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Il disgelo Nei primi giorni del gennaio 1945, sotto la spinta dell ...

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altre mani mi avvinghiarono per i capelli, le spalle, gli abiti, e mi issarono di peso sul pavimento<br />

<strong>del</strong>l’ultimo carro, dove giacqui semisvenuto per mezz’ora. <strong>Il</strong> treno continuava a procedere verso<br />

nord: si inoltrava in una valle sempre piú stretta, passò le Alpi Transilvane per il valico di Predeal il<br />

24 settembre, in mezzo a severe montagne brulle, in un freddo pungente, e ridiscese a Brasov. Qui<br />

<strong>la</strong> locomotiva venne staccata, garanzia di tregua, e cominciò a svolgersi il cerimoniale consueto:<br />

gente dall’aria furtiva e feroce, con le accette in mano, in giro per <strong>la</strong> stazione e fuori; altri coi<br />

secchi, a disputarsi <strong>la</strong> poca acqua; altri ancora a rubare paglia dai pagliai, o a fare commerci coi<br />

locali; bambini sparsi intorno in cerca di guai o di saccheggi minori; donne a <strong>la</strong>vare o a <strong>la</strong>varsi<br />

pubblicamente, a scambiarsi visite e notizie da vagone a vagone, a rinfoco<strong>la</strong>re le liti rimuginate<br />

durante <strong>la</strong> tappa, e ad accenderne di nuove. Subito furono accesi i fuochi, e si cominciò a cucinare.<br />

Accanto al nostro convoglio stazionava un trasporto militare sovietico, carico di camionette, mezzi<br />

corazzati e fusti di carburante. Era sorvegliato da due robuste soldatesse, in stivali ed elmetto,<br />

moschetto a spal<strong>la</strong> e baionetta in canna: erano di età indefinibile e di aspetto legnoso e scostante.<br />

Come videro accendere fuochi proprio <strong>sotto</strong> i fusti di benzina, si indignarono giustamente per <strong>la</strong><br />

nostra incoscienza, e gridando «nelzjà nelzjà» imposero di spegnerli immediatamente. Tutti<br />

obbedirono, sacramentando; ad eccezione di un gruppetto di alpini, gente coriacea, reduci dal<strong>la</strong><br />

campagna di Russia, che avevano organizzato un’oca e <strong>la</strong> stavano arrostendo. Si consultarono con<br />

sobrie parole, mentre le due donne imperversavano alle loro spalle; poi due di loro, designati a<br />

maggioranza, si levarono in piedi, col viso severo e risoluto di chi si sacrifica coscientemente per il<br />

bene comune. Affrontarono le soldatesse e par<strong>la</strong>rono loro <strong>sotto</strong>voce. La trattativa fu<br />

sorprendentemente breve: le donne deposero l’elmetto e le armi, indi i quattro, seri e composti, si<br />

allontanarono dal<strong>la</strong> stazione, si inoltrarono in un viottolo e sparirono ai nostri sguardi. Ritornarono<br />

un quarto d’ora piú tardi, le donne avanti, un po’ meno legnose e lievemente congestionate, gli<br />

uomini dietro, fieri e sereni. La cottura era a buon punto: i quattro si accovacciarono a terra con gli<br />

altri, l’oca fu scalcata e ripartita in buona pace, poi, dopo <strong>la</strong> breve tregua, le russe ripresero le armi e<br />

<strong>la</strong> sorveglianza. Da Brasov <strong>la</strong> direzione di marcia volse nuovamente ad ovest, verso il confine<br />

ungherese. Venne <strong>la</strong> pioggia a peggiorare <strong>la</strong> situazione: difficile accendere i fuochi, un solo vestito<br />

bagnato addosso, fango dovunque. <strong>Il</strong> tetto <strong>del</strong> vagone non era stagno: solo pochi metri quadrati di<br />

pavimento restavano abitabili, sugli altri grondava acqua senza misericordia. Ne nascevano contese<br />

e alterchi senza fine al momento di coricarsi per dormire. È antica osservazione che in ogni gruppo<br />

umano esiste una vittima predestinata: uno che porta pena, che tutti deridono, su cui nascono dicerie<br />

insulse e malevole, su cui, con misteriosa concordia, tutti scaricano i loro mali umori e il loro<br />

desiderio di nuocere. La vittima <strong>del</strong> nostro vagone era il Carabiniere. Sarebbe arduo stabilirne il<br />

perché, se pure un perché esisteva: il Carabiniere era un giovane carabiniere abruzzese, gentile,<br />

mite, servizievole e di bell’aspetto. Non era neppure partico<strong>la</strong>rmente ottuso, era anzi piuttosto<br />

permaloso e sensibile, e perciò soffriva acutamente <strong>del</strong><strong>la</strong> persecuzione a cui era <strong>sotto</strong>posto dagli<br />

altri militari <strong>del</strong> vagone. Ma appunto, era carabiniere: ed è noto che fra l’Arma (come si chiama per<br />

antonomasia) e le altre forze armate non corre buon sangue. Si rimprovera ai carabinieri,<br />

perversamente, <strong>la</strong> loro eccessiva disciplina, serietà, castità, onestà; <strong>la</strong> loro mancanza di umorismo;<br />

<strong>la</strong> loro obbedienza indiscriminata; i loro costumi; <strong>la</strong> loro divisa. Corrono sul loro conto leggende

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