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PROMORAMA ::: PRESS

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BAND: THE BLACK HEART<br />

PROCESSION<br />

::: <strong>PROMORAMA</strong> ::: <strong>PRESS</strong> :::<br />

KALPORZ / interview<br />

http://www.kalporz.com/intervista/blackheartprocession.htm<br />

TITLE: THE SPELL LABEL: TOUCH & GO<br />

PAG. 24<br />

Milano. È una giornata piovigginosa e grigia, classica nel suo cliché metropolitano. In un hotel non molto<br />

distante dalla Stazione Centrale, passo un paio d’ore in compagnia della band di San Diego, un po’ stralunati<br />

tra jet lag e spostamenti vari, in procinto di esibirsi per un improvviso show case in uno dei locali del<br />

capoluogo, ma rischiarati da un alone di cortesia ed affabilità.<br />

La vostra musica sembra avere radici molto intellettuali, ci sono letture o film che vi hanno influenzato o che<br />

continuano ad influenzarvi?<br />

Beh, lo spero proprio! Oddio, a dirti la verità ce ne sono molti… sai, l’arte è un qualcosa a tutto tondo, ti può<br />

capitare di ricevere qualcosa di buono e poi riversarlo in quello che fai tu. Per quanto ci riguarda, non siamo<br />

necessariamente ispirati da una cosa sola, cerchiamo di guardarci intorno e recepire tutto il buono che può<br />

capitare. E poi tirare fuori il meglio di noi stessi!<br />

Ed ascoltando questi risultati, dal vostro sound tutto si direbbe tranne che possiate venire dalla California: in<br />

che modo avete maturato queste sonorità, così europee?<br />

Assolutamente, hai ragione! È un’osservazione che ci viene fatta molto spesso e che condividiamo.<br />

Personalmente, penso che sia vero anche per il fatto che, quando ero un bambino, ascoltavo molta musica<br />

proveniente dall’Europa! Insomma, soprattutto negli anni Settanta, c’era un sacco di bella roba…<br />

Vuoi qualcosa da bere anche tu? Ah, non scriverai anche questo vero?<br />

Ma certo che lo scriverò! Sto scherzando, tranquillo…<br />

Che rapporto avete col pubblico europeo e com’è la situazione musicale americana?<br />

Ah il rapporto è fantastico… ma, ti dirò, non trovo una grande differenza tra il pubblico europeo e quello<br />

americano. Entrambi ci sono molto affezionati e ci seguono con passione e così via, ed è una gran cosa,<br />

perché vuol dire che non conta dove crei la tua musica, ma questa sa raggiungere le persone più diverse.<br />

Come descrivereste “The Spell”? E' un ottimo album!<br />

Come avete scelto l'uso di una strumentazione così bizzarra (ogni riferimento alla sega suonata da Pall è<br />

puramente voluto)?<br />

Beh, è molto semplice… se ci pensi, qualsiasi cosa può essere uno strumento, la voce stessa è uno<br />

strumento. Se pensiamo che una sega possa dare dei suoni che stanno bene in una canzone, allora perché<br />

non utilizzarla? L’arte non ha divieti ed a noi piace sperimentare del nuovo, sebbene le nostre composizioni<br />

siano abbastanza classiche nel loro stile.<br />

Dopo “Amore del tropico” sembrate esservi riavvicinati alle sonorità dei primi tre lavori: siete d'accordo con<br />

questa affermazione?<br />

È probabile, anzi forse è proprio così. Ma non pensare che sia stata una cosa decisa a tavolino… voglio dire,<br />

nel momento in cui creiamo non stiamo lì a decidere a priori come un lavoro dovrà riuscire al termine delle<br />

registrazioni. Sicuramente c’è un’idea originaria, ma creare musica è come un lungo viaggio: sai dove<br />

vorresti andare, ma il percorso è tutto in costruzione e non puoi certo prevedere tutto quel che accadrà<br />

mentre vai avanti!<br />

Gli umori non sembrano cambiare, ma le soluzioni musicali appaiono come più aperte… come descrivereste<br />

“The Spell”?<br />

Ah, è un ottimo album!<br />

Veramente? Non vale, non mi diresti mai che ti fa schifo, anche se lo pensi!<br />

Esatto! No, scherzi a parte… ci abbiamo lavorato su molto intensamente, credo siamo riusciti a conferire<br />

esattamente le atmosfere che avevamo in mente, a conservare lo spirito originario che avremmo voluto<br />

creare. È una soddisfazione! >>> continua

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