STORIA DEL COSTUME - LUDT
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Il costume nel teatro greco, la sua evoluzione nel<br />
teatro latino<br />
Nel teatro greco<br />
La prima preoccupazione, quando si affronta un argomento tanto<br />
lontano nel tempo, come nel caso del teatro greco e latino, è<br />
quella delle fonti.<br />
Problema tanto più delicato se si prendono in esame fattori<br />
"evanescenti" come lo spettacolo e l'abbigliamento: il primo è<br />
per sua natura effimero, il secondo anche se materiale poco<br />
resistente.<br />
. A queste oggettive difficoltà si aggiunge la consapevolezza, appresa<br />
dalla storiografia teatrale, dello squilibrio temporale tra le fonti<br />
letterarie e i reperti archeologici.<br />
A ciò si aggiunge quanto sottolinea Savarese: «un fatto del tutto<br />
ovvio ma che, proprio per questo, si trascura di ribadire: il teatro<br />
greco fu un' invenzione che non dovette confrontarsi con nessun<br />
esempio di teatro preesistente»<br />
2. È risaputo che il teatro greco ha lasciato tracce, concettuali e<br />
semantiche, nella cultura occidentale, ben oltre l'ambito dello<br />
spettacolo, in settori importanti, quali la filosofia o la psicanalisi,<br />
le arti visive e ovviamente la letteratura.<br />
In generale il costume, nel teatro greco, ricopre funzioni non<br />
solo decorative ma anche strutturali e drammaturgiche.<br />
Infatti, ancora in epoca classica gli attori non furono più di tre e,<br />
per quel che se ne sa, non vi recitarono altro che uomini<br />
3. Si ipotizzano dagli studi più recenti - personaggi in scena<br />
abbigliati e mascherati, ma muti.<br />
1
Appare così del tutto evidente la necessità di un costume<br />
codificato e di una maschera completa di parrucca per portare<br />
nelle vicende narrate quei personaggi femminili che sono richiesti<br />
in scena in misura consistente dalla letteratura pervenuta.<br />
Medea, Elettra, Antigone, Alcesti, le Troiane e le Baccanti sono<br />
eroine femminili che danno il titolo alle omonime tragedie. Sotto<br />
altri titoli, da Edipo ad Agamennone, rimangono fondamentali le<br />
presenze di Giocasta e Clitemnestra in scena.<br />
Per la cultura materiale del teatro, la fonte più ampia resta l'Onomastico n di<br />
Giulio Polluce (Il sec. d.C.) , che mescolando elementi di varie epoche<br />
suscita interrogativi quanto chiarimenti, ma costituisce la vulgata sul<br />
costume antico:<br />
e portano un bastone diritto che è chiamato aresco.<br />
I parassiti hanno lo strigile e l' orciuolo, come i contadini il<br />
vincastro.<br />
Alcune donne hanno un bracciale e la "simmetria", che è una<br />
tunica lunga fino ai piedi, con una striscia di porpora tutt'in giro .<br />
2
Il costume degli attori<br />
Il costume degli attori è la stola, che era chiamata anche<br />
somation.<br />
Ma il costumista è quello che fa le maschere.<br />
Si può anche dire: maschera, faccia mascherata, faccia finta,<br />
larva e Gorgoneo.<br />
II. Le calzature e le vesti tragiche e comiche, e il resto<br />
del costume<br />
I calzari tragici sono i coturni e i sandali, quelli comici i<br />
socchi.<br />
Le vesti tragiche sono il "variopinto", perché così chiamavano<br />
la tunica.<br />
Le sopravvesti sono: la tunica lunga, la tunica verde, il saio,<br />
la clamide ricamata d'oro, con fregi d'oro, purpurea, la tiara,<br />
la benda, il nastro, la mitra; la veste a rete, che era un<br />
mantello fatto di cordicelle intrecciate a rete che si avvolgeva<br />
intorno a tutto il corpo indossato da Tiresia o da qualche altro<br />
indovino.<br />
La veste sinuosa era quella che veniva indossata sopra le<br />
tuniche dagli Atridi, dagli Agamennoni e dagli altri personaggi<br />
del loro rango.<br />
L'e/aptis era un manicotto fenicio o purpureo che si<br />
avvolgevano intorno alla mano quelli che andavano alla<br />
guerra o alla caccia.<br />
La erocota era un tipo di veste; la usava Dioniso assieme<br />
alla tracolla ricamata e tirso.<br />
Ma quelli che erano colpiti da disgrazia indossavano o vesti<br />
bianche di lutto, in ispecie gli esuli, o vesti scure, nere, colore<br />
delle mele o grigio bluastro.<br />
3
Erano dei cenci le vesti di Filottete e di Telefo.<br />
Inoltre sono parti del costume tragico maschile: le nèbridi, le<br />
pelli, le spade, gli scettri, le lance, gli archi, la faretra, i<br />
caducei, le clave, le pelli leonine, le armature complete.<br />
Fanno parte del costume tragico femminile: la veste con<br />
strascico purpureo e bianca vicino al gomito, quando si tratti<br />
di una regina; nel caso di una donna colpita dalla sventura lo<br />
strascico era nero e la veste grigio bluastra o color delle mele.<br />
Il costume satirico è invece la nèbride, che chiamano anche<br />
issale, di pelle di capra, e talvolta anche di pelle di leopardo<br />
tessuta.<br />
Sono tipiche di Dioniso: la veste da caccia, la sopraveste<br />
ricamata e la veste color porpora.<br />
La tunica villosa è una specie di tunica fitta, che veniva<br />
indossata dai Sileni.<br />
La veste comica è la exomide, una tunica bianca scadente,<br />
che non ha cucitura sul lato sinistro.<br />
L'indumento dei vecchi è una veste avvolta attorno al corpo,<br />
color porpora o nera.<br />
La veste purpurea è l'indumento dei giovani.<br />
La bisaccia, i bastoni, la pelle riguardano i contadini.<br />
I giovani usano la veste purpurea, i parassiti invece una<br />
veste nera o scura, tranne che nel Sicionio, in cui è bianca<br />
quando il parassito sta per celebrare le nozze.<br />
All' exomide degli schiavi si avvicina anche una vesticciuola<br />
bianca, che è chiamata encòboma o sopravveste.<br />
Anche il cuoco ha una veste doppia e rozza.<br />
Quanto alla veste delle donne della commedia, quella delle<br />
vecchie è color mela o azzurro cupo, eccettuate le<br />
sacerdotesse la cui veste è bianca.<br />
4
Le mezzane e le madri delle meretrici portano sulla testa una<br />
particolare benda rossa.<br />
L'abito delle donne giovani è bianco o di bisso, quello delle<br />
ereditiere bianco e ornato di frange.<br />
I mezzani indossano una tunica tinta e un mantello a colori<br />
brillanti,<br />
Dai testi drammatici sappiamo che Creonte indossando la<br />
xistis viene riconosciuto come sovrano; la batrachide<br />
menzionata da Aristofane come indumento festivo doveva<br />
apparire modesta rispetto alla clamide, veste costosa, spesso<br />
intessuta d'oro, indicata come segno di dissolutezza da<br />
Apollodoro e Demostene.<br />
Nei Cavalieri si allude a speciali sarti! costumisti,<br />
decodificabili come noleggiatori di abiti per le feste: tracce<br />
labili, poiché come ricorda De Marco:<br />
«Quasi nulla si ricava dal testo dei drammi pervenuti: il che è<br />
comprensibile, poiché i poeti non avevano necessità di<br />
descrivere ciò che la scena dispiegava materialmente davanti<br />
agli occhi degli spettatori» .<br />
Altri studiosi, come Kindermann, attribuiscono alla<br />
gestualità attorica una forte supplenza rispetto agli aspetti<br />
materiali dello spettacolo, anche se riservano alla veste un<br />
valore semantico importante: «poiché il costume derivava<br />
dall' abbigliamento per il culto di Dioniso, tendeva spesso ad<br />
assumere una forma solenne.<br />
Fin dai tempi di T espi e di Eschilo c'era una forte<br />
differenza tra il modo di vestire quotidiano e il costume<br />
teatrale»<br />
.<br />
il confronto con le testimonianze vascolari porta a<br />
identificare un abito base, il poikilon, sorta di chiton (1'abito<br />
usuale dei greci lungo fino alle caviglie e ricco di drappeggi<br />
era detto chitone ionico, quello più corto chitone dorico),<br />
variamente decorato e un mantello, detto himation, che<br />
poteva venire intriso di colori sfavillanti come il porpora, lo<br />
zafferano o il verde e perfino il color oro.<br />
All' origine della tragedia sta il dramma satiresco, nel quale al<br />
chiton si abbina una veste in pelle - in un vaso conservato a<br />
Spina (FE), sembra di daino - completata da una coda di<br />
cavallo e dalla maschera.<br />
5
Verso la fine del v secolo a.c. si stabilizza la forma del<br />
costume tragico sia per il coro che per i tre attori: abito lungo<br />
fino ai piedi, con maniche che si stringono ai polsi.<br />
Sulla genesi e la funzione delle maniche sono state avanzate<br />
varie spiegazioni, da quella della temperatura relativa al<br />
periodo marzo/aprile, nel quale si svolgevano gli spettacoli, a<br />
quella più convincente che servissero a celare al pubblico la<br />
presenza di un attore/uomo che vestiva i panni femminili<br />
delle eroine tragiche.<br />
Tutti gli esperti concordano nella ricostruzione che il chiton<br />
teatrale potesse essere decorato, sia con fregi sui bordi e<br />
sulle maniche o, in epoca più tarda, su tutta la superficie.<br />
Se il personaggio è particolarmente povero o è un servo, la<br />
sua condizione può essere sottolineata da un abito corto,<br />
l'esomide (o exomide), che lascia la spalla e il braccio destro<br />
scoperti; l'aggiunta di un finto e grosso fallo accentua la<br />
forma sproporzionata del corpo e ne aumenta i motivi di<br />
scherno.<br />
Nella commedia nuova l'imbottitura e il fallo lasciano il posto<br />
al posternidion, che accresce il posteriore dell'attore: il<br />
personaggio del soldato, per esempio, assume un fisico<br />
possente ma con effetti comici.<br />
In alcune pitture vascolari compaiono anche i pantaloni: si<br />
è molto sottolineato da parte degli studiosi l'influsso che la<br />
cultura orientale ebbe sul costume teatrale (pantaloni e<br />
maniche ne sarebbero la prova) rispetto all'impatto minore<br />
sull'abito civile.<br />
Nelle tragedie abbiamo talvolta indicazioni, per noi oscure,<br />
certamente palesi allo spettatore coevo, che denotavano il<br />
sopraggiungere di un cittadino greco individuato dall'<br />
abbigliamento, evidentemente difforme da quello dei barbari,<br />
vale a dire gli stranieri; lo straniero di alto grado, come il re<br />
Dario nei Persiani, indossa la tiara; i Troiani, e gli orientali in<br />
genere, possono portare il berretto frigio .<br />
6
I colori invece sono molte volte menzionati dai<br />
drammaturghi per il loro valore metaforico: al candore del<br />
bianco naturale 9 dei tessuti poteva essere accostato il giallo<br />
croco, il rosso porpora o il crèmisi. li nero, colore del lutto in<br />
Occidente, è presente sia negli avvenimenti funesti che nelle<br />
occasioni in cui il personaggio voglia comunicare una<br />
situazione disgraziata, vera o ingannevole.<br />
Poteva essere ricamato e decorato a colori il peplos: una<br />
tunica di lana leggera tessuta a telaio che avvolgeva il corpo<br />
in ricche pieghe, citata nelle tragedie e nelle commedie come<br />
abito essenzialmente femminile.<br />
Le dee potevano indossare un raffinato abito di lino detto<br />
Pharos.<br />
Dalla Lisistrata, commedia di Aristofane, apprendiamo che<br />
esisteva una veste per la seduzione che prendeva nome dal<br />
colore giallo acceso tendente all' arancione - del fiore di<br />
croco, detto Krokotos, lo stesso abito che nelle<br />
Tesmojoriazuse e nelle Rane, con l'aggiunta di una pelle di<br />
leone, è indossato con scopi beffardi da personaggi maschili.<br />
Nella commedia il peso del costume poteva essere ancora<br />
maggiore poiché aveva il compito di creare interesse nello<br />
spettatore verso quei personaggi che non rappresentavano<br />
miti ben noti (Edipo, Agamennone, Antigone, Cassandra ecc.)<br />
come accadeva in generale ai personaggi della tragedia.<br />
Al costume era affidato il compito di segnalare il<br />
travestimento, convenzione che prevede un forte<br />
coinvolgimento del pubblico: infatti, il personaggio assume<br />
una doppia identità, quella mirata agli interlocutori e l'altra<br />
palese al pubblico. li travestimento uomo/donna, ricco/povero,<br />
amante/maestro, toèos ricorrente nel teatro di<br />
ogni epoca, diventa motivo di riso se esaltato da un abito<br />
abnorme “così le<br />
caratteristiche dei costumi comici – le vistose imbottiture, le<br />
gobbe, i falli pendenti , le maschere grottesche – sono tratti<br />
non esteriori ma l'epifania stessa del fatto teatrale.”<br />
Da ricordare sono gli eroi mendicanti in Euripide, frequenti<br />
tanto da meritargli l'epiteto di “rammendatore di stracci” che<br />
gli attribuisce Aristofane . travestimento utile all’agnizione e<br />
7
allo scioglimento dell'intreccio finale da Omero in poi: Ulisse<br />
infatti si cela sotto vesti lacere al suo rientro a Itaca.l,<br />
nell’Odissea.<br />
.<br />
In ogni caso è demandato all’abbigliamento più o meno<br />
misero, più o meno sfarzoso, il compito di segnalare allo<br />
spettatore la condizione sociale e psicologica del personaggio<br />
al momento dell’entrata in scena.<br />
Altri ruoli che necessitavano di un abbigliamento<br />
immediatamente riconoscibile dal pubblico erano gli indovini<br />
e tutti coloro che avessero a che fare con il sovrannaturale (le<br />
Erinni nelle Eumenidi o! Thanatos nell’Alcesti) portavano<br />
sacre bende a fasciare le tempie.<br />
Lo squarcio più realistico, sebbene impietoso, della vita<br />
teatrale greca, in epoca ellenistica, lo fornisce Luciano,<br />
quando ridicolizza l’ attore che inciampa: «perché quando<br />
l’attore finisce a gambe all’ aria, si intravedono dei poveri<br />
stracci sotto le vesti di gala.<br />
ACCESSORI<br />
Non c'è oggi concordanza tra gli studiosi sull’interpretazione<br />
della notizia secondo la quale già Eschilo avrebbe reso i suoi<br />
attori maestosi in scena, facendo loro indossare dei couturni<br />
provvisti di un cospicuo rialzo: le fonti iconografiche su vaso,<br />
al contrario, descrivono calzari con una suola non<br />
particolarmente elevata, che coprono le gambe sino al<br />
polpaccio, fermati da lacci di pelle morbida, talora con la<br />
punta<br />
ricurva ; nella biografia di Sofocle si accenna a calzari bianchi<br />
che indossano gli attori ed i coreutica.<br />
Non si può escludere che in alcuni casi gli attori recitassero a<br />
piedi nudi., l’unico esempio di personaggi dichiaratamente<br />
scalzi in scena sono le Oceanine in Prometeo.<br />
È quasi certo che dopo la metà del secolo IV avanti Cristo<br />
(intendiamo negli anni 338-33°) all'epoca di Licurgo , il<br />
teatro greco sia stato profondamente modificato e tra le altre<br />
innovazioni siano comparsi i calzari detti kothornoi (i coturni)<br />
con una suola e tacchi alti fino a 10 (anche 20) dei nostri<br />
8
centimetri e che siano stati preferiti per le parti femminili o<br />
effeminate, secondo un’usanza d’ispirazione orientale.<br />
Lo studio applicato ai testi greci ha messo in rilievo un alto<br />
grado di spettacolarizzazione che, unito alla mancanza di<br />
presenze femminili per i relativi ruoli, porta ad accordare fede<br />
alle riproduzioni vascolari e musive secondo le quali le<br />
parrucche erano ampiamente presenti.<br />
Non mancano riferimenti al colore dei capelli, sia come<br />
metafora dell'età (capelli bianchi indicano vecchiaia e/o<br />
saggezza) che della bellezza (i capelli biondi, rari in un popolo<br />
mediterraneo, sono considerati ovviamente un elemento<br />
prezioso e quindi sintomo di bellezza o addirittura di natura o<br />
di origine divina).<br />
I personaggi autorevoli apparivano con la barba: talvolta<br />
fissata alla parrucca o alla maschera era presumibilmente di<br />
crini animali o di stoppie vegetali, come i capelli.<br />
È stato ampiamente tramandato che gli attori greci<br />
indossassero maschere: a quest'uso sono stati attribuiti<br />
significati metaforici, antropologici o solo funzionali.<br />
Non è certa l'origine della maschera né la sua funzione: la<br />
tradizione risalente al poeta latino Orazio la attribuisce a<br />
Tespi (il primo autore, di cui sia noto almeno il nome), che ne<br />
sarebbe stato anche l'inventore.<br />
In origine erano fatte di tessuto, forse a strati di lino<br />
incollato, indurito con stucco - il che avrebbe impedito la<br />
conservazione fino a noi - e venivano usate insieme o al posto<br />
del trucco, comunemente prodotto con un impasto di feccia di<br />
vino e biacca .<br />
Potevano essere anche fatte di cuoio o cartapesta, ma<br />
quelle che conosciamo sono, per lo più, o icone dipinte o le<br />
loro copie in pietra, usate come motivi ornamentali, dal<br />
momento che non sono pervenute maschere di epoca<br />
classica.<br />
Le nostre cognizioni in merito provengono dall'incrocio tra<br />
i testi drammatici e le raffigurazioni vascolari; quelle del<br />
periodo classico, v secolo a.c., sembrano più realistiche:<br />
grandi occhi, bocche dischiuse, acconciature morbide,<br />
carnagione chiara per le donne e appena abbronzata per i<br />
ruoli maschili, e secondo alcuni studiosi avevano forma di<br />
casco che «copriva di solito viso e testa, e si infilava sopra<br />
una calottina di feltro».<br />
9
In epoca ellenistica e poi romana, avevano grandi bocche<br />
spalancate, espressioni esasperate, con capelli rialzati sulla<br />
fronte con aggiunta di parrucca gonfiata detta onkos .<br />
Incerta anche la funzione di megafono che in passato gli<br />
era stata attribuita: solo dal IV secolo a.c., la forma della<br />
bocca è a imbuto dall'interno verso l'esterno. Peraltro sembra<br />
che i teatri dell'epoca di Eschilo non possedessero la<br />
straordinaria acustica che noi possiamo sperimentare ancora<br />
oggi negli edifici a cavea, i quali però appartengono all' epoca<br />
ellenistica.<br />
Giulio Polluce elenca ben 28 tipi differenti di maschere,<br />
suddivisibili in quattro categorie: uomini anziani, giovani di<br />
sesso maschile, schiavi e donne, dall' anziana nutrice alla<br />
giovane infelice eroina, giacché alle maschere era demandato<br />
il compito di raffigurare non solo il ruolo ma anche il carattere<br />
del personaggio.<br />
Non è risolto il problema di come venisse raffigurato colui<br />
che si è (o è stato) privato degli occhi e arriva in scena<br />
grondante sangue: il grande Edipo dell'omonimo dramma (e<br />
anche nell'Edipo a Colono), o il re Polimestore, nell'Ecuba,<br />
quando esce da una tenda nella quale ha sofferto un<br />
accecamento procuratogli dalle prigioniere troiane; in questo,<br />
come in altri episodi nei quali i personaggi manifestano il lutto,<br />
oltre al capo rasato (o capelli corti per le donne),<br />
l'informazione per il pubblico poteva essere evidenziata da<br />
bende legate sugli occhi .<br />
Nel teatro latino<br />
«Per il teatro greco la maschera è un'indispensabile necessità,<br />
per quello latino, probabilmente un' opzione» .<br />
La differente condizione dell' attore greco che ha un ruolo e<br />
una funzione sacrale nella società greca, rispetto alla<br />
considerazione precaria e marginale dell' attore nella società<br />
romana, spiega da un lato la dipendenza formale del teatro<br />
10
latino da quello ellenico ma anche la sua sostanziale<br />
divergenza.<br />
Nonostante il successo dello spettacolo comico e popolare,<br />
essere attori a Roma non è un privilegio: proprio le Atellane<br />
con le loro figure deformi, accentuate da maschere sgraziate,<br />
dicono che il teatro e lo spettacolo sono collocati in basso,<br />
sulla scala dei valori civili.<br />
Gli studi sul mondo romano sono forti di un patrimonio<br />
lapideo importante che rappresenta in maniera considerevole<br />
condottieri a piedi e a cavallo, oratori nel foro e matrone<br />
raggelate da compostezza del sarcofago: all' opposto il teatro<br />
non ha tramandato molte raffigurazioni di attori .<br />
In epoca arcaica le maschere non furono usate: il primo<br />
attore ad adoperarle fu Roscio.<br />
Un illustre testimone, Cicerone , che preferiva attori a viso<br />
scoperto, «grande lode neanche a Roscio quand' era in<br />
maschera» avalla contemporaneamente due teorie: quella per<br />
cui un attore poteva essere così famoso da essere ricordato<br />
per nome, appunto Roscio, e quella per cui gli attori talvolta<br />
portavano la maschera.<br />
Alcune maschere della Magna Grecia 29, presenti nei musei<br />
italiani, risentono grandemente dell'influenza greca; mentre le<br />
raffigurazioni tramandate dagli scavi di Pompei rimandano all'<br />
autoctono spettacolo arcaico delle farse fliaciche e delle<br />
Atellane.<br />
Il teatro latino è distinto nelle varie tipologie<br />
drammaturgiche secondo termini che fanno riferimento<br />
proprio all' abbigliamento dei personaggi: palliata, togata,<br />
cothurnata o praetexta .<br />
Per palliata, infatti, si intende la commedia di abito greco<br />
contrapposta alla togata, commedia in vesti romane; la<br />
cothurnata, tragedia di argomento greco, nella quale gli attori<br />
secondo l'uso ellenistico indossavano calzari, per lo più alti, i<br />
coturni, è distinta da quella di argomento romano chiamata<br />
praetexta dal nome della fascia di porpora che orlava l'abito<br />
dei magistrati romani.<br />
Nella pratica spettacolare la divisione non sarebbe stata<br />
così evidente e facile, essendo le contaminazioni tra un<br />
genere e l'altro poco chiare anche nei testi più antichi, nei<br />
11
quali il termine /abula viene usato come sinonimo sia per la<br />
tragedia sia per la commedia.<br />
Quello che le fonti sembrano certificare è una maggiore<br />
identificazione tra costume e personaggio rispetto al teatro<br />
greco, attraverso codici visivi che comprendevano forme e<br />
colori.<br />
Nella vita civile romana il Candidatus indossava una toga<br />
bianca candida, il magistrato portava una toga con un orlo<br />
purpureo, il senatore il laticlavio; il nero si addiceva al lutto.<br />
È prevedibile che il teatro non potesse prescindere da<br />
questo codice, e che tutto quel corpo di regole dovesse essere<br />
ben noto agli spettatori antichi. Per noi quel codice si<br />
presenta in gran parte indecifrabile; ne siamo estromessi<br />
dalla mancanza di un'area esperienziale di "ben noto e<br />
condiviso».<br />
Ci aiuta in parte Elio Donato a fare un confronto tra il<br />
codice dei colori nel mondo greco e i significati nel mondo<br />
latino: il giallo che in Aristofane è il colore della seduzione, in<br />
Terenzio è il colore della cupidigia, in quanto la mezzana è<br />
avida di denaro.<br />
Nel teatro latino peraltro le fanciulle, per esempio in<br />
Casina, ma non solo, sono oggetto del desiderio, motore delle<br />
trame, ma spesso non appaiono in scena e quando vi entrano<br />
sono abbigliate da straniere.<br />
Si dice più volte che sono abbigliate all' orientale o sono<br />
lacere nelle vesti, vale a dire prive del decoro che si addiceva<br />
alle donne romane .<br />
I testi alludono a ovvie differenze, tra una virgo e una<br />
citarista: noi non sappiamo quale fosse l' ornatus dell'una né<br />
quello dell' altra, oltre alla presenza di uno strumento<br />
musicale. Altre convenzioni immediatamente percepibili<br />
emergono: quella che un parassita portasse sempre il mantello,<br />
o che Ulisse indossasse un berretto a forma conica, il<br />
pilleus.<br />
Anche in area latina è ricorrente il topos del travestimento<br />
attuato con l'aiuto di un tecnico: «Quando uno dei personaggi<br />
12
decide di mettere in atto un travestimento trova un<br />
personaggio dal choragus, attività che di solito si esercita<br />
dietro le quinte, ma che in Plauto esce allo scoperto, tanto da<br />
divenire personaggio, al quale addirittura nel Curculio tocca<br />
recitare un lungo monologo» .<br />
Non è raro che un elementodel vestiario possa diventare<br />
congegno drammaturgico, motore di tutto l'intreccio comico.<br />
Nei Menaechmi34 di Plauto (C. 259h51-C. 184 a.c.), il<br />
protagonista, non sa di<br />
avere un gemello Menecmo II, fisicamente somigliante.<br />
Di qui una serie di inganni e malintesi aggravati dal fatto che<br />
un pallium, piccolo mantello in voga per l'abbigliamento<br />
femminile, appartenente alla moglie, venga regalato dal<br />
primo Menecmo all'amante, ma finisca nelle mani del secondo<br />
Menecmo che lo mostra agli amici e, inconsapevolmente, alla<br />
donna tradita: tutti i personaggi attraverso una serie di<br />
equivoci vengono legati tramite questo elemento<br />
costumistico, senza il quale l'intero plot narrativo non<br />
potrebbe srotolarsi di fronte agli occhi degli spettatori.<br />
Accanto alle commedie di Plauto e di Terenzio, alle tragedie<br />
di autori, quali Ennio, Pacuvio e Accio, famosi tra i<br />
contemporanei, ma di cui non è arrivato nulla, oltre ai giochi<br />
circensi, rimanevano ancora vive nel I secolo a.c. forme<br />
popolari come la farsa o il mimo.<br />
La fabula atellana doveva essere assai diffusa se è quella<br />
che ci ha lasciato le immagini più espressive e vivaci.<br />
I suoi personaggi, sorta di caratteristi, avevano aspetti<br />
grevi e caricaturali, fissati nelle goffe maschere: «Pappus,<br />
vecchio stupido avaro e libidinoso, Maccus, lo scemo picchiato<br />
e canzonato, Dossenus, un gobbo furbo ed imbroglione» e<br />
con un enorme naso bitorzoluto (del quale abbiamo anche<br />
una statuetta in pietra di epoca ellenistica) , e Bucco, dalla<br />
bocca enorme, sguaiato e mangione.<br />
È molto probabile che il costume, come la maschera, fosse<br />
codificato e non subisse varianti da uno spettacolo all'altro.<br />
Su mimi o altri personaggi, che provenissero dall'ambiente<br />
13
urale, gli studiosi non hanno trovato indicazioni differenti da<br />
quelle dell' abito quotidiano, tranne l'accenno a un fazzoletto<br />
quadrato, detto ricinium, in testa, la cui funzione poteva<br />
essere anche quella di nascondere l'identità dell' attore.<br />
Al costume teatrale non fu risparmiato, nel II secolo d.C.,<br />
durante le persecuzioni che gli imperatori romani<br />
perpetrarono nei confronti dei cristiani, il ruolo di abito per il<br />
supplizio testimoniato da Marziale con il nome di tunica<br />
molesta.<br />
Ai condannati venivano fatte indossare tuniche sontuose e<br />
mantelli purpurei: tali vesti erano probabilme sostanze<br />
infiammabili, come quella creata da Medea per Giasone.<br />
Una volta iniziate le danze, esse venivano infiammate e gli<br />
spettatori vedevano così mutarsi in drammatiche contorsioni i<br />
movimenti degli sventurati .<br />
Conferma all'intenzione spettacolare dei committenti è la<br />
presenza nei giochi gladiatori di un dettaglio costumistico «un<br />
tocco macabro, reminiscenza delle origini religiose dello<br />
spettacolo, veniva aggiunto dai costumi di quelli preposti a<br />
rimuovere i corpi, abbigliati ad esempio da Mercurio (Hermes<br />
Psicopompos) ».<br />
Gli interpreti, le vittime o come vogliamo chiamare i<br />
protagonisti dei cruenti giochi nel Circo indossavano armature<br />
secondo l'uso dei Paesi d'origine, i Sanniti avevano armi<br />
pesanti e, alta cresta a pennacchio colorato, scudo oblungo,<br />
mentre i Traci indossavano uno scudo piccolo tondo o<br />
quadrato, i Retiarii avevano una rete come arma di cattura<br />
delle fiere e tridente, i Galli un pesce sull' elmo, particolari<br />
che li rendevano meno anonimi e quindi "personaggi" per il<br />
pubblico.<br />
Tutte queste forme di intrattenimento cruento decretarono<br />
la condanna morale emessa dalla Chiesa, che disapprovando<br />
in modo generalizzato lo spettacolo (il De Spectaculis di<br />
Tertulliano, pubblicato intorno al 195 d.C., ne è il trattato<br />
cardine), ci ha privato nella sua damnatio memoriae anche di<br />
maggiori informazioni sul teatro romano e di conseguenza sui<br />
costumi.<br />
14
Così è difficile aggiungere un commento all' abbigliamento<br />
delle danzatrici nei mosaici della Villa del Casale, una ricca<br />
casa romana del IV secolo d.C. 4°, presso Piazza Armerina:<br />
un costume a due pezzi che ai nostri occhi sembra un bikini,<br />
capo di vestiario balneare che è stato inventato in Europa nel<br />
1950.<br />
Lo spettacolo romano-latino, nell'immaginario comune dei<br />
posteri, si è appiattito alla fine su ciò che lo assimilava al<br />
teatro greco, apparentemente più rispettabile.<br />
Il dramma antico nel Novecento<br />
Il recupero del teatro classico è avvenuto, potremmo dire,<br />
secondo ondate successive nei secoli, ed è stato interpretato,<br />
adattato e piegato a proclamare utopie eterogenee.<br />
Il concetto medesimo di teatro classico, con il quale si<br />
accomunavano testi greci (la tragedia, essenzialmente) e<br />
latini, ha coinvolto il modo di ricostruire l'apparato visivo dell'<br />
antico e, con esso, il costume.<br />
Proprio dai Menaechmi rappresentati a Ferrara il 25<br />
gennaio 1486 e l'anno successivo dall'Amphitruo (Anfitrione)<br />
inizia la riscoperta di testi antichi 41; qui si affronterà solo il<br />
rapporto tra i contemporanei - intesi come uomini del<br />
Novecento e degli anni dopo il 2000 - e l'antico teatro grecoromano.<br />
Ricordiamo, soprattutto, quelle manifestazioni che<br />
nell'Europa e in Italia in particolare si prefissero, agli inizi del<br />
secolo xx, di resuscitare la cultura classica in forma di<br />
spettacolo, usando i teatri archeologici come nuovi spazi<br />
scenici : prima di tutte Fiesole.<br />
Nel 19II, nell'area di un teatro romano restaurato, risalente<br />
al I secolo a.c. (i resti mostrano un edificio a cavea, oggi<br />
completato da elementi di verzura), viene allestito da Gustavo<br />
Salvini, attore di grande tradizione familiare, un Edipo Re di<br />
Sofoc1e.<br />
Qualche anno più tardi, nel 1914, a Siracusa si rappresenta<br />
l'Agamennone di Eschilo .<br />
15
Bisognerà attendere il 1928 per una rappresentazione del<br />
teatro latino in area archeologica, quella di Ostia Antica, con<br />
un testo emblematico per gli studiosi come per i teatranti: i<br />
Menecmi di Plauto.<br />
Come appaiono i costumi di queste rappresentazioni ai<br />
nostri occhi?<br />
Le immagini fotografiche sono necessariamente in bianco<br />
e nero: bianchi pepli ispirati alla statuaria museale che allude<br />
più a un elegante stile neoc1assico che a un mondo arcaico.<br />
I movimenti d'avanguardia prenderanno le distanze da<br />
questo tipo di teatro; il movimento futurista di Marinetti<br />
contestò duramente, nell' aprile 1921 lo stile enfatico e<br />
retorico di quegli spettacoli nonché la modalità di utilizzo degli<br />
spazi archeologici, rec1amandoli inutilmente per i giovani<br />
autori siciliani.<br />
Sostegno all'organizzazione (che equivaleva in pratica al<br />
tandem Ettore Romagnoli, traduttore e direttore artistico, e<br />
Duilio Cambellotti, scenografo e costumista, quest'ultimo<br />
ininterrottamente responsabile di tutto l'apparato visivo dal<br />
1914 al 1948) offrì il governo fascista, che vide nella<br />
riscoperta di un'iconografia greco/romana la possibilità di<br />
presentare l'Italia come la diretta erede del fasto imperiale.<br />
La cultura (e la scuola riformata dal filosofo Giovanni<br />
Gentile) riconosceva al mondo greco e latino una supremazia<br />
incondizionata.<br />
In modo più becero, il ministero della Cultura e la<br />
Corporazione dello Spettacolo fascisti incoraggiarono<br />
rappresentazioni nelle quali tutta la simbologia più lampante<br />
(dai fasci littori alle aquile, dalle bighe ai pepli) invadeva i<br />
palcoscenici come le architetture delle nostre città.<br />
Di conseguenza, la messa in scena di testi tradotti in<br />
italiano, dal latino e dal greco, ricevette apprezzamenti e<br />
sostegni economici.<br />
Basta scorrere l'archivio fotografico dell'INDA , per<br />
verificare la realizzazione di una costumistica il più possibile<br />
aderente all'iconografia delle parti maschili in chiton (o esomide<br />
se una spalla è libera) con bordo decorato in stile<br />
16
miceneo, delle corifee e maghe in pepli più o meno plissettati<br />
(forse il più maestoso è il costume con mantello, a più strati<br />
pieghettati, indossato da Maria Melato per interpretare<br />
Ifigenia in Tauride, nel 1933) chiari per i cori, monocromi per<br />
le protagoniste, ma senza troppe varianti da una stagione all'<br />
altra 46.<br />
il legame con il ventennio fascista diventa così stretto che<br />
nel secondo dopoguerra gli uomini di teatro vedranno con<br />
diffidenza e con distacco il teatro antico; il quale affascinerà,<br />
senza incertezze e pudori, i produttori cinematografici<br />
statunitensi che scoprendo un genere - oggi detto peplum -<br />
intrecciano disinvoltamente miti greci e latini, eroi di<br />
fantascienza e personaggi di epoche diverse.<br />
È il periodo della Hollywood sul Tevere, che movimenta<br />
Cinecittà.<br />
Come sono abbigliati, truccati e acconciati gli attori di<br />
questi film degli anni cinquanta e sessanta?<br />
La scelta - a volte felice, altre volte impudente - spetta a<br />
truccatori e costumisti californiani.<br />
Chiome bionde , riccioli e code di cavallo, pepli con fasce in<br />
vita dorate per attrici giunoniche; imperatori ed eroi, sempre<br />
con corazza, elmo e schinieri, in atteggiamento guerriero<br />
anche nelle scene più intime e appassionate.<br />
Questi romani assomigliavano ai giovani militari sbarcati<br />
sulle coste europee a liberarle dal nazismo: alti, biondi,<br />
robusti e "palestrati" .<br />
Dopo alcuni casi isolati benché significativi (ricordiamo un<br />
famoso spettacolo di Squarzina, 1968, con le scene di Gianni<br />
Polidori, le Baccanti, per il quale lo scenografo meritò il<br />
premio nazionale S. Genesio; la scena era ispirata alle<br />
sculture plastiche e materiche di Burri, i costumi erano ispirati<br />
alla moda hippy abbracciata dai giovani in quegli anni di<br />
contestazione), la svolta di tipo antropologico che investirà i<br />
costumi, svincolandoli da vieti stereotipi è opera di due registi<br />
di valore eccelso nei reciproci campi: Luca Ronconi in teatro e<br />
Pier Paolo Pasolini nel cinema.<br />
17
Entrambi (ciascuno secondo una poetica personalissima e<br />
non confondibile con nessun altro regista) re/inventano<br />
l'aspetto dei greci: li restituiscono totalmente impregnati di<br />
cultura extraeuropea, li rappresentano più simili ai loro nemici<br />
barbari, più orientali, più nordafricani che europei.<br />
Le forme degli abiti non sembrano più appartenere alle<br />
icone dei musei capitolini o vaticani.<br />
Infatti, compaiono costumi pesanti e colorati, in tessuto di<br />
lino o di canapa, e anche negli accessori, si trattano rafie per<br />
cappelli e corone, oltre che per le ceste; tutto è impregnato di<br />
tinte: dall' ocra al nero per l'Orestea di Ronconi al festival di<br />
Venezia del 1972.<br />
Ronconi, con l'aiuto dello scenografo costumista Enrico<br />
Job, veste il coro greco di una tuta color sabbia, aderente al<br />
corpo e che sale fino al capo.<br />
Sul volto compare una specie di maschera da schermidore<br />
che ne cela completamente il volto e rende ogni corifeo<br />
uguale al suo metafisico compagno; alcune tute sono appese<br />
in scena, vuote.<br />
Nell'Agamennone, le protagoniste, Clitemnestra e<br />
Cassandra, indossano costumi pesanti, risultanti di bende<br />
intrecciate, su più strati. I costumi femminili sono completati<br />
da pesanti monili in pietra non levigata. I<br />
colori vanno dal blu all' azzurro, dall' ocra al sabbia.<br />
Nelle Coe/ore ambientate in un tempo vagamente sette!<br />
ottocentesco - Oreste e i comprimari indossano neri cappotti<br />
dal largo collo: gli attori del teatro di ricerca ne indosseranno<br />
di simili, in molti spettacoli degli anni dal 197° al 199°.<br />
In teatro Pier Paolo Pasolini aveva già messo in scena<br />
opere considerevoli tratte dalla cultura classica - un'Orestiade<br />
nel 1960 con Vittorio Gassman, un Miles Gloriosus di Plauto,<br />
in romanesco col titolo di Il Vantone - quando affronta al<br />
cinema due tragedie di grande spessore: Edipo Re (1967) e<br />
una strabiliante Medea (1969), interpretata dalla celebre<br />
cantante lirica di origine greca Maria Callas.<br />
18
Con questo film di Pasolini appaiono per la prima volta<br />
sullo schermo materiali inusitati, come paglia, iuta, trame non<br />
lavorate, pelli non conciate, rame, ferro per i gioielli, cuoio e<br />
legno per gli elmi, corna ed ossa di animali, cencio grezzo.<br />
I colori comprendono gamme dal verde al viola al blu<br />
intenso, per indumenti imponenti dall' aspetto barbarico, tinti<br />
con terre naturali.<br />
TI costume di Medea (1969, FIG. 2), ora in mostra presso<br />
la Galleria del Costume di Palazzo Pitti a Firenze, è (come<br />
tutti gli altri del film) opera del costumista Piero Tosi, che<br />
all'epoca aveva come assistente una giovane promettente<br />
Gabriella Pescucci .<br />
I testi del teatro greco e romano come tutti i classici<br />
consentono contaminazioni e permettono interpretazioni<br />
polisemiche, dal momento che esprimono valori universali: in<br />
questa chiave Ariane Mnouchkine ha messo in scena dal 199°<br />
al 1992 con il Théatre du Soleil a Parigi il ciclo intitolato Les<br />
Atrides, tratto dall'Orestea, ma anche da altri miti antichi.<br />
Costumi ispirati evidentemente al Kathakali indiano, non<br />
privo di altre influenze orientaleggianti dal No al Kabuki, fino<br />
ai costumi zoomorfi (pelose guaine complete di muso che<br />
trasformano gli attori in orsi o cinghiali) del coro per le Eumenidi.<br />
Un esempio di un'Orestea inconsueta, ma sempre di alto<br />
livello: l'Orestea (una commedia organica?) di Eschilo della<br />
Societas Raffaello Sanzio (1995).<br />
Difficile spiegare, a chi non lo abbia visto personalmente,<br />
uno spettacolo di questa compagnia, soprattutto se si volesse<br />
estrarne elementi, secondo le categorie usuali della tragedia<br />
classica.<br />
Più che costumi, indossati in scena dagli attori, si vedono<br />
corpi, oggetti e materiali che alludono, che provocano<br />
disgusto o terrore, che simulano affetti o violenze.<br />
19
Presenze fondamentali come il coro possono essere<br />
interpretate da oggetti (Agamennone), da bambini (Coe/ore)<br />
o da animali (Eumenidz): «TI corifeo è un coniglio bianco,<br />
parlante e il coro un gruppo di conigli di gesso in assetto di<br />
marcia che scoppiano. - Abiti da bambini bianchi di calce<br />
(coro delle Coefore)>><br />
Raccogliamo in un'unica modalità - non certo perché<br />
vadano sottovalutate, ma per presupposti di pertinenza -<br />
tutte quelle rappresentazioni nelle quali a significare<br />
l'universalità e modernità della tragedia i registi abbiano<br />
scelto di vestire gli attori in abiti contemporanei, anche se si<br />
tratta di messe in scena che hanno, in modo indimenticabile,<br />
segnato la storia dello spettacolo del Novecento.<br />
Poiché è impossibile essere esaustivi, ricordiamo almeno<br />
Antigone del Living (1969), Medea de La Mama Company<br />
(1972), Orestie della Schaubiihne, diretta da Peter Stein<br />
(1980) e l'Orestea della Compagnia Franco Parenti (1986)'.<br />
Altrettanto frequente l'invenzione di costumi extratemporali<br />
o di testi liberamente ispirati alla letteratura classica,<br />
realizzati con abiti che indirizzino gli spettatori verso<br />
episodi politici recenti o verso un' etica globale: per i primi<br />
citiamo Le troiane di Thierry Salmon:<br />
i costumi delle Troiane sono ispirati alla massima semplicità:<br />
nulla si sovrappone alla libera espressione del corpo, anzi gli<br />
abiti evidenziano le linee armoniosamente femminili delle<br />
attrici.<br />
Tutte indossano la gonna (a campana o elasticizzata), tranne<br />
Thua e Criseide, ed un corpetto o canottierina che lascia<br />
scoperti braccia, collo e spesso anche il ventre.<br />
Di tessuto grezzo e di colore spento (variante dal bianco al<br />
beige al grigio al blu stinto), i costumi sono difficilmente<br />
ascrivibili ad un epoca storica determinata, in quanto presentano<br />
da una parte un richiamo stilizzato ad un' età arcaica<br />
e dall' altra elementi di modernità (l'uso della tela jeans, le<br />
gonne con lo spacco, le scarpe con i tacchi alti) .<br />
Per i numerosi casi di spettacoli ispirati a ideali, a<br />
personaggi della cultura greca o latina ricordiamo almeno<br />
Mythos (1998) dell'Odin T eatret nel quale il soldato brasiliano<br />
Guilherimo Barbosa incontra Edipo, Medea, Cassandra: gli<br />
20
attori sono abbigliati secondo un guardaroba nel quale il<br />
melting-pot (crogiuolo) culturale personalizza e al contempo<br />
rende cosmopolita ogni emozione.<br />
Ugualmente, come affermano espressamente i loro ideatori<br />
drammaturgo, regista e costumista -, la straordinaria<br />
Tragedia Endogonidia (2004), realizzata dalla Socìetas<br />
Raffaello Sanzio (sotto la guida di Romeo Castellucci),<br />
prevede che «la sequenza delle immagini non si rifaccia ad<br />
alcun mito riconoscibile» .<br />
A preferenza il riferimento va al concetto di tragedia nella<br />
cultura del terzo millennio o al senso profondo del mito<br />
tragico, rappresentazione mentale volutamente lontana non<br />
solo dai testi della tragedia greca o latina, ma anche<br />
dall'iconografia classica.<br />
Nell'ambito della danza, una messa in scena per tutte,<br />
l'Ifigenia in Tauride di Pina Bausch, ideata nel 1974, e<br />
riproposta fino agli anni novanta, in tuniche senza maniche,<br />
corte, essenziali, senza tempo, così come accade spesso nel<br />
suo teatro danza,<br />
Degno di essere nominato, infine, per il forte impatto<br />
emotivo, il costume di Euristeo negli Eraclidi andati in scena a<br />
Roma nell' autunno 2002, con la regia di Peter Sellars:<br />
«Euristeo viene introdotto sotto scorta al cospetto del<br />
pubblico, che dovrà giudicarlo con indosso la tuta arancione<br />
dei prigionieri di Guantanamo, bendato e con le catene ai<br />
piedi» .<br />
21
L'abbigliamento dello spettacolo<br />
medievale<br />
Il sistema e le sue regole<br />
Prima di affrontare l'abito dello spettacolo in quella temperie<br />
affascinante, e per molti versi oscura, che è il Medioevo<br />
europeo, anche per meglio comprendere 1'aderenza al suo<br />
contemporaneo dell' abito nella rappresentazione (sia essa di<br />
argomento religioso o profano) occorre aver presenti le<br />
norme suntuarie che regolavano 1'abbigliamento cosiddetto<br />
civile.<br />
L'Europa nei secoli della diffusione e affermazione della<br />
religione cristiana (diciamo dal IV d.C. al XIV) non consente ai<br />
suoi abitanti alcuna libertà dottrinale né comportamentale:<br />
infatti, in quanto dottrina ufficiale, quella cristiana si propone<br />
di reimpostare i valori morali e civili della società imperiale<br />
romana e di sostituirli con criteri aderenti al nuovo credo<br />
imponendo con una nuova filosofia di vita anche convenzioni<br />
sociali.<br />
L'abito, manifestazione esteriore di un corpo effimero rispetto<br />
all' anima eterna, non può sfuggire a una continua e<br />
pressante normativa emanata sia dalle autorità religiose che<br />
da quelle civili I (quando non coincidenti, sempre<br />
assenzienti).<br />
Sotto il pretesto di vigilare sulla "moderazione degli usi e<br />
22
dei costumi" delle anime e badando a evitare il fallimento<br />
economico di padri e mariti, per molte categorie (contadini,<br />
lavoratori dipendenti, artigiani), venivano fissati dai legislatori<br />
locali (municipalità, consigli nobiliari), perfino nella licenziosa<br />
Venezia, parametri relativi all'abbigliamento maschile e<br />
soprattutto femminile: le norme suntuarie colpivano sia le<br />
prostitute che le donne "per bene" consentendo alle ragazze"<br />
da marito" ornamenti da indossare a passeggio o alla messa,<br />
vietati alle donne sposate.<br />
Regole ancora più restrittive erano riservate alle vedove.<br />
Norme severe ai nostri occhi, che più concretamente forse<br />
tendevano a tutelare economicamente donne, come le<br />
vedove, che avevano perso un'importante fonte di<br />
sostentamento con la morte del coniuge (non dimentichiamo<br />
che l'eredità passava ai figli o ad altri membri maschili del<br />
clan familiare).<br />
Si arrivava perfino a stabilire un tempo (dai tre ai cinque<br />
anni) durante il quale le giovani spose potessero esibire<br />
gioielli (fissando anche il numero massimo dei fili di perle,<br />
materiale che non era consentito alle nubili), allo scopo<br />
sottinteso che risultassero desiderabili agli occhi dei mariti, in<br />
vista della procreazione.<br />
Le norme potevano occuparsi degli strascichi delle gonne<br />
stabilendo con scrupolosità i centimetri consentiti alle varie<br />
categorie di donne .<br />
Esistevano regole per i colori: il nero vedovile era d'obbligo,<br />
il rosso non era permesso alle nubili, il giallo o le decorazioni<br />
in giallo degli abiti era imposto alle prostitute che non<br />
potevano indossare veli sul capo, riservati alle "donne per<br />
bene". li legislatore arrivava a decretare l'altezza delle<br />
acconciature e l'ampiezza dei copricapo: la periodica uscita di<br />
norme suntuarie con aggiornamenti delle misure e vincoli fa<br />
intuire quanto tali norme venissero disattese e superate dalle<br />
dame delle classi alte e nobili così come dalle meretrici che<br />
inventavano ed aggiravano regole e limiti, venendo in seguito<br />
imitate, per moda, dalle classi intermedie.<br />
In un contesto come quello rapidamente delineato, è<br />
evidente che, da tin lato, l'alto costo degli abiti colorati,<br />
ancora più elevato se decorati e ricamati, e dall'altro, la<br />
funzione di rispettabilità che era loro delegata all'interno di<br />
23
una comunità, rendessero difficile praticare il travestimento<br />
anche se temporaneo come quello che si attua nel tempo<br />
parziale della rappresentazione (posto che si abbia<br />
consapevolezza di partecipare a un evento spettacolare e non<br />
piuttosto a una pratica devozionale ), pena l'esclusione dalla<br />
comunità sociale.<br />
L'abito che fa il "monaco" e quello che fa il "diavolo":<br />
ovvero l'abbigliamento nella Sacra Rappresentazione<br />
In un' epoca, nella quale la cultura dominante si pone<br />
come antitetica al concetto medesimo di teatro , pur essendo<br />
la spettacolarità riconoscibile in molteplici manifestazioni<br />
formali, non è facile stabilire il metodo con cui riconoscere<br />
modelli in un apparato cerimoniale, quello della Sacra<br />
Rappresentazione, che rimane metaforico e metonimico.<br />
Le gerarchie ecclesiastiche ufficialmente e veementemente<br />
condannano spettacoli nei quali vedono «vanità e pazzie<br />
false, nelle quali gli uomini si rammolliscono in donne, quasi<br />
si vergognino di essere uomini, i chierici si mutano in soldati,<br />
gli uomini si mascherano in larve di demoni» , nonostante le<br />
donne, considerate diaboliche tentatrici, siano totalmente<br />
assenti dalla scena.<br />
Nei secoli XI e XIII gli interpreti si limitavano a esibire<br />
metaforici, significanti, sacri panni lasciando<br />
all'immaginazione degli astanti l'interpretazione dei significati;<br />
così i diaconi indossano la dalmatica e l'amitto nei ruoli<br />
femminili e aggiungono ali (piumate?) e fiori di giglio alla<br />
stola bianca per indicare gli angeli: «due chierici di secondo<br />
rango vestiti con tuniche e cappe e portando bastoni e<br />
bisacce come pellegrini» in processione accompagnavano «un<br />
sacerdote, vestito di alba e amitto, a piedi nudi, portando una<br />
croce in mano» oppure «un chierico di grado maggiore e<br />
vestito di dalmatica e amitto, il capo legato al modo delle<br />
donne, risponda: Testimoni angelici, il sudario e le vesti.<br />
Quindi mostri e dispieghi da una parte un lenzuolo come<br />
24
fosse un sudario, e dall'altra parte come fossero vesti» .<br />
Un aiuto alla nostra immaginazione viene dagli alto rilievi<br />
del duomo di Modena, nei quali le pie donne sono ritratte con<br />
la barba.<br />
Col passare del tempo la rappresentazione si arricchisce di<br />
dettagli ornamentali.<br />
Uno mantello da Devozione; doie veste de zendado nero da Agnoglie; una<br />
camicia dal Signore del Venardì Santo; doie paia d'ale de Agnoglie; doie<br />
capelglie roscio da Cardenale; uno mantello bianco da Devozione per<br />
Sancto Giovagne; tre paia de guante dai Masgio; XI capelline da<br />
Apostoglie; una tonacella per Cristo lo sterpiccio e la cacioppa collo velo e<br />
la faccia del Demonio; una veste incarnata de cuoie da Cristo, colle calze<br />
de cuoio incarnate, tre chiuove dai crocefisso; septe veglie nere da le<br />
Marie .<br />
È una parte dell'inventario stralciato da una Lauda<br />
Drammatica, del 1339, forma tra il devozionale e lo<br />
spettacolare, alla quale si fa risalire l'origine del teatro<br />
italiano, che dimostra un interesse, fiorente fin dalle origini,<br />
per i dettagli dell' abbigliamento quasi oggetti di attrezzeria -<br />
guanti, cappelli, veglie nere (veli da veglia funebre) - prima<br />
ancora che per costumi veri e propri, che pure non mancano,<br />
come l'abito color incarnato di Cristo.<br />
Più tardi con il complicarsi della drammaturgia e<br />
l'accresciuto numero dei personaggi, la ricostruzione storica<br />
non disdegna di accostare abiti codificati dall'iconografia<br />
ufficiale ad altri di fattura contemporanea sui quali la libera<br />
interpretazione delle Confraternite poteva sbizzarrirsi.<br />
Il manto della Vergine a coprire il capo, la veste di Cristo,<br />
il panno che copre i fianchi sulla croce, benché codificati, potevano<br />
presentarsi in varianti cromatiche: le madonne<br />
bizantine avevano manti rossi (al posto di quello azzurro più<br />
frequentemente raffi<br />
gurato in Occidente) o color oro, nuances considerate di<br />
maggior pregio; si potevano ricamare scritte devozionali, per<br />
esempio Ave Maria, con filo d'argento e perle di diversa<br />
grandezza, come ancora si vedono nelle feste patronali<br />
tradizionali.<br />
In latino, lingua ufficiale della Chiesa, nella prima metà del<br />
Quattrocento, è compilato un accurato inventario di gioielli e<br />
vestiti colorati necessari alla Passione allestita dall'<br />
Arciconfraternita del Gonfalone e rappresentata periodicamente<br />
nello spazio archeologico del Colosseo romano .<br />
25
Se i repertori tratteggiano utilmente le forme apparenti di una<br />
Sacra Rappresentazione:<br />
Uno manto nero de panno della Nostra Donna. Una vonna de panno nero<br />
per la Nostra Donna<br />
Dai mantelle delle Marie, uno cilestro, l'altro roscio.<br />
Quattro mantelli de panno de cilestro per li mandatari .<br />
Item, dai tele de bochaccino azuro per la Nostra Donna.<br />
Item, uno piezzo de tela verde de canovaccio.<br />
Item, uno cordone de cegnere et uno camisecto dall'angelo stracciato .<br />
Anche i registri per le spese sono efficaci testimoni degli<br />
aspetti materiali e logistici dell' evento, anche se insinuano il<br />
dubbio che per pagare i fornitori dei diavoli si può procedere<br />
con meno sollecitudine di quella usata per "pacare" o placare<br />
le richieste del fornitore di costumi destinati a ruoli venerabili:<br />
E adì 12 [aprile] detto ò pacato a mastro Tornavo calzetaro carlini<br />
quatordici per uno paro de calze per Cristo e per palmi de panno incarnato<br />
per lo vestito de Cristo. E adì 14 de giunio ò pacato a Torneo de Palitto<br />
fiorini dai li quali sono per tanti mascheari de diavoli [...] che à date a la<br />
Resurressione .<br />
Personaggi degni di rispetto sono anche i progenitori del<br />
genere umano e così durante il Jeu d'Adam, che risale alla<br />
metà del XII secolo un testo ritenuto convenzionalmente un<br />
momento alto di spettacolarità - secondo le didascalie,<br />
apprendiamo come di fronte al «Salvatore vestito di una<br />
dalmatica Adamo sia vestito d'una tunica rossa, Eva di una<br />
bianca veste femminile e d'un peplo bianco» .<br />
Consapevoli che anche il personaggio di Eva sarebbe stato<br />
interpretato da un ragazzo, notiamo che «dopo aver mangiato<br />
il pomo Adamo, in modo da non essere mai visto dal popolo si<br />
spoglierà delle sue ricche vesti», cioè l'attore si cambierà in<br />
uno spazio (per noi sconosciuto) che funge evidentemente da<br />
camerino e forse non è del tutto fuori scena (un paravento di<br />
verzura?) per poi uscire nuovamente alla vista del pubblico, in<br />
un aspetto del tutto umano e penitente.<br />
Ci aspetteremmo di vederlo comparire totalmente nudo ;<br />
invece «indosserà poveri abiti fatti di foglie di fico» .<br />
26
La nudità oltre che volgare è indice di basso rango e di<br />
follia, e forse ai nostri progenitori benché colpevoli spettava<br />
un'illustrazione più decorosa, quindi abiti poveri fatti di foglie<br />
di fico, con esplicita allusione alla copertura delle pudende,<br />
con la puntualizzazione di abiti poveri contrapposti alla tunica<br />
rossa e peplo bianco paradisiaci.<br />
I personaggi più lontani dall' ortodossia dogmatica, i diavoli<br />
(non di rado, interpretati da giullari), potevano osare libertà<br />
linguistiche, gestuali e costumistiche: abbigliati con pelli<br />
animali da uomini selvatici, con protesi zoomorfe (zampe e<br />
artigli posticci sulle mani).<br />
La pittura gotica ci ha tramandato «figure a metà strada<br />
fra il buffone di corte ed il maligno i macabri cortei dei Trionfi<br />
della morte: camposanto di Pisa» .<br />
Quando la vena satirica si faceva più aspra, il vestito<br />
diabolico del giullare a colori, giallo e verde, poteva venire<br />
parzialmente mascherato da una tonaca da frate.<br />
Nell' ambito dell' ortodossia, ma ormai svincolati dalla<br />
rigida tutela ecclesiastica, le comunità predispongono<br />
rappresentazioni di drammi liturgici ricchi di apparati visivi,<br />
inventano nuove ambientazioni e sostengono<br />
economicamente l'intera manifestazione tramite le confraternite,<br />
associazioni composte da religiosi degli ordini minori e<br />
laici.<br />
Uno dei testi più affascinanti nella sua ambiguità di<br />
spettacolo altomedievale è la Cena Cypriani (876 d.C.) che<br />
testimonia una ricchezza di oggetti, arredi scenici e costumi,<br />
destinata a sfatare il pregiudizio di un teatro semplificato e<br />
disadorno.<br />
Il testo di derivazione religiosa, con ampie confluenze<br />
profane dal grottesco all' osceno nella forma sfuggente tra il<br />
mimo conviviale e la pantomima - che, secondo Michail<br />
Bachtin ha subito varie stesure e modificazioni , trascritto nel<br />
IX e rimaneggiato fino al XII secolo, prevede diversi cambi<br />
d'abito per gli attori alcuni dei quali, per esempio lo Scurra<br />
Crescentius che l'autore nomina nel prologo , professionisti<br />
(scurra).<br />
La forma della lauda drammatica, non di rado, veniva<br />
27
contaminata dalla festa pagana, come nel caso della Festa dei<br />
Folli. Fin dal 911, l'imperatore Corrado concesse "tre giorni<br />
per divertirsi": carnascialesche o in altri momenti dell' anno si<br />
erano mantenute vive forme espressive, condannate dalla<br />
Chiesa che le considerava scurrili e licenziose, e che<br />
godevano di un alto gradimento popolare.<br />
Di esse abbiamo una descrizione in Rabelais:<br />
i suoi diavoli erano tutti camuffati con pelli di lupo, di vitello e di<br />
montone, e mascherati con teste di pecora, corni di bue e strambi arnesi<br />
da cucina, e cinti da grosse corregge, alle quali pendevano i campanacci<br />
da vacche e sonagliere da muli con spaventoso rumore; e tenevano in<br />
mano, chi bastonacci neri pieni di razzi, e chi lunghi tizzoni accesi sui quali<br />
gettavano ogni tanto manate di pece in polvere, che facevano un fuoco e<br />
un fumo tremendo.<br />
Il documento iconografico, più complesso ed esaustivo, per<br />
lo studio della Sacra Rappresentazione è la miniatura con il<br />
Martirio di Santa Apollonia.<br />
In un libro di preghiere francese della metà del Quattrocento<br />
viene dipinto in forma di rappresentazione il supplizio della<br />
santa: lo spazio circolare che racchiude carnefici, martire e<br />
spettatori, il doppio livello - logisticamente inteso - sul quale<br />
sono distribuiti gli astanti che osservano e non agiscono<br />
direttamente, molto ha fatto meditare gli esperti, ma<br />
parecchio ha rivelato.<br />
La veste candida e lunga della santa (attore? - certamente;<br />
donna? - difficilmente), le giubbe rosse accompagnate da<br />
brache bicolori dei carnefici (attori), il saio azzurro col<br />
cappuccio dei sacerdoti (autentici, probabilmente), le vesti<br />
corte dei musici (professionisti o chierici musicisti), le lunghe<br />
gonne con farsetto delle dame con cappelli a punta completi<br />
di velo (spettatori), i costumi in una certa misura animaleschi<br />
dei diavoli (attori) entro la Bocca dell'inferno, anch'essa<br />
d'aspetto ferino (scenografia), pur possedendo ciascuno una<br />
propria inconfondibile specificità, sono tutti abiti ascrivibili alla<br />
coeva moda corrente nel Nordeuropa.<br />
A Firenze una forma molto evoluta di Sacra<br />
Rappresentazione ricca di macchine sceniche sfrutta lo spazio<br />
della chiesa come una grande sala teatrale e coinvolge nel<br />
ruolo di tecnici ed apparatori nomi pregevoli del Rinascimento<br />
28
figurativo artistico: Leon Battista Alberti, Lorenzo Ghiberti,<br />
Giorgio Vasari, Bernardo Buontalenti .<br />
Rileggendo la precisa cronaca del vescovo Russo Abramo di<br />
Souzdal, che ebbe la fortuna di assistere nel marzo 1439 a<br />
Firenze alla ricchissima Annunciazione nella chiesa della S.S.<br />
Annunziata, si estraggono preziose informazioni sul costume:<br />
Tribuna e scala sono coperte da tende. La tribuna deve raffigurare le sfere<br />
celesti, donde Dio Padre manda l'angelo Gabriele alla santa Vergine: in<br />
essa vi ha un trono dove sta assiso un uomo di aspetto maestoso rivestito<br />
di panni sacerdotali, con diadema in capo e l'evangelo nella mano sinistra<br />
Loo].<br />
Quattro fanciulli incoronati e vestiti da angioli con un cembalo in mano<br />
o una cetra o un tamburino stanno l'uno in faccia all' altro sul cerchio<br />
maggiore, frammezzo ai lumi .<br />
L'aspetto di Dio Padre e degli angeli corrisponde a quanto<br />
possiamo facilmente immaginare, poi osserviamo il<br />
personaggio della Madonna «a sinistra v'è un letto di legno<br />
ornato anch'esso di magnifiche stoffe e a lato al guanciale un<br />
seggio riccamente coperto.<br />
Vi sedeva sopra un bel giovane, vestito di ricchi abiti<br />
femminili, con corona in capo e nelle mani un libro che<br />
leggeva in silenzio, e rassomigliava benissimo alla Vergine<br />
Maria» .<br />
La Madonna, interpretata da un giovane maschio, viene<br />
rappresentata non come l'umile sposa di un falegname ma<br />
come una colta (legge) e ricca (stoffe magnifiche coprono<br />
letto e poltrona) sposa o figlia di mercanti:<br />
sullo stesso palco stavano quattro uomini travestiti, con barbe lunghe e ca<br />
pelli rabbuffati, con piccoli cerchietti d'oro in testa. Erano vestiti semplice<br />
mente con camici lunghi, larghi e bianchi e cintura: una stretta fascia<br />
scarlatta andava loro dalla spalla destra al fianco sinistro: l'aspetto loro e<br />
il panneggiamento era di Profeti. Anche tutto questo, come quello della<br />
tribuna dirimpetto, coperto di panni preziosi italiani e francesi e cortine<br />
rosse .<br />
Anche i profeti sembrano opulenti mercanti, desiderosi di<br />
esibire i loro abiti rosso e oro, più che ascetici saggi; o<br />
almeno sono rappresentati come santi saliti agli onori del<br />
cielo e degli altari.<br />
Altri «fanciulli vestiti di bianco» attorniano l'angelo Gabriele<br />
che «è un bel giovane, vestito di un abito bianco come la<br />
neve, ornato d'oro», che risalirà in cielo tra fuochi d'artificio e<br />
stupore degli spettatori incantati.<br />
29
Approfittando sempre dello stesso testimone, il vescovo<br />
Abramo, ci spostiamo nella chiesa di S. Maria del Carmine per<br />
assistere, il 14 maggio 1439, all'Ascensione di Cristo:<br />
«Quand'è venuto il momento, si alza questo drappo il che<br />
vuol dire che si apriranno le porte del cielo: e dentro si vede<br />
un uomo, con corona in capo, raffigurante il Padre celeste.<br />
Attorno a lui una quantità di fanciulli con flauti, cetre e<br />
campanelli» .<br />
Al nostro testimone pare ormai superfluo descrivere<br />
l'abbigliamento degli angeli, si ferma a descrivere con<br />
maggiore precisione i movimenti di tutti i figuranti e i<br />
meccanismi delle funi che muovono gli attori sopra le teste<br />
della «molta gente», anche perché la drammaturgia della<br />
rappresentazione è divenuta più complessa.<br />
Resta tuttavia da conoscere il protagonista, Gesù,<br />
personaggio comunque impegnativo: «viene innanzi uno in<br />
aspetto di Figliuol di Dio, dopo pochi minuti ritorna fuori<br />
accompagnato da due giovani vestiti da donne, che<br />
raffigurano la santa Vergine e Maria Maddalena» , quasi il<br />
nostro testimone faccia un atto di fede, ma non di<br />
apprezzamento, come in altri punti, sull' abbigliamento delle<br />
due donne.<br />
«Gli apostoli vanno a piè nudi, alcuni barbuti altri no, come<br />
erano realmente», il che significa che gli altri personaggi,<br />
anche se non specificato, indossavano scarpe all'uso<br />
fiorentino e quindi non degne di nota.<br />
Il vestito del giullare<br />
Nei secoli bui del Medioevo accanto al teatro religioso delle<br />
sacre rappresentazioni, era vitale e contiguo uno spettacolo<br />
laico, nel quale l'abito come segno della professione era<br />
volutamente riconoscibile e doverosamente stravagante.<br />
30
Il professionista medievale più caratteristico è il giullare il<br />
quale opera in uno spazio e in un tempo "socialmente<br />
diverso". li tempo dell'uomo medievale appartiene a Dio e la<br />
società deve rispecchiare il suo ordine: da questo equilibrio lo<br />
spettacolo è escluso.<br />
L'istrione, sia esso menestrello, mimo o giocoliere perciò può<br />
essere accolto nella società medievale cristianizzata, in un<br />
tempo "sospeso" (rispetto al divino) quale quello della festa<br />
(matrimonio, nascita, carnevale o festa del raccolto): il<br />
teatrante straniero, spesso, ospite sempre (della comunità o<br />
del signore locale), estraneo alla vita quotidiana esaspera la<br />
sua difformità anche attraverso il costume, così in Francia, si<br />
rade la barba e i capelli, e in genere prende a vestirsi in modo<br />
anomalo, molto vistoso, specie con quell' abito di seta<br />
vergata, di due colori accostati nel senso dell' altezza, che ne<br />
diventa segno caratterizzante.<br />
In questo modo il giullare compie un'operazione analoga a<br />
quella con la quale si sceglie un nome d'arte, rifiutando cioè<br />
quell'identità sociale che l'abito da sempre assegna al proprio<br />
portatore, e che del resto per il suo caso non è prevista.<br />
Così, anche per questa via, si autoconsegna al territorio degli<br />
emarginati, assumendo un'identità vestimentaria fittizia che<br />
lo colloca in un universo spiazzato e spiazzante in cui convive<br />
col classico rappresentante di chi è senza identità, il matto,<br />
col quale tende a confondersi.<br />
L'abito a più colori, spesso a righe, è segno di diversità<br />
malefica nella cultura medievale che vedeva nei tessuti rigati<br />
un segno demoniaco: è l'ipotesi di Michel Pastoureau.<br />
Partendo da tale presupposto e indagando sull'origine e<br />
diffusione di questa superstizione , lo studioso francese ha<br />
seguito nel corso dei secoli il filone negativo e quello trasgressivo<br />
«del tessuto vergato», fino a collegarlo all' abito del<br />
carcerato.<br />
La stoffa del diavolo che fa scandalo in quanto diversa,<br />
appariscente, indiscreta.<br />
Altri studiosi distinguono secondo i secoli e le zone culturali:<br />
nell'area italica non vi era equivalenza fra rigatura ed infamia, una<br />
corrispondenza forse altrove rilevabile. Nei paesi germanici ad esempio<br />
vesti a righe risultavano imposte o riservate ai bastardi, ai servi o ai<br />
31
condannati, mentre in area italica vesti rigate o scaccate erano al<br />
contrario assai gradite, ma non accessibili a tutti .<br />
Inizia in quest'epoca una pratica che si manterrà per secoli,<br />
visto l'alto costo dell' abbigliamento fino all'invenzione dei<br />
telai meccanici, il passaggio di capi di vestiario dal nobile all'<br />
attore, come premio, e soprattutto come segnale di liberalità:<br />
appresentazioni antiche non sono rare: manifestazioni che<br />
tengono vive le tradizioni perduranti o nuovamente<br />
ripristinate, riempiono in ogni mese dell'anno centri piccoli e<br />
grandi dell'Europa intera.<br />
Passioni o esibizioni di fatica sportiva a maggior gloria di<br />
Madonne o santi patroni sono numerose e piacevoli occasioni<br />
per vedere dei moderni in abiti medievali.<br />
Il patrimonio iconografico al quale si fa riferimento è<br />
generalmente ispirato agli affreschi di Piero della Francesca o<br />
alla quadreria raffaellesca; più raramente si guarda ai cicli di<br />
Giotto.<br />
Bruegel resta il maestro ispiratore di una vasta area<br />
nordeuropea .<br />
Il Medioevo spettacolare del "teatro prima del teatro" è<br />
difficile da mettere in scena: chi ha reso vivo lo spirito mistico<br />
(recitando lo Stabat Mater come Franca Rame e Laura Curino<br />
) o propone una religiosità intrisa di carnalità pagana (Dario<br />
Fo, con il suo straordinario Mistero Buffo) tende a<br />
universalizzare il messaggio e veste in abiti assolutamente<br />
neutri, per lo più a noi contemporanei, che leggiamo come<br />
aniconici nel colore e nella forma.<br />
Anche l'attrice Ermanna Montanari cimentandosi nel 1991<br />
in una Rosvita, la monaca drammaturga medievale, la pose in<br />
scena, senza attrezzi né scene, con un' ampia e lunga veste<br />
dorata, senza tempo.<br />
Tra teatro e cinema , è degna di segnalazione<br />
l'autobiografia ideale scritta da Carmelo Bene , poi spettacolo<br />
teatrale nel 1966, prima di essere un film: Nostra Signora dei<br />
Turchi.<br />
Vi si allude a un Medioevo arcaico, culturale e<br />
immaginario, che trae spunto dall'invasione e martirio patito<br />
realmente dai cittadini di Otranto, per mano di invasori turchi.<br />
Non si tratta di una ricostruzione filologica nei costumi, ma<br />
di una rappresentazione nella quale le armature antiche e le<br />
vestaglie vellutate del protagonista si mescolano a drappi<br />
rosso sangue, in mezzo ai quali una sensuale amata dal<br />
33
faustiano nome, Margherita, abbigliata come una Madonna<br />
sugli altari è, tuttavia, oggetto di attenzioni carnali, non «più<br />
in piedi, [è] a letto, tra le lenzuola, coperta fino al collo e<br />
fuma sfogliando una rivista femminile» .<br />
Più aderenti all'iconografia ufficiale tratta da affreschi e<br />
tavole dipinte, i costumisti del cinema italiano ed europeo<br />
tendono a far indossare costumi costruiti in modo<br />
genericamente storico.<br />
Pur andando per scelte soggettive che privilegino gli aspetti<br />
costumistici deve essere ricordato almeno Il Settimo Sigillo<br />
(1957) di Ingmar Bergman e non trascurato il dolente<br />
Magnificat (1992) di Pupi Avati.<br />
Con lo stesso arbitrio segnaliamo per l'originalità e la<br />
ricerca verso aspetti diversmcati dei personaggi e dei loro<br />
abiti in particolare i film di Mario Monicelli L'armata<br />
Brancaleone (1966) che aveva i costumi di Piero Gherardi e il<br />
"sequel" Brancaleone alle crociate (1970) con lo stesso<br />
regista :ma con i costumi di Mario Garbuglia.<br />
A mio parere, i mondi estratti dalla letteratura e ricreati da<br />
Pier Paolo Pasolini: Decameron (1971), I racconti<br />
di'Canterbury (1972), Il fiore delle mille ed una notte (1974),<br />
meritano di essere visti almeno per i costumi di Danilo Donati.<br />
Straordinari oggetti di vestiario, autentiche sculture,<br />
originali nei materiali e nelle forme (cuciture rovesciate e<br />
sfrangiate per dare un carattere arcaico all' abito), questi<br />
capolavori del maestro Donati sono stati accuratamente<br />
conservati dalla sartoria Farani che li aveva prodotti, e ora<br />
sono catalogati a disposizione degli studiosi: è stato possibile,<br />
infatti, ammirarli nella mostra "tralvestimenti" .<br />
34
Gli ornamenti per la tragedia<br />
o per il dramma pastorale fra<br />
Quattrocento e Cinquecento<br />
Il teatro umanistico e la commedia accademica<br />
Accanto a una vasta area di spettacolarità e prima della<br />
rappresentazione di La calandria del 15 13 alla quale si fa<br />
tradizionalmente risalire la nascita del teatro moderno in<br />
Occidente, la messa in scena di testi latini (commedie di<br />
Plauto e di Terenzio) e greci (i tre tragici maggiori) nel secolo<br />
xv, presso alcune corti italiane - Ferrara, Firenze, Roma e<br />
Mantova - preannuncia forme identificabili come teatro.<br />
Si tratta, come è noto, di spettacoli in un ambiente<br />
circoscritto, cortese, colto, nel quale a lungo sopravvive il<br />
pregiudizio di un teatro romano nel quale la lettura del testo<br />
fosse disgiunta dalla mimica e quindi da necessità<br />
iconografiche.<br />
Le diverse stampe di Terenzio uscite dalla fine<br />
Quattrocento fino all' edizione veneziana del 1574 mostrano<br />
«teatrini di carta» dalle cui tende escono personaggi<br />
abbigliati alla moda, precisi nella definizione dei caratteri, ma<br />
alieni da un qualsiasi interesse archeologico per il mondo<br />
latino.<br />
L'umanista Tommaso Inghirami, che assunse il<br />
soprannome di «Fedra» per averla interpretata nell'Ippolito di<br />
Seneca nel 1486 a Roma, celebre anche per il ritratto che gli<br />
fece Raffaello (FIG. 3), è l'apprezzato inventore dei costumi<br />
per la rappresentazione, tra le altre, del Poenulus a Roma nel<br />
1513.<br />
Nulla più di una "sensazione di classicità" che trapela dai<br />
dettagli, le calze color carne a fingere le gambe nude «ad<br />
imitazione delli antiqui» ma sui quali prevale il senso del<br />
decoro lussuoso, quando ai toni dell'oro e dell'argento con<br />
pietre si mescolavano gli azzurri degli stivaletti di cuoio:
strataite et tutti i ditti abiti eranno strataiati» .<br />
Insomma di seta cangiante e come conferma un altro<br />
cronista «elegantissimi e ricchissimi tanto che» i personaggi<br />
femminili Adelphasio e Anterastile compaiono «non in habito<br />
di meretricule, ma con tanta pompa et gravitate che con la<br />
loro apparentia due gran reine rappresentavano» .<br />
Questo deve far presumere che si trattasse di abiti alla<br />
moda del tempo se perfino i cronisti osservano che ci si era<br />
«al tutto partiti dalla verisimilitudine, dato che vecchi e<br />
poveri e ladroni hanno abiti da gran signori e sono giovinetti<br />
mansuetissimi et gratiosi».<br />
Livree d'oro per sfilate, tornei, carri allegorici.<br />
Leonardo da Vinci<br />
Analogo clima si avverte nell' ampia serie di manifestazioni<br />
parateatrali o preteatrali che dir si voglia, come sfilate,<br />
cerimonie di possesso, ingressi solenni, matrimoni e<br />
incoronazioni: segnale forte e vistoso dell'autorità al<br />
contempo, festa nobile esibita come atto pubblico accondisceso<br />
a svago popolare.<br />
Entro un'effimera scenografia, dall'arco trionfale di verzura<br />
all' arco tridimensionale" all' antica", costruito in legno e<br />
stucco, appariscente sfila l'abito del potente.<br />
Nel 1469 i figli di Piero di Cosimo de' Medici partecipano a una<br />
giostra indossando: Lorenzo «una mezza giornea di velluto<br />
alessandrino, ricamata di tre gigli a uso dell'arme del re di<br />
Francia, frangiata di frange d'oro e di seta alessandrina»;<br />
Giuliano «un giubellino di damaschino broccato d'ariento, con<br />
stringhe alla divisa alle braccia, suvi un gonnellino sanza<br />
maniche di raso alessandrino, ricamato di perle e argenterie»,<br />
con un berretto nero sul capo anch'esso ricco di perle alle<br />
quali si aggiungevano delle penne; evidentemente vesti da<br />
parata non abiti adatti a un esercizio bellico e semplicemente<br />
ginnico.<br />
Abiti e insegne (il palio è un drappo disegnato da un artista<br />
che va in premio al vincitore di una gara o torneo) vengono<br />
disegnati da artisti come Verrocchio, Vasari o Leonardo.<br />
36
Quest'ultimo, infatti, progettò e si impegnò nella<br />
realizzazione della Festa del paradiso, per Ludovico il Moro<br />
signore di Milano, nel 1489.<br />
I codici leonardeschi rimandano a prove di costume che è<br />
difficile attribuire a una festa piuttosto che all'altra, «fanciulle<br />
danzanti» con fluttuanti «abiti all'antica», accanto a<br />
dettagliati corpetti per fanciulla, efebo o cavaliere.<br />
Negli schizzi leonardeschi si leggono tuttavia insieme alla<br />
forma il ricamo per il personaggio femminile o nel busto per<br />
ragazzo l'intreccio delle trame e dei nastri a creare un motivo<br />
spighettato, e nell'uomo a cavallo gli strati degli abiti:<br />
intuiamo una giacchetta a maniche corte sotto la quale si<br />
vede un corpetto decorato, le maniche con tessuto a rete<br />
larga arrivano al polso, pantaloni aderenti lunghi al ginocchio,<br />
cappello a punta, con penne.<br />
In omaggio a Isabella d'Aragona, moglie del duca Gian<br />
Galeazzo Sforza, otto ballerini furono vestiti alla spagnola:<br />
«con cappette factte a quarti, mezo brocato d'oro et mezo<br />
veluto pian verde; et le donne spagnole erano tute vestite di<br />
seta, con li suoi mantelli de varii coluri, con molte zoglie»,<br />
seguono poi altri balletti «quattro maschare vestite a la<br />
polacha, con caviare in testa lunghete arizate, con una<br />
ghirlandeta d'erba verde in testa, con le penne de scargeto<br />
dentro, con manteliti de raxo negro curti, con calce murele<br />
scure» .<br />
I quadri coreografici prevedono elementi esotici di un<br />
Oriente non troppo distante «a la ungarescha molto<br />
honorevolmente, con turche de brochato d'oro rizo et de<br />
seta».<br />
A identificare la nazione che rappresentano bastano a<br />
volte particolari degli stivaletti, «così le calze, con certi<br />
mongini facti a la todesca fino a la polpa de la gamba» .<br />
37
Ancora Leonardo da Vinci sarà chiamato a disegnare costumi<br />
«esendo io in chasa di messer galeazo da sanseverino a<br />
ordinare la festa della sua giostra», se è corretta<br />
l'interpretazione di queste sue note, davvero curiosi, perché<br />
altre cronache raccontano che Galeazzo Sanseverino su un<br />
cavallo trasformato in belva esotica, con un elmo in testa<br />
sormontato da corna e serpenti, precedeva il gruppo dei suoi<br />
dieci staffieri in abiti da «omini salvatichi» .<br />
Per un cavaliere veneziano, Antonio Grimaldi, nel 1591,<br />
secondo il famoso codice Arundel ", Leonardo schizza un<br />
costume da torneo al quale aggiunge note (quasi) sartoriali<br />
per dimensioni, colori e accessori:<br />
La sopravesta del chavallo fia di semplice oro tessuto, seminata di spessi<br />
occhi di pagane, e questo s'intende per tutta la sopravesta del cavallo e<br />
dell'orno. TI cimiero dell' orno e 'l suo torchione di penne di paon in<br />
campo d'oro. Sopra dell' elmo fia una meza palla la quale ha signmcazione<br />
dello nostro emisperio in forma di mondo, sopra il quale fia uno paone<br />
cholla choda distesa che passi la groppa.<br />
La genialità di un Leonardo costumista, che vediamo intento<br />
quasi a realizzare in carta pesta e tela una
Nella festa cortese, che può assumere anche aspetti<br />
proteiformi e compositi con intrecci di sacro e profano,<br />
medievale e rinascimentale - si veda il tema della Danae o del<br />
presepio meccanico leonardeschi - per quanto riguarda i<br />
costumi, si possono trovare diverse costanti: poiché il<br />
bersaglio degli sguardi del pubblico sono i principi, i papi, i<br />
nobili, e i veri protagonisti della festa (nuziale, di possesso o<br />
di accoglienza), il loro abito ma anche quello dello spettatore<br />
ammesso deve essere considerato come costume<br />
appositamente progettato per l'evento.<br />
Tale costume indossato con il fine della partecipazione alla<br />
festa deve rispettare il canone del decoro.<br />
I gradi della convenienza decorosa possono arrivare a una<br />
sontuosità strabiliante, proporzionale tuttavia al valore che si<br />
ritiene di dover tributare all'intera occasione festiva.<br />
La commedia, il balletto, il dramma satiresco sono un<br />
momento (e neppure il più rilevante) di un tempo eccellente<br />
per committenti e/o destinatari politicamente e socialmente<br />
autorevoli: l'abito si adegua a questa necessità.<br />
Si veda quali aspetti il costume assumeva in un carnevale di<br />
metà Cinquecento, a Roma:<br />
in la piazza di San Pietro fu fatto un giuoco di canne da trentadue<br />
spagnoli, li cui capirono il conte d'Altamira e don Gabriella, il qual<br />
reverendissima ha vestiti alcuni dei suoi, et donatogli parte delli dinari da<br />
poterse mettere in ordine. Erano tutti vestiti ad un modo, con certe veste<br />
lunghe alla moresca, di raso incarnato e bianco, di sopra havevono come<br />
un albernuzzo, cuscito davanti, di damasco turchino et da piedi una<br />
francia larga quattro dita di fil d'argento et in testa una berretta lunga pur<br />
di domasco turchino con certi legami di tela d'argento, et ornamenti di<br />
velo, le maniche erano di varii colori, secondo che ogn'uno l'haveva volute<br />
fare , havevono vestiti del medesimo colore dui che sopra mule sonavano<br />
timpani grandi, et dui buffoni e trombetti .<br />
Il cronista, dopo aver raccontato le fasi del gioco, per la verità<br />
non troppo raffinato - una specie di corrida, poi una battaglia<br />
con le canne, a cavallo in mezzo ad acqua e fango -, descrive<br />
la sfilata dei nobili
Di seguito alla cena vera e propria:<br />
comparsero XlIII maschere, vestite dal cardinale di San Giacomo, le quali<br />
io non ho vedute, ma ho inteso ch' erono XII pellegrini con un giubbone et<br />
corsalli di velluto pavonazzo et giallo, fatti a liste larghe quattro dita, et<br />
nel fine di ciascheduna lista v' era un rivellone largo un dito di tela<br />
d'argento con fodera di brocca d'oro bianca, di bianco erono le calze et<br />
scarpe, di sopra uno mantelletto di pellegrino di velluto giallo fodrato di<br />
taffetà pavonazzo, con un cappello delli medesimi colori, nel mantelletto<br />
havevono una cocchiglia racamata di tela d'argento; v' era una donna con<br />
sottana di raso bianco e pavonazzo, et di sopra un mantelletto di velluto<br />
et al cappello, alla livrea di pellegrini; di più v'era un hometo tutto vestito<br />
di raso giallo. Quelli del fondaco che hanno data la robba mi hanno detto<br />
che San Jacomo ha speso in la livrea del dì e de la sera più di 1300 ducati,<br />
ma non si crede che siano stati tanti .<br />
il testimone, fortunatamente per noi, è più attento ai dati<br />
formali, alla ricchezza al costo dei vestiti - tanto da andare a<br />
intervistare il mercante fornitore delle stoffe - che al<br />
significato allegorico dei figuranti e ballerini che poi<br />
inviteranno le dame a danzare.<br />
Presente a Palazzo Farnese lo stesso osservatore descrive la<br />
festa con la commedia: festa frequentatissima da dame, la<br />
visione della commedia Clizia di Machiavelli è preceduta da<br />
«la caccia de' tori»: la commedia oltre a un «Gli histrioni<br />
recitarono convenientemente» non merita agli occhi del<br />
Sernini - segno che gli abiti non sono rilevanti, o differenti da<br />
quelli consueti per dei nobili partecipanti a una festa - mentre<br />
al dopo cena il cronista pone attenzione minuziosa:<br />
erano giovani romani e camerieri di nostro signore: havevono in testa una<br />
berretta lunga di velluto cremisi con certa tela d'oro in campo verde [...]<br />
un giubbone di tela d'oro in campo rosso et calze del medesimo colore,<br />
senza scarpe, con telette d'oro verde, in più luoghi fatt' a fogliame, che in<br />
genere suo stettono assai bene. Comparse poi un'altra livrea di tre .<br />
Questi non sono servitori, ma nobili anch'essi vestiti di velluto<br />
azzurro ricamato d'oro; senza scarpe ma con calze o stivaletti<br />
di stoffa, coperti di foglie finte.<br />
In un ultimo colpo di scena arrivano sei giovani nobili, la cui<br />
comparsa merita l'esclamazione «L'abito di costoro è<br />
impossibile descriverlo: bisognerebbe mandarlo dipinto» .<br />
40
Al contrario, ne dà una lunga descrizione nella quale<br />
segnaliamo «un cappello di velluto cremesi, a guisa di celata<br />
antica» da cui si evidenzia il gioco allusivo alle armature<br />
antiche, ma non certo la volontà di ricostruirle, e l'uso, già<br />
visto, di donare agli attori capi di vestiario: «a tutti quelli che<br />
recitorno ha donato un giubbone di raso cremesi, un par di<br />
calze di scarlatto, una cappa».<br />
Le teorie sul costume teatrale<br />
La commedia nata nelle corti, le sfilate che mescolano<br />
elementi colti con istanze politiche e svaghi popolari e le altre<br />
di manifestazioni spettacolari suscitano, nei letterati coinvolti<br />
nelle cerimonie, una mole di quesiti ai quali si cercano<br />
soluzioni attraverso manuali composti sotto forma di<br />
esortazioni, discorsi, dialoghi, dedicati ufficialmente ai principi<br />
mecenati ma diretti agli organizzatori.<br />
A coloro che si occupano della materialità del teatro e<br />
quindi anche dei costumi, si pongono grosso modo due grandi<br />
questioni: la prima è come mantenere alta l'attenzione degli<br />
spettatori in manifestazioni spettacolari che ormai non sono<br />
più eventi eccezionali, ma ricorrenti.<br />
La seconda è come si potesse rimanere fedeli al concetto<br />
cardine di "decoro della festa" introducendo costumi esotici<br />
(espediente che so stenta la curiosità dell'uditorio, insieme ad<br />
altri fattori come la presenza corposa della musica e<br />
l'ostentazione di un macchinismo teatrale sempre più<br />
complesso): abiti di paesi e popoli lontani conosciuti tramite<br />
disegni e reportages compilati da esploratori, missionari e<br />
mercanti parevano inadeguati agli usi europei.<br />
Infatti la nudità di alcuni popoli lontani, gli indiani<br />
d'America o di tribù africane, veniva mascherata in scena<br />
sempre da tute aderenti (antenate della calzamaglie) "color<br />
carnicino" o bruno, per i neri.<br />
il drammaturgo ferrarese Giovan Battista Giraldi Cinthio nel<br />
Discorso sulle tragedie del 1545 raccomanda che si ponga<br />
attenzione particolare ai costumi degli attori :<br />
41
né si dee porre molto studio nella scena, ma intorno agli istrioni, perché<br />
debbono anch' essi aver movimenti, parole e vesti convenevoli alla azione<br />
che si rappresenta. E quantunque i grammatici latini diano l'ordine del<br />
vestir della commedia ma che più tosto vi acconciate all'uso dei nostri<br />
tempi, qualunque volta sia da voi messa commedia in scena .<br />
Giraldi Cinthio da uomo colto qual è sa che gli antichi parlano<br />
di palliata, praetexta o toga, ma ben conoscendo anche gli usi<br />
del suo tempo consiglia costumi moderni purché non più<br />
sontuosi di quelli degli spettatori: «fussero vestiti gli istrioni<br />
comici d'abiti grandi e magnifici non sarebbe stato confacente<br />
Le sue preferenze vanno agli abiti originali esotici, «siano gli<br />
abiti degli istrioni di lontano paese.<br />
Perché la novità degli abiti genera admirazione, e fa lo<br />
spettatore più intento allo spettacolo che non sarebbe se<br />
vedesse gli istrioni vestiti degli abiti ch' egli ha continuamente<br />
negli occhi» .<br />
Dopo i medievali secoli di paura verso gli stranieri, soprattutto<br />
gli arabi del Mediterraneo o i turchi assalitori delle coste,<br />
come delle navi mercantili, ormai, «il costume turco e<br />
moresco non risulta più un travestimento del tutto estraneo e<br />
diviene anzi un elemento fisso dei trionfi, delle giostre, delle<br />
feste e delle danze di corte di tutto il Rinascimento», osserva<br />
Nicola Savarese raccontando il nuovo clima avviatosi tra<br />
l'Europa e il Medio Oriente, «così i costumi turchi dei trionfi e<br />
dei cortei non costituiscono più l'evocazione del nemico ma<br />
soltanto una serie di figure esotiche, preziose, inoffensive» .<br />
Leone de' Sommi (1525-1592), cortigiano presso la<br />
famiglia Gonzaga di Mantova, scrive alla metà secolo XVI i<br />
Dialoghi in materia di rappresentazioni sceniche , nei quali tre<br />
personaggi espongono dettagliatamente le modalità di una<br />
messa in scena ideale: dai testi alla recitazione, ai «modi del<br />
vestire».<br />
Veridico dichiara «in caso alcun mi servirei di mascare, né<br />
di barbe posticcie, perché impediscono troppo il recitare», e<br />
nel caso che un giovane imberbe dovesse interpretare il ruolo<br />
di un vecchio
Anche de' Sommi dimostra di conoscere gli antichi, ma<br />
raccomanda di scostarsene subito e di preferire la sontuosità:<br />
ch'io mi sforzo di vestir sempre gl'istrioni piu nobilmente che mi sia<br />
possibile, ma che siano però proporzionati fra loro, atteso che l'abito<br />
sontuoso (et massimamente a questi tempi che sono le pompe nel lor<br />
sommo grado, e sopra tutte le cose, i tempi e i lochi osservar ci bisogna)<br />
mi par, dico, che l'abito sontuoso accresca molto di riputazione et di<br />
vaghezza alle comedie, et molto piu poi alle tragedie .<br />
E, pur rispettando verosimili rapporti di scala sociale,<br />
Né mi restarei di vestir un servo di veluto o di raso colorato, purché l'abito<br />
del suo patrone fosse con ricami, o con ori, cotanto sontuoso, che<br />
avessero fra loro la debita proporzione; né mi condurci a vestire una<br />
fantesca d'una gonnellaccia sdruscita, né un famiglio d'un farsetto<br />
stracciato, ma anzi porrei a dosso a quella una bona gamurra et a questo<br />
uno apariscente giacchetto, accrescendo poi tanto di nobile al vestire de i<br />
lor patroni, che comportasse la leggiadria de gl' abiti ne i servi .<br />
li problema della cattura dell'interesse del pubblico è ben<br />
presente a Leone de' Sommi, tramite la varietà dei costumi<br />
che a suo parere aiutano anche a distinguere i personaggi tra<br />
di loro:<br />
lo mi ingegno poi quanto piu posso di vestire i recitanti fra loro<br />
differentissimi; et questo aiuta assai, si allo accrescere vaghezza con la<br />
varietà loro, et si anco a facilitare l'inteligenza della favola. £t per questo,<br />
piu che per altro, cred'io che gl'antichi avevano gl'abiti appropriati et i<br />
colori assegnati a tutte le qualità de i recitanti. Or, se io avrò (per grazia<br />
di essempio) da vestir tre o quattro servi, uno ne vestirò di bianco con un<br />
capello, uno di rosso con un berettino in capo, l'altro a livrea di diversi<br />
colori, et l'altro adomarò, per aventura, con una beretta di veluto, et un<br />
paio di maniche di maglia, se lo stato di lui può tollerarlo (parlando però di<br />
comedia che l'abito italiano ricerca); et cosi, avendo da vestir don amanti,<br />
mi sforzo, si ne i colori, come nelle foggie de gl'abiti, farli tra lor<br />
differentissimi, uno con la cappa, l'altro co 'l ruboncello, 'uno co'<br />
pennacchi alla berretta, et l'altro con oro senza penne.<br />
Per i colori, l'autore nutre poi preferenze decise: il nero il<br />
meno possibile, e come s'è visto l'inclinazione verso le tinte<br />
chiare; quasi di conseguenza i preferiti sono i costumi di paesi<br />
lontani, che permettono, a suo dire, intrecci e avventure<br />
esotiche, ché non potrebbero accadere né interessare storie<br />
di cui si ha consuetudine.<br />
43
Ma perché ogni novità piu piace assai, riesce molto piacevole spettacolo<br />
veder in scena abiti barbari et astratti dalle nostre usanze, et quindi<br />
aviene che riescono per lo piu cosi vaghe le comedie vestite alla greca. £t<br />
per questo, più che per altra cagione, fo io che la scena della comedia<br />
nostra che vedrete martedi (piacendo aDio) si, finge Costantinopoli, per<br />
poter introdurvi abiti tosi di donne come di uomeni, inusitati fra noi, onde<br />
spero d'aggiunger vaghezza non poca allo spettacolo, oltre che piu ci<br />
parrà sempre verisimile il veder succeder fra genti strane, e che non<br />
conosciamo, di quelle cose che per lo piu nelle comedie si rappresentono,<br />
che vederle acadere tra cittadini co' quali abbiamo continova pratica .<br />
Seguendo la logica dell'inverosimile, esotico e stravagante,<br />
l'attenzione si pone agli abiti delle scene pastorali (la<br />
tripartizione serliana èqui data per acquisita); secondo<br />
l'iconografia colta e immaginaria delle accademie:<br />
circa al vestir i pastori, si avrà prima quello avertimento che si è detto<br />
anco convenire nelle cemedie, cioè farli tra lor piu differenti che si può. £t,<br />
quanto al generale, illor vestir sarà questo: coprir le gambe et le braccia<br />
di drappo di color di carne et, se sarà il recitante giovane et bello, non si<br />
disconveràlo aver le braccia et le gambe ignude, ma non mai i piedi, i<br />
quali sempre hanno da essere da cotumi o da secchia leggiadramente<br />
calzati; abbia poi una camisciola di zendado, o altro drappo di color vago,<br />
ma senza maniche; et sopra quelle, due pelli (nel modo che descrive<br />
Omero ne l'abito del pastor troiano), o di pardo, o di altro vago animale,<br />
una su 'l petto et l'altra su 'l dosso, legandole insieme, con li piedi di esse<br />
pelli, sopra le spalle del pastore et sotto i fianchi; et non è male, per<br />
variare, legame ad alcuni pastosi sopra una spalla sola.<br />
Accanto ai pastori in bella simmetria stanno le Ninfe,<br />
preferibilmente bionde con nastri e veli leggiadri in capo, che<br />
si debbono rendere graziose con grande cura, ricordando<br />
sempre che sono giovani uomini a impersonarle:<br />
Alle nimfe poi, convengono le camisce da donna, lavorate et<br />
varie, ma con le maniche, et io soglio usare di farci dar la<br />
salda, acciò che, legandole ce' muniIi o con cinte di seta<br />
colorate et oro, facciano poi alcuni gomfi che empiano l'occhi<br />
et comparano leggiadrissimamente.<br />
Gli addice poi una veste dalla cintura in giii di qualche bel<br />
drappo colorato et vago, succinta tanto che ne apaia il collo<br />
del piede; il quale sia calzato d'un socco dorato, all'antica, et<br />
con atilatura, overo di qualche somacco colorato.<br />
Gli richiede poi un manto sontuoso, che da sotto ad un fianco<br />
si vedi ad agroppare sopra la oposita spalla.<br />
44
.<br />
La prassi: uno spettacolo al Teatro Olimpico di Vicenza<br />
Altro maestro, ma soprattutto testimone, organizzatore<br />
di teatro fu il veneziano Angelo Ingegneri (1550-1613),<br />
corago ufficiale di quell'avvenimento straordinario e<br />
fortunatamente ben documentato, che fu la prima<br />
dell'Edipo Re rappresentato al Teatro Olimpico, in<br />
occasione dell'inaugurazione della sala voluta dagli<br />
accademici vicentini, nel 1585.<br />
Il trattato e le osservazioni di Angelo Ingegneri<br />
possono essere considerati una sorta di piano<br />
programmatico dello spettacolo in quanto redatti dal<br />
responsabile dell' allestimento, benché editi nel 1598 e<br />
quindi con l'intento di tramandare un avvenimento<br />
eccellente, di per sé già collaudato e di cui i cronisti<br />
avevano sparso già le lodi.<br />
Le cronache parlano di ottanta costumi indossati:<br />
impegnati nella cura di essi ben sei accademici vicentini<br />
.<br />
Sovrintende a tutto Angelo Ingegneri occupandosi<br />
personalmente «oltre che della drammaturgia, di<br />
questioni attinenti la messa in scena (coreografia,<br />
costumi)>> .<br />
Gli abiti, in particolare, dovevano mostrare dei<br />
personaggi «il sesso, l'età, la condizione, e la<br />
professione» , ma secondo la distinzione tra tragedia,<br />
commedia o dramma pastorale, che tanta fortuna gode<br />
presso gli intellettuali.<br />
Vengono richiesti calzari alti, "i coturni" della<br />
tragedia greco/ellenistica, differenziati secondo<br />
l'importanza (sociale non drammaturgica) dei<br />
personaggi.<br />
L'aderenza all' epoca di Sofocle, per quello che<br />
vediamo dagli affreschi celebrativi (il monocromo<br />
dipinto da Alessandro Maganza nel 1596), era più<br />
ideale che iconografica: Edipo solennemente vestito<br />
45
aveva in mano lo scettro testimone della regalità,<br />
mentre altri personaggi mostrano più tributi alla moda<br />
del tempo che alla filolologia.<br />
Stefano Mazzoni analizza gli schizzi di Maganza, tra i<br />
quali il costume della regina Giocasta non ritratta nell'<br />
affresco, che mostrano «una sottana secondo la nobiltà<br />
ricca, e colla coda lunga si che la reina l'abbia lunghissima»<br />
completa da «sopravesti di colomorello con<br />
coda lunghissima e colle maniche lunghe e aperte e<br />
foderate d'oro, con alcuna ricca botto natura».<br />
Non meno ricco e alla moda era l'abito dell'indovino<br />
Tiresia, identificato nel vecchio accompagnato da un<br />
fanciullo, su un foglio conservato a New York, «colla<br />
zazzera lunga, senza niente in capo, con sottana di<br />
color bestino, ma di lana grossa, ma con sopravesta di<br />
panno rozzo e di color tarreto, col suo bastone in mano.<br />
Il fanciullo che il guiderà, con una zamaretta alla greca<br />
color verde.<br />
Ma di materia grossa, con zazzerina negra e senz' altro<br />
in capo»<br />
Sontuosi gli abiti, ma per differenziarne il ruolo, non<br />
regale, ma sacrale e selvatico, la tramatura delle vesti<br />
non è leggera, né serica, ma "grossa".<br />
il costume del re, al contrario, doveva riassumere -<br />
secondo Ingegneri - tutto ciò che di sfarzoso si potesse<br />
conoscere: «sovra la zazzera un berrettino di velluto<br />
cremisino attorno a cui s'avvolga una o due volte una<br />
bella fascia o sia un velo ricchissimo, fuori del qual velo<br />
si veggano spuntar le cime d'una corona d'oro, il che<br />
averà di grave e del vago assai e darà benissimo al<br />
teatro a conoscere per re quel tale che l'arà in capo» .<br />
L'inventiva degli apparatori si esercita sugli abiti dei<br />
personaggi di fantasia come gli scudieri di Edipo, che<br />
sono abbigliati alla turca; su alcuni spettatori ottennero<br />
l'effetto desiderato: «vi furono dei signori in quali dopo<br />
la tragedia cercarono di mirargli da presso, non potendo<br />
essi credere che non valessero un tesoro, come<br />
46
gli avevano stimati in vedendo gli da lontano» mentre<br />
un uomo di teatro, Antonio Riccoboni che vi assistette,<br />
dissentì: «mi parve strano che in un tempo<br />
calamitosissimo di peste si adoperassero quelle vesti<br />
tanto<br />
pompose, ché anco delle vesti regie è qualche<br />
differenza, essendo alcune più allegre e altre meno e<br />
dovendosi<br />
adoperare le meno allegre nei tempi calamitosi» .<br />
Si noti come l'obiezione vada all'antinomia tra gli<br />
abiti adeguati a un contesto festoso, che a suo dire<br />
avrebbe dalle circostanze esterne allo spettacolo, non<br />
legate al tema, all'argomento o al tempo storico del<br />
testo -, ben consapevole che dovessero comunque<br />
essere "regie", regali, quindi sontuose ma meno allegre<br />
.<br />
Il corago si rende conto di alcune incongruenze con la<br />
realtà, «con tra l'uso ordinario de i gran signori, che<br />
non vanno con tanta pompa se non di rado e solo il<br />
giorno della loro coronazione, ovvero in qualche altra<br />
principalissima solennità», ma le giustifica con le<br />
necessità dello spettacolo «tuttavia con buon avviso<br />
usate nelle tragedie, così a fine che le persone volgari<br />
del teatro a cotai segnali riconoscano i re» e in ogni<br />
caso, secondo l'uso degli antichi, che a suo dire, non<br />
mettevano mai in scena un re senza corona.<br />
I moderni all'Olimpico<br />
Gli odierni spettacoli al Teatro Olimpico di Vicenza<br />
prendono, nella nostra analisi sul costume, un posto di<br />
particolare rilievo connesso al carattere del luogo<br />
scenico.<br />
li Teatro Olimpico dopo i fasti cinquecenteschi<br />
subisce una fase di abbandono piuttosto lunga e solo<br />
alla metà dell'Ottocento, nell'ambito di un recupero<br />
storicistico di stili e luoghi del passato, risorge come<br />
spazio atto agli spettacoli.<br />
47
Nel 1847, interpretato dal più famoso attore tragico<br />
del tempo, Gustavo Modena, va in scena un altro Edipo<br />
Re.<br />
Fu notato nella tragedia che non erano ben prefiniti i confini tra il<br />
verosimile e il vero. Non si avrebbe saputo distinguer sul palco<br />
dove cominciasse Tebe o terminasse Vicenza; tanto le e genti<br />
dell'una si confondevano con quelle dell'altra. TI secolo XIX dava<br />
fraternamente la mano al XIV innanzi a G. C. ; e da canto al peplo<br />
greco e all' eroico coturno si scorgevano il frac borghese e i bianchi<br />
o neri calzoni, raccomandati dal biglietto d'invito .<br />
Se intendiamo bene il cronista, in scena i costumi erano<br />
all' antica e tra il pubblico molti spettatori si erano<br />
adeguati all'invito di indossare l'abito da sera o di gala.<br />
Gustavo Modena, tuttavia, non accontentò gli<br />
accademici per aver operato alcuni tagli nel testo, i<br />
quali invece saranno ampiamente soddisfatti, dieci anni<br />
dopo, dall'interpretazione di Tommaso Salvini in un<br />
Oreste alfieriano.<br />
A questi spettacoli come ad altri di epoca romantica<br />
(Adelaide Ristori vi recitò, incontrando lo stesso<br />
problema) si presentò subito il problema dell'<br />
adeguamento di tale spazio storico alle esigenze di una<br />
messa in scena: l'introduzione della luce a gas e a fine<br />
secolo - della luce elettrica.<br />
La frons scaenae del Teatro Olimpico, come è noto, è<br />
una scenografia di legno e stucco nata per essere<br />
effimera: solo la sua bellezza (e forse la collocazione<br />
geografica, in provincia) l'ha sottratta alla distruzione o<br />
a modifiche funzionali.<br />
Il tempo ne ha fatto un'icona della cultura italiana<br />
del Rinascimento, tanto che pur tutelata dalla<br />
Sovrintendenza ai Beni Artistici ne è consentito l'uso<br />
teatrale: usualmente nel mese di settembre si tiene<br />
una stagione di spettacoli classici all'Olimpico.<br />
La luce elettrica fu introdotta nel Novecento, ma il<br />
palcoscenico del teatro rimane il fattore con cui lo<br />
scenografo deve fare i conti.<br />
48
Alla struttura sempre presente e imponente alle spalle<br />
degli attori è vietato appoggiare alcunché; sul piano<br />
scenico è possibile introdurre spezzati carellati, purché<br />
non coprano interamente la frons scaenae.<br />
Se si aggiunge che il repertorio considerato più adatto<br />
(anche se vi sono stati esempi di testi novecenteschi) è<br />
quello classico, inteso come greco, romano o<br />
shakespeariano, ecco come il risalto dato ai costumi e<br />
alloro ruolo metonimico "al classico" risulti<br />
fondamentale e quasi prescritto.<br />
Contrariamente alla scarsa propensione dei critici a<br />
osservare i costumi, le recensioni dedicate al Teatro<br />
Olimpico raramente li dimenticano, magari per biasimarli,<br />
come quando un costumista tentò, nel 1914, una<br />
citazione storica: «quelle donnette vestite di lilla e<br />
bianco, con certi kiton che parevano camicette<br />
comprate dai fratelli Bocconi e anche passabilmente<br />
sgualcite» .<br />
Il vero e proprio ciclo di rappresentazioni, previste<br />
secondo statuto, inizia nel 1935; sfogliando l'album<br />
delle immagini possiamo constatare che uno stile<br />
olimpico precipuo non è indimenticabile, ma si adegua<br />
alle correnti e tendenze coeve riscontrabili nella storia<br />
dello spettacolo.<br />
Fino agli anni sessanta, l'Olimpico viene considerato<br />
alla stregua dei teatri archeologici della Magna Grecia:<br />
pepli e kitoni, con ricchi panneggi cadono in morbide<br />
pieghe sui corpi femminili, mentre gli uomini sono tutti<br />
a gambe scoperte dal momento che indossano clamidi<br />
corte.<br />
Nella maggior parte delle stagioni (e posso andare<br />
con la memoria a un' edizione degli anni settanta,<br />
diretta da Virginio Puecher con i costumi di Vittorio<br />
Rossi, totalmente bianchi, ampi come lenzuoli o<br />
mantelli troppo abbondanti), l'abbigliamento allude a<br />
una vaga informe antichità.<br />
49
Le variazioni sono affidate ai decori e ricami,<br />
soprattutto quando a progettarli vengono chiamati<br />
artisti delle arti figurative come Mario Sironi (1949),<br />
Fabrizio Clerici (1949), Felice Casorati (1951), Corrado<br />
Cagli (1959), di cui rimangono negli archivi degli<br />
straordinari bozzetti per i costumi del Misantropo di Menandro<br />
.<br />
Un po' eretici, vale a dire più lontani dalla tradizione,<br />
appaiono quando a idearli è un professionista di teatro,<br />
Giulio Coltellacci (949), che, nella secentesca<br />
Commedia degli Straccioni di Annibal Caro, per la regia<br />
di Guido Salvini, riempie il palcoscenico di costumi ad<br />
ampie campiture di colore e formati materialmente da<br />
pezze stratmcate , senza lasciarsi intimidire<br />
dall'occasione che prevede come indossatori due<br />
monumenti del teatro come Cesco Baseggio e Renzo<br />
Ricci.<br />
Forme e materiali inconsueti tenta già nel 1954 Pier<br />
Luigi Pizzi, allora convocato come costumista e<br />
scenografo dal regista Guido Salvini, che apre la<br />
stagione dei costumisti "poetici e giocosi", come<br />
Emanuele Luzzati che nel 1955 veste i protagonisti<br />
dell'Avaro di Molière con la regia di Fersen, in modo non<br />
naturalistico, ma con la leggiadria dei personaggi nei<br />
libri di favole.<br />
Concludiamo il confronto tra le locandine e le<br />
immagini con l'irruzione nel 1968 di un autore che<br />
classico non era considerato: Ruzante. Merito di un<br />
regista filologo come Gianfranco De Bosio e dei costumi<br />
- non conformi alla tradizione - di Luzzati.<br />
Negli anni successivi, il repertorio vicentino si amplia<br />
a drammaturgie di ogni epoca e nazionalità, così come<br />
a ospitalità prestigiose, che avessero costumi di<br />
particolare magnificenza e risalto come quelli della<br />
danza Kathakali.<br />
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