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LA CORTE BENEDETTINA DI LEGNARO Vicende ... - Giuliocesaro.it

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‘CORTI’ E ‘GRANZE’ BENEDETTINE NEL ME<strong>DI</strong>OEVO: ALLE ORIGINI <strong>DI</strong> UNA STORIA <strong>DI</strong> LUNGA DURATAi possedimenti coltivati, dall’altro il permanere di untipo di gestione che, secondo un modello piuttostodiffuso in Italia ma non Oltralpe, continuò a far ampiospazio anche a concessioni di tipo livellario, oltre chesulla gestione diretta della terra e sui patti di coloniaparziaria. Basti dire che quando, nel 1076, il vescovodonava ai monaci di S. Giustina la signoria su quellaporzione di Legnaro dove si trovava la Corte, vi eraancora una vasta palude chiamata Nemora (cioè iBoschi), formata per lo più di roveri (il che giustificaforse l’antica denominazione di Lignarium, cioè diluogo deputato al rifornimento di legname data als<strong>it</strong>o); ebbene, nell’atto vescovile si precisava che eranoconcesse anche le decime di tutta la terra que ad novumvener<strong>it</strong>, cioè che si sarebbe messa a coltura 41 . D’altraparte negli anni ottanta del Duecento, quando la corteaveva ormai realizzato la più parte delle grandi conquistedel suolo, vi afferivano non meno di ottanta livellari(tra cui il cappellano) su un totale di 222 nuclei familiari,i quali versavano la somma (cospicua per i tempi)di più di 783 lire e inoltre 42 capretti, 219 fra polli egalline, quattro colombi e un’oca 42 .Più strutturato in termini tradizionali e largamenteimpostato sul lavoro colonico rimase invece l’enormelatifondo di cui i monaci di S. Giustina vennero in possessonell’angolo sudorientale della provincia nel 1129,tra Bovolenta, Correzzola, Concadalbero, Desman,Villa del Bosco, Brenta dell’Abbà. In questa vastissimazona di bonifica i monaci fecero sorgere addir<strong>it</strong>turanuovi paesi come Civè o Terranova e attraverso undiuturno impegno agricolo, idraulico e amministrativo,costellato anche da acquisti e permute (rilevante quelladi 2330 campi fatta col comune di Padova nell’anno1300), impiantarono un esemplare apparato fondiarioche ai primi del Cinquecento amministrava oltre 13.000campi padovani 43 e può considerarsi una delle maggiorirealizzazioni in assoluto di organizzazione aziendalemonastica della valle del Po. Il tutto, ovviamente, entroun quadro di generalizzato aumento della popolazionee di intensa antropizzazione del paesaggio rurale chetoccò il suo acme tra la fine del Duecento e il principiodel Trecento.Sebbene la documentazione non si sia conservata informe altrettanto massicce, si sa che un’azione ugualmentemer<strong>it</strong>oria svolse in tutto il comparto corrispondenteagli attuali paesi di Pontelongo, Candiana, Arre,Conselve, Terrassa, Pernumia, Tribano, Pontecasale,Cona e altrove il monastero di S. Michele di Candiana.In zone ricche di selve e paludi, dove difficoltosi eranogli spostamenti e radi gli ab<strong>it</strong>ati, i monaci di Candianaottennero dal papa di svolgere anche cura d’animeautonomamente dalla pieve di Conselve, fecero scavarefosse e gettarono ponti, costruirono fornaci, ottennerole decime dei terreni che man mano andavano dissodandosiin local<strong>it</strong>à chiamate Proe de Fossis, Pra’ deBusco, Roverelle, Oneda (da Aulnus, Aulnedum, l’ontànoche i contadini veneti chiamavano onàro, il legnovile prosperante nelle bassure umide, «che no fa vampae no fa ciàro»). Nei numerosi contratti di aff<strong>it</strong>to delleterre, i cui prodotti erano portati nella grande cànevamonastica di Candiana e in altre tezze del circondario,si trovano normalmente nei secoli XII e XIII obblighidi questa natura: fossata… trium pedum circa eam terramundique facere… et facta semper purgata et cavatamanutenere o quod fosatum iamdictus libellarius debetmanutenere bene mundatum et purgatum 44 : formule dacui traspare la quotidiana estrema cura nel preservarele terre coltivate dalle insidie di una idrografia capricciosae talvolta devastante 45 .Naturalmente (non è il caso di esaminare qui la questione)nei secoli della grande ‘rinasc<strong>it</strong>a’ il lavorocontadino poté essere utilizzato secondo una estremavarietà e flessibil<strong>it</strong>à di formule che si scostano spessodagli schemi prospettati come ‘classici’. Nel Padovano,ad esempio, non è infrequente trovare l’anomalia dicontratti di livello che prevedono anche la prestazionedi opere sui fondi gest<strong>it</strong>i in economia dai monaci.Il monastero (allora maschile) di S. Daniele in Montedi Abano, ad esempio, sul finire del XII secolo usavatalvolta questa pratica, obbligando il concessionario aprestare V operas infra annum, unum ad sesolandum,et due ad faciendum vineam et alie due ad sapandumblavam; anche qui, comunque i prodotti delle terreaff<strong>it</strong>tate andavano portati in un appos<strong>it</strong>o magazzino25

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