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ANTONIO MUOZ MOLINA

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sua moglie, che la stava aspettando da anni, ma lei non mostrò nessuna<br />

contentezza, nemmeno un po' di sollievo. Si limitò ad annuire, ancora spettinata,<br />

assente, come appena alzata nonostante fossero le tre del pomeriggio,<br />

poi rimise nella busta la lettera con intestazione e prosa ministeriali, la<br />

posò su un mobile e rimase un istante a testa bassa, come se non ricordasse<br />

dove stava andando, sfregandosi le mani.<br />

Quel che tarda tanto ad arrivare è come se non fosse arrivato, anzi peggio,<br />

perché l'avverarsi fuori tempo di ciò che si è tanto desiderato finisce<br />

con l'assumere un risvolto beffardo. Per molto tempo si era rifiutato di sollecitare<br />

il trasferimento, o le aveva raccontato mezze bugie assicurando di<br />

aver spedito la richiesta, oppure diceva che avevano anticipato la scadenza,<br />

scuse per non confessarle che non gli importavano tanto la paura o il pericolo<br />

quanto l'eventuale vergogna, la slealtà verso i compagni, verso gli amici<br />

assassinati, o sfigurati e paralizzati per sempre da un'esplosione. A lui<br />

importavano queste cose, ma a lei no: lei stava in attesa, dalla mattina alla<br />

sera, a volte anche tutta la notte, aspettava seduta vicino al telefono o davanti<br />

al televisore acceso, oppure dietro le tendine di una finestra, guardando<br />

la strada, spaventata dai rumori più normali, una scampanellata, un<br />

tubo di scappamento, un allarme che scattava in un negozio vicino. Aveva<br />

atteso ora per ora e giorno dopo giorno per anni, tanti anni da essere ormai<br />

troppi, e alla fine aveva smesso di domandare, non chiedeva più, né attaccava<br />

all'ora di pranzo un discorso che avrebbe fatto scivolare verso un pretesto<br />

per chiedergli notizie del trasferimento. Quando arrivò la notifica (un<br />

ordine, in realtà, e forse anche un'esortazione a dare le dimissioni) da tempo<br />

aveva smesso di fare domande non solo sul trasferimento, ma su qualunque<br />

altra cosa, e se l'ispettore arrivava tardi senza nemmeno avvisare<br />

con una telefonata, non lo aspettava più alzata in camicia da notte per rimproverarlo<br />

o mettersi a piangere. Lui entrava in casa e notava con infinito<br />

sollievo che le luci erano spente, si toglieva le scarpe e la fondina con la<br />

pistola, entrava a tentoni nella camera da letto, illuminata solo dal chiarore<br />

dei lampioni, e si spogliava in silenzio, sentendola respirare, nell'oscurità<br />

dove brillavano le cifre rosse della radiosveglia, poi s'infilava nel letto, con<br />

l'alito pesante di sigarette e whisky, chiudeva gli occhi, cercava il corpo di<br />

quella donna che da tanto non desiderava più, e allora si rendeva conto che<br />

non era addormentata e fingeva di addormentarsi lui, per evitare da codardo<br />

le possibili domande, quelle ripetute tante volte, come il pianto e le lamentele,<br />

perché l'aveva portata in una terra così ostile e lontana dalla sua,<br />

perché non la toccava più.

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