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LA CORTE BENEDETTINA DI LEGNARO Vicende ... - Giuliocesaro.it

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SANTE BORTO<strong>LA</strong>MIsi prodigò nel governo e nella redenzione di un vastopatrimonio disperso in varie zone della diocesi: da Tribano,a Pernumia, a Conselve, ad Arre, a Monselice,a Cornegliana, a Bertipaglia, a Camurà, a Maserà, aRonchi, a Carpenedo, a Legnaro, a Rovolon, a Bronzola,e addir<strong>it</strong>tura Masòn, nel Vicentino 33 . Non fuun’impresa semplice, anche per le insidie di pericolosiconcorrenti contro i quali si dovette invocare frequentementela suprema protezione di papi e imperatori 34 .Come quella di Praglia, anche l’abbazia di S. Giustinaperseguì finché le autor<strong>it</strong>à comunali lo permisero unapol<strong>it</strong>ica di rafforzamento non solo patrimoniale, maanche giurisdizionale sulle corti possedute, al punto datrasformarle in curie, cioè vere e proprie enclaves doveil monastero diventava di fatto non solo padrone d<strong>it</strong>erre ma anche signore di uomini. Ancora nel 1232, adesempio, l’imperatore Federico II accordava all’abatedi Praglia un privilegio in virtù del quale poteva eserc<strong>it</strong>arela iurisdictio e il com<strong>it</strong>atus sui villaggi di Brusegana,Tencarola, S. Biagio di Villa del Bosco e Tramonte35 . In qualche modo era la v<strong>it</strong>a dell’intero paese che siidentificava con quella della corte, dato che i monacinello stesso tempo detenevano la massima parte delterr<strong>it</strong>orio, possedevano la chiesa parrocchiale, percepivanole decime, decidevano le controversie fra i contadini,riscuotevano (come Praglia a Brusegana ancor nel1237) la tassa pubblica sul patrimonio (o dadia) 36 e altribalzelli, disponevano della destinazione delle acque, inqualche caso avevano a disposizione anche una nutr<strong>it</strong>aschiera di piccoli vassalli e uomini ‘di masnada’ epotevano persino fortificare con un castello il centrodominicale (come fece S. Giustina a Brenta dell’Abbàe a Concadalbero) 37 . Si prenda – ma è solo un casoesemplare – la corte di Maserà, che come tale era giàesistente, come s’è detto, prima del Mille. Qui, accantoalla domus cultilis o domus donica del monastero esistevauna cappella ‘privata’ con lim<strong>it</strong>ata cura d’animeche fu promossa al rango di pieve già prima del 1077 38e un grappolo di appezzamenti coltivati circondati daben più consistenti aree di incolto. Fu questo nucleoche diventò l’ovvio punto di riferimento della popolazionelocale e la base propulsiva di una sistematicaespansione agricola che investì anche il vicino villaggiodi Ronchi, dove dal 1172 è pure attestata una chiesadi S. Martino. Una indiretta traccia dei dissodamentiintensivi sviluppati in zona si coglie in toponimi qualiBosco Maggiore, Cà del Bosco, Carpenedo, Roverella,Frassineda, tutti dovuti alle principali essenze vegetalidei boschi cedui che dovevano incombere sulla corteancora intorno al Mille; così come altre contradedenominate Calle della Palude, Campi della Palude,Paluselli Larghi, Lagosalso, Conche, Conca Fosole, Vallatarammentano lo stato di disperante impaludamentoche affliggeva ettari ed ettari di terra agli esordi dellagestione monastica. Incentivando con appos<strong>it</strong>e iniziativeil drenaggio e l’irregimentazione delle acque e losvegramento e la messa cultura delle boscaglie, si dilatòil numero delle prese bonificate, dei ronchi, degli amplidove si poteva sfalciare l’erba e seminare. Sul finire delDuecento si può calcolare che l’intero complesso dellacorte raggiungesse l’estensione di 1200 campi padovani(di cui 400 circa a Ronchi), pari a 463 ettari. Nella vicinaRonchi, dipendente da Maserà, l’abate addir<strong>it</strong>turanominava il publicanus, cioè il capovillaggio, di fattodetenendo la piena signoria del luogo: «nullus aliusaliquid habet facere in dicta villa nisi dominus abbas»,dichiara un testimone duecentesco, con un’espressionefin troppo eloquente. Ma anche a Maserà l’abate di S.Giustina poteva impedire a chiunque di «avere o edificaretorri o casetorri»; aveva un gastaldo; teneva unapparato di piccoli vassalli che gli giuravano fedeltà,dovevano fornirgli un cavallo e accompagnarlo nei suoispostamenti nella provincia; governava una schiera di‘famigli’ e, naturalmente, intratteneva rapporti conuno stuolo ben più largo di coloni e di livellari. Lostesso comune rurale, documentato fin dal 1242, si puòdire che fosse in qualche modo interno alla signoriadell’abate e sollec<strong>it</strong>ato da essa fin dal suo nascere 39 , cosìcome spesso si verifica per varie comun<strong>it</strong>à rurali delVeneto medioevale 40 .Anche a Legnaro, per fare un altro cenno, si possonoriscontrare due caratteristiche ben visibili a Maserà ein altre corti benedettine del Padovano: da un lato lacapac<strong>it</strong>à di espandere e solidificare significativamente24

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