<strong>LA</strong>MI, Monasteri e comuni nel Veneto dei secoli XII-XIII. Un bilancioe nuove prospettive di ricerca, in Il monachesimo nel Veneto medioevale.Atti del Convegno di studi in occasione del Millenario di fondazionedell’Abbazia di S. Maria di Mogliano Veneto (Treviso), 30 novembre 1996,a cura di G.B. TROLESE, Cesena 1998, p. 56, 63.8F. SIGNORI, Campese e il monastero di S. Croce, Bassano 1984; S. BORTO-<strong>LA</strong>MI, L’altipiano nei secoli XI-XIII: Ambiente, popolamento, poteri, in Storiadell’Altipiano di Asiago, I, Terr<strong>it</strong>orio e ist<strong>it</strong>uzioni, a cura di A. STEL<strong>LA</strong>,Vicenza 1994, p. 259-311.9Per una sommaria introduzione al dibatt<strong>it</strong>o storiografico relativo sivedano B. ANDREOLLI, M. MONTANARI, L’azienda curtense in Italia. Proprietàdella terra e lavoro contadino nei secoli VIII-XI, Bologna 1983; P.TOUBERT, Il sistema curtense: la produzione e lo scambio interno in Italianei secoli VIII, IX e X, in Storia d’Italia Einaudi, Annali, VI, Torino 1983,p. 3-63.10ANDREOLLI, MONTANARI, L’azienda curtense, p. 115-146.11A. CASTAGNETTI, Aziende agrarie, contratti e patti colonici, in Uomini eciviltà agraria in terr<strong>it</strong>orio veronese, a cura di G. BORELLI, Verona 1982, p.34-37.30


‘CORTI’ E ‘GRANZE’ BENEDETTINE NEL ME<strong>DI</strong>OEVO: ALLE ORIGINI <strong>DI</strong> UNA STORIA <strong>DI</strong> LUNGA DURATA12Ibid.13Codice diplomatico padovano dal secolo sesto a tutto l’undecimo, acura di A. GLORIA, Padova 1877 (d’ora in avanti CDP, I), I, doc. 29 p.45; 34 p. 54; K. MODZELEWSKI, Le vicende della pars dominica nei benifondiari del monastero di S. Zaccaria di Venezia (sec. X-XIV), «Bollettinodell’Ist<strong>it</strong>uto per la storia della società e dello stato veneziano»,IV(1962), p. 45.14CDP, I, doc. 52, p.56.15CDP, I, doc. 67, p. 96.16I necessari rimandi bibliografici in BORTO<strong>LA</strong>MI, Monasteri e comuni, p.44-47.17CDP, I, doc. 76 p. 109.18ANDREOLLI, MONTANARI, L’azienda curtense, p. 15-17.19SS. Trin<strong>it</strong>à e S. Michele Arcangelo di Brondolo, II, Documenti, 800-1199,a cura di B. <strong>LA</strong>NFRANCHI STRINA, Venezia 1981, doc. 2 p. 14-19.20SS. Ilario e Benedetto e Gregorio, a cura di B. <strong>LA</strong>NFRANCHI STRINA, Venezia1965, doc. 18 p. 59-65.21G. CHERUBINI, Agricoltura e società rurale nel medioevo, Firenze 1972,p. 40.22ANDREOLLI, MONTANARI, L’azienda curtense, p. 117.23CDP, I, doc. 285 p. 309-310.24G.B. MITTARELLI, A. COSTADONI, Annales Camaldulenses, II, Appendice,documenti, Venezia 1758, p. 128; CDP, I, doc. 321 p. 344-345.25CDP, I, doc. 118 p. 154; P. CEOLDO, Memorie storiche della chiesa e abbaziadi S. Stefano di Carrara, Venezia 1802.26ANDREOLLI, MONTANARI, L’azienda curtense, p. 148.27CDP, I, doc. 111 p. 146-147; C. DENIS TAPPARELLO, Il monastero di S.Pietro di Padova dalle origini alla prima metà del secolo XV, Tesi di laurea,Univers<strong>it</strong>à di Padova, Fac. di Magistero, a.a. 1968-69, rel. P. Sambin.28CDP, I, doc. 130 p. 466-467; L. GAFFURI, Il monastero benedettino femminiledi S. Stefano, in Palazzo S. Stefano. Sede della Provincia di Padova,Padova 1996, p- 20-47.29Codice diplomatico padovano dall’anno 1101 alla pace di Costanza (25giugno 1183), a cura di A. GLORIA, Venezia 1879-1881 (d’ora in avantiCDP, II), doc. 214 p. 170.30F. CALLEGARI, Le terre lontane. La gestione di un possedimento monasticopadovano nel Pedemonte vicentino, di prossima pubblicazione in Fonti ericerche del Centro di studi medioevali G.G. Meesserman di Vicenza.31A Bertipaglia sono documentati beni di S. Giustina e di S. Stefano diCarrara; a Bressanvido, nel Vicentino, esisteva uno dei più grossi centridominicali del monastero dei SS. Felice e Fortunato (G. DEL<strong>LA</strong>I, Il braidumdi San V<strong>it</strong>o. Uomini e ambiente a Bressanvido e Poianella dalle originialla fine del XX secolo, Vicenza 1999).32S. BORTO<strong>LA</strong>MI, Formazione, consistenza e conduzione del patrimonio fondiario.Dalle origini al 1448, in L’abbazia di Santa Maria di Praglia, a curadi C. CARPANESE e F. TROLESE, Milano 1985, p. 29-43, rist. col t<strong>it</strong>olo Ungrande patrimonio monastico medioevale: formazione, consistenza e conduzionedei possessi di S. Maria di Praglia (1107-1448), in ID., Chiese, spazi,società nelle Venezie medioevali, Roma 1999, p. 227-258.33CDP, I, doc. 55 p. 80-81.34Cfr. ad es. i contrasti del 1099 con la potente famiglia dei da Carrara apropos<strong>it</strong>o delle corti di Monselice e di Legnaro e delle proprietà di Ronchi,Tribano e Conselve: CDP, I, doc. 316 p. 340.35BORTO<strong>LA</strong>MI, Formazione, consistenza e conduzione, p. 33.36ARCHIVIO <strong>DI</strong> STATO <strong>DI</strong> PADOVA, Corona, part. 3723.37A. RIGON, Un abate e il suo monastero nell’età di Ezzelino da Romano:Arnaldo da Limena (+1255) e S. Giustina di Padova, in S. Benedetto eotto secoli (XII-XIX) di v<strong>it</strong>a monastica nel Padovano, Padova 1980, p.55-86.38Sul fenomeno delle chiese private assurte alla dign<strong>it</strong>à pievana e sullafrequente funzione amministrativa svolta nell’amb<strong>it</strong>o dei possedimentimonastici si vedano ad esempio i casi illustrati per il Veronese da A.CASTAGNETTI, Aspetti economici e sociali di pievi rurali, chiese minori emonasteri secoli IX-XII), in Chiese e monasteri nel terr<strong>it</strong>orio veronese, acura di G. BORELLI, Verona 1981, p. 101-129.39B. CASTIGLIONI, La corte benedettina di Maserà (Padova) nei secoli X-XIII.Aspetti economici e ist<strong>it</strong>uzionali, Tesi di laurea, Univers<strong>it</strong>à di Padova, Fac.di lettere e filosofia, aa. 1987-88, rel. G. Cracco.40Per un caso analizzato in dettaglio vedi S. BORTO<strong>LA</strong>MI, Il monastero di S.Maria di Mogliano e le comun<strong>it</strong>à rurali del Trevigiano nel medioevo in ID.,Chiese spazi, società, p. 121-174.41CDP, I, doc. 229 p. 255-256; CDP, II, 1 p. 1.42M. FIORENTIN, Dinamismo economico e contesto cosio-terr<strong>it</strong>oriale a Padovanel Duecento (secondo il Catastico di S. Giustina pubblicato in Appendice),Tesi di laurea, Univers<strong>it</strong>à di Padova, Fac. di lettere e filosofia, aa.1976-77, rel. G. Cracco; S. BORTO<strong>LA</strong>MI, L’età dell’espansione e la crisi delTrecento, in I Benedettini a Padova, p. 29.43DE SANDRE GASPARINI, Contadini, chiesa; BANDELLONI, ZECCHIN, I Benedettinidi Santa Giustina.44P. SAMBIN, Documenti ined<strong>it</strong>i dei monasteri benedettini padovani (1183-1237), I, S. Michele dei Candiana (= Bollettino del Museo civico di Padova,31-43, 1942-54, p. 177-206; 48, 1959, p. 37-52; 49, 1960, p. 99-140),Padova 1961 (estratto con numerazione autonoma).45Sulla lotta contro le acque e le bonifiche nella basssa pianura padovanae veneta cfr. A. CASTAGNETTI, La pianura veronese nel medioevo. Laconquista del suolo e la regolamentazione delle acque, in Una c<strong>it</strong>tà e il suofiume. Verona e l’Adige, a cura di G. BORELLI, Verona 1977, p. 37-99; S.BORTO<strong>LA</strong>MI, Terr<strong>it</strong>orio e società in un comune rurale veneto (sec. XI-XIII).Pernumia e i suoi statuti, Venezia 1978.46M. MARIN, Il monastero di S. Daniele in Monte di Abano nell’età medioevale,Tesi di laurea, Univers<strong>it</strong>à di Padova, Fac. di Magistero, aa. 1972-73,rel. P. Sambin. Sull’argomento si veda, più in generale, Le prestazionid’opera nelle campagne <strong>it</strong>aliane del medioevo, intr. di V. FUMAGALLI, Bologna1987.47A. RIGON, S. Giacomo di Monselice nel medioevo (sec. XII-XV). Ospedale,monastero, collegiata, Padova 1972, p. 83-84.48Se ne veda una indicativa scheda con relativa bibliografia in MonasticonItaliae, IV, Venetiae, fasc. I, alle p. 51-54, 59-60, 84-85.49ARCHIVIO <strong>DI</strong> STATO <strong>DI</strong> PADOVA, S. Sofia, 17 (quadernetto pergamenaceosegnato “D”, Catastico, n. 1)50CDP, II, doc. 978 p. 195.51G. CARRARO, I monaci Albi di S. Benedetto di Padova, in Il monachesimo<strong>it</strong>aliano nell’età comunale. Atti del IV Convegno di studi storicisull’Italia benedettina (Abbazia di S. Giacomo Maggiore, Pontida, Bergamo,3-6 settembre 1995), a cura di F.G.B. TROLESE, Cesena 1998, p.403-432.31


SANTE BORTO<strong>LA</strong>MI52La documentazione relativa in S. Giorgio Maggiore, a cura di L. <strong>LA</strong>N-FRANCHI, II, Venezia 1968, p. 221, alla voce Roncal<strong>it</strong>ore. Un elenco diredd<strong>it</strong>i del monastero a Roncaiette anche in CDP, II, doc. 1346 p. 401-402.Sull’espansione monastica veneziana in Terraferma vedi M. POZZA, I proprietarifondiari in terraferma, in Storia di Venezia, II, L’età del comune, acura di G. CRACCO e G. ORTALLI, Roma 1995, p. 661-680; ID., Per una storiadei monasteri veneziani nei secoli VIII-XII, in Il monachesimo nel Venetomedioevale, p. 34-38.53S. BORTO<strong>LA</strong>MI, L’agricoltura, in Storia di Venezia, I, Origini-Età ducale,a cura di L. CRACCO RUGGINI, M. PAVAN, G. CRACCO, G. ORTALLI, Roma1992, p. 461-482.54R. COMBA, Crisi del sistema curtense e sperimentazioni aziendali (secoliXI-XIII), in La storia, a cura di N. TRANFAGLIA e M. FIRPO, I, Torino 1988,p. 91-116.55A. GRISO, L’abbazia di S. Maria della Vangadizza nel XIII secolo, Tesi dilaurea, Univers<strong>it</strong>à di Padova, Fac. di lettere e filosofia, aa. 1994-95, rel A.Rigon, doc. 55 p. 202; 82 p. 303.56Vedi C. HIGOUNET, Essai sur les granges cisterciennes, in L’économie cistercienne,Géographie, mutations du Moyen Age aux Temps modernes, Auch1983, p. 157-180. Per qualche esempio <strong>it</strong>aliano cfr. R. COMBA, Contadini,signori, mercanti nel Piemonte medievale, Roma-Bari 1988, p. 21-39; L.CHIAPPA MAURI, Paesaggi rurali di Lombardia, Roma-Bari 1990; E. OCCHI-PINTI, Fortuna e crisi di un patrimonio monastico: Morimondo e le suegrange fra XII e XIV secolo, «Studi storici», 26(1985), p. 315-336. Esemplareanche dal punto vista dell’analisi lessicale il volume Villa, curtis grangia.Landwirtschaft zwischen Loire und Rhein von der Römerze<strong>it</strong> zum Hochm<strong>it</strong>telalter,a cura di W. JANSEN e D. LOHRMANN, München-Zurich 1983.57P.A. PASSOLUNGHI, Esperienze agrarie in amb<strong>it</strong>o monastico lungo il Piave:la granza di Sottoselva, in Mogliano e il suo monastero. Mille anni di storia,Atti del Convegno di studi (Abbazia di S. Maria di Mogliano Veneto, Treviso,6-7 giugno 1997), a cura di F.G.B. TROLESE, Cesena 2000, p. 139-162.58RIGON, S. Giacomo di Monselice, p. 81-84.59D. ZANETTI, Una fondazione monastica signorile del medioevo padovano:il monastero di Santa Margher<strong>it</strong>a di Salarola (con un’appendice di 144documenti trascr<strong>it</strong>ti o regestati), Tesi di laurea, Univers<strong>it</strong>à di Padova, Fac.di scienze della formazione, aa. 1998-99, rel. S. Bortolami.60G. CARRARO, Il Liber di S. Agata di Padova (1304), con una Nota diplomaticadi G.G. FISSORE, Padova 1997, specie alle p. LI-LXX.61CARRARO, Il Liber di S. Agata, p. 358-359; 406, 410-411.62CARRARO, Il Liber di S. Agata, p. 271.63ARCHIVIO CAPITO<strong>LA</strong>RE <strong>DI</strong> PADOVA, Villarum, VIII, Polverara, 16.64C. SAN BONIFACIO, Per la continuazione del Codice diplomatico padovano.Le carte del sec. XIII del fondo di S. Giovanni Decollato (Archivio Vaticano),Tesi di laurea, Univers<strong>it</strong>à di Padova, Fac. di lettere e filosofia, a.a.1980-81, rel. P. Sambin; A. RIGON, Il monastero euganeo di S. GiovanniEvangelista del Montericco dalla fondazione (1203) al trasferimento dellacomun<strong>it</strong>à in Padova (1258), «Atti e memorie della Accademia Patavina discienze, lettere ed arti», 93(1980-81), III, p. 83-96.65ARCHIVIO <strong>DI</strong> STATO <strong>DI</strong> PADOVA, S. Giovanni Battista del Venda, b. 3,perg. 133.66ARCHIVIO <strong>DI</strong> STATO <strong>DI</strong> PADOVA, S. Giovanni di Verdara, 131, f. 63v.67M. TAGLIABUE, S. Giovanni Battista del Venda (Padova): un secolo distoria monastica (1350-1450) tra Albi e Olivetani. con un appendice di 36documenti ined<strong>it</strong>i, Tesi di laurea, Univers<strong>it</strong>à di Padova, Fac. di lettere efilosofia, a.a. 1978-79, rel. P. Sambin, p. 119, 169, 173, 174, 179, 186.68F.G.B. TROLESE, Decadenza e rinasc<strong>it</strong>a dei monasteri veneti nel bassomedioevo, in Il monachesimo nel Veneto medioevale, p. 169-199.69F.G.B. TROLESE, Ludovico Barbo e Santa Giustina. Contributo bibliografico.Problemi attinenti alla riforma monastica del Quattrocento, Roma 1983.70DE SANDRE GASPARINI, Contadini, chiesa, confratern<strong>it</strong>a, p. 94-162.71TAGLIABUE, S. Giovanni Battista del Venda, p. 240.32


Francesco G.B. TroleseLa presenza dei monaci di Santa Giustina aLegnaro e nella CorteAl P. Abate Don Innocenzo Agostino Negratofiglio della terra di LegnaroPrima d’iniziare a rievocare i rapporti intercorsi tral’abbazia di Santa Giustina e il terr<strong>it</strong>orio di Legnarocredo ci si debba interrogare sul significato delladoppia denominazione del suo terr<strong>it</strong>orio come appare,per secoli, nei documenti, e cioè: Legnaro del Vescovo eLegnaro dell’Abbà 1 . La porzione di terr<strong>it</strong>orio posta all’estdella via comune che recava a Polverara era di pertinenzadel vescovo, quella ad occidente era di giurisdizione dell’abatedi Santa Giustina: essa giungeva fino all’attualecanale di Roncajette. Confinava inoltre a sud con Polverara,valicando in alcuni punti il Fiumicello; a nord siprotendeva verso Saonara: da questa parte alcuni poderierano stati intersecati, con andamento da ovest verso est,dalla strada tracciata dal Comune di Padova nel 1210 o1212, la quale, partendo dal borghetto c<strong>it</strong>tadino di Pontecorvo,giungeva fino a Piove di Sacco 2 .LE ORIGINIIl legame tra l’abbazia di Santa Giustina e il paese diLegnaro, in passato, si faceva iniziare nel secolo IX, poichéil papa Gregorio IV il 20 giugno 828 avrebbe confermatole proprietà del monastero sui terreni del paesedi Legnaro, sulla chiesa di San Biagio, sulle decime esui quartesi connessi. Gli studiosi che hanno esaminatoil contenuto del documento pontificio, da GiovanniBrunacci 3 a Ludovico Antonio Muratori 4 , segu<strong>it</strong>i daipiù recenti, ne misero in dubbio la sua autentic<strong>it</strong>à 5 . Ilpaleografo Andrea Gloria lo considerava in sostanzaautentico ed emanato dalla cancelleria pontificia 6 .Tuttavia il documento è da r<strong>it</strong>enere un falso diplomatico,nel senso che nel lungo elenco dei possedimentimonastici ivi riportato, si inseriscono beni certamentepervenuti al monastero in epoca successiva, in segu<strong>it</strong>oad acquisto, o donazione particolarmente da parte deivescovi padovani, dai quali l’abbazia dipendeva perfondazione e per programma di v<strong>it</strong>a.Le prime notizie certe delle proprietà di Santa Giustinanel terr<strong>it</strong>orio di Legnaro si hanno con la donazionedel vescovo di Padova Olderico. Il presule, infatti,mentre si trovava nella Saccisica, e precisamente aPiove di Sacco, centro della sua competenza com<strong>it</strong>ale,donò il 30 marzo 1076 all’abate Giovanni e al33


FRANCESCO G.B. TROLESEsuo monastero, int<strong>it</strong>olato a santa Giustina vergine e asan Prosdocimo confessore, la giurisdizione, già spettanteal fisco imperiale, su una parte del terr<strong>it</strong>orio diLegnaro, con la facoltà di imporre tributi, irrogare,previo giudizio, pene e multe ai sudd<strong>it</strong>i; la donazionecomprendeva anche la decima 7 dell’allodio della chiesasui novali, e la proprietà della palude denominataNemora o Memora 8 . Il testo del documento presupponeche l’abbazia già possedesse nel luogo dei terreni,però in qual modo essi fossero stati acquis<strong>it</strong>i non èattestato.Un paio d’anni dopo gli uomini della Saccisica, riun<strong>it</strong>ia Piove di Sacco, il 1º gennaio 1080 riconobbero al loroconte, il vescovo Olderico, la giurisdizione su di loro ele proprietà di sua pertinenza nel medesimo terr<strong>it</strong>orio,tra le quali era incluso il paese di Legnaro 9 .In un documento rogato a Piove di Sacco il 9 febbraio1091 un ab<strong>it</strong>ante di Legnaro, chiamato Domenico,figurava tra gli astanti alla donazione intervenuta tra ilsacerdote Giovanni e un altro Giovanni, sacerdote, deDulo e ne sottoscrisse la transazione 10 .L’imperatore Enrico IV il 31 maggio 1095, durante il suopassaggio per Padova, in un solenne plac<strong>it</strong>o prese sottola sua protezione, trovandosi nel brolo della residenzavescovile, il monastero di Santa Giustina, rappresentatodal suo priore Giovanni e dall’avvocato del cenobioIngelerio. Nel documento imperiale si affermava chei beni del cenobio, s<strong>it</strong>uati anche a Legnaro, dovevanoconsiderarsi sotto tutela imperiale e immuni da ognimolestia 11 .Il vescovo di Padova Pietro, appena eletto, nell’incrementareil patrimonio del monastero di Santa Giustinaelargì il 25 marzo 1101 due appezzamenti di terras<strong>it</strong>uati a Legnaro nella frazione chiamata Caselle, checonfinavano con la palude Nemora, a condizione che imonaci pregassero per l’anima dell’imperatore, per lapropria, e per quella dei suoi predecessori e successori;le disposizioni episcopali stabilivano, inoltre, che <strong>it</strong>erreni non fossero stati venduti o dati in feudo, marimanessero pienamente disponibili per l’abbazia. Lamunifica donazione si prefiggeva con tale atto di forniredei mezzi di sostentamento per l’abate Giovannie i suoi monaci, assicurando che tali disposizioni nonsarebbero state messe in forse dai suoi successori 12 .Il papa Callisto II, notoriamente sollec<strong>it</strong>o verso i monasteri,il 15 marzo 1123 prese sotto la sua protezione ilcenobio di Santa Giustina, allora governato dall’abateBenzone: nell’elenco dei beni abbaziali erano inclusii possedimenti goduti nei paesi di Legnaro e di Isoladell’Abbà, arricch<strong>it</strong>i dal dir<strong>it</strong>to di raccogliere la decimaparte dei frutti della terra 13 . Il medesimo pontefice,pochi giorni dopo, confermò al vescovo Sinibaldo lasua giurisdizione su tutti i monasteri padovani, sia dellac<strong>it</strong>tà, sia del terr<strong>it</strong>orio comprendendo anche quellodedicato a santa Giustina 14 . La competenza del vescovopadovano sui monasteri e sulle loro pertinenze funuovamente rinnovata dal papa Innocenzo II al vescovoBellino il 29 giugno 1133 15 .Un altro documento relativo a Legnaro riguarda ilvescovo di Padova, Giovanni Cacio, il quale il 15 febbraio1157 compose una l<strong>it</strong>e riguardante, tra l’altro, lacorresponsione di alcune onoranze e del ripatico, dovutiglida Guglielmino del fu Compagno per i possedimentiesistenti nel terr<strong>it</strong>orio di Legnaro: infatti l’annoprecedente il vescovo ne aveva bonificato il terreno,provvedendo ad un ampio disboscamento, riducendoloa cultura 16 .L’imperatore Federico I mentre si trovava a Lodi il 7ottobre 1161 riconobbe al vescovo di Padova GiovanniCacio le sue competenze su alcune porzioni di terr<strong>it</strong>oriodella diocesi che includevano la contea della Saccisica,della quale Legnaro ne faceva parte 17 .Il monastero benedettino di San Cipriano di Murano,che allora possedeva dei beni nel paese di Legnaro, il 24giugno 1162 operò un cambio di proprietà con i fratelliAlberto e Pietrobono cedendo loro un manso a Legnaroin cambio di una salina nei pressi di Chioggia 18 .Il papa Alessandro III nel pubblicare l’8 febbraio 1164una bolla in favore del monastero di Santa Giustina neconfermava i privilegi concessi dai propri predecessori,Leone III e Callisto II, e rinnovava all’abate Arderico laprotezione sulle proprietà del cenobio, tra le quali eranocompresi Legnaro e Isola dell’Abbà, con le relativedecime 19 .34


<strong>LA</strong> PRESENZA DEI MONACI <strong>DI</strong> SANTA GIUSTINA A <strong>LEGNARO</strong> E NEL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong>La serie di casi or ora menzionati dimostra non solo labenevolenza dei papi e dei vescovi verso l’abbazia, mapure l’avvio di una presenza e di un concreto interessedei monaci per il terr<strong>it</strong>orio di Legnaro. Presenza chesi sarebbe maggiormente rafforzata nel momento incui i monaci avessero potuto disporre di più numerosopersonale. Con tali forze avrebbero potuto non soloseguire direttamente l’evolversi del rapporto con gliab<strong>it</strong>anti, ma ne avrebbero assunto il ruolo di protagonisti,in specie quando gli amministratori del monasterosi fossero impegnati a prendere l’iniziativa di promuovernele bonifiche e d’intervenire nella coltivazionedei campi. I cellerari, oltre ad assumere le iniziative sisarebbero avvalsi di valenti aiutanti, per lo più estrattidalla categoria dei commessi o fratelli laici, chiamatianche conversi: ist<strong>it</strong>uzione, quest’ultima che doveva lesue origini all’ordine cistercense, poiché a loro fu ordinariamenteaffidata la gestione delle grancie, o granze,sparse nei terr<strong>it</strong>ori dipendenti dai monasteri, in terreniper lo più riscattati da interventi di bonifica, comeoccorse, nel Duecento e nel Trecento, nel terr<strong>it</strong>oriopedemontano di Treviso, presso il fiume Piave, per ledipendenze del monastero cistercense di Follina nellagranza di Sottoselva 20 .L’attuale documentazione archivistica non permette diconoscere il preciso momento in cui l’abbazia di SantaGiustina acquisì la chiesa di San Biagio di Legnaro– di cui peraltro è ignota l’epoca d’origine – la pienaproprietà dei terreni e il dir<strong>it</strong>to di decima. Ci si devepertanto affidare ad alcune esplorazioni che assumonola veste di saggi, di esempi, su come i monaci lungo isecoli hanno gest<strong>it</strong>o il loro patrimonio fondiario, racchiusoin una consistente porzione del terr<strong>it</strong>orio diLegnaro, economicamente ricadente sulla competenzadella Corte del monastero, cioè Legnaro dell’Abbà edIsola dell’Abbà. Le due realtà, ora rientranti in due differenticomuni, erano considerate come un’unica grandeent<strong>it</strong>à fondiaria, suddivisa in campagne, chiusure elivelli, di varia estensione per circa 1.550 campi, comeattesta la perticazione (descrizione con misure) effettuatanel 1795 21 , un decennio prima che i monaci fosseroestromessi dai loro antichi possedimenti.IL DUECENTOL’abbazia di Santa Giustina, nel secolo consideratod’oro dagli studiosi per l’affermarsi della corrente monasticariformata padovana dei monaci albi sapientementeguidati dal priore Giordano Forzatè 22 , dovette assisterealla scelta della via dell’eremo del proprio abate Stefanosal<strong>it</strong>o sul Monte Venda, mentre il suo successore Arnaldoda Limena (1209-1255), oltre a dover affrontare unacrisi spir<strong>it</strong>uale al suo interno e un’altra pol<strong>it</strong>ica al suoesterno con il signore Ezzelino da Romano 23 , fu impegnatoda due contrasti divampati con i propri feudataridi Legnaro. Il primo fu guidato dal notaio Benedettode Gunciis: la controversia riguardava il rifiuto di corrispondereil tributo feudale annuo e la decima. Perla soluzione della vertenza si ricorse prima al vescovoe successivamente al papa, il quale delegò il canonicoAcerbo della pieve di Conselve d’intervenire: il giudiziofinale favorì i monaci di Santa Giustina (1232). Dueanni dopo si dovette ricorrere alla curia pontificia peravere ragione dei ribelli, i quali avevano come corifeoMainerio di Enrigeto da Legnaro ab<strong>it</strong>ante allora inPadova, che si era permesso di infrangere il giuramentovassallatico con la vend<strong>it</strong>a di un feudo senza ottenerneil dovuto permesso dall’abate: il giudice delegato pontificioUguccione, abate di Gavello (Rovigo), sentenziòdi nuovo in favore dei monaci 24 .Le difficoltà incontrate dall’abate nei rapporti con ipropri feudatari, specie con quelli di Legnaro è vistodal Rigon come un sintomo di uno sfaldamento delpotere di indirizzo dei monaci nei riguardi della societàcivile, allora in fermento nella Marca trevigiana per lapresenza dei signori da Romano 25 .L’abate Jacopo da Limena (1256-1269) continuòdurante il suo governo la pol<strong>it</strong>ica segu<strong>it</strong>a dal parentee confratello Arnaldo: infatti nel rinnovare il 12 aprile1259 un livello composto di un sedime di mezzo campoe di tre appezzamenti di terra ad Isola dell’Abbà,per la durata di ventinove anni, chiese ai contraenti,Giovanni del fu Verde e ai suoi fratelli Giovanni eSulimano, cinque soldi di piccoli, concedendo loro ilpotere di venderlo ad altri. Il livellario avrebbe dovuto35


FRANCESCO G.B. TROLESEogni anno, a proprie spese, corrispondere al monasteroin Padova, o ai suoi rappresentanti in Isola, la decimadi tutti i frutti della terra, durante la loro raccolta, ealla festa di santo Stefano (26 dicembre) versare 12soldi di piccoli 26 . Un esempio di onoranze su proprietànon del monastero è offerto dalla vend<strong>it</strong>a di un sedimedi mezzo campo, comprendente una casa coperta dicoppi e di paglia, effettuata il 4 novembre 1267 allapresenza dell’abate Jacopo, nel palazzo abbaziale diSanta Giustina, da Enrico Calderia da Legnaro a GiovanniDell’Abate, canonico padovano, al prezzo di lire30 di denari veronesi. Il tributo annuale della decimacomprendeva una spalla di porco, una focaccia e duesoldi veronesi da corrispondere alla festa di santo Stefano(26 dicembre) e un pollastro a quella di san Pietro(29 giugno) 27 .Il divieto di vend<strong>it</strong>a autonoma dei dir<strong>it</strong>ti utili sul fondoinvest<strong>it</strong>o, con l’obbligo di migliorarne la rend<strong>it</strong>a,fu incluso nel contratto d’aff<strong>it</strong>to stipulato, per cinqueanni, il 22 marzo 1268 con Americo del fu Patavino daLegnaro: si trattava di un pezzo di terra di mezzo campo,confinante con un altro fondo coltivato dallo stessocontraente, sottoposta ad un canone annuo di tre staiadi buon frumento, pul<strong>it</strong>o, secco e bene trattato, unpaio di pollastri da corrispondersi alla festa di santaMargher<strong>it</strong>a (20 luglio). Nel caso che l’aff<strong>it</strong>tuario avessecostru<strong>it</strong>o una casa a proprie spese, l’abate lo obbligavaa vendergliela ad un prezzo stimato da persone amiche28 .L’aff<strong>it</strong>to di due campi ad Isola sul fiume vecchio (Isoladell’Abbà), concesso l’8 luglio 1268 per dieci anni aViale da Scaltenigo per un canone di quattro denarie un paio di pollastri da corrispondersi alla festa disanta Giustina (7 ottobre), conteneva la clausola chequalora l’aff<strong>it</strong>tuale avesse costru<strong>it</strong>o una casa sul fondoavrebbe dovuto cederla direttamente all’abate, altrimentiportarsela via, nel caso non fosse stato rinnovatoil contratto 29 .In occasione dell’invest<strong>it</strong>ura feudale ad Orsato di Orsatoeffettuata dall’abate Jacopo il 3 settembre 1268 si puòconoscere non tanto la consistenza dei fondi concessi,quanto le clausole ivi incluse: il terr<strong>it</strong>orio era soggetto adecima e al dir<strong>it</strong>to di imporla ai t<strong>it</strong>olari della conduzione;non poteva essere ceduto ad altri; il vassallo prometteva,con giuramento, la fedeltà all’abate cui era connessol’obbligo di tutelare i dir<strong>it</strong>ti del monastero, assumendonela difesa. L’invest<strong>it</strong>ura dell’Orsato era stata precedutadalla liquidazione dei dir<strong>it</strong>ti del fratello Marchesino delfu Spinabello di Orsato per 185 lire 30 .I pochi esempi offerti ci permettono, tuttavia, di comprenderequanto complessa fosse la s<strong>it</strong>uazione dei rapport<strong>it</strong>ra il monastero e i terr<strong>it</strong>ori soggetti; non per nullal’abate finì tragicamente i suoi giorni per mano d’alcuniuomini di Mason Vicentino, contrari alla presenza deimonaci in tale zona 31 .Olderico da Limena (1271-1289), già abate di SantaMaria in Organo di Verona 32 ma per lungo tempo residentenel monastero d’origine per gli ostacoli di naturapol<strong>it</strong>ica frapposti dalle autor<strong>it</strong>à c<strong>it</strong>tadine veronesi inlotta contro i Padovani, si preoccupò, fin dagli inizidel suo governo, di riprendere il controllo delle terredi proprietà del cenobio: perciò il 4 giugno 1271 nell’investireBartolomeo, detto Mani, da Isola dell’Abbàdi due campi, s<strong>it</strong>uati nella contrada Orsaro, ingiunse dipresentargli, entro otto giorni, l’elenco, per iscr<strong>it</strong>to, deifeudi ricevuti dai suoi predecessori 33 . Analoga richiestafu rivolta, lo stesso giorno, a Genesio del fu Toni daLegnaro nell’investirlo di due pezze di terra, la primadi due campi, al centro di Legnaro, e l’altra ai marginidel paese verso la Riviera, che confinava con i beni delmonastero di Santa Margher<strong>it</strong>a di Polverara 34 . Altraingiunzione, ma entro 15 giorni, fu rivolta il 13 settembre1271 a Bartolomea di Patavino Lamperti, pellettieradi Padova, nell’investirla, alle porte del monastero,di alcuni appezzamenti di terreno posti ad Isola dell’Olmo(4 campi), a Spineda (5 campi) e a Plumbiola diLegnaro (2 campi) 35 . La medesima ingiunzione toccò aManfredo del fu Uberto di Cino da Volparo l’8 ottobre1271 36 e il 17 marzo 1272 37 , a Nicolò del fu GiovanniSpizato da Legnaro il 4 giugno 1272 38 , a Folco del fuBenedetto da Legnaro e a Bettino del fu Bertoloto daLegnaro il 7 giugno 39 .La difficoltà di conoscere l’ent<strong>it</strong>à dei possedimenti edei dir<strong>it</strong>ti connessi, per i fondi di Legnaro, come per36


<strong>LA</strong> PRESENZA DEI MONACI <strong>DI</strong> SANTA GIUSTINA A <strong>LEGNARO</strong> E NEL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong>1272, giugno 4, invest<strong>it</strong>ura feudale di Genesio del fu Tono da Legnaro: ASP, Corona, part. 2206, f. 10r.37


FRANCESCO G.B. TROLESEquelli presenti in altre zone del terr<strong>it</strong>orio padovano,deve aver indotto l’abate a prendere l’iniziativa di farredigere un’organica raccolta dei più antichi documentidell’abbazia, conservati fino allora su fogli sciolti in pergamena.A questo scopo fu incaricato nel 1274 il notaioIacopo di Bernardo da Montagnana di trascriverli inun gran registro in pergamena: la raccolta, ottenutoil pubblico riconoscimento dall’autor<strong>it</strong>à comunale, fuall’origine di una lunga serie di Catastici del monastero,mentre l’esemplare dal colore della sua copertura,assunse la denominazione di Catastico verde 40 .Durante il governo dell’abate Olderico il monasterogodeva a Legnaro, secondo il Bortolami, di «un’ottantinadi livellari (tra cui il cappellano) su un totaledi 222 nuclei familiari, dai quali riscuoteva più di 783lire (il valore di una sessantina di campi circa) e inoltre42 capretti, 219 fra polli e galline, quattro colombi,un’oca» 41 . I f<strong>it</strong>ti dei campi, della durata di 20 42 o di 15anni 43 , durante quest’abbaziato erano comunementeversati alla festa di Santa Giustina, mentre le onoranze,consistenti in generi in natura, erano corrisposte allascadenza delle feste principali, vale a dire a Pasqua,Tutti i Santi, carnevale; tutti i pagamenti, sia in denaro,sia in natura dovevano essere effettuati a Padova, nellafattoria del monastero, a proprie spese 44 .Le donne, pure, potevano diventare t<strong>it</strong>olari di unfeudo concesso dal monastero, poiché esistevanodei casi in cui tali beni erano conferibili sia alla lineamaschile sia a quella femminile; per questo, mancandoi primi, esse potevano succedere loro: è il casodelle sorelle Agnese e Iacopa del fu Giacobino delfu Bonifacio, le quali ricevettero nella chiesa di SantaGiustina l’invest<strong>it</strong>ura di un feudo s<strong>it</strong>uato a Legnaroe ad Isola dell’Abbà dall’abate Rodolfo l’8 giugno1297 prestando a loro volta, di persona, il giuramentodi fedeltà 45 .IL TRECENTODurante il governo dell’abate Gualpertino Mussato ilrapporto con i contadini operanti nei possedimenti delmonastero, s<strong>it</strong>uati nel paese di Legnaro, ha sub<strong>it</strong>o unavariazione che ha inciso profondamente nei contrattiche durante il Trecento si sarebbero avuti tra loro:l’abate trovandosi in una s<strong>it</strong>uazione di forte indeb<strong>it</strong>amento,comune per questo ad altri enti monastici, comedi recente ha evidenziato l’Andenna 46 , si vide costrettoa cedere ai propri cred<strong>it</strong>ori il dir<strong>it</strong>to di riscossione de<strong>it</strong>ributi dovuti al monastero, fino a quando non fossestato raggiunto l’ammontare fissato. Infatti il 27 marzo1322 il Mussato durante una riunione cap<strong>it</strong>olare, conla partecipazione degli aventi dir<strong>it</strong>to – nel riconoscereche era deb<strong>it</strong>ore di Guglielmo Dente del fu V<strong>it</strong>alianoLemizi di lire 824 di piccoli, di lire 400 di piccoli conGiovanni del fu Gherardo da Vigonza e di lire 190 dipiccoli e soldi 19 con il notaio Sauro del fu Berlenzonide Berlenzoni della contrada Sant’Antonio per spesesostenute per provvedere l’abate, la sua famiglia e imonaci di panni e di altre cose necessarie per il buonandamento della famiglia abbaziale e del monastero– diede in garanzia al notaio Sauro e a Giovanni del fuPietro a Mulinellis in cambio di 1414 lire, 10 soldi e 9 dipiccoli, tutti i raccolti, i redd<strong>it</strong>i e i proventi dei terrenidel monastero s<strong>it</strong>uati ad Isola dell’Abbà e a Legnarofino alla completa estinzione dei deb<strong>it</strong>i 47 .Il forte indeb<strong>it</strong>amento del monastero non si era ancoraestinto nel 1339, 15 maggio, quando il monaco Parinonella sua qual<strong>it</strong>à di economo e di sindaco, essendovacante la sede abbaziale, investì di un sedime di duecampi, sette pertiche e nove tavole a Legnaro dell’AbateLeonardo del fu Menico del medesimo paese, nonfissandogli un canone 48 . Solo nel 1344, 21 dicembre,s’incontrano nuovamente i canoni d’aff<strong>it</strong>to in occasionedella concessione di un livello a Legnaro: in effettil’abate Bellavere da Campagnola nel cap<strong>it</strong>olo del monastero– al quale parteciparono Jacopo da Casale, prioreclaustrale, Parino Caseta, priore di San Salvaro di Monselicee Nicolò, sacrestano – investì a livello GiovanniCallegaro del fu Bertolaso da Volparo di un pezzodi terra di un campo posto a Volparo, per 29 anni,al canone di mezza spalla di porco, mezza focaccia ecinque soldi di onoranze, da corrispondere alla festa disanto Stefano (26 dicembre) d’ogni anno 49 .38


<strong>LA</strong> PRESENZA DEI MONACI <strong>DI</strong> SANTA GIUSTINA A <strong>LEGNARO</strong> E NEL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong>1322, marzo 27, L’abate Gualpertino Mussato cede i propri cred<strong>it</strong>i a Legnaro al notaio Sauro Berlenzoni e a Giovanni a Mulinellis: ASP,Corona, part. 2209, f. 18v.39


FRANCESCO G.B. TROLESEAlla fine del Trecento i terreni di Legnaro – almenoquelli posseduti dal monastero e per i quali furonorinnovati i contratti d’aff<strong>it</strong>to – producevano frumento(cereale superiore) e spelta (altro cereale, di minorpregio), oltre ai consueti animali da cortile, usati comemerce di scambio. Gli atti furono rogati nel mese difebbraio 1394 nella sala del camino della fattoria delmonastero di Santa Giustina, alla presenza dell’economoDonato da Padova e del fattore Antonio dal Bassanello50 . Le dichiarazioni sottoscr<strong>it</strong>te delle obbligazioniverso il monastero, in natura e pecuniarie, erano la conseguenzadi un precedente accordo stipulato nel 1391 eperfezionato nel mese di novembre del 1392 dall’allorafattore Antonio del fu Checho spend<strong>it</strong>ore, ab<strong>it</strong>ante nellacontrada di Santa Giustina. Vi parteciparono: Antoniodel fu Zambonino da Legnaro dell’Abate; Giovannidetto Concon, Stefano suo fratello, figli del fu Matteo,e il nipote Antonio del fu Biagio; Pietro del fu UgolinoGobbo; Zanino del fu Clemente; Antonio detto Longodel fu Zenone, il quale era deb<strong>it</strong>ore di dodici staia difrumento, dodici staia di spelta e due pollastri; OrdanoFabbro del fu Pietro; Enrico del fu Clemente Rigo;Manfredo del fu Alberto da Isola dell’Abbà; Rolandinodel fu Secaldo; Antonio detto Spaventino del fu Mainerio;Giovanni Martino del fu Albrico; Stefano del fuGiovanni; Francesco del fu Vimano; Padovano del fuFrancesco 51 .Questo piccolo gruppo di persone, d’él<strong>it</strong>e rurale, cipermette di penetrare, attraverso i loro documenti, inuna società contadina che in qualche modo disponevadei beni del monastero a proprio piacimento col venderlisenza nessun controllo dell’abbazia. Lo stato dellecose durò in sostanza fino agli anni Quaranta del secolo,quando i cellerari presero l’iniziativa d’impedire ildisfacimento della proprietà nei possedimenti s<strong>it</strong>uatia Legnaro, assumendone gradualmente la conduzionediretta. In effetti, prima di quest’ultima decisione, sieffettuò la vend<strong>it</strong>a degli aff<strong>it</strong>ti e degli edifici rurali,in assenza del consenso dei monaci, il 16 luglio 1391,quando Antonio del fu Nascimbene, Nascimbene eDomenico cedettero i loro dir<strong>it</strong>ti a Giovanni detto Canconoe Stefano, fratelli, del fu Marco di 38 campi arativi,piantati ad alberi e v<strong>it</strong>i, s<strong>it</strong>uati a Legnaro dell’Abate nellacontrada Brenta con casa e tezza in legname copertedi paglia 52 . La medesima operazione accadde il 5 giugno1393 tra Zanino del fu Clemente e Giovanni detto Massarodi Antonio Massaro, acquirente di un campo aLegnaro nella contrada Cha dei campi 53 . Lo stesso occorseil 21 gennaio 1403, quando Battista del fu AlbertinoMassaro acquistò i dir<strong>it</strong>ti feudali di Santa Giustina daMarco del fu Domenico Dal Cortivo e dai figli Benedettoe Domenico di Marco Dal Cortivo di tre campi,coltivati a v<strong>it</strong>i e alberi s<strong>it</strong>uati nella contrada Villa 54 .Durante l’ultima guerra divampata tra i Carraresi e iVeneziani, vale a dire tra il 1404 e il 1405 55 , anche il terr<strong>it</strong>oriodi Legnaro non fu immune da saccheggi e distruzioni,causati dal passaggio delle soldatesche; infatti,Marco Rolandino da Legnaro dell’Abate, di 72 anni,dimorante a Padova nella contrada di Sant’AntonioConfessore, nel testimoniare il 23 aprile 1466 in favoredei fratelli Bilioti nella causa contro il monastero confessòche durante i luttuosi eventi morirono molte persone,furono distrutte tutte le case («fuerunt destructaomnia edificia in dicta villa»), gli edifici rurali furonodati alle fiamme e le terre rimasero incolte («omnes curtivifuerunt combusti et terre remanserunt vigre et inculteet male in ordine») 56 .La vacanza abbaziale, apertasi in segu<strong>it</strong>o alla scomparsadel dominio carrarese, costrinse i monaci rimasti a SantaGiustina, vale a dire Antonio da Padova, Rolando daCasale e Giacomo da Limena, ad aff<strong>it</strong>tare l’11 gennaio1407 al nobile Giacomo da Scaltenigo del fu Rolando,vicario di Teolo, il dir<strong>it</strong>to della decima in Legnaro dell’Abatee nel suo terr<strong>it</strong>orio per 350 lire di piccoli e duecapponi: con tale atto avevano almeno la certezza dipoter disporre d’alcune risorse economiche 57 .Di fronte a questi dati si può affermare che l’incertat<strong>it</strong>olarietà dei dir<strong>it</strong>ti sulle terre del monastero non eraaltro che la conseguenza della ridotta presenza monasticanell’abbazia padovana, annoverante alla fine delsecolo solo tre membri, escluso l’abate: tanti ne trovònel febbraio 1409, al suo ingresso, il patrizio venezianoLudovico Barbo (1381-1443), priore di San Giorgio inAlga di Venezia 58 .40


<strong>LA</strong> PRESENZA DEI MONACI <strong>DI</strong> SANTA GIUSTINA A <strong>LEGNARO</strong> E NEL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong>IL QUATTROCENTOIl nuovo abate, fin dall’inizio, si premurò di controllarepienamente l’amministrazione dei beni del monasteroper ev<strong>it</strong>are che i monaci – in dieci anni si ebbero 200professioni religiose – dovessero vagare fuori del cenobioper procurarsi il necessario a vivere, per dedicarsipiù intensamente alla preghiera. Il rinnovo dei contratti(livello, feudo, locazione) secondo il vecchio formularionotarile («ad renovandum perpetual<strong>it</strong>er»), diede ad<strong>it</strong>o– quando i cellerari, Antonino da Milano e Celso daMilano, decisero, intorno alla metà del secolo, di variareil tempo e le condizioni dei patti agrari – a lunghe edispendiose controversie.Alla metà del secolo XV la comun<strong>it</strong>à di Santa Giustina,infatti, era venuta a trovarsi in grosse difficoltàeconomiche, impegnata com’era nei lavori d’ampliamentodel monastero, tra i quali la costruzione deldorm<strong>it</strong>orio e dell’infermeria, oltre che nell’acquistod’indumenti per i suoi membri; per questo ricorse adun prest<strong>it</strong>o che fu elarg<strong>it</strong>o dal protonotario apostolicoGuido Gonzaga 59 , benemer<strong>it</strong>o, inoltre per aver favor<strong>it</strong>ol’adesione alla riforma di Santa Giustina del monasterodi San Benedetto di Polirone, di cui era abatecommendatario.Nella controversia, durata una decina d’anni, l’azionedegli amministratori fu indirizzata, specie dopo le larghedisponibil<strong>it</strong>à finanziare dovute alla vend<strong>it</strong>a dellepossessioni s<strong>it</strong>uate a Mason Vicentino, ad un riscattodei possedimenti mediante il passaggio dalla condizionedi livello, sui quali il monastero non aveva la pienadisponibil<strong>it</strong>à, a quella di terreno concesso in locazionealle famiglie che da lungo tempo risiedevano sui possedimentie sui quali avevano apportato delle migliorie,sia sulle ab<strong>it</strong>azioni dei residenti, sia sui fondi agricolisottoposti ad una bonifica, qualora il terreno fosse statosoggetto a ristagno delle acque piovane.In effetti in quest’ultimo caso, al pari di ciò che si realizzavanegli altri possedimenti, i cellerari si preoccuparono,in occasione dei rinnovi dei contratti agrari, diincludere la clausola che imponeva ai contadini di effettuarenei periodi liberi dall’impegno della coltivazionedel terreno, lo scavo dei fossi e la loro pulizia, ciò perfacil<strong>it</strong>are il deflusso delle acque.Il Comune di Padova in un dispos<strong>it</strong>ivo del suo Codicestatutario, risalente al 1362, si era preoccupato d’intervenireper la regolamentazione dei fiumi, dei fossati,delle strade e per la generale bonifica dei terreni: perquesto anche il terr<strong>it</strong>orio di Legnaro fu soggetto a talidisposizioni. Infatti si deliberò che a Legnaro dell’Abatei pubblici corsi d’acqua dell’Orsaro, dell’Isoladell’Olmo, della Valuvana e della Valle Saume fosseroripul<strong>it</strong>i, riscavati e dotati di appropriati argini con l’innalzamentodi quelli già esistenti 60 .Il mutamento della gestione del patrimonio fondiario,arch<strong>it</strong>ettato dai cellerari, incontrò la netta opposizionedi diversi aff<strong>it</strong>tuari e livellari del monastero. Infatti, imonaci nel rivendicare i dir<strong>it</strong>ti dell’abbazia erano staticostretti a rompere la lunga tradizione di una liberagestione, da parte dei contadini, sui terreni del monastero,poiché costoro non coinvolgevano l’amministrazione(cellerari, economi, fattori) prima di giungereal passaggio di gestione, ma solo a fatto compiuto. Lalibera decisione suoi poderi e gli edifici annessi si effettuavanopure cedendoli in dote a proprio piacimento,pregiudicando i dir<strong>it</strong>ti del monastero: ciò era accadutoper la mancata vigilanza dei monaci; per questo, quandosi decise d’interrompere la consuetudine invalsa,s’incontrarono forti resistenze presso i contadini 61 .La difficoltà di dialogo tra il monastero e gli uominidi Legnaro dell’Abbà e d’Isola dell’Abbà, aff<strong>it</strong>tuari olivellari, originò un esposto inoltrato nella primavera del1458 al doge di Venezia perché impedisse la minacciataespulsione dalle terre abbaziali di coloro che da lunghianni le coltivavano gravibus cum laboribus et expensis,vale a dire con pesanti fatiche e spese, sost<strong>it</strong>uendoli concontadini provenienti dal milanese («rusticos Mediolanenses»)62 . I poveri ricorrenti, inoltre, ricordarono aldoge che avevano sempre onorato i loro aff<strong>it</strong>ti e per ladecima avevano pagato, e pagavano, annualmente cinquesoldi di piccoli e un quartiere di frumento al campo.I monaci dal loro canto, andando contro quanto si erada lungo tempo praticato, pretendevano di raccoglierela decima direttamente in agro, vale a dire sul campo,41


FRANCESCO G.B. TROLESEnon contentandosi di ciò che era loro presentato dagliaff<strong>it</strong>tuari; questi poi, a norma degli statuti di Padova,non sarebbero potuti essere estromessi dalle ab<strong>it</strong>azioni,che con tanto sacrificio avevano realizzato a propriespese. A sua volta il governo veneziano con la ducaledi Pasquale Malipiero, preso atto dell’accorato ricorso,incaricò il podestà di Padova Benedetto V<strong>it</strong>turi perchéprovvedesse alla soluzione del caso, il quale sentenziò infavore dei dir<strong>it</strong>ti del monastero 63 . Il podestà affidò a suavolta, per richiesta dell’abate, a Benedetto Malgarini,proprio nunzio, e a Giovanni Sellarino, pubblico notaio,la verifica sul posto del rispetto della sentenza, nel casoad Isola dell’Abbà. Allorché i messi comunali si presentaronosui campi per controllare la quant<strong>it</strong>à dei raccoltisoggetti a decima, accompagnati dal cellerario Celsoda Milano e dal fattore del monastero Daniele Burato,furono ricevuti, all’inizio del mese di luglio 1458, a maleparole da Gaspare e Agostino del Tono e Nicolò Negrato:il diverbio che ne seguì si tramutò in violenza fisicaverso il cellerario e il fattore, i quali furono così violentementecolp<strong>it</strong>i che si ruppe il manico della forca usata.In conseguenza di questi fatti l’abbazia il 6 luglio sporseregolare denuncia per mezzo del proprio procuratore,Federico da Vigonza, presso il giudice del maleficio odel criminale, esistente a Padova 64 . La causa fece il suocorso giungendo fino al Senato di Venezia al consigliodei Rogati, i quali si pronunciarono il 23 agosto 1459in favore dei monaci, perciò essi poterono raccoglieredirettamente la decima sui campi, o aff<strong>it</strong>tarla liberamentea coloro che volevano, come sarebbe parso piùconveniente 65 .Altri casi, relativi sempre al mutamento d’indirizzonella gestione dei possedimenti, accaddero poco tempodopo quando il cellerario Celso da Milano il 15maggio 1460 presentò al podestà di Padova un’istanzadi sfratto di Antoniolo Dal Cortivo dalle proprietà delmonastero 66 . Il podestà Jacopo Loredan sottopose laquestione al Consiglio dei Dieci di Venezia. Il magistratoveneziano Daniele Bernardo, incaricato a risolverela vertenza il 26 maggio 1462, ordinò con una suasentenza di rest<strong>it</strong>uire i dir<strong>it</strong>ti nello stato in cui eranostati goduti prima del ricorso, cioè diede ragione aicontadini 67 . Nelle fasi dell’istruttoria i giudici ricorseroad una rogatoria presso il podestà di Firenze, Jacopode Bonarellis da Ancona, il quale raccolse nel mesedi marzo del 1461 nel pubblico palazzo fiorentino ladeposizione di Nicolò da Firenze, già cellerario diSanta Giustina, allora residente nella Badia fiorentinaper affari, ma ricoprente la funzione di cellerario per ilmonastero di San Benedetto Po (Mantova). Il monacofiorentino ricostruì, in tale frangente, l’armonia deirapporti tra il monastero e Antoniolo Dal Cortivo esuo figlio Nicolò 68 .La causa contro i contadini ebbe altri attori, perché imonaci ricorsero nuovamente al tribunale veneziano,attendendo il cambio dei funzionari, sperando così dispuntarla con nuovi aud<strong>it</strong>ori 69 . Durante questa fase il 12marzo 1466 il procuratore, Antonio da Corte, in nomedei fratelli Bartolomeo e Domenico de Biliotis, esposeal podestà di Padova, Marco Zane, che i monaci nonpotevano modificare le norme vigenti da oltre 50 anni.Il loro ragionamento si basava sul fatto che l’allora abateperpetuo Ludovico Barbo, con il consenso del suocap<strong>it</strong>olo, nel rinnovare nel 1417 i contratti di locazioneagraria con gli uomini di Legnaro aveva introdottoun’usanza di valore universale, in conseguenza dellaquale i contadini non solo avevano l’obbligo di migliorarela resa, ma potevano anche venderli e concederli indote ai figli, senza richiedere il previo assenso ai monacidi Santa Giustina. Il da Corte argomentava, inoltre,che i patti erano stati certamente messi per iscr<strong>it</strong>to neiregistri d’amministrazione dell’abate veneziano, maalcuni monaci dopo il suo governo ne avevano maliziosamenteoccultato o distrutto le copie, concorrendocosì a farne perdere la traccia. Il procuratore era certoche esistesse nel monastero il libro delle invest<strong>it</strong>urecontenente gli atti del 1417. La certezza di tale assertopoggiava su un inconfutabile dato di fatto: i dipendentidi Legnaro nutrivano un’alta stima verso il riformatoredi Santa Giustina, poiché non è verisimile che l’abate,uomo buono e santo, come dimostrarono le sue azioniin v<strong>it</strong>a e dopo la morte, avesse affermato il falso,mentre all’incontrario il suo stile di v<strong>it</strong>a si era sempredimostrato verace 70 . L’esposto del procuratore dei con-42


<strong>LA</strong> PRESENZA DEI MONACI <strong>DI</strong> SANTA GIUSTINA A <strong>LEGNARO</strong> E NEL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong>tadini contiene infine una constatazione che riguarda laricostruzione delle loro dimore dopo il passaggio dellaguerra d’inizio secolo, nel trapasso tra l’età dei Carraresie quella veneziana: le case d’ab<strong>it</strong>azione furono ricostru<strong>it</strong>esenza il concorso del monastero 71 .L’aspra l<strong>it</strong>e, durata diversi anni con il conseguenteesborso di cospicue risorse finanziarie, giunta alla suaconclusione giudiziaria con la sentenza pronunciatadal patriarca di Venezia Maffeo Gherardi gia abatecamaldolese di San Michele di Murano 72 , nella qualesi riconoscevano leg<strong>it</strong>timi i dir<strong>it</strong>ti del monastero, futerminata da una solenne transazione stipulata a Padovail 1 settembre 1466, nei locali del monastero presso lascala che conduce all’infermeria antica, tra i monaci egli uomini di Legnaro. I primi, in forza di un atto diprocura redatto dal notaio Giovanni Giacomo da Conail 7 agosto 1462, erano rappresentati dall’abate di SantaMaria di Siena Luca Contarini da Venezia, AntonioMoro da Venezia, priore di Santa Giustina, Tomasoda Firenze, cellerario del monastero, mentre i secondiagivano in nome proprio in qual<strong>it</strong>à di contraenti, e valea dire Daniele Furlan e suo fratello Matteo Zago delfu Bartolomeo, Mainerio di Biagio Viola, Nicolò DalCortivo di Antonio 73 e Simone del fu Domenico Marco.L’accordo si conformava alle sentenze del patriarca diVenezia. Per giungere alla conclusione dei lunghi contrasti,accompagnati da ingiurie e da cospicue spese, icontadini di Legnaro furono spinti dall’intervento diopportuni consigli di amici e dalla considerazione dellabuona fede con cui si erano precedentemente mossi: èda presumere che non fossero estranei all’accordo ilrettore della chiesa di San Biagio di Legnaro LudovicoSabbadin da Venezia 74 e Giacomo del fu Almerico daLegnaro del Vescovo, ambedue testimoni dell’atto d<strong>it</strong>ransazione. Gli aff<strong>it</strong>tuari dichiararono di voler essereconsiderati, in futuro, sudd<strong>it</strong>i fedeli, deb<strong>it</strong>ori leg<strong>it</strong>timiverso il monastero, perciò si sentivano obbligati a corrispondereall’abate e ai monaci di Santa Giustina la decima.Contestualmente chiesero di essere reputati comebuoni figli, veri e leg<strong>it</strong>timi lavoratori del monastero, divolere permanere e lavorare in modo pacifico all’ombrae sotto la protezione del monastero: ciò credono sia lorodovuto perché si sono presentati spontaneamente mossida un desiderio di pace e di concordia. Riconobberoinoltre al monastero il dir<strong>it</strong>to di decima da raccoglieredirettamente sulle possessioni, la quale doveva esserecorrisposta per un quinquennio al canone di un quartieredi frumento, pul<strong>it</strong>o e setacciato, e otto soldi di piccoliper campo, iniziando dall’anno 1465. Detto canonedoveva essere fatto giungere a Santa Giustina, a tempodeb<strong>it</strong>o, a tutte spese e pericolo dei medesimi aff<strong>it</strong>tuari;se il dovuto non fosse stato corrisposto il monastero avevail dir<strong>it</strong>to di affidare ad altri la conduzione dei terreni.La clausola finale riguardava le spese sostenute per starein giudizio: le due parti avrebbero badato a saldare leproprie spese senza nessuna rivalsa verso la parte avversa75 .Per coloro che rifiutarono il concordato non rispettandoi decreti podestarili, ma rimasero fermi nel loropunto di vista, ci fu un decreto di sfratto dai terreni permano pubblica, come avvenne per i fratelli Domenicoe Bartolomeo de Biliotis, ai quali il podestà di Padova,Ludovico Foscarini, notificò lo sfratto in data 30 luglio1467: il procedimento doveva essere esegu<strong>it</strong>o dai pubbliciofficiali «honesto tamen modo», vale a dire rispettandola dign<strong>it</strong>à delle famiglie coinvolte 76 .Verso la fine del secolo si nota la tendenza ad ingrandiregli appezzamenti di terreno concessi agli aff<strong>it</strong>tuari percinque anni; infatti l’abate Simone da Pavia con il suocap<strong>it</strong>olo il 10 dicembre 1493 nel rinnovare il contrattod’aff<strong>it</strong>to a Mainerio a Campis del fu Giovanni di Bertoa Campis per 23 campi, posti a Legnaro e già concessinel 1481, furono aggiunti, in tale occasione, altri 13 perchéil fondo era stato insufficiente per il mantenimentodella sua famiglia, mancandogli la possibil<strong>it</strong>à di trovarealtri terreni da coltivare. L’aff<strong>it</strong>to, della durata di cinqueanni rinnovabili, era gravato di un canone annuo di trestaia di frumento, pul<strong>it</strong>o e ben setacciato, per campo. IlMainerio doveva inoltre al monastero la decima parted’ogni prodotto dei terreni lavorati, s<strong>it</strong>uati entro i confinidel dir<strong>it</strong>to di raccogliere decima del monastero.La corresponsione della decima annullerà altri oneriaggiuntivi, in frumento o in denaro, come avveniva per43


FRANCESCO G.B. TROLESEil passato, mentre saranno in vigore le onoranze consuete.La mancata corresponsione del canone a tempodeb<strong>it</strong>o libererà il monastero dagli obblighi contrattipermettendo così di affidare ad altri la conduzione deipoderi. In caso di morte la terra concessa sarà conservatanella sua interezza e non dovrà essere divisa tra isuoi eredi, ma sarà affidata dal monastero ad uno oa più membri della stessa famiglia. Il conduttore delfondo non potrà chiedere alcun rimborso delle spesesostenute, ma tali fabbricati saranno di proprietà diMainerio, il quale potrà trasferirli dove vorrà. Nel casoil contratto non fosse stato rinnovato, gli edifici esistentio quelli rinvenuti al momento della sua risoluzionesarebbero sottoposti alla perizia di due per<strong>it</strong>i sceltirispettivamente da ambedue le parti; se non si giungessead un accordo si cercherà il parere di un terzoneutrale, nominato dal giudice dell’Aquila di Padova.La valutazione pecuniaria sarà successivamente sottopostaad una stima dei deb<strong>it</strong>i e dei cred<strong>it</strong>i di ambeduele parti; colui che sarà deb<strong>it</strong>ore avrà un anno di tempoper pagare il cred<strong>it</strong>ore. Con il contratto si concede alMainerio di lasciare la sua ab<strong>it</strong>azione a Legnaro, dotatad’edifici coperti con pozzo e forno, con quella di recenteacquis<strong>it</strong>a dal monastero da Antonio a Campis (forsealtro parente), s<strong>it</strong>uata ad Isola dell’Abbà, composta dipozzo, forno e edifici coperti di paglia. La rinnovazioneinfine del contratto era motivata, da parte monasticadal desiderio di – «ser Maynerio a Campis complacereet cum eo ac aliis laboratoribus pacifice et quiete vivere»,in altre parole di compiacere al Mainerio e attraverso dilui ad altri lavoratori, soggetti, permettendogli di viverein modo pacifico e quieto 77 .Ci si è soffermati più a lungo su questo caso, perchési può considerare tipico di altre concessioni in aff<strong>it</strong>todel monastero di Santa Giustina a Legnaro alla fine delQuattrocento. Anche la rinnovazione dell’aff<strong>it</strong>to allafamiglia Viola, avvenuta il 3 gennaio 1494, contenne lestesse clausole e innalzò i campi, concessi nel 1481, da41 a 60, già occupati dal precedente f<strong>it</strong>tavolo Maineroa Campis. Il monastero s’impegnava, inoltre, a costruireun cortile e una cantina (caneva), a fornire le pietre e icoppi occorrenti per la costruzione di un nuovo pozzoe del forno, e a sostenere i costi annuali del dazio deicarri e della macina del comune d’Isola dell’Abbà aquello di Legnaro. Le onoranze annuali consistevanoin un paio di galline, quattro paia di pollastri e cinquantauova di gallina, mentre la decima sugli animalisarà convert<strong>it</strong>a in un paio di pollastri 78 .Nel caso che i f<strong>it</strong>tavoli fossero morosi nella corresponsionedel dovuto, dopo un congruo tempo d’attesas’intimava ai contadini di lasciare libere le ab<strong>it</strong>azioni eil terreno per procedere alla loro surrogazione: è il casodei fratelli Angelo e Bernardino del fu Nicolò Negratoda Isola dell’Abbà. Il 28 novembre 1494 i Negrato sipresentarono al cellerario di Santa Giustina Antonio daPadova nella fattoria c<strong>it</strong>tadina del monastero per chiederel’assegnazione, in aff<strong>it</strong>to, di 29 campi. Tale richiestaera la conseguenza di un procedimento d’espulsioneda un altro fondo agricolo ad Isola dell’Abbà– 38 campi, una pertica e 46 tavole di terra arativa, alcanone di 3 staia e due moggi di frumento al campoconcessi nel 1481 – mosso dal monastero per mancatacorresponsione del canone. I fratelli avevano accettatola decisione del monastero, poiché avevano rinunciatoal fondo con un atto stipulato davanti all’abate Simoneda Pavia dichiarando che il monastero si reputasselibero di affidare il podere ad altre famiglie. Successivamentei Negrato ebbero un ripensamento e per questochiesero una riduzione dell’aff<strong>it</strong>to a 29 campi, poiché sidichiaravano inabili a coltivare gli iniziali 38 campi, perquesto la loro proposta fu accettata, fissando il canoneannuale a 3 staia di frumento per campo, con l’impegnodi pagare la decima nel campo e di prestare le consueteonoranze. Le condizioni della concessione prevedevanoche i campi non fossero divisi, non ceduti ad altri, e chenon s’innalzassero edifici sul fondo, senza il consensoprevio del monastero. Infine i fratelli dichiararono d’esseredeb<strong>it</strong>ori verso il monastero, per aff<strong>it</strong>ti precedenti,di lire 441 e soldi 3 di piccoli 79 .Qualche anno dopo i contratti d’aff<strong>it</strong>to furono ridottialla durata di tre anni, come accade con i fratelli Benedettoe Alvise Dal Cortivo de Tumiolis, i quali davantial priore di Santa Giustina Modesto da Padova e al cellerarioGirolamo Bollani da Venezia riconobbero che i44


<strong>LA</strong> PRESENZA DEI MONACI <strong>DI</strong> SANTA GIUSTINA A <strong>LEGNARO</strong> E NEL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong>PIAZZO<strong>LA</strong> SUL BRENTA, Archivio di villa Simes – Contarini. Disegnoa penna, inchiostro bruno e acquarello (1569) raffigurante i Campidel Monastero di Santa Giustina della possessione benedettina diLegnaro.monaci sono loro signori, e pertanto proprietari a pienot<strong>it</strong>olo dei poderi loro aff<strong>it</strong>tati 80 . La famiglia Dal Cortivoera da lungo tempo presente a Legnaro sui terrenidell’abbazia; infatti in una memoria del 29 giugno 1557si ripercorre tutta la storia delle controverse accese neiconfronti del monastero dagli inizi del Quattrocento,quando nel 1406 e nel 1417 essa ottenne dai responsabilidell’abbazia, abati o cellerari, dei terreni o a livelloo in aff<strong>it</strong>to, a condizioni effettivamente favorevoli.Solo dal 1450, quando furono mutate le condizioni deicontratti agrari dagli amministratori rivendicandovi idir<strong>it</strong>ti del monastero, o riducendo la durata dei patti adun quinquennio, sorsero dei forti contrasti. Del resto imonaci avevano interpretato gli accordi in senso restr<strong>it</strong>tivo,più favorevole agli interessi di Santa Giustina, edelevato l’ent<strong>it</strong>à del canone. I rapporti tesi con la famigliaDal Cortivo originarono diversi ricorsi: quello del 1478presso il podestà di Padova presentato da Santo del fuGiovani Bono da Roncaiette fu favorevole ai f<strong>it</strong>tavoliperché, a detta dei monaci, il fattore del monasteroGaspare Burato aveva falsificato la copia del contrattod’aff<strong>it</strong>to, stipulato l’8 giugno 1450 con il cellerarioAntonino del fu Protasio da Milano, aderendo allesollec<strong>it</strong>azioni dei malvagi aff<strong>it</strong>tuari di Legnaro e d’Isoladell’Abbà. Il ricorso in appello presso i magistrati dellaQuarantia di Venezia da parte dei monaci si conclusein favore dell’abbazia 81 .La famiglia degli eredi di Antonio Dal Cortivo, nel1489 aff<strong>it</strong>tuario di un fondo di 100 campi, per talegestione doveva al monastero ogni anno il seguentecanone: 15 moggi, 3 staia e un quarto di frumento; 2moggi e 2 staia di spelta; due moggi e 8 staia di miglio;19 mastelli di vino; 8 galline e 10 polli; 70 uova; 133lire e 10 denari 82 .Sul finire del secolo, e precisamente nell’inverno del1491, la produzione del vino subì una forte flessionepoiché a causa di un intenso freddo s’inaridirono lev<strong>it</strong>i, pur non seccandosi del tutto: difatti l’anno successivoprodussero nuovi polloni 83 .Le famiglie dei concessionari ci tenevano a dipenderedal monastero, nonostante le inev<strong>it</strong>abili discussioni chesorgevano con gli amministratori; infatti si preoccupavanodi trasferire la conduzione dei terreni da padre infiglio, come accadde il 1 settembre 1492 quando Marcodel fu Domenico Dal Cortivo nel rinunciare nelle manidell’abate Simone da Pavia all’aff<strong>it</strong>to di un terreno di7 campi, s<strong>it</strong>uato nella contrada Le cha di Campi et lePrare, chiese di riservarlo al figlio dodicenne Domenicofino a quando avesse raggiunto l’età di quindici anni,nel frattempo avrebbe lui continuato a lavorarlo. Nellamedesima s<strong>it</strong>uazione l’abate condonò i deb<strong>it</strong>i precedentidell’aff<strong>it</strong>tuario in considerazione della buona famagoduta dai suoi antenati presso i monaci, in segno di45


FRANCESCO G.B. TROLESEmera pietà ed elemosina nei suoi riguardi 84 .Di fronte ai dati esposti come pure a quelli che sarannosuccessivamente evidenziati potrebbe ovviamente sorgereun interrogativo: ma che tipo di rapporto esistevaalla fine del secolo tra il monastero e i contadini? Sipuò tranquillamente affermare che era molto buono,anche se alla luce della nostra attuale sensibil<strong>it</strong>à si consideraun paternalismo illuminato. Durante un’accesadiscussione giudiziaria, il cellerario Girolamo Bollanida Venezia testimoniò il 22 ottobre 1507, che il monasterodi Santa Giustina non aveva l’usanza di espelleredai suoi fondi i lavoratori, purché rispettassero le datedi pagamento dell’aff<strong>it</strong>to 85 .IL CINQUECENTOL’indirizzo verso la concessione dei beni fondiari conun contratto alla parte, era stato già assunto verso lafine del secolo precedente, se il 2 settembre 1499 ilpriore Modesto da Padova e il cellerario Girolamo daVenezia stipularono un contratto con Lorenzo Tascaper 17 campi, ered<strong>it</strong>ati dagli zii Giovanni e Nardo,condonandogli inoltre il deb<strong>it</strong>o di 19 moggi, 7 staia eun quarto di frumento, 1 moggio e 6 staia di spelta,1 moggio, 8 staia e due quarti di miglio, 9 mastelli divino, 17 galline, 17 polli, 8 cinchi, 109 uova, lire 74 esoldi due. Il canone fissato, che comprendeva la corresponsionedella quarta parte dei frutti da trasportarealla gastaldia di Legnaro, come pure le condizionidell’accordo sono dichiarate in linea con la legislazionevigente nella c<strong>it</strong>tà di Padova 86 . Lo stesso richiamo, conle medesime condizioni, si riscontrano nei contrattistipulati il 31 dicembre 1500 con Nicolò della Palmadel fu Antonio per 65 campi arativi e piantati a v<strong>it</strong>ie alberi, s<strong>it</strong>uati in più parti del terr<strong>it</strong>orio di Legnaro,con cortili e una casa coperta di coppi e costru<strong>it</strong>a dimuro. I coloni menzionarono esplic<strong>it</strong>amente che nongradivano la concessione in aff<strong>it</strong>to, ma a dir<strong>it</strong>to parziario,secondo quanto stabil<strong>it</strong>o dagli statuti comunali diPadova 87 . Quanto si realizzava a Legnaro non era delresto estemporaneo, poiché si può ricordare che nellanon lontana Corte di Maserà i terreni del monasteroerano stati concessi, il giorno precedente, alla parteper tre anni, ai seguenti contadini: Bartolomeo Salmasoper 98 campi, Giovanni Merico per 80 campi eDomenico Ruzante 88 .All’inizio del Cinquecento è attestato chiaramente ilcontratto di colonia parziaria 89 . È il caso del 24 marzo1506, quando i monaci Pietro da Bergamo, sindaco delmonastero, e Agostino da Padova, cellerario, concedetteroalla parte ad Ambrogio e Girolamo del fu AndreaSartore, fratelli, una possessione di 32 campi arativi,piantati a v<strong>it</strong>i e alberi, s<strong>it</strong>uati a Legnaro dell’Abatenella contrada Arzere, a norma degli statuti del Comunedi Padova. Gli accordi prevedevano la divisione ametà dei seguenti raccolti: le biade grosse con la lorodecima, concorrendo il monastero con la metà dellesemine, il vino lavorato nella gastaldia con la decima;dei prodotti minuti l’abbazia percepiva un quarto e ladecima; una terza parte degli alberi. La semina dellaveccia (v<strong>it</strong>ia) era a disposizione dei contadini, mentre ilprelievo della decima competeva al monastero. I colonipotevano liberamente disporre di due carri di paglia dachiedere all’amministrazione della gastaldia, mentredovevano corrispondere la decima dei prodotti minuti,vale a dire i cereali minori. Tutti i raccolti dovevanotassativamente essere condotti alla Corte di Legnaro,chiamata già allora gastaldia. Il podere doveva esseremigliorato, condotto diligentemente, lavorato, piantato,i fossati scavati, livellato e concimato. I coloni dovevanoannualmente corrispondere ai monaci, come onoranze,25 libre di carne di porco, un paio di galline, un paiodi polli, 25 uova e 40 fascine. A sua volta il monasteros’impegnava a concedere in godimento due campi d<strong>it</strong>erra prativa s<strong>it</strong>uata nei Pratiarcati 90 . Nello stesso annofurono concessi ad analoghe condizioni 29 campi,sempre a Legnaro ma nella contrada Brenta, a StefanoToniolo 91 , e ad Alvise Toniolo 42 campi 92 : ambedue ipossedimenti producevano, data la vicinanza al corsod’acqua, anche il lino.L’amministrazione del monastero non solo facevarispettare i patti al momento della corresponsionedegli aff<strong>it</strong>ti, ma anche vigilava in qual modo fossero46


<strong>LA</strong> PRESENZA DEI MONACI <strong>DI</strong> SANTA GIUSTINA A <strong>LEGNARO</strong> E NEL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong>tenuti e migliorati: è quanto accaduto nel settembre1507 a Benedetto de Toniolli da Legnaro, aff<strong>it</strong>tuariodi due appezzamenti di dieci campi s<strong>it</strong>uati nelle contradede li campi o de le Regine e a La cha di Campi,al quale il monastero non intendeva rinnovare l’aff<strong>it</strong>toalla scadenza del triennio, perché aveva, per incuria,depauperato il fondo e tagliato degli alberi senza ilpermesso dell’amministrazione monastica. La causafu promossa davanti ad Antonio Leoniceno vicario delpodestà di Padova, il quale, per richiesta dei monaci, sirecò nei poderi di Legnaro accompagnato dal sindacodel monastero Pietro da Bergamo 93 , dal fattore Andreada Brescia e dal notaio per constatare di persona lareale s<strong>it</strong>uazione delle piantagioni. Furono contati nelpodere De li Campi o De le Regine 116 alberi dal fustogrosso, ma in cattivo stato, e 62 alberi dal fusto sottile epiantati molto vicini, nell’altro appezzamento denominatoLa cha de Campi si rinvennero 310 alberi dal fustogrosso intercalati da altane, cadenti, e 30 piante piùsottili e più dense nelle altane. Non esistevano pergolatio fraschoni, tutti gli alberi erano sposati alle v<strong>it</strong>i, vale adire gli alberi sostenevano le v<strong>it</strong>i 94 . Gli appezzamenti inquestione erano stati coltivati, ininterrottamente, dallafamiglia Toniolli fin dal 1417 95 .Negli anni Quaranta del secolo le l<strong>it</strong>i ancora aperte trail monastero e i contadini di Legnaro, sulle proprietàdei terreni e sulla loro libera disponibil<strong>it</strong>à, furonoconcluse da una ducale di Pietro Lando, emanata il 28febbraio 1541, la quale confermava quanto aveva giàdeciso in favore del monastero il podestà di PadovaMarc’Antonio Contarini il 18 settembre 1540 96 .I campi di Legnaro in questo secolo furono aff<strong>it</strong>tati aicontadini che già li lavoravano; a questo scopo nel 1648era intervenuto lo stesso presidente della congregazionecassinese, il quale aveva ingiunto agli amministratoridei singoli monasteri di provvedere alla conduzionediretta dei loro poderi, o almeno di aff<strong>it</strong>tarli solo aicontadini che già li lavoravano 98 .Gli oneri cui il monastero di Santa Giustina doveva farfronte, a norma della terminazione dei rettori della c<strong>it</strong>tàdi Padova emanata il 15 ottobre 1627, riguardavano laforn<strong>it</strong>ura annuale di 1.450 moggi di frumento su 28.000,occorrenti per l’alimentazione dei suoi ab<strong>it</strong>anti 99 : unabuona parte di tale quant<strong>it</strong>à era certamente prodottadalle campagne di Legnaro soggette alla Corte, poichéil suo «terreno generalmente più dolce, più succoso e difondo maggiore» era più fertile di quello di Maserà, doveesisteva un’altra Corte del monastero, che gestiva altrettant<strong>it</strong>erreni agricoli. Che il terreno di Legnaro fosse piùferace di quello di Maserà era fondato sul fatto che le«aff<strong>it</strong>tanze delle possessioni» erano «comunemente f<strong>it</strong>tateper quattro staia di frumento e un mastello di mostoper campo»; in effetti, per lo stesso periodo «in Maserànon va prezzo maggiore di staia tre di frumento e di unmastello di mosto per campo» 100 . Si tenga presente chesecondo una stima del 1795 i campi arativi della Corte diLegnaro ammontavano a 1148 101 .I tributi imposti dalla Serenissima e dalla curia romana,furono considerati dal Pepi, come una causa del depauperamentodelle finanze monastiche, alla stessa streguadelle defic<strong>it</strong>arie annate agricole, causate da alluvioni osicc<strong>it</strong>à 102 .IL SEICENTOLa repubblica di Venezia, con una sua legge, aveva inib<strong>it</strong>oagli ecclesiastici nel 1604 d’ingrandire, medianteacquisti, i loro fondi agricoli; perciò il monastero diSanta Giustina s’impegnò a consolidare quanto già possedeva,provvedendo nel frattempo a disegnare tutte lesue proprietà in modo da avere una visione completadei propri dir<strong>it</strong>ti 97 .IL SETTECENTONel Settecento il rapporto tra il monastero e i contadiniè da presumere che sia stato soggetto ad un radicalecambiamento; poiché, come hanno già evidenziato glistudi dello Stella 103 , l’amore per i fondi agricoli da partedel monastero si era notevolmente affievol<strong>it</strong>o, tanto chedopo un’analisi decennale dei risultati ottenuti nellaconduzione a colonia parziaria nel grande tenimento47


FRANCESCO G.B. TROLESEdi Correzzola composto di ben cinque gastaldie – Villadel Bosco 104 , Concadalbero, Brenta dell’Abbà, Civè,Cona – tutte sottoposte all’amministrazione della Cortedi Correzzola, si preferì passare dalla conduzione gest<strong>it</strong>ain modo diretto a quella concessa in aff<strong>it</strong>to, poiché siera valutato che le rend<strong>it</strong>e dei terreni potessero offrireun gett<strong>it</strong>o certo alle finanze dell’abbazia: le condizionidei contratti includevano anche l’obbligo di conferire iprodotti alla Corte, mentre il monastero da parte suaoffriva ai contadini la sicurezza di una puntuale collocazionesul mercato.Alla metà del Settecento l’abbazia riscuoteva a Legnarodue sorta di decime: la prima Forestiera o Forense,derivante «dalle alienazioni che fece il monastero d<strong>it</strong>erre sue proprie con l’aversela riservata in forza dicontratti», produceva 220 lire; l’altra degli aff<strong>it</strong>tualio dominica, frutto di privilegi antichi, rendeva 310lire 105 .Nel 1797 durante il Governo centrale del Padovanol’abbazia di Santa Giustina con i suoi 14.396 campidi proprietà 106 , dei quali 1220.5 circa grav<strong>it</strong>anti sullaCorte di Legnaro 107 , all’estimo denunciò una rend<strong>it</strong>alorda di lire 377343.3.1: detratte le spese, si ottenevauna rend<strong>it</strong>a netta di lire 336129.19.7108. Dall’esame deidati della polizza presentata dal monastero, il Silvano èdel parere «che l’assetto della ricchezza dei monasteripadovani era legato più alla terra e alla sua rend<strong>it</strong>a chead altre fonti di ricchezza». Di fronte alle nuove imposizionigovernative il monastero, finché fu in possessodelle proprietà, puntualmente versò le tasse prescr<strong>it</strong>te109 .Poco prima della confisca dei beni il monastero diSanta Giustina possedeva a Legnaro il 14 gennaio1805, ancora campi 1220.5 circa, in occasione del censimentoindetto dall’imperial regio commissario plenipotenziario,capo del governo, generale Ferdinandoconte di Bissingen. La zona era considerata asciutta al99% 110 . La decima forestiera o Zabea rendeva allora almonastero su 17 possessioni e 33 chiusure 29.677 lire,mentre a Maserà ne percepiva 18.932, a Rovolon su126 campi 317 lire 111 . I fondi erano in aff<strong>it</strong>to in tuttoil paese di Legnaro per il 90%, mentre la Corte delmonastero gestiva a conduzione diretta 463 ettari;nei terreni s<strong>it</strong>i a Torreglia coltivava direttamente 138ettari 112 .I contadini si trovavano, in buona parte, ancora nellas<strong>it</strong>uazione di «lavoratore obbligato che nella maggiorparte dei casi s’identificava con un bracciante, cui eraassegnato in f<strong>it</strong>to un piccolo appezzamento con ab<strong>it</strong>azione(di sol<strong>it</strong>o cason) ed era tenuto a qualsiasi prestazioneil proprietario chiedesse» 113 . Giovanni Moro daLegnaro, ad esempio, corrispondeva al monastero per21,25 ettari di terreno 885 lire d’onoranze, vale a dire il7% del valore dell’aff<strong>it</strong>to 114 .<strong>LA</strong> PARROCCHIAL’abbazia di Santa Giustina fin dalle origini aveva ildir<strong>it</strong>to di nomina sui rettori delle chiese dipendenti.Tale dir<strong>it</strong>to subì nel tempo delle riduzioni, come delresto accadde anche per altre ist<strong>it</strong>uzioni. Nel Quattrocento,dipendevano dal monastero le parrocchie di SanLeonardo di Correzzola, Santa Maria di Concadalbero,San Donato di Civè, San Martino di Ronchi di Casale,San Nicolò di Villa del Bosco, San Giorgio di Rovolon,i cui curati erano stipendiati dal monastero e dalla metàdel Seicento erano membri della comun<strong>it</strong>à 115 . Invece aSan Nicolò di Fiumicello e San Pietro di Bronzola, SanLeonardo d’Isola dell’Abbà, San Biagio di Legnaro,Santa Maria di Maserà, San Martino di Monselice, enelle parrocchie c<strong>it</strong>tadine di San Daniele e di SantaGiuliana, l’abate con il concorso dei monaci provvedevaalla nomina del rettore della chiesa o parroco, attingendolodal clero secolare, poiché queste ist<strong>it</strong>uzioniavevano rend<strong>it</strong>e proprie. Nella parrocchia di Legnaroesistevano, oltre a due rettori della chiesa di San Biagio,anche nove chiericati con benefici semplici: segno che iredd<strong>it</strong>i erano cospicui 116 .Nell’estimo del 1475, come pure in quello del 1519, leentrate dei due sacerdoti addetti alla parrocchia di SanBiagio di Legnaro erano state stimate del valore di 77ducati, ma erano gravate della decima, che si doveva corrisponderesia alla mensa vescovile sia a quella abbaziale.48


<strong>LA</strong> PRESENZA DEI MONACI <strong>DI</strong> SANTA GIUSTINA A <strong>LEGNARO</strong> E NEL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong>Prima del Concilio di Trento il beneficio della chiesa eravalutato in 180 ducati annui 117 . Lo stipendio annuo corrispostonel 1671 ai due vicari ammontava a 150 ducativeneti 118 . Le entrate delle decime delle quali godeva lachiesa parrocchiale nel tempo si erano così contratte chenel 1760 ammontavano a pochi soldi 119 .La chiesa di San Biagio di Legnaro, divenuta col temposede della parrocchia, fu assegnata dal vescovo all’abbaziadi Santa Giustina fin dalla sua origine, perchésorgeva su terreni di proprietà del monastero: infatti erapartecipe dei privilegi delle chiese proprie o private, didir<strong>it</strong>to germanico. Il loro stato giuridico comportava ilconferimento di un beneficio, e poiché sorgeva sui terrenidel proprietario fondatore si considerava come unbene immobile, riservato a tutti gli effetti al padrone delfondo, mentre il conferimento dell’ufficio ministeriale,vale a dire della carica connessa con il ministero sacramentalee sacerdotale, era riservato al vescovo.I rapporti tra l’abate e i rettori di San Biagio eranoimprontati alla stessa maniera di ciò che avviene trapadrone e sudd<strong>it</strong>o; non per nulla questi ultimi, ognianno, dovevano offrire all’abate, in occasione dellafesta di san Prosdocimo, un candelotto di cera in segnodi dipendenza. Purtroppo non sempre regnò l’armoniae la reciproca stima, specie quando divamparono lepolemiche tra i vescovi e gli abati sulle rispettive competenzedi carattere pastorale, come ha ampiamenteillustrato il Maschietto 120 .La presenza dei sacerdoti può essere ricavata soloin modo rapsodico dai documenti, in prevalenza dicarattere economico e per questo non si può stilare unelenco appropriato di una successione continua degliaddetti.Durante il governo dell’abate Arnaldo da Limenaeserc<strong>it</strong>ava il suo ministero nella chiesa di San Biagiodi Legnaro il sacerdote Lazzaro 121 . Si conosce che il 5gennaio 1286 era cappellano della chiesa di San BiagioOgnibene del fu Giovanni Fabro da Legnaro perchépresenziò sotto il portico della chiesa ad un atto di concessionein aff<strong>it</strong>to a Giovanni del fu Biagio da Legnaroperfezionato con il monaco Zanino, sindaco e procuratoredel monastero, per 20 anni 122 ; lo stesso sacerdotepartecipò l’8 marzo assieme ad un altro cappellano diSan Biagio Alberto ad un’analoga invest<strong>it</strong>ura 123 . L’abateGualpertino Mussato conferì un beneficio clericale aGiacomo di Dente ab<strong>it</strong>ante a Padova nella contrada diSan Leonardo il 10 agosto 1324, in segu<strong>it</strong>o alla rinunciadel chierico Zamboneto del fu Paolo Lemizi dellacontrada di Ponte Mulino, espressa nella medesimaoccasione 124 .Durante la vacanza abbaziale, successiva alla mortedel Mussato, il priore Jacopo da Casale intervenneprima a difendere i dir<strong>it</strong>ti del monastero e poi ad49


FRANCESCO G.B. TROLESEeserc<strong>it</strong>are il potere di nomina dei rettori della chiesadi San Biagio. Infatti, il 6 aprile 1339 mentre si trovavasotto il portico dell’ab<strong>it</strong>azione di Nicolò, rettoredella chiesa di San Biagio, alla presenza di Jacopo,rettore di San Leonardo d’Isola dell’Abbà, e delmonaco Parino, economo di Santa Giustina, intimòal rettore della chiesa di Santa Maria di Legnaro delVescovo di non celebrare in San Biagio, come puredi non intervenire sul suo beneficio e sulla chiesa 125 ,mentre il 19 maggio 1339 con il consenso dei monaciParino, economo, e Nicolò Caseta il priore Jacopoinvestì del beneficio sacerdotale nella chiesa di sanBiagio il sacerdote Jacopo, rettore di San Leonardod’Isola dell’Abbà. Il conferimento del beneficio, cuipresenziò il rettore della chiesa di San Biagio Nicolò,era stato possibile per la morte del sacerdote Domenicoda Roncaglia 126 .I due sacerdoti di Legnaro e d’Isola dell’Abbà presenziarono,assieme al cappellano del monastero Giovannida Ravenna, nel cap<strong>it</strong>olo di Santa Giustina ad un attod’invest<strong>it</strong>ura feudale, in favore di Pietro detto Agobellodel fu Benedetto da Isola dell’Abbà, il 4 marzo 1340effettuata dall’economo Parino con il consenso del suopriore Jacopo da Casale e del sacrista Nicolò 127 .Un altro beneficio clericale fu consegu<strong>it</strong>o il 28 marzo1345 dal chierico Benedetto di Marco da Campagnola,poiché si era reso libero per la morte del figlio di FrancescoDumpario. La sua immissione in ufficio fu compiutadal rettore di San Leonardo d’Isola dell’Abbà,Jacopo, il successivo 22 aprile 128 .All’inizio del Quattrocento la chiesa di San Biagio diLegnaro era dotata di 9 benefici clericali, ma in segu<strong>it</strong>oad una supplica indirizzata dall’abate Barbo al papaMartino V – motivata con la contrazione delle rend<strong>it</strong>edella chiesa causate dalle continue guerre, dalla persistentemortal<strong>it</strong>à dovuta alla peste, e ad altre sventure, icui beni rendevano solo 50 ducati d’oro, appena sufficiential mantenimento dei due sacerdoti – furono ridottia cinque con la lettera apostolica «Ad ea per que»,datata 21 febbraio 1427, indirizzata all’abate di PragliaGiacomo Dottori, il quale doveva badare a renderlaesecutiva 129 . La procedura di riduzione non si era ancoracompiuta nel 1443, se il 30 agosto il papa EugenioIV incaricò l’abate di San Daniele in Monte SmeraldoRustega a verificare a che punto era il procedimento,poiché i benefici da nove erano divenuti dieci, giacchéuno era stato applicato all’altare di Santa Caterina 130 .Durante la vacanza abbaziale, causata dal trapasso nelgoverno della c<strong>it</strong>tà di Padova dai Carraresi ai Veneziani,furono confer<strong>it</strong>i: il 12 novembre 1406 un beneficioclericale in favore di Bartolomeo del fu Nicola da Piovedi Sacco 131 ; il successivo 22 un beneficio sacerdotale aPietro del fu Antonio da Piove di Sacco per la rinunciadi Giovanni Spelegino 132 . Pochi mesi dopo il suoingresso l’abate Ludovico Barbo assegnò il 23 aprile1409 un altro beneficio al chierico Francesco di Simoneda Piove, per la morte di Domenico del fu Checo daCampoverardo 133 . Il vescovo Pietro Marcello conferì il1º marzo, dopo l’invest<strong>it</strong>ura dell’abate, ai due sacerdotiGiovanni e a Bartolomeo del fu Domenico, ambedueda Piove di Sacco, la cura d’anime della popolazione diLegnaro 134 . L’abate Barbo nel conferire il 3 maggio 1410un beneficio al chierico Michele del fu Bartolomeo daCartura, residente come chierico nella chiesa di SanMichele di Padova dove era rettore il santo sacerdoteMarco da Trento (profeta della riforma di Santa Giustina),motivò tale conferimento come necessario insegu<strong>it</strong>o all’allontanamento del sacerdote Angelo dellaPuglia 135 . Un’altra rend<strong>it</strong>a beneficiaria fu attribu<strong>it</strong>a il 31agosto 1417 al chierico Giovanni di Vendramino, pellicciaio,dall’abate Ludovico Barbo 136 . Il 2 settembre 1416era vicario il sacerdote Pietro del fu Matteo da Segnain Dalmazia 137 . Il cap<strong>it</strong>olo monastico di Santa Giustina,presieduto dal medesimo abate, conferì dopo la mortedi Giovanni del fu Francesco da Piove di Sacco «gracioseet liberal<strong>it</strong>er» il 17 febbraio 1429 il secondo beneficiosacerdotale al prete Giovanni del fu Fantino da Piovedi Sacco, detto da Volparo, il quale in tale occasiones’impegnò con giuramento d’essere obbediente e fedeleall’abate, ai monaci e ai suoi successori, di non vendere,alienare o dare in pegno i beni mobili e immobili delmonastero, di non assentarsi dalla parrocchia per piùdi quindici giorni continui senza la licenza dell’abate 138 .Per la presa di possesso dell’ufficio fu incaricato il pri-50


<strong>LA</strong> PRESENZA DEI MONACI <strong>DI</strong> SANTA GIUSTINA A <strong>LEGNARO</strong> E NEL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong>1449, maggio 31, L’abate Mauro da Pavia conferisce un beneficio sacerdotale di Legnaro a Rolando di Manfredo Dal Cortivo, dottore indecreti: ASP, Corona, part. 2212, part. 14r.51


FRANCESCO G.B. TROLESEmo curato Bartolomeo del fu Domenico: il che avvennesolo il 26 novembre 1429 139 .Le rend<strong>it</strong>e della chiesa di Legnaro erano utilizzate nonsolo dagli abati, ma erano divenute, col tempo, ancheappannaggio della curia romana, se essa poteva assegnarlea personaggi che nulla avevano a che fare con lapopolazione residente. I suoi benefici, al pari di quantooccorreva per le abbazie benedettine, erano assegnati incommenda, teoricamente in affidamento per una loromigliore gestione, ma in pratica erano r<strong>it</strong>enute fonti diredd<strong>it</strong>o per gli ecclesiastici: è il caso della lettera pontificiadi Nicolò V, datata 8 agosto 1449, indirizzata all’abatedi Santa Giustina, in cui gli s’intima di non impedireal cappellano del vescovo di Bergamo, Luca Radofev<strong>it</strong>,di percepire i proventi del beneficio che gli era statoattribu<strong>it</strong>o, nonostante che la chiesa fosse di pertinenzaabbaziale 140 . Il papa Eugenio IV dovette intervenire, inprecedenza, di persona, il 27 aprile 1446, per permetterela libera disponibil<strong>it</strong>à di un beneficio, resosi libero per iltrasferimento, d’ecclesiastici, da un ufficio e all’altro: ineffetti l’agostiniano veneziano Dionisio Ducii, del conventodi Santa Giustina di Venezia, era stato spostato daLegnaro al priorato di Santa Margher<strong>it</strong>a di Vigonza, insegu<strong>it</strong>o alla rinuncia di Pietro Barbo, fratello di Ludovicogià abate di Santa Giustina e divenuto vescovo di Treviso(+1443), che percepiva la metà dei proventi 141 .Il 31 maggio 1449 l’abate Mauro da Pavia conferì unodei benefici curati al sacerdote Rolando, figlio del nobileManfredo Dal Cortivo, dottore in decreti 142 . Il conferimentocon la contestuale invest<strong>it</strong>ura era dovuto allamorte, per peste, del sacerdote Jacopo de Thomasinisda Venezia, dottore in decreti 143 . L’anno successivo, il 21giugno, l’abate Mauro dovette nuovamente intervenireper surrogare il Dal Cortivo con il sacerdote Benedettodel fu Costanzo da Venezia, perché come il suo predecessoreera morto di peste 144 .I rettori della chiesa di Legnaro parteciparono, in qual<strong>it</strong>àdi testimoni, anche ai cap<strong>it</strong>oli monastici di SantaGiustina in occasione di loro vis<strong>it</strong>e all’abbazia o per ildisbrigo dei loro affari: è il caso di Bartolomeo del fuDomenico da Piove di Sacco il 27 settembre 1410 145 e il17 febbraio 1429 146 ; di Dionisio da Firenze il 21 giugno1440, quando si redasse un atto di procura in favoredi Marino Barbo, Gerolamo Zorzi e Giannino Barbo,patrizi veneti, per trattare un prest<strong>it</strong>o in favore delmonastero presso la camera degli imprest<strong>it</strong>i di Veneziaaperto da Caterina Gonzaga del fu Guglielmo, vedovadi Cecco Ordelaffi da Forlì, sorella ed erede di Costanza.Le somme delle due nobili Gonzaga erano rispettivamentedi settecento e trecento ducati 147 . Lo stessoDionisio, fiorentino, presenziò il 5 dicembre 1441 adun atto di procura, in favore del cellerario Antonino daMilano, per il disbrigo degli affari relativi ai beni s<strong>it</strong>uatia Civè 148 . Il sacerdote Alvise da Venezia fu presente alcap<strong>it</strong>olo monastico del 5 ottobre 1459, quando si procedettead una serie di rinnovi di aff<strong>it</strong>ti e di livelli 149 .I curati di Legnaro si prestarono anche ad agire da intermediar<strong>it</strong>ra il monastero e i contadini del paese allorchédivampavano dei dissidi, come si presume sia accadutoil 12 novembre 1459 quando Luigi da Venezia, rettore,ricevette nel suo studio il cellerario Nicolò da Firenzee Nicolò di Antoniolo Dal Cortivo, il quale ultimo siriconobbe deb<strong>it</strong>ore, per la decima dovuta all’abbazia,di nove moggi di frumento, quarantacinque mastelli divino, un moggio e dieci staia di spelta, undici staia dimiglio, nove staia di granate, otto moggi e nove staia disegala, nove fasci di sorgo, quarantanove fasci di lino edue carri di fieno 150 .Il 25 maggio 1462 era rettore di San Biagio il sacerdoteTaddeo 151 . In occasione della vis<strong>it</strong>a pastorale del vescovodi Padova Pietro Barozzi erano t<strong>it</strong>olari, nel 1489, delbeneficio sacerdotale Alvise Sabbadini da Venezia ePaolo Iussio, mentre ricoprivano altri incarichi i sacerdoti,condotti, Nicolò Antonio da Lanciano e AntonioTagliazzo 152 . L’8 gennaio nel 1495 Antonio Colla del fuser Gualterio era t<strong>it</strong>olare di uno dei benefici, quandofurono aff<strong>it</strong>tati dei campi ad Antonio del fu Domenicode Franceschi e al nipote Cesco 153 . Il 17 novembre 1500il sacerdote Nicolò Antonio da Lanciano in Abruzzo,beneficiato, rilasciò al monastero una quietanza di 50ducati d’oro, quale anticipo sul suo cred<strong>it</strong>o di 200 ducati154 .Il vicario Gian Giacomo De Lorenzi eserc<strong>it</strong>ò il suo ministeroper ben trent’anni, e cioè dal 1536 al 1565 155 ; l’altro52


<strong>LA</strong> PRESENZA DEI MONACI <strong>DI</strong> SANTA GIUSTINA A <strong>LEGNARO</strong> E NEL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong>vicario era Cristoforo Panigarola: infatti il 10 luglio1543 presentò la polizza di estimo per lire 10.2.5 su unarend<strong>it</strong>a di lire 10121.4 156 . Un parrocchiano di Legnaro,Lorenzo Tasca, il 5 aprile 1575 si lamentò, presso l’abatein vis<strong>it</strong>a canonica, per il rifiuto opposto dal vicarioFrancesco Archino di battezzare senza il preavviso diun giorno: il sacerdote tuttavia nell’esercizio del suoministero si era dimostrato fedele nell’assistenza gliammalati anche nel caso di avvers<strong>it</strong>à atmosferiche 157 .In occasione della vis<strong>it</strong>a pastorale dell’abate GiulianoCareno eserc<strong>it</strong>avano il loro ministero al 28 dicembre1580 i vicari Antonio Orineti e Giacomo Romani: a loroil vis<strong>it</strong>atore ingiunse, tra l’altro, di allontanare le donneal loro servizio, poiché in paese erano oggetto di giudizipoco benevoli; il Romani non ottemperò all’ordine abbaziale,poiché dieci anni dopo la donna era ancora al suoservizio, e per questo fu sospeso dall’ufficio 158 . L’abateGiovanni Evangelista da Padova durante la vis<strong>it</strong>a del29 giugno 1599 s’incontrò con i vicari perpetui MatteoBevilacqua e Melchiorre Foscoli, originari della diocesidi Sarsina (Forlì), i quali nel ragguagliarlo sulla condizionespir<strong>it</strong>uale dei fedeli confessarono che vi fiorivanodue confratern<strong>it</strong>e: l’una int<strong>it</strong>olata al Santissimo Sacramentoe l’altra alla Madonna 159 .Durante la vis<strong>it</strong>a dell’abate Domenico Perozzo (6 settembre1604) era assente da lungo tempo uno dei vicari,vale a dire Filippo Ferraguto, oriundo da Mordano(Bologna) ma della diocesi di Imola, per questo l’abatecon il suo cap<strong>it</strong>olo il 9 ottobre lo privò del beneficio,non senza d’averlo prima sottoposto a giudizio 160 . I duevicari Angelo Gaio e Agostino Pressato eserc<strong>it</strong>avanoil loro ministero, nel 1651, con un turno settimanale:tale organizzazione del servizio non era grad<strong>it</strong>o dallapopolazione, come denunciarono i suoi rappresentantiall’abate vis<strong>it</strong>atore Arnaldo Descalzo il 17 marzo 161 .L’abate Pietro Vecchia in occasione della vis<strong>it</strong>a riscontròil 16 agosto 1671 che la cura d’anime era compiutadai vicari Girolamo Fasolo e Agostino Pressato: questidue preti avevano difeso i dir<strong>it</strong>ti del monastero quandoil vescovo Gregorio Barbarigo si era presentato in parrocchia,l’anno precedente, per compiere il suo doveredi pastore, nei riguardi dei fedeli, con un’analoga vis<strong>it</strong>a,tutta tesa alla formazione cristiana della gioventùcon la pratica della dottrina cristiana 162 .Il 23 luglio 1722 cessò dal suo incarico di vicario GiuseppeBologna: l’anno precedente era stato rinvenutodall’abate vis<strong>it</strong>atore in regola con le prescrizioni canoniche163 ; gli subentrò il sacerdote Pietro Pezzetta, delladiocesi di Aquileia, il successivo 1º agosto: nell’incaricorimase fino alla morte, avvenuta il 15 agosto 1741. Ilprete friulano, nonostante l’impegno assunto di fedeltàall’abate nell’entrare in carica, non si è dimostrato sempreossequiente, poiché mosse una causa contro i dir<strong>it</strong>tieserc<strong>it</strong>ati da Santa Giustina verso la parrocchia e i suoivicari, in favore delle competenze del vescovo diocesano:il procedimento giunto fino al Senato Veneto siconcluse in favore del monastero 164 .In occasione dalla vis<strong>it</strong>a (26 ottobre 1721) dell’abateGian Ludovico Franceschi, al secondo vicario AntonioArrigoni fu ingiunto di licenziare la donna di servizioperché pure essendo vedova era troppo giovane d’età 165 .Il cappellano Angelo Agrizzi durante la vis<strong>it</strong>a informò,13 aprile 1738, l’abate Gian Antonio Orsato che in parrocchiaesistevano cinque confratern<strong>it</strong>e rette da massari166 . Il curato Vincenzo Nodari fu richiamato all’ordineil 9 maggio 1757 dall’abate Giorgio Thiera perché avevapubblicamente annunciato il conferimento della cresimaprima d’avere ottenuto la sua autorizzazione 167 . Ilvicario Giacomo dal Zotto il 20 febbraio 1792 chiesel’assenso all’abate di Santa Giustina, concesso, perché ilquaresimalista predicasse anche i venerdì in cui si praticaval’adorazione del Santissimo 168 .L’ultima volta che l’abate di Santa Giustina eserc<strong>it</strong>ò ildir<strong>it</strong>to di designazione del parroco di Legnaro fu nel1798, quando il 19 marzo, dopo la morte di PietroGiordano, elesse Domenico Frigo da Canove 169 , dopotale data il dir<strong>it</strong>to di patronato passò allo Stato.La parrocchia di Legnaro, finché ebbe un rapporto didipendenza dall’abbazia di santa Giustina, fu vis<strong>it</strong>atadai vescovi di Padova, o dai loro legati, negli anni 1489,1572, 1580, 1588, 1595, 1619, 1655, 1670, 1685, 1701,1752, 1778 170 . In genere i vescovi diocesani prima direcarsi nelle chiese dipendenti dal monastero chiedevanol’autorizzazione dall’abate, come si comportò Pietro53


FRANCESCO G.B. TROLESEBarozzi nel 1489 primo di recarsi a Legnaro 171 , quandociò non avvenne fu origine di lunghi confl<strong>it</strong>ti, di caratteregiuridico, sia con san Gregorio Barbarigo 172 , sia con ilcardinale Giorgio Corner (1719-1722) 173 .Le vis<strong>it</strong>e pastorali degli abati di Santa Giustina si effettuarononei seguenti anni: 1558, 1575, 1580, 1586, 1591,1599, 1604, 1609, 1651 174 , 1671 175 , 1694 176 , 1699 177 , 1715 178 ,1721, 1730, 1738 179 , 1753 e 1791 180 . Gli abati agivano neiriguardi, sia della chiesa parrocchiale, sia degli altriluoghi deputati al culto (cim<strong>it</strong>ero alla cui manutenzioneconcorreva con un terzo della spesa 181 , osp<strong>it</strong>ale di SantaMaria) nella loro qual<strong>it</strong>à di proprietari degli ambientie perciò si presentavano per controllare in qual modo isacerdoti custodivano gli oggetti del monastero, concessiin uso alla chiesa. Gli arredi, infatti, erano ab<strong>it</strong>ualmenteforn<strong>it</strong>i dall’abbazia, mentre l’ordinaria manutenzionee le relative spese di culto erano assicurate dai massaripreposti, nominati dai rappresentanti dai comuni in cuiera suddiviso il paese di Legnaro. Gli abati ovviamentedurante non si lim<strong>it</strong>avano solo all’aspetto materialedella realtà parrocchiale, ma durante la loro ispezione siinformavano sulla condizione spir<strong>it</strong>uale sia dei sacerdotiaddetti, sia della popolazione, come pure indagavanocome erano formati i giovani nella conoscenza della fedeattraverso la dottrina cristiana, comp<strong>it</strong>o che di per sèspettava più al vescovo diocesano.I predicatori dei quaresimali, una pratica assai in voganei secoli passati, erano sempre procurati dal monasteroe inviati con un mandato direttamente emesso dallasegreteria dell’abate 182 , senza un intervento diretto dell’autor<strong>it</strong>àvescovile: i designati, per un atto di cortesia,si presentavano alla curia diocesana per ottenere labenedizione 183 .Nonostante esistesse a Legnaro un cim<strong>it</strong>ero appos<strong>it</strong>o,alcuni esponenti, più in vista, della società agricola ambivanoper i loro familiari la sepoltura all’interno dellaparrocchiale; per questo ricorrevano all’abate di SantaGiustina, con le credenziali di uno dei vicari parrocchiali,per ottenere il dovuto permesso 184 : nel concederlos’imponeva che il pavimento, dopo l’uso, fosse rimessocome si trovava prima dell’intervento. Ciò avvenne, adesempio, per la madre del rettore della chiesa Vettor Sertorioil 19 dicembre 1735 185 ; per la signora Maria Marcato,d’anni 66, imparentata con la famiglia dei Carrari il 2gennaio 1758 186 ; per una defunta della famiglia Mazzoniil 6 ottobre 1759 187 ; per il padre del medico del paese,Marsilio Mantoani, il 2 settembre 1777 188 .I laici partecipavano attivamente alla gestione degli edificiparrocchiali con l’incarico di fabbricieri, non eranoquindi emarginati nei momenti più importanti dellav<strong>it</strong>a religiosa del paese; infatti, i suoi esponenti, i massari,erano personalmente interrogati in atto di vis<strong>it</strong>a,quando l’abate si recava di persona, con l’ausilio di altriaiutanti, a rendersi conto non solo di come i sacerdotigestivano i r<strong>it</strong>i nella chiesa loro affidata, ma anche inqual modo i massari ne amministravano le risorse: ciòaveva lo scopo di ottenere una dign<strong>it</strong>osa e appropriatacelebrazione del culto divino.Le spese sostenute dai massari capi erano rigorosamenteregistrate su di una vacchetta, ossia su di unregistro di forma allungata, e presentate non solo nelmomento della vis<strong>it</strong>a abbaziale, ma anche ai gastaldidel monastero residenti nella Corte, come avvenne nel1615 tra Andrea Trolese e fra Modesto, commesso diSanta Giustina. L’esigua documentazione ci permettedi conoscere, per ora solo alcune persone che ricoprirono,a turno, la carica di cassiere tra il 1596 e il 1617:essi furono Giacomo Chelini, Andrea Goffo, AndreaTrolese, Paolo Sgrinlato, Gasparo di Checchi, MarcantonioGoffo, Gregorio Rainato, Michiel Franzoso eFrancesco Vegiato 189 . Le spese affrontate durante la loroamministrazione riguardavano la manutenzione degliedifici della chiesa, del campanile e della sagrestia conle relative pulizie; non furono assenti neppure le usc<strong>it</strong>eper i materiali occorrenti alle celebrazioni l<strong>it</strong>urgiche,come cera, incenso, vino per la messa, tovaglie per l’altare,paramenti, libri per la messa, luminarie per le festee illuminazione degli ambienti 190 . A modo d’esempio sipuò rilevare che il 12 marzo 1596 furono spese 14 lire e8 soldi per l’acquisto di «un messale nuovo e cordella diseta per esso messale» 191 . La spesa, è da presumere, fufinalizzata per l’acquisizione di una delle nuove edizioni,a stampa, pubblicate dopo il concilio di Trento, insegu<strong>it</strong>o alla riforma di papa Pio V 192 .54


<strong>LA</strong> PRESENZA DEI MONACI <strong>DI</strong> SANTA GIUSTINA A <strong>LEGNARO</strong> E NEL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong>La sagrestia della chiesa di Legnaro nel 1802 disponevadi una rend<strong>it</strong>a di 54 staia di frumento 193 .La richiesta di una nuova chiesa avanzata dai massaridi Legnaro, su impulso dei vicari perpetui, all’iniziodel 1761 diede origine a diversi esposti, giunti fino alSenato Veneto, delle parti favorevoli e contrarie all’impresa.Le motivazioni addotte dagli ab<strong>it</strong>anti di Legnaroper la costruzione del nuovo tempio si basavanoprincipalmente sul fatto che l’edificio era insufficientea contenere la popolazione residente, che allora ascendevaa 2.600 anime, di cui 2.200 di comunione, mentrei monaci sostenevano che la chiesa era bastevole percoloro che vi affluivano durante le celebrazioni: difattiuna perizia del 27 agosto 1762 esegu<strong>it</strong>a da quattropubblici per<strong>it</strong>i attestava che la chiesa era lunga 81 piedie larga 26, mentre la cappella del Santissimo misurava17 piedi per 14,5, e poteva contenere 1.200 persone 194 .La prima pietra della nuova costruzione fu posta il 20aprile 1779 alla presenza dell’abate Ignazio Suarez; ilnuovo coro fu terminato l’8 dicembre del medesimoanno quando vi si celebrò la prima messa. La solennebenedizione di tutto il complesso fu compiuta dall’abateAttilio Calini il 25 luglio 1786: il monastero in taleoccasione aveva speso complessivamente la somma dilire 33.989:19 195 .La chiesa parrocchiale di San Biagio al termine del controllomonastico, secondo l’estimo austriaco del 1805,disponeva di 7,70 ettari di terreno 196 ; mentre l’ospedale diSanta Maria di Legnaro ne possedeva 1,05 ettari 197 .un atto del 9 novembre 1459 199 , quando il priore di SantaGiustina Fabiano da Rimini e Nicolò da Firenze, cellerario,promisero, mossi da “misericordia et human<strong>it</strong>ate”, dinon espellere dalle proprietà del monastero Nicolò DalCortivo, figlio di Antoniolo, f<strong>it</strong>tavolo, a patto che fossecorrisposta la decima degli anni 1458 e 1459 e l’aff<strong>it</strong>todel 1459, dovuti al monastero 200 . Altra menzione dellacasa della gastaldia di Santa Giustina si ha il 6 luglio1466, quando fu discussa una vertenza riguardante l’ered<strong>it</strong>àdi Giacomo Bottazzo 201 .<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong>Contrariamente a quanto si può pensare, il nucleo edilizioprim<strong>it</strong>ivo della Corte risale alla prima metà delQuattrocento, poiché è soltanto l’11 giugno 1457, duranteil governo dei cellerari Antonino da Milano e Celsoda Milano, che un atto fu rogato «in domo magna dominiabatis Sancte Iustine», vale a dire nella grande ab<strong>it</strong>azionedell’abate di Santa Giustina: un edificio, di conseguenza,distinto dalla residenza dei curati della chiesa di San Biagio198 . L’edificio della gastaldia è nuovamente indicato inFoto aerea del complesso con terr<strong>it</strong>orio circostante verso Agripolis.55


FRANCESCO G.B. TROLESEGià nel 1450 la gastaldia di Legnaro era tenuta daGasparo Burati, ma tale personaggio un secolo dopo(27 giugno 1557) fu defin<strong>it</strong>o, dai monaci, maligno edindegno, poiché la sua amministrazione era stata nocivaagli interessi del monastero 202 . Il gastaldo della Cortenel marzo del 1461, era un certo Andrea, del quale nonsi conosce per ora il patronimico o la patria 203 . Nel 1507era fattore Andrea da Brescia 204 , mentre il 14 gennaio1511 il gastaldo era Domenico Dugo 205 . Il fattore AntonioCremona presentò il 28 maggio 1563 la polizza deibeni e delle entrate della chiesa di San Biagio all’estimodel clero di Padova 206 . Sono pochi i nomi evidenziati,ma questi dati ci permettono di aprire uno squarcio sudelle persone che hanno concorso con la loro presenzaa far conoscere, in modo concreto, quali erano i progettiche il monastero nutriva verso i possedimenti diLegnaro e in qual modo ne realizzavano l’esecuzione.Nei contratti stipulati alla fine del secolo quindicesimola prescrizione di condurre i prodotti del suolo allagastaldia del monastero si fa così frequente, tanto dadivenire normale nei patti sottoscr<strong>it</strong>ti: è evidente cheormai l’organizzazione della Corte aveva assunto unafisionomia stabile 207 .Dal 1506 la casa era divenuta anche residenza deglistessi monaci, poiché se ne individuano le stanze daletto 208 , il vestibolo o portico 209 .Il terreno circondante la residenza dominicale dellaCorte, vale a dire il brolo, fu ingrand<strong>it</strong>a nell’anno 1500:in effetti, il 1º dicembre il cellerario Girolamo da Veneziasottoscrisse un accordo di permuta di terreni, permezzo campo e mezzo quarto, con Benedetto del fuDomenico da Legnaro, con il preciso scopo di ottenereuna maggiore linear<strong>it</strong>à, «seu squadrando ipsum brodulum»,nei confini 210 .Il podestà di Padova Francesco Venier, accogliendouna richiesta dei monaci, motivata dal terreno fangosoe dalla precaria s<strong>it</strong>uazione del precedente ponte, autorizzòil 4 marzo 1538 la costruzione di un nuovo manufattonelle vicinanze del brolo 211 .Le prime riorganizzazioni del patrimonio fondiariodell’abbazia furono iniziate dall’intraprendenza del cellerarioAntonino da Milano, sia a Correzzola, sia a Villadel Bosco, sia a Bastia nelle possessioni grav<strong>it</strong>anti sullaCorte del Vegrolongo, denominata La chiesuola 212 : tuttefurono iniziate ad essere bonificate intorno agli annisessanta del Quattrocento; un’azione che fu portata acompimento dal cellerario Zaccaria Castagnola e prosegu<strong>it</strong>adai suoi successori 213 .I vescovi di Padova, quando si recavano in vis<strong>it</strong>a pastoralea Legnaro, erano ordinariamente osp<strong>it</strong>ati dallaCorte del Monastero, come accadde il 3 ottobre 1752,quando vi si recò il cardinale Carlo Rezzonico 214 . È dapresumere che ciò sia avvenuto anche in altre occasionipoiché la residenza monastica offriva migliori comod<strong>it</strong>àper il vescovo e il suo segu<strong>it</strong>o, che non presso l’ab<strong>it</strong>azionedei due vicari.Gli abati in occasione delle vis<strong>it</strong>e pastorali non solorisiedevano nella Corte, ma vi tenevano anche gli interrogatoridei vicari, sedendo nella sua cappella, comeaccadde il 16 agosto 1671 con l’abate Pietro Vecchia 215 .Chiedevano di essere osp<strong>it</strong>ati nella residenza dominicaledei monaci, piuttosto che in quella dei vicari, intaluni casi anche i predicatori dei quaresimali comeavvenne nel 1767 con il minore conventuale padre Pier-Antonio Salieri, che ne ottenne licenza l’11 febbraio 216 .Per secoli i veri protagonisti della gestione della Cortefurono i commessi, o fratelli laici. La loro residenza stabile,almeno dalla documentazione finora consultata,inizia dalla metà del Cinquecento: infatti nella notiziadella morte di fra Paolino da Padova, avvenuta il primoaprile 1589 all’età di 75 anni, si ricorda che fu colp<strong>it</strong>oda malattia mortale mentre svolgeva il suo comp<strong>it</strong>o digastaldo nella Corte 217 . Vent’anni dopo si registrò lamorte del commesso fra Silvestro da Padova di anni40, addetto alla Corte da 4 anni, il quale fu sepoltonella chiesa parrocchiale 218 ; un altro commesso in pariincarico, morì il 6 aprile 1611 e fu sepolto prima nellachiesa di San Biagio e poi nel nuovo cim<strong>it</strong>ero di SantaGiustina 219 .Solo dagli Ordini del monastero emessi dagli abatidalla metà del Seicento, all’inizio del loro governo,si ha una costante documentazione della presenza dimembri della comun<strong>it</strong>à nella residenza dominicale diLegnaro, con l’incarico di rettori della Corte: infatti56


<strong>LA</strong> PRESENZA DEI MONACI <strong>DI</strong> SANTA GIUSTINA A <strong>LEGNARO</strong> E NEL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong>durante il governo dell’abate di Giovanni Evangelistada Padova il 6 luglio 1600 era rettore fra Arnaldo: unincarico che lo aveva visto ricoprire il ruolo dal 1598al 1618 220 . L’abate Orazio Barbisoni il 27 giugno 1643nominò governatore della Corte l’abate t<strong>it</strong>olare ModestoSanta Croce da Padova, comp<strong>it</strong>o che gli fu rinnovatofino al 1648 avendo come serv<strong>it</strong>ore ed aiutantefra Battista 221 , il quale alla morte dell’abate Modestoassunse dal 10 luglio 1649 la responsabil<strong>it</strong>à dellagestione del patrimonio fondiario di Legnaro 222 .Il 9 luglio 1650 fu nominato rettore della Corte il cellerarioprimo don Teodoro 223 , cui subentrò, su nominadell’abate Giovanni Battista Pastecca da Padova, ilcommesso fra Giulio da Bergamo 224 . Il commesso perdurònella mansione fino al 28 maggio 1663, quandofu r<strong>it</strong>irato a Santa Giustina per assolvere al comp<strong>it</strong>o diaddetto al forno et bugada 225 , e gli subentrò fra Paoloda Vicenza 226 . L’amministrazione del religioso vicentinodurò fino al 1694, allorché gli fu prefer<strong>it</strong>o dall’abateMassimo Gervasi da Belluno fra Pietro da Vicenza:fra Paolo passò in quella occasione in subordine, purrimanendo a Legnaro 227 . Dalle nomine dell’11 giugno1695 è ancora rettore della Corte fra Pietro da Vicenza,ma sottoposto alla sopra intendenza del padre cellerarioprimo residente in Santa Giustina 228 . L’abate Alvise Selvaticonel rinnovargli l’incarico il 3 luglio 1702 non sololo sottopose alla sopraintendenza del primo cellerario,ma gli ingiunse che «dovrà ubbidire con pontual<strong>it</strong>àa quanto li sarà comandato dal padre cellerario 3º diPadova» 229 : tale ordine perentorio credo debba interpretarsicome un segno di difficoltà di dialogo tra gliamministratori e di lim<strong>it</strong>azione della libertà nelle decisioniriguardanti la gestione dei cospicui beni.Il 27 maggio del 1724 l’abate Pellegrino Ferri assegnò«al governo della Corte di Legnaro con la sopraintendenzadel padre cellerario primo fra Pietro di Vicenza efra Placido di Vicenza suo compagno, i quali dovrannotutte le feste principali venire a Padova a far con li altrifratelli comessi la santissima comunione» 230 ; lo stessoincarico fu ripetuto nel 1726 e nel 1728. Il 2 giugno1729, essendo abate Giannantonio Orsato, iniziò il suoservizio fra Giammaria da Roncajette con gli obblighidei suoi predecessori. L’abate Agostino Bianchi daVenezia reincaricò fra Giammaria nel 1735 e il 21 maggio1738 231 , mentre Pietro Antonio Civran, abate, il 18maggio 1741 e l’11 giugno 1745 lo assegnò alla medesimafunzione, che fu rinnovata sia dall’abate CristoforoCabrini da Bergamo, il 12 giugno 1748, sia dall’abateBenedetto Olmo da Bergamo il 4 dicembre 1751 e il 3luglio 1754, sia dall’abate Giorgio Thiera da Udine il 7giugno 1757 232 e nel 1759 233 .Il cambiamento di gestione si effettuò 12 luglio 1760con la nomina a rettore della Corte di fra Felice daPiove da parte dell’abate Thiera alle sol<strong>it</strong>e condizionidi essere soggetto ai cellerari. Il giorno 8 giugno 1763l’abate Pier Antonio Civran nominò rettore fra Biagioda Padova 234 , mentre il 27 maggio 1766 l’abate Civrandesignò fra Mauro Lavoradori da Venezia: incarico chegli fu rinnovato nel 1772 dall’abate Marco Molin 235 . Il2 dicembre 1780 l’abate Antonio Tron designò rettorefra Mauro da Venezia, carica rinnovata il 6 giugno 1787dall’abate Attilio Calini da Brescia 236 e il 4 dicembre1790 dal medesimo abate 237 . Fra Andrea Giacomoni daVicenza fu nominato rettore il 5 giugno 1793 dall’abateGio. Alberto Campolongo 238 ; nel 1803 il Giacomonirisulta addetto alla spenderia di Correzola e forno,mentre negli ordini del monastero emanati dall’abatein carica non è menzionato il rettore della Corte 239 .La mancata nomina di un successore ormai preludevaall’avocazione dei fondi agricoli al Demanio dello Stato,avvenuta nel 1806, che poneva fine alla secolare presenzadei monaci nella porzione del paese che si denominavaLegnaro dell’Abbà.Al termine di questa carrellata di nomi, ma anche di persone,che ebbero la responsabil<strong>it</strong>à diretta di una correttagestione dei fondi, oltre che di un fecondo rapporto coni contadini, ci si può chiedere com’era strutturata tuttal’azienda nel suo complesso? Un elemento di conoscenzaci è offerto da una misurazione dei possedimenti, effettuatanel 1795, che la descrive in modo dettagliato 240 .Come avveniva nel vasto possedimento di Correzzola ifondi erano posti sotto la protezione dei santi per lo piùestratti dal calendario monastico, per cui si incontranonelle int<strong>it</strong>olazioni Benedetto da Norcia, Antonio di57


FRANCESCO G.B. TROLESEPadova, Giustina, Andrea, Giuseppe, Giovanni, La BeataVergine, Vincenzo, Biagio, Michele, Leonardo, Domenico,Scolastica, Girolamo, Francesco, Bartolomeo, Felice,Prosdocimo e Fidenzio: una schiera di protettori chevigilavano sui raccolti, sulle famiglie e sulle persone chevi ab<strong>it</strong>avano. Le fattorie (o case coloniche in numero di24) erano tutte dotate di una solida costruzione di muro,con aia per l’essiccazione dei cereali, forno, pozzo, orto epiccolo brolo come attesta la descrizione dell’appendiceASP, Catasto austriaco, f. 11.II. I casoni (se ne conoscono 14) erano presenti solamentein alcuni dei piccoli appezzamenti di terreno, chiamatichiusure, dove ab<strong>it</strong>avano gli arsenti, in altre parole i lavoratoriavventizi, assunti a giornata.La Corte continuò tuttavia ad essere al centro di tuttaun’attiv<strong>it</strong>à agricola, abbracciante anche altre terre giàdi pertinenza di diversi enti religiosi soppressi, i cuiprodotti, oltre che da Legnaro e da Isola dell’Abbà,giungevano anche dal contiguo comune di Polverara:la Corte, ormai gest<strong>it</strong>a direttamente e controllata dafunzionari governativi, era affidata nel secolo XIX arappresentanti di d<strong>it</strong>te che se ne aggiudicavano l’aff<strong>it</strong>tomediante pubblico appalto. Gli edifici residui, dopoesser serv<strong>it</strong>i come centro di raccolta e di lavorazione deiprodotti della terra, passarono in gestione con il cambiaredei governi a diversi f<strong>it</strong>tavoli fino a giungere inmani private. Per lo stato dei locali lasciati dai monacisi veda la descrizione dell’ingegnere Giuseppe MariaPivetta, redatta nel 1825, in Appendice I.Il Legnaro dell’Abate nel corso dei secoli ha sì perso la suaconnotazione di luogo silvestre, dov’era possibile raccogliereabbondantemente la legna dalla selva denominataNemora; tuttavia gli edifici, fatti costruire dai monaci conil fattivo concorso della popolazione residente, stannoancora a testimoniare con le loro pietre che la civiltà deimonaci anche, ai nostri giorni, afferma un proprio valoreche perdura nel tempo e che rinvia all’Operatore di ognibene, al quale i figli di san Benedetto si erano, e si sono,interamente dedicati per tutta la v<strong>it</strong>a.Non è senza significato che gli attuali ab<strong>it</strong>anti di Legnaro,almeno quelli di antico ceppo, per le feste di Natalesi sentano in dovere di venire a pregare con i monacinella Basilica di Santa Giustina, poiché si riconosconoancora a casa propria, nonostante la lunga assenza deimonaci dalle loro terre: infatti gli antenati, con le lorofatiche e i loro sudori, concorsero non solo ad innalzarele splendide e secolari mura dell’abbazia e della chiesa,ma ad entrare in comunione di v<strong>it</strong>a con le centinaia dimonaci che animarono i chiostri, dedicati ai più antich<strong>it</strong>estimoni della fede cristiana: la martire Giustina e ilvescovo Prosdocimo.58


<strong>LA</strong> PRESENZA DEI MONACI <strong>DI</strong> SANTA GIUSTINA A <strong>LEGNARO</strong> E NEL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong>APPEN<strong>DI</strong>CE IRelazione sullo stato degli edifici dominicali della Corte, amministratiin economia per conto dell’imperial regio Demanio, redattadall’ing. Giuseppe Maria Pivetta nel 1825.ASP, Archivi privati, Pivetta,281, fasc. 2137, filza 120, fasc. inserto A, n.n.«Fabbricato civile detto la Corte di Legnaro, occupato dall’imprend<strong>it</strong>oreSignor [Pasquale] Pupeta.1. Dalla pubblica strada mediante una rampa di cotto, ed unagradinata composta di quattro gradini di vivo si passa in unpiazzale esterno di cotto circoscr<strong>it</strong>to da un lato con un filaredi macigno. Questo piazzale è in parte ricoperto da tettosostenuto da due arcate che poggiano a due muri del fabbricatoche in appresso verrà descr<strong>it</strong>to e ad una colonna di macigno.La parte coperta del suddetto piazzale serve di vestiboloal suddetto fabbricato, ed in appoggio ad un muro laterale allato di mezzogiorno. Esiste un sedile di vivo sostenuto da duemodiglioni pure di vivo.2. Dal su descr<strong>it</strong>to piazzale per una porta garant<strong>it</strong>a da solidoserramento e guern<strong>it</strong>o di quattro lame, due catenacci, dueserramenti, una fusta e due maniglie di ferro si passa in unsottoportico serviente parte del suddetto fabbricato civile.Questo sottoportico è diretto dal sud al nord, ha il pavimentodi cotto, ed ha sette arcate sostenute da buone colonne diNanto. Il superior solaio è costru<strong>it</strong>o con buone travi e tavole.3. Altro sottoportico avente direzione dal levante al ponentepavimentato di cotto in buon essere, e con il superior solaiodi buone travi e tavole. Sette arcate cost<strong>it</strong>uiscono il suddettosottoportico e sono sostenute da colonne di Costoza, menouna che è di rosso di Verona.4. Sala terrena diretta dal sud al nord nella quale si entra dalsecondo descr<strong>it</strong>to sottoportico per una porta chiusa da buonferramento avente sei lame, due catenacci uno grande orizzontalee l’altro piccolo verticale, una serratura, due saliscendi,ed un pomolo d’ottone. Tre finestre garant<strong>it</strong>e da buoneinferriate, e da invetriate di lastre ottagone in buon essere. Ilpiano di questa sala è di cotto in buon stato solido, ed il superiorsolaio è pure in buon stato solido.5. Tinello a mezzogiorno ed alla sinistra entrando dalla suddettasala in suolo di quadri trivigiani in buon essere, e superiorsofff<strong>it</strong>to di arelle in calce. Due porte con il serramento dinoce in buon essere e guern<strong>it</strong>e della necessaria ferramenta, edue finestre diffese da solide ferriate, e da invetriate di lastreottagone in buon essere. Camino alla francese circondato diNanto e con l’aia di cotto.6. Luoco al nord ed alla sinistra della suddetta sala in suolo dicotto in buon essere e soff<strong>it</strong>tato. Due porte con il serramentobuono di noce e guern<strong>it</strong>o della necessaria ferramenta, e duefinestre con l’inferrata, e con l’invetriate di lastre ottagone inbuono stato solido.7. Cucina a ponente suolata di cotto, e con il superior solaio inbuon essere. Focolaio con la superior cappa, e con l’aiuolamun<strong>it</strong>a di stuffa con cufetta di abete. Fornelli di cotto sopraricopertidi Nanto e legati da una fascia di riga ferro. Portad’ingresso con il ferramento buono con l’occorrente ferramenta,ed una finestra garant<strong>it</strong>a da ferriata, e da invetriata dilastre ottagone in buono stato solido.8. Retrocucina con il pavimento di cotto e superior solaio in buonessere. Lavandino con l’aia di vivo, in buono stato solido. Portacon il serramento buono e guarn<strong>it</strong>a della necessaria ferramenta,ed una finestra parimenti con il serramento buono, conl’invetriata di lastre ottagone in buon essere, e con l’inferrata.9. Piccolo luoco contiguo alla suddetta retrocucina che serve aduso di salvaroba in suolo di cotto e superior solaio in buonostato solido. Porta con il serramento vecchio, ed una finestrache ha l’inferratura di riga ferro, e l’invetriata di lastre ottagonein buon essere.59


FRANCESCO G.B. TROLESE10. Piccolo luoco in capo alla suddetta sala in piano di quadr<strong>it</strong>revigiani e superior soff<strong>it</strong>to. Porta con il serramento di nocein buon essere e mun<strong>it</strong>a della necessaria ferramenta, e duefinestrini garant<strong>it</strong>i da inferriata, da ramate di filo ferro, e dainvetriate in mal essere appoggiate al muro del nord, piace unbuon mano di buon stato solido.11. Altro piccolo luoco in cui esiste il pozzo in suolo di cotto esuperior soff<strong>it</strong>to. Il detto pozzo è coperto con un vecchiocoperchio d’abete. La porta è garant<strong>it</strong>a da un buon ferramentodi noce guern<strong>it</strong>o della necessaria ferramenta.12. Altro piccolo luoco che serve ad uso di salvarobba contiguoal suddetto in suolo di cotto e superior soff<strong>it</strong>to. La portaha il serramento d’abete buono e guern<strong>it</strong>o della necessariaferramenta, e li due finestrini hanno l’inferrata, e la ramatadi filo ferro.13. Tinello al nord est suolato di quadri trevigiani in buon statosolido e soff<strong>it</strong>tato. La porta ha il serramento di noce buono eguern<strong>it</strong>o della necessaria ferramenta, e le due finestre hannoil serramento buono, l’inferrata e l’invetriate ottagone in buonostato solido. Camino alla francese circondato di Costoza,e chiuso nel prospetto da un buon sportello d’abete. Per unapiccola porta che è chiusa da un buon serramento d’abete eguarn<strong>it</strong>a di un catenaccio a due lame si ha introduzione in unristretto luoco ove è collocato il cesso.14. Altro tinello al sud est suolato di quadri trevigiani in buonessere e soff<strong>it</strong>to. Porta con il serramento di noce buona. Duefinestre garant<strong>it</strong>e come quelle del suddetto tinello.15. Col mezzo di un ramo di scala d’abete e due di Costoza dalsuddetto tinello, e dal sottoportico descr<strong>it</strong>to al nº 3 si passanel piano superiore. La detta scala è chiusa da un lato medianteun buon tavolato d’abete al ripatto; è una porta garant<strong>it</strong>ada buon serramento d’abete guern<strong>it</strong>o della necessaria ferramenta,ed un’altra porta envi nella somm<strong>it</strong>à della scala medesimachiusa da un buon serramento a due part<strong>it</strong>e con quattrolame, un catenaccio ed una serratura.17. Stanza a levante in suolo di vecchio cotto e superior soff<strong>it</strong>todi tavole in buon essere. Porta con il serramento buono e condue lame ed un catenaccio, ed una fenestra chiusa da fracidaferramenta con quattro lame ed un catenaccio, da invetriatedi lastre rotonde in buon essere, nella quale sono appoggiatili sportelli interni d’abete in buon essere.18. Stanza a levante successiva alla suddetta in suolo e soff<strong>it</strong>tatacome sopra. La porta ha il serramento buono guern<strong>it</strong>o di duelame, un catenaccio ed una serratura con chiave, e le due finestrehanno il serramento vecchio mun<strong>it</strong>o della necessaria ferramenta,e l’invetriate di lastre rotonde in buon stato solido.Piano superiore16. Cor<strong>it</strong>oio a ponente che ha direzione dal sud al nord suolatodi vecchio cotto e soff<strong>it</strong>tato. Sette finestre lo illuminano esono garant<strong>it</strong>e da buoni serramenti a due part<strong>it</strong>e mun<strong>it</strong>e dellanecessaria ferramenta, e da invetriate di lastre ottagone inbuono stato di solid<strong>it</strong>à.60


<strong>LA</strong> PRESENZA DEI MONACI <strong>DI</strong> SANTA GIUSTINA A <strong>LEGNARO</strong> E NEL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong>19. Stanza successiva ed affatto simile in tutto e per tutto allasuddescr<strong>it</strong>ta al nº 18.20. Stanza successiva alla suddetta ed affatto simile a quelladescr<strong>it</strong>ta al nº 18.21. Piccolo luoco in capo al cor<strong>it</strong>oio descr<strong>it</strong>to al nº 16 in suolo dicotto e superior tetto in buon essere costru<strong>it</strong>o di buone travi,morali, tavelle e coppi. La porta ha il serramento buono mun<strong>it</strong>odi due lame, un saliscendi, una serratura ed una manigliadi ferro, e la fenestra ha pure il serramento buono con duelame ed un catenaccio.22. Altro piccolo luoco a levante contiguo al suddetto in suolo dicotto, e superior tetto come sopra. In questo luoco giaccionodue cessi, e vi si entra per una porta chiusa da un buon serramentomun<strong>it</strong>o della ordinaria ferramenta.23. Piccolo granaio detto la buratina in suolo di vecchio cotto esuperior tetto in buon essere e costru<strong>it</strong>o con catene di buonlegname d’abete morali, tavole e coppi. Porta con il serramentobuono e guern<strong>it</strong>o di due lame, due catenacci, ed unaserratura con chiave, e tre finestre chiuse anche esse da buoniserramenti e guern<strong>it</strong>e della necessaria ferramenta.24. Dal cor<strong>it</strong>oio descr<strong>it</strong>to al nº 16 salendo due gradini di Costoza,e passando per una porta chiusa da vecchio serramento, mabuono e guern<strong>it</strong>o della necessaria ferramenta, si ha introduzionenel primo granaio al nord est suolato di cotto in buonessere e coperto con tetto costru<strong>it</strong>o con buone catene dilegname abete, morali, tavelle e coppi. Otto finestre lo illuminanoe sono garant<strong>it</strong>e da buoni serramenti aventi la necessariaferramenta, da ferriate e da ramate di filo ferro, altri quattrofinestrini al nord chiusi da buon serramento e da ramate difilo ferro. Porta senza serramento.25. Granaio successivo al suddetto in suolo di cotto e superiortetto costru<strong>it</strong>o come sopra. Quattro finestre garant<strong>it</strong>e come lesopradescr<strong>it</strong>te. Porta con il serramento buono e mun<strong>it</strong>o dellanecessaria ferramenta.26. Granaio 241 grande contiguo al suddetto e diretto dall’estall’ovest in suolo di terrazzo in buon essere, e superior tettocostru<strong>it</strong>o come si è detto più sopra. Diciotto fenestre lo illuminanoe sono garant<strong>it</strong>e come quelle del granaio descr<strong>it</strong>to alnº 24. Per una scala di Costoza circu<strong>it</strong>a nel suddetto granaioda un parapetto di tavole chiusa alla metà da un serramentodi abete mun<strong>it</strong>o di tre lame, due serrature, e con un poggio dibastoni ferro si discende nel27. Grande sottoportico terreno volto a mezzogiorno in suoloparte di cotto in buon essere e parte di carriera macigno, esuperior solaio in buon stato solido.28. Oratorio al nord con il pavimento di terrazzo e superiorsoff<strong>it</strong>to in buon essere. In questo oratorio esiste un piccoloaltare con due gradini, mensa, parapetto e due colonne conli cospetti ivi ornati, cioè arch<strong>it</strong>rave, fregi e cornice tutto diCostoza ed in buon stato solido. La porta ha il serramentobuono e mun<strong>it</strong>o di quattro lame, due catenacci, una serraturacon chiave ed una maniglia di ferro, e le due finestre hannol’inferrata, la ramata di filo ferro e la invetriata di lastre quadrebisognosa di qualche riparo.29. Luoco contiguo al suddetto oratorio che serviva per lo presentedi sagrestia con il pavimento di terrazzo e superiorsoff<strong>it</strong>to in buon essere. La porta è senza ferramenta, e le duefinestre sono garant<strong>it</strong>e come quelle dell’oratorio medesimo.30. Piccola sottoscala con il pavimento di cotto e con la portaavente il serramento vecchio, ma buono, con due lame ed uncatenaccio.31. Luoco al nord ove è collocato il forno che è in buon essere,pavimentato di cotto e superior tetto costru<strong>it</strong>o con buonetravi d’abete, morali, tavole e tegole. La porta ha il serramentosolido con due lame, un catenaccio ed una serratura, e lafinestra ha il serramento buono e guern<strong>it</strong>o dell’occorrenteferramenta, l’inferrata, e la ramata di filo ferro.32. Discendendo due rampe di cotto dal suddetto grande sottoporticosi passa in un luoco che serve di vestibolo alle due61


FRANCESCO G.B. TROLESEcantine che ora verranno descr<strong>it</strong>te. Esso è seliciato di cotto edha il superior solaio in buon essere.33. Due piccoli luochi oscuri laterali ad suddetto vestibolo insuolo di cotto, ed ambedue con una porta chiusa da un buonserramento e guern<strong>it</strong>o della necessaria ferramenta.34. Due cantine sotterranee dirette dall’est all’ovest fra di loroparallele; in suolo di terrazzo nell’and<strong>it</strong>o, e con il superiorvolto di cotto. In ciascheduna di queste cantine si entra peruna porta che viene chiusa da un vecchio rastrello d’abetecon le lame, una serratura ed una maniglia di ferro. Vengonoilluminate le suddette cantine da due fenestre che hanno ilserramento vecchio e l’inferrata, e vi esistono li sedili per lebotti costru<strong>it</strong>i di cotto in buon essere.35. Tinaia al nord e contigua al suddescr<strong>it</strong>to grande sottoporticoin suolo di carriera macigno e superior solaio in buonstato solido. In questo luoco esistono li sedili per le tine chesono costru<strong>it</strong>i di cotto in buon essere. Una sola finestra iviscorgesi che ha il serramento buono a due part<strong>it</strong>e con quattrolame ed un catenaccio, e la crociera di legno in buonstato di solid<strong>it</strong>à. Le cinque campate di fronte a detta tinaiasono chiuse con stuoie assicurate a dei telai di buone tavolee morali d’abete.36. Luoco in capo al predescr<strong>it</strong>to sottoportico al lato di levantein suolo di vecchio cotto e superior solaio in buon stato disolid<strong>it</strong>à. La porta che si vi entra ha il serramento solido a duepart<strong>it</strong>e con quattro lame, un catenaccio, ed una serratura, e lafinestra ha il serramento buono con due lame ed un catenaccio,e l’inferrata di riga ferro.37. Discendendo una rampa di cotto in buon essere e passando peruna porta chiusa da un buon trastrello a due part<strong>it</strong>e e mun<strong>it</strong>odella necessaria ferramenta si va in una cantina a ponentesuolata di cotto in buon essere, e coperta con tetto costru<strong>it</strong>o acadene di buon legname d’abete e con morali, tavelle e tegole.Una sola finestra dà luce a questa cantina che è garant<strong>it</strong>a da unbuon serramento, e da una inferrata di riga ferro e vi esistono lisedili per le botti che sono di cotto in buon essere.38. Lisciaia al nord ovest con il pavimento di cotto e superiorsolaio in buon stato solido. In questo luoco giace il fornelloper il bucato, ed il luoco medesimo è illuminato da unafinestra che ha il serramento buono e mun<strong>it</strong>o della necessariaferramenta e l’inferrata. La porta è senza serramento.Si r<strong>it</strong>orna al sotto portico descr<strong>it</strong>to al nº 2 e si descrivono i seguentiluoghi terreni:39. Stanza del gastaldo a levante in suolo di cotto vecchio e superiorsoff<strong>it</strong>to di tavole in buon essere. Porta con il serramentoguern<strong>it</strong>o della necessaria ferramenta, altra porta senza oscuro,e due finestre che hanno l’inferrata, l’invetriata in buonessere e con li sportelli interni d’abete in buon stato solido.40. Luoco successivo alla suddetta stanza in suolo di cotto bisognosodi ristauro e superior solaio in buon essere. Due portecon il rispettivo serramento buono e mun<strong>it</strong>o della necessariaferramenta, e due finestre garant<strong>it</strong>e come quelle della suddettastanza.41. Altro luoco successivo ed affatto simile in ogni sua parte alsuddescr<strong>it</strong>to.42. Cucina del gastaldo suolata di cotto e con il superior solaio inbuon essere. Porta con il serramento buono e guern<strong>it</strong>o di duelame, un catenaccio, un saliscendi ed una serratura, ed unafinestra con l’inferrata e con l’invetriata in buon essere. Focolaiocon l’aiuola e superior cappa in buon stato di solid<strong>it</strong>à.43. Piccolo luoco in capo al sottoportico descr<strong>it</strong>to al nº 2 in suolodi vecchio cotto e superior solaio in buon essere. Vi si entraper una porta che viene chiusa da un buon serramento a duepart<strong>it</strong>e con quattro lame ed un saliscendi.44. Altro piccolo luoco contiguo al suddetto ed esistente all’estin suolo di vecchio cotto e superior solaio in buon essere.In questo luoco esiste il cesso e si entra nel luoco medesimo62


<strong>LA</strong> PRESENZA DEI MONACI <strong>DI</strong> SANTA GIUSTINA A <strong>LEGNARO</strong> E NEL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong>per una porta chiusa da buon serramento mun<strong>it</strong>o di duelame ed un catenaccio.45. Cantina del gastaldo in suolo di terra e superior solaio costru<strong>it</strong>oda buone travi e tavole. Porta con buon serramento mun<strong>it</strong>odi due lame, un catenaccio ed un luchetto, ed una finestra conl’oscuro buono, con la ramata di filo ferro e con l’inferrata.46. Stalla per otto cavalli seliciata di cotto in buon essere e superiorfienile coperto con tetto in buon stato solido costru<strong>it</strong>o acadene di buon legname d’abete morali, tavelle e coppi. Inquesta stalla vi sono le mangiatoie e le colonne per le tramezzein buon stato solido nonché la tromba per il fieno. La portad’ingresso ha il serramento vecchio a due part<strong>it</strong>e e guern<strong>it</strong>odi quattro lame, due catenacci, un saliscendi ed una serratura,e la fenestra è garant<strong>it</strong>a soltanto da una inferrata.47. Stanzino che serve a ripostiglio dei fornimenti dei cavalliin suolo di vecchio cotto e superior solaio in buon essere ecostru<strong>it</strong>o con travi e tavelle. Porta e finestra con buon serramentoe guern<strong>it</strong>a della necessaria ferramenta.48. Altro grande sottoportico a cinque arcate a ponente e direttodal nord al sud in suolo di vecchio cotto in qualche parte franto,e poca parte di carriera macigno e superior tetto costru<strong>it</strong>o acadene di legname abete, morali, tavelle e coppi. Cinque fenestrevi sono nel muro di levante tutte garant<strong>it</strong>e da inferrata, eda un buon serramento a due part<strong>it</strong>e e mun<strong>it</strong>e della occorrenteferramenta. Portone dei carri verso la strada chiuso da unvecchio serramento a due part<strong>it</strong>e e mun<strong>it</strong>o di un buon traversod’abete, e di un catenaccio ed una serratura con chiave.49. Rimessa in capo al suddetto sottoportico in suolo di vecchiocotto e superior fienile con il solaio in mal essere. Porta conil serramento fracido mun<strong>it</strong>o di quattro lame, un catenaccioed una serratura, e tre finestre con il serramento buono e conl’inferrata.52. Cortile circoscr<strong>it</strong>to in parte dal suddescr<strong>it</strong>to fabbricato civile,ed in parte da mure solide di cinta. In questo cortile giace lasolaiera di cotto in buon essere.53. Pozzo esistente nel suddetto cortile con il parapetto di cotto esopra verone di vivo. Il suddetto pozzo è coperto con tutto atavole e coppi sostenuto da due piloni di cotto.54. Orto circoscr<strong>it</strong>to da buoni muri tutti appartenenti al regioDemanio e nel quale giace la cedraia chiusa da grandi sportellid’abete assicurati a delle colonne vecchie d’abete incassatedentro a delle bufrole di Costoza che sono appoggiate adue long<strong>it</strong>udinali muretti di cotto e coperte con tetto in tavolee coppi. In questa cedraia esistono nº 13 piante d’agrumi interra i di cui rami vengono sostenuti da un telaio di legnameparte d’abete e parte di larice e nº 14 altre piante d’agrumicollocate nei vasi di terra. Nel suddescr<strong>it</strong>to orto si ha ingressoper un piccolo luoco coperto ed avente due porte garant<strong>it</strong>edella dovuta ferramenta.55. Brolo circoscr<strong>it</strong>to da solide mura appartenenti al regio Demanioe nel quale esistono le sotto distinte piante e v<strong>it</strong>i. [Vedifoglio di consegna]. Nel muro di levante del suddetto Broloesiste il portone dei carri ed un portello ambedue mun<strong>it</strong>idi vecchio rastrello d’abete avente la necessaria ferramenta.In appoggio al muro a levante di detto brolo sta ubicato unluoco che serve di ripostiglio degli attrezzi della cedraia cheè ricoperto con tetto costru<strong>it</strong>o con catene di legname abete,morali, tavelle e tegole in buon essere. Portone con serramentovecchio mun<strong>it</strong>o di quattro lame e due catenacci».Annessi50. Porcile appoggiato alla suddetta rimessa al lato di ponentecircondato di tavole in mal essere e coperto con tetto in tavolee coppi pure in mal essere.51. Torre per colombi appoggiata al muro di circonferenza delcortile al lato di ponente divisa in quattro riparti mediante tresolai ed un volto di cotto. La porta ha il serramento buono edè guern<strong>it</strong>o di due lame, un catenaccio ed una serratura. Il tettoè in buon essere costru<strong>it</strong>o con travi, morali, tavelle e coppi.63


FRANCESCO G.B. TROLESEAPPEN<strong>DI</strong>CE IIFattorie di Legnaro dipendenti dalla corte nel 1795Campagna arativi fabbriche ASP,detta Campi quarti tavole Campi quarti tavole S. Giustina, 560S. Benetto 90 2 92 2 120 dis. 4S. Antonio 55 115 2 201 dis. 5S. Giustina 31 2 168 1 31 dis. 7S. Andrea 20 1 34 1 2 67 dis. 8S. Giuseppe 85 1 25 1 3 26 dis. 9S. Zuanne 56 2 191 2 2 184 dis. 10Beata Vergine 70 3 139 1 105 dis. 11La Corte 1 3 152 dis. 12Brolo 5 2 174chiesura 4 1 103 8 2 206S. Vicenzo 58 23 1 95 dis. 13S. Biasio 34 2 208 2 1 30 dis. 14S. Michiel 41 2 208 2 1 30 dis. 15S. Leonardo 77 2 165 3 130 dis. 16S. Domenico 84 152 1 1 194 dis. 17S. Scolastica 60 3 178 2 112 dis. 18S. Girolamo 62 2 200 1 8 dis. 19S. Francesco 61 47 3 150 dis. 20S. Bortolamio 112 2 145 1 183 dis. 21S. Felice 46 2 92 1 1 103 dis. 22S. Prosdocimo 46 2 53 1 124 dis. 23S. Fidenzio 51 3 3 1 145 dis. 24Totale 1148 34 2515 30 136 228464


<strong>LA</strong> PRESENZA DEI MONACI <strong>DI</strong> SANTA GIUSTINA A <strong>LEGNARO</strong> E NEL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong>NOTEDevo un sincero ringraziamento alle dott.sse Francesca Fantini D’Onofrio,direttrice, Anna Maria Vomiero, assistente di sala, e al personaletutto dell’Archivio di Stato di Padova, per aver facil<strong>it</strong>ato con grande liberal<strong>it</strong>àlo studio dei documenti. Associo a tale doveroso ringraziamento iconfratelli padre don Giustino Prevedello e don Giulio Pagnoni, comepure l’amico dott. Donato Gallo, dell’Univers<strong>it</strong>à di Padova.1Sul paese, sulle suddivisioni del suo terr<strong>it</strong>orio e sul suo sviluppo demico,si vedano, anche se datate ed esposte in forma divulgativa, le informazioniforn<strong>it</strong>e da F. GIACOMELLO, Legnaro. Cenni storici, Padova 1903.2A. GLORIA, Terr<strong>it</strong>orio padovano illustrato, I, Padova 1862, p. 34.3I. BRUNATII, Chartarum coenobii S. Justinae explicatio, Patavii 1763. Sullafigura dell’erud<strong>it</strong>o si veda: M.R. ZORZATO, Brunacci, Giovanni, in Dizionariobiografico degli Italiani, 14, Roma 1972, p. 518-523; EAD., GiovanniBrunacci storico della chiesa padovana, in Monselice. Storia, cultura e artedi un centro minore del Veneto, a cura di A. Rigon, Monselice-Treviso1994 (I centri minori del Veneti, 1), p. 633-643.4L.A. MURATORI, Antiqu<strong>it</strong>ates Italicae Medii Aevi, III, Mediolani 1739, col.39-44.5S. COLLODO, Il Prato della Valle: storia della rinasc<strong>it</strong>a di un’area urbana,in EAD., Una società in trasformazione. Padova tra XI e XV secolo, Padova1990 (Miscellanea erud<strong>it</strong>a, 49), p. 119-127; A. TI<strong>LA</strong>TTI, Ist<strong>it</strong>uzioni e cultodei santi a Padova fra VI e XI secolo, Roma 1997 (Italia sacra, 56), p. 144,231-232.6A. GLORIA, Codice diplomatico padovano dal secolo sesto a tutto l’undecimo,Venezia 1877 (Monumenti storici pubblicati dalla r. Deputazioneveneta di storia patria. Serie Prima, documenti, II), nº 6 p. 10: copia corrottadel XIV secolo; A. GLORIA, Codice diplomatico padovano dall’anno1101 alla pace di Costanza (25 giugno 1183), II, Venezia 1881 (Monumentistorici pubblicati dalla r. Deputazione veneta di storia patria, VII. Serieprima, documenti, VI), nº 1184 p. 483-484: copia del XII secolo, con testoleggermente modificato.7La decima è un tributo che il concessionario corrisponde al concedentesui prodotti dei beni avuti in uso: è la decima parte dei prodotti dellaterra e degli animali. Per un approfondimento sul tema si veda R. ZANOC-CO, Decime e quartesi in diocesi di Padova alla luce dei documenti, Padova1951.8«Dono et offero in eodem monasterio omnem districtionem de loco quivocatur Lignario de ipso latere de supradicto monasteri, atque decimamtocius alodii ecclesie que ad novum vener<strong>it</strong>, et totam ipsam districtionemet totum ipsum redd<strong>it</strong>um integr<strong>it</strong>er in integrum. Etiam dono etoffero de alio latere Lignario totum et integrum paludem qui vocaturMemora sicut percurrunt et discernunt in circu<strong>it</strong>u omnes fines et lateraeius in integrum»: GLORIA, Codice diplomatico padovano dal secolo sesto,nº 229 p. 255-257.9GLORIA, Codice diplomatico padovano dal secolo sesto, nº 261 p. 285-289.10GLORIA, Codice diplomatico padovano dal secolo sesto, nº 309 p. 334-335.11GLORIA, Codice diplomatico padovano dal secolo sesto, nº 316 p. 340-341;sul valore del documento imperiale e sull’origine in genere di documentifalsi o di interpolazioni posteriori si veda TI<strong>LA</strong>TTI, Ist<strong>it</strong>uzioni e culto deisanti a Padova, p. 229-233.12GLORIA, Codice diplomatico padovano dall’anno 1101, I, nº 1 p. 1-2.13GLORIA, Codice diplomatico padovano dall’anno 1101, I, nº 136 p. 112-113.14GLORIA, Codice diplomatico padovano dall’anno 1101, I, nº 137 p. 113-114.15GLORIA, Codice diplomatico padovano dall’anno 1101, I, nº 252 p. 198-199.Il vescovo aveva attribu<strong>it</strong>o a Santa Giustina il 24 novembre 1131 le decimedella corte di Concadalbero consegnandole all’abate Alberto. Il trasferimentodel dir<strong>it</strong>to di decimazione sui raccolti era una delle conseguenzedella graziosa cessione all’abbazia della corte di Concadalbero, compiutail 12 giugno 1129 dai coniugi Guido e Giud<strong>it</strong>ta Sambonifacio: GLORIA,Codice diplomatico padovano dall’anno 1101, I, nº 187 p. 150, nº 227 p. 179.16GLORIA, Codice diplomatico padovano dall’anno 1101, II, nº 675 p. 18-19.17GLORIA, Codice diplomatico padovano dall’anno 1101, II, nº 767 p. 74-76.18GLORIA, Codice diplomatico padovano dall’anno 1101, II, nº 784 p. 85.19GLORIA, Codice diplomatico padovano dall’anno 1101, II, nº 840 p. 116-118.20P.A. PASSOLUNGHI, Esperienze agrarie in amb<strong>it</strong>o monastico lungo il Piave:la granza di Sottoselva, in Mogliano e il suo monastero, 1000 anni di storia.Atti del Convegno di studi, Mogliano Veneto (Treviso), 6-7 giugno 1997, acura di F.G.B. TROLESE, Cesena 2000 (Italia benedettina, 19), p. 139-162.21PADOVA, ARCHIVIO <strong>DI</strong> STATO (d’ora in poi ASP), S. Giustina, 560, dis.1-24; per un’approfondimento sul genere di misurazione effettuata dalmonastero nei suoi possessi si veda MASCHIETTO, Fra Fortunato Abbiatibenedettino (1698-1774) ingegno versatile e benemer<strong>it</strong>o di Correzzola,Padova 1993 (La memoria lunga, 3).22Cfr. S. BORTO<strong>LA</strong>MI, L’età dell’espansione (sec. XI-XIII) e la crisi del Trecento,in I benedettini a Padova e nel terr<strong>it</strong>orio padovano attraverso i secoli.Saggi storici sul movimento benedettino a Padova. Catalogo della mostrastorico-artistica nel XV centenario della nasc<strong>it</strong>a di san Benedetto, a cura diA. DE NICOLÒ SALMAZO, F.G.B. TROLESE, Treviso 1980, p. 24-29.23S. COLLODO, Arnaldo da Limena abate di Santa Giustina. Storia di unatradizione agiografica, «Il Santo. Rivista antoniana di storia, dottrina,arte», s. II, 19(1979), p. 573-592, ried<strong>it</strong>o in EAD., Una società in trasformazione,p. 3-34; A. RIGON, Un abate e il suo monastero nell’età di Ezzelinoda Romano: Arnaldo da Limena (+ 1255) e S. Giustina di Padova, in S.Benedetto e otto secoli (XII-XIX) di v<strong>it</strong>a monastica nel Padovano, Padova1980 (Miscellanea erud<strong>it</strong>a, 33), p. 55-86.24Cfr. I. CAVACIUS, Historiarum coenobii D. Iustinae Patavinae libri sex,Venetiis 1606, p. 87-88; RIGON, Un abate e il suo monastero, p. 68-69.25RIGON, Un abate e il suo monastero, p. 77-80; sul nuovo che stava maturanoin seno al movimento monastico con i monaci albi: si vedano: G.CARRARO, Un nuovo monachesimo: le cost<strong>it</strong>uzioni dell’ordo Sancti Benedictide Padua, «Quaderni di storia religiosa», 2(1995), p. 181-205; ID.,Il monachesimo padovano durante la dominazione ezzeliniana (1237-1256),in Nuovi studi ezzeliniani, a cura di G. CRACCO, Roma 1992 (Nuovi studistorici, 21), II, p. 445-469; ID., I monaci albi di S. Benedetto di Padova, in Ilmonachesimo <strong>it</strong>aliano nell’età comunale (1088-1250). Atti del IV Convegnodi studi storici sull’Italia benedettina, Pontida (Bergamo), Abbazia di S.Giacomo, 3-6 settembre 1995, a cura di F.G.B. TROLESE, Cesena 1998 (Italiabenedettina, 17), p. 403-432; A. RIGON, Ricerche sull’Ordo Sancti Benedictide Padua, «Rivista di storia della Chiesa in Italia», 29(1975), p. 511-535;ID., Religione e pol<strong>it</strong>ica al tempo dei da Romano. Giordano Forzatè e la tradizioneagiografica antiezzeliniana, in Nuovi studi ezzeliniani, p. 389-414.26ASP, Corona, part. 2210, f. 12v-13r: al contratto furono presenti l’abatedi San Daniele in Monte, Angelerio, Gualegino, abate eletto di San65


FRANCESCO G.B. TROLESEMichele di Candiana, e Giovanni da Limena, canonico di Padova.27ASP, Corona, part. 2207, f. 39v-40r: l’accordo fu successivamente ratificatodalla moglie Alfania.28ASP, Corona, part. 2207, f. 47r: vi fu presente l’abate di Santa Maria diSaccolongo, Padovano.29ASP, Corona, part. 2207, f. 52r e v: vi presenziarono, tra gli altri l’abateOlderico di Santa Maria in Organo di Verona e il monaco Nicolò diSanta Giustina.30ASP, Corona, part. 2207, f. 55r.31CAVACIUS, Historiarum coenobii, p. 120.32Sul governo eserc<strong>it</strong>ato dall’abate Olderico nel monastero veronese diSanta Maria in Organo (1255-1271), prima di assumere la direzione dell’abbaziadi Santa Giustina (1271-1289), si veda G.M. VARANINI, Monasterie c<strong>it</strong>tà nel Duecento: Verona e S. Zeno, in Il Liber feudorum di S. Zenodi Verona (Sec. XIII), a cura di F. SCARTOZZONI, saggi introduttivi di G.M.VARANINI, Padova 1996 (Fonti per la storia della terraferma veneta, 10),p. LXVII-LXXII; per una sua iniziativa in campo l<strong>it</strong>urgico per il monasterodi Santa Giustina si veda F.G.B. TROLESE, 10. Breviario, in La miniatura aPadova dal Medioevo al Settecento, progetto e coordinamento scientificoG. CANOVA MARIANI, catalogo a cura di G. BAL<strong>DI</strong>SSIN MOLLI, G. CANOVAMARIANI, F. TONIOLO, Modena 1999, p. 64-66.33ASP, Corona, part. 2206, f. 9v.34ASP, Corona, part. 2206, f. 10r.35ASP, Corona, part. 2206, f. 4v: testimoni dell’invest<strong>it</strong>ura furono l’abateGumberto di San Felice di Vicenza, l’abate Padovano di Santa Maria diSaccolongo, il monaco Gatto di Santa Giustina, il sacerdote Bonaventurada Verona e Ongarello di Ugone Palmeri di Padova.36ASP, Corona, part. 2206, f. 4r: il feudo era di un campo e mezzo s<strong>it</strong>uatoa Volparo, all’Isola dell’Olmo.37ASP, Corona, part. 2206, f. 15v: la terra concessa era di cinque campi e mezzo,a Legnaro nell’Isola dell’Olmo. Furono testimoni l’abate di SaccolongoPadovano, quello di Santa Lucia di Fontaniva Pellegrino, mentre i monaciriun<strong>it</strong>i in cap<strong>it</strong>olo erano Tomeo priore, Alberto sacrista, Franco, Nicolò,Eusebio, Giovanni Cauco, Bonifacio, Marco, Zanino, Pietro e Bipone.38ASP, Corona, part. 2206, f. 11v: dieci campi «in hora quae dic<strong>it</strong>ur campusde Canna».39ASP, Corona, part. 2206, f. 10v, 12 r: furono presenti in qual<strong>it</strong>à d<strong>it</strong>estimoni l’abate Padovano di Saccolongo e i monaci di Santa GiustinaTomeo e Franco.40Il prezioso volume al momento della soppressione giunse in mano agliantiquari, i quali lo cedettero all’abate Pietro Ceoldo che lo consegnò allanobile famiglia Papafava, dov’era precettore. La famiglia lo vendette, alcunianni or sono, alla Regione del Veneto, che lo depos<strong>it</strong>ò presso l’AccademiaGalileiana di scienze, lettere ed arti in Padova: Cfr. F.G.B. TROLESE,L’archivio di Santa Giustina di Padova. Cenni sullo stato attuale e sugliantecedenti storici, in Convegno di studi. La memoria silenziosa. Formazione,tutela e status giuridico degli archivi monastici nei monumenti nazionali.Atti del convegno. Veroli, Abbazia di Casamari, 6-7 novembre 1998.Ferentino, Palazzo comunale 8 novembre 1998, Roma 2000 (Pubblicazionidegli archivi di Stato. Saggi, 62), p. 89-112; ID., La dispersione delle bibliotechemonastiche, in Il monachesimo <strong>it</strong>aliano dalle riforme illuministicheall’un<strong>it</strong>à nazionale (1768-1870). Atti del II Convegno di studi storici sull’Italiabenedettina. Abbazia di Rodengo (Brescia), 6-9 settembre 1992, acura di F.G.B. TROLESE, Cesena 1992 (Italia benedettina, 11), p. 599.41BORTO<strong>LA</strong>MI, L’età dell’espansione, p. 29.42ASP, Corona, part. 2208, f. 1r: 15 settembre 1277, aff<strong>it</strong>to di due campia Dano del fu Ubertelo da Legnaro; ASP, Corona, part. 2208, f. 7v: 26ottobre 1281, aff<strong>it</strong>to di due campi a Buonuomo del fu Buonuomo daLegnaro per tre campi.43ASP, Corona, part. 2208, f. 22v, 25 ottobre 1285, tre campi a Giovannidel fu Bertolasio da Volparo a Isola dell’Olmo.44Si tenga presente che la documentazione attualmente esistente riguardasolo piccoli appezzamenti di terreno, mentre per i poderi maggiormenteestesi, della misura di un manso, cioè da 20 a 30 campi, non è rimastadocumentazione archivistica.45ASP, Corona, part. 2206, f. 114r e v.46G. ANDENNA, «Non habebant mobilia de quibus possent satisfacerecred<strong>it</strong>oribus». La crisi economico-finanziaria dei monasteri del Piemonteorientale in età comunale, in Il monachesimo <strong>it</strong>aliano nell’età comunale(1088-1250). Atti del 4º Convegno di studi storici sull’Italia benedettina,Pontida (Bergamo) 3-6 settembre 1995, a cura di F.G.B. TROLESE, Cesena1998 (Italia benedettina, 16), p. 63-96.47ASP, Corona, part. 2208, f. 18v-19v. I partecipanti al cap<strong>it</strong>olo monasticofurono: «Venerabilis in Christo pater et dominus dominus frater Gualpertinus,Dei et apostolicae sedis gratia, abbas Sancte Iustine de Paduain pleno et generali cap<strong>it</strong>ulo monasterii et conventus predicti. In quocap<strong>it</strong>ulo fuerunt frater Petrus de Montesilice prior tunc claustralis, fraterMarchus de Caudalonga, frater Iacobus de Casali, frater GuillelmusCanaula, frater Gualpertinus domini Oliverii, frater Raynerius Aseta,frater Parinus Caseta, frater Nicoletus de Montegro, frater Daniel Oneboni,fratres et monaci dicti monasterii qui sunt plus quam due partesdicti conventus».48ASP, Corona, part. 2209, f. 41v: era presente come testimone fra Giovanni,monaco di Santo Stefano di Carrara.49ASP, Corona, part. 2209, f. 47v-48r.50ASP, S. Giustina, 98, P. I, f. 3r-10v.51ASP, S. Giustina, 98, P. I, f. 3r-10r.52ASP, S. Giustina, 140, f. 5r-8r.53ASP, S. Giustina, 140, f. 9r-11r.54ASP, S. Giustina, 140, f. 13r-15v.55A. SIMIONI, Storia di Padova dalle origini alla fine del secolo XVIII, Padova1968, p. 561-568.56ASP, S. Giustina, 98, f. 323v.57ASP, Corona, part. 1642.58Per un quadro d’insieme degli studi sull’abate Ludovico Barbo esulla sua congregazione rinvio ai miei seguenti studi: Ludovico Barboe S. Giustina. Contributo bibliografico. Problemi attinenti alla riformamonastica del Quattrocento, Roma 1983 (Pontificia Univers<strong>it</strong>as Lateranensis.Theses ad doctoratum in S. Theologia), p. 3-135; Decadenza erinasc<strong>it</strong>a dei monasteri veneti nel basso medioevo, in Il monachesimo nelVeneto medioevale. Atti del Convegno di studi in occasione del Millenariodi fondazione dell’Abbazia di S. Maria di Mogliano Veneto (Treviso),30 novembre 1996, a cura di F.G.B. TROLESE, Cesena, 1998 (Italia benedettina,17), p. 169-199.59TROLESE, Ludovico Barbo e S. Giustina, p. 213-228.60A. GLORIA, Della agricoltura nel Padovano. Leggi e cenni storici, I, Pado-66


<strong>LA</strong> PRESENZA DEI MONACI <strong>DI</strong> SANTA GIUSTINA A <strong>LEGNARO</strong> E NEL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong>va 1855, p. 196-197.61Cfr. ASP, S. Giustina, 98, P. I, f. 115r-189v, f. 275v.62Un piccolo fenomeno di immissione di contadini milanesi si ebbeanche nel tenimento di Correzzola, per questo si veda G. DE SANDREGASPARINI, Contadini, chiesa, confratern<strong>it</strong>a in un paese veneto di bonifica.Villa del Bosco nel Quattrocento, Verona 1987 (ristampa con un’introduzionedell’edizione pubblicata a Padova 1979), p. 78, 84.63ASP, S. Giustina, 98, P. I, f. 88r e v.64ASP, S. Giustina, 98, P. I, f. 89r-90r.65ASP, S. Giustina, 98, P. I, f. 91r-92v: «colligere in futurum ipsam decimamin campo vel locare eam ad ipsorum lib<strong>it</strong>um prout melius et utiliusvideb<strong>it</strong>ur ipsis monasterio et monacis».66ASP, S. Giustina, 140, f. 262r e v.67ASP, S. Giustina, 140, f. 262r e v: la risposta fu notificata agli avvocatidelle due parti il 28 maggio 1462 dal podestà Jacopo Loredan.68ASP, S. Giustina, 140, f. 206r-213v.69ASP, S. Giustina, 140, f. 262r-263v.70Secondo le testimonianze l’abate «fec<strong>it</strong> et decrev<strong>it</strong> quod possessionesdicte ville Lignarii et Insule darentur laboratoribus ad laborandum, cumhoc quod dicti laboratores eius et v<strong>it</strong>a sua que in melioramentis, tamcamporum quam etiam edifficiorum habebant et habere, possent vendereet alienare et in dotem dare secundum quod habebant et faciebantante guerram et temporibus pristinis (f. 275v) […] Non est verisimilequod dictus dominus Ludovicus abbas cum esset perfecte conscientie etvir bonus et sanctus, ut opere demonstrarunt in morte sua, dix<strong>it</strong>que dictishominibus dicte ville aliquid mendacium et maxime causa accipiendabona eorum, nec aliquid eorum ius, immo est presumendum ipsumdixisset puram et meram ver<strong>it</strong>atem, et fuisse et esse verum eo quod operedicebat (f. 277r)»: ASP, S. Giustina, 98, P. I, f. 273r-277v.71ASP, S. Giustina, 98, p. 274v.72Cfr. C. EUBEL, Hierarchia catholica Medii Aevi, II, Monasterii 1914 2 (=Patavii 1960), p. 264.73Il Dal Cortivo fu presente – assieme ai compaesani Biagio fu Antonio,Orsato fu Gerardo, Biagio di Antonio detto Regnino, al p<strong>it</strong>tore Giovannidel fu Gerardo da Padova, Maffino da Gallarate del fu Ardigolo, fattore– nella cappella vicina alla camera di residenza dell’abate di SantaGiustina il 13 agosto 1445 quando il monaco Sebastiano, già chiamatoGiovanni Francesco da Fano del fu Simone da Fano, prima di emetterela sua professione religiosa rinunciò ai propri beni in favore del fratelloLudovico: ASP, S. Giustina, 444, pergamena inserta alla fine.74Il sacerdote veneziano era ancora t<strong>it</strong>olare del beneficio curato nel 1489,quando il vescovo Pietro Barozzi si recò in vis<strong>it</strong>a pastorale: P. GIOS, L’attiv<strong>it</strong>àpastorale del vescovo Pietro Barozzi a Padova (1487-1507), Padova1977 (Fonti e ricerche di storia ecclesiastica padovana, 8), p. 390.75ASP, Corona, part. 2216 f. 1r-2v: Francesco del fu Martinello e i suoifratelli nel rinnovare il contratto di aff<strong>it</strong>to dichiararono che non condiviserola sollevazione degli altri contadini contro il dir<strong>it</strong>to di decima delmonastero, ma «semper fuerunt, et de cetero esse volunt et intendunt,laboratores ac veri et leg<strong>it</strong>imi serv<strong>it</strong>ores dicti monasterii et dominorummonacorum ipsius» ; ASP, S. Giustina, 140, f. 27r-33r.; ASP, S. Giustina,141, f. 237r.76ASP, S. Giustina, 98, f. 335v.77ASP, Corona, part. 2217, f. 10r-11v.78ASP, Corona, part. 2217, f. 12r-14r. Alla stipula del contratto parteciparono,tra gli altri, in qual<strong>it</strong>à di testimoni il p<strong>it</strong>tore Bernardino da Parenzo,impegnato in quell’anno nella decorazione del Chiostro Maggiore diSanta Giustina, e il lapicida Jacopo del fu Francesco. Per la famiglia Violaparteciparono i fratelli Bernardino, Matteo e Paolo, del fu Mainerio; glialtri tre fratelli accettarono l’accordo in date diverse: Brigo e Girolamo il18 febbraio con il cellerario Antonino da Milano (f. 14 r-v); Domenico il27 aprile alla presenza del notaio Gaspare del fu Giovanni Francesco daBovolenta (f. 14v-15r). Sul p<strong>it</strong>tore da Parenzo si vedano: M.P. BIL<strong>LA</strong>NOVI-CH, Una miniera di epigrafi e di antich<strong>it</strong>à. Il chiostro maggiore di S. Giustinaa Padova, «Italia medioevale e umanistica», 12(1969), p. 197-293; EAD.– G. MIZZON, Capodistria in età romana e il p<strong>it</strong>tore Bernardino Parenzano,«Italia medioevale e umanistica», 14(1971), p. 249-289; A. DE NICOLÒSALMAZO, Bernardino Parenzano e le storie di S. Benedetto del chiostromaggiore di S. Giustina, in I benedettini a Padova, p. 89-115, 272-287.79ASP, Corona, part. 2217, f. 32v-34r.80ASP, S. Giustina, 142, f. 204v-206r.81La sentenza fu emessa il 13 gennaio 1481: ASP, S. Giustina, 142, f. 192r-204r. Nella fase del processo davanti al podestà di Padova furono esib<strong>it</strong>ii conti della fattoria c<strong>it</strong>tadina del monastero del 1406 e del 1417, mentrein un’altra fase del dibatt<strong>it</strong>o, tenuto a Venezia, si era affermato che daoltre un secolo tali conti erano stati smarr<strong>it</strong>i (f. 194r).82ASP, S. Giustina, 140, f. 309r.83ASP, S. Giustina, 140, f. 101v-102r; ASP, S. Giustina, 141, f. 102v-104r.84ASP, Corona, part. 2216, f. 21v.85ASP, S. Giustina, 141, f. 113r: «Non erat de more dicti monasterii SancteIustine expellere laboratores suos attendentes ad solvendum eorum affictus».86ASP, Corona, part. 2215, f. 16r-17r.87ASP, Corona, part. 2215, f. 31r-32v: il documento contiene la notizia cheAntonio dal Cortivo aveva ottenuto dal monastero, in aff<strong>it</strong>to, nel 1450ben 100 campi a Legnaro.88ASP, Corona, part. 2215, f. 26r-29r.89Per un approfondimento sul genere dei contratti parziari nelle terre diSanta Giustina si veda P. PRETO, Un contratto di colonìa parziaria a Correzzolanel 1571, in S. Benedetto e otto secoli, p. 151-170.90ASP, S. Giustina, 141, f. 71r-72v.91ASP, S. Giustina, 141, f. 72r-v.92ASP, S. Giustina, 141, f. 72r-v.93L’abate Pietro da Bergamo il 28 agosto 1507 durante una fase dibattimentaledi un processo intentato da Benedetto Toniolli contro il monastero,mentre affermava che gli argomenti esposti dalla parte oppostaerano da respingere, confessò d’aver diretto l’economia di Santa Giustina,in qual<strong>it</strong>à di cellerario, per trent’anni: ASP, S. Giustina, 141, f. 97v.94ASP, S. Giustina, 141, f. 100r-v: durante la controversia furono escussepiù persone dall’una e dall’altra parte. L’avvocato Daniele Oppizzonidifensore del Toniolli affermò il 26 agosto 1507 che i campi lavoratidall’assist<strong>it</strong>o erano in origine, cioè oltre 100 anni prima, boschivi, vallivi,vegri e del tutti improduttivi, com’erano quasi tutti i terreni del paese diLegnaro: se erano diventati fertili lo si doveva al lavoro del suo assist<strong>it</strong>o. Itestimoni esib<strong>it</strong>i dal monastero, cioè in proprio favore, furono Francescodel fu Regino Billioti da Polverara, Giovanni Billioto del fu Giovannida Ponte San Nicolò. Mentre in favore del Toniolli si espresse Matteo67


FRANCESCO G.B. TROLESEBenimpensa del fu Marco, causidico: ASP, S. Giustina, 141, f. 98r-113r.95ASP, S. Giustina, 141, f. 121r.96ASP, S. Giustina, 141, f. 402, pergamena inserta.97A. STEL<strong>LA</strong>, Esperienze agrarie e sociali dei benedettini padovani nella primametà del ’700, «Benedictina», 13(1959), p. 290 nota 35.98STEL<strong>LA</strong>, Esperienze agrarie, p. 289.99A. GLORIA, Dell’agricoltura nel Padovano. Leggi e cenni storici, II, Padova1855, p. 370.100La c<strong>it</strong>azione testuale è ricavata da STEL<strong>LA</strong>, Esperienze agrarie e sociali,p. 290.101ASP, S. Giustina, 560, dis. 4-24.102PEPI, Cenni storici, p. 399.103STEL<strong>LA</strong>, Esperienze agrarie e sociali, p. 281-309; ID., I beni fondiari diS. Giustina prima e dopo la secolarizzazione. Dall’economia parziaria allagrande azienda, «Memorie dell’Accademia patavina di scienze, lettereed arti. Classe di scienze morali», 76(1963-64), p. 93-109; ID., Bonifichebenedettine e precap<strong>it</strong>alismo veneto tra Cinque e Seicento, in S. Benedetto eotto secoli, p. 171-193; ID., V<strong>it</strong>a economica nei monasteri del ’700 dell’areaveneta, in Settecento monastico <strong>it</strong>aliano. Atti del I Convegno di studi storicisull’Italia benedettina, Cesena 9-12 settembre 1986, a cura di G. FARNE<strong>DI</strong> eG. SPINELLI, Cesena 1990 (Italia benedettina, 9), p. 513-522.104La ricostruzione di un centro demico, per la quasi total<strong>it</strong>à possedutodall’abbazia di Santa Giustina, viene ampiamente ricostru<strong>it</strong>o sulla basedella documentazione archivistica di origine giustiniana da DE SANDREGASPARINI, Contadini, chiesa.105ASP, S. Giustina, 553, inserto B, f. 1v.106G. SILVANO, Padova democratica (1797). Finanza pubblica e rivoluzione,Venezia 1996 (Ricerche), p. 149.107ASP, S. Giustina, 560, dis. 4-24.108SILVANO, Padova democratica, p. 1147-150.109SILVANO, Padova democratica, p. 150.110G. TREVISAN, Proprietà e impresa nella campagna padovana all’inizio dell’Ottocento,Venezia 1980 (Collana di studi storici sociali ed economicisul Veneto, 1), p. 10.111TREVISAN, Proprietà e impresa, p. 46.112TREVISAN, Proprietà e impresa, p. 52.113TREVISAN, Proprietà e impresa, p. 54.114TREVISAN, Proprietà e impresa, p. 68.115PADOVA, ABBAZIA <strong>DI</strong> S. GIUSTINA, ARCHIVIO STORICO (d’ora in poi PASA-SG), Libro degli uffiziali ed ordini del monastero dall’anno 1695 sino al 1723,19, f. 15r-16r.116F.L. MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur, conserveturet custodiatur». Vis<strong>it</strong>e pastorali degli abati di S. Giustina in Padova alleparrocchie dipendenti (1534-1791), Padova 1998 (Fonti e ricerche di storiaecclesiastica padovana, 26), p. 41-85.117ASP, S. Giustina, 553, inserto B, f. 2r.118MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 54.119ASP, S. Giustina, 553, inserto B, f. 2v.120MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur»; per i rapport<strong>it</strong>ra l’abbazia e il vescovado in tema di parrocchie soggette alla doppiagiuris-dizione si veda anche F.G.B. TROLESE, Il vescovo Barbarigo e gliordini religiosi: casi significativi di un rapporto travagliato, in GregorioBarbarigo patrizio veneto, vescovo e cardinale nella tarda controriforma(1625-1697). Atti del Convegno di studi, Padova 7-10 novembre 1996, acura di L. BIL<strong>LA</strong>NOVICH e P. GIOS, Padova 1999 (San Gregorio Barbarigo.Fonti e ricerche, III/2), p. 867-934.121PADOVA, ACCADEMIA GALILEIANA <strong>DI</strong> SCIENZE, LETTERE ED ARTI, Catasticoverde, ex ms. 43 dell’Archivio Papafava, f. 19r.122ASP, Corona, part. 2208, f. 24r.123ASP, Corona, part. 2208, f. 24r: l’atto fu perfezionato dal monaco Zanino;sub<strong>it</strong>o dopo il monaco amministratore si recò ad Isola dell’Abbàdove sotto il portico della chiesa contrasse un altro aff<strong>it</strong>to; l’indomanisotto il portico della caminata del sacerdote Alberto cappellano dellachiesa di Legnaro stipulò un altro aff<strong>it</strong>to: Ibid., f. 25 r.124ASP, Corona, part. 2208, f. 28r.125ASP, Corona, part. 2209, f. 42v.126ASP, Corona, part. 2209, f. 43r.127ASP, Corona, part. 2209, f. 42v: erano tre campi e un quarto s<strong>it</strong>uati aIsola dell’Abbà.128ASP, Corona, part. 2209, f. 43r e v.129ASP, S. Giustina, 570, perg. 12.130ASP, S. Giustina, 570, perg. 20.131ASP, S. Giustina, 14, f. 9r: a tale conferimento partecipò, in qual<strong>it</strong>à d<strong>it</strong>estimone, l’abate Andrea di San Michele di Pola.132ASP, S. Giustina, 14, f. 10r.133ASP, S. Giustina, 14, f. 69r.134PADOVA, ARCHIVIO DEL<strong>LA</strong> CURIA VESCOVILE, Diversorum, 14, f. 23r:devo la notizia all’amico dott. Donato Gallo che sent<strong>it</strong>amente ringrazio.135ASP, S. Giustina, 14, f. 111v; sulla figura del sacerdote Marco da Clessi veda P. SAMBIN, Ricerche di storia monastica medioevale, Padova 1959(Miscellanea erud<strong>it</strong>a, 9), p. 75-83.136ASP, S. Giustina, 15, f. 108r.137MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 42.138ASP, S. Giustina, 16, f. 4r.; Ibid., 20, f. 14r-15r.139ASP, S. Giustina, 20, f. 15r.140ASP, S. Giustina, 570, perg. 27.141ASP, S. Giustina, 570, perg. 24.142Il sacerdote padovano era stato membro della delegazione veneziana,cap<strong>it</strong>anata da Andrea Donato e Gian Francesco di Capodilista, che siera recata al concilio di Basilea dal 1433 al 1435 per diffendere le ragionidella Repubblica, per questo si veda: A. GATARI, Diario del Concilio diBasilea, 1433-1435, in Concilium Basiliense, V, Basel 1904 (ripr. anast.Nendeln 1976), p. 378, 429, 430; A. NIERO, L’azione veneziana al conciliodi Basilea (1431-1436), in Venezia e i concili, Venezia 1962 (Quaderni delLaurentianum, 1), p. 3-46.143ASP, Corona, part. 2212, f. 14r e v: la presa di possesso del beneficio fuperfezionata nella chiesa di San Biagio il 4 giugno successivo dal decanodi Santa Giustina Eugenio da Liegi alla presenza di Andrea del fu Francescoe di Andrea suo figlio, ambedue sarti, di Serafino del fu GiovanniBono e di Antonio di Francesco V<strong>it</strong>tori, rustici e ab<strong>it</strong>anti di Legnaro.144ASP, Corona, part. 2212, f. 16v-17r: Eugenio da Liegi immise nell’ufficioin San Biagio il sacerdote veneziano il 21 giugno alla presenza delmugnaio Antonio del fu Francesco da Legnaro del Vescovo, massarodella chiesa, Bartolomeo del fu Francesco, sarto, e Giovanni del fu GiacomoCarraro, tutti ab<strong>it</strong>anti di Legnaro dell’Abate.145ASP, Corona, part, 2211, f. 21r.68


<strong>LA</strong> PRESENZA DEI MONACI <strong>DI</strong> SANTA GIUSTINA A <strong>LEGNARO</strong> E NEL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong>146ASP, S. Giustina, 20, f. 14v.147ASP, S. Giustina, 383, perg. 840, alla data: tra gli altri era testimoneanche il professore univers<strong>it</strong>ario Cristoforo Barzizza, docente nello Studiodi Padova, il quale era intervenuto in Santa Giustina anche ad unaltro atto del 19 gennaio 1437, sempre per Caterina Ordelaffi, Ibid., perg.839. Sui contatti tra il Barzizza e l’abbazia si veda P. SAMBIN, Barzizza,Cristofaro, in Dizionario biografico degli Italiani, 7, Roma 1965, p. 32-34.148PADOVA, BIBLIOTECA DEL SEMINARIO VESCOVILE, cod. 504, f. 34v-35v.149ASP, Archivio Notarile, 1349, f. 144r, 146r.150ASP, S. Giustina, 140, f. 220r e v: il sacerdote veneziano è attestato nell’ufficioanche nei giorni 19-23 marzo 1461, Ibid., f. 211.151ASP, S. Giustina, 140, f. 260r.152GIOS, L’attiv<strong>it</strong>à pastorale, p. 390.153ASP, Corona, part. 2217, f. 34v.154ASP, Corona, part. 2215, f. 62r e v. Il vescovo Barozzi durante la vis<strong>it</strong>apastorale a Legnaro del 1489 raccolse, con piacere, lusinghieri giudizi sull’integr<strong>it</strong>àdi v<strong>it</strong>a del sacerdote: GIOS, L’attiv<strong>it</strong>à pastorale, p. 162 nota 121.155MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 48.156ASP, S. Giustina, 554, inserto a stampa 1762, p. 3-5.157MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 93, 68.158MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 72, 132.159MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 147.160MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 54.161MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 77; i due vicarierano già a Legnaro il 31 ottobre 1632: ASP, S. Giustina, 554, inserto astampa 1762, p. 24. Il Gaio era stato eletto nel 1625, come afferma unasentenza del Pien Collegio veneziano che gli riconobbe il 5 dicembre1635 il dir<strong>it</strong>to di percepire 60 ducati annui di pensione: ASP, S. Giustina,554, inserto a stampa 1762, p. 25.162MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 24-25, 147-148;il Fasolo il 28 ottobre 1694 era ancora in esercizio: Ibidem, p. 122; perun approfondimento sulla figura del santo vescovo e sul suo impegno diriforma della diocesi si veda il volume Gregorio Barbarigo patrizio veneto,vescovo e cardinale nella tarda controriforma (1625-1697). Atti del Convegnodi studi, Padova 7-10 novembre 1996, a cura di L. BIL<strong>LA</strong>NOVICH e P. GIOS,Padova 1999 (San Gregorio Barbarigo. Fonti e ricerche, III/2).163MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 44, 73: ilBologna in occasione della vis<strong>it</strong>a dell’abate Massimo Gervasi, 28 ottobre1694, era il secondo dei vicari: Ibidem, p. 122.164Cfr. MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 56-60.165MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 73.166MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 149.167F.G.B. TROLESE, L’abbazia di S. Giustina durante il secolo XVIII, in Settecentomonastico, p. 175 nota 50.168MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 66. Il DalZotto da Cogollo della diocesi di Padova era stato immesso nel ruolodi vicario il 3 giugno 1791 dall’abate Attilio Calini a causa della mortedi Matteo dal Zotto avvenuta il precedente 23 maggio. Il nuovo vicarioera stato da ben 16 anni cappellano a Legnaro: PASASG, Libro degli attiabbaziali delle chiese dall’anno 1705 sino al 1757, 24, f. 79r.169MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 85.170C. BELLINATI, A. BAL<strong>DI</strong>N, Vis<strong>it</strong>e pastorali nella diocesi di Padova (1422-1931). Studio introduttivo e indice delle parrocchie, Padova 1973 = Supplementon. 2 al «Bollettino diocesano di Padova», LVIII(1973), p. 70.171GIOS, L’attiv<strong>it</strong>à pastorale, p. 199 nota 2.172MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 17-34.173TROLESE, L’abbazia di S. Giustina, p. 198-199.174MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 77, 86, 92, 94,103-104, 105, 132, 135, 195.175MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 24-25, 117, 258:il paese era popolato da 1.900 residenti.176MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 122, 258:Legnaro era ab<strong>it</strong>ato da 2.300 persone.177MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 258: la parrocchiaannoverava 1.800 anime da comunione.178MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 149, 258: gliab<strong>it</strong>anti di Legnaro il 27 ottobre erano 1.700.179MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 56, 95, 121,130, 149.180TROLESE, L’abbazia di S. Giustina, p. 196-197.181MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 121.182MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 64 nota 93.183TROLESE, Il vescovo Barbarigo e gli ordini religiosi, p. 890 nota 127.184La norma era stata imposta dall’abate Pietro Vecchia in occasionedella vis<strong>it</strong>a esegu<strong>it</strong>a il 16 agosto 1671: MASCHIETTO, «Ut grex dominicussalubr<strong>it</strong>er regatur», p. 117.185PASASG, Atti abbaziali, 24, f. 1.186PASASG, Atti abbaziali, 25, f. 51.187PASASG, Atti abbaziali, 25, f. 65.188PASASG, Atti abbaziali, 25, f. 197.189ASP, S. Giustina, 554, f. 1r-10v. La «Vacchetta della fabbrica di S. Biasio,che mostra la prattica tenuta da massari nel riparare la chiesa, e provvederede supellettili la sagrestia col solo prezzo del frumento, o entrate delbenefizio, che per tale sono costretti in oggi confessare li odierni massari,e che mostra ad evidenza essere stato sostanzialmente il monastero cheattese a così fatti ristauri e provvedimenti, ed anco maggiori colle propriesue entrate, come in questi anni che corrono» (f. 1r).190ASP, S. Giustina, 554, f. 11r-12r.191ASP, S. Giustina, 554, nº 3, f. 25r.192Cfr. G. RONCI, Messale, in Enciclopedia cattolica, VIII, C<strong>it</strong>tà del Vaticano1952, col. 836-838.193MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 119.194ASP, S. Giustina, 554, inserto a stampa 1762, p. 58-60, 72.195ASP, S. Giustina, 554, inserto a stampa datato 1796, p. 44-49.196TREVISAN, Proprietà e impresa, p. 89.197TREVISAN, Proprietà e impresa, p. 101.198«MCCCCLVII, indictione V, die XI mensis iunii, in villa Lignarii DominiAbbatis, Paduani districtus, in contracta Plathearum, in domo magnadomini abbatis Sancte Iustine». La menzione della residenza abbazialein Legnaro avviene all’interno di un atto di riconoscimento delleproprietà del monastero da parte di Antonio de Zuane detto Boscarinida Legnaro de messer l’Abà. Il Boscarini aveva seminato sui campi delmonastero 4 campi di frumento, due campi de grana, due campi di segala:ASP, S. Giustina, 98, P. I, f. 231r.199ASP, S. Giustina, 140, f. 222v.200ASP, S. Giustina, 140, f. 216r e v.69


FRANCESCO G.B. TROLESE201ASP, S. Giustina, 98, f. 330.202ASP, S. Giustina, 142, f. 192r-198r: le sue annotazioni sui registri difattoria avevano modificato la natura dei rapporti sui terreni concessi aiDal Cortivo nel 1450, dalla condizione di aff<strong>it</strong>to era stati mutati in livelli.Il podestà prima in data 28 maggio 1478 e il Consilio veneziano deiQuaranta il 13 gennaio 1480 si pronunciarono in favore del monastero,dichiarando i fondi concessi in aff<strong>it</strong>to.203ASP, S. Giustina, 140, f. 206r-213r.204ASP, S. Giustina, 141, f. 101r.205ASP, S. Giustina, 141, f. 139r.206ASP, S. Giustina, 554, inserto a stampa 1762, p. 17.207ASP, Corona, part. 2215, f. 16r-17r, 59v.208Cfr. ASP, S. Giustina, 141, f. 71r: un accordo viene sottoscr<strong>it</strong>to il 24marzo 1506 «In villa Lignarii Domini Abbatis, in gastaldia reverendimonasterii Sancte Iustine, in una camera dicta pedem planum cubicularireverendorum monacorum».209ASP, S. Giustina, 141, f. 101r: «ante vestibulum seu porticu ipsiusdomus».210ASP, Corona, part. 2215, f. 63r e v.211ASP, S. Giustina, 140, f. 319r.212F.G.B. TROLESE, San Giorgio di Rovolon. Una chiesa donata a SantaGiustina di Padova, cenni storici di un rapporto secolare, in F. HOLZER,Rovolon, amore per una terra, Padova 1997, p. 47-63.213CAVACIUS, Historiarum coenobii, p. 229; R. PEPI, Cenni storici sullabasilica e sulla badia di S. Giustina, in La basilica di Santa Giustina.Arte e storia, Castelfranco Veneto 1970, p. 372; per le proprietà delmonastero diffuse sul terr<strong>it</strong>orio padovano si vedano le sintesi di: F.ZECCHIN, Il patrimonio fondiario di S. Giustina nell’epoca moderna,agricoltura, amministrazione, arch<strong>it</strong>ettura, in I benedettini a Padova, p.149-163, 292-295; E. BANDELLONI, F. ZECCHIN, I benedettini di SantaGiustina nel basso Padovano. Bonifiche, agricoltura e arch<strong>it</strong>ettura rurale,Padova 1980 2 ; sulla stessa realtà agraria si veda anche La corte benedettinadi Correzzola. Documenti e immagini, a cura di G. BOREL<strong>LA</strong>, D.BORGATO, M. C. LOVISON, R. MARCATO, Correzzola, Padova 1982; perun quadro d’insieme sull’argomento si veda La bonifica benedettina,Roma 1963.214A. GLORIA, Terr<strong>it</strong>orio padovano illustrato, III, Padova 1862, p. 276.215MASCHIETTO, «Ut grex dominicus salubr<strong>it</strong>er regatur», p. 37 nota 66.216PASASG, Atti abbaziali, 25, f. 110.217PASASG, Elenco di tutti i nomi dei defunti che sono seppell<strong>it</strong>i nel monasteroe nel tempio di S. Giustina: 1511-1628, b. 36, 5, f. 59r.218PASASG, Elenco di tutti i nomi, f. 71v.219PASASG, Elenco di tutti i nomi, f. 77v.220ASP, S. Giustina, 554, fasc. 3, f. 18r-25v.221PASASG, Atti abbaziali, 18, f. 1, 6, 13, 19, 24, 29.222PASASG, Atti abbaziali, 18, f. 31.223PASASG, Atti abbaziali, 18, f. 39.224PASASG, Atti abbaziali, 18, f. 48.225PASASG, Atti abbaziali, 18, f. 48, 54, 58, 64, 68, 73, 80.226PASASG, Atti abbaziali, 18, f. 79-80, 84, 107, 128, 264.227PASASG, Atti abbaziali, 18, f. 273.228PASASG, Atti abbaziali, 19, f. 11r.229PASASG, Atti abbaziali, 19, f. 33r.230PASASG, Atti abbaziali, 20, f. 27, 34, 45v.231PASASG, Atti abbaziali, 20, f. 55r, 65r, 74v, 82r.232PASASG, Atti abbaziali, 20, f. 96r, 103v, 118r, 123v, 129r, 135v.233PASASG, Atti abbaziali, 25, f. 65.234PASASG, Atti abbaziali, 20, f. 146r, 152v.235PASASG, Atti abbaziali, 20, f. 158r, 164r.236PASASG, Atti abbaziali, 20, f. 172v, 176r.237PASASG, Atti abbaziali, 21, f. 6.238PASASG, Atti abbaziali, 21, f. 6, 20.239PASASG, Atti abbaziali, 21, f. 36.240ASP, S. Giustina, 560, dis. 4-24.241Le dimensioni del locale, giusta un contratto di cottimo del 17 luglio1824, erano di 42 metri di lunghezza e 11,15 metri di larghezza, per unasuperficie di 56 metri quadri: ASP, Archivi privati, Pivetta, 281, fasc. 2137,filza 120, alla data.70


Luigi Destro – Mauro RoncadaL’intervento di restauro da partedella Regione del Veneto – Genio civiledi Padova<strong>LA</strong> STORIA RECENTELegnaro, tranquillo centro ab<strong>it</strong>ato storicamente e tradizionalmentea struttura economica essenzialmenteagricola, ha sub<strong>it</strong>o nell’ultimo secolo, come del restotutti i paesi vicini ai grandi centri industriali, trasformazionirapidissime ed essenziali, perdendo un po’alla volta per strada i propri valori identificativi, siasociali che culturali, o meglio relegandoli in un angolinoper mirare al benessere tipicamente e puramenteeconomico/fisico dei c<strong>it</strong>tadini, finendo per diventareparte di una enorme periferia urbana, tutta uguale eduniforme, in una parola anonima.Fin<strong>it</strong>o il tempo dello sviluppo forzato, a nome del benesserea tutti i costi, sicuramente necessario quanto purtroppoincontrollato, nasce per Legnaro, così come pergli altri centri in Italia nelle stesse condizioni, l’esigenzadi recuperare parte della propria storia, rimediandose possibile almeno in parte allo sfacelo urbanisticodettato dalla fretta tipica del secolo della rivoluzioneindustriale <strong>it</strong>aliana, rivolgendo l’attenzione al recuperodi un complesso da sempre centro economico e di v<strong>it</strong>asociale e culturale, quasi a riscattare anni di sottovalutazionee trascuratezza delle componenti culturale emorale della v<strong>it</strong>a.Il centro di questa attenzione è ovviamente l’ex Cortebenedettina, complesso edilizio di grande valore storico-monumentale,risalente come nucleo originario alXV secolo, da recuperare come centro della v<strong>it</strong>a socialedei Legnaresi.Il complesso edilizio, già di proprietà dei Camerini edal 1934 dell’Ente Tre Venezie ed ora, con la soppressionedell’Ente, della Regione del Veneto, acquistaallora un enorme interesse, e d’improvviso si sente ilbisogno del suo recupero; diviene quasi il simbolo diuna r<strong>it</strong>rovata coscienza collettiva verso i valori dellacultura, come se il suo riutilizzo come centro della v<strong>it</strong>asociale del paese cost<strong>it</strong>uisse premessa fondamentale,visibile e tangibile, di un progetto generale di recuperodell’intero terr<strong>it</strong>orio.La parte più difficile in questi casi è quella di trovareun utilizzo del bene recuperato che sia compatibile conla sua storia e con il suo passato, pur in un contestoambientale fortemente modificato rispetto allo stesso71


LUIGI DESTRO – MAURO RONCADApassato. Per quanto riguarda la Corte benedettina, centroproduttivo di origine agricola, da sempre al centrodella v<strong>it</strong>a economica di Legnaro, occorreva programmareun riuso degli spazi interni tale da non falsare mabensì evidenziare le componenti arch<strong>it</strong>ettoniche delsistema, in modo da lasciare alla storia il senso del suouso nel passato: chiunque avrebbe dovuto percepirel’util<strong>it</strong>à attuale ma contemporaneamente intravedere ildisegno originario.In data 29.11.1983 la Giunta regionale dispose per laredazione di un piano-progetto per il recupero dellaproprietà, che secondo la volontà di allora avrebbedovuto essere utilizzata come archivio regionale e nel1984 fu avviata l’elaborazione di un progetto di fattibil<strong>it</strong>àper il restauro storico arch<strong>it</strong>ettonico dell’immobile,con l’ipotesi di un suo riuso tale da essere di nuovo catalizzatoredella v<strong>it</strong>a sociale e culturale dei Legnaresi.Infatti nel 1986 fu approvato il progetto generale di fattibil<strong>it</strong>à,che prevedeva sempre l’ipotesi di realizzazionedi un archivio regionale, con una spesa di 10 miliardi dilire ma, fondamentale, la concessione in uso al Comunedi Legnaro della parte più antica del complesso immobiliare,con destinazione biblioteca pubblica, centro culturalee centro sociale diurno per anziani.In una fase successiva, tuttavia, in considerazione delleattiv<strong>it</strong>à che si sarebbero sviluppate a Legnaro con larealizzazione del nuovo polo tecnologico Agripolis,la Giunta regionale, con provvedimento n. 743/INFdel 30.05.1989, si pronunciò a favore di una nuovadestinazione d’uso dell’immobile, da collegarsi con leiniziative di Agripolis.Mantenendo allora l’impegno con il Comune di Legnaro,a livello funzionale si divise allora il complessoedile in quattro parti: una destinata all’animazionescientifica ed organizzativa, una destinata ad aree didimostrazione e diffusione delle informazioni, unaterza al soggiorno degli operatori, dei ricercatori e deiformatori e la quarta in uso al Comune di Legnaro perattiv<strong>it</strong>à sociali – biblioteca, centro culturale – al fine dimantenere un collegamento forte con la popolazionelocale e favorire l’integrazione nel terr<strong>it</strong>orio del nuovoinsediamento tecnico scientifico.<strong>LA</strong> SITUAZIONE <strong>DI</strong> PARTENZAL’edificio, ubicato nelle vicinanze di Agripolis, Parcoscientifico per le tecnologie agricole, si articola in unnucleo più antico, a forma di “L”, risalente al XV secolo,con le due ali disposte a Nord ed a Est, sulla primadelle quali si innestano due corpi costru<strong>it</strong>i successivamente,la filanda ad Ovest e la stalla-fienile a Sud.La Regione del Veneto, proprietaria dell’immobile,in considerazione di quanto sopra affermato, ovverodell’espressa volontà di contestualizzare il recuperodella corte mediante lo studio di un riuso tale da coinvolgerela c<strong>it</strong>tadinanza di Legnaro, ha concesso in usoal Comune di Legnaro la palazzina Nord ed il lato Est(sino alla zona porticata) del complesso edile, ovvero ilnucleo insediativo originario della Corte.La palazzina lato Nord, di circa 4900 m 3 , si componedi un piano terra di 8 vani più servizi, per circa 320 m 2 ,di un cantinato formato da due sale con volta a botte eda un primo piano cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da un sottotetto a capriate,aventi imposta a soli 1.90 m; il corpo Est, di 260m 2 di superficie coperta, è invece cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o – sino alporticato – da due edifici a due piani, adib<strong>it</strong>i ad ufficied alloggio del custode: al piano terra è formato da 4vani con antistante portico ed al primo piano presumibilmenteosp<strong>it</strong>ava sin dal 1400 le celle dei monaciresidenti (n. 6 vani), collegate da un ampio corridoiocon soff<strong>it</strong>to a volta.L’altra porzione dell’edificio, in parte usata come stallaper i cavalli, si compone di un locale di circa 100 m 2 siaal piano terra che al primo piano, e di altri locali (4 +4) di servizio, più il vano scale, per un totale di 170 m 2circa. In tutto circa 3000 m 3 .I due blocchi Nord ed Est sono collegati tra di loroall’esterno, lato via Roma, attraverso un porticato cheprotegge l’accesso al complesso edile, a cui si accedeattraverso una gradinata od una rampa.Continuando il blocco Est, verso Sud, si apre unampio porticato, rivolto verso la Corte, utilizzato comericovero attrezzi agricoli, realizzato nel XVIII secolo, adun solo piano, presentante copertura in capriate fortementedegradate, probabilmente a causa di un vecchio72


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO DA PARTE DEL<strong>LA</strong> REGIONE DEL VENETO – GENIO CIVILE <strong>DI</strong> PADOVAincendio che deve avere parzialmente interessato ilcorpo di fabbrica.Proseguendo invece dal blocco Nord verso Ovest,adiacente al blocco stesso è stato realizzato, sempre nelXVIII secolo, un edificio di grandi dimensioni, al finedi contenere e conservare granaglie e, al piano terra– completamente aperto – di ricoverare attrezzi e, piùrecentemente, anche accatastare balle di fieno.Adiacenti ai nuclei storici, nel XIX secolo sono stati realizzatidue nuovi corpi di fabbrica: le filande, di direzioneNord-Sud, a separare la vecchia corte dall’antico brolo, ele stalle, aventi accesso diretto dal brolo stesso. Il brolo,altro elemento caratterizzante la corte benedettina, fucompletamente recintato con un muro in mattoni dell’altezzadi circa 3 m, ancora nel XVII secolo, come dimostrauna lapide posta in prossim<strong>it</strong>à delle vecchie stalle.IL FINANZIAMENTOPer quanto probabilmente sapere da dove arrivanoi soldi per il restauro del bene non sia poi di grandeinteresse, appare corretto porre l’accento su chi abbiacreduto nell’impresa, destinando alla stessa le risorsenecessarie, con un pizzico di coraggio.Per il riuso del bene fu elaborato a cura della Regioneun progetto generale, datato novembre 1989, che prevedevaun importo complessivo di spesa pari a lordeL. 16.198.188.600.= e che comprendeva altresì duestralci esecutivi – 1° e 2° lotto – per l’importo di L.7.068.368.440.= riguardanti la ristrutturazione delleparti di più recente costruzione, ovvero la filanda e lestalle.Successivamente, in data 10.04.1992 la Giunta regionale,con provvedimento numero 595/INF, ha individuatogli interventi da segnalare al Ministero per i beniculturali ed ambientali per il finanziamento ai sensidella Legge 145/92, che prevedeva il finanziamento diinterventi di recupero, salvaguardia, conservazione evalorizzazione del patrimonio arch<strong>it</strong>ettonico, archeologico,artistico e storico, bibliografico e archivisticosecondo un programma triennale di indirizzo.In tale elenco è stata inclusa l’ex Corte benedettina diLegnaro, per la quale era stato richiesto un cofinanziamento(previsto dall’art. 1 – comma 5 – della Legge,previo stesura di un accordo di programma ai sensidell’art. 27 della L.142/90) per i lavori di 1°, 2° e 5°lotto, per l’importo complessivo di L. 9.363.662.750.=.In data 28.04.1992 è stato sottoscr<strong>it</strong>to lo schema di accordodi programma per il finanziamento dei lavori predetti,dai rappresentanti della Regione del Veneto e del Ministeroper i beni culturali ed ambientali (Soprintendenzaper il Veneto Orientale). Successivamente, con Decretoministeriale 21.05.1993 è stato approvato il piano dispesa relativo alla Legge 145 e stabil<strong>it</strong>o un contributo diL. 5.966.125.310.= a favore dei lavori di restauro staticoed arch<strong>it</strong>ettonico dell’ex Corte benedettina – 1°, 2° e 5°lotto – quale cofinanziamento sulla spesa prevista.Nel frattempo l’esecuzione dei lavori di ristrutturazionedel 1° e del 2° lotto era stata finanziata dall’Amministrazioneregionale, nell’amb<strong>it</strong>o del programmacomun<strong>it</strong>ario “obiettivo 5b”, sottoprogramma 2, misura5 “Polo tecnologico Agripolis”, ed i lavori stessi, riguardantila realizzazione del centro di formazione didatticae della attiv<strong>it</strong>à di supporto logistico ad Agripolis,sono stati realizzati nel corso del triennio 1994-96.Con provvedimento n. 13/INF dell’11.01.1994 laGiunta regionale ha poi r<strong>it</strong>enuto opportuno utilizzareil succ<strong>it</strong>ato contributo disponibile con la Legge 145/92sugli altri lotti (3°, 4° e 5°) dello stesso intervento, perpermettere la completa fruibil<strong>it</strong>à dell’opera.Nello stesso provvedimento si prevedeva di utilizzare ilfinanziamento concesso dal Ministero per i beni culturalied ambientali, di L. 5.966.125.310.=, per i lavori di3°, 4° e 5° lotto riguardanti il restauro della parte piùantica dell’immobile, ricavando una biblioteca, spaziespos<strong>it</strong>ivi, locali di servizio, un’area di ristorazione eduna sala per conferenze, nonché la realizzazione dellenecessarie sistemazioni esterne. Si dava inoltre atto cheparte degli spazi ottenuti sarebbe stata posta a disposizionedel Comune di Legnaro, mentre la rimanenteparte sarebbe rimasta di competenza dell’Ente di sviluppoagricolo del Veneto – ESAV (ora Veneto agricoltura)e quindi accorpata ad Agripolis.73


LUIGI DESTRO – MAURO RONCADASuccessivamente, con DGR n. 3471 del 14.06.1995, laGiunta regionale ha incaricato il Dipartimento LL.PP.della redazione del progetto di restauro statico edarch<strong>it</strong>ettonico del complesso edilizio ex Corte benedettina,lotti 3°a e 4°, acquisendo dal Comune di Legnaroil progetto aggiornato dei lotti 3°b e 5°, redatti daprofessionisti esterni all’Amministrazione, specificatamentedallo Studio Siena di Padova per la parte staticae dallo Studio Muratori e Zanon, pure di Padova, perla parte arch<strong>it</strong>ettonica.Il progetto globale, che assembla al suo interno anche iprogetti redatti a cura del Comune di Legnaro, è statoredatto in data 12.06.1996, quindi esaminato e r<strong>it</strong>enutomer<strong>it</strong>evole di approvazione dalla Commissione tecnicaregionale – Sezione Opere pubbliche – con voto n. 213del 05.12.1996.Il quadro economico del progetto di sistemazione deilotti 3°a, 3°b, 4° e 5°, di segu<strong>it</strong>o defin<strong>it</strong>o progetto originario,era il seguente:A) Importo dei lavori a base d’appalto L. 8.109.061.712B) Somme a disposizione dell’amministrazione- Onere I.V.A. (10% sui lavori esegu<strong>it</strong>i) L. 810.906.171- Spese tecniche L. 120.000.000- Imprevisti (I.V.A. compresa) L. 110.032.117Sommano L. 1.040.938.288 L. 1.040.938.288Torna l’importo complessivo del progetto originario L. 9.150.000.000La Commissione tecnica regionale raccomandavaquindi di operare opportune variazioni al fine di utilizzareappieno l’importo complessivo del finanziamento,ovvero anche la differenza con l’importo del progettooriginario, pari a L. (9.363.662.750 – 9.150.000.000) =L. 213.662.750.=.Il progetto veniva approvato dal dirigente regionaledell’allora Dipartimento per i Lavori pubblici cheinseriva d’ufficio la cifra sopraindicata tra le sommea disposizione dell’amministrazione, in attesa di progettazionidi dettaglio per il concreto utilizzo dellamedesima.In segu<strong>it</strong>o, con DGR n. 1334 del 15.04.1997 la Giuntaregionale ha delegato il dirigente regionale delDipartimento Lavori pubblici all’espletamento deiprovvedimenti necessari all’esecuzione dell’opera, inottemperanza all’accordo di programma sottoscr<strong>it</strong>tocon la Soprintendenza (ivi compreso l’impegno dellasomma disponibile sul cap. 5094 del bilancio regionale,E.F. 1997, di L. 2.000.000.000), assegnando nelcontempo all’Ufficio del Genio civile di Padova l’oneredella Direzione dei lavori e nominando il dirigente delmedesimo ufficio quale responsabile del procedimentoe Ingegnere capo dei lavori.La copertura finanziaria necessaria alla realizzazionedell’intervento, derivante dall’accordo di programmastipulato dalla Regione e dalla Soprintendenza, così suddividevala somma complessiva di L. 9.363.662.750.=:– L. 5.966.125.310.= a carico della già c<strong>it</strong>ata L. 145/92 (dal Ministero);– L. 2.000.000.000.= a carico del bilancio regionale,E.F. 1997, cap. 5094;– L. 1.397.537.440.= a carico dell’ESAV, giusto deliberan. 41 del 27.09.1995 del Com<strong>it</strong>ato esecutivodell’ente.74


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO DA PARTE DEL<strong>LA</strong> REGIONE DEL VENETO – GENIO CIVILE <strong>DI</strong> PADOVAIL PROGETTOSe la filosofia posta alla base del progetto è stata quelladel riuso ragionato del bene, come sopra accennato,ovvero del riutilizzo dello stesso in modo consono econgruente con la sua storia, al fine di giungere ad unasoluzione soddisfacente, senza vanificare lo sforzo delrecupero con la creazione dell’ennesima cattedrale neldeserto, occorreva quindi uniformare le linee guida dafornire ai diversi progettisti.Per fare ciò, una volta conclusa la progettazione di massimaoccorreva realizzare una serie di prove sulle strutture,per avere l’indicazione precisa della reale consistenzadelle murature, dei solai, dei paramenti, anche perchéappare assodato come edifici del tipo della Corte benedettina,che hanno nel tempo svolto il ruolo di catalizzatoredella v<strong>it</strong>a economica del luogo, abbiano nel temposub<strong>it</strong>o numerose manomissioni, aggiunte, rimozioni,cambi d’uso, e quant’altro si voglia aggiungere sul tema.Preliminarmente, pertanto, bisognava procedere conuna datazione storica dei vari corpi di fabbrica componentil’intero complesso, considerando comunqueche, sia a causa dei vari cambi di proprietari sia per lemutate esigenze economiche, anche gli edifici più antichihanno sub<strong>it</strong>o vari interventi interni.Sulla base delle risultanze di tali studi, tecnici e storici,si poteva abbozzare un’idea più precisa, più incisiva, suche cosa mer<strong>it</strong>asse davvero la pena di essere conservatoe che cosa invece no.La Corte, infatti, se da un lato presenta un enorme valoreper il s<strong>it</strong>o in cui è inser<strong>it</strong>a, per la sua storia, per cosaha rappresentato – per secoli – nell’economia legnarese,come centro economico e di cultura, dall’altro possiedecaratteristiche di edificio povero, ded<strong>it</strong>o per vocazioneal lavoro e non alla rappresentanza, ornato di ben pochielementi di valore artistico, o riconoscibili come tali.Questi elementi sono in pratica contenuti quasi tutti suiportici, quello esterno su via Roma ma soprattutto quellointerno, nel quale singolarmente le colonne (fatiscentie tenute in piedi alla bell’e meglio, non certo in gradodi sostenere carichi di qualsivoglia genere oltre al pesoproprio) ed i cap<strong>it</strong>elli sono molto diversi tra di loro, edantecedenti al XV secolo, a significare il fatto che sonosenza dubbio cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i da materiali di recupero.Di un certo interesse sono i contorni delle porte edelle finestre, soprattutto delle porte di accesso allecelle della palazzina Est, tutte identiche tra di loro erigidamente realizzate secondo il modulo imposto daibenedettini per l’edificato nelle loro proprietà.Altri dettagli interessanti si r<strong>it</strong>rovano ancora nellapalazzina Nord, come le porte ancora esistenti, alcunetravature dipinte r<strong>it</strong>rovate sotto il controsoff<strong>it</strong>to inarelle, i due caminetti con contorni in pietra, le grandicapriate. Queste ultime, in uno stato di sensibile sofferenzastatica, hanno docilmente segu<strong>it</strong>o il cedimentostrutturale della muratura portante e presentano alcunecaratteristiche notevoli: hanno la catena (circa 17 m dilunghezza) realizzata da un unico tronco e sono sostenute– ognuna – da due pilastri in legno, disassati rispettoall’asse di simmetria, che di fatto modificano lo schemastatico della struttura, facendola lavorare a telaio.Particolare di una certa importanza è quello della rappresentazione,sul muro di divisione dei lotti chiamati3b e 3a, ai confini di quello che probabilmente era ilprimo nucleo insediativo della Corte, della classicacroce benedettina, disegnata in incavo sulla parete coni mattoni.Tracce di rimaneggiamento si notano sull’ampio porticatoin adiacenza al portone carraio d’ingresso (è visibilel’interposizione di nuove capriate a dimezzare laluce degli arcarecci) e nello stesso portone d’ingresso– stile arlecchino – nonché sulla meravigliosa ex chiesettae sulla scala in pietra di collegamento con il primopiano del lotto 4.L’ex chiesetta è la porzione di edificio che ha nel temposub<strong>it</strong>o i più gravi affronti: dapprima spogliata dell’altare,conservato nella vicina chiesa parrocchiale, sconsacrata,è divenuta poi sede di una raffazzonata officinameccanica, per gli scopi della quale non si è trovato dimeglio che far sparire parte del pavimento in battuto d<strong>it</strong>errazzo alla veneziana, in calce, per realizzare la fossaper le operazioni sulla scocca, e di eliminare gran partedell’intonaco a marmorino e pressoché tutti gli stucchi.Non ci sono altri segni di particolare pregio.75


LUIGI DESTRO – MAURO RONCADAL’approccio progettuale è quindi ovviamente quellodel recupero integrale del poco che di artistico è rinvenibileo si è mantenuto, e chiaramente dell’impiantonel suo insieme, introducendo con il minor impattopossibile tutti quegli elementi che al giorno d’oggi sonoprepotentemente richiesti dalle normative di sicurezzae dagli standard relativi all’assetto ed alla disposizionedei luoghi di lavoro, al fine di un corretto uso, ovveroriuso, del complesso.Le fin<strong>it</strong>ure previste sono adeguate al tipo edilizio edalla sua importanza, considerate le trasformazioni chesono avvenute nel corso degli anni, che hanno spintola Corte ad assumere caratteristiche di edificio semprepiù nobil<strong>it</strong>ato, pur se semplice, rispetto all’originariopuro luogo di lavoro, quindi tenuto conto della riconversionead uffici, sale riunioni, ecc. di locali originariamenteadib<strong>it</strong>i a magazzini, depos<strong>it</strong>i e celle.Oltre, pertanto, al recupero di tutto ciò che apparerecuperabile, ovvero pavimenti in cotto, contorni inpietra, serramenti interni settecenteschi, caminetti,ecc.) si prevedeva l’utilizzo per l’intero complesso delleseguenti fin<strong>it</strong>ure:– recupero degli intonaci esterni dipinti;– recupero delle teste ammalorate delle travature portantilignee;– rinforzo con metodi appropriati dei solai;– rabberciamenti e cuci-scuci delle murature portanti;– blocco dell’umid<strong>it</strong>à risaliente;– sigillature con malte tipo emaco;– intonaci interni ed altri esterni in grassello di calce eterre colorate, tirati a frattazzo grezzo;– contorni in rilievo di tutte le porte e finestre esterne;– soglie, davanzali, contorni in trach<strong>it</strong>e gialla;– pavimenti esterni in trach<strong>it</strong>e gialla;– pavimenti in cotto rustico fatto a mano ed in listellidi legno;– paramenti interni in grassello di calce colorata conterre;– soff<strong>it</strong>ti di travature e cassettonato dipinti e trattati acera o mordenzati ebano;– servizi con rivestimenti in marmo o ceramica maiolicata;– nuove porte con contorni laccati ed ante in ciliegio;– finestre con serramenti in lega di bronzo nel porticatoo legno di larice mordenzato ebano.Defin<strong>it</strong>i gli obiettivi globali, si è proceduto con laredazione del progetto defin<strong>it</strong>ivo-esecutivo, realizzatodalla Regione del Veneto – Segreteria regionale per ilterr<strong>it</strong>orio – Dipartimento per i lavori pubblici, in partedirettamente (lotti 3a e 4) ed in parte coordinando edacquisendo il lavoro di professionisti esterni incaricatidal Comune di Legnaro per la porzione di complessoedilizio più antica, lotti 3b e 5. In breve, pur se più anal<strong>it</strong>icamentedi quanto esposto sinora, e salvaguardandoa scopo chiarificatore la suddivisione in lotti 3a – 4 e 3b– 5, nel progetto originario si facevano le considerazionie si prevedevano gli interventi che seguono.LOTTI 3A – 4I lotti 3a e 4, come già accennato, risalgono comecostruzione al XVIII secolo e non presentano particolaricaratteristiche, se non in relazione alla presenza diampi porticati s<strong>it</strong>i al piano terra ed al possesso delleseguenti caratteristiche, comuni a tutto l’edificato:a) povertà dei materiali utilizzati;b) tecnologia elementare della realizzazione strutturale(appoggio semplice);c) semplic<strong>it</strong>à tipologica dei manufatti;d) ampie dimensioni dei corpi di fabbrica.I volumi cost<strong>it</strong>uenti i corpi di fabbrica 3a e 4 cost<strong>it</strong>uisconouna ideale quinta arch<strong>it</strong>ettonica a contorno ed esaltazionedel nucleo centrale, di indubbio maggior pregio.L’organismo strutturale è composto, per ambo i lotti, da:– fondazioni continue in mattoni pieni in cotto dispostea gradoni, con collegamento tra pilastro e pilastro,anche trasversale;– muratura portante in mattoni pieni in cotto, di spessorevariabile in relazione all’epoca di realizzazioneed alla funzione della porzione di edificio;– pilastri in mattoni pieni in cotto;76


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO DA PARTE DEL<strong>LA</strong> REGIONE DEL VENETO – GENIO CIVILE <strong>DI</strong> PADOVA– legante in malta di calce e sabbia, in molti casidecoeso;– strutture orizzontali ad ord<strong>it</strong>ura semplice cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>eda travi squadrate (rapporto b/h = 0.7) o del tipoTrieste, con sovrastante ass<strong>it</strong>o in tavole di abete,eventualmente accompagnate da travi romp<strong>it</strong>rattaper le grandi luci;– ord<strong>it</strong>ura lignea di copertura composta da capriatesemplici o composte, terzere od arcarecci, listelli,tavelline in cotto e sovrastanti coppi;– presenza di una rema perimetrale (trave di distribuzionedel carico) per rendere omogenee le sollec<strong>it</strong>azionidel carico puntuale delle capriate.La copertura del lotto 3a è realizzata con capriate compostedi luce netta 9.00 m ed interasse 2.10 m (originariamentedoppio interasse, poi sono state intercalatenuove capriate), quella del lotto 4 con capriate di luce11.20 m ed interasse 1.90 m.L’attacco monaco-catena delle capriate è in alcuni casidi tipo aperto, in altri di tipo chiuso, e questo non in relazionea cedimenti strutturali ma a scelta esecutiva, probabilmentequindi non avvenuta nello stesso periodo.Le geometrie della capriate sono tra di loro disuniformi,come del resto tutto il pacchetto strutturale, purnella ricordata semplic<strong>it</strong>à, spesso a causa di sopravvenutiinterventi puntuali di restauro avvenuti in epochesuccessive, con tecnologie diverse. Il funzionamentostatico reale della struttura risulta approssimativorispetto allo schema statico teorico.I materiali con cui sono realizzate struttura e fin<strong>it</strong>uresono materiali semplici, cosiddetti poveri, anche qui nonper scelta economica ma per una scelta ragionata legataalla funzione originaria del complesso, a supporto delmondo contadino, perfettamente in linea con i dettamifondamentali dell’ordine dei benedettini, molto similealle altre strutture similari sparse nel terr<strong>it</strong>orio veneto.Dal punto di vista esclusivamente strutturale, pertanto,risulta che tutti gli elementi sottoposti a carichi di tipograv<strong>it</strong>azionale, ovvero pilastri, murature e fondazioni,sono realizzati in mattoni di cotto pieni, mentre quellisottoposti a carichi flettenti, taglio o trazione – travi,capriate, tavolati, arcarecci, morali, – sono in legno,con l’unica eccezione delle tavelline di copertura, incotto, e degli scalini, in pietra.I leganti sono composti da malta di calce e sabbia e, salvoun primo strato superficiale fortemente decoeso causa gliagenti atmosferici, hanno buona coesione e resistenza.Le specie legnose utilizzate per gli orizzontamenti e lecapriate sono di diversa essenza e qual<strong>it</strong>à, a secondadell’epoca dell’intervento principale o del successivorimaneggiamento in segu<strong>it</strong>o ad interventi di recupero,per incendio od altro: normalmente sono in abete (pavimentie moraletti), castagno e larice (travi, puntoni,catene, monaci ed arcarecci).Un’occhiata alle fin<strong>it</strong>ure: al piano terra del lotto 4 sonopresenti pavimentazioni in parte in cotto ed in parte inpietra trach<strong>it</strong>ica, entrambe in pessimo stato di conservazione,al piano terra del lotto 3a il pavimento è in terrabattuta, al primo piano (solo lotto 4) la pavimentazioneè data dallo stesso tavolato strutturale, doppio incrociato,in alcune zone in condizioni assolutamente pessime edi crollo incipiente; alcune pareti sono intonacate, altrese lo sono state non se lo ricordano certamente più; lecapriate della copertura del lotto 4 sono state conservatecon una tinteggiatura in latte di calce, quelle del lotto 3aaffumicandole (presentano gli evidenti resti di un incendio);il cornicione del lotto 3a è caratterizzato da unaserie di mattoncini disposti a 45°, che lo abbellisconoed impreziosiscono, mentre lo sbalzo del lotto 4° latocorte, composto da travi principali, moraletti, tavelline ecoppi risente di un’evidente cottura da incendio; ultimaapprezzabile fin<strong>it</strong>ura la maestosa, anche se ripida, scalain pietra presente nel 4° lotto.All’atto della redazione del progetto sono state evidenziatele seguenti lesioni e probabili cause delle stesse:a) ammaloramento delle teste delle travi dovutoall’azione di funghi, insetti xilofagi ed infiltrazionid’acqua meteorica;b) fessurazioni delle travi dovute all’eccessiva deviazionedelle fibre rispetto all’asse teorico, probabilmentesegno di una stagionatura del legno non ottimale;c) attacco di insetti xilofagi e muffe su tutto il materialeligneo;77


LUIGI DESTRO – MAURO RONCADAd) approssimativi interventi precedenti consistenti ininserimenti di mensole improprie o posa di fettonilaterali non ben dimensionati;e) fessure in corrispondenza degli appoggi dellecapriate;f) eccentric<strong>it</strong>à degli appoggi delle capriate rispetto allamuratura di posa;g) cedimenti fondazionali di alcuni pilastri del lotto 4,sensibilmente e visibilmente inclinati.Gli interventi proposti per i lotti 3a e 4 sono, nell’otticadelle linee guida sopra esposte, finalizzati al recupero ilpiù diffuso possibile di tutti quegli elementi ancora ingrado di adempiere alla loro funzione originaria.Chiaramente la necess<strong>it</strong>à di adeguare la distribuzionedei locali e le caratteristiche della struttura, sia alle funzionipreviste che alla vigente normativa, ha costrettoi progettisti ad una modifica del precedente assettostrutturale ed arch<strong>it</strong>ettonico, nel più ampio rispettodelle preesistenze. La maggiore incidenza in questosenso è stata data dalla necess<strong>it</strong>à di adeguare i solai alfine di renderli in grado di sopportare i carichi accidentaliprevisti dalla normativa, di 350 kg/m 2 , di preservaredall’umid<strong>it</strong>à fondazioni (risaliente) e copertura (meteorica),di coibentare la struttura, di garantire l’impiantistica,di adeguare le fondazioni ai mutati carichi, tenendoconto di quanto realizzato nei precedenti lotti 1 e 2.Non si è giunti ovviamente ad alcun compromesso perquanto riguarda, in particolar modo, la sicurezza globaledel fabbricato.Naturalmente ogni intervento progettato ha dovutotenere conto della futura destinazione d’uso delle dueporzioni di fabbricato.Per il lotto 3a si è prevista infatti la realizzazione diun’ampia sala riunioni che prende tutta la parte porticata,avente pavimentazione con elementi in cotto euna cortina vetrata in corrispondenza della pilastraturaesterna, la manutenzione delle capriate in legno con ilrifacimento del manto di copertura in coppi.Per il lotto 4 invece è prevista al primo piano una grandesala espos<strong>it</strong>iva, con recupero delle capriate ligneee di tutta l’ord<strong>it</strong>ura della copertura e consolidamentodel pavimento, in listoni di legno, mentre al pianoterra è prevista la realizzazione di uno spazio per laristorazione, con pavimento in cotto e cortina vetratain adiacenza alle pilastrate esterne, nonché di locali diservizio alla ristorazione (cucina, cella frigorifera, serviziigienici) con piastrelle in grès ceramico. Sempre alpiano terra è previsto il recupero di parte del porticato,pavimentato in trach<strong>it</strong>e, e della vecchia chiesetta.In estrema sintesi sono stati proposti, per ogni tipologiadi intervento strutturale, i seguenti interventi:Copertura– sost<strong>it</strong>uzione delle travi e/o delle capriate o parti dicapriata ammalorate;– consolidamento mediante appropriate tecnologie(iniezioni o rifacimenti con resine epossidiche, cuc<strong>it</strong>urecon barre di vetroresina, staffature metalliche,fettoni in legno di larice, ecc.) delle strutture ligneeda riparare;– rimaneggiamento del tetto con lievo dei coppi, delletavelline e dell’ord<strong>it</strong>ura secondaria, pulizia, riposaed eventuale sost<strong>it</strong>uzione dei moraletti, posa delletavelline rimosse con eventuali integrazioni connuove fatte a mano, inserimento di pannello dicoibentazione, posa di manto in coppi, utilizzandoquelli eventualmente forn<strong>it</strong>i nuovi a canale.Solai– sost<strong>it</strong>uzione delle travi ammalorate;– consolidamento mediante tecnologie appropriate(vedi sopra) delle travi riparabili;– adeguamento ai nuovi carichi mediante realizzazionedi solaio formato da travi portanti e doppiotavolato incrociato.Murature portanti– rabberciamento di murature;– scuci-cuci lungo le linee di rottura;– borrature in rottura di muro;78


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO DA PARTE DEL<strong>LA</strong> REGIONE DEL VENETO – GENIO CIVILE <strong>DI</strong> PADOVA– taglio di murature e posa di lastre in piombo percontrastare l’umid<strong>it</strong>à di risal<strong>it</strong>a;– sigillatura con malta di tipo emaco;– scarn<strong>it</strong>ura e pul<strong>it</strong>ura delle connessure con successivastuccatura e realizzazione di intonaco strutturale.Fondazioni– realizzazione di micropali Ø 140 mm, necessari perdare continu<strong>it</strong>à al consolidamento fondazionale iniziatocon i lotti 1° e 2°, ad ev<strong>it</strong>are che ad una fondazionerigida così formata segua, senza soluzione dicontinu<strong>it</strong>à, una fondazione elastica, con i cedimentidifferenziali conseguenti;– sigillatura con malte di tipo emaco;– consolidamento delle attuali strutture.Fin<strong>it</strong>ure– rifacimento dei sottofondi e delle pavimentazioni incotto, legno e monocottura;– realizzazione di coibentazioni ed impermeabilizzazioni;– rifacimento degli intonaci;– tinteggiature;– realizzazione ex novo dell’impiantistica per ilriscaldamento/condizionamento, l’illuminazione edi servizi igienico-san<strong>it</strong>ari.Sistemazioni esterne– lievo, pul<strong>it</strong>ura e ricollocazione della pavimentazionedell’aia;– inerbimento ed alberatura del cortile interno;– realizzazione di percorsi e di parcheggi in cotto.LOTTI 3B E 5I due lotti sono contigui, ma l’intervento è di tipo differenziato.Infatti, mentre nella parte porticata, risalente alXV secolo, si prevede sostanzialmente un intervento direstauro, salvo che per la palazzina Nord verso il lotto 4,comprendente l’inserimento di un ascensore per portatoridi handicap, nell’aggiunta lato Est, posteriore comedata di costruzione, occupata dalle scale e dall’ex stalla,l’intervento sarà di tipo massiccio, con la totale sost<strong>it</strong>uzionedel solaio in laterocemento e la creazione di un nuovosnodo di distribuzione verticale (rifacimento totale dellescale ed inserimento, anche qui, di un ascensore).I lotti 3b e 5, come già rifer<strong>it</strong>o, risalgono al XV secoloe presentano una caratterizzazione tipologica evidenterispetto al rimanente complesso di fabbrica, se non altroper la presenza dei gradevoli ampi porticati del piano terra,pur realizzati con colonne che più disomogenee nonsi poteva … per la presenza dell’ampio cantinato, perquella delle celle dei monaci residenti, per la particolarissimasala del primo piano, con capriate da 17 m aventila catena ricavata da un unico tronco, per il tentativo diinserimento di alcuni fregi e stucchi nel tentativo di nobil<strong>it</strong>areil fabbricato. Le caratteristiche strutturali comuni atutto l’edificato, sono comunque sempre quelle:a) povertà dei materiali costruttivi (le colonne del porticosono addir<strong>it</strong>tura di recupero);b) tecnologia elementare della realizzazione strutturale;c) grande semplic<strong>it</strong>à dei manufatti, tipica del canonebenedettino;d) dimensioni dei corpi di fabbrica.I volumi cost<strong>it</strong>uenti i lotti 3b e 5 cost<strong>it</strong>uiscono il nucleocentrale dell’intero complesso della Corte benedettina,quello storico, di primo impianto, di maggior pregioarch<strong>it</strong>ettonico.L’organismo strutturale è composto, come per gli altrilotti, da:– fondazioni continue in mattoni pieni in cotto dispostea gradoni, che giungono alla profond<strong>it</strong>à di circa2 m dal piano campagna (la falda è a –1.00 m);– muratura portante in mattoni pieni in cotto, divers<strong>it</strong>ra i due lotti, e colonne portanti (?) in pietra;– legante in malta di calce e sabbia, purtroppo decoeso;– strutture orizzontali di solaio ad ord<strong>it</strong>ura semplice,cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e da travi squadrate con sovrastante ass<strong>it</strong>oin tavole di abete;79


LUIGI DESTRO – MAURO RONCADA– ord<strong>it</strong>ura lignea di copertura composta da capriatecomposte, terzere od arcarecci, listelli, tavelline incotto e sovrastanti coppi;– presenza di una rema perimetrale (trave di distribuzionedel carico) per rendere omogenee le sollec<strong>it</strong>azionidel carico puntuale delle capriate.Se è vero che gli anni pesano, la maggiore età denunciatadal corpo di fabbrica in argomento rispetto agli altriedifici fa sì che sullo stesso si siano venuti a concentrarei maggiori interventi di restauro statico, necessari aridare sicurezza alla struttura ed a chi dovrà in segu<strong>it</strong>ooperare all’interno di essa.La definizione di tale intervento di restauro statico èmaturata attraverso un percorso logico che, partendodalla s<strong>it</strong>uazione iniziale in termini di caratteristichemeccaniche e geometriche, di rilievo dei dissesti e dellelesioni, dell’accertamento dello stato di conservazionedel materiale, ha portato alla individuazione dellecause di dissesto, defin<strong>it</strong>o il grado di sicurezza dellastruttura e, scartatolo in quanto insufficiente, condottoalla progettazione degli interventi necessari a garantireil livello di sicurezza imposto dalla normativa vigente,ovviamente in relazione alla nuova destinazione d’usodel fabbricato ed alle sue conseguenti caratteristichedistributive.Con riferimento alle varie tipologie strutturali ed allostato di degrado rilevato, si può tentare di tracciare laseguente sintesi:Coperturaa) tratto adiacente al lotto 4 – mentre risultano accettabilile condizioni della capriata e dei falsi puntoni,risulta necessario raddoppiare il numero degliarcarecci;b) primo piano del lotto 5 – la grossa ord<strong>it</strong>ura è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>ada n. 6 capriate alla Palladio, di notevole luce,circa 17 m; in tempi non recenti, probabilmentepoco dopo la realizzazione, si verificò il degradodei nodi d’appoggio, il conseguente scorrimentodei puntoni verso l’esterno e l’appoggio deimonaci alla catena, che dovette essere puntellata incorrispondenza (non totale) di due muri al pianoterra: la mutata s<strong>it</strong>uazione delle disposizioni deicarichi si configura allora in uno schema staticodiverso dall’originario, non essendo più in presenzadi capriate bensì di pseudo telai, a nodi piùo meno labili, che scaricano solo in parte il caricosui vecchi appoggi; la mancanza di ogni forma dicontroventamento ha poi fatto il resto, ovvero lalabil<strong>it</strong>à complessiva del sistema ha prodotto neltempo importanti movimenti in direzione Nord-Sud, con sbandamento della muratura d’appoggioposta sopra il colonnato interno (degradato di suo)di 10÷12 cm. I puntelli della catena non presentanoparticolari segni di sbandamento, e questo far<strong>it</strong>enere che il loro posizionamento sia avvenuto adissesto già manifestato. Il recupero delle capriateprevede l’eliminazione dei puntelli, una importanteintegrazione delle strutture principali, troppo esili,con protesi in legno vecchio della stessa essenza, lasost<strong>it</strong>uzione della piccola ord<strong>it</strong>ura, l’installazionedi controventi di falda;c) tratto del lotto 5 adiacente al 3b – le sezioni dellapiccola e grossa ord<strong>it</strong>ura risultano generalmentesufficienti, nel tratto più immediatamente vicino allotto 3b occorre raddoppiare gli arcarecci, sottodimensionati;il legname appare quasi ovunque inbuono stato;d) primo piano lotto 3b – la sala riunioni posta alprimo piano del lotto 3b presenta capriate allaPalladio sufficientemente dimensionate, sulle qualisono semplicemente previsti, come per l’ord<strong>it</strong>urasecondaria, gli interventi di raschiamento delle partidegradate, di disinfezione curativa antiparass<strong>it</strong>aria edi rimessa in pristino con beton epossidico e barrein vetroresina di qualche nodo d’appoggio.Gli interventi sulla copertura si prevedeva venisserocompletati, come per i lotti 3a e 4, con l’interposizionetra le tavelline ed il manto in coppi di unpacchetto isolante-ventilante, in grado di assicurarecontestualmente un forte isolamento termico ed unaventilazione lim<strong>it</strong>ante efficacemente l’apporto termi-80


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO DA PARTE DEL<strong>LA</strong> REGIONE DEL VENETO – GENIO CIVILE <strong>DI</strong> PADOVAco estivo, mantenendo del tutto inalterata la fruizionevisiva dall’interno e dall’esterno.SolaiLa relazione tecnica del progettista spiega dettagliatamente,campo per campo, gli interventi da effettuaresui solai; essenzialmente si dovrà procedere con:– la sost<strong>it</strong>uzione delle travi ammalorate;– il consolidamento mediante tecnologie appropriate,raschiamento e trattamento antiparass<strong>it</strong>ario nelmigliore dei casi, reintegro e rifacimento delle testee di parti delle travi con beton epossidico e barreVTR in altri;– il rinforzo con doppio tavolato incrociato per fornirela necessaria resistenza ai nuovi carichi;– l’abbassamento delle travi e del tavolato per recuperarein altezza lo spazio sotto le grandi capriatedel salone al primo piano del lotto 5, smontando erimontando integralmente il solaio, tra l’altro presentantemotivi decorativi da recuperare;– la sost<strong>it</strong>uzione integrale del solaio in tavellonatoHourdis della zona 3b, che cost<strong>it</strong>uiva il pavimentodi un fienile, con un nuovo solaio in legno.Volte ed archi del cantinatoDall’analisi dello stato di fatto delle volte e delle muratureè emersa la necess<strong>it</strong>à di asportare il materiale dirinfianco delle volte stesse, allo scopo di procedere alconsolidamento mediante realizzazione di una solettain calcestruzzo armato, mentre per gli archi in muratura,collassati e puntellati, si procederà ad un consolidamentocontestuale alla realizzazione dei micropali,come in segu<strong>it</strong>o verrà meglio precisato.Murature portantia) Murature del primo piano – le murature di tuttala parte della palazzina Nord presentano un importantequadro fessurativo e la malta di confezionamento,di calce, ha perso il suo potere coesivodiventando non in grado di connettere i mattoni,tanto che in alcune porzioni di edificio si ha l’impressionedel muro a secco. Sono evidenti lesionida schiacciamento e da cedimento dovute ad insufficienzadei materiali ed a improprie concentrazionidi carico; le murature verso il lotto 4 e verso viaRoma hanno sub<strong>it</strong>o forti sbandamenti, mentre quellead esse ortogonali sono state trascinate in bassoda cedimenti fondazionali. Lo stato delle muraturedel corpo Est, nascosto dagli intonaci, appare leggermentemigliore.b) Murature del piano terra – la parete verso il lotto4 appare esente da gravi lesioni, anche se più volterimaneggiata nel tempo, e così quella verso viaRoma. I tratti cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i da colonnato, sostenentiarchi a tutto sesto su cui poggiano muratura ecopertura, presentano colonne spezzate al piedeed al colletto, alcune lesionate anche verticalmenteed alcune sfaldate per elementi anulari, con gravepregiudizio per la stessa stabil<strong>it</strong>à; palesemente,alcune colonne originarie sono state nel temposost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e con quelle attuali, diverse per forma, lunghezza,sezione e materiale. Nel primo tratto versoil lotto 4 i due pilastri sostenenti l’arco ell<strong>it</strong>ticosono entrambi lesionati da pressoflessione ed unodei due ha sub<strong>it</strong>o una rotazione –antioraria, contrastatadal tirante tuttora presente. Tutti gli archirisultano comunque lesionati in chiave, e qualcunoanche all’imposta, e sostengono una muratura fortementecompromessa. Le pareti murarie internedevono il loro stato di dissesto al collasso degliarchi presenti nel piano cantinato; in più punti,poi, le strutture murarie del piano terra presentanorotture per pressoflessione o schiacciamento dovutealle robuste travature romp<strong>it</strong>ratta a sostegno delsolaio superiore. Lo stesso dicasi per le muraturedel piano terra del corpo Est.c) Restauro delle murature – il progettista prevede disottoporre tutte le murature, su entrambe le facce,ad attenta scarn<strong>it</strong>ura e ricostruzione dei primi duecentimetri di malta, con chiusura delle lesioni profonde.In alcune murature in condizioni di mag-81


LUIGI DESTRO – MAURO RONCADAgiore sofferenza statica si procederà al ripristinodelle caratteristiche meccaniche con perforazionied iniezioni di miscela compatibile, mentre allasomm<strong>it</strong>à di tutte le murature perimetrali, alloscopo di consolidare fasce di muratura per contrastarnela disgregazione, verranno realizzati deglipseudo-cordoli, che favoriranno la diffusione nelcorpo murario dei carichi indotti dalle struttureorizzontali e di copertura.d) Restauro del colonnato – l’antico progettistadel colonnato aveva previsto che ogni colonnaavrebbe dovuto sopportare il peso scaricato dauna capriata, quello della porzione di solaio direttamenteagente, quello degli archi e della muraturache li sovrasta … il tutto in allegra assenzadi un qualsiasi controventamento. La struttura,evidentemente in disaccordo con il progettista,dev’essere entrata in crisi ben presto. Al fine diporre rimedio a questo errore originale il nuovoprogettista ha ipotizzato di scaricare i pesi al suolomediante una struttura in acciaio completamenteindipendente dall’edificio storico, in modo che lecolonne, restaurate, saranno praticamente scarichee potranno così durare a lungo. Nel corpo difabbrica lato Est i carichi in gioco sono minori, masi è scelto di operare con la medesima strutturaportante sost<strong>it</strong>utiva, per simmetria.FondazioniL’aspetto geotecnico del problema di restauro staticoè rilevante, avendo le prospezioni geognostiche effettuateevidenziato la presenza da –2.00 m a –4.00 m dalpiano campagna la presenza di uno strato di pessimecaratteristiche meccaniche (torba): si è reso necessariol’utilizzo di micropali al fine di trasferire i carichi strutturalia strati più profondi del sottosuolo.Per quanto riguarda il cantinato e seminterrato si prevedel’aumento dell’altezza utile mediante l’abbassamentodel piano di calpestio, accompagnato dallarealizzazione di una vasca in c.a. stagna, con murettidi bordo, per il problema della falda freatica.I micropali inoltre partiranno già al livello delleimposte degli archi, allo scopo di ottenere una muraturaarmata, oltre che consolidata, in grado di assorbirela componente orizzontale della spinta dellevolte e degli archi, aumentando ovviamente l’armaturadegli stessi micropali per renderli resistenti aglisforzi di flessione e taglio.Per le zone con fondazioni superficiali che non si prestanoad essere attraversate da micropali si procederàalla realizzazione di cordoli in c.a. in grado di trasferirei carichi strutturali a micropali ad essi affiancati, bypassandocosì il problema.Fin<strong>it</strong>ureLe fin<strong>it</strong>ure saranno consone alla nuova destinazioned’uso dei locali, e quindi alla nuova organizzazionedegli spazi.Per quanto riguarda il lotto 5:a) si prevede il recupero della vecchia cantina– perennemente allagata causa l’alto livello dellafalda – al fine di osp<strong>it</strong>are occasionalmente mostre,esposizioni, ecc., rifacendo completamente lascala di accesso; oltre al rifacimento poi degliintonaci, si prevede la realizzazione di un atriodi ingresso, di un bagno, del vano ascensore conlocale macchina, della pavimentazione in cotto edi un sistema di luce diffusa;b) per il piano terra, destinato a biblioteca comunale,si prevede il ripristino dei due saloni esistenti, ilprimo destinato a diventare zona atrio ed informazioneed il secondo sala di lettura, rimanendoinalterate le altre strutture murarie (salette dilettura riservata), mentre nella porzione sopraelevataverranno creati i servizi, una sala riservata el’ufficio del bibliotecario. A fianco della ex chiesettaverrà creato un nuovo accesso alla Corte equindi, da sotto il porticato, sarà posto l’accesso alvano ascensore, con un gruppo di servizi, e verràrestaurata la scala in pietra esistente; sono previstiimpianti di riscaldamento a pavimento, sempre incotto, di illuminazione diffusa, antiintrusione;82


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO DA PARTE DEL<strong>LA</strong> REGIONE DEL VENETO – GENIO CIVILE <strong>DI</strong> PADOVA83


LUIGI DESTRO – MAURO RONCADAc) al piano primo verrà recuperato il granaio ad usosala espos<strong>it</strong>iva, abbassando il solaio di 24 cm alfine di permettere il passaggio sotto le catene dellecapriate; verranno creati poi blocchi servizi e ripostigli,un atrio, un depos<strong>it</strong>o ed il vano scale.Per quanto riguarda il lotto 3b:d) al piano terra nella parte prospettante il portico verràcreato uno spazio dedicato alla documentazionestorico-iconografica della Corte benedettina e delsuo contesto ambientale, mentre di raccordo con illotto 3a vi sarà lo snodo dei collegamenti verticali,con la creazione di un vano scale in sost<strong>it</strong>uzionecompleta dell’esistente e di un vano ascensore, oltreche i servizi e ad un grande atrio; i pavimenti sarannoin cotto a mano, con il massimo recupero degliesistenti, e si prevede l’impianto di riscaldamento/condizionamento mediante fan-coils;e) al piano primo nell’ampia sala ex fienile verrà creatauna sala riunioni, collegata, passando attraverso ilblocco servizi, scale ed ascensore, alle stanze cheosp<strong>it</strong>eranno la Biblioteca tematica e tecnologicaper la consultazione riservata, in relazione alle specificherichieste di Veneto Agricoltura; anche qui èprevista la pavimentazione in cotto, con recupero diuna antica pavimentazione in blocchi di cotto ottagonaliancora in discrete condizioni.Ovviamente, oltre a quanto sommariamente descr<strong>it</strong>to,le fin<strong>it</strong>ure riguarderanno:– realizzazione di coibentazioni ed impermeabilizzazioni;– rifacimento degli intonaci;– tinteggiature;– realizzazione ex novo dell’impiantistica per ilriscaldamento/condizionamento, l’illuminazione edi servizi igienico-san<strong>it</strong>ari.PERIZIE <strong>DI</strong> VARIANTE E SUPPLETIVENel corso dei lavori, esegu<strong>it</strong>i sotto il totale controllodella Soprintendenza ai beni ambientali ed arch<strong>it</strong>ettoniciper il Veneto Orientale di Venezia, è parso necessarioapportare numerose sostanziali, anche se piccole,modifiche al progetto originario, e redigere quindi n. 2perizie di variante e suppletive (la seconda denominataanche in assestamento):a) Perizia n. 1, del 21.04.1998, dell’importo complessivodi L. 9.150.000.000, invariato rispetto al progettooriginario (lire novemiliardicentocinquantamilioni),di cui L. 8.058.498.385 per lavori (esattamente L.1.155.483.389 per maggiori lavori), comprendentenuovi prezzi dal numero NP1 al n. NP31, redattadal Direttore dei lavori e successivamente approvatadalla competente commissione consultiva provincialein tema di Lavori pubblici con voto n. 99 indata 24.04.1998; il quadro economico veniva cosìridefin<strong>it</strong>o: (vedi tabella 1).b) Perizia n. 2, in assestamento, redatta dal Direttorelavori in data 22.09.1999, a lavori pressoché conclusi,dell’importo complessivo di L. 9.363.662.750.=,con recupero dell’intero finanziamento disponibile(essendosi nel frattempo concretizzato il pagamentoai professionisti esterni delle somme loro dovute peri progetti acquis<strong>it</strong>i dal Comune di Legnaro) che prevedeun ribasso dell’importo lavori, assestatosi a complessivenette L. 8.023.239.380.= (ovvero per minorilavori L. 35.259.270.=), comprendente nuovi prezziper le opere edili (da NP32 a NP102), per le opereelettriche (da NPIE1 a NPIE83) e per gli ImpiantiIdrotermosan<strong>it</strong>ari (da NPIT1 a NPIT32), approvatadalla competente Commissione consultiva provincialein tema di lavori pubblici con parere n. 416 emessonell’adunanza del 10.11.1999. Il quadro economicoveniva ad essere ridefin<strong>it</strong>o (vedi tabella 2).In totale, la somma impegnata complessivamentecon le varie perizie risulta pertanto essere pari a L.9.363.662.750.= (lire novemiliard<strong>it</strong>recentosessantatre-84


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO DA PARTE DEL<strong>LA</strong> REGIONE DEL VENETO – GENIO CIVILE <strong>DI</strong> PADOVAImporto netto dei lavori L. 8.058.498.385Somme a disposizione dell’amministrazioneI.V.A. 10% sull’importo lavori L. 805.849.839Spese tecniche (1% art. 18 L. 216) L. 91.500.000Imprevisti (I.V.A. compresa) L. 194.151.776Totale delle somme a disposizione L. 1.091.501.615 L. 1.091.501.615Importo totale 1ª perizia di variante e suppletiva L. 9.150.000.000Tabella 1.Importo netto dei lavori L. 8.023.239.380Somme a disposizione dell’amministrazioneI.V.A. 10% sull’importo lavori L. 802.323.93Spese tecniche:Professionisti esterni L. 422.347.2011% art. 18 L. 216/95 originario L. 46.752.0821% su maggior importo variante L. 12.365.870Imprevisti (I.V.A. compresa) L. 56.634.279Totale delle somme a disposizione L. 1.340.423.370 L. 1.340.423.370Importo totale 2ª perizia di variante e suppletiva L. 9.363.662.750Tabella 2.milioniseicentosessantaduemilasettecentocinquanta), dicui L. 8.023.239.380.= (lire ottomiliardivent<strong>it</strong>remilioniduecentotrentanovemilatrecentoottanta)per lavori.MO<strong>DI</strong>FICHE AL PROGETTO – DESCRIZIONE DEI <strong>LA</strong>VORIESEGUITIAl termine dei lavori sono stati realizzati interventi peril 15.25% circa in più rispetto all’importo del contrattooriginario. Trattandosi di lavori di restauro, la cosa nonappare assolutamente al di fuori delle normali variazionirispetto a quelle che possono essere le previsioniiniziali in mancanza di una approfond<strong>it</strong>a campagnadi rilievi e prove, quindi sembrerebbe che tutto si siasvolto nella norma, quasi in modo automatico, asettico,monotono.E invece è proprio qui che nasce la differenza, profonda,con altri interventi di restauro: durante la realizzazionedei lavori si verificano infatti alcune circostanzeche inducono ad apportare profonde modificazionial progetto in corso d’opera, tali da non modificarela natura dell’intervento, che anzi appare infine piùrispettoso della storia dell’edificio, ma da segnare una85


LUIGI DESTRO – MAURO RONCADAsvolta nella stessa filosofia dell’intervento di restauroprogettato.Alcune di queste circostanze rispondono solamenteall’opportun<strong>it</strong>à di venire incontro ad alcune particolariesigenze di ordine tecnico: sotto questo profilo vannointese le variazioni della tipologia dei micropali, realizzaticon la più recente tecnica dell’armatura valvolata,la variazione di sezione delle strutture metallicheportanti in sost<strong>it</strong>uzione delle vetuste colonne in pietra,praticamente tutti i lavori di cui ai nuovi prezzi relativiall’impiantistica, strettamente legata alle mutevoli esigenzenormative, per la quale l’utilizzo di un particolareprodotto in luogo di un altro porta a inev<strong>it</strong>abili variazionidi prezzo, e quindi alla formulazione, appunto, dinuovi prezzi; da chiarire comunque che sempre, primadi passare alla parte amministrativa della formulazionedi nuovi e diversi prezzi, si è operato un confronto conla competente Soprintendenza ed è stato realizzato undettagliato progetto esecutivo, anche di tipo illuminotecnico.Altre circostanze, invece, e su di queste è opportunoporre l’accento, dipendono dalla mutata destinazione86


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO DA PARTE DEL<strong>LA</strong> REGIONE DEL VENETO – GENIO CIVILE <strong>DI</strong> PADOVAd’uso dei locali, frutto in parte delle continue trattativetra il futuro utilizzatore del complesso edilizio, VenetoAgricoltura, struttura regionale che ha inglobatol’ESAV e che la Giunta regionale ha designato comegestore del bene, ed il Comune di Legnaro, nonchédalle innovative tecniche messe a punto dall’industriadel restauro negli ultimi anni ed applicate perché menoinvasive, da variazioni arch<strong>it</strong>ettoniche sugger<strong>it</strong>e dallacompetente Soprintendenza e dalla sent<strong>it</strong>a esigenza direcupero di alcuni beni.Per quanto riguarda la destinazione d’uso dei locali, sipuò affermare che prenda spunto dalla nuova convenzionetra Veneto Agricoltura ed il Comune di Legnaro,concretizzatasi nelle sue linee essenziali durantel’esecuzione dei lavori. Con la stessa è stato fissatoche la parte di edificio assegnata in uso al Comuneper la biblioteca è quella del lotto 3a, vicino al portonecarrabile d’ingresso alla Corte (prima considerata salaconferenze), estremamente luminosa e particolarmenteadatta allo scopo; oltre a detta sala vengono riservati alComune l’atrio, da utilizzare come ludoteca, il bloccoscala, l’ascensore e i servizi al piano terra, la sala riunioni,il blocco servizi, tre stanze ed il relativo corridoio alprimo piano.A questo punto la sala conferenze, dove realizzare convegnied incontri di studio, viene spostata al primo pianodel lotto 4 (grande salone sopra i locali ristorazione),e la sala con le capriate puntellate diviene salone a supportologistico della sala conferenze, ed occasionalmentesalone espos<strong>it</strong>ivo. Realizzandosi al primo piano dellotto 5 il salone espos<strong>it</strong>ivo, viene mutata destinazioned’uso anche alle cantine, da utilizzare come sala mostrae degustazione di prodotti tipici, creando un continuumcon l’ambiente ristorazione del piano terra. Tutta lapalazzina Nord viene riconvert<strong>it</strong>a ad uffici, e lì vienetrasfer<strong>it</strong>o il settore di Veneto Agricoltura che si occupadegli studi e della convegnistica. Tutto facile? no, tuttoquesto provoca inev<strong>it</strong>abilmente variazioni della portatada dare ai solai, dell’impiantistica, del lay-out.Ma procediamo con ordine.Risolti i primi problemi legati alla realizzazione dimicropali diversi, valvolati, che garantiscono unamaggiore portanza e pertanto vengono realizzati innumero minore (ipotesi suffragata dalla prova su paloinfisso che è stata realizzata), sorgono sub<strong>it</strong>o problemilegati alle volte a botte dei locali della cantina, spessein chiave non più di 12 cm, che vengono rinforzatecon calcestruzzo armato cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da un’alta percentualedi materiale fine (filler), detto anche gun<strong>it</strong>e, mache non consentono la realizzazione di un impiantodi riscaldamento dei locali uffici a pavimento: si optaallora per i fan-coils e cambia pertanto l’impiantisticadella zona.Si decide poi, sub<strong>it</strong>o, di non buttare il vecchio portoned’ingresso carrabile, incernierato al piede su ganciinghisati su struttura in trach<strong>it</strong>e, né tantomeno il portoncinod’ingresso su via Roma dal portico del lotto 5,che vengono integralmente restaurati, sino al punto direcuperare la vecchia ferramenta e realizzare ex novole antiche chiavi, della stessa foggia e dimensione(grande) delle originarie.I soff<strong>it</strong>ti di alcune sale del piano terra del lotto 5 sonodecorati, così come era stato fatto rilevare dal progettistastatico, ma per una superficie più estesa diquanto si potesse pensare (a causa dell’annerimentoda fumo di molte travi) e, soprattutto, non appaionoin grado di sopportare il previsto intervento di smontaggioed abbassamento del solaio: si decide allora,con la Soprintendenza, di procedere al restauro inloco, svolto con pazienza certosina (ci perdonino ibenedettini) correggendo preventivamente l’allineamento(si mette in bolla il solaio) con una serie dimicromovimentazioni.Il mancato abbassamento del solaio non permettedi utilizzare appieno la sala superiore, che però dicontro può sopportare, vista la mutata destinazioned’uso, la presenza dei puntoni, sollevando la Direzionelavori dall’ansia del risultato di un pesantissimorecupero strutturale delle capriate, oramai adattatesia lavorare a telaio; il pensiero è stato: «se ci sono ipuntoni, allora non conta granché che le catene sianosollevate» e, sempre in accordo con la Soprintendenza,si decide allora di restaurare detti puntoni,correggendo l’inclinazione delle catene delle capriate87


LUIGI DESTRO – MAURO RONCADAe, sul piano verticale, l’inclinazione delle capriatestesse.Il problema dei nuovi carichi convince la Soprintendenzaa dare il suo assenso per la realizzazione di unasoletta in calcestruzzo, armata, collaborante al solaio inlegno, da realizzarsi con il metodo dei connettori PeterCox. Nella sala sopraindicata però, più antica, si studiaun metodo meno invasivo, necessario per la presenzadei soff<strong>it</strong>ti e delle travi decorati, e si inserisce ad intervalliregolari un piatto in acciaio, bloccato nel legnocon resina epossidica, che serve a bloccare opportunamenteun tavolato nuovo sopra quello da recuperare: siottiene così, anche se più faticosamente lo stesso risultatoin termini di rinforzo.Assieme alla Soprintendenza si è poi proceduto alprevisto restauro della scala in pietra tra il piano terraed il primo piano del lotto 5, in adiacenza al lotto 4,con utilizzo di tassellature, cuc<strong>it</strong>ure ed arpesature edinterventi sulla struttura originaria, senza procedere alcambiamento di nessun pezzo ma solo restaurandolo.Ha fatto segu<strong>it</strong>o l’intervento sulla chiesetta, nella qualegrazie ad una porzione d’angolo del pavimento inbattuto alla veneziana in calce ancora presente è statopossibile riprodurre il disegno originario, con la tecnologiarealizzativa originaria, e nella quale ancora si sonoricostru<strong>it</strong>i gli stucchi, recuperati i marmorini, realizzatal’integrazione del soff<strong>it</strong>to a volta in arelle, ricostru<strong>it</strong>i ilforo porta di comunicazione con l’esterno e la paretedi inserimento dello stesso.Un discorso a parte mer<strong>it</strong>ano i serramenti, sia interniche esterni, in larice; quelli interni massicci e recuperabilisono stati effettivamente recuperati, mentre i nuovisono stati realizzati con le stesse modal<strong>it</strong>à costruttive,in larice massello; i serramenti esterni in legno (larice)sono stati realizzati di forma identica a quelli originari,dopo aver fatto un calco degli stessi, con la sola concessionealla modern<strong>it</strong>à data dal vetrocamera. I serramentidi chiusura degli spazi tra le colonne, o di occlusionedei portici, sono stati realizzati in acciaio con vetroVISARM doppio e fin<strong>it</strong>ura in graf<strong>it</strong>e, concordata con laSoprintendenza per meglio integrarsi, scomparendodalla vista, nel s<strong>it</strong>o di inserimento.Altre piccole modifiche sono state effettuate in sedeesecutiva, tutte dopo attenta discussione e, spesso,dopo realizzazione di elemento di prova in scala 1:1o, nel caso degli intonaci, dopo la realizzazione di unaserie di campioni, ma sarebbe troppo lungo dettagliareognuna di queste.Due invece sono stati gli interventi, a modo di vederedel Genio civile, qualificanti dell’intera opera direstauro, uno meno appariscente all’atto decisionalema ben visibile all’atto pratico e l’altro molto piùappariscente dal punto di vista della discussione,degli studi e della scelta sulla opportun<strong>it</strong>à o meno direalizzarlo ma assolutamente invisibile al vis<strong>it</strong>atore:si tratta, rispettivamente, dei controventi verticalisulle capriate restaurate del lotto 5 e della realizzazionedel rinforzo di murature, pilastri ed archi conplaccaggi in fibra di carbonio.CONTROVENTI VERTICALII controventi verticali, o più propriamente i tirantimetallici di collegamento delle capriate del tetto dellotto 5, derivano dalla necess<strong>it</strong>à di realizzare collegamentileggeri tra le capriate stesse a causa di undifetto generale, ben manifesto, di vertical<strong>it</strong>à. Talistrutture portanti del tetto, di sensibili dimensioni(larghezza 17 m) ma tuttavia più esili rispetto allerestanti dell’intera corte, si è visto potersi considerareancor oggi idonee alla funzione originaria, purchérimangano efficienti i puntelli di rinforzo e si operiqualche intervento localizzato con protesi in acciaio,barre VTR e resina.Tuttavia l’imperfetta vertical<strong>it</strong>à delle capriate, trascinatein un movimento di rotazione rigida dal cedimentofondazionale di una muratura, e l’indispensabile ruolodi appoggio di detti puntelli, individuano una sorta dielemento verticale compresso con una specie di snodo,ovvero di mancanza di continu<strong>it</strong>à, presso l’appoggiodella capriata sul puntello ligneo ed ancora difetti direttiline<strong>it</strong>à in tale elemento compresso più o menomarcati a seconda delle posizioni.88


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO DA PARTE DEL<strong>LA</strong> REGIONE DEL VENETO – GENIO CIVILE <strong>DI</strong> PADOVAUn’anomalia del genere potrebbe innescare, in presenzadei sovraccarichi per neve, alcuni sbandamentilaterali pericolosi, e da qui nasce l’esigenza di una controventaturaverticale tra le capriate adiacenti. È notoche gli sforzi nei controventi causati dai temibilissimifenomeni di instabil<strong>it</strong>à sono fortunatamente modesti,e quindi sono sufficienti aste di controvento di sezionilim<strong>it</strong>ate in un contesto geometrico che deve essereviceversa coerente con diagonali e correnti.Nel caso in esame anziché realizzare una semplicestruttura in tiranti in acciaio si è prefer<strong>it</strong>o studiare unaforma applicativa che, oltre ad assolvere la funzioneprincipale, potesse caratterizzare l’intervento. Da unapubblicazione di Renzo Piano, Progetti e arch<strong>it</strong>etture1987-1994, Milano, 1996 4 (Documenti di arch<strong>it</strong>ettura,78), l’Impresa ha tratto lo spunto per la presentazionedi una proposta che, opportunamente limata e rivistacon l’apporto della Soprintendenza, ha trovato ilnaturale, entusiasta ed unanime consenso nell’operapoi realizzata (piastre di acciaio zincato collegate construttura formata da puntoni in tubolare di acciaio etiranti in tondino liscio) tanto che non solo si inseriscenel contesto storico del s<strong>it</strong>o, ma valorizza l’interventorealizzato sulle capriate e sul tetto, colpendo per ilriusc<strong>it</strong>o connubio tra l’assoluta visibil<strong>it</strong>à e l’altrettantomarcata trasparenza89


LUIGI DESTRO – MAURO RONCADAP<strong>LA</strong>CCAGGI IN FIBRA <strong>DI</strong> CARBONIOL’impiego delle fibre di carbonio nella ristrutturazionestatica ed arch<strong>it</strong>ettonica della Corte benedettinadi Legnaro ha rappresentato una vera e propriasfida, cost<strong>it</strong>uendo uno dei primi importanti esempidi impiego della particolare tecnologia, sia per ledimensioni del lavoro che per le diverse tipologie esoluzioni applicative.Si trattava, come già più volte ricordato, di perveniread un rinforzo di diversi elementi strutturali (fondazioni,murature portanti, solai, capriate ed ord<strong>it</strong>ure dicopertura) con adeguamento alle vigenti normative, nelpieno rispetto dei principi del restauro conservativo esecondo i cr<strong>it</strong>eri, per questo, dettati dalla Soprintendenzaai beni ambientali ed arch<strong>it</strong>ettonici per il VenetoOrientale.Gli interventi di carattere strutturale che si sono evidenziatisono quelli già riportati nelle pagine precedenti,ed in sintesi risultano:– consolidamento delle fondazioni dei muri portanticon la tecnica dei micropali di tipo valvolato;– esecuzione di cordoli di fondazione e nuovi plinti dic.a. per il trasferimento dei carichi gravanti sull’edificioai micropali;– creazione di una platea e muri in c.a. per l’utilizzodel seminterrato;– interventi di consolidamento della massa murariacon la tecnica delle iniezioni di calce add<strong>it</strong>ivata consilici attive (esteri etilici dell’acido silicico);– interventi di consolidamento con aumento dellacapac<strong>it</strong>à portante dei solai lignei, con la tecnica de<strong>it</strong>ralicci metallici (Peter Cox), con rinforzi e connessionialle murature;– creazione di una struttura metallica con passo identicoa quello del porticato esistente per togliere caricoalle esili ed inadeguate colonnine in pietra;– rinforzo della struttura di copertura con inserimentinelle capriate di barre in vetroresina e collegamentidi controventamento in acciaio;– consolidamento delle pareti murarie e delle arcatedel porticato con rinforzi in fibra di carbonio fissateed impregnate con specifiche resine epossidiche.L’applicazione delle fibre di carbonio è risultata estesa,nell’amb<strong>it</strong>o della progettazione globale del restaurodell’edificio, in cui sono state impiegate molte diversemoderne tecnologie di recupero, come sopra ricordato,tutte in sinergia tra di loro.CRITERI <strong>DI</strong> IMPIEGOI cr<strong>it</strong>eri progettuali di impiego delle fibre di carbonioadottati nell’amb<strong>it</strong>o dell’opera complessiva di restauropossono essere così riassunti:– sost<strong>it</strong>uire vantaggiosamente ipotesi di collegamentopiù tradizionali, quali ad esempio l’inserimentodi barre o protesi metalliche, solidarizzandoin modo continuo il rinforzo in carbonio allemurature originali, con l’applicazione di resineappropriate, del tipo epossidico, che eserc<strong>it</strong>anocontemporaneamente un effetto di impregnazionee di attacco;– creare cordolature orizzontali e verticali che sirendevano necessarie per conferire una solidarietàdi insieme, probabilmente carente fino dal primoimpianto ed ulteriormente compromessa dallavetustà della struttura e dalla non manutenzionenegli anni; in particolare, la semplice apposizionedi strisce di rinforzo con resine e l’inserimento dicollegamenti trasversali, sempre in fibra di carbonio,ha consent<strong>it</strong>o la realizzazione di cordolaturecontinue, prive di incertezze sulla continu<strong>it</strong>à delrinforzo, di efficienza paragonabile a quella deicordoli di cemento armato, senza il preliminarericorso all’apertura di brecce, tagli ed analoghiinterventi in qualche modo lesivi della solid<strong>it</strong>àresidua della struttura originale;– creare rinforzi delle arcate del porticato non invasivi,leggeri e garanti nei confronti di distacchi temibilinelle superfici curve di intradosso.90


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO DA PARTE DEL<strong>LA</strong> REGIONE DEL VENETO – GENIO CIVILE <strong>DI</strong> PADOVAMATERIALI UTILIZZATISono stati utilizzati rinforzi unidirezionali in fibra dicarbonio, ad alta tenac<strong>it</strong>à ed alto modulo, e rinforziunidirezionali di fibra di vetro, caratterizzati da unsistema di termosaldatura di una leggerissima tramache ne consente una grande maneggevolezza e facil<strong>it</strong>àdi impiego in cantiere. Le caratteristiche dei materialidi rinforzo utilizzati sono riportate nella tabella chesegue. La larghezza dei nastri utilizzati era compresatra 10 e 20 cm.La laminazione nei tratti continui è stata fatta con trestrati, di cui due di carbonio ed uno di vetro dispostotra il carbonio, realizzando in tale modo una strutturaa sandwich di maggior spessore in modo di dare maggiorecorpo al rinforzo, con risparmio di uno stratodi fibra di carbonio. Le staffature delle arcate sonostate fatte impiegando uno o due strati di rinforzo incarbonio. I passanti ed i collegamenti attraverso lamuratura sono stati realizzati inserendo in appos<strong>it</strong>ifori il rinforzo, già impregnato, ed iniettando successivamenteuna malta epossidica; le estrem<strong>it</strong>à del rinforzopassante sono state co-laminate con il rinforzocontinuo disposto lungo la muratura; si è realizzata intale modo una struttura continua reticolata con caratteristichedi rigidezza e di resistenza del tutto analoghead una membratura di cemento armato. Le resine diimpregnazione ed adesione erano del tipo epossidicobicomponente ad elevate proprietà meccaniche, appos<strong>it</strong>amentemesse a punto.Sul rinforzo laminato sulle murature è stata disposta, aresina ancora non indur<strong>it</strong>a, della sabbia quarzifera perconsentire il successivo aggrappo degli intonaci.Lo spessore del rinforzo, comprendendo la resina, sipuò considerare compreso tra 1 e 1,5 mm.SOLUZIONI PROGETTUALI ADOTTATENel dettaglio, gli schemi di applicazione dei rinforzi infibra di carbonio sono qui sintetizzati ed illustrati daalcuni grafici e fotografie; si segnala in particolare:– creazione di due cordoli che corrono all’altezza deltetto e del soff<strong>it</strong>to. Questi cordoli sono stati ottenutilaminando le due facce del muro, sul lato esterno esul lato interno e collegando i due laminati con rinforzidisposti a ± 45°;– realizzazione, con le stesse tecniche, di cordolatureverticali con funzione in qualche misura equivalentea quella dei pilastri, in grado di resistereanche alle pressoflessioni determinate da azioniorizzontali (vento e deboli azioni sismiche); la con-Tipo di rinforzoDens<strong>it</strong>à della fibra (g/cm 3 )Peso di fibra nel rinforzo (g/m 2 )Carico di rottura della fibra (MPa)Modulo elastico della fibra (GPa)Allungamento a rottura della fibra (GPa)Spessore di calcolo del rinforzoCarico di rottura del nastro (Kg/cm)Carbonio BETONTEX FTSGV 330-UHT1,83204.8002402,00.177860Vetro BETONTEX FTSVV320-UHT2,53002.000732,50,12024391


LUIGI DESTRO – MAURO RONCADA92


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO DA PARTE DEL<strong>LA</strong> REGIONE DEL VENETO – GENIO CIVILE <strong>DI</strong> PADOVAnessione con le cordolature orizzontali determinauna sorta di telaio di cui la struttura originale eratotalmente privaUna particolare attenzione si èdovuta prestare all’interno dell’edificio laddove irinforzi si rendevano necessari in corrispondenzadi lesene aggettanti a sostegno delle sovrastanticapriate.Si evidenzia come importantissimo il ruolo dei cordonipassanti, per conferire conveniente continu<strong>it</strong>à senzascostamenti dal piano originale del rinforzo.– il rinforzo delle arcate con applicazione di fibrenell’intradosso consente di prevenire incipientiparzializzazioni o comunque di ridare continu<strong>it</strong>àin s<strong>it</strong>uazioni di lesioni già presenti: si sottolinea cheil ruolo di collegamento dato dalla resina offre unbuon contributo per prevenire distacchi radiali, ilcui verificarsi avverrebbe in modo fragile. Ulterioregaranzia al riguardo è offerta dai collegamenti radialiche dai paramenti dell’arco risvoltano in intradosso;ovviamente, anche tali staffature contribuisconoad ostacolare il suddetto distacco.CONCLUSIONEResta la conclusione: possiamo dire che la collaborazionecon la Soprintendenza e il decisivo contributodato dalla d<strong>it</strong>ta Schiavina, esecutrice dei lavori, ci hannoresi, come Genio civile della Regione del Veneto,molto immodestamente, fieri del risultato.Altrettanto immodestamente, inv<strong>it</strong>iamo tutti a fareun giro per la Corte benedettina, per sentire le sensazioniche questo complesso edilizio ancora provocain chi lo guarda, pieno di storia, di tradizione e dicultura com’è, e per apprezzare (speriamo) l’interventoesegu<strong>it</strong>o.(Luigi Destro, Direttore responsabile del Genio civile di Padova – Mauro Roncada, il Direttoredei lavori)93


Enrico SchiavinaL’intervento di restauroalla Corte benedettina di LegnaroLegnaro, l’antica Lignarium, mi ha sempre interessatoper la sua storia, per la ricostruzionedell’agricoltura sulle pianure di Padova dopole distruzioni barbariche che ebbero termine col passaggiodegli ultimi longobardi sulla Romea. È nell’828che Gregorio IV pone la Corte benedettina nella giurisdizionedel monastero di Santa Giustina di Padova.I monaci benedettini presenti nel Veneto iniziaronoun’opera di grande bonifica da Padova a Pomposa, aSan Benedetto Po ecc., tentando di recuperare l’anticoreticolo urbanistico della civilizzazione romana.La contessa Matilde di Canossa figlia di Bonifacio diToscana, nipote di Teodaldo ultimo dei re Longobardicivilizzò queste lande allagate apportando nuovimetodi di più moderna conduzione: le partecipanze.Matilde poi, lasciando erede la Chiesa cattolica, fu seppell<strong>it</strong>aall’esterno dell’abside della chiesa di San BenedettoPo, quindi nel 1700, trasfer<strong>it</strong>a per intercessionepontificale a Roma in San Pietro, ove con la regina Cristinadi Svezia, furono le uniche donne importanti cheda allora riposano nell’antica sede cattolica di Roma.Questi i miei ricordi di scuola che probabilmente mifecero fermare quel giorno passando per Legnaro, avis<strong>it</strong>are la Corte benedettina, semidistrutta, ma per laquale il vecchio custode mi disse che vi era in corsoun programma di recupero, per uso scolastico, dellaRegione Veneto. La certezza di numerose antiche laguneche arrivavano sino a Padova, mi faceva pensare aduna presenza di alluvioni che determinarono le coltivazionidi questa terra.Fu una curios<strong>it</strong>à od un presentimento. Mi recai quindialla Soprintendenza di Venezia per fare l’offerta per ilRestauro. Non senza difficoltà vinsi l’appalto, non facileper il nuovo riuso.A segu<strong>it</strong>o dei numerosi r<strong>it</strong>rovamenti di pregevoli decorazionip<strong>it</strong>toriche, la Soprintendenza recuperò l’anticomessaggio di questo glorioso complesso dopo secoli diincuria.Passò quindi alla Regione che ne fece uffici prestigiosi,per ricordare un meraviglioso passato che ogni giornosempre di più si rivelava ai nostri occhi increduli.Le antiche pietre di Legnaro hanno parlato ai moltiinteressati ed hanno indicato la giusta strada da percorrereper il miglior restauro. Dal coordinamento, dalla95


ENRICO SCHIAVINA96


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>competenza delle autor<strong>it</strong>à preposte, dall’esperienza deicostruttori, è risultata un’opera che ha ottenuto moltaammirazione.I lavori furono consegnati all’Impresa Schiavina Enricocon sede a Casalecchio di Reno (Bologna), nell’ottobredel 1997 e ultimati nel luglio 1999. Il fabbricato, compostoda 4 corpi distinti sia come tipologia che comedimensioni per una superficie coperta di circa 2000mq e una superficie utile di circa 3800, si presentava,prima dei lavori, in condizioni alquanto precarie, connotevoli opere di puntellamento per pericoli gravi dicedimenti nelle parti strutturali più deboli quali learcate del portico interno del piano terra, le volte delpiano interrato, le capriate del salone del primo piano.È stato messo sub<strong>it</strong>o grande impegno, sia da parte de<strong>it</strong>ecnici delle amministrazioni appaltanti, Soprintendenzaper i beni monumentali del Veneto Orientalee Genio civile regionale di Padova, sia da parte delladirezione e dei consulenti dell’Impresa appaltatrice,per risolvere al meglio i problemi riscontrati e offrireuna valida soluzione per il recupero integrale di unpatrimonio monumentale importante e molto caro allapopolazione locale.Dal punto di vista delle fin<strong>it</strong>ure, si è voluto ricrearel’ambiente della antica costruzione rurale, utilizzandopavimenti di cotto fatto a mano della stessa pezzaturae irregolar<strong>it</strong>à dell’esistente, ma recuperando, laddovepossibile, i pavimenti antichi che erano visibili o nascostisotto altri più recenti. Così anche gli intonaci, realizzaticon una miscela di calci e terre di colore similea quelli antichi r<strong>it</strong>rovati in alcune parti delle facciate,sono stati applicati a mano per ottenere un effettosimile a quelli delle epoche passate. Le grandi vetrate,gli infissi sobri, gli impianti il più possibile nascostio evidenziati talvolta come corpi tecnologici estraneiall’antico fabbricato, i particolari delle ringhiere, sonoelementi tutti volti a dare un aspetto omogeneo e il piùpossibile rispettoso del monumento.Degno di nota infine è il recupero dell’antica cappelladedicata a santa Giustina, con il restauro degli intonaci,dei soff<strong>it</strong>ti a volta, dei marmorini e della pavimentazionein terrazzo alla veneziana, utilizzata perlungo tempo come officina per auto. Sono inoltre statirecuperati e restaurati i soff<strong>it</strong>ti lignei decorati esistential piano terra nel corpo d’angolo del fabbricato, conun lungo e paziente lavoro di pulizia e fissaggio delledipinture.La ristrutturazione statica ed arch<strong>it</strong>ettonica è stataeffettuata in gran parte con impiego di fibre al carboniocon la progettazione e direzione dell’ing. prof.Raffaele Poluzzi.L’applicazione di materiali compos<strong>it</strong>i in edilizia hasusc<strong>it</strong>ato negli ultimi anni un notevole interesse pressoi progettisti e gli operatori del settore, con incrementodelle opere esegu<strong>it</strong>e e delle problematiche affrontate.Questi materiali, nati negli anni ’60, sull’onda dellaricerca spaziale, hanno trovato un largo impiego innumerosi settori, dall’aerospazio alle applicazioni tecnichee sportive, grazie alle loro elevatissime proprietàmeccaniche, resistenza alla fatica, leggerezza e resistenzaalla corrosione.Solo più recentemente, a partire dal 1985, il carbonioha trovato interesse in edilizia con applicazioni e tecnologieche si sono sviluppate in Giappone, Stati Un<strong>it</strong>ie Canada, principalmente rivolte al recupero di strutturein cemento armato.In Italia, l’applicazione dei materiali compos<strong>it</strong>i è stataintrodotta nel settore edile unicamente a partire daglianni ’90, rivelandosi particolarmente interessante nelrecupero, nella riqualificazione e nel restauro di strutturesia in cemento armato, sia in laterizio, circostanzaquesta di grande rilievo per la presenza nel nostro paesedi un vastissimo patrimonio artistico, che necess<strong>it</strong>adi notevoli interventi di restauro.Si deve notare che, mentre nel caso delle strutture incemento armato si è potuto tenere conto delle esperienzegià sviluppate negli altri paesi e di una vastasperimentazione di laboratorio condotta da Univers<strong>it</strong>àe società private, nel restauro e nel recuperodi strutture in muratura, lo stato dell’arte presentaesperienze più lim<strong>it</strong>ate, pertanto nel caso presentesono stati affrontati cr<strong>it</strong>eri e metodologie, per taluniaspetti, nuovi.Nell’amb<strong>it</strong>o di quest’opera di ristrutturazione, la tecno-97


ENRICO SCHIAVINAlogia del rinforzo con fibre di carbonio è stata utilizzatain larga misura, cost<strong>it</strong>uendo un importante esempiodi applicazione nel recupero di strutture in muratura,sia per le dimensioni del lavoro sia per le tipologie diimpiego.In questa presentazione si vuole, pertanto, dare unaindicazione del lavoro svolto, dei concetti progettualiutilizzati e delle soluzioni applicative impiegate.Il complesso degli edifici si presentava in condizionialquanto precarie, con notevoli opere di puntellamentoper pericoli di cedimenti gravi nelle parti strutturali piùdeboli, quali le arcate del portico interno, le volte del pianointerrato, le capriate del salone del primo piano.Nell’amb<strong>it</strong>o di un reimpiego con destinazioni diverse(sala convegni, spazi espos<strong>it</strong>ivi, biblioteca), si richiedevanointerventi di rinforzo di diversi elementi strutturali(fondazioni, murature portanti, solai, capriate eord<strong>it</strong>ure di copertura), con adeguamento alle attualinormative, il tutto nel rispetto dei principi del restauroconservativo, secondo i cr<strong>it</strong>eri in uso delle Soprintendenzeai beni culturali, nel caso specifico della Soprintendenzaper il Veneto Orientale.Gli interventi di carattere strutturale evidenziati sono iseguenti:Consolidamento delle fondazioni dei muri portanti conla tecnica dei micropali di tipo valvolato, consistente intrivellazioni a profond<strong>it</strong>à variabile (mediamente 12metri) e diametro di 15 cm, nella infissione di armatu-Mappa del complessoLOTTO 3/B-5 LOTTO 3/APIANO TERRALOTTO 498


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>re tubolari di acciaio, recanti nella parte più profondadelle valvole per la iniezione di boiacca di cementoad alta pressione, al fine di creare un bulbo di elevatacapac<strong>it</strong>à portante.Esecuzione di cordoli di fondazione e nuovi plinti incemento armato per il trasferimento dei carichi gravantisull’edificio ai micropali.Creazione di una platea e muri in cemento armato avasca impermeabile per l’utilizzo della parte seminterrata,posta perennemente sotto il livello della faldaacquifera.Interventi di consolidamento della massa muraria,particolarmente slegata e con vuoti consistenti, con latecnica delle iniezioni con silici attive.Interventi di consolidamento con aumento della capac<strong>it</strong>àportante dei solai lignei, con la tecnica dei traliccimetallici e connettori alle cappe di calcestruzzo oai tavolati strutturali, con rinforzi e connessioni allemurature.Creazione di una nuova struttura metallica, con passoidentico a quello del porticato esistente, per toglierecarichi alle esili e inadeguate colonnine in pietratufacea.Rinforzo della struttura di copertura con inserimentinelle capriate di barre di vetroresina e collegamenti dicontroventamento in acciaio inox.Consolidamento delle pareti murarie e delle arcate delporticato con fasce di fibra di carbonio, poste all’internoe all’esterno e connesse con nastri anch’essi in carbonioe fissati con resine. Tale intervento ha permessola creazione di pseudocordoli e pseudopilastri senzaledere l’integr<strong>it</strong>à delle murature esistenti, utilizzandolo strato sottilissimo posto tra la muratura e l’intonaco.L’applicazione delle fibre di carbonio è risultata estesa(pari a circa 1800 m 2 di materiale messo in opera) nell’amb<strong>it</strong>odi una progettazione globale del restauro dell’edificio,in cui sono state impiegate diverse modernetecnologie di recupero, tutte in sinergia tra loro.I cr<strong>it</strong>eri progettuali di impiego delle fibre di carbonioadottati nell’amb<strong>it</strong>o dell’opera complessiva di restauropossono essere così riassunti:Inserimento di barre metalliche o protesi, solidarizzandoin modo continuo il rinforzo in carbonio allemurature originali, con l’applicazione di resine appropriate,che eserc<strong>it</strong>ano contemporaneamente un effettodi impregnazione e di attacco.Creazione di cordolature orizzontali e verticali che sirendevano necessarie per conferire una solidarietà diinsieme, probabilmente carente fino dal primo impiantoed ulteriormente compromessa dalla vetustà dellastruttura e dalla mancata manutenzione. In particolare,la semplice apposizione di strisce di rinforzo con resinee l’inserimento di collegamenti trasversali, sempre infibra di carbonio, ha consent<strong>it</strong>o la realizzazione di cordolaturecontinue, prive di incertezze sulla continu<strong>it</strong>àdel rinforzo, di efficienza paragonabile a quella deicordoli di cemento armato, senza il preliminare ricorsoall’apertura di brecce, tagliole ed analoghi interventi inqualche modo lesivi della solid<strong>it</strong>à residua della strutturaoriginale.Creazione di rinforzi delle arcate del porticato noninvasivi, leggeri e garanti nei confronti di distacch<strong>it</strong>emibili nelle superfici curve intradossali.Sono stati utilizzati rinforzi unidirezionali in fibra dicarbonio, ad alta tenac<strong>it</strong>à ed alto modulo, e rinforziunidirezionali di fibra di vetro, caratterizzati da unsistema di termosaldatura di una leggerissima tramache ne consente una grande maneggevolezza e facil<strong>it</strong>àdi impiego in cantiere.La larghezza dei nastri utilizzati era compresa tra 10 e20 cm.La laminazione nei tratti continui è stata fatta con trestrati di cui due di carbonio ed uno di vetro dispostotra il carbonio, realizzando in tale modo una strutturaa sandwich di maggior spessore in modo di dare maggiorecorpo al rinforzo, con risparmio di uno strato difibra di carbonio.Le staffature delle arcate sono state fatte impiegandouno o due strati di rinforzo in carbonio.I passanti ed i collegamenti attraverso la muratura sonostati realizzati inserendo in appos<strong>it</strong>i fori il rinforzo, giàimpregnato, ed iniettando successivamente una maltaepossidica; le estrem<strong>it</strong>à del rinforzo passante sono stateco-laminate con il rinforzo continuo disposto lungo99


ENRICO SCHIAVINAVisione del porticato prima dell’intervento.Mura esterne e stato delle colonne, prima dell’intervento.Vista del cantiere.la muratura; si è realizzata in tale modo una strutturacontinua reticolata con caratteristiche di rigidezza edi resistenza del tutto analoghe ad una membratura dicemento armato.Le resine di impregnazione ed adesione erano del tipoepossidico bicomponente ad elevate proprietà meccaniche,appos<strong>it</strong>amente messe a punto curando pure lamessa in opera dei rinforzi.Sul rinforzo laminato sulle murature è stata disposta, aresina ancora non indur<strong>it</strong>a, sabbia quarzifera per consentireil successivo aggrappo degli intonaci.Lo spessore del rinforzo, comprendendo la resina, sipuò considerare compreso tra 1 e 1,5 mm.Con le stesse tecniche, di cordolature verticali confunzione in qualche misura equivalente a quella deipilastri, in grado di resistere anche alle pressoflessionideterminate da azioni orizzontali (vento e deboli azionisismiche); la connessione con le cordolature orizzontalidetermina una sorta di telaio di cui la struttura originaleera totalmente priva.Una particolare attenzione si è dovuta prestare all’in-100


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>terno dell’edificio laddove i rinforzi si rendevano necessariin corrispondenza di lesene aggettanti a sostegnodelle sovrastanti capriate.Nelle seguenti figure è evidente il ruolo dei cordonipassanti per conferire conveniente continu<strong>it</strong>à senzascostamenti dal piano originale del rinforzo.Il rinforzo delle arcate con applicazione di fibrenell’intradosso, consente di prevenire incipientiparzializzazioni o comunque di ridare continu<strong>it</strong>à ins<strong>it</strong>uazioni di lesioni già presenti: si sottolinea cheil ruolo di collegamento dato dalla resina offre unbuon contributo per prevenire distacchi radiali, ilcui verificarsi avverrebbe in modo fragile. Ulterioregaranzia al riguardo è offerta dai collegamenti radialiche dai paramenti dell’arco risvoltano in intradosso;ovviamente, anche tali staffature contribuiscono adostacolare il suddetto distacco.Con le indispensabili indagini stratigrafiche sono statieffettuati importanti r<strong>it</strong>rovamenti; numerosi i recuperi,già preannunciati, delle decorazioni sui solai.SOFFITTO A CASSETTONI DECORATO (A)Le decorazioni del soff<strong>it</strong>to ligneo, risalenti al XVIIIsecolo erano in pessimo stato di conservazione. Umid<strong>it</strong>àed infiltrazione d’acqua avevano indebol<strong>it</strong>o la struttura,peraltro già minata dall’attacco di insetti xilofagi.Erano evidenti in alcune parti del soff<strong>it</strong>to, radicaliinterventi di rinforzo del solaio, ricorrendo in alcunicasi alla sost<strong>it</strong>uzione dell’ass<strong>it</strong>o.La totale mancanza di preparazione ha consent<strong>it</strong>o allegno di assorbire il legante del colore, rendendolo fragilee farinoso. Molte quindi le cadute di colore diffusesu tutta la superficie dipinta.L’ utilizzo di oli e vernici nel corso dei decenni al finedi proteggere il legno, hanno infine alterato il coloreoffuscandone la brillantezza. Per la presenza di uncamino e per l’incuria, polveri e fuliggini si sono depos<strong>it</strong>atisulla superficie dipinta formando una pellicolascura ed untuosa.È stata utilizzata una metodologia di intervento conSezione corpo principale con cordoli (evidenziati)Prospetto cordoli con teli di placcaggioPROSPETTO CORDOLICON TELI <strong>DI</strong> P<strong>LA</strong>CCAGGIO IN FIBRA<strong>DI</strong> CARBONIO SUL<strong>LA</strong> MURATURAPIANTA <strong>DI</strong>SPOSIZIONE TELI <strong>DI</strong> P<strong>LA</strong>CCAGGIOIN FIBRA <strong>DI</strong> CARBONIO SUL<strong>LA</strong> MURATURAE NASTRI <strong>DI</strong> COLLEGAMENTODisposizione teli di placcaggio101


ENRICO SCHIAVINAProspetto nord.Prospetto sud.102


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>preconsolidamento cautelativo del colore, con iniezionie velinature con resine (primal AC 33 dilu<strong>it</strong>e inacqua). Pul<strong>it</strong>ura della superficie con impacchi di cartagiapponese e acqua distillata e seguente tamponaturacon spugne ed acqua distillata al fine di mettere primain sospensione lo sporco, poi di asportarlo defin<strong>it</strong>ivamente.A questo punto si è proceduto ad una accurata disinfestazionedella parte lignea dagli insetti xilofagi tram<strong>it</strong>epiù stesure di prodotti disinfestanti trasparenti. Dopoquest’operazione è segu<strong>it</strong>o un periodo di areazione deilocali, di circa tre giorni, ove venne effettuato il trattamento.Cordolo superiore esterno con rinforzo in carbonio.SOFFITTO A CASSETTONI DECORATO RICOPERTO <strong>DI</strong> TEM-PERA BIANCA (B)Il soff<strong>it</strong>to ligneo si presentava coperto da due stratisuccessivi di tempera (probabilmente calce) dai qualiaffiorava la sottostante decorazione originale. Data lapovertà dei materiali e la tecnica di esecuzione non corretta,il colore originale era molto lacunoso e in alcunipunti traspariva il legno del fondo. Se poi aggiungiamoil fatto che in epoche successive è stato ricoperto nellasua total<strong>it</strong>à da due mani di tempera bianca, la condizioneattuale del colore è molto frammentaria. La decorazioneprobabilmente risalente al XVIII secolo è stataesegu<strong>it</strong>a con tempera, direttamente sul fondo ligneo,senza una adeguata imprim<strong>it</strong>ura. I movimenti naturalidel legno, non ammortizzati da questa hanno causatola caduta di frammenti di colore. Con tutta probabil<strong>it</strong>àl’intervento di copertura successivo si è reso necessarioa causa della lacunos<strong>it</strong>à dell’opera. Inoltre il legantedella tempera è stato assorb<strong>it</strong>o dal fondo causando lapolverizzazione dello strato di colore.Lo stato di conservazione era quindi cattivo e la rimozionedello scialbo era da eseguire con estrema cautela,a secco con l’ausilio di bisturi e poteva causare in alcunipunti la perd<strong>it</strong>a di frammenti originali che avevanoader<strong>it</strong>o agli strati superficiali. Il colore presentavamacchie scure probabilmente dovute all’affiorare delCordolo superiore interno ottenuto con rinforzo in carbonio.Cordolo verticale esterno ottenuto con rinforzo in fibra al carbonio.103


ENRICO SCHIAVINAtannino contenuto nel legname.Il legno usato per il soff<strong>it</strong>to aveva sub<strong>it</strong>o un ingenteattacco da parte di insetti xilofagi soprattutto sui traviportanti.Il restauro è stato esegu<strong>it</strong>o con pul<strong>it</strong>ura comprendentela rimozione degli strati di tinta sovrappostiall’originale in epoche successive. Dato lo stato diconservazione del colore si è proceduto ad una rimozionecon mezzi meccanici (bisturi) a secco, esegu<strong>it</strong>ocon molta cautela per ev<strong>it</strong>are il distacco dal supporto280 1504303TELO IN FIBRA <strong>DI</strong> CARBONIOTELO IN FIBRA <strong>DI</strong> CARBONIOTELO IN FIBRA <strong>DI</strong> CARBONIO121280 1502TELO IN FIBRA <strong>DI</strong> CARBONIOCordoni passanti per conferire continu<strong>it</strong>à alla struttura.104


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>del colore originale.Fissaggio precauzionale del colore mediante iniezionia bassa pressione di resina acrilica nelle zone dove ilcolore è distaccato dal supporto.Consolidamento mediante imbibizione con resinaacrilica in bassa percentuale in solvente (Paraloide B72) da eseguirsi a spruzzo e/o pennello a seconda dellecondizioni del colore.Protezione da attacchi di insetti xilofagi medianteimbibizione del supporto con Permetar in solvente daapplicarsi a pennello.Integrazione p<strong>it</strong>torica seguendo gli accordi con laDirezione Lavori.Cordoli interni orizzontali e verticali, immagine d’insiemedella struttura di rinforzo.Connessioni in un pilastro interno.Connessioni esterne attraverso la muratura. Sullo strato di rinforzoin vetro, sarà successivamente laminato il rinforzo in carbonio.105


<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>SOFFITTO SCURO CON CAMINO GRANDE (C)L’integrazione p<strong>it</strong>torica al soff<strong>it</strong>to presentava in passatodecorazioni simili a quelle esistenti nei localicontigui, ma a causa degli interventi sub<strong>it</strong>i in passato edall’incuria era completamente illeggibile. Trattandosiprobabilmente di decorazioni esegu<strong>it</strong>e con temperedirettamente su legno, che presentavano già in partenzaproblemi conservativi dovuti alla cattiva esecuzione,si doveva aggiungere che erano stati ricoperti da mordentescuro e gommalacca che avevano completamentealterato il colore originale. Questi materiali avevanoPIASTRA SALDATA ALL’HE140B<strong>LA</strong>TO ESTERNOTRAVETTI <strong>DI</strong> LEGNO SO<strong>LA</strong>IODEL PORTICO H=14cmCOLLEGAMENTI PASSANTInº 2 ANGO<strong>LA</strong>RI L 100Piatto 140x10 verticalesaldato alla piastraPiastra 490x140x10saldato all’HE140B lato esternoHE140BTELO <strong>DI</strong> P<strong>LA</strong>CCAGGIO IN FIBRA<strong>DI</strong> CARBONIO LONGITU<strong>DI</strong>NALICORRENTIHE200BCOME DA PROGETTO IN CORRISPONDENZADELLE COLONNECOLLEGAMENTI <strong>DI</strong> FIBRA<strong>DI</strong> CARBONIO RA<strong>DI</strong>ALITELO <strong>DI</strong> P<strong>LA</strong>CCAGGIO IN FIBRA<strong>DI</strong> CARBONIO SULL’INTRADOSSODELL’ARCOParticolare rinforzo arcate con applicazione nell’infradosso e collegamenti radiali.106


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>Vista laterale prospetto sud.Rinforzo delle arcate con collegamenti radiali e staffature.Si può osservare che il rinforzo è già trattato per ricevere l’intonaco.Particolare del rinforzo sotto le capriate.Rinforzo all’introdasso delle arcate.macchiato la tempera fino a renderla completamenteindecifrabile. Data la natura della p<strong>it</strong>tura originale eraormai impossibile riuscire a rimuovere le sostanze chene avevano alterato la cromia. Lo stato di abbandono,l’incuria e gli interventi esegu<strong>it</strong>i in passato fra cui lasost<strong>it</strong>uzione di alcune tavole avevano danneggiato inmodo irreversibile le decorazioni.SOFFITTO A CASSETTONI IN LEGNO (D)Lo stato di conservazione del colore, steso direttamentesul legno senza una adeguata preparazione, eracattivo. Soprattutto a causa dell’usanza in passato diproteggere il legno e ravvivare le decorazioni con vernicie impregnanti.107


ENRICO SCHIAVINAData la povertà di legante del colore, questo avevacompletamente inglobato le sostanze e ne risultavaalterato e oscurato pur essendo ben ancorato al supporto.Lo strato di colore, per altro molto sottile, tantoda far intravedere in alcuni punti il supporto ligneo,aveva assorb<strong>it</strong>o all’interno queste sostanze e la pul<strong>it</strong>uranon era possibile in quanto le due cose non eranoseparabili senza creare danni.Si è così proceduto per il restauro:Rimozione dello sporco superficiale depos<strong>it</strong>atomediante l’ausilio di mezzi meccanici non abrasivi(spugne Wishab e pennelli di setola morbida). Consolidamentodel supporto e del colore mediante impregnazionecon resina acrilica in bassa percentuale in solvente(Paraloid B 72). Trattamento contro attacco diinsetti xilofagi con prodotto tipo Permetar in solvente.Aspetto di un’ala esterna dell’edificio al termine del restauro.Aspetto dell’edificio interno al termine del restauro.108


Indagini stratigrafiche109


ENRICO SCHIAVINA110


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>Stratigrafie cappellaEX CHIESETTASCA<strong>LA</strong> 1:50PARETE NORDPARETE SUDPARETE EST111


ENRICO SCHIAVINAIndagini stratigrafiche112


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>PARETE SUDEX CHIESETTAPARETE NORDEX CHIESETTA113


ENRICO SCHIAVINAPARETE ESTEX CHIESETTA114


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>STRATIGRAFIE CAPPEL<strong>LA</strong>I radicali interventi sub<strong>it</strong>i dall’intero complesso, acausa di numerosi cambiamenti di utilizzo degli spazi,non avevano certo risparmiato la cappella, trasformatain ultimo in autorimessa. Testimoni di questo cambiamentoi numerosi strati di tinte, a calce bianca, che sisusseguivano uguali ed uniformi sulle pareti, un tempodecorate con finti marmi e marmorini. Lo stato delcolore, riportato a vista tram<strong>it</strong>e asportazione delletinte sovrastanti con mezzi meccanici, era discreto eduniforme.Campione n. 1(Parete nord interno cornice sinistra).Decorazione molto semplice a finto marmo di tonal<strong>it</strong>àblu, r<strong>it</strong>rovata sotto numerosi strati di bianco di calceuguali, racchiusa da cornici in basso rilievo di giallopaglierino.115


<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>STRATIGRAFIE CAPPEL<strong>LA</strong>Campione n. 2(Parete nord camp<strong>it</strong>ura centrale liscia).Unico colore r<strong>it</strong>rovato giallo paglierino. Molto frammentato,utilizzato anche nella volta. R<strong>it</strong>roviamo lostesso colore di tonal<strong>it</strong>à più scura, sulle cornici.116


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>STRATIGRAFIE CAPPEL<strong>LA</strong>Campione n. 3(Parete nord cornice su lesena centrale).Si ripete il finto marmo già analizzatonel campione n. 1. La corniceesegu<strong>it</strong>a a marmorino di color giallo.117


ENRICO SCHIAVINASTRATIGRAFIE CAPPEL<strong>LA</strong>Campione n. 4 (1)(Parete nord, strisciata verticalecomprendente parete, cornice orizzontalee volta).La camp<strong>it</strong>ura gialla, visibile dall’indagine,confermava ciò cheprecedentemente poteva solo essereipotizzato, ossia che volte e paretierano dipinti per camp<strong>it</strong>ure uniformidi giallo paglierino, mentre lecornici, di poco più scure, ne delim<strong>it</strong>avanogli spazi.118


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>STRATIGRAFIE CAPPEL<strong>LA</strong>Campione n. 4 (2)(Parete nord, strisciata verticale comprendenteparete, cornice orizzontalee volta).La camp<strong>it</strong>ura gialla, visibile dall’indagine,confermava ciò che precedentementepoteva solo essereipotizzato, ossia che volte e paretierano dipinti per camp<strong>it</strong>ure uniformidi giallo paglierino, mentre lecornici, di poco più scure, ne delim<strong>it</strong>avanogli spazi.119


ENRICO SCHIAVINASTRATIGRAFIE CAPPEL<strong>LA</strong>Campione n. 5(Parete sud, strisciata verticale comprendenteparete, cornice orizzontalee volta).L’indagine esegu<strong>it</strong>a su una diversaparete rispetto al campione n. 4, ciè serv<strong>it</strong>a per confermare il succedersidelle varie camp<strong>it</strong>ure.120


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>STRATIGRAFIE CAPPEL<strong>LA</strong>Campione n. 9(Parete est interno cornice sinistra a forma di quadrifoglio).Im<strong>it</strong>azione di marmo, le vene delle lastre rappresentatedisegnano dei rombi uno interno all’altro. Di gradevolefattura ed in discreto stato di conservazione.121


ENRICO SCHIAVINAStratigrafie corridoiPARETE NORDSCA<strong>LA</strong> 1:50LOTTO 5 – PARETE OVESTSCA<strong>LA</strong> 1:50122


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>STRATIGRAFIE CORRIDOIO 2° PIANO <strong>LA</strong>TO ESTUlteriori sondaggi furono effettuati nel corridoio delsecondo piano, nell’ala est del complesso. La ricerca dimotivi decorativi ha dato es<strong>it</strong>i negativi, in compenso haforn<strong>it</strong>o dati interessanti concernenti il susseguirsi dellecamp<strong>it</strong>ure colorate.Campione n. 11(Parete nord, sovraporta)La camp<strong>it</strong>ura evidenzia cinque strati differenti rapportatianche sulla cornice.0) Strato preparatorio, parete: malta/cornice: stucco1) Parete: bianco calce (decoeso)/cornice: ocra2) Parete: colore velato di tonal<strong>it</strong>à ocra su fondo biancocalce/cornice: giallo paglierino3) Parete: azzurro polvere (distaccato)/cornice: terradi siena4) Parete: azzurro freddo chiaro/cornice: ocra5) Colore attuale (sporco), parete: bianco calce/cornice:ocraIn tutti i casi quindi si distingueva la cornice dalle pareti,usando colori diversi.123


ENRICO SCHIAVINACampione n. 12(Parete nord, volto di gesso sovraporta).0) Materiale cost<strong>it</strong>utivo: gesso1) Terra d’ombra naturale2) Irreperibile (frammenti azzurri)3) Terra di Siena naturale4) Colore attuale a smalto avorio scuro124


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>Campione 15(Parete ovest, comprendente cornicee volta).Come si supponeva, sono statiriscontrati gli stessi colori del campionen. 11, ad eccezione dello stratoinesistente nel campione 15.125


ENRICO SCHIAVINAA segu<strong>it</strong>o dei lavori di ristrutturazione del complessobenedettino, all’interno della corte è stata poi individuatasotto l’attuale pavimentazione un’altra piùantica.In una prima raffigurazione risalente alla fine del XVIsec. (tav. 1) il nucleo originale del fabbricato delim<strong>it</strong>avaa nord e ad est una corte di forma rettangolareche risultava invece chiusa sui lati sud ed ovest da unmuro di recinzione. Tale muro era dotato sul lato occidentaledi una costruzione interpretata come torrettao forno e doveva cingere esternamente i due corpi difabbrica dell’edificio sino a raggiungere gli assi varilungo i quali esso sorgeva. Il disegno non evidenziavain questa fase all’interno della corte alcun tipo di pavimentazione.Nella successiva pianta risalente al ’700 (tav. 2) sinotavano i prolungamenti delle due ali est e nord el’ampliamento della corte verso ovest e sud. All’internodi quest’ultima, nel disegno, un’area (denominata ara)veniva distinta dal resto dello spazio aperto. Essa occupavala posizione della precedente corte cinquecentescae sembrava ora essere provvista di pavimentazionenonché di un muretto o cordolo che la delim<strong>it</strong>ava.Con l’intento di individuare le tracce di queste strutturepreesistenti e le loro relazioni, sono stati effettuatiquattro saggi preliminari al di sotto della pavimentazionemoderna nei punti indicati nel prospetto assonometricoin scala 1:100.L’intervento è stato esegu<strong>it</strong>o tra il 12 ed il 16 aprile1999.Saggio I(Plan. 1; sez. 1)Esegu<strong>it</strong>o per individuare i resti del muro meridionaledella corte del ’500.In segu<strong>it</strong>o all’asportazione della pavimentazionemoderna e della sua preparazione fu individuato a sudun pavimento composto da mattoni di 2631339 cmcon tracce di un rivestimento in b<strong>it</strong>ume (US 3), allettatisu una malta cementizia di colore bianco (US 4), mentrea nord sotto pochi cm comparve la pavimentazionein lastre di cotto di 3433433 cm già esposta altrove(US 5). Questi due piani pavimentali erano separatida una cesura nella quale erano visibili la preparazionedel pavimento US 3 composta di sabbia limosa assaidepurata di colore grigio (US 9) ed il muro US 8 (fig. 1,2). La preparazione US 9 sigillava una sottofondazione(US 11) composta di blocchi di malta e frammentilaterizi ricavati da elementi pavimentali e coppi larga55 cm (fig. 3, 4). Dalla parte superiore di tale strutturaproveniva un frammento ceramico. In sezione (fig. 5,6) il taglio (US 10) presentava un profilo con paretioblique e fondo concavo.US 8 era la fondazione di un muro o muretto reper<strong>it</strong>olim<strong>it</strong>atamente ad una profond<strong>it</strong>à di ca. 30 cm. Essa eracost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da due allineamenti di facciata di mattoni d<strong>it</strong>aglia uguale a quelli usati per il pavimento US 3 e dauna centrale di mattoni spezzati. Tale fondazione servivaper allettare un unico corso di mattoni ortogonaliche si differiscono dai precedenti per il colore giallinoe la composizione sabbiosa. Il taglio di fondazione d<strong>it</strong>ale muro (US 7), come si evince dalla sez. 1, incidevatutte le US fin qui descr<strong>it</strong>te e dunque andava consideratocome la struttura più recente reper<strong>it</strong>a nel saggio.US 12 era un terreno di argilla limosa di colore marronecon scarsa presenza di frustoli laterizi. Esso era ilpiano di posa del pavimento US 5 allettato su uno stratodi malta sabbiosa compatta di colore giallo (US 6)(fig. 7). A sud della sottofondazione US 11 esso comparivaad una quota inferiore probabilmente inciso percreare la preparazione del pavimento US 3.Saggio II(Plan. 2)Esegu<strong>it</strong>o per individuare il lim<strong>it</strong>e occidentale della pavimentazionee l’eventuale muro perimetrale del ’500.La complessa s<strong>it</strong>uazione evidenziata nel saggio I era quiassente. La pavimentazione US 5 si interrompeva ad126


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>ovest in corrispondenza del lim<strong>it</strong>e della pavimentazionein trach<strong>it</strong>e, ma nessun muro era stato individuato.Al contrario vennero poste in luce almeno altre quattrofile di blocchi di malta (US 13) della stessa taglia dellelastre di US 5 e con esse perfettamente allineati (fig. 9,10). Essi poggiavano direttamente su US 12 risultandopesantemente danneggiati da spoliazioni successive.Siccome la preparazione della pavimentazionemoderna sigillava direttamente ed in parte si mescolavaagli elementi non in posto di US 13 pensammoche tale danneggiamento potesse essere avvenuto inepoca recente. La natura di tale piano era ambigua. Ilmateriale con il quale sono fatti faceva pensare ad unamalta per l’allettamento delle lastre di US 5 che quindisarebbero qui state prelevate per altro scopo. Tuttavial’accurata fattura di alcuni blocchi (fig. 13, 14) potevafare pensare ad una pavimentazione anteriore ad US 5.Fu rimosso l’angolo della pavimentazione in trach<strong>it</strong>eper vederne il rapporto con quella sottostante. Essariposava sulla medesima preparazione della pavimentazionemoderna che sigillava US 5 e 13; era dunqueun manufatto moderno (fig. 11). Sotto ad essa una solalastra di US 5 era presente, mentre il piano di malta US13 era qui ben conservato (fig. 12).Verso ovest US 13 si interrompeva bruscamente ed ilterreno di appoggio US 12 compariva un<strong>it</strong>ariamente.Tuttavia proprio presso il lim<strong>it</strong>e del saggio comparveroaltri due blocchi assai compatti e levigati (fig. 14).Si rese dunque necessaria l’apertura più ad ovest delsaggio IV per cercare di individuare il lim<strong>it</strong>e della pavimentazione.Saggio III(Fig. 15, 16)Esegu<strong>it</strong>o per individuare il lim<strong>it</strong>e meridionale del pianopavimentale US 3.Il rivestimento di b<strong>it</strong>ume di US 3 era qui conservatoperfettamente. Esso era delim<strong>it</strong>ato da un canale fognariomoderno. Ma più che tagliato da quest’ultimo, ilpavimento sembrava ad esso relato. A conforto di questaipotesi era anche il fatto che a sud di tale canaletta,fu trovato il terreno sterile mentre un sondaggio sottola pavimentazione (fig. 16) rivelava la presenza dellapreparazione di sabbia limosa grigiastra US 9 già individuatanel saggio I che qui si reperiva parzialmentesino ad una profond<strong>it</strong>à di 30 cm.Esternamente alla canaletta moderna una trincea diapprofondimento per evidenziare eventuali preesistenzenon fornì indicazioni apprezzabili.Saggio IV(Plan. 3)Esegu<strong>it</strong>o per individuare il lim<strong>it</strong>e occidentale della pavimentazionee l’eventuale muro perimetrale del ’500.Fu rinvenuto ancora il piano US 13 immediatamentesotto la pavimentazione moderna.In questo settore esso risultò particolarmente sconvolto,ma qualche lastra era ancora in posto (fig. 17, 18).Esso terminava in corrispondenza di un muro (US 15),ma il cattivo stato di conservazione non consentiva dideterminare se i blocchi erano tagliati dalla sua trinceadi fondazione (US 14) (fig. 20). Il muro era cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>oda un solo filo di mattoni posti ortogonalmente di fatturae di dimensioni uguali a quelli di US 8 (fig. 19). Aovest esso era dotato di un contrafforte in laterizi cheosp<strong>it</strong>ava un blocco di pietra cubico squadrato su trelati con la parte superiore lavorata a formare una baseottagonale (US 16). A ovest sotto allo strato di riportofu r<strong>it</strong>rovato US 12 che qui risultava particolarmenteperturbato dalle radici di un albero.Pur nell’incertezza della loro attribuzione funzionalepotevamo considerare i piani US 5 e 13 pertinenti aduna fase antica della corte. I loro lim<strong>it</strong>i di reperimentocoincidono con la posizione dei muri di recinzionidella pianta del XVI sec. Dunque tale pianta seppurecon uno stile figurativo ci fornì dati presumibilmenteaffidabili. La corte originariamente doveva avere una127


ENRICO SCHIAVINAforma rettangolare e ad ovest essa si estendeva sino acomprendere il terzo portico del corpo arretrato dell’alasettentrionale ben visibile nel disegno (tav. 1). Lefondazioni presso le quali questo o questi piani pavimentalisi arrestavano, per ragioni stratigrafiche e d<strong>it</strong>ecnica costruttiva, non sembravano però potere essereidentificate con l’originale muro di cinta del ’500.L’unica struttura che poteva in qualche modo esserelegata alle US 13 e 5 era la sottofondazione US 11 chetuttavia avevamo identificato solo sul lato meridionale.La fondazione a ovest (US 15) presso la quale siarrestava US 13, come abbiamo detto, era probabilmenteposteriore, ma è comunque possibile che talestruttura sia stata costru<strong>it</strong>a in corrispondenza di untracciato più antico. Tale fondazione evidenziava adogni modo almeno due fasi di utilizzo: oltre a quellamoderna durante la quale il basamento in pietra US 16non era visibile, una seconda precedente doveva avereun piano d’uso alla base di tale elemento. La zonaindagata in questo settore era troppo lim<strong>it</strong>ata e risultaparticolarmente danneggiata dalle radici di un alberovicino; ulteriori indagini sarebbero state necessarie perchiarire ad esempio la relazione tra le due fondazioni8 e 15, l’eventuale presenza di un muro preesistente aquest’ultimo o per accertare l’esistenza della costruzionerappresentata in tav. 2.Anche il piano pavimentale US 3 fu reper<strong>it</strong>o solamentea sud della pavimentazione antica. Esso eradelim<strong>it</strong>ato a nord dal muro US 8 e a sud dal canaledi scolo moderno. L’impressione era che tutte le USidentificate facessero parte di un complesso sistemadi isolamento e impermeabilizzazione pertinente allapavimentazione moderna. L’area compresa fra questedue strutture veniva sottoscavata per una profond<strong>it</strong>àignota (superiore comunque a 30 cm) e quindi riemp<strong>it</strong>ada un primo strato di sabbia limosa (US 9), sul qualeveniva steso uno strato di malta (US 4) per la posa inopera di una prima pavimentazione in mattone (US 3).Tale superficie veniva poi impermeabilizzata con unostrato uniforme di b<strong>it</strong>ume. Quindi una seconda gettatadi sabbia più grossa (US 2) forniva il piano di posa peril pavimento attuale. Dunque se tale ipotesi fosse stataesatta difficilmente in quest’area vi sarebbero dovuteessere conservate tracce della corte del ’700.DESCRIZIONE STRATIGRAFIE1. Pavimentazione moderna (Sez. 1).2. Preparazione per l’allettamento della pavimentazionemoderna cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o di sabbia a grana grossadi colore giallo scuro mista a frammenti laterizi edi blocchi di malta (Sez. 1).3. Pavimentazione cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da mattoni di colorerosso di 2631339 cm originariamente rivest<strong>it</strong>i dib<strong>it</strong>ume (Plan. 1; sez. 1).4. Malta di allettamento di pavimentazione 3 cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>ada un impasto sabbioso assai compatto dicolore bianco misto a piccoli frammenti laterizi(Sez. 1).5. Pavimentazione cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da lastre in cotto3433433 cm (Plan. 1, 2; sez. 1).6. Malta di allettamento di pavimentazione 5 cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>ada una malta sabbiosa compatta di coloregiallo (Sez. 1).7. Taglio di fondazione per l’inserimento del muro 8(Plan. 1; sez. 1).8. Fondazione di probabile muro o muretto realizzatacon mattoni di 2631339 cm scavata parzialmenteper una profond<strong>it</strong>à di ca. 30 cm. Essa sicompone di due file esterne di mattoni separatidal taglio da un sottile strato di malta e da unafila centrale realizzata con mattoni spezzati peruna larghezza totale di 40 cm. Per l’ultimo assesono stati utilizzati mattoni dello stesso moduloma spessi solo 3 cm. Tale fondazione cost<strong>it</strong>uisce ilpiano di posa per una fila di mattoni dello stessomodulo di colore giallo scuro posti ortogonalmenteai precedenti (Plan. 1; sez. 1).9. Preparazione per il pavimento 3 cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a dasabbia limosa depurata assai fine di colore grigio(Plan. 1; sez. 1).10. Taglio per l’inserimento della fondazione 11 conpareti oblique e fondo concavo (Plan. 1; sez. 1).128


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>11. Probabile fondazione a sacco profonda ca. 20cm e larga 55 cm cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da blocchi di maltasabbiosa di colore bianco-giallognolo e da frammentilaterizi (coppi ed elementi pavimentali). Unframmento ceramico è stato rinvenuto nella partesuperiore (Plan. 1; sez. 1).12. Terreno cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da argilla limosa di colore marronecon sporadica presenza di piccoli frammentilaterizi su cui si è impostata la pavimentazione 5.Tagliato da 7 e 10 (Plan. 1, 2, 3; sez. 1).13. Blocchi di malta 3433433/4 cm conservati inmaniera lacunosa. Dal momento che essi riprendonofedelmente l’allineamento delle lastre delpavimento 5, potrebbe trattarsi del piano di allettamentodi quest’ultimo; in questo caso essi sarebberoda uguagliare a 6. Tuttavia la compattezza dialcune lastre potrebbero indicare la presenza diuna pavimentazione anteriore a 5 (Plan. 2,3).14. Taglio di fondazione di muro 15 (Plan. 3).15. Fondazione di muro o muretto di profond<strong>it</strong>àignota, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da un solo filo di mattoni di2631339 cm posti ortogonalmente al taglio. Uncontrafforte esterno cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da frammenti lateriziosp<strong>it</strong>a 16.16. Blocco di pietra di forma cubica (30330330 cm)con pareti levigate su tre lati e parte superiorelavorata a formare una base ottagonale larga 24cm (Plan. 3).129


ENRICO SCHIAVINAParticolare della Corte con i corpi di fabbrica. Planimetria del 1500: PIAZZO<strong>LA</strong> SUL BRENTA, Archivio di Villa Contarini130


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>Disegno ad acquerello raffigurante la Corte di Legnaro nell’anno 1795 (ASP, Santa Giustina, 560, dis. 12).131


ENRICO SCHIAVINALegnaro (PD) 1999 Corte benedettinaSaggio I – Aree A+CSezione 1 – Scala 1:20Legnaro (PD) 1999 Corte benedettinaSaggio I – Aree A+CPlanimetria 1 – Scala 1:20132


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>Legnaro (PD) 1999 Corte benedettinaSaggio II – Aree A+CPlanimetria 2 – Scala 1:20133


ENRICO SCHIAVINALegnaro (PD) 1999 Corte benedettinaSaggio IV – Area alberiPlanimetria 3 – Scala 1:20134


Particolari fotografici dei vari sondaggisugli antichi pavimenti esterni di cotto(sec. XVII-XVIII)135


ENRICO SCHIAVINASAGGIO I esegu<strong>it</strong>o per individuare i resti del muro meridionale della corte del ’500. Aree A+C. Planimetria 1.136


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>SAGGIO I. Aree A+C. Planimetria 1. SAGGIO I. Aree A+C. Planimetria 1.SAGGIO I. Aree A+C. Planimetria 1. SAGGIO I. Aree A+C. Planimetria 1.SAGGIO I. Aree A+C. Planimetria 1.137


ENRICO SCHIAVINASAGGIO II esegu<strong>it</strong>o per individuare il lim<strong>it</strong>e occidentale della pavimentazione e l’eventualemuro perimetrale del ’500. Aree A+B. Planimetria 2.SAGGIO II. Aree A+B. Planimetria 2.SAGGIO II. Aree A+B. Planimetria 2.SAGGIO II. Aree A+B. Planimetria 2.138


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>SAGGIO III esegu<strong>it</strong>o per individuare il lim<strong>it</strong>e meridionale del piano pavimentale US3.SAGGIO III. Aree A+B. Planimetria 2.139


ENRICO SCHIAVINASAGGIO III. Aree A+B. Planimetria 2.140


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>ASAGGIO IV esegu<strong>it</strong>o per individuare il lim<strong>it</strong>e occidentaledella pavimentazione e l’eventuale muro perimetrale del ’500.Aree alberi. Planimetria 3.SAGGIO IV. Aree alberi. Planimetria 3.141


ENRICO SCHIAVINA142


Foto effettuate in corso delle opere143


ENRICO SCHIAVINAVis<strong>it</strong>a durante i lavori, 19.12.1998. Da sinistra: Arch. Marata, Impresa Schiavina, Arch. Guglielmo Monti, Soprintendente Veneto Orientale;(in secondo piano) Ing. Luigi Destro, Responsabile Genio civile di Padova; Arch. Edi Pezzetta, Soprintendenza Veneto Orientale; Ing. MauroRoncada, Direttore dei lavori; Prof. Raffaele Poluzzi, calcolatore delle strutture.144


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>Vis<strong>it</strong>a al termine dei lavori. On. dott. Giancarlo Galan, Presidente della Regione del Veneto ed altre Autor<strong>it</strong>à.145


ENRICO SCHIAVINAParticolare pilastro del porticoprima del restauro.146


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>Il porticato in corso di consolidamento.147


ENRICO SCHIAVINAParticolare degli antichi solai lignei condecorazioni prima del restauro.148


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>Particolare delle decorazioniin marmorino in corso di restauronella cappella di santa Giustina.149


ENRICO SCHIAVINAParticolare antico portone ingresso in nocedopo il restauro.150


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>Particolare dei tiranti metallici di collegamento nelle antiche capriate.151


ENRICO SCHIAVINAParticolare degli interventi di recupero dei solai lignei con utilizzo di resine.152


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>Capriate lignee prima del restauro.153


ENRICO SCHIAVINARecupero antichi solai lignei seicenteschi senza decorazioni.154


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>Particolari rinforzi metallici capriate lignee.155


ENRICO SCHIAVINAParticolari del quattrocentesco cornicione di gronda in cotto primadel restauro.Sondaggi per recupero vecchie pavimentazioni in cotto del cortileesterno.Porta quattrocentesca alle celle dei monaci benedettini.156


Indice dei NomiAbano Terme (Padova) 19, 23, 25Abbazia Pisani (Padova) 21Abruzzo 52Acerbo, canonico di Conselve 35Adige 20Agna (Padova) 20Agnese del fu Giacobino del fu Bonifacio 38Agostino da Padova, cellerario di Santa Giustina 46Agrizzi Angelo, cappellano 53Alberto, abate di Santa Giustina 65Alberto, ab<strong>it</strong>ante di Legnaro 34Alberto, cappellano di Legnaro 49, 68Alberto, sacrista di Santa Giustina 66Alessandro III, papa 34Alfania, moglie di Enrico Calderia 66Almerico, marchese 20Alvise da Venezia, sacerdote 52Americo del fu Patavino da Legnaro 36Andenna Gianfranco 38, 66Andrea da Brescia, gastaldo di Legnaro 47, 56Andrea del fu Francesco, sarto 68Andrea di Andrea, sarto 68Andrea, abate di San Michele di Pola 68Andrea, gastaldo di Legnaro 56Andrea, santo 58, 64Andreolli Bruno 30, 31Angelerio, abate di San Daniele in Monte 65Angelo della Puglia, sacerdote 50Anguillara Veneta (Padova) 20Antonino da Milano del fu Protasio, cellerario di Santa Giustina41, 45, 52, 55, 56Antonio a Campis 44Antonio da Corte, notaio 42Antonio da Padova, cellerario di Santa Giustina 44Antonio da Padova, monaco di Santa Giustina 40Antonio da Piove di Sacco 50Antonio Dal Bassanello, fattore di Santa Giustina 40Antonio de Zuanne detto Bonarini da Legnaro 69Antonio del fu Biagio 40Antonio del fu Checho, spend<strong>it</strong>ore 40


IN<strong>DI</strong>CE DEI NOMIAntonio del fu Francesco da Legnaro del Vescovo, massaro 68Antonio del fu Nascimbene 40Antonio del fu Zambonino da Legnaro dell’Abate 40Antonio detto Longo del fu Zenone 40Antonio detto Spaventino del fu Mainerio 40Antonio di Padova, santo 57, 64Aquileia (Udine) 53Archino Francesco, vicario 53Arderico, abate di Santa Giustina 34Arino (Venezia) 20Arnaldo da Limena, abate di Santa Giustina 35, 49Arnaldo, commesso di Santa Giustina 57Arquà Petrarca (Padova) 21, 22Arre (Padova) 24, 25Arrigoni Antonio, vicario 53Arzere di Sacco (Padova) 22Arzere, contrada di Legnaro 46Arzergrande (Padova) 22Astico, fiume 2Aulnedum, local<strong>it</strong>à di Candiana 25Azzo Alberto d’Este 21Bacchiglione, fiumeBadia Polesine (Rovigo) 15, 19, 27Bagnoli (Padova), corte 20Bagnoli di Peraga (Padova) 28Baldin Antonio 69Baldissin Molli Giovanna 66Bandelloni Enzo 30, 31, 70Barbarigo Gregorio, vescovo di Padova 53, 54Barbieri Giorgio 159Barbisoni Orazio, abate di Santa Giustina 57Barbo Giannino, patrizio veneziano 52Barbo Marino, patrizio veneziano 52Barbo Pietro, canonico 52Barbo, Ludovico, abate di Santa Giustina 40, 42, 50, 52, 66,67Barozzi Pietro, vescovo di Padova 52, 54, 67, 69Bartolomea di Patavino Lamperti, pellettiera 36Bartolomeo da Cartura 50Bartolomeo del fu Domenico da Piove di Sacco, curato 50, 52Bartolomeo del fu Francesco, sarto 66Bartolomeo del fu Nicola da Piove di Sacco, beneficiato 50Bartolomeo detto Mani, da Isola dell’Abbà 36Bartolomeo, santo 58, 64Barzizza Cristoforo, docente dello Studio di Padova 69Basilea (Svizzera), concilio 68Bastia (Padova) 56Battaglia Terme (Padova) 29Battista del fu Albertino Massaro 40Battista, commesso di Santa Giustina 57Bellavere da Campagnola, abate di Santa Giustina 38Bellinati Claudio 69Bellino, vescovo di Padova 34Belluno 21Benedetto da Legnaro 36Benedetto da Norcia, santo 15, 23, 57, 58, 64Benedetto de Gunciis, notaio 35Benedetto de Toniolli 47Benedetto del fu Costanzo da Venezia, sacerdote 52Benedetto del fu Domenico da Legnaro 56Benedetto di Marco da Campagnola, chierico 50Beninpensa Matteo del fu Marco, causidico 68Benzone, abate di Santa Giustina 34Bergamo 46, 47, 57Berici, colli 18Berlenzoni de Berlenzoni 38Bernardino da Parenzo, p<strong>it</strong>tore 67Bernardo da Montagnana, padre del notaio Iacopo 38Bernardo Daniele, magistrato 42Bertipaglia (Padova) 23, 24, 31Bertolaso da Volparo 38Bertoloto da Legnaro 36Bettino del fu Bertoloto da Legnaro 36Bevilacqua Matteo, vicario 53


IN<strong>DI</strong>CE DEI NOMIBiagio da Padova, commesso di Santa Giustina 57Biagio di Antonio detto Regnino 67Biagio, santo 58, 64Bianchi Agostino, abate di Santa Giustina 57Bilioti (de Biliotis) Bartolomeo 42, 43Bilioti (de Biliotis) Domenico 42, 43Bilioti, famiglia 40, 42Billanovich Liliana 68, 69Billanovich Maria Pia 67Billioti Francesco del fu Regino da Polverara 67Billioto Giovanni del fu Giovanni da Ponte San Nicolò 67Bipone, monaco di Santa Giustina 66Bissingen 48Bobbio (Piacenza), abbazia di San Colombano 21Boccon (Padova) 18, 28, 29, 30Bollani Girolamo da Venezia, cellerario di Santa Giustina 44,45, 56Bologna 53, 97, 159Bologna Giuseppe, vicario 53Bonaventura da Verona, sacerdote 66Bonifacio di Toscana, conte 95Bonifacio, monaco di Santa Giustina 66Bono Santo del fu Giovanni da Roncaiette 45Bono Serafino del fu Giovanni 68Borbiago (Venezia) 20Borella Girolama 70Borelli Giorgio 30, 31Borgato Daniela 70Bortolami Sante 7, 15-32, 38, 66Bosco Maggiore (Padova), local<strong>it</strong>à di Ronchi di Casalserugo 24Bottazzo Giacomo 55Bovolenta (Padova) 21, 25, 67Braida de Creda 20Braida de Palea vedi BertipagliaBraidum Sancti V<strong>it</strong>i vedi BressanvidoBrentà dell’Abbà (Padova) 15, 24, 25, 48Brenta, contrada di Legnaro 40, 46Brenta, fiume 20Brescia 57Brescia, abbazia di Santa Giulia 19, 21Bresega di Ponso (Padova) 27Bressanvido (Vicenza) 23, 31Brondolo (Venezia), abbazia di San Michele 20Bronzola (Padova) 24Bronzola (Padova), chiesa di San Pietro 48Brunacci Giovanni 33, 65Brusegana (Padova) 23, 24Bruzzo Marco 159Buonomo del fu Buonuomo da Legnaro 66Burato Daniele, fattore di Santa Giustina 42Burato o Burati Gaspare, fattore 45, 55Burcardo, vescovo di Padova 22Cà del Bosco (Padova), local<strong>it</strong>à di Ronchi di Casalserugo 24Cabrini Cristoforo, abate di Santa Giustina 57Calaone (Padova) 26Calini Attilio, abate di Santa Giustina 54, 57, 69Calle della Palude (Padova), local<strong>it</strong>à di Ronchi di Casalserugo 24Callegari F. 31Callegaro Giovanni del fu Bertolaso da Volparo 38Callisto II, papa 34Caltana (Venezia) 21Calvene (Vicenza) 22Camerini, famiglia 71Camin (Padova) 21Campagnola (Padova) 50Campese (Vicenza), monastero di Santa Croce 15, 17, 23Campi della Palude (Padova), local<strong>it</strong>à di Ronchi di Casalserugo24Campolongo Gio. Alberto, abate di Santa Giustina 57Campolongo Maggiore (Venezia) 28Camposampiero (Padova) 28Camposampiero, famiglia da 21Campoverardo (Venezia) 50Camurà (Padova) 24


IN<strong>DI</strong>CE NOME COGNOMEDEI NOMICanada 97Candiana (Padova) 19, 25Candiana (Padova), abbazia di san Michele 23, 25Canna (Padova), campo di Legnaro 66Canonica (Padova), braido di Arquà 26Canova Mariani Giordana 66Canove (Vicenza) 53Capodilista Gian Francesco, nobile 68Carbonara (Padova) 18, 23Carceri (Padova), abbazia di Santa Maria 23Careno Giuliano, abate di Santa Giustina 53Carollo Giorgio 7Carpanè di Vigonza (Padova) 21Carpanese Callisto 31Carpenedo (Padova), local<strong>it</strong>à di Ronchi di Casalserugo 24Carrara (Padova), monastero di Santo Stefano 21, 23, 31Carrara, famiglia da 21, 31Carraresi, signori di Padova 40, 50Carrari, famiglia di Legnaro 54Carraro Giannino 30, 31, 32Carraro Giovanni del fu Giacomo da Legnaro 68Cartura (Padova) 50Casale (Padova) 38Casalecchio di Reno (Bologna) 12, 97, 159Casalserugo (Padova) 28Caselle (Padova) 21Caselle (Padova), frazione di Legnaro 34Castagnetti Andrea 30, 31Castagnola Zaccaria, cellerario di Santa Giustina 56Castello (Vicenza), manso di Lugo Vicentino 22Castelnuovo di Teolo (Padova) 29, 30Castiglioni Bruno 31Caterina, santa 50Cauco Giovanni, monaco di Santa Giustina 66Cavacio Jacopo 65, 70Cavarzere (Venezia) 20Celso da Milano, cellerario di Santa Giustina 41, 42, 55Ceoldo Pietro 31, 66Cervarese Santa Croce (Padova) 28Cha dei Campi (Padova), contrada di Legnaro 40, 47Checo da Campoverardo 50Chelini Giacomo 54Cherubini Giovanni 31Chiappa Mauri Luisa 32Chioggia (Venezia) 17, 34Civè (Padova) 25, 48, 52Civè (Padova), chiesa di San Donato 48Civran Pietro Antonio, abate di Santa Giustina 57Clemente Rigo 40Cles (Trento) 68Cluniacensi, monaci 17Codiverno (Padova) 22Cogollo (Vicenza) 69Colla Antonio del fu ser Gualterio, sacerdote 52Collodo Silvana 65Comba Renato 32Cona (Venezia) 19, 25, 43, 48Cona (Venezia), cappella di Santa Maria 18Conca Fossole (Padova), local<strong>it</strong>à di Ronchi di Casalserugo 24Concadalbero (Padova) 20, 24, 25, 48, 65Concadalbero (Padova), chiesa di Santa Maria 48Conche (Padova) 17Conche (Padova), local<strong>it</strong>à di Ronchi di Casalserugo 24Conselve (Padova) 19, 20, 22, 24, 25, 28, 31Conselve (Padova), pieve 25, 35Contarini Luca, abate 43Contarini Marc’Antonio, podestà 47Contarini, villa di Piazzola del Brenta 45Cornegliana (Padova) 24Corner Giorgio, vescovo di Padova 54Cornoleda (Padova) 26Correzzola (Padova) 16, 25, 29, 48, 56, 57Correzzola (Padova), chiesa di San Leonardo 48Corte di Piove di Sacco (Padova), chiesa di San Tommaso 186


IN<strong>DI</strong>CE TITOLO DEI NOMICortelà (Padova) 28Costa (Vicenza), manso di Lugo Vicentino 22Costadoni Anselmo 31Costanzo da Venezia 52Costoza (Vicenza) 59, 60, 61, 63Cox Peter 90Cracco Giorgio 31, 32, 65Cracco Ruggini Leila 32Credali Lino 159Cremona Antonio, gastaldo 56Cristina, regina di Svezia 95Cristoforo, santo 20Cudula (Padova), braida di Arquà Petrarca 26Curtis de Iverno vedi CodivernoDal Cortivo Antoniolo o Antonio 42, 43, 45, 52, 55Dal Cortivo Benedetto di Marco 40Dal Cortivo de Tumiolis Alvise 44Dal Cortivo de Tumiolis Benedetto 44Dal Cortivo Domenico 40, 45Dal Cortivo Domenico di Marco 40, 45Dal Cortivo Manfredo 51, 52Dal Cortivo Marco del fu Domenico 40, 45Dal Cortivo Nicolò di Antoniolo 42, 43, 52, 55, 67Dal Cortivo Rolando di Manfredo, sacerdote 51, 52Dal Cortivo, famiglia 45, 70Dal Zotto Giacomo, vicario 53, 69Dal Zotto Matteo, vicario 69Dalmazia 50Dano del fu Ubertello da Legnaro 66De Bonarellis Jacopo, podestà di Firenze 42De Franceschi Antonio del fu Domenico, sacerdote 52De Franceschi Domenico 52De la Grança (Padova), contrada di Bagnoli di Peraga 28De le Regine(Padova), contrada di Legnaro 47De Lorenzi Gian Giacomo, vicario 52De Nicolò Salmazo Alberta 30, 67De Sandre Gasparini Giuseppina 30, 31, 32, 67, 68Del Tono Agostino 42Del Tono Gaspare 42Dellai V. 31Dennis Tapparello Caterina 31Descalzo Arnaldo, abate di Santa Giustina 53Desman (Venezia) 25Destro Luigi 7, 71, 93, 144Di Checchi Gasparo 54Dionisio da Firenze, sacerdote 52Dolo (Venezia) 34Domenico da Legnaro 56Domenico da Piove di Sacco 50, 52Domenico da Roncaglia, rettore di San Biagio di Legnaro 50Domenico del fu Checo da Campoverardo, chierico 50Domenico, santo 58, 64Donato Andrea 68Donato da Padova, economo di Santa Giustina 40Dottori Giacomo, abate di Praglia 50Duby Georges 30Ducii Dionisio, agostiniano 52Dugo Domenico, gastaldo di Legnaro 56Dumpario Francesco 50Enrico Calderia da Legnaro 36Enrico del fu Clemente Rigo 40Enrico IV, imperatore 34Este (Padova) 19, 26, 27, 28Este (Padova), chiesa di San Martino 22Eubel Conradus 67Euganei, colli 17, 18, 23, 26, 27, 28Eugenio da Liegi, monaco di Santa Giustina 68Eugenio IV, papa 50, 52Europa 19, 30Eusebio, monaco di Santa Giustina 66Ezzelino da Romano, signore di Padova 35Fabiano da Rimini, priore di Santa Giustina 55Fabro Giovanni 49Fabro Ognibene del fu Giovanni 497


IN<strong>DI</strong>CE NOME COGNOMEDEI NOMIFaedo (Padova) 26Fano (Ancona) 67Fantini D’Onofrio Francesca 65, 159Farfa (Rieti), abbazia di Santa Maria 19Farnedi Giustino 68Fasolo Girolamo, vicario 53, 69Federico da Vigonza 42Federico I detto il Barbarossa, imperatore 34Federico II, imperatore 24Felice da Piove, commesso di Santa Giustina 57Felice, santo 58, 64Ferdinando, conte di Bissingen 48Ferraguto Filippo, vicario 53Ferri Pellegrino, abate di Santa Giustina 57Fidenzio, santo 58, 64Firenze 42, 52Firenze, abbazia di Santa Maria (La Badia) 42Firpo Massimo 32Fissore Gian Giacomo 32Fiumicello (Padova), chiesa di San Nicolò 48Fiumicello, corso d’acqua 33Fogolana (Padova) 17Folco del fu Benedetto da Legnaro 36Follina (Treviso), abbazia di Santa Maria 15, 27, 35Fontanafredda (Padova) 18Fontaniva (Padova) 21Fontaniva (Padova), abbazia di Santa Lucia del Brenta 23, 66Forlì 52, 53Foscarini Ludovico, podestà di Padova 43Foscoli Melchiorre, vicario 53Fossò (Venezia) 20Franca, marchesa 20Franceschi Gian Ludovico, abate di Santa Giustina 53Francesco da Piove di Sacco 50Francesco del fu Martinello 67Francesco del fu Vimano 40Francesco di Simone da Piove, chierico 50Francesco, santo 58, 64Franco, monaco di Santa Giustina 66Franzoso Michiel 54Frassineda (Padova), local<strong>it</strong>à di Ronchi di Casalserugo 24Fratte (Padova) 21Frigo Domenico da Canove, parroco 53Fumagalli V<strong>it</strong>o 30, 31Furlan Bartolomeo 43Furlan Daniele del fu Bartolomeo 43Gaffuri Laura 31Gaio Angelo, vicario 53, 69Galan Giancarlo 5, 7, 145Gallarate (Varese) 67Galliera (Padova) 21Gallo Donato 65, 68Galzignano (Padova) 28, 30Gambarare (Venezia) 20Gaspare del fu Giovanni Francesco da Bovolenta, notaio 67Gatari Andrea 68Gatto, monaco di santa Giustina 66Gaulegino, abate di San Michele di Candiana 65, 66Gavello (Rovigo), abbazia 35Geminiani Francesco 159Gemmola (Padova), monastero 26Genesio del fu Toni da Legnaro 36, 37Gervasi Massimo, abate di Santa Giustina 57, 69Gesù Cristo 19Ghepardi Maffeo, patriarca di Venezia 43Gherardo da Vigonza 38Giacobino del fu Bonifacio 38Giacomello Fortunato 65Giacomo da Limena, monaco 40Giacomo da Scaltenigo 40Giacomo del fu Almerico 43Giacomo di Dente 49Giacomoni Andrea, commesso di Santa Giustina 57Giammaria da Roncaiette, commesso di Santa Giustina 578


IN<strong>DI</strong>CE TITOLO DEI NOMIGiappone 97Giordano Forzatè, beato 26, 35Giordano Pietro, parroco 53Giorgio, santo 27Gios Pierantonio 67, 68, 69Giovanni Cacio, vescovo di Padova 34Giovanni da Limena, canonico 66Giovanni da Piove di Sacco, sacerdote 50Giovanni da Ravenna, cappellano di Santa Giustina 50Giovanni de Dulo, sacerdote 34Giovanni del fu Bertolasio da Volparo 66Giovanni del fu Francesco da Piove di Sacco, sacerdote 50Giovanni del fu Gerardo da Padova, p<strong>it</strong>tore 67Giovanni del fu Gherardo da Vigonza 38Giovanni del fu Pietro a Mulinellis 38, 39Giovanni del fu Verde 35Giovanni dell’Abate, canonico di Padova 36Giovanni detto Cancono del fu Marco 40Giovanni detto Concon del fu Matteo 40Giovanni detto Massaro di Antonio 40Giovanni di Berto a Campis 43Giovanni di Ognibene, monaco di Santa Giustina 66Giovanni di Vendramino, chierico 50Giovanni Evangelista da Padova, abate di Santa Giustina 53, 57Giovanni Evangelista, santo 20Giovanni Francesco da Bovolenta 67Giovanni Giacomo da Cona, notaio 43Giovanni Martino del fu Albrico 40Giovanni Spizato da Legnaro 36Giovanni, abate di Santa Giustina 33, 34Giovanni, monaco di Santo Stefano di Carrara 66Giovanni, priore di Santa Giustina 34Giovanni, sacerdote 34Giovanni, santo 58, 64Girolamo, santo 58, 64Giulio da Bergamo, commesso di Santa Giustina 57Giuseppe, santo 58, 64Giustina, santa 34, 36, 38, 58, 64, 97, 149Gloria Andrea 31, 33, 65, 66, 68, 70Goffo Andrea 54Goffo Marcantonio 54Gonzaga Costanza, nobile 52Gonzaga Guglielmo, nobile 52Gonzaga Ordelaffi Caterina del fu Guglielmo, nobile 52, 69Gonzaga, Guido, prelato 41Granze di Camin (Padova) 28Granze di Vescovana (Padova) 28Graticolato romano 26Gregorio IV, papa 33, 95Grimignon (Vicenza), manso di Lugo Vicentino 22Griso Anna 32Gualpertino di Oliviero, monaco di Santa Giustina 66Guglielmino del fu Compagno 34Guglielmo Canaula, monaco di Santa Giustina 66Guglielmo Dente del fu V<strong>it</strong>aliano Lemizi 38Gumberto, abate di San Felice di Vicenza 66Higounet Charles 32Holzer Franco 70Iacopa del fu Giacobino del fu Bonifacio 38Iacopo di Bernardo da Montagnana, notaio 38Imola (Bologna) 53Ingelerio, avvocato 34Inghelfredo, conte di Verona 18Innocenzo II, papa 34Isola (Padova) 21Isola dell’Abbà (Padova) 15, 17, 34, 35, 36, 38, 41, 42,44, 45, 50, 58, 68Isola dell’Abbà (Padova), chiesa di San Leonardo 48, 50Isola dell’Olmo di Legnaro (Padova) 36, 41, 66Italia 25, 71, 97Iussio Paolo, sacerdote 52Jacopo da Casale, priore di Santa Giustina 38, 49, 50, 66Jacopo da Limena, abate di santa Giustina 35, 36Jacopo del fu Francesco, lapicida 679


IN<strong>DI</strong>CE NOME COGNOMEDEI NOMIJacopo, rettore di San Leonardo di Isola dell’Abbà 50Jansen Wolfgang 32Lagosalso (Padova), local<strong>it</strong>à di Ronchi di Casalserugo 24Lanciano (Chieti) 52Lando Pietro, doge 47Lanfranchi Luigi 32Lanfranchi Strina Bianca 31Lavoradori Mauro, commesso di Santa Giustina 57Lazzaro, rettore di San Biagio di Legnaro 49Le Cha di Champi (Padova), contrada di Legnaro 45Le Prare (Padova), contrada di Legnaro 45Legnaro (Padova) 16, 24, 38, 39, 40, 42, 43, 44, 45,52, 54, 65, 66, 67, 69, 71, 72, 95Legnaro (Padova), Agripolis 11, 55, 72, 73, 74Legnaro (Padova), Comune 7, 72, 73, 76, 84, 87Legnaro (Padova), Corte 3, 4, 5, 7, 11, 12, 13, 16, 25,29, 31, 33, 35, 46, 47, 48, 54, 55, 55, 56, 57, 58,59, 71, 72, 73, 74, 75, 79, 82, 84, 87, 90, 93, 95,159Legnaro (Padova), osp<strong>it</strong>ale di Santa Maria 54, 55Legnaro (Padova), San Biagio, chiesa 33, 35, 48, 49, 50,52, 54, 55, 56, 68, 69Legnaro (Padova), terr<strong>it</strong>orio 34, 35, 40, 46, 52, 65Legnaro del Vescovo (Padova) 33, 35, 68Legnaro dell’Abbà (Padova) 33, 35, 38, 40, 41, 46, 57,68, 69, 70Lemizi Paolo 49Lemizi V<strong>it</strong>aliano 38Lemizi Zamboneto del fu Paolo 49Lendinara (Rovigo) 19Leonardo del fu Menico da Legnaro 38Leonardo, santo 58, 64Leone III, papa 34Leoniceno Antonio 47Lignarium (Padova) vedi anche Legnaro 25, 65, 67, 95L<strong>it</strong>olfo da Carrara 21Lodi 34Longobardi 95Loredan Jacopo, podestà 42, 67Lovison Maria Caterina 70Ludovico del fu Simone da Fano 67Lugo Vicentino (Vicenza) 22Luigi da Venezia, sacerdote 52Luvigliano (Padova) 23Maffino del fu Ardigolo da Gallarate 67Mainerio a Campis del fu Giovanni di Berto 43, 44Mainerio di Enrigeto da Legnaro 35Malgarini Benedetto 42Malipiero Pasquale, doge 42Manfredo del fu Alberto da Isola dell’Abbà 40Manfredo del fu Uberto di Cino da Volparo 36Mantoani Marsilio, medico 54Mantova 42Manzo (Padova), braido di Arquà Petrarca 26Marata, arch<strong>it</strong>etto 144Marca Trevigiana 35Marcato Maria 54Marcato Roberto 70Marcello Pietro, vescovo di Padova 50Marchesino del fu Spinarello di Orsato 36Marco da Cles (Trento), rettore di San Michele di Padova 50,68Marco da Codalunga, monaco di Santa Giustina 66Marco, monaco di Santa Giustina 66Margher<strong>it</strong>a, santa 36Maria Vergine, santa 58Marin Marina 31Martellago (Venezia) 21Martino V, papa 50Maschietto Ludovico Francesco 49, 68, 69, 70Maserà (Padova), chiesa di Santa Maria 48Maserà (Padova), Corte 16, 24, 46, 47, 48Mason Vicentino (Vicenza) 24, 36, 41Massaro Albertino 4010


IN<strong>DI</strong>CE TITOLO DEI NOMIMassaro Antonio 40Matilde di Canossa, contessa 95Matteo da Segna 50Matteo Zago del fu Bartolomeo Furlan 43Mauro Cosimo 159Mauro da Pavia, abate di Santa Giustina 51, 52Maza (Vicenza), manso di Lugo Vicentino 22Mazzoni, famiglia 54Memora (Boschi) di Legnaro 25, 34, 65Menico da Legnaro 38Merico Giovani 46Merlara (Padova) 19, 21Mestre (Venezia) 21Michele del fu Bartolomeo da Cartura, sacerdote 50Michele, arcangelo 58, 64Migliarina (Modena) 21Milano 41, 45, 159Mirano (Venezia) 20M<strong>it</strong>tarelli Giovanni Battista 31Modena, abbazia di San Pietro 19Modesto da Padova, priore di Santa Giustina 44, 46Modesto, commesso di Santa Giustina 54Modzelewski Karol 31Molin Marco, abate di Santa Giustina 57Monastier (Treviso), abbazia di Santa Maria del Pero 15Monselice (Padova) 19, 21, 24Monselice (Padova), chiesa di San Martino 48Monselice (Padova), chiesa di San Tommaso 18Monselice (Padova), monastero di San Giacomo 26, 27Monselice (Padova), priorato di San Salvaro 16, 31, 38Montagnana (Padova) 19, 26, 38Montagnon (Padova) 19Montanari Massimo 30, 31Montegalda (Vicenza) 18Montegrotto Terme (Padova) 21Montericco (Padova), monastero 26Monti Guglielmo 11-13, 144Mordano (Bologna) 53Moro Antonio, cellerario di Santa Giustina 43Moro Giovanni 48Muratori Ludovico Antonio 33, 65Mussato Gualpertino, abate di Santa Giustina 38, 39, 49Nanto (Vicenza) 12, 59Nascimbene del fu Nascimbene 40Negrato Angelo del fu Nicolò 44Negrato Bernardino del fu Nicolò 44Negrato Innocenzo Agostino, abate di Santa Giustina 33Negrato Nicolò 42, 44Nemora (Boschi) di Legnaro 25, 34, 65Nicola da Piove di Sacco 50Nicoletto da Montegro, monaco di Santa Giustina 66Nicolò Antonio da Lanciano, sacerdote 52Nicolò Caseta, monaco di Santa Giustina 50Nicolò da Firenze, cellerario di Santa Giustina 42, 52, 55Nicolò del fu Giovanni Spizato da Legnaro 36Nicolò della Palma del fu Antonio 46Nicolò V, papa 52Nicolò, monaco sacrestano di Santa Giustina 38, 66Nicolò, rettore di San Biagio di Legnaro 50Niero Antonio 68Nodari Vincenzo, curato 53Nonantola (Modena), abbazia di San Silvestro 18, 19, 20Norido Franco 159Occhipinti Elsa 32Ognissanti, festa 27, 38Olderico da Limena, abate di Santa Giustina 36, 38, 66Olderico, vescovo di Padova 33, 34Olmo Benedetto, abate di Santa Giustina 57Oltralpe 18, 25Onara (Padova) 21Oneda (Padova), local<strong>it</strong>à di Candiana 25Oppizzoni Daniele, avvocato 67Ordano Fabbro del fu Pietro 40Ordelaffi Cecco da Forlì, nobile 5211


IN<strong>DI</strong>CE NOME COGNOMEDEI NOMIOriago (Venezia) 20Orineti Antonio, vicario 53Orsaro (Padova), contrada di Legnaro 36, 41Orsato di Orsato, ab<strong>it</strong>ante di Legnaro 36Orsato Gian Antonio, abate di Santa Giustina 53, 57Orso, vescovo di Padova 22Ortalli Gherardo 32Ostiglia (Mantova) 18Padania 21Padova 16, 18, 21, 22, 23, 34, 36, 38, 43, 44, 45, 46,47, 49, 53, 55, 56, 57, 67, 71, 95, 97, 159Padova, abbazia di Santa Giustina 7, 15, 16, 20, 21, 22,23, 24, 25, 29, 33, 34, 35, 36, 38, 39, 40, 41, 42,43, 44, 45, 46, 47, 48, 49, 50, 52, 53, 54, 55, 56,57, 65, 66, 67, 68, 69, 70Padova, abbazia di Santa Giustina, Archivio storico, Atti abbaziali,b. 36, 5, 70Padova, abbazia di Santa Giustina, Archivio storico, Atti abbaziali,19, 68, 70Padova, abbazia di Santa Giustina, Archivio storico, Atti abbaziali,18, 70Padova, abbazia di Santa Giustina, Archivio storico, Atti abbaziali,20, 70Padova, abbazia di Santa Giustina, Archivio storico, Atti abbaziali,21, 70Padova, abbazia di Santa Giustina, Archivio storico, Atti abbaziali,24, 69Padova, abbazia di Santa Giustina, Archivio storico, Atti abbaziali,25, 69, 70Padova, Accademia Galileiana di scienze, lettere ed arti 66, 68Padova, Archivio cap<strong>it</strong>olare, Villarum, VIII, Polverara, 16 32Padova, Archivio di Stato 4, 159Padova, Archivio di Stato, Archivi privati, Pivetta, 281, fasc. 2137,filza 120 59, 70Padova, Archivio di Stato, Archivio notarile, 1349 69Padova, Archivio di Stato, Catasto austriaco, f. 11 58Padova, Archivio di Stato, Corona, part. 1642 66Padova, Archivio di Stato, Corona, part. 2206 37, 66Padova, Archivio di Stato, Corona, part. 2207 66Padova, Archivio di Stato, Corona, part. 2208 66, 68Padova, Archivio di Stato, Corona, part. 2209 39, 66, 68Padova, Archivio di Stato, Corona, part. 2210 65Padova, Archivio di Stato, Corona, part. 2211 68Padova, Archivio di Stato, Corona, part. 2212 51, 68Padova, Archivio di Stato, Corona, part. 2215 67, 69, 70Padova, Archivio di Stato, Corona, part. 2216 67Padova, Archivio di Stato, Corona, part. 2217 67, 69Padova, Archivio di Stato, Corona, part. 3723 31Padova, Archivio di Stato, S. Giovanni Battista del Venda, b. 3,perg. 133 32Padova, Archivio di Stato, S. Giovanni di Verdara, 131 32Padova, Archivio di Stato, S. Giustina, 14 68Padova, Archivio di Stato, S. Giustina, 15 68Padova, Archivio di Stato, S. Giustina, 16 68Padova, Archivio di Stato, S. Giustina, 20 68, 69Padova, Archivio di Stato, S. Giustina, 98 66, 67, 69, 70Padova, Archivio di Stato, S. Giustina, 140 66, 67, 68, 69,70Padova, Archivio di Stato, S. Giustina, 141 67, 68, 70Padova, Archivio di Stato, S. Giustina, 142 67, 70Padova, Archivio di Stato, S. Giustina, 383 68Padova, Archivio di Stato, S. Giustina, 444 67Padova, Archivio di Stato, S. Giustina, 553 68Padova, Archivio di Stato, S. Giustina, 554 69, 70Padova, Archivio di Stato, S. Giustina, 560 4, 64, 65, 68, 70,131Padova, Archivio di Stato, S. Giustina, 570 68Padova, Archivio di Stato, S. Giustina, 581 4Padova, Archivio di Stato, S. Sofia, 17 31Padova, Biblioteca del Seminario Vescovile, cod. 504 69Padova, chiesa di San Daniele 48Padova, chiesa di San Michele 50Padova, chiesa di Santa Giuliana 48Padova, Comune 25, 33, 41, 44, 4612


IN<strong>DI</strong>CE TITOLO DEI NOMIPadova, contrada di San Leonardo 49Padova, contrada di Santa Giustina 40Padova, contrada Sant’Antonio 38, 40Padova, diocesi 19, 23, 24, 69Padova, Genio Civile 7, 11, 74, 88, 93, 97, 144Padova, liceo T<strong>it</strong>o Livio 22Padova, monastero di San Giacomo di Pontecorvo 28Padova, monastero di San Giovanni di Verdara 28Padova, monastero di San Pietro 21, 22Padova, monastero di San Prosdocimo 28Padova, monastero di Sant’Agata in Vanzo 28Padova, monastero di Santa Maria di Porciglia 28Padova, monastero di Santa Maria in Vanzo 28Padova, monastero di Santo Stefano 21, 22, 28Padova, ponte San Lorenzo 22Padova, porta Pontecorvo 33Padova, Studio 7, 69Padovani 36Padovano del fu Francesco 40Padovano, abate di Santa Maria di Saccolongo 66Padovano, terr<strong>it</strong>orio 7, 16, 18, 19, 21, 24, 25, 26, 27,28, 29, 30, 48, 95Pagnoni Giulio 65Palladio Andrea, arch<strong>it</strong>etto 80Palmeri Ongarello di Ugone 66Paluello (Venezia) 20Paluselli larghi (Padova), local<strong>it</strong>à di Ronchi di Casalserugo 24Panigarola Cristoforo, vicario 53Paolino da Padova, commesso di Santa Giustina 56Paolo da Vicenza, commesso di Santa Giustina 57Papafava, famiglia nobile 66Parino Caseta, economo di Santa Giustina e priore di San Salvarodi Monselice 38, 50, 66Pasqua, festa 38Passolunghi Pier Angelo 32, 65Pastecca Giovanni Battista, abate di Santa Giustina 57Patavino da Legnaro 36Patavino Lamperti 36Pavan Massimiliano 32Pellegrino, abate di Santa Lucia di Fontaniva 66Penco Gregorio 30Pepi Ruperto 30, 47, 68, 70Pernumia (Padova) 21, 24, 25Perozzo Domenico, abate di Santa Giustina 53Pezzetta Edi 12, 144Pezzetta Pietro, vicario 53Piano Renzo 89Piave, fiume 35Piazzola del Brenta (Padova) 45, 130, 159Piazzola del Brenta (Padova), Archivio di villa Simes - Contarini45, 130, 159Pietro a Mulinellis 38Pietro da Bergamo, cellerario e poi abate di Santa Giustina 46,67Pietro da Monselice, priore di Santa Giustina 66Pietro del fu Antonio da Piove di Sacco, beneficiato 50Pietro del fu Matteo da Segna, sacerdote 50Pietro del fu Ugolino Gobbo 40Pietro di Bricio 22Pietro, monaco di Santa Giustina 66Pietro, santo 27, 36Pietro, vescovo di Padova 34Pietrobono, ab<strong>it</strong>ante di Legnaro 34Pio V, papa 54Piove di Sacco (Padova) 18, 26, 33, 34, 50, 52, 57Pivetta Giuseppe Maria 58, 59Placido da Vicenza, commesso di Santa Giustina 57Plumbiola (Padova), frazione di Legnaro 36Po, fiume 18, 25Pola (Croazia), abbazia di San Michele 68Polesine 19, 27Polirone (Mantova), abbazia di San Benedetto 17, 41Poluzzi Raffaele 12, 97, 144, 159Polverara (Padova) 33, 58, 6713


IN<strong>DI</strong>CE NOME COGNOMEDEI NOMIPolverara (Padova), monastero di Santa Margher<strong>it</strong>a 36Pomposa (Ferrara), abbazia di Santa Maria 95Ponte San Nicolò (Padova) 67Pontecasale (Padova) 25Pontelongo (Padova) 25Porto (Venezia), corte benedettina veneziana 20Pozza Marco 32Pozzoveggiani (Padova) 28Prà de Busco (Padova), local<strong>it</strong>à di Candiana 25Praglia (Padova), abbazia di Santa Maria 15, 17, 23, 24, 50Pratiarcati (Padova), local<strong>it</strong>à 46Pressato Agostino, vicario 53Preto Paolo 67Prevedello Giustino 65Proe de Fossis (Padova), local<strong>it</strong>à di Candiana 25Prosdocimo, santo 34, 49, 58, 64Puglia 50Pupeta Pasquale 59Radofev<strong>it</strong> Luca, vescovo di Bergamo 52Rainato Gregorio 54Raniero Aseta, monaco di Santa Giustina 66Ravenna 50Regino da Polverara 67Rezzonico Carlo, vescovo di Padova 56Richelda, abbadessa di San Pietro di Padova 22Rigon Antonio 31, 32, 35, 65Rivadolmo (Padova) 27Riviera (Padova), local<strong>it</strong>à di Polverara 36Rocco di Cornale (Padova), grangia di Castelnuovo 29Rodolfo, abate di Santa Giustina 38Rolandino del fu Secaldo 40Rolandino Marco 40Rolando da Casale, monaco di Santa Giustina 40Roma, basilica di San Pietro 95Roma, curia pontificia 52Roma, Ministero per i Beni e le attiv<strong>it</strong>à culturali 11, 73, 74Roma, via di Legnaro 72, 75, 81, 87Romani Giacomo 53Romano, famiglia da 21Romea, strada 95Roncada Mauro 7, 11, 12, 71, 93, 144Roncaglia (Padova) 50Roncaiette (Padova) 26, 32, 33, 45Ronchi di Casale, chiesa di San Martino 24, 48Ronchi di Casalserugo (Padova) 24, 31Ronci G. 69Rossignago (Venezia) 20Roverella (Padova), local<strong>it</strong>à di Ronchi di Casalserugo 24Roverelle (Padova), local<strong>it</strong>à di Candiana 25Rovigo 35Rovolon (Padova) 16, 24, 48Rovolon (Padova), chiesa di San Giorgio 48Rusta (Padova) 26Rustega Smeraldo, abate di San Daniele in Monte 50Ruzante Domenico 46Sabbadin o Sabbadini Ludovico da Venezia, rettore 43, 52Saccisica 26, 33, 34Saccolongo (Padova), abbazia di Santa Maria 66Salarola (Padova), monastero 26, 27Saletto (Padova) 21Salieri Pier Antonio, conventuale 56Salmaso Bartolomeo 46Sambin Paolo 31, 32, 68, 69Sambonifacio Giud<strong>it</strong>ta, contessa 65Sambonifacio Guido, conte 65Sambruson (Venezia) 20San Benedetto delle Selve di Teolo (Padova) 17San Benedetto Po (Mantova), abbazia 41, 42, 95San Biagio di Villa del Bosco di Teolo (Padova) 24San Bonifacio Cecilia 32San Daniele in Monte (Padova), abbazia 23, 25, 50, 65San Giovanni Battista del Gemmola (Padova), monastero 26San Giovanni Battista del Venda (Padova), monastero 26, 28San Giovanni Evangelista di Montericco (Padova), monastero14


IN<strong>DI</strong>CE TITOLO DEI NOMI26, 28San Leonardo di Boccon (Padova), monastero 26San Martino di Lupari (Padova) 21San Michele delle Abbadesse (Padova) 15San Siro (Padova) 20Sant’Eufemia di Villanova (Padova), abbazia 21Santa Croce Modesto, abate di Santa Giustina 57Santa Margher<strong>it</strong>a di Salarola (Padova), monastero 26, 27Santa Maria di Monte delle Croci (Padova), monastero 26Santa Maria di Orbise (Padova), monastero 26Saonara (Padova) 33Sarsina (Forlì-Cesena), diocesi 53Sartore Ambrogio del fu Andrea 46Sartore Andrea 46Sartore Girolamo del fu Andrea 46Sauro del fu Berlenzoni de Berlenzoni, notaio 38, 39Scaltenigo (Venezia) 36, 40Scandolara (Padova) 21Scartozzoni Franco 66Schiavina Enrico 95, 97Schiavina, impresa edile 7, 12, 93, 95, 97Scolastica, santa 58, 64Sebastiano già Giovanni Francesco da Fano del fu Simone,monaco Santa Giustina 144Segna (Croazia) 50Sellarino Giovanni, notaio 42Selvatico Alvise, abate di Santa Giustina 57Sermazza (Venezia) 20Sertorio Vettor, vicario 54Sgarabotto Renzo 159Sgrinlato Paolo 54Siena, abbazia di Santa Maria 43Signori Franco 30Silvano Giovanni 68Silvestro da Padova, commesso di Santa Giustina 56Simes - Contarini, villa 45Simioni Attilio 66Simone da Fano 144Simone da Pavia, abate di Santa Giustina 43, 45Simone da Piove 50Simone del fu Domenico Marco 43Simonelli Elisabetta 159Sinibaldo, vescovo di Padova 34Sioggio (Vicenza), manso di Lugo Vicentino 22Solario /Vicenza), manso di Lugo Vicentino 22Soldà Marta 159Sottoselva (Treviso), granza 35Spelegino Giovanni, beneficiato 50Spineda, frazione di Legnaro 36Spinelli Giovanni 68Spirano (Padova) 23Stati Un<strong>it</strong>i 97Stefano del fu Giovanni 40Stefano del fu Marco, fratello di Giovanni detto Cancono 40Stefano del fu Matteo 40Stefano, abate di Santa Giustina 35Stefano, santo 27, 36, 38Stella Aldo 30, 47, 68Strà (Venezia) 20Studio Muratori e Zanon di Padova 74Studio Siena di Padova 74Suarez Ignazio, abate di Santa Giustina 54Sulimano del fu Verde 35Svezia 95Tabaro Angelo 159Taddeo, rettore della Chiesa di San Biagio di Legnaro 52Tagliabue Mauro 32Tagliazzo Antonio, sacerdote 52Tasca Giovanni 46Tasca Lorenzo 46, 53Tasca Nardo 46Tencarola (Padova) 23, 24Teodaldo, re longobardo 95Teodoro, cellerario di Santa Giustina 5715


IN<strong>DI</strong>CE NOME COGNOMEDEI NOMITeolo (Padova) 19, 23Terraferma 26, 32Terranova (Padova) 25Terrassa (Padova) 25Thiera Giorgio, abate di Santa Giustina 53, 57Thomasinis (de) Jacopo da Venezia, sacerdote 52Tilatti Andrea 65Tomaso da Firenze, cellerario di Santa Giustina 43Tombelle (Venezia) 20Tombolo (Padova) 21Toniolli Benedetto 67Toniolli, famiglia 47Toniolo Alvise 46Toniolo Federica 66Toniolo Stefano 46Tono da Legnaro 36, 37Tormeno (Padova) 26Torreglia (Padova) 16, 23, 30, 48Toscana 95Toubert Pierre 30Tramonte (Padova) 23, 24Tranfaglia Nicola 32Trento 49, 54Trevigiano, terr<strong>it</strong>orio 27Trevisan Giovanni 68Treviso, conti 20Treviso, terr<strong>it</strong>orio 27, 35Treviso, vescovo 52Tribano (Padova) 20, 24, 28, 31Trieste 77Trolese Andrea 54Trolese Francesco Giovanni Battista 3, 7, 30, 31, 32, 33-70Tron Antonio, abate di Santa Giustina 57Ubertello da Legnaro 66Uberto di Cino da Volparo 36Udine 57Ugo di Toscana, marchese 19Ugolino Gobbo 40Uguccione, abate di Gavello 35Valcaucola (Padova), granza di San Giacomo di Monselice 27Vallata (Padova), local<strong>it</strong>à di Ronchi di Casalserugo 24Valle dell’Abbà (Padova) 26, 27Valle di Sotto (Padova) 26Valle San Giorgio (Padova) 19Valle Saume (Padova), contrada di Legnaro 41Valnogaredo (Padova) 28, 30Valsanzibio (Padova) 23Valsugana 17Valuvana (Padova), contrada di Legnaro 41Vangadizza (Rovigo), abbazia di Santa Maria 19, 21, 27Vanzolivui (Padova), granza di San Giacomo di Monselice 27Varanini Gian Maria 66Vecchia Pietro, abate di Santa Giustina 53, 56, 69Vedana (Belluno), certosa 15Vegiato Francesco 54Vegrolongo (Padova) 56Venda, monte 26, 28, 30, 35Vendramino, pellicciaio 50Veneto 5, 15, 16, 17, 18, 24, 30, 95, 159Veneto Agricoltura 3, 4, 5, 7, 84, 87, 159Veneto, Regione 3, 4, 5, 7, 11, 66, 71, 72, 73, 74, 76,87, 93, 95, 145, 159Venezia 43, 45, 46, 52, 53, 57, 67, 84, 159Venezia, abbazia dei Santi Ilario e Benedetto 20, 26Venezia, abbazia di San Giorgio Maggiore 15, 26Venezia, abbazia di San Michele di Murano 43Venezia, abbazia di San Nicolò del Lido 26Venezia, abbazia di San Zaccaria 18, 26Venezia, convento di Santa Giustina 52Venezia, doge 41, 42Venezia, monastero di San Cipriano di Murano 17, 26, 34Venezia, monastero di San Giorgio di Fosson 26Venezia, monastero di San Giorgio in Alga 40Venezia, monastero di San Lorenzo di Ammiana 2616


IN<strong>DI</strong>CE TITOLO DEI NOMIVenezia, monastero di San Tommaso dei Borgognoni 26Venezia, monastero di Santa Maria delle Vergini 28Venezia, patriarca 43Venezia, Quarantia 45, 70Venezia, repubblica 30, 42, 45, 47, 55, 67, 70Venezia, Soprintendenza per i beni arch<strong>it</strong>ettonici e il paesaggioper il Veneto Orientale 7, 11, 12, 13, 73, 84, 87, 88, 89,90, 93, 95, 97, 98, 144Veneziani 40, 50Venier Francesco, podestà 56Venturi Fabrizio 159Verona 18, 59, 66Verona, abbazia di San Zeno 15, 18Verona, abbazia di Santa Maria in Organo 36, 66Verona, terr<strong>it</strong>orio 31Vescovana (Padova) 28Veternigo (Venezia) 20Viale da Scaltenigo 36Vicenza 57Vicenza, abbazia dei Santi Felice e Fortunato 18, 31Vicenza, terr<strong>it</strong>orio 22, 24, 31Vico Cerboni (Padova) 20Vigne (Vicenza), manso di Lugo Vicentino 22Vigonovo (Venezia) 20Vigonza (Padova) 21, 38, 42Vigonza (Padova), priorato di Santa Margher<strong>it</strong>a 52Villa (Padova), contrada di Legnaro 40Villa del Bosco (Padova) 25, 29, 48, 56Villa del Bosco (Padova), chiesa di San Nicolò 48Villa del Bosco (Padova), confratern<strong>it</strong>a di san Rocco 29Villa del Conte (Padova) 21Villanova (Padova) 21Vincenzo, santo 58, 64Viola Bernardino del fu Mainerio 67Viola Biagio 43Viola Brigo 67Viola Domenico 67Viola Girolamo 67Viola Mainerio di Biagio 43Viola Matteo del fu Mainerio 67Viola Paolo del fu Mainerio 67Viola, famiglia 44, 67V<strong>it</strong>a Mimmo 3, 7V<strong>it</strong>tori Antonio di Francesco 68V<strong>it</strong>turi Benedetto, podestà di Padova 42Volparo (Padova), frazione di Legnaro 36, 38, 50, 66Voltabrusegana (Padova) 22Vomiero Anna Maria 65, 159Zambonino da Legnaro dell’Abate 40Zancanari (Vicenza), manso di Lugo Vicentino 22Zane Marco, podestà di Padova 42Zanetti D. 32Zanino del fu Clemente 40Zanino, monaco di Santa Giustina 49, 66, 68Zanocco Rizieri 65Zecchin Fabio 30, 31, 70, 159Zorzato Maria R<strong>it</strong>a 65Zorzi Gerolamo, patrizio 52Zovon (Padova) 18Zuanne, santo 64Zucchini Roberta 15917


L’INTERVENTO <strong>DI</strong> RESTAURO AL<strong>LA</strong> <strong>CORTE</strong> <strong>BENEDETTINA</strong> <strong>DI</strong> <strong>LEGNARO</strong>RINGRAZIAMENTIPer la squis<strong>it</strong>a collaborazionela Direttrice dell’Archivio di Stato di Padovadr.ssa Francesca Fantini D’Onofrio, nonché la dr.ssaAnna Maria Vomiero, Assistente di Sala,Renzo Sgarabotto addetto al Gabinetto Fotografico etutto il personale dell’Archivio di Stato di Padova.Si ringrazia altresì il Sovrintendente di Villa Contarinidi Piazzola sul Brenta (PD) dr. Giorgio Barbieri,per la cortese disponibil<strong>it</strong>à alla riproduzionedelle mappe ivi conservate.Una menzione speciale all’Arch. Ing. Fabio Zecchinper la disinteressata ed indispensabile consulenzaprestata.Si ringrazia pure il dr. Angelo Tabaro della DirezioneCultura della Regione Veneto per la gentilezza edil prezioso aiuto. Inoltre il dr. Franco Norido etutto il personale di Veneto Agricoltura che operapresso la Corte benedettina di Legnaro (PD),per la cortesia dimostrata.Infine la signorina Marta Soldà dell’Ufficio Stampadi Veneto Agricoltura per la fattiva collaborazione.REFERENZE FOTOGRAFICHEMarco Bruzzo – D-Day, PadovaGabinetto di fotoriproduzione dell’Archivio di Statodi PadovaD<strong>it</strong>ta Schiavina, Casalecchio sul Reno (Bologna)Archivio fotografico di Veneto Agricoltura,Legnaro (Padova)HANNO COL<strong>LA</strong>BORATO E RINGRAZIAMOProf. ing. Raffaele Poluzzi – Professore associatodi Tecnica delle costruzioni D.I.S.T.A.R.T. –Univers<strong>it</strong>à di BolognaProf. Lino Credali – Professore libero docentein Chimica macromolecolare – ARDEA Progetti esistemi S.S. MilanoDott. Fabrizio Venturi – ArcheologoDott. Cosimo Mauro – ArcheologoDott. Roberta Zucchini – Supervisione alla relazionearcheologicaFrancesco Geminiani – RestauratoreElisabetta Simonelli - Restauratrice

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