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storia dell'Hip Hop.rtf - LUDT

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LIBERA UNIVERSITÁ<br />

DI DANZA E TEATRO<br />

- MANTOVA –<br />

LIBERA UNIVERSITA’ DI DANZA E TEATRO<br />

MANTOVA<br />

Piazza Togliatti, 13<br />

46047 Porto Mantovano (Mantova)<br />

Tel. / Fax: 0376-396824<br />

Cell.: 328-3374518<br />

Sito Internet: www.univeristadidanza.it<br />

E-mail: info@universitadidanza.it


Indice<br />

Introduzione pag. 3<br />

Riferimento Socio-culturale pag. 5<br />

Nascita del Movimento Hip <strong>Hop</strong> pag. 12<br />

I Graffiti e l’Hip <strong>Hop</strong> pag. 21<br />

Anima musicale dell’Hip <strong>Hop</strong> pag. 24<br />

Principi dell’Hip hop pag. 38<br />

Hip <strong>Hop</strong> e Mass-media pag. 47<br />

Diffusione del movimento Hip <strong>Hop</strong> in Italia pag. 50<br />

La danza Hip <strong>Hop</strong> pag. 57<br />

Conclusioni pag. 62<br />

Dizionario di terminologia Hip <strong>Hop</strong> pag. 63


" Si dice . Ora come ora la<br />

nostra cultura non è controllata da noi stessi e certi aspetti della nostra<br />

cultura sono esaltati in maniera controproducente. La gente chiama l 'Hip<br />

<strong>Hop</strong> cultura. L 'Hip <strong>Hop</strong> è una sottocultura… Kwane Toure una volta mi ha<br />

detto:


INTRODUZIONE<br />

Iniziamo con una breve introduzione storica, che serve a chiarire il quadro politico in cui versava<br />

l'America del periodo in cui si svolge la nostra <strong>storia</strong>. Indicativamente, questo periodo attraversa<br />

gli anni Sessanta, Settanta, gli anni Ottanta e i primi anni Novanta. Si passa quindi da Martin<br />

Luther King e il suo assassinio al presidente Nixon, da Reagan al primo George Bush.<br />

Il tema del razzismo in America è sempre stato discusso e sentito dalla popolazione; soprattutto<br />

negli stati del Sud, i neri venivano separati dai bianchi nei trasporti pubblici, nei locali e nelle<br />

scuole. Il pioniere della lotta per i diritti dei neri fu Martin Luther King (1929-1968). Divenne<br />

pastore di una chiesa dell' Alabama nel 1954 e da quel giorno promosse una lotta non violenta,<br />

per far cessare le discriminazioni; un esempio lo si può avere citando l'episodio che lo portò al<br />

riconoscimento nazionale: nel 1955, una sarta di colore si rifiutò di cedere il suo posto ad un<br />

bianco sull'autobus, com'era consuetudine. Quando la donna venne arrestata e condannata, i<br />

neri, guidati da King, decidono di boicottare i trasporti pubblici. Un anno dopo 27 città del Sud<br />

cedono e mettono fine alla segregazione sui trasporti municipali. Fu allora che King divenne<br />

presidente dell' associazione per i diritti civili dei neri. Ovunque, dove i neri erano vittime di<br />

razzismo, King è presente. Nel 1963 guida la marcia su Washington e davanti a 250 mila<br />

manifestanti, pronuncia il suo discorso:<br />

“Io sogno che un giorno i miei quattro figli vivranno in un paese dove non si giudicherà dal colore<br />

della pelle, ma dalla natura del loro carattere... "<br />

Nel 1964 il presidente Johnson firma la legge sui diritti civili: tutti gli Americani, bianchi e neri,<br />

sono uguali. Lo stesso anno King riceve il premio Nobel per la pace. Sarà nel 1968 che King<br />

verrà assassinato, episodio che dimostra come i programmi per la difesa dei diritti dei neri non<br />

fossero stati comunque del tutto accettati.<br />

Il presidente Johnson non si presenta alle elezioni dello stesso anno e gli succede il repubblicano<br />

conservatore anticomunista Nixon, il quale deve dimettersi in seguito ad uno scandalo di<br />

intercettazioni illegali che sdegna l'opinione pubblica. E' la volta di Jimmy Carter, onesto<br />

georgiano esponente dei "buoni sentimenti" della provincia americana. In politica interna, Carter<br />

si fa paladino di una maggiore trasparenza etica e dei diritti dei neri. In politica estera, si fa<br />

sostenitore dei "diritti dell'uomo", criticando le violazioni che di essi vengono fatte in varie parti del<br />

mondo.<br />

Viene sconfitto da Reagan nelle elezioni del 1980. Con Reagan è tornata al potere l'America


Repubblicana, con l'intento dichiarato di riportare il paese ai valori del privatismo e<br />

dell'individualismo trionfanti, contro l'interventismo statalistico dei democratici. Reagan stimola<br />

l'iniziativa privata, gli investimenti, l'occupazione. I risultati sono stati per un verso di<br />

rivitalizzazione degli investimenti e delle tecnologie, per l'altro di approfondimento di differenze<br />

sociali, in primo luogo tra bianchi e neri. L'America viene rilanciata con un'immagine forte ed<br />

intransigente, ma con un debito pubblico senza precedenti.<br />

Il suo successore, George Bush, subentrato nel 1988, ha ripercorso in un certo modo la parabola<br />

di Reagan: notevoli successi in politica estera, mentre la politica interna vedeva un carico fiscale<br />

leggero per aumentare il benessere e favorire gli affari. Purtroppo, questo portò soltanto ad un<br />

aumento del debito pubblico e ad un aggravio dei dislivelli sociali. Ed è proprio in questi anni che<br />

l'Hip <strong>Hop</strong> inizia.


RIFERIMENTO SOCIO-CULTURALE<br />

Il fenomeno, perchè proprio di fenomeno si può parlare, <strong>dell'Hip</strong> <strong>Hop</strong> non è semplicemente uno<br />

stile di musica e danza, ma un passo importante della <strong>storia</strong>, un modo di sfuggire a realtà<br />

abbandonate alla propria povertà e disperazione, e non si può capire esattamente da cosa nasce<br />

se non si ha ben chiaro il contesto che lo generò, il senso di necessità e di rivoluzione che lo<br />

provocò e che ne fece la moda e la forza che si vedono oggi.<br />

AMERICA, NEW YORK, ANNI SETTANTA.<br />

A seguito di un rinnovamento urbano voluto dal sindaco di New York, tutte le persone di colore di<br />

origine afro-americana e ispanacaraibica provenienti dalle più disparate zone della Grande Mela,<br />

furono costrette a trasferirsi nel South Bronx. Questa "ricollocazione" avvenne senza nessun tipo<br />

di gradualità e creò una tensione sociale ed economica impossibile da gestire, in quanto il<br />

trapianto forzato creò una forte "crisi di rigetto". Si ci ribellava, infatti, ad una situazione che aveva<br />

abbandonato queste persone nella penuria di risorse cittadine, di solide "leadership" e con un<br />

assai limitato peso politico. Tale ribellione caratterizzò il decennio successivo.<br />

Non soltanto il quartiere del South Bronx versava in una simile situazione, ma con lui anche i<br />

quartieri di Harlem, nel Queens e a Brooklyn. Il South Bronx, però, fu quello che venne sempre<br />

preso ad esempio dai media, basti pensare al film "Fort Apache", ambientato proprio in questo<br />

luogo, che nell'immaginario popolare rappresentò sempre il simbolo delle disgrazie d'America.<br />

Questi quartieri vennero descritti dai media stessi proprio come terre dimenticate da Dio, una<br />

specie di Far West degli anni Settanta. Testimoni che ne videro e ne vissero l'atmosfera<br />

raccontano di come non si potesse giocare in strada senza rischiare di prendersi una pallottola in<br />

testa, o di come l'incendio di immensi stabili fosse all'ordine del giorno e rappresentasse il<br />

passatempo preferito della gioventù dell' epoca. Il paesaggio urbano, infatti, era caratterizzato<br />

dalla violenza, dalla droga, dall' abbandono e dalla povertà. Chi sopravvisse se ne stupisce...<br />

"Perchè credi sia ancora qui? Penso di doverlo al fatto che ho sempre corso veloce”<br />

BG<br />

In realtà, più che dimenticati da Dio, questi posti erano stati dimenticati dalle amministrazioni<br />

cittadine, che chiudevano gli occhi davanti ad una realtà così povera e disperata, fingendo che<br />

non esistesse, se non quando c'era da addossare la colpa a qualcuno per la criminalità o per<br />

situazioni e idee scandalose che inevitabilmente fuoriuscivano da essi.<br />

Guardando nello specifico i vari quartieri ci si rende conto, però, di una realtà che non era fatta


solo di criminalità. E' vero che non si poteva camminare per strada senza essere derubati ed è<br />

vero che ogni singolo isolato diventava una sorta di rifugio dal quale era meglio non uscire, ma<br />

questo avvenne esclusivamente per proteggere le persone che ci vivevano. All' interno di un<br />

isolato si creava una sorta di territorio personale degli individui che vi abitavano, in cui tutto era<br />

alla portata di tutti; se si usciva da questo territorio si rischiava di mettere a repentaglio la propria<br />

incolumità per la paura degli abitanti degli altri isolati di perdere quel poco che avevano. Non è<br />

esagerato dire che la gente avrebbe ucciso qualcuno solo per l'invasione del proprio territorio. Le<br />

strade erano un campo di battaglia, i quartieri somigliavano a roccaforti delimitate da frontiere.<br />

Questo tipo di realtà lasciò spazio ad un associazionismo notevole: i ragazzi facenti parte dello<br />

stesso isolato trovarono importante cominciare a girare in gruppo, inizialmente soltanto perchè<br />

l'assomigliare ad un branco di animali selvaggi sembrava bello, successivamente per questioni di<br />

sicurezza personale, di sopravvivenza. Nacquero così le cosiddette GANG, vere e proprie bande<br />

che offrivano protezione, rifugio e amicizia a tutti gli appartenenti. Se non si faceva parte di una<br />

gang, si era esposti, senza via di scampo, a rapine, pestaggi ed a maltrattamenti giornalieri.<br />

La maggior parte della concentrazione di gang si trovava a New York e a Los Angeles. La loro<br />

proliferazione fu un fenomeno causato proprio dalla necessità di proteggersi. A New York è vero<br />

che rappresentavano un problema, ma è anche vero che erano il capro espiatorio delle<br />

amministrazioni cittadine. L'enfasi posta su di esse fu imputabile più ad una strategia dei media<br />

che alla loro effettiva pericolosità.<br />

"A causa dei media si ha un 'immagine sbagliata. Voglio dire, se vedi un gruppo di persone e gli<br />

mostri rispetto, loro ti dimostreranno lo stesso rispet…sono solo ragazzini che giocano, sai …"<br />

BG<br />

I media, infatti, proprio come le istituzioni o le persone che vivevano lontane anni luce da questa<br />

realtà, presentavano qualsiasi attività dei giovani di questi quartieri come qualcosa di negativo,<br />

violento, illegale. E questo modo di vedere la loro vita veniva accettato da tutti come assoldato,<br />

perchè chiudere gli occhi di fronte ad una realtà disperata è più facile che affrontarla, giudicarla e<br />

condannarla è più facile che contemplarne le cause e cercare di eliminarle. Se si pensa che<br />

queste situazioni di povertà e violenza sono favorite proprio dalla noncuranza, questo giudizio<br />

risulta ancora più disprezzabile. Un esempio di questo lo si ha con il basket: i giovani neri e latini,<br />

e più in generale i poveri, non avevano niente da fare in questi quartieri. E' così che si mettevano<br />

nei guai. Magari gli unici campi da basket erano situati al fitness club e si dovevano pagare o<br />

erano riservati ai soci. La gente allora si ritrovava in strada a giocare e subito c'è chi si affretta a


dire che questa è un'attività delle gang, mentre è proprio la pallacanestro che tiene le persone<br />

lontane dai guai. E se a dirlo sono quelli che abitualmente vivono finendoci, c'è da crederci.<br />

Ad esempio nel 1971 lo Stevenson, uno dei più grandi licei bianchi del Bronx, riaprì trovando una<br />

maggior concentrazione di ragazzi di colore (neri ed ispanici), rispetto ai ragazzi bianchi. Questo<br />

episodio è significativo in quanto da questo momento ogni gang cominciò ad adottare un proprio<br />

colore: i ragazzi bianchi si coagularono in gang per non restare in minoranza, formarono i<br />

Minister, mentre le gang nere divennero i Black Spades.<br />

Questo colore divenne ben presto il salvacondotto delle persone appartenenti alla gang, divenne,<br />

infatti, l'unico mezzo per allontanarsi dal proprio isolato, invadendone quindi un altro, senza<br />

essere derubati o, peggio, uccisi. Se si faceva parte di una gang (e il colore serviva proprio a<br />

dimostrarlo) significava che si avevano almeno altre dieci persone alle spalle, per proteggerci o<br />

vendicarci.<br />

Questo associarsi provocò una serie di disperati e sanguinolenti scontri che si protrassero per<br />

almeno due anni e che fecero affibbiare al Bronx il nome di "Lil' Vietnam" (piccolo Vietnam), a<br />

causa delle frequenti sparatorie e lotte.<br />

L'attività delle gang ha raggiunto la punta massima tra il 1968 e il 1974, i Black Spades erano<br />

quella più numerosa e più pericolosa, il cui padrino è Afrika Bambaataa, che, come vedremo, ha<br />

un'importanza fondamentale per l'Hip <strong>Hop</strong>.<br />

La realtà a Los Angeles è completamente diversa: almeno fino alla fine dello scorso millennio la<br />

presenza delle gang è stata ben radicata, e la violenza è apparsa "gratuita", motivata<br />

esclusivamente dall' affiliazione a un colore piuttosto che ad un altro, anche se alcune erano vere<br />

e proprie organizzazioni criminali. La gente si confronta tuttora con il problema delle gang. Il<br />

contatto quotidiano ha reso la loro percezione sul territorio un fatto normale. L'espansione di una<br />

realtà di questo tipo può essere imputata al fatto che i giovani non hanno strumenti per arrivare<br />

ad un'indipendenza di giudizio e si ritrovano a vivere in condizioni di degrado e totale ignoranza,<br />

per cui risulta semplice l'identificazione con un "colore".<br />

Il problema delle gang non è limitato ovviamente a Los Angeles o New York. L'ossessiva<br />

mistificazione dei media favorisce un fenomeno di imitazione del "gangsterismo" che attecchisce<br />

in posti apparentemente immuni dove poi si ritrovano persone che si identificano con le gang, ad<br />

esempio, nel film "Colors" del 1988. Il "gangsterismo" divenne un abito alla moda che portava<br />

però in dote violenza e morte.<br />

Da questo primo quadro generale, si può dedurre erroneamente che le gang rappresentassero<br />

soltanto criminalità e violenza. In realtà, queste persone offrivano un servizio di difesa, come già<br />

accennato, al territorio.


Basti pensare che i già citati Black Spades raccoglievano denaro da destinare ad opere<br />

comunitarie e si assicuravano che le persone potessero recarsi a votare regolarmente, cosa che<br />

per noi può sembrare scontata, ma per l'atmosfera dell'epoca risultava straordinariamente<br />

difficile.<br />

Un esempio di positività delle gang lo si fa in riferimento alla droga. La droga era uno dei problemi<br />

più gravi all'interno delle comunità, in quanto molti erano attratti da una facile via di fuga dalla<br />

miseria e dai facili guadagni che procurava in un momento di vuoto economico creato dallo<br />

scomparire dei tipici lavori della classe operaia nelle periferie. La disperazione di chi vuole a tutti i<br />

costi migliorare la propria situazione e non ha la possibilità di farlo, ha fatto sì che la droga<br />

diventasse la quotidianità di questi quartieri.<br />

"Con l'erba faccio più soldi in una sera, che in due settimane a spaccarmi la schiena! "<br />

Josè, 23 anni, arrestato per spaccio.<br />

Afro-americani e caraibici sono tra i più esposti al fenomeno della droga, che si diffuse<br />

rapidamente nei quartieri più poveri, troppo rapidamente per alcuni. Ci sono teorie, infatti, che<br />

vedono il governo americano e la CIA coinvolte in questa diffusione, in quanto già dalla guerra del<br />

Vietnam l'esercito degli Stati Uniti stimò che il 10% dei soldati faceva uso di eroina ed il 5% ne<br />

era dipendente. Al loro ritorno a casa l'eroina venne usata come scudo contro l'emarginazione e<br />

la disoccupazione. Si andò a formare una vera e propria rete commerciale a fronte di un forte<br />

accrescimento della domanda, rete capitanata dai Drug Dealer che ne gestivano l'importazione e<br />

la distribuzione. Il mercato dell'eroina "nera" divenne così un potente concorrente per il racket<br />

italiano e irlandese.<br />

Questa facile diffusione fu possibile anche grazie alla corruzione politica delle forze di polizia; si<br />

sviluppò così un network inarrestabile di attività criminali intorno alla rete di distribuzione, che<br />

incentivava "lavoro" e che finì, quindi, per essere incentivato dalla comunità stessa e dalla polizia,<br />

perchè, in fondo, portava speranza, benessere ed un mucchio di dollari. Le istituzioni politiche<br />

usarono a proprio favore questa tolleranza della comunità, in quanto la droga stordiva ed<br />

impegnava una massa di persone che potenzialmente avrebbero potuto creare dei problemi se<br />

non fossero rimaste relegate nei loro quartieri.<br />

Successivamente all'eroina, negli anni Ottanta si diffuse "la polvere dell'angelo" (LSD) che<br />

stordiva per qualche istante e che spingeva a reazioni poco controllabili.<br />

In ogni quartiere era presente uno spacciatore che presidiava particolari zone. In una realtà in cui<br />

si viveva soltanto all'interno del proprio isolato o al massimo del proprio quartiere, lo scopo


principale divenne la ricerca della droga o della compagnia dei tossici.<br />

E' più facile essere cattivi.<br />

Nel 1974 le gang cominciarono a disgregarsi per questioni di droga: venivano decimate dagli<br />

arresti o dagli scontri con le altre bande e molti fondatori morivano a causa dell'eroina. Questa<br />

situazione creò un sentimento di ribellione a una situazione che aggiungeva tensione alle già<br />

difficili condizioni di vita. Per questo le gang cominciarono a lavorare per eliminare il problema<br />

della droga, in quartieri dove le forze dell'ordine e le istituzioni politiche sembravano averlo<br />

favorito. Queste infatti non lo ritenevano un problema tale (al di là delle ovvie parole dei politici),<br />

da affrontare con risolutezza, in quanto concentrato in aree definite marginali.<br />

Le gang cominciarono a coalizzarsi contro i pusher del luogo, ma spesso il pusher faceva parte<br />

della loro comunità, era cresciuto con loro, quindi, secondo il loro punto di vista, un cosiddetto<br />

"fratello". Si cominciò, quindi, ad arruolare mercenari provenienti da altri comunità perchè<br />

portassero a termine il cosiddetto "lavoro sporco”. L’arruolamento è un elemento importante, in<br />

quanto rappresenta il primo passo verso l’apertura: non si è più confinati in quartieri o soggetti<br />

isolati, ma ci si coalizza contro un problema comune, per una lotta nuova che porti alla crescita<br />

della comunità, all’eguaglianza. Per la prima volta le gang non combattevano più tra loro, ma<br />

cercavano insieme di vincere la miseria, la disperazione e la povertà.<br />

Questo nuovo spirito portò alla nascita della CREW, contrapposta alla gang, un gruppo di<br />

persone accomunate da interessi, obiettivi e stati d’animo. La crew offriva la stessa protezione<br />

della gang, ma, in maniera positiva, in quanto indirizzava la lotta non contro altri quartieri, bensì<br />

contro le istituzioni, contro la povertà, nel tentativo di migliorare la propria condizione e quella<br />

della comunità. Nascevano sotto le case, dove i ragazzi si ritrovavano a bere, a fumare erba ed a<br />

passare il tempo tra divertimenti e ricerca di guai. Ben presto queste crew divennero una famiglia<br />

per i loro componenti, che arrivavano da situazioni familiari disastrose, offrendo loro appoggio e<br />

sicurezza, garantendo loro il rispetto degli altri. Se non si fa parte di una crew si è come orfani, in<br />

balia delle brutture dell’uomo. La scelta dei membri non è casuale. Ogni componente deve<br />

dimostrare di poter dare un contributo alla causa,perché tutti devono partecipare in maniera attiva<br />

alla crescita della comunità. Per selezionare nuovi membri qualche crew istituisce veri e propri riti<br />

di iniziazione, arrivando, ad esempio, a mettere la matricola in mezzo a dieci/dodici persone e a<br />

riempirla di botte. Questo è un prezzo che viene pagato volentieri, in quanto è niente in confronto<br />

all’isolamento: se si è soli si è deboli.<br />

I legami all’interno di una crew erano qualcosa di indistruttibile: non si tratta solo di un gruppo di<br />

amici, si sostituisce proprio alla famiglia, in quanto spesso questi ragazzi vivono situazioni<br />

complicate e inesistenti, la violenza domestica o l’indifferenza sono realtà con cui si è costretti a


fare i conti fin dalla nascita. La crew è la tua casa:<br />

“è incredibile, per loro è come una famiglia, che li protegge, che li fa ridere, divertire. Mangiano<br />

assieme, vivono assime.”<br />

Nile Rodgers<br />

Nella crew si divide tutto, è la famiglia, è il gruppo in cui si mette in secondo piano sé stessi per<br />

rappresentarlo, è un mezzo per riaffermare con fierezza le proprie origini, è il luogo dove la<br />

consapevolezza si consolida, dove si rappresenta la propria gente e si lotta per essa e questo<br />

genera orgoglio. Negli anni Settanta imperava un forte bisogno di identificazione, di esigenza di<br />

rappresentare il proprio quartiere e la propria cultura facendo in modo di diffonderla per tutta la<br />

città, questo era l’obiettivo della crew. È un’istituzione, votata alla tutela dei suoi elementi e<br />

basata sul “mutuo soccorso”.<br />

Specialmente le ragazze, maggiormente esposte alla violenza domestica, finivano con il legarsi<br />

visceralmente alle amiche che componevano la crew e che spesso venivano da situazioni simili.<br />

Infatti non solo i membri si proteggono a vicenda, ma se una crew femminile ha bisogno di<br />

protezione, interverrà sempre una crew maschile.<br />

La crew organizzava i cosiddetti "party fuorilegge", ossia momenti in cui gli appartenenti si<br />

aggregavano e si univano nello svago, nel fumo, nell'alcool, ma pur sempre uniti. Inoltre forniva<br />

servizi socialmente utili, a volte più efficaci di quelli istituzionali. Alcuni gruppi aiutavano a<br />

produrre eventi ricreativi, organizzavano incontri per i giovani, con persone che parlassero con<br />

loro, aiutavano le ragazzemadri lavoratrici, facendo baby-sitting, etc.<br />

La crew è suddivisa gerarchicamente: chi ha più cervello sta a capo ed è paragonato al<br />

Presidente degli Stati Uniti, presiede il congresso (composto da suoi pari), decide in quale<br />

maniera dev'essere il suo quartiere, coordina i membri e li gratifica. Ogni membro della crew è un<br />

re, il cui nome viene sempre abbinato a quello della crew stessa, per esempio: James Top (Top è<br />

il nome della crew). Ogni crew ha una precisa identità caratterizzata dalla personalità dei<br />

componenti. In un luogo di armonia non è difficile portare avanti questo tipo di organizzazione.<br />

I legami divennero ben presto così indistruttibili che per i componenti non fu più possibile lasciare<br />

il resto del gruppo. Uscire dal branco significava attirare pericoli, andare a cercare una soluzione<br />

ai guai, lasciandovi il resto del gruppo. Neanche chi vuole cercare una vita migliore altrove se la


sente di lasciare i compagni che per anni lo hanno aiutato a migliorarsi e a crescere, perchè non<br />

è da tutti avere la possibilità di cambiare ambiente. La crew tiene sul fondo e impedisce di<br />

allontanarsi dalla melma in cui si è nati, aiuta a "digerire" un mondo nel quale non ci si riconosce,<br />

rendendo ancora più difficile scappare verso l'ignoto: l'idea di avere qualcosa di proprio rende<br />

complicato il distacco.<br />

Molto spesso la stampa scandalistica approfittava del termine "gang", definendo tutti i gruppi di<br />

ragazzi come tali, in senso negativo e dispregiativo, quando magari ci si riferiva semplicemente<br />

ad una crew, che può essere composta da ragazzi sì cattivi, ma più spesso buoni. (La gang,<br />

nell'immaginario collettivo, è sinonimo di violenza e criminalità.) In realtà le cose sono ben<br />

diverse: infatti crew e gang sono due cose distinte. La gang promuove la criminalità, la crew ha<br />

familiarità con la violenza perché essa fa parte dell'ambiente in cui i componenti vivono. La<br />

violenza, infatti, è vista come un mezzo di difesa e di rispetto.


NASCITA DEL MOVIMENTO HIP HOP<br />

Nonostante una situazione palesemente disastrosa, gli effetti degradanti delle politiche adottate<br />

dal governo della città passarono relativamente inosservate sino al 1977, quando un evento<br />

sconvolse tutti gli equilibri. In quell'anno infatti tutti i giovani furono testimoni di un grandissimo<br />

blackout che colpì la città di New York. Tutta la città letteralmente si spense. Questo provocò una<br />

perdita del controllo: gli oppressi presero coraggio e la polizia si ritrovò indifesa. Finalmente la<br />

loro forza venne prepotentemente mostrata all'establishment ed essa avrebbe dovuto farci in<br />

conti. Non serviva più la sua musica, la sua arte, la sua moda. Questo evento segna, infatti, la<br />

vera nascita <strong>dell'Hip</strong> <strong>Hop</strong>.<br />

Per il istituzioni divenne impossibile far finta di non vedere: i giovani dei quartieri negletti, sotto<br />

forma di bande, erano andati in esplorazione per Manhattan e, tornati nei loro quartieri generali,<br />

avevano cominciato ad organizzarsi per una nuova e grande battaglia che doveva svolgersi con<br />

una violenza verbale, non fisica, ma straordinariamente comunicativa.<br />

Una scoperta scientifica non è generalmente attribuibile a un singolo individuo ma è frutto<br />

dell'intuizione, della ricerca e della sperimentazione di molte teste. Questo è quanto accadde per<br />

l'Hip <strong>Hop</strong>. Ci sono dei personaggi davanti ai quali è necessario chinare il capo in segno di<br />

riverenza, ma questi pionieri, questi "maestri", non furono che la punta di un iceberg che da<br />

tempo navigava nelle acque dell'Hudson.<br />

La divisione a compartimenti stagni delle varie aree urbane e degli stessi quartieri, pur creando<br />

isolamento, aveva, paradossalmente, contribuito alla fermentazione di nuove forme di<br />

espressione. I luoghi della decadenza divennero un calderone di creatività. I giovani neri,<br />

portoricani, afro-caraibici cominciarono a riunirsi, influenzandosi a vicenda, nelle strade dei vari<br />

quartieri, nei playground, nelle metropolitane e nei parchi. Lentamente convogliarono le loro<br />

abilità "ricreative" da occupazioni marginali a un materiale grezzo da utilizzare per nuove forme di<br />

creatività e resistenza. La città non offriva una cura valida al degrado e alla disperazione? Queste<br />

persone ne crearono una su misura: si chiamava "partying". La gente cominciava ad annoiarsi, a<br />

volersi divertire e rilassare, a scappare dall'apatia nella quale l'avevano lasciata.<br />

Era l'era della disco: a Manhattan si ci riversava nei club alla ricerca di musica, sesso e droga. In<br />

quel periodo nacque il mito dello "Studio 54", la discoteca divenne un paradiso terrestre in cui<br />

tutto era lecito, dove i barman erano stelle al pari dei cantanti, degli attori e degli artisti, dove il<br />

sesso era consumato liberamente come un rituale catartico, dove le menti degli avventori-adepti<br />

si fondevano, aiutati da un uso spregiudicato delle droghe, in un’orgia di sensi.


Ma fuori dalla Manhattan dei ricchi, senza un soldo, che cosa si poteva fare?<br />

Sembrava un labirinto senza uscita, dentro al quale, però, si nascondeva una chiave preziosa<br />

che avrebbe aperto la porta al futuro. In quel periodo i Dj delle Black Radios a New York<br />

inventavano il "talk over", la presentazione dei dischi con sovrapposizione di parlato, e,<br />

contemporaneamente, alcuni cantastorie metropolitani, inneggiavano all'orgoglio nero (blackness)<br />

con uno stile a metà tra parlato e cantato, su tappeto musicale di sapore jazzistico: questi furono i<br />

promotori del rap.<br />

Le strade, i quartieri, i parchi divennero presto teatro di una rivoluzione non violenta, alimentata<br />

da una moltitudine di giovani armati di desiderio di gioia, divertimento e riscatto che li avrebbe<br />

accomunati sotto una stessa bandiera. Un’equipe di giovani intrattenitori stava sintetizzando una<br />

nuova sostanza, una medicina che avrebbe salvato molte vite e che era pronta per essere testata<br />

su quei giovani che l'aspettavano lungo le fatiscenti strade dei loro quartieri dimenticati: l'Hip <strong>Hop</strong>.<br />

Questa equipe, che verrà ricordata come "THE OLD SCHOOL", fu la generazione che ha dato<br />

vita all 'Hip <strong>Hop</strong>. Padri fondatori o giovani pionieri, provenienti dal Bronx o dalla parte più a nord di<br />

Manhattan, spinti dalla voglia di divertirsi, dalla ricerca della fama, dal bisogno di trovare qualche<br />

spicciolo. E soprattutto dalla voglia di cambiare la propria condizione. I loro nomi sono: Dj Kool<br />

Herc, Afrika Bambaataa e Grandmaster Flash. La loro musica, le loro performance e il seguito<br />

che seppero crearsi rappresentano un punto di partenza e un punto di rottura con ciò che c'era<br />

prima. Essi furono i leader di una rivoluzione quando forse ancora non lo sospettavano. Si usciva<br />

e si sentiva quella musica, nelle radio underground, in strada, in improvvisate feste nei parchi o<br />

nei quartieri. La gente saltava e ballava e altra gente ne imitava le mosse.<br />

"Ci stavamo calando in questa cultura chiamata Hip <strong>Hop</strong> divertendoci! ".<br />

BG<br />

La old school riveste press'a poco il periodo tra il 1970 e il 1980. I suoi ingredienti principali sono<br />

semplici ritmi e cadenze che interrompevano il BEAT (ossia il battito del ritmo) invece di<br />

avvolgerlo semplicemente, come era comune. Generalmente anche i soggetti trattati erano<br />

semplici: i tempi che correvano, specialmente se buoni, le feste, l'amicizia e solo qualche volta<br />

riguardavano una manciata di temi sociali e politici. Inoltre la old school annovera tra i suoi rapper<br />

molte artiste donne, anche se non raggiungevano mai il livello di fama dei loro colleghi maschi. Il<br />

rap di questo periodo è stato inoltre contaminato dalla disco, dal soul e dal funk. L’lelemento<br />

fondamentale della old school è ciò che significava per i giovani di allora: sentivano finalmente di


essere parte di qualcosa che apparteneva loro e di cui non solamente godevano, ma che<br />

avevano contribuito a far crescere. Era diverso da quello che i loro genitori avevano, qualcosa a<br />

cui avevano dato loro un nome. Ora era possibile condividere con altri la propria gioia, la propria<br />

energia, finalmente comunicare le proprie angosce, i propri desideri, parlare di quello che non<br />

andava bene e di come combattere quella odiosa situazione che li accomunava. Sudati, si<br />

guardavano negli occhi e battevano le mani incitando gli altri a fare lo stesso. Lo facevano in pista<br />

o da una pedana, con due "turntables" (i nostri giradischi) o, meglio ancora, da un microfono<br />

stretto tra le mani. Non si era soltanto trovato "qualcosa da fare" ma si stava sviluppando un<br />

prezioso canale di comunicazione all'interno della comunità, che contribuì a fare crescere la<br />

consapevolezza, amplificando il grido di ribellione e il desiderio di cambiamento al di fuori delle<br />

proprie mura.<br />

Stava prendendo forma una nuova era dominata dalla spontaneità e dal desiderio-necessità di<br />

esprimersi. Ragazzi armati di ceste piene di dischi si radunavano nei parchi e suonavano per ore,<br />

divertendosi. Quando questi party all'aperto cominciarono a essere una costante si iniziò a<br />

distinguere tra un buon sound system e uno mediocre.<br />

“A quell' epoca giravano tanti sound system ma ce ne era uno da leggenda, uno che metteva gli<br />

altri a dormire. Tutti lo sapevano.”<br />

Così viene preso il sound di uno dei promotori del rap: Dj Kool Herc. Nato in Giamaica e avendo<br />

familiarità con i sound system della sua isola, aveva incominciato a girare i dischi nei party e nei<br />

club con il suo potentissimo impianto chiamato "Herculords" con cui diffondeva nell'aria un suono<br />

ben diverso dalla disco che allora spopolava. La tecnica di Kool Herc consisteva nel protrarre i<br />

"BREAK" (una sezione o interludio musicale o di percussione durante una canzone che viene<br />

presa dalle parti principali di un'altra canzone, come vedremo più avanti.) strumentali delle<br />

canzoni in un collage infinito e ipnotico che lui definiva "BREAK SPINNING". La sua bravura<br />

stava nel ricombinare, ricontestualizzandoli, generi differenti.<br />

Il secondo pioniere della old school è, come già accennato, Afrika Bambaataa (nato il 10 aprile<br />

1969), il quale era un Dj, leader della comunità del South Bronx. Kevin Donovan, il vero nome,<br />

nacque a New York e, molto giovane, fondò, con altri, la gang Bronxdale Projects-area (la gang<br />

dell'isolato Bronxdale) chiamata The Savage Seven (i sette selvaggi). Dopo un breve viaggio in<br />

Africa, decise di cambiare il proprio nome in Afrika Bambaataa Aasim. Fu impressionato dal<br />

coraggio dei guerrieri Zulu che resistevano all'esercito Britannico nel film "Zulu" di Michael Caine,


tanto che ne prese il nome (ripreso a sua volta da un capo zulu del XVIII secolo), che può essere<br />

tradotto alla grande con: "leader affezionato", dal film.<br />

Dopo questa visita in Afrika, Bambaataa decide di usare il suo leadership per convincere chi<br />

faceva parte della gang ad essere qualcosa di più utile e positivo per la comunità; questo diede<br />

vita a "L'Organizzazione", che successivamente divenne la "ZULU NATION", un gruppo di<br />

razzialmente e politicamente attenti rappers, il primo gruppo di rappers, che erano anche B-<br />

BOYS, GRAFFITI ARTISTS e altri che erano coinvolti in questa cultura chiamata Hip <strong>Hop</strong>.<br />

La data ufficiale della sua nascita è il 12 novembre 1973.<br />

Queste persone guadagnarono fama dai primi degli anni Ottanta fino a metà degli anni Novanta.<br />

Bambaataa, che era un giovane collezionista di vinile, possedeva gran parte dei dischi di Erk.<br />

Ebbe in regalo dalla madre un rudimentale sound system per la fine della scuola e cominciò con<br />

quello a portare la sua musica nelle strade. Guardando meglio alla sua musica, cui era totalmente<br />

votato, si nota come la sua importanza come DJ stesse nel fatto che la sua cultura musicale<br />

ampliò notevolmente la gamma dei suoni e, di conseguenza, di break iniettati negli Street Party.<br />

Fu lui, infatti, ad aprire alla musica soul, alla electro europea e al rock (cosa strana per un afro-<br />

americano) che divenne, come vedremo, fondamentale per il gruppo dei RunDMC per la<br />

penetrazione nell' industria della musica (o mainstream, corrente principale).<br />

La sua Organizzazione, la Zulu Nation, si ispirava ai Movimenti per i Diritti Civili, a quelli contro la<br />

guerra in Vietnam, al Folk che aveva fatto da colonna sonora in quegli anni. La sede nacque nel<br />

suo Bronx ma, per come è stata concepita, l'organizzazione assunse da subito un carattere<br />

"universale", tanto da creare un immediato imbarazzo al governo cittadino che si prodigò per<br />

eliminarla. La Zulu Nation e il Centro Comunitario del Bronx River Project che la supportava,<br />

vennero fatti presto chiudere dal sindaco.<br />

Molti sono i motivi che fanno ritenere Afrika Bambaataa una delle figure cardine nella cultura Hip<br />

<strong>Hop</strong>. La sua rivoluzione consistette nel fatto che per la prima volta l'Hip <strong>Hop</strong> cavalcò l'onda del<br />

successo che aveva saputo creare. Non fu un caso che, a dare vita ad un'organizzazione di<br />

questo stampo, fosse un ex membro della più temibile gang di New York che aveva sempre<br />

predicato una vita "alternativa". Era sempre stato un grande comunicatore ed un gran<br />

diplomatico. Conosceva sempre qualche membro di tutte le altre gang presenti a New York: se<br />

c'era un conflitto lui cercava di ricomporlo. Non ha mai negato che per lui fare parte di una gang<br />

fu una cosa più che altro educativa: aveva capito che, non appena una gang alzava la voce, il<br />

governo si affrettava a fare qualcosa. La violenza, aveva capito Bambaataa o Bam, come tutt'ora<br />

lo chiamano a New York, richiamava l'attenzione, rendeva visibili ai cittadini i problemi e, sebbene<br />

non necessaria, obbligava chi governava a prendere delle misure per sedarla. Si stava


costruendo qualcosa che avrebbe ridotto il livello di violenza cittadina, ma al tempo stesso non la<br />

escludeva come un'arma talvolta necessaria.<br />

Bambaataa aveva sviluppato una coscienza politica perlopiù estranea ai suoi coetanei. Lo slogan<br />

che accompagnò la nascita di questa organizzazione, "PEACE, LOVE, UNITY AND HAVING<br />

FUN" (pace, amore, unità e divertimento), riassumeva lo spirito che pervadeva l'Hip <strong>Hop</strong> degli<br />

esordi. Ma dietro questo sorriso c'era una rabbia espressa in maniera diversa dalle gang degli<br />

anni Settanta: meno violenta ma più penetrante.<br />

A seguito dello scioglimento dei Black Spades, di cui anche Bambaataa faceva parte, un gruppo<br />

di ex affiliati cominciò a scortarlo durante le sue esibizioni nei party, costituendo un gruppo di<br />

fedelissimi. Dopo la fondazione della Zulu Nation questo gruppo divenne sempre più numeroso,<br />

facendo in modo che l'Hip <strong>Hop</strong> si sviluppasse e si diffondesse in tutto il mondo proprio grazie<br />

all'Organizzazione. A lei, ad esempio, si deve il primo festival internazionale <strong>dell'Hip</strong> <strong>Hop</strong> a cui<br />

parteciparono miti del movimento come Futura 2000, Rock Steady Crew, etc. Ci volle del tempo<br />

perchè vi fosse una vera e propria affermazione a livello mondiale, ma fu importante notare come<br />

le potenzialità comunicative di questa nascente cultura andassero oltre le barriere culturali e<br />

linguistiche. L'Hip <strong>Hop</strong> portò un messaggio di ribellione che accomunava tutti gli oppressi, le<br />

minoranze e tutti coloro che si rifiutavano di restare succubi. La stessa Zulu era una grande<br />

famiglia capace di accomunare sotto un'ala protettrice fatta di regole semplici e comuni tutti i suoi<br />

membri, come ad esempio:<br />

"Credo nella validità del vecchio e nuovo Testamento e nel Corano"<br />

"Credo nella verità, qualunque essa sia. Se la verità o l'idea che porti a noi è supportata da fatti,<br />

noi come Amazulu ne troveremo la prova. La verità è verità"<br />

"Credo che la religione non debba creare schiavi o zombie, ma debba essere invece promotrice<br />

di libertà, giustizia, uguaglianza per tutti gli esseri umani"<br />

"Credo che il razzismo distruggerà la civiltà"<br />

"Credo che l'umanità debba smettere di distruggere ciò che la circonda"<br />

"Credo nella giustizia, uguale per tutti"<br />

"Credo nella pace ",<br />

"L 'Universal Zulu Nation sta per: CONOSCENZA, SAGGEZZA, COMPRENSIONE, LIBERTA',<br />

GIUSTIZIA, UGUAGLIANZA, PACE, UNITA', AMORE, RISPETTO, LAVORO, DIVERTIMENTO,<br />

SUPERAMENTO DEL NEGATIVO DA PARTE DEL POSITIVO, ECONOMIA, MATEMATICA,<br />

SCIENZA, VITA, VERITA " EVENTI FEDE E NELL'UNICITA' DI DIO"<br />

"Una cultura giovane e urbana che si associa indissolubilmente con la musica rap e con lo stile e<br />

le mode dei residenti Afro-americani"<br />

"Credo nella musica rap".<br />

L'Hip <strong>Hop</strong> si proponeva, quindi, come« lifestyle» (stile di vita) rivoluzionario.


Il terzo pioniere della old school è il Dj GRANDMASTER FLASH, egli contribuì ad raffinare una<br />

delle tecniche base del rap: lo scratching. La <strong>storia</strong> racconta che ad inventare lo scratching fu<br />

Grand Wizard Theodore all'età di tredici anni, ma che fu poi Flash a diffondere, perfezionata,<br />

questa tecnica. Essa consisteva nel muovere il disco avanti e indietro creando al contatto della<br />

puntina con il solco, un effetto sonoro che poteva entrare in contrasto o accompagnare lo<br />

sviluppo melodico della musica che girava sull'altro piatto. Questo non danneggiava il disco, in<br />

quanto la puntina rimaneva all'interno dell'incanalatura della superficie e non si muoveva<br />

orizzontalmente strisciandola. Flash definì lo scratching come:<br />

"nient'altro che l'eco che senti dritto nelle orecchie quando getti il suono sulla folla"<br />

Ci sono molti tipi di scratch, come lo strappare, la fiammata, l'orbita, il granchio, il cinguettare, il<br />

pizzicotto e gli scratch scarabocchiati. I nomi si riferiscono al tipo di rumore, al tipo di movimento<br />

o di attrezzatura necessaria per provocarli o al nome del Dj che li ha sviluppati. Alcuni Dj hanno<br />

rielaborato una tecnica di annotazione e scrittura per imparare e trasmettere tutti questi modi di<br />

scratching, ma la loro tecnica ancora non si è diffusa. Normalmente lo scratching non esclude i<br />

beat, il break, il parlato e una composizione musicale, anzi, prende spunto spesso da una<br />

canzone già costruita. Quando i vinili cominciarono ad andare in disuso e il mercato presentò i<br />

primi CD, i Dj inventarono un sistema per fare lo scratching su particolari CD-R, da questo<br />

sistema nacquero raccolte di musiche scratchate e lo scratching divenne un vero e proprio<br />

genere musicale.<br />

Grandmaster Flash, nato come Joseph Saddler alle Barbados il primo gennaio 1958, migrò con la<br />

famiglia negli Stati Uniti e crebbe nel Bronx. Visse nell'atmosfera di New York a noi nota e imparò<br />

da Kool Herc l'arte del mixaggio, del beat e del break.<br />

Lui usava copie doppiate di un singolo e due giradischi ma aggiunse a questo una capacità tutta<br />

sua di usare una mano sola per entrambi, insieme ad un mixer, per lanciare il break (un punto del<br />

ritmo della batteria isolato); il singolo suonava normalmente e veniva interrotto per sovrapporci il<br />

break, il break poteva essere ripetuto grazie all'utilizzo del mixer per smuovere i piatti, mentre un<br />

secondo singolo veniva inserito. La velocità e la capacità di utilizzare una sola mano, gli diedero il<br />

soprannome di Flash, dovuto anche al fatto che durante la scuola veniva sempre visto girare con<br />

un amico di nome Gordon.<br />

A Flash si deve anche l'invenzione del cutting.<br />

Flash comincia la sua carriera partecipando a party illegali e lavorando con altri rappers, ad<br />

esempio Lovebug Starsky e Kurds Blow, per poi formare verso la fine degli anni Settanta, la band


Grandmaster Flash & the 3 Mc's. Con l'aggiunta di nuovi membri, il gruppo divenne presto<br />

Grandrnaster Flash & The Furious Five. Il gruppo ottenne consensi e riconoscimenti, ma nel<br />

1989, dopo una serie di album pubblicati con successo, si sciolse a causa della morte per<br />

overdose di uno dei componenti.<br />

La maestria di questi Dj, comunque, accrebbe la loro fama e alimentò un vero e proprio culto<br />

della persona. Nel clima elettrico dei party il carisma di questi "sacerdoti/performer" offriva alle<br />

folle di giovani un indirizzo.<br />

Se si verificava una rissa o se veniva percepita qualche tensione, spesso era lo stesso Dj a<br />

dissolverla, perchè le sue parole e la sua musica avevano una funzione curativa. In un articolo<br />

del "Village Voice" del 1982 venne riportato che durante un party Bambaataa, accorgendosi di<br />

una rissa, avesse smesso di suonare e, preso il microfono, avesse semplicemente detto:<br />

"Vi piace? La musica. Sto parlando di quella!"<br />

Con il passare del tempo, con i Dj cominciarono a presentarsi performer che dal vivo<br />

intrattenevano la folla, la eccitavano ed esaltavano l'opera degli stessi Dj: era nato l'MC<br />

(MASTER OF CERIMONY). Il numero dei ragazzi che saltavano sul palco e stringevano un<br />

microfono dando sfogo alle proprie tensioni e comunicando la propria verità, crebbe senza sosta.<br />

Intrattenevano il pubblico prendendosi cinque minuti di notorietà che funzionavano bene anche<br />

con le ragazze.<br />

Sembrava un virus inarrestabile, una malattia da molti definita come "microfonite", un acuto e<br />

intenso desiderio di afferrare un microfono ovunque e in ogni momento. La loro capacità di<br />

stregare le folle divenne memorabile. Gli argomenti preferiti non sono molto difficili da<br />

immaginare. Se forse una inconscia consapevolezza del potere della parola portasse Dj<br />

Hollywood ad ammonire i giovani<br />

"Potete essere come dei registratori, sapete ......... vi accendono...... vi fanno dire ciò che<br />

vogliono... non lasciate che lo facciano!"<br />

e in generale i rapper esortassero i giovani neri a non sprecare la loro vita facendosi manipolare,<br />

a rimanere a scuola, a star lontani dalle droghe pesanti e ad essere fieri del colore della propria<br />

pelle…Il clima festoso portava a qualsiasi entusiasmo.<br />

L'MC è una figura, quindi, che ne ha viste tante e nella sua vita ha dovuto combattere per avere<br />

uno spazio nel cuore delle persone per poter "flippare" la sua musica. L'MC canta fino<br />

all'esaurimento delle sue energie e rappresenta la gente che gli vuole bene o le storie che ha


vissuto, sempre in perfetto stile metrico. In questa forma di testimonianza spicca ai vertici il FREE<br />

STYLE, che consiste nel fare mcing, (nell'inventare, cioè, le parole al momento), senza una<br />

preparazione, su una base spesso "pronunciata" da un Dj (definito da molti anche come beatboy)<br />

vocale. Questa capacità di improvvisazione è abbastanza rara: molti rapper preparano una sorta<br />

di base per poi lasciarsi andare, ma senza quella base non sono in grado di rappare.<br />

I primi MC ad esibirsi al fianco dei Dj furono i già citati Starsky e Dj Hollywood. La sinergia tra<br />

queste due figure prefigurò la nascita di quelle che sono alla base della produzione di musica rap<br />

moderna: producer e MC.<br />

Quest'onda di non violenza promossa, come abbiamo visto, dai promotori <strong>dell'Hip</strong> <strong>Hop</strong> ha portato<br />

i giovani ad esprimersi in diverse maniere. Nascono così i graffiti e la danza, di cui ci occuperemo<br />

più avanti, e, cosa che ci interessa particolarmente perchè impregna tutta la cultura Hip <strong>Hop</strong>, le<br />

competizioni, che erano svolte all' interno di un cerchio in cui i due competitori dovevano rappare<br />

o ballare cercando di sbalordire la folla: quando superavano l'altro in stile e bravura, avevano<br />

vinto.<br />

Rappando insultavano il compagno, lo umiliavano, si dimostravano migliori di lui, fino ad ottenere<br />

quel consenso che portava loro alla vittoria. Era un modo non violento per arrivare a capo di una<br />

disputa o di un litigio e prese molto piede proprio in questi anni.<br />

Ma come si relaziona questa cultura nascente con l'Industria musicale, con Hollywood, con le<br />

etichette, soprattutto bianche, e con il grande pubblico?<br />

Se il rap è nato per denunciare situazioni scandalose, povertà, violenza, delinquenza e<br />

abbandono, come riesce ad uscire dai quei luoghi che significano proprio tutto questo? Questo<br />

senso di ribellione che si riscontra nelle parole dei suoi promotori, come dei loro successori, ha<br />

uno sbocco o rimane rintanato nei parties illegali e nei quartieri delle gang e delle crew?<br />

L'Hip <strong>Hop</strong>, con la sua poesia intrisa di vita quotidiana e di cultura di strada, non potè non<br />

raggiungere le orecchie del potere, proprio per la grande forza con cui si sviluppò e c'è da dire<br />

che le infastidì non poco. Dj, MC, B-Boys e Graffitti Writers erano tutti parte di una nascente<br />

sottocultura ed interagirono portandola sempre più in alto finchè non affiorò sulla superficie di<br />

quella "mainstream", fu allora che l'inequivocabile segno di vittoria per l'Hip <strong>Hop</strong> decretò al tempo<br />

stesso la morte di quella Old School che lo aveva generato.<br />

Nacque così la New School, che, a livello di tempo, prende il periodo che va dal 1985 al 1988,<br />

circa. Ovviamente non c'è una netta linea divisoria tra le due Scuole, questa divisione avvenne tra<br />

la metà degli anni Ottanta e i primi anni Novanta. La Old School era basata in primo luogo su


musiche disco e, successivamente, su elementi elettronici, la New School invece focalizza<br />

l'attenzione su campioni di beat elettronici, che diventeranno poi, insieme al break, la cosa più<br />

importante. Intorno al 1990 gruppi come i citati Grandmaster Flash & The Furious Five e Afrika<br />

Bambaataa erano visti appartenenti alla Old School, mentre i neo gruppi Run DMC, Eric B e<br />

Rakim and EPMD appartenevano alla New School. Infatti, si dice che il pezzo "Sucker MC's" di<br />

Run DMC sia la prima vera espressione di questa nuova scuola, anche se appartenente alla<br />

prima metà degli anni Ottanta.<br />

Verso la metà degli anni Novanta, molta gente attribuiva alla Old tutte le canzoni che erano nate<br />

negli anni Ottanta, ma questa definizione è ingiusta, in quanto non tiene conto dei numerosi stili<br />

che sono nati proprio in quegli anni.<br />

E' interessante notare alcuni elementi caratteristici di questa nuova scuola, come ad esempio lo<br />

stile che si sviluppò a Miami, chiamato infatti Miami Bass, fatto di elettronica pura, contornata da<br />

un basso pesante; oppure il cosiddetto "gangster rap", ossia il rap che parla di crimini, illegalità,<br />

portato avanti da Ice T e NWA.<br />

La principale differenza tra le due scuole può sintetizzarsi dicendo che nella Old non erano<br />

utilizzati i campioni, (pezzi di canzoni famose e già edite, tecnica che è stata largamente diffusa<br />

solo a metà degli anni Ottanta), e si basava sostanzialmente su hits disco e funk, mentre la New<br />

abbraccia questa nuova tecnica, facendone la sua peculiarità, preferendo i campioni di canzoni<br />

funk, ma scegliendone anche in altri generi.<br />

Successivamente, verso la fine degli anni Novanta, si sviluppò una terza scuola: la Now School o<br />

The Next School, ma approfondiremo questo argomento più avanti. Vediamo ora come l'Hip <strong>Hop</strong><br />

arriva dilagando nelle classifiche mondiali.


I GRAFFITI E L’HIP HOP<br />

Come abbiamo accennato, una parte importante <strong>dell'Hip</strong> <strong>Hop</strong> furono i graffiti, riconducibili alla<br />

voglia d'esprimersi dei ragazzi all'interno del Bronx. Questo ulteriore elemento diede un contributo<br />

decisivo alla diffusione del movimento Hip <strong>Hop</strong> nel territorio vergine di Manhattan e poi nell'intero<br />

paese. Ciò che successe con i graffiti diede la misura delle potenzialità <strong>dell'Hip</strong> <strong>Hop</strong>.<br />

In essi, infatti, si concentrarono la grandezza artistica, la capacità di piacere e soprattutto due<br />

virtù che contribuiranno alla definitiva affermazione <strong>dell'Hip</strong> <strong>Hop</strong>: visibilità e penetrazione.<br />

Il potere comunicativo dei graffiti è innegabile: si pensi ai disegni preistorici che tanto ci hanno<br />

rivelato sulla <strong>storia</strong> della nostra specie. I graffiti non moriranno mai. Essi da sempre raccontano la<br />

vita e la <strong>storia</strong>, mettendole a disposizione delle moltitudini.<br />

Questo viaggio al centro della terra non è altro che un viaggio all' interno delle coscienze della<br />

gente.<br />

Il proliferare dei graffiti rese visibili non solo i problemi della città, ma anche i desideri, la rabbia, la<br />

voglia di riscatto dei suoi cittadini.<br />

Ciò che ne fece un elemento di rottura fu la capacità di infrangere le barriere territoriali e porre<br />

fine alla divisione e all'isolamento che esistevano durante l'era delle gang, che pure già avevano<br />

cominciato ad indebolirsi.<br />

Nato come concetto di affermazione personale legato alla territorialità, il graffito, quasi<br />

inconsciamente, si tramutò in un veicolo senza frontiere. Il proposito dei writers, chiamati così<br />

proprio per questa loro specialità, era quello di "dominare" prima di tutto il proprio quartiere, il che<br />

rientrava pienamente nella logica del tempo. C'era già una consapevolezza nell'azione, ma<br />

mancava ancora un'idea chiara del perchè e del per come. Si agiva di istinto. Inizialmente chi<br />

fondava gang o crew per migliorare la propria condizione era contrario ai graffiti, in quanto non<br />

era ancora in grado di vedere quali benefici avrebbero potuto portare.<br />

La genialità dei writers tuttavia portò alla rivoluzione. Il proprio nome, il nome della propria crew,<br />

cominciò a valicare quei confini ormai sentiti come una prigione. Diventò fondamentale trovare la<br />

maniera di diffondere rapidamente il proprio nome. La scelta cadde sui treni della metropolitana.<br />

Presto l'obiettivo divenne dominare una linea della Subway; questo perchè c'era un vero e proprio<br />

sconforto, un forte sentimento contro la società, le sue tecnologie, le sue istituzioni.<br />

I writers le presero proprio d'assalto, pur sapendo di fare qualcosa di illegale e pericoloso, ma non<br />

potevano rinunciarci. Non era solo un gioco, c'era qualcosa contro la società in ballo. E se anche<br />

c'era il rischio, se non la certezza di essere presi, lo si faceva ugualmente.<br />

Molti writers che sono rimasti feriti, anche gravemente, durante gli incidenti, non smettevano di


disegnare:<br />

"Il gioco vale la candela"<br />

Master Case 2, che perse un braccio a causa di un graffito.<br />

Presto i ragazzi si resero conto della notorietà che avevano acquisito. L'orgoglio di vedere il<br />

proprio nome ovunque nel quartiere, pensarono, sarebbe decuplicato se fossero riusciti ad uscire<br />

da quei confini. I treni, passando attraverso i diversi quartieri, crearono una comunicazione<br />

indiretta tra le varie comunità e moltiplicarono la consapevolezza di un cambiamento<br />

inarrestabile. La sensazione di essere dei "paladini mascherati" dà un gusto particolare alle azioni<br />

dei writers. Essere conosciuti da tutti e da nessuno li avvicinava ai super-eroi dei fumetti. Se i<br />

protagonisti restavano avvolti in un'aura di mistero, la loro opera si presentava quotidianamente<br />

e violentemente davanti agli occhi di tutti.<br />

La maggior parte dei graffitisti sostiene che il movimento fu iniziato da un adolescente che si<br />

firmava TAXI 183, un ragazzo greco di nome Demetrios che veniva dalla l83esima Ovest. Taxi fu<br />

il re dei pennarelli tra il 1970 e il 1972, eppure il fenomeno dei graffiti era già stato analizzato negli<br />

anni Sessanta. Ci furono, infatti, numerosi studi su questo argomento, come lo studio di R.<br />

Lincoln Keiser sul gruppo Vice Lords, che presenta numerose fotografie di scritte murali, o il<br />

saggio di Herbert Kohl, 'Names, Graffiti and Culture", un'analisi sia delle ragioni che stanno dietro<br />

ai graffiti che delle sigle usate dagli artisti al posto del loro vero nome. Kohl, in particolare,<br />

osservò i cambiamenti all'interno del graffitismo, quando i programmi anti povertà della fine degli<br />

anni Sessanta resero legale lo scrivere sui muri come forma d'espressione collettiva di giovani<br />

neri, portoricani e pittori impegnati socialmente. Quest'arte, all'aperto e legalizzata, partendo dai<br />

gessetti colorati e dai pennarelli, portò a forme più elaborate. Ogni quartiere gridava la propria<br />

identità con un differente stile calligrafico: nel Bronx si usavano lettere tondeggianti, ed<br />

esistevano uno stile di Manhattan, uno stile di Queens e uno di Brooklyn, chiamato "Wildstyle".<br />

Gli artisti si associavano, memori delle preesistenti bande di quartiere e la loro audacia crebbe<br />

enormemente, passando da sigle tracciate nervosamente a enormi murales pieni di dettagli e a<br />

treni che venivano completamente coperti di disegni durante la notte. Nessuna altra città al<br />

mondo possiede un'arte così invadente: per quindici anni la città è stata in guerra con la sua<br />

comunità artistica adolescente.<br />

"I graffiti non sono una forma di espressione particolarmente durevole…Per il ricco e per il<br />

potente è diverso, lui può esprimere le sue pretese territoriali e l'identità sociale in forme più<br />

durevoli. Una gang può dipingere il suo nome sui muri del quartiere, ma questo non è nulla in<br />

confronto ai simboli delle corporation impressi sugli edifici, o al club di un ricco che affida alla


pietra il suo desiderio di potere e d'importanza"<br />

Herbert Kohl<br />

Per i residenti dei quartieri "bene", i più ricchi, cioè, il diffondersi dei graffiti divenne sinonimo di<br />

decadenza della città. Molti pensarono di trasferirsi nelle zone residenziali degli Stati confinanti<br />

come New Jersey e Connecticut. Ciò che queste tranquille famiglie in fuga vedevano come un<br />

declino era in realtà la resurrezione di tutti quei cittadini che erano stati abbandonati a se stessi<br />

dalla città e ora richiamavano la sua attenzione.<br />

I graffiti divennero un vero e proprio "incubo" per i sindaci dell'epoca John Lindsay e Abe Beame,<br />

ma tutta questa tensione finì col produrre un enorme interesse per la loro produzione.<br />

Nel 1973 la prima esposizione di tele in una galleria suscitò quasi scandalo: i graffiti cominciarono<br />

ad essere considerati "arte" e l'arte era di casa a Manhattan.<br />

La consacrazione era arrivata anche grazie agli sforzi di un uomo assai lungimirante: Fred<br />

Braithwaite, meglio conosciuto come Fab Five Freddie, iniziò ad organizzare e promuovere<br />

graffitari in Downtown Manhattan, aumentando esponenzialmente la loro visibilità.<br />

Proprio in occasione di queste esposizioni cominciarono a vedersi da quelle parti i Dj e gli MC,<br />

che presto si sarebbero resi protagonisti di storici party organizzati a Manhattan e frequentati da<br />

folle di B-Boys. Il centro della Terra era stato raggiunto.


ANIMA MUSICALE DELL’HIP HOP<br />

Poco alla volta, dunque, la cultura Hip <strong>Hop</strong> uscì dai confini aperti del ghetto per approdare tra le<br />

mura dei club e delle sale di registrazione: spazi angusti destinati, paradossalmente, ad offrire<br />

palcoscenici internazionali all'anima musicale del Bronx. Questo primo contatto con l'industria<br />

culturale conservava un aspetto "artigianale", quasi "a conduzione familiare".<br />

Fino al 1979, e da qui nasce anche la difficoltà a ripercorrere le tappe dell'evoluzione storica<br />

<strong>dell'Hip</strong> <strong>Hop</strong>, l'unica documentazione sulla musica del Bronx era costituita da cassette, nastri per<br />

lo più clandestini, registrati nei party o nei club, oppure da autoproduzioni destinate ad un giro<br />

intimo di amici, taxisti, parenti, ragazzini di strada armati di enormi registratori. Questo artigianato<br />

portava i segni del successo e aspettava soltanto che qualcuno fosse disposto a correre il rischio<br />

di puntare su quello che per molti pareva essere un ronzino ma che, in realtà, si sarebbe<br />

dimostrato un purosangue. Una forza agiva estendendosi a macchia d'olio: il "passaparola". Le<br />

note, le rime degli MC cominciavano a risuonare nelle orecchie di tutti e diventò quasi impossibile<br />

non sapere, non conoscere e quel che più conta, non esserne attratti. La forza innovatrice di<br />

questa musica stava nell'incontrare originalità e nell' impossibile omologazione.<br />

La mancanza di collegamento tra l'industria e quello che stava accadendo nel Bronx contribuì a<br />

lasciar crescere questa musica in un'isola di creatività indipendente e incontaminata. Mentre la<br />

disco, per la sua frivolezza, meglio si adattava ad una classe sociale più ricca, l'Hip <strong>Hop</strong> divenne<br />

a tutti gli effetti musica popolare, nata per le strade, consumata in quelle stesse strade e rivolta a<br />

chi in strada aveva imparato a vivere. I giovani MC che si limitavano ad esaltare i vestiti costosi,<br />

lo champagne, le macchine da sogno e qualunque genere di lusso, vivevano in realtà nella<br />

consapevolezza che fossero speranze difficilmente realizzabili. Era un modo per esorcizzare la<br />

povertà di cui, comunque, andavano in qualche maniera fieri; un modo per prendere le distanze<br />

dal mondo ovattato della disco in cui, sogni a parte, stentavano ad identificarsi. In realtà quei<br />

sogni stavano per prendere forma. L'industria era ormai dietro l'angolo. Il primo tentativo andò a<br />

vuoto per l'eccessiva prudenza dei produttori.<br />

La Fatback Band fece uscire il primo disco rap, intitolato "King Tim III". Questo album venne<br />

pubblicato come il lato "B" di una cassetta che conteneva anche una canzoncina mielosa e passò<br />

inosservato alle masse. Tuttavia ispirò molti MC aprendo la strada ad altre produzioni che<br />

cominciarono a rimpiazzare la circolazione delle cassette pirata. Questa band cominciò a<br />

registrare molto prima di questo disco. Il loro primo singolo, intitolato "Street Dance" fu registrato<br />

dalla Perception Record nel 1973. Successivamente uscì "Fatbacking" e poi la canzone che<br />

effettivamente regalò al gruppo la produzione dell'album chiamata "Spanish Hustle" del 1976.<br />

Nonostante il primo insuccesso, la band continuò il lavoro fino ai primi anni degli anni Ottanta.


Nel settembre del 1979 RAPPER'S DELIGHT della SUGARHILL GANG fu il primo disco<br />

pubblicato da una nuova etichetta chiamata Sugarhill, situata in West Street a Englewood, in New<br />

Jersey. L'etichetta era finanziata per un terzo dal milionario Morris Levy della casa discografica<br />

Roulette Records, impresa condotta con lungimiranza industriale dalla ex cantante di R&B Sylvia<br />

Robinson e dal marito Joe Robinson. I componenti della band, tutti provenienti da New York City,<br />

si facevano chiamare: Wonder Mike, Big Bank Hank e Master Gee.<br />

Con Sylvia il rap scoprì nuove pratiche come il commercialismo a buon mercato, l'abitudine di<br />

incidere i lati "B" dei dischi con basi e pezzi strumentali, la pratica delle cover di successi della<br />

disco music. Dal punto di vista commerciale, il primo disco rap della Sugarhill ebbe un esordio<br />

esaltante. Rapper's Delight raggiunse il trentaseiesimo posto delle classifiche americane e il<br />

quarto nella classifica statunitense R&B, benchè l'Hip <strong>Hop</strong> venisse spacciato per breve capriccio.<br />

La Sugarhill non raggiunse mai il top delle classifiche, nonostante avesse parecchi validi singoli<br />

minori come "Apache", "Eighth Wonder", ad esempio, ma continuò in tour fino al 1999. Proprio<br />

grazie al successo di questa loro iniziale canzone, molti sostengono che il termine "rap" sia stato<br />

ripreso dal suo titolo. Il successo portò loro il disco di platino e furono la prima Hip <strong>Hop</strong> Band a<br />

raggiungere un traguardo simile.<br />

Quando dalla metà degli anni Settanta si registrò un vero e proprio boom della musica nera a<br />

livello internazionale poca, se non nulla, fu la considerazione riservata al rap. La Sugarhill aveva<br />

invece dimostrato che quei suoni, nati e prodotti agli angoli delle strade, a lungo bistrattati dai<br />

vecchi produttori, erano pronti ad affacciarsi a un nuovo mercato. All'inizio non mancò la<br />

confusione, in primo luogo perchè si trasferiva su disco della musica nata dai sound system e poi<br />

perchè la foga del momento portò alla ribalta personaggi ben lungi dall'essere artisti. Poco alla<br />

volta, però, la macchina prese a funzionare.<br />

Inizialmente, ci furono non pochi problemi. E' il caso di Nile Rodgers, artista che, come Bernard<br />

Edwars, suo partner negli CHIC, vide una sua canzone ("Good Times") finire nelle classifiche di<br />

tutto il mondo senza che il suo nome figurasse tra gli autori e di conseguenza senza che vedesse<br />

un dollaro. Nile aveva tentato di far ascoltare alle case discografiche proprio questo brano, Good<br />

Times, ma, a causa della forte presenza dei cosiddetti break nel pezzo, i discografici si erano<br />

dimostrati perplessi, incerti. Si domandavano come le persone, sentendo alla radio questi break<br />

rappati, avrebbero potuto capire la musica e di conseguenza comprarla. E' importante notare che<br />

proprio gli Chic inventarono questo tipo di break, di cui abbiamo già parlato sopra, che fu<br />

l'ingrediente usato dai Dj per la nascita e la diffusione dell 'Hip <strong>Hop</strong> e la base per i balli dei<br />

breaker. Soprattutto, gli Chic divennero importanti perchè conferirono, a seconda di come i break<br />

venivano utilizzati, dignità e rispetto ai Dj e ai breaker che ci improvvisavano sopra. Rodgers, pur


non sentendosi parte in causa dell'allora nascente movimento, riconosce oggi il ruolo che la sua<br />

musica ebbe nel suo sviluppo. Egli sa che ha dato agli Hip-<strong>Hop</strong>per la base per creare la loro<br />

musica e il loro rap e la cosa non gli è mai dispiaciuta: era indice che i suoi dischi avevano<br />

seguito, ma possedeva anche la curiosità di musicista nel vedere come un altro artista fosse in<br />

grado di ricontestualizzare la sua musica in maniera sempre diversa. E così successe La musica<br />

che si sentiva di più come sotto fondo della parte rappata, non importa chi fosse il rapper, era<br />

proprio Good Times, che ben presto divenne un "must", ossia un capo stipite da imparare per<br />

forza, se non si è in grado di scratchare Good Time, non si è bravi come Dj. Nile Rodgers<br />

pensava che l'aver dato uno strumento ai giovani per esprimersi fosse qualcosa di speciale.<br />

Proprio Rapper' s Delight cambiò le cose, in quanto non è altro che Good Time con la parte<br />

cantata nuova di zecca.<br />

"Ehi, aspettate un attimo! Era bello quando lo facevate nei playgroud, era ok farlo per divertirsi,<br />

ma non potete venderlo e farvi i soldi! (ride amaramente)" Nile Rodgers<br />

Se il successo di Rapper's Delight portò alla luce un inedito problema di diritti d'autore, Rodgers<br />

non potè fare a meno di notare l'impatto che quella produzione stava avendo sul pubblico. Egli<br />

stesso ammetteva che era addirittura più grande di Good Times stessa. I due soci degli Chic,<br />

Rodgers e Edwards, decisero comunque di mettersi in moto. Venne avviata una battaglia legale<br />

che per la verità durò ben poco. La Sugarhill sapeva che non avrebbe mai vinto la causa e tutto<br />

finì con un accordo tra le parti. Tuttavia il campionamento ebbe vita relativamente indisturbata<br />

prima che gli studi legali realizzassero che potevano difendere gli autori originali e guadagnarci<br />

parecchio.<br />

Passarono diversi anni prima che una seria regolamentazione per l'utilizzo dei campioni venisse<br />

prodotta e non mancarono le polemiche. Si gridò al razzismo. Gli autori bianchi non avrebbero<br />

sopportato che le loro musiche potessero arricchire gli artisti di colore.<br />

Dietro tutto questo fervore l'industria musicale sonnecchiava e fu solo il fiuto per gli affari di<br />

piccole compagnie o singole persone a dare una svolta, spianando la strada ad un nuovo<br />

mercato che avrebbe poi dominato in tutto il mondo.<br />

Le grandi compagnie, infatti, non ritenevano che l'Hip <strong>Hop</strong> fosse un fenomeno destinato a durare.<br />

Un pò per miopia, un pò per ragioni sociali e politiche molti si affrettarono a etichettare l'Hip <strong>Hop</strong><br />

come un movimento underground, sostenuto da gente che non aveva neanche i soldi per<br />

comprare i dischi. Ma se l'industria non si dimostrò reattiva, non si può dire lo stesso per<br />

l'America bianca che a rigor di logica non era parte del movimento. Gente come Fab Five Freddie<br />

o il produttore dei RunDMC Russel Simmons devono parte del loro successo ai finanziatori


ianchi.<br />

Chiaramente non mancarono le polemiche.<br />

Si diceva che i bianchi avessero fatto i soldi sulla pelle dei neri e che, in pratica, li avessero<br />

derubati. La verità è che la maggior parte degli investitori neri non credette nell'Hip <strong>Hop</strong> mentre i<br />

bianchi, credendo ci e non rubando, hanno fatto i soldi. Le neonate etichette indipendenti<br />

iniziarono presto a vedere ripagati, sotto forma di "vagonate di dollari", i loro sforzi.<br />

Gli artisti allora cominciarono ad affidarsi ad esse perchè avevano dimostrato una superiore<br />

sensibilità culturale per la loro musica.<br />

Personaggi come Sylvia Robinson, Russel Simmons, Luther Campbell (Luke Records) e Andre<br />

Harrel (Uptown Enterprises) con etichette come Pro file e Tommy Boy diedero alla produzione<br />

rap una decisiva spinta propulsiva.<br />

Di fronte ai fatturati sempre più elevati di queste etichette indipendenti, le grandi compagnie<br />

iniziarono a rendersi conto che l'affare rap aveva superato ogni più rosea aspettativa. I dollari<br />

delle "big label" erano destinati a trionfare.<br />

La tecnica fu quella di assorbire le piccole etichette all'interno del proprio gruppo e di lasciarne<br />

magari a capo i fondatori, che finivano comunque per perdere gran parte del controllo: molte delle<br />

piccole compagnie vennero soffocate e finirono così con lo scomparire. Le erbe selvatiche dei<br />

campi della prima ora erano state abbattute dalla falce della mainstream.<br />

Il terreno sarebbe stato coltivato scientificamente al fine di farlo fruttare al meglio ma, come in<br />

tutte le produzioni industriali, la qualità avrebbe finito col livellarsi.<br />

Almeno fino alla fine degli anni Ottanta però, il rap sembrò guadagnare più che perdere<br />

dall'incontro con le mainstream. Il denaro delle mainstream, almeno inizialmente, contribuì allo<br />

sviluppo del rap come forma comunicativa, conferendogli uno straordinario potere di<br />

penetrazione, ma segnò il passaggio da una prima fase disinteressata, ingenua e pura, ad una<br />

fase arricchita da una nuova e forte consapevolezza del proprio peso economico e sociale:<br />

questa è la fase in cui, probabilmente, 1'Hip <strong>Hop</strong>, e nella fattispecie il rap, hanno espresso le<br />

maggiori qualità.<br />

Se l'aspetto economico aveva ormai assunto un peso determinante, esso non era ancora riuscito<br />

a soppiantare l'influenza che il rap, a livello sociale, era in grado di produrre.<br />

Si parla proprio in questo periodo, infatti, di un rap dell' anima: il "soul rap". Un elemento<br />

fondamentale del rap su cui vorrei soffermarmi è la PAROLA, sottolineando i suoi legami con la<br />

pratica religiosa del "sermone" e lo stretto rapporto che quest'ultima a sua volta aveva instaurato<br />

con l'industria musicale.<br />

Come a dire: "Nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma".


"Il reverendo JD. Montgomery inizia il suo sermone nella Mt Chapel Baptist Church, nell'east di<br />

Detroit. Il tema scelto è quello del "Giornale di Dio", e man mano che il ritmo accelera,<br />

Montgomery sviluppa le sue immagini impressionanti. La congregazione, che il reverendo<br />

definisce "strilloni di Dio ", risponde ad ogni frase con un coro di "yeah ", mentre il pastore lancia il<br />

suo attacco contro i giovani neri che respingono la Bibbia come il libro dei bianchi. "<br />

Questo brano, tratto da una ricerca etnografica di David Toop, contribuisce ad allargare ancora di<br />

più i confini dell'origine del rap. Un genere che ha tratto alimento da diversi contesti fino a<br />

disperdersi, con l'arrivo del successo commerciale, in una miscela indistinta e dissacrata. Tra i<br />

luoghi aspiratori delle prime manifestazioni Hip <strong>Hop</strong> è impossibile non citare le chiese dove i<br />

pastori protestanti lanciano i loro accorati appelli ai fedeli. Il soul rap nasce dal sermone spiritual.<br />

Il brano solitamente inizia con il tono di una conversazione e si distingue dal sermone dei bianchi<br />

semplicemente per le risposte date dai fedeli, una reminescenza dell' antica credenza africana<br />

secondo cui ascoltare in silenzio è un atto scortese, un ricordo delle reazioni del pubblico mentre<br />

il griot racconta le sue storie tradizionali.<br />

La potenza dell'oratore nella religione afro-americana è stata il fondamento del soul rap, uno stile<br />

di canzone parlata che ha rappresentato una delle anticipazioni del rap <strong>dell'Hip</strong> <strong>Hop</strong>. Basti dire<br />

che il padre di Aretha Franklin, il reverendo C.L. Franklin, fu uno dei più seguiti predicatori di<br />

sermoni. Una moda che contagiò nei primi anni Settanta anche i membri di alcune gang di New<br />

Orleans: Richard "Mr Clean" White, noto per alcuni furibondi pestaggi, si sentì obbligato a<br />

recuperare parte del terreno perduto lungo il suo cammino di violenza e compose un celebre<br />

pezzo intitolato "You got to believe". Anche il soul rap divenne poco alla volta una fabbrica di<br />

soldi, ma, considerate le sue origini, non perse mai del tutto quel peculiare rapporto di intimità e<br />

sincera comunione tra il cantante e il singolo ascoltatore. Negli anni Settanta tre cantanti in<br />

particolare saccheggiarono il rap del deep soul e lo portarono al grande pubblico internazionale,<br />

diventando grandi star: Barry White, Isaac Hayes e Millie Jackson. (e non è un caso che proprio<br />

artisti come quelli citati siano stati anche bacino di diretta ispirazione per gli artisti rap e riserva di<br />

samples, campioni, su cui vennero costruite le basi per le canzoni di innumerevoli artisti).<br />

Il rap, in particolare, riuscì perfettamente a custodire l'essenza del gospel. In questo si differenziò<br />

dalla disco music che mai avrebbe potuto ricoprire quel ruolo, a causa dei temi troppo rapidi e<br />

delle atmosfere eccessivamente ottimistiche.<br />

Se la disco era infatti un divertimento allo stato puro, il rap aveva alla base una rabbia<br />

comunicativa che gli permetteva di assumere un carattere educativo del tutto peculiare.<br />

Il rap, e tutto l'Hip <strong>Hop</strong> in genere, portava un messaggio con sè, proprio come il sermone di un


pastore. E proprio come un sermone stava per ricevere la risposta dal pubblico dei fedeli che<br />

cresceva esponenzialmente e si univa al coro con gioia e partecipazione.<br />

Importante è nominare un gruppo che ha influenzato particolarmente il rap di questo periodo: i<br />

Last Poets; la loro capacità di esprimere con straordinaria violenza verbale un messaggio<br />

fortemente sociale, risultò particolarmente efficace nel contrastare quella che, secondo loro, era<br />

l'apatia nera, l'autosfruttamento e la stereotipizzazione dei ruoli. Formatisi ad Harlem il 19 maggio<br />

1968, i Last Poets vengono definiti da molti, pur non essendo realmente parte del movimento, il<br />

primo vero gruppo Hip <strong>Hop</strong>. Afrika Bambaataa sostiene che la gioventù nera e latina della New Y<br />

ork di metà anni Sessanta e dei Settanta sia stata influenzata dalla loro musica. Per Bam la loro<br />

musica veniva dal cuore e infatti, pur parlando dei problemi sociali dell' epoca, è ancor oggi piena<br />

di forza e significato La combinazione tra un'accattivante base ritmica e l'impressionante forza<br />

d'urto dei testi lasciò il segno: proprio la consapevolezza del potere dei testi è l'eredità che i Last<br />

Poets hanno lasciato all'Hip <strong>Hop</strong>.<br />

Con l'arrivo delle grandi compagnie discografiche il rap ebbe accesso a canali di distribuzione<br />

impensabili fino ad allora e questa straordinaria capacità di penetrazione moltiplicò<br />

esponenzialmente il suo potere comunicativo. L'iniezione di grandi capitali favorì la diffusione del<br />

"messaggio" su scala mondiale.<br />

Questo approccio contenutistico fu battezzato "message rap". Alla fine dell' estate del<br />

1982 Grandmaster Flash and The Furious Five lanciarono "The Message" su etichetta Sugarhill.<br />

Il testo combinava in maniera scioccante immagini crude e violente delle strade di New Y ork con<br />

richiami melodici e percussivi. The Message riuscì a combinare magistralmente il potere di un<br />

testo impegnato a una grande sensibilità pop. Tra i rap che riuscirono a lasciare un segno nella<br />

coscienza degli ascoltatori o che almeno fecero la <strong>storia</strong> del "message rap" si ricordano: The<br />

Bottom Line" dei South Bronx, "Problems of the World" dei Fearless Four, "You gotta believe" di<br />

Lovebug Starsky, "Bad Times" di Captain Rap e "!t's Life" di Rock Master Scotto In questo<br />

periodo si mescolarono i più svariati contenuti, ispirati a un crudo realismo sociale, provocato<br />

dalle critiche all' amministrazione Reagan per i tagli alle spese nel sociale. Nel 1984 negli Stati<br />

Uniti ci fu un episodio epocale. La politica dei neri entrò in una nuova fase dopo la decisione di<br />

Jesse Jackson di entrare in corsa per le elezioni presidenziali dello stesso anno. Riprendendo la<br />

tecnica Hip <strong>Hop</strong> vennero sovrapposti ad un ritmo incalzante i discorsi di Martin Luther King. La<br />

campagna elettorale di Jesse Jackson trovò i suoi sostenitori nei Face 2000 con "Run Jesse Run"<br />

e in Melle Mel con "Jesse". Lo spirito di rivincita dei neri divenne un argomento estremamente<br />

commerciabile. In molti se ne accorsero.<br />

Non mancarono, naturalmente, le polemiche, per esempio, quando Keith LeBlanc, ex batteri sta


della Sugarhill, mise insieme alcuni discorsi di Malcolm X accompagnati da una dura base<br />

ritmica: secondo molti il nazionalismo nero fatto da un batterista bianco e da un' etichetta bianca<br />

era un insulto. Il disco ricevette, comunque, l'approvazione della vedova di Malcolm X.<br />

L'Hip <strong>Hop</strong> apparve, in questo periodo, nel pieno sviluppo dei propri mezzi espressivi. La cultura<br />

underground, ormai affiorata in superficie e consapevole della propria forza, lanciò il suo grido di<br />

battaglia: si andava verso un rap globale con una crescente capacità di raggiungere i giovani e,<br />

attraverso loro, l'intera società.<br />

Il 1982 fu l'anno della musica elettronica. "Planet Rock", di Afrika Bambaataa and The Sonic<br />

Force, aprì un solco nel consolidato stile del Bronx, che ormai rischiava di sbiadire. L'electro<br />

music era lo specchio di un'epoca dominata dalle fantasie nate dal revival della fantascienza<br />

(grazie al successo di "Guerre Stellari" e "Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo") e dall'attacco di<br />

massa sferrato dai videogame.<br />

La cultura Hip <strong>Hop</strong> assorbì tutto quanto di innovativo poteva regalare l'industria. Era diventata la<br />

"nuova musica" perchè aveva saputo trovare un modo per assimilare tutte le altre, come una<br />

lunga corsa in metropolitana, con porte che si aprono su una musica diversa ad ogni fermata.<br />

L 'Hip <strong>Hop</strong> andava ormai oltre l'etichetta, abbracciava tutto e tutti.<br />

La definizione "global" spiega alla perfezione questa peculiare capacità di non essere un<br />

semplice genere; questa sua elasticità di base gli permise anche di penetrare un tessuto sociale<br />

fino a diventarne parte integrante.<br />

Verso la metà degli anni Ottanta il rap visse, per molti, il suo apogeo.<br />

Se da un lato l'abbraccio con la mainstream cominciava a dare i suoi frutti, non tardò la reazione<br />

a un rap troppo commerciale. Nel 1985 ci si accorse che i dischi rap più commerciali, quelli<br />

passati alla radio, iniziavano a vendere poco. Tornò in auge il rumore, la ribellione. Il primo passo,<br />

compiuto da un trio destinato alla celebrità, i Run-DMC, fu quello di utilizzare dei rock break per<br />

far accettare la loro musica anche dai giovani bianchi. Il loro secondo album "King of Rock",<br />

lanciò la moda della fusione tra rap e rock. "Raising Hell", il loro terzo album, dimostrò che<br />

l'industria rap stava ritrovando una grande fiducia. Basti pensare alla famosissima "Walk This<br />

Way", in collaborazione con gli Aerosmith. Se da un lato furono eliminate le tastiere e tutti gli altri<br />

rozzi tentativi di essere commerciali, la commercializzazione, sorprendentemente, si spinse agli<br />

estremi. "My Adidas", il primo singolo estratto da "Raising Hell", inneggiava alle scarpe da<br />

ginnastica. Ricevere un contratto di sponsorizzazione da una casa come la Adidas apriva<br />

orizzonti prima impensabili e sottolineava quanto il fenomeno Hip <strong>Hop</strong> potesse produrre denaro.<br />

Il terzo album dei Run-DMC entrò nella <strong>storia</strong> del rap perchè introdusse la moda di incidere dischi<br />

basati su frammenti di vinile consumato: era l'esibizione di una volontaria trasandatezza e del


disinteresse per le convenzioni della registrazione in studio. Il rap stava tornando all'originale<br />

rumore, al caos delle esibizioni live: era però alle porte il declino dal punto di vista della sua utilità<br />

sociale.<br />

I Run-DMC sono Joseph Simmons (Run), Darryl McDaniels (DMC) e il Dj Jam Master Jay. Si<br />

sono conosciuti grazie al gioco del basket, mentre Run faceva da apprendista impresario e Darryl<br />

imparava il mestiere di Dj; cominciarono a fare rap nella cantina di quest'ultimo. I loro pezzi sono<br />

poesie murali trasferite direttamente su disco, scandite su un pistone ritmico implacabile. Gli<br />

abbellimenti si limitano a pochi colpi ritmici di tastiera o a un basso che precede parallelo alla<br />

grancassa, a effetti sonori ed a suoni scratch. Nonostante la sua apparenza tetra, la musica fa un<br />

uso astuto dei richiami: la sua ballabilità, la sua intelligenza e il suo generale ottimismo la<br />

distingue dalla corrente pessimistica del rock.<br />

Per quanto riguarda l'aspetto economico, invece, la scalata cominciò in questo momento e si<br />

consolidò nei dieci anni successivi.<br />

Alle soglie degli anni Novanta i ragazzi che continuano a vivere nelle strade sentono ancora il<br />

bisogno di un rap che parli della vita di strada, dell'orgoglio nero e delle sparatorie. Musiche e<br />

testi tornano ad essere densi, disordinati, aspri, un accavallarsi di urla e grida. I giudizi negativi<br />

contro il rap si sprecano: piovono accuse di immoralità nei confronti di quanti si ostinano a<br />

celebrare la vita nei bassifondi, l'uso delle armi da fuoco, la droga, il rumore più assoluto. La<br />

musica più brutale della seconda metà degli anni Ottanta viene prodotta da Scholly-D e da DJ<br />

Code Money: l'ispirazione viene direttamente dalle città dove i bambini vendono crack per le<br />

strade e dove adolescenti muoiono per rubare un paio di scarpe.<br />

Washington in questo periodo fece registrare il triste primato di un morto ogni sedici ore.<br />

L'industria musicale non si fece sfuggire la tendenza del momento. Comparvero di Beastie Boys<br />

ed i loro testi di violenza. Ma i Beastie Boys erano bianchi che trascinavano i giovani bianchi nella<br />

musica nera attraverso l'energia del rap e il fascino di una vita triste ma attraente. Erano figli di<br />

professionisti affermati, non venivano dal ghetto: si divertivano a fare musica da gangster,<br />

deliberatamente sgradevole e offensiva, ma buona e capace di risvegliare le paure conservatrici.<br />

"Licenced to III" si rivelò l'album di debutto venduto più in fretta in tutta la <strong>storia</strong> della Columbia.<br />

Un album intelligente, divertente e divertito, un lavoro che mescolava pezzi pop con pezzi B-Boy.<br />

In breve il gruppo divenne "il flagello del decoro mondiale" e fu preso di mira dai media<br />

bacchettoni.<br />

Ormai il rumore era tornato ad avere il sopravvento. Il pubblico rap si era diviso ed era cresciuto.


C'erano differenze persino tra il pubblico afro-americano e quello ispanico. Questi ultimi erano<br />

rimasti fedeli al suono electro di Planet Rock cui avevano aggiunto le percussioni latine.<br />

Nacquero tuttavia una serie di giovani cantanti e di gruppi femminili, come le "Esposè" e le "Cover<br />

Girl" che raggiunsero le classifiche con dischi che erano ibridi di pop, Hip <strong>Hop</strong>, disco e salsa.<br />

Esistevano ormai un pop rap, un hardcore rap, un reggae rap, un soul rap, un black rap, un<br />

regional rap, un multi-national rap, un latin Hip <strong>Hop</strong> e varie mutazioni della disco music.<br />

La East Coast produsse nel 1987 un gruppo capace di riportare il rap alle origini, liberandolo dalla<br />

tirannia della commercialità e della carriera musicale: i Public Enemy. Il loro scopo era salvare il<br />

rap dall'incubo del materialismo, riavvicinandolo all'agitazione politica e alla propaganda. I Public<br />

Enemy rifiutarono l'immagine del rapper appesantito da grosse catene d'oro e promossero<br />

provocatoriamente l'immagine di giovani neri come nemici dello Stato, posti nel mirino.<br />

Incoraggiarono una nuova ondata di sostegno al nazionalismo nero e all' afrocentrismo tra la<br />

gioventù afro-americana. Suscitarono un vespaio col loro modo di esporsi metaforicamente con<br />

allusioni antisemitiche (più che altro frutto di interpretazioni forzate della stampa) e con un look<br />

alla "Black Panther" con basco, uniforme mimetica e armi in pugno. Conscio della forza d'urto che<br />

l'Hip <strong>Hop</strong> aveva saputo creare, Chuck D, leader degli Enemy, definì il proprio gruppo come la<br />

CNN dei neri d'America. Laureato e colto, lavorò da subito a un concetto che portava il rap fuori<br />

dai confmi statunitensi, raggiungendo ogni parte del mondo. Si potrebbe definire il rap degli<br />

Enemy colto e maggiormente consapevole.<br />

Sulla scia dei Run-DMC legò il suo messaggio di protesta anche al rock bianco, acquisendo una<br />

sempre più larga audience. A testimonianza di questo legamealleanza ecco il tour mondiale del<br />

1991 in coabitazione con gli Anthrax. Chi ha potuto assistere all'esibizione di Milano di quell'anno<br />

ricorda la surreale combinazione del pubblico: metallari e hip-hopper mescolati e accomunati<br />

nell'apoteosi finale dello show, quando i due gruppi di riunivano sul palco eseguendo "Bring the<br />

Noise".<br />

Intanto nella West Coast il rap stava ormai spopolando. Dotato di uno stile più crudo e violento,<br />

nato in un ambiente dominato dalla guerra tra bande (che, al contrario della East Coast, era un<br />

problema ancora attuale), cominciava la scalata delle classifiche e dell'impopolarità, non solo tra<br />

l'establishment, ma anche tra alcune frange della comunità nera e ispanica.<br />

Accanto ai Public Enemy, insuperabili sostenitori del ritorno alla propaganda furono gli N.W.A.<br />

(Niggers With Attitude, negri con talento). I loro testi promuovevano l'idea che il vero Vietnam<br />

fosse nelle strade di Los Angeles. Il loro primo disco fu una specie di reportage giornalistico dai<br />

toni violenti e scandalistici. Un loro singolo, "Dope Man", vendette nonostante le radio, più o<br />

meno costrette, si rendessero complici di un vero e proprio sabotaggio. Gli N. W.A. seppero


sfruttare magistralmente la notorietà regalata loro dai media. Il video promozionale di "Staight<br />

Outta Compton" utilizzava pezzi di reportage fatti da reti televisive come la CNN e venne bandito<br />

da MTV per le immagini di violenza gratuita contenute. Gli N.W.A. cominciarono a destare<br />

preoccupazione. Un sempre maggior numero di adolescenti (anche bianchi!) comprava un disco<br />

di una sconosciuta etichetta indipendente nera senza il consueto supporto pubblicitario. Il singolo<br />

"Fuck the Police" fu bersagliato dalle polemiche, "the art of sucking dick" (che non traduco per<br />

ovvie ragioni di buon gusto) non suonò bene a molte orecchie.<br />

Un numero sempre maggiore di gruppi cominciò ad attaccare apertamente il potere politico con<br />

singoli come "Bush Killa" dei Paris. Ice- T, non pago delle sue produzioni rap, si esibì con un<br />

gruppo chiamato Body Count che fu pesantemente censurato a causa di una canzone, "Cop<br />

Killer", che, secondo le istituzioni, inneggiava ad uccidere i poliziotti.<br />

Impossibile non nominare un gruppo come i 2 Live Crew che con il loro "As Nasty as We Wanna<br />

Be" non solo dominarono le classifiche, ma innescarono una violentissima polemica correlata da<br />

battaglie legali e da tentativi di oscurare la validità del primo emendamento della costituzione<br />

statunitense, quello che garantisce la libertà di parola ed espressione.<br />

Il linguaggio apertamente volgare e deliberatamente provocatorio spinse folle di puritani a una<br />

ribellione che coinvolse autorità federali e religiose. Risultò evidente da subito che, al di là delle<br />

polemiche e delle azioni legali, il potere della parola rap aveva ormai trovato la sua<br />

consacrazione. Il gergo e gli atteggiamenti del ghetto erano ormai entrati a far parte del<br />

linguaggio quotidiano dei giovani americani. Ma il vero terrore derivava dal vedere un giovane<br />

bianco middle-class rappare con le cuffie in testa e atteggiarsi a gangster.<br />

A partire dai primi anni Novanta, contaminato dall'aggressione dei media e dal successo di alcuni<br />

gruppi, il rap venne visto come un modo per sfuggire alla realtà del sottoproletariato urbano<br />

americano alla ricerca di fama e denaro. Per un nero americano fino ad allora la scorcitoia per la<br />

vita era rappresentata esclusivamente dagli sport, adesso c'era anche l'Hip <strong>Hop</strong>. Ma questa<br />

nuova consapevolezza non sedimentò esclusivamente nella comunità afro-americana e così<br />

l'America si ritrovò con rapper provenienti da ogni dove: Samoa, Cuba, Corea, Messico, Haiti,<br />

Repubblica Dominicana, Cina, India. Le lingue, come i valori delle diverse tradizioni culturali, si<br />

mischiarono fondendosi in totale libertà.<br />

Al nascente Gangsta rap della West Coast si oppose un genere che ne prendeva nettamente le<br />

distanze. Nel 1988 fecero la loro comparsa sul mercato due singoli destinati a scrivere la <strong>storia</strong><br />

del rapo La Idlers pubblicò "Because I Got Like That" dei Jungle Brothers; la Tommy Boy


Records pubblicò "Plug Tunin" dei De La Soul. Il primo pezzo, dal sapore festoso, era un rap<br />

melodico e rilassato; il secondo prendeva dei vecchi break e li rallentava portandoli a una<br />

andatura a metà tra lo ska e il reggae, il cosiddetto ROCKSTEADY. Entrambi i gruppi fissarono<br />

nuove tendenze, cambiando in maniera radicale il suono vocale, i contenuti, i campionamenti<br />

musicali, i ritmi, l'abbigliamento, l'acconciatura dei capelli e la filosofia. Posdnous e Trugoy the<br />

Dove, portavoce dei De La Soul, indossavano abiti sformati in tessuto nero e a fiori, portavano i<br />

capelli sfumati e cortissimi e talvolta, scolpiti sui capelli, i simboli della pace. Sembrò la fine delle<br />

catene, dei denti e degli anelli d'oro: dopo un'epoca all'insegna della stravaganza, molti rapper<br />

cominciarono a seguire una nuova moda fatta di collane e bracciali africani in cuoio, nastri, tessuti<br />

africani e ampi vestiti: una sfida seria alla violenza del Gangsta Rap e allo shock innovativo dei<br />

Public Enemy. Poco alla volta scoppiò anche la moda delle citazioni: Doug E. Fresh e Slick Rick<br />

citarono Michelle dei Beatles in La-Di-Da-Di, M.C. Craig rielaborò Shout dei Tears For Fears, la<br />

Karton Krew riprese il tema di Inspector Gadget. Gli avvocati, allertati già dai tempi di Rapper' s<br />

Delight, cominciarono a far pulizia scientificamente.<br />

All'inizio degli anni Novanta moltissimi consumatori di musica scoprirono un tipo di rap che<br />

suonava meglio di quello autentico. Dopo anni vissuti ai margini, alla fine il rap sbaragliò la<br />

concorrenza. L'approccio più "easy" di gruppi come i già citati De La Soul e Jungle Brothers e poi<br />

Arrested Development e Digable Planets per finire con A Tribe Called Quest portò una ventata di<br />

simpatia verso il rap ammorbidendo le polemiche causate dal Gangsta.<br />

Un richiamo al classico "Peace and Love" dei figli dei fiori, a maggiore spiritualità e un<br />

attaccamento alle radici africane e una sensibilità spiccata per tutto ciò che aveva un sapore<br />

etnico rendeva il prodotto rap improvvisamente dotato di un'anima.<br />

La società statunitense, dove lo stereotipo rassicura e serve da paravento all'ignoranza e<br />

all'ipocrisia dilaganti, accolse a braccia aperte questa "New School" all'interno di un movimento<br />

Hip <strong>Hop</strong> che aveva assunto l'immagine di un'armata da combattimento e di nemico pubblico.<br />

Eppure l'impronta non si allontanava molto da quella del temutissimo Gangsta, perchè entrambi<br />

sfruttavano la stereotipizzazione.<br />

Da un lato c'era l'idea del gangster che vive tra pallottole, droga e femmine compiacenti e<br />

sottomesse che aveva, non a caso, affinità con lo stereotipo del Macho Nero dei film<br />

Blaxploitation degli anni Settanta. Dall'altro l'idea dell'uomo meditativo, in comunione con le<br />

vibrazioni della natura e attaccato alla terra che riprendeva l'immagine degli hippy dell'era<br />

psichedelica.<br />

In entrambi i casi il prodotto era altamente vendibile.


Il rap, ormai entrato nella sua fase mainstream, divenne creatore di mode.<br />

L'anima Hip <strong>Hop</strong> è oggi viva e vegeta e la si percepisce per le strade, nei locali, nelle parole, nei<br />

gesti della gente. Essa influenza quotidianamente la vita di una gran parte degli Stati Uniti ma la<br />

sua manifestazione artistica, in particolare la musica rap, è ormai parte del meccanismo di<br />

produzione seriale del mainstream.<br />

Due momenti in particolare esplicitarono il consumarsi di questo rito di passaggio. Fu l'ascesa di<br />

coloro che vennero etichettati come "sucker" e che se da un lato portarono l'Hip <strong>Hop</strong> alle stelle,<br />

contribuirono dall'altro a gettarne lo spirito che lo pervadeva alle stalle. Arrivò il momento di<br />

Vanilla Ice e di Mc Hammer. Parlando a nome dei cristiani, Mc Hammer vendette tante copie del<br />

suo "Please don't hurt'hem" da arrivare a fare concorrenza a Michael Jackson; parlando a nome<br />

dei gangster fasulli, "To the Extreme" di Vanilla Ice fu l'album rap venduto più rapidamente nella<br />

<strong>storia</strong> del genere. Hammer e Ice dominavano le classifiche: la musica forse era fiacca, ma la loro<br />

immagine si adattava perfettamente alla nuova generazione di MTV. Orde di fan trovavano più<br />

facile digerire la loro musica che non quella dei Public Enemy. Il rap era scisso in un'ala<br />

autentica, sempre più striminzita, e in una commerciale, in ascesa verticale. Più l'American<br />

Mainstream identificava il rap con i successi pop e più il genere si prestava a sostenere il fardello<br />

del degrado umano. Pur in presenza di case indipendenti pronte a pubblicare dischi eccessivi,<br />

che nessun altro avrebbe preso in considerazione, le major discografiche tentarono di assorbire<br />

tutto, anche i prodotti più repellenti del repertorio indie, nel tentativo di soggiogare qualunque<br />

concorrenza. La nuova vena "pop" si esplicitò nella fusione tra reggae e Hip <strong>Hop</strong>. Erano gli inizi<br />

degli anni Novanta e Shabba Ranks si accompagnava a Big Daddy Kane, Rob Base e Slick Rick.<br />

C'era tuttavia chi si indignava per illimitato talento musicale e il grande successo di Mc Hammer e<br />

Vanilla Ice. Hammer, pur se per un periodo limitato, entrò di diritto in quella categoria di artisti che<br />

avevano capito quanto la musica da sola non bastasse a far guadagnare l'olimpo della celebrità.<br />

Con i suoi ampi pantaloni arabeggianti, i suoi occhiali e il suo personalissimo stile di ballo,<br />

divenne marchio di fabbrica di se stesso con pezzi talvolta sciatti, ma con uno stile<br />

immediatamente riconoscibile e ricercato dal pubblico. Il passo verso l'accordo pubblicitario con la<br />

Pepsi fu breve. Non stupirono i due pupazzi Hammer prodotti dalla Mattel e il nome usato per una<br />

serie di videogiochi di successo.<br />

"Quest'uomo ha un video nascosto dentro di sè, "Pump il Up" indica che questo danzatore<br />

superveloce, accompagnato da un gruppo di ballerine e ballerini, sta portando nuove idee e<br />

nuove energie nella performance hip hop"<br />

Nelson George, studioso e giornalista hip hop, nella sua colonna sul giornale "Billboard" del 1989


Nonostante questo suo mancato talento e il suo grandissimo successo, Hammer, come Vanilla<br />

Ice, provocò rabbia all'interno del rap, ma tanti furono contenti di vederlo innalzato a quei livelli<br />

nell'industria dell'intrattenimento. Lo spettacolo era, dopo tutto, un'industria e Hammer ne<br />

abbracciava tutte le richieste e possibilità, evidentemente ritenendo che il sogno americano fosse<br />

solo un mito. Nato in una famiglia numerosa di Oakland, Hammer frequentò per un pò il college;<br />

passò poi al basket professionistico e in fine si sistemò per un pò in marina. La sua prima<br />

impresa musicale fu un duo rap chiamato "Holy Ghost Boys", ma dopo il fallimento di<br />

quell'esperienza si lanciò a capofitto nel regime punitivo che lo ha condotto al successo.<br />

La costruzione dell' immagine commerciale toccò la vetta della finzione con Vanilla Ice, cantante<br />

rap bianco, alto, con zigomi spigolosi, immagine del Capitan America con il sogno illusorio di far<br />

rivivere il mito di Elvis Presley. Vanilla Ice prese il nome da un tipo di droga e cercò di accreditarsi<br />

un'immagine da gangster violento, ispirato dalle armi, dalle fruste e dalla droga. Veniva tacciato di<br />

voler apparire più nero dei neri ma i suoi giovani fan bianchi, forse attirati dalla voglia di recitare la<br />

parte dei neri, lo seguirono in tutti i suoi passi. L'ascesa di Vanilla Ice rappresentò la definitiva<br />

accettazione del rap da parte dell' industria musicale.<br />

Vanilla Ice e Hammer avevano prodotto un nuovo concetto rap sempre più simile al "pop".<br />

Hammer ballava e cantava, come una vedette dello spettacolo; Vanilla Ice raccontava di una vita<br />

spesa nel ghetto, immerso nella violenza, pur non avendoci mai messo piede, se non per sbaglio.<br />

Si era creato un prodotto, con tanto di strategia marketing alle spalle e se lo era venduto bene.<br />

Quello che oggi sentiamo in radio o vediamo in televisione è figlio di questa scoperta: è rap<br />

sicuramente affabile e piacevole, ma preconfezionato e studiato a tavolino e, quel che più<br />

avvilisce, standardizzato. L'ascesa straordinaria di un producer come Puff Daddy è stata resa<br />

possibile proprio da questo stato di cose. Il suo concetto era semplice: perchè non utilizzare tutti<br />

quei grandi successi che chiunque amava e ballava come background per un testo rap? Come lui<br />

stesso ha ammesso, quello che aveva in testa era un concetto, un'idea, ma non sapeva che lo<br />

avrebbe portato così lontano. Analoghi sono da considerare i successi di Coolio e Will Smith che<br />

nel solco di Puff Daddy hanno costruito produzioni milionarie.<br />

Eppure esiste ed è sempre esistito un "sottobosco" prolifico che cresce e si sviluppa all'ombra<br />

degli alberi del mainstream. E' una nuova forza underground che ha sostituito quella originale,<br />

immolatasi al dio denaro. In tutti questi anni, infatti, non è mai venuta a mancare una frangia di<br />

"veri" combattenti che premono per un ritorno a un rap dotato delle qualità originali. La New<br />

School dovrà fare i conti prima o poi con una New-New School, già citata, che endemicamente<br />

sopravvive.<br />

Il carrozzone Hip <strong>Hop</strong> è diventato un'industria che non si limita a dominare la scena musicale.


Numerose sono le case di moda dichiaratamente Hip <strong>Hop</strong> e la televisione, il cinema, la letteratura<br />

sono permeati da questa cultura. Russel Simmons, che ha lanciato i Run-DMC quando ancora<br />

l'Hip <strong>Hop</strong> era "puro", non ha però rinunciato a cavalcare l'onda evolutiva di quella antica creatura.<br />

Cominciò pochi anni fa la seconda stagione del suo Def Poetry Jam, un progetto culturale<br />

multimediale che è finito anche a Broadway.<br />

Tutto questo è reso possibile dal fatto che il linguaggio delle giovani generazioni è ormai<br />

fortemente influenzato dal gergo Hip <strong>Hop</strong>: se di crisi si può parlare sembra comunque evidente<br />

che questo illustre malato abbia ancora grandi potenzialità.<br />

Seppure il futuro è cosa oscura (ai più), una cosa è certa: dopo trent'anni di Hip <strong>Hop</strong> il mondo è<br />

cambiato.


PRINCIPI DELL’HIP HOP<br />

Nell'Hip <strong>Hop</strong> ci sono alcuni principi inattaccabili.<br />

Entrando nello specifico di questi testi rap che, come visto, hanno fatto molto parlare di loro, è<br />

interessante porre l'accento su alcune tematiche, particolarmente care a quel rap nato seriamente<br />

dal ghetto, il vero rap, il puro. Innanzitutto bisogna notare come una delle più feroci polemiche<br />

innescate dal rap sia legata all'uso di una terminologia estremamente volgare. E qui si inserisce<br />

anche la prima grande tematica: le donne. E' un errore circoscrivere il problema all'uso<br />

apparentemente gratuito di un gergo ingiurioso, poichè il linguaggio rap implica una lettura multi<br />

dimensionale. L'Hip <strong>Hop</strong> fa parte di una società in cui sessismo, violenza, antisemitismo e<br />

razzismo sono problemi radicati e sarebbe ridicolo additarlo come la loro causa. Inoltre l'intero<br />

ambiente dell'industria musicale (non solo quello Hip <strong>Hop</strong>) è pervaso da un rampante e<br />

viziosamente accettato sentimento sessista e i testi rap contribuiscono in minima parte a una<br />

consuetudine che da sempre domina il business musicale.<br />

Nonostante ciò, negli ultimi anni, l'industria musicale ha puntato molto sulle artiste donna tanto<br />

che, specialmente nel mondo Hip <strong>Hop</strong>, vi è stata un'impennata nella produzione e nella vendita di<br />

musica al femminile e un notevole incremento di presenze nel breaking e soprattutto nel writing (i<br />

graffiti). C'è anche chi sostiene che non sempre le ragazze siano vittime della discriminazione,<br />

ma anzi ne traggano piccoli vantaggi. La tesi sembra confermata da molte writers (coloro che<br />

fanno i graffiti) che spesso si vantano di essere state fermate nella notte mentre disegnavano (il<br />

termine utilizzato dagli hip hopper è TAGGARE) e di essersela cavata facendo le vaghe e<br />

comportandosi in modo carino ed educato. Se una ragazza sola nella notte ha un problema con i<br />

poliziotti, difficilmente viene fermata perchè molti non credono che le ragazze facciano graffiti.<br />

Riguardo alla volgarità dei testi, le stesse donne che si lamentano di un trattamento sessista<br />

riconoscono che la terminologia usata dai colleghi maschi non le offende più di tanto e sono<br />

consce del fatto che il valore della parola, nel rap e nella tradizione orale nera in generale, è<br />

spesso simbolico. Per molte, anzi, è il comportamento stesso delle loro simili a giustificare l'uso di<br />

certa terminologia. Nei quartieri molti ragazzi, però, si rivolgono alle proprie donne come ad un<br />

cagnolino; ancor oggi esse sono considerate una "emanazione" dell'uomo, incapaci o inadatte a<br />

svolgere determinati compiti senza l'aiuto, il permesso o l'approvazione dell'altro sesso. Ma non è<br />

più così.<br />

L'idea che una donna faccia qualcosa ritenuto "da uomo" mette in serio imbarazzo l'universo di<br />

credenze del maschio, che è obbligato a confrontarsi con un'eventualità a cui non era preparato e<br />

che cerca di ignorare. Di conseguenza, con un atteggiamento difensivo e miope, le ragazze<br />

vengono accusate di farsela con persone che non hanno mai visto, perchè per molti ragazzi è più


facile pensare che possano taggare in giro per le loro conquiste di sesso. Al contrario, è duro da<br />

digerire che una donna faccia bene, se non meglio, quello che fanno gli uomini!<br />

Nell'immaginario di molti writers, la donna è una specie di mascotte che ha il diritto di fare graffiti<br />

solo se affiliata a una crew di maschi o donna di uno dei suoi membri. La realtà è un'altra: le<br />

donne hanno una vita indipendente da quella degli uomini. Sono in grado non solo di essere<br />

parte autonoma di un movimento, ma contribuiscono anche a fado crescere, visto che certi lavori<br />

non solo competono con quelli dei ragazzi, ma li superano; inoltre spesso sono le stesse donne a<br />

definirsi "BITCHES". Non sembri strano. Ciò accade perchè, come dicevamo prima, le parole<br />

hanno un significato che va oltre quello originario. Ogni cultura ha un sistema di credenze o<br />

atteggiamenti che a un'altra possono sembrare assurdi se non censurabili e se è lecito<br />

condannare quelli che nuocciono a quei principi identificabili in un patrimonio riconosciuto<br />

universalmente, in tutti gli altri casi entriamo semplicemente in contatto con atteggiamenti distanti<br />

da ciò che noi riteniamo giusto. La parola non sempre deve essere considerata per quello che è:<br />

deve essere interpretata.<br />

"Ieri sera ero fuori con una ragazza, una delle più belle e intelligenti persone che abbia mai<br />

conosciuto e, anche se la rispetto, non dico che faccio bene, nella mia testa dicevo a me stesso:<br />

Wow, questa è una delle più belle bitches che abbia mai conosciuto, ma io so cosa intendo. "<br />

Nile Rodgers<br />

Da questa frase risulta chiaro che gli hip hopper hanno piena consapevolezza che sarebbe più<br />

educato non etichettare le donne con parole volgari, ma mostra anche altrettanta consapevolezza<br />

del perchè utilizza quella determinata espressione. Sa di non voler offendere la donna, dovesse<br />

esprimere lo stesso pensiero ad alta voce in presenza di terzi o della persona interessata,<br />

saprebbe utilizzare un linguaggio più appropriato. Ciò che conta è il significato intrinseco delle<br />

parole. Se ci si trova, però, in presenza di persone capaci di decifrare questo tipo di linguaggio<br />

informale e, per loro, divertente, non esistono ragioni per non adottarlo.<br />

Bisogna inoltre richiamare un appunto che si faceva sopra: il termine "puttana" riferito alla donna<br />

nei testi delle canzoni rap viene utilizzato perchè, forse, c'è la consuetudine di una parte di queste<br />

donne, a comportarsi in maniera tale da suggerirne l'impiego. In una realtà in cui il denaro e il<br />

successo sono sogni quasi irraggiungibili, le donne, che già hanno meno opportunità dell'uomo di<br />

arrivare alla cultura e al mondo del lavoro, è comprensibile che cerchino il sistema più rapido e<br />

sicuro per migliorare la loro posizione: la caccia all'uomo ricco. Gli artisti sono un ottimo bersaglio.<br />

Molto spesso, quindi, sono le donne stesse a porsi nella condizione di essere definite bitches e<br />

non è un punto di vista maschile, dato che molte donne lo sottolineano.


"Al principio, ovviamente, ero offesa dalla parola di cinque lettere (bitch). Poi una volta coinvolta<br />

nel mondo del rap e conosciuti molti rapper, ho capito che loro mi rispettavano e che non stavano<br />

parlando di me. E ci sono donne là fuori che sanno essere bitches; non sarò io a negarlo. Ci sono<br />

donne là fuori che sono cercatrici d'oro ed è naturale che i rapper poi ne parlino. "<br />

Yo Yo, rapper<br />

Un'altra tematica fondamentale è quella del razzismo. In una realtà degradata di persone di tutti i<br />

tipi, è facile additare la comunità bianca come detentrice di un potere ingiusto e corrotto. E' per<br />

questo che molti neri, tra cui anche Afrika Bambaataa e la sua crew, sono razzisti.<br />

"Il mondo là fuori è bianco!"<br />

C'è da dire, però, che, solitamente, questo razzismo non è una costante. Gli artisti hanno un<br />

atteggiamento più cauto, l'ostilità verso i bianchi varia generalmente, in base alle esperienze di<br />

ognuno. La constatazione che l'America sia dominata, specie nelle grandi città, da un contesto<br />

multietnico e multi culturale spinge molti artisti e osservatori della comunità a riconoscere<br />

l'importanza della ricerca di un punto d'incontro non solo tra la cultura bianca e nera ma fra tutte<br />

le culture presenti. C'è bisogno di molte voci e talvolta è necessario che siano persone bianche a<br />

parlare. Il razzismo è una malattia generalizzata, non un problema circoscritto al mondo <strong>dell'Hip</strong><br />

<strong>Hop</strong> che, al posto di contribuire alla sua propagazione, dovrebbe contribuire a sconfiggerla. In un<br />

ambiente nel quale la violenza e il rancore sono sentimenti connaturati al territorio, episodi<br />

associati a questioni razziali sono spesso frutto della rabbia derivante dalla povertà, dal degrado<br />

imperanti. Gli stessi ragazzi delle crew escludono che nel quartiere la violenza sia sempre legata<br />

ai conflitti razziali. Il razzismo, su una sponda o sull'altra, è alimentato dall'ignoranza, intesa<br />

propriamente come "non conoscenza".<br />

Molti rapper cercano di supplire a questo con parole contro il pregiudizio, per sensibilizzare le<br />

persone, per acculturarle, per far loro capire che forse il nemico non è poi così distante e tanto<br />

meno così sordo. L'odio non paga, il rancore neppure. Questi MC hanno la missione di aiutare la<br />

propria gente a trovare una giusta via.<br />

"Tutti siamo umani. Non mi stanco di dire che è solo questione di colori. Perchè se tu mischi i<br />

colori, nessuno, geneticamente, è il 100% di quello che erano i suoi. "<br />

Rakim, rapper consapevole ed intellettuale.<br />

Una delle cose fondamentali per gli hip hopper è l'affermazione di sè, la coscienza del proprio<br />

ruolo e delle proprie origini. La fedeltà a questo principio assicura il rispetto, che è valore<br />

determinante nella scalata alla notorietà: senza rispetto la credibilità viene a mancare, annullando


il valore del successo. Un vero hip hopper vuole essere orgoglioso di sè, non vuole abbassare gli<br />

occhi di fronte a nessuno; per questo il successo di due frnti hip hopper come Mc Hammer e<br />

Vanilla Ice non conta: non avranno mai il rispetto dei veri rapper perchè si sono piegati alla<br />

commercialità, al dio denaro.<br />

Per i rapper l'orgoglio è un sentimento difficile da conquistare, ma ripaga di qualunque sforzo e<br />

questa consapevolezza è frutto di un percorso ricco di insidie e trabocchetti. Essi hanno una<br />

straordinaria determinazione a voler cambiare le cose, a volerle migliorare, e questo porta a<br />

motivazioni insperate, a sviluppare una personalità propria ed indipendente. Una volta usciti dal<br />

guscio della propria famiglia, della propria crew o della propria gang, però, si deve essere pronti a<br />

lottare in un ambiente ostico e pericoloso in cui le difese devono essere rinforzate. La coscienza<br />

storica della propria esistenza ha una grande importanza, perchè offre un punto di riferimento<br />

saldo e sicuro. Conoscere e non dimenticare le proprie radici aiuta a perseguire i propri obiettivi<br />

senza esitazioni. Sapere chi sono, da dove vengo e dove vado permette di avere rispetto di sè e<br />

di conquistarlo negli altri.<br />

Nella comunità afro-americana, però, la ricerca delle proprie origini spesso non è un avvenimento<br />

indolore e automatico, ma segna un rito di passaggio che può lasciare un profondo segno nella<br />

maturazione dei giovani. L'accesso alle informazioni, accompagnato all'entusiasmo di<br />

apprendere, genera un cortocircuito intellettuale nelle menti degli studenti neri che arrivano al<br />

college, perchè l'imponente mole di stimoli assorbiti non riesce ad essere "digerita" in tempo,<br />

questo processo viene chiamato "SHOCK CULTURALE NERO".<br />

Quando questo non avviene, però, si genera nella mente delle persone un orgoglio della propria<br />

negritudine e delle proprie tradizioni molto forte che fa da arma e scudo assieme. Per i giovani<br />

neri proprio questo orgoglio è considerato sopravvivenza. Un nero orgoglioso di esserlo, è un<br />

nero definito TRUE (vero) e questa etichetta è il lasciapassare per il rispetto di tutti gli altri.<br />

Le origini, le tradizioni, quello che una persona veramente è, viene sviluppato, poi, in tutta l'arte<br />

Hip <strong>Hop</strong>, dal rap, ai graffiti, alla danza.<br />

"...psicologicamente, mentalmente e fisicamente devi essere sintonizzato con te stesso... salire là<br />

sopra (sul palco) e dire: questo è quello che faccio!".<br />

Naptron<br />

Il problema nacque soprattutto quando i rapper cominciarono ad entrare nel business: prima tutti<br />

avevano la propria tag, ossia la propria firma, il loro tocco personale, ma una volta entrati nel<br />

gioco dell'industria questa individualità rischiava di perdersi, questo orgoglio di sè rischiava di<br />

andare distrutto a causa dei nuovi obiettivi e delle nuove opportunità che si presentavano,<br />

sempre più grandi. Molti rapper capirono appena entrati che, se non si fossero tenuti stretti le


proprie origini, si sarebbero bruciati: andava bene farsi conoscere al mondo, ma bisognava che il<br />

mondo ti conoscesse com'eri realmente. L'interazione con la moltitudine doveva essere vista<br />

come un momento di arricchimento, di crescita: il fine è comunque lottare per sè stessi e per la<br />

comunità, sbandierando con orgoglio le proprie origini ed essendo consci e fieri di rappresentarle.<br />

Non sembra assurdo, quindi, pensare che nel mondo Hip <strong>Hop</strong> all'inizio ci fosse davvero il<br />

progetto di una società di mutuo soccorso, responsabile e rispettosa; questo obiettivo<br />

sicuramente c'è ancora in quel sotto strato di hip hopper che non si sono votati alla mainstream e,<br />

forse, anche in alcuni di quelli che invece lo hanno fatto.<br />

Proseguendo nell'approfondire la propagazione <strong>dell'Hip</strong> <strong>Hop</strong>, bisogna notare la sua forza,<br />

contraddistinta da una sorprendente flessibilità, che lo rende capace di adattarsi e riciclarsi senza<br />

sosta, in continua espansione e rivoluzione. La sua influenza è pervasiva, è sopravvissuto a tutti i<br />

suoi detrattori e addirittura a chi lo aveva sostenuto sin dalle origini. Questo perchè è in continuo<br />

cambiamento. Considerare questo movimento esclusivamente della comunità nera è un errore<br />

comune.<br />

Se gran parte del rap usa la lingua in stretta e preferenziale relazione con la cultura nera e<br />

descrive le problematiche dell 'uomo nero nella società urbana americana, non si limita però a<br />

raggiungere la gente di colore.<br />

Un altro elemento fondamentale dei testi dell 'Hip <strong>Hop</strong> è l'uso del pronome "THEY" (loro) che<br />

indica, genericamente, una forza esterna e ostile che ostacola qualunque cambiamento essi<br />

incoraggino e propongano. Questa "forza oscura" è incarnata dalle istituzioni, dalle varie agenzie<br />

governative, dalle forze di polizia, dall' industria discografica, dagli istituti religiosi e da quant'altro<br />

ad essi si unisca.<br />

La costante e violenta opposizione al cambiamento portato dall'Hip <strong>Hop</strong> ha radici salde,<br />

individuabili in uno stato di cose preesistente. Ai suoi esordi il movimento fu considerato un<br />

fenomeno passeggero e pressoché ignorato dal potere istituzionalizzato, ma la sua affermazione<br />

e diffusione a livello nazionale cambiarono le carte in tavola. La visibilità degli artisti rap tra i<br />

giovani di tutte le razze crebbe a tal punto da scatenare la mobilitazione dei gruppi di censura e la<br />

proporzionale crescita dell'ossessione dei media per violenza. Diretta conseguenza fu una rapida<br />

crescita d'interesse da parte dei giovani bianchi dei "suburbs" americani. Tuttavia il fenomeno<br />

rimase circoscritto alle comunità che lo avevano generato.<br />

La crociata contro l'oscenità promossa dai diversi organi istituzionali e religiosi nascondeva ben<br />

altre preoccupazioni. In un articolo intitolato esplicitamente "The issue is fear" e pubblicato sul<br />

numero dell' 8 settembre 1990 di "Rolling Stone", si faceva notare come il vero problema non


fosse l'oscenità dei testi delle canzoni rap, ma la necessità di proteggere i propri figli rivelasse la<br />

paura di una cultura predominante, vecchia e "bianca", che controllava le strutture al potere e che<br />

temeva una cultura giovane e "nera" in grado di creare un medium chiamato rap, abile a mettere<br />

in comunicazione i giovani.<br />

Queste paure portarono ad un vertiginoso incremento della censura, che, agli inizi degli anni<br />

Novanta, toccò livelli preoccupanti e che finì col coalizzare i sostenitori del rap e della libertà<br />

d'espressione, alimentando la curiosità di persone totalmente aliene a questa cultura.<br />

Anche le istituzioni religiose non persero l'occasione di far sentire la propria voce. Il reverendo<br />

Calvin Butts divenne l'icona della lotta al rap: definiva i party di strada come un'occasione per<br />

assumere droghe, fornicare e comportarsi in maniera deviante. Per anni predicò contro il rap<br />

arrivando a schiacciare, davanti alla sua chiesa, dischi rap per protesta.<br />

Quest'accanimento scatenò un coro di proteste.<br />

In un'intervista rilasciata al "Rolling Stone" nel dicembre del 1990, Anthony Kiedis, dei Red Hot<br />

Chili Peppers, sosteneva l'impossibilità di ignorare gli abusi della censura. Era evidente, a suo<br />

avviso, che si stesse iniziando a oltrepassare le leggi. Un'iniziativa di quel periodo ci aiuta a<br />

capire la portata della polemica che infiammava in quei giorni.<br />

Ieff Ayeroff, della Virgin Records, si mise a capo di una coalizione di major dell'industria musicale<br />

accompagnato dallo slogan "Rock the Vote". Si proponeva di organizzare forze che spingessero i<br />

giovani tra i diciotto e i ventiquattro anni, generalmente considerati la fascia meno interessata alla<br />

politica, a prendere parte al processo politico e a far sentire la loro voce laddove fosse<br />

necessario. Non era accettabile che si cercasse di chiudere bocche e occhi con una censura<br />

selvaggia e definita fuorilegge, perchè il problema esisteva e aveva il diritto di essere visibile.<br />

"Vogliamo solo che voi…là fuori sappiate un paio di cosette:<br />

- Avete dei problemi. Uno dei vostri problemi è che non avete idea di come<br />

rapportarvi a noi.<br />

- Dovete smetterla di scappare dai vostri problemi. Ciò li rende ancora peggiori.<br />

- Abbiamo intenzione di rendervi la vita ancor più difficile; abbiamo intenzione di continuare<br />

a confrontarci con voi. Se scappate da noi, noi continueremo a starvi dietro ...<br />

- Magari riuscirete ad evitarci per un pò, ma non riuscirete ad evitare il nostro pensiero.<br />

Evitandoci, non rendete completa la vostra vita. Vi continueremo a martellare con la<br />

musica, i graffiti e tutto quello che vi gettiamo addosso ogni volta che sgattaiolate dietro<br />

l'angolo. I vostri figli vi sputeranno addosso un linguaggio che hanno imparato da noi.”<br />

William Upsky, chiarendo esaurientemente la realtà imperversante.<br />

Parlando di parole, è ora bene distinguere tra i veri hip hopper, di cui abbiamo già delineato le<br />

caratteristiche ed i cosiddetti "sucker". Nel mondo Hip <strong>Hop</strong>, dare del "sucker" a un MC per


screditarlo ha sempre fatto parte del gioco. Le motivazioni che hanno originato questa definizione<br />

risiedono nella credibilità del rapper. Come già sottolineato, un MC deve avere la sua credibilità o<br />

difficilmente si guadagnerà il rispetto del mondo in cui ha fatto il suo ingresso. La popolarità e le<br />

vendite non contano nulla agli occhi di chi è parte del mondo Hip <strong>Hop</strong>, anzi è, spesso, la<br />

popolarità a portare invidie e rancori e con esse l'etichetta di "sucker".<br />

Storicamente il termine ha trovato la sua consacrazione nel momento in cui personaggi come<br />

Vanilla Ice e Mc Hammer cominciarono a vendere milioni di dischi. Consideriamo il momento<br />

storico in cui questi autori scalarono le classifiche mondiali. La musica rap vedeva ormai le porte<br />

del mainstream aprirsi e gli artisti iniziavano a invadere le classifiche. Le radio oltreoceano<br />

cominciavano a programmare con una certa frequenza canzoni Hip <strong>Hop</strong>. L'arrivo delle major<br />

aveva portato una ventata di entusiasmo e di capitale, che non aveva ancora annichilito lo spirito<br />

originario del movimento Hip <strong>Hop</strong>. Si rimava ancora con una certa sensibilità, si parlava ancora di<br />

comunità, di giustizia, si pensava ancora di essere tutti parte di una rivoluzione in atto.<br />

Ma i dollari avrebbero cambiato il rap.<br />

Apparve chiaro che con Vanilla Ice e con Mc Hammer il business aveva preso il sopravvento sul<br />

cuore e che l'industria disco grafica, con il suo potere, avrebbe soffocato la genuinità <strong>dell'Hip</strong><br />

<strong>Hop</strong>, conservandone unicamente i tratti che le consentivano di renderlo un prodotto vendibile.<br />

Vendere aveva certamente importanza, ma restava l'idea di lottare per qualcosa, di un piano<br />

generale alla base di tutto.<br />

Oggi interessano le vendite e molti rapper non si vedono come un modello e pensano di non<br />

dovere niente a nessuno.<br />

Il grido di allarme e di protesta finì col mischiarsi a quello d'invidia, creando l'ambiente in cui il<br />

termine "sucker" divenne sinonimo di rapper non genuino. Un ambiente ambiguo che creava un<br />

termine ambiguo privo di una valenza unica e chiara, ma in grado di esprimere una serie di<br />

concetti variabili e ricombinabili. Cerchiamo di individuare le caratteristiche fondamentali.<br />

La "purezza" dell'MC sembra una (se non "la") discriminante per ottenere rispetto. Quando si<br />

perde? Bisogna distinguere tra Old School e New School, un'altra volta. Dal punto di vista di un<br />

Old Schooler, di un uomo cioè che ha dedicato la propria vita all'Hip <strong>Hop</strong>, la maggior parte degli<br />

artisti odierni sono "indegni". Un Old Schooler "è" .<br />

Un New Schooler assomiglia più a un cantante pop, a una stella cadente, a un prodotto fast-food.<br />

La New School, che si ispira alla Old School e che anela a ristabilire i fasti, è confinata nei<br />

meandri di quello stesso underground che aveva generato il movimento che vorrebbe<br />

rivitalizzare.


Chi non prende sul serio la New School è chi ha visto "maestri" e "mentori" abbandonare la nave<br />

che affondava. Come in un matrimonio, quando si sposa l'Hip <strong>Hop</strong> è per tutta la vita: chi lo<br />

tradisce viene isolato; chi se ne separa non può essere considerato degno.<br />

Questo è il primo punto.<br />

Chi fa Hip <strong>Hop</strong> deve essere Hip <strong>Hop</strong> e sentirsi Hip <strong>Hop</strong>.<br />

La vera vergogna è fingere di essere quello che non si è. Costruirsi un background fasullo che<br />

funzioni da carta d'identità e che certifichi la propria credibilità è imperdonabile. Vanilla Ice<br />

raccontava di una vita trascorsa nei Project (i quartieri del Bronx), diceva che la sua unica colpa<br />

era essere bianco in un mondo creato da neri. Sosteneva la legittimità della sua posizione<br />

dicendo di venire dalla strada e di rappare con il cuore di cose che conosceva per esperienza<br />

personale. A chi lo considerava un bianco che voleva fare il nero, egli rispondeva seccamente<br />

che era un bianco di strada e che nessuno poteva accettare che ci fosse un bianco di strada.<br />

Rimarcare il fatto di essere cresciuto "in strada" era fondamentale, perché egli era allora<br />

autorizzato ad appropriarsi del rap, musica di strada, conservando il rispetto degli altri.<br />

La realtà era un'altra e ciò sarebbe bastato a dichiararlo un "sucker", ma Vanilla aveva un altro<br />

problema: il colore della pelle.<br />

Sembra esserci una regola secondo la quale un rapper bianco non sia degno di credito<br />

(pensiamo a Eminem quando esordì). Non c'è unanimità su questo punto, ma tale atteggiamento<br />

affonda le radici nella <strong>storia</strong> degli Stati Uniti ed è quindi difficile da combattere. C'è chi però fa<br />

distinzioni.<br />

"Prendi ad esempio, Eminem: tutti dicevano: Ma è un rapper bianco!. Per quanto mi riguarda è<br />

bravo. [..]E' lo stesso un individuo, un altro individuo che si è legato a Dr Dree per fare quello che<br />

doveva fare. "<br />

Naptron<br />

C'è un forte invito a diffidare degli MC che abbracciano il materialismo e diventano perciò<br />

marionette in mano alle case discografiche. Un "forced MC" è un "sucker".<br />

Chi entra nel mondo dell 'Hip <strong>Hop</strong> solo per bramosia di successo e denaro, non può avere quei<br />

requisiti necessari a cui accennavo in precedenza, ma è una marionetta pronta a servire le case<br />

discografiche in cambio di gratificazioni. Al contrario, la funzione dell'MC dovrebbe essere quella<br />

di portare informazione, di attivare le menti, di far crescere la comunità, di favorire il<br />

cambiamento, di denunciare... Chuck D nel parlare del suo modo di essere MC spiegava che il<br />

rapper deve parlare di ciò che sa perchè conosce la strada meglio di chiunque altro ed è una<br />

fonte attendibile come nessun altro.


L'MC deve però capire che ampliare il proprio bagaglio culturale aiuta a comunicare meglio e a<br />

cambiare le cose. Una volta ottenuto il rispetto, bisogna metterlo al servizio di un progetto più<br />

ampio. Il business non deve interessare per la semplice ebbrezza di fare un disco, ma è giusto<br />

imparare a sfruttarlo e prepararsi a rispondere con cognizione di causa a qualunque domanda<br />

venga posta. Non bisogna mettersi nelle mani di nessuno, ma avere coscienza di ciò che si fa e<br />

che si vuole ottenere. Il "dono" di una visione ampia delle cose permette di cambiare le cose.<br />

Chuck D ha dimostrato al mondo intero che un rapper non è solo un cantante, non è solo un<br />

poeta, ma può diventare la punta di una spada impugnata da un'intera comunità. Ciò alla fine<br />

degli anni Ottanta non era mai stato fatto. Egli rappresenta la figura del True MC. E' un "puro",<br />

non è bianco, non è schiavo di nessuno e si I prodiga per il progresso della propria comunità e di<br />

tutta la gente di colore nel mondo. Se venisse istituito un test contro i "sucker" che seguisse i<br />

parametri fissati in queste righe, Chuck D ne uscirebbe pulito.


HIP HOP E MASS-MEDIA (TELEVISIONE)<br />

Ma come si sviluppò l'Hip <strong>Hop</strong> nella televisione? La produzione video ha avuto un ruolo<br />

fondamentale nell'evoluzione <strong>dell'Hip</strong> <strong>Hop</strong>, non solo grazie alla creazione dei "videoc1ip", ma<br />

anche per la costante presenza nel mondo televisivo e cinematografico.<br />

Fu tuttavia la produzione dei primi video, nutriti dell'immaginario del mondo in cui erano nati,<br />

caratterizzato dalla droga, dal crimine, dalla violenza e dalla voglia di riscatto, a esplicitare al<br />

mondo intero realtà sommerse e a svolgere perciò un' efficacissima opera di informazione.<br />

Considerando l'importanza dei video musicali nel "music business" , è curioso ricordare quanto<br />

agli esordi la loro produzione fosse limitata numericamente e qualitativamente. La diffusione dei<br />

video Hip <strong>Hop</strong> sul medium televisivo fu perciò difficoltosa.<br />

Se si pensa che MTV agli esordi si definiva una "radio rock" è facile immaginare che non vi fosse<br />

spazio per i video rap. Persino un'emittente come Black Entertainment, nata agli inizi degli anni<br />

Ottanta, snobbò queste produzioni finchè il mercato non la obbligò ad aprire gli occhi. In questo<br />

periodo il passaggio di video rap in televisione era più frequente in Inghilterra che in America.<br />

In un periodo in cui il movimento era ancora underground, a dare spazio a queste produzioni<br />

video furono le trasmissioni pionieristiche dei canali via cavo a diffusione cittadina, che si presero<br />

il rischio di programmare i c1ip.<br />

La diretta conseguenza della scarsa visibilità fu l'impossibilità di ottenere un budget consistente<br />

per la loro produzione, di solito inferiore alla metà di quelli riservati ai video rock. La qualità<br />

tecnica lasciava a desiderare e ai pochi soldi si sommava un diffuso cattivo gusto, ma quando le<br />

risorse scarseggiano, l'ingegno si aguzza e le qualità individuali emergono.<br />

Il video di un pezzo del 1983 intitolato "White Lines" e prodotto da Grandmaster Melle Mel fu<br />

girato da un giovane Spike Lee che cercava di lanciare la propria carriera.<br />

Grazie al crescente successo il rap guadagnò credito presso i network musicali fino allo sbarco<br />

su MTV favorito dal sapore rock della musica dei Run-DMC.<br />

La cresciuta programmazione dei video contribuì in maniera determinante alla popolarità del<br />

genere perchè gli permise di uscire dai confini "urbani" nei quali era nato e aveva mosso i primi<br />

passi.<br />

A puntare con convinzione sui video fu il rapper Fab Five Freddy, uno dei pigmalioni del genere. Il<br />

giorno in cui MTV si svegliò dal letargo e decise di puntare sul rap, fu lui a prendere le redini del<br />

primo vero rap show diffuso su scala nazionale. Nel 1988 nacque "Yo, MTV Raps!", un<br />

programma che ebbe così successo da diventare presto quotidiano.<br />

Lo straordinario risultato incoraggiò la produzione dei video e la consistenza dei budget lievitò,


tanto che negli anni Novanta arrivò a eguagliare, se non a superare, quella dei video rock..<br />

A una presenza costante e massiccia su MTV si è aggiunta la diffusione locale di numerosissimi<br />

canali e show diventati faro di una cultura underground sempre più impegnata nel combattere<br />

l'asfissia (commerciale) del mondo rapo Il video ha il potere dell'immediatezza, non vi è<br />

mediazione. Le immagini giungono dritte al cuore, prima ancora delle parole o della melodia.<br />

Adesso i giovani (bianchi!) vanno a casa, accendono la Tv e vengono investiti dalle<br />

immagini di un mondo a cui non appartengono, acquisendo in presa diretta la prospettiva di un<br />

nero, vedendo dove vive, come vive... La forza dei video e dei film risiede nella capacità<br />

di condizionare l'immaginario delle persone.<br />

"C'è gente che viene a New York da tutte le parti del mondo per dipingere i treni... e quella è la<br />

loro missione!! Non gli frega di fare i soldi ma vengono per dipingere i treni. Quando vengono da<br />

noi gli diciamo che non dipingiamo i treni... di cercarsi qualcun altro, che non facciamo queste<br />

cose. Ma loro vengono qua e vogliono fare queste cose perchè hanno visto tutti quei film dei primi<br />

anni Ottanta e vogliono imitarli. Sono indietro vent'anni rispetto alla nostra cultura. "<br />

BG<br />

La misura del potere comunicativo insito nel linguaggio video è data dalla capacità di rendere<br />

popolare una tendenza anche a distanza di decenni. Questa capacità ha favorito un inconscio,<br />

quanto efficace, avvicinamento alla "black culture" da parte delle masse che già prima del rap,<br />

negli anni Settanta, era stato favorito dalla produzione dei film Blaxploitation che promuovevano<br />

un immaginario "black", caratterizzato da aggressività, machismo e potere, che, assieme a<br />

denaro e sesso, sono ingredienti ancora attuali! Campionamenti e parafrasi dei dialoghi di questi<br />

film, come quelli di Kung-Fu, hanno corredato per anni le rime dei pezzi rap e, ad esempio, la<br />

produzione del Wu- Tang Clan è fortemente intrisa di un "senso mistico" preso a prestito dei film<br />

d'azione asiatici.<br />

Il sistema di influenza diretta generato dalla produzione video, in tutte le sue forme, è dovuto alla<br />

capacità di raggiungere l'individuo sia che viva nel New Jersey, in Europa o in Asia, e nasconde<br />

dei pericoli. Una mole esagerata di informazioni investe i giovani senza che esse possano essere<br />

"mediate" e li rendono incapaci di elaborarle, con il rischio di un'assimilazione problematica e<br />

dannosa che li porti ad equivocarne il messaggio. Non c'è da sorprendersi poi se alla domanda:<br />

"Da dove pensi che arrivi tutta questa violenza?", la risposta di molti giovani sia: "Dai film o dai<br />

video". Questa sconcertante realtà non deve essere trascurata. Come spesso accade,<br />

s'interviene sugli effetti e non sulle cause e vediamo le istituzioni limitarsi ad adottare, come<br />

soluzione, una violenta censura. Quasi tutte le emittenti hanno standard che regolano la messa in


onda dei video, limitazioni (invalicabili) sul linguaggio orale e visivo. MTV sembra essere la più<br />

restrittiva e rappresenta il massimo grado di mainstream.<br />

I censori hanno dei criteri di valutazione standardizzati ed incapaci, costituzionalmente, di essere<br />

flessibili, per cui alle maglie della censura, per quanto strette, sfuggirà sempre qualcosa che,<br />

nella maggior parte dei casi, non rientra nei<br />

suoi standard e può essere più pericoloso di tutti i tagli effettuati. Fino a che si crederà la censura<br />

sia uno strumento sufficiente a garantire lo sviluppo equilibrato delle personalità dei giovani (e<br />

vecchi) non verrà scongiurato il pericolo che qualcuno pensi di potersi comportare come in un<br />

film. Meglio abbandonare l'ipocrisia che sta dietro la censura e incominciare a occuparsi di quel<br />

qualcuno!


DIFFUSIONE DEL MOVIMENTO HIP HOP IN ITALIA<br />

Dopo aver attentamente studiato ed analizzato la cultura Hip <strong>Hop</strong> in America, passiamo ora ad<br />

evidenziare come questo movimento si sia diffuso in Italia. Bisogna premettere, comunque, che,<br />

non essendo nato realmente all'interno del suolo italiano, la sua portata sarà notevolmente<br />

inferiore.<br />

Si comincia a parlare di Hip <strong>Hop</strong> solo negli anni Novanta, negli anni precedenti la scena era molto<br />

underground, con una forte emulazione del rap americano, una grande attenzione più<br />

all'apparenza che all'essenza (la posa giusta, la scarpa giusta, spesso contavano più dei pezzi<br />

stessi), e molte produzioni erano estremamente commerciali, senza considerare le<br />

incomprensioni e le tensioni fra le diverse aree geografiche.<br />

Più approfonditamente possiamo vedere che il rap in Italia nasce nei centri sociali o centri<br />

culturali, luoghi definiti "caldi", ma imperniati di un'atmosfera creativissima. I centri furono uno<br />

degli ultimi esperimenti socio-culturali del carico politico degli anni Settanta, i loro frequentatori,<br />

tutti votati ad una visione radicale di sinistra e spesso anarchica, si consideravano parte di un<br />

Movimento Antagonista nazionale. Urlando il loro slogan: "Il Potere, lo Spazio - Si prende e Non<br />

Si Chiede", studenti e lavoratori adattarono edifici abbandonati a luoghi indipendenti dall'influenza<br />

dello Stato e del Mercato. Questi centri erano creati all'interno delle grandi città industriali del<br />

nord, ma nella decade passata venivano costruiti dentro i quartieri più alti, nascosti ed annoiati,<br />

alla periferia di città sparse ovunque, esattamente come nel Sud. Giovani abusivi convertirono<br />

fabbriche vuote, scuole, prigioni, stazioni del gas, e negozi in rifugi culturali che offrivano film,<br />

concerti, circoli di discussione e laboratori di fotografia. Un certo numero di centri, inoltre,<br />

pubblicava riviste, organizzava sofisticati studi di registrazione e trasmetteva su radio pirata. Le<br />

iniziative sociali, però, andavano ben oltre, offrendo servizi utili alla comunità come: corsi di lingua<br />

italiana, giornate della Speranza, prevenzione all' AIDS e consulenze antidroga per studenti,<br />

lavoratori, disoccupati, senzatetto e immigrati. I membri dei centri sociali vedevano il loro lavoro<br />

come un contributo significativo alla vita culturale della comunità, ma erano sempre soggetti ad<br />

arresti e sfratti.<br />

Come accennato, i primi Dj Rap sorsero proprio in questi centri. Bisogna notare, però, che,<br />

mentre si vedono molti rapper che si basano unicamente sulla copia del rap americano (come Il<br />

Generale o Ludus Pinsky), altri artisti italiani stanno cercando di orchestrare uno scontro frontale<br />

tra le tradizioni locali della musica italiana e una moltitudine di stili internazionali presi a prestito,<br />

come il reggae giamaicano, il rap americano, le tecniche vocali del Nord Africa e i ritmi dell'Est<br />

europeo. Il risultato che se ne ha è una sorta di CONTAMINAZIONE. La si nota soprattutto nella


decade precedente, dove il più eccitante ed innovativo lavoro era il risultato di una musica ibrida,<br />

variegata. La contaminazione rivela tutti i miti e la <strong>storia</strong> del paesaggio musicale mediterraneo,<br />

questa sintesi è sia la preferenza musicale dei più, sia una strategia politica e filosofica. Invece di<br />

lamentarsi della poca purezza e autenticità, i rapper italiani si divertono nel coniare nuove forme<br />

culturali, che utilizzano radici profonde e antiche tradizioni folk., mentre, allo stesso tempo, le<br />

recenti migrazioni dall' Africa, Asia e dall'Est europeo producono nuove possibilità e nuove<br />

Associazioni.<br />

Questo melange coscienzioso ci serve per capire che le tradizioni musicali italiane non sono una<br />

corrente passata e ferma, ma sono una forza vitale a tutt'oggi pronta a raccogliere e ad unirsi a<br />

nuove forme di arte e nuove identità sociali, tanto è vero che molti rapper italiani usano campioni<br />

di vecchie canzoni per creare musica hip hop.<br />

Ma l'italiano si adatta ad essere rappato? Questa domanda se la sono posti in molti, tanto che<br />

Jovanotti nel suo primo album "Jovanotti's" del 1990, una delle prime cose assomiglianti al rap,<br />

cantava in inglese. Questo, come l'album "Gladio" di Sergio Messina, furono i primissimi successi<br />

non ancora del tutto rap, ma quasi in grado di arrivare alle classifiche britanniche, un grande<br />

successo per gli artisti italiani. Fu anche grazie a questi due pionieri che gli italiani riscoprirono,<br />

così, la loro voce, voce costruita anche su antiche cadenze e non propriamente italiana.<br />

Molti rapper, infatti, cominciarono ad utilizzare il loro dialetto originario, così, rappando in<br />

genovese, napoletano, siciliano o veneziano le loro ideologie politiche, si sentivano più vicini alla<br />

vita di tutti i giorni dei lavoratori. Questo portò ad un fenomeno sociale significativo, in quanto i<br />

rapper del nord non venivano capiti dai rapper del sud e viceversa e non si capivano nemmeno<br />

fra di loro. Il termine "dialetto", ovviamente, fa riferimento ad una categoria politica e non<br />

linguistica: infatti, questo linguaggio non deriva dall' italiano - ossia dal fiorentino colto di Dante,<br />

Boccaccio e Petrarca del Quattordicesimo secolo, codificato due secoli più tardi nel<br />

Rinascimento, ma dal latino, come il dialetto toscano; esso era utilizzato anche nella forma<br />

scritta, come alla corte normanna in Sicilia o nelle opere veneziane. Nel Quindicesimo e<br />

Sedicesimo secolo questi linguaggi passarono ad una connotazione negativa, poichè si cercava<br />

di centralizzare il potere politico: la loro svalutazione, specialmente del dialetto meridionale, si<br />

intensificò dopo l'unione dell'Italia nel 1861. Dopo la seconda guerra mondiale, l'italiano si diffuse<br />

ancor più facilmente, attraverso la televisione, l'obbligo scolastico, la migrazione, e l'incremento<br />

del tempo libero. La musica popolare ebbe una notevole importanza nella diffusione dell'italiano,<br />

specialmente quando cominciarono festivals come Sanremo, gara di cantautori pop nostrani, ma


le varie zone non scordarono mai le loro tradizioni. Infatti, l'Italia rimane tuttora una terra bilingue,<br />

dove meno della metà della popolazione parla solo italiano, mentre tutto il resto parla<br />

prevalentemente il dialetto di zona.<br />

I temi affrontati dai rapper italiani, come già accennato, sono ripresi dal rap afroamericano:<br />

usano, cioè, argomenti di lotta sociale, che variano dal neo-fascismo allo sfruttamento degli<br />

immigrati. Nei primi anni Ottanta, l'Hip <strong>Hop</strong> emerse come un'espressione culturale del cosiddetto<br />

MOVIMENTO ANTAGONISTA. I primi gruppi Hip <strong>Hop</strong>, come Onda Rossa Posse, AK47, Assalti<br />

Frontali, appartenevano nella Sinistra radicale. I gruppi di B-Boys che non erano affiliati a qualche<br />

centro, come Ice One per esempio, non generavano lo stesso interesse nella gioventù italiana.<br />

Come arma di giustizia sociale, l'Hip <strong>Hop</strong> italiano cerca di recuperare i ricordi popolari di quella<br />

che fu chiamata "una <strong>storia</strong> di un mondo insultato" dallo scrittore Elio Vittorini, che fa riferimento<br />

allo sfruttamento economico degli immigrati, definiti "la miseria" ed alla diaspora di milioni di<br />

lavoratori italiani, entrambi temi molto usati tra i rapper. Questo è servito a creare una<br />

conoscenza tra i giovani, armandoli e permettendo loro di lottare contro il razzismo e rivendicare<br />

un'Italia multi razziale.<br />

Un esempio di questo rappare ce lo forniscono i 99 Posse, gruppo meridionale che, con il loro<br />

dialetto, cantano proprio di questo. Prendiamo come esempio, infatti, una preghiera a<br />

Sant'Antonio, nemico del diavolo, che originariamente era in dialetto e che loro hanno riadattato<br />

perchè venisse capita; la canzone si chiama "Saddà Appiccià", (Fate Luce!):<br />

"O' Demonio sò ifascisti ò demonio è a polizia<br />

Sant'Antonio vieni ccà e puortatili tutti via.<br />

Saddà Appiccià!<br />

Lutto e sangue e lacrime amare.<br />

Sanna appiccià ò governo e a prefettura<br />

Sanna appiccià e casserme, sadda appiccià à questura Sanna appiccià guardi, giudici e<br />

assessuri<br />

Saddà appiccià na vampa ca fa tremmà e padruni"<br />

Possiamo affermare, quindi, che il rap italiano è nato come rap di lotta sociale e politica. Ma non<br />

rimase tale: infatti, come in America, la mainstream e il denaro cambiarono radicalmente le cose,<br />

almeno per quei gruppi vicini alla gioventù attraverso le televisioni. Vediamo ora alcuni esponenti<br />

dei gruppi più conosciuti.<br />

"Abbiamo cominciato male con il rap commerciale e stupide lotte fratricide fra di noi…pensa alle<br />

tue rime.<br />

Articolo 31, "Questo è il nostro stile"


Ovviamente non tutti la pensavano in questo modo, basti pensare a Dj Gruff che dal 1983 si stava<br />

muovendo per tentare di evitare che l'Hip <strong>Hop</strong> diventasse semplicemente una moda: le<br />

produzioni che ha spinto hanno plasmato dal nulla lo stile e lo slang che oggi è proprio dell'Italia.<br />

Iniziano a nascere "posse" come funghi, alcune indubbiamente vere ed impegnate, altre emule e<br />

modaiole e la Onda Rossa Posse dà il via al rap militante e politicamente schierato con "Batti il<br />

Tuo Tempo". Poco alla volta il rap italiano inizia ad acquistare una personalità sempre maggiore,<br />

sia nei testi che nel sonoro e la lingua italiana stessa prende piano il posto dell'inglese; la scena<br />

sia fa più unita e finalmente coesistono diverse realtà e dialetti senza contrasti, e molti gruppi<br />

prendono direzioni musicali diverse (come per esempio gli Almamegretta).<br />

E così vediamo che Neffa tra il 1991 e il 1992, oggi sulla cresta dell'onda, entra con Dj Gruff,<br />

come batterista nell'Isola Posse All Stars che ha dato il via al fenomeno delle posse e del primo<br />

rap in italiano; nel frattempo iniziava a sperimentare il rap.<br />

Quindi, dopo il cambio di nome da Isola Posse All Stars a Sangue Misto, esce nel 1994 SXM,<br />

disco che segna la definitiva entrata dell 'hip hop (e non solo del rap) in Italia.<br />

Dopo alcune loro produzioni, tra cui Zero Stress e La Rapadopa, il loro stile ha permeato ogni<br />

barriera e ogni formazione hip hop tenterà di seguirlo. Gruff, con Neffa e Deda, erano a livello<br />

underground famosissimi, ma con difficoltà sfondano anche questo muro. Dopo alcuni anni di<br />

riflessione (nel 1996), Neffa, accompagnato dai Messageri della Dopa (cioè i più grandi esponenti<br />

dei mondo Hip <strong>Hop</strong>, quali Kaos One, Deda, Phase e molti altri) , decide di presentarsi al grande<br />

pubblico, senza commercializzare il prodotto, ed è un successone: non c'è nessuna "Serenata<br />

Rap" e nessun "Domani", e non è nemmeno tanto"Tranquillo Come Domenica Mattina", e di certo<br />

"Non è Lei Quel Che Voglio"… Neffa presenta la sua vita in tutte le sue sfaccettature.<br />

Parallelamente alle produzioni Zero Stress, nel 1994 la Zulu Nation fa un passo avanti verso<br />

l'Italia considerando Next One un b-boys degno di farne parte. E così, ma non solo per questo,<br />

l'Italia riesce a far parte del movimento hip hop mondiale.<br />

Come si è capito, la cultura hip hop italiana è permeata da ibridi commercializzati come: Articolo<br />

31, Sottotono, Jovanotti stesso, che, per quanto bravo, non "rappa", non è un MC, e tanti altri<br />

ancora.<br />

In particolare è chiarificatore spiegare perchè gli Articolo 31 e i Sottotono non fanno parte di un<br />

movimento Hip <strong>Hop</strong>, dato che loro stessi, entrambi i gruppi, si dichiarano come tali; gli Articolo 31,<br />

un duo composto da J Ax, per la voce, e DJ Jad, per le basi e lo scratching, sono usciti nel 1993<br />

con Strade di Città, un buon CD, capace di toccare varie tematiche che solo pochi prima avevano<br />

trattato. Dopo l'Intro che spiega il significato del loro nome (l'articolo 31 è l'articolo della<br />

costituzione irlandese che sancisce la libertà di parola di ognuno), si parte con Strade di Città,


canzone che descrive la realtà urbana, per poi passare all'argomento spinoso della limitazione<br />

della libertà di parola con "Fotti la Censura", alla cruda realtà di quartiere, dei pestaggi e delle<br />

vendette. Tra le altre, spiccavano anche un paio di canzoni con basi non campionate ma suonate<br />

dal vivo, e una con la base letteralmente copiata dal famoso rapper Notorius Big.<br />

Parallela a queste canzoni, tutto sommato serie e comunque valide dal punto di vista culturale, ce<br />

n'era una in stile "party", festaiola, imperniata di doppi sensi, chiamata "Tocca Qui". Il cantante<br />

degli Articolo 31, J Ax faceva sfoggio di rime assurde, anni luce lontane dalla qualità del resto del<br />

CD. Il problema è che con quella canzoncina sono usciti dall'underground italiano per essere in<br />

onda, nel mondo dell'industria discografica; avevano appreso determinate cose dal sottosuolo<br />

milanese, dove il duo ha passato l'infanzia e l'adolescenza, che hanno rinnegato, almeno per il<br />

75%, come hanno visto la luce.<br />

Da questo semplice esempio si capisce in toto la situazione italiana: molti rapper nostrani, che già<br />

meno ne sanno sulla vita di strada rispetto a quelli oltreoceano, preferiscono i soldi, non vivono<br />

nell'Hip <strong>Hop</strong> vero e proprio, pur professandolo a parole. Interessante è l'affermazione del già<br />

citato Kaos, rapper che ha cominciato con il gruppo Radical Stuff nel 1986 e non ha mai tradito<br />

queste poche parole:<br />

"Alzo gli occhi al cielo e vedo il buio, la mia strada adesso è a un bivio, da una parte "Hip <strong>Hop</strong><br />

serio, dall'altra parte il denaro. E seguo il mio sentiero, anche se non porta in alto, forse hai già<br />

capito quale strada ho scelto, scelgo l'asfalto. Rifaccio ciò che ho fatto prima, scrivo la mia rima<br />

ancora dieci volte, cento volte, seguo le mie scelte. "<br />

Gli Articolo 31, invece, hanno scelto il denaro, e sono usciti con"Maria Maria", che ha sancito la<br />

loro fine dal punto di vista <strong>dell'Hip</strong> <strong>Hop</strong>. Il resto di "Messa di Vespiri" , il secondo album, è<br />

piuttosto fiacco, i temi che trattano sono superficiali e le metriche troppo lontane da Strade di<br />

Città.<br />

Nel 1996 esce "Così Com'è", che sancisce un loro sperato ritorno alle origini, con il pezzo: "Non<br />

c'è Rimedio", che tratta della loro scalata al successo, dei loro precedenti nel mondo <strong>dell'Hip</strong> <strong>Hop</strong>,<br />

delle loro vendette e dei loro successi. Però, all'interno dello stesso album, possiamo trovare<br />

anche elementi che con il vero Hip <strong>Hop</strong> non c'entrano nulla, canzoncine festaiole con rime<br />

tranquille e serene.<br />

Stesso discorso vale per i Sottotono, altro gruppo che si definisce Hip <strong>Hop</strong> ed è spesso in vetta<br />

alle classifiche. Purtroppo questo gruppo, a differenza degli Articolo 31, ha pubblicato come primo<br />

singolo "La mia Coccinella", canzone d'amore davvero mielosa ed adatta solo alle dediche alla<br />

radio, così come le ultime "Tranquillo" e "Solo Lei Ha Quel Che Voglio". Ma il problema non è


tanto questo, quanto che effettivamente danno un'immagine di storta anche del genere west<br />

coast <strong>dell'Hip</strong> <strong>Hop</strong> che dicono di fare. Insomma, ci parlano di soldi, omicidi, champagne e vasche<br />

idromassaggio in cui sono immersi con le loro "pute" (l'equivalente italiano di Bitches): quello che<br />

mette sul chi va là è il fatto che difficilmente loro hanno davvero tutto ciò, e alla fin fine copiano<br />

stile ed argomenti che erano validi in America.<br />

Ma allora chi dobbiamo seguire? Chi promuove la verità?<br />

Un vero gruppo Hip <strong>Hop</strong> è quello dell'artista, già nominato in precedenza, Next One, ossia i Next<br />

Diffusion, insieme a Leftside e Mauri B. Questo gruppo, che si può definire uno dei promotori del<br />

vero Hip <strong>Hop</strong> in Italia, scrisse la loro dottrina nel retro del primo vinile; questi sono alcuni punti:<br />

"The Next Diffusion si ispira alla pura realtà, (la verità rende invulnerabili) esprime emozioni,<br />

divulga valori, confida speranze nelle quali chiunque potrebbe identificarsi, evitando banalità o<br />

falsi pretesti, il tutto espresso con la carica necessaria per intrattenere, conservando una<br />

tradizione culturale;<br />

Il contenuto è un insegnamento, chi lo apprende riflette e ne ottiene benefici personali;<br />

The Next Diffusion rivaluta l'Hip <strong>Hop</strong> nella sua forma più completa, attraverso le origini della<br />

musica, gli appropriati stili di danza, le influenze e le aspirazioni;<br />

Si propone dopo un 'accurata selezione dando il giusto merito a chi ha contribuito a far si che<br />

tutto questo avvenisse, in quanto prosegue un cammino intrapreso da altri artisti in passato;<br />

The Next Diffusion è ufficialmente riconosciuto da AFRIKA BAMBAATAA come gruppo di spicco<br />

della scena hip hop italiana e rappresenta la ZULU NATION"<br />

A parte i risvolti etici del gruppo, il vinile per 64 minuti è veramente valido, con beat e in genere<br />

un sapore di old school newyorkese; ci sono canzoni molte brevi, a volte strumentali, chiamate<br />

SKIT, che dimostrano la validità dei componenti di trovare buoni campioni in stile Bronx.<br />

Un altro gruppo è importante che venga nominato della scena hip hop italiana: gli OTR.<br />

Formazione sempre attivissima con demo e mixtape, ha sancito l'entrata con il singolo "Quel<br />

sapore particolare" del 1994, con una canzone diventata più o meno famosa; anche con la<br />

notorietà alle porte non hanno mai rinnegato la genuinità. Questo gruppo ha un grande merito:<br />

quello di aver gettato le basi per un network underground di cassette mixate (i mixtape, fino ad<br />

arrivare alla MIXMEN CONNECTION), di non richiudersi nella loro realtà cittadina e di non<br />

sottostare a contratti discografici che spesso non lasciano spazio alle idee che si volevano<br />

esprimere. Il loro studio di registrazione viene denominato LA SEDE e<br />

rappresenta la casa nella quale tutti vivono. E' un progetto di auto-produzione, per lasciare spazio<br />

anche ad altri, ad esempio i successivi Flycat e Dj Enzo. Il loro ultimo cd esce nel 1997 e viene<br />

intitolato proprio "Dalla Sede": lo stile è molto più definito, le metriche sono più precise, si avvale<br />

di collaborazioni di altri rapper nostrani importanti, quali La Pina, Esa, Polare su basi di Vez e


Vigore Questo album presenta degli aspetti internazionali, non è il solito cd di musica italiana,<br />

vuoi per i featuring di mc americani, tedeschi e belgi.<br />

L'autenticità del rap italiano è un problema dibattuto all'interno della cultura Hip <strong>Hop</strong>, dato che si<br />

tratta, in sostanza, di un processo ampio fra identificazione ed emancipazione nei confronti del<br />

modello americano. Non si può negare che il genere testuale rap sia di ascendenza americana.<br />

Dall'altra parte si deve constatare che in Italia, come anche in altri paesi europei, il rap ha<br />

sviluppato forme che lo differenziano chiaramente dal suo modello.<br />

Nel rap operano varie strategie di appropriazione che contribuiscono a fondare una tradizione<br />

testuale e culturale autonoma. Il primo passo è stato chiaramente l'utilizzo della lingua italiana e<br />

dei suoi dialetti.<br />

"lo e il mio stile nella mia lingua madre e le strade e le storie italiane m 'han fatto da padre" Space<br />

One<br />

La citazione, tratta dal brano "Tutto contro tutti" di Space One, indica la volontà di raggiungere un<br />

vasto pubblico senza dover imitare modelli americani (Method Man e Wu- Tang-Clan) e,<br />

soprattutto, ribadisce l'uso della lingua materna.


LA DANZA HIP HOP<br />

Passiamo ora ad un altro argomento Hip <strong>Hop</strong> fondamentale: la danza. Ancora più transitori dei<br />

graffiti sono gli stili di ballo sviluppati dalla sotto cultura Hip <strong>Hop</strong>. Il ballo proveniente dal South<br />

Bronx conosciuto come BREAKING o BREAK DANCE in origine era concentrato sui movimenti<br />

delle gambe e dei piedi (si tirava su la vita dei pantaloni per mostrare le calze bianche, che<br />

evidenziavano i passi al buio della discoteca) e nacque negli anni Settanta. Crazy Legs, Frosty<br />

Freeze e la Rock Steady Crew, tre nomi importanti in questo campo, aggiunsero un elemento<br />

acrobatico, elaborato sulla sabbia di Central Park poi trasportato su erba e infine su cemento, che<br />

rese il breaking un ballo competitivo e gli diede un carattere sensazionale tagliato su misura per i<br />

media. Attraverso la Rock Steady Crew e innumerevoli altri gruppi di ballerini, ad esempio<br />

Incredible Breakers, Electric Force, Magnificent Force e tanti altri, il breaking divenne<br />

un'incredibile esibizione di corpi che roteavano sulla schiena, sulle spalle, sulle mani e sulla testa.<br />

Combinato con l'invenzione californiana dell'electric boogie (l'impressione di scariche elettriche<br />

che attraversano gli arti), del moonwalking (l'illusione di camminare scivolando attraverso il<br />

pavimento) e di altre forme note coi nomi di joint popping, freezes, mime e robot imitation, il<br />

breaking divenne una forma di danza che realizzò il repertorio classico di immagini da era<br />

spaziale, video e dei computer, da America dei fumetti e dei supereroi.<br />

Secondo Afrika Bambaataa il breaking nacque come ballo sulla canzone "Get On the Good Foot"<br />

di James Brown.<br />

In un rito tradizionale che risale agli usi del Sud, e prima ancora all'Africa Occidentale, i danzatori<br />

formano un cerchio e a turno eseguono al centro passi solistici. Questo cerchio aveva l'effetto di<br />

un'arena all'interno della quale ci si esibiva con l'incitazione della folla. La performance, che di<br />

solito non durava più di una trentina di secondi, era scandita dall'ingresso nel cerchio, footwork<br />

(un gioco di piedi), freeze e uscita dal cerchio.<br />

Il FREEZE vedeva il dancer "pietrificarsi" in pose che imitavano animali, personaggi dei fumetti,<br />

persone in ogni situazione e addirittura pin-up e offriva il tema al quale doveva collegarsi il<br />

successivo competitore. L'obiettivo era di insultare l'avversario molto più creativamente di lui. I<br />

giudici erano gli spettatori, ma alcune gare venivano giudicate da persone dichiarate competenti<br />

come street dancers.<br />

La competizione era alla base del breaking (come già per l'Mcing e il Djing) e ciò ne favorì una<br />

continua e inarrestabile ascesa. Era sempre importante guadagnare l'altrui rispetto, solo che con<br />

questo tipo di sfida era molto più creativo e positivo: per guadagnare questo rispetto dovevi<br />

dimostrare di essere il migliore nel cerchio e l'approvazione della gente non era facile da ottenere.


Il termine BREAK o BREAKING è un termine comune a musica e danza e risale a molto tempo<br />

fa. Alcuni pezzi, come "Buck Dancer's Lament", dei primi del secolo, contenevano una pausa di<br />

due battute ogni otto per il break - una breve esibizione di passi improvvisati. Altri usavano il<br />

break per un assolo strumentale: uno dei frammenti di musica più feticizzati è il famoso break in<br />

quattro battute preso da Charlie Parker in "A Night in Tunisia" di Dizzy Gillespie.<br />

Molti movimenti utilizzati oggi risalgono a balli americani del passato, ad esempio il ballare per poi<br />

cadere sul pavimento ruotando sulla schiena a tempo di musica, ripreso da Pigmeat Markham,<br />

che ricorda lo stile di Jim Green e del suo spettacolo viaggiante dei Mighty Minstrels di AG Allen<br />

dei primi anni Venti. Altri ballerini del vaudeville e dei minstrel show facevano dei numeri che<br />

mostrano una misteriosa continuità con i nuovi trucchi: un danzatore bianco chiamato Joe<br />

Bennett si muoveva attraverso il palco mantenendo il corpo rigido; il flash dancer (neppure questo<br />

è un termine nuovo) Ananias Berry dei Berry Brothers, attivi tra il 1925 e il 1951, poteva<br />

attraversare il palcoscenico in un modo che molti descrissero come "congelato e scongelato",<br />

impettito, come fotogrammi di una pellicola. Molte delle danze bizzarre e comiche come<br />

SCRATCH, ITCH, RUBBERLEGS, LEGOMANIA e SHAKE, prefigurano breaking e popping, e gli<br />

elementi acrobatici del breaking moderno risalgono a prima del 1900.<br />

Se all'inizio era sufficiente toccarsi la punta dei piedi, saltellare o agitarsi, presto divenne normale<br />

buttarsi a terra ruotando sulla testa o a carponi. Spesso qualcuno improvvisava e la folla si<br />

eccitava. Allora qualcuno a casa si inventava qualcosa di nuovo e tornava in pista per prendersi<br />

gli applausi la settimana dopo. Prima c'erano tanti balli ma erano divertenti e semplici da<br />

imparare; la break portò lo spettacolo e il pericolo in pedana. Alla sua base c'erano impegno<br />

costante e allenamento, alimentati dal grande fascino della sfida.<br />

"I primi e più famosi acrobati erano saltimbanchi che lavoravano sul terreno eseguendo salti<br />

mortali, facendo ruote, capriole, rotazioni del corpo…Fare il saltimbanco significa essere legato<br />

alla terra, si tratta di una forma di acrobazia fa ida-te, alla portata di tutti. Inoltre si presta molto<br />

bene a un utilizzo nella danza "<br />

Jazz Dance<br />

Le acrobazie non sono semplicemente applicate alla danza, ma sono usate anche in modo<br />

estremamente drammatico: come tutte le altre forme Hip <strong>Hop</strong> utilizzano le poche risorse<br />

disponibili in un contesto impoverito, innalzandole ai massimi livelli di creatività. All'inizio la<br />

maggior parte dei rapper, dei ballerini, dei Dj e dei graffitisti passava le notti in bianco cercando di<br />

escogitare nuovi trucchi per sbaragliare la concorrenza. La concorrenza non dava tregua, e la<br />

creatività era grandissima. I passi di ballo più semplici, quelli che non causavano commozioni


cerebrali, fratture e tic da Robbie il Robot, balli riciclati ogni dieci anni sotto nuovi nomi, erano<br />

ancora in uso. Questa volta avevano nomi come PATTY DUKE, SMURF e WEBO. Gli ultimi due<br />

si accompagnavano a una musica che prese la direzione dell'iperspazio.<br />

Questo stato di cose contribuì a far diminuire la violenza nelle strade. La "medicina" Hip <strong>Hop</strong><br />

cominciava a fare il suo effetto. Certe tensioni perduravano, è vero, ma si era scoperta un'<br />

efficace valvola di sfogo. Le crew di breaker sostituirono le gang e la lotta a ritmo di musica<br />

sostituì quella cruenta di strada. Le crew di breaker si sfidavano dandosi appuntamento nei<br />

playground agli angoli delle strade o in metropolitana. Al posto delle armi portavano grandi pezzi<br />

di linoleum attorno a cui il pubblico si asserragliava per acclamare chi ballava meglio. Alla fine<br />

una crew usciva vincitrice.<br />

Il fenomeno non rimase circoscritto alla comunità afro-americana. E' bene sottolineare che la<br />

break-dance non ha quasi mai avuto una predominanza "nera" e, sebbene sia stata lanciata da<br />

giovani neri agli esordi degli anni Settanta, ha poi trovato nella comunità ispanica la vera forza<br />

propellente. Essa si è sempre ritagliata uno spazio nel mondo <strong>dell'Hip</strong> <strong>Hop</strong>, sia nel breaking che<br />

nei graffiti. Per quanto riguarda il rap, se anche è stata capace di produrre talenti, è rimasta in<br />

netta minoranza rispetto alla comunità afro-americana.<br />

La <strong>storia</strong> del breaking assomiglia ad una stella cadente: se non è mai scomparsa del tutto e<br />

tuttora si può notare una diretta influenza nelle tecniche di ballo di molti giovani, essa raggiunse il<br />

suo apogeo intorno alla metà degli anni Ottanta. Fu proprio in questo periodo, precisamente nel<br />

1984, che uscirono un documentario della PBS, "Guerre di Stile" e tre filmetti di Hollywood: "Beat<br />

Street", "Breakin'" e "Breakin' 2". L'Hip <strong>Hop</strong> stava uscendo dai quartieri, stava abbandonando le<br />

sue radici territoriali. Quei famosi "compartimenti stagni", creati dalle sciagurate politiche del<br />

governo cittadino negli anni Settanta e cementati dalla presenza-dominio delle gang, stavano per<br />

veder sbloccate le proprie serrature. Presto il vento della novità avrebbe trasportato questi semi<br />

acerbi nella Manhattan bene. L 'Hip <strong>Hop</strong> aveva messo il naso fuori dalla porta e quello che aveva<br />

visto gli era piaciuto!<br />

Passando ora ad analizzare più approfonditamente gli stili della danza Hip <strong>Hop</strong>, possiamo<br />

affermare che questo tipo di ballo prende spunto da un mix di ritmi africani, danze sudamericane,<br />

come la Capoeira, movimenti asiatici del Thai-Chi o del Kungfu e infiniti ritmi tribali e multi etnici<br />

che provengono da tutte le etnie e sono confluiti negli Stati Uniti nel secolo passato.<br />

Le prime tecniche <strong>dell'Hip</strong> <strong>Hop</strong>, come già accennato, nascono nei primi anni Settanta con la<br />

Break Dance dei ghetti newyorkesi e si propagano poi con gli stili Popping (movimento frenetico<br />

ed esplosivo), Locking (movimento bloccato) nella West Coast californiana, soprattutto a Los


Angeles e Breaking. Sono stili che si differenziano per esplosività evelocità di movimento, per<br />

l'isolazione e il blocco del movimento articolare, per le capacità acrobatiche. Infatti, il Popping può<br />

essere definito come una tensione muscolare in particolare delle braccia, spalle, addome, collo<br />

per produrre movimenti spasmici di bloccaggio, un qualcosa di simile allo stile robot; il Locking si<br />

spiega in veloci e repentini movimenti delle mani e delle braccia flesse e puntate in tutte le<br />

direzioni, accompagnati da giocosi movimenti dei piedi, il movimento che lo distingue è la<br />

posizione "lock" (braccia piegate ai lati) che originariamente veniva accompagnato da una buffa<br />

espressione del viso: esso nacque circa 30 anni fa a Los Angeles e divenne il progenitore della<br />

danza Hip <strong>Hop</strong>; infme il breaking è uno dei balli più belli e difficili da imparare, infatti consiste in<br />

un mix di evoluzioni e piroette a ritmo, specializzato in Spins, ossia giri di testa, mani e schiena,<br />

con lavori spettacolari di piedi e figure aeree.<br />

I giovani che praticavano questo tipo di tecniche vennero nominati Street Dancers, ballerini di<br />

strada, o B-BOYS, breaker boys, ballerini di break, a tutt'oggi in uso e sono loro ad esibirsi dentro<br />

i cerchi.<br />

Ma oltre a questi stili, che sono i genitori della break-dance in genere, vengono riconosciuti altri<br />

stili come appartenenti all'Hip <strong>Hop</strong>, vediamo alcuni esempi: HYPE, nato intorno agli anni Novanta<br />

e comunemente caratterizzato dai salti scatenati e dai movimenti veloci dei piedi; l'idea è di<br />

scatenarsi sul ritmo saltando e calciando da tutte le parti accompagnati da movimenti circolari,<br />

estensioni, flessioni, ecc. delle braccia; questo stile è stato ripreso da Mc Hammer. Il FUNK 80's,<br />

ossia la combinazione del jazz, del popping e del locking, famoso negli anni Ottanta anche grazie<br />

alla creazione del film "Breakdance". Michael Jackson e sua sorella Janet apporteranno a questo<br />

stile parecchi cambiamenti, che entreranno a far parte del mito e lo porteranno ad essere la<br />

nuova sensazionalità della decade. E poi c'è l'HOUSE, un tipo di danza urbana nata a New York<br />

che mischia vari stili di danza dal uprocking, alla salsa, al jazz, ecc. adattati alla musica house,<br />

uno stufato di danze dove tutti possono mettere quello che vogliono, purchè sia stupefacente;<br />

l'house è uno stile che ancora non è diffusissimo, molti Street Dancers lo stanno pubblicizzando<br />

in questo periodo e non è stato ancora del tutto accettato dalla maggior parte della popolazione<br />

Hip <strong>Hop</strong>, seppur riscuota molte approvazioni nei cerchi.<br />

Ma la cosa più importante rispetto a tutte queste classificazioni era lo STILE. Ogni B-Boy aveva il<br />

suo stile ed era una cosa che non si poteva insegnare, bisognava coltivarlo. Poteva essere<br />

divertente, duro, spregevole, cool o qualsiasi cosa che potesse mettere lo Street Dancer in buona<br />

luce nel cerchio e far sembrare il suo avversario meno bravo. Lo stile di ogni B-Boy conia ogni<br />

categoria di danza.<br />

La danza Hip <strong>Hop</strong> ha tolto la violenza dalle strade per lasciare posto a combattimenti creativi,


positivi e senza contatto: è un modo di esprimersi, di far conoscere le proprie capacità fisiche e<br />

motivazionali, di far uscire la propria interiorità e le proprie idee attraverso i movimenti del corpo.


CONCLUSIONI<br />

Ma dopo tutto questo, come si può creare una coreografia?<br />

Esistono due modi per farlo: il primo è quello di creare delle combinazioni di passi a blocchi da 8,<br />

che poi verranno ballati su una musica scelta successivamente; il secondo consiste nello<br />

scegliere una musica, analizzarla e poi solo in seguito creare una coreografia che tenga conto<br />

degli accenti della canzone. Il secondo metodo è chiaramente più impegnativo e richiede più<br />

esperienza, solitamente si comincia con il primo.<br />

La scelta della musica, poi, è un altro problema: quando si lavora con adolescenti, molto attenti<br />

alla discografia commerciale di MTV, è consigliabile prendere spunto da quel polverone, più che<br />

andare a scegliere canzoni di nicchia, per loro incomprensibili. Se si sceglie una canzone che loro<br />

conoscono, sarà più semplice renderli partecipi e avvicinarli a questo mondo.<br />

Ho scelto il primo sistema, quello di creare una coreografia sulla base di combinazioni di passi a<br />

blocchi da 8: ritengo che sia il più semplice sia per chi affraccia per la prima volta questo tipo di<br />

stile, sia per chi ha già imparato in parte la sua tecnica. Di solito, le coreografie nascono da un<br />

insieme di popping, locking e break dance, creando un misto di stili che rendono i passi diversi tra<br />

loro, in modo che l'allievo percepisca più generi, più cose. Le onde si fondono con i blocchi, i<br />

contro tempi con le acrobazie. E' importante, secondo me, che i ragazzi imparino più possibile<br />

anche da un singolo insegnante, per cui si vedono pas-de-bourès, chassès e pirouhettes presi<br />

dal modero-jazz, onde che ricoprono tutto il corpo della old school, blocchi e camminate della<br />

new school, giri dell'house, verticali della break dance.


DIZIONARIO DI TERMINOLOGIA HIP HOP<br />

1200: Technics Sl 1200MKII, il giradischi più diffuso nei DJ<br />

AEROSOL ART: arte grafica dell’hip hop, una delle quattro discipline<br />

BACK-SPINNING: rotazione del disco al contrario<br />

BATTLE: tranquilla competizione fra artisti aerosol, dj e ballerini<br />

B-BOY: termine creato nel 1969 da kool dj herc che serve a indicare i break-boy e i bolgie-boy<br />

che ballavano ai block party, usato per identificare i ragazzi praticanti l’hip hop<br />

B-BOYNG: la danza. Una delle quattro discipline<br />

BEAT: ritmo<br />

BLOCK LETTERS: lettere grandi e squadrate adoperate nei tag<br />

BLOCK PARTY: avvenimento hip hop da strada<br />

BREKBEAT: alternare, prolungando il ritmo in maniera alternativa dello stesso disco su due piatti<br />

ripuntando quello fuori linea<br />

BREKDANCE: sinonimo più comune di b-boyng<br />

BREAKER: ballerino di breakdance<br />

BROTHER/SISTER: persona molto amica e molto vicina.<br />

BUTTER: letteralmente morbido come il burro, a indicare una base ben fatta<br />

CHILL, CHILLOUT: relax<br />

COOL: a posto, ok, atmosfera giusta, tipo in gamba<br />

CREW: insieme di b-boys con compiti differenti all’interno delle 4 discipline<br />

CROSS FADER: cursore del mixer che permette di praticare lo scratch sul giradischi quando si<br />

passa da un piatto all’altro<br />

CUT ‘N’ MIX: mescolare con nuovo ordine frasi musicali tagliate da differenti brani<br />

DIS-RAP: rime di insulto<br />

DJ: disc jockey<br />

DOPE: in italiano “dopa”, droga, aggettivo positivo<br />

ELETRIC BOLGIE/ELETRIC BOOGALOO: vecchia scuola del b-boyng<br />

FAT O PHAT: spesso riferito ad un ritmo: potente, grande, perfetto<br />

FLY-GIRL: termine femminile di B-boy<br />

FREESTYLE: improvvisare rime in stile libero, termine italiano: "frista".<br />

G-FUNK: suono del G-rap.<br />

GHETTO BLUSTER: radio portatile mangianastri<br />

G-RAP: filone legato all'immaginario gangster, "gangsta-rap".


GRAFFITI: Aerosol Art, serve ad indicare opere grafiche fatte su treni e muri.<br />

HARDCORE: Hip <strong>Hop</strong> allo stato puro, giusta corrispondenza fra quello che dicono i rappers e la<br />

loro vita reale, senza falsità<br />

HEAD SPIN: rotazione sul capo, a definire una figura del ballo Hip <strong>Hop</strong><br />

HOMEBOY/HOMEGIRL: amico/amica stretta<br />

HUMAN BEATBOX: suono emesso con la bocca a riprodurre il ritmo della batteria.<br />

IN THE HOUSE: essere uniti e presenti<br />

JAM: incontro fra rappers fondato sull'improvvisazione<br />

JEEP BEATS: ritmi con grande distorsione dei bassi, spesso suonati dagli stereo nelle macchine.<br />

KANGOL: marca del cappello più usato dai B-boy<br />

LOCK: dreadlock, pettinatura dei rasta giamaicani.<br />

LOOP: montaggio di uno o più campionamenti per la creazione di una base.<br />

MARIJUANA: nei testi è facile trovarla anche con altri termini come:<br />

BROWN,BUDDHA,HASH,POT,METHOD,BAMMER,CANNABIS,SESS, SOUL<br />

FOOD,GREEN,HERB,ETC<br />

MC: viene da "Master of Ceremony", maestro delle cerimonie, ad indicare il rapper. MCeeing:<br />

fare il rap.<br />

MIC: microfono.<br />

MIXTAPE: cassetta mixata fuori dal mercato ufficiale<br />

MOTHERFUCKER: falso, persona non rispettabile,infame, ma può essere usato in tono<br />

affettuoso per gli amici più intimi.<br />

NEW SCHOOL: seconda generazione <strong>dell'Hip</strong> <strong>Hop</strong>, dal '85 al '88.<br />

NICKNAME: identità Hip <strong>Hop</strong> del B-boy o della Fly-girl, soprannome, nome d'arte.<br />

NIGGA: nigger, termine corrispondente del dispregiativo italiano "negro", può anche essere usato<br />

come espressione positiva ad indicare un amico,fratello.<br />

OLD SCHOOL: prima generazione dell' Hip <strong>Hop</strong>, dal '78 al '84.<br />

P-FUNK: suono che si ispira ai gruppi Parliament e Funkadelic<br />

PIECE: masterpiece, capolavoro, in italiano "pezzo", ad indicare una grandiosa e completa opera<br />

di aerosol.<br />

POSSE: gruppo, sinonimo di crew.<br />

RAGGAMUFFIN: rap giamaicano.<br />

RAP: arte di creare rime su ritmi Hip <strong>Hop</strong>.Una delle quattro discipline<br />

RAPPER: colui che fa rap.<br />

RAW: stile vero, hardcore.


SAMPLE: campionamento, frammento tratto da un disco.<br />

SAMPLER: campionatore.<br />

SCRATCH: manipolazione della puntina del giradischi che graffia sui solchi del disco producendo<br />

ritmo e rumore.<br />

SEQUENCER: macchina che si usa con il campionatore e serve a trasformare e dissociare le<br />

frequenze.<br />

SNEAKERS: scarpe sportive spesso da basket.<br />

SOUND SYSTEM: sistema trsportabile per discoteche da strada.<br />

SUCKER: falso, bugiardo, contrario di hardcore.<br />

TAG: scrivere con la bomboletta il proprio nickname.<br />

THROW-UP: semplice graffito, spesso a due colori.<br />

TURNTABLISM: arte della manipolazione del giradischi.Una delle quattro discipline.<br />

WHEELS OF STEEL: "ruote d'acciaio", i due giradischi del dj.<br />

WILD STYLE: stile evoluto, spesso illeggibile dei tag.<br />

YO: viene da "you all", saluto tra B-boy

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