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Colpire al cuore

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IL NOME<br />

di Teresa Laporta<br />

Teresa Laporta ha trentadue anni: 19 trascorsi in C<strong>al</strong>abria, 7 in Toscana, 6 in Lombardia. Non sa dove la condurrà<br />

il destino tra dieci anni?... In qu<strong>al</strong>siasi posto in cui possa vivere con dignità, circondata d<strong>al</strong>l’affetto di<br />

una famiglia <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e dedicare il suo tempo (il lavoro me ne lascia poco!), la sua dedizione e, non ultima, la<br />

sua più grande passione: la scrittura.<br />

Rinchiuso da <strong>al</strong>cune ore in un’elegante stanza d’<strong>al</strong>bergo Antonio continuava a fissare la tappezzeria, i quadri,<br />

il copriletto trapuntato color avorio e a sfiorare con le dita le tende di seta, sbirciando fuori d<strong>al</strong>la finestra.<br />

Le acque del lago, pur non essendo limpidissime, <strong>al</strong>l’ora del tramonto risultavano molto suggestive. Le fissò<br />

per <strong>al</strong>cuni istanti, seguendo con lo sguardo due coppie di anatre che nuotavano verso l’orizzonte, mentre<br />

uno stormo di gabbiani volava dritto in direzione del pontile, dove un battello aveva appena preso il largo.<br />

Per quanto romantico risultasse, quel paesaggio non riuscì a distrarlo per un solo minuto. Aveva ancora un<br />

obiettivo da raggiungere, l’ultimo, il più importante in assoluto.<br />

La sua attenzione si concentrò su una lettera, che non aveva ancora osato aprire. Stava lì, sul letto, esattamente<br />

dove l’aveva lasciata la sera prima. Il suo v<strong>al</strong>ore era inestimabile. Tutte le domande che si era posto<br />

da bambino adesso avrebbero avuto una risposta. Il solo pensiero gli dava un senso di eccitazione t<strong>al</strong>e da<br />

non riuscire più a farlo respirare. Probabilmente, neanche una notte d’amore avrebbe mai potuto competere<br />

con quella semplicissima lettera.<br />

Sp<strong>al</strong>ancando la finestra, udì le campane di una chiesa che rimbombavano per l’intero quartiere. Si sporse in<br />

avanti, per prendere una boccata d’aria, e vide, proprio sotto il suo davanz<strong>al</strong>e, una banda music<strong>al</strong>e che stava<br />

eseguendo una marcia gioiosa.<br />

“Che bella coincidenza” disse, sorridendo. “Anche Lugano si è preparata per l’occasione.”<br />

Raggiunse a quel punto l’armadio; lo aprì e cercò una camicia pulita da indossare; quella che portava era<br />

macchiata di sudore. Andò poi in bagno a sciacquarsi la faccia. L’acqua scendeva ancora giù d<strong>al</strong> rubinetto<br />

mentre fissava la sua immagine riflessa nello specchio. Aveva i capelli scuri e un piccolo naso appuntito.<br />

Un’espressione pensosa appariva sul suo volto olivastro. Chiuse il rubinetto ma, di tanto in tanto, qu<strong>al</strong>che<br />

goccia continuava ancora a scendere nel lavandino. Non ci fece caso. Tornò in camera e si poggiò sopra il letto.<br />

Afferrò quella lettera e la pose davanti ai suoi occhi. Era una busta di carta pergamena con i bordi ruvidi<br />

e d<strong>al</strong>la forma rettangolare. Si ri<strong>al</strong>zò di scatto, tenendo ancora quella lettera in mano, e si avvicinò <strong>al</strong>la scrivania.<br />

Afferrò il tagliacarte e, fin<strong>al</strong>mente, l’aprì. Conteneva un foglio color pastello, accuratamente piegato a<br />

metà. Le parole, incise con inchiostro nero, erano state scritte in corsivo ed erano evidenziate da una grafia<br />

larga ed ordinata. Posò la busta sul mobile in noce massello e lesse la lettera con trepidazione.<br />

Alla penultima riga il suo <strong>cuore</strong> aveva già smesso di battere. Tutto avrebbe potuto immaginare tranne una<br />

cosa del genere. P<strong>al</strong>lido, scosso, quasi sul punto di svenire, si coprì il volto con entrambe le mani, scuotendo<br />

il capo. Non riusciva a crederci. Da vent’anni non aspettava <strong>al</strong>tro se non di conoscere quel nome; il nome di<br />

colui che lo aveva privato della sua infanzia, della sua gioventù e anche del suo futuro.<br />

“Nessun uomo, legato a quel nome, deve rimanere in vita” gli aveva fatto promettere suo padre prima di<br />

morire, e lui le promesse le aveva sempre mantenute. In pochi anni aveva eliminato tutti i D<strong>al</strong>ìa; tutti, ad<br />

eccezione di uno. Di certo, quel ragazzo, <strong>al</strong>l’epoca suo coetaneo, non aveva colpe. La sua unica macchia era,<br />

semmai, di essere stato generato da un infame, da un mostro che, dopo aver torturato ogni membro della<br />

sua famiglia <strong>al</strong>la fine li aveva fatti bruciare insieme <strong>al</strong>la loro casa, <strong>al</strong>le loro vite e ai loro sogni.<br />

La ricordava ancora bene quella mattina. Le due assistenti soci<strong>al</strong>i che bussarono <strong>al</strong>l’improvviso <strong>al</strong>la porta<br />

della sua classe – la 1°C – interrompendo la lezione di matematica. E poi i carabinieri, la sirena dell’ambulanza,<br />

quella terribile voce che gli annunciava la morte dei suoi genitori. No, tutto questo non si può dimenticare,<br />

neanche dopo vent’anni, non dopo tutto quel dolore e quella disperazione. Quando a farti crescere non è<br />

più il cibo ma l’odio e la sete di vendetta la parola perdono non esiste; quel vocabolo non entrerà più a far<br />

parte del tuo dizionario.<br />

Aveva desiderato e immaginato quel momento da troppi anni e adesso che lo stava vivendo si sentiva, però,<br />

strano. Non era così, infatti, che si sarebbe dovuto sentire. Non erano quelli i sentimenti che avrebbe dovuto<br />

provare. Del resto, il destino lo aveva ingannato sin d<strong>al</strong>l’inizio: il figlio del suo peggior nemico non era<br />

un uomo, bensì una donna. D’un tratto, sentì la vista oscurarsi, la terra mancare sotto ai suoi piedi. Lo colse<br />

un capogiro. Si sorresse tenendo le mani ferme sulla scrivania. Fissò ancora una volta quella pagina e poi la<br />

strappò violentemente, facendo scendere una pioggia di carta colorata sopra la moquette. I suoi occhi cerulei<br />

si riempirono di lacrime. Avrebbe voluto abbandonarsi ad esse come un bambino tra le braccia di sua madre<br />

ma non poteva: lui una madre non ce l’aveva più. Si ri<strong>al</strong>zò di corsa, dirigendosi verso l’armadio. Questa volta<br />

la sua attenzione si concentrò sul terzo cassetto; lo aprì e fissò a lungo una pistola con aria sofferente.<br />

Dopo aver ripulito l’arma, la caricò con sei colpi e poi la nascose tra i vestiti. All’improvviso, però, un dubbio<br />

iniziò ad assillarlo:<br />

“E se si fosse sbagliato? E se quel nome – Andrea D<strong>al</strong>ìa – non fosse quello giusto?”<br />

No, non era possibile. I suoi amici non avrebbero mai potuto commettere un errore così grave. D’<strong>al</strong>tro canto,<br />

in quella lettera c’era anche un <strong>al</strong>tro foglio, un <strong>al</strong>tro documento, la prova schiacciante di quella terribile accusa.<br />

Andrea D<strong>al</strong>ìa… Andrea Consonni: un certificato di adozione aveva svelato ogni mistero.<br />

“Perché proprio quel nome? Perché il destino si accanisce ancora una volta contro di me?”<br />

Non riusciva a darsi una spiegazione. Eppure doveva esserci. Non poteva uccidere quell’individuo prima di<br />

averla trovata. Forse si trattava di un semplice caso di omonimia! A un tratto gli sembrò d’impazzire, anzi: fu<br />

certo che sarebbe diventato pazzo prima di sera.<br />

Riprese a girare su se stesso per poi ritornare sui propri passi. Aprì a metà la finestra e, con una mano sulla<br />

ringhiera, rifletté ancora sul da farsi. Strinse poi i pugni, aggrottò le sopracciglia, digrignò i denti d<strong>al</strong>la rabbia.<br />

La notizia lo aveva t<strong>al</strong>mente sconvolto da seccargli la gola. Bevve tre bicchieri d’acqua, uno dietro l’<strong>al</strong>tro.<br />

Ciononostante continuò a tremare, preda di una grande ansia.<br />

Il dubbio lo stava portando <strong>al</strong>l’esasperazione. Non c’è nulla di più distruttivo nella vita di un uomo se non<br />

vivere nel dubbio; vivere sapendo di aver ucciso un innocente, un padre di famiglia o, peggio ancora, di aver<br />

strappato una madre ai suoi bambini. Ma questo non era il suo caso. Quel nome era molto più di tutto questo.<br />

Quel nome era la sua vita, la cosa più bella che gli fosse capitata da quella m<strong>al</strong>edetta giornata. Cancellare<br />

quel nome d<strong>al</strong>la faccia della terra equiv<strong>al</strong>eva a un suicidio e, chissà, forse l’avrebbe anche preferito.<br />

Qu<strong>al</strong>cuno bussò <strong>al</strong>l’improvviso <strong>al</strong>la sua porta; non avrebbe mai voluto aprirla; sapeva che non si trattava del<br />

cameriere. Afferrò di colpo quell’arma e lentamente abbassò la maniglia.<br />

“Tesoro, questa città è bellissima. Ci ritorneremo ancora, non è vero?” domandò, con entusiasmo, una voce<br />

femminile.<br />

“No, non ci ritorneremo più” rispose. E le sparò, svuotando su di lei l’intero caricatore.<br />

Allontanandosi di corsa d<strong>al</strong>l’hotel si rese conto che la vendetta, l’onore e l’odio non avevano più lo stesso<br />

sapore di un tempo, e nemmeno il ricordo della sua terra lontana. Aveva fatto solo ciò che qu<strong>al</strong>cuno si aspettava<br />

facesse.<br />

Aveva raggiunto l’obiettivo. Ma non era più il suo.<br />

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