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Il Destino di Camelot

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Da quel lontano giorno d'estate in cui le loro spade si erano<br />

incrociate, Clothar il Franco aveva giurato fedeltà al suo re,<br />

Artù, scegliendo <strong>di</strong> essergli compagno in mille battaglie. E un<br />

sincero sentimento <strong>di</strong> amicizia aveva rinsaldato quel legame,<br />

fino a renderlo leggendario. Insieme i due cavalieri avevano<br />

realizzato un sogno, avevano costituito un or<strong>di</strong>ne, i cavalieri<br />

della Tavola Rotonda, uomini d’arme addestrati per<br />

combattere e morire pur <strong>di</strong> assicurare la pace alla loro terra.<br />

Ora, però, un nuovo pericolo minaccia l’unità del regno: un<br />

feroce condottiero sta guidando le tribù dei Sassoni verso le<br />

terre <strong>di</strong> Connlyn, devastando tutto ciò che incontra sul suo<br />

cammino. Spetta a Clothar, ormai noto a tutti come<br />

Lancillotto per la sua grande abilità con la lancia, raggiungere<br />

le desolate regioni del nord e sbaragliare il nemico con un<br />

pugno <strong>di</strong> uomini ben armati. Ma dopo questa vittoria, il suo<br />

destino lo attende in Bretagna, la terra che è stata la sua casa,<br />

il regno che gli è stato strappato quando era ancora in fasce,<br />

e che gli spetta <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto. E questa volta Lancillotto si troverà<br />

da solo ad affrontare i fantasmi del suo passato.


JACK WHYTE<br />

È nato in Scozia, e ha stu<strong>di</strong>ato in Inghilterra e in<br />

Francia. Si è trasferito nel 1967 in Canada, dove dopo un<br />

anno <strong>di</strong> insegnamento si è de<strong>di</strong>cato alle sue vere passioni: il<br />

teatro, la musica, la scrittura. Da sempre interessato alle<br />

saghe arturiane, ha ottenuto uno straor<strong>di</strong>nario successo con<br />

la pubblicazione delle Cronache <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, vero e proprio<br />

bestseller internazionale.<br />

Questo libro è il terzo, dopo <strong>Il</strong> cavaliere <strong>di</strong> Artù e <strong>Il</strong><br />

marchio <strong>di</strong> Merlino della serie de<strong>di</strong>cata a Lancillotto, il più<br />

celebre cavaliere <strong>di</strong> tutti i i tempi.<br />

Per Piemme ha pubblicato anche I custo<strong>di</strong> del Co<strong>di</strong>ce.<br />

Vive a Vancouver, è sposato, e ha cinque figli.<br />

www.camulod.com<br />

<strong>Il</strong>lustrazione <strong>di</strong> copertina: Iacopo Bruno<br />

Proggetto Grafico: Cecilia Flegenheimer


VOLUME DLB 167


JACK WHYTE<br />

Titolo originale dell'opera:<br />

The Eagle – Volume 1<br />

© 2005 by Jack Whyte<br />

I E<strong>di</strong>zione Piemme Bestseller, luglio 2008<br />

© 2007 – EDIZIONI PIEMME Spa<br />

15033 Casale Monferrato (AL) – Via Galeotto del Carretto, 10<br />

info@e<strong>di</strong>zioni piemme.it – www.e<strong>di</strong>zionipiemme.it<br />

Anno 2009-2010-2011 - E<strong>di</strong>zione 2 3 4 5 6 7 8 9 10<br />

Stampa mondadori Printing Spa – Stabilimento NSM – Cles (TN)<br />

ISBN: 978-88-384-9995-1


A mia moglie Beverly,<br />

che dopo aver convissuto per oltre un quarto <strong>di</strong> secolo<br />

con la Res Britannica<br />

non sa se dare un taglio al passato<br />

e partire verso nuovi orizzonti...


L'AQUILA


«Carri.»<br />

UNO<br />

I<br />

Quella parola sembrò non avere alcun effetto sull'uomo cui<br />

l'avevo in<strong>di</strong>rizzata, così la ripetei <strong>di</strong> nuovo e, nonostante regnasse il<br />

più assoluto silenzio, alzai un po' la voce per assicurarmi <strong>di</strong> essere<br />

u<strong>di</strong>to. Decise <strong>di</strong> ignorarmi ancora: la sua attenzione si era focalizzata<br />

sullo strato <strong>di</strong> neve can<strong>di</strong>da formatasi sulla soglia della caverna che ci<br />

ospitava. Aveva cominciato a nevicare presto quel pomeriggio. Un<br />

vento gelido spingeva nell'aria minuscoli fiocchi solitari la cui<br />

comparsa, dato il rapido calo della temperatura e l'inasprirsi delle<br />

raffiche <strong>di</strong> vento, non ci aveva stupito per nulla. La nevicata, poi,<br />

aveva continuato a intensificarsi: in due ore il suolo si era ricoperto<br />

completamente <strong>di</strong> una coltre bianca e le nuvole plumbee sopra <strong>di</strong><br />

noi schermavano già la luce del giorno portando una precoce<br />

oscurità.<br />

«Dei carri?...» La sua risposta denotava scarsa considerazione;<br />

ignorando la sua stessa domanda, cambiò subito <strong>di</strong>scorso, come se<br />

già prendere atto <strong>di</strong> quella mia allusione equivalesse a occuparsi in<br />

tutto e per tutto della questione. «La neve sembra non volerci<br />

abbandonare, amico mio. A quanto pare dovremo portare dentro i<br />

cavalli. Potremmo passare qui la notte.» Artù Pendragon, nominato<br />

sommo re della Britannia Unita mi lanciò una rapida occhiata al buio<br />

della caverna, con gli occhi ancora abbagliati dalla neve. «Vorrà <strong>di</strong>re<br />

che avremo un alloggio ben protetto anche se maleodorante; in<br />

assenza del fuoco il calore dei loro corpi terrà lontano il freddo più<br />

intenso.» Chinandosi per evitare <strong>di</strong> sbattere l'alto elmo crestato sul


soffitto, si addentrò nella caverna e si avvicinò al punto in cui<br />

sedevo con la schiena pesantemente appoggiata alla parete. Poi<br />

sistemò con cura la sua lunga spada contro una delle sporgenze della<br />

grotta, in modo che non cadesse e, con la punta del piede mi rifilò<br />

un colpetto alla gamba che avevo <strong>di</strong>steso in avanti. «Spostati, non<br />

vorrai tutto il pavimento per te!»<br />

Gli feci spazio ed egli si sedette al mio fianco, si piegò goffamente<br />

e sfilò dalla testa il pesante elmo da battaglia che adagiò per terra<br />

sotto le ginocchia. A quel punto sospirò, si appoggiò anche lui alla<br />

parete con la schiena e prese a sfregarsi forte con le palme delle mani<br />

i corti capelli, per poi voltarsi a osservare con maggiore attenzione le<br />

profon<strong>di</strong>tà della grotta che ci dava riparo. I suoi occhi scuri screziati<br />

<strong>di</strong> giallo, nel tentativo <strong>di</strong> penetrare l'oscurità, si fecero sottili.<br />

Quell'anno avrebbe compiuto ventidue anni ma sembrava più<br />

vecchio della sua età: aveva il volto prematuramente segnato dalle<br />

rughe per le tensioni legate al suo ruolo <strong>di</strong> comandante supremo e,<br />

in qualche modo, benché egli fosse il sommo re e io soltanto lo<br />

Straniero Franco, nei quattro anni successivi al mio arrivo in<br />

Britannia all'età <strong>di</strong> se<strong>di</strong>ci anni, era <strong>di</strong>ventato il mio più caro amico.<br />

«È buio laggiù» borbottò, e io che avevo già verificato quanto<br />

fosse lunga e profonda la grotta non lo contrad<strong>di</strong>ssi. Eravamo seduti<br />

in una zona illuminata dalla luce del giorno; poco più in là, a circa<br />

cinque passi dall'entrata, la grotta si piegava verso destra. Alle nostre<br />

spalle il buio era totale. Davanti a noi un angolo <strong>di</strong> muro appuntito,<br />

una protuberanza <strong>di</strong> pietra simile alla lama <strong>di</strong> un coltello, sporgeva<br />

fino a formare uno scudo che nascondeva l'estensione della grotta a<br />

chiunque l'avesse guardata dall'esterno.<br />

Oltre la roccia a lama <strong>di</strong> coltello, nonostante il buio fitto, la<br />

grotta si allargava fino a <strong>di</strong>ventare una vera caverna. Sapevo, da una<br />

mia precedente ricognizione casuale, che il soffitto era abbastanza<br />

alto da consentire a un uomo <strong>di</strong> stare in pie<strong>di</strong>: ci avevo provato ed<br />

ero riuscito anche a stendere le braccia sopra la testa. Sapevo inoltre<br />

che in mezzo a un ampio slargo si trovava un cerchio <strong>di</strong> pietre già<br />

usato da altri per accendere il fuoco; ci ero inciampato, cadendo<br />

sulle mani e rischiando <strong>di</strong> storcermi una caviglia. Avevo appoggiato<br />

una mano su una pietra levigata che, una volta rimessomi in pie<strong>di</strong>,<br />

avevo lanciato nel buio davanti a me. L'intervallo che seguì prima


che la pietra rimbalzasse sul muro, ricadendo con un tonfo a terra,<br />

era la prova che, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quanto avevo potuto vedere, c'era spazio<br />

più che sufficiente per uomini e cavalli.<br />

Nella pallida luce del pomeriggio Artù si voltò verso <strong>di</strong> me. «Non<br />

è esattamente una delle stanze <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, vero?»<br />

«Però è asciutta,» risposi «e spaziosa. C'è anche un cerchio <strong>di</strong> pietre<br />

per il fuoco; se porteremo su della legna secca potremo riscaldare un<br />

po' questa caverna.»<br />

Sul viso gli apparve il solito mezzo sorriso. «Su da dove? Hai forse<br />

detto "noi"? Vorresti dunque suggerire che il prescelto, riothamus, il<br />

riotamo <strong>di</strong> Britannia esca là fuori in cerca <strong>di</strong> legna secca? Scenda<br />

ruzzolando dalla montagna nel bel mezzo <strong>di</strong> una tempesta <strong>di</strong> neve,<br />

per poi riguadagnare faticosamente la salita trascinandosi <strong>di</strong>etro un<br />

tronco d'albero come un qualunque carbonaio? È questo che stai<br />

cercando <strong>di</strong> <strong>di</strong>re?»<br />

«No, certo che no, Seur re». Mi avvolsi più stretto nel mantello<br />

per cercare <strong>di</strong> tenere lontano il freddo che mi attanagliava le gambe.<br />

«Cos'è?»<br />

«Cos'è cosa?»<br />

«Quella parola... quell'espressione che usi quando ti rivolgi a me<br />

in quanto re. Per quello che ne so potrebbe anche essere un insulto.»<br />

Per un istante mi domandai <strong>di</strong> cosa <strong>di</strong>avolo stesse parlando, poi<br />

risi. «Ah, intendete Seur!»<br />

«Esatto. Cosa vuol <strong>di</strong>re?»<br />

«Niente <strong>di</strong> terribile, statene certo. È una parola che si usa da noi in<br />

Gallia. In<strong>di</strong>ca rispetto e si usa per rivolgersi a un superiore, come un<br />

re o chiunque altro. Tutto qui. Talvolta la usiamo come titolo<br />

onorifico, per esempio, quando abbiamo a che fare con qualcuno<br />

sprovvisto <strong>di</strong> un vero rango ma comunque apprezzato per la sua<br />

intelligenza o nobiltà. Merlino, per esempio. Dovendomi rivolgere a<br />

lui userei Seur Merlino o forse anche Seur Caio.»<br />

«Già, capisco. Ma cosa stavi <strong>di</strong>cendo prima che ti interrompessi?<br />

Avevi proposto qualcosa <strong>di</strong> assolutamente inaccettabile... mi<br />

suggerivi, se ricordo bene, <strong>di</strong> considerare seriamente la possibilità <strong>di</strong>


sgobbare come un comune carbonaio.»<br />

«Pensavo avreste potuto considerare la legna come un mezzo per<br />

riscaldarci» <strong>di</strong>ssi con un'alzata <strong>di</strong> spalle. «Qui sotto potremmo<br />

trovarne in abbondanza senza fare troppa fatica. E portandoci <strong>di</strong>etro<br />

i cavalli, lasceremmo a loro il compito <strong>di</strong> trainare il carico: la neve<br />

non è alta.»<br />

«Non ancora, ma dalle tempo...»<br />

«Mmm. Meglio <strong>di</strong> no. Se non decideremo subito, Seur, sarà lei a<br />

decidere per noi, prendendosi tutto il tempo che le pare. La cosa più<br />

evidente e scontata <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>scussione è che io, servitore leale e<br />

fedele compagno, potrei benissimo, come suggerivate, andare giù da<br />

solo a fare quello che si deve. Ma se è vero, come avete detto, che<br />

la tormenta sta peggiorando, riuscirei forse a compiere un unico<br />

tragitto. Se invece desiderate, come mi è sembrato <strong>di</strong> capire, tenere il<br />

vostro reale posteriore al caldo per tutta la notte vi consiglio <strong>di</strong><br />

considerare, almeno una volta nella vostra vita colma <strong>di</strong> oziosi<br />

privilegi, l'opportunità <strong>di</strong> lasciare da parte la vostra <strong>di</strong>gnitas e<br />

preoccuparvi un po' del nostro benessere e della nostra<br />

sopravvivenza.»<br />

«Inten<strong>di</strong> <strong>di</strong>re che dovrei venire con te, <strong>di</strong>videre con te la fatica e<br />

inoltre mettermi a lavorare come un qualunque i<strong>di</strong>ota?»<br />

«Ho forse detto questo? Già, immagino <strong>di</strong> sì. Ma provate a<br />

pensarla in un altro modo: con<strong>di</strong>videre il calore dopo, invece che il<br />

lavoro prima.»<br />

«Messa così, devo ammetterlo, l'idea acquista una certa logica.» Si<br />

grattò il mento. «Oziosi privilegi. Sai, vero, <strong>di</strong> essere l'unico uomo in<br />

Britannia che può permettersi <strong>di</strong> <strong>di</strong>rmi una cosa del genere, e in<br />

questo modo?»<br />

Non riuscii a trattenere un sorriso. «Sì, lo so. Me lo <strong>di</strong>te sempre.<br />

Ma questo, come mi fate spesso notare, succede unicamente perché<br />

sono soltanto uno straniero incapace <strong>di</strong> provare soggezione per il<br />

vostro alto rango e la vostra statura.»<br />

«Alto rango e statura? Due in un colpo solo? Davvero acuto<br />

Clothar. Riesci sempre a riscattarti un attimo prima che scenda la<br />

lama del boia.» Tornò a rivolgere lo sguardo all'entrata, da cui


proveniva la luce, e alla cortina <strong>di</strong> neve turbinante. «Dannazione.<br />

Sembra proprio stia peggiorando. Nemmeno Dio ha rispetto per la<br />

mia situazione, qui.» Sospirò con fare drammatico. «Bene. Immagino<br />

sia meglio per noi uscire a dare un'occhiata. Inutile stare qui a oziare<br />

mentre le cose peggiorano. Forza, allora, tirati su.» Si era alzato in<br />

fretta, smentendo così il precedente gesto <strong>di</strong> stanchezza, e ora mi<br />

offriva la mano perché facessi lo stesso anche io.<br />

«Come ti senti?» chiese, ora preoccupato, piegandosi in avanti per<br />

guardarmi negli occhi più da vicino. Quel giorno mi era venuto un<br />

terribile mal <strong>di</strong> testa, dovuto forse all'eccesso <strong>di</strong> stanchezza e al poco<br />

sonno delle tre notti precedenti, ma lungo il viaggio era andato<br />

<strong>di</strong>minuendo e ora sentivo la testa del tutto sgombra. Raccolsi<br />

entrambi gli elmi da terra e porsi al re il suo.<br />

«Adesso sto bene. Ma starò meglio quando saremo più al caldo.»<br />

Avevamo legato a terra i nostri cavalli appena fuori dalla grotta,<br />

senza togliere loro la sella. Spazzammo via la neve parzialmente<br />

sciolta che si era accumulata sopra e rimontammo a cavallo, per poi<br />

scendere lungo il pen<strong>di</strong>o fino alla zona boscosa che si trovava alle<br />

sue pen<strong>di</strong>ci.<br />

Dopo un'ora eravamo <strong>di</strong> nuovo nella grotta, con davanti un<br />

fuoco salutare che scoppiettava vivace. La sua luce proiettava alte<br />

ombre sul soffitto a volta e rivelava l'antica caverna in tutta la sua<br />

ampiezza. Vedevo la neve sciogliersi silenziosa intorno al perimetro<br />

del falò. Fuori stava nevicando più intensamente che mai, i fiocchi<br />

vorticavano con violenza spinti da un vento pungente che si era<br />

alzato all'improvviso proprio quando, ancora sul fianco della collina,<br />

stavamo facendo risalire i cavalli verso la cima. Ogni bestia si<br />

trascinava <strong>di</strong>etro un grosso fascio <strong>di</strong> rami secchi legato con delle<br />

cinghie, mentre noi raggiungevamo la cima a passo veloce,<br />

tenendoci aggrappati alle briglie, scivolando e strisciando lungo<br />

l'impervia scarpata.<br />

Una volta tornati alla caverna la nostra prima preoccupazione era<br />

stata quella <strong>di</strong> accendere il fuoco; me ne occupai io e in un angolo,<br />

al riparo dal vento sferzante, impiegai parecchio tempo a ottenere<br />

una fiamma stabile sbattendo, uno contro l'altro, pietra focaia e<br />

acciarino vicino a un po' <strong>di</strong> muschio e dei rami secchi. Non appena


fummo certi che, sebbene non ancora vivace come avrebbe dovuto,<br />

il fuoco poteva bruciare senza supervisione, togliemmo le selle ai<br />

cavalli e li conducemmo nel retro della caverna dove, dopo una<br />

bella strigliata, li lasciammo a rifocillarsi felici dalle sacche legate al<br />

muso, riempite con una doppia manciata <strong>di</strong> avena a testa. Intanto,<br />

nella parte anteriore della caverna, cercavamo <strong>di</strong> procurarci anche<br />

noi un minimo <strong>di</strong> como<strong>di</strong>tà. Maneggiando con maestria la mia ascia<br />

da combattimento, Artù si mise a spaccare in pezzi maneggevoli il<br />

combustibile faticosamente conquistato, mentre io provavo ad<br />

accendere un secondo fuoco, questa volta più all'interno della<br />

caverna, nel basso cerchio <strong>di</strong> pietre già usato da altri per quel<br />

medesimo scopo. Trasportai le braci ardenti dal primo focolare,<br />

quello protetto che ardeva in un angolo, al principale, così da<br />

accenderlo più rapidamente. La legna che avevamo trovato, asciutta<br />

e ben stagionata, bruciò quasi senza produrre fumo; quel poco che<br />

salì scomparve in alto, risucchiato da qualche foro nella roccia<br />

sovrastante.<br />

A lavoro finito, ci godemmo quel calore e un po' <strong>di</strong> como<strong>di</strong>tà: ci<br />

appoggiammo con la schiena all'incavo delle selle e consumammo<br />

una razione fredda <strong>di</strong> cibo in amichevole silenzio, sicuri che -<br />

l'avevamo scrupolosamente verificato -nessuna traccia del nostro<br />

fuoco si potesse notare grazie al buio che circondava esternamente la<br />

grotta.<br />

Dall'espressione <strong>di</strong> Artù mi resi conto che qualcosa lo turbava:<br />

conoscevo il re ormai abbastanza bene per sapere che non si trattava<br />

<strong>di</strong> un'insignificante seccatura <strong>di</strong> passaggio. Tuttavia non <strong>di</strong>ssi nulla.<br />

Quattro anni <strong>di</strong> intensa reciproca amicizia mi avevano insegnato che<br />

avrebbe parlato soltanto quando fosse stato pronto.<br />

Finalmente, dopo aver inspirato forte con il naso, riavvolse gli<br />

avanzi del pasto in una pezza quadrata che ripose dentro la sacca <strong>di</strong><br />

cuoio che teneva legata in vita.<br />

«Mi stavi parlando <strong>di</strong> carri, giusto? Che volevi sapere?»<br />

Era trascorsa più <strong>di</strong> un'ora da quando ne avevo accennato, ma<br />

non glielo feci notare. «Non avevo mai visto dei carri da<br />

combattimento prima d'ora. Pensavo che li usassero solo gli antichi.<br />

Questa mattina, là fuori, ne ho contati quasi una ventina: hanno un


aspetto imponente e minaccioso. Dove possono aver trovato da<br />

queste parti i Danesi <strong>di</strong> Horsa affari come quelli?»<br />

«Da queste parti?» Le labbra <strong>di</strong> Artù si incurvarono in<br />

un'espressione dubbiosa. «Potrebbero anche non averli trovati qui.<br />

Non ne ho mai visti in questa zona. Forse se li sono portati <strong>di</strong>etro.»<br />

Afferrò un pesante pezzo <strong>di</strong> ramo e lo incastrò tra le fiamme.<br />

«Nonostante l'aria massiccia si smontano piuttosto facilmente per il<br />

trasporto. Le ruote e le tavole si possono staccare e stivare senza<br />

gran<strong>di</strong> sforzi, mentre la struttura portante è formata da una serie <strong>di</strong><br />

fasce <strong>di</strong> cuoio battute a martello e intrecciate su robuste intelaiature,<br />

anche queste impilabili. I Danesi, che al momento ci stanno<br />

viaggiando sopra, potrebbero aver trasportato qui quegli aggeggi<br />

anche molti anni fa - non chiedermi quando - e i cavalli potrebbero<br />

averli rubati da qualche parte. Le splen<strong>di</strong>de strade romane <strong>di</strong><br />

<strong>Camelot</strong>, con le loro vie lastricate, hanno invertito la ruota del<br />

tempo, mettendo i nostri attuali nemici in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> muovere i<br />

loro armamenti con il minimo rischio.»<br />

«Eppure, Artù, sembrano inattaccabili; molti hanno lame che<br />

spuntano fuori dal centro delle ruote. Quando con quel peso, quella<br />

mole e quella velocità, scenderanno in battaglia, faranno strage dei<br />

nostri cavalieri.»<br />

<strong>Il</strong> re storse le labbra e annuì assumendo un'aria fin troppo<br />

imperturbabile per la gravità dell'argomento. Ma, come mi sarei<br />

accorto presto, su quel tema egli ne sapeva molto più <strong>di</strong> me.<br />

«Sì, è possibile,» <strong>di</strong>sse tranquillamente «se riusciranno a<br />

raggiungere i nostri uomini a cavallo. Cosa che non accadrà mai.»<br />

Tese le braccia e mimò il gesto <strong>di</strong> infilare una freccia in un arco,<br />

portando poi una mano fin <strong>di</strong>etro l'orecchio. «Nessun auriga,<br />

Clothar, <strong>di</strong> qui o <strong>di</strong> qualunque altro posto, immaginerebbe mai <strong>di</strong><br />

potersi imbattere in un'arma così potente e precisa come i nostri<br />

archi lunghi, quelli dei Pendragon, intendo. Aspetta e vedrai. I miei<br />

arcieri uccideranno fino all'ultimo auriga prima che anche solo uno<br />

<strong>di</strong> loro possa avvicinarsi un quarto <strong>di</strong> miglio alle nostre schiere.<br />

Nessun rischio, amico mio: per lo meno, sul nostro versante. L'auriga<br />

che spronerà la sua pariglia ad attaccarci sarà un uomo morto. Non<br />

importa quanto sarà abile o capace <strong>di</strong> scartare e scansare il colpo


nell'avvicinarsi. Presto o tar<strong>di</strong>, per attaccare <strong>di</strong> nuovo nella nostra<br />

<strong>di</strong>rezione, vincolato dalla guida del carro, sarà costretto a invertire la<br />

rotta. E allora morirà, prima ancora <strong>di</strong> riuscire a raggiungere i nostri<br />

ranghi. Aspetta e vedrai.»<br />

Durante quel breve <strong>di</strong>scorso mi aveva detto «aspetta e vedrai» per<br />

ben due volte; sorrisi. «Temo proprio che dovrò farlo.» In<strong>di</strong>cai con<br />

un gesto l'entrata ormai buia della grotta alle nostre spalle. «Se la<br />

neve continua a scendere così, domani non riusciremo a muoverci,<br />

figuriamoci a scendere in battaglia. Forse saremo costretti ad<br />

aspettare a lungo prima <strong>di</strong> riuscire a vedere <strong>di</strong> nuovo qualcosa.»<br />

Calcolai che eravamo a circa tre miglia, forse quattro, dalla nostra<br />

armata; a un'ora <strong>di</strong> cavallo, se il tempo fosse stato normale.<br />

Non avendo previsto che la neve arrivasse così presto e tanto<br />

abbondante, cominciai a chiedermi se saremmo mai riusciti a<br />

raggiungere il nostro accampamento, ora che il buio calava così<br />

presto.<br />

Quella stessa mattina l'armata si era accampata in una valle più a<br />

sud e noi, dalle colline, ci eravamo messi a spiare le formazioni<br />

nemiche che stavano proprio in quella <strong>di</strong>rezione, là dove si<br />

trovavano appunto le nostre postazioni. Fino ad allora, avevamo<br />

giocato al gatto e al topo, precedendoli, sempre senza farci notare,<br />

alla ricerca <strong>di</strong> un luogo adatto a combatterli secondo quelle che<br />

erano le nostre esigenze.<br />

Artù si strinse nelle spalle, quel tanto che glielo consentivano<br />

l'armatura e il mantello.<br />

«Se non saremo in grado <strong>di</strong> muoverci noi, Clothar, non lo<br />

saranno neanche loro. I nostri nemici, e i loro carri, resteranno<br />

completamente immobilizzati.»<br />

«Mmm.»<br />

«Cosa significa quel "Mmm"?» Si girò verso <strong>di</strong> me, contrariato.<br />

«Pensi che mi stia sbagliando?»<br />

«No, per niente.»<br />

«E allora perché hai l'aria così dubbiosa?»<br />

Rivolsi i palmi delle mani verso l'alto. «Non sono dubbioso,


Artù... Ho solamente avvertito in voi un'ombra <strong>di</strong> incertezza.» Restai<br />

fermo in quella posizione per prevenire la replica infuriata che<br />

sapevo gli sarebbe uscita dalla bocca e proseguii subito il mio<br />

<strong>di</strong>scorso, prima ancora che mi potesse smentire. «Un'ombra, ho<br />

detto, la più piccola e vaga, lo ammetto... ma pur sempre un'ombra.<br />

Avete qualche dubbio, amico mio.»<br />

«Che tu sia dannato per avere occhi più acuti <strong>di</strong> quanto dovresti.<br />

Adesso pensa agli affari tuoi e parliamo <strong>di</strong> qualcos'altro.»<br />

«Come potrei mio signore? I miei affari sono anche i vostri. Non<br />

ne ho <strong>di</strong> miei, come non ho molto altro <strong>di</strong> cui parlare. Lo sapete.»<br />

«Trova qualcosa, allora.»<br />

«Va bene. Lo farò imme<strong>di</strong>atamente, non appena la neve<br />

smetterà.» E detto ciò, misi via gli avanzi del mio pasto, spinsi la sella<br />

lontano dal fuoco e mi stesi per dormire sul lato del focolare<br />

opposto al suo.


II<br />

Non c'era collera in quanto avevo detto o fatto per rispondere<br />

alla laconicità <strong>di</strong> Artù: eravamo amici ormai da troppo tempo<br />

perché tra noi ci fosse meschinità. Lui aveva sempre molti pensieri, <strong>di</strong><br />

certo molti più <strong>di</strong> me, ed era giusto così, perché Artù era il sommo re<br />

e aveva priorità e preoccupazioni che non potevo nemmeno<br />

immaginare né tanto meno avrei potuto gestire. Così avevo<br />

imparato presto che, nelle rare occasioni in cui si abbandonava<br />

all'ansia, <strong>di</strong>ventando ancor meno comunicativo del solito, la cosa<br />

migliore che potevo fare era lasciarlo solo a riflettere perché trovasse<br />

le giuste soluzioni. In passato, per permettergli <strong>di</strong> farlo, mi ero<br />

ad<strong>di</strong>rittura spinto a isolarlo da tutti, arrivando perfino a minacciare<br />

chiunque cercasse <strong>di</strong> interrompere il flusso dei suoi pensieri.<br />

Mi stavo addormentando. Mentre fluttuavo in quel mondo a<br />

metà tra sogno e veglia, Artù mi parlò, costringendomi a scrollare la<br />

testa per tornare lucido. Mi girai a guardarlo, ma per riuscire a<br />

vederlo, intralciato com'ero dalla coperta, dovetti torcere il collo.<br />

«Cosa avete detto?»<br />

Stava maneggiando un rametto biforcuto: lo faceva girare tra<br />

l'in<strong>di</strong>ce e il pollice; poi, con un colpo secco, lo buttò nel fuoco alle<br />

mie spalle, fuori dalla mia vista. «Ho detto che oggi non avremmo<br />

dovuto perdere Eleron. Una cosa terribile.»<br />

Non feci alcun tentativo <strong>di</strong> rispondere subito; mi adoperai,<br />

invece, per mettermi seduto, dandomi un gran da fare a tirare e<br />

strattonare la coperta che mi bloccava i movimenti. Infine mi liberai.<br />

Artù osservò in silenzio i miei affannati tentativi, prima seduto lì<br />

vicino, poi mentre raccoglieva nuova legna da far bruciare sul fuoco.<br />

Sapendo finalmente cosa lo turbava, cercai <strong>di</strong> riflettere velocemente,<br />

ma continuavo a scervellarmi, incapace <strong>di</strong> capire perché quella cosa<br />

lo preoccupasse così tanto. Come tutti i comandanti, o<strong>di</strong>ava perdere<br />

i suoi uomini, ma almeno Eleron non era stato ucciso. Non era


morto, non ancora.<br />

Eleron, uno dei nostri ufficiali più giovani e brillanti, si era<br />

<strong>di</strong>mostrato un cavaliere estremamente dotato, <strong>di</strong> un genere non<br />

comune, perfino tra il mio popolo in Gallia. Quel pomeriggio,<br />

durante una schermaglia con una banda <strong>di</strong> briganti <strong>di</strong> strada, che<br />

non si sarebbe mai verificata se le nostre guar<strong>di</strong>e fossero state meglio<br />

<strong>di</strong>stribuite, Eleron era stato colpito da una freccia appena sotto il<br />

torace. <strong>Il</strong> colpo, scagliato con violenza, gli aveva lacerato la corazza,<br />

per poi penetrare nei numerosi strati <strong>di</strong> cuoio bollito e battuto che<br />

avrebbero dovuto, come solido acciaio, far deviare la punta della<br />

freccia. Ma il cuoio, lavorato male in quel punto dell'armatura,<br />

invece che solido e resistente, si era rivelato fragile e sottile. La punta<br />

della freccia era riuscita a perforarlo, mentre l'impatto aveva<br />

letteralmente sollevato dalla sella il giovane che, dopo essersi<br />

rovesciato sul dorso del cavallo, era caduto a terra <strong>di</strong> testa.<br />

I me<strong>di</strong>ci, che si erano subito precipitati a soccorrerlo, non erano<br />

stati in grado <strong>di</strong> affermare con certezza se Eleron sarebbe<br />

sopravvissuto o no. I cinque intrusi, intanto, erano stati tutti colpiti e<br />

uccisi prima che qualcuno potesse anche soltanto pensare <strong>di</strong><br />

interrogarli: così non si seppe mai se la loro presenza in quel luogo<br />

era stata soltanto accidentale.<br />

Strofinandomi gli occhi con il dorso della mano cercai <strong>di</strong><br />

allontanare le ultime tracce <strong>di</strong> sonno. «Eleron non morirà, Artù. Non<br />

lo abbiamo ancora perso, non del tutto almeno.»<br />

Storse la bocca e prese a fissarmi attraverso il fumo che<br />

cominciava ad alzarsi dalla nuova legna. «Non combatterà più al<br />

nostro fianco contro i Danesi, domani, la prossima settimana, o<br />

chissà quando li incontreremo. È per questo che l'abbiamo perso,<br />

Clothar. E non ci voleva davvero, dopo tutto questo tempo.»<br />

Capivo cosa intendeva. Eravamo già in ottobre, la campagna<br />

militare era iniziata a metà marzo, e da allora non avevamo mai<br />

ceduto né abbandonato il campo. Le nostre per<strong>di</strong>te non erano state<br />

particolarmente pesanti ma il loro progressivo accumularsi si era<br />

fatto scoraggiante. Nei sette mesi passati avevamo combattuto<br />

contro cinque <strong>di</strong>verse armate nemiche, <strong>di</strong> cui tre formate da più <strong>di</strong><br />

un migliaio <strong>di</strong> uomini, e le avevamo sconfitte tutte. Ma, mentre


ciascuno <strong>di</strong> quei contingenti aveva potuto ritirarsi da qualche parte a<br />

leccarsi le ferite e a ristorarsi al caldo, noi continuavamo ad<br />

avanzare, senza avere il tempo <strong>di</strong> curarci o <strong>di</strong> recuperare le forze,<br />

costretti ad affrontare sempre una nuova minaccia, dovendo per <strong>di</strong><br />

più fare i conti con le nuove per<strong>di</strong>te che si sommavano a quelle<br />

subite negli scontri precedenti. Questa situazione era aggravata<br />

dall'aver vinto tutte e cinque le battaglie in appena quattro mesi: un<br />

esito stupefacente, che fummo in grado <strong>di</strong> raggiungere soltanto<br />

grazie a una serie <strong>di</strong> coincidenze che capitano un'unica volta nella<br />

vita. Buone con<strong>di</strong>zioni atmosferiche, una sorprendente e casuale<br />

coincidenza <strong>di</strong> tempi e una serie <strong>di</strong> combinazioni geografiche ci<br />

avevano permesso <strong>di</strong> raggiungere facilmente avversari del tutto<br />

ignari della nostra presenza.<br />

Al termine della quinta battaglia ci sentivamo invincibili e ci<br />

convincemmo che Dio stesse veramente vegliando su <strong>di</strong> noi. Fu<br />

allora che ricevemmo la notizia che Horsa il Danese si era messo in<br />

marcia: dai territori orientali delle coste dei Sassoni stava avanzando<br />

alla testa <strong>di</strong> un enorme esercito attraverso il cuore della Britannia,<br />

verso ovest, esattamente in <strong>di</strong>rezione delle nostre armate vittoriose.<br />

Horsa era il sovrano <strong>di</strong> tutti i Danesi della Britannia, ospitati come<br />

fittavoli del re Vortigern, che Horsa stesso aveva ucciso per<br />

impossessarsi <strong>di</strong> terre e titolo. Artù riteneva il capo dei Danesi il<br />

peggiore dei suoi nemici, un faro capace <strong>di</strong> attirare a sé tutti gli<br />

elementi più insod<strong>di</strong>sfatti e i <strong>di</strong>seredati della provincia chiamata<br />

Britannia dai Romani.<br />

Inebriati dalle precedenti vittorie pensammo subito <strong>di</strong> sostenere il<br />

re nell'audace tentativo <strong>di</strong> reprimere il nemico finché eravamo<br />

ancora in tempo. Da quel momento in poi, per tre lunghi mesi,<br />

portammo avanti una complessa serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>versivi per sorprendere i<br />

Danesi a una <strong>di</strong>screta <strong>di</strong>stanza dalle nostre truppe <strong>di</strong> cavalleria senza<br />

che notassero la nostra presenza, in una regione così ricca <strong>di</strong> colline<br />

rocciose e così lontana da <strong>Camelot</strong>.<br />

Restammo loro alle calcagna per settimane. Avanzavamo con<br />

grande accortezza nascondendoci come timi<strong>di</strong> caprioli, ma cercando<br />

comunque <strong>di</strong> spingerli nella trappola che avevamo ideato. Tuttavia,<br />

il continuo e inesorabile bisogno <strong>di</strong> prudenza e <strong>di</strong> segretezza aveva


talmente sfiancato e irritato i nostri soldati - in particolare i guerrieri<br />

- che cominciarono a non poterne più <strong>di</strong> quell'infinita cautela.<br />

Volevano combattere, venire rapidamente a capo della faccenda e<br />

farla finita con tutta quella <strong>di</strong>screzione. Quel giorno, però, qualcuno<br />

si era infiltrato nel nostro accampamento, scatenando il<br />

combattimento nel quale Eleron era stato ferito; poi era arrivata<br />

subito la tempesta <strong>di</strong> neve che ora rischiava <strong>di</strong> vanificare tutti i nostri<br />

piani solleciti.<br />

Ero ancora immerso nei miei pensieri quando all'improvviso mi<br />

accorsi che Artù mi stava fissando, in attesa che gli <strong>di</strong>cessi qualcosa.<br />

Distolsi subito lo sguardo, rivolgendolo alle pareti della caverna,<br />

coperte <strong>di</strong> ombre. La sua spada era ancora là dove l'aveva<br />

appoggiata, accanto alla mia, d'aspetto meno imponente ma non<br />

meno letale. Infine mi voltai e gli <strong>di</strong>ssi quello che pensavo.<br />

«Non è solo la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> Eleron, Artù. C'è qualcos'altro che vi<br />

preoccupa. Eleron è soltanto un uomo - senz'altro eccezionale, che<br />

potrà ancora vivere e <strong>di</strong>ventare il migliore <strong>di</strong> noi - ma pur sempre un<br />

uomo. Sono sicuro che le vostre preoccupazioni vanno ben al <strong>di</strong> là<br />

<strong>di</strong> questo.»<br />

Si alzò, aggiustandosi una coperta sulle spalle, per poi <strong>di</strong>rigersi<br />

verso l'ingresso della grotta; lì si appoggiò alla parete e prese a<br />

guardare la neve che vorticava nell'oscurità. Lo seguii <strong>di</strong> lì a breve. <strong>Il</strong><br />

vento era cessato e per un istante rimanemmo uno accanto all'altro a<br />

guardare la neve e ad ascoltare l'assoluto silenzio che regnava oltre<br />

la soglia. La notte davanti a noi era così tranquilla che u<strong>di</strong>vamo<br />

<strong>di</strong>stintamente il sibilare della legna nel fuoco alle nostre spalle.<br />

«Gli uomini stanno perdendo fiducia, Clothar. Lo sento.»<br />

Ecco, finalmente era venuto al dunque: un punto <strong>di</strong> partenza da<br />

cui iniziare a confrontarsi. Era già da parecchio tempo che riflettevo<br />

sull'argomento - a <strong>di</strong>re il vero, da mesi - ed ero stato più volte<br />

tentato <strong>di</strong> parlargliene io per primo. D'un tratto mi rallegrai <strong>di</strong> non<br />

averlo fatto: soltanto ora, sentendogli affrontare la questione, mi<br />

sembrava <strong>di</strong> avere le parole giuste da <strong>di</strong>re.<br />

«Sono umani» mormorai.<br />

Piegò la testa leggermente <strong>di</strong> lato con aria scettica. «Un pensiero


profondo...» <strong>di</strong>sse con un tono che trasudava sarcasmo. «Ti ho mai<br />

dato l'impressione <strong>di</strong> aspettarmi che non lo fossero?»<br />

Allungai una mano per catturare un grosso fiocco <strong>di</strong> neve. «No,<br />

mai. So che ne siete cosciente.»<br />

«Tante grazie.»<br />

«Loro, però, non pensano lo stesso <strong>di</strong> voi, non vi credono<br />

umano; non del tutto, almeno.»<br />

Si rabbuiò ma non <strong>di</strong>sse nulla, evidentemente colpito dalle mie<br />

parole. Lo lasciai solo, in pie<strong>di</strong> sulla soglia, e me ne tornai dentro la<br />

caverna, <strong>di</strong>retto alla sua spada, ancora appoggiata alla roccia. La<br />

impugnai al centro del fodero e la tenni alzata davanti a me,<br />

consapevole del suo sguardo su <strong>di</strong> me. Poi lanciai l'arma all'in<strong>di</strong>etro,<br />

facendola volteggiare verso <strong>di</strong> lui; egli l'afferrò con facilità.<br />

«Ecco il problema e insieme la risposta su ciò che tormenta voi e i<br />

vostri uomini.»<br />

Rimase a fissarmi a lungo, soppesando con la mano l'arma<br />

inguainata. La guardò un istante, poi tornò a posare gli occhi su <strong>di</strong><br />

me. «Clothar,» <strong>di</strong>sse infine con una voce talmente bassa che faticavo<br />

a sentirla, «ti ho sempre considerato un ragazzo intelligente e il fatto<br />

<strong>di</strong> non avere assolutamente idea <strong>di</strong> cosa tu stia parlando mi fa sentire<br />

un perfetto i<strong>di</strong>ota.»<br />

«Oh, non dovete, mio re. Mi riferisco a una cosa cui voi non<br />

avete sicuramente mai pensato.»<br />

«E cioè...?»<br />

«Alla magia, Artù. All'invulnerabilità.»<br />

«Spiegati meglio.» Non voleva più darmi l'impressione <strong>di</strong> non<br />

riuscire a comprendere. Sorrisi.<br />

«I vostri uomini, tutti, vi hanno visto ricevere in dote la magica<br />

spada che state tenendo in mano. L'hanno vista entrare in vostro<br />

possesso miracolosamente il giorno della vostra incoronazione,<br />

quando l'avete estratta dalla roccia.»<br />

«Ma è ri<strong>di</strong>colo. Non c'è niente <strong>di</strong> magico in ciò che accadde, fu<br />

soltanto una messa in scena ideata da Merlino per fare colpo,<br />

nient'altro.»


«Ma si rivelò incre<strong>di</strong>bilmente efficace. Deve aver funzionato più<br />

che bene se ha convinto tutti.»<br />

Artù mi guardò <strong>di</strong> sbieco, come a voler misurare la forza della<br />

mia convinzione; poi scrollò la testa in un secco <strong>di</strong>niego. «Non tutti,<br />

Clothar. Forse i presenti, quanti vi hanno assistito <strong>di</strong>rettamente.»<br />

Alzò la spada impugnandola per l'elsa a forma <strong>di</strong> croce e la tenne<br />

all'altezza degli occhi, per in<strong>di</strong>care che era quella al centro della<br />

questione. «Allora non hanno visto nient'altro che una spada, simile<br />

a tante altre, a parte nella lama. La mia è un'arma straor<strong>di</strong>naria,<br />

questo è certo, ma non ha niente <strong>di</strong> magico. L'ha forgiata il mio<br />

bisnonno, Publio Varro <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, un fabbricante <strong>di</strong> spade, ed è<br />

sempre appartenuta alla mia famiglia, da molto prima della mia<br />

incoronazione.»<br />

«Già, così mi avevate detto. Eppure, prima che la estraeste dalla<br />

roccia nessuno all'infuori dei vostri familiari ci aveva mai messo gli<br />

occhi sopra. Non è vero?»<br />

«Sì, è vero, e con ciò?»<br />

«Non ero presente e quin<strong>di</strong> non conosco la verità,» <strong>di</strong>ssi<br />

scrollando le spalle, «ma mi hanno raccontato che voi, da solo,<br />

l'avete estratta dalla pietra d'altare, davanti a migliaia <strong>di</strong> persone, nel<br />

fantastico scenario del santuario <strong>di</strong> sant'Albano.»<br />

«Sì, l'ho fatto ma non fu...»<br />

«E una volta estratta, proprio mentre la tenevate in alto, sopra la<br />

testa, le nuvole si sono spalancate, lasciando penetrare un raggio <strong>di</strong><br />

luce che vi ha illuminato dal Para<strong>di</strong>so. Non è forse vero?»<br />

«Sì, è vero, ma nemmeno allora fu ma...»<br />

«Magia, mio signore?» <strong>Il</strong> mio brusco intervento lo lasciò a bocca<br />

aperta.<br />

«È questo che stavate per <strong>di</strong>re? Nessuna magia? Nessun miracolo?»<br />

Artù rimase immobile, stupito e contrariato dal mio insistere<br />

sull'argomento: riuscii a notare il sangue salirgli alle tempie perfino<br />

alla luce tremante del fuoco. Poi, dopo un breve respiro, aprì la<br />

bocca per <strong>di</strong>re qualcosa ma, ancora una volta, lo interruppi prima<br />

che potesse parlare.


«Artù, quel giorno a Verulamium, c'erano quasi <strong>di</strong>ecimila persone<br />

a guardarvi. Hanno visto il vescovo appoggiare sulla vostra fronte il<br />

dorato <strong>di</strong>adema regio e nominarvi riotamo, sommo re della<br />

Britannia Unita; tutti quanti vi hanno sentito giurare che avreste<br />

usato il vostro potere militare per <strong>di</strong>fendere l'intera Britannia e la<br />

chiesa cristiana contro gli invasori stranieri già allora in marcia contro<br />

<strong>di</strong> voi.»<br />

Mi fissava, il viso immobile e gli occhi sgranati, in attesa che finissi<br />

il mio <strong>di</strong>scorso; proseguii.<br />

«Vi hanno visto prestare giuramento alla croce che avevate<br />

davanti, sull'altare. La tenevate stretta in pugno mentre era avvolta<br />

nel panno viola della quaresima; hanno u<strong>di</strong>to tutti il vescovo alle<br />

vostre spalle invocare dal cielo un segno che <strong>di</strong>mostrasse la<br />

correttezza della vostra scelta. E dopo la sua invocazione le nuvole<br />

sopra <strong>di</strong> voi si sono aperte, attraversate da raggi splendenti, che vi<br />

hanno immerso in un bagno <strong>di</strong> luce nel preciso istante in cui<br />

estraevate dalla pietra d'altare la spada, quella spada.<br />

L'hanno visto in <strong>di</strong>ecimila, Artù, con i loro occhi. E adesso voi<br />

vorreste far sapere loro che quanto visto era soltanto un inganno?<br />

Che quel giorno non hanno assistito a nessun miracolo, che le<br />

nuvole non si sono per nulla spalancate?»<br />

«Si sarebbero aperte comunque,» bisbigliò, «anche se lì non ci fosse<br />

stato nessuno.»<br />

«Ma c'erano tutti, Artù; a segnale invocato, hanno visto il cielo<br />

aprirsi, voi che alzavate in alto una spada d'argento scintillante quali<br />

non se ne erano mai viste.»<br />

«No! Non è andata per niente in questo modo!» La sua voce<br />

furiosa si fece più potente nel tentativo <strong>di</strong> negare ciò che egli sapeva<br />

essere vero. Ma la mia lo era altrettanto, così mi misi anch'io a<br />

gridare.<br />

«E invece sì, Artù, è andata proprio in questo modo! Hanno visto<br />

il loro riotamo incoronato e benedetto da un raggio <strong>di</strong> luce e una<br />

spada magica, ed è questa la ragione per cui i vostri uomini credono<br />

siate più <strong>di</strong> un semplice mortale!»<br />

Le sue palpebre si misero a battere: era sconcertato e incredulo;


poi si alterò, la mano stretta forte intorno al fodero della spada,<br />

quasi volesse abbattermi con l'impugnatura. Vi<strong>di</strong> crescere in lui la<br />

rabbia, che però, con un evidente sforzo <strong>di</strong> volontà, cercava <strong>di</strong><br />

domare. Rimase immobile per quello che fu un lungo istante,<br />

ergendosi in tutta la sua altezza, con il fiato grosso e breve, incerto<br />

se lasciarsi andare alla collera; poi, d'un tratto, la rabbia e la tensione<br />

sembrarono scivolare via. Sbuffando forte, lasciò cadere la testa sul<br />

petto; poi presa la spada con l'altra mano, attraversò il locale e<br />

l'appoggiò dove si trovava in precedenza, contro la parete della<br />

grotta. Con lo sguardo fisso sul fuoco tornò alla sua sella, per sedersi<br />

e gettare altra legna sulle braci.<br />

Rimasi dov'ero, senza muovermi, finché la fiamma non riprese<br />

vigore e il re non mi fece cenno <strong>di</strong> accomodarmi <strong>di</strong> nuovo sull'altra<br />

sella, <strong>di</strong> fronte a lui.<br />

«Sie<strong>di</strong>ti, amico mio, in nome <strong>di</strong> Dio.» Non appena mi sedetti, mi<br />

lanciò un'altra occhiata furtiva, espirando a lungo dalle labbra<br />

contratte. «Ora... So che non volevi provocarmi, Clothar <strong>di</strong> Benwick:<br />

essendo tu un franco, sei poco abituato a parlare con un certo tatto.<br />

Ma so anche che quando ti sforzi riesci a parlare un latino piuttosto<br />

buono, alle volte perfino comprensibile, nonostante le bizzarre<br />

storture che imponi alle tue vocali...» Fece una smorfia che trasformò<br />

il suo viso in una maschera rugosa. «Allora ti prego <strong>di</strong> raccontarmi,<br />

lentamente, le ragioni <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>scussione. Che cosa riguardano?<br />

Potresti spiegarmelo in modo chiaro?»<br />

Annuii. «Siete preoccupato per lo stato mentale dei vostri<br />

uomini... per il loro morale, il loro benessere. Loro, invece, vi<br />

vedono come un essere invulnerabile. Ho in mente uno<br />

stratagemma per allontanare i timori che avete per i vostri uomini,<br />

consentendo loro <strong>di</strong> <strong>di</strong>videre con voi il vostro dono e gli effetti dei<br />

suoi benefici.»<br />

«Quale dono?»<br />

«La vostra invulnerabilità.»<br />

«Tu sei pazzo. Non sono più invulnerabile <strong>di</strong> quanto non lo sia tu.<br />

E questo lo sai bene. Mi hai visto sanguinare tu stesso! Dannazione,<br />

amico, è successo per colpa tua!»


«Vero, mio signore. Ma qui non stiamo parlando della verità.<br />

Stiamo parlando <strong>di</strong> percezione.»<br />

«In nome <strong>di</strong> Dio...»<br />

«No, lasciate Dio fuori da questa <strong>di</strong>scussione, almeno per il<br />

momento. Per la precisione, vi <strong>di</strong>co che dovremmo permettere ai<br />

vostri uomini <strong>di</strong> usufruire del vostro dono. Possiamo trasmettere<br />

loro le vostre doti magiche. Ascoltatemi fino in fondo, Artù, vi<br />

prego.» Stava per alzarsi <strong>di</strong> nuovo, ma quest'ultima frase dovette<br />

farlo desistere e, sebbene con riluttanza, si calmò presto.<br />

«Dici cose senza senso, Lance.»<br />

«No, forse sembreranno tali alle vostre orecchie, re britanno,<br />

perché ancora non vi siete rassegnato ad ascoltare davvero quello<br />

che tento <strong>di</strong> <strong>di</strong>rvi. Ora volete stare a sentire? E prima <strong>di</strong> <strong>di</strong>re no,<br />

provate a pensare se vi ho mai fatto sprecare del tempo.» Rimasi in<br />

silenzio un attimo per dargli modo <strong>di</strong> rispondere; non <strong>di</strong>sse niente,<br />

così continuai, stavolta usando toni più prudenti e moderati.<br />

«Poco prima che lasciassimo <strong>Camelot</strong>, la scorsa primavera, sentii<br />

usare da Merlino una parola che avevo u<strong>di</strong>to pronunciare in<br />

precedenza soltanto una volta, dal vescovo Germano. Quando la<br />

sentii da Merlino, la riconobbi ma non la capii, come non l'avevo<br />

capita quando a usarla era stato Germano. Chiesi comunque a<br />

Merlino cosa significasse e lui me la spiegò. In seguito ne parlammo a<br />

lungo. È una parola meravigliosa, Artù; una parola dalla grande<br />

potenza, ma per nulla scontata. L'ho usata poco fa e non ve ne siete<br />

accorto.»<br />

«Quale parola?»<br />

«Percezione.»<br />

«Percezione? È questa la tua parola così potente?» <strong>Il</strong> re scrollò il<br />

capo e corrugò leggermente la fronte. «Significa visione, credo.<br />

Perché la consideri tale?»<br />

«Per il modo in cui ne parlava Merlino. Riteneva che fosse così, e<br />

lo stesso il beato Germano. Ma non vuol <strong>di</strong>re visione... per lo meno,<br />

non soltanto quello. È la maniera in cui si vedono le cose, me l'ha<br />

spiegato Merlino. <strong>Il</strong> modo in cui si percepiscono può con<strong>di</strong>zionare i<br />

comportamenti e ad<strong>di</strong>rittura lo stile <strong>di</strong> vita della gente. Secondo lui


le percezioni possono influenzare un uomo, un gruppo <strong>di</strong> uomini,<br />

un'armata, ad<strong>di</strong>rittura popolazioni intere, fino a far cambiare il<br />

modo <strong>di</strong> agire, spingere ad adottare nuove credenze, nuove idee.»<br />

Mi interruppi dandogli il tempo <strong>di</strong> assimilare il concetto; quin<strong>di</strong><br />

passai alla mia conclusione: «Le percezioni - il modo in cui le persone<br />

percepiscono le cose - possono plasmare il futuro, mio signore».<br />

«Siamo <strong>di</strong> nuovo tornati a "mio signore"? La cosa mi puzza. Dove<br />

mi vuoi portare Lance?»<br />

«Qui e ora, nient'altro che nel presente. E qui e ora voglio<br />

spronarvi a riflettere sul significato delle percezioni.»<br />

«Mmm.» <strong>Il</strong> re si mise a fissare il fuoco tormentandosi pensoso il<br />

labbro superiore, per poi sollevare finalmente lo sguardo su <strong>di</strong> me e<br />

cominciare a stu<strong>di</strong>armi con la massima attenzione. «Continua, allora.<br />

Fa' sentire come vorresti spronarmi.»<br />

«Bene!» Mi accomodai nel modo più confortevole possibile.<br />

«Immaginate allora che le percezioni dei vostri soldati siano tutte<br />

vere. A ragione o a torto loro vi considerano invulnerabile: a<br />

proteggervi è la splendente e soprannaturale bellezza e il potere<br />

della vostra gloriosa spada Excalibur, l'arma che avete estratto dalla<br />

pietra d'altare <strong>di</strong> Dio.<br />

E questa sarà la loro percezione finché quella spada rimarrà in<br />

vostro possesso e, fino a quando la stringerete in mano e sarete in<br />

grado <strong>di</strong> usarla, la vostra vita sarà magicamente protetta da ogni<br />

pericolo. Lo so, la cosa non ha alcun senso, e ci credo quanto voi,<br />

ma è questo ciò che percepiscono, e la loro percezione, <strong>di</strong> per sé,<br />

può avere per noi, per voi, per l'intero regno <strong>di</strong> Britannia, un valore<br />

inestimabile.<br />

Vi chiederete come. Usate per un momento l'immaginazione,<br />

Artù. Pensateci seriamente, non come qualcosa su cui scherzare<br />

appena avrò finito <strong>di</strong> parlare, ma da impiegare a buon <strong>di</strong>ritto per il<br />

bene <strong>di</strong> tutti coloro che sono coinvolti.» Tirai un profondo respiro e<br />

proseguii.<br />

«Pare sempre più probabile che passeremo qui la notte e che<br />

domattina non ci sarà alcuna battaglia. Ma prima o poi verrà il<br />

giorno <strong>di</strong> combattere. Provate a immaginare, se potete, <strong>di</strong> chiamare


a raccolta i vostri comandanti un attimo prima <strong>di</strong> mandarli alle loro<br />

postazioni. Saranno tutti in attesa <strong>di</strong> ricevere vostre istruzioni e vi<br />

guarderanno, vi ammireranno, sicuri che al termine della battaglia,<br />

quando arriverà il momento <strong>di</strong> contare le per<strong>di</strong>te, loro potrebbero<br />

essere morti, mentre voi sarete ancora in sella al vostro cavallo,<br />

l'armatura senza un graffio, la pelle intatta, la vostra vita protetta<br />

dalla splen<strong>di</strong>da lama che possedete...<br />

E adesso immaginate <strong>di</strong> radunare, questa stessa notte, alla vigilia<br />

della battaglia, tutti i comandanti per <strong>di</strong>re loro che siete consapevole<br />

della grande fortuna ricevuta dalla sorte e per annunciare che avete<br />

escogitato un modo per spartire con loro il vostro dono.<br />

Racconterete per intero della veglia della notte prima <strong>di</strong><br />

riven<strong>di</strong>care la corona, come vi purificaste nel sacro rituale<br />

liberandovi <strong>di</strong> tutti i peccati grazie ai sacerdoti che vi assistevano,<br />

come trascorreste la notte in preghiera per prepararvi al rito, puro e<br />

ravveduto, insieme al sole nascente, per sottoporvi al giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong><br />

Dio, ottenere la sua bene<strong>di</strong>zione e la sua luce. Direte loro tutto ciò e<br />

poi racconterete del momento in cui accoglieste sulla fronte la<br />

corona d'oro del riotamo e tra le mani la purezza splendente <strong>di</strong><br />

Excalibur...<br />

Saranno entusiasti <strong>di</strong> u<strong>di</strong>re cose così straor<strong>di</strong>narie raccontate<br />

<strong>di</strong>rettamente dalla vostra bocca. Lo saranno tutti, anche quanti<br />

avevano assistito a quegli eventi in prima persona. Si chiederanno il<br />

perché <strong>di</strong> quel racconto. Allora voi spiegherete la vostra intenzione<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>videre con loro il vostro dono. Non potrete spartire il tremendo<br />

e spaventoso fardello dell'alto potere sovrano perché quello è un<br />

incarico che si ad<strong>di</strong>ce a un unico uomo. Ma vi sarà possibile donare<br />

loro i simboli che vi contrad<strong>di</strong>stinguono e, una volta preparati,<br />

confessati, assolti e purificati tutti, dopo una notte insonne <strong>di</strong><br />

penitenza e preghiere, spartirete con loro il mantello e l'emanazione<br />

del potere che vi è giunto attraverso Excalibur. Se verranno da voi<br />

nella luce velata dell'alba, preparati spiritualmente e purificati, se si<br />

inginocchieranno ai vostri pie<strong>di</strong> con lealtà e umiltà, voi li bene<strong>di</strong>rete<br />

con il potere della vostra spada, posandola prima su una loro spalla,<br />

poi sull'altra, così che l'aura <strong>di</strong> quell'arma impareggiabile si riversi su<br />

<strong>di</strong> loro come uno scudo protettivo. E quando si rialzeranno si<br />

sentiranno <strong>di</strong>versi. Perché così saranno percepiti dai loro pari e da


loro stessi. Percezioni, Artù.»<br />

Mi fissava con intensità; le sopracciglia lievemente aggrottate<br />

sembravano preannunciare un severo cipiglio, ma io sapevo che in<br />

realtà il mio amico era sprofondato in uno dei suoi soliti momenti <strong>di</strong><br />

intensa concentrazione. Fornendogli nuovi argomenti su cui<br />

riflettere, avevo decisamente catturato la sua attenzione e ora mi<br />

sarebbe toccato aspettare parecchio tempo prima che tornasse a<br />

rivolgermi la parola. Avrebbe me<strong>di</strong>tato su quanto gli avevo detto,<br />

considerato e soppesato i pro e i contro <strong>di</strong> ogni questione, ogni<br />

sfaccettatura che ne sarebbe risultata e, soltanto in seguito, una volta<br />

sicuro <strong>di</strong> non doversi aspettare ulteriori sorprese, saremmo tornati<br />

nuovamente sull'argomento.


III<br />

<strong>Il</strong> silenzio che seguì fu lungo ma rilassante poiché non richiedeva<br />

niente <strong>di</strong> particolare da entrambe le parti. Eppure mi ritrovai a<br />

concentrarmi sulla necessità <strong>di</strong> rimanere immobile, per non<br />

rivolgergli neanche una fuggevole occhiata che avrebbe rischiato <strong>di</strong><br />

interrompere le sue riflessioni.<br />

Sapevo <strong>di</strong> essere ri<strong>di</strong>colo ma nel corso <strong>di</strong> quei quattro anni <strong>di</strong><br />

intensa amicizia avevo imparato che quando Artù Pendragon si<br />

immergeva nell'analisi <strong>di</strong> qualche problema non c'era nulla, a parte<br />

un'interruzione fisica, che potesse indurlo ad abbandonare il suo<br />

ragionamento. Così, benché fossi perfettamente conscio <strong>di</strong> quanto<br />

fosse inutile restare immobile, mi ostinai a tenere lo sguardo dritto<br />

davanti a me, fisso sul fuoco. Non volevo lasciar trapelare nessuno<br />

dei miei pensieri, almeno finché Artù, il re, non avesse decifrato i<br />

suoi. Ripensandoci, non ricordo <strong>di</strong> aver mai vissuto un silenzio tanto<br />

lungo. Ma, d'un tratto, mentre ce ne stavamo seduti nella più<br />

assoluta quiete notturna, sentimmo all'esterno il rumore <strong>di</strong> qualcuno<br />

che inciampava, e subito dopo un'imprecazione soffocata.<br />

Prima ancora che potessi reagire - e avevo riflessi assolutamente<br />

normali -, Artù era già balzato in pie<strong>di</strong>. Non feci in tempo a<br />

sollevarmi che il re si era già accucciato, con una mano verso <strong>di</strong> me e<br />

il <strong>di</strong>to dell'altra alle labbra, perché restassi zitto e immobile. Poi,<br />

dopo essersi scrollato in fretta la coperta <strong>di</strong> dosso e avermela<br />

lanciata, mi fece cenno <strong>di</strong> stendermi e coprirmi con quella, per<br />

fingere <strong>di</strong> dormire. Non appena eseguii il suo or<strong>di</strong>ne, lasciando<br />

libere le estremità della coperta, raccolse il lungo pugnale che avevo<br />

adagiato vicino alla sua sella, me lo lanciò e andò in fretta a<br />

recuperare le spade. <strong>Il</strong> suo pugnale, un autentico gla<strong>di</strong>us romano<br />

dalla lama corta, gli pendeva, nel fodero, sul fianco destro. Tornò<br />

con le due lunghe spade, muovendosi molto velocemente per un<br />

uomo <strong>di</strong> quella taglia; poi rovesciò la sua sella <strong>di</strong> lato e ci lanciò<br />

sopra le due coperte per i cavalli, così che sembrasse qualcuno che


dormiva. Fissò la mia spada all'estremità del fagotto in modo che la<br />

sua impugnatura a croce potesse chiaramente essere vista alla luce<br />

delle braci. Quin<strong>di</strong>, sempre facendomi segno <strong>di</strong> rimanere in silenzio,<br />

sfoderò con cautela Excalibur, appoggiò il suo fodero vuoto al muro<br />

e si appostò, immobile, <strong>di</strong>etro la lama <strong>di</strong> roccia, dove non potevano<br />

vederlo neanche dall'ingresso della caverna.<br />

Non era riuscito, però, a fare tutto nel più assoluto silenzio, così<br />

nei primi istanti che seguirono non osammo quasi respirare,<br />

temendo che un'orda <strong>di</strong> uomini, avvertiti della nostra presenza,<br />

entrasse nella grotta per attaccarci. Ma gli istanti si prolungarono<br />

senza che accadesse nulla e, alla fine entrambi - io, per lo meno -<br />

cominciammo a pensare <strong>di</strong> essere sfuggiti alla cattura.<br />

Mi alzai con cautela su un gomito, pronto a rimettermi in pie<strong>di</strong>,<br />

ma Artù, più cauto e meno fiducioso <strong>di</strong> me, mi fece cenno <strong>di</strong><br />

fermarmi. Mi riabbassai, i sensi <strong>di</strong> nuovo all'erta: il re doveva aver<br />

u<strong>di</strong>to qualcosa.<br />

Per un attimo pensai che fuori potesse esserci qualcuno dei nostri,<br />

ma senza assolute certezze, né io né Artù ci saremmo mai sognati <strong>di</strong><br />

esporci o <strong>di</strong> rischiare la vita per il puro gusto della scoperta.<br />

Restammo in attesa, immersi nell'oscurità, mentre i nostri cuori,<br />

mano a mano che il tempo passava, tornavano al loro battito<br />

regolare.<br />

Un tizzone <strong>di</strong> brace sprofondò nel fuoco vicino alla mia testa con<br />

un piccolo tonfo sommesso e sollevò uno sbuffo quasi impercettibile<br />

<strong>di</strong> cenere polverosa. Una serie <strong>di</strong> piccole vivide scintille sfrecciarono,<br />

come formiche impazzite, lungo i fianchi anneriti e carbonizzati <strong>di</strong><br />

alcuni pezzi <strong>di</strong> legno, per poi spegnersi fino a <strong>di</strong>ventare invisibili.<br />

Rimasi a guardarle affascinato, la loro immagine rimase vivida nella<br />

mia mente anche a palpebre chiuse. Sapevo che non c'era alcuna<br />

possibilità che le braci potessero essere viste dall'esterno, ma se<br />

qualcuno fosse riuscito a entrare le avrebbe sicuramente notate.<br />

Mentre nella mia mente quel pensiero si accompagnava<br />

all'immagine ben <strong>di</strong>stinta <strong>di</strong> un uomo in pie<strong>di</strong> sulla soglia della<br />

grotta, con la testa reclinata all'in<strong>di</strong>etro e le narici spalancate ad<br />

annusare l'aria, mi arrivò dall'esterno il suono ovattato <strong>di</strong> movimenti<br />

furtivi. Mi irrigi<strong>di</strong>i <strong>di</strong> nuovo e trattenni il respiro: questa volta fui


icompensato dal suono <strong>di</strong> una voce grave che borbottava in una<br />

lingua aspra e gutturale, <strong>di</strong>versa da tutte quelle che conoscevo.<br />

Chiunque fosse, quell'uomo era ancora fuori dalla grotta e c'erano<br />

buone probabilità che fosse solo, poiché nessuno gli rispondeva.<br />

Tornai con il pensiero a quando, poco prima, sulla soglia, Artù e io<br />

guardavamo la neve cadere. La pesante e ventosa nevicata doveva a<br />

quel punto aver già coperto tutte le tracce dei nostri precedenti<br />

spostamenti: nulla poteva tra<strong>di</strong>re la nostra presenza. Sulla soglia<br />

della caverna non c'erano imperfezioni che alterassero il perfetto<br />

manto <strong>di</strong> neve levigato dal vento. Fu allora che mi voltai per cercare<br />

con lo sguardo Artù, chiedendomi cosa gli stesse passando per la<br />

testa.<br />

La stessa spada lunga e affilata che prima aveva appoggiato con<br />

cura alla parete, era nelle sue mani con la punta rivolta verso il<br />

basso, stretta al suo fianco. La mano sinistra era ancora tesa nella mia<br />

<strong>di</strong>rezione, con le <strong>di</strong>ta ferme in un segnale perentorio che mi<br />

imponeva <strong>di</strong> rimanere dov'ero. Tutta la sua attenzione, invece, era<br />

concentrata sui rumori o, meglio, sul silenzio ormai calato oltre la<br />

sporgenza che lo nascondeva.<br />

Finché a un tratto u<strong>di</strong>mmo il rumore <strong>di</strong> un unico ed esitante passo<br />

sulla terra nuda, al <strong>di</strong> qua della soglia. Artù, con un cenno<br />

inequivocabile della mano, mi or<strong>di</strong>nò <strong>di</strong> tornare a stendermi subito.<br />

Obbe<strong>di</strong>i all'istante: sapevo perfettamente che da un momento<br />

all'altro l'intruso avrebbe potuto scoprirmi. Con la faccia<br />

seminascosta nell'incavo del braccio sentii che stava avanzando<br />

adagio, per poi fermarsi ansimando forte. Ci fu ancora un lungo<br />

silenzio, cui seguì un veloce rumore <strong>di</strong> passi: si era messo a correre in<br />

fretta verso la mia sagoma "dormiente" sperando, a quanto pareva,<br />

<strong>di</strong> mettere fine alla mia vita prima che potessi opporre resistenza.<br />

Mi voltai <strong>di</strong> scatto mettendomi seduto appena in tempo per<br />

vedere Artù che, con un agile balzo, sbucava fuori dal suo<br />

nascon<strong>di</strong>glio, afferrava l'uomo per la nuca e, facendo leva sul piede,<br />

gli toglieva l'equilibrio, per poi piantargli, infine, con la destra, la<br />

spada in corpo. Aveva sferrato quel colpo con tutta la sua forza. <strong>Il</strong><br />

danese - perché non c'erano dubbi che si trattasse <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> loro -<br />

morì all'istante: piegò in avanti la testa esalando l'ultimo respiro nel<br />

preciso istante in cui la mici<strong>di</strong>ale lama affondò fino all'elsa,


attraversando con violenza lo sterno fino a spaccargli il cuore. Artù,<br />

incurvando la schiena e piegando le ginocchia per meglio accogliere<br />

il peso dell'uomo, riuscì a tenerlo in pie<strong>di</strong> e mi parlò sussurrando da<br />

quella posizione.<br />

«Assicurati che sia solo. Ma fa' attenzione. Non farti vedere.»<br />

Mi avvicinai all'entrata, stando accucciato perché non mi<br />

notassero dall'esterno e, quando fui certo <strong>di</strong> poter raggiungere la<br />

soglia senza pericolo, sgattaiolai fino a un punto da cui riuscivo a<br />

vedere tutto quello che c'era da vedere. Esaminai attentamente<br />

l'esterno e rientrai.<br />

«Era solo. C'è un'unica fila d'impronte là fuori.»<br />

«Ottimo. A suo modo, una fortuna. <strong>Il</strong> figlio <strong>di</strong> puttana è davvero<br />

grosso: non ho voluto lasciarlo cadere per paura che facesse rumore<br />

e attirasse gli altri. Vieni qua, pren<strong>di</strong>lo per le spalle, che io gli afferro<br />

le gambe. Sten<strong>di</strong>amolo laggiù, accanto alla parete.»<br />

Quando avemmo finito e Artù ebbe recuperato la sua spada -<br />

impresa non facile perché le carni dell'uomo si erano nel frattempo<br />

contratte intorno alla lama -, mi misi a riaccendere il fuoco.<br />

«Chissà chi era. Senz'altro un danese; mi domando cosa stesse<br />

facendo quassù.»<br />

«Ci cercava, immagino. O piuttosto cercava qualcuno che non<br />

avrebbe dovuto trovarsi qua in alto, essendo Horsa giù in basso. Ma<br />

<strong>di</strong> qualunque cosa si tratti è un chiaro segnale che stanotte non<br />

avremo più né riposo né, tanto meno, calore. Faresti meglio a<br />

spegnere il fuoco. Questo energumeno è qui perché ha fiutato il<br />

fumo e ho il sospetto che non sia arrivato quassù completamente<br />

solo.» Rifletté su questo punto e aggiunse: «Facci caso, se fosse stato<br />

solo non si sarebbe avventurato qui dentro, non ti pare? Forse si è<br />

soltanto allontanato dal resto del gruppo e non ha voluto chiamare<br />

gli altri per non metterci in allarme. A ogni modo, se era in<br />

compagnia, a questo punto, i suoi compagni saranno già sulle sue<br />

tracce. E potrebbero arrivare qui prima <strong>di</strong> quanto pensiamo».<br />

Mentre parlava Artù continuava a guardarsi intorno, i suoi occhi<br />

intenti ad analizzare la situazione: era evidente che i suoi pensieri<br />

erano rivolti ad altro. «Allora, giovane Lancie,» rifletté «sarà meglio


prepararsi ad accoglierli, chiunque siano. E auguriamoci davvero,<br />

caro il mio lanciatore <strong>di</strong> giavellotti, che il nostro silenzioso<br />

compagno facesse parte <strong>di</strong> un piccolo gruppo in ricognizione e non<br />

fosse un esploratore dell'esercito <strong>di</strong> Horsa.»<br />

Annuii; ero d'accordo con lui e, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni logica, <strong>di</strong>vertito<br />

per quel soprannome confidenziale e per il modo con cui spesso si<br />

rivolgeva a me. Benché fosse assorto nei suoi pensieri, perché<br />

preoccupato delle conseguenze <strong>di</strong> una decisione che doveva per<br />

forza prendere, mi parlava, sempre e comunque, come a un<br />

ragazzino inerme o a un semplice novizio. Una cosa inoffensiva, un<br />

suo piccolo vezzo, e un modo, un po' strano, per esprimere l'alta<br />

stima che aveva nei miei confronti. Mi ero sentito presto a mio agio<br />

con quei soprannomi e altrettanto in fretta mi ero abituato a quel<br />

suo modo <strong>di</strong> parlare. Eppure c'erano volte che mi sembravano nuovi<br />

e buffi: in fondo avevamo soltanto due anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenza e, per<br />

competenza e abilità nel combattere, eravamo molto simili. Lui era<br />

senza dubbio migliore come arciere ma la mia abilità nello scagliare<br />

la lancia ispirava in lui timore e rispetto.<br />

Quasi tutti i guerrieri mi chiamavano semplicemente il "Franco",<br />

rifiutandosi <strong>di</strong> asservire la lingua a un nome straniero dalla pronuncia<br />

insolita; altri mi chiamavano "Lanciatore" o "Uomo delle lance"<br />

oppure "Lanciere". Era in realtà una normale consuetu<strong>di</strong>ne: i soldati<br />

non usavano chiamarsi tra loro con il nome <strong>di</strong> battesimo. Tutti gli<br />

uomini che conoscevo, tranne quelli che erano re e signori, o quelli<br />

dotati <strong>di</strong> poteri eccezionali come Merlino, avevano un soprannome,<br />

legato alle attività che svolgevano e scelto dai loro compagni d'armi.<br />

Per me, Artù aveva scelto un semplice "Lance", anche se, il più delle<br />

volte, ci aggiungeva alla fine l'onnipresente <strong>di</strong>minutivo Gaelico "ie":<br />

così <strong>di</strong>venni "Lancie", ma soltanto per lui.<br />

Ero già sul punto <strong>di</strong> soffocare il fuoco con una pietra larga e piatta<br />

quando mi fermò <strong>di</strong> nuovo. Mi or<strong>di</strong>nò subito <strong>di</strong> rimetterla giù e <strong>di</strong><br />

lasciare il fuoco acceso finché non avesse riflettuto ulteriormente sul<br />

da farsi. Mi sedetti e obbe<strong>di</strong>i, buttando sopra le braci ardenti dei<br />

piccoli pezzi <strong>di</strong> legna che in breve sprigionarono una nuova piccola<br />

fiamma.<br />

«Ottimo, Lance, accen<strong>di</strong> bene il fuoco. Adesso so cosa dobbiamo


fare.»<br />

Incuriosito e allarmato dal suo nuovo tono <strong>di</strong> voce, mi girai per<br />

guardarlo in viso. I suoi occhi brillavano <strong>di</strong> un entusiasmo che con il<br />

tempo mi era <strong>di</strong>ventato gra<strong>di</strong>to e familiare. Quando gli occhi scuri e<br />

screziati <strong>di</strong> giallo <strong>di</strong> Artù Pendragon si accendevano e scintillavano<br />

come ora, voleva <strong>di</strong>re che aveva preso una ferma decisione ed era<br />

pronto ad agire <strong>di</strong> conseguenza.<br />

«Ravviva il fuoco quanto ti aggrada. Ne avremo bisogno. D'altra<br />

parte, in nome <strong>di</strong> Dio, ha senso patire il freddo soltanto perché da<br />

un momento all'altro potremmo morire? Adesso aiutami a<br />

trasportare il nostro visitatore fin qui e a sistemarlo vicino al fuoco<br />

come se si stesse godendo il caldo. Lo avvolgeremo in una coperta,<br />

copriremo il sangue e faremo credere che sia crollato davanti al<br />

fuoco per il sonno. Non appena lo avremo sistemato, faremo dei<br />

turni <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a all'ingresso e quando vedremo i suoi amici arrivare<br />

torneremo dentro ad aspettarli. Ci nasconderemo sul fondo della<br />

grotta, <strong>di</strong>etro ai cavalli, e agiremo in modo <strong>di</strong>verso in base al loro<br />

numero. Fino a sei, li lasceremo entrare e una volta dentro li<br />

uccideremo. Se saranno più <strong>di</strong> sei, proveremo ad abbatterne il<br />

maggior numero possibile all'ingresso e poi usciremo a combattere<br />

sulla neve.»<br />

«Perché fino a sei e non sette o otto?»<br />

Mi guardò come se la domanda l'avesse colto <strong>di</strong> sorpresa. «Perché<br />

siamo in grado <strong>di</strong> affrontarne soltanto sei. Quando dal buio esterno<br />

si troveranno alla luce del fuoco, resteranno accecati, e allora noi<br />

saremo lì ad attenderli con le frecce puntate. Li colpiremo a morte<br />

prima che i loro occhi si abituino alla luce, tre per ciascuno. Uno<br />

solo in più e rischieremmo <strong>di</strong> concedergli abbastanza tempo da<br />

recuperare le forze per contrattaccare; inoltre potremmo finire per<br />

ucciderci tra noi in questo spazio così ridotto. Con sei o meno <strong>di</strong> sei<br />

faremo meglio a restare dove siamo. Finché li aspetteremo nella<br />

grotta, davanti all'ingresso si noterà un solo tipo <strong>di</strong> impronte. E<br />

avremo il vantaggio <strong>di</strong> prenderli <strong>di</strong> sorpresa: loro si <strong>di</strong>rigeranno<br />

subito dal loro amico per sedersi accanto al fuoco e non si<br />

preoccuperanno <strong>di</strong> venirci a cercare.»<br />

Si zittì per un attimo volgendo gli occhi all'entrata. «Non più <strong>di</strong>


sei, però, altrimenti questo posto si trasformerà in una trappola<br />

mortale. Una volta scoperti perderemmo ogni vantaggio: il nemico<br />

ci attenderebbe fuori per colpirci e quando usciremo, e presto o<br />

tar<strong>di</strong> dovremo farlo, ci falcerà a suo piacimento. Per il momento<br />

selleremo i cavalli perché siano pronti per ogni evenienza e ci<br />

metteremo a spiare l'arrivo dei nostri ospiti. Se dovessero essere più<br />

<strong>di</strong> sei, e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficili da gestire, tenderemo loro un'imboscata<br />

davanti all'ingresso e, prima che si allontanino dal nostro campo<br />

d'azione, cercheremo <strong>di</strong> abbatterne il più possibile. Se poi,<br />

nonostante tutto, riuscissero ad allontanarsi, ci lanceremo a cavallo<br />

al loro inseguimento, cercando <strong>di</strong> avvantaggiarci quanto più<br />

possibile, anche se non sarà facile con tutta questa neve. Dovessimo<br />

malauguratamente morire qui questa notte, io vorrei accadesse in<br />

sella al mio cavallo, fuori, all'aperto, impugnando la mia spada, e<br />

non in una vecchia grotta maleodorante, senza lo spazio per<br />

combattere, dove un qualunque vile codardo potrebbe strisciare alle<br />

mie spalle e infilzarmi con un pugnale. E tu?»<br />

Cosa potevo <strong>di</strong>re?<br />

Ero assolutamente d'accordo con lui.


IV<br />

Giunsero senza nemmeno preoccuparsi <strong>di</strong> essere visti. Fu una gran<br />

fortuna per me, perché durante il mio turno <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a, poco prima<br />

del loro arrivo, ero caduto nell'imperdonabile errore <strong>di</strong><br />

addormentarmi. Era stato l'urlo <strong>di</strong> una voce lontana a riportarmi<br />

bruscamente alla realtà; per un attimo rimasi lì, irrigi<strong>di</strong>to, senza<br />

capire dov'ero e che ore fossero; poi la consapevolezza tornò, ma<br />

restai ancora immobile, stor<strong>di</strong>to dalla gravità della mia negligenza.<br />

Infine, mi guardai intorno in fretta e furia, e quando mi resi conto<br />

che non dovevo essermi assopito da molto mi sentii sollevato. Lo<br />

scenario era esattamente come lo ricordavo: una <strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> nuvole<br />

sparse sopra la mia testa, che si stagliavano contro un cielo, una<br />

volta sorto il sole, <strong>di</strong> un blu intenso; c'era poi un'assoluta assenza <strong>di</strong><br />

ombre dovuta alla foschia del mattino che, ancora sospesa e intatta<br />

sulle colline lontane, filtrava qualunque fonte <strong>di</strong> luce <strong>di</strong>retta.<br />

Mi ero addormentato per qualche istante, niente <strong>di</strong> più. Sospirai,<br />

profondamente rincuorato e, data un'ultima cauta occhiata a quel<br />

panorama e schiarita piano la voce, cominciai a rimettermi in pie<strong>di</strong>,<br />

sgranchendomi la schiena. <strong>Il</strong> grido si ripeté: era la stessa voce che<br />

poco prima mi aveva fatto trasalire. Mi abbassai subito sulle<br />

ginocchia e, appoggiato alla parete, mi sporsi in avanti sperando <strong>di</strong><br />

cogliere qualcosa in quella nebbia radente che avvolgeva i cespugli<br />

sul pen<strong>di</strong>o sottostante.<br />

La voce veniva da quella <strong>di</strong>rezione, ne ero certo, ma non riuscivo<br />

a vedere niente. Mentre ero lì inginocchiato, la sentii <strong>di</strong> nuovo: era il<br />

grido, portato dal vento, <strong>di</strong> un esploratore alla ricerca <strong>di</strong> qualcuno<br />

che si era perso.<br />

«Quanto sono lontani?» Artù, senza far rumore, era giunto alle<br />

mie spalle.<br />

Scossi la testa. «Le mie supposizioni non sono migliori delle vostre.<br />

La nebbia laggiù maschera i suoni: è impossibile capire dove si


trovino. Se fanno tanto chiasso, però, è evidente che ignorano la<br />

nostra presenza.»<br />

«Sì, saranno convinti <strong>di</strong> essere soli, e questo significa che sono<br />

veramente stupi<strong>di</strong> e si meritano tutti i guai cui stanno andando<br />

incontro, a meno che non abbiano già perlustrato a fondo tutta la<br />

zona senza trovare niente... nessuna traccia dei nostri uomini.<br />

Questo, però, pensandoci bene, significherebbe anche che siamo<br />

molto più in quota e molto più a nord <strong>di</strong> quanto supponevamo.»<br />

«Ma che bella notizia. Lo sapevo che non avremmo dovuto<br />

seguire il letto <strong>di</strong> quel dannato fiume in mezzo alle colline.»<br />

Artù si in<strong>di</strong>spettì. «Già. Ma se ricor<strong>di</strong> bene in quell'occasione<br />

avevamo una tale quantità <strong>di</strong> Danesi intorno da contare su ben<br />

poche alternative. A ogni modo è troppo tar<strong>di</strong> per lamentarsi,<br />

giovane Lancie. Avresti dovuto insistere a suo tempo.»<br />

«Ma l'ho fatto, non ricordate? Poi voi, con la scusa <strong>di</strong> essere il re,<br />

vi siete imposto.»<br />

<strong>Il</strong> sommo re della Britannia Unita inclinò la testa e mi fissò con<br />

sguardo pungente. «In effetti, sì, l'ho fatto. Se ci troviamo qui ci sarà<br />

stata una ragione. Be', continua a fare la guar<strong>di</strong>a. Fammi sapere se<br />

ve<strong>di</strong> o senti qualcosa <strong>di</strong> nuovo.»<br />

Rientrò nella grotta e sentii che si affaccendava all'interno; poi,<br />

poco dopo, tornò ad accucciarsi accanto a me. «Ancora niente?»<br />

«Niente <strong>di</strong> nuovo, le voci però si stanno avvicinando.»<br />

«Mmm! To', assaggia questo.»<br />

Presi ciò che mi stava porgendo. «Cos'è, da dove l'avete tirato<br />

fuori?»<br />

«È cibo, l'ho trovato nella bisaccia <strong>di</strong> quel tizio che abbiamo<br />

ucciso. Sono sicuro che non ne avrà più bisogno. Ed è anche molto<br />

buono. Credo sia manzo salato avvolto nel pane. Troppo saporito e<br />

grasso per essere selvaggina. <strong>Il</strong> pane sembra spalmato con qualche<br />

strano intingolo grasso. Dai, provalo.»<br />

Lo assaggiai; era veramente delizioso e stimolò subito i miei succhi<br />

gastrici facendomi ricordare quanto tempo era passato dall'ultima<br />

volta che avevamo gustato una pietanza calda. Divorai il cibo a


grossi morsi, masticandolo con cura per assaporarne al meglio il<br />

gusto salato.<br />

«Quella tua idea sullo spartire il potere della spada... ne hai<br />

accennato a qualcun altro prima <strong>di</strong> parlarmene?»<br />

Avevo la bocca piena, così mi limitai a fare no con la testa.<br />

«Non l'hai raccontato neanche a Merlino?»<br />

Colsi dell'incredulità nella sua voce e mi affrettai a ingoiare<br />

rapidamente.<br />

«No, non ne ho mai parlato con nessuno. Ci pensavo <strong>di</strong> tanto in<br />

tanto, quando qualcosa me lo faceva venire in mente, ma non<br />

avevo nemmeno rior<strong>di</strong>nato i pensieri fino a ieri sera, quando ve ne<br />

ho parlato.»<br />

«Ah! Abbiamo compagnia. Sotto <strong>di</strong> noi, sulla destra, al margine <strong>di</strong><br />

quella fila <strong>di</strong> alberi. Ce n'è anche un altro più in<strong>di</strong>etro, là in mezzo, a<br />

destra del primo.»<br />

Esaminai attentamente la fila <strong>di</strong> alberi più lontana e scorsi due<br />

uomini e, accanto a loro, a breve <strong>di</strong>stanza, si muoveva qualcos'altro.<br />

Alla fine un terzo uomo sbucò all'improvviso. Si fermarono tutti e tre<br />

lì, con lo sguardo rivolto alla scarpata sopra la loro testa, in attesa<br />

del resto della compagnia: altri tre uomini. Si riunirono tutti e ben<br />

presto sei paia <strong>di</strong> occhi si misero a scandagliare nella nostra<br />

<strong>di</strong>rezione.<br />

«Possono vederci?» domandai.<br />

«No, a meno che non <strong>di</strong>spongano <strong>di</strong> una vista da aquila. Stanno<br />

guardando sopra <strong>di</strong> noi, hanno gli occhi puntati oltre le nostre teste.<br />

Impossibile che riescano ad avvistarci; se anche notassero qualcosa ci<br />

confonderebbero con le rocce della scarpata. Ci <strong>di</strong>vidono<br />

cinquecento passi abbondanti e loro stanno guardando verso l'alto.<br />

Ora non ci resta che aspettare e vedere se saliranno. Non è facile<br />

arrampicarsi dal punto in cui sono e se non riuscissero a vedere le<br />

tracce del passaggio del loro amico potrebbero essere poco propensi<br />

a indagare ulteriormente. Non deve averci raggiunto da lì. È arrivato<br />

fiancheggiando la grotta; deve essersi trovato inizialmente sopra <strong>di</strong><br />

noi e da lì aver fiutato il fumo del fuoco che il vento spingeva su per<br />

la collina, non giù, verso il basso.»


«Come lo sapete?»<br />

«È ovvio. Guarda in che modo si è depositata la neve. È stata<br />

tutta spinta da quella parte: si è ammucchiata sul pen<strong>di</strong>o della collina<br />

e qui, addosso all'entrata, proprio contro quel fianco.» Mi bastò una<br />

sola occhiata per capire che aveva ragione. «Si stanno <strong>di</strong> nuovo<br />

muovendo, ma non credo abbiano intenzione <strong>di</strong> salire.» Aveva visto<br />

giusto ancora una volta; restammo <strong>di</strong>retti verso la successiva <strong>di</strong>stesa<br />

<strong>di</strong> alberi neri, irrigi<strong>di</strong>ti e spogli.<br />

«Cosa facciamo adesso?» chiesi a quel punto, rivelando la mia<br />

ignoranza <strong>di</strong> franco sul clima britannico. «Possiamo andarcene?»<br />

Artù, <strong>di</strong>spiaciuto, fece una smorfia. «Non ancora, temo.»<br />

«Perché no? Potremmo <strong>di</strong>rigerci dalla parte opposta, in modo da<br />

allontanarci da loro.»<br />

«Potremmo e forse nulla ce lo impe<strong>di</strong>rebbe. Ma non avremmo<br />

nessun genere <strong>di</strong> garanzia. Non possiamo correre rischi rincorrendo<br />

una parvenza <strong>di</strong> salvezza. Dobbiamo restare qui, almeno per alcune<br />

ore.» Lesse il dubbio nei miei occhi e si mise a in<strong>di</strong>care la terra fuori<br />

dalla grotta. «La neve, Lancie, la neve. Mostra le tracce <strong>di</strong> chiunque<br />

la attraversi, anche del vento, se soffia abbastanza forte. Nel<br />

momento stesso in cui metteremo piede fuori dalla grotta, sulla<br />

neve, riveleremo la nostra presenza a tutti quelli che verranno,<br />

in<strong>di</strong>cando loro anche la nostra <strong>di</strong>rezione. Finché ci sarà la neve<br />

saremo rintracciabili da chiunque abbia occhi per vedere le nostre<br />

impronte. È impossibile nasconderle.»<br />

«Allora restiamo qui?»<br />

«Sì, finché non ci cacceranno o non saremo in grado <strong>di</strong> andarcene<br />

in base ai nostri programmi. Non possiamo essere sicuri che quei<br />

cacciatori laggiù non tornino sui loro passi o che non prendano un<br />

sentiero più alto e trovino le tracce lasciate dal loro amico.» Mi<br />

guardò in faccia per vedere se avevo compreso le sue parole, poi<br />

rassegnato <strong>di</strong>sse: «È dura, ma non vedo altre soluzioni».<br />

I nostri nemici, da lì a breve, tornarono sui loro passi. Non era<br />

trascorsa nemmeno un'ora che li sentimmo <strong>di</strong> nuovo; era evidente<br />

che avevano scalato la scarpata e che stavano avanzando proprio<br />

nella nostra <strong>di</strong>rezione seguendo le tracce lasciate sulla neve dal loro


compagno. Per fortuna erano ancora convinti <strong>di</strong> essere gli unici su<br />

quella collina, così avemmo tutto il tempo <strong>di</strong> prepararci per il loro<br />

arrivo. Ci nascondemmo in fondo alla grotta, le frecce pronte al tiro,<br />

gli archi puntati, in attesa del nemico.<br />

Nonostante non capissimo una parola <strong>di</strong> quella lingua riuscimmo<br />

a comprendere, dal suono delle voci sempre più vicine, che erano<br />

entusiasti <strong>di</strong> aver scoperto la grotta e le impronte del loro compagno<br />

che si spingevano all'interno. Le seguirono senza preoccuparsi <strong>di</strong> far<br />

rumore e le loro ombre oscurarono la luce che filtrava dall'ingresso.<br />

Si zittirono bruscamente e si fermarono esitanti subito oltre la<br />

sporgenza, immersi nell'improvvisa oscurità, sbattendo le palpebre e<br />

aspettando che dalla luce abbagliante del sole i loro occhi si<br />

adattassero al buio quasi totale.<br />

Le prime due raffiche abbatterono quattro uomini prima ancora<br />

che gli altri due si rendessero conto <strong>di</strong> essere caduti in una trappola. I<br />

rimasti fuggirono verso la luce esterna. Lasciai cadere l'arco e,<br />

afferrata una delle mie lance, li inseguii ma, una volta fuori, alla luce<br />

del sole, mi resi conto che adesso i ciechi eravamo noi.<br />

Mi fermai appena oltre la soglia strizzando forte gli occhi; sentivo<br />

davanti a me un suono ovattato, come se qualcuno, cercando <strong>di</strong><br />

correre, scivolasse sulla neve profonda e pesante. L'intensità della<br />

luce era insopportabile: fui costretto ad alzare la mano sinistra per<br />

proteggermi gli occhi. Fu un sollievo, ma sapevo che era necessario<br />

recuperare la vista al più presto e provai a riaprire piano le palpebre<br />

e a sbirciare attraverso una minuscola apertura tra le <strong>di</strong>ta. Riuscii a<br />

<strong>di</strong>stinguere qualcuno che alla mia destra correva nella neve alta; mi<br />

voltai anche a sinistra e, sempre attraverso la mano, vi<strong>di</strong> un altro<br />

uomo che correva con le mani alzate e spariva sotto una coltre <strong>di</strong><br />

neve.<br />

Chiusi gli occhi, raggiunsi la bisaccia legata alla cintura e con la<br />

<strong>di</strong>sinvoltura dovuta alla lunga pratica, tirai fuori la corda da lancio e<br />

la avvolsi fermamente intorno al calcio dell'asta che stringevo nella<br />

mano sinistra. Quando l'ebbi fissata bene avvolsi l'altra estremità<br />

all'in<strong>di</strong>ce della mano con cui avrei scagliato l'arma, la destra, e con il<br />

palmo della sinistra bilanciai attentamente il peso della sommità del<br />

proiettile. Con estrema cautela aprii piano gli occhi e guardai fisso il


punto dove, davanti, alla mia destra, avevo visto l'uomo. La luce ora<br />

era meno pungente e violenta; l'uomo era ancora lì, che correva e<br />

saltava lungo la scarpata senza preoccuparsi minimamente <strong>di</strong> cadere.<br />

Di sicuro si aspettava da un momento all'altro una freccia che gli<br />

trapassasse la schiena. Intanto qualcosa si muoveva alla mia sinistra:<br />

Artù, nel tentativo <strong>di</strong> inseguire il secondo uomo, correva nella neve<br />

alta sollevando comicamente le ginocchia <strong>di</strong> quelle sue lunghe<br />

gambe. Anch'io prima <strong>di</strong> prendere la mira e scagliare la lancia<br />

avanzai <strong>di</strong> qualche passo.<br />

Scagliai l'arma e capii subito che avrei colpito il mio bersaglio. A<br />

quanto ne so, nessuno è mai riuscito a prevedere o a calcolare l'esito<br />

<strong>di</strong> un tiro in fase <strong>di</strong> lancio, eppure ero sicuro che sarebbe andato a<br />

buon fine. La lancia volò alta; l'asta, come rivelava il lieve<br />

movimento circolare, quasi impercettibile, dell'estremità<br />

dell'impugnatura, librandosi nell'aria ruotava su se stessa. A un tratto<br />

si arrestò e cominciò a precipitare in perfetta verticale fino a colpire,<br />

esattamente in mezzo alle scapole, alla base del collo, il mio<br />

bersaglio. L'uomo cadde <strong>di</strong> testa e scomparve sollevando una nuvola<br />

<strong>di</strong> neve che tornò subito a ricoprire la sagoma immobile, tingendosi<br />

lentamente <strong>di</strong> rosso.<br />

Artù si trovava alla mia destra, a una ventina <strong>di</strong> passi da me, e<br />

guardava nella neve, ai suoi pie<strong>di</strong>, giù nella scarpata; lo chiamai per<br />

<strong>di</strong>rgli che dovevo recuperare la lancia. Non badò alle mie parole,<br />

così lo lasciai lì e cominciai a scendere con prudenza cercando un<br />

sentiero lungo la scarpata che, coperta da un manto <strong>di</strong> neve<br />

ingannevole, nascondeva sicuramente dei pericoli; infine, raggiunsi la<br />

preda abbattuta ed estrassi la lancia dalla sua schiena.<br />

Per risalire mi incamminai in <strong>di</strong>agonale usando la spada come<br />

bastone da appoggio, fino a raggiungere Artù ancora<br />

silenziosamente intento a guardare in fondo alla scarpata.<br />

Fu allora che riuscii a vedere cosa stava fissando. Imbattutosi in un<br />

crepaccio nascosto dalla neve, l'uomo che aveva tentato <strong>di</strong> sfuggirgli<br />

era ancora in pie<strong>di</strong>, benché sprofondato fino alle ascelle. La lunga<br />

freccia <strong>di</strong> Artù Pendragon gli aveva trapassato la parte superiore<br />

della schiena e la neve che lo circondava aveva assorbito la sua linfa<br />

vitale. Raggiunsi l'uomo, mi chinai su <strong>di</strong> lui per tirarlo verso <strong>di</strong> me,


ma non si mosse.<br />

«Non sperate <strong>di</strong> riavere in<strong>di</strong>etro questa freccia» gli gridai da<br />

lontano.<br />

«Va bene» mi raggiunse la voce <strong>di</strong> Artù. «Lascia stare. Torna su, è<br />

meglio andarsene. Ci sono troppi morti qui intorno per i miei gusti.»<br />

Più tar<strong>di</strong>, mentre scendevamo il fianco meno ripido della collina e<br />

i nostri cavalli cercavano con prudenza il sentiero - ormai ci eravamo<br />

lasciati i pen<strong>di</strong>i più impervi alle spalle -, guardando il cielo<br />

commentai che la temperatura sembrava stesse risalendo e la neve<br />

sarebbe presto finita. Artù, lanciandomi un'occhiata <strong>di</strong> sbieco, mi<br />

rispose con una frase che al momento mi parve assolutamente fuori<br />

luogo.<br />

«Abbiamo lasciato lassù sette uomini morti, Lance. Hai provato a<br />

domandarti perché?»<br />

«So il perché. Ci avrebbero ammazzato se non ci avessimo<br />

pensato prima noi.»<br />

«Mmm. Allora forse ti ho posto male la domanda. Ti sei chiesto<br />

come è accaduto che ci siamo lasciati alle spalle sette uomini morti?»<br />

«Intendete <strong>di</strong>re come ci siamo riusciti? Li abbiamo colti <strong>di</strong><br />

sorpresa. Alla sprovvista.»<br />

«Sì, forse è così. Ma ci siamo riusciti soltanto grazie alla neve. La<br />

nevicata inattesa ha mo<strong>di</strong>ficato le cose. Ha trasformato tutto,<br />

cambiato il modo in cui quegli uomini si aggiravano per le<br />

montagne. E mutato totalmente la loro percezione del pericolo e del<br />

rischio.»<br />

«Oh, ancora mio signore? Se siete d'accordo, vorrei non parlarne<br />

più. Non sarò costretto a convivere con queste percezioni per<br />

sempre?»<br />

Artù non si rese conto che stavo scherzando. «Non ti posso<br />

rispondere, amico mio,» <strong>di</strong>sse decisamente serio, «ma la tua<br />

osservazione si adatta a pennello a quegli uomini. Li ha tra<strong>di</strong>ti la loro<br />

percezione <strong>di</strong> essere al sicuro. Sono stati cullati dal mite candore,<br />

dalla finta morbidezza della prima nevicata dell'anno... e l'hanno<br />

pagata cara.»


La sua risposta mi turbò un po'. «Di cosa parlate, Seur re? Cosa<br />

state cercando <strong>di</strong> <strong>di</strong>rmi?»<br />

«Che noi non ci lasceremo ingannare dalle apparenze come quei<br />

Danesi...» Tacque, il busto proteso in avanti sulla sella, intento a<br />

guidare il cavallo lungo la sponda ripida e sassosa <strong>di</strong> un corso<br />

d'acqua stretto e pericolosamente tortuoso. A un certo punto il<br />

cavallo esitò, impuntandosi, per poi lanciarsi sull'altra sponda. Prima<br />

<strong>di</strong> raggiungere il terreno solido i suoi zoccoli parvero annaspare per<br />

un momento in cerca <strong>di</strong> un appoggio. <strong>Il</strong> corpo <strong>di</strong> Artù seguì senza<br />

sforzo l'andamento dell'animale, e lo stesso fece il mio pochi istanti<br />

dopo. Così ci ritrovammo entrambi a cavalcare fianco a fianco. Quel<br />

mattino, tuttavia, Artù sembrava determinato a crogiolarsi in un<br />

umore cupo e severo.<br />

«Ieri notte ho imparato molto, Clothar, e questa mattina anche <strong>di</strong><br />

più. Ce ne torniamo a casa, io, te e la nostra armata; oggi stesso.<br />

Questa neve potrebbe sciogliersi in pochi giorni, ma potrebbe anche<br />

non farlo e rimanere a terra fino alla prossima primavera. Non mi è<br />

mai piaciuto restare in balia dei capricci del tempo e oggi mi sono<br />

reso conto <strong>di</strong> non voler assolutamente esporre i miei uomini ai grossi<br />

e assur<strong>di</strong> rischi che combattere d'inverno in mezzo alla neve alta può<br />

comportare. La campagna militare <strong>di</strong> quest'anno è durata davvero<br />

troppo a lungo: i miei soldati si meritano un po' <strong>di</strong> pace e<br />

l'opportunità <strong>di</strong> riposarsi per un po' senza paura <strong>di</strong> essere attaccati.<br />

Passeremo l'inverno in patria come fanno gli uomini saggi, poi, a<br />

primavera ripartiremo.»<br />

«E Horsa?»<br />

«Horsa? Se è tanto pazzo da lasciare la sua armata qua fuori, nel<br />

cuore dell'inverno, merita tutto quello che rischia. Quando farà<br />

meno freddo manderemo da <strong>Camelot</strong> degli esploratori a cercarlo e<br />

se all'inizio della primavera sarà ancora qui lo attaccheremo prima<br />

che possa riorganizzare la sua armata o anche solo prevedere il<br />

nostro arrivo. Ma queste sono semplici congetture. Sarà il tempo a<br />

decidere per noi.<br />

Nel frattempo ce ne torneremo a <strong>Camelot</strong>. Lì, io e te <strong>di</strong>scuteremo<br />

meglio del tuo progetto per proteggere i miei uomini. Inizialmente,<br />

mi era sembrato ri<strong>di</strong>colo e fantasioso, poi ieri sera ci ho ripensato a


lungo e ora qualcosa mi <strong>di</strong>ce che la tua strana idea potrebbe essere<br />

insensata al punto giusto da esercitare una certa attrattiva su coloro<br />

che più sento <strong>di</strong> voler gratificare. Se decideremo <strong>di</strong> realizzarla, però,<br />

dovrà essere una cosa ben congegnata, con tutti i preparativi per il<br />

rituale organizzati a dovere. Perché è <strong>di</strong> un rituale che stiamo<br />

parlando, vero? Sei d'accordo?»<br />

Naturalmente ero d'accordo: quando una cosa aveva buon senso,<br />

e basi solide, non potevo che concordare. Continuammo a cavalcare<br />

in silenzio riflettendo entrambi su ciò <strong>di</strong> cui avevamo appena<br />

parlato.


V<br />

La mattina seguente, quando il primo <strong>di</strong>staccamento dell'armata ci<br />

avvistò, i nostri pensieri erano ancora rivolti allo stesso argomento. E<br />

quando, meno <strong>di</strong> un'ora dopo, raggiunta la cima dell'ultima ripida<br />

salita, ci comparve davanti l'intero esercito ben schierato, l'idea del<br />

rituale era ancora lì nella nostra mente. Fu un piacere guardare le<br />

truppe da quel punto d'osservazione privilegiato: nonostante i nostri<br />

milleduecento soldati <strong>di</strong> cavalleria, nel campo la milizia si mostrava<br />

ancora molto <strong>di</strong>sciplinata ed efficiente. La fanteria si era piazzata nel<br />

mezzo <strong>di</strong> un ampio spiazzo quadrangolare; le loro tende erano<br />

<strong>di</strong>sposte esattamente secondo lo schema tipico, in uso da oltre un<br />

millennio, del campo mobile romano, con al centro il quartier<br />

generale degli ufficiali. Lungo tutto il perimetro dell'accampamento<br />

della fanteria c'erano le tende dei <strong>di</strong>versi contingenti <strong>di</strong> cavalleria<br />

allineate secondo l'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> schieramento. Le file <strong>di</strong> cavalli si<br />

alternavano a quelle delle tende dei <strong>di</strong>versi squadroni. I cavalli non<br />

dovevano ostacolare il buon funzionamento dell'area centrale,<br />

quella della fanteria, ma trovarsi in posizione imme<strong>di</strong>atamente<br />

in<strong>di</strong>viduabile per essere sellati e preparati in pochi minuti nel caso si<br />

presentasse la necessità <strong>di</strong> sgombrare il campo con urgenza.<br />

Fin dalle origini <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, avevamo sempre chiamato le nostre<br />

unità <strong>di</strong> cavalleria con gli antichi nomi romani <strong>di</strong> alae e turmae - o<br />

alas e turmas, come preferivano chiamarle i soldati semplici - poiché<br />

le lingue locali non avevano vocaboli adatti a sostituirli, mentre il<br />

latino era ancora abbastanza <strong>di</strong>ffuso da poter essere compreso da<br />

tutti. Di recente, però, le cose erano cambiate e il linguaggio delle<br />

semplici truppe <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> aveva finito per imporsi. Tuttavia, se era<br />

raro che qualcuno adoperasse ancora la parola ala, turma era invece<br />

rimasta ampiamente in uso.<br />

<strong>Il</strong> termine più comune restava, però, "<strong>di</strong>visione", una parola<br />

adatta a <strong>Camelot</strong>, viste le <strong>di</strong>mensioni delle ali <strong>di</strong> cavalleria,<br />

<strong>di</strong>mezzate rispetto a com'erano un tempo. Le nostre alas, invece che


essere organizzate sulla base <strong>di</strong> mille unità, erano state <strong>di</strong>vise in due<br />

metà da circa cinquecento soldati a cavallo, sud<strong>di</strong>visi a loro volta in<br />

do<strong>di</strong>ci, talvolta tre<strong>di</strong>ci turmas, ciascuna costituita da trentacinque<br />

fino a quaranta cavalieri, raggruppati in squadroni <strong>di</strong> venti uomini<br />

ciascuno.<br />

Sul campo che stavamo osservando c'erano due <strong>di</strong>visioni <strong>di</strong><br />

cavalleria a loro volta sud<strong>di</strong>vise in due e schierate oltre i margini<br />

dell'accampamento principale. Metà della prima <strong>di</strong>visione si era<br />

acquartierata sul lato ovest, l'altra metà su quello a nord, mentre la<br />

seconda <strong>di</strong>visione si era schierata in modo simile sui versanti est e<br />

sud. Le due <strong>di</strong>visioni avevano combattuto insieme per molti anni e si<br />

erano soprannominate l'un l'altra i Martelli e l'Incu<strong>di</strong>ne, per la<br />

tecnica d'assalto che avevano elaborato <strong>di</strong> comune accordo: una<br />

serie <strong>di</strong> manovre intricate e complesse, ferocemente <strong>di</strong>sciplinate e<br />

spesso eseguite al massimo della velocità, che intrappolavano<br />

qualunque nemico al centro dei due schieramenti, per poi<br />

annientarlo.<br />

Lì, in cima alla collina, benché dominato dal senso <strong>di</strong> pace che<br />

quello spettacolo ispirava, mi accorsi <strong>di</strong> quanta ironia ci fosse nel<br />

considerare pacifiche le bellezze <strong>di</strong> un campo armato.<br />

«Quanti comandanti saranno presenti alla prima cerimonia?»<br />

«Quale cerimonia? Ah, quella della spada...»<br />

Artù fece un respiro profondo e fissò lo sguardo lontano. «Tutti,<br />

immagino... <strong>di</strong> sicuro i decani. Non mi pare che ci siano alternative,<br />

no? Sono convinto che se si deve fare, si deve fare bene. Serietà e<br />

rigore, Lancie, serietà e rigore.»<br />

In lontananza, davanti a noi, prima del campo, si librò nell'aria il<br />

suono prolungato <strong>di</strong> un corno militare: ci avevano avvistati e<br />

riconosciuti. Quando il suono cessò Artù strizzò un occhio. «Be', se<br />

non altro le guar<strong>di</strong>e sono sveglie. Vogliamo andare ad allietarli con<br />

la nostra presenza?» Si avviò giù per la scarpata; lo seguii a breve<br />

<strong>di</strong>stanza e in quel momento ripresero a scendere fiocchi <strong>di</strong> neve<br />

portati da un vento sempre più forte e impetuoso.


VI<br />

Quella nevicata non fu la prima avvisaglia d'inverno, ma l'inverno<br />

stesso, in tutta la sua potenza e implacabilità. Nevicò senza tregua<br />

per quattro giorni, e in seguito la temperatura precipitò come un<br />

masso, ghiacciando perfino il veloce ruscello che costituiva la nostra<br />

riserva d'acqua. Ci ammassammo miseramente nell'accampamento<br />

estivo, tutti tremanti, esposti alla morsa del freddo che si beffava dei<br />

nostri abiti militari <strong>di</strong> mezza stagione. Attendevamo una tregua, un<br />

accenno <strong>di</strong> caldo che ci consentisse <strong>di</strong> fuggire a valle, verso terre più<br />

temperate.<br />

La mattina del sesto giorno, il sole si levò nel cielo <strong>di</strong> un azzurro<br />

splendente, con cumuli <strong>di</strong> nuvole increspate dai venti cal<strong>di</strong>. Quel<br />

freddo improvviso, uno sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> transizione miracolosamente<br />

breve, era finito, ma il nostro sollievo non durò a lungo. <strong>Il</strong> gelo - che<br />

almeno era stato asciutto -fu presto rimpiazzato da una miseria<br />

anche peggiore: quando la neve cominciò a sciogliersi, l'acqua<br />

ghiacciata che impregnava i nostri abiti e le sottocotte <strong>di</strong> fustagno<br />

delle nostre maglie <strong>di</strong> ferro iniziò a trasformare mani e pie<strong>di</strong> in geli<strong>di</strong><br />

blocchi doloranti da cui non c'era scampo. Che senso aveva pestare i<br />

pie<strong>di</strong> per tentare <strong>di</strong> recuperare calore su un terreno che era<br />

fanghiglia ghiacciata e in cui si sprofondava fino alle caviglie?<br />

Artù, che dal nostro ritorno dalle montagne ignorava dove fosse<br />

accampato l'esercito <strong>di</strong> Horsa, <strong>di</strong>ede or<strong>di</strong>ne all'armata <strong>di</strong> smontare<br />

imme<strong>di</strong>atamente il campo e <strong>di</strong> sgomberare. In vista <strong>di</strong> un'imminente<br />

ritirata, la maggior parte del lavoro preliminare era già stato fatto:<br />

tutto quello che non era strettamente necessario l'avevamo smontato<br />

e caricato sui carri e le bestie andavano soltanto sellate e radunate. A<br />

metà mattina le tende erano state piegate e caricate e quel poco che<br />

restava da fare era stato quasi ultimato. Ci saremmo messi in<br />

cammino prima <strong>di</strong> mezzogiorno, ma quando Artù notò il terreno<br />

melmoso per la neve sciolta e il fango causati della nostra<br />

permanenza, sul suo viso comparve una espressione <strong>di</strong> profondo


turbamento. Con un piccolo colpo <strong>di</strong> tacco spronai il cavallo per<br />

raggiungerlo nel punto in cui stava osservando il terreno malridotto,<br />

in <strong>di</strong>sparte rispetto al gruppo <strong>di</strong> comandanti più anziani che lo<br />

attendevano; lì nessuno poteva sentirci.<br />

«Ovviamente il terreno è malridotto, Artù, ma non ci possiamo<br />

fare nulla. L'unica alternativa perché nessuno lo noti sarebbe restare<br />

qui a congelare e attendere che i Danesi <strong>di</strong> Horsa ci piombino<br />

addosso.»<br />

«Lo so, hai ragione. Ma non sopporto il pensiero <strong>di</strong> andarmene<br />

lasciando alle spalle tracce così evidenti.»<br />

«Che <strong>di</strong>fferenza fa? Anche se Horsa le trovasse non ci seguirebbe.<br />

Siamo troppi per lui e lo capirà proprio dal numero <strong>di</strong> impronte che<br />

lasceremo. Intuirà che siamo stati qui e anche a lungo. E lo stesso<br />

faranno i suoi uomini, basta guardare la nostra fossa dei rifiuti. Ma<br />

Horsa, conoscendolo, darà anche per scontato che non sapessimo<br />

affatto della sua presenza nella regione.»<br />

«Potrebbe sempre seguirci fino a <strong>Camelot</strong>.»<br />

«Potrebbe, ma ne dubito, e voi ne siete convinto quanto me.<br />

Horsa non è stupido e nemmeno una testa calda. In quanto a tattica<br />

e tecnica <strong>di</strong> battaglia è uno stratega nato, lo sapete bene anche voi. È<br />

astuto come un vecchio orso; lo abbiamo tenuto d'occhio per mesi<br />

nel tentativo <strong>di</strong> prenderlo in trappola. Benché sia irascibile e<br />

violento durante i suoi attacchi, non è così pazzo o impulsivo da<br />

esporre senza una valida ragione i suoi uomini ai pericoli della<br />

battaglia. Inoltre, se ci seguisse fino a <strong>Camelot</strong>, correrebbe troppi<br />

rischi. Lungo il cammino infatti noi possiamo contare su regioni<br />

alleate o amiche. Se ci seguisse apertamente per tutte quelle miglia,<br />

su terre a lui ostili, sarebbe un uomo più pazzo <strong>di</strong> quanto non<br />

sembri. Del resto non siamo che a una ventina <strong>di</strong> miglia dalla più<br />

grossa via del Nord e, una volta imboccata quella,<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dalla <strong>di</strong>rezione che prenderemo, potranno<br />

inseguirci soltanto percorrendola.»<br />

Sulle labbra del re balenò un sorriso. «Ottimo, maestro Lance»<br />

<strong>di</strong>sse. «Mi inchino alla tua logica e alla tua seducente loquela. Se,<br />

dunque, dovessero inseguirci, faremo marcia in<strong>di</strong>etro e li<br />

stenderemo.» Quin<strong>di</strong>, alzandosi sugli speroni fece un cenno ai


comandanti che lo stavano osservando. «Tu, giovane Bors. Corri, se<br />

puoi, da Bedwyr sull'altro lato del campo: fagli sapere che al suo<br />

segnale saremo pronti a muoverci. Che lo <strong>di</strong>a nel momento che<br />

ritiene più opportuno. <strong>Il</strong> segnale è compito suo, essendo nella<br />

posizione migliore per decidere.»<br />

Bors, che dal nostro arrivo in Britannia, quattro anni prima, era<br />

estremamente maturato, e ora si sentiva sicuro della posizione <strong>di</strong><br />

rispetto che si era conquistato tra i comandanti <strong>di</strong> Artù, sollevò con<br />

eleganza il braccio in un saluto a pugno chiuso, girò il cavallo e si<br />

allontanò.<br />

Poi Artù si rivolse agli altri: «<strong>Il</strong> resto <strong>di</strong> voi mi segua dove nessuno<br />

ci possa sentire. Devo <strong>di</strong>rvi cose che non devono giungere alle<br />

orecchie dei nostri soldati».<br />

Per la mezz'ora che seguì restammo seduti sulle nostre selle - ben<br />

più accoglienti e calde del terreno che congelava i pie<strong>di</strong> - e<br />

ascoltammo il re che ci esponeva i suoi progetti sugli addestramenti<br />

invernali a <strong>Camelot</strong> e i suoi piani per la campagna militare dell'anno<br />

a venire. Certo, si trattava per lo più <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> massima, dal<br />

momento che l'intera scala delle priorità avrebbe potuto <strong>di</strong>ssolversi<br />

per un attacco inaspettato o per la minaccia <strong>di</strong> un avversario<br />

pericoloso. In assenza <strong>di</strong> queste premesse, e in<strong>di</strong>pendentemente da<br />

quello che avrebbe potuto succedere, dunque, Artù pianificava il<br />

futuro nella speranza <strong>di</strong> essere pronto per la battaglia in primavera.<br />

Di tanto in tanto chiedeva, a uno o all'altro, la sua opinione su una<br />

determinata questione, e per due volte lasciò che a <strong>di</strong>scuterne fosse<br />

l'intera assemblea; fu un piacere constatare che tutti accettavano le<br />

priorità stabilite e riconoscevano le regole alla base dei loro specifici<br />

ruoli.<br />

Quando u<strong>di</strong>mmo uno squillo <strong>di</strong> tromba, il segnale <strong>di</strong> Bedwyr che<br />

era tempo <strong>di</strong> partire, la <strong>di</strong>scussione stava volgendo al termine. Ci<br />

separammo e ognuno andò incontro alla propria unità per<br />

verificarne la <strong>di</strong>sposizione. Sembrava che regnasse il caos e niente<br />

dava l'idea che la congestione generale potesse risolversi, ma con il<br />

passare del tempo la colonna in partenza si assottigliò e presto<br />

apparve chiaro che, in realtà, in quella confusione c'era del metodo.<br />

Le truppe e la fanteria si riunirono e presero a marciare con passo


pesante allontanandosi in buon or<strong>di</strong>ne, mentre la massa <strong>di</strong> uomini a<br />

cavallo assiepati al centro dell'area occupata dagli schieramenti<br />

cominciò gradualmente a spostarsi fino a lasciare il posto alle<br />

formazioni regolari della retroguar<strong>di</strong>a, che avevano il compito <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fendere la lunga colonna davanti a loro. <strong>Il</strong> mio posto era al<br />

comando <strong>di</strong> queste ultime: settantaquattro uomini della <strong>di</strong>visione<br />

Incu<strong>di</strong>ne; ne mancavano alcuni per le ferite subite durante l'estate.<br />

Secondo un calcolo complessivo avevamo radunato, prima <strong>di</strong><br />

quest'ultimo campo militare, duecentocinquantasette soldati <strong>di</strong><br />

cavalleria, cui si aggiungevano ventuno ufficiali <strong>di</strong> grado inferiore -<br />

quattor<strong>di</strong>ci comandanti <strong>di</strong> squadrone e sette <strong>di</strong> turma -, io stesso e i<br />

miei tre comandanti <strong>di</strong> truppa: in tutto duecentottantadue persone<br />

pronte al combattimento. Di questi, una ventina buona era già<br />

schierata da alcune ore sulle colline alle nostre spalle, in attesa <strong>di</strong><br />

eventuali segni dell'approssimarsi dei Danesi <strong>di</strong> Horsa. Calcolai che<br />

sarebbero rimasti lassù per altre due ore e poi avrebbero cominciato<br />

a scendere verso <strong>di</strong> noi e ad avanzare finché non ci avessero<br />

raggiunti.<br />

Nel frattempo, non escludendo la possibilità che il nemico<br />

riuscisse a penetrare le nostre avanguar<strong>di</strong>e senza essere scoperto,<br />

altre due intere turmas si erano <strong>di</strong>stribuite <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> noi nel raggio <strong>di</strong><br />

un miglio, a semicerchio. <strong>Il</strong> resto della mia <strong>di</strong>visione avrebbe scortato<br />

le formazioni <strong>di</strong> fanteria nelle retrovie che raccoglievano il meglio<br />

dei nostri veterani. Quei <strong>di</strong>staccamenti erano in effetti l'anima della<br />

tra<strong>di</strong>zionale retroguar<strong>di</strong>a: in caso <strong>di</strong> attacco si sarebbero <strong>di</strong>sposti in<br />

formazione da battaglia e, cambiando <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> marcia,<br />

avrebbero dato al corpo d'armata principale il tempo e la possibilità<br />

<strong>di</strong> reagire alla minaccia. In tal caso la mia cavalleria li avrebbe<br />

affiancati, ma finché non ci fosse stato un segnale d'allarme, i miei<br />

cavalieri avrebbero proseguito fiancheggiando da entrambe le parti<br />

gli uomini in marcia e chiudendo la colonna.<br />

Ci arrivò la notizia che avevamo già raggiunto la strada principale<br />

quando stavamo ormai marciando da quasi quattro ore; avremmo<br />

piantato le tende per la notte in un prato che costeggiava la strada.<br />

Mezz'ora più tar<strong>di</strong> affidai il controllo delle operazioni ai miei tre<br />

subor<strong>di</strong>nati lasciando loro il compito <strong>di</strong> sovrintendere alla


sistemazione notturna della nostra <strong>di</strong>visione, mentre io sarei andato<br />

a controllare la <strong>di</strong>sposizione generale dell'accampamento.<br />

Qualunque ispezione era in realtà del tutto superflua. Mi sentii<br />

leggermente in colpa per aver anche soltanto pensato una cosa<br />

simile. La verità era che volevo starmene in solitu<strong>di</strong>ne per un po', a<br />

riflettere. Non c'erano novità riguardo a eventuali azioni nemiche. Le<br />

sentinelle <strong>di</strong> retroguar<strong>di</strong>a ci avevano raggiunto un'ora prima che<br />

arrivassimo alla strada e nessuna <strong>di</strong> loro, nei rispettivi pattugliamenti,<br />

aveva rilevato alcun segno delle truppe <strong>di</strong> Horsa. Così cominciai a<br />

sperare che i Danesi non avrebbero mai localizzato le nostre tracce.<br />

Eppure non mi sentivo per nulla tranquillo: il timore <strong>di</strong> essere<br />

scoperti non era del tutto superato. C'era qualcosa <strong>di</strong> illogico nel mio<br />

turbamento: superavamo per numero l'esercito <strong>di</strong> Horsa <strong>di</strong> quasi tre<br />

volte, senza considerare che lui non <strong>di</strong>sponeva <strong>di</strong> cavalli. Non<br />

avrebbe mai potuto sconfiggerci nemmeno se O<strong>di</strong>no in persona, il<br />

potente <strong>di</strong>o <strong>di</strong> quel popolo, fosse arrivato a salvarli, sospinto dagli<br />

alti venti. Ma quella consapevolezza non cambiava le cose, e<br />

nemmeno riconoscerlo mo<strong>di</strong>ficava la natura del mio <strong>di</strong>sagio.<br />

La sera era piuttosto piacevole, c'erano carne <strong>di</strong> capra arrosto e<br />

pane appena sfornato e il nostro enorme falò riscaldava la notte<br />

fredda, eppure non riuscivo a decidermi ad andare sotto le coperte<br />

e, quando lo feci, dormii male, rigirandomi <strong>di</strong> continuo, in attesa <strong>di</strong><br />

essere svegliato da un momento all'altro per respingere un attacco.<br />

La notte, tuttavia, passò senza alcun incidente e il mattino dopo ci<br />

mettemmo in cammino <strong>di</strong> buona lena. Quando con passo pesante<br />

cominciammo ad avanzare in coda alla processione, la temperatura<br />

più mite e il numero dei pie<strong>di</strong> e degli zoccoli che ci avevano<br />

preceduto avevano eliminato ogni traccia <strong>di</strong> neve.<br />

Da nessuna parte lungo quella strada notammo tracce <strong>di</strong> soldati<br />

stranieri; cinque giorni più tar<strong>di</strong> avvistammo finalmente <strong>Camelot</strong>, la<br />

nostra patria.


VII<br />

Al nostro arrivo trovammo tutta la colonia in pieno fermento.<br />

Dopo tanti mesi <strong>di</strong> assenza, ci accolsero con celebrazioni che si<br />

trasformarono in un evento epico e si prolungarono fino a notte<br />

fonda.<br />

A un certo punto <strong>di</strong> quella notte decisi <strong>di</strong> fare una passeggiata<br />

lungo il perimetro della fortezza affinché si notasse la presenza <strong>di</strong> un<br />

ufficiale e per sorvegliare i festeggiamenti delle nostre truppe in<br />

licenza. Quando feci ritorno nel salone principale mi resi conto<br />

imme<strong>di</strong>atamente che Artù aveva abbandonato il suo posto a<br />

capotavola. Dopo una rapida occhiata notai che si era allontanato e<br />

mi misi a cercarlo, gironzolando in mezzo a quella moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

persone, sbirciando tra le nicchie e i recessi nascosti <strong>di</strong>stribuiti lungo<br />

le mura principali.<br />

Era già tarda notte e molti dei partecipanti alla festa, crollati con<br />

la faccia sul tavolo, russavano in mezzo ai resti <strong>di</strong> cibo.<br />

Eppure, per quanto cercassi, non trovavo traccia <strong>di</strong> Artù. La cosa<br />

mi stupì perché erano presenti numerosi <strong>di</strong>gnitari, per lo più re e<br />

condottieri giunti in visita da altre regioni della Britannia, i quali<br />

avevano tutta l'aria <strong>di</strong> essere ancora compos mentis e avrei giurato<br />

che Artù non li avrebbe mai abbandonati da soli a farsi compagnia<br />

l'un l'altro: sarebbe stato un atteggiamento irresponsabile, in alcuni<br />

casi quasi offensivo.<br />

Un movimento nella loggia che sovrastava il salone catturò il mio<br />

sguardo. Notai Artù, in pie<strong>di</strong>, immerso nell'oscurità. Con quel buio e<br />

la luce fioca lo riconobbi esclusivamente dall'altezza e dalle spalle<br />

larghe. La loggia in cui si trovava era stata aggiunta <strong>di</strong> recente per<br />

capriccio <strong>di</strong> un membro del Consiglio che, ritenendosi un buon<br />

architetto, aveva avuto l'idea <strong>di</strong> creare una piattaforma per i<br />

musicisti bar<strong>di</strong>. In quella posizione sopraelevata sarebbero stati visti e<br />

u<strong>di</strong>ti più facilmente dal pubblico e il salone ne avrebbe guadagnato


in spazio. Era raggiungibile grazie a una solida rampa <strong>di</strong> scale che<br />

saliva lungo il muro esterno dell'e<strong>di</strong>ficio; senza farmi notare, scivolai<br />

rapidamente fino all'uscio che dava sul cortile esterno.<br />

In cima alle scale trovai la porta socchiusa e l'ingresso mascherato<br />

da una spessa e pesante cortina <strong>di</strong> stoffa nera, sistemata lì per evitare<br />

che la luce penetrasse nella loggia.<br />

«Entra, Clothar. Sapevo che ti eri accorto <strong>di</strong> me.»<br />

Scostai la tenda ed entrai nella loggia dove notai <strong>di</strong> nuovo la<br />

sagoma <strong>di</strong> Artù, questa volta illuminata dal chiarore della sala<br />

sottostante. Era appoggiato al parapetto e, dandomi la schiena,<br />

osservava dall'alto i partecipanti alla festa. Feci un passo avanti per<br />

raggiungerlo, muovendomi lentamente per evitare scatti improvvisi<br />

che potessero rivelare la mia presenza.<br />

«Che ci fate quassù?» gli domandai in tono confidenziale, poiché<br />

eravamo soli.<br />

Non mi rispose, preso com'era dall'intensità dei suoi pensieri. Poi,<br />

quando temevo ormai che non avrebbe più parlato, <strong>di</strong>sse: «Sto<br />

guardando i miei ospiti... uno in particolare. Riesco a osservarlo<br />

molto meglio da quassù, dall'alto, piuttosto che dritto negli occhi».<br />

«A chi vi riferite? E perché lo osservate?»<br />

«Pelinore» <strong>di</strong>sse pronunciando il nome del re del Nord che da<br />

poco aveva giurato solennemente alleanza ai Pendragon e alla<br />

compagnia <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, come erano chiamati allora i nuovi alleati e<br />

vassalli.<br />

Esaminai attentamente la sala e scorsi subito Pelinore, impegnato<br />

a conversare con uno dei più convinti e vecchi sostenitori <strong>di</strong> Artù, re<br />

Derek <strong>di</strong> Ravenglass, del lontano Nord-ovest.<br />

«È una persona <strong>di</strong>fficile da decifrare, non so se fidarmi» <strong>di</strong>sse Artù.<br />

«Derek sostiene sia un tipo a posto e secondo Merlino dovrei<br />

fidarmi, ma per qualche oscura ragione nutro seri dubbi nei suoi<br />

confronti.»<br />

«Per quale motivo? Derek è un ottimo giu<strong>di</strong>ce in fatto <strong>di</strong> uomini e<br />

non ho mai visto Merlino sbagliare su cose del genere. Se entrambi<br />

sostengono meriti fiducia, troverei giusto accordargliela.»


«Lo cre<strong>di</strong> davvero? Lo penserei anch'io se Pelinore non avesse<br />

portato con sé una figlia, perché io la prenda in... considerazione.»<br />

«In considerazione...?» Lasciai la frase in sospeso, senza aggiungere<br />

altro. «Intendete in moglie?»<br />

«Già, cos'altro? È anche lui un re. Non mi offrirebbe mai la figlia<br />

pre<strong>di</strong>letta come concubina, lo farebbe apparire un ruffiano.»<br />

Riflettei un attimo, poi sorrisi. «Ma non è forse quello che sta<br />

facendo? Cerca <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare il vostro bisogno <strong>di</strong> una regina come un<br />

qualsiasi ruffiano.»<br />

«Pensi davvero che io abbia bisogno <strong>di</strong> una regina?»<br />

La domanda mi colse impreparato. Alzai le spalle, tenendo le<br />

mani ben aperte e i gomiti stretti ai fianchi: la mia "scrollata <strong>di</strong> spalle<br />

alla gallica", come la chiamava Artù; lo <strong>di</strong>vertiva molto. «Perché no?<br />

Sei un re ma anche un uomo, e un uomo ha bisogno <strong>di</strong> una donna,<br />

moglie, compagna o concubina che sia.»<br />

«Tu ce l'hai?»<br />

Ripetei il mio gesto. «No, ma come voi spesso mi fate notare, io<br />

sono un caso eccezionale, uno Straniero Franco. E poi c'è molto del<br />

prete in me. D'altra parte non ho mai conosciuto una donna e non<br />

ho intenzione <strong>di</strong> cambiare le cose. Non ancora, per lo meno.»<br />

Dalla sala sottostante arrivò un grido <strong>di</strong> collera seguito, a breve<br />

<strong>di</strong>stanza, dal fracasso <strong>di</strong> una tavola rovesciata e da un intenso<br />

vociare. Mi sporsi e vi<strong>di</strong> due uomini che si stavano azzuffando, con i<br />

loro compagni che cercavano <strong>di</strong> separarli. Erano ore della notte in<br />

cui spesso gli animi si accendevano. Eppure le regole che Artù aveva<br />

imposto a proposito delle risse nella sua sala da pranzo erano chiare<br />

e inequivocabili. In occasioni particolari, la rabbia <strong>di</strong> un uomo può<br />

durare a lungo, ma anche il più violento degli impulsi assassini tende<br />

a svanire se si trascorrono sette giorni a pane e acqua, chiusi in una<br />

cella. I due contendenti furono trascinati fuori dalla sala fra battute<br />

<strong>di</strong> spirito e risate più simili a ululati, ma Artù non degnò della<br />

minima attenzione quel chiasso e riprese a parlare come se nulla<br />

fosse accaduto.<br />

«Sei un ragazzo fortunato, Lancie. Doppiamente fortunato perché<br />

non sei un re e nessuno si preoccupa <strong>di</strong> trovarti per forza una donna,


una regina o chicchessia. Io, invece, come hai acutamente fatto<br />

notare, lo sono e quin<strong>di</strong>, secondo alcuni, dovrei avere, o meglio,<br />

devo avere una regina.»<br />

«Alcuni? Chi ve lo ha detto?»<br />

«Merlino, per esempio. Non è forse vero, Merlino?»<br />

«Sì, mio re. È così, mio signore.»<br />

Mi voltai <strong>di</strong> scatto, perdendo quasi l'equilibrio; tutti i miei timori<br />

superstiziosi su Merlino e le sue presunte stregonerie si<br />

materializzarono all'istante non appena sentii la sua voce profonda e<br />

sonora là dove credevo ci fossimo soltanto io e Artù.<br />

Anche allora, in un primo momento non riuscii subito a<br />

<strong>di</strong>stinguere il vecchio, coperto da una tonaca nera, seduto in un<br />

angolo e immerso nella più profonda oscurità.<br />

A in<strong>di</strong>carmi dove si trovava fu soltanto il pallido candore della<br />

sua mano tesa, il palmo rivolto verso <strong>di</strong> me a placare il mio evidente<br />

spavento. Mi sentii uno sciocco per aver rivelato così<br />

inequivocabilmente la mia improvvisa e infantile paura.<br />

Merlino, tuttavia, era abituato a trovarsi davanti persone che<br />

reagivano così alla sua presenza e per placare il mio <strong>di</strong>sagio parlò<br />

subito.<br />

«Perdonami, Clothar,» <strong>di</strong>sse. «La colpa è mia. Avrei dovuto sapere<br />

che in questo posto la presenza <strong>di</strong> un vecchio in abiti scuri seduto in<br />

un angolo buio non sarebbe stata notata. Scusami, amico franco.»<br />

Subito mi ricomposi e, chiedendo a mia volta perdono per le mie<br />

scarse capacità <strong>di</strong> osservazione e per averlo maleducatamente<br />

ignorato, superai quel momento imbarazzante. Tornai a guardare<br />

Artù, poi <strong>di</strong> nuovo Merlino.<br />

«<strong>Il</strong> re sembra non apprezzare molto il vostro suggerimento, lord<br />

Merlino.»<br />

«Già. Ma, per quanto io possa sbagliare, sono pur sempre il suo<br />

consigliere e in quanto tale è mio dovere dare pareri sulle questioni<br />

che considero importanti. E quella <strong>di</strong> trovare una regina, a parer<br />

mio, è <strong>di</strong> estrema importanza.»<br />

«Ai tuoi occhi forse. Non altrettanto ai miei.» La voce <strong>di</strong> Artù era


tesa, ma Merlino la ignorò, rimanendo seduto a fissare il sommo re,<br />

suo allievo e protetto. Sotto il cappuccio che gli copriva la testa, il<br />

biancore dei suoi occhi lampeggiò in un battito <strong>di</strong> ciglia.<br />

«Devi prendere moglie, Artù,» <strong>di</strong>sse infine «che ti piaccia o no. È il<br />

benessere del tuo regno a esigerlo. Senza una regina con cui<br />

trascorrere la vita continueranno a considerarti poco più <strong>di</strong> un<br />

arricchito signore della guerra, privo <strong>di</strong> legittimazione. La presenza <strong>di</strong><br />

una sovrana, invece, smentirà ogni calunnia e ti darà l'immagine <strong>di</strong><br />

un uomo forte e integerrimo, in cerca <strong>di</strong> stabilità. Ti conferirà<br />

maggior forza e soli<strong>di</strong>tà, ti porterà a instaurare e governare un regno<br />

pacifico, unito e civile.»<br />

Nelle parole <strong>di</strong> Merlino c'era del vero, ma la resistenza <strong>di</strong> Artù<br />

nell'accettarlo era palpabile. Per prevenire un suo imminente moto<br />

<strong>di</strong> collera, tornai a rivolgermi a lui.<br />

«Avete già visto la figlia <strong>di</strong> Pelinore?»<br />

Mi fulminò con lo sguardo. «Certo che l'ho vista. Non <strong>di</strong>rmi che<br />

tu non l'hai ancora incontrata. Non riesco nemmeno a raggiungere le<br />

latrine senza trovarmela tra i pie<strong>di</strong>.»<br />

«Ah! Dev'essere davvero brutta, allora!»<br />

«No, dannazione, non lo è affatto! Per alcuni potrebbe apparire<br />

estremamente attraente... è ben fatta, ricca, e un'unione con lei ci<br />

garantirebbe la protezione e l'alleanza <strong>di</strong> Pelinore. Ma per me non<br />

ha nessuna attrattiva. Nessuna donna ne ha. Nessuna.»<br />

«Nemmeno una? Con tutte quelle che ci sono?» Sapendo che non<br />

mi avrebbe risposto, mi girai verso Merlino, ancora lì seduto a<br />

guardare.<br />

«Maestro Merlino, voi che siete il nostro stregone, non potreste<br />

salvare questo povero ragazzo dalla sua infelicità?»<br />

La sagoma nera immersa nell'oscurità si mosse, come se stesse<br />

scuotendo la testa, e riprese a parlare con chiarezza, ma lentamente,<br />

quasi strascicando le parole. «No, Seur Clothar, non posso. Ve<strong>di</strong>,<br />

quell'infelicità è una sua invenzione. Nessuno la riconoscerebbe<br />

come tale, se non attraverso gli occhi del nostro riotamo. Chiunque<br />

altro, in quanto semplice uomo, vedrebbe soltanto fortuna nel<br />

possedere una donna onesta e premurosa, pronta a de<strong>di</strong>care al


consorte ogni attenzione, e speranzosa <strong>di</strong> ricevere altrettanto. Ma il<br />

nostro sommo re vede in questo genere <strong>di</strong> cose esclusivamente<br />

pericoli: trappole sparse ovunque da femmine astute e ansiose <strong>di</strong><br />

dominare il suo spirito.»<br />

«Dov'è Pendragon? Dov'è il sommo re? Perché non è qui con noi?<br />

Siamo stati dunque abbandonati dal nostro ospite a <strong>di</strong>spetto <strong>di</strong> tutte<br />

le regole dell'ospitalità?»<br />

Quella voce rozza e aggressiva era giunta dal piano sottostante<br />

talmente forte ed ebbra da interrompere gran parte degli schiamazzi.<br />

Ancor prima che potessi reagire, Artù si sporse dalla balconata,<br />

mise una gamba oltre la ringhiera e, una volta a cavalcioni, parlò<br />

forte in modo da sovrastare ogni altra voce.<br />

«Padraic, impudente trombone, alza gli occhi e guarda su, una<br />

buona volta! Sto parlando con un messaggero che sotto non riusciva<br />

a farsi sentire tanto era forte il vostro russare. Avrebbe forse dovuto<br />

urlarmi nelle orecchie, permettendo a tutti <strong>di</strong> u<strong>di</strong>re il suo messaggio?<br />

Certe questioni sono... delicate!»<br />

Pronunciò l'ultima parola in tono lascivo, dando a intendere che<br />

il re avesse segreti riguardanti delle donne, il che sollevò un enorme<br />

scoppio <strong>di</strong> risa e un'ondata <strong>di</strong> apprezzamenti da parte dell'u<strong>di</strong>torio,<br />

buona parte del quale, con l'aria stravolta, era stato risvegliato dalle<br />

parole <strong>di</strong> Padraic Mac Athol.<br />

Si udì, <strong>di</strong> rimando, levarsi la voce ostinata <strong>di</strong> quest'ultimo. «Io e<br />

voi stavamo parlando, e non avevamo ancora finito, quando mi<br />

sono voltato ed eravate scomparso. Che razza <strong>di</strong> trucco è questo?»<br />

«Trucco? Davvero vi siete voltato e mi avete perso <strong>di</strong> vista? Noi<br />

stavamo parlando più o meno un'ora fa, e nel bel mezzo della<br />

nostra <strong>di</strong>scussione vi siete scolato una birra e siete crollato con la<br />

faccia nel piatto, per poi mettervi a russare. È stato allora che me ne<br />

sono andato: ho creduto foste stanco della mia compagnia!»<br />

Dopo un attimo <strong>di</strong> silenzio che servì alla compagnia per<br />

rior<strong>di</strong>nare le idee, scoppiò un'ilarità generale che giunse al culmine<br />

quando Artù fece penzolare dalla ringhiera anche l'altra gamba e con<br />

un tuffo impeccabile si lanciò nel vuoto, afferrando una delle pesanti<br />

funi che tenevano ancorato, in mezzo al soffitto dell'enorme sala, un


massiccio candeliere. Rimase a dondolarsi per un istante sopra le<br />

teste degli ospiti sbigottiti, la gran parte dei quali urlava per<br />

l'ammirazione. Poi si lasciò cadere senza sforzo su uno dei tavoli e<br />

atterrò agilmente, a ginocchia piegate, in mezzo agli avanzi delle<br />

portate che ricoprivano il piano. Infine scese dal tavolo, passò in<br />

mezzo ai convitati e, tornato a sedersi a capotavola, mise il braccio<br />

al collo del suo amichevole tormentatore.<br />

Merlino, che nel frattempo si era alzato e mi aveva raggiunto,<br />

<strong>di</strong>sse in tono pacato: «Una mossa da stupi<strong>di</strong>. Avrebbe potuto<br />

rompersi una gamba». Parlò in latino, una lingua ben più sottile e<br />

duttile <strong>di</strong> quella costiera, che avevamo usato fino a quel momento. <strong>Il</strong><br />

fatto che fosse passato a un linguaggio più ricco <strong>di</strong> sfumature doveva<br />

significare qualcosa. Capii che stavamo per affrontare questioni <strong>di</strong><br />

maggiore importanza <strong>di</strong> cui ignoravo il contenuto e le ragioni.<br />

Risposi alla sua osservazione nel mio latino fluente e spontaneo.<br />

«Probabilmente sì, maestro Merlino. Eppure mentre parlavate,<br />

pensavo che il suo è stato un brillante stratagemma. Ha trasformato<br />

una situazione potenzialmente critica in un piccolo trionfo. Una<br />

mente veloce e un buon occhio per capire la cosa giusta da fare al<br />

momento giusto.»<br />

La testa incappucciata annuì lentamente e con solennità. Persino a<br />

quella breve <strong>di</strong>stanza il volto <strong>di</strong> Merlino restava completamente<br />

nascosto. «Sono d'accordo e se avessi avuto i tuoi anni l'avrei<br />

applau<strong>di</strong>to anch'io. L'età avanzata porta con sé una certa...<br />

reticenza... Si tende a evitare <strong>di</strong> correre inutilmente rischi fisici, cosa<br />

che i giovani non considerano. Dunque, a quanto pare, sono<br />

<strong>di</strong>ventato vecchio.» Mentre tornava al suo angolo buio, continuò a<br />

parlarmi dandomi le spalle: «Raccontami <strong>di</strong> questa tua idea sulla<br />

spada, per spartirne i poteri».<br />

«Ne avete già sentito parlare?» Non potei nascondere una certa<br />

sorpresa e sod<strong>di</strong>sfazione all'idea che il giorno stesso del nostro<br />

ritorno, Artù avesse sottoposto la questione a Merlino, ma subito mi<br />

pentii <strong>di</strong> quella domanda.<br />

Una delle prime cose che avevo imparato su Merlino Britannico<br />

era che lui non sprecava mai le parole né <strong>di</strong>ceva cose scontate. Una<br />

volta ancora, la sua cortesia mi salvò dall'imbarazzo.


«Come avrei potuto non sentirlo? Dopo aver congedato l'esercito,<br />

che ha affidato a te e agli altri comandanti, Artù è corso da me.<br />

Bramava per rendermi partecipe della tua idea, che ha definito la<br />

cosa più rivoluzionaria ed emozionante da lui u<strong>di</strong>ta nell'arco <strong>di</strong> tutta<br />

la campagna militare. Così ho chiuso le porte per rimanere solo con<br />

lui e per più <strong>di</strong> un'ora mi ha raccontato tutti i tuoi suggerimenti.<br />

Devo <strong>di</strong>rti che sono rimasto ad ascoltarlo dall'inizio alla fine senza<br />

mai interromperlo.»<br />

«Credete davvero che il suo entusiasmo sia sincero?»<br />

La testa incappucciata annuì, rivolta alla balaustra; poi si girò<br />

verso <strong>di</strong> me lasciandomi intravedere sotto la stoffa il pallore della<br />

sua pelle bianca. «Questa tua trovata sarà fonte <strong>di</strong> ispirazione per la<br />

nostra gente, spingerà a compiere gran<strong>di</strong> cose. È un'idea davvero<br />

coinvolgente. Artù, tuttavia, non è riuscito ad alimentare il fuoco che<br />

ha acceso in me questa tua invenzione. <strong>Il</strong> re è pieno <strong>di</strong> entusiasmo<br />

ma non ha ancora le idee chiare su quanto è necessario fare. Per<br />

questo io e te dobbiamo parlarne e trasformare ogni cosa in realtà.»<br />

Si interruppe rimanendo immobile. Lo immaginai che rifletteva a<br />

labbra serrate. «Non qui, però» riprese. «In questo luogo non riesco a<br />

dare ascolto ai miei pensieri. Facciamo due passi fino al mio alloggio,<br />

là potremmo parlarne in assoluta tranquillità e segretezza.»<br />

Lasciata insieme la piccola balconata, scendemmo in silenzio la<br />

ripida scala esterna. Assorto ognuno nei propri pensieri, restammo in<br />

silenzio finché non raggiungemmo il lungo e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> legno che,<br />

oltre a fungere da caserma, ospitava i pochi beni appartenenti a<br />

Merlino. In quella stessa <strong>di</strong>mora abitavano otto anziani ufficiali <strong>di</strong><br />

guarnigione. Le stanze <strong>di</strong> Merlino erano in un'ala isolata rispetto al<br />

corpo principale dell'e<strong>di</strong>ficio e avevano un accesso in<strong>di</strong>pendente,<br />

riservato esclusivamente a lui. Tenendo aperta la porta mi fece segno<br />

<strong>di</strong> entrare; avanzai in un locale illuminato da un'unica candela <strong>di</strong><br />

pregiata cera vergine. Ero già stato lì in passato, anche se non spesso,<br />

e il suo arredamento spartano non mi sorprese affatto: conteneva un<br />

giaciglio, un tavolo da lavoro, due se<strong>di</strong>e e, a fare da scaffalatura, un<br />

insieme <strong>di</strong> tavole sorrette da casse.<br />

Sapevo che sulla parete alla mia sinistra c'erano due ganci per<br />

appendere gli abiti. Ero incerto se togliermi o meno il mantello ma


decisi <strong>di</strong> tenerlo addosso, dato il freddo pungente <strong>di</strong> quella notte.<br />

«Sie<strong>di</strong>ti pure, e ti prego <strong>di</strong> scusarmi, vado a fare un po' <strong>di</strong> luce.»<br />

Mi accomodai, mentre lui con la fiamma <strong>di</strong> una candela andava<br />

ad accenderne altre quattro che sistemò, volta per volta, in modo<br />

che illuminassero la stanza il più possibile. Quando finalmente ebbe<br />

finito, si piazzò davanti alla sua se<strong>di</strong>a ma restò in pie<strong>di</strong>, esitante,<br />

fissandomi come se mi vedesse sotto una strana luce. Ancora una<br />

volta mi sentii invadere da una bizzarra paura infantile, ma fu una<br />

sensazione passeggera che passò non appena Merlino tornò a<br />

rivolgermi la parola.<br />

«Parlami <strong>di</strong> quel titolo che usi,» <strong>di</strong>sse con voce immutata, «quello<br />

speciale rango... la parola che prima ho adoperato anch'io per<br />

rivolgermi a te.»<br />

«Quale parola, maestro Merlino?»<br />

«Quel Seur. Ti ho chiamato Seur Clothar alla maniera franca. Che<br />

cosa vuol <strong>di</strong>re?»<br />

Allargai le braccia per <strong>di</strong>mostrare la mia ignoranza, incredulo che<br />

una parola così piccola e insignificante potesse destare tanto<br />

interesse. Dal giorno in cui ero arrivato a <strong>Camelot</strong> l'avevo sempre<br />

usata, anche se non spesso, e nessuno ci aveva mai fatto caso,<br />

mentre adesso sia Artù sia Merlino mi chiedevano spiegazioni.<br />

«Per quanto ne so non significa assolutamente nulla. È una<br />

formula che usa la mia gente, niente <strong>di</strong> più. Non c'è qualcosa <strong>di</strong><br />

simile nella vostra lingua?»<br />

«No, non c'è, e nemmeno in latino o nella lingua costiera, come<br />

in nessuna delle lingue parlate dalle nostre tribù. La conosco soltanto<br />

per aver avuto a che fare negli anni con alcuni tuoi compatrioti<br />

franchi: la usavano tutti normalmente. Molti l'adoperavano anche<br />

per rivolgersi a me. Immagino sia una parola che in<strong>di</strong>ca rispetto, ho<br />

ragione?»<br />

«Sì, infatti.»<br />

«Fammi capire, ti prego. Come viene usata? Chi la merita e<br />

perché?»<br />

Prima <strong>di</strong> rispondere dovetti rifletterci sopra: spiegare quella


piccola, breve e sciocca parola <strong>di</strong>ventava sempre più complicato<br />

man mano che mi sforzavo <strong>di</strong> afferrarne il senso. Merlino rimase ad<br />

aspettare e benché non riuscissi a vedere i suoi occhi sentivo che mi<br />

stava fissando intensamente.<br />

«Dunque,» cominciai infine «innanzitutto... il significato più<br />

scontato... è legato al rispetto, come avete detto voi. La mia gente<br />

usa questa parola per rivolgersi a un uomo più anziano o più...<br />

<strong>di</strong>stinto, <strong>di</strong>rei... più <strong>di</strong>stinto <strong>di</strong> loro. Eppure non è del tutto esatto.<br />

Un appren<strong>di</strong>sta, nel rivolgersi al proprio maestro, lo chiamerebbe<br />

sicuramente Seur, e lo stesso farebbe un conta<strong>di</strong>no parlando al<br />

proprietario delle terre su cui vive. Ma anche un mercante, dovendo<br />

trattare con clienti maschi del suo stesso rango e status, userebbe<br />

Seur, anche se non molto spesso. E altrettanto farebbe il gestore <strong>di</strong><br />

una taverna rivolgendosi ad alcuni dei suoi ospiti... certo non a tutti.<br />

Quin<strong>di</strong>, la <strong>di</strong>fferenza non sta soltanto nel rango o nella posizione o<br />

nel possesso <strong>di</strong> beni... Ha senso per voi ciò che sto <strong>di</strong>cendo?»<br />

«Certo.» La voce <strong>di</strong> Merlino era estremamente pacata. «Molto<br />

interessante.»<br />

Per un attimo mi domandai perché quella semplice parola,<br />

benché rappresentasse un concetto più ampio, esercitava tanto<br />

fascino, ma presto fui affascinato io stesso: bramavo <strong>di</strong> trovare la<br />

definizione adatta anche per costringere i miei nebulosi pensieri a<br />

smettere <strong>di</strong> brulicarmi in testa. Alla fine, tuttavia, incapace <strong>di</strong><br />

giungere a una risposta sod<strong>di</strong>sfacente e tanto meno definitiva,<br />

dovetti allargare <strong>di</strong> nuovo le braccia e ammettere la mia sconfitta.<br />

«Vi confesso, maestro Merlino, che non sono in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>rvi più<br />

<strong>di</strong> quanto non vi abbia già detto. È soltanto una parola, niente <strong>di</strong><br />

più, un termine usato in segno <strong>di</strong> stima e <strong>di</strong> riconoscimento in ambiti<br />

<strong>di</strong>versi... <strong>di</strong> tipo <strong>di</strong>verso... Ma perché vi interessa tanto?»<br />

«Curiosità, nient'altro che questo, per il momento.» Fece un gesto<br />

con la mano destra e mi invitò a lasciar perdere. «Torniamo alla tua<br />

idea della spada. Dobbiamo pensare a come organizzare una<br />

cerimonia.» Mentre mi parlava <strong>di</strong> questo nuovo argomento, mi<br />

<strong>di</strong>strassi smettendo <strong>di</strong> ascoltare ciò che stava <strong>di</strong>cendo. Quando aveva<br />

alzato la mano destra mi ero reso conto all'improvviso - chissà<br />

perché proprio allora, nonostante lo conoscessi ormai da molto


tempo - che non ero mai riuscito a vedergli la sinistra. Fissai lo<br />

sguardo sull'altro braccio e notai che la manica era troppo lunga. Si<br />

<strong>di</strong>stingueva chiaramente la sagoma della mano, ma la stoffa che la<br />

ricopriva pendeva molto più del normale. La mano destra, invece,<br />

era deforme, le due <strong>di</strong>ta più piccole torte e mozze. Mi ricordai <strong>di</strong> un<br />

fatto accaduto a Merlino durante una guerra precedente, combattuta<br />

molti anni prima del mio arrivo in Britannia: finito in un incen<strong>di</strong>o<br />

appiccato in campo nemico, si era gravemente ustionato nel<br />

tentativo <strong>di</strong> salvare dalle fiamme la testa mozzata del fratellastro<br />

Ambrogio. Ero sicuro che fosse rimasto sfigurato proprio in quel<br />

frangente: una cicatrice da ustione era ben visibile sulla pelle della<br />

mano destra. Per spiegare i motivi del suo sottrarsi agli sguar<strong>di</strong> della<br />

gente si raccontavano cose ben più sinistre: si mormorava che fosse<br />

un lebbroso, la più temuta delle creature umane.<br />

C'era qualcosa <strong>di</strong> tristemente comico in quello: per gli altri,<br />

Merlino, in<strong>di</strong>pendentemente dalla presenza maligna della lebbra, era<br />

già, per sua scelta, e pura invenzione, una delle più temute creature<br />

umane. Sfruttando la paura della gente comune per le arti nere e chi<br />

le praticava, aveva fatto in modo <strong>di</strong> sembrare uno stregone,<br />

garantendosi la possibilità <strong>di</strong> agire tranquillamente, senza trovarsi<br />

meschini ficcanaso fra i pie<strong>di</strong>.<br />

D'un tratto mi accorsi che era calato il silenzio: Merlino non<br />

parlava più, stava aspettando che rispondessi a qualcosa. Era<br />

impossibile mascherare la mia mancanza.<br />

«Perdonate, maestro Merlino, i miei pensieri erano <strong>di</strong>stanti miglia<br />

e miglia da qui e non ho sentito la vostra domanda.»<br />

La mano bianca e deforme si ritirò nella manica. «Non ti ho posto<br />

nessuna domanda. Avevo notato che la tua mente era altrove: ho<br />

soltanto smesso <strong>di</strong> parlare. Non c'è niente <strong>di</strong> cui ti debba far<br />

perdonare. A me succede <strong>di</strong> continuo.»<br />

Abbozzai un sorriso; arrossii. Merlino proseguì: «Ti stavo <strong>di</strong>cendo<br />

che Artù ha accennato a una specie <strong>di</strong> veglia la notte prima alla<br />

cerimonia, allo scopo <strong>di</strong> iniziare i partecipanti. Puoi spiegarmi perché<br />

l'hai proposta e come ti è venuta in mente?».<br />

«Sì, maestro Merlino, ora ve lo spiego.» Gli raccontai quello che<br />

avevo pensato udendo Artù narrare della notte precedente


l'incoronazione: l'aveva trascorsa in preghiera e in mistica<br />

contemplazione, sotto la guida <strong>di</strong> Enos, il vescovo del santuario <strong>di</strong><br />

sant'Albano e degli altri vescovi che sarebbero intervenuti il giorno<br />

dopo per consacrare la cerimonia. Quella veglia era stato un rito <strong>di</strong><br />

purificazione: il nuovo re, confessato e assolto, era pronto a<br />

partecipare alla solennità <strong>di</strong> un evento che si sarebbe rivelato unico e<br />

pro<strong>di</strong>gioso, il primo e più importante dall'avvento della cristianità in<br />

Britannia: la prima incoronazione <strong>di</strong> un riotamo dai tempi antichi.<br />

Se avessimo mai messo in pratica la nostra idea, spiegai, mi<br />

sembrava assolutamente in<strong>di</strong>spensabile richiamare quel primo<br />

evento in tutti i suoi molteplici aspetti, sottolinearne l'importanza e<br />

sottoporre a simili riti preliminari i partecipanti prima della<br />

cerimonia stessa.<br />

«E in che modo si potrebbe dare importanza al nuovo rito?» mi<br />

chiese Merlino.<br />

Faticai a non lasciar trasparire quanto mi aveva sorpreso quella<br />

domanda: dunque non ero stato abbastanza chiaro. Gli spiegai che<br />

una cerimonia del genere, un rito nuovo e senza precedenti,<br />

meritava il massimo della solennità e delle attenzioni. «Anche se<br />

significasse - e credo sia inevitabile -invitare un vescovo, ma anche<br />

più d'uno, a consacrarla e santificarla durante il suo svolgimento, così<br />

da assicurarci la protezione della santa chiesa.»<br />

La testa incappucciata annuì piano e ripetutamente; poi, tornato<br />

alla sua se<strong>di</strong>a e accomodatosi, Merlino sollevò la mano destra e calò<br />

il cappuccio ancor più sul viso.<br />

«Enos è morto» <strong>di</strong>sse. «Ci ha lasciato la primavera scorsa. La<br />

notizia è giunta a estate inoltrata. <strong>Il</strong> suo posto è stato preso da un<br />

uomo <strong>di</strong> nome Anselmo, che non ho mai conosciuto. Non era<br />

presente all'investitura del sommo re, ma dai resoconti che ho<br />

ricevuto, e ho penato parecchio per scoprire tutto il possibile, pare si<br />

tratti <strong>di</strong> un vescovo abile, nonché <strong>di</strong> un uomo molto rispettabile.<br />

Sono d'accordo con te su tutta la linea. Questo progetto potrebbe<br />

rivelarsi un modo per concretizzare davvero i migliori propositi <strong>di</strong><br />

Artù. Scriverò senz'altro al vescovo Anselmo spiegandogli le nostre<br />

intenzioni e lo inviterò a farci visita o, se non fosse possibile, a<br />

mandarci qualcuno in sua vece. Prima, però, dovremmo stabilire una


data per l'avvenimento, a prescindere dalla forma che alla fine<br />

prenderà.<br />

Ora, dopo questa premessa, devo porti una domanda che forse ti<br />

sembrerà ri<strong>di</strong>cola: cosa ci stiamo proponendo davvero <strong>di</strong> fare?<br />

Sentendo che Artù fin dall'inizio si lasciava trasportare<br />

dall'entusiasmo, ho pensato che, sebbene l'idea sia buona, - la<br />

trovata <strong>di</strong> estendere ai comandanti del re il potere magico<br />

dell'invulnerabilità <strong>di</strong> Excalibur è davvero suggestiva - le avversità<br />

della vita e la ferocia della guerra potrebbero vanificare tutto nel<br />

preciso istante in cui il primo uomo subirà un taglio o una ferita <strong>di</strong><br />

qualunque genere. La percezione dell'invulnerabilità in fondo non è<br />

altro che una percezione per l'appunto. L'invulnerabilità non esiste.<br />

Perfino Achille aveva nel tallone il suo punto debole.»<br />

Sempre attento alle parole <strong>di</strong> Merlino, mi alzai, attraversai la<br />

stanza e raggiunsi una delle candele che, esposta a una forte corrente<br />

d'aria, illuminava a fatica. Vacillava fasti<strong>di</strong>osamente e la fiamma<br />

spinta <strong>di</strong> lato stava sciogliendo il margine intorno alla cavità dello<br />

stoppino.<br />

La spostai, per poi voltarmi <strong>di</strong> nuovo verso Merlino.<br />

«Per parecchi giorni ho pensato anch'io alla stessa cosa. Se<br />

l'invulnerabilità non esiste, perché stiamo cercando <strong>di</strong> fare questo?<br />

Io, però, maestro Merlino, sono convinto che stiamo facendo la cosa<br />

giusta. Non so <strong>di</strong>rvi il perché - non <strong>di</strong> preciso, per il momento - ma<br />

percepisco qualcosa <strong>di</strong> intensamente morale e bello nei pensieri che<br />

mi attraversano la mente. Stiamo parlando <strong>di</strong> una nuova ed<br />

emozionante esperienza legata al potere attribuito a Excalibur, la<br />

spada del re. Ma ancor <strong>di</strong> più al re stesso, al compito che si è<br />

prefissato e alla natura degli uomini che ha radunato intorno a sé a<br />

sostegno della sua impresa. Nel conferire loro onorificenza, noi li<br />

esalteremo, li nobiliteremo, li renderemo più giusti e migliori <strong>di</strong><br />

quanto non lo siano mai stati, facendoli emergere dalla me<strong>di</strong>ocrità<br />

del gregge. Noi - o Artù, in qualità <strong>di</strong> sommo re - doneremo ai<br />

partecipanti al rito qualcosa <strong>di</strong> nuovo: qualcosa <strong>di</strong> nobile e<br />

meraviglioso...»<br />

«E fonderemo e istituiremo un nuovo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> cavalieri.»<br />

«Cosa avete detto?» domandai tutto d'un fiato.


«Ho detto che fonderemo e istituiremo un nuovo or<strong>di</strong>ne. Non è<br />

forse questo che mi stavi suggerendo? E non è ciò che ti avevo<br />

promesso quando arrivasti in Britannia? Un nuovo or<strong>di</strong>ne per la<br />

massima gloria <strong>di</strong> Dio?»<br />

«Sì» <strong>di</strong>ssi, sconcertato dalle sue parole. «Sì, è vero, ma... non<br />

doveva essere compito mio... concepire l'idea... Doveva essere una<br />

vostra missione!»<br />

«Fortuna, allora, che ho abbastanza intelligenza e saggezza per<br />

riconoscere un'idea brillante quando mi si presenta e sufficiente<br />

astuzia per agire a suo favore nonostante non mi appartenga.»<br />

Ero ancora sbalor<strong>di</strong>to; la mente si riempì <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong>. «<strong>Il</strong> vescovo<br />

Germano... le sue parole...» Mi schiarii la voce e scrollai la testa<br />

come per rinfrescarmi le idee. «Chiesi al vescovo qualche notizia in<br />

più sulla forma che questo nuovo or<strong>di</strong>ne avrebbe dovuto prendere e<br />

rimasi sorpreso quando mi resi conto che o non ne aveva la minima<br />

idea o non possedeva una sua opinione in proposito. A suo <strong>di</strong>re, al<br />

momento opportuno, Dio avrebbe provveduto a ispirare gli animi e<br />

ogni cosa sarebbe andata a posto, spontaneamente.»<br />

«A quanto pare aveva ragione. Allora, come chiamerai questo<br />

nuovo or<strong>di</strong>ne?»<br />

«Io... non lo so proprio. Non sono nemmeno sicuro se sarà un<br />

or<strong>di</strong>ne. Coinvolgerà, come <strong>di</strong>cevo poc'anzi, non più <strong>di</strong> una manciata<br />

<strong>di</strong> uomini.»<br />

«Certo, nella prima cerimonia, ma una volta che avrai elevato<br />

quei <strong>di</strong>eci al nuovo rango e la cosa sarà fatta e risaputa, tutti gli<br />

appartenenti all'esercito che ne avranno i requisiti vorranno godere<br />

dello stesso beneficio. E come pensi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere chi sarà stato<br />

ammesso all'or<strong>di</strong>ne e conferito <strong>di</strong> <strong>di</strong>gnità e onori?»<br />

«Che cosa intendete?»<br />

«Mi riferisco al fatto che questo rito, questa cerimonia, qualunque<br />

sia la sua forma, dovrà <strong>di</strong>stinguere i partecipanti, come abbiamo<br />

appena convenuto, dagli altri semplici seguaci, renderli riconoscibili<br />

come persone molto speciali. Come hai intenzione <strong>di</strong> metterlo in<br />

evidenza? Come potremmo assicurarci che tutti abbiano sempre<br />

sotto gli occhi la prova che questi uomini si sono sottoposti a una


cerimonia straor<strong>di</strong>naria che ha cambiato loro la vita? Poiché è questo<br />

che accadrà: la loro vita non sarà mai più la stessa. Andranno alla<br />

cerimonia come persone <strong>di</strong> un certo tipo e ne usciranno del tutto<br />

trasformati. Come potremmo testimoniare questo fatto in modo che<br />

nessuno abbia dei dubbi?»<br />

«Non ne ho idea.»<br />

«Io invece sì. Conferirai loro un titolo: un titolo che nessun altro<br />

potrà usare.»<br />

«Inten<strong>di</strong> il titolo <strong>di</strong> legato?»<br />

«No, <strong>di</strong> Seur.»<br />

Sul mio viso trasparì la più totale confusione. «Perdonatemi,» <strong>di</strong>ssi<br />

«credo <strong>di</strong> non aver capito.»<br />

«Sto <strong>di</strong>cendo che attribuiremo a ogni uomo un titolo con cui lo<br />

<strong>di</strong>stingueremo dagli altri per esser stato elevato <strong>di</strong> rango dal sommo<br />

re, sotto la protezione <strong>di</strong> Excalibur. E lo prenderemo in prestito dalla<br />

tua lingua, non dalla nostra; voi Franchi avete una parola perfetta<br />

che noi non abbiamo. Quella parola è Seur, un termine che in<strong>di</strong>ca<br />

rispetto e onorabilità. Pertanto, quando un uomo come Bedwyr sarà<br />

accolto nell'or<strong>di</strong>ne, verrà insignito del nome e del titolo <strong>di</strong> Seur<br />

Bedwyr e così sarà identificato e contrad<strong>di</strong>stinto per sempre.»<br />

«Seur Bedwyr...» Ripetei, lentamente, quasi a saggiare quel suono<br />

con la lingua per convincermi. «Seur Bedwyr, Seur Clothar, Seur<br />

Perceval...» Sentivo lo sguardo <strong>di</strong> Merlino puntato su <strong>di</strong> me:<br />

aspettava un mio parere. «Mi piace» <strong>di</strong>ssi. «Suona bene, sembra<br />

adatto. Credete che funzionerà?»<br />

«Mi stai chiedendo se, una volta conferito, la gente lo accetterà?<br />

Sì, penso che funzionerà alla perfezione. È una parola nuova, un<br />

titolo breve che conquisterà tutti perché identificherà un nuovo tipo<br />

<strong>di</strong> guerriero, un campione riconosciuto e onorato <strong>di</strong>rettamente dal<br />

sommo re. Funzionerà, aspetta e vedrai.»


VIII<br />

A catalizzare tutte le varie idee passateci per la testa a proposito<br />

del nuovo or<strong>di</strong>ne del re fu un fatto che avvenne quella stessa estate,<br />

nel pieno <strong>di</strong> una campagna militare nel Nord-est. Di fatto si trattava<br />

più che altro <strong>di</strong> un'avanzata. In quell'occasione dovevamo<br />

soprattutto fare sfoggio della nostra potenza militare davanti a tutti i<br />

re <strong>di</strong> cui visitavamo le terre, per stupirli e portarli a considerare,<br />

talvolta a riconsiderare, gli obblighi che avevano nei confronti della<br />

supremazia <strong>di</strong> Artù. Già in primavera eravamo pronti a contrastare<br />

l'ostilità <strong>di</strong> Horsa, il quale però, come la neve, era svanito nel nulla.<br />

Ci proponemmo quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> cominciare il nuovo anno <strong>di</strong>mostrando ai<br />

nostri alleati il livello della nostra efficienza. Davanti alla nostra<br />

potenza militare, senza il bisogno <strong>di</strong> scavare troppo in profon<strong>di</strong>tà,<br />

quasi tutti i re e i capi trovavano ragioni valide per <strong>di</strong>mostrarsi amici.<br />

Una volta raggiunta o conquistata un'intesa, poi, Artù si confermava<br />

maestro nel conquistarsi la lealtà e l'alleanza <strong>di</strong> ogni re senza<br />

sminuirlo o umiliarne l'importanza agli occhi della sua gente.<br />

Quei pochi che ci consideravano nemici pericolosi, se non<br />

ad<strong>di</strong>rittura invasori, e decidevano <strong>di</strong> farci guerra, venivano<br />

rapidamente sconfitti, deposti e sostituiti con altri più inclini alla<br />

moderazione e al compromesso.<br />

<strong>Il</strong> giorno in questione, arrivammo alla gigantesca fortezza <strong>di</strong><br />

Deva, che aveva ospitato per quattro secoli la Ventesima Legione, la<br />

Valeria Victrix. Deva, protetta dalle sue imponenti mura, era a quel<br />

tempo una prosperosa comunità agricola e mercantile <strong>di</strong> più <strong>di</strong><br />

quattromila anime. Eravamo lì per far visita al re, un uomo <strong>di</strong> nome<br />

Simmaco, che anni prima avevo conosciuto durante la mia<br />

permanenza a Verulamium, ai tempi del venerabile vescovo Enos.<br />

Artù nutriva gran<strong>di</strong> speranze che egli supportasse la nostra causa <strong>di</strong><br />

unificazione, ma Simmaco si era <strong>di</strong>mostrato freddo con tutti gli<br />

interme<strong>di</strong>ari che in passato lo avevano avvicinato e io nutrivo forti<br />

riserve sulla possibilità che potesse cambiare idea, perfino in un faccia


a faccia con Artù.<br />

Quando lo avevo conosciuto, Simmaco non mi era piaciuto per<br />

niente. Non avevo avuto <strong>di</strong>fficoltà a provare antipatia per lui. Era<br />

freddo e <strong>di</strong>staccato, e trovava sempre da ri<strong>di</strong>re; si era <strong>di</strong>mostrato<br />

ostile e del tutto privo <strong>di</strong> fascino, senza contare il fatto che si era<br />

convinto, assolutamente a torto, che avessi delle mire su sua figlia<br />

maggiore, Cynthia.<br />

Oltre alle preoccupazioni riguardo al calore con cui ci avrebbe<br />

accolto, attendevo con ansia e gran<strong>di</strong> aspettative <strong>di</strong> rivedere, invece,<br />

la sua incantevole figlia minore. Maia, magra e dalle lunghe gambe,<br />

era in<strong>di</strong>pendente e per nulla simile alla sorella maggiore. Benché<br />

allora avesse avuto soltanto do<strong>di</strong>ci o tre<strong>di</strong>ci anni era l'unica persona<br />

che conoscevo in grado <strong>di</strong> lanciare i miei giavellotti correttamente e<br />

con naturalezza.<br />

Tuttavia, sia io sia Artù eravamo destinati a rimanere delusi:<br />

Simmaco e il suo seguito, moglie e figlie comprese, quell'estate non<br />

soggiornavano a Deva. Si erano <strong>di</strong> nuovo recati a Verulamium, a<br />

pregare al santuario <strong>di</strong> sant'Albano, dove durante la loro prima<br />

visita, il re e la consorte erano riusciti a concepire un'altra figlia. Poco<br />

gra<strong>di</strong>ta, come per noi era stata la notizia della loro assenza. La cosa<br />

non mi sorprese particolarmente: le due figlie maggiori <strong>di</strong> Simmaco<br />

erano nate dalla sua prima moglie, morta ormai da tempo. La prima<br />

visita del re e della nuova regina al santuario <strong>di</strong> sant'Albano, dove li<br />

conobbi, aveva avuto lo scopo <strong>di</strong> ottenere l'aiuto del beato per<br />

avere un figlio loro. Questa volta erano tornati a implorarlo perché<br />

intercedesse per un erede maschio.<br />

Queste informazioni ci giunsero quando ci fermammo davanti<br />

all'ingresso principale della massiccia fortezza per farci riconoscere<br />

dal capitano delle guar<strong>di</strong>e. Alcuni <strong>di</strong> noi avevano preceduto<br />

l'armata: eravamo io, Artù e Tristano - il fratello minore <strong>di</strong> Perceval<br />

che ci aveva accompagnati in Britannia dopo aver combattuto per<br />

anni come mercenario al servizio <strong>di</strong> Roma - insieme ai rispettivi<br />

scu<strong>di</strong>eri e a una scorta <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci uomini a cavallo. Volevamo evitare<br />

che l'approssimarsi del nostro esercito creasse inutile allarme e<br />

<strong>di</strong>ssipare qualunque conclusione affrettata sulle nostre intenzioni, <strong>di</strong><br />

fatto più che pacifiche.


Ci stavano trattenendo davanti al cancello chiuso, quando<br />

finalmente ci raggiunse un ufficiale: aveva un'aria chiaramente<br />

turbata; ci informò che non c'era nessuno <strong>di</strong> rango adeguato per<br />

riceverci.<br />

«Se è così non ci resta che rimpiangere un'opportunità perduta»<br />

rispose Artù. «Ce ne andremo imme<strong>di</strong>atamente e non vi<br />

<strong>di</strong>sturberemo oltre. Quando re Simmaco tornerà, fategli sapere, se<br />

non vi spiace, che trovandoci sulla strada che da nord porta a<br />

<strong>Camelot</strong>, la nostra patria, e attraversa le sue terre, avevamo pensato<br />

<strong>di</strong> porgergli i nostri rispetti. A opporsi è stata una sfortunata serie <strong>di</strong><br />

coincidenze: sono cose che succedono, non ci si può far nulla. Posso<br />

chiedere il vostro nome, capitano?»<br />

<strong>Il</strong> volto dell'uomo esprimeva totale indecisione: sentendo che<br />

Artù aveva stabilito <strong>di</strong> partire imme<strong>di</strong>atamente, il poveruomo dubitò<br />

d'un tratto <strong>di</strong> aver agito per il meglio rifiutando <strong>di</strong> accoglierci a<br />

Deva. Rosso in viso, si schiarì la voce e ci <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> chiamarsi Gardolf:<br />

era il primo capitano delle guarnigioni del castello. Artù chinò il<br />

capo e tornò a rassicurarlo.<br />

«I nostri ringraziamenti a voi, maestro Gardolf, per la vostra<br />

cortesia; posso chiedervi un'ultima premura? Mi sono lasciato alle<br />

spalle un esercito: è ben <strong>di</strong>sciplinato, si comporta a dovere ed è<br />

tutt'altro che turbolento. È un'armata felice perché sta tornando<br />

verso casa, per una volta, senza aver subito una sola per<strong>di</strong>ta. C'è un<br />

posto nelle vicinanze dove potremmo passare la notte? Siamo circa<br />

millecinquecento uomini, avremmo bisogno <strong>di</strong> un certo spazio per<br />

noi e i cavalli e, se fosse possibile, <strong>di</strong> una sorgente d'acqua. Saremmo<br />

felici <strong>di</strong> ripagarvi in denaro il privilegio <strong>di</strong> usufruire <strong>di</strong> un posto<br />

simile: all'alba riprenderemo la marcia verso sud.»<br />

<strong>Il</strong> capitano, a onor del merito, non volle nemmeno considerare<br />

l'offerta <strong>di</strong> Artù. Si accigliò per un istante e si mise a riflettere; poi un<br />

sorriso tornò a illuminargli il volto. «Conosco un posto perfetto per<br />

voi, mio signor re» rispose. «A meno <strong>di</strong> due leghe da qui, in<br />

<strong>di</strong>rezione sud, troverete un podere abbandonato. Si trova in una<br />

valle stretta e lunga, circondata dalle montagne. È nei pressi della<br />

strada principale che porta verso sud. La villa è stata <strong>di</strong>strutta circa<br />

una ventina <strong>di</strong> anni fa da alcuni predoni venuti dalla costa e il suo


proprietario ucciso assieme a tutta la famiglia. Da allora è rimasta<br />

deserta: se tornassero i predoni, sarebbe troppo lontana per ottenere<br />

qualsivoglia aiuto. Per voi, invece, andrà benissimo. I campi sono<br />

stati invasi dalla vegetazione; sono vasti e spaziosi, senza grossi<br />

alberi. C'è anche un fiume con acque limpide e fresche.»<br />

Lo ringraziammo e ci congedammo per raggiungere il nostro<br />

esercito; in meno <strong>di</strong> due ore arrivammo al luogo descrittoci dal<br />

capitano.<br />

Artù rimase in sella a guardare gli squadroni incolonnarsi nel<br />

punto or<strong>di</strong>nato loro, dove si preparavano ad allestire il campo per<br />

quella sosta <strong>di</strong> una notte. Mentre il contingente <strong>di</strong> fanteria iniziava a<br />

sistemare l'accampamento, le truppe <strong>di</strong> cavalleria si occupavano dei<br />

loro stalloni; poi anche queste ultime si unirono ai compagni. Una<br />

volta avviati i preparativi, il re girò il cavallo e mi fece cenno <strong>di</strong><br />

seguirlo. Cavalcai al suo fianco in silenzio finché non arrivammo alle<br />

rovine <strong>di</strong> quella che un tempo doveva essere una splen<strong>di</strong>da villa.<br />

Smontammo e raggiungemmo l'atrio della costruzione: al centro <strong>di</strong><br />

uno snodo <strong>di</strong> viottoli che si intersecavano tra loro e che un tempo<br />

conducevano alle <strong>di</strong>verse ali dell'enorme casa, era rimasta ancora<br />

intatta una fontana, in gran parte sommersa dalle macerie. I viottoli<br />

erano lastricati <strong>di</strong> pietre tagliate su misura a forma esagonale,<br />

senz'altro opera <strong>di</strong> un maestro scalpellino. Molte erano rotte e<br />

rovesciate e l'intera superficie era cosparsa <strong>di</strong> frammenti <strong>di</strong> marmo,<br />

calcinacci e tegole <strong>di</strong> argilla.<br />

Artù avanzò lentamente e i suoi stivali chiodati scricchiolarono in<br />

mezzo alle macerie; poi, per riposarsi un po', appoggiò un piede sul<br />

bordo inferiore della fontana e si guardò intorno con il gomito<br />

appoggiato sul ginocchio sollevato.<br />

«Sai cos'è un vandalo, Lancie?»<br />

«Sì, mio signore, i Vandali sono una tribù che vive nelle terre<br />

orientali ai confini dell'impero. Flavio Stilicone era un vandalo.»<br />

<strong>Il</strong> re sbuffò a metà tra il riso e l'imprecazione. «È vero, lo era. Ma<br />

Flavio Stilicone era un vandalo illuminato, proveniva da una<br />

famiglia civilizzata da secoli <strong>di</strong> convivenza con i Romani. All'inizio,<br />

quando i primi Vandali comparvero in terra romana, si fecero subito<br />

conoscere per razzie come questa...» Con un gesto in<strong>di</strong>cò l'atrio.


«Devastazioni sfrenate e selvagge, <strong>di</strong>struzioni, profanazioni, per il<br />

puro piacere <strong>di</strong> creare <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne e rovina. La reputazione che presto<br />

si guadagnarono non venne mai <strong>di</strong>menticata: ecco perché gli uomini<br />

istruiti, davanti a violenze e uno sfacelo <strong>di</strong> tali proporzioni, citano i<br />

Vandali.» Si guardò ancora intorno. «La gente che ha fatto questo<br />

doveva decisamente somigliare a questo antico popolo. Hai mai<br />

visto una devastazione simile? Questo posto, un tempo, doveva<br />

essere bellissimo. Perché <strong>di</strong>struggerlo così?» Si ricompose e con le<br />

mani appoggiate alla cintura inarcò all'in<strong>di</strong>etro la schiena, nel<br />

tentativo <strong>di</strong> alleviare i crampi provocati dalla lunga giornata passata<br />

in sella.<br />

«Ho trascorso gran parte dell'infanzia in un posto molto simile a<br />

questo, con tanti giar<strong>di</strong>ni fioriti. Lo conosci anche tu, è villa<br />

Britannico. Adesso nessuno ci vive più, non stabilmente almeno:<br />

come saprai, è <strong>di</strong>ventata una <strong>di</strong>mora per gli ospiti e nei suoi giar<strong>di</strong>ni,<br />

un tempo ornati <strong>di</strong> fiori, adesso crescono frutta e verdura. Quando<br />

ero ragazzino, invece, l'abitavano i <strong>di</strong>scendenti delle famiglie<br />

Britannico e Varro.» Si guardò ancora intorno cercando <strong>di</strong> notare<br />

altri particolari. «Ecco quello per cui combattiamo, Clothar, per<br />

luoghi come questo, perché la gente che abita le nostre terre abbia<br />

ancora e per sempre il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> costruire posti simili e <strong>di</strong> poterci<br />

vivere in pace.» Si strinse nelle spalle. «Be', forse ho un po' esagerato.<br />

Prima che arrivassero i Romani, la gente qui abitava in capanne <strong>di</strong><br />

argilla. Parlo, però, <strong>di</strong> cinquecento anni fa; da duecento anni a<br />

questa parte in Britannia sono state costruite molte case come questa<br />

e se non riusciremo ad arrestare l'invasione dei Sassoni, finiranno<br />

tutte in macerie. Ma ora passeggiamo un po', amico mio. Vedere<br />

questo genere <strong>di</strong> infamie non fa che accrescere in me la rabbia e<br />

aumentare la determinazione a compiere ciò che devo.»<br />

Nel quarto d'ora che seguì camminammo per lo più in silenzio in<br />

mezzo alle rovine <strong>di</strong> quell'antica casa. Artù si fermava a ogni passo<br />

per farmi notare svariate cose e mentre stavo osservando un<br />

ammasso <strong>di</strong> pietre crollate - un tempo una fucina la cui incu<strong>di</strong>ne<br />

arrugginita spuntava in mezzo al pietrisco, accanto al cannello <strong>di</strong> un<br />

arcaico mantice - catturò la mia attenzione la sagoma <strong>di</strong> un piccolo<br />

oggetto. Mi avvicinai e scoprii che si trattava <strong>di</strong> una scatola <strong>di</strong> legno<br />

massiccio.


«Cos'è?» chiese Artù avvicinandosi mentre la raccoglievo.<br />

La <strong>di</strong>e<strong>di</strong> a lui. «Non so. Una specie <strong>di</strong> scatola, penso. Ha i car<strong>di</strong>ni.<br />

Credo sia molto vecchia.»<br />

«Molto vecchia, senza dubbio! Ve<strong>di</strong>, era anche <strong>di</strong>pinta.» Con<br />

l'unghia del pollice scrostò una patina che avevo creduto sporco<br />

atavico e subito cercò <strong>di</strong> aprire con entrambe le mani il coperchio. Ci<br />

riuscì, e rimase come in trance. Mi avvicinai per vedere cosa aveva<br />

scoperto. Non riuscii, però, a decifrare subito il contenuto <strong>di</strong> quella<br />

scatola annerita. Era larga una spanna, profonda circa due terzi della<br />

stessa e calcolai che misurasse in lunghezza poco più della mia mano<br />

dal centro del polso alla punta del <strong>di</strong>to me<strong>di</strong>o. Al suo interno si<br />

scorgeva una massa scura che sembrava inestricabilmente<br />

aggrovigliata su se stessa. Artù, invece, aveva tutta l'aria <strong>di</strong> sapere<br />

bene cosa stesse guardando. Con profonda sod<strong>di</strong>sfazione, rovesciò la<br />

scatola in modo che l'oggetto gli cadesse nel palmo della mano; poi<br />

si chinò ad appoggiarla a terra, ai suoi pie<strong>di</strong>. Quando riuscì a<br />

sganciare quell'affare, me lo mostrò: era formato da due pezzi e il re<br />

ne teneva uno per mano.<br />

«Speroni» <strong>di</strong>sse. Me ne lanciò uno perché potessi esaminarlo: lo<br />

riconobbi subito, ma rimasi stupito da quanto fosse stranamente<br />

pesante. «Questi, un tempo, devono esser stati l'orgoglio <strong>di</strong><br />

qualcuno» continuò. «Solido argento finemente lavorato. Osserva<br />

com'è decorato, guarda l'incisione. Non le si nota facilmente con<br />

tutta questa ruggine, ma ci sono incise delle parole... Ve<strong>di</strong>? Avevo<br />

ragione.» Intanto estrasse dal fodero il coltello che portava alla<br />

cintura e con un piccolo gesto portò in superficie tutta la brillantezza<br />

del metallo sottostante. Avvicinai agli occhi lo sperone che avevo in<br />

mano per poterlo osservare meglio alla luce del sole.<br />

«Hai ragione.» Lo avvicinai ancor <strong>di</strong> più e, strizzando gli occhi,<br />

cercai <strong>di</strong> decifrare ciò che era inciso sul metallo a lettere minuscole,<br />

più nere del nero che le circondava. «Sembrerebbe un nome... mi<br />

sembra Petrus qualcosa... Sì, Petrus Trebo...»<br />

«Trebonius?»<br />

«Sì, giusto. Petrus Trebonius e qualcos'altro... Cinna! Un nome<br />

antico, Cinna. Chissà chi era.»


«Petro Trebonio Cinna. Era un ufficiale veterano della Ventesima<br />

Legione, a quanto testimoniano gli speroni. Un cavaliere che<br />

apparteneva all'or<strong>di</strong>ne equestre.» Strabuzzai gli occhi senza alcun<br />

rispetto per la regalità del mio compagno. «Come fate a sapere<br />

queste cose?»<br />

Artù tornò a esaminare lo sperone che teneva in mano. «Aspetta,<br />

c'è qualcos'altro qui, sull'altro lato del gancio, ma non si legge molto<br />

bene.» Sollevai in alto lo sperone per catturare al massimo la luce e<br />

per un attimo restammo in silenzio. Girai il mio sperone ma sull'altro<br />

lato non trovai nessuna scritta.<br />

«Clau<strong>di</strong>us» sussurrò invece Artù. «Clau<strong>di</strong>us Imperator. Questo<br />

affare fu fabbricato durante il regno <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o Cesare, Clothar. Sai<br />

quanto tempo fa è stato? Più o meno cinquecento anni orsono. Fu<br />

Clau<strong>di</strong>o a far costruire qui a Deva una fortezza che ospitasse i<br />

seicento uomini della seconda Ventesima Legione.»<br />

Scossi il capo. «È passato talmente tanto tempo che si fatica quasi<br />

a immaginarlo. Ma non avete ancora risposto alla mia domanda.<br />

Come fate a sapere che questo tizio era un cavaliere?»<br />

Sogghignò e puntò il suo sperone verso il mio. «Per via <strong>di</strong> questi.<br />

Sono tutto fuorché comuni. I normali citta<strong>di</strong>ni, ma anche i patrizi,<br />

indossano speroni <strong>di</strong> ferro... Be', forse i patrizi ricchi ne possedevano<br />

anche d'oro, ma solo i cavalieri indossavano speroni d'argento. Era<br />

un privilegio <strong>di</strong>feso gelosamente. Gli speroni d'argento erano il<br />

simbolo del rango e dello status <strong>di</strong> un equestre; riceverli in dono era<br />

un enorme onore che risaliva ai tempi della repubblica, ancor prima<br />

dei Cesari. Chi li indossava si era <strong>di</strong>stinto nel servire Roma e aveva<br />

acquisito il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> possedere un cavallo che poteva nutrire e<br />

alloggiare a spese dello stato.<br />

Quando tornò a guardare lo sperone che aveva in mano, la sua<br />

espressione si fece solenne. Con colpetti sull'altro palmo verificò<br />

quanto fosse appuntito.<br />

«La verità, Lancie, è che la creazione dell'or<strong>di</strong>ne equestre fu<br />

qualcosa <strong>di</strong> rivoluzionario per la repubblica. Determinò la nascita<br />

della classe me<strong>di</strong>a, <strong>di</strong> un nuovo or<strong>di</strong>ne sociale: prima <strong>di</strong> allora,<br />

c'erano due sole possibilità <strong>di</strong> regolare la con<strong>di</strong>zione sociale <strong>di</strong> un<br />

uomo, esistevano soltanto due ceti. Potevi essere un patrizio, nato


da una delle famiglie che avevano fondato l'antica Roma, oppure un<br />

comune citta<strong>di</strong>no: un popolano, uno della plebe e,<br />

in<strong>di</strong>pendentemente da quanto avessi lavorato o dalla ricchezza<br />

accumulata, tale saresti rimasto. Con la nascita <strong>di</strong> un ceto <strong>di</strong> cavalieri,<br />

gli equestri, in brevissimo tempo tutto cambiò. Era nato un nuovo<br />

or<strong>di</strong>ne sociale.» Mi guardò <strong>di</strong> nuovo, gli occhi spalancati. «Capisci,<br />

Lancie, quello che ti sto <strong>di</strong>cendo?»<br />

«Credo <strong>di</strong> sì, ma non vedo il nesso con il nuovo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> cui<br />

abbiamo tanto parlato. Quegli uomini erano militari?»<br />

«Dimmelo tu! Cosa sai della storia <strong>di</strong> Roma?»<br />

«Sulle sue origini, a parte quello che ho imparato da ragazzo a<br />

scuola, ben poco.» Tornai con la mente ai miei primi giorni ad<br />

Auxerre, cercando <strong>di</strong> ricordarmi le lezioni. «È vero, erano militari.<br />

Tutti gli uomini lo erano a quel tempo. Conta<strong>di</strong>ni in tempo <strong>di</strong> pace,<br />

si trasformavano in soldati in tempo <strong>di</strong> guerra.»<br />

«<strong>Il</strong> che accadeva la maggior parte del tempo. Era previsto, anzi,<br />

obbligatorio, che combattessero per trentacinque anni: dal<br />

compimento della maggiore età, a se<strong>di</strong>ci anni, fino a cinquantuno.<br />

Dopo<strong>di</strong>ché, se lo desideravano, i sopravvissuti erano liberi <strong>di</strong><br />

restarsene a casa. Roma a quel tempo non aveva ancora un esercito<br />

permanente. Non avrebbe visto la luce prima <strong>di</strong> cinquecento anni,<br />

con Gaio Mario. Ma anche allora la cavalleria non veniva quasi mai<br />

impiegata. I soldati della repubblica erano conta<strong>di</strong>ni addestrati a<br />

combattere in un modo che un giorno avrebbe conquistato il<br />

mondo. Restavano in pie<strong>di</strong>, stretti l'uno all'altro come le rocce <strong>di</strong> un<br />

torrente, e così sfidavano chiunque al corpo a corpo.»<br />

«E allora perché concedere loro degli speroni e cavalli mantenuti<br />

dallo stato?»<br />

«Come riconoscimento della loro fedeltà. Quegli uomini erano<br />

eroi, ma quasi tutti comuni citta<strong>di</strong>ni, che non avevano abbastanza<br />

denaro per possedere e mantenere un cavallo. <strong>Il</strong> dono degli speroni<br />

e <strong>di</strong> un cavallo da parte dello stato conferiva loro un titolo e li<br />

rendeva orgogliosi della propria con<strong>di</strong>zione, e consentiva <strong>di</strong> assistere<br />

a cavallo alle parate pubbliche e agli spettacoli.»<br />

«Devono essere stati davvero pochi, allora. Come hanno fatto a


<strong>di</strong>ventare un ceto?»<br />

«Per emulazione. Quando lo stato <strong>di</strong>venne ricco, cosa che<br />

avvenne molto in fretta, nacque una comunità <strong>di</strong> facoltosi mercanti.<br />

Erano tutti <strong>di</strong> origine plebea, dato che i patrizi non volevano<br />

sporcarsi le mani con il libero commercio. Fra i nuovi ricchi c'erano<br />

bottegai, mercanti e me<strong>di</strong>atori che, ammassate le loro fortune,<br />

<strong>di</strong>ventarono sempre più ansiosi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguersi dalla plebaglia<br />

comune. Grazie al denaro <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>sponevano e a una buona dose <strong>di</strong><br />

corruzione, cominciarono presto a comprarsi anche il proprio<br />

avanzamento, sfruttando l'unica via che era loro consentita:<br />

<strong>di</strong>ventare cavalieri equestri. In questi casi, il cavalierato, però, veniva<br />

conferito anche senza il mantenimento <strong>di</strong> un cavallo, ma erano tutti<br />

abbastanza ricchi da non preoccuparsene. Pur <strong>di</strong> avere garantito il<br />

privilegio del rango e la possibilità <strong>di</strong> presenziare alle parate stando<br />

in sella erano contenti <strong>di</strong> procurarselo da soli.»<br />

«Be', non mi sembra né <strong>di</strong>gnitoso né ammirevole; perché siete così<br />

entusiasta <strong>di</strong> quell'or<strong>di</strong>ne?»<br />

«Perché c'era, Clothar. Esisteva. Guarda questi speroni! Sono<br />

brutti, sbia<strong>di</strong>ti e sporchi perché abbandonati da secoli; le cinghie <strong>di</strong><br />

cuoio vecchio e mal lavorato sono irreparabilmente consunte, il loro<br />

antico proprietario è morto, <strong>di</strong>menticato per sempre; l'importanza<br />

che avevano è andata perduta nel mondo <strong>di</strong> oggi, caduta nel<br />

<strong>di</strong>menticatoio, nell'oblio. Ma se trovassimo il tempo <strong>di</strong> ripulirli e<br />

sostituire le cinghie strappate con del cuoio nuovo, tornerebbero a<br />

essere magnifici, scintillanti e bellissimi, come il giorno in cui li<br />

forgiarono, e tutti li ammirerebbero.»<br />

«E allora? Perdonatemi, Artù, ma non riesco a seguirvi.»<br />

Unì le mani a coppa lasciandovi all'interno il vecchio sperone.<br />

«Immagina, giusto per il piacere <strong>di</strong> immaginare, che ripristinassimo<br />

l'or<strong>di</strong>ne equestre usando un altro nome, e che nel farlo offrissimo<br />

speroni d'argento come tributo ufficiale a uomini <strong>di</strong> provato onore e<br />

integrità. Cosa ne penseresti?»<br />

«Di un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> cavalieri?»<br />

«Un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> cavalieri, ciascuno dei quali innalzato attraverso la<br />

cerimonia che tu stesso per primo hai concepito, con la bene<strong>di</strong>zione


<strong>di</strong> Excalibur appoggiata sulle spalle del designato, e il privilegio <strong>di</strong><br />

indossare gli speroni d'argento, simbolo del titolo appena meritato.»<br />

«Potrebbe essere meraviglioso, se fatto nel modo giusto.»<br />

«Lo sarà, te lo prometto.»<br />

«Da dove inizierete? A chi concederete il titolo?»<br />

«È facile, deciderò in base al valore, militare e non.»<br />

«E non? Vale a <strong>di</strong>re?»<br />

«Valutando integrità, lealtà, decoro, de<strong>di</strong>zione verso i propri<br />

compiti, condotta ammirevole ed esemplare nella vita privata. Le<br />

definizioni non mancano per riempire la categoria dei valori "non<br />

militari". Comincerò dai miei stessi condottieri, come mi ero<br />

riproposto fin dall'inizio. Sono tutti uomini fidati, e comandanti abili<br />

e collaudati. Tu sarai tra i primi, così come i tuoi due compagni,<br />

Tristano e Perceval. E alcuni dei miei più cari amici, che fin dai tempi<br />

dell'infanzia mi sono rimasti accanto e non si sono mai stancati <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mostrarmi lealtà e affetto: Bedwyr, Gwin e Ghilleadh, sebbene lo<br />

meriterebbero anche molti altri comandanti a capo delle truppe <strong>di</strong><br />

<strong>Camelot</strong>.»<br />

«Quanti saranno in tutto?»<br />

«Otto, tutti assolutamente meritevoli. L'entrata nell'or<strong>di</strong>ne sarà<br />

semplicemente un segno <strong>di</strong> riconoscimento per le loro virtù e per il<br />

contributo che hanno dato a <strong>Camelot</strong>.»<br />

«Includerete anche i comandanti <strong>di</strong> fanteria?»<br />

«Certo, sono quasi sempre in sella. Hanno <strong>di</strong>ritto agli speroni.»<br />

Alzai le mani in segno <strong>di</strong> resa. «Non dovete convincermi. Otto è<br />

un buon numero per cominciare, ma quando l'importanza <strong>di</strong> questo<br />

avvenimento comincerà a <strong>di</strong>ventare evidente, altri aspireranno a<br />

essere ammessi. È così che la pensa Merlino, e ne sono convinto<br />

anch'io.»<br />

«Io anche, e così dovrà essere.» <strong>Il</strong> re sorrise e questa volta non vi<strong>di</strong><br />

in lui soltanto il mio amico Artù.<br />

«Lasciamo che riven<strong>di</strong>chino il titolo e si affollino: maggiore sarà la<br />

competizione per ricevere questo onore, più alto sarà il valore <strong>di</strong> chi


si qualificherà. Cominceremo con i miei otto prescelti, tutti generali<br />

legati <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>. In seguito, quando sarà il momento, riempiremo<br />

le fila con degli ufficiali qualificati perché prendano il loro posto e in<br />

breve, una volta che le nostre armate saranno aumentate e<br />

potenziate, avremo pronta una scorta <strong>di</strong> comandanti ben addestrati<br />

e altamente qualificati.»<br />

«Ma...»<br />

«Ma cosa, amico mio?»<br />

«Due cose, mio signore.»<br />

«Comincia dalla prima.»<br />

«Io non sono un generale legato <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> e non lo sono<br />

nemmeno Perceval e Tristano.»<br />

Sorrise <strong>di</strong> nuovo e mi rispose con voce affabile: «Lo sarete tutti e<br />

tre, quando avrete indossato gli speroni d'argento. Per qualunque<br />

altro aspetto siete senz'altro qualificati. La tua seconda<br />

preoccupazione?».<br />

«I membri dell'or<strong>di</strong>ne saranno per forza tutti ufficiali?»<br />

«Che importanza può avere per te, a questo punto?»<br />

Anche se sapevo <strong>di</strong> non avere nulla da temere se avessi risposto in<br />

modo brusco, indugiai per un istante. Artù possedeva un certo<br />

carisma e tutti erano portati a riflettere due volte prima <strong>di</strong> sollevare<br />

obiezioni a un'osservazione fatta dal re.<br />

«Se i requisiti per entrare nell'or<strong>di</strong>ne saranno circoscritti a un...<br />

determinato rango, temo che perderete molti ottimi uomini.»<br />

Rimase a guardarmi senza scomporsi, un sopracciglio alzato,<br />

insieme all'angolo della bocca, che abbozzava così un piccolo e<br />

ironico sorriso. «A determinate origini e rango, vuoi <strong>di</strong>re? Quanto<br />

bene conosci Dynas?»<br />

«<strong>Il</strong> quartiermastro? Non molto, in realtà. Ma so che nel suo<br />

campo è un portento.»<br />

«Bene, è un inizio incoraggiante. È assolutamente il migliore che io<br />

abbia mai conosciuto. Coltivalo, Lancie, perché sarà lui il tuo<br />

quartiermastro negli anni a venire e la tua sopravvivenza sui campi


<strong>di</strong> battaglia nei momenti più critici <strong>di</strong>penderà dall'amore che egli<br />

avrà per te come suo comandante. I genitori <strong>di</strong> Dynas sono gente<br />

semplice, gran<strong>di</strong> lavoratori e senza un soldo; egli ha cominciato<br />

servendo <strong>Camelot</strong> come sguattero nelle cucine, il più umile dei<br />

mestieri. Quanto pensi sarebbe arrivato in alto se le sue capacità<br />

fossero state con<strong>di</strong>zionate o limitate dalle sue origini?»<br />

Non avevo nulla da replicare, ma il re non mi <strong>di</strong>ede comunque<br />

tempo per farlo. «Ecco, nella situazione del nostro degno e<br />

inestimabile Dynas c'è la risposta al tuo enigma. La nascita e il ceto<br />

non avranno peso nel determinare l'idoneità per l'accesso all'or<strong>di</strong>ne.<br />

Sarà l'ammissione stessa a in<strong>di</strong>care nobiltà e rispettabilità. Riesci a<br />

vederli, Lancie? Tutti i membri del nostro or<strong>di</strong>ne cavalcare insieme:<br />

un gruppo <strong>di</strong> guerrieri uguali nel coraggio ma non necessariamente<br />

uguali nel rango? Basteranno gli speroni da soli a <strong>di</strong>stinguere un<br />

uomo dalla comune me<strong>di</strong>ocrità.»<br />

«E perché non una spada?»<br />

Seguì un lungo silenzio, segno che stava prendendo in<br />

considerazione la mia domanda. Piegò leggermente la testa <strong>di</strong> lato in<br />

una posa che gli era abituale. «Quale spada? Non capisco a cosa ti<br />

riferisci.»<br />

Sguainai la mia spada, un'arma che avevo recuperato dalla sella <strong>di</strong><br />

un amico morto, Catone, il mio vecchio maestro, che l'aveva<br />

posseduta per quasi tutta la vita. La sollevai in verticale fino<br />

all'altezza del viso, come saluto al re; poi la puntai verso Excalibur,<br />

appesa con una cinghia al corno della sua sella. «A questa,» <strong>di</strong>ssi «e<br />

alla vostra.»<br />

Fissò me, poi la mia spada; infine tornò a guardarmi negli occhi.<br />

«Un'arma <strong>di</strong> qualità eccelsa, ma non ho ancora capito cosa stai<br />

cercando <strong>di</strong> <strong>di</strong>rmi. Spiegati.»<br />

Girai la spada e mi misi a stu<strong>di</strong>arla da entrambi i lati, come se mi<br />

aspettassi <strong>di</strong> trovare qualche macchia <strong>di</strong> ruggine. «Sono mesi che<br />

penso incessantemente alle spade» <strong>di</strong>ssi. «A come sono state<br />

fabbricate, dove e quando. Ci sono pochissimi fabbri <strong>di</strong> spade in<br />

Britannia, a parte a <strong>Camelot</strong>.»<br />

Artù annuì. «Sono d'accordo, è vero. Quando i Romani se ne


andarono non ci lasciarono nessun fabbro esperto d'armi. Ma a<br />

<strong>Camelot</strong> abbiamo sempre avuto i nostri fabbri, fin dai tempi <strong>di</strong><br />

Publio Varro; vuoi forse <strong>di</strong>re, con il tuo ragionamento, che<br />

dovremmo sentirci grati <strong>di</strong> possedere delle risorse esclusive?»<br />

«Voglio <strong>di</strong>re che presto verrà il giorno in cui non esisteranno più<br />

spade fabbricate in Britannia. Quelle che vengono forgiate ora sono<br />

pesanti, rozze e poco utilizzabili. Se ho ragione, e credo <strong>di</strong> averne,<br />

negli anni futuri chiunque avrà una buona spada sarà più potente <strong>di</strong><br />

tutti i suoi vicini... e se voi sarete davvero il sommo re sarà vostro<br />

interesse che tutti i vostri uomini siano ben armati.»<br />

Prese subito un'espressione accigliata. «I miei uomini sono già tutti<br />

bene armati. Hanno tutti una spada.»<br />

«È vero, mio signore, ma le loro spade sono tutte <strong>di</strong>verse l'una<br />

dall'altra. Sto sempre pensando al vostro nuovo or<strong>di</strong>ne. Ogni<br />

aspirante sarà elevato con una cerimonia che vedrà protagonista la<br />

vostra stessa spada, Excalibur. Cosa <strong>di</strong>reste se consegnassimo a ogni<br />

nuovo membro una spada speciale, sul modello della vostra, forgiata<br />

su misura dal vostro stesso fabbro? La mia spada è eccellente, l'avete<br />

detto voi stesso, ma se paragonata a Excalibur perde d'importanza<br />

fino ad apparire insignificante. Le <strong>di</strong>mensioni, la robustezza, la<br />

larghezza e la lunghezza della lama, la sua potenza e il modo in cui è<br />

bilanciata non sono nemmeno lontanamente comparabili a quelle<br />

della vostra arma.»<br />

«Stai forse suggerendo che dovremmo duplicare Excalibur?» C'era<br />

un lieve stupore nei suoi occhi. Scossi la testa per rassicurarlo.<br />

«No, mio signore, non completamente. Anche perché, se quello<br />

che so sulle sue origini è vero, sarebbe impossibile. Ma potremmo<br />

riprodurne le proporzioni e in parte la potenza. Dovrebbe essere<br />

possibile farlo senza danneggiare in alcun modo l'originale.»<br />

«Ma questo è già stato fatto. Abbiamo molte spade oggi a<br />

<strong>Camelot</strong> con le stesse misure <strong>di</strong> Excalibur.»<br />

«Saranno molte, mio signore, ma non abbastanza. Le spade <strong>di</strong> cui<br />

parlo io sarebbero inoltre forgiate a uso esclusivo dei cavalieri della<br />

Tavola Rotonda, magari inserendovi un marchio che le renda<br />

riconoscibili, e sarebbero certamente fabbricate con i metalli più


pregiati e lavorate dal migliore dei vostri fabbri. Non avranno la<br />

lama d'argento scintillante ma potranno essere del nostro migliore<br />

acciaio temperato e avere quin<strong>di</strong> una superficie lucida e brillante<br />

sebbene più grigia. E se è vero che Excalibur vi rende invulnerabile,<br />

così come credono i vostri uomini, nell'offrire in dono una spada<br />

come quella, voi donerete a ciascuno <strong>di</strong> loro una parvenza, una<br />

parte, una porzione del vostro stesso potere.»<br />

«Ottima idea, Lance. Mi piace. Non appena faremo ritorno a<br />

<strong>Camelot</strong> darò istruzioni perché le prime otto spade vengano subito<br />

messe in lavorazione, ognuna su misura del cavaliere che la<br />

possederà. E mi piace anche l'altro tuo suggerimento... come li hai<br />

chiamati? Cavalieri della Tavola Rotonda? Suona bene, mi piace.»


IX<br />

La prima cerimonia <strong>di</strong> cavalierato lasciò una traccia indelebile non<br />

soltanto nella memoria <strong>di</strong> chi fu ammesso all'or<strong>di</strong>ne dei cavalieri<br />

della Tavola Rotonda ma anche in tutti coloro che assistettero al suo<br />

splendore. <strong>Il</strong> giorno in cui avevamo trovato gli speroni, Artù e io ci<br />

eravamo immaginati una cerimonia semplice, condotta con <strong>di</strong>gnità<br />

ma tuttavia priva <strong>di</strong> eccessive complicazioni, e a quel tempo<br />

saremmo stati più che felici se fosse rimasta così: solenne e<br />

cerimoniosa, ma senza pretese. Invece, mano a mano che le persone<br />

coinvolte si interessavano a ciò che l'evento comportava, e<br />

significava, la semplice cerimonia iniziale si ingigantì fino a <strong>di</strong>ventare<br />

un vero e proprio rituale. Acquistò vita propria, sviluppandosi e<br />

crescendo <strong>di</strong> giorno in giorno, senza che nessuno <strong>di</strong> noi sapesse<br />

davvero che forma avrebbe preso o quale sarebbe stato l'esito dei<br />

nostri sforzi. Io, il re e Merlino, oltre a tutti i vari vescovi che<br />

avrebbero officiato all'investitura, non eravamo coscienti del<br />

risultato che avrebbero prodotto i nostri piani e i nostri sforzi,<br />

eppure fin dall'inizio ciascuno <strong>di</strong> noi sapeva, senza bisogno <strong>di</strong><br />

provarlo agli altri, che a <strong>Camelot</strong> si stava creando qualcosa <strong>di</strong> unico<br />

e straor<strong>di</strong>nario.<br />

La mia fede nella giustezza <strong>di</strong> quanto stavamo progettando non<br />

vacillò mai: quell'idea mi era sembrata, fin dai suoi esor<strong>di</strong>,<br />

assolutamente sensata. In seguito, quando alla vigilia del nuovo<br />

anno mi trovai a camminare in processione accanto ai miei<br />

compagni iniziati, sfilando due a due nella cappella <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> fra<br />

nuvole <strong>di</strong> prezioso incenso che si <strong>di</strong>ffondeva oltre le spalle del<br />

vescovo che ci precedeva, sentii i brivi<strong>di</strong> sulla nuca e sulle braccia e<br />

rimasi quasi sgomento all'idea <strong>di</strong> ciò che avremmo raggiunto quella<br />

notte. <strong>Il</strong> vescovo, recitando sonore e maestose invocazioni,<br />

composte appositamente per quella circostanza, pregò perché il<br />

nostro agire avesse il favore <strong>di</strong> Dio. Noi otto ci <strong>di</strong>sponemmo,<br />

occupando l'intera minuscola cappella, secondo un or<strong>di</strong>ne che mi


vedeva al primo posto, accanto all'altare. Ci lasciarono soli, alla luce<br />

<strong>di</strong> otto candele che sarebbero durate otto ore; così, dritti sull'attenti<br />

con addosso l'intera armatura, restammo in preghiera a prepararci<br />

per la cerimonia della mattina seguente.<br />

Non ricordo <strong>di</strong> aver mai trascorso una notte tanto lunga. La<br />

tentazione <strong>di</strong> addormentarsi <strong>di</strong>ventava sempre più forte mano a<br />

mano che passavano le ore e lentamente si scioglievano le candele,<br />

che producevano l'unico rumore che si poteva <strong>di</strong>stinguere oltre al<br />

fruscio o al tintinnio delle maglie quando qualcuno <strong>di</strong> tanto in tanto<br />

recuperava l'equilibrio per non cadere. Cercai <strong>di</strong> passare il tempo<br />

pregando, ma farlo senza interruzione per ore intere è estremamente<br />

<strong>di</strong>fficile, se non impossibile, per chiunque non abbia già de<strong>di</strong>cato<br />

anni e anni <strong>di</strong> esercizio e de<strong>di</strong>zione a quell'attività. Trascorsi, quin<strong>di</strong>,<br />

quasi tutta la notte a pensare, a ripercorrere la mia vita e a riflettere<br />

sulle persone che vi avevano preso parte da quando ero nato. Li<br />

ricordai tutti: prima cercai <strong>di</strong> contarli, poi <strong>di</strong> tenerli a mente, ma era<br />

del tutto inutile; così mi de<strong>di</strong>cai al puro piacere del loro ricordo,<br />

anche se riguardo ad alcuni <strong>di</strong> loro, davvero pochi, non c'era niente<br />

<strong>di</strong> piacevole da rammentare. Comunque mi aiutarono anche loro a<br />

far passare il tempo. Le candele, infine, bruciarono completamente,<br />

lasciandoci al buio, ma nessuno proferì parola finché le porte della<br />

cappella non si spalancarono e la luce del nuovo giorno non si<br />

riversò su <strong>di</strong> noi.<br />

Quanto accadde in seguito, quel mattino, fu a <strong>di</strong>r poco<br />

gran<strong>di</strong>oso: il susseguirsi degli eventi era lento e solenne, ma allo<br />

stesso tempo eccitante ed entusiasmante. Non c'era più dubbio che<br />

stesse accadendo una cosa <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>naria importanza. Quando<br />

venne il mio turno <strong>di</strong> inginocchiarmi ai pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> Artù e <strong>di</strong> essere<br />

sfiorato su entrambe le spalle dalla superficie scintillante della<br />

meravigliosa lama <strong>di</strong> Excalibur, sentii un nodo alla gola e fui quasi sul<br />

punto <strong>di</strong> piangere, sopraffatto dal significato <strong>di</strong> ciò che stava<br />

accadendo. All'improvviso capii che Artù, re e riotamo della<br />

Britannia Unita, non era più il semplice uomo <strong>di</strong> un tempo. Era<br />

<strong>di</strong>ventato l'incarnazione <strong>di</strong> tutto quello in cui la sua gente - me<br />

incluso - credeva e sperava. <strong>Il</strong> simbolo vivente delle loro speranze <strong>di</strong><br />

libertà e vita <strong>di</strong>gnitosa; ai loro occhi e nelle loro menti egli era<br />

insieme invulnerabile e invincibile. Anche l'impossibile venne


magicamente catturato, e in qualche modo trasformato,<br />

dall'eccezionale luce pura e argentea che emanava la sua magnifica<br />

spada, un dono ricevuto dal cielo al momento dell'incoronazione,<br />

cui avevano assistito migliaia <strong>di</strong> persone.<br />

E quando il peso massiccio <strong>di</strong> quella lama splendente si posò per<br />

un attimo sulla mia spalla destra e poi, passandomi sopra la testa,<br />

sulla sinistra, provai un brivido immaginandomi che qualcosa, simile<br />

a un liquido incorporeo, una presenza, si trasformasse intorno alla<br />

mia testa in un elmo splendente. Fu una visione passeggera che mi<br />

colse del tutto impreparato e lasciò in me un ricordo profondo,<br />

riempiendomi ancor più <strong>di</strong> gratitu<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong> un bisogno imperioso <strong>di</strong><br />

piangere.<br />

Qualche istante più tar<strong>di</strong>, quando mi fui rialzato, mi guardai<br />

intorno e vi<strong>di</strong> da ogni parte facce sorridenti e cenni <strong>di</strong> approvazione<br />

e sod<strong>di</strong>sfazione, come per una cosa ben fatta; mi girai e osservai la<br />

lunga fila dei miei compagni. Eravamo in otto - Gwin, Ghilleadh,<br />

Bedwyr, Gareth, Perceval, Tristano, Sagramore e io - e nessuno <strong>di</strong><br />

noi sarebbe più stato lo stesso <strong>di</strong> prima. Eravamo cavalieri del<br />

riotamo, e quel riotamo, Artù Pendragon, si stava <strong>di</strong> nuovo<br />

avvicinando a noi, accompagnato da un seguito <strong>di</strong> uomini ornati <strong>di</strong><br />

ghirlande.<br />

Egli si fermò, <strong>di</strong> volta in volta, accanto a ciascuno <strong>di</strong> noi e si<br />

congratulò perché gli eravamo compagni; poi ci donò una spada e<br />

degli speroni d'argento, fabbricati appositamente per noi. Gli speroni<br />

erano maneggevoli e bellissimi, d'argento massiccio, una<br />

testimonianza <strong>di</strong> quell'evento, un simbolo delle antiche origini del<br />

cavalierato e il segno <strong>di</strong> una promozione giustamente guadagnata e<br />

meritata. Le spade, anch'esse bellissime e ancor più maneggevoli,<br />

erano l'emblema della nostra nuova con<strong>di</strong>zione: un personale dono<br />

del re fatto fare su misura in base alle esigenze <strong>di</strong> ogni cavaliere e<br />

modellate come la spada del re a in<strong>di</strong>care che l'aura <strong>di</strong> invincibilità<br />

rappresentata da Excalibur era passata, nello spirito e nelle<br />

intenzioni, a chi le possedeva. Ricordo vagamente che quella<br />

mattina, una volta conclusa la cerimonia, continuammo per il resto<br />

del giorno a occuparci <strong>di</strong> altro, ma l'unica cosa che non ho<br />

<strong>di</strong>menticato è <strong>di</strong> aver ricevuto gli speroni e la spada dalle mani <strong>di</strong><br />

Artù, ricambiato il suo sorriso dopo averlo guardato negli occhi, e


chinato la testa in segno <strong>di</strong> saluto. Da allora ho ripensato a quel<br />

giorno centinaia <strong>di</strong> volte e ho sempre dovuto riconoscere con me<br />

stesso che è stato il migliore della mia vita.


DUE<br />

Era stata un'altra stagione <strong>di</strong> interminabili operazioni militari e<br />

non vedevo l'ora che finisse per radunare i miei uomini e<br />

tornarmene a <strong>Camelot</strong>.<br />

Ci aspettavano alcuni mesi <strong>di</strong> meritato riposo e tranquillità in un<br />

ambiente amichevole, liberi finalmente dalla perenne tensione che ci<br />

procurava la continua necessità <strong>di</strong> anticipare e prevenire ogni<br />

possibile attacco su qualsivoglia fronte. Non era ancora caduta la<br />

neve, ma l'inverno, ormai imminente, si stava preannunciando con<br />

giorni e giorni <strong>di</strong> pioggia forte e violenta, che consumava tutte le<br />

energie mie e dei miei uomini.<br />

Quella notte nulla per me era più allettante dell'idea <strong>di</strong> tornare a<br />

casa, e probabilmente gli stessi pensieri stavano passando anche per<br />

la mente <strong>di</strong> Knut Occhio Guercio, l'uomo che osservavo sprofondato<br />

in un imbottito seggio <strong>di</strong> legno riccamente intagliato che quattro<br />

uomini avevano posto <strong>di</strong> fronte a un fuoco scoppiettante. Eppure<br />

non mostrava alcuna fretta <strong>di</strong> andarsene. Stringeva in mano un<br />

enorme boccale e il fragore delle sue risa riusciva a sovrastare il<br />

crepitare del fuoco e il forte vociare dei compagni, la maggior parte<br />

dei quali se ne stava seduta, o meglio stravaccata, ai tavoli <strong>di</strong>sposti a<br />

ferro <strong>di</strong> cavallo nell'enorme sala fino a poche ore prima <strong>di</strong> proprietà<br />

<strong>di</strong> Ushmar. Quest'ultimo si era autoproclamato re <strong>di</strong> sconosciuti<br />

territori del Nordovest, nei pressi <strong>di</strong> Luguvallium, una fortezza<br />

I


chiamata così dai Romani, all'estremità occidentale del grande Vallo<br />

costruito da Adriano per tenere lontani dalla Britannia i Caledoni,<br />

guerrieri dalle facce <strong>di</strong>pinte <strong>di</strong> guado.<br />

Da quando, in seguito alla partenza dei precedenti occupanti, i<br />

Romani, Ushmar e la sua gente ne avevano assunto il controllo, il<br />

forte si era mantenuto in ottimo stato. Avevano invece<br />

abbandonato a un triste destino l'e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> pietra che in origine<br />

ospitava il quartiere militare e l'annessa sede amministrativa: i nuovi<br />

abitanti non si trovavano a loro agio in stanze tanto spaziose e<br />

arieggiate, abituati com'erano al buio e al fumo nocivo delle loro<br />

tra<strong>di</strong>zionali casupole artigianali. In generale, comunque, la fortezza<br />

era sicura e ben conservata e le truppe che un tempo la occupavano<br />

avevano <strong>di</strong> certo apprezzato le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita che offriva, <strong>di</strong> gran<br />

lunga migliori <strong>di</strong> quelle riservate ai vicini confinanti con il piccolo<br />

regno <strong>di</strong> Ushmar. <strong>Il</strong> forte, però, aveva anche un punto debole, uno<br />

soltanto ma fatale, che né il re né i suoi seguaci, per loro sfortuna,<br />

avevano rilevato: il grosso delle <strong>di</strong>fese era concentrato per<br />

fronteggiare attacchi da nord. I predoni <strong>di</strong> Knut Occhio Guercio,<br />

invece, erano penetrati furtivamente dal fronte <strong>di</strong> sud-ovest ed<br />

erano riusciti a travolgere le poche guar<strong>di</strong>e senza <strong>di</strong>fficoltà. Così il<br />

forte era capitolato in breve tempo.<br />

Io e i miei uomini ci trovavamo da quelle parti per pura<br />

coincidenza. Avevamo appena finito <strong>di</strong> pattugliare i <strong>di</strong>ntorni per<br />

mostrare la nostra cavalleria e le sue concrete capacità a un nuovo<br />

alleato, un regno che confinava a ovest con quello <strong>di</strong> Ushmar. Era<br />

governato da un signore della guerra <strong>di</strong> nome Connlyn e, a oriente, i<br />

territori confinanti erano stati invasi da grossi schieramenti nemici,<br />

per lo più Sassoni, dai quali sembrava impossibile <strong>di</strong>fendersi. Più <strong>di</strong><br />

un anno prima Connlyn si era presentato a <strong>Camelot</strong> senza essere<br />

invitato e senza farsi preannunciare, esclusivamente <strong>di</strong> sua iniziativa,<br />

per offrire amicizia e fedeltà al giovane riotamo. In cambio aveva<br />

chiesto a <strong>Camelot</strong>, in quanto alleato, <strong>di</strong> garantirgli soccorso nel caso<br />

in cui i Sassoni avessero minacciato <strong>di</strong> invadere anche i suoi territori.<br />

L'uomo, in occasione del nostro primo incontro, non mi era per<br />

niente piaciuto e da allora non ero mai riuscito a provare per lui la<br />

minima simpatia. Ma dovevo ammettere che la sua offerta <strong>di</strong><br />

amicizia era stata una mossa astuta: il re del Nord aveva <strong>di</strong>mostrato


<strong>di</strong> possedere lungimiranza e capacità organizzative.<br />

Anche Artù aveva pensato lo stesso e, in previsione dei vantaggi<br />

che avrebbe potuto ottenere per sé e per la propria causa, aveva<br />

accettato l'offerta <strong>di</strong> fedeltà e sostegno da parte <strong>di</strong> Connlyn. Così,<br />

nonostante le riserve mie e <strong>di</strong> altri suoi seguaci e consiglieri, anche lui<br />

era entrato nella cerchia sempre più ampia dei fidati sostenitori del<br />

re. Connlyn era venuto a <strong>Camelot</strong> a offrire la propria alleanza senza<br />

che nessuno l'avesse sollecitata, <strong>di</strong> sua spontanea volontà, e per<br />

giunta in un momento molto utile e opportuno, vale a <strong>di</strong>re quando<br />

Artù era in cerca della massima visibilità per raccogliere sostenitori<br />

anche nelle regioni più lontane. Non importava che l'offerta fosse<br />

motivata dagli interessi stessi <strong>di</strong> Connlyn: era compito <strong>di</strong> un re, ci<br />

<strong>di</strong>sse Artù, garantire innanzitutto il benessere della propria gente; il<br />

popolo <strong>di</strong>pende dal re come il re dal popolo. Quel gesto sarebbe<br />

stato d'esempio per altri, ci assicurò e, detto questo, sul conto del<br />

nostro nuovo alleato, non volle sentire più nessuna malignità. Lo<br />

credevamo davvero così sconsiderato da non prendere in esame le<br />

nostre perplessità prima ancora che gliele sottoponessimo?, ci aveva<br />

chiesto con occhi furenti. Quello fu l'ultimo accenno a Connlyn e in<br />

seguito, in effetti, non accadde altro che ce lo facesse ricordare.<br />

Quell'anno, durante la campagna militare, poiché rientrava nelle<br />

mie responsabilità, Artù mi aveva mandato nell'estremo Nord a<br />

pattugliare un'ampia zona con il primo stormo <strong>di</strong> cavalleria, mentre<br />

il secondo era rimasto sotto il comando <strong>di</strong> Perceval. Avevamo il<br />

compito <strong>di</strong> rendere note le buone intenzioni <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> e <strong>di</strong> esibire,<br />

con un <strong>di</strong>spiegamento massiccio <strong>di</strong> forze nei territori <strong>di</strong> Connlyn, la<br />

natura del nostro potenziale militare. Una volta lì, tuttavia,<br />

venimmo a sapere che un po' più a sud era in corso l'offensiva <strong>di</strong> un<br />

numeroso gruppo <strong>di</strong> predoni con a capo un sassone <strong>di</strong> nome Knut<br />

Occhio Guercio, la cui fama e reputazione erano da tempo ben note<br />

al popolo <strong>di</strong> Connlyn. Gli incursori, così ci riferirono, stavano<br />

costeggiando i confini meri<strong>di</strong>onali delle proprietà <strong>di</strong> Connlyn, <strong>di</strong>retti<br />

verso le terre <strong>di</strong> un re <strong>di</strong> nome Ushmar che si trovava a ovest del<br />

regno del nostro alleato. Era una circostanza che non potevamo<br />

ignorare, data la scarsa considerazione che re Ushmar aveva<br />

<strong>di</strong>mostrato nei confronti nostri e <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>; inoltre, permettere ai<br />

Sassoni <strong>di</strong> conquistare i territori confinanti avrebbe isolato il regno <strong>di</strong>


Connlyn.<br />

Avevo sentito nominare Ushmar già la sera del nostro arrivo alla<br />

fortezza <strong>di</strong> Connlyn qualche settimana prima. Secondo il nostro<br />

alleato, l'anno precedente il re Ushmar aveva saputo del viaggio che<br />

il suo vicino aveva intenzione <strong>di</strong> compiere a sud per riconoscere la<br />

sovranità <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> e si era rifiutato <strong>di</strong> unirsi a lui, sostenendo che<br />

<strong>di</strong> "quello del Sud", così chiamava Artù, non ci si poteva fidare. A lui<br />

non servivano altre spade oltre a quelle dei suoi guerrieri. Eppure<br />

non aveva tentato in alcun modo <strong>di</strong> far desistere Connlyn dal suo<br />

proposito. Gliene chiesi la ragione: avevo la sensazione che quel<br />

Ushmar, mai visto né sentito prima, potesse rappresentare un<br />

potenziale pericolo, ma ogni apprensione fu subito allontanata<br />

davanti alle crasse risate del mio ospite e dei suoi comandanti<br />

chiamati a raccolta. Ushmar, mi <strong>di</strong>ssero, non aveva mai mostrato <strong>di</strong><br />

avere grande cervello nel pianificare qualcosa a lungo termine e<br />

quando metteva piede fuori dalle sue proprietà si sentiva invadere<br />

dalla paura. Si definiva un re ma <strong>di</strong> reale nella sua natura non c'era<br />

proprio un bel niente: non era che un insignificante signore della<br />

guerra, mi <strong>di</strong>sse lo stesso Connlyn, capace soltanto <strong>di</strong> spargere<br />

sangue per i propri interessi ma incapace <strong>di</strong> correre rischi davanti a<br />

una minaccia, reale o fittizia, che mettesse in pericolo il suo potere.<br />

Eppure quella notte nella reggia <strong>di</strong> Connlyn ebbi la netta<br />

sensazione che questo Ushmar non fosse proprio come descritto dal<br />

mio ospite e dai suoi consiglieri. Leggevo in modo totalmente<br />

<strong>di</strong>verso le ragioni per cui lo avevano <strong>di</strong>leggiato: dal mio punto <strong>di</strong><br />

vista Ushmar era un uomo molto astuto cui non importava affatto<br />

ciò che gli altri pensavano <strong>di</strong> lui; le proprietà <strong>di</strong> Connlyn erano una<br />

sorta <strong>di</strong> barriera contro le invasioni sul fronte orientale e mi rifiutavo<br />

<strong>di</strong> credere che il nostro alleato e i suoi uomini non se ne rendessero<br />

conto. La loro cecità non mi convinceva. Era ovvio, infatti, che per il<br />

loro <strong>di</strong>sprezzato vicino, più Connlyn si rafforzava in virtù delle<br />

garanzie offerte a <strong>Camelot</strong>, più Ushmar si sarebbe avvantaggiato<br />

senza alcun obbligo <strong>di</strong> alleanze formali.<br />

Ecco dunque chi era l'uomo che, nostro malgrado, eravamo corsi<br />

ad aiutare. Dopo due giorni <strong>di</strong> marcia forzata per raggiungere<br />

Luguvallium, subito lasciata alla notizia che i Sassoni stavano per<br />

raggiungere la magione <strong>di</strong> Connlyn, la roccaforte <strong>di</strong> Ushmar era


caduta e tutti i guerrieri che l'avevano <strong>di</strong>fesa erano stati massacrati<br />

fin dal primo assalto; avevano fatto prigionieri soltanto Ushmar e<br />

pochi altri, ma sarebbe stato meglio per loro morire in<br />

combattimento, visto che le orde <strong>di</strong> Knut Occhio Guercio erano<br />

selvagge al punto da godere nel torturare i loro ostaggi. Li<br />

bruciavano vivi e, a conferma <strong>di</strong> questo, lungo la strada trovammo i<br />

loro corpi carbonizzati.<br />

Mi trovavo sullo stretto pavimento <strong>di</strong> legno <strong>di</strong> un solaio: una<br />

specie <strong>di</strong> soppalco, non più largo <strong>di</strong> due passi, appoggiato sulle travi<br />

che fiancheggiavano il frontone del salone principale, sospeso sopra<br />

le teste <strong>di</strong> un assembramento <strong>di</strong> uomini in chiassosa baldoria.<br />

Guardando in basso tra le fessure del pavimento, ero riuscito a<br />

contare, prima <strong>di</strong> perdere il conto, dato il continuo movimento, più<br />

<strong>di</strong> ottanta uomini, senza considerare i servitori indaffarati a portare<br />

da bere ai presenti. Non si vedevano donne, nemmeno prigioniere.<br />

Era una cosa piuttosto insolita, ma avevo troppe cose cui pensare<br />

per soffermarmi su quello. Grazie all'abbondante e potente birra <strong>di</strong><br />

Ushmar molti uomini erano già ubriachi e nessuno sospettava che io<br />

mi trovassi lassù.<br />

La sera prima, penetrare la fortezza <strong>di</strong> Ushmar, ora in mano a<br />

Knut, era stato <strong>di</strong> una facilità <strong>di</strong>sarmante, un'operazione resa ancor<br />

più agevole dal fatto che dopo otto giorni <strong>di</strong> <strong>di</strong>luvio aveva smesso<br />

finalmente <strong>di</strong> piovere e noi avevamo viaggiato con abiti e calzari<br />

asciutti, pronti alla battaglia. Fuori, nella notte silenziosa, le guar<strong>di</strong>e<br />

più incaute <strong>di</strong> Knut avevano già perso la vita e i miei uomini erano<br />

riusciti a circondare l'e<strong>di</strong>ficio; qualunque ubriaco tanto sciagurato da<br />

uscire all'aria aperta in cerca <strong>di</strong> sollievo, prima <strong>di</strong> lanciare l'allarme,<br />

avrebbe dovuto fare i conti con loro. Knut, tracotante per la nuova<br />

vittoria, incapace <strong>di</strong> immaginare anche solo per un istante <strong>di</strong> essere<br />

assalito a sua volta dentro a quel palazzo, a poche ore dal trionfo,<br />

stava per pagare cara la sua arroganza.<br />

Non avevo a <strong>di</strong>sposizione truppe imponenti ma un nutrito<br />

gruppo <strong>di</strong> soldati abbastanza numeroso da mostrarsi, se necessario,<br />

potente e minaccioso e capace <strong>di</strong> schiacciare come un pugno <strong>di</strong><br />

mosche Knut e i suoi guerrieri a cavallo.<br />

C'erano i centoventi uomini del mio personale reparto <strong>di</strong>


cavalleria, gli ufficiali e i cavalli <strong>di</strong> riserva affiancati da due centurie <strong>di</strong><br />

fanti e, ancora, mezzo centinaio <strong>di</strong> arcieri, con due carri carichi <strong>di</strong><br />

frecce, archi e lacci da tiro.<br />

Avrei potuto risolvere facilmente la questione or<strong>di</strong>nando ai<br />

trombettieri <strong>di</strong> suonare l'adunata per invogliare i guerrieri <strong>di</strong> Knut a<br />

riversarsi fuori, così da sterminarli subito, ma avevo fondate ragioni<br />

per non farlo. Non c'era motivo <strong>di</strong> ucciderli tutti. Volevo che ne<br />

sopravvivesse il maggior numero possibile affinché ci fossero<br />

testimoni <strong>di</strong> quanto accaduto ai predoni <strong>di</strong> Knut, in modo che lo<br />

facessero sapere a tutti.<br />

Tornai all'apertura sotto il cornicione da cui ero entrato nel solaio<br />

e mi sporsi fuori per valutare l'altezza della lunga scala rimasta<br />

appoggiata al muro. Sotto <strong>di</strong> me Bors, pallido in viso, mi guardava.<br />

Armeggiai per calare una corda sottile che avevo legato alla cintura;<br />

poi <strong>di</strong>e<strong>di</strong> un piccolo strattone, il segnale convenuto, e dopo aver<br />

ricevuto la stessa risposta da Bors, cominciai, una mano dopo l'altra,<br />

a tirar su la corda, un lavoro poco impegnativo dato che all'altro<br />

capo c'era legata una delle mie aste da lancio che, essendo molto<br />

lunga e poco maneggevole, non avevo potuto portarmi <strong>di</strong>etro<br />

salendo per quella scala. Recuperato il giavellotto, slacciai dalla<br />

cintura la fune, che lasciai cadere in mano a Bors, e me ne tornai <strong>di</strong><br />

nuovo nel sottotetto. Intanto, sei dei miei migliori arcieri si stavano<br />

arrampicando per quella stessa via.<br />

Cercando <strong>di</strong> tenere l'asta ben bilanciata in mano, avanzai<br />

lentamente fino al margine del solaio per evitare <strong>di</strong> farmi scoprire.<br />

Sapevo che c'erano poche probabilità che mi notassero, ma non<br />

volevo correre rischi inutili: il minimo movimento improvviso tra le<br />

travi del tetto avrebbe potuto attrarre l'attenzione <strong>di</strong> qualche<br />

malfermo ubriaco. Avevo già calcolato mentalmente il mio angolo<br />

d'attacco e lo verificai con una breve occhiata. <strong>Il</strong> lancio avrebbe<br />

dovuto passare attraverso le travi del solaio; la precisione, dunque,<br />

era determinante, ma dal punto in cui mi trovavo avevo<br />

l'impressione che il numero <strong>di</strong> travi mi avrebbe impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> ottenere<br />

un tiro pulito. La lancia era lunga e leggera e il minimo sfioramento<br />

del manico con il bordo <strong>di</strong> una trave avrebbe vanificato il mio<br />

sforzo.


Sentii i passi furtivi degli arcieri che prendevano posto alle mie<br />

spalle. Avevo la tentazione <strong>di</strong> voltarmi per suggerire loro <strong>di</strong> essere<br />

prudenti, ma non lo feci: quegli uomini erano tutti veterani, il<br />

meglio del meglio, e non avevano certo bisogno <strong>di</strong> sentirsi <strong>di</strong>re<br />

quello che dovevano fare. Mi limitai, allora, ad alzare un braccio in<br />

segno <strong>di</strong> avvertimento e subito dopo presi ad avvolgere il lungo<br />

laccio <strong>di</strong> cuoio da tiro in una stretta spirale intorno all'asta del mio<br />

giavellotto, leggero come una piuma, e feci scivolare l'in<strong>di</strong>ce della<br />

mano <strong>di</strong> lancio in una piccola asola. <strong>Il</strong> puntale dell'arma, un aculeo<br />

triangolare <strong>di</strong> acciaio temprato con un incavo grosso un pollice per<br />

accogliere la sottile estremità dell'asta, era lungo tre spanne, ventitré<br />

impronte <strong>di</strong> pollice, o pollici, come misuriamo noi Galli. Avrebbe<br />

infilzato qualunque cosa avesse colpito.<br />

L'impugnatura era stata <strong>di</strong>pinta <strong>di</strong> bianco per volontà <strong>di</strong> Merlino,<br />

perché i comandanti <strong>di</strong> Artù fossero chiaramente riconoscibili da<br />

chiunque li incontrasse. Gwin aveva il verde, una tinta pallida ma<br />

ricca, prodotta dalla bollitura <strong>di</strong> particolari varietà <strong>di</strong> piante ed erbe<br />

infestanti; Ghilleadh un azzurro cielo d'estate che nessuno, tranne<br />

Merlino, avrebbe mai saputo riprodurre, anche se quest'ultimo ne<br />

aveva rivelato il segreto a Gannon, il fabbro che forgiava le<br />

armature e si occupava anche <strong>di</strong> preparare questo genere <strong>di</strong> cose.<br />

Bedwyr si era riservato il privilegio del rosso acceso che Gannon<br />

produceva grazie a chissà quali segrete alchimie, mentre il mesto<br />

Sagramore aveva scelto il nero, un colore che riteneva si accordasse<br />

bene con la sua personalità. Artù, unico in tutta <strong>Camelot</strong>, aveva due<br />

colori: il rosso dei Pendragon, su uno sfondo giallo oro. Perceval e<br />

Tristano, i due amici che mi avevano seguito dalla Gallia insieme al<br />

mio giovane scu<strong>di</strong>ero Bors, avevano entrambi scelto, per il<br />

momento, <strong>di</strong> continuare a indossare i miei colori.<br />

Mi resi conto che mi stavo perdendo in futili riflessioni. Inspirai<br />

profondamente e rior<strong>di</strong>nai le idee. Era il momento <strong>di</strong> agire. Alzai<br />

l'arma, il gomito leggermente piegato per valutare se il proiettile era<br />

ben bilanciato, e mi concentrai sul lancio. Visualizzai l'arco della<br />

traiettoria; partiva sollevandosi sopra le prime quattro travi per poi<br />

scendere esattamente tra la quinta e la sesta e cadere dritto su Knut<br />

Occhio Guercio, che se ne stava seduto comodo sulla sua enorme<br />

se<strong>di</strong>a <strong>di</strong> legno davanti al fuoco. Se avessi scagliato la lancia in basso


verticalmente non avrei ottenuto l'effetto che desideravo. Volevo<br />

che il percorso seguisse la traiettoria più morbida possibile, in modo<br />

che gli uomini <strong>di</strong> Knut, vedendo arrivare la lancia, non riuscissero a<br />

capirne la provenienza. Mi chiesi un'ultima volta, pur conoscendo<br />

già la risposta, se non fosse davvero il caso, se non fosse più<br />

prudente, far colpire quel selvaggio da un arciere. Al contempo, lo<br />

era e non lo era: anche una freccia avrebbe portato a morte certa,<br />

ma nessuno si sarebbe accorto della sua traiettoria. La lancia, al<br />

contrario, tirata correttamente, avrebbe avuto il valore <strong>di</strong> un<br />

ammonimento, sarebbe stata d'effetto, d'esempio, una<br />

<strong>di</strong>mostrazione del tipo <strong>di</strong> castigo che attendeva loro. Erano<br />

sensazioni che una semplice freccia, per quanto mici<strong>di</strong>ale, non<br />

avrebbe mai potuto dare.<br />

Dietro <strong>di</strong> me gli uomini stavano immobili, forse con il fiato<br />

sospeso, in attesa <strong>di</strong> quanto sarebbe presto successo. Non c'era<br />

bisogno che mi girassi a guardarli per sapere che ciascuno <strong>di</strong> loro<br />

aveva già una freccia infilata nell'arco, pronta a partire. Mi sforzai <strong>di</strong><br />

respirare lentamente e, avanzando <strong>di</strong> un passo, mi misi in posizione<br />

<strong>di</strong> lancio; Knut intanto con un possente ruggito e con il boccale<br />

sollevato sopra la testa si era alzato in pie<strong>di</strong> per richiamare<br />

l'attenzione <strong>di</strong> tutti i presenti in sala. Non appena calò il silenzio,<br />

tutti si voltarono a guardare il loro capo, e a quel punto feci partire<br />

il tiro.<br />

Fu perfetto; il laccio si srotolò con un sibilo gentile e il giavellotto,<br />

ruotando a spirale su se stesso, sfrecciò silenzioso seguendo una<br />

traiettoria impeccabile. Durante tutto il lancio tenni il fiato sospeso<br />

ma mi resi conto presto che era stato il tiro migliore e più <strong>di</strong>fficile<br />

che avessi mai eseguito. Esultai nel vedere l'arma salire nel punto<br />

preciso che avevo stabilito, abbassarsi gradualmente fino a prendere<br />

la corretta angolazione e imboccare, infine, l'apertura tra le due travi<br />

scelte per farla arrivare al piano sottostante, che ora mi sembrava<br />

stretta e pressoché impenetrabile. Non appena il giavellotto<br />

cominciò a scendere in picchiata il suo can<strong>di</strong>do biancore brillò per la<br />

luce proveniente dal basso; mi appoggiai su un ginocchio,<br />

piegandomi <strong>di</strong> lato per osservarla giungere a destinazione.<br />

La videro. Ci fu un attimo, interminabile, in cui lo stupore<br />

generale si fece quasi palpabile; la sua apparizione fu così improvvisa


da costringere tutti alla totale immobilità; nessuno respirava né si<br />

muoveva. Così il proiettile colpì il suo obiettivo. Knut era rimasto<br />

impietrito davanti all'approssimarsi della fine; gli occhi sgranati<br />

tremarono <strong>di</strong> luce incerta già un istante prima che il sottile aculeo<br />

colpisse il centro del suo torace. La corazza <strong>di</strong> pelle <strong>di</strong> toro fu<br />

perforata come se non esistesse e Knut, scaraventato brutalmente<br />

all'in<strong>di</strong>etro, si schiantò sulla se<strong>di</strong>a imbottita da cui si era appena<br />

alzato. La lunga e mici<strong>di</strong>ale lama affilata gli trafisse il cuore e riaffiorò<br />

sulla schiena con una forza tale da inchiodare il corpo, ormai<br />

esanime, allo schienale del trono.<br />

Per un lungo istante, al piano <strong>di</strong> sotto nessuno si mosse. Poi<br />

qualcuno lanciò un'imprecazione e la folla fu colta dal panico.<br />

Sembrava che nessuno avesse capito da che parte fosse arrivata la<br />

lancia; nessuno guardava in alto e, dopo i primi concitati movimenti<br />

<strong>di</strong> panico, scoppiò un vero e proprio caos. Come mi ero immaginato<br />

i fedelissimi <strong>di</strong> Knut si lanciarono in avanti per circondare il cadavere<br />

e benché non potessi capire quello che si stavano <strong>di</strong>cendo sapevo<br />

che presto si sarebbero accusati l'un l'altro <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>mento.<br />

In<strong>di</strong>etreggiai <strong>di</strong> un passo; feci cenno agli arcieri <strong>di</strong> avanzare e<br />

in<strong>di</strong>cai l'assembramento dei capi nemici che gesticolavano intorno al<br />

loro vecchio capo. Avevo quasi raggiunto il tetto per scendere in<br />

fretta al pianterreno quando sentii lo scoccare secco e ritmato delle<br />

corde degli archi che stavano scaricando verso il basso una pioggia <strong>di</strong><br />

frecce mortali.<br />

Bors mi aspettava ai pie<strong>di</strong> della scala: teneva in mano le briglie<br />

del mio cavallo e, piegato sul braccio, il mio lungo mantello bianco<br />

da battaglia con lo splen<strong>di</strong>do stemma rosso dei Pendragon. Accanto<br />

a lui un altro giavellotto bianco conficcato nel terreno sosteneva lo<br />

scudo che vi era appoggiato contro. Mi infilai il mantello e con una<br />

scrollata <strong>di</strong> spalle lo sistemai in modo che mi avvolgesse bene; poi lo<br />

assicurai con la grossa fibbia che tenevo puntata sul petto e aggiustai<br />

le falde, che ripiegai all'in<strong>di</strong>etro sulla schiena. Saltato in sella con un<br />

rapido balzo, infilai i pie<strong>di</strong> nelle staffe, indossai il pesante elmo da<br />

battaglia che avevo appeso allo sperone della sella e, infine, afferrai<br />

la lancia e lo scudo che Bors mi stava porgendo. In pochi istanti finii<br />

<strong>di</strong> sistemare il laccio che avevo appena riavvolto al manico della<br />

lancia, assicurandomelo all'in<strong>di</strong>ce. Ringraziai il mio scu<strong>di</strong>ero e con un


colpo <strong>di</strong> sperone lanciai in avanti il cavallo che si mosse subito<br />

scrollando la criniera.<br />

Davanti alle porte principali del palazzo trovai ad attendermi<br />

Tristano con un drappello <strong>di</strong> quattro uomini a cavallo, armati <strong>di</strong><br />

tutto punto; uno era al suo fianco, gli altri tre <strong>di</strong>etro. Avevano tutti<br />

l'elmo calato in testa e indossavano mantelli bianchi con uno<br />

stemma simile al mio. Davanti, un drappello <strong>di</strong> fanti, che si tenevano<br />

il braccio l'uno con l'altro per guadagnare maggior stabilità e<br />

capacità <strong>di</strong> resistenza, bloccavano saldamente l'uscita vanificando gli<br />

sforzi <strong>di</strong>sperati degli uomini che dall'interno tentavano <strong>di</strong> abbattere<br />

le porte.<br />

Presi posto in testa ai cavalieri, che al mio arrivo chinarono<br />

solennemente la testa in segno <strong>di</strong> saluto. Al momento <strong>di</strong> entrare la<br />

nostra formazione, sei cavalieri <strong>di</strong>sposti a punta <strong>di</strong> freccia, ben stretti<br />

l'uno all'altro, avrebbe spazzato via i corpi che si sarebbero affollati<br />

sulla soglia. Assicurai l'elmo bene in testa, sollevai lo scudo nel<br />

segnale convenuto e con un balzo i nostri uomini si allontanarono<br />

dall'ingresso lasciando che i battenti si spalancassero all'improvviso.<br />

Dopo<strong>di</strong>ché cominciammo ad avanzare e la folla che a quel punto<br />

aveva cominciato a riversarsi fuori dalla porta si trovò<br />

inaspettatamente davanti un muro <strong>di</strong> carne e muscoli che avanzava<br />

inesorabile. Poterono soltanto rallentare, sospinti com'erano dagli<br />

uomini alle loro spalle. Intanto noi gli eravamo addosso e li<br />

ricacciavamo in<strong>di</strong>etro, oltre le porte, obbligandoli a sparpagliarsi in<br />

tutte le <strong>di</strong>rezioni. Molti <strong>di</strong> loro urlavano per le ferite e i pesanti colpi<br />

inferti dagli zoccoli e dal peso dei nostri cavalli da combattimento,<br />

addestrati a scalciare e a mutilare chiunque incontrassero durante<br />

uno scontro. Furono sufficienti pochi istanti per piombare nella sala<br />

principale: io, dall'alto del mio cavallo, punto d'osservazione<br />

privilegiato, scrutai fra la folla.<br />

Scorsi il massiccio trono con il corpo <strong>di</strong> Knut ancora inchiodato<br />

all'alto schienale, ma anche un gigante dalla barba a due punte che,<br />

arrampicatosi su un tavolo, stava per schioccare una freccia nella mia<br />

<strong>di</strong>rezione. Istintivamente mi curvai sulla sella, alzai lo scudo e con un<br />

movimento del braccio cercai <strong>di</strong> deviarla. <strong>Il</strong> colpo, tuttavia, era stato<br />

talmente violento da far sbalzare lo scudo lontano e lasciarmi in<br />

equilibrio precario. Avendo già puntato i pie<strong>di</strong> sulle staffe per


prendere a mia volta la mira, quasi mi <strong>di</strong>sarcionò. Riuscii<br />

prontamente a rimettermi in sella, ma faticai a mantenere la<br />

posizione a causa del peso dell'elmo che mi sbilanciava la testa.<br />

Ringraziai <strong>di</strong> cuore il vecchio maestro <strong>di</strong> equitazione Tiberio<br />

Catone per tutti gli anni trascorsi a insegnarmi ad andare a cavallo<br />

senza re<strong>di</strong>ni, a bilanciare il corpo e a recuperare l'equilibrio in<br />

qualsiasi circostanza. Così mi bastarono pochi istanti per riassestarmi<br />

e nel breve tempo in cui mi alzai e mi preparai al lancio, il gigante<br />

riuscì a malapena a muoversi.<br />

Tirai il giavellotto senza quasi prendere la mira; tutte quelle ore <strong>di</strong><br />

esercizio quoti<strong>di</strong>ano in anni e anni <strong>di</strong> allenamento mi avevano<br />

assicurato la capacità <strong>di</strong> colpire un qualsiasi obiettivo senza doverlo<br />

puntare. Quando l'uomo vide che la lancia lo stava raggiungendo<br />

ringhiò e tentò <strong>di</strong> dare una sferzata al proiettile, agitando<br />

scompostamente l'ormai inservibile arco. Ma i suoi sforzi furono<br />

vani: l'arco colpì il giavellotto soltanto <strong>di</strong> striscio facendolo deviare<br />

<strong>di</strong> poco. Così invece <strong>di</strong> essere colpito nel petto, il gigante venne<br />

trafitto nel ventre. <strong>Il</strong> colpo non gli fu per questo meno fatale: con<br />

quella ferita allo stomaco sarebbe morto dopo una lunga agonia,<br />

con l'unica speranza che qualcuno avesse la pietà <strong>di</strong> aiutarlo ad<br />

andare presto all'altro mondo. Barcollò e in<strong>di</strong>etreggiò sui talloni;<br />

poi, lanciando un urlo rabbioso che sembrò quasi lacerargli i<br />

polmoni, afferrò con entrambe le mani l'asta del giavellotto,<br />

riuscendo a strapparsela dal ventre e ad alzarla sopra la testa, nel<br />

tentativo <strong>di</strong> scagliarmela contro. Lo guardai attonito: ero rimasto<br />

talmente sbalor<strong>di</strong>to da quanto accaduto che il pensiero <strong>di</strong> sfoderare<br />

la spada non mi aveva nemmeno sfiorato. Ma l'uomo, prima <strong>di</strong><br />

riuscire a lanciarla, morì: con uno schiocco improvviso una lunga<br />

freccia dei Pendragon lo aveva trafitto in testa, scaraventandolo per<br />

l'impatto giù dal tavolo, con le tempie sfondate.<br />

Così non mi restò che attendere lo squillo <strong>di</strong> tromba che avevo<br />

or<strong>di</strong>nato, che giunse un attimo dopo; era il segnale dell'ultima fase<br />

del piano che avevamo progettato per <strong>di</strong>sorientare il nemico.<br />

Ovunque osservassi c'erano uomini immobili che si guardavano<br />

intorno atterriti, con gli occhi sgranati per la paura. Gli arcieri,<br />

intanto, una volta entrati, si erano <strong>di</strong>stribuiti, come gli era stato<br />

or<strong>di</strong>nato, a destra e a sinistra della porta per poi schierarsi lungo le


mura perimetrali della vasta sala, con gli archi ben tesi e le frecce<br />

puntate per ammonire la folla accalcata <strong>di</strong> tenersi in<strong>di</strong>etro. Anche la<br />

fanteria si stava riversando all'interno dell'e<strong>di</strong>ficio, ma passando<br />

dall'ingresso sul retro, dalle cucine, per radunare il personale <strong>di</strong><br />

servizio lungo una parete della stanza ed evitare che si<br />

organizzassero in una rivolta improvvisa.<br />

Anche così sconfitti alcuni degli uomini <strong>di</strong> Knut ostentavano la<br />

loro tracotanza. Un mostro barbuto con una pancia straripante,<br />

tenutosi in <strong>di</strong>sparte, si guardava intorno con aria stravolta.<br />

All'improvviso emise un grugnito, che crebbe fino a trasformarsi in<br />

un ruggito <strong>di</strong> rabbia, e partì alla carica con una massiccia ascia<br />

sollevata con entrambe le mani sopra la testa, <strong>di</strong>retto verso gli<br />

uomini a guar<strong>di</strong>a dell'ingresso. Due suoi compagni decisero <strong>di</strong> unirsi<br />

a lui e, impugnate le spade, si misero a urlare precipitandosi in suo<br />

aiuto. Prima che potessero arrivare alla porta crollarono a terra, tutti<br />

e tre; nove frecce segnarono la fine <strong>di</strong> ogni resistenza.<br />

Nel più totale e improvviso silenzio avanzai in sella al mio cavallo<br />

facendomi strada in mezzo a quella calca ostile <strong>di</strong> uomini ancora<br />

armati e mobilio fracassato. Lo condussi dolcemente fino alla<br />

grottesca sagoma <strong>di</strong> Knut Occhio Guercio ancora inchiodato dalla<br />

mia lancia allo schienale della sua grande se<strong>di</strong>a accanto al fuoco. Era<br />

circondato dai cadaveri ammassati dei suoi comandanti, tutti<br />

abbattuti dalle lunghe frecce dei Pendragon. Quando gli fui davanti<br />

mi sporsi dalla sella per afferrare il manico della lancia che,<br />

puntando saldamente sulle staffe, liberai con uno strappo netto. La<br />

innalzai davanti a me e feci lentamente girare il mio cavallo<br />

tutt'intorno, incurante dei cadaveri che avrei potuto calpestare.<br />

Vedendomi girare intorno a quel modo, un uomo <strong>di</strong> nome Lanar,<br />

che ci era stato offerto nella fortezza <strong>di</strong> Connlyn come interprete in<br />

caso <strong>di</strong> bisogno, avanzò impettito e, senza guardarsi intorno, si<br />

arrampicò sopra a uno dei tavoli alla mia sinistra. Dopo <strong>di</strong> lui,<br />

altrettanto impassibile, si mosse un giovane dai capelli bianchi<br />

chiamato per l'appunto Albinus, da poco nominato cavalier servente<br />

<strong>di</strong> Tristano. Reggeva il mio vessillo, un enorme dragone rosso<br />

rampante su uno sfondo bianco can<strong>di</strong>do. Albinus si fermò alla mia<br />

destra, avanzato rispetto a me, e si voltò per fronteggiare la folla.<br />

Ero così preso a stu<strong>di</strong>are le facce che mi circondavano, quasi tutte


intente a fissare l'arma intrisa <strong>di</strong> sangue che tenevo in mano, che mi<br />

riuscì impossibile soffermarmi su qualcuna in particolare.<br />

«Sono Clothar,» annunciai in latino pomposo, «comandante <strong>di</strong><br />

<strong>Camelot</strong> e cavaliere della Tavola Rotonda <strong>di</strong> Artù, re della<br />

Federazione dei Pendragon e riotamo della Britannia Unita. E questa<br />

lancia bianca è testimone del mio rango e del mio <strong>di</strong>sappunto. Vi<br />

darò una sola possibilità, qui e ora.» Finché Lanar non ebbe tradotto,<br />

la folla rimase a fissarmi a bocca aperta, senza capire una parola;<br />

poi, sgranò gli occhi. Sapevo che nella loro lingua primitiva non<br />

esistevano parole in grado <strong>di</strong> tradurre gli altisonanti titoli <strong>di</strong> cui<br />

avevo fatto così orgogliosamente sfoggio, ma avevo <strong>di</strong>scusso <strong>di</strong><br />

questo con Lanar prima ancora dell'attacco ed egli, conoscendo le<br />

mie intenzioni, li aveva memorizzati bene. Quando ripeté, in mezzo<br />

all'incomprensibile farfugliare che scaturiva dalla sua bocca, i titoli<br />

romani che avevo utilizzato, produsse l'effetto <strong>di</strong> farli risaltare come<br />

gemme scintillanti. Qualcosa, però, aveva suscitato una certa<br />

reazione tra il pubblico <strong>di</strong> predoni. A quanto pareva anche i Sassoni<br />

avevano già sentito parlare <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>. Quando Lanar ebbe finito,<br />

notai che alcuni <strong>di</strong> loro si erano riuniti per rispondere, e prima che<br />

potessero parlare ripresi subito la parola alzando la voce ancora <strong>di</strong><br />

più, fino a sovrastare i mormorii e a sentirla rintronare nelle<br />

orecchie, trattenuta e <strong>di</strong>storta dal pesante elmo e dalla visiera<br />

abbassata. Poi dopo essermi voltato, puntai la lancia verso l'alto e<br />

in<strong>di</strong>cai il punto in cui prima stavamo appostati: affacciati alle travi<br />

del solaio c'erano più <strong>di</strong> una dozzina <strong>di</strong> arcieri, e quando i Sassoni,<br />

guardando in alto, videro la morte che incombeva su <strong>di</strong> loro, riuscii<br />

persino a u<strong>di</strong>re, nonostante l'elmo, il sibilare dei loro respiri<br />

trattenuti. «Guardate sopra le vostre teste: i miei uomini sono<br />

ovunque. Potete scegliere tra morire adesso, qui, accanto a quanti<br />

dei vostri sono già caduti, o ascoltarmi e andarvene da qui vivi, e<br />

con le armi in pugno. A voi la scelta purché deci<strong>di</strong>ate subito,<br />

all'istante. Buttate a terra le armi o morirete.»<br />

Lanar tradusse <strong>di</strong> nuovo e nel silenzio che seguì, gli uomini <strong>di</strong><br />

Knut si guardarono negli occhi in cerca <strong>di</strong> qualche in<strong>di</strong>cazione o<br />

consiglio. Ma tutti i loro capi giacevano a terra, morti, i loro<br />

cadaveri a circondare Knut Occhio Guercio con un groviglio <strong>di</strong><br />

membra contorte.


<strong>Il</strong> silenzio si protrasse finché un uomo, forse il più fatalista, o il più<br />

codardo, con aria provocatoria sputò a terra e gettò la propria<br />

arma. Quel clangore ebbe l'effetto <strong>di</strong> un segnale: l'aria fu solcata del<br />

suono metallico delle altre armi che, una a una, venivano<br />

abbandonate a terra in ogni parte della stanza e si accumulavano<br />

una sull'altra.<br />

Quando tutti si arresero, gli arcieri sopra <strong>di</strong> noi e lungo il<br />

perimetro della sala allentarono la guar<strong>di</strong>a, abbassando le armi e<br />

rilassando i muscoli tesi per la concentrazione, ma tenendo<br />

comunque le frecce incoccate pronte a partire.<br />

«Bors!» chiamai. <strong>Il</strong> mio scu<strong>di</strong>ero cominciò ad avanzare a capo <strong>di</strong><br />

un <strong>di</strong>staccamento <strong>di</strong> uomini che si mise subito al lavoro per<br />

raccogliere tutte le spade e le asce abbandonate. Quando le armi<br />

furono radunate e portate via in fretta, or<strong>di</strong>nai a Bors, questa volta<br />

in lingua franca, che i suoi uomini liberassero la sala da tutti i tavoli<br />

rotti così da creare abbastanza spazio per muovermi senza dover<br />

scendere da cavallo. Poi tornai a rivolgermi a Lanar, in latino.<br />

«Quando Bors avrà finito <strong>di</strong> fare un po' <strong>di</strong> spazio, <strong>di</strong>' loro che sono<br />

sotto la mia protezione e che non hanno nulla da temere. Poi gli<br />

or<strong>di</strong>nerai <strong>di</strong> mettersi in riga spalla a spalla davanti a me così che io<br />

possa rivolgermi a loro senza sgolarmi.»<br />

Rimasi a guardare quei guerrieri nemici resi nostri ostaggi<br />

trascinarsi riluttanti e <strong>di</strong>sporsi come Lanar aveva in<strong>di</strong>cato loro. Erano<br />

colmi <strong>di</strong> risentimento ma sui loro volti c'era ora più curiosità che<br />

ferocia. Attesi paziente che si allineassero tutti, poi, agganciato lo<br />

scudo allo sperone della sella sul lato sinistro, gettai la lancia a Bors e<br />

mi slacciai l'elmo che appesi per la cinghia del mento a un altro<br />

gancio; mi strofinai forte la testa rasata con i palmi delle mani,<br />

godendomi il piacere dell'aria che mi rinfrescava la testa sudata.<br />

Nella sala era tutto immobile, sentivo gli sguar<strong>di</strong> puntati su <strong>di</strong> me;<br />

perfino i miei uomini, non meno incuriositi dei prigionieri,<br />

aspettavano <strong>di</strong> sentire quanto avevo da <strong>di</strong>re. Gli ostaggi che avevo<br />

schierati davanti, in un'unica e lacera fila, erano in tutto<br />

cinquantotto.<br />

Muovendomi piano, con la calma più assoluta, e perfettamente<br />

consapevole dell'effetto che stavo per creare, riunii i lembi del


mantello in modo che il suo candore mi avvolgesse completamente,<br />

braccia, mani, scudo ed elmo compresi. Passai quin<strong>di</strong> in rassegna<br />

l'intera fila, incrociando lo sguardo <strong>di</strong> alcuni ma senza soffermarmi su<br />

nessuno in particolare.<br />

«Dovreste essere già tutti morti» ripresi, e Lanar subito tradusse.<br />

«Avreste meritato <strong>di</strong> perire con la stessa crudeltà che avete<br />

destinato a Ushmar e ai suoi uomini. Gli aguzzini mi <strong>di</strong>sgustano e<br />

non vedo alcun merito nel bruciare vivi i propri nemici. Per il<br />

momento ho deciso <strong>di</strong> risparmiarvi la vita ma soltanto perché<br />

possiate portare a destinazione il mio messaggio. Un messaggio da<br />

parte <strong>di</strong> Artù Pendragon <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, il riotamo, il sommo re della<br />

Britannia Unita...» Insistei perché quel titolo altisonante si fissasse<br />

bene nelle loro menti e notai che si sforzavano <strong>di</strong> memorizzarlo.<br />

Aspettai ancora che Lanar finisse <strong>di</strong> tradurre, poi <strong>di</strong>e<strong>di</strong> loro il<br />

tempo <strong>di</strong> assimilare le sue parole e ripresi. Non avevo alcuna fretta<br />

<strong>di</strong> concludere: volevo che restasse loro impresso nella mente come<br />

erano stati trattati e quanto avevano imparato quella notte. Infine,<br />

quando i loro occhi si posarono <strong>di</strong> nuovo su <strong>di</strong> me spalancai le<br />

braccia e, tenendo con le mani i lembi del mantello, lo feci pendere<br />

come ali bianche. «Guardate la mia schiena.»<br />

Lentamente, guidando il cavallo con le ginocchia, feci un breve<br />

giro in modo che tutti potessero vedere il grande dragone rosso dei<br />

Pendragon <strong>di</strong>segnato sul dorso del mantello: una copia perfetta della<br />

creatura ricamata sullo stendardo che imbracciava il giovane Albinus.<br />

Quando mi sembrò che tutti lo avessero visto bene tornai a<br />

fronteggiarli e cominciai il mio <strong>di</strong>scorso parlando lentamente, in<br />

modo chiaro e usando molte pause, in modo che Lanar mi seguisse<br />

senza sforzo.<br />

«Voi e il vostro popolo siete venuti in queste terre per assalire e<br />

depredare, convinti che gli abitanti <strong>di</strong> questo paese fossero una<br />

preda facile e inerme. Tornate ai vostri accampamenti e <strong>di</strong>te ai vostri<br />

compagni che vi siete sbagliati. Che pagherete con la vita... tutti voi,<br />

senza eccezioni... se non metterete fine a questa pazzia.<br />

Avete osato risvegliare la belva assopita <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a alla Britannia,<br />

il dragone rosso che avete visto sulla mia schiena. Pendragon è il suo<br />

nome e Artù, signore <strong>di</strong> Pendragon, sommo re <strong>di</strong> queste terre, ne è il


custode. Non so che nome abbiate dato a questa terra nella quale<br />

ora siete prigionieri, e non lo voglio nemmeno sapere. Noi che la<br />

abitiamo la chiamiamo Britannia ed è nostra, ed è anche la patria del<br />

ven<strong>di</strong>catore con le squame e i denti rossi chiamato Pendragon.»<br />

In<strong>di</strong>cai Albinus e lo stendardo che egli reggeva con orgoglio.<br />

«Sotto questo vessillo, reso feroce dalla brutalità e dalla crudeltà<br />

dei vostri assalti ai danni <strong>di</strong> gente pacifica, nonché dalla vostra<br />

brama <strong>di</strong> conquistare terre sulle quali non avete alcun <strong>di</strong>ritto, sono<br />

state emanate in Britannia nuove leggi e, affinché esse vengano<br />

rispettate, messi in campo nuovi eserciti.»<br />

«Eserciti!» ripetei. «Ficcatevi bene in testa questa parola e tenetela<br />

sempre presente. Legioni! Non un insieme informe <strong>di</strong> ingor<strong>di</strong><br />

sobillatori assetati <strong>di</strong> sangue come voi. Legioni addestrate alla<br />

maniera dei Romani, con la stessa <strong>di</strong>sciplina dei Romani ma con un<br />

obiettivo che raramente loro hanno <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> avere.<br />

Le nostre legioni hanno cavalli addestrati a fare cose che il vostro<br />

mondo non ha mai né visto né conosciuto. Cavalli e uomini<br />

addestrati. Disciplinati. Feroci. Ven<strong>di</strong>cativi. Pronti a <strong>di</strong>struggere ladri<br />

e ban<strong>di</strong>ti come voi, e come quegli assassini trucidati, là sul<br />

pavimento, e tutto ciò che rappresentano.» Con fare sbrigativo<br />

in<strong>di</strong>cai la massa <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nata <strong>di</strong> corpi esanimi ai pie<strong>di</strong> del mio cavallo.<br />

«Knut Occhio Guercio è andato incontro a una morte facile, <strong>di</strong><br />

gran lunga migliore e più rapida <strong>di</strong> quanto non meritasse. Voi avete<br />

incontrato la grazia, ma se mai vi capitasse <strong>di</strong> dover fronteggiare <strong>di</strong><br />

nuovo gli uomini del dragone, allora morirete tutti, fino all'ultimo<br />

uomo. I nostri eserciti vi mieteranno come fieno, la nostra cavalleria<br />

- le nostre truppe a cavallo - vi spazzeranno via dalla faccia della<br />

terra e i nostri arcieri vi abbatteranno ancor prima che abbiate la<br />

possibilità <strong>di</strong> combatterci.»<br />

Li guardai in faccia ora, uno a uno, incrociando apertamente i<br />

loro sguar<strong>di</strong>.<br />

«Non sono minacce senza fondamento pronunciate in uno scatto<br />

d'ira. Credetemi, state bene in guar<strong>di</strong>a. Le truppe che vi hanno<br />

sconfitto, che come vedete, vestono <strong>di</strong> bianco, il colore della mia<br />

insegna, non sono che una piccola parte della mia legione. Davanti a<br />

voi c'è soltanto un piccolo esempio <strong>di</strong> quello che potremmo


schierare sul campo <strong>di</strong> battaglia in un lampo e al minimo cenno...<br />

Davanti non avete che un decimo della legione al mio comando.<br />

<strong>Camelot</strong> ne possiede molte altre, comandate dai numerosi cavalieri<br />

del sommo re, ognuna potente in tutto e per tutto come la mia. Se<br />

avete ancora una briciola <strong>di</strong> senno riconoscerete le mie parole come<br />

serie minacce. Lo giuro, provocate ancora una volta la nostra ira e<br />

verremo in migliaia a <strong>di</strong>struggervi.<br />

Torneremo entro l'anno, verremo con forze tali da lasciare<br />

sbigottito chiunque sarà tanto sciocco da rimanere. Vi attaccheremo<br />

da est passando per i territori del nostro amico e alleato Connlyn, e<br />

poi da sud e da sud-ovest; setacceremo i territori che ora occupate<br />

seminando frecce e morte, e con le nostre forze <strong>di</strong> cavalleria<br />

spazzeremo via qualsiasi traccia della vostra presenza. Certo,<br />

potreste sempre combattere. È l'unica alternativa che avete. Ma<br />

morireste senz'altro. Tornate alla vostra patria e fate che lo sappiano<br />

tutti. Avete un anno per scrollarvi dalle suole la terra <strong>di</strong> Britannia!»<br />

Tacqui per lasciare che le mie ultime parole rimanessero impresse<br />

nella loro mente. I presenti in sala erano tutti immobili. Annunciai<br />

loro che quella notte sarebbero stati tenuti sotto stretta sorveglianza<br />

e il giorno seguente portati con noi. Poi, una volta raggiunti i confini<br />

meri<strong>di</strong>onali del regno governato dal nostro amico e alleato<br />

Connlyn, avremmo restituito loro le armi. Infine, li congedai,<br />

affidandoli a Tristano, e invitai Lanar ad avvicinarsi. Lo ringraziai per<br />

il suo valido aiuto consegnandogli due sol<strong>di</strong> d'oro, ancora cal<strong>di</strong> per<br />

essere stati a lungo nella mia mano. I suoi occhi si illuminarono:<br />

annuì, ma non <strong>di</strong>sse nulla né, tanto meno, fece notare quanto<br />

accaduto perché non tentò nemmeno <strong>di</strong> abbassare gli occhi per<br />

sbirciare cosa gli avevo dato. Annuii a mia volta e mi avviai in<br />

compagnia <strong>di</strong> Bors all'alloggio che egli aveva scelto per me.


II<br />

Aveva scelto per me una piccola camera singola che, a giu<strong>di</strong>care<br />

dal banco da conta addossato a una piccola parete <strong>di</strong>visoria con una<br />

finestrella dotata <strong>di</strong> imposte, doveva essere stata in passato <strong>di</strong> un<br />

ufficiale pagatore. Fui davvero grato a Bors per averla spazzata,<br />

lavata e illuminata a dovere con una decina <strong>di</strong> candele <strong>di</strong> buona<br />

qualità; aveva anche montato il mio giaciglio da campo e la mia<br />

scrivania. In una brocca fumante era stata appena versata dell'acqua<br />

calda, in un'altra quella fredda; avevano aperto e poi appeso la mia<br />

borsa <strong>di</strong> cuoio. Le casse da viaggio che contenevano i miei effetti<br />

personali, incluso il pie<strong>di</strong>stallo per l'armatura che mi era stata<br />

regalata tre anni prima da Germano, erano state accuratamente<br />

sistemate contro la parete <strong>di</strong> fronte alla branda; le lance <strong>di</strong>pinte <strong>di</strong><br />

bianco, raccolte in un fascio, erano state appoggiate in un angolo,<br />

pronte per l'uso. Sapevo che al mio risveglio, l'indomani, vi avrei<br />

trovato vicino, lavate, pulite dal sangue e asciugate con cura perché<br />

non si arrugginissero, anche le due che avevo utilizzato durante il<br />

combattimento <strong>di</strong> quella notte. Sba<strong>di</strong>gliai e mi stiracchiai, impaziente<br />

che mi liberassero dalla mia armatura.<br />

Bors non aveva ancora avuto il tempo <strong>di</strong> sciogliere la prima fibbia<br />

che sentii qualcuno tossire con <strong>di</strong>screzione sulla soglia. Era Powys. <strong>Il</strong><br />

comandante degli arcieri <strong>di</strong> Pendragon, che con la sua grossa mole<br />

bloccava il passaggio, si inchinò con aria <strong>di</strong> scusa. Prima dell'attacco<br />

gli avevo dato l'incarico, a combattimenti finiti, <strong>di</strong> setacciare da cima<br />

a fondo il forte e gli e<strong>di</strong>fici annessi.<br />

«Perdonate, Clothar, ma abbiamo trovato...»<br />

«Delle donne» <strong>di</strong>ssi interrompendolo bruscamente, ricordandomi<br />

quello che avevo notato in precedenza su quell'argomento. «Hai<br />

trovato le donne <strong>di</strong> Ushmar.» Powys strabuzzò gli occhi per lo<br />

stupore. «Quante sono?»<br />

«Sì, sono donne... e bambini» <strong>di</strong>sse con aria pensosa. «Una


quarantina circa, forse cinquanta. Non <strong>di</strong> più.»<br />

Tutt'altro che un ragazzino, Powys, membro del clan dei<br />

Pendragon <strong>di</strong> Cambria, era un veterano nel vero senso della parola:<br />

aveva la barba grigia e il corpo appesantito da decenni <strong>di</strong> duro<br />

servizio agli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Artù e, prima ancora, a quelli <strong>di</strong> suo padre,<br />

Uther. Era l'unico dei miei comandanti che osava, in qualsiasi<br />

circostanza, rivolgersi a me chiamandomi esclusivamente per nome,<br />

senza l'aggiunta, mai, <strong>di</strong> titoli formali. La cosa, benché ormai<br />

consolidata e risaputa, non mi <strong>di</strong>spiaceva più <strong>di</strong> tanto: la sua<br />

reputazione era tale da non suscitare in me la minima<br />

<strong>di</strong>sapprovazione. Egli, dal canto suo, rispettava e accettava le mie<br />

particolarità da franco con indulgenza e tatto che riservava a pochi<br />

altri. Ai suoi occhi severi, xenofobi e inamovibili, se nascevi fuori dal<br />

clan dei Pendragon eri un essere inferiore. Eppure, nel mio caso,<br />

usciva da quei rigorosi parametri <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio: mi ero conquistato la<br />

sua approvazione, in apparenza riluttante ma generosa.<br />

Probabilmente non mi avrebbe mai accordato i titoli onorifici che<br />

riservava ad altri ma era sempre pronto a coprirmi le spalle. Adesso<br />

aspettava <strong>di</strong> sapere se avevo da porgli altre domande.<br />

«Dove si trovano? Stanno bene? Le hanno maltrattate?»<br />

«Maltrattate?» si soffermò su quella parola, cercando <strong>di</strong> formulare<br />

una risposta adatta alle mie orecchie. «Sembrano abbastanza in<br />

salute. Nessuna <strong>di</strong> loro ha riportato ferite rilevanti. Le abbiamo<br />

trovate rinchiuse in una cantina sotto il pavimento <strong>di</strong> uno degli<br />

e<strong>di</strong>fici; non saprei <strong>di</strong>re se le hanno maltrattate... Del resto, non sono<br />

affatto sicuro che sappiano cosa significhi essere maltrattate. Erano<br />

donne <strong>di</strong> Ushmar... dopo tutto.»<br />

«Ho afferrato il concetto. Cinquanta, <strong>di</strong>cevi. E quanti bambini?»<br />

«Una decina, tutti gran<strong>di</strong>celli. Non ci sono né mocciosi né lattanti,<br />

ma siccome le donne continuano a piangere è probabile che prima<br />

dell'attacco ce ne fossero <strong>di</strong> più. Se volete il mio parere, hanno<br />

mantenuto in vita questi per poi venderli, agli altri Sassoni, intendo.<br />

Quin<strong>di</strong> gli uomini <strong>di</strong> Knut non dovrebbero averli strapazzati troppo.<br />

Per quanto ne so, ma la cosa mi sembra piuttosto scontata, alcune <strong>di</strong><br />

queste donne potrebbero già portare in grembo il seme dei Sassoni.»<br />

«Vero, in questo caso non possiamo fare molto, temo. Liberale e


porta loro da mangiare, Powys. E grazie per essertene occupato.<br />

Domani dovranno decidere se restare o seguirci nelle terre <strong>di</strong><br />

Connlyn. Immagino che molte vorranno venire con noi dato che i<br />

loro uomini sono tutti morti; chi ha una famiglia nei <strong>di</strong>ntorni,<br />

invece, potrebbe volerla raggiungere. Nel frattempo le nutriremo e<br />

garantiremo loro un posto per dormire; fa' in modo che non<br />

vengano <strong>di</strong>sturbate dai nostri uomini.» Mi accorsi che la sua<br />

espressione accigliata tardava ad andarsene. «Sì? C'è forse<br />

qualcos'altro che dovete <strong>di</strong>rmi?»<br />

«In effetti c'è. In un'altra stanza, in cima alle scale, ne abbiamo<br />

trovate altre. Un'anziana - ricca, a giu<strong>di</strong>care dalle vesti che indossa e<br />

dal posto in cui è stata tenuta in ostaggio - e un gruppetto <strong>di</strong> giovani<br />

donne <strong>di</strong> servizio.»<br />

La cosa mi colse <strong>di</strong> sorpresa. «Una ricca? Vuoi <strong>di</strong>re una donna<br />

d'alto lignaggio, in questo posto? Chi è?»<br />

Powys, si strinse eloquentemente nelle spalle. «Lignaggio? Cosa<br />

intendete? Riguardo al nome ne so quanto voi. Parla una lingua mai<br />

sentita. Però è vecchia e debole... trema e sembra sfinita, ma ha la<br />

lingua tagliente. Graffia come una raspa nuova <strong>di</strong> zecca, e per<br />

saperlo non è certo necessario capire cosa <strong>di</strong>ce.»<br />

«Portamela qui, Powys.» Mi chiesi chi potesse essere, senza trovare<br />

risposta. E così le parole <strong>di</strong> Powys mi colsero del tutto impreparato.<br />

«Meglio <strong>di</strong> no» borbottò. «Non ci riuscirei. Dovrei caricarmela in<br />

spalla e quella durante il tragitto sarebbe capace <strong>di</strong> ricoprirmi <strong>di</strong><br />

graffi fino alla morte. Converrà che ci an<strong>di</strong>ate voi stesso.»<br />

Era inamovibile. Sospirai e mi rivolsi a Bors che mi stava<br />

aspettando. «Dammi l'elmo, Bors. Voglio andare a scoprire cosa sta<br />

succedendo. Aspettami qui. Non ci metterò molto. E manda<br />

qualcuno a chiamare l'interprete, quel Lanar. Potrei averne ancora<br />

bisogno.»


III<br />

«Magister! Attenti!» Al grido d'allarme seguirono subito uno<br />

scalpiccio <strong>di</strong> stivali e un tintinnare d'armi: le guar<strong>di</strong>e in cima allo<br />

scalone si erano accorte della mia presenza ed erano scattate<br />

sull'attenti. Impassibile, salii gli ultimi gra<strong>di</strong>ni e mi fermai <strong>di</strong> fronte a<br />

loro, l'elmo nell'incavo del braccio sinistro. Powys mi aveva seguito<br />

e si era fermato al mio fianco; sapevo che avrei dovuto passare in<br />

rassegna le guar<strong>di</strong>e con i suoi occhi puntati addosso. Era girato verso<br />

<strong>di</strong> me e aveva il sopracciglio destro alzato, con un'espressione a metà<br />

fra lo sprezzante e l'ammirato, che negli ultimi anni avevo imparato<br />

a riconoscere e ad accettare. Mi sforzai <strong>di</strong> ignorarlo.<br />

La mia riluttanza nel guardarlo era <strong>di</strong> carattere puramente<br />

personale e nasceva soprattutto dalla mia insicurezza: non mi ero<br />

ancora abituato a sentirmi chiamare magister. Era un titolo con cui in<br />

passato mi ero sempre rivolto a tutti i capi e i maestri che avevo<br />

ammirato. L'idea <strong>di</strong> possederlo mi procurava un vago senso <strong>di</strong><br />

sconcerto: ogni volta che lo sentivo pronunciare, pensavo a quanto<br />

fosse cieca la gente a non accorgersi che ero giovane e inadatto a<br />

rivestire una simile qualifica e ad appartenere a quel rango. Soltanto<br />

da Bors, il mio scu<strong>di</strong>ero, per quel suo sincero <strong>di</strong>sagio nel chiamarmi<br />

in altro modo e la sua reale posizione <strong>di</strong> subalternità, mi sembrava<br />

giusto accettare gli ossequi. Davanti agli altri, invece, nel profondo,<br />

mi sentivo uno studente con ancora molto da imparare, ogni giorno<br />

e in ogni campo, e sapevo che, nonostante quel titolo mi venisse<br />

attribuito da persone ben più sagge ed esperte <strong>di</strong> me, avrei dovuto<br />

farne <strong>di</strong> strada prima <strong>di</strong> sentirlo mio. Nel caso <strong>di</strong> Powys sospettavo<br />

che sapesse tutto: quel suo sottile ghigno era il suo modo <strong>di</strong><br />

riconoscere le mie capacità. Mi schiarii la voce, cercando <strong>di</strong> trovare<br />

forza in quel pensiero, e cominciai l'ispezione.<br />

Le guar<strong>di</strong>e, del tutto ignare dell'imbarazzo che mi creava la<br />

grande considerazione che avevano per me, mi apparvero<br />

magnifiche; si aspettavano dal loro generale un segno <strong>di</strong>


approvazione. Indossavano l'uniforme regolare delle mie truppe <strong>di</strong><br />

fanteria ed erano assolutamente impeccabili. Calzavano pesanti<br />

stivali <strong>di</strong> cuoio neri, perfettamente lucidati, cinghiati e alti fino al<br />

ginocchio con suole spesse e chiodate. Sotto, gambali <strong>di</strong> lana lavorati<br />

a maglia coprivano e scaldavano pie<strong>di</strong> e polpacci; una can<strong>di</strong>da<br />

tunica lunga fino alle ginocchia spuntava da sotto l'armatura tipica<br />

dei legionari romani. Quest'ultima era formata da placche <strong>di</strong> acciaio<br />

sagomato sovrapposte e sormontate da una specie <strong>di</strong> gonnellino<br />

metallico, confezionato appositamente dai nostri fabbri a <strong>Camelot</strong>,<br />

che si chiudeva tramite cinghie. Ciascuno <strong>di</strong> loro possedeva una<br />

lunga lancia e uno scudo leggero e robusto, una spada inguainata e<br />

un pugnale che pendeva dalla cintura nera stretta in vita. In testa<br />

avevano tutti lo stesso elmo <strong>di</strong> foggia romana, mai cambiata in<br />

migliaia <strong>di</strong> anni, e indossavano un mantello bianco con uno stemma<br />

che in<strong>di</strong>cava il loro rispettivo grado, qualora ne avessero avuto uno.<br />

Solo quattro, per il resto del tutto identici ai loro compagni, ne<br />

erano privi. <strong>Il</strong> decurione in capo, invece, portava un unico piccolo<br />

dragone rosso cucito a destra sul davanti del mantello.<br />

Ricambiai il loro vivace saluto e or<strong>di</strong>nai che si mettessero a<br />

riposo. Poi u<strong>di</strong>i, oltre la doppia porta socchiusa <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> loro,<br />

bisbigli e movimenti affrettati, e quando calò il più assoluto silenzio,<br />

capii che all'interno erano pronti a ricevermi. Salutai con un ultimo<br />

cenno della testa il decurione, <strong>di</strong> cui ricordo ancora il nome, Platone,<br />

tanto mi era sembrato buffo. Ma non feci in tempo a muovermi che<br />

sentii un risuonare <strong>di</strong> passi alle mie spalle. Mi voltai e vi<strong>di</strong> che Lanar<br />

si stava avvicinando.<br />

Era un tipo strano, Lanar, piccolo e d'aspetto davvero sgradevole.<br />

Camminava tutto gobbo e zoppicava vistosamente. Conoscendo<br />

alcune vicende del suo passato non mi lasciai suggestionare più <strong>di</strong><br />

tanto. Era stato prete e per molti anni prigioniero e schiavo dei<br />

Sassoni che avevano invaso alcune regioni dell'Est. Connlyn mi aveva<br />

raccontato che lo avevano picchiato fino a spaccargli le ossa, per poi<br />

abbandonarlo al suo destino. Ecco perché o<strong>di</strong>ava i Sassoni con un<br />

in<strong>di</strong>cibile accanimento. Sapeva parlare molti dei loro <strong>di</strong>aletti con<br />

grande scioltezza e prima della sua prigionia presso quegli esseri<br />

incivili era stato educato da un priore latino. Lo trovai colto e<br />

piacevole, dotato <strong>di</strong> un umorismo sottile e autoironico. Non c'era


nulla <strong>di</strong> pomposo o altezzoso in lui e lo presi subito in simpatia.<br />

Quando Connlyn me l'aveva segnalato come elemento utile in caso<br />

<strong>di</strong> un'eventuale me<strong>di</strong>azione con gli invasori sassoni, l'avevo accolto<br />

dando <strong>di</strong>sposizioni a Dynas, il quartiermastro, <strong>di</strong> procurargli abiti<br />

nuovi per sostituire i miseri stracci che aveva indossato fino ad<br />

allora. Adesso mi veniva incontro fiducioso e sorridente. Mi porse il<br />

medesimo saluto che aveva visto dai miei soldati <strong>di</strong> cavalleria.<br />

«Avete bisogno <strong>di</strong> me, lord Clothar?» <strong>Il</strong> suo latino era fluido e<br />

impeccabile.<br />

«Potrei averne, amico mio. Da quanto mi è stato detto, in questa<br />

stanza ci sono alcune donne <strong>di</strong> alto lignaggio; non le ho ancora<br />

incontrate, potrei aver bisogno del tuo aiuto. Vedrò che lingua<br />

parlano; aspettami fuori, nel caso dovessi chiamarti. Se non mi<br />

sentirai in tempi ragionevoli, vorrà <strong>di</strong>re che sono in grado <strong>di</strong><br />

conversare con loro senza bisogno <strong>di</strong> aiuto.»<br />

«Capisco, mio signore.»<br />

Lo ringraziai con un cenno del capo ed entrai nella stanza dove i<br />

Sassoni avevano rinchiuso quelle donne. Notai che Powys si era<br />

tenuto in <strong>di</strong>sparte e con incre<strong>di</strong>bile cortesia aveva serrato la porta<br />

alle mie spalle; non seppi mai se per riguardo a me o alle recluse.<br />

«E voi chi siete? Un altro ban<strong>di</strong>to, senza dubbio.»<br />

La donna che aveva parlato era d'aspetto regale. Me ne accorsi<br />

subito, non appena posi lo sguardo su <strong>di</strong> lei. Se ne stava con la<br />

schiena appoggiata al muro, dritta davanti a me, immersa nell'ombra<br />

in fondo alla stanza già <strong>di</strong> per sé poco illuminata. Sei donne, una<br />

vicina all'altra, le stavano davanti, tanto che a una prima occhiata<br />

non ero riuscito a capire dove fosse. Era slanciata e non c'erano<br />

dubbi sulla sua <strong>di</strong>gnitas. Teneva il mento alto con orgoglio e mi<br />

guardava con aria sprezzante. Era tale la sua presenza che la mia<br />

attenzione si concentrò soltanto su <strong>di</strong> lei trascurando le altre. Powys<br />

l'aveva descritta vecchia e gracile ma ciò che avevo visto e sentito<br />

non si adattava a quell'immagine. Forse, pensai, chi aveva parlato<br />

era una simulatrice, una delle donne, incaricata dall'anziana signora<br />

<strong>di</strong> sostituirla per mascherarne l'identità. Ma mi bastò guardarle bene<br />

in faccia a una a una per scartare quell'ipotesi: le altre erano<br />

decisamente tutte troppo giovani.


«Ebbene, soldato, avete forse perso la lingua?»<br />

La donna aveva pronunciato quelle parole in un latino molto<br />

fluido e in tono ancora più imperioso rispetto a prima. Riposai il mio<br />

sguardo su <strong>di</strong> lei e le rivolsi un inchino profondo quanto me lo<br />

consentiva l'armatura.<br />

«Perdonatemi, lady. <strong>Il</strong> mio nome è Clothar. Clothar <strong>di</strong> Ganis, nato<br />

in terra franca, oltre lo stretto mare a sud della Britannia. Oggi tutti<br />

mi conoscono come Seur Clothar <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> e sono qui in nome <strong>di</strong><br />

Artù Pendragon, re della Federazione dei Pendragon, il riotamo,<br />

sommo re della Britannia Unita.»<br />

«Che <strong>di</strong>avolo <strong>di</strong> sciocchezza è questa? La Britannia non ha sommi<br />

re!» <strong>Il</strong> tono <strong>di</strong> voce era fulminante, il suo <strong>di</strong>sprezzo assolutamente<br />

palese. Ero infasti<strong>di</strong>to: cominciai a pensare che quella donna fosse<br />

davvero una stizzosa bisbetica dalla lingua pungente, come credeva<br />

Powys. Soffocai l'impulso <strong>di</strong> risponderle per le rime usando lo stesso<br />

tono detestabile e mi accontentai <strong>di</strong> correggerla in maniera severa e<br />

puntuale.<br />

«Oh, lady, invece ce l'ha: quel sommo re è Artù Pendragon. Egli è<br />

stato proclamato e incoronato riotamo dall'assemblea dei vescovi <strong>di</strong><br />

Britannia e in seguito riconosciuto tale da un numero sempre<br />

maggiore <strong>di</strong> re e sovrani in tutta la regione. Mi permettete <strong>di</strong><br />

chiedervi qual è il vostro nome?»<br />

«<strong>Il</strong> mio nome non vi deve interessare, così come a me non<br />

interessano le pretese del vostro signore. Tutto ciò che dovete sapere<br />

<strong>di</strong> me è che sono la sorella <strong>di</strong> un re confinante, Connlyn <strong>di</strong><br />

Southwall, e che sono stata fatta prigioniera mentre mi recavo a<br />

fargli visita, per sua insistenza.»<br />

«Per sua insistenza? E nonostante lo volesse, lui non vi ha<br />

nemmeno inviato una scorta a garanzia della vostra incolumità<br />

durante il viaggio?»<br />

Sembrò irrigi<strong>di</strong>rsi e si erse in tutta la sua altezza, come oltraggiata.<br />

«Frenate la vostra insolenza, giovanotto; io non ve ne ho mostrata<br />

alcuna. Come osate parlarmi con un simile tono? E poi chi siete voi<br />

per fare certe presuntuose insinuazioni?»<br />

Di nuovo pungolato dalla sua accanita ostilità, ribattei seccamente


facendo sfoggio della mia miglior voce. «Non insinuo nulla, lady. Vi<br />

siete messa in viaggio per rispondere alla chiamata <strong>di</strong> vostro fratello,<br />

lo avete ammesso voi stessa, e ora vi ritrovate qui in ostaggio, pegno<br />

<strong>di</strong> un riscatto. Mi chiedevo solo come sia potuto accadere.»<br />

La mia risposta sembrò farla esitare. Rimase in silenzio per un<br />

attimo. Quando riprese a parlare la sua voce aveva assunto un tono<br />

<strong>di</strong> gran lunga meno offensivo e altezzoso.<br />

«Mio fratello era, ed è tuttora, all'oscuro del mio arrivo» <strong>di</strong>sse. «Io<br />

e lui non ci ve<strong>di</strong>amo ormai da molti anni. Di recente aveva mandato<br />

dei messaggeri a cercarmi, voleva mettermi al corrente <strong>di</strong> questioni<br />

<strong>di</strong> grande importanza. I suoi uomini insistettero talmente perché<br />

partissi subito che alla fine, nonostante fossi <strong>di</strong> parere contrario, mi<br />

convinsero a raggiungere il Sud per incontrare mio fratello Connlyn.<br />

Mi feci accompagnare dalla mia scorta ma fummo vittime <strong>di</strong><br />

un'imboscata da parte <strong>di</strong> delinquenti agli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> quell'animale <strong>di</strong><br />

Ushmar. I miei soldati, inferiori in numero, furono tutti sterminati e<br />

noi donne condotte qui e tenute in ostaggio finché non fosse stato<br />

pagato un riscatto; poi, ci avrebbero uccise.»<br />

Non capivo. «Uccise? Perché uccidervi dopo aver ricevuto in<br />

cambio un riscatto?»<br />

Mi rispose <strong>di</strong>mostrando che mi considerava un ingenuo. «Ushmar<br />

ha sempre temuto Connlyn. Anche pagato il riscatto, non avrebbe<br />

potuto permettersi <strong>di</strong> tenerci in vita. Con mio fratello trattava per<br />

mezzo <strong>di</strong> alcuni interme<strong>di</strong>ari, in modo da mantenere segreto il<br />

proprio coinvolgimento. Non poteva rischiare <strong>di</strong> essere scoperto.<br />

Quando io e le mie donne non gli fossimo tornate più utili, la<br />

soluzione migliore sarebbe stata farci uccidere.»<br />

«Utili? In che modo?»<br />

«Poteva costringermi a scrivere alcune righe da mandare a mio<br />

fratello come prova della mia prigionia, fargli recapitare un mio <strong>di</strong>to<br />

mozzato <strong>di</strong> fresco, con i miei anelli, per <strong>di</strong>mostrare che ero ancora<br />

viva. Mi vengono in mente decine <strong>di</strong> mo<strong>di</strong> in cui avrebbe potuto<br />

usarmi durante le trattative. Ma ora non ha più importanza: lui è<br />

morto e io sono sopravvissuta.<br />

Oggi sono arrivati i Sassoni e subito dopo siete comparsi voi.


Saremo anche delle prigioniere ma non siamo né cieche né sorde.<br />

Ora voi ci libererete e ci consegnerete a mio fratello, a Southwall.»<br />

Rimasi a fissarla a bocca aperta, stupefatto dalla sua arroganza e<br />

da quel modo <strong>di</strong> fare decisamente insopportabile. Aveva senz'altro<br />

un portamento regale, ma era anche una persona per nulla<br />

gradevole. Mi sforzai <strong>di</strong> mantenere un tono <strong>di</strong> voce tranquillo e<br />

cortese.<br />

«Avete detto bene, lady» risposi. «È quanto farò. Ma solo perché è<br />

là che siamo <strong>di</strong>retti. Conosco vostro fratello. Ero suo ospite quando<br />

ci giunse la notizia dell'attacco dei Sassoni. Per poterli fermare ho<br />

dovuto viaggiare a marcia serrata. Nei giorni che abbiamo passato<br />

insieme, ho parlato a lungo con Connlyn ma non mi ha mai detto<br />

che vi stesse aspettando né ha mai accennato a un vostro mancato<br />

arrivo. Né tanto meno a una sorella, un rapimento o una domanda<br />

<strong>di</strong> riscatto.»<br />

«Perché è probabile che non ne fosse ancora al corrente.» <strong>Il</strong> suo<br />

tono <strong>di</strong> voce restava pungente e <strong>di</strong>staccato, del tutto in<strong>di</strong>fferente al<br />

fatto che conoscessi il fratello. «Ushmar ci aveva catturate meno <strong>di</strong><br />

una settimana fa, gli deve essere mancato il tempo per mettere in<br />

atto il suo turpe piano. E mio fratello Connlyn non sapeva del mio<br />

arrivo perché avevo rimandato a casa i suoi messaggeri con una<br />

risposta negativa: ho cambiato idea solo alcuni mesi dopo la loro<br />

partenza.»<br />

Ero incredulo e glielo feci presente: «Ma... Perdonatemi, lady, non<br />

riesco a capire perché non lo avete informato del vostro arrivo.<br />

Potevate farvi precedere da alcuni corrieri, almeno avrebbe saputo<br />

che stavate attraversando territori pericolosi. Sarebbe stato un<br />

semplice gesto <strong>di</strong> buon senso».<br />

La donna fece seguire al mio sfogo un lungo attimo <strong>di</strong> silenzio;<br />

poi, con mia enorme sorpresa, si allontanò dal muro e si incamminò<br />

lentamente verso <strong>di</strong> me. Passò in mezzo alle sue donne che<br />

andarono subito a sedersi su una lunga panca addossata alla parete.<br />

Benché alla mia sinistra vedessi sul pavimento sette giacigli<br />

improvvisati, in tutta la stanza c'era soltanto una se<strong>di</strong>a, una semplice<br />

e rozza seduta <strong>di</strong> legno che doveva essere a uso esclusivo della<br />

dama, chiunque lei fosse.


Non appena mi fu più vicina, notai che era molto più vecchia <strong>di</strong><br />

quanto non mi fosse parso a una prima occhiata. Doveva essere<br />

molto avanti con gli anni. Lo si capiva, soprattutto dalle mani:<br />

avevano la pelle molto sottile e chiazzata, e tremavano; ogni osso<br />

era nettamente in rilievo e le falangi delle <strong>di</strong>ta ricordavano le sezioni<br />

dell'impugnatura <strong>di</strong> bambù della mia lancia. Era decisamente anziana<br />

ma non riuscivo a darle un'età precisa. Anche il viso era scarno e<br />

profondamente segnato, mentre gli occhi brillavano ancora e gli<br />

zigomi alti erano prova, perfino al mio sguardo giovane, della sua<br />

considerevole bellezza <strong>di</strong> un tempo. Nell'incedere teneva la testa alta<br />

e il collo, benché fasciato da uno scuro velo nero che le copriva<br />

anche i capelli, era lungo e sottile. Gli occhi, <strong>di</strong> un celeste pallido<br />

erano ancora leggiadri, illuminati da un fuoco interiore, il bianco<br />

reso leggermente opaco dagli anni <strong>di</strong> vita trascorsa. Si rese conto che<br />

la stavo stu<strong>di</strong>ando e si arrestò bruscamente; poi, raddrizzando ancor<br />

più la schiena, riprese ad avanzare fino a fermarsi a un braccio da<br />

me.<br />

«Carrein,» <strong>di</strong>sse con una voce completamente <strong>di</strong>versa da quella<br />

usata fino ad allora «portami il bastone.»<br />

Una delle sue donne <strong>di</strong> servizio si alzò prontamente e, preso un<br />

lungo bastone appoggiato in un angolo, lo portò subito alla<br />

padrona. Era largo un pollice e più alto della signora. Lei lo afferrò<br />

senza sforzo e lo strinse con naturalezza nella sua mano ossuta e<br />

all'apparenza fragile. Lo osservai: non avevo mai visto niente <strong>di</strong><br />

simile. Era rivestito <strong>di</strong> corteccia ma la superficie era levigata e lucida:<br />

doveva essere molto antico. <strong>Il</strong> puntale all'estremità inferiore<br />

sembrava rivestito d'osso, mentre in alto era stata incastrata, senza<br />

visibili giunture, una larga impugnatura, talmente curva da sembrare<br />

un uncino; non sapevo <strong>di</strong> che tipo <strong>di</strong> corno si trattasse ma era<br />

intagliato con figure bizzarre.<br />

Si accorse del mio interesse e tornò a parlarmi con lo stesso tono<br />

fermo e imperioso che aveva usato per rivolgersi alla donna <strong>di</strong> nome<br />

Carrein.<br />

«È un cruik» <strong>di</strong>sse. «I nostri pastori lo usano per bloccare e<br />

trattenere le pecore.» Poi, inaspettatamente, spinse l'uncino in avanti<br />

fino ad afferrarmi la nuca ma l'incavo era troppo stretto per


consentirle una vera presa. «<strong>Il</strong> cruik serve ad agganciare le pecore al<br />

collo e a tenerle ferme per qualunque necessità. Si tratta <strong>di</strong> solito <strong>di</strong><br />

un attrezzo lavorato piuttosto grossolanamente, in corno d'ariete:<br />

viene bollito fino a renderlo malleabile e poi modellato a<br />

piacimento. Essendo una regina ne possiedo uno speciale, decorato<br />

secondo i miei gusti.»<br />

Non sapevo come reagire a quel gancio che avevo al collo, e<br />

dall'espressione <strong>di</strong> quella donna capii che provava un certo piacere<br />

nel vedermi così incerto; poi, dolcemente, mi costrinse ad abbassare<br />

la testa, per parlarmi sottovoce.<br />

«Vi ho giu<strong>di</strong>cato male quando siete entrato. Ora che vi vedo<br />

meglio sembrate un giovane ragionevole, ben educato e dai buoni<br />

propositi. I miei vecchi occhi non sono più capaci <strong>di</strong> vedere lontano,<br />

come un tempo.» Si interruppe, per poi riprendere con il medesimo,<br />

delicato, tono <strong>di</strong> voce. «Non ho voluto annunciare a mio fratello la<br />

mia partenza perché non siamo mai stati in buoni rapporti e tra <strong>di</strong><br />

noi non esiste il minimo affetto. La verità è che non sono <strong>di</strong>sposta, e<br />

mai lo sarò, a concedergli un briciolo <strong>di</strong> fiducia. È sempre stato<br />

egoista e ambizioso; non si è mai curato <strong>di</strong> chi aveva intorno,<br />

familiari o sconosciuti che fossero. Ho ritenuto più opportuno<br />

raggiungere i suoi posse<strong>di</strong>menti senza farmi annunciare. In questo<br />

modo, ho pensato, non avrà il tempo <strong>di</strong> preparare eventuali...<br />

macchinazioni in vista del mio arrivo.<br />

Ma non mi farebbe alcun male» si affrettò ad aggiungere, notando<br />

lo sguardo allarmato che le sue ultime parole avevano suscitato in<br />

me. «Un'idea del genere non gli passerebbe mai per la testa, e<br />

nemmeno a me. Non ho alcun timore che egli possa mettere in<br />

pericolo la mia incolumità. Conoscendolo, però, so che sarebbe<br />

capace <strong>di</strong> sfruttarmi per i suoi interessi o per ottenere qualche nuovo<br />

beneficio. Ecco perché non ho voluto dargli il tempo <strong>di</strong> prepararsi<br />

per quello che ha in mente. Capite, giovanotto, quello che intendo<br />

<strong>di</strong>re?»<br />

Annuii goffamente e lei abbassò la cima ossuta del bastone,<br />

lasciandomi libero <strong>di</strong> risollevare la testa. Mi tastai il collo, ancora<br />

indolenzito dal peso del cruik, e mi sforzai <strong>di</strong> abbozzare un mezzo<br />

sorriso.


«Cosa volete dunque che faccia, mia signora?»<br />

«Soltanto che mi offriate, magister, un salvacondotto per<br />

raggiungere la <strong>di</strong>mora <strong>di</strong> mio fratello. Le guar<strong>di</strong>e che avevo portato<br />

con me dal Nord sono tutte morte e quanto possedevo mi è stato<br />

rubato da quell'abominevole re.»<br />

«Allora le vostre proprietà saranno ancora qui, mia signora,<br />

nascoste da qualche parte. Come avete detto voi stessa, a Ushmar,<br />

dopo avervi catturato, deve essere mancato il tempo o il modo <strong>di</strong><br />

sistemare le cose. Or<strong>di</strong>nerò ai miei uomini <strong>di</strong> setacciare subito l'intero<br />

forte; tutto quello che verrà alla luce sarà sottoposto a mia ispezione<br />

domani mattina. Voi, se vorrete, potrete accompagnarmi e<br />

reclamare ciò che riconoscerete come vostro.»<br />

Chinò leggermente la testa. «Grazie, è davvero generoso da parte<br />

vostra.» Lanciò un'occhiata alle donne che erano rimaste con gli<br />

occhi bassi per garantirci un po' <strong>di</strong> riservatezza. «Le mie aiutanti non<br />

mangiano da mezzogiorno. Credete che i vostri uomini possano<br />

procurare loro del cibo?»<br />

«Certo. Nelle cucine c'è del cibo ancora caldo da prima del nostro<br />

arrivo. Farò in modo che vi sia portato imme<strong>di</strong>atamente. E troverò<br />

per tutte voi un posto più adatto per dormire.»<br />

Guardò i loro giacigli per la notte. «No, non ce ne sarà alcun<br />

bisogno. È troppo tar<strong>di</strong> e del resto staremo qui solo un'altra notte.<br />

Ci sistemeremo come abbiamo già fatto in precedenza, se non vi<br />

spiace. Invece, se lo riterrete opportuno, potreste lasciare alcune<br />

delle vostre guar<strong>di</strong>e davanti alla porta. Sarebbe una piacevole<br />

novità; la loro presenza ci permetterebbe <strong>di</strong> dormire più<br />

serenamente.»<br />

«Resteranno, mia signora, così dormirete sonni tranquilli. Ora, se<br />

volete perdonarmi, devo lasciarvi. Mi occuperò <strong>di</strong> procurarvi del<br />

cibo. Riposate bene; tornerò da voi domattina.» Esitai un istante, poi<br />

in<strong>di</strong>cai le coperte e i materassi. «Sono vostri?»<br />

«Volete <strong>di</strong>re, se li abbiamo portati noi? Per gli dèi, no <strong>di</strong> certo! Ce<br />

li hanno... forniti; per questa notte andranno più che bene ma<br />

quando ce ne andremo non li porteremo certo via. Quanto è<br />

<strong>di</strong>stante da qui la <strong>di</strong>mora <strong>di</strong> mio fratello?»


«Non molto. Se andrà tutto per il meglio, la raggiungeremo<br />

dopodomani, al tramonto. Nel frattempo avrete a <strong>di</strong>sposizione delle<br />

brande e biancheria pulita: ne abbiamo portate <strong>di</strong> scorta. Prima<br />

ancora che me lo chie<strong>di</strong>ate, vi assicuro che non informerò vostro<br />

fratello che state viaggiando con noi.»<br />

Sorrise per la prima volta e mi batté un piccolo colpo sulle spalle<br />

con il suo cruik. «Eccellente. Mi avete davvero fatto un'ottima<br />

impressione. Come avete detto che vi chiamate?»<br />

«Clothar <strong>di</strong> Ganis, mia signora.»<br />

«Ah, sì, in Gallia, vero?»<br />

«Sì, mia signora.»<br />

«Siete davvero molto lontano da casa, giovane lord Clothar.<br />

Dormite bene.»


IV<br />

E invece non dormii affatto bene, cosa piuttosto insolita per me.<br />

O meglio, non dormii per niente. Preoccupato per quanto sarebbe<br />

accaduto il mattino successivo, rimasi sveglio quasi tutta la notte,<br />

appisolandomi soltanto a tratti. Quando Bors entrò nella mia stanza,<br />

molto prima dell'alba, come gli era stato or<strong>di</strong>nato, mi trovò già<br />

sveglio. Vi<strong>di</strong> avvicinarsi la luce della candela che teneva in mano. Per<br />

paura <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbare il mio sonno prima del dovuto, il mio scu<strong>di</strong>ero<br />

avanzava cauto e silenzioso nella stanza, tenendo il lume schermato<br />

con l'incavo della mano.<br />

«Non tirarla tanto per le lunghe, sono sveglio» gli <strong>di</strong>ssi, facendolo<br />

sobbalzare, al punto che la candela gli cadde quasi <strong>di</strong> mano.<br />

Scostai coperte e lenzuola e prima <strong>di</strong> alzarmi definitivamente<br />

rimasi con i pie<strong>di</strong> sospesi sulle pietre gelide del pavimento, in cerca<br />

dei calzettoni <strong>di</strong> lana che stupidamente mi ero tolto durante la notte<br />

<strong>di</strong> veglia. Erano l'unico privilegio che da buon franco mi concedevo<br />

per proteggermi dall'umi<strong>di</strong>tà che in quelle lunghe notti britanniche<br />

mi ghiacciava le ossa e alle volte trasformava i miei pie<strong>di</strong> in blocchi<br />

<strong>di</strong> ghiaccio senza vita. «Quanto manca all'alba?»<br />

«Un'ora, magister, come avevate chiesto. Seur Tristano sarà qui tra<br />

poco e anche Powys, Anacis, Morgan e quel Lanar.» Bors finì <strong>di</strong><br />

accendere nella stanza anche l'ultima candela; poi tornò in fretta alla<br />

porta, dove si chinò per prendere la brocca d'acqua calda che aveva<br />

lasciato fuori in precedenza.<br />

«Quando hai detto loro <strong>di</strong> venire qui?»<br />

«Alle prime luci dell'alba, magister.»<br />

«No, intendevo quando li hai avvertiti.»<br />

Sul suo volto era palese lo stupore per una simile domanda. «Ieri<br />

sera, magister, non appena vi siete ritirato.»<br />

«Sei riuscito a riposare?»


«A sufficienza, magister.»<br />

«Non ti credo» <strong>di</strong>ssi. «Dammi quell'affare e preparami l'armatura<br />

<strong>di</strong> Germano.» Gli presi la brocca <strong>di</strong> mano; nel gelo premattutino che<br />

invadeva la stanza ne apprezzai subito il calore. Mentre versavo<br />

l'acqua fumante nella bacinella per lavar via il sonno dal viso sentii<br />

Bors, alle mie spalle, che apriva la cassa dove era custo<strong>di</strong>ta la mia<br />

armatura da parata, e tirava fuori la sontuosa attrezzatura regalatami<br />

anni prima dal mio vecchio mentore. Adesso mi calzava alla<br />

perfezione; me l'ero portata <strong>di</strong>etro in questa campagna militare al<br />

solo scopo <strong>di</strong> indossarla alla presenza <strong>di</strong> Connlyn: volevo<br />

rammentargli, in occasione della mia visita, chi rappresentavo e la<br />

sua potenza. Avevo tuttavia deciso <strong>di</strong> utilizzarla anche quel giorno<br />

per ottenere lo stesso effetto anche con i Sassoni, prima <strong>di</strong> lasciarli<br />

liberi. Mentre mi asciugavo, Bors aveva steso sul letto un cambio<br />

completo <strong>di</strong> biancheria pulita - tunica, mutande e brache lunghe al<br />

ginocchio - e ora stava lucidando con la pelle <strong>di</strong> camoscio i miei<br />

stivali marroni, nonostante in tutte quelle settimane non avessero<br />

visto un solo granello <strong>di</strong> polvere.<br />

Mi vestii in fretta, godendomi la sensazione <strong>di</strong> freschezza <strong>di</strong> quegli<br />

abiti appena lavati. Mentre mi allacciavo in vita una stretta cintura<br />

per rimborsare la tunica e farla salire fin sopra le ginocchia, Bors<br />

reggeva il mio corsetto corazzato, leggero come una piuma, pronto<br />

ad assistermi con le fibbie che cucite appena sotto il braccio, erano<br />

<strong>di</strong>fficili per me da raggiungere. Quando, con nostra reciproca<br />

sod<strong>di</strong>sfazione, ogni cosa andò al suo posto egli sollevò il mantello<br />

bianco, tutto ricamato d'oro sulla schiena, che completava la <strong>di</strong>visa e<br />

il pennacchio con le insegne della casata <strong>di</strong> Germano e della Roma<br />

imperiale. Lo indossai, scrollai le spalle per sistemarmelo bene<br />

addosso e lasciai che Bors lo drappeggiasse in modo da valorizzarlo<br />

al massimo. Quando ebbe finito fece un passo in<strong>di</strong>etro e si fermò a<br />

guardarmi criticamente: i suoi occhi non tralasciavano mai il minimo<br />

particolare. Poi, finalmente, con un cenno del capo, mostrò la sua<br />

approvazione. Gli sorrisi.<br />

«Lo sai, vero, il motivo per cui oggi indosso questa <strong>di</strong>visa?» gli<br />

chiesi.<br />

I suoi occhi erano ancora impegnati a controllare il risultato del


suo lavoro; piegato su un ginocchio si mise a raddrizzare la fibbia <strong>di</strong><br />

uno dei miei gambali da cerimonia. «Certo, magister. Per mostrare ai<br />

Sassoni con cosa hanno a che fare: gran<strong>di</strong> poteri e gran<strong>di</strong> capacità.»<br />

«Ricchezza, è questo che inten<strong>di</strong>?»<br />

«No, signore, molto <strong>di</strong> più.» Finì <strong>di</strong> aggiustare la fibbia e con un<br />

sopracciglio alzato fece ancora un passo in<strong>di</strong>etro e mi stu<strong>di</strong>ò<br />

un'ultima volta. «È il potere quello che più conta. <strong>Il</strong> potere dato dal<br />

possedere mezzi e capacità: artigiani capaci <strong>di</strong> fabbricare armature<br />

come questa, indumenti come il vostro mantello e armi come quelle<br />

che portate. La ricchezza consente certo <strong>di</strong> perseguire molte cose ma<br />

è la capacità <strong>di</strong> fabbricarle che <strong>di</strong>stingue gli uomini pensanti dai<br />

selvaggi.» Guardai il mio giovane scu<strong>di</strong>ero con stupore - era due anni<br />

più giovane <strong>di</strong> me, ma non lo sembrava affatto - e dentro <strong>di</strong> me<br />

sorrisi, conquistato dalla maturità del suo ragionamento e<br />

ripensando alle tante altre volte in cui mi aveva sorpreso con il suo<br />

acume.<br />

«Mmm. Non ci avevo pensato ma hai perfettamente ragione.<br />

Basta ora con le cerimonie. Sono già frastornato a sufficienza. Vai,<br />

trovami gli altri, e se sono già pronti conducili qui. È ancora presto,<br />

ma sono già pronto a cominciare.»<br />

«Sì, magister.» Se ne andò senza alzare lo sguardo.<br />

<strong>Il</strong> giovane Bors aveva fatto molta, molta strada dal giorno in cui<br />

dalla Gallia eravamo sbarcati in Britannia. A quei tempi era una<br />

semplice recluta alle prime armi, volenteroso ma tutt'altro che<br />

<strong>di</strong>sciplinato. Aveva la tendenza a compatirsi per le dolorose<br />

esperienze cui la vita, in passato, lo aveva sottoposto. Intollerante<br />

verso qualsiasi autorità, una volta terminata la scuola, fu affidato alle<br />

mie personali cure da Tiberio Catone e da Germano in persona, che<br />

erano certi gli avrebbe fatto bene essere sottoposto a un duro<br />

appren<strong>di</strong>stato e a una ferrea <strong>di</strong>sciplina. Così, volendo rispondere<br />

della fiducia concessagli, abbandonò le vesti <strong>di</strong> scontroso zoticone<br />

cui sembrava destinato e si <strong>di</strong>mostrò entusiasta <strong>di</strong> apprendere tutto<br />

ciò che Perceval, Tristano e io, in quei cinque anni, eravamo stati in<br />

grado <strong>di</strong> insegnargli. Senza rendersene conto, era <strong>di</strong>ventato un<br />

eccellente soldato. Avevo raccomandato ad Artù <strong>di</strong> includerlo nel<br />

gruppo dei futuri aspiranti al nuovo or<strong>di</strong>ne dei cavalieri della Tavola


Rotonda e già assaporavo, impaziente, il momento in cui gli avrei<br />

comunicato la sua imminente nomina. Alla fine <strong>di</strong> quell'anno lo<br />

scu<strong>di</strong>ero Bors sarebbe <strong>di</strong>ventato Seur Bors, benedetto e nobilitato<br />

dal tocco benevolo <strong>di</strong> Excalibur, la spada del re, poggiata<br />

cerimoniosamente prima su una spalla, poi sull'altra. Avrebbe<br />

ottenuto un nuovo status, nuove responsabilità, un nuovo rango,<br />

annunciati solennemente e riconosciuti da tutti i presenti; poi speroni<br />

d'argento, che d'ora in avanti egli avrebbe indossato con orgoglio e<br />

l'acclamazione pubblica del suo cavalierato.<br />

Mentre, affacciato a una finestra, osservavo il cielo che si<br />

rischiarava, ringraziando Dio per non aver fatto piovere, Bors tornò<br />

accompagnato da Anacis e Morgan, i miei due comandanti <strong>di</strong><br />

fanteria, seguiti a breve <strong>di</strong>stanza da Powys e Lanar. Tristano, che<br />

aveva assunto il comando dei miei due reparti <strong>di</strong> cavalleria, arrivò<br />

pochi istanti dopo, scusandosi per il ritardo. Lanciai un'ultima<br />

occhiata dalla finestra: l'alba ra<strong>di</strong>osa illuminava un cielo che si<br />

preannunciava senza nuvole. Immaginai l'attività che ci attendeva<br />

quel mattino, una pura messa in scena, lo spettacolo degno <strong>di</strong> un<br />

ippodromo. Ma era necessaria, e con la pioggia torrenziale delle<br />

ultime settimane non avrei potuto realizzarla come volevo.<br />

Con un passo mi allontanai dalla finestra, pronto a spiegare nei<br />

dettagli l'agenda del giorno e a rispondere a tutte le loro<br />

comprensibili curiosità riguardo all'evento <strong>di</strong> quella mattina.<br />

Comunicai le ragioni che mi avevano indotto a realizzare<br />

quell'impresa e poi, interrogandoli uno per uno, mi assicurai che<br />

sapessero davvero cosa mi aspettavo da loro. Infine, poiché avevano<br />

a loro volta incarichi e or<strong>di</strong>ni da dare, li congedai e de<strong>di</strong>cai la mia<br />

attenzione al caldo porridge <strong>di</strong> avena che Bors mi aveva portato. Era<br />

stato insaporito con miele liquido e cremosa panna fresca: mi bastò<br />

il primo delizioso boccone per rendermi conto <strong>di</strong> quanto ero<br />

affamato.<br />

Dopo aver mangiato, indossai l'elmo e mi avviai verso i bastioni<br />

che dominavano l'ingresso orientale della fortezza. Incontrato per<br />

strada un soldato <strong>di</strong> passaggio lo mandai a chiamare Dynas perché<br />

mi raggiungesse sulle mura.<br />

Dynas rappresentava una delle mie maggiori risorse: era un


amministratore nato e un fidato custode <strong>di</strong> documenti. A malapena<br />

letterato, nel senso più comune del termine, <strong>di</strong>mostrava tuttavia<br />

grande affinità con liste e numeri, e una capacità <strong>di</strong> gestire conti e<br />

inventari al livello <strong>di</strong> un mercante banchiere. Malgrado avesse fatto<br />

lo sguattero dall'età <strong>di</strong> nove anni e non avesse conosciuto un solo<br />

giorno <strong>di</strong> scuola regolare, era riuscito a raggiungere il vertice della<br />

gerarchia del personale addetto agli approvvigionamenti.<br />

Nell'ambito del suo vasto impero burocratico non c'era nulla che<br />

potesse sfuggirgli. Era capace <strong>di</strong> registrare mentalmente il totale delle<br />

risorse su base settimanale e <strong>di</strong> ricordarsi quello che si era prefissato<br />

nei particolari, pronto a snocciolare dati a richiesta, senza la minima<br />

esitazione. Conosceva esattamente le risorse <strong>di</strong>sponibili, in uomini,<br />

cavalli, equipaggiamenti, armature e armi o, nel caso dei mezzi <strong>di</strong><br />

trasporto, <strong>di</strong> cavalli freschi, selle e finimenti, provviste <strong>di</strong> scorta e<br />

tutti i vari beni accessori in nostro possesso. Inoltre, benché<br />

occupasse una posizione che avrebbe potuto farlo arricchire<br />

facilmente, era affidabile e onesto come pochi. Dynas rappresentava<br />

il più grande e favoloso dei tesori, una perla inestimabile, e io lo<br />

apprezzavo, lo rispettavo e lo trattavo da amico, cosa che lo rese<br />

unico sia agli occhi dei suoi pari sia a quelli dei suoi subor<strong>di</strong>nati.<br />

Quando, in cima alle mura, mi misi a guardare il paesaggio, sentii<br />

avvicinarsi i suoi passi appesantiti dagli stivaloni da cavalleria. Con<br />

una mano gli feci segno <strong>di</strong> fermarsi. Rallentò e mi raggiunse. Preso<br />

posto al mio fianco, si affacciò per vedere cosa stessi guardando,<br />

appoggiandosi con le mani al bordo del parapetto.<br />

«Avete un aspetto decisamente signorile questa mattina nella<br />

vostra ricca <strong>di</strong>visa, magister franco. Cosa sta succedendo?» Egli mi<br />

chiamava col titolo <strong>di</strong> magister, o altro, solo <strong>di</strong> rado e in circostanze<br />

formali.<br />

«I prigionieri: dobbiamo dare loro una <strong>di</strong>mostrazione del potere<br />

<strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>.»<br />

Dynas non chiese altro e si accontentò <strong>di</strong> scoprire da solo quello<br />

che stava succedendo. Facevano uscire i prigionieri dall'ingresso<br />

orientale, <strong>di</strong>visi in due colonne; ogni uomo era legato a chi aveva<br />

davanti e <strong>di</strong>etro con una lunga fune fatta scorrere attraverso i lacci ai<br />

polsi. Impacciati dalle corde i prigionieri camminavano goffamente,


ma senza troppe <strong>di</strong>fficoltà, tenendo le braccia legate da un lato. File<br />

<strong>di</strong> guar<strong>di</strong>e armate li stavano scortando fino a un lieve pen<strong>di</strong>o erboso<br />

sul quale secoli ad<strong>di</strong>etro erano stati spianati un terreno da parata e<br />

un'area <strong>di</strong> addestramento. Ora la superficie era invasa dall'erba, ma<br />

al tempo <strong>di</strong> Roma, non più <strong>di</strong> cinquantanni prima, era una <strong>di</strong>stesa<br />

brulla <strong>di</strong> solida terra battuta, utilizzata quoti<strong>di</strong>anamente. <strong>Il</strong> pen<strong>di</strong>o<br />

che scendeva dalla porta est terminava in una specie <strong>di</strong> rampa che in<br />

passato era stata una tribuna per le ispezioni; era lì che, seguendo le<br />

mie in<strong>di</strong>cazioni, le guar<strong>di</strong>e avrebbero fatto sedere in riga i<br />

prigionieri, proprio davanti alla <strong>di</strong>stesa per le parate.<br />

«Abbiamo trovato una prigioniera, una nobile. Tornerà alla corte<br />

<strong>di</strong> Connlyn con noi. È sua sorella ma non ne conosco il nome.<br />

Quando vi rivolgete a lei chiamatela semplicemente "mia signora".<br />

Ushmar, il re morto ieri, l'ha rapita, rubandole tutti i beni che aveva<br />

con sé. Credo si trovino ancora qui. Powys ha consegnato quanto<br />

rinvenuto dai suoi uomini ieri notte setacciando il posto?»<br />

Annuì. «Sì. In attesa del vostro arrivo lo hanno sistemato nella sala<br />

principale.»<br />

«Non ho tempo, ora. C'è qualcosa che vale la pena conservare?»<br />

«Ai vostri occhi o ai miei? C'è ben più <strong>di</strong> qualcosa, hanno<br />

accumulato veri tesori. Un bottino. Quel maledetto bastardo doveva<br />

davvero essere un ladro incontentabile. Altrimenti, vivendo in un<br />

posto come questo, non avrebbe mai potuto ammassare una tale<br />

quantità <strong>di</strong> metalli preziosi e gioielli.»<br />

Gli sorrisi ironico. «Non aspettarti un'obiezione da me. Controlla<br />

tu stesso quanto trovato e conserva ciò che cre<strong>di</strong> possa avere valore<br />

per noi a <strong>Camelot</strong>. Prima, però, conduci la signora dove hanno<br />

depositato il tutto e permettile <strong>di</strong> riprendersi quello che riconoscerà<br />

come sua proprietà. Non siamo ladri e alcuni <strong>di</strong> quei beni le<br />

appartengono. E se anche dovesse imbrogliare, non <strong>di</strong>venteremo più<br />

poveri per questo.<br />

Poi procurati altri mezzi <strong>di</strong> trasporto, qualunque cosa riuscirai a<br />

trovare nei <strong>di</strong>ntorni, purché abbia delle ruote. Ci vorrà già solo un<br />

carro per trasportare tutte quelle armi. Ho promesso <strong>di</strong> restituirle ai<br />

prigionieri quando li libereremo.»


Dynas mi guardò fisso negli occhi, incredulo. «È un gesto molto<br />

generoso il vostro,» <strong>di</strong>sse «ma qualcuno potrebbe anche trovarlo<br />

stupido.»<br />

«Lasciateglielo <strong>di</strong>re, amico mio. Quei prigionieri sono messaggeri<br />

importanti per il futuro <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>. È per questo che oggi offriremo<br />

loro uno spettacolo. Voglio che tornino a casa con qualcosa da<br />

raccontare... e se dovessi lasciarli liberi senza armi non<br />

sopravvivrebbero. Non credo che gli abitanti dei paraggi nutrano un<br />

grande affetto per loro.<br />

Ancora un'altra cosa: la signora ha con sé cinque dame <strong>di</strong><br />

compagnia, ciò significa che dovremo trasportare in totale sei donne<br />

degne <strong>di</strong> rispetto. Soltanto una è vecchia, ma non possiamo<br />

comunque aspettarci che camminino al passo con noi, quin<strong>di</strong><br />

procurati un carro anche per loro. Non mi stupirei se ce ne fosse<br />

qualcuno nei depositi <strong>di</strong> Ushmar. Se fosse così, inseriscili nel tuo<br />

rapporto, e chie<strong>di</strong> a un aiutante <strong>di</strong> Powys <strong>di</strong> metterli in lista. Se non<br />

li troverete, sarai costretto a improvvisare.<br />

E in ultimo, occupati delle donne e dei bambini fatti schiavi dai<br />

Sassoni. Alcune <strong>di</strong> loro avranno parenti nelle vicinanze e potrebbero<br />

decidere <strong>di</strong> rimanere; i loro uomini sono senz'altro tutti morti, è<br />

preve<strong>di</strong>bile che almeno la metà non abbia più un posto dove<br />

andare; in tal caso le porteremo con noi fino alle terre <strong>di</strong> Connlyn.<br />

La gente <strong>di</strong> lì ne sarà contenta. Dove ci sono gran<strong>di</strong> lavoratori c'è<br />

sempre un posto per una donna. Per questo, però, ci serviranno altri<br />

mezzi <strong>di</strong> trasporto. Non dovranno necessariamente essere lussuosi, in<br />

nessuno dei tre casi. Se non riuscirai a trovare <strong>di</strong> meglio, i carretti<br />

delle fattorie andranno benissimo. Ben inteso, sempre che abbiano<br />

ruote funzionanti.» Ripassai mentalmente i punti della mia lista.<br />

«Credo sia tutto. Domande?»<br />

«Cosa stanno facendo con quella porta?»<br />

Guardai in basso: un drappello <strong>di</strong> soldati <strong>di</strong> fanteria circondava un<br />

massiccio carro nel tentativo <strong>di</strong> manovrarlo in <strong>di</strong>scesa lungo il<br />

pen<strong>di</strong>o alle spalle dei prigionieri. Cercavano <strong>di</strong> tenerlo in equilibrio<br />

per non far cadere l'antica porta <strong>di</strong> legno <strong>di</strong> quercia, enorme e<br />

pesante, che stavano trasportando. La notte prima avevo notato che<br />

all'ingresso del praesi<strong>di</strong>um, il quartiere militare del vecchio forte,


c'era una porta spalancata che poggiava su un car<strong>di</strong>ne rotto. Dynas,<br />

intanto, mi stava fissando, gli risposi con un mezzo sorriso.<br />

«So cosa farne. Lo scoprirai presto.»<br />

«Va bene. Torniamo al bottino. Vi <strong>di</strong>spiace se tengo per me i<br />

gioielli più preziosi? Ho un debole per le pietre che luccicano.»<br />

Gli sorrisi. «Puoi averne uno: sceglilo e poi mostramelo. Così sarò<br />

in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>fenderti se qualcuno ti accuserà <strong>di</strong> furto. È un mio<br />

regalo. E se ne troverai <strong>di</strong> ceramica o <strong>di</strong> legno, tieni anche quelli.<br />

Devo prepararmi ora. Vai a fare il tuo dovere.»<br />

Chinò il capo, facendo un tenue sorriso. Poi, senza aggiungere<br />

altro, si allontanò con l'andatura <strong>di</strong> chi è nato e cresciuto in un<br />

campo da parate. Lo guardai andarsene, anch'io sorridendo: ero<br />

assolutamente certo che non avrebbe riven<strong>di</strong>cato per sé un solo<br />

gioiello, ma se lo avesse fatto avrebbe comunque avuto la mia<br />

bene<strong>di</strong>zione.


V<br />

Lo spettacolo che si presentò ai miei occhi, meno <strong>di</strong> un'ora più<br />

tar<strong>di</strong>, su quel campo da parata invaso dall'erba davanti al forte <strong>di</strong><br />

Luguvallium, non fece che rievocare l'immagine <strong>di</strong> un ippodromo. Vi<br />

ero stato soltanto due volte, da ragazzo, ad Auxerre, la città <strong>di</strong><br />

Germano, ma ricordavo ancora l'atmosfera solenne e irreale che<br />

aveva caratterizzato quell'appassionante rappresentazione: ero sicuro<br />

che l'evento <strong>di</strong> quel giorno non sarebbe stato molto <strong>di</strong>verso.<br />

<strong>Il</strong> decurione a guar<strong>di</strong>a dei prigionieri aveva or<strong>di</strong>nato loro <strong>di</strong><br />

trovare e consegnargli l'uomo più piccolo del gruppo; in realtà le<br />

guar<strong>di</strong>e lo avevano già in<strong>di</strong>viduato e opportunamente sistemato in<br />

fondo alla fila per liberarlo in fretta dalle catene.<br />

Non ero presente in quel momento ma i miei or<strong>di</strong>ni erano stati<br />

precisi, e potei figurarmi l'ansia e l'apprensione che si <strong>di</strong>ffondevano<br />

tra gli ostaggi mentre il piccoletto, terrorizzato, veniva condotto via<br />

a forza e <strong>di</strong>steso sopra l'enorme porta del praesi<strong>di</strong>um. L'avevano<br />

sistemato sopra l'enorme tavola, alta quasi quanto due uomini, con<br />

le spalle centrate sull'asse me<strong>di</strong>ano mentre la testa si trovava a non<br />

più <strong>di</strong> tre spanne, un piede e mezzo, dal bordo superiore della<br />

porta. Un altro dei miei uomini, un carpentiere della squadra che<br />

aveva trasportato il carro, si era messo a contornare la sagoma<br />

dell'uomo con un gesso; poi tracciò una riga sotto ai pie<strong>di</strong> del<br />

malcapitato, lasciando la stessa <strong>di</strong>stanza che c'era tra la testa e il<br />

bordo superiore della porta; quin<strong>di</strong>, il prigioniero raggiunse i<br />

compagni prigionieri.<br />

<strong>Il</strong> carpentiere aveva appoggiato a terra il gesso e si preparava ora<br />

ad applicare sulla porta uno strato <strong>di</strong> calce dalla linea inferiore che<br />

aveva segnato fino al bordo superiore, fermandosi soltanto in<br />

coincidenza dei contorni dell'uomo. Quando ebbe finito, la sagoma<br />

scura del prigioniero spiccò sull'ampio sfondo biancheggiante.<br />

La fase successiva vide al lavoro un'intera squadra <strong>di</strong> uomini: con


pale e picconi si erano messi a scavare una buca stretta e profonda<br />

all'estrema destra della fila <strong>di</strong> spettatori, che ora si era lasciata<br />

prendere da risate nervose. Fecero affondare nella buca la base della<br />

porta <strong>di</strong>pinta e la ancorarono saldamente a terra, ricolmando la<br />

fossa. Ora stava in pie<strong>di</strong>, con la sagoma al centro visibile a tutti i<br />

prigionieri.<br />

Preparato lo scenario, lanciai un segnale ai quattro trombettieri e<br />

quando il suono penetrante dei loro corni si librò nell'aria, sentii<br />

impartire gli or<strong>di</strong>ni alle mie spalle. Seguì imme<strong>di</strong>atamente un<br />

rimbombare <strong>di</strong> passi cadenzati, una marcia: le nostre due formazioni<br />

<strong>di</strong> fanteria, ciascuna composta da un centinaio <strong>di</strong> uomini incolonnati<br />

otto per volta, si erano mosse e stavano uscendo dalla porta est<br />

scortate dai rispettivi ufficiali. I loro stivali chiodati si alzavano e si<br />

abbassavano all'unisono, al ritmo dei tamburini che gli marciavano<br />

davanti.<br />

Quando l'ultima schiera <strong>di</strong> soldati in marcia attraversò la soglia,<br />

feci segno alla cavalleria <strong>di</strong> avanzare e la lunga colonna <strong>di</strong> uomini<br />

appaiati si staccò dalla porta nord: una parte si <strong>di</strong>resse verso est,<br />

un'altra poi verso ovest, andando a formare un ampio tre quarti <strong>di</strong><br />

cerchio, un massiccio e <strong>di</strong>sciplinato muro <strong>di</strong> cavalli e <strong>di</strong> cavalieri<br />

armati, che avanzò fino a fronteggiare il gruppo dei prigionieri.<br />

Powys e i suoi cinquanta arcieri intanto uscivano da est. Scesero<br />

schierati in file da cinque e si fermarono a destra dei prigionieri, <strong>di</strong><br />

fronte alla porta sistemata in verticale, a duecento passi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza;<br />

quin<strong>di</strong>, si <strong>di</strong>sposero in blocchi compatti, cinque da una parte, <strong>di</strong>eci<br />

dall'altra.<br />

Vi<strong>di</strong>, infine, Dynas e i suoi uomini lavorare intensamente alla<br />

sistemazione del convoglio e all'evacuazione del forte. Agitai la<br />

mano dalla sua parte e feci cenno a Bors, che reggeva il mio<br />

stendardo, e a Lanar <strong>di</strong> accompagnarmi. Con un colpo <strong>di</strong> tacco<br />

spronai il cavallo a raggiungere la formazione degli arcieri, mi misi in<br />

testa a essa e avanzai fino all'area della parata. Una volta lì, cambiai<br />

<strong>di</strong>rezione e con i miei due compagni puntai il centro della colonna <strong>di</strong><br />

prigionieri seduti e mi fermai esattamente <strong>di</strong> fronte a loro. Gli altri<br />

due cavalieri si allinearono al mio fianco, Bors alla mia destra. Avevo<br />

calcolato alla perfezione i miei tempi d'arrivo. Tristano e la cavalleria


si fermarono alle mie spalle, a una cinquantina <strong>di</strong> passi, mentre la<br />

fanteria si era già raggruppata in formazione su tre lati. Cinquanta<br />

uomini a destra dei prigionieri e cinquanta a sinistra e un centinaio in<br />

doppia fila, allineati alle loro spalle. Guardavo i prigionieri: nessuno<br />

fiatava; la maggior parte aveva l'aria decisamente spaventata. Legati<br />

com'erano, per riuscire a vedere i soldati che in silenzio si erano<br />

appostati alle loro spalle, erano costretti a contorcersi; poi<br />

guardavano me, chiedendosi come e quando avrei dato l'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

massacrarli. Lasciai loro il tempo <strong>di</strong> fissare nella mente ogni dettaglio<br />

sul mio aspetto, quin<strong>di</strong> mi sfilai l'elmo e cominciai il mio <strong>di</strong>scorso,<br />

con Lanar pronto a tradurre le mie parole con <strong>di</strong>sinvoltura.<br />

«Qualcuno <strong>di</strong> voi potrebbe, forse, essersi convinto che quanto<br />

successo ieri sera sia stata semplice sfortuna. Che se il destino vi<br />

avesse dato il minimo segnale del nostro arrivo, avreste potuto<br />

batterci. Vi sbagliate. Guardatevi intorno, come avete fatto la notte<br />

scorsa alla fine dei combattimenti. Allora vedeste i miei arcieri<br />

piazzati lungo i muri e sopra le travi: i vostri capi erano già morti e<br />

con loro più <strong>di</strong> una ventina <strong>di</strong> vostri compagni. Quella che vi si parò<br />

davanti non era che una piccola parte dei soldati e dei cavalieri che<br />

vi circondano ora; mentre noi vi sconfiggevamo, gli altri erano<br />

rimasti fuori, inutilizzati.<br />

Inutilizzati, vi <strong>di</strong>co. Eppure erano lì, pronti a combattere.» Alzai la<br />

mano nel segnale convenuto e la cavalleria alle mie spalle cominciò<br />

a muoversi secondo uno schema rigidamente <strong>di</strong>sciplinato che a<br />

<strong>Camelot</strong> faceva parte della nostra quoti<strong>di</strong>ana pratica <strong>di</strong><br />

addestramento: ma nessuno degli uomini seduti sul terrapieno<br />

sapeva che stava assistendo a una semplice esercitazione, e quando i<br />

soldati a cavallo si <strong>di</strong>visero in due semicerchi lasciando al centro un<br />

nucleo immobile <strong>di</strong> sei uomini, rimasero tutti a bocca aperta. Le due<br />

ali cominciarono ad avanzare fino a incrociarsi e a compenetrarsi<br />

ripetutamente una nell'altra in perfetta simmetria, cambiando<br />

<strong>di</strong>rezione all'improvviso senza che gli venisse detta una sola parola.<br />

Per tutta la <strong>di</strong>mostrazione i cavalli non si intralciarono né si<br />

sfiorarono mai e quando arrivarono a pochi passi da me si<br />

ri<strong>di</strong>sposero a semicerchio rioccupando la posizione <strong>di</strong> partenza.<br />

Giunse così il turno delle altre schiere che, sempre davanti al loro<br />

pubblico, si incrociarono anch'esse le une con le altre per poi


iassumere la posizione iniziale. Quella <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> rigida<br />

<strong>di</strong>sciplina doveva senz'altro apparire doppiamente minacciosa a una<br />

platea selvaggia che non aveva mai conosciuto una condotta così<br />

ferrea.<br />

Quando le file della cavalleria si furono <strong>di</strong> nuovo ricomposte, uno<br />

degli ufficiali alle spalle dei prigionieri mi fece un segno e senza<br />

guardarmi in<strong>di</strong>etro, insieme a Bors e a Lanar, raggiunsi su un lato del<br />

campo i lancieri, i quali abbassarono le lance all'unisono e partirono<br />

alla carica, curvi sui colli dei loro cavalli, fino a raggiungere una<br />

velocità <strong>di</strong> corsa che sembrava davvero inarrestabile. I prigionieri,<br />

ormai certi <strong>di</strong> essere sul punto <strong>di</strong> morire, cominciarono ad accalcarsi<br />

gli uni sugli altri implorando e <strong>di</strong>vincolandosi per cercare <strong>di</strong> liberarsi<br />

dalle catene. Ma nel preciso istante in cui i cavalli e i cavalieri, da un<br />

lato, e gli uomini che si <strong>di</strong>vincolavano, dall'altro, si trovarono a un<br />

solo passo dallo scontrarsi, Tristano alzò il braccio nel segnale<br />

convenuto e tutta la fila, una massiccia muraglia <strong>di</strong> muscoli, animali e<br />

uomini con le lance in resta, si arrestò fragorosamente vicinissima al<br />

bordo del campo.<br />

Per un lungo attimo rimasero tutti immobili. <strong>Il</strong> vapore emanato<br />

dai corpi dei cavalli saliva nell'aria del mattino; alcuni uomini,<br />

rannicchiati al suolo, tremavano, scossi da brivi<strong>di</strong> <strong>di</strong> terrore. Sempre<br />

all'unisono, le due estremità della riga fecero voltare i cavalli e<br />

tornarono a riprendere la posizione <strong>di</strong> partenza. Allora mi allontanai<br />

dal posto in cui ero rimasto a osservare e, da solo, mi fermai <strong>di</strong><br />

nuovo <strong>di</strong> fronte ai prigionieri. A quel punto non servivano più né<br />

parole né interpreti: alzai semplicemente una mano e Powys gridò<br />

un comando ai suoi arcieri.<br />

Avanzarono correndo allineati, a gruppi <strong>di</strong> cinque e a una<br />

<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tre passi uno dall'altro. Powys era rimasto in<strong>di</strong>etro per<br />

scan<strong>di</strong>re le partenze. Coperti cinquanta passi, la prima linea si fermò:<br />

le frecce infilate negli archi scoccarono in <strong>di</strong>rezione della sagoma<br />

nera <strong>di</strong>segnata sulla porta <strong>di</strong>stante un centinaio <strong>di</strong> passi. Gli arcieri,<br />

senza nemmeno fermarsi a controllare l'esito del loro lancio, ruppero<br />

imme<strong>di</strong>atamente le fila e si allontanarono verso destra così da<br />

consentire al fronte successivo <strong>di</strong> avanzare. Nel giro <strong>di</strong> pochi istanti<br />

quella scena si ripeté una decina <strong>di</strong> volte, vale a <strong>di</strong>re finché tutti e<br />

cinquanta gli uomini non ebbero lanciato e ripreso l'assetto iniziale,


ma capovolto, poiché adesso la prima linea si trovava al posto<br />

dell'ultima. Era uno spettacolo impressionante perfino ai miei occhi,<br />

che l'avevano visto parecchie volte.<br />

La porta, spessa circa sei pollici, benché ricavata da un legno <strong>di</strong><br />

quercia antico e compatto, indurito dal tempo, era stata attraversata<br />

da parte a parte da un gran numero <strong>di</strong> frecce. Molte punte, in alcuni<br />

casi perfino frecce intere, erano fuoriuscite sul retro. A quel punto i<br />

prigionieri vennero fatti alzare e portati a vedere il risultato <strong>di</strong> quella<br />

prova. La sagoma nera al centro della porta aveva ricevuto la<br />

maggior parte dei colpi sul petto e sul tronco. Le frecce che si erano<br />

piantate in quella zona formavano un nucleo quasi compatto <strong>di</strong> aste<br />

scheggiate e <strong>di</strong> penzolanti brandelli <strong>di</strong> piume. Su un totale <strong>di</strong><br />

cinquanta frecce solo quattro avevano mancato l'obiettivo ma le<br />

punte conficcate nel legno fuori dai margini del bersaglio, rivelavano<br />

chiaramente dall'angolazione che erano state deviate.<br />

Quando mi sembrò che avessero guardato a sufficienza, feci<br />

ricondurre i prigionieri al loro posto e con un cenno chiamai Lanar.<br />

«Vi ho promesso <strong>di</strong> risparmiarvi la vita e ridarvi le armi. Così sarà,<br />

ma dovrete far arrivare a chi vi aspetta queste parole: restate in<br />

Britannia e conoscerete l'ira <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>.» Non appena Lanar ebbe<br />

finito <strong>di</strong> tradurre, <strong>di</strong>ssi al decurione capo delle guar<strong>di</strong>e <strong>di</strong> preparare<br />

tutti i prigionieri per sgomberare entro un'ora; poi, accompagnato<br />

dal mio fedele Bors, tornai al galoppo al forte per verificare come<br />

stesse procedendo la nostra evacuazione.


VI<br />

«Seur Clothar.» Nel saluto <strong>di</strong> Tristano, quando lo raggiunsi, non<br />

c'era traccia <strong>di</strong> ironia ma solo amicizia.<br />

«Seur Tristano.» Contraccambiai il sorriso.<br />

«Quella <strong>di</strong> stamattina è stata davvero una <strong>di</strong>mostrazione<br />

impressionante per i nostri ospiti sassoni. Pensi <strong>di</strong> aver ottenuto<br />

l'effetto che volevi? Saranno rimasti abbastanza colpiti da convincere<br />

i loro amici a tenersi alla larga?»<br />

Per verificare che tutto andasse come doveva, ero tornato<br />

in<strong>di</strong>etro <strong>di</strong> mezzo miglio lungo la strada su cui viaggiavamo in<br />

processione, raggiungendo Tristano a capo della retroguar<strong>di</strong>a.<br />

Mentre cercavo <strong>di</strong> rallentare il cavallo per mettermi al passo con il<br />

suo e marciare fianco a fianco, gli sorrisi. Desideravo che quei<br />

<strong>di</strong>scorsi restassero tra noi, lontano da orecchi in<strong>di</strong>screti. Da quando<br />

avevamo lasciato Luguvallium, tre ore prima, quella era stata la<br />

prima occasione per parlare. Rassicurato ormai sul fatto che la nostra<br />

lunga colonna stava procedendo regolarmente, mi concessi una<br />

pausa.<br />

«Chi può sapere cosa impressiona davvero quegli uomini?» risposi.<br />

«Credo comunque che riferiranno il mio <strong>di</strong>scorso. Sono certo che<br />

hanno preso nota <strong>di</strong> tutto e, sapendo <strong>di</strong> doverci affrontare in un<br />

nuovo faccia a faccia, non avranno tanta fretta <strong>di</strong> tornare.<br />

Metteranno sicuramente in guar<strong>di</strong>a i loro amici.»<br />

«Rischierebbero <strong>di</strong> essere ri<strong>di</strong>colizzati. La loro razza è abituata a<br />

non fermarsi davanti a nulla.»<br />

«Già. In tal caso, riceveranno una bella lezione. Per quanto<br />

riguarda la loro paura <strong>di</strong> essere ri<strong>di</strong>colizzati, hai ragione. Molti non<br />

<strong>di</strong>ranno nulla e cercheranno <strong>di</strong> nascondere con il silenzio la brutta<br />

figura che hanno fatto. Gli uomini sono sempre pronti a ingigantire<br />

le loro imprese e a <strong>di</strong>minuire i fallimenti. Ma ci sarà sempre


qualcuno che ne parlerà a qualche amico fidato, a qualcuno degno<br />

<strong>di</strong> rispetto.»<br />

«Sei dunque convinto, nonostante tutto quello che sai su questi<br />

Sassoni, che d'ora in poi se ne staranno lontani?»<br />

Gli lanciai un'occhiata <strong>di</strong> traverso, quasi <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgusto. «Lontani da<br />

dove? Gli uomini da qualche parte dovranno pur andare. La mia<br />

segreta speranza è che tornino da dove sono venuti, ma non è altro<br />

che una speranza. E, in definitiva, cosa so <strong>di</strong> questi Sassoni? Sono i<br />

primi che vedo e non so niente <strong>di</strong> loro. Ma sono uomini, Tristano;<br />

quello dei Sassoni è soltanto un nome che abbiamo scelto noi per<br />

in<strong>di</strong>carli come nemici. Nella realtà sono un insieme <strong>di</strong> razze <strong>di</strong>verse,<br />

che hanno un'unica cosa in comune: vengono tutti da oltremare.<br />

Sarei un pazzo se mi illudessi che d'ora in poi si terranno lontani.<br />

Mi basterebbe che esitassero. È questo che spero. Che si prendano<br />

del tempo prima <strong>di</strong> ripresentarsi in forze, e una volta tornati,<br />

provino... apprensione.»<br />

«Dunque torneranno in gran numero.»<br />

«Sì, e allo stesso modo li accoglieremo noi. Sarà questa la nostra<br />

grande fortuna, una vera bene<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Dio. Sono convinti che la<br />

loro forza stia nel numero, e in effetti sono davvero tanti, ma tutti<br />

<strong>di</strong>sseminati lungo le coste orientali, e avranno bisogno <strong>di</strong> tempo per<br />

raccogliere più <strong>di</strong> qualche misero equipaggio. Solo allora potranno<br />

tornare da noi. Guarda là.» In<strong>di</strong>cai il punto in cui dagli alti spazi del<br />

cielo un falco si era lanciato in picchiata, e cadendo come una pietra,<br />

preannunciava la morte <strong>di</strong> qualche piccola creatura in<strong>di</strong>fesa. Lo notò<br />

anche Tristano: restammo a fissarlo finché non ghermì un uccello in<br />

volo. L'impatto fece volare in aria delle piume; poi falco e preda<br />

precipitarono fino a scomparire <strong>di</strong>etro agli alberi.<br />

«Ecco <strong>di</strong> che cosa abbiamo bisogno, Tristano. Di colpire così. I<br />

Sassoni si sbagliano se credono <strong>di</strong> essere più forti perché più<br />

numerosi. Un migliaio <strong>di</strong> noi formano un'armata completa <strong>di</strong> cavalli,<br />

fanti e arcieri; mille <strong>di</strong> loro non sono altro che mille uomini con<br />

qualche cavallo, concentrati in un blocco unico che noi potremo<br />

colpire e abbattere come quel falco ha fatto con la sua preda. Quelle<br />

poche dozzine <strong>di</strong> uomini che oggi lasceremo libere sanno <strong>di</strong> aver<br />

incontrato e combattuto una nuova potenza, e ne parleranno, te


l'assicuro. E se questo dovesse offrirci il vantaggio <strong>di</strong> una tregua, o<br />

anche un solo giorno <strong>di</strong> pace in più prima che ci attacchino, la nostra<br />

gente, la gente <strong>di</strong> qui, ne potrà godere in attesa che scoppi l'incen<strong>di</strong>o<br />

e la devastazione si ripresenti a loro. Devo tornare in testa al<br />

gruppo. Sono stato lontano troppo a lungo. Va tutto bene qui<br />

<strong>di</strong>etro?»<br />

Tristano sorrise e con la mano aperta si sfiorò fronte, labbra e<br />

petto; poi si chinò educatamente in avanti: era un invito ad andare<br />

in pace, un gesto che aveva imparato dai noma<strong>di</strong> quando era stato<br />

mercenario dall'altra parte del mondo.<br />

Ripercorsi al trotto la strada occupata dalla colonna e ripresi la<br />

posizione <strong>di</strong> comando, salutando con un cenno della testa chiunque<br />

incrociasse il mio sguardo e lasciando gli altri a fissare la mia schiena<br />

mentre mi allontanavo. Oltre la retroguar<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Tristano<br />

marciavano, in <strong>di</strong>eci file <strong>di</strong> cinque uomini ciascuna, i primi cinquanta<br />

fanti della seconda <strong>di</strong>visione, l'ultimo rango dei quali <strong>di</strong>stanziava<br />

Tristano quel tanto che bastava per dare tempo alla polvere che si<br />

sollevava al loro passaggio <strong>di</strong> ricadere al suolo. Alla testa del primo<br />

rango invece sfilavano a cavallo due dei quattro sottufficiali <strong>di</strong><br />

Morgan i quali, <strong>di</strong> tanto in tanto, si voltavano sulla sella per<br />

controllare che tutto si svolgesse in modo regolare.<br />

Davanti a loro, in ranghi da quattro, marciavano i prigionieri<br />

ancora legati fra loro e scortati da guar<strong>di</strong>e su entrambi i lati.<br />

Morgan, il comandante <strong>di</strong> fanteria, cavalcava con i suoi due ufficiali<br />

davanti ai prigionieri, seguito da cinquanta uomini. <strong>Il</strong> gruppo era<br />

preceduto da alcuni carri giganteschi e ingombranti che, vacillando<br />

come galee tirate in secca, trasportavano gli approvvigionamenti e le<br />

vettovaglie sotto la responsabilità <strong>di</strong> Dynas.<br />

Davanti a questi c'era la prima <strong>di</strong>visione <strong>di</strong> fanteria. Come la<br />

seconda, era <strong>di</strong>visa in due gruppi da cinquanta uomini ciascuno, ed<br />

era preceduta da una serie <strong>di</strong> veicoli recuperati dai magazzini <strong>di</strong><br />

Luguvallium che trasportavano le donne e i bambini sopravvissuti<br />

nel forte abbandonato. Sempre in colonna, accanto a questi ultimi,<br />

nell'unica carrozza effettivamente comoda, viaggiavano le sei donne<br />

nobili tenute in ostaggio da Ushmar. Infine, in testa, c'era il mio<br />

personale <strong>di</strong>staccamento che fungeva da avanguar<strong>di</strong>a, protetto da


Powys e i suoi arcieri <strong>di</strong>sposti a semicerchio davanti a noi per farci<br />

come sempre da guida e avvertirci in caso <strong>di</strong> pericolo.<br />

«Maestro Clothar!» Mentre trottavo accanto alla carrozza della<br />

signora, u<strong>di</strong>i quella chiamata imperiosa e inequivocabile. Rallentai<br />

per accostarmi.<br />

La donna, tenendo sollevato un lembo delle tende <strong>di</strong> pelle, si<br />

sporgeva per potermi vedere meglio. «So bene che avete molte<br />

faccende cui badare. Ma se, e quando, ci fermeremo per riposare<br />

questa notte, vi sarei grata se voleste passare un po' <strong>di</strong> tempo con<br />

me per <strong>di</strong>scutere <strong>di</strong> alcune questioni.»<br />

«Sarà un piacere, lady» <strong>di</strong>ssi chinando la testa. «Presto ci<br />

fermeremo a mangiare e a sistemarci per la notte; è questione <strong>di</strong><br />

qualche ora, non <strong>di</strong> più. I miei esploratori stanno già cercando il<br />

luogo più adatto, grande abbastanza e sicuro, con acqua corrente a<br />

sufficienza per le nostre necessità.»


VII<br />

Quella notte, per la seconda volta consecutiva da quando avevo<br />

conosciuto la sorella <strong>di</strong> Connlyn, <strong>di</strong> cui ignoravo il nome, ero<br />

rimasto sveglio per delle ore, incapace <strong>di</strong> prendere sonno a causa dei<br />

miei caotici pensieri. Qualcosa mi turbava e il fatto <strong>di</strong> non capire<br />

cosa fosse mi irritava enormemente, mi esasperava. Alla fine,<br />

rassegnato all'idea che quella notte non avrei dormito, mi alzai e<br />

uscii dalla tenda avvolto in una coperta presa dal letto, con indosso<br />

soltanto la tunica, gli stivali e i gambali. Le guar<strong>di</strong>e mi salutarono<br />

silenziosamente, sorprese <strong>di</strong> vedermi in giro nel cuore della notte<br />

senza un vero motivo. Tutti sapevano che ero capace <strong>di</strong> dormire<br />

profondamente, ovunque e in qualunque momento decidessi <strong>di</strong><br />

farlo. Non risposi al saluto e mi <strong>di</strong>ressi, invece, senza esitazione verso<br />

il fuoco da campo più vicino su cui, dopo aver smosso le braci e<br />

riavviato la fiamma, aggiunsi nuova legna da ardere. Tornai nella<br />

tenda a prendere la mia se<strong>di</strong>a da campo e mi misi seduto a guardare<br />

la nuova legna prendere fuoco, mentre col pensiero andavo<br />

all'incontro avuto la sera prima con l'anziana signora.<br />

Più che <strong>di</strong> una conversazione si era trattato <strong>di</strong> un interrogatorio,<br />

su questo non avevo dubbi. A un certo punto - <strong>di</strong>sgraziatamente<br />

troppo tar<strong>di</strong> - avevo avuto la netta sensazione <strong>di</strong> essere oggetto <strong>di</strong><br />

un'abile e minuziosa indagine riguardo a informazioni che non avrei<br />

potuto, né dovuto rendere note. Quella consapevolezza mi aveva<br />

messo in allarme. Mi aveva usato, senza ombra <strong>di</strong> dubbio, per scopi<br />

che non potevo neanche immaginare. Eppure basavo le mie accuse<br />

soltanto su un vago senso <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio, sospetti confusi e una certa<br />

apprensione che mi stringeva dolcemente ma senza sosta le viscere.<br />

Era stata una lunga conversazione, serena e cortese, durante la<br />

quale la signora si era <strong>di</strong>mostrata accomodante e molto lontana da<br />

quell'agitazione querula e sdegnata con cui aveva tentato <strong>di</strong><br />

licenziarmi al nostro primo incontro. In un primo tempo, era stata<br />

abile a non farmi provare il minimo <strong>di</strong>sagio nel rispondere alle sue


numerose domande.<br />

Soltanto verso il crepuscolo, quando le ombre della sera si<br />

allungavano in <strong>di</strong>rezione opposta al sole che tramontava, ebbi la<br />

netta sensazione che c'era qualcosa <strong>di</strong> eccessivo in quella donna<br />

senza nome: <strong>di</strong>etro la sua curiosità nascondeva qualcosa che andava<br />

ben oltre quanto percepito fino ad allora dal mio occhio fiducioso.<br />

Mi aveva posto una domanda specifica sulla cerimonia che aveva<br />

accompagnato il conferimento, mio e dei miei confratelli, del<br />

cavalierato per mano del re, e io le avevo risposto, così come avrei<br />

fatto con chiunque altro me lo avesse casualmente chiesto. Nel<br />

descrivere il rituale, mi ero fortunatamente limitato a un resoconto<br />

formale sottolineando che non avevo in realtà nessuna conoscenza<br />

<strong>di</strong> come funzionassero <strong>di</strong> preciso le cose: una bugia che non mi<br />

aveva creato nessun imbarazzo. Dichiarai con modestia <strong>di</strong> essere<br />

soltanto un semplice cavaliere elevato dal re per suo volere, e che<br />

forse alcuni <strong>di</strong> quei motivi, e lo feci notare quasi come effetto <strong>di</strong> un<br />

ripensamento, <strong>di</strong>pendevano dall'idea che egli si era fatto <strong>di</strong> me in<br />

seguito a <strong>di</strong>verse e felici prove che avevo sostenuto in battaglia.<br />

Era stato in quel momento, ma me ne accorgevo ora, che avevo<br />

sentito il primo segnale d'allarme: la signora non aveva alcuna<br />

intenzione <strong>di</strong> rispettare il mio pudore. Con una certa impazienza,<br />

infatti, aveva sottilmente ignorato la mia risposta, quasi a volerla<br />

togliere <strong>di</strong> mezzo, per poi riformulare subito la medesima domanda.<br />

E la seconda volta era stata più insistente e precisa; cercava <strong>di</strong><br />

raccogliere informazioni che io non desideravo assolutamente<br />

con<strong>di</strong>videre né con lei né con nessun altro. Così, davanti al fuoco,<br />

riconsideravo come si era svolta l'intera conversazione e mi chiedevo<br />

se per caso avessi rivelato qualcosa <strong>di</strong> importante senza nemmeno<br />

rendermene conto.<br />

Un'ora dopo la nostra breve conversazione pomeri<strong>di</strong>ana<br />

avevamo già trovato il luogo adatto in cui piantare le tende per la<br />

notte. C'erano volute, però, ancora due ore prima che il campo<br />

fosse montato e sistemato com'era mia abitu<strong>di</strong>ne esigere, con i<br />

cavalli legati e strigliati prima del pasto e le tende dei legionari<br />

sistemate or<strong>di</strong>natamente secondo l'uso romano. A quel punto,<br />

com'era tra<strong>di</strong>zione già nell'antichità in accampamenti <strong>di</strong> quel genere,<br />

i cuochi avevano terminato il loro lavoro e l'aroma <strong>di</strong> carne arrosto


e <strong>di</strong> pane appena cotto faceva venire l'acquolina in bocca.<br />

Dopo aver mangiato con i miei ufficiali come d'abitu<strong>di</strong>ne, mi ero<br />

messo a gironzolare un po' per il campo, come facevo sempre, per<br />

scambiare qualche saluto con chiunque incontrassi, mettendomi a<br />

<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> tutti i soldati che avessero avuto desiderio <strong>di</strong><br />

parlarmi. Quella notte, tuttavia, non c'era stata quell'esigenza, così<br />

avevo concluso il giro <strong>di</strong>rigendomi, come promesso, verso gli alloggi<br />

delle signore, dove le donne <strong>di</strong> servizio della dama stavano<br />

sparecchiando gli avanzi della cena. Nell'avvicinarmi avevo visto<br />

Lanar, l'interprete, uscire dalla loro tenda e avevo scambiato con lui<br />

qualche convenevole; l'ora abbondante che avevo trascorso in<br />

seguito si era rivelata piuttosto piacevole.<br />

Con lo sguardo fisso sulle fiamme del fuoco tentavo ora <strong>di</strong><br />

rievocare esattamente le prime fasi del nostro incontro; cercavo<br />

qualcosa, una cosa qualsiasi, che mi aiutasse a capire il momento in<br />

cui quelle stranezze erano davvero cominciate, ma non ci riuscii. La<br />

signora mi aveva detto <strong>di</strong> considerarmi il benvenuto. Era stato<br />

alquanto <strong>di</strong>sarmante, dato che mi aspettavo lo stesso <strong>di</strong>staccato<br />

malcontento <strong>di</strong>mostratomi la sera precedente. Aveva fatto venire<br />

una delle sue donne con del vino, ridendo della mia espressione<br />

sorpresa. A suo <strong>di</strong>re avevano nascosto una decina <strong>di</strong> piccole anfore<br />

<strong>di</strong> squisito vino della Gallia in alcuni rotoli <strong>di</strong> stoffa, poi rubati da<br />

Ushmar, e così queste erano miracolosamente sopravvissute alla loro<br />

breve cattività senza essere scoperte. Dovevano essere un regalo per<br />

suo fratello, ma quella sera era giusto festeggiare la loro liberazione e<br />

fu felice <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre quella gioia con un franco che avrebbe<br />

apprezzato la bontà <strong>di</strong> quel vino.<br />

Accettai l'offerta, nonostante la mia usuale riluttanza a bere,<br />

scoprendo che quel vino era davvero magnifico, <strong>di</strong> un rosso quasi<br />

regale, e scivolava sulla lingua come lenzuola <strong>di</strong> seta sul corpo <strong>di</strong> un<br />

re. All'inizio parlammo <strong>di</strong> frivolezze, riservando l'un l'altra quel tipo<br />

<strong>di</strong> convenevoli che gli stranieri si scambiano sempre tra loro; poi<br />

però lei era passata a descrivere come Lanar le avesse cominciato a<br />

raccontare quel poco che sapeva <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> e del suo giovane re,<br />

Artù Pendragon. Mi aveva detto <strong>di</strong> essere rimasta colpita dalle sue<br />

parole, e aveva continuato scusandosi per il comportamento tenuto<br />

durante il nostro primo incontro, quando aveva messo in dubbio


l'esistenza del riotamo e deriso l'idea dell'esistenza <strong>di</strong> un sommo re in<br />

un posto per lei ignoto come <strong>Camelot</strong>. Se ci ripensavo, non trovavo<br />

in quelle spiegazioni nulla <strong>di</strong> riprovevole.<br />

«Ditemi <strong>di</strong> questo vostro re, <strong>di</strong> questo Artù» mi <strong>di</strong>sse, alzando una<br />

mano. «Ma non parlatemi, vi prego, delle sue doti <strong>di</strong> guerriero. Sono<br />

certa che è un modello, in quel campo. Davvero, questo genere <strong>di</strong><br />

cose non mi interessano. Essendo donna, vorrei sapere <strong>di</strong> lui come<br />

uomo... Ha una moglie?»<br />

«No, mia signora, non ce l'ha.» Sorrisi a quel pensiero. «E non<br />

perché non gliene abbiano offerte. Un sacco <strong>di</strong> re e reucci in tutta la<br />

Britannia sarebbero felicissimi <strong>di</strong> vedere le loro figlie sposate con lui.<br />

E anche <strong>Camelot</strong> lo sarebbe: un matrimonio le farebbe acquisire<br />

nuova potenza. È Artù che non desidera sposarsi.»<br />

«Non lo desidera? Come può essere? Sembra... strano. È forse<br />

poco... virile?» A quelle parole, reso euforico dal vino, scoppiai a<br />

ridere. «Intendete forse se preferisce gli uomini alle donne, i ragazzi<br />

alle ragazze? No, signora, per la santa croce, non c'è niente in Artù<br />

Pendragon che faccia pensare a una scarsa virilità, sotto qualunque<br />

aspetto!»<br />

«Pendragon... Da dove deriva questo nome? Mi sembra strano.»<br />

A quelle parole qualcosa scattò nella mia testa, una scintilla <strong>di</strong><br />

consapevolezza, ma la ignorai.<br />

«È il nome della sua famiglia, originaria della Cambria, una vasta<br />

regione montagnosa nella parte occidentale della Britannia.»<br />

«Conosco la Cambria, giovanotto.»<br />

Annuii, accettando il blando rimprovero. «C'è una federazione <strong>di</strong><br />

clan alleati laggiù, ciascuno con un nome <strong>di</strong>verso, ma su tutti domina<br />

quello dei Pendragon, tanto che <strong>di</strong> recente si è autoproclamata<br />

Federazione dei Pendragon. Artù è, ormai da anni, il loro re. Così<br />

come prima <strong>di</strong> lui era stato suo padre.»<br />

«E questo padre...» Nel mio cervello scattò <strong>di</strong> nuovo qualcosa,<br />

come a segnalare un'anomalia: era il tono <strong>di</strong> voce, un attimo<br />

d'esitazione. Allontanai anche quel pensiero confuso e lei continuò:<br />

«Quale era il suo nome?».


«Uther, mia signora, Uther Pendragon. E sua madre era Ygraine,<br />

regina <strong>di</strong> Cornovaglia.»<br />

Aggrottò le sopracciglia come se si sforzasse <strong>di</strong> capire. «E dunque,<br />

la regina <strong>di</strong> Cornovaglia era la moglie <strong>di</strong> Uther?»<br />

«No, signora. Sebbene fosse la madre <strong>di</strong> Artù non fu mai sua<br />

moglie.»<br />

«Capisco...» Ma era chiaro dal suo tono che non capiva affatto.<br />

«È una storia lunga e complicata e non sono certo io il più adatto<br />

a raccontarla: quando si svolsero i fatti non ero ancora nato.»<br />

«Mmm. E perché allora il vostro Artù sarebbe così restio a prender<br />

moglie?»<br />

Mi venne in mente la sera in cui Artù mi aveva parlato del suo<br />

perduto amore e scelsi le parole con cura, se non altro per rispettare<br />

quella confidenza.<br />

«Una volta, era molto giovane, ebbe un vero amore ma lo perse.<br />

Immagino che egli sia... profondamente riluttante a esporsi ancora a<br />

una simile esperienza.»<br />

«Come si chiamava quella donna? Chi era? Lo sapete?»<br />

Scossi la testa. «So soltanto che era molto giovane. Mi pare si<br />

chiamasse Morag e venisse dal Nord, oltre il Vallo, come voi.»<br />

«Ed è stata quella per<strong>di</strong>ta a renderlo così scontroso?»<br />

«Mi perdoni, mia signora, ma so solo quello che mi raccontarono<br />

in un'unica occasione, peraltro piuttosto breve. Sarebbe sciocco e<br />

biasimevole che io ci speculassi sopra.»<br />

Restammo in silenzio per un po' prima che riprendesse a<br />

interrogarmi su <strong>Camelot</strong> e sul nuovo or<strong>di</strong>ne dei cavalieri della<br />

Tavola Rotonda. Poiché le sue iniziali domande erano state molto<br />

<strong>di</strong>screte mi stupii per il numero <strong>di</strong> informazioni che possedeva: <strong>di</strong><br />

certo non poteva averle raccolte da Lanar. L'interprete, infatti, aveva<br />

ammesso <strong>di</strong> sapere poco o niente <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> prima del nostro arrivo<br />

alla fortezza <strong>di</strong> Connlyn. Dove aveva potuto raccogliere tutte quelle<br />

notizie? L'istinto mi portò subito a spostare la conversazione su altro,<br />

chiedendole <strong>di</strong> nuovo con quale nome avrei dovuto chiamarla in<br />

occasioni come quella.


Mi fissò in modo strano: aveva capito alla perfezione che<br />

desideravo cambiare argomento. Mi in<strong>di</strong>rizzò un tenue e misterioso<br />

sorriso, o almeno così mi sembrò. Un tempo, mi rispose, una<br />

domanda del genere da parte <strong>di</strong> un giovane uomo avrebbe avuto<br />

implicazioni <strong>di</strong>verse. Ma quel tempo era passato ormai da decenni;<br />

adesso lei era vecchia e fragile, e nulla <strong>di</strong> lei, nemmeno il suo nome,<br />

poteva suscitare l'interesse <strong>di</strong> un giovane. Fino ad allora l'avevo<br />

chiamata "mia signora", e proprio quando cominciai a pensare che la<br />

questione fosse ormai chiusa, mi guardò negli occhi e, tornata a<br />

sorridere, mi <strong>di</strong>sse che avrei potuto chiamarla Ju<strong>di</strong>th. Era il nome che<br />

aveva preso dopo essere stata cresimata da cristiana. Rimasi alquanto<br />

sorpreso: quello era un nome <strong>di</strong> origine ebraica. L'avevo stu<strong>di</strong>ato<br />

alla Scuola del Vescovo. Ma non <strong>di</strong>ssi nulla e mi limitai a ringraziarla<br />

cortesemente per quella sua confidenza.<br />

Così lei tornò subito a interrogarmi sui cavalieri e sulla cerimonia<br />

che aveva accompagnato la loro elevazione all'or<strong>di</strong>ne. Erano in<br />

qualche modo ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> Artù? La considerai una domanda piuttosto<br />

strana ma mi sentii libero <strong>di</strong> risponderle <strong>di</strong> no, apertamente. Per il<br />

momento Artù non aveva alcun erede, le <strong>di</strong>ssi, finora non ne aveva<br />

avuto bisogno poiché il potere sovrano della Federazione dei<br />

Pendragon gli giungeva dall'acclamazione dei clan; non lo aveva<br />

ricevuto per nascita ma per il suo valore. La questione della<br />

successione poteva assumere rilevanza soltanto da quando era<br />

<strong>di</strong>venuto riotamo; in passato, non essendoci mai stato, a memoria<br />

d'uomo, un sommo re, non si era mai sentita la necessità <strong>di</strong> un<br />

erede. Ora che dovevamo fronteggiare una crescente ondata <strong>di</strong><br />

invasioni, anche le esigenze erano cambiate. La funzione principale<br />

del nuovo riotamo era <strong>di</strong> trasformare le brulicanti genti <strong>di</strong> Britannia<br />

in un unico popolo, un'unica effettiva potenza militare in grado <strong>di</strong><br />

respingere gli invasori. Prima <strong>di</strong> lasciare <strong>Camelot</strong>, aggiunsi, avevo<br />

partecipato a una <strong>di</strong>scussione che riguardava proprio la nomina <strong>di</strong><br />

un successore del re nel caso gli fosse accaduto qualcosa, ma al<br />

momento della mia partenza per il Nord la questione non era<br />

ancora stata risolta.<br />

Dopo aver u<strong>di</strong>to quelle parole la dama era rimasta per un attimo<br />

a riflettere; poi aveva annuito con solennità.<br />

«Quin<strong>di</strong>, al momento il successore al trono del tuo giovane re


potrebbe già essere stato nominato...»<br />

Non era una vera e propria domanda ma mi chiesi subito cosa<br />

potesse spingere quella donna a un simile commento. Mi aveva<br />

detto chiaramente fin dall'inizio <strong>di</strong> non essere interessata alle<br />

questioni puramente militari e invece, appena un'ora più tar<strong>di</strong>, stava<br />

valutando tutte le conseguenze <strong>di</strong> un'improvvisa morte <strong>di</strong> Artù, che<br />

Dio non la volesse mai! Cosa stava succedendo? Perché tanta<br />

curiosità per <strong>Camelot</strong>? Liquidai quel pensiero come infondato e mi<br />

<strong>di</strong>ssi che era una semplice curiosità su <strong>Camelot</strong>. Ma perché<br />

interessarsi così al funzionamento del nuovo or<strong>di</strong>ne del re? Si<br />

trattava <strong>di</strong> una realtà non ancora definita, ricordai a me stesso, dal<br />

momento che fino ad allora c'era stata una sola cerimonia, quella<br />

nella quale eravamo stati nominati fondatori confratelli io, Tristano,<br />

Perceval, Gareth, Sagramore, Gwin, Ghilly e Bedwyr.<br />

Cercai <strong>di</strong> prendere le <strong>di</strong>stanze da quello che sembrava ormai un<br />

interrogatorio; volevo darmi il tempo <strong>di</strong> capire, nei limiti del<br />

possibile, cosa mi infasti<strong>di</strong>va <strong>di</strong> quella situazione, e per farlo dovevo<br />

restare solo, allontanarmi da lady Ju<strong>di</strong>th, o chiunque lei fosse. Così<br />

finii il vino rimasto nella coppa e mi alzai, deciso ad andarmene.<br />

Ringraziai la mia ospite per il brin<strong>di</strong>si e la piacevole compagnia,<br />

adducendo il pretesto <strong>di</strong> un lavoro urgente che mi attendeva e del<br />

poco tempo che mi era rimasto a <strong>di</strong>sposizione, cosa per altro vera, e<br />

in un attimo ero <strong>di</strong>retto al mio alloggio con la speranza <strong>di</strong> non<br />

averle dato motivo <strong>di</strong> sospettare del mio comportamento.<br />

D'un tratto sentii alle mie spalle il segnale che stabiliva la fine del<br />

turno <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a, ma non alzai gli occhi, quasi accecati ormai dal<br />

calore del fuoco, finché il cambio non fu ultimato e non tornò il<br />

silenzio. Poco dopo, u<strong>di</strong>i un rumore <strong>di</strong> stivali: si fermarono <strong>di</strong>etro <strong>di</strong><br />

me. Mi girai e vi<strong>di</strong> il comandante delle guar<strong>di</strong>e <strong>di</strong> sentinella<br />

sull'attenti, in attesa del permesso per parlare. Per riuscire a<br />

<strong>di</strong>stinguerlo chiaramente dovetti strizzare gli occhi, abbagliati dal<br />

fuoco. Si chiamava Lucio Quinto ed era molto giovane: il rampollo<br />

<strong>di</strong> una delle più antiche famiglie <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> promosso <strong>di</strong> recente al<br />

rango <strong>di</strong> allievo ufficiale. Da quanto avevo potuto vedere fino ad<br />

allora sembrava volenteroso, attivo e coscienzioso.<br />

«Sì, Lucio, cosa c'è?»


«Perdonate, magister, ma ho saputo da una delle guar<strong>di</strong>e che siete<br />

qui seduto da più <strong>di</strong> un'ora. Avete bisogno <strong>di</strong> qualcosa?»<br />

«No. Non riuscivo a dormire e sono uscito a pensare... È questo,<br />

sai, il destino <strong>di</strong> un comandante. Lo scoprirai tu stesso, un giorno.<br />

Mai abbastanza tempo per riflettere nelle ore <strong>di</strong> lavoro.»<br />

Annuì. «Sì, magister. Posso portarvi qualcosa? Dell'acqua o un<br />

goccio <strong>di</strong> vino?»<br />

«Nel bel mezzo <strong>di</strong> una veglia notturna? Grazie tante, ragazzo, ma<br />

non è il caso. Va' a letto. Tu non sei ancora un comandante, hai<br />

bisogno <strong>di</strong> riposo.»<br />

Si congedò prontamente. Io rimasi a guardarlo allontanarsi al<br />

passo. Poi decisi <strong>di</strong> seguire il mio stesso consiglio: mi alzai, riportai lo<br />

sgabello nella tenda e mi addormentai sulla branda senza nemmeno<br />

rendermi conto <strong>di</strong> essermici steso.


VIII<br />

<strong>Il</strong> mattino seguente, dopo un sonno che mi sembrò durare poco<br />

più <strong>di</strong> un battito <strong>di</strong> ciglia, i miei pensieri erano molto più tranquilli.<br />

Mi ero lasciato trasportare troppo dalle mie fantasie ostinate e<br />

selvagge: decisi che non mi avrebbero più tormentato.<br />

Levammo le tende all'alba e riprendemmo subito la strada verso<br />

sud; con le terre <strong>di</strong> Ushmar ormai lontane e quelle <strong>di</strong> Connlyn non<br />

ancora in vista, rilasciai i prigionieri e restituii loro le armi come<br />

promesso, sicuro che non avrebbero più causato <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni.<br />

Arrivammo alla fortezza <strong>di</strong> Connlyn il giorno dopo e nonostante<br />

il re <strong>di</strong>mostrò grande stupore nel vedere la sorella in mezzo al nostro<br />

piccolo convoglio - avevamo lasciato il corpo principale dei nostri<br />

uomini all'incirca un miglio in <strong>di</strong>etro, accampati nello stesso luogo<br />

della volta precedente -la sua reazione mi sembrò falsa ed ebbi la<br />

netta sensazione che non riuscisse a <strong>di</strong>ssimulare quello che provava<br />

come avrebbe voluto. Ci salutò cor<strong>di</strong>almente e ci ringraziò per aver<br />

scortato la sorella ma non ci offrì alcuna spiegazione sulla sua<br />

presenza nell'accampamento <strong>di</strong> Ushmar né del suo viaggio dal Vallo<br />

verso sud. Perplesso ma restio a fargli credere che volessi curiosare<br />

nei suoi affari, non feci alcun commento e mi limitai a informarlo<br />

che saremmo ripartiti per <strong>Camelot</strong> il mattino successivo. Ci invitò a<br />

cenare più tar<strong>di</strong> in sua compagnia, così decisi che gli avrei fatto<br />

rapporto soltanto allora. La sorella, ne ero sicuro, gli avrebbe offerto<br />

una sua personale versione dei fatti, così pensai <strong>di</strong> rispondere<br />

esclusivamente alle domande che mi avrebbe posto.<br />

Connlyn volle sapere poco sulla faccenda <strong>di</strong> Ushmar e si <strong>di</strong>sse<br />

estremamente sollevato all'idea che lo avevamo liberato del<br />

problema delle scorrerie sassoni. A sentirlo parlare sembrava<br />

davvero <strong>di</strong>spiaciuto per la morte <strong>di</strong> Ushmar, ma intuivo cosa<br />

pensava in realtà e mi sforzai <strong>di</strong> nascondere il più possibile la rabbia<br />

e il fasti<strong>di</strong>o che provai quando continuò <strong>di</strong>cendomi che era stato il


suo vicino a liberare lady Ju<strong>di</strong>th dai suoi rapitori qualche giorno<br />

prima del nostro arrivo. Se non fossimo arrivati noi sua sorella<br />

sarebbe finita nelle mani <strong>di</strong> Knut Occhio Guercio e dei suoi uomini,<br />

con impensabili conseguenze. Era vero ma perché non ammetteva<br />

anche tutto il resto se non aveva nulla da perdere? Dando a<br />

intendere con il suo silenzio che Ushmar era stato onesto ed era<br />

intenzionato a restituirgli la sorella incolume, Connlyn mi offendeva:<br />

per lui non ero abbastanza intelligente da riconoscere le sue falsità.<br />

Evidentemente lady Ju<strong>di</strong>th non gli aveva rivelato <strong>di</strong> avermi<br />

raccontato tutto sull'accaduto, quella verità che egli cercava <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ssimulare.<br />

Dopo tutte quelle bugie trovai il cibo <strong>di</strong> Connlyn per nulla <strong>di</strong> mio<br />

gusto e lasciai <strong>di</strong> stucco i miei compagni quando feci le mie scuse e<br />

mi alzai da tavola <strong>di</strong>cendo che avevo bisogno <strong>di</strong> rivedere alcuni<br />

dettagli per la partenza del mattino seguente. Questo significava che<br />

anche loro avrebbero dovuto abbandonare la cena, ma l'idea <strong>di</strong><br />

obbligarli ad alzarsi mi sembrò più sopportabile del cibo <strong>di</strong> Connlyn<br />

o delle sue nauseanti menzogne.<br />

Quella sera, nel prendere congedo da lady Ju<strong>di</strong>th non le rivolsi<br />

alcun sorriso, e lei non ne ebbe per me, ma si limitò a fissarmi; il suo<br />

viso non lasciava presagire nulla al resto dei presenti, ma un<br />

impercettibile tremolio dell'occhio sinistro e la posa della bocca<br />

significavano per me che sapeva esattamente perché me ne stavo<br />

andando. Quando infine chinò la testa e accettò le mie scuse,<br />

porgendomi la mano, io capii, dalla leggera pressione delle sue <strong>di</strong>ta,<br />

che aveva un messaggio per me.<br />

«Vi sono grata <strong>di</strong> tutto, Seur Clothar. Abbiate cura <strong>di</strong> voi durante<br />

il viaggio verso sud: siate vigile e fate attenzione a tutto ciò che<br />

vedrete e u<strong>di</strong>rete lungo la strada.»<br />

Mi allontanai a gran<strong>di</strong> passi dalla sala domandandomi cosa avesse<br />

voluto <strong>di</strong>re con quelle sue ultime parole.<br />

Tornato all'accampamento convocai un'adunata generale e<br />

annunciai all'armata lì riunita che al mattino saremmo tornati<br />

<strong>di</strong>rettamente a <strong>Camelot</strong>, senza più deviazioni lungo il cammino. Gli<br />

uomini, in totale giubilo, mi applau<strong>di</strong>rono e il giorno dopo, felici <strong>di</strong><br />

tornare a casa senza aver versato una goccia <strong>di</strong> sangue, smontarono


il campo con lodevole solerzia e accuratezza, impazienti <strong>di</strong> partire<br />

prima del sorgere del sole.<br />

Benché non lo desiderassi, dovevo porgere i miei saluti formali <strong>di</strong><br />

commiato a Connlyn; così dopo aver or<strong>di</strong>nato all'armata <strong>di</strong> partire,<br />

ritornai alla fortezza, accompagnato da un unico squadrone <strong>di</strong><br />

cavalieri della <strong>di</strong>visione <strong>di</strong> Tristano. Quel compito non mi avrebbe<br />

preso molto tempo e, se non fosse stato per la responsabilità che<br />

avevo in quanto rappresentante ufficiale <strong>di</strong> Artù, lo avrei evitato con<br />

gioia, ma non potevo rischiare <strong>di</strong> offendere un alleato<br />

andandomene senza una parola <strong>di</strong> spiegazione.<br />

Lasciai la scorta fuori dalle porte d'ingresso e mi avviai verso<br />

l'ampia e male illuminata stanza dove sapevo che Connlyn era<br />

intento a svolgere i suoi uffici mattutini. Rimasi tuttavia sorpreso<br />

quando, avvicinandomi, mi accorsi che stava <strong>di</strong>scutendo con la<br />

sorella. Mi fermai poco prima della soglia: sebbene stessero parlando<br />

in una lingua per me incomprensibile, che immaginai del Nord, dei<br />

territori oltre il Vallo, non c'era dubbio sull'ostilità del loro<br />

confronto.<br />

Mentre me ne stavo lì, in pie<strong>di</strong>, fuori dalla loro vista, impaziente<br />

ma riluttante a interromperli, lady Ju<strong>di</strong>th <strong>di</strong>sse qualcosa con tono <strong>di</strong><br />

rabbioso <strong>di</strong>sprezzo, si girò sui tacchi e si allontanò a testa alta, tutta<br />

rigida e impettita. Lui la guardò allontanarsi ma evidentemente non<br />

era abituato a essere trattato in modo simile perché gli ci vollero<br />

<strong>di</strong>versi istanti per rispondere. Fu allora che la sua voce sferzante<br />

come una frusta ripeté più volte una parola che spiccò in mezzo alle<br />

altre. La sorella lo ignorò e, senza guardarsi in<strong>di</strong>etro, uscì<br />

impetuosamente da una porta laterale, lasciandolo lì a consumarsi <strong>di</strong><br />

rabbia.<br />

A quel punto, sapendo <strong>di</strong> non poter restare in quella posizione un<br />

momento <strong>di</strong> più senza correre il rischio <strong>di</strong> essere scoperto,<br />

in<strong>di</strong>etreggiai un po' e quando fui abbastanza lontano avanzai <strong>di</strong><br />

nuovo, facendo ben sentire il rumore dei miei passi sul pavimento.<br />

Questa volta, giunto sulla soglia, chiamai il re, che con uno scatto si<br />

voltò verso <strong>di</strong> me: evidentemente, nonostante i miei sforzi non si era<br />

reso conto del mio arrivo. Profonde rughe d'ira gli segnavano la<br />

fronte, altre gli solcavano la pelle ai lati della bocca che, stretta in


una morsa, non aveva più labbra. Se chiunque altro avesse osato<br />

avvicinarsi in quel momento, lo avrebbe aggre<strong>di</strong>to con violenza.<br />

Davanti a me, invece, fu costretto a controllarsi. Io, intanto, feci<br />

finta <strong>di</strong> non aver notato nulla <strong>di</strong> insolito.<br />

Portai a termine le formalità: confermata la nostra partenza, lo<br />

ringraziai per l'ospitalità e lo informai che, una volta tornato a<br />

<strong>Camelot</strong>, avrei senz'altro porto i suoi più devoti e leali rispetti al<br />

riotamo, poi aspettai che si ricomponesse e fosse <strong>di</strong> nuovo in grado<br />

<strong>di</strong> rispondermi con parole adeguate. Lo ringraziai ancora una volta<br />

per la gentile accoglienza e con mia enorme sorpresa mi accorsi che<br />

quelle parole non mi erano uscite con <strong>di</strong>fficoltà; infine lo pregai <strong>di</strong><br />

estendere i miei migliori saluti a sua sorella. Quando egli annuì in<br />

segno <strong>di</strong> gratitu<strong>di</strong>ne, il suo volto aveva ritrovato finalmente un<br />

aspetto normale. Lo salutai con il gesto tipico dei soldati <strong>di</strong> cavalleria<br />

<strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>: il pugno battuto con un colpo secco sulla corazza,<br />

quin<strong>di</strong> mi inchinai profondamente, mi voltai e marciai in fretta fuori<br />

dalla sua vista.<br />

Non appena voltato l'angolo, in <strong>di</strong>rezione delle porte esterne mi<br />

imbattei in Lanar. Fu felice <strong>di</strong> vedermi, ed era sincero poiché il<br />

nostro incontro era avvenuto all'improvviso. Mi scusai per la grande<br />

fretta che avevo e gli <strong>di</strong>ssi che saremmo partiti imme<strong>di</strong>atamente; la<br />

mia scorta era fuori ad attendermi. Si incamminò al mio fianco e per<br />

un breve tratto <strong>di</strong> strada ci scambiammo cor<strong>di</strong>ali saluti d'ad<strong>di</strong>o e<br />

qualche frase <strong>di</strong> poco conto. Raggiungemmo l'uscita principale, con<br />

gli occhi socchiusi per la luce abbagliante del nuovo giorno. Lo stavo<br />

ancora ringraziando per i suoi eccellenti servizi quando mi venne in<br />

mente la parola che Connlyn aveva pronunciato più volte con<br />

rabbia alla sorella.<br />

«Un'ultima domanda amico mio,» <strong>di</strong>ssi, «tra tutta la gente <strong>di</strong> qui<br />

sei quello che probabilmente conosco meglio. Mi sono imbattuto in<br />

una parola nuova, che mi è rimasta in mente come una strofa e mi<br />

tormenta anche se non so cosa voglia <strong>di</strong>re. Sono quasi certo che la<br />

parola sia "morgas". Che lingua è e, se lo sai, che cosa vuol <strong>di</strong>re?»<br />

Mi lanciò un'occhiata sospettosa come se volessi prendermi gioco<br />

<strong>di</strong> lui. «Morgas? Non significa niente, mio signore. È soltanto un<br />

nome, nient'altro. Quello della sorella <strong>di</strong> Connlyn.»


Mi fermai all'improvviso; sapevo <strong>di</strong> poter contare sulla<br />

<strong>di</strong>screzione <strong>di</strong> Lanar e non temevo per la sua lealtà nei confronti <strong>di</strong><br />

Connlyn. Lanar era vestito <strong>di</strong> stracci il giorno in cui Connlyn mi<br />

aveva offerto i suoi servigi ed era evidente per quale dei due uomini<br />

Lanar preferisse lavorare. Infilai la mano nella bisaccia e ne estrassi la<br />

minuscola borsa <strong>di</strong> cuoio che conteneva otto delle <strong>di</strong>eci monete<br />

d'oro che avevo portato sempre con me per ogni necessità. Lanar<br />

aveva già ricevuto le altre due.<br />

«Sua sorella... Non sapevo che tu conoscessi quella dama.»<br />

Si strinse nelle spalle. «Non la conosco, lord Clothar e so ben<br />

poco <strong>di</strong> lei. Ma la dama è sua sorella e quello è il suo nome.»<br />

Gli porsi la piccola borsa <strong>di</strong> monete d'oro che tenevo in mano e<br />

sentii subito le sue <strong>di</strong>ta circondarla per valutarne il peso. Nei suoi<br />

occhi la sod<strong>di</strong>sfazione era evidente.<br />

«Facciamo due passi insieme, Lanar, mi <strong>di</strong>rai quel poco che sai <strong>di</strong><br />

lei.»


TRE<br />

Dopo quella prima visita a Connlyn e l'incontro con la sua<br />

enigmatica sorella, trovammo <strong>Camelot</strong> molto <strong>di</strong>versa. Non appena<br />

ci avvicinammo la guar<strong>di</strong>a ci <strong>di</strong>ede il benvenuto: sia Artù sia Merlino<br />

erano assenti. Fu la prima cosa che venni a sapere. <strong>Il</strong> capitano <strong>di</strong><br />

guar<strong>di</strong>a all'ingresso mi <strong>di</strong>sse anche, però, che Artù non sarebbe<br />

rimasto via a lungo: due giorni prima era partito per una battuta <strong>di</strong><br />

caccia e lo aspettavano da un momento all'altro. Lord Merlino,<br />

invece, mancava da mesi, partiva sempre per lunghi viaggi e nessuno<br />

sapeva quando sarebbe stato <strong>di</strong> ritorno.<br />

L'assenza <strong>di</strong> Merlino era un fatto pressoché scontato. Ultimamente<br />

trascorreva a <strong>Camelot</strong> sempre meno tempo: riteneva fosse possibile<br />

farsi un'idea molto più accurata e approfon<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> quanto accadeva<br />

oltre confine visitando <strong>di</strong>rettamente la gente che vi abitava e<br />

facendosi raccontare quello che stava succedendo. Artù lo aveva<br />

incoraggiato: anch'egli credeva nell'utilità della cosa.<br />

Affidai a Tristano l'incarico <strong>di</strong> congedare la cavalleria e <strong>di</strong><br />

impartire gli or<strong>di</strong>ni necessari prima che si <strong>di</strong>sperdesse; quin<strong>di</strong> andai<br />

nelle stalle per sostituire il mio cavallo ormai esausto. Decisi <strong>di</strong><br />

approfittare dei privilegi concessi ai comandanti rientrati dalla<br />

guerra, così scesi la collina e andai a villa Britannico, con le sue<br />

splen<strong>di</strong>de terme attrezzate. Mi tolsi subito l'armatura e gli abiti con i<br />

quali avevo viaggiato: sapevo che Bors mi avrebbe raggiunto a<br />

I


momenti. Non appena tornati, il mio scu<strong>di</strong>ero si era subito <strong>di</strong>retto<br />

nei miei alloggi a recuperare un intero cambio <strong>di</strong> abiti puliti, dalla<br />

biancheria intima alle vesti esterne, che dopo essere stati lavati più<br />

volte, piegati e sistemati nelle casse, erano pronti all'uso per la<br />

successiva campagna militare. Mi concessi un lungo bagno, passando<br />

dalla vasca tiepida a quella calda, e infine alla sauna, dove sudai fino<br />

quasi a sciogliermi le ossa. Tutto fumante e grondante <strong>di</strong> sudore, mi<br />

immersi poi, senza pensarci troppo, nelle acque ghiacciate del<br />

frigidarium, dalle quali uscii subito per andare a stendermi su un<br />

basamento <strong>di</strong> pietra dove, avvolto in un grosso asciugamano caldo,<br />

mi abbandonai alle sapienti mani <strong>di</strong> un massaggiatore della villa.<br />

A massaggio completato, mi sentii un uomo nuovo. Bors, intanto,<br />

aveva messo a posto il <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne che avevo lasciato ed era pronto<br />

con un cambio completo <strong>di</strong> morbi<strong>di</strong> abiti cal<strong>di</strong>. Niente armatura! Era<br />

meraviglioso essere <strong>di</strong> nuovo a casa. Ringraziai il mio giovane<br />

scu<strong>di</strong>ero e gli concessi <strong>di</strong> prendersi le sue libertà, <strong>di</strong>cendogli che non<br />

avrei più avuto bisogno dei suoi servigi fino al mattino seguente. Poi<br />

uscii, montai in sella e mi <strong>di</strong>ressi alla fortezza. Nell'attraversare il<br />

cortile della villa che portava alle stalle mi accorsi per la prima volta<br />

del numero sorprendente <strong>di</strong> giovani donne vestite in modo<br />

appariscente, molte delle quali, osservandomi senza alcun<br />

imbarazzo, si mettevano a ridere scioccamente tra loro.<br />

Perplesso alla vista <strong>di</strong> così tante donne che non conoscevo, in un<br />

posto in cui non ricordavo <strong>di</strong> averne mai vista nessuna, rivolsi un<br />

cenno <strong>di</strong> saluto al gruppo più numeroso. Spronai, quin<strong>di</strong>, il cavallo<br />

con le ginocchia e lo guidai verso la porta, oltre la quale mi lanciai al<br />

galoppo, a briglie sciolte, per circa un miglio fin quasi alla cima alla<br />

collina <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>. Poi, tirando le re<strong>di</strong>ni, con un'andatura più<br />

tranquilla, cominciai a salire l'ampio e ventoso tratto <strong>di</strong> strada che<br />

portava ai cancelli.<br />

Non appena li oltrepassai scorsi <strong>di</strong> nuovo una quantità<br />

sorprendente <strong>di</strong> giovani donne. Piuttosto imbarazzato, guidai il mio<br />

cavallo lungo il perimetro delle mura interne riuscendo a evitarle<br />

tutte, mentre mi guardavo intorno con la speranza <strong>di</strong> vedere<br />

qualcuno dei miei amici.<br />

Sentii l'inconfon<strong>di</strong>bile rumore <strong>di</strong> spade <strong>di</strong> legno tipico delle


esercitazioni, e lo seguii finché non trovai Ghilleadh e Bedwyr che si<br />

sfidavano in uno dei piccoli giar<strong>di</strong>ni creati negli ultimi anni un po'<br />

dappertutto all'interno della fortezza. Le loro pesanti armi si<br />

muovevano a una velocità tale che i miei occhi ne seguivano a fatica<br />

la traiettoria e, fra un rimbombare <strong>di</strong> legni che si schiantavano l'uno<br />

contro l'altro, riuscivo a cogliere soltanto movimenti confusi. Erano<br />

entrambi totalmente concentrati sulle mosse del rivale. <strong>Il</strong> primo a<br />

notarmi fu Bedwyr: con un balzo si cavò dalla competizione e<br />

piantò a terra la punta della sua spada. Ghilly, che stava per<br />

affondare un possente colpo <strong>di</strong> rovescio, fu così costretto a fermarsi<br />

e a voltarsi per vedere a chi rivolgesse quegli sciocchi sorrisi il suo<br />

oppositore. Per Bedwyr il mio arrivo fu provvidenziale: non stava<br />

affatto combattendo nel migliore dei mo<strong>di</strong>. Era rosso in viso, sudato<br />

e con il fiato corto. La cosa non mi stupì più <strong>di</strong> tanto: io stesso,<br />

combattendo contro lo straor<strong>di</strong>nario e infaticabile Ghilleadh, mi ero<br />

trovato più volte in quelle con<strong>di</strong>zioni.<br />

Tra noi tutti Ghilleadh era <strong>di</strong> gran lunga lo spadaccino più forte, il<br />

migliore: aveva riflessi veloci come la luce e una immensa forza in<br />

braccia, spalle e gambe. Non parlava molto, ma era sempre pronto a<br />

combattere e a vincere in qualunque momento. Era forse il<br />

compagno più amato, benché non ci fosse cavaliere che non avesse<br />

trascorso giorni interi a riprendersi dalle ferite da lui procurate.<br />

Ora mi sorrideva, e in lui nulla lasciava trapelare che pochi istanti<br />

prima fosse impegnato in un combattimento quasi mortale con<br />

Bedwyr, che al contrario boccheggiava. «Lanciere,» borbottò «sei<br />

tornato! Bravo! Pren<strong>di</strong> la spada <strong>di</strong> Bedwyr e mostraci cosa hai<br />

imparato mentre eri via.»<br />

Alzai le mani in segno <strong>di</strong> resa, lamentando che ero tornato da<br />

troppo poco tempo per cimentarmi in attività così impegnative. Poi<br />

mi lasciai scivolare giù dalla sella e andai ad abbracciarli entrambi. Fu<br />

allora che chiesi informazioni sul perché <strong>di</strong> tutte quelle giovani<br />

donne in giro.<br />

«Vanno tutte <strong>di</strong>etro ad Artù» si lamentò Ghilly.<br />

«Dietro ad Artù! E perché?» domandai. Alzò il sopracciglio, con<br />

espressione cupa, e si concentrò sulla cinghia slegata <strong>di</strong> un gambale.<br />

Ci riprovai con Bedwyr. «Cosa sta succedendo?»


«Proposte <strong>di</strong> matrimonio» replicò quest'ultimo, con un sorriso più<br />

largo che mai. «Trattati e alleanze in vista. A <strong>Camelot</strong> al momento ci<br />

sono sei re assetati <strong>di</strong> potere accompagnati dalle loro rispettive figlie,<br />

anch'esse ansiose e impazienti.»<br />

«Sei? Ma ce ne sono molte <strong>di</strong> più! Ne ho viste a dozzine e non<br />

sono stato qui che qualche attimo.»<br />

«Ma quelle che aspirano alla mano e al regno <strong>di</strong> Artù sono<br />

soltanto sei. Le altre, semplici dame <strong>di</strong> compagnia, sono come noi<br />

cavalieri della Tavola Rotonda: cugine, sorelle e zie tutte al servizio<br />

delle loro signore. E hanno reso pranzi e cene molto più interessanti,<br />

cre<strong>di</strong> a me. Donne a parte, ci sono più bar<strong>di</strong> e musicisti qui, oggi, <strong>di</strong><br />

quanti non ne abbia mai visti. Per non parlare <strong>di</strong> tutti i saltimbanchi,<br />

gli acrobati e i suonatori.»<br />

Mi voltai <strong>di</strong> nuovo verso Ghilly, la cui faccia era una maschera<br />

bianca. «E tu, Ghilly, pensi <strong>di</strong> riuscire a trovarti una moglie in mezzo<br />

a tutte queste bellezze?»<br />

Piegò la testa <strong>di</strong> lato. «Certo, se <strong>di</strong>venterò vecchio e malfermo<br />

prima che se ne vadano. Non voglio mogli, amico. Non sono un<br />

conta<strong>di</strong>no legato alla terra e nemmeno un re che spera <strong>di</strong> ottenere<br />

vantaggi grazie a qualche matrimonio propizio. Sono un soldato.<br />

Vivo libero e questo è quanto chiedo alla vita. <strong>Il</strong> mio bisogno <strong>di</strong><br />

donne è minimo e se si fa sentire posso sempre sod<strong>di</strong>sfarlo senza<br />

avere tra i pie<strong>di</strong> la lingua lunga <strong>di</strong> una moglie. Che Id<strong>di</strong>o me ne<br />

scampi! Nemmeno se ci fossero donne smaniose <strong>di</strong> maritarsi con me,<br />

Lanciere. Non mi sposerò mai.»<br />

«E tu, Lanciere? Ne saresti tentato?» Bedwyr mi sorrideva<br />

bonariamente.<br />

«Tentato? Sì, può darsi. Ogni uomo può esserlo. Ma mi risulta<br />

piuttosto <strong>di</strong>fficile ora, visto che non ho potuto avvicinare nessuna <strong>di</strong><br />

quelle colorite creature tanto da vederla in volto. A essere sincero<br />

stavo pensando a tutt'altro, per esempio a come trovare qualcosa <strong>di</strong><br />

fresco da bere. Dove potrei farmi una bella bevuta?»<br />

«Nelle cucine! Hanno aperto un nuovo barile <strong>di</strong> birra proprio ieri<br />

sera. An<strong>di</strong>amo anche noi, Ghilly. Rassegnati, metti via la spada e<br />

vieni a berti una buona birra in compagnia. Forse riusciremo a


trovarti una moglie senza la lingua lunga.»<br />

Quel giorno le cucine, in parte al chiuso, in parte all'aperto, erano<br />

probabilmente l'unico posto in tutta <strong>Camelot</strong> dove un uomo poteva<br />

starsene seduto in tranquillità, senza trovarsi davanti qualche donna<br />

affascinante.<br />

A <strong>di</strong>re il vero, anche lì c'erano delle giovani ma si trattava <strong>di</strong><br />

ragazze che lavoravano e ai nostri occhi parevano pressoché<br />

invisibili, poiché affaccendate a servire, quella notte, centinaia <strong>di</strong><br />

persone.<br />

La birra era eccelsa, amabile e fresca, priva <strong>di</strong> quella penetrante<br />

amarezza che avevo riscontrato in alcuni barili dell'anno precedente.<br />

Ci sistemammo tutti e tre a un tavolo esterno e ci mettemmo<br />

como<strong>di</strong> a parlare del genere <strong>di</strong> cose che gli uomini si raccontano<br />

quando sono liberi da doveri e incombenze. Quell'anno Bedwyr<br />

aveva ottenuto l'incarico <strong>di</strong> prestare servizio a <strong>Camelot</strong>, la<br />

destinazione più importante e ambita da tutti noi, ragion per cui<br />

aveva passato un'estate decisamente piacevole senza che nulla<br />

minacciasse la sua facile esistenza. Ghilly, al contrario, aveva dovuto<br />

raggiungere i confini meri<strong>di</strong>onali e occidentali dove si era scontrato<br />

più volte con orde <strong>di</strong> invasori, spesso ingenti e pericolose. Era<br />

riuscito ad aggirarle, combatterle e sconfiggerle tutte e, orgoglioso e<br />

fiero dell'abilità <strong>di</strong>mostrata dai suoi uomini, era tornato qualche<br />

giorno prima con una per<strong>di</strong>ta irrisoria <strong>di</strong> quattor<strong>di</strong>ci soldati e venti<br />

cavalli. La cosa non stupì nessuno: Ghilleadh era conosciuto come il<br />

comandante più severo <strong>di</strong> tutta <strong>Camelot</strong> e i suoi uomini, se non<br />

erano <strong>di</strong> pattuglia, si trovavano costantemente sui campi<br />

d'addestramento.<br />

Merlino se n'era andato, ma nessuno sapeva dove, ed era rimasto<br />

via per quasi tutta la stagione, mentre Artù, seppi allora, aveva<br />

trascorso l'estate a trattare con emissari inviati da ogni parte del<br />

paese, per cementare vecchie relazioni e negoziare nuove alleanze.<br />

Scossi la testa. «E con tutte queste splen<strong>di</strong>de donne, ha trovato il<br />

tempo <strong>di</strong> andarsene a caccia?»<br />

«Be', in realtà è scappato» mormorò Ghilly. «Lo hanno costretto<br />

ad andarsene. Conosci Artù. Trova più bellezza nelle corna <strong>di</strong> un<br />

cervo che in un branco <strong>di</strong> donne. Ed essendo questa volta lui la


preda, si è nascosto. Avrei fatto anch'io lo stesso. E forse anche tu.»<br />

«Ne dubito» <strong>di</strong>ssi, sorridendo. «Allora, chi sono questi sei re che<br />

offrono le loro figlie in cambio <strong>di</strong> una ricompensa da ruffiano?»<br />

Rispose Bedwyr. «Avere una figlia sposata al sommo re è una<br />

grossa ricompensa, Lanciere, per qualunque ruffiano, re o<br />

men<strong>di</strong>cante che sia. Puoi capire quanto sia grossa la posta in gioco<br />

anche dal semplice fatto che si sono presentati tutti insieme e con lo<br />

stesso obiettivo in mente. Cercare <strong>di</strong> essere gentile con tutti, farli<br />

sorridere senza offendere nessuno è una cosa che fa stare Artù sulle<br />

spine, te lo assicuro. È un sentiero tortuoso. Ci sono volte in cui la<br />

tensione, qui intorno, è talmente forte che la si può toccare; mi<br />

chiedo come mai, a questo punto, non si siano ancora saltati alla<br />

gola l'un l'altro.»<br />

«Chi sono questi re?»<br />

«Be', c'è Pelinore, il più importante, dal nord della Cambria. Lo<br />

conosciamo già, è un uomo onesto, un amico fedele e un potente<br />

guerriero. Con un patto ufficiale come questo, <strong>di</strong>venterebbe un<br />

alleato potentissimo, e potrebbe essere il can<strong>di</strong>dato ideale, se non<br />

fosse che <strong>di</strong>sgraziatamente ha una figlia orribile, con una faccia da<br />

cavallo. Davvero uno scherzo della natura, e per giunta anche<br />

grossa. Una vera ragazzona. Poi c'è Cyngal, dal sud-est dell'Eire.<br />

Possiede una grossa flotta <strong>di</strong> galee e una figlia adorabile, ma non<br />

credo che Artù sia interessato a un'alleanza con l'Eire, non ora che<br />

possiamo ottenere una flotta altrettanto grande da Annar, re<br />

dell'isola <strong>di</strong> Mann. Ma non può certo inimicarsi Cyngal, quin<strong>di</strong>,<br />

anche con lui, deve agire in modo assennato. Annar ha una figlia <strong>di</strong><br />

nome Anna. Direi che è la più graziosa del gruppo. Ma conosco suo<br />

padre da quando era un ragazzo ed è sempre stato uno zoticone<br />

ignorante, uno spaccone prepotente, che non si farebbe problemi a<br />

tra<strong>di</strong>re se gli tornasse utile. Se fossi io il sommo re, non mi fiderei <strong>di</strong><br />

affidargli i miei interessi. È troppo pieno <strong>di</strong> sé per <strong>di</strong>mostrare<br />

davvero fedeltà a un suo rivale, anche se gli riuscisse <strong>di</strong> chiamarlo<br />

alleato e fingesse <strong>di</strong> baciargli il culo.<br />

E questi sono i primi tre. Chi altro c'è? Ah, un tizio <strong>di</strong> nome Einar,<br />

un anglo originario delle coste sassoni, vicino alla vecchia città <strong>di</strong><br />

Colchester. Ci crederesti? Uno straniero anglo! Sembra che la sua


gente si sia stabilita laggiù, nell'est, ormai da quasi un secolo. Ed<br />

eccolo qui a invocare un'alleanza con <strong>Camelot</strong>.»<br />

«E la figlia?»<br />

Bedwyr si strinse nelle spalle. «Attraente, immagino, se ti<br />

piacciono i capelli biondo cenere, la pelle <strong>di</strong>afana e gli occhi slavati.<br />

Si chiama Hilda ed è piuttosto avvenente, ma con Anna, la figlia <strong>di</strong><br />

Annar, non c'è confronto.»<br />

«E chi altro c'è? Te ne mancano ancora due.»<br />

«Sì, lo so. Fammi pensare. C'è un bestione dall'aspetto truce <strong>di</strong><br />

nome Lachlan. Anche lui viene dalla Cambria, dal lontano Nord,<br />

oltre Snowdon. Grande e grosso, e con la faccia scura, ha sempre lo<br />

sguardo torvo e mugugna tra sé come se tutti stessero per saltargli<br />

addosso, pronti a ucciderlo. Eppure è qui e la figlia ha tutta l'aria <strong>di</strong><br />

essere un bel bottino.<br />

Alta, con i capelli neri e occhi blu, indossa sempre abiti gialli.<br />

L'ultimo re è Kilmorack, viene dal cuore della Britannia. La sua<br />

roccaforte è la vecchia fortezza romana <strong>di</strong> Venonae, anche se ora lo<br />

chiamano <strong>di</strong>versamente. Dal modo in cui ne parla, si tratta <strong>di</strong> un<br />

forte in piena regola, con tutti gli uomini necessari a <strong>di</strong>fenderlo da<br />

qualunque nemico. Sua figlia è la più giovane <strong>di</strong> tutte, ha appena<br />

do<strong>di</strong>ci anni, ma promette <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare bellissima.»<br />

«E allora perché è venuto qui? Se lui e i suoi domini sono ben<br />

fortificati e <strong>di</strong>fesi, perché andare in cerca <strong>di</strong> un'alleanza con<br />

<strong>Camelot</strong>?»<br />

«Perché è saggio e, a mio parere, responsabile. Ha capito quello<br />

che sta succedendo. I Sassoni <strong>di</strong>ventano più forti ogni anno che<br />

passa. Per il momento egli è abbastanza ricco e potente da tenerli<br />

lontani, ma non durerà per sempre. I soldati che ha non sono molti.<br />

Basterà la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> un solo uomo a indebolirlo, e i Sassoni<br />

continuano ad arrivare, ogni anno sempre più numerosi.»<br />

«Mmm. Hai ragione, Bedwyr, è saggio. Ho vissuto quella stessa<br />

situazione in Gallia: ogni uomo che perdevo rappresentava una<br />

catastrofe cui non era possibile porre rime<strong>di</strong>o. Sono situazioni dure<br />

da sostenere: sembra che questo Kilmorack sia davvero intenzionato<br />

a fare qualcosa. Come lo considera Artù?»


«Esattamente come lo consideriamo io e Bedwyr» <strong>di</strong>sse Ghilly. «Gli<br />

è favorevole. Confida in lui. È un alleato naturale. La pensa come<br />

noi, combatte come noi: duramente, con intelligenza e<br />

determinazione. Ed è decisamente un abile comandante.»<br />

«Cre<strong>di</strong> che Artù sposerà sua figlia, la do<strong>di</strong>cenne?»<br />

«Mah!» Ghilly liquidò la mia domanda in modo sdegnato, con<br />

una risata.<br />

«Non ce n'è bisogno. Quei due sono già amici. Alleati naturali,<br />

come <strong>di</strong>cevo.»<br />

«Venonae, hai detto, è così che si chiama il posto da cui viene?»<br />

Lanciai un'occhiata a Bedwyr.<br />

«Neanch'io l'ho mai sentito nominare.»<br />

Bedwyr sorrise. «E se non fosse capitato da queste parti non<br />

l'avremmo sentito neppure noi, ma è sempre esistito, e a quanto<br />

pare, da secoli. Fu costruito da Svetonio Paolino, il governatore<br />

romano che governò la Britannia al tempo della rivolta <strong>di</strong> Bou<strong>di</strong>cca,<br />

all'epoca dell'imperatore Clau<strong>di</strong>o. Ho la sensazione che sapremo<br />

molto <strong>di</strong> più su quelle terre, ora che Artù ne ha conosciuto il re.<br />

Versami un altro po' <strong>di</strong> birra.»<br />

Restammo seduti lì a bere e a parlare, saltando da un argomento<br />

all'altro, finché non ci interruppe il limpido suono <strong>di</strong> un corno<br />

d'ottone, presto seguito da altri tre.<br />

«Artù è tornato» <strong>di</strong>sse Ghilleadh, alzandosi in pie<strong>di</strong>. «An<strong>di</strong>amo.»


II<br />

<strong>Il</strong> re, il cui viso era inaspettatamente coperto da una barba sottile,<br />

si mostrò felice <strong>di</strong> vedermi, ma al <strong>di</strong> là del piacere genuino che<br />

esprimeva il suo sorriso <strong>di</strong> benvenuto, ebbi la sensazione che una<br />

parte della sua contentezza derivasse da ragioni simili a quelle che<br />

poche ore prima aveva avuto Bedwyr, quando grazie alla mia<br />

comparsa si era salvato dal castigo <strong>di</strong> Ghilly. Era senza armatura e<br />

indossava abiti da caccia che facevano risaltare il suo fisico possente;<br />

l'unica arma bene in vista era Excalibur la cui grande elsa spuntava<br />

dall'imbracatura <strong>di</strong>etro le sue spalle. Era in compagnia <strong>di</strong> un folto<br />

gruppo <strong>di</strong> uomini, più <strong>di</strong> una ventina, contando anche la scorta<br />

armata. Sei <strong>di</strong> loro erano ovviamente i suoi ospiti reali, e lo capii<br />

dagli abiti che indossavano, ancor prima <strong>di</strong> scorgere Pelinore in<br />

mezzo a loro.<br />

Artù non era realmente scappato, aveva trovato un modo per<br />

fuggire dalle onnipresenti schiere <strong>di</strong> fanciulle, offrendo ai loro padri<br />

un'opportunità che questi non potevano rifiutare: perorare la<br />

propria causa in un contesto piacevole come quello <strong>di</strong> una battuta <strong>di</strong><br />

caccia. Mi accorsi che era stanco e provai per lui un moto <strong>di</strong><br />

solidarietà: non doveva essere piacevole, pensai, essere<br />

costantemente circondato da un branco <strong>di</strong> ospiti parassiti e<br />

opportunisti, considerando soprattutto che il loro comune interesse<br />

li metteva l'uno contro l'altro.<br />

Quando i miei occhi si fermarono <strong>di</strong> nuovo su Pelinore, provai un<br />

forte senso <strong>di</strong> colpa per aver pensato a lui, anche solo per un attimo,<br />

come a un parassita, poiché sapevo che non lo era affatto. Degli<br />

altri, invece, non potevo <strong>di</strong>re altrettanto e continuai a <strong>di</strong>sapprovare<br />

tranquillamente la loro condotta finché, pensai, il tempo e gli eventi<br />

non mi avessero smentito.<br />

Chi <strong>di</strong> loro era Kilmorack, mi chiesi, che aveva a tal punto<br />

infervorato gli animi <strong>di</strong> Ghilly e Bedwyr? Quando lo vi<strong>di</strong>, lo


iconobbi all'istante. C'era qualcosa in lui che lo <strong>di</strong>stingueva da tutti i<br />

suoi compagni. Era più giovane, mi sembrò, <strong>di</strong> almeno cinque o<br />

<strong>di</strong>eci anni, e l'espressione del suo viso e i mo<strong>di</strong> mostravano - a me,<br />

per lo meno, in base a quanto scoperto dai miei amici - una certa<br />

<strong>di</strong>sinvoltura nei confronti <strong>di</strong> Artù che gli altri non avevano. Si<br />

trattava <strong>di</strong> una pura congettura da parte mia ma sentivo che non mi<br />

sbagliavo.<br />

«Mio signore riotamo» <strong>di</strong>ssi, inchinandomi e usando per esteso il<br />

titolo <strong>di</strong> Artù, che nel frattempo era sceso da cavallo e mi stava<br />

venendo incontro a braccia aperte.<br />

«Seur Clothar! Siete una <strong>di</strong> quelle visioni che allietano l'animo <strong>di</strong><br />

un uomo. Quando siete tornato?» Mi accolse, avvolgendomi in un<br />

grande abbraccio; poi, senza aspettare la mia risposta, mi lasciò e si<br />

rivolse al gruppo dei cacciatori, tenendo un braccio ancora intorno<br />

alle mie spalle. <strong>Il</strong> gruppo rimase a guardarci: avevano tutti<br />

espressioni <strong>di</strong>verse, ma ugualmente indecifrabili. «Miei signori, avete<br />

già conosciuto i miei due cavalieri Ghilleadh e Bedwyr; ora voglio<br />

che conosciate un altro membro della confraternita: questo è Seur<br />

Clothar, da poco tornato con il suo gruppo armato da un ampio<br />

pattugliamento nelle terre del Nord, vicino al Vallo.<br />

Sono passati almeno sei mesi dall'ultima volta che abbiamo visto<br />

la sua faccia sorridente da queste parti ed è con enorme piacere che<br />

voglio comunicargli il bentornato a casa.» Abbassò lo sguardo, dato<br />

che era mezza testa più alto <strong>di</strong> me, e mi sorrise; tornò infine a<br />

guardare i suoi ospiti senza smettere <strong>di</strong> parlare. Benché si rivolgesse a<br />

tutti, sapevo che le sue parole erano soprattutto per i sei re in visita.<br />

«Seur Clothar e io, come voi capirete, abbiamo molte cose <strong>di</strong> cui<br />

parlare, dopo una così lunga separazione... questioni <strong>di</strong> cui<br />

immagino vorrà mettermi a conoscenza senza perdere altro tempo.<br />

Sono costretto a chiedervi, perciò, <strong>di</strong> intrattenervi da soli per alcune<br />

ore finché non avrò tirato fuori dal cervello del mio comandante<br />

tutte le informazioni che egli ha accumulato da quando è partito. Vi<br />

raggiungerò questa sera nella grande sala per la cena. Nel frattempo<br />

abbiate cura <strong>di</strong> voi. Come sapete, a villa Britannico, dove tutti voi<br />

soggiornate, c'è un ottima sauna e i servizi che offre sono a vostra<br />

<strong>di</strong>sposizione. Sarete liberi <strong>di</strong> immergervi nel vapore, lavarvi ed


espellere con il sudore la fatica degli ultimi giorni e, se mi<br />

assomigliate almeno un po', vi meraviglierete <strong>di</strong> quanto bravi siano i<br />

nostri massaggiatori nel dare sollievo e ristoro ai muscoli doloranti<br />

dopo un buon bagno. Seur Ghilleadh e Seur Bedwyr si occuperanno<br />

<strong>di</strong> qualunque vostro eventuale bisogno. Venite ora, Seur Clothar,<br />

accompagnatemi e <strong>di</strong>temi tutto quello che devo sapere sulle vostre<br />

vicissitu<strong>di</strong>ni nel Nord.»<br />

Tenne il braccio intorno alle mie spalle e la testa accanto alla mia<br />

finché non voltammo l'angolo del cortile e fummo fuori dalla vista<br />

dei suoi ospiti. In tutto quel tempo non aveva pronunciato una sola<br />

parola. Sapevo che si trattava <strong>di</strong> una farsa: voleva far credere a chi ci<br />

aveva visto andare via che fossimo intenti a <strong>di</strong>scutere animatamente.<br />

Ma non appena voltato l'angolo, si fermò, alzò le braccia e strofinò<br />

gli occhi con il dorso delle mani.<br />

«Ringrazio Id<strong>di</strong>o del tuo tempestivo arrivo, Lance. Giuro su tutti<br />

gli dèi dell'antichità che, se avessi saputo che essere il sommo re<br />

comportava simili stupidaggini, non avrei mai accettato la corona.<br />

Dolce madre <strong>di</strong> Dio! Non c'è mai fine alle richieste <strong>di</strong> alcuni <strong>di</strong> quei<br />

signori... La fatica <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare la loro vanità e le loro follie<br />

porterebbe perfino l'antico Sisifo a chiedere un masso più grosso da<br />

spingere con il naso piuttosto che assumersi l'incarico <strong>di</strong> assecondarli.<br />

È davvero incre<strong>di</strong>bile quanto sono meschini.»<br />

«Includete anche Pelinore, mio signore?»<br />

«No, per niente. Non mi riferisco a tutti. Pelinore è tra loro solo<br />

per caso. E venuto qui con la figlia Rhea in cerca <strong>di</strong> protezione. A<br />

quanto pare era al corrente dell'arrivo degli altri e, immaginando che<br />

avrebbero cercato <strong>di</strong> ottenere vantaggi in cambio delle loro figlie da<br />

sacrificare alla mia reale lussuria, è venuto per tenere d'occhio<br />

l'evolversi degli eventi e valutare le ambizioni e le inclinazioni dei re<br />

suoi compagni. In quanto a Rhea, io e lei siamo amici da molti anni<br />

e tra noi non c'è la minima attrazione. Pelinore lo sapeva già prima<br />

<strong>di</strong> partire. L'ha solo portata come copertura, per tutelarsi. No,<br />

Pelinore non è una <strong>di</strong> quelle vecchie cornacchie.»<br />

«E Kilmorack?» Nel sentire quel nome Artù sollevò le sopracciglia<br />

in un guizzo <strong>di</strong> sorpresa. Allora spiegai: «Non lo conosco ma Bedwyr<br />

e Ghilly mi hanno parlato <strong>di</strong> lui questo pomeriggio davanti a una


irra».<br />

Mi fissò per alcuni istanti, poi <strong>di</strong>sse: «Lo stimano».<br />

Annuii, e lui fece lo stesso. «E lo stimo anch'io, quando l'avrai<br />

conosciuto capirai. Kilmorack è un grande uomo, esattamente il<br />

genere <strong>di</strong> alleato <strong>di</strong> cui abbiamo bisogno. Ma siamo entrambi<br />

d'accordo, senza averne dovuto <strong>di</strong>scutere, che non ci sarà alcun<br />

bisogno che io sposi sua figlia per cementare un'alleanza. Ama<br />

troppo quella bambina per usarla così, non importa quanto sia<br />

necessario. Io, del resto, non potrei neanche concepire l'idea <strong>di</strong><br />

sposare una bambina. Dove siete andati a bere quella birra <strong>di</strong> cui mi<br />

parlavi?»<br />

Gli sorrisi. «Nelle cucine... Anche se fuori all'ombra, seduti a un<br />

tavolo.»<br />

«Torniamoci, allora. Accompagnami, ma scegliamo una strada<br />

dove nessuno possa vederci. Se oggi sarò costretto a sorridere<br />

ancora, finirò per impazzire e uccidere qualcuno.»<br />

Lungo il tragitto non incontrammo anima viva e una volta giunti<br />

a destinazione ci sedemmo allo stesso tavolo. Non ci sorrise nessuno,<br />

ma la notizia della presenza del re seduto fuori fece subito accorrere<br />

Curio, il responsabile delle cucine. Arrivò in gran fretta, pochi istanti<br />

dopo il nostro arrivo, sfregandosi le mani sul bianco e lungo<br />

grembiule che indossava sempre. «Mio signore, sommo re...»<br />

Artù lo interruppe alzando una mano. «Scusa se ti interrompo,<br />

Curio, ma sono in incognito. Ho bisogno <strong>di</strong> tranquillità e<br />

anonimato; io e il mio amico, Seur Clothar dobbiamo fare una<br />

chiacchierata. Secondo lui, questo era il posto più adatto <strong>di</strong> tutta<br />

<strong>Camelot</strong>. Mi ha anche detto che, oltre a essere cortese e <strong>di</strong>screto, hai<br />

una birra eccellente. Potrei averne un po'?»<br />

Curio si allontanò con passo pesante, sopraffatto dai complimenti<br />

e dalla cortesia del re, e tornò, poco dopo, con un'enorme brocca <strong>di</strong><br />

birra appena spillata, due grossi boccali <strong>di</strong> ceramica, un piatto <strong>di</strong><br />

legno con carne fredda e formaggio, del pane appena affettato e un<br />

recipiente colmo <strong>di</strong> prezioso olio d'oliva. Dopo che se ne fu andato<br />

per la seconda volta, nessun inserviente della cucina ci degnò più <strong>di</strong><br />

uno sguardo né osò <strong>di</strong>sturbare il nostro colloquio. Quel piccolo


spazio raccolto sarebbe rimasto nostro finché lo avessimo desiderato.<br />

Ero affamato - non avevo più messo in bocca niente da uno<br />

spuntino all'alba - ed era evidente che Artù lo fosse quanto me.<br />

Rimanemmo in amichevole silenzio a mangiare finché nel vassoio<br />

non rimasero che poche briciole. Artù, allora, si appoggiò allo<br />

schienale e bevve dal boccale a gran<strong>di</strong> sorsate, per poi ruttare<br />

silenziosamente quando lo posò <strong>di</strong> nuovo sul tavolo.<br />

«Hai ragione, questa birra è eccellente. Allora <strong>di</strong>mmi; come è<br />

andata lassù nel Nord? Hai avuto qualche problema? Connlyn è<br />

rimasto sorpreso nel vederti?»<br />

«Lo è stato, mio signore. Sembra abbia apprezzato...»<br />

«Finiamola con queste sciocchezze» interruppe il re. «Mi hanno<br />

chiamato "mio signore" fino alla nausea in queste ultime settimane.<br />

Mi farebbe molto più piacere se mi chiamassi semplicemente Artù<br />

quando siamo soli. Lo sai?»<br />

«Benissimo... Artù. In quanto ai problemi, non ne abbiamo avuto<br />

uno che non siamo stati in grado <strong>di</strong> risolvere.»<br />

«Hai perso molti uomini?»<br />

«Nessuno. Non una sola per<strong>di</strong>ta nonostante siamo incappati in<br />

una banda <strong>di</strong> predoni vicino alle terre <strong>di</strong> Connlyn. Li abbiamo presi<br />

e annientati e siamo stati tanto fortunati da non riportare neanche<br />

una ferita.»<br />

Alzò una mano per interrompermi prima che potessi continuare.<br />

«Eccellente. Ma a meno che tu non abbia qualcosa <strong>di</strong> urgente da<br />

<strong>di</strong>rmi, preferirei ricevere il tuo rapporto quando avrò lo stato<br />

d'animo giusto per ascoltarlo.»<br />

«Allora no, non c'è niente <strong>di</strong> così urgente che non possa<br />

aspettare.»<br />

«Ancora eccellente. Ora invece <strong>di</strong>mmi un'altra cosa: quanto pensi<br />

che mi siano devoti i miei cavalieri della Tavola Rotonda?»<br />

Rimasi a fissarlo, il boccale sospeso a mezz'aria. «Cosa significa?<br />

Sapete bene quanto la loro lealtà sia incon<strong>di</strong>zionata, mio sign...» Mi<br />

interruppi e abbassai il boccale sul tavolo. «Non troverete mai una<br />

fedeltà più grande, non importa dove o quanto a lungo la


cercherete.»<br />

«Sì, questo lo so, Lance, ma non era esattamente quello che<br />

intendevo; immagino <strong>di</strong> averti posto una domanda un po' troppo<br />

vaga. Quello che volevo chiederti è se farebbero qualunque cosa<br />

chiedessi loro.»<br />

Ancora confuso, gli risposi più bruscamente <strong>di</strong> quanto non avessi<br />

mai fatto. «Sì, lo farebbero. Tutti. Anche se significasse morire.»<br />

«E se si trattasse <strong>di</strong> morire restando vivi?»<br />

«Artù, non capisco minimamente cosa state cercando <strong>di</strong> <strong>di</strong>rmi.»<br />

Sorrise, ma i pensieri e gli occhi fissi erano concentrati su altro.<br />

«Non importa, mi chiedevo soltanto se si sposerebbero al mio posto,<br />

se glielo chiedessi.»<br />

«Sposarsi al vostro posto?» Scoppiai in una sonora risata che attirò<br />

il suo sguardo e continuai a ridere quando mi resi conto a cosa erano<br />

rivolti i suoi pensieri. «Volete <strong>di</strong>re, se vi toglierebbero l'onere <strong>di</strong><br />

dover scegliere una moglie tra le vostre supplicanti? Sì, lo farebbero,<br />

alcuni <strong>di</strong> loro per lo meno. Però, noi siamo in otto, Artù, e qui<br />

soltanto in tre, mentre tu hai sei giovani donne che spasimano per<br />

avere te, e subito. Del resto, non solo i re legittimi e i condottieri<br />

potrebbero avere delle figlie da sposare, ma qualunque insignificante<br />

ban<strong>di</strong>to tanto potente da proclamarsi re. Devono essercene a<br />

dozzine in tutta la regione. Sono sicuro che la maggior parte non<br />

sarebbe felice <strong>di</strong> traslocare per meno <strong>di</strong> un re.»<br />

«Nemmeno per i più vicini e fidati amici del re? Qui ti sbagli,<br />

Lance. Perfino i loro padri vedrebbero i vantaggi legati a un<br />

matrimonio con un legato generale <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>.»<br />

«Sì, ma...» Rimasi colpito da un'improvvisa rivelazione. «Non<br />

finirà finché non avrete fatto una scelta, potete starne certo.»<br />

Artù trasse un profondo sospiro, in cui lessi rimpianto e infelicità.<br />

«No, Lance, non finirà. Sembro l'unico in questa regione a non<br />

desiderare che si faccia una scelta.»<br />

«Non volete proprio scegliere?»<br />

«Assolutamente no, ma lo <strong>di</strong>co solo a te. Non desidero sposarmi,<br />

con nessuna, nemmeno in nome del mio popolo. D'altra parte,


posso fare una sola scelta, e quella che prenderei mi metterebbe<br />

contro tutti gli altri. Ma sembra che nessuno riesca a capirlo, neanche<br />

Merlino.<br />

Se ne facessi una - e sembrano tutti convinti che questo sia il mio<br />

dovere - i miei progetti svanirebbero nel nulla, forse<br />

irrime<strong>di</strong>abilmente. Tutti gli sforzi fatti finora, le negoziazioni e i<br />

piani, le opere <strong>di</strong> persuasione, le minacce <strong>di</strong> ostilità e i trattati<br />

potrebbero andare in fumo solo per aver scelto una moglie fra un<br />

branco <strong>di</strong> concorrenti <strong>di</strong>ffidenti e ambiziosi. So già che due <strong>di</strong> quelli<br />

presenti oggi, Annar dell'isola <strong>di</strong> Mann e Lachlan dal nord della<br />

Cambria, se non sposassi le loro figlie, ne sono certo, ci priverebbero<br />

imme<strong>di</strong>atamente del loro supporto. Ma per quanto sia il sommo re<br />

non mi è consentito sposarmi con due donne. La Chiesa consente a<br />

un uomo <strong>di</strong> avere una moglie per volta e questo vale per il re, come<br />

per tutti gli altri uomini. Se scegliessi la figlia <strong>di</strong> uno, l'altro scioglierà<br />

o violerà subito il nostro trattato. Questo è il quadro della situazione<br />

estrema in cui mi trovo, Clothar. Qualunque cosa faccia non ne<br />

uscirò mai vincente.»<br />

«E allora cosa farete? Ho l'impressione che abbiate già scelto una<br />

strategia, ma non riesco a immaginare quale possa essere.»<br />

«L'inazione, Clothar, il non agire. Ho stabilito <strong>di</strong> non fare niente,<br />

<strong>di</strong> non prendere una decisione, così che restino tutte accessibili. Ma<br />

ora dovrò trovare il modo per rimandare a casa tutti questi<br />

importuni postulanti con l'orgoglio intatto e la certezza che la<br />

<strong>di</strong>gnità delle loro figlie non sia stata insultata. La riuscita <strong>di</strong> questa<br />

impresa, se mai riuscirò a compierla, comporterà un esercizio <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>plomazia degno della Roma imperiale. Con tutta onestà non so<br />

nemmeno da dove incominciare.»<br />

«Avete già cominciato. Decidere <strong>di</strong> non prendere nessuna <strong>di</strong><br />

quelle donne per moglie, e rinunciare così ai trattati che i loro padri<br />

vi hanno offerto in cambio, è già un inizio.»<br />

Sul volto <strong>di</strong> Artù comparve un largo sorriso. «Nessuno lo sa,<br />

Lance. Non l'ho ancora detto agli altri.»<br />

«E allora <strong>di</strong>telo, e subito. Chiamateli tutti, questa sera stessa, prima<br />

o subito dopo la cena, non fa <strong>di</strong>fferenza, e metteteli al corrente della<br />

vostra decisione, spiegandone chiaramente le ragioni. Questa


faccenda del matrimonio reale ha un tale peso e una tale importanza<br />

per il regno <strong>di</strong> Britannia che non può essere presa alla leggera: ha<br />

bisogno <strong>di</strong> un'adeguata riflessione e <strong>di</strong> tempo perché la possiate<br />

valutare sotto ogni aspetto. È una cosa che dovete <strong>di</strong>scutere<br />

approfon<strong>di</strong>tamente con i vostri consiglieri, e comunque, prima <strong>di</strong><br />

prendere una decisione, dovrete tenere in considerazione le loro<br />

in<strong>di</strong>cazioni. Lo sanno tutti che molti <strong>di</strong> loro, Merlino in particolare,<br />

al momento non sono qui. Siate esplicito nell’ammettere che non<br />

desiderate offendere nessuno e sottolineate i sentimenti <strong>di</strong> ostilità<br />

che si sono già manifestati fra i sei re presenti. Figuriamoci cosa<br />

potrebbe accadere con il resto dei signori della regione.<br />

Recitate il ruolo <strong>di</strong> riotamo, <strong>di</strong> sommo re - che per altro vi<br />

appartiene - e spiegate loro le responsabilità che avete, così come le<br />

sentite. Comunicate loro che quando deciderete <strong>di</strong> prendere moglie,<br />

lo farete in veste <strong>di</strong> sommo re, e che li informerete tutti insieme a<br />

tempo debito. Sappiamo che non lo gra<strong>di</strong>ranno affatto, ma se lo<br />

<strong>di</strong>rete a tutti riuniti insieme, non potranno fare altro che accettarlo.<br />

Sono sicuro che alcuni <strong>di</strong> loro si siano già convinti che preferirete<br />

loro agli altri: è proprio <strong>di</strong> certi re farsi prendere da simili illusioni. Se<br />

deciderete <strong>di</strong> non scegliere, invece, li riporterete tutti a uno stesso<br />

livello, e cioè nella posizione subor<strong>di</strong>nata in cui si trovano ora.<br />

Alcuni potranno prendersela a male, ma nessuno oserà offendervi<br />

apertamente.»<br />

Non <strong>di</strong>sse nulla, ma dall'espressione sul suo viso capii che non<br />

aveva la mia stessa fiducia nelle reazioni dei suoi reali ospiti; così<br />

ripresi la parola prima che potesse farlo lui.<br />

«Pensateci, Artù. Pensateci in quanto sommo re, non come Artù<br />

Pendragon. Cosa potrebbero fare? Minacciarvi davanti a tutti?<br />

Questo vi offrirebbe un ottimo pretesto per combatterli con tutte le<br />

forze che avete a <strong>di</strong>sposizione.»<br />

<strong>Il</strong> re corrugò leggermente la fronte, pensoso. «Per quale motivo?»<br />

«Per quale motivo? Perché se qualcuno <strong>di</strong> loro fosse così stupido<br />

da minacciarvi, ostinandosi a mantenere le proprie posizioni, vi<br />

costringerebbe a prendere atto del suo <strong>di</strong>sappunto, il che<br />

equivarrebbe a una vera e propria <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> superiorità. Ma<br />

nessuno <strong>di</strong> loro è il riotamo, Artù. Lo siete voi. Questa è la vostra


grande forza: siete stato incoronato riotamo dai vescovi della<br />

Chiesa, davanti a un'assemblea <strong>di</strong> re e capi che venivano dall'est e<br />

dall'ovest, dal sud e dal nord del paese. Fate buon uso della vostra<br />

<strong>di</strong>gnitas, e se anche qualcuno sarà così furioso da pensare <strong>di</strong><br />

rinnegare le sue promesse <strong>di</strong> lealtà, avrà timore <strong>di</strong> farlo apertamente<br />

perché gli altri si schiereranno compatti al vostro fianco.»<br />

Aveva un'espressione contrariata. «All'inizio, forse, ma cosa<br />

succederà in seguito?»<br />

«Artù, se qualcuno <strong>di</strong> loro vorrà tra<strong>di</strong>rvi lo farà comunque e<br />

quando gli sembrerà più opportuno. Non avete alcun potere <strong>di</strong><br />

fronte a questa possibilità. Dovete gestire il tutto con determinazione<br />

e imporre la vostra superiorità, la vostra autorità <strong>di</strong> riotamo. E<br />

sfruttare questa occasione per mostrare ai vostri potenziali nemici la<br />

forza concreta contro cui si dovranno misurare nel caso volessero<br />

ribellarsi. Pelinore e il vostro nuovo amico Kilmorack saranno con<br />

voi, e le vostre forze unite saranno tali che nessuno potrà ignorarle.<br />

Quanti sono quelli che vi preoccupano davvero? Ne avete nominati<br />

due che potrebbero rinnegare le loro promesse. Ce ne sono ancora?»<br />

«No, credo <strong>di</strong> no. Solo questi. Gli altri due, Einar e Cyngal,<br />

sembrano piuttosto leali e sinceri, non credo che ci daranno<br />

problemi. Cyngal è alla ricerca <strong>di</strong> alleanze nella Britannia<br />

meri<strong>di</strong>onale per la sua flotta. Ha bisogno <strong>di</strong> garanzie riguardo alla<br />

possibilità <strong>di</strong> trovare un porto per le sue galee in caso <strong>di</strong> tempesta e<br />

riparare lungo le nostre coste senza temere attacchi.»<br />

«Accetterà un accordo anche senza il matrimonio della figlia?»<br />

«Sì, lo farà. L'ha portata con sé, ma la darebbe in sposa soltanto se<br />

costretto dalle necessità. Firmerà un trattato, in ogni caso: per lui il<br />

raggiungimento <strong>di</strong> un accordo, in questo momento, ha senz'altro<br />

un'importanza maggiore che per me. Per come stanno adesso le<br />

cose, le alleanze d'oltre mare non ci porterebbero comunque<br />

particolari benefici. Le <strong>di</strong>stanze sono enormi e sono troppi i rischi<br />

legati all'instabilità del tempo.<br />

Einar, l'anglo, invece, non <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> navi, ma ha bisogno anche<br />

lui <strong>di</strong> garantirsi un appoggio nel caso la sua gente e le sue terre<br />

venissero minacciate o invase. Lui e il suo popolo sono cristiani. Suo<br />

padre e sua madre, Cuthric e Cayena, <strong>di</strong>vennero entrambi amici sia


<strong>di</strong> Merlino sia del tuo mentore Germano, al tempo del suo ultimo<br />

viaggio in Britannia. Accadde circa <strong>di</strong>eci anni fa: Cuthric e Cayena, a<br />

detta <strong>di</strong> Einar, sono morti da qualche anno, uccisi nel corso <strong>di</strong><br />

un'incursione nemica. Einar, ora, è il re <strong>di</strong> quel popolo, nominato<br />

dalla sua stessa gente. Prima della sua designazione per<br />

acclamazione, si era limitato ad affiancare il padre a capo della<br />

comunità. È re, ma non conosco le <strong>di</strong>mensioni reali dei suoi domini<br />

né la potenza dei suoi sostenitori. So una cosa, però: egli non ha<br />

imposto ultimatum né a me né a <strong>Camelot</strong>. E per questo mi fido <strong>di</strong><br />

lui.» Mi sorrise e i suoi denti brillarono nel mezzo della sua barba<br />

ben curata. «E mi fido <strong>di</strong> te... del tuo parere in proposito... mi<br />

sembra assolutamente sensato, e te ne sono debitore.»<br />

«Non ce n'è bisogno» risposi, leggermente imbarazzato, facendo<br />

un gesto con la mano. «Quando avete deciso <strong>di</strong> farvi crescere la<br />

barba?»<br />

Si grattò il mento. «Durante la primavera, credo, subito dopo la<br />

tua partenza. Ero in viaggio quasi tutte le settimane ed era più<br />

comodo lasciarla crescere che prendermi la briga <strong>di</strong> radermi tutti i<br />

giorni. Ora che sono a casa per l'inverno, ho intenzione <strong>di</strong> tagliarla<br />

<strong>di</strong> nuovo. Come la trovi? A me non <strong>di</strong>spiace.»<br />

«Vi fa sembrare più vecchio.»<br />

«Questo è un vantaggio, amico mio, non un limite. La maggior<br />

parte dei re con cui ho a che fare hanno barbe grigie e sono ben più<br />

vecchi <strong>di</strong> me. Dovrai trovare una scusa migliore, per farmi radere.»<br />

Mi stava prendendo in giro, lo sapevo, ma scrollando le spalle gli<br />

feci sapere quello che pensavo. «Le barbe non mi piacciono. Mi piace<br />

poter guardare un uomo in faccia quando gli parlo: mi sembrano<br />

quasi delle maschere. Nascondono molto <strong>di</strong> quello che si dovrebbe<br />

vedere. Mi suggeriscono qualcosa <strong>di</strong> selvaggio, <strong>di</strong> incivile.»<br />

Scoppiò in una risata. «Ah, è questa la fedeltà <strong>di</strong> cui parlavi prima?<br />

Incon<strong>di</strong>zionata e senza limiti. Mi troveresti, quin<strong>di</strong>, inaffidabile ed<br />

enigmatico soltanto perché ho scelto <strong>di</strong> portare la barba? Una<br />

maschera, Lance?»<br />

Le sue parole erano taglienti. «Mi riferivo alle barbe <strong>di</strong> uomini che<br />

ho conosciuto e <strong>di</strong>sprezzato, Artù. Non ho certo parlato <strong>di</strong> voi.»


«E come può essere dal momento che io ho la barba?»<br />

«Pensavo a mio cugino Gunthar, morto ormai da tempo: l'uomo<br />

più perfido che io abbia mai conosciuto. L'immagine della sua barba<br />

impregnata del sangue dei fratelli trucidati continua a comparirmi<br />

davanti e a perseguitarmi. La usava per nascondere la sua bocca<br />

sottile e i suoi occhi vuoti, sfuggenti e senza anima.»<br />

«Sarà colpa del gallo romano che c'è in te» continuò Artù,<br />

scherzando. «Più del romano che del gallo, in effetti. Non sapevi che<br />

sono stati i Galli a inventare la barba? I Romani civilizzati e ben<br />

rasati li chiamavano barbari proprio per la loro usanza <strong>di</strong> portare la<br />

barba.»<br />

«Già, e non si facevano mai nemmeno il bagno» <strong>di</strong>ssi cercando <strong>di</strong><br />

riprendere anch'io un tono scherzoso. <strong>Il</strong> nome <strong>di</strong> Gunthar non<br />

meritava <strong>di</strong> essere ripetuto né il suo ricordo riportato in vita.<br />

<strong>Il</strong> volto <strong>di</strong> Artù si fece d'un tratto serio. «La tua idea della barba<br />

come maschera è una sciocchezza, Lance. Con o senza barba un<br />

uomo resta quello che è. <strong>Il</strong> pelo sul viso è una cosa del tutto<br />

naturale, tutti i maschi ce l'hanno. Semmai è radersi la cosa strana e,<br />

nel mio caso, quest'anno, una vera seccatura. Anche se non ero<br />

ufficialmente sotto le armi ho viaggiato per tutta la primavera e<br />

l'estate. Ero un <strong>di</strong>gnitario in visita, potevo fare le mie ispezioni senza<br />

tagliarmi per forza la barba, e così è stato. Non mi è <strong>di</strong>spiaciuto per<br />

niente, e soprattutto ho apprezzato il tempo che ho risparmiato non<br />

dovendomi radere la faccia ogni mattina.<br />

Certo, se avessi dovuto viaggiare a capo <strong>di</strong> un'armata, l'idea <strong>di</strong><br />

farmela crescere non mi avrebbe sfiorato nemmeno. Sotto le armi<br />

l'obbligo <strong>di</strong> rasarsi è sinonimo <strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplina e <strong>di</strong> uniformità: farsi la<br />

barba ogni giorno impegna il tempo che altrimenti i soldati<br />

potrebbero destinare a cattive azioni; inoltre offre agli uomini una<br />

buona scusa per lamentarsi <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> assolutamente inoffensivo.<br />

Dà uniformità. In definitiva fa sì che un'armata si <strong>di</strong>stingua da<br />

un'orda <strong>di</strong> barbari. Ma sarà meglio che domani me la tagli, non<br />

vorrei causarti ulteriori sofferenze.»<br />

Prima <strong>di</strong> cambiare argomento, sorseggiai un altro po' <strong>di</strong> birra.<br />

«Posso farvi una domanda, Artù?»


«Certo.»<br />

«È una domanda piuttosto personale... potreste non gra<strong>di</strong>rla.»<br />

«E allora non sarebbe la prima domanda del genere che mi fai. Da<br />

quando in qua sei <strong>di</strong>ventato così reticente?»<br />

«È che... sono convinto che non abbiate la minima intenzione <strong>di</strong><br />

sposarvi... neanche in seguito, intendo, non parlo soltanto <strong>di</strong> queste<br />

sei fanciulle. Mi sbaglio forse?»<br />

«Non ti sbagli.»<br />

Non sembrò voler aggiungere altro; cambiai posizione e mi<br />

schiarii la voce. «Perché? Posso chiedervelo?»<br />

«Tu puoi chiedermi qualunque cosa, Lance. Te l'ho già detto. Che<br />

poi io decida <strong>di</strong> risponderti o <strong>di</strong> ignorare la tua domanda, quella è<br />

un'altra cosa. Ma lascia che te ne faccia una io, che risponderebbe<br />

anche alla tua. Sei mai stato innamorato?»<br />

Lo ero mai stato? Avevo incontrato <strong>di</strong>verse donne, la maggior<br />

parte giovani, ma in realtà molto poche, o forse nessuna, mi<br />

avevano tolto il sonno o il fiato, o procurato uno degli altri sintomi<br />

che avevo imparato a riconoscere come effetti dell'innamoramento.<br />

Scossi lentamente la testa. «No, non credo. O forse lo sono stato e<br />

semplicemente non me ne sono accorto. Potrei essermi innamorato<br />

senza saperlo. Avevamo poco tempo per questo genere <strong>di</strong> cose alla<br />

Scuola del Vescovo.»<br />

«Ti credo. Adesso, però, ascolta ciò che ti <strong>di</strong>co, da amico, non<br />

come tuo re, e prova a credermi. Tu, Seur Clothar, non hai mai<br />

conosciuto l'amore. Se lo avessi conosciuto davvero non<br />

biascicheresti sciocchezze come quelle che ti ho appena sentito <strong>di</strong>re;<br />

perché innamorarsi è un'esperienza che cambia completamente la<br />

concezione della vita. Una volta che hai provato cos'è l'amore,<br />

amico mio, niente può essere più come prima... nemmeno te stesso.»<br />

«Perché? Come fa?» Mi sentii all'improvviso stupido e ignorante,<br />

uno scolaretto, ma non potei fare a meno <strong>di</strong> interrogarlo ancora.<br />

«Come ti cambia?»<br />

«Te l'ho detto, cambia il mondo che hai intorno, anche se non<br />

sono in grado <strong>di</strong> spiegarti come. Nessuno lo può fare perché il


mondo che ciascuno <strong>di</strong> noi conosce prima dell'amore è unico e noto<br />

a noi soltanto. È quando ci si innamora che si capisce cosa si è perso,<br />

che ciò che è stato è svanito per sempre e non potrà più tornare.<br />

Verrà il tuo tempo, Lance, e quando arriverà ti ricorderai <strong>di</strong> questa<br />

conversazione e capirai quello che volevo <strong>di</strong>rti.»<br />

Non sapevo proprio cosa rispondergli. Presto mi resi conto che<br />

non ce n'era bisogno: la sua fronte aggrottata era il segno <strong>di</strong> una<br />

profonda concentrazione; era ovvio, dal tono categorico con cui mi<br />

si era rivolto, che non aveva mai provato a trasformare quei pensieri<br />

in parole.<br />

«Io credo...» Si interruppe e rifletté per un attimo prima <strong>di</strong><br />

ricominciare. «Ho imparato, Lance... senza aver mai ricevuto una<br />

sola lezione sull'argomento... che l'amore è un dono <strong>di</strong>vino: una<br />

bene<strong>di</strong>zione che viene da Dio stesso, che è stato creato per dare<br />

beatitu<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong>gnità al genere umano... sembrano parole audaci ed<br />

esaltate perfino a me, ma non per questo sono meno vere. E ho<br />

imparato da altri silenziosi maestri... da persone come Merlino, che<br />

mi hanno insegnato con l'esempio... del loro vissuto... che ci sono<br />

<strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> amore, oltre a quello che provano gli uomini e le<br />

donne, l'uno per l'altro. Sono arrivato alla conclusione che niente al<br />

mondo è più forte o più importante <strong>di</strong>...» Esitò <strong>di</strong> nuovo, alla ricerca<br />

<strong>di</strong> qualcosa. «Di che cosa? Mi viene in mente la parola amore, ma<br />

non è quella che sto cercando...»<br />

Mi rivolse un gesto come a farmi tacere, ma non ce n'era bisogno<br />

perché non lo avrei mai interrotto proprio mentre eravamo a un<br />

tale livello <strong>di</strong> intimità e confidenze.<br />

Rimase a pensare per un po', poi mi sorrise incerto e riprese con<br />

tono quasi contrito: «Cerca <strong>di</strong> essere paziente, è davvero <strong>di</strong>fficile per<br />

me. La filosofia non è mai stata il mio forte, per la <strong>di</strong>sperazione mia,<br />

e a suo tempo dei miei vecchi tutori. Inoltre non ho mai provato a<br />

spiegare nulla del genere prima d'ora, nemmeno a me stesso... tu mi<br />

conosci, Lance, come può farlo un compagno d'armi. Sai come sono<br />

fatto, quello che penso. Ho sempre a che fare con questioni pratiche,<br />

le cose più astratte <strong>di</strong> cui mi occupo sono le strategie <strong>di</strong> battaglia. E<br />

queste ultime, come tu ben sai, sono destinate a essere riviste,<br />

improvvisate e annullate alla prima raffica <strong>di</strong> vento...


Dunque... stavo parlando dell'amore e delle lezioni che ho<br />

imparato...». Si interruppe bruscamente ed emise un suono a metà<br />

tra una smorfia e una risata. «Lance, i pensieri che mi vengono ora,<br />

mentre stiamo parlando, mi sembrano così strani che, se li sentissi<br />

pronunciare a voce alta da qualcuno dei miei comandanti, finirei per<br />

dubitare delle sue capacità.»<br />

Ebbi un attimo <strong>di</strong> esitazione, poi <strong>di</strong>ssi: «Allora forse fareste meglio<br />

a non dargli voce».<br />

«No! Ho bisogno <strong>di</strong> esternarli, farli venire allo scoperto. E sento <strong>di</strong><br />

potermelo permettere soltanto con te. Sei l'unico con cui possa<br />

parlare <strong>di</strong> questo. Le tue orecchie sono pronte ad ascoltare. Quelle <strong>di</strong><br />

Merlino, invece, sono sorde. Egli ha il doppio dei miei anni e vede le<br />

cose come le vedrebbe mio padre, se oggi fosse ancora vivo. Ma a<br />

me non serve conoscere il punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> mio padre sul mondo né<br />

mi servono le sue soluzioni ai problemi che lo affliggevano ai tempi<br />

della sua giovinezza. Oggi è tutto <strong>di</strong>verso. Le cose sono cambiate<br />

rispetto al mondo conosciuto da mio padre e da Merlino da giovani,<br />

e il mio ruolo - quello <strong>di</strong> Artù Pendragon, il riotamo - non è mai<br />

stato assunto da nessuno prima d'ora. Tu sei mio amico, Lance, e io<br />

ho bisogno <strong>di</strong> te, adesso, più <strong>di</strong> quanto ne abbia mai avuto prima.<br />

Mi ascolterai?»<br />

Cercai <strong>di</strong> sorridergli con <strong>di</strong>sinvoltura. «Non dovete nemmeno<br />

chiederlo, Artù.»<br />

«Allora versami dell'altra birra, così che mi aiuti a sciogliere la<br />

lingua.»<br />

Versai ciò che restava del contenuto della brocca nei due boccali;<br />

per un po' restammo entrambi in silenzio a sorseggiare lentamente,<br />

ciascuno immerso nei propri pensieri. Alla fine Artù appoggiò il suo<br />

boccale e tornò a rilassarsi.<br />

«Parliamone, allora. Mettimi sulla strada giusta. Ripetimi quello<br />

che hai sentito finora.»<br />

Inspirai profondamente, in cerca <strong>di</strong> un punto da cui cominciare.<br />

«Voi non avete alcun desiderio <strong>di</strong> sposarvi. È da qui che siamo<br />

partiti. Poi siete passato a parlare dell'amore e <strong>di</strong> lezioni <strong>di</strong> vita; tutto<br />

quello che avete detto riguardava l'amore, in un modo o nell'altro.


Poi, però, il termine "amore" non si adattava più al vostro<br />

<strong>di</strong>scorso...»<br />

«Responsabilità. È questa la parola che mi sfuggiva. La usiamo<br />

troppo spesso e non pensiamo mai che possa avere qualcosa a che<br />

fare con l'amore. E invece lo riguarda in tutto. L'amore è<br />

responsabilità, Lance, in ogni suo aspetto. Pensaci, a cominciare dal<br />

matrimonio.<br />

Quando un uomo ama una donna e la prende in moglie, se ne<br />

assume la responsabilità, e altrettanto farà nei confronti del figlio che<br />

avrà da lei. merita <strong>di</strong> essere considerato un uomo. Gli uomini veri,<br />

quelli <strong>di</strong> buona volontà, si assumono la responsabilità della propria<br />

moglie e <strong>di</strong> tutti i familiari. È questo che ci si aspetta da loro.<br />

Ora pren<strong>di</strong> in considerazione te stesso e i tuoi confratelli, i miei<br />

cavalieri della Tavola Rotonda, tutti legati generali <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>. Siete<br />

pieni d'amore l'uno per l'altro, sareste <strong>di</strong>sposti a morire per i<br />

compagni, il che fa della vostra fraternità qualcosa <strong>di</strong> unico.<br />

Ciascuno <strong>di</strong> voi è colmo d'amore per quello che fa, e questo<br />

comporta ulteriori responsabilità verso i vostri incarichi e i soldati<br />

che comandate. Guarda Ghilleadh. I suoi uomini lo vedono come un<br />

vero schiavista, e in un certo senso lo è davvero. Ma i pensieri <strong>di</strong><br />

Ghilly sono tutti rivolti a loro. Egli sente una grande responsabilità<br />

verso la loro vita e il loro benessere. Ne ha persi quattor<strong>di</strong>ci nella<br />

sua ultima spe<strong>di</strong>zione ed era decisamente affranto. Quando mi ha<br />

fatto rapporto me li ha nominati uno a uno. Questo è amore, Lance,<br />

e comporta un grande senso <strong>di</strong> responsabilità: un'integrità<br />

assolutamente ammirevole ed encomiabile.<br />

Io amo mio padre, anche se non l'ho mai conosciuto. O meglio,<br />

amo il ricordo <strong>di</strong> lui, così come mi è stato tramandato dagli altri. E<br />

quell'amore, forse più simile a profondo rispetto, è vero, mi rende<br />

responsabile nei suoi confronti, nei confronti <strong>di</strong> ciò che è stato e <strong>di</strong><br />

quello che ha rappresentato: nobiltà, coraggio, impegno e de<strong>di</strong>zione<br />

verso i doveri e le responsabilità che aveva in Cambria, tutte cose<br />

che egli nella sua vita ha sempre anteposto a qualunque altra.<br />

Adesso pensa a Merlino, mio zio e cugino, e all'amore che nutre<br />

per me e del quale non ho mai dubitato. Pensa a quanto seriamente<br />

egli si assume le proprie responsabilità... talvolta fino al punto da


esasperarmi, se non ad<strong>di</strong>rittura farmi arrabbiare. Tu stesso da<br />

ragazzo, in Gallia, hai avuto alcuni insegnanti e tutori che preferivi:<br />

non ti amavano, forse? Potrai credere che non lo facessero, e allora<br />

domandati questo: tu li hai amati? E se sì, perché? Perché ti<br />

<strong>di</strong>mostravano l'amore che avevano per te svolgendo il loro incarico<br />

con assoluta responsabilità, per aiutarti a <strong>di</strong>ventare l'uomo che sei<br />

<strong>di</strong>ventato. Chi era il tuo maestro preferito, a parte Germano?»<br />

«Germano è stato il mio mentore, non il mio tutore. <strong>Il</strong> mio<br />

maestro preferito è stato Tiberio Catone: mi ha insegnato ad andare<br />

a cavallo, a combattere e a tirare la lancia. E, sì, prima ancora che<br />

voi me lo chie<strong>di</strong>ate, li ho amati entrambi, anche se a quel tempo<br />

non me ne rendevo conto. Soltanto ora che non ci sono più capisco<br />

quanto ho voluto loro bene e quanto mi mancano. E il loro senso <strong>di</strong><br />

responsabilità - per me e per tutti quelli che gli erano stati affidati -<br />

era assoluto.»<br />

«Allora puoi capire. L'amore tra uomo e donna, l'amore tra<br />

confratelli, l'amore filiale e quello paterno, l'amore verso il proprio<br />

dovere: sono tutte forme d'amore che esigono che si risponda<br />

fedelmente e in modo incon<strong>di</strong>zionato alle proprie responsabilità. Ma<br />

esiste anche un altro tipo d'amore <strong>di</strong> cui non ho ancora parlato ed è<br />

quello cui nessuno sembra mai pensare e che nessuno riconosce...»<br />

«Qual è?»<br />

«L'amore per la propria patria. Per questa Britannia nella quale<br />

viviamo. Io la amo, e questo amore si aggiunge a tutti gli altri che<br />

finora ho citato. E mi sento - anzi, sono - responsabile per lei.<br />

Sono il sommo re della Britannia Unita, sebbene una nazione<br />

simile esista soltanto nei miei pensieri e nei miei sogni. Non molto<br />

tempo fa c'era davvero, ma non era propriamente la terra che<br />

intendo io. Si trattava <strong>di</strong> una semplice provincia, amministrata da<br />

stranieri che governavano il mondo. Non era che una piccola,<br />

insignificante, parte <strong>di</strong> un enorme impero, il che spiega perché<br />

l'abbiano abbandonata.» Si concesse un'altra pausa.<br />

«Parliamo sempre, io e Merlino, <strong>di</strong> questo regno <strong>di</strong> Britannia. Tu<br />

stesso l'hai nominato pochi istanti fa. Ma non esiste alcun regno,<br />

Lance, non nella realtà. Io non possiedo nessun regno. Quello che<br />

ho è un sovrapporsi caotico <strong>di</strong> voci - le voci <strong>di</strong> piccoli re con i loro


egni <strong>di</strong>sseminati ovunque -ciascuna a reclamare più forte del vicino<br />

nella speranza <strong>di</strong> guadagnare un minuscolo vantaggio, qualunque<br />

cosa purché non sia quella che vuole il suo vicino, a sua volta<br />

impegnato a farsi valere sugli altri.<br />

E tutto intorno, a minacciarli, c'è il pericolo delle invasioni<br />

sassoni. Oh, amano tutti parlare del pericolo, ma la verità è che,<br />

finché rimane confinato nelle terre altrui, è più facile ignorarlo e<br />

concentrarsi sulle proprie meschine preoccupazioni, sui propri<br />

progetti. E ce ne sono a decine <strong>di</strong> questi piccoli re, Lance, forse a<br />

centinaia. Ed eccomi qui, sommo re della Britannia Unita, e non mi<br />

sforzo nemmeno <strong>di</strong> scoprire a gran<strong>di</strong> linee quale sia il numero dei re<br />

minori e dei loro cosiddetti reami.<br />

Ma posso sognare, ed è in quei sogni che si manifestano le mie<br />

responsabilità.<br />

Io sogno, amico mio, e mi chiedo cosa voglia <strong>di</strong>re essere<br />

riotamo... che cosa comporti davvero... quale realtà si celi <strong>di</strong>etro<br />

questo titolo così ridondante. Io sogno una Britannia Unita, un solo<br />

popolo, unificato sotto un unico monarca e protetto con rigore dal<br />

rispetto delle leggi, come accadeva quando era Roma a governare. <strong>Il</strong><br />

mio compito, finché sarò in vita, il solo compito per il quale sono<br />

stato allevato ed educato, è <strong>di</strong> raggiungere quell'unità, <strong>di</strong> consolidare<br />

tutte le tribù e i piccoli reami <strong>di</strong> questa regione in un'unica potenza<br />

in grado <strong>di</strong> fronteggiare e scacciare quegli stranieri che stanno<br />

cercando <strong>di</strong> toglierci la nostra Britannia. Questo è il mio dovere e la<br />

mia responsabilità, e richiede tutto l'amore e la de<strong>di</strong>zione che ci sono<br />

in me. E il mio più grande timore è <strong>di</strong> non avere abbastanza tempo<br />

per realizzarlo.»<br />

«E quin<strong>di</strong> sentite... <strong>di</strong> non poter prendere moglie.»<br />

«Precisamente. Una moglie in questo momento mi costringerebbe<br />

ad assumermi responsabilità che non sarei in grado <strong>di</strong> gestire. Ho<br />

troppe altre cose da fare e troppo poco tempo per farle. Ci sarà<br />

bisogno <strong>di</strong> tutte le mie energie, <strong>di</strong> tutta la mia concentrazione anche<br />

solo per raggiungere la metà <strong>di</strong> quello che mi sono imposto.»<br />

«Quin<strong>di</strong> non vi sposerete.»<br />

«No, anche se è una decisione che potrebbe cambiare. Non c'è


niente che possa durare per sempre, ed è possibile che a un certo<br />

punto sarò costretto a farlo. La mia gente si aspetta da me un erede.<br />

Ma quando mi troverò a provvedere a questa necessità non dovrà<br />

essere per dovere ma per quell'amore tra uomo e donna che adesso,<br />

e nell'imme<strong>di</strong>ato futuro, non ci può essere.»<br />

«E se doveste incontrare la donna che Dio ha scelto per voi, la<br />

compagna che, come ci è stato insegnato, il Signore ha riservato a<br />

ciascuno <strong>di</strong> noi? Cosa succederà allora?»<br />

Distolse lo sguardo da me, espirando tutta l'aria che aveva nei<br />

polmoni. «Io l'ho già conosciuta, Lance, e anche perduta, molto<br />

tempo fa. I vescovi ci insegnano che non abbiamo che una sola<br />

anima gemella nella nostra vita, un unico amore per sempre, e che<br />

qualunque sentimento proveremo in seguito non sarà che un'ombra<br />

in confronto al precedente. Io ho già vissuto un simile amore un<br />

tempo. Ho già conosciuto la mia anima gemella. Si chiamava Morag.<br />

Ti ho già parlato <strong>di</strong> lei una volta. Avevo se<strong>di</strong>ci anni, lei era ancora<br />

più giovane, ma ci innamorammo. Ero così innamorato <strong>di</strong> lei che<br />

non mi sono più ripreso dalla sua per<strong>di</strong>ta. E la persi soltanto perché<br />

eravamo troppo giovani e gli altri non credevano fossimo gran<strong>di</strong><br />

abbastanza per quel sentimento. Così tenemmo il nostro amore<br />

nascosto, temendo che potesse accadere quello che poi si avverò. La<br />

frequentai per meno <strong>di</strong> un mese, ma in quelle poche settimane<br />

provammo la felicità <strong>di</strong> una vita. A <strong>di</strong>spetto della nostra giovane età<br />

dormimmo insieme e ci conoscemmo carnalmente. Nessuno lo seppe<br />

mai. Temevo che, se mi avessero scoperto, mi avrebbero fustigato<br />

perché non ero che un adolescente, non ancora uomo, e lei<br />

un'ospite, lì, a <strong>Camelot</strong>, la nipote <strong>di</strong> una regina in visita.<br />

E un giorno all'improvviso partì. Assistetti alla sua partenza e ne<br />

rimasi devastato, ma pensavo che prima o poi sarebbe tornata. Mi<br />

era stato promesso da sua zia e da Merlino...»<br />

«E non avete mai tentato <strong>di</strong> ritrovarla?»<br />

«Mi <strong>di</strong>ssero che era morta, quasi un anno dopo la sua partenza...<br />

Quando me lo annunciarono credetti anch'io <strong>di</strong> morire. Volevo<br />

morire. Ma continuai a vivere, e nessuno seppe mai, né mai<br />

sospettò, cosa ci fosse nel mio animo: <strong>di</strong>sperazione e dolore. Come<br />

avrebbero potuto? Non ero che un ragazzo, troppo insignificante


per essere considerato, e troppo giovane per definirmi un uomo e<br />

sognare l'amore.»<br />

«In occasioni come questa penserete <strong>di</strong> certo ancora a lei.»<br />

La sua barba ebbe un sussulto. «In circostanze come questa? Non<br />

c'è stato un solo giorno da quando è partita in cui io non abbia<br />

pensato a lei. Nessun'altra donna mi ha mai fatto innamorare come<br />

ha fatto lei. Non la potrò mai <strong>di</strong>menticare, Lance. Era il mio amore.<br />

L'unico amore della mia vita. Certo, ora che sono un uomo la gente<br />

mi crederebbe un pazzo se mi sentisse <strong>di</strong>re una cosa così, perché a<br />

quel tempo non ero che un ragazzo, e...»<br />

Rimasi in silenzio in attesa che finisse la frase.<br />

«Così non ne parlai mai. Fa ormai parte <strong>di</strong> me, <strong>di</strong> quello che sono<br />

<strong>di</strong>ventato; non doveva interessare a nessuno, se non a me stesso...<br />

adesso, però, lo sai anche tu.<br />

Ma se è giusto considerare equivalenti amore e responsabilità,<br />

allora devo anche accettare che l'amore <strong>di</strong> Dio si manifesti attraverso<br />

la responsabilità che egli mi ha dato. <strong>Il</strong> Signore mi vuole sommo re<br />

<strong>di</strong> Britannia nei fatti, non solo <strong>di</strong> nome, e io gli sono riconoscente<br />

per avermi reso insensibile a qualunque amore carnale.» Mi guardò<br />

negli occhi. «Mi cre<strong>di</strong> pazzo?»<br />

«No, in nome <strong>di</strong> Dio, assolutamente no. Ma non avevo idea<br />

che...»<br />

«E come avresti potuto? Nessuno avrebbe potuto, nemmeno<br />

Merlino.» Si mise seduto dritto e unì le mani. «Allora, quali sono le<br />

tue impressioni sul mio assurdo <strong>di</strong>scorso?»<br />

«Nessuna assur<strong>di</strong>tà, sire» replicai, sentendo il bisogno <strong>di</strong> fargli<br />

capire il rispetto che provavo per lui. «L'onore che mi avete fatto è<br />

tale che non riesco a trovare le parole per descriverlo; la vostra<br />

visione della Britannia, per come l'avete descritta, ha fatto sognare<br />

anche me. La mia vita sarà, d'ora in poi, al vostro servizio, ancor più<br />

<strong>di</strong> quanto non lo sia già stata, ammesso che sia possibile. Alla<br />

devozione che provo per la vostra persona e il vostro rango si<br />

aggiunge ora la più completa e totale de<strong>di</strong>zione alla missione, al<br />

sogno e all'ideale che perseguite.»<br />

Mi guardò, la bocca nascosta dalla barba; poi annuì lentamente,


tre volte. «E allora sia. Approvi le mie aspirazioni e i miei sogni?»<br />

«Senza alcuna riserva, mio re.»<br />

Si alzò in pie<strong>di</strong> e mi tese la mano destra; io mi inginocchiai e la<br />

baciai.<br />

«Alzati allora, accompagnami dai nostri ospiti. E accetta i miei<br />

ringraziamenti per la pazienza che hai avuto. Hai alleviato le mie<br />

ansie più <strong>di</strong> quanto potessi chiedere.»<br />

Quando attraversammo il cortile delle cucine non eravamo più<br />

Artù e Lance ma il sommo re e il suo cavaliere della Tavola Rotonda.


III<br />

«Morgas, hai detto?» Nell'u<strong>di</strong>re quel nome Merlino si drizzò sulla<br />

schiena, quasi l'avessero schiaffeggiato. «Sei sicuro che il suo nome<br />

fosse Morgas?»<br />

«Sì, per quanto mi è possibile.»<br />

«No, Clothar, ho bisogno <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> più. È importante. Come<br />

fai a esserne sicuro?»<br />

«Perché così mi è stato detto da qualcuno che non aveva ragioni<br />

per mentirmi, qualcuno <strong>di</strong> cui non ho motivo <strong>di</strong> dubitare. Gli chiesi<br />

cosa significasse "morgas", pensando si trattasse <strong>di</strong> una parola in<br />

qualche lingua. L'avevo sentita da Connlyn e la sorella mentre<br />

<strong>di</strong>scutevano fra loro. Mi <strong>di</strong>sse che era un nome <strong>di</strong> donna, nient'altro<br />

che questo: il nome della sorella <strong>di</strong> Connlyn.»<br />

«Mmm.» Merlino si curvò in avanti, la mano destra sprofondata<br />

nell'enorme cappuccio a stringere il mento tra pollice e in<strong>di</strong>ce. Era<br />

tornato il mattino successivo il mio arrivo; gli parlavo allora per la<br />

prima volta, e se non l'avessi incrociato per caso vicino ai cancelli,<br />

non avrei mai saputo che era rientrato a <strong>Camelot</strong> già da tre giorni,<br />

tutti passati in seduta privata con il re.<br />

Gli ospiti reali, invece, avevano lasciato <strong>Camelot</strong> il mattino stesso<br />

del suo arrivo; con l'annuncio <strong>di</strong> Artù, che la sera precedente aveva<br />

informato tutti della sua decisione <strong>di</strong> non scegliere una sposa, per il<br />

momento, i loro affari potevano ritenersi conclusi.<br />

Avevo passato quei tre giorni ad ambientarmi e a occuparmi dei<br />

numerosi piccoli lavori accumulatisi durante la mia assenza estiva.<br />

Tanto per cominciare, la mia tunica <strong>di</strong> maglia <strong>di</strong> ferro era seriamente<br />

arrugginita, il cuoio sottostante, ormai secco, si era crepato, e la<br />

sottile imbottitura al suo interno, dopo tanti anni <strong>di</strong> campagne<br />

militari in tutte le con<strong>di</strong>zioni climatiche possibili, era<br />

irrime<strong>di</strong>abilmente marcita: dovevo dare <strong>di</strong>sposizioni ai fabbri perché


me ne confezionassero un'altra su misura.<br />

<strong>Il</strong> giorno in cui avevo incontrato Merlino, mi ero alzato all'alba e<br />

avevo passato molte ore in solitu<strong>di</strong>ne a esercitarmi con l'arco da<br />

caccia e le lance fin dal sorgere del sole. Volevo recuperare e affinare<br />

le mie abilità tirando sia da terra sia da cavallo; così quando tornai<br />

alla fortezza a metà pomeriggio, sentivo schiena, braccia e spalle<br />

rigide e indolenzite per la fatica. La vista inaspettata della tunica nera<br />

dell'anziano consigliere del re, tuttavia, mi riempì <strong>di</strong> una vivace e<br />

improvvisa ondata <strong>di</strong> gioia che non mi sforzai in alcun modo <strong>di</strong><br />

nascondere. Merlino mi restituì il saluto con uguale calore e mi <strong>di</strong>sse<br />

che aveva bisogno <strong>di</strong> parlarmi; quin<strong>di</strong>, mi guidò al suo alloggio,<br />

tenendomi per il braccio, appena sopra il gomito, con una presa<br />

solida e forte. Una volta arrivati, riempì due coppe <strong>di</strong> vino e prese a<br />

interrogarmi minuziosamente sulla mia recente spe<strong>di</strong>zione militare<br />

nei territori <strong>di</strong> Connlyn.<br />

Ascoltò in silenzio finché non nominai la sorella <strong>di</strong> Connlyn che<br />

suscitò in lui un improvviso e vivace interesse.<br />

Vedendolo così profondamente assorto, lo interrogai più<br />

apertamente <strong>di</strong> quanto avessi mai osato fare. Pochi istanti prima<br />

infatti, con mio immenso piacere, avevo ottenuto il permesso <strong>di</strong><br />

parlargli come a un suo pari, come a Merlino, senza il bisogno <strong>di</strong><br />

titoli o segni <strong>di</strong> rispetto.<br />

«Voi conoscete quel nome, vero? È importante per voi. Chi è?»<br />

«Conosco quel nome, sì. Mi è... familiare. Del resto non è che un<br />

nome. Quante donne conosci <strong>di</strong> nome Paula, qui a <strong>Camelot</strong>?»<br />

«<strong>Il</strong> vostro è un <strong>di</strong>versivo» replicai. «Paula è un nome comune -<br />

nella sala da pranzo ci sono tre donne <strong>di</strong> servizio che si chiamano<br />

così soltanto nel reparto riservato agli ufficiali - ma Morgas non lo è<br />

affatto. Non l'avevo mai sentito prima.»<br />

Si schiarì la voce. «Hai ragione, il nome è... inusuale. Ed è questo il<br />

motivo del mio sconcerto.»<br />

«Quin<strong>di</strong> la conoscete?»<br />

«No, non la conosco. Ho sentito parlare <strong>di</strong> una donna <strong>di</strong> nome<br />

Morgas soltanto una volta, molto tempo fa...» Si fece <strong>di</strong> nuovo<br />

silenzioso, più a lungo <strong>di</strong> prima, e quando riprese a parlare la sua


voce era assorta, rivolta più a se stesso che a me. «No, è alquanto<br />

improbabile, <strong>di</strong> sicuro...» Poi, d'un tratto, mi chiese: «Dimmi <strong>di</strong><br />

questa donna, quella che hai conosciuto. Hai detto che era vecchia.<br />

Quanto vecchia?».<br />

Scossi la testa. «Come faccio a saperlo? Era... vecchia, non più<br />

giovane da un pezzo. La nonna <strong>di</strong> qualcuno.»<br />

«Nonna <strong>di</strong> chi? Aveva dei nipoti?»<br />

«Nonna <strong>di</strong> chiunque, mio signore.» Le vecchie abitu<strong>di</strong>ni sono dure<br />

a morire e quell'espressione <strong>di</strong> rispetto mi era salita alle labbra<br />

involontariamente. «Cercavo tutto fuorché <strong>di</strong> farmi un'idea <strong>di</strong> che<br />

età avesse. Non l'ho mai sentita parlare <strong>di</strong> nipoti e Lanar non ne ha<br />

mai accennato.»<br />

«Mmm. Cosa ti ha detto?»<br />

Fui <strong>di</strong> nuovo costretto a scuotere la testa, conscio <strong>di</strong> quanto<br />

ignorante dovevo apparirgli davanti al suo bisogno <strong>di</strong> sapere.<br />

«Niente <strong>di</strong> particolare. Parlammo per lo più <strong>di</strong> cose futili. Eppure, in<br />

qualche modo, sembrava... strana. C'era qualcosa in lei che mi<br />

metteva a <strong>di</strong>sagio, nel modo in cui mi poneva le domande, anche se<br />

ho rinunciato da tempo a capirne il perché.»<br />

«Quali domande?»<br />

«Domande su niente <strong>di</strong> insolito o particolare, almeno così mi è<br />

sembrato... Mi sento stupido a parlarne in questo modo, ad<br />

ammettere <strong>di</strong> continuo la mia ignoranza, come un perfetto zoticone,<br />

ma da quando ho conosciuto quella donna ho imparato ad<br />

abituarmici. Intendevo questo quando <strong>di</strong>cevo che mi metteva a<br />

<strong>di</strong>sagio. Avevo la sensazione che stesse cercando <strong>di</strong> ottenere delle<br />

informazioni, ma non c'era niente che avrei potuto <strong>di</strong>rle che fosse <strong>di</strong><br />

una qualche importanza per lei.»<br />

«E cosa avresti potuto <strong>di</strong>rle? Sei sicuro che non ci fosse nulla <strong>di</strong><br />

davvero importante per lei?»<br />

«Ancora una volta, non lo so. Mi ha posto soltanto domande<br />

vaghe, generiche.»<br />

«Domande su cosa?» L'impazienza dell'anziano consigliere era<br />

giunta al limite.


«Su <strong>Camelot</strong>, sulla cerimonia del cavalierato, su Artù.»<br />

«Quali domande su Artù?»<br />

Allargai le braccia, frustrato dalla mia incapacità <strong>di</strong> essere più<br />

chiaro. «Niente che una qualunque altra donna non mi avrebbe<br />

chiesto. Che tipo <strong>di</strong> uomo è, se aveva moglie, questo genere <strong>di</strong> cose.<br />

Generiche, come ho detto, curiosità tipicamente femminili. Non<br />

particolarmente invadenti.»<br />

«E su <strong>Camelot</strong> e la cerimonia dei cavalieri?»<br />

«Lo stesso. Non era interessata agli aspetti militari, soltanto alla<br />

forma, al rituale... Però ha voluto sapere se i cavalieri potevano<br />

<strong>di</strong>ventare ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> Artù.»<br />

«Ere<strong>di</strong>? Sei sicuro? Ti ha chiesto degli ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> Artù?»<br />

«Sì, le ho risposto che non ne aveva. Maestro Merlino, questa<br />

domanda vi ha chiaramente turbato. Cos'è che mi sfugge?»<br />

Si lasciò sprofondare sulla se<strong>di</strong>a. «Niente, Clothar, assolutamente<br />

niente... per lo meno niente che non confonda già me. Ti ha<br />

raccontato qualcosa <strong>di</strong> sé?»<br />

«No, ve l'ho spiegato, non mi ha nemmeno rivelato il suo vero<br />

nome. Mi ha detto che potevo chiamarla Ju<strong>di</strong>th.»<br />

«Dunque <strong>di</strong> lei non conosci che il nome?»<br />

«No, anche qualcos'altro. Quell'uomo, Lanar, mi <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> lei tutto<br />

quello che sapeva, anche se non era molto. Aveva sposato un re<br />

dell'ovest della Caledonia, vicino al mare, un posto chiamato<br />

Gallowa. Suo marito si chiamava Tod. Tod <strong>di</strong> Gallowa.»<br />

«Avevano un figlio?»<br />

«No, nacque loro soltanto una figlia. Ma perché è così importante<br />

Merlino? Chi è questa Morgas che forse conoscevate?»<br />

«Dopo, te lo <strong>di</strong>rò dopo. Ora mi serve sapere il nome <strong>di</strong> questa<br />

figlia.»<br />

«Non sono in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>rvelo perché non lo conosco. Lanar<br />

sapeva soltanto che la figlia è morta nel lontano Nord, in un'isola<br />

chiamata Orcenay, dove si era sposata con il governatore del posto.»<br />

«Orcenay è governata dagli Uomini del Nord.»


«Lo so. Questo governatore era stato nominato dal re <strong>di</strong><br />

Norvegia, fratello <strong>di</strong> suo padre.» Dovetti reprimere il forte impulso<br />

<strong>di</strong> chiedere <strong>di</strong> nuovo perché la cosa fosse così importante. Merlino<br />

era notoriamente <strong>di</strong> poche parole riguardo agli affari del re e<br />

prendeva molto sul serio il suo ruolo <strong>di</strong> consigliere personale del<br />

riotamo. Ero certo che mi avrebbe rivelato qualunque cosa ritenesse<br />

doveroso farmi sapere, ma a parte questo non potevo aspettarmi<br />

altro, e non avendo possibilità <strong>di</strong> cambiare le cose, rimasi in silenzio.<br />

Nel breve tempo in cui eravamo rimasti lì seduti, in quella stanza<br />

era <strong>di</strong>ventato buio e l'unica lampada accesa sopra il focolare aveva<br />

cominciato a <strong>di</strong>ffondere una luce giallastra. Sorseggiato ciò che<br />

restava del suo vino, Merlino si alzò e andò ad aprire una credenza<br />

appoggiata al muro, da cui tirò fuori un certo numero <strong>di</strong> lunghe<br />

candele bianche che infilò sotto il braccio destro. Ne accese subito<br />

una dalla fiamma della lampada; poi, sempre usando la mano<br />

destra, passò alle successive, e girando per la stanza, le accese tutte,<br />

una a una, fissandole su piccole pozze <strong>di</strong> cera colata dalle rispettive<br />

cime. In totale erano otto: la stanza venne inondata da una<br />

splen<strong>di</strong>da luce bianca. Infine spense la lampada.<br />

«Non sopporto le lampade» <strong>di</strong>sse. «Sono maleodoranti e fumose.<br />

Preferisco la luce delle candele <strong>di</strong> cera d'ape. È pura e ultraterrena,<br />

quasi liquida nella sua bellezza, non ti sembra?»<br />

Non attese una mia risposta e, chinatosi accanto al focolare,<br />

raccolse da una cesta mezza piena un piccolo fascio <strong>di</strong> giunchi legati<br />

assieme. Tenendolo per un capo avvicinò l'altro alla fiamma della<br />

candela più vicina. Poi tornò ad accucciarsi accanto al fuoco e,<br />

quando i giunchi si misero a crepitare forte, li gettò in mezzo a una<br />

pila <strong>di</strong> ciocchi già pronti.<br />

«Non sopporto nemmeno il freddo» <strong>di</strong>sse, sempre accucciato, con<br />

lo sguardo fisso sulle fiamme sempre più alte. «E la cosa sembra<br />

peggiorare con il passare degli anni. Gli inverni sono duri per ossa<br />

vecchie come le mie. Mi fanno saltar fuori tutti i dolori e gli acciacchi<br />

che d'estate non so neanche <strong>di</strong> avere.»<br />

Poi, dandomi la schiena, con il mantello a nascondere quanto<br />

altrimenti avrei potuto vedere, allungò le mani per riscaldarsi. Fu<br />

allora che ebbi un impulso mai provato prima: spostarmi <strong>di</strong> lato per


guardargli la mano sinistra, quella che teneva sempre coperta. Ma<br />

non mi mossi, ed egli si rialzò in pie<strong>di</strong>, recuperò la sua coppa e<br />

attraversò la stanza per riempirla <strong>di</strong> nuovo dalla brocca appoggiata<br />

sul tavolo accanto al muro.<br />

«Ancora vino?»<br />

«Mezza coppa, grazie.» Alzatomi anch'io, lo raggiunsi, e non<br />

appena cominciò a riempirsi la coppa <strong>di</strong>ssi: «Non sono in servizio<br />

questa sera. Avrò tutto il tempo per pensarci su». Merlino, allora, si<br />

fermò sorpreso, per poi sollevare <strong>di</strong> nuovo la brocca.<br />

«Dammi la tua.» Gli porsi la coppa ed egli la riempì fino all'orlo.<br />

«Pensare è un lavoro che fa venire sete, amico mio, oltre che<br />

pericoloso. Sie<strong>di</strong>ti, sie<strong>di</strong>ti.»<br />

Tornai alla mia se<strong>di</strong>a, facendo attenzione, mentre mi<br />

accomodavo, a non versare neanche una goccia, e quando rialzai gli<br />

occhi lo trovai già appoggiato al muro accanto al fuoco.<br />

«Siamo vicini alla fine dell'ultimo carico <strong>di</strong> vino giunto dalla Gallia<br />

due anni fa. È passato tanto, troppo tempo. Chissà quando e come<br />

riusciremo a trovarne dell'altro.»<br />

Bevve, e anche se non riuscivo a vedergli il volto, tenuto in<br />

ombra dal suo cappuccio, ebbi la netta sensazione, dal suo<br />

atteggiamento, che stesse assaporando il vino, facendolo scivolare<br />

intorno alla lingua. Le parole che seguirono, tuttavia, allontanarono<br />

subito dalla mia mente questo e altri simili pensieri.<br />

«Ci giunse voce, molto tempo fa, che Uther avesse un altro figlio<br />

oltre ad Artù... che ci fosse un altro erede.» Rimasi immobile, conscio<br />

del fatto che mi stava mettendo al corrente <strong>di</strong> questioni riservate.<br />

«Non si arrivò a niente... da quelle voci, intendo... non trovammo<br />

mai alcuna traccia <strong>di</strong> qualcuno intenzionato a riven<strong>di</strong>care i <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong><br />

sangue dei Pendragon, e nemmeno, a maggior ragione, quelli <strong>di</strong><br />

Uther. Le voci presto svanirono e vennero <strong>di</strong>menticate. A quei<br />

tempi, <strong>Camelot</strong> non era come oggi. Uther era il re della Federazione<br />

dei Pendragon in Cambria, e io servivo come comandante legato <strong>di</strong><br />

stanza a <strong>Camelot</strong>, un incarico che avevo occupato in seguito alla<br />

morte <strong>di</strong> mio padre, Pico Britannico. Uther era mio cugino <strong>di</strong><br />

secondo grado. Mio padre e sua madre erano primi cugini.»


Tacque e si appoggiò con tutto il peso al muro. Alzai il calice e<br />

sorseggiai il vino in silenzio, temendo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stoglierlo dai suoi pensieri.<br />

Tuttavia sentivo agitarsi in me un presentimento che mi metteva a<br />

<strong>di</strong>sagio. Di Uther Pendragon sapevo soltanto quel poco che avevo<br />

u<strong>di</strong>to dai <strong>di</strong>scorsi dei soldati: che era morto ormai da più <strong>di</strong><br />

vent'anni; e molto poco conoscevo anche della gioventù <strong>di</strong> Merlino.<br />

Mi erano giunte voci <strong>di</strong> caserma, <strong>di</strong> certo, decisamente ingigantite.<br />

Quella che mi veniva rivelata ora, invece, era la verità, riportata in<br />

prima persona, e desideravo saperne <strong>di</strong> più.<br />

La stanza era ormai quasi completamente buia, l'oscurità<br />

attenuata soltanto dalla luce tremolante del fuoco e da quella bianca<br />

e immobile delle candele. Merlino si piegò sulle ginocchia e<br />

appoggiò con cura la coppa a terra, davanti al fuoco, per poi<br />

avvicinare la se<strong>di</strong>a al focolare e riprendere il calice in mano.<br />

«Porta qui la tua se<strong>di</strong>a, al caldo. Mi sono ricordato che sei ancora<br />

nuovo <strong>di</strong> queste parti e devi sapere poco o niente su quello <strong>di</strong> cui<br />

voglio parlarti. Devi conoscere il passato per comprendere il resto<br />

della storia.»<br />

Avvicinai la mia se<strong>di</strong>a alla sua e sentii sulle gambe nude il<br />

gradevole calore del focolare; poi bevemmo ancora entrambi dalle<br />

rispettive coppe. Merlino non sentiva alcun bisogno <strong>di</strong> guardarmi in<br />

viso, così accettai il suo volere e mi misi a fissare il fuoco,<br />

consapevole che anche se mi fossi girato verso <strong>di</strong> lui non avrei visto<br />

altro che il fianco del suo cappuccio nero. Riprese a parlare: la sua<br />

voce, profonda e sonora, si levava dal pesante copricapo.<br />

«Comincerò dai giorni che precedettero la nascita <strong>di</strong> Artù, anni<br />

prima delle voci <strong>di</strong> cui ti parlavo. Perché tu possa capire la mia<br />

reazione a quelle <strong>di</strong>cerie devi sapere qualcosa <strong>di</strong> me, rispetto a<br />

com'ero a quel tempo, qualcosa <strong>di</strong> cui fino a oggi non ho mai<br />

parlato con nessuno. La sua esistenza - l'esistenza <strong>di</strong> Artù - fu<br />

qualcosa <strong>di</strong> assolutamente inaspettato per me e il venirne a<br />

conoscenza mi causò una grande... inquietu<strong>di</strong>ne. Inquietu<strong>di</strong>ne e<br />

dolore, perché mi costrinse a guardare nel profondo della mia<br />

anima, a considerare e a giu<strong>di</strong>care quello che c'era, per lo più <strong>di</strong><br />

ignorato e insospettato.<br />

A quel tempo Uther e io non eravamo per niente vicini poiché


ero convinto mi avesse fatto un enorme torto.» Si interruppe per<br />

alcuni istanti. «Lascia che io mi confi<strong>di</strong> con te, che ti <strong>di</strong>ca tutto: allora<br />

avevo ragione <strong>di</strong> credere che mio cugino Uther, durante<br />

l'adolescenza il mio più caro amico, avesse assassinato mia moglie e<br />

con lei il bambino che portava in grembo.»<br />

Mi irrigi<strong>di</strong>i sulla se<strong>di</strong>a.<br />

«Sì, c'è <strong>di</strong> che restare scioccati. Prova a immaginare come mi<br />

sentivo: la mia famiglia era stata sterminata e alcune circostanze<br />

apparentemente incontestabili, o almeno così mi parvero allora,<br />

in<strong>di</strong>cavano in Uther Pendragon il probabile assassino. Non avevo<br />

modo <strong>di</strong> verificare i miei sospetti, ma non potevo nemmeno<br />

ignorarli, perché esistevano prove sia a carico sia a <strong>di</strong>scolpa <strong>di</strong> Uther:<br />

tutto <strong>di</strong>pendeva da come venivano considerati i fatti. Ero il vedovo<br />

afflitto e non potevo che guardare mio cugino... con ostilità.»<br />

Si piegò in avanti, prese l'attizzatoio e per un po', con aria assorta,<br />

si mise a ravvivare il fuoco. Poi continuò il suo racconto: «Oggi<br />

penso sia stato un errore. Anzi, ne sono certo. Uther era all'oscuro<br />

degli eventi <strong>di</strong> cui la mia famiglia fu vittima. Ma le conseguenze <strong>di</strong><br />

tutto ciò, <strong>di</strong> nuovo grazie alle circostanze, furono meno tragiche <strong>di</strong><br />

quanto avrebbero potuto essere. <strong>Il</strong> Signore sa quanto è stata tragica<br />

la morte <strong>di</strong> Uther, ma almeno morì in battaglia - in uno scontro<br />

secondario alla fine <strong>di</strong> una lunga guerra - e non per mano mia,<br />

grazie a Dio. Detto questo, la verità è che mi ero messo alla ricerca<br />

<strong>di</strong> Uther Pendragon: una volta trovato, avevo tutta l'intenzione <strong>di</strong><br />

ucciderlo. A quel tempo egli era impegnato in una campagna<br />

militare in Cornovaglia: una guerra giusta contro un essere aberrante<br />

<strong>di</strong> nome Gulrhys Lot che si era autoproclamato re <strong>di</strong> quei territori.<br />

Ma per quanto cercassi <strong>di</strong> raggiungerlo, Uther riusciva sempre a stare<br />

a un passo avanti a me». Emise quin<strong>di</strong> un profondo e turbato<br />

sospiro.<br />

«È stato probabilmente il viaggio peggiore che abbia mai fatto e<br />

rimpiango persino <strong>di</strong> averlo intrapreso. Lot aveva schiacciato le forze<br />

militari <strong>di</strong> Uther soltanto in virtù della propria superiorità numerica:<br />

li aveva portati allo stremo, attaccandoli su tutti i fronti, e grazie<br />

all'ausilio <strong>di</strong> mercenari era riuscito a intrappolarli in una posizione<br />

in<strong>di</strong>fen<strong>di</strong>bile e a circondarli con tre delle sue armate. Io seguivo le


sue sconfitte da vicino, cercando sempre <strong>di</strong> scovarlo; spronavo i<br />

cavalli allo stremo e mi imbattevo a ogni passo in soldati <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong><br />

e <strong>di</strong> Pendragon falciati come fieno sanguinante. Mancai la battaglia<br />

finale: giunsi quando era già finita, ma incontrai comunque un<br />

grosso contingente della nostra armata che era riuscito - grazie a un<br />

sotterfugio <strong>di</strong> Uther - a guadagnare una via <strong>di</strong> fuga e si stava<br />

<strong>di</strong>rigendo verso <strong>Camelot</strong>.» Esitò, e io pensai che si fosse voltato<br />

verso <strong>di</strong> me. «Conosci Donuil Mac Athol?»<br />

Annuii, e mi figurai subito l'affabile e gigantesco scoto dell'Eire che<br />

mi aveva dato il benvenuto in occasione della mia prima visita a<br />

<strong>Camelot</strong>, cinque anni prima.<br />

«Bene, la sorella <strong>di</strong> Donuil, Deirdre, era mia moglie. È una storia<br />

lunga, triste e strana, che adesso non voglio raccontare, ma la parte<br />

più bizzarra <strong>di</strong> tutte è che Ygraine, regina <strong>di</strong> Cornovaglia e sposa del<br />

nostro peggior nemico, era sorella <strong>di</strong> entrambi.<br />

Uther e Ygraine si erano conosciuti poco prima: Ygraine lo<br />

incontrò, dopo essere fuggita dal suo brutale marito, Gulrhys Lot. Si<br />

innamorarono ed Uther ebbe da lei un figlio, anche se questo non lo<br />

seppi che molto tempo dopo.» Merlino inspirò profondamente e<br />

raddrizzò la schiena. Poi si portò il calice alla bocca, abbassandolo<br />

subito dopo, senza aver nemmeno assaggiato il vino.<br />

«Nella mia follia stavo già pregustando il sapore della vendetta:<br />

mi <strong>di</strong>ressi al galoppo verso Uther, rinfrancato dal pensiero <strong>di</strong> averlo<br />

ormai quasi in pugno. Ma mi sfuggì anche in quella occasione. Lo<br />

trovai su una lingua <strong>di</strong> terra sabbiosa vicino al mare, che combatteva<br />

su una barca in secca. Era circondato da morti e moribon<strong>di</strong>, uomini e<br />

donne. La mattanza continuò finché non fummo gli unici due rimasti<br />

in vita. Lo sfidai a combattere, ma quando si tolse l'elmo mi accorsi<br />

che non era Uther.<br />

Quell'uomo mi confessò <strong>di</strong> averlo ucciso lui stesso quella mattina,<br />

e spinto dalla necessità, non per rubare, lo aveva spogliato della sua<br />

armatura. Uther era un gigante d'uomo, come Derek <strong>di</strong> Ravenglass,<br />

colui che l'aveva trucidato.»<br />

«Derek <strong>di</strong> Ravenglass?» Quel nome mi lasciò allibito. «State<br />

parlando dello stesso uomo che era seduto alla tavola <strong>di</strong> Artù la<br />

notte in cui parlammo sulla balconata? Ha trucidato Uther e voi gli


avete permesso <strong>di</strong> continuare a vivere?»<br />

Merlino scosse la testa e allargò le braccia. «In coscienza non<br />

avevo altra scelta. Considera quello che ti ho appena detto sulla mia<br />

personale caccia <strong>di</strong> allora. Stavo cercando Uther per ucciderlo,<br />

perché ero convinto che avesse assassinato mia moglie e mio figlio.<br />

Quel giorno ero io ad avere in animo <strong>di</strong> trucidarlo, non Derek. Lui<br />

era soltanto un guerriero che, senza malizia, aveva combattuto e<br />

ucciso un nemico, come era suo dovere fare. Aveva spogliato quel<br />

corpo soltanto perché, dopo anni <strong>di</strong> guerre, la sua armatura era<br />

arrugginita, logora e ormai pressoché inutilizzabile, mentre quella <strong>di</strong><br />

Uther era l'unica, tra tutte quelle viste fino a quel momento, che<br />

avrebbe potuto indossare comodamente. Non sapeva chi aveva<br />

ucciso, non immaginava certo che fosse Uther Pendragon, re <strong>di</strong><br />

Cambria.»<br />

«Così non faceste nulla.»<br />

«Nulla. Non desideravo combatterlo, né tanto meno ucciderlo.<br />

Avevo visto già abbastanza cadaveri. Lo lasciai vivere.»<br />

«Con addosso l'armatura <strong>di</strong> Uther?» La voce non riuscì a<br />

<strong>di</strong>ssimulare la mia incredulità. La sagoma vestita <strong>di</strong> nero al mio<br />

fianco rimase immobile.<br />

«Uther era morto. Non gli era più necessaria un'armatura. Al<br />

vincitore invece sì. Era un mercenario senza amici, solo in una<br />

regione in guerra: l'avevo conosciuto anni prima e lo consideravo un<br />

uomo d'onore. Così rimasi seduto in sella a guardare l'assassino <strong>di</strong><br />

mio cugino allontanarsi a cavallo...<br />

Quello stesso giorno, mentre ero ancora lì nei <strong>di</strong>ntorni, sentii un<br />

rumore alle mie spalle: una donna era ancora viva, anche se ormai<br />

in punto <strong>di</strong> morte. Mi implorò <strong>di</strong> salvare il suo bambino, <strong>di</strong> salvare<br />

Artù. Ma siccome non vedevo bambini, pensai stesse delirando.<br />

Morì non appena mi inginocchiai accanto a lei. Soltanto allora la<br />

riconobbi: era la regina dai capelli fulvi che tanto somigliava alla mia<br />

defunta moglie. Poi, dalla barca che stava andando alla deriva, mi<br />

arrivarono i vagiti <strong>di</strong> un neonato. La raggiunsi a nuoto, mi issai sulla<br />

fiancata e vi<strong>di</strong> un bambino con al collo, legato a un cordone, il<br />

sigillo <strong>di</strong> Uther.»


Seguì un lungo silenzio durante il quale aspettai con ansia che<br />

riprendesse a raccontare da quella scena descritta in modo tanto<br />

vivido.<br />

«Cre<strong>di</strong>mi, Clothar, amico mio,» proseguì poco dopo «nelle ore che<br />

seguirono, solo, nella piccola barca con quel neonato, sperimentai le<br />

sensazioni <strong>di</strong> una vita intera. <strong>Il</strong> primo impulso fu <strong>di</strong> ucciderlo per<br />

rifarmi delle mie per<strong>di</strong>te. Era un impulso genuino, nato da rabbia,<br />

dolore e frustrazione, perché Uther era stato assassinato da una<br />

mano che non era la mia e la sua <strong>di</strong>scendenza era sopravvissuta,<br />

mentre la mia era stata cancellata. Al dunque, però, non ne fui<br />

capace.<br />

Al contrario, lo adottai, allevandolo come fosse mio figlio, quello<br />

senza nome, che non mi era mai nato. Chi è <strong>di</strong>ventato lo sai anche<br />

tu. Lo portai a <strong>Camelot</strong> e feci della sua educazione e del suo<br />

addestramento la ragione principale della mia vita...<br />

<strong>Il</strong> che ci porta, chiudendo il cerchio, alla donna <strong>di</strong> nome Morgas e<br />

alle voci <strong>di</strong> un altro erede <strong>di</strong> Uther. Artù non era che un bimbo<br />

quando quelle <strong>di</strong>cerie cominciarono a circolare. Io, il suo tutore,<br />

dovevo sincerarmi se ci fosse del vero in quanto si mormorava,<br />

quin<strong>di</strong> provai a stabilirne l'origine. Cre<strong>di</strong>mi, cercai dappertutto,<br />

senza trovare niente.<br />

Scoprii un'unica cosa, per merito <strong>di</strong> Huw Fortebraccio, uno dei<br />

capitani cambriani <strong>di</strong> Uther e amico del re, presente all'epoca dei<br />

fatti. Quando Ygraine e il suo seguito <strong>di</strong> donne vennero catturate<br />

dalle nostre truppe, esse misero in pie<strong>di</strong> una specie <strong>di</strong> farsa per<br />

nascondere la vera identità della regina. Una <strong>di</strong> loro, una bellezza<br />

altezzosa dai capelli bion<strong>di</strong>, aveva finto <strong>di</strong> essere Ygraine e Uther<br />

l'aveva ospitata nella sua tenda, separandola dalle compagne.<br />

Huw, anche se non poteva esserne certo, era dell'idea che Uther<br />

avesse dormito con quella donna. Nonostante la sua tenda fosse<br />

circondata dall'esercito, Uther era stato molto <strong>di</strong>screto. Non<strong>di</strong>meno,<br />

quella notte Huw aveva pensato che i due se la fossero spassata...<br />

<strong>di</strong>sse che l'aria compiaciuta della donna era troppo evidente perché<br />

significasse qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso.<br />

Ma Huw non conosceva il suo vero nome. Pensava anche lui che<br />

si trattasse della regina Ygraine. Scoprì la verità quando la donna


ormai se n'era già andata. Profondamente <strong>di</strong>spiaciuto per quella sua<br />

mancanza <strong>di</strong> intuizione - finché non fui io a chiederglielo non ci<br />

pensò per anni - mi in<strong>di</strong>cò il nome <strong>di</strong> altri uomini, ancora viventi,<br />

presenti a quel tempo nel campo del re, e io li contattai tutti. Uno <strong>di</strong><br />

questi, che era stato sposato per un breve periodo con un'altra delle<br />

compagne <strong>di</strong> Ygraine, si ricordò che sua moglie, prima <strong>di</strong> morire <strong>di</strong><br />

parto, gli aveva raccontato che una donna <strong>di</strong> nome Morgas era stata<br />

allontanata dal campo <strong>di</strong> Uther prima delle altre. Fu l'unica volta che<br />

sentii pronunciare quel nome; non mi fu mai possibile scoprire cosa<br />

ne fu <strong>di</strong> lei e, devi credermi, ho tentato in tutti i mo<strong>di</strong> possibili.<br />

Chiunque fosse è svanita nel nulla, non la si vide più né io sentii più<br />

parlare <strong>di</strong> lei.<br />

Se i sospetti <strong>di</strong> Huw Fortebraccio erano fondati, quella Morgas<br />

poteva aver partorito un figlio <strong>di</strong> Uther. Ma Artù raggiunse presto la<br />

maggiore età e nessuno reclamò la paternità <strong>di</strong> Uther, così<br />

accantonai i miei timori. Soltanto ora mi accorgo <strong>di</strong> non aver mai<br />

pensato <strong>di</strong> cercare a Nord, oltre il Vallo.<br />

Ed ecco che tu vieni a parlarmi proprio <strong>di</strong> una donna <strong>di</strong> nome<br />

Morgas che viene dal Nord, da oltre il Vallo. Adesso sai perché ho<br />

reagito così quando l'hai nominata. E visto che ti ho raccontato tutto<br />

sull'argomento, te lo chiedo <strong>di</strong> nuovo: ti viene in mente<br />

qualcos'altro, qualunque altra cosa, su quella donna, che non mi hai<br />

ancora detto?»<br />

Con la mente ripercorsi in un lampo ciò che ricordavo in<br />

proposito, ma alla fine dovetti scuotere la testa. «Nient'altro, a parte<br />

il fatto che, quando la vi<strong>di</strong> la prima volta, pensai che in passato<br />

doveva essere molto bella. Era vecchia, ma aveva un portamento<br />

fiero e i lineamenti del viso ben marcati. All'inizio la vi<strong>di</strong> a una certa<br />

<strong>di</strong>stanza, seminascosta dalle sue donne, e credetti fosse molto più<br />

giovane <strong>di</strong> quanto non notai in seguito. È... maestosa.»<br />

«Un portamento "fiero" hai detto. Ti sembrava che avesse<br />

l'aspetto <strong>di</strong> una regina? Che fosse regale?»<br />

Sorrisi. «Strana parola, regale, ma sì, <strong>di</strong>rei <strong>di</strong> sì. Ed era davvero<br />

una regina, ma <strong>di</strong> Gallowa.»<br />

«Sì, ma io mi stavo chiedendo se in passato avrebbe potuto<br />

fingere <strong>di</strong> essere la regina <strong>di</strong> Cornovaglia.»


Non ne avevo idea e rimasi in silenzio.<br />

«Parlami un po' <strong>di</strong> questo suo fratello, <strong>di</strong> Connlyn.»<br />

«Probabilmente ne sapete più voi <strong>di</strong> me. L'avete conosciuto l'anno<br />

scorso quando si è presentato per offrire la sua alleanza.»<br />

«Risposta non pertinente, mio giovane amico. Ho chiesto le tue<br />

impressioni. Le mie le conosco già.»<br />

«Molto bene allora.» Tracannai il mio vino e gli confessai<br />

esattamente quello che pensavo, deciso a ricambiare la sua<br />

franchezza: «Mi ha davvero dato sui nervi. Non chiedetemi perché...<br />

Sappiamo che è stato abbastanza astuto da valutare bene se<br />

avvicinarsi a <strong>Camelot</strong> prima che <strong>Camelot</strong> si avvicinasse a lui. E che<br />

ha agito con determinazione. È avveduto e astuto e ha piena fiducia<br />

nelle proprie convinzioni. Significa che deve aver avuto precise<br />

ragioni per agire come ha fatto, che mira probabilmente più ai<br />

propri interessi che a qualunque altra cosa, ma questo non possiamo<br />

considerarlo un vero e proprio <strong>di</strong>fetto. Connlyn non è re solo <strong>di</strong><br />

nome. Vuole che lo consideriamo un semplice guerriero, un capitano<br />

o, alla peggio, un signore della guerra, ma egli è anche un re e a tutti<br />

gli effetti; un re che sulle sue terre comanda davvero... almeno a<br />

quanto ho potuto vedere.<br />

Eravamo <strong>di</strong>retti alla sua fortezza, uno degli antichi castelli lungo il<br />

Vallo. Una costruzione dall'aspetto barbaro ma solido, facilmente<br />

<strong>di</strong>fen<strong>di</strong>bile e ben fornita <strong>di</strong> guarnigioni, almeno numericamente; non<br />

ho avuto modo <strong>di</strong> vedere o verificare il valore dei suoi guerrieri. Le<br />

nostre truppe erano acquartierate fuori, a una certa <strong>di</strong>stanza dalle<br />

mura che Connlyn aveva fatto circondare da un cordone <strong>di</strong> uomini.<br />

Non eravamo prigionieri né ci sentivamo in alcun modo frustrati per<br />

questo; un'idea simile non ci sfiorò mai. Finché fummo lì non ci<br />

rendemmo minimamente conto della stranezza <strong>di</strong> quella circostanza.<br />

Anche se non eravamo liberi <strong>di</strong> gironzolare a nostro piacimento. <strong>Il</strong><br />

mio gruppo <strong>di</strong> ufficiali, circa una ventina, fu ospitato all'interno delle<br />

mura del castello. Eravamo stati accolti cor<strong>di</strong>almente, con feste e<br />

intrattenimenti; ci chiedevano il nostro parere e sembravano tenerne<br />

in considerazione. Eppure, durante la nostra visita, non fummo mai<br />

accompagnati fuori dalla fortezza principale. Era tutto talmente<br />

perfetto e organizzato che, finché non fummo lontani dai suoi


territori, ormai <strong>di</strong>retti a sud, non mi resi conto <strong>di</strong> quanto fosse<br />

artificioso.<br />

Dopo l'attacco a Knut Occhio Guercio avevamo fatto <strong>di</strong> nuovo<br />

ritorno al castello <strong>di</strong> Connlyn dove però ci eravamo fermati soltanto<br />

per poco: eravamo tornati, lo avevamo aiutato ed egli ce n'era<br />

riconoscente. Così era giunto presto il momento <strong>di</strong> ripartire. Fu<br />

Dynas, già sulla via verso sud, a farci notare che c'erano troppi pochi<br />

uomini dei clan locali. Quell'appunto, <strong>di</strong> per sé innocente, mi spinse<br />

a riconsiderare con maggiore attenzione l'intera faccenda».<br />

«Mmm. E cioè? Cosa vuoi <strong>di</strong>re?»<br />

Giunsi le mani e mi sporsi in avanti per aggiungere legna al fuoco.<br />

«Merlino, se sapessi cosa vuol <strong>di</strong>re, se riuscissi a spiegarvelo, sarei un<br />

consigliere del re.»<br />

Quando mi risollevai, Merlino si era girato a guardarmi: vi<strong>di</strong> la<br />

fiamma del fuoco riflettersi in uno dei suoi occhi, immersa<br />

nell'ombra del suo cappuccio.<br />

«Tu sei un consigliere del re, Seur Clothar. Un membro dell'or<strong>di</strong>ne<br />

dei cavalieri della Tavola Rotonda e un generale legato <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>.<br />

Come fai a non capire che questo ti rende anche un mio consigliere?»<br />

Rimasi a bocca aperta. «Non l'avevo mai vista sotto questa luce.»<br />

«Comincia a vederla così d'ora in avanti, perché questa è la verità<br />

e tuo dovere giurato. Te lo chiedo ancora, come a un amico e<br />

consigliere: che cosa pensi abbia spinto Connlyn a una mancanza<br />

come quella <strong>di</strong> non mostrarvi il suo reame?»<br />

Questa volta, mi bastò rifletterci pochi istanti per intuire qualcosa.<br />

«Innanzitutto non credo che per lui sia stata una mancanza. Dal suo<br />

punto <strong>di</strong> vista non ha affatto sbagliato. Se il suo intento era <strong>di</strong> non<br />

farci vedere o capire qualcosa <strong>di</strong> importante, credo ci sia riuscito alla<br />

perfezione.»<br />

«Importante come l'estensione del suo reame, per esempio.»<br />

«Ma noi sappiamo quanto è esteso...» Mi interruppi. «Da est a<br />

ovest, se non altro. Cosa suggerite <strong>di</strong> fare, Merlino?»<br />

«Hai detto che la fortezza, la sua roccaforte principale, è uno dei<br />

castelli che fiancheggiano il vecchio Vallo. Giusto?»


«Sì.»<br />

«Strano posto per una fortezza. Non importa quanto sia solido o<br />

quali vantaggi <strong>di</strong>fensivi e strategici offra, non è abbastanza centrale.<br />

Quale guerriero, o signore della guerra, si metterebbe con le spalle al<br />

muro prima <strong>di</strong> iniziare le ostilità?»<br />

«Oh, Gesù! Non ci avevo pensato! State <strong>di</strong>cendo che i suoi<br />

territori potrebbero estendersi anche a nord, oltre il Vallo?»<br />

«Precisamente. E se fosse davvero così, egli avrebbe avuto più <strong>di</strong><br />

una ragione per rifocillare e intrattenere te e i tuoi uomini, così da<br />

<strong>di</strong>stogliere la vostra attenzione da ciò che poteva esserci fuori dalle<br />

mura. Questo spiegherebbe anche la sua impazienza nel <strong>di</strong>ventare un<br />

nostro alleato.»<br />

«Non vi seguo.»<br />

«Puoi capirlo soltanto considerando quello che potrebbe<br />

significare. Tu stesso hai già rilevato quanto egli sia accorto e abile<br />

nel cogliere le opportunità che gli si presentano. Cosa c'è oltre il<br />

Vallo?»<br />

«La Caledonia. E la Gente Dipinta... i Pitti... i Caledoni... o in<br />

qualsiasi modo vengano chiamati ora.»<br />

«Ricor<strong>di</strong> per quale ragione costruirono inizialmente il Vallo?»<br />

«Per tenerli lontani.»<br />

«Esatto. E perché l'avrebbero abbandonato?»<br />

«Perché non riuscivano a tenerli lontani.»<br />

«Visto? Riesci a seguirmi alla perfezione. Ancora un piccolo passo,<br />

forse due. Se i Caledoni non stanno tutti oltre il Vallo, cosa<br />

significa?»<br />

«Che una parte è già oltrepassata.»<br />

«Aha! E da dove viene Morgas, la sorella <strong>di</strong> Connlyn? E quin<strong>di</strong>,<br />

forse, lo stesso Connlyn?»<br />

«Dalle terre a nord del Vallo. Da Gallowa.»<br />

«Bene. Proprio dalle terre a nord del Vallo. Riguardo a Gallowa<br />

non abbiamo certezze. Sappiamo che Morgas era sposata al re <strong>di</strong><br />

quel luogo. Nient'altro che questo. Ora lascia che io aggiunga


un'ultima cosa su cui farti riflettere. Finora ci sono già i presupposti<br />

per ritenere che Connlyn abbia stretto un'alleanza con gli stranieri <strong>di</strong><br />

Caledonia, e che abbia fornito loro una base in Britannia... una base<br />

dalla quale poter avanzare impunemente verso sud, verso il cuore<br />

del paese. Se così fosse perché, secondo te, cercava un'alleanza con<br />

<strong>Camelot</strong>?»<br />

«Allo scopo <strong>di</strong>...» Mi interruppi: avevo intuito, in agguato, uno<br />

spaventoso pericolo. «Aspettate. Aspettate... Lasciatemi pensare...»<br />

Merlino rimase in silenzio concedendomi il tempo che gli avevo<br />

chiesto.<br />

«È stato molto chiaro riguardo ai propri bisogni... sullo scambio<br />

per fornirci il suo appoggio nelle terre del Nord. Voleva... la<br />

promessa solenne da parte <strong>di</strong> Artù che <strong>Camelot</strong> sarebbe accorsa in<br />

suo aiuto nel caso i Sassoni, già presenti nelle terre confinanti,<br />

avessero attaccato o invaso anche i suoi posse<strong>di</strong>menti.»<br />

«Esatto. Ora proviamo a portare le nostre supposizioni al gra<strong>di</strong>no<br />

successivo. Se dovesse subire un'invasione noi andremmo in suo<br />

aiuto, giusto?»<br />

«Certo! Siamo vincolati dalla promessa <strong>di</strong> Artù.»<br />

«Infatti. Sai qual è il corollario che ne deriva?»<br />

«Non capisco.»<br />

«Pensaci bene. Conosci il significato della parola "corollario"?»<br />

«Certo.» Ci pensai su per un attimo; non mi ci volle molto per<br />

anticiparlo. «<strong>Il</strong> corollario che ne deriva, la conseguenza, è che se non<br />

ci saranno invasioni, non avremo ragioni per andare da lui, nelle sue<br />

terre.»<br />

«Assolutamente nessuna ragione. Ben fatto, Seur Clothar. Nessuna<br />

ragione per andare laggiù, a visitare le sue terre, tanto più sapendolo<br />

un alleato motivato e volenteroso.<br />

Dicevi che conosciamo l'estensione del suo regno da est a ovest. A<br />

est c'è il regno che fino a poco tempo fa era in mano a Ushmar,<br />

giusto? Chi lo starà governando ora, dalla vostra partenza?» Alzò<br />

una mano per impe<strong>di</strong>rmi <strong>di</strong> intervenire. «Non ti sembra alquanto<br />

strano, un po' insolito, che gli invasori, i predoni che hai incontrato,


abbiano aggre<strong>di</strong>to Ushmar partendo dai territori orientali e<br />

<strong>di</strong>rigendosi <strong>di</strong>rettamente da lui senza passare attraverso le terre <strong>di</strong><br />

Connlyn?» Mi zittì <strong>di</strong> nuovo con la mano. «Ti sentiresti <strong>di</strong> escludere<br />

che un uomo, un re, che avesse già fatto entrare nel suo regno, per i<br />

propri scopi, dei selvaggi come gli stranieri del Nord possa<br />

considerare vantaggioso stringere un'alleanza anche con altri selvaggi<br />

dell'Est, con cui è costretto a vivere gomito a gomito? Pensaci.<br />

E pensa anche a questo: egli non si aspettava affatto una visita <strong>di</strong><br />

<strong>Camelot</strong> quest'anno. Ma all'improvviso sei comparso tu, in visita <strong>di</strong><br />

cortesia, con un contingente militare forte e mobile. Dato che la<br />

provvidenza aveva voluto così, perché non offrirti, con breve ma<br />

sufficiente anticipo, un piccolo esempio della minaccia cui lui e la sua<br />

gente sono costantemente sottoposti? Comodo, no? Così avrebbe<br />

ottenuto anche <strong>di</strong> eliminare il potente e pericoloso rivale con cui<br />

confinava a ovest, premessa in<strong>di</strong>spensabile per procedere alla<br />

conquista <strong>di</strong> nuovi territori.<br />

Se tutto questo fosse vero, se non fossero mere congetture con cui<br />

sfuggire alla noia <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, a questo punto Connlyn potrebbe<br />

trovarsi al comando <strong>di</strong> un vasto blocco <strong>di</strong> regioni e uomini, <strong>di</strong>slocati<br />

lungo l'asse me<strong>di</strong>ano della Britannia, in corrispondenza del Vallo, e<br />

quin<strong>di</strong> possedere una solida base strategica da cui creare una<br />

confederazione autonoma con alleati sassoni e caledoni. Niente, da<br />

una simile posizione, potrebbe impe<strong>di</strong>re una sua avanzata verso sud,<br />

soprattutto con noi all'interno delle mura <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, fiduciosi e<br />

sereni nei suoi confronti, a lasciargli campo libero per un feroce<br />

attacco. Cosa ne pensi?»<br />

Per l'orrore, d'un tratto sentii i brivi<strong>di</strong>.<br />

«In nome <strong>di</strong> Gesù, Merlino!» sussurrai, e mi accorsi con quale<br />

sgomento l'avevo pronunciato. «Credo abbiate appena <strong>di</strong>strutto<br />

un'alleanza e anticipato una <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> guerra!»<br />

Merlino rispose con una risata esageratamente forte, intensa e<br />

squillante. «No, non è accaduto nulla <strong>di</strong> simile. Ho solo fatto delle<br />

ipotesi, Clothar. Congetture, come ho detto, per darti un'idea<br />

concreta <strong>di</strong> quanto debba essere scrupoloso un consigliere del re per<br />

rispondere alle proprie responsabilità. Gli uomini non sono tutti<br />

buoni come si vorrebbe che fossero, mio giovane amico. La maggior


parte <strong>di</strong> quelli che camminano su questa terra sono venali ed egoisti;<br />

le loro ambizioni nascono dalla loro stessa impotenza, dalla<br />

mancanza <strong>di</strong> intelletto e dall'incapacità <strong>di</strong> pianificare e raggiungere<br />

determinati fini. Quei pochi che possiedono davvero intelligenza e<br />

capacità possono trasformarsi in nemici terribili, se non vengono<br />

fermati sul nascere.<br />

Artù Pendragon, e sono orgoglioso <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo, è fatto <strong>di</strong> tutt'altra<br />

pasta. L'ho notato subito, fin da quando era ancora un bambino<br />

insicuro, incapace <strong>di</strong> fingere. Lui è unico: incorruttibile e quin<strong>di</strong><br />

invincibile. È nostro compito - tuo e mio, intendo - assicurarci che<br />

egli resti tale e che i suoi princìpi rimangano inviolati. E perché ciò<br />

avvenga dobbiamo valutare bene i gesti e le motivazioni che<br />

spingono gli altri uomini, quelli privi <strong>di</strong> scrupoli, a cercare <strong>di</strong> farsi<br />

strada con qualunque mezzo o con le più nobili sembianze. Tutte<br />

queste ipotesi sull'integrità <strong>di</strong> Connlyn potrebbero anche rivelarsi<br />

infondate. Ma potrebbero, invece, corrispondere a verità, e mi<br />

sentirei in colpa se non le prendessi in considerazione per verificarne<br />

le possibilità.<br />

Tu e io abbiamo in<strong>di</strong>viduato un'eventualità da sottoporre<br />

all'attenzione del nostro re... il caso <strong>di</strong> un alleato non sperimentato.<br />

È così che lo dobbiamo considerare, perché non dobbiamo dare<br />

nulla per scontato; dovremo lasciare che il re valuti soltanto i fatti.<br />

Bisogna stare attenti a quello che accade nel Nord, comunque e in<br />

ogni caso. Connlyn deve essere controllato, la sua lealtà e affidabilità<br />

valutate su basi concrete. Domani parleremo al re, egli valuterà le<br />

nostre supposizioni e arriverà a una conclusione. Nel frattempo<br />

<strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amoci quest'ultima coppa <strong>di</strong> vino e prepariamoci a una buona<br />

dormita, sicuri <strong>di</strong> aver assolto ai nostri compiti, questa sera, nel<br />

migliore dei mo<strong>di</strong>.»


IV<br />

<strong>Il</strong> mattino seguente, al re fu esposto il quadro che io e Merlino<br />

avevamo definito, ma Artù si astenne dal prendere una decisione<br />

senza prima aver consultato i suoi capitani. Era una delle sue virtù<br />

più nobili e apprezzate, quella <strong>di</strong> confidare sinceramente nelle<br />

capacità e nel valore dei suoi otto nuovi compagni. Chiedere la<br />

nostra opinione su questioni importanti non era una semplice<br />

formalità né il tentativo <strong>di</strong> mostrarsi interessato alla nostra<br />

partecipazione. Egli credeva veramente nell'utilità <strong>di</strong> una <strong>di</strong>scussione<br />

aperta, perché la riteneva utile per il bene comune.<br />

<strong>Il</strong> suo bisnonno, Publio Varro, uno dei fondatori della colonia che<br />

nel tempo era <strong>di</strong>ventata <strong>Camelot</strong>, aveva concepito, già nei primi<br />

anni <strong>di</strong> vita della colonia, l'istituzione <strong>di</strong> un Consiglio che governasse<br />

come aveva fatto il senato ai tempi della Roma repubblicana. Un<br />

Consiglio all'interno del quale il parere <strong>di</strong> ogni singolo uomo fosse<br />

uguale a quello <strong>di</strong> tutti i suoi pari. Artù aveva deciso, ben prima<br />

della cerimonia del cavalierato, che gli uomini che vi facevano parte,<br />

la cui lealtà, onore e merito fossero stati unanimemente apprezzati,<br />

meritassero il massimo riconoscimento, al <strong>di</strong> là della simbolica<br />

consegna <strong>di</strong> speroni, spada e titoli. Quale modo migliore, aveva<br />

detto a Merlino e al Concilio in assemblea, per <strong>di</strong>mostrare la propria<br />

riconoscenza a questi uomini se non dando loro la stessa voce e la<br />

medesima funzione del Concilio stesso, ma riguardo agli affari<br />

militari e alla <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>?<br />

Così ora <strong>Camelot</strong> possedeva due consigli governativi: il primo<br />

continuava a mantenere le funzioni che lo avevano caratterizzato fin<br />

dall'inizio, vale a <strong>di</strong>re l'amministrazione della comunità in continua<br />

espansione <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, avvicinatasi ormai alle cinquemila anime,<br />

escluso il personale militare che da solo ne contava ottomila.<br />

Certo, non tutti i residenti <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> vivevano all'interno delle<br />

sue mura. Molti erano conta<strong>di</strong>ni che occupavano le ville e gli e<strong>di</strong>fici


<strong>di</strong>sseminati intorno alla colonia e, lavorando migliaia <strong>di</strong> acri <strong>di</strong> terra<br />

fertile, consentivano a tutti, citta<strong>di</strong>ni e soldati, <strong>di</strong> mantenersi ben<br />

nutriti e in salute. Molti altri erano artigiani, per lo più fabbri <strong>di</strong> ogni<br />

genere, da maniscalchi a fabbricanti d'armi. Ma c'erano anche<br />

muratori e operai e<strong>di</strong>li, calzolai e fornai, chi si occupava <strong>di</strong> ferrare i<br />

cavalli, chi <strong>di</strong> guidare al pascolo le greggi e le enormi mandrie <strong>di</strong><br />

buoi e cavalli. C'erano costruttori <strong>di</strong> barili, conciatori <strong>di</strong> pelli,<br />

carpentieri e carbonai, tessitori, macellai e cuochi, e un esercito <strong>di</strong><br />

tanta altra gente occupata in mansioni semplici e quoti<strong>di</strong>ane dalle<br />

quali <strong>di</strong>pendeva il buon funzionamento <strong>di</strong> una società come la<br />

nostra. I fabbri, in particolare, vivevano all'interno della fortezza <strong>di</strong><br />

<strong>Camelot</strong>, mentre la maggior parte degli operai e degli artigiani<br />

viveva un po' ovunque sui nostri posse<strong>di</strong>menti: nelle fattorie e nei<br />

villaggi circostanti, oppure in città come la vicina <strong>Il</strong>chester, che era<br />

stata fornita <strong>di</strong> guarnigioni e fortificata affinché ospitasse e<br />

supportasse le nostre truppe <strong>di</strong> cavalleria. Tutte queste persone e le<br />

norme che regolavano quoti<strong>di</strong>anamente le loro vite cadevano sotto<br />

la giuris<strong>di</strong>zione del Gran Consiglio <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>.<br />

Gli affari militari della colonia, ora ufficialmente reame, erano<br />

invece responsabilità del Consiglio dei cavalieri che lo stesso Artù<br />

presiedeva, affiancato da Merlino in qualità <strong>di</strong> consigliere capo. <strong>Il</strong> re,<br />

in occasione della prima assemblea, aveva spiegato ai cavalieri<br />

appena nominati la natura e il funzionamento del Consiglio e aveva<br />

chiesto ai confratelli <strong>di</strong> adempiere al loro mandato facendosi carico<br />

<strong>di</strong> questioni che egli avrebbe sottoposto loro formalmente, poiché<br />

queste significavano un'ulteriore riconoscimento del nuovo rango.<br />

Gli otto cavalieri erano stati in passato i suoi più stretti compagni<br />

d'armi. Eccetto me, Tristano e Perceval, i tre nuovi arrivati dalla<br />

Gallia, erano stati tutti addestrati presso l'esclusiva scuola equestre <strong>di</strong><br />

Artù, nonché istruiti sulle strategie e le tecniche <strong>di</strong> combattimento<br />

poi perfezionate sul campo <strong>di</strong> battaglia. Erano, inoltre, abili<br />

condottieri abituati alle responsabilità che comportava comandare<br />

un gran numero <strong>di</strong> uomini, sia in pace sia in guerra.<br />

D'ora in avanti sarebbero stati tutti comandanti legati <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>,<br />

ciascuno a capo della propria schiera <strong>di</strong> soldati. Avrebbero<br />

identificato ogni gruppo tramite un vessillo <strong>di</strong> colore <strong>di</strong>verso e il<br />

corrispettivo comandante avrebbe portato il proprio simbolo


<strong>di</strong>pinto sullo scudo. Inoltre, ogni schiera avrebbe avuto a<br />

<strong>di</strong>sposizione metà delle forze dei precedenti contingenti armati <strong>di</strong><br />

<strong>Camelot</strong>, che passavano da quattro a otto. La creazione <strong>di</strong> otto<br />

schiere, secondo Artù, avrebbe dato a ciascuna unità maggiore<br />

flessibilità e rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> spiegamento, e consentito alle altre,<br />

contemporaneamente, <strong>di</strong> interagire tra loro senza sforzo, in caso <strong>di</strong><br />

necessità. Ora ogni gruppo era formato da cinquecento soldati <strong>di</strong><br />

cavalleria, un migliaio <strong>di</strong> fanti e un centinaio <strong>di</strong> arcieri, tutti in grado<br />

<strong>di</strong> utilizzare i gran<strong>di</strong> archi <strong>di</strong> legno <strong>di</strong> tasso, con le loro lunghe e<br />

mortali frecce <strong>di</strong> frassino lavorate al tornio, prerogativa dei<br />

Pendragon. Durante gli spostamenti gli arcieri avrebbero viaggiato<br />

sui loro irsuti cavalli <strong>di</strong> montagna; quando non sarebbero stati<br />

occupati in battaglia, avrebbero avuto il compito <strong>di</strong> esploratori,<br />

ruolo in cui negli anni, fin dal giorno dell'alleanza tra i Pendragon e<br />

<strong>Camelot</strong>, avevano <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> eccellere. Per combattere, tuttavia,<br />

smontavano da cavallo e si <strong>di</strong>sponevano in letali ranghi serrati,<br />

l'equivalente <strong>di</strong> un'artiglieria pre<strong>di</strong>sposta all'asse<strong>di</strong>o.<br />

Artù, poi, elencò anche i principali doveri <strong>di</strong> un comandante<br />

legato in tempo <strong>di</strong> pace: quelli che non erano impegnati in<br />

campagne militari, pattugliamenti o nel servizio <strong>di</strong> guarnigione -<br />

compito, quest'ultimo, che negli ultimi anni aveva tenuto lontano, in<br />

Cambria, un'intera armata - si sarebbero incontrati ogni quin<strong>di</strong>ci<br />

giorni per <strong>di</strong>scutere <strong>di</strong> questioni <strong>di</strong> comune interesse. Avrebbero<br />

anche, in quell'occasione, deliberato in ambito politico e consigliato<br />

il re su come procedere per il bene del regno. Nacque così l'idea<br />

della tavola rotonda, dove ogni voce era rispettata allo stesso modo.<br />

Era un sistema antico, risalente agli albori del senato romano, che<br />

il Gran Consiglio <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> utilizzava dai tempi <strong>di</strong> Caio Britannico e<br />

Publio Varro, fondatori della colonia. Per qualche strana ragione,<br />

però, l'idea che a radunarsi regolarmente, per assistere il re nelle sue<br />

decisioni, fosse il nuovo or<strong>di</strong>ne dei cavalieri della Tavola Rotonda<br />

catturò l'immaginario dei soldati e, da lì a breve, le sedute del<br />

Consiglio dei cavalieri <strong>di</strong>vennero occasioni <strong>di</strong> grande importanza per<br />

l'intera comunità.<br />

Discutemmo il caso <strong>di</strong> Connlyn proprio in una <strong>di</strong> quelle occasioni,<br />

un incontro a cui mancò soltanto Seur Gareth perché <strong>di</strong> pattuglia con<br />

la sua schiera <strong>di</strong> armati nella Cambria dei Pendragon, sua patria


d'origine.<br />

Finché io e Merlino non finimmo <strong>di</strong> sottoporre ai presenti le<br />

nostre considerazioni e le loro eventuali conseguenze, rimasero tutti<br />

in silenzio. Una volta detto quello che volevamo <strong>di</strong>re, il re ci pose<br />

alcune domande precise, con aria solenne: in tali sedute non<br />

ammetteva nessun genere <strong>di</strong> frivolezze. Poi rimase in silenzio a<br />

considerare le nostre risposte.<br />

«Questa Morgas,» chiese a Merlino, infine, scandendo bene quel<br />

nome «potrebbe essere la stessa donna che mio padre conobbe in<br />

Cornovaglia?» Capimmo tutti cosa intendeva con il verbo<br />

"conoscere", e non ci sfuggirono neppure le conseguenze che poteva<br />

comportare.<br />

Merlino si strinse nelle spalle. «Potrebbe essere, mio re e signore.<br />

L'età sembrerebbe più o meno coincidere. Se tuo padre fosse ancora<br />

vivo, ora avrebbe più <strong>di</strong> sessant'anni, e quella donna, Morgas,<br />

sarebbe più giovane <strong>di</strong> lui, non saprei <strong>di</strong>re <strong>di</strong> quanto. Ma la signora<br />

che Seur Clothar ha conosciuto sembra più vecchia, anche se il<br />

nostro cavaliere ha ammesso <strong>di</strong> non essere riuscito a valutarne con<br />

precisione l'età. Eppure quel nome è... alquanto insolito. Prima che<br />

Seur Clothar mi parlasse della sua dama, l'avevo sentito usare<br />

soltanto in un'altra occasione.»<br />

<strong>Il</strong> re sedeva in silenzio, intento a riflettere. «Anche Merlino è un<br />

nome piuttosto insolito,» <strong>di</strong>sse «forse ce l'hai solo tu. E altrettanto<br />

Artù, se è per questo. Poi c'è Seur Clothar. Nessuno <strong>di</strong> noi aveva mai<br />

sentito il suo nome prima che lui arrivasse da noi.» Si girò verso <strong>di</strong><br />

me. «Dimmi, amico mio, conosci altri Clothar nella tua patria in<br />

Gallia?»<br />

Annuii, sorridendo. «Sì, mio signore, e non sono pochi. <strong>Il</strong> mio è<br />

un nome molto comune nel luogo da dove provengo.»<br />

«Non<strong>di</strong>meno singolare e straniero qui, dove ti trovi ora.» Tornò a<br />

rivolgersi a Merlino. «Comune in Gallia, ma non da noi. Questa<br />

sorella <strong>di</strong> Connlyn viene da oltre il Vallo. Di dove è originaria la tua<br />

Morgas?»<br />

«Non ne ho idea, mio signore. Non abbiamo alcun modo <strong>di</strong><br />

saperlo.»


«Forse se Clothar è un nome comune in Gallia, Morgas potrebbe<br />

esserlo altrettanto nel luogo da cui proviene?»<br />

Merlino inclinò leggermente la testa: concordava con lui. Artù si<br />

rassegnò: «E sia. Dal momento che non possiamo saperlo non<br />

perderemo altro tempo in sterili supposizioni». Se ne convinse e<br />

tornò a rivolgersi all'assemblea: «Bene, confratelli, cosa pensate <strong>di</strong><br />

quanto u<strong>di</strong>to oggi? Avete sentito abbastanza o qualcuno <strong>di</strong> voi vuole<br />

domandare o aggiungere qualcosa?». Nessuno rispose: erano tutti<br />

profondamente assorti nei propri pensieri. Artù annuì. «E allora sia.<br />

Adesso, tenendo presente che niente <strong>di</strong> quanto detto è da ritenersi<br />

sicuro, vi chiedo: ciò che avete u<strong>di</strong>to questa mattina vi sembra<br />

sensato?»<br />

«Sì, assolutamente, sotto ogni punto <strong>di</strong> vista.» Aveva parlato<br />

Ghilleadh, il più taciturno <strong>di</strong> noi, uno che non apriva mai bocca a<br />

sproposito. <strong>Il</strong> suo commento, espresso con voce profonda e sonora,<br />

aveva dato cre<strong>di</strong>to ai ragionamenti <strong>di</strong> Merlino. Tutti noi<br />

concordammo.<br />

Poi fu il turno <strong>di</strong> Perceval: «Vero o no, mio re e signore, la<br />

faccenda necessita <strong>di</strong> un approfon<strong>di</strong>mento. E in fretta. E qui sorge il<br />

problema: come possiamo indagare senza essere causa <strong>di</strong> inutili<br />

attriti? C'è molta strada da <strong>Camelot</strong> al Vallo, un cammino che passa<br />

per lo più in mezzo a territori ostili e sconosciuti. Chiunque ha osato<br />

percorrerlo in questo periodo dell'anno ha dovuto riportare subito<br />

in<strong>di</strong>etro uomini ed equipaggiamento. Quei pochi che hanno osato<br />

proseguire sono stati annientati lungo la strada, all'andata o al<br />

ritorno, a causa <strong>di</strong> qualche sfortunato incontro o per le con<strong>di</strong>zioni<br />

atmosferiche avverse. Inoltre, se quello che sospettiamo fosse vero, e<br />

Connlyn scoprisse che dubitiamo <strong>di</strong> lui, potremmo ritrovarcelo<br />

contro. E non possiamo certo inviare lassù un'armata senza una<br />

buona ragione, perché se non fosse colpevole, perderemmo un<br />

valido alleato. Potremmo anche scoprire <strong>di</strong> esserci sbagliati, appurare<br />

con certezza che è stato <strong>di</strong>sponibile e onesto per tutto il tempo.<br />

Dobbiamo pensarci con attenzione, mio signore, e muoverci con<br />

cautela. Non per paura, ma per prudenza».<br />

Artù annuì. «Sono d'accordo. Qualcun altro ha qualcosa da<br />

aggiungere?»


Gwin, allora, prese la parola, e come sempre rimasi stupito dal<br />

suo modo <strong>di</strong> esprimersi. Era il fratello <strong>di</strong> Ghilly, figlio <strong>di</strong> scoti<br />

dell'Eire, ma in gioventù aveva passato molto tempo in mezzo alla<br />

gente <strong>di</strong> Artù, i Pendragon <strong>di</strong> Cambria. Così aveva fatto proprio,<br />

forse inconsapevolmente, il loro particolare accento, il ritmo e la<br />

cadenza dei loro <strong>di</strong>scorsi, tanto da pronunciare strascicando il suo<br />

nome, che trasformava in "Gawain". Si schiarì la voce e si sfregò il<br />

mento con il palmo <strong>di</strong> una mano. «Mi sembra evidente che non ci si<br />

possa muovere fino alla prossima estate, o sbaglio?» <strong>di</strong>sse con la sua<br />

parlata lenta, masticando le vocali e obbligando tutti i presenti ad<br />

avvicinarsi per cercare <strong>di</strong> capirlo. «Siamo in pieno inverno e ci sono<br />

già state le prime nevicate. Andando verso nord la neve ci impe<strong>di</strong>rà<br />

<strong>di</strong> passare. Si guadagnerebbe ben poco a mandare qualcuno lassù.»<br />

«Quanto a questo ti potresti sbagliare» brontolò Ghilly. «Nessuno<br />

si aspetterebbe il nostro arrivo in pieno inverno. E la neve potrebbe<br />

nascondere la nostra avanzata.»<br />

«Sicuro, facendoci lasciare alle spalle tracce che tutti potrebbero<br />

seguire!» controbatté Gwin. Uomo <strong>di</strong> norma tutt'altro che<br />

impaziente, a quel punto si alzò e si mise a camminare nello spazio<br />

circolare al centro dell'assemblea. «Quello cui sto pensando, Artù, e<br />

tutti voi cavalieri, è che, quando arriverà la primavera, sarà passato<br />

un anno. Non ridete, non è uno scherzo, per quanto lo possa<br />

sembrare. Una nuova stagione <strong>di</strong> campagne. Non capite? A quel<br />

punto sarebbe del tutto normale per noi visitare altre regioni per<br />

sapere come la gente è sopravvissuta all'inverno, o metterci in<br />

marcia per <strong>di</strong>fenderci da minacce provenienti da altre zone.<br />

Potremmo mandare lassù un gruppo <strong>di</strong> armati come fosse parte della<br />

nostra normale routine militare. Tutto qui. Ma se lo facessimo<br />

adesso, prima del tempo, andremmo soltanto in cerca <strong>di</strong> guai.»<br />

«Ma noi an<strong>di</strong>amo in cerca <strong>di</strong> guai, Gwin, è per questo che siamo<br />

qui a <strong>di</strong>scutere.» Era la prima volta che Bedwyr parlava.<br />

Gwin si girò per rispondergli. «Li cerchiamo, è vero, ma sarebbe<br />

meglio non farseli cadere addosso! C'è una bella <strong>di</strong>fferenza, Bedwyr,<br />

ragazzo mio. Quello che intendo <strong>di</strong>re è che se tornassimo lassù<br />

adesso, quest'anno, faremmo capire a questo Connlyn che<br />

sospettiamo qualcosa. Non è uno stupido, lo sappiamo già, e allora


perché fare la parte degli stupi<strong>di</strong> noi, mettendolo in allarme quando<br />

non ne abbiamo nessuna necessità?»<br />

«Non possiamo rischiare <strong>di</strong> concedergli tutto quel tempo» rispose<br />

Bedwyr.<br />

«Quale tempo?» insisté Gwin. «Quale tempo gli daremmo?<br />

L'inverno? Cosa potrebbe fare, lui, in inverno? Te lo <strong>di</strong>co io cosa<br />

potrebbe fare, amico. Niente <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quanto potremmo fare noi<br />

qui. Anzi, forse anche <strong>di</strong> meno. Penserebbe a escogitare nuovi piani,<br />

progetti per prepararsi a muoversi verso sud non appena trascorso<br />

l'inverno, ma a che scopo? Potremmo fare anche noi la stessa cosa,<br />

qui nel Sudovest, ed essere pronti a partire anche prima <strong>di</strong> lui! Se ci<br />

riusciremo, nonostante tutti i suoi Sassoni e Caledoni, la strada per<br />

arrivare alle mura sarà sgombra perché egli non si aspetterà il nostro<br />

arrivo.» Tornò alla sua se<strong>di</strong>a. «È tutto quello che avevo da <strong>di</strong>re, Artù,<br />

per quanto possa servire.»<br />

«Vale molto, Gwin, mi sembra sensato e utile. E puntualizza,<br />

anche se non risolve, il nostro problema. Dobbiamo decidere cosa<br />

fare, amici miei, dobbiamo prendere delle iniziative. Questo<br />

Connlyn non è così insignificante da poterlo ignorare senza correre<br />

dei rischi o da poter rimandare le nostre indagini. Quin<strong>di</strong><br />

continueremo a <strong>di</strong>scuterne in questo Consiglio finché non saremo<br />

tutti d'accordo.»<br />

Infine, giungemmo a una decisione: io, essendo l'unico con una<br />

certa conoscenza della regione <strong>di</strong> Connlyn, sarei ritornato al Nord<br />

all'inizio della primavera con due gruppi armati, il mio e quello <strong>di</strong><br />

Ghilleadh. Ci saremmo avvicinati ai territori <strong>di</strong> Connlyn da ovest,<br />

affiancando il Vallo. Una volta giunti abbastanza vicini al nostro<br />

obiettivo, con il nostro reparto <strong>di</strong>stante tanto da non essere<br />

scoperto, sarei partito con un piccolo gruppo <strong>di</strong> soldati, per lo più<br />

arcieri dei Pendragon sotto il comando <strong>di</strong> Powys, comandante<br />

veterano dei Pendragon, e avrei scoperto tutto il possibile sul regno<br />

che era stato <strong>di</strong> Ushmar. Raccolte le informazioni necessarie, avrei<br />

valutato se avanzare o meno nei territori <strong>di</strong> Connlyn per verificare<br />

che non ci fossero attività anomale. Anche se i dettagli della<br />

spe<strong>di</strong>zione sarebbero stati definiti nei mesi successivi, la decisione era<br />

ormai stata presa.


QUATTRO<br />

La sera in cui <strong>di</strong>scutemmo <strong>di</strong> Connlyn doveva segnare per me la<br />

ripresa delle attività regolari dopo il rientro in patria, e mi è rimasta<br />

impressa nella mente per tutti questi anni perché, subito dopo il<br />

Consiglio, la mia seconda migliore corazza si sgretolò, proprio<br />

mentre la stavo indossando.<br />

Le armature si logorano. Se non le usi non lo puoi sapere, ma<br />

succede, e anche piuttosto spesso. Di fronte a una simile<br />

affermazione, chi non le indossa mai potrebbe pensare che accada<br />

per i colpi che subiscono in battaglia, ma non è così. L'armatura<br />

viene indossata quasi sempre, ma è esposta soltanto <strong>di</strong> rado alla furia<br />

dei combattimenti. Tre battaglie nell'arco <strong>di</strong> uno stesso anno, tre<br />

scontri corpo a corpo, armati <strong>di</strong> tutto punto contro un nemico<br />

pericoloso, sarebbero così insoliti da risultare del tutto eccezionali.<br />

Ma anche in una simile eventualità, i danni causati dall'impatto con<br />

le armi sarebbero ridotti, poiché ogni corazza è costruita con<br />

materiali concepiti proprio per assorbire e respingere i colpi, tanto<br />

da risultare praticamente impenetrabile.<br />

Così si deteriorano, come ogni altra parte dell'equipaggiamento <strong>di</strong><br />

un soldato, fante o cavaliere che sia, a causa delle con<strong>di</strong>zioni<br />

climatiche. Pioggia, neve, gelo, umi<strong>di</strong>tà e muffe sono devastanti per<br />

il ferro e il cuoio.<br />

I<br />

Proprio il giorno prima avevo consegnato ai fabbri la mia tunica


<strong>di</strong> maglia <strong>di</strong> ferro perché la fondessero. Era talmente coperta <strong>di</strong><br />

ruggine che, nonostante il giovane Bors si sforzasse <strong>di</strong> tenerla pulita,<br />

ormai non potevo più indossarla. Non potevo biasimare Bors, non<br />

era certo colpa sua. Avrebbe potuto lucidare quegli anelli per ore e<br />

ore: il danno era dovuto all'accumulo <strong>di</strong> polvere tra i singoli,<br />

minuscoli pezzi, dove nessun arnese sarebbe mai potuto arrivare.<br />

Avrei avuto la mia nuova cotta <strong>di</strong> ferro il giorno successivo: me<br />

l'avrebbero aggiustata addosso in modo da farmela aderire il più<br />

possibile. Nel frattempo mi sentivo comunque abbastanza al sicuro.<br />

Non servivano tuniche <strong>di</strong> ferro quando si era <strong>di</strong> servizio all'interno<br />

delle mura <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>.<br />

Ora, neanche ventiquattro ore dopo aver consegnato ai fabbri la<br />

mia tunica arrugginita, avevo dovuto rinunciare anche alla corazza<br />

<strong>di</strong> cuoio, almeno finché non fosse stata riparata. Avevo rotto una<br />

cinghia in vita nel tentativo <strong>di</strong> infilare il codolo della fibbia nel foro<br />

più vicino. La cinghia <strong>di</strong> cuoio si era strappata fino al fianco della<br />

corazza: ne era rimasto un piccolo brandello, impossibile da<br />

utilizzare, e non riuscivo a nascondere la grossa apertura che si era<br />

formata, nonostante mi sforzassi <strong>di</strong> stringerci la cintura sopra.<br />

Imprecando e rifiutando bruscamente la silenziosa offerta d'aiuto<br />

<strong>di</strong> Bors, aprii le cinghie già agganciate e lasciai cadere con fragore la<br />

corazza ai suoi pie<strong>di</strong>. Rimase a fissarmi con sguardo vago. Pensai che<br />

stava maturando ogni giorno <strong>di</strong> più. C'era stato un tempo, non<br />

troppo lontano, in cui egli avrebbe cercato <strong>di</strong> assumersi la colpa<br />

dell'incidente, guadagnandosi una sonora sgridata per aver detto una<br />

sciocchezza. Quella sera, invece, era rimasto lì, silenzioso, in attesa <strong>di</strong><br />

una mia decisione. Capiva la gravità <strong>di</strong> quanto era successo.<br />

Possedevo una seconda corazza ma era vecchia e malconcia: il suo<br />

corpetto <strong>di</strong> cuoio era segnato e pieno <strong>di</strong> graffi ben visibili anche<br />

sotto la patina lucida per i troppi anni <strong>di</strong> uso quoti<strong>di</strong>ano. In<br />

circostanze normali l'avrei mandato a prenderla, ma quella sera era<br />

<strong>di</strong>verso.<br />

I miei uomini erano appena rientrati da quattro giorni <strong>di</strong><br />

permesso. Al sorgere del sole avrebbero dovuto radunarsi per la<br />

prima volta dopo il loro ritorno in patria. Ci sarebbero state teste<br />

dolenti e stomaci in subbuglio a causa del gozzovigliare della notte<br />

precedente, ultimo giorno <strong>di</strong> libertà, ma poiché quella mattina


segnava il loro rientro in servizio, avrebbero dovuto schierarsi per<br />

l'ispezione come a una vera e propria parata. Ancora non sapevano<br />

dove avrebbero passato l'inverno - in patria <strong>di</strong> sicuro, speravano a<br />

<strong>Camelot</strong> -ma con più probabilità li avrebbero mandati <strong>di</strong><br />

guarnigione in una città fuori mano. Sapevano anche che nei mesi<br />

successivi i loro compiti sarebbero stati leggeri rispetto agli sforzi<br />

incessanti imposti dai continui trasferimenti <strong>di</strong> una campagna<br />

militare, lontani da casa e da qualunque tipo <strong>di</strong> aiuto in caso <strong>di</strong><br />

necessità. Avrebbero conosciuto il loro destino all'alba, alla fine<br />

dell'ispezione formale cui io, il legato, li avrei sottoposti, e sapevano<br />

per esperienza che si trattava, purtroppo, <strong>di</strong> un controllo accurato e<br />

impietoso.<br />

Ero riluttante a indossare la mia vecchia e logora armatura<br />

proprio a causa <strong>di</strong> quell'ispezione mattutina. Ogni soldato della<br />

milizia avrebbe brillato alla luce dell'alba per lo splendore delle armi<br />

e del cuoio lucidati. Nei quattro giorni precedenti, i miei uomini<br />

avevano trascorso ore a preparare la loro attrezzatura in vista del<br />

controllo cui sarebbero stati sottoposti durante quella parata.<br />

Sapevano che la malasorte avrebbe punito chiunque fosse stato<br />

responsabile della minima omissione o negligenza. La più piccola<br />

macchia <strong>di</strong> ruggine o <strong>di</strong> muffa trovata in un punto qualunque<br />

dell'attrezzatura <strong>di</strong> un soldato, o anche sulla sella, nel caso <strong>di</strong> un<br />

uomo <strong>di</strong> cavalleria, avrebbe condannato il colpevole a una<br />

settimana <strong>di</strong> reclusione o, se si fosse reso colpevole <strong>di</strong> omissioni più<br />

gravi, al duro lavoro presso le mura in continua costruzione.<br />

Sapendo questo, e immaginando gli sforzi che avevano fatto, non<br />

potevo certo presentarmi all'ispezione con addosso la mia vecchia<br />

armatura da battaglia. Temendo <strong>di</strong> suscitare la mia <strong>di</strong>sapprovazione<br />

avrebbero forse finto <strong>di</strong> non accorgersene, ma sentivo <strong>di</strong> non poter<br />

tra<strong>di</strong>re i miei stessi princìpi.<br />

La soluzione, naturalmente, era lì alle mie spalle, ancora chiusa<br />

nella sua cassa da trasporto: la magnifica armatura imperiale da<br />

cerimonia che Germano mi aveva donato e che egli aveva indossato<br />

quando era comandante in capo in Gallia durante la campagna<br />

decennale contro i ribelli burgun<strong>di</strong>. L'armatura consisteva in una<br />

corazza <strong>di</strong> cuoio brunito, una gonnella <strong>di</strong> placche <strong>di</strong> cuoio rinforzato<br />

e fittamente intagliato, con ricche decorazioni, inserti e borchie in


oro puro, e un grande, alto elmo crestato; vi erano poi bracciali e<br />

gambali <strong>di</strong> bronzo lucido intarsiati d'oro. Davvero sontuosa. Era mia<br />

abitu<strong>di</strong>ne indossarla sempre in visita nei paesi stranieri per<br />

rappresentare Artù e la <strong>di</strong>gnitas <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> davanti ai re e agli<br />

uomini più potenti <strong>di</strong> tutta la Britannia. Ero, invece, estremamente<br />

riluttante a indossarla a <strong>Camelot</strong>: neanche il re possedeva qualcosa<br />

<strong>di</strong> lontanamente comparabile al suo splendore. Sapevo che Artù<br />

considerava la cosa piuttosto buffa, ma soltanto perché non aveva<br />

mai dato importanza a questo genere <strong>di</strong> cose. E questa<br />

consapevolezza non fece che rafforzare il mio rifiuto a esibire quella<br />

<strong>di</strong>visa tanto sontuosamente ornata.<br />

Quella volta, tuttavia, sapevo <strong>di</strong> non avere altra scelta. Così,<br />

qualche istante dopo, mi ritrovai in pie<strong>di</strong>, fermo, con le braccia<br />

sollevate, e Bors che mi stringeva le fibbie sotto le ascelle e tirava<br />

verso il basso la tunica fino a una lunghezza per lui sod<strong>di</strong>sfacente.<br />

Quando si inginocchiò per infilare e fissare i pesanti gambali ai miei<br />

stivali cinghiati alti al ginocchio, soffocai un moto <strong>di</strong> impazienza.<br />

Sapevo che avrebbe fissato quelle protezioni <strong>di</strong> bronzo con maggior<br />

facilità <strong>di</strong> quanto non avrei potuto fare io: con la corazza già<br />

indosso, sarebbe stato molto <strong>di</strong>fficoltoso per me riuscire ad<br />

allacciarmi da solo le cinghie alle caviglie. Fece in fretta e alla fine mi<br />

sistemò sulle spalle il pesante mantello riccamente ornato che<br />

completava l'uniforme. Dopo aver fatto un passo in<strong>di</strong>etro per<br />

esaminarmi dalla testa ai pie<strong>di</strong>, mi rivolse un cenno <strong>di</strong> approvazione.<br />

«Siete pronto» <strong>di</strong>sse.<br />

Una sola volta mi ero visto con quel completo, ma allora non ero<br />

ancora cresciuto abbastanza per indossarlo come avrei dovuto; a<br />

quel tempo non potevo contare sul fisico che ora sosteneva<br />

quell'armatura. Eppure, anche adesso, la sua magnificenza mi<br />

toglieva il fiato. Finalmente mi calzava a pennello, ma a <strong>Camelot</strong><br />

non c'erano specchi d'argento lucidato abbastanza gran<strong>di</strong> da<br />

contenere la mia intera immagine riflessa. Non come a casa <strong>di</strong><br />

Germano: allora avevo potuto specchiarmi sull'imponente e perfetta<br />

superficie <strong>di</strong> uno specchio appeso a un muro, alto come un uomo.<br />

Era il più spettacolare manufatto che avessi mai visto, ancora più<br />

straor<strong>di</strong>nario, per la sua meravigliosa purezza, dell'armatura che<br />

quella notte vi era riflessa. Un argentiere in tempi remoti doveva


aver lavorato per mesi, se non per anni, alla realizzazione <strong>di</strong> quella<br />

impeccabile superficie <strong>di</strong> metallo levigato, talmente perfetta da<br />

ricordare la superficie immobile <strong>di</strong> uno stagno <strong>di</strong> montagna in una<br />

serata tranquilla. Mi accorsi <strong>di</strong> sognare a occhi aperti e notai che Bors<br />

mi stava osservando.<br />

«Sarà meglio, ora, che vada anche tu a metterti l'armatura. Torna<br />

qui quando sarai pronto.» Bors annuì e lasciò la stanza. Mi avvicinai<br />

a una piccola finestra e da lì presi a guardare il cielo premattutino<br />

mentre cercavo <strong>di</strong> fare il punto sulle attività <strong>di</strong> quella giornata.<br />

Davanti all'uscita avrei trovato il mio cavallo sellato, ma non mi<br />

sarebbe servito durante l'ispezione se non per percorrere la strada<br />

ventosa che portava al campo da parata ai pie<strong>di</strong> della collina. <strong>Il</strong><br />

<strong>di</strong>staccamento <strong>di</strong> fanteria e gli arcieri dei Pendragon mi avrebbero<br />

atteso in pie<strong>di</strong>, sull'attenti, e le truppe <strong>di</strong> cavalleria sarebbero scese <strong>di</strong><br />

sella per consentirmi <strong>di</strong> controllarli più approfon<strong>di</strong>tamente, se lo<br />

avessi voluto.<br />

Gli arcieri dei Pendragon erano esploratori piuttosto che soldati<br />

regolari. Venendo dalla Cambria, e non da <strong>Camelot</strong>, non erano<br />

soggetti alla stessa rigorosa valutazione delle truppe regolari, ma<br />

erano comunque sotto la mia responsabilità e al mio comando, e io<br />

dovevo esigere una certa <strong>di</strong>sciplina anche da loro. Inoltre, essendo<br />

arciere io stesso - anche se il mio arco gallico era tutt'altra cosa<br />

rispetto ai potenti e lunghi archi dei Pendragon - sapevo cosa<br />

guardare durante la loro ispezione. Non esaminavo soltanto lo stato<br />

dei loro archi, ma anche le frecce, pescandone una a caso dalle<br />

faretre: ne avrei verificato linearità e spianatura dell'impennaggio.<br />

Poi, avrei controllato il livello <strong>di</strong> tensione delle corde agganciate agli<br />

archi e le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> quelle <strong>di</strong> scorta, tenute nelle bisacce,<br />

srotolandone qualcuna a caso e facendovi scorrere sopra l'unghia del<br />

pollice per verificare se erano troppo consumate o secche.<br />

Mi affacciai al davanzale della finestra, mettendomi in ascolto: le<br />

truppe stavano passando accanto alla caserma e si <strong>di</strong>rigevano al<br />

campo per la parata. Siccome si trovavano dall'altra parte<br />

dell'e<strong>di</strong>ficio, mi era impossibile sentire le loro voci o il passo<br />

trascinato della fanteria; u<strong>di</strong>vo, invece, il tintinnare <strong>di</strong> centinaia <strong>di</strong><br />

suole chiodate battere sulla pietra, un suono chiaro e <strong>di</strong>stinto che si<br />

<strong>di</strong>ffondeva nell'aria silenziosa del primo mattino. "È ancora troppo


presto per uscire" pensai. Finché non si fossero schierati nelle<br />

rispettive formazioni, la mia presenza li avrebbe confusi.<br />

Mi rassegnai ad aspettare che Bors venisse a prendermi; tolsi il<br />

mantello e mi misi comodo, appoggiato al davanzale della finestra,<br />

intento a guardare il cielo dell'est che lentamente si illuminava. I<br />

pensieri tornarono alla strana conversazione avuta due giorni prima<br />

con Artù sull'amore e sulle responsabilità che comportava. Era<br />

qualcosa cui non avrei mai pensato se non avessi ascoltato le sue<br />

parole. Nel sentirle mi ero reso conto che aveva ragione. Mi trovava<br />

d'accordo su tutto tranne sulla faccenda dell'amore tra uomini e<br />

donne: quella, per me, era terra inesplorata.<br />

Ripensando alle sue parole, al fatto che Dio ha creato una sola<br />

donna, una sola vera compagna per ogni uomo, e Artù aveva già<br />

incontrato e poi perduto la sua, tanto che ora non riusciva più a<br />

provare alcun interesse per nessun'altra, mi trovai a scuotere la testa<br />

preoccupato e incredulo. Come poteva essere così sicuro che quella<br />

fanciulla, Morag, che aveva frequentato per meno <strong>di</strong> un mese<br />

quando non era che un ragazzo, fosse colei che Dio gli aveva<br />

destinato? E allora mi venne il pensiero, assolutamente sconcertante,<br />

che si fosse sbagliato, avesse male interpretato la grave per<strong>di</strong>ta e il<br />

dolore vissuto in solitu<strong>di</strong>ne per la tragica morte <strong>di</strong> quella giovane<br />

donna. Aveva dormito con lei, e lei era stata il suo primo e unico<br />

amore.<br />

Non dubitavo che fosse sincero, però, un dubbio ce l'avevo, ed<br />

era la prima volta in assoluto che questo accadeva nei confronti del<br />

mio re. La cosa mi turbava profondamente perché fino a quel<br />

momento la mia fiducia in Artù, nella sua forza ispiratrice, nelle sue<br />

capacità, nelle sue idee, nella sua saggezza, era stata assoluta. Che io<br />

sapessi non aveva mai sbagliato, in nulla. <strong>Il</strong> re era molto lontano<br />

dall'essere un uomo or<strong>di</strong>nario, sotto ogni punto <strong>di</strong> vista, ma davanti<br />

a questo problema non sembrava più lo stesso: perfino io, che pure<br />

ero ancora vergine, avevo spesso sentito <strong>di</strong>re, da uomini molto<br />

rispettati e stimati, che esiste sì, il primo amore, quello che non si<br />

<strong>di</strong>mentica mai, ma che poi c'è l'amore vero, quello adulto, qualcosa<br />

<strong>di</strong> completamente <strong>di</strong>verso.<br />

In quel preciso momento, lì, davanti alla finestra, realizzai che


Artù si era senz'altro sbagliato e che avrebbe <strong>di</strong> nuovo amato. Come<br />

riotamo, sommo re della Britannia Unita, un giorno egli sarebbe<br />

stato costretto a sposarsi. Lo aveva ammesso lui stesso davanti a me:<br />

sapeva che, prima o poi, avrebbe dovuto cedere al volere <strong>di</strong> tutti.<br />

Quella sua stessa ammissione mi aveva turbato perché pareva<br />

contrad<strong>di</strong>re in pieno le sue riflessioni. Come avrebbe potuto sposarsi<br />

in piena coscienza, avrei voluto chiedergli, senza assumersi<br />

interamente ogni responsabilità verso la donna che sarebbe<br />

<strong>di</strong>ventata sua moglie? Qualunque fanciulla fosse andata in sposa a un<br />

re - un re in particolare come Artù - avrebbe desiderato da lui un<br />

figlio. Come avrebbe potuto Artù, gli avrei chiesto ancora,<br />

negarglielo e rifiutare <strong>di</strong> darle l'amore che le sarebbe spettato, come<br />

moglie e regina?<br />

Guidato da una nuova e sottile capacità intuitiva, conoscevo la<br />

risposta. Egli sarebbe stato all'altezza delle sue responsabilità: non<br />

avrebbe mai abbandonato moglie e famiglia. E questo nonostante<br />

quel matrimonio si sarebbe basato su ragioni politiche, un'unione <strong>di</strong><br />

<strong>Camelot</strong> con il regno della nuova moglie, in<strong>di</strong>spensabile nel caso<br />

fossero fallite altre iniziative <strong>di</strong>plomatiche. <strong>Il</strong> principale e supremo<br />

fine <strong>di</strong> quella unione doveva essere la nascita <strong>di</strong> una progenie, <strong>di</strong> un<br />

erede al trono. Quello che Artù aveva nei confronti della sua gente<br />

era un obbligo morale inderogabile. Doveva garantire la continuità<br />

<strong>di</strong> quanto conquistato: la fine dell'anarchia che si era instaurata in<br />

Britannia dopo la partenza dei Romani. E Artù Pendragon avrebbe<br />

sempre anteposto il proprio dovere a tutto il resto, anche ai suoi<br />

stessi desideri. Quell'improvvisa certezza mi rassicurò sul fatto che, al<br />

<strong>di</strong> là delle sue attuali convinzioni, il re, presto o tar<strong>di</strong>, sarebbe<br />

tornato ad amare un'altra donna.<br />

Cominciavo a sentirmi uno stupido lì, in pie<strong>di</strong>, davanti alla<br />

finestra: avevo indosso la mia sgargiante <strong>di</strong>visa militare, pronto a<br />

ispezionare un'armata <strong>di</strong> duemila uomini, e cercavo <strong>di</strong> venire a patti<br />

con i misteri dell'amore e della procreazione come un ragazzino<br />

troppo immaturo per raggiungere l'erezione. Nel mio intimo ero<br />

ormai più che convinto <strong>di</strong> non aver mai provato un sentimento<br />

davvero profondo per una donna, a parte la venerazione sempre<br />

avuta nei confronti della sorella <strong>di</strong> mia madre, lady Viviana; ma<br />

questo <strong>di</strong>fficilmente era paragonabile al tipo <strong>di</strong> amore descritto da


Artù.<br />

Perché allora, mi chiesi, stavo lì ad arrovellarmi su quello che mi<br />

aveva detto il re? Artù doveva aver considerato bene ogni cosa, non<br />

era certo il tipo che si lasciava travolgere da scelte avventate. Mi<br />

rifiutai fermamente <strong>di</strong> perdere ancora tempo a cercare altre cose su<br />

cui il re avesse sbagliato a proposito <strong>di</strong> quella Morag, e mi<br />

concentrai, invece, su quanto <strong>di</strong> giusto aveva fatto. Era riuscito a non<br />

offendere nessuno dei sei re venuti a offrirgli le loro figlie in moglie,<br />

e a gestire con grande abilità la <strong>di</strong>fficile impresa <strong>di</strong> rifiutarle tutte. La<br />

notizia <strong>di</strong> quel rifiuto e le ragioni che lo giustificavano si sarebbero<br />

presto <strong>di</strong>ffuse ovunque; la cosa gli avrebbe consentito <strong>di</strong> riprendere<br />

fiato e <strong>di</strong> pianificare una strategia prima che si ripresentassero<br />

situazioni simili. Avrebbe anche avuto il tempo, pensai compiaciuto,<br />

<strong>di</strong> incontrare la compagna che il destino aveva scelto per lui e<br />

ritrovare l'amore.<br />

Un sonoro colpo <strong>di</strong> tosse alle mie spalle interruppe il flusso dei<br />

miei pensieri: Bors era tornato.<br />

«Gli uomini sono schierati, Seur Clothar.»<br />

<strong>Il</strong> silenzio che all'improvviso era calato fuori mi aveva colto <strong>di</strong><br />

sorpresa; non mi ero nemmeno accorto che i passi delle mie truppe<br />

si erano allontanati, e ora non sapevo più nemmeno da quanto mi<br />

trovavo lì. Mi voltai in fretta e, raccolto l'elmo, che tenni stretto alla<br />

corazza, e il pesante mantello, che ripiegai sul braccio, seguii Bors,<br />

senza <strong>di</strong>re una parola, fino al cortile dove Tristano era già in sella ad<br />

attendermi insieme a Ghilly e a Bedwyr, armati entrambi <strong>di</strong> tutto<br />

punto.<br />

«Sono sorpreso <strong>di</strong> vedervi qui, voi due» <strong>di</strong>ssi a questi ultimi. «Non<br />

avevate niente <strong>di</strong> meglio da fare?»<br />

«Di meglio che guardare un gallo dorato ispezionare un'armata <strong>di</strong><br />

Bretoni? Cos'altro ci potrebbe essere?» Dall'alto del suo cavallo<br />

Bedwyr, decisamente compiaciuto della propria arguzia, mi rivolse<br />

un breve sorriso.<br />

Passai l'elmo a Bors e mi avvolsi nel mantello; poi ripresi l'elmo<br />

dalle mani del mio scu<strong>di</strong>ero e mentre lui si occupava <strong>di</strong> allacciarmi il<br />

mantello, lo sistemai in testa. Non appena Bors ebbe fatto un passo


in<strong>di</strong>etro, mi rivolsi agli altri. «Molto bene, amici miei, se avete<br />

intenzione <strong>di</strong> perdere la mattinata così, sarò felice <strong>di</strong> istruirvi<br />

entrambi, nei dettagli, sulle ispezioni <strong>di</strong> controllo.» Montai in sella,<br />

mi presi qualche istante per mettermi comodo e spiegai il mantello<br />

tutt'intorno perché apparisse in tutta la sua ricchezza. Poi, sistemai la<br />

lunga spada in modo che pendesse senza impe<strong>di</strong>menti sulla schiena,<br />

lasciando spuntare la doppia impugnatura <strong>di</strong>etro alla spalla sinistra<br />

per una facile presa. Quando fui certo che tutto fosse a posto, chiusi<br />

i lembi dell'elmo e con un colpo <strong>di</strong> speroni avviai il cavallo, mentre<br />

gli altri mi si accodavano <strong>di</strong>etro. Erano le prime luci dell'alba e il<br />

cielo a oriente si stava rapidamente schiarendo; si preannunciava una<br />

splen<strong>di</strong>da mattinata <strong>di</strong> inizio inverno.


II<br />

Amavo da sempre il suono sordo degli zoccoli che <strong>di</strong> primo<br />

mattino pestavano l'acciottolato ai pie<strong>di</strong> dei torrioni presso la porta<br />

principale, e quel giorno non fece eccezione. Mi sentivo in pace con<br />

il mondo, felice della mia nuova intuizione sulle prospettive future <strong>di</strong><br />

Artù e più che sod<strong>di</strong>sfatto <strong>di</strong> avere a fianco i miei amici più cari. Non<br />

appena attraversai i cancelli, vi<strong>di</strong> in lontananza i miei uomini <strong>di</strong>sposti<br />

in formazione impeccabile, pronti per l'ispezione. Sapevo che sopra<br />

<strong>di</strong> noi, in cima alle torri <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a, le sentinelle ci stavano<br />

osservando e con ogni probabilità stu<strong>di</strong>avano attentamente la mia<br />

sfarzosa <strong>di</strong>visa.<br />

La mia gioia, tuttavia, non durò molto perché non appena ci<br />

trovammo all'aperto, Ghilly si puntò sulle staffe, in<strong>di</strong>cando con il<br />

<strong>di</strong>to lontano, alla nostra sinistra.<br />

«Cos'è quello, in nome <strong>di</strong> Dio?»<br />

Mentre mi voltavo a guardare sentii Tristano rispondere:<br />

«Fuoco!».<br />

Vi<strong>di</strong> delle fiamme nel crepuscolo dell'alba e mi resi subito conto<br />

che venivano da villa Britannico, la casa che era appartenuta a Caio<br />

Britannico, il fondatore <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>. Giungevano grida da tutte le<br />

parti, e dai parapetti sopra <strong>di</strong> noi era partito un allarme generale:<br />

una guar<strong>di</strong>a batteva con una barra metallica contro i lati <strong>di</strong> un<br />

triangolo <strong>di</strong> ferro sospeso. Mi voltai imme<strong>di</strong>atamente verso Tristano.<br />

«Forse non è la villa, ma qualcosa vicino; qualunque cosa sia,<br />

dobbiamo andare a vedere. Presto Tristano! Vai giù, più veloce che<br />

puoi, e porta qui tutta l'armata, a passo <strong>di</strong> corsa. Non l'hanno<br />

ancora visto, da lì. Che rimangano in formazione; non perdere<br />

tempo... potrebbe essere qualunque cosa. Anche un attacco. Non<br />

correre rischi. Vai! Ci ve<strong>di</strong>amo alla villa.»<br />

Mentre Tristano scendeva al galoppo la ripida strada, mi voltai


verso gli altri. «Saremo più veloci se per raggiungere la villa<br />

taglieremo il fianco della collina, ma con questa luce potrebbe<br />

rivelarsi una cavalcata <strong>di</strong>fficile. Siete con me?»<br />

Tutti e tre, Ghilleadh, Bedwyr e Bors, lanciarono i cavalli al<br />

galoppo prima ancora che potessi finire <strong>di</strong> parlare.<br />

Come avevo immaginato, si rivelò un percorso duro; la luce,<br />

però, cominciò a crescere, rendendoci via via più facile in<strong>di</strong>viduare<br />

la ripida strada. Le fiamme in lontananza, intanto, <strong>di</strong>ventavano<br />

sempre più vivide e alte ogni volta che alzavo gli occhi da terra.<br />

Quando raggiungemmo la pianura, circa a metà strada, dentro <strong>di</strong> noi<br />

avevamo ormai la certezza che a bruciare fosse proprio villa<br />

Britannico. Non poteva che essere quella: non c'erano altri nuclei<br />

abitati nelle vicinanze. Mentre correvo al galoppo, pregavo che il<br />

fuoco si limitasse a qualche e<strong>di</strong>ficio minore, risparmiando la villa; ero<br />

sicuro che anche i miei compagni avevano le stesse speranze, perché<br />

tutti e quattro, fianco a fianco, cavalcavamo in pie<strong>di</strong> sulle staffe, col<br />

peso in avanti e il viso alle orecchie del cavallo, così da spingerlo al<br />

massimo della velocità.<br />

A meno <strong>di</strong> un quarto <strong>di</strong> miglio dall'ingresso principale della<br />

fattoria incontrammo i primi fuggitivi: tre servitori allo sbaraglio<br />

correvano <strong>di</strong>speratamente verso il forte per dare l'allarme. Vi<strong>di</strong> la<br />

faccia del primo, tutta coperta <strong>di</strong> sangue, e lo sentii gridare l'ultima<br />

parola che mi sarei mai aspettato: «Sassoni!».<br />

"Sassoni a <strong>Camelot</strong>?" mi chiesi, e sentii Ghilly rispondergli subito<br />

anche lui urlando: «Quanti sono?».<br />

Aveva <strong>di</strong>retto il cavallo verso quell'uomo, gridandogli la<br />

domanda più forte che poteva per cercare <strong>di</strong> farsi sentire,<br />

nonostante il fragore degli zoccoli in corsa. Puntai a mia volta il<br />

cavallo nella stessa <strong>di</strong>rezione sperando <strong>di</strong> u<strong>di</strong>re anch'io le parole <strong>di</strong><br />

quel servitore. Ma l'uomo, invece <strong>di</strong> rispondere, alzò le braccia come<br />

per proteggersi e si lasciò cadere a terra in ginocchio, terrorizzato:<br />

due cavalieri armati gli stavano piombando addosso, pensava <strong>di</strong><br />

essere sul punto <strong>di</strong> morire. Tirammo entrambi le re<strong>di</strong>ni<br />

contemporaneamente fino a far fermare i cavalli scalpitanti <strong>di</strong> fianco<br />

a lui, uno per parte. Ghilleadh scese <strong>di</strong> sella, afferrò il povero<br />

sciagurato per le spalle e lo costrinse a rialzarsi in pie<strong>di</strong>. Non era


stato particolarmente rude, ma l'uomo continuava a lanciarci rapide<br />

occhiate, guardando ora l'uno ora l'altro, con il viso macchiato <strong>di</strong><br />

sangue, gli occhi che si muovevano a scatti e le mani ancora<br />

sollevate per <strong>di</strong>fendersi. Era molto giovane e molto spaventato. Gli<br />

parlai prima che lo facesse Ghilly.<br />

«Abbassa le braccia, ragazzo, non ti faremo del male: abbiamo<br />

solo bisogno <strong>di</strong> sapere quanti uomini ci sono laggiù. Quanti sono i<br />

Sassoni?»<br />

Le sue labbra si mossero, ma in un primo momento dalla sua<br />

bocca non uscì nulla. Poi, finalmente, ritrovò la voce: «Non lo so,<br />

mio signore, ma ce ne sono molti. Sono dappertutto, la maggior<br />

parte è ormai già dentro casa. Hanno ucciso tutte le guar<strong>di</strong>e al primo<br />

assalto».<br />

«Quanto tempo fa è successo?» La voce <strong>di</strong> Ghilly era severa; le<br />

guar<strong>di</strong>e facevano parte del suo contingente.<br />

<strong>Il</strong> giovane mi lanciò un'altra rapida occhiata. «Non da molto, mio<br />

signore. Poco prima dell'alba. Sono sbucati dal nulla con le frecce,<br />

credo. Tutte le guar<strong>di</strong>e ne sono trafitte.»<br />

Bedwyr e Bors, a quel punto, ci avevano raggiunti; gli altri due<br />

uomini usciti dalla villa, intanto, avevano smesso <strong>di</strong> scappare, si<br />

erano avvicinati, e ora ascoltavano, sbuffando e ansimando forte.<br />

Parlò Bedwyr. «Come siete riusciti a fuggire?»<br />

«Mi sono messo a correre, mio signore. Senza fermarmi. Quando<br />

ho u<strong>di</strong>to le grida e i rumori dei combattimenti all'ingresso mi<br />

trovavo nelle cucine; si sentiva odore <strong>di</strong> fumo. Sono saltato giù dalla<br />

finestra e sono scappato fuori dalla porta posteriore. Poi ho pensato<br />

che avrei fatto bene a correre a <strong>Camelot</strong> per lanciare l'allarme.»<br />

«Come ti sei ferito?»<br />

Mi guardò sorpreso e confuso. «Ferito? Non sono ferito.»<br />

«Hai tutta la faccia piena <strong>di</strong> sangue.»<br />

Si sfregò una mano sulla fronte e fissò con sgomento il palmo<br />

insanguinato. «Non lo so. Ricordo <strong>di</strong> essere caduto. Contro un muro,<br />

vicino alla porta.»<br />

Noi quattro ci scambiammo delle occhiate. Non si cavava altro da


quel ragazzo, ma ci volli provare ancora e questa volta mi rivolsi<br />

anche agli altri due servitori.<br />

«Non sappiamo cosa ci aspetta laggiù, quin<strong>di</strong>, pensateci bene tutti<br />

e tre: quanti Sassoni avete visto? Ne avete anche soltanto un'idea?»<br />

«Sì, signore» rispose uno <strong>di</strong> loro. «Posso <strong>di</strong>rvi quanti ne ho contati<br />

io, se non altro. Prima <strong>di</strong> lasciare il mio nascon<strong>di</strong>glio e <strong>di</strong> mettermi a<br />

correre, ne ho visti un'ottantina. Ma potrei aver sbagliato.<br />

Potrebbero essere <strong>di</strong> più, ma anche <strong>di</strong> meno. Correvano<br />

dappertutto, era <strong>di</strong>fficile contarli. Sono comunque troppi per voi<br />

quattro.»<br />

Annuii. «Lungo la strada ci sono rinforzi. Correte subito a <strong>Camelot</strong><br />

e quando incontrerete la mia cavalleria <strong>di</strong>te loro che siamo stati<br />

attaccati e abbiamo bisogno <strong>di</strong> aiuto. Andate ora.»<br />

Partirono <strong>di</strong> corsa, tutti insieme, e io mi rivolsi a Ghilleadh.<br />

«Un'ottantina?»<br />

Si strinse nelle spalle. «Potrebbero essere <strong>di</strong> più,» <strong>di</strong>sse, ricordando<br />

il <strong>di</strong>scorso del servitore «ma anche <strong>di</strong> meno. Non si aspetteranno,<br />

però, <strong>di</strong> sicuro <strong>di</strong> trovarsi davanti dei cavalieri. An<strong>di</strong>amo. Siamo ben<br />

armati.»<br />

Feci fare un giro completo al cavallo, in modo da guardare la<br />

strada da cui eravamo arrivati, ma vi<strong>di</strong> soltanto i tre uomini che<br />

correvano. Era ormai quasi pieno giorno. Sganciai la mia spatha da<br />

cavaliere, appesa al corno della sella, e la offrii a Bors che non ne<br />

aveva, per poi impugnare la mia spada lunga.<br />

«La porta consente soltanto il passaggio <strong>di</strong> due uomini per volta.<br />

Io e te, Ghilly, staremo davanti. Bedwyr e Bors, <strong>di</strong>etro. Poi vi<br />

affiancherete a me e vi lascerete guidare, staremo tutti e quattro<br />

vicini, fianco a fianco. Ghilly alla mia destra, poi Bors, e infine tu,<br />

Bedwyr. E siate pronti a qualunque evenienza. Una volta entrati non<br />

avremo tempo per <strong>di</strong>scutere sulla <strong>di</strong>rezione da prendere: non<br />

appena saremo dentro, punterò verso l'obiettivo più grosso che<br />

vedrò e insieme lo annienteremo. An<strong>di</strong>amo.»<br />

Lanciammo i cavalli a briglia sciolta e in pochi istanti<br />

oltrepassammo i cancelli; i miei tre compagni, lo ricordo bene,<br />

mantenevano tutti la posizione assegnatagli. In<strong>di</strong>viduai subito una


folla <strong>di</strong> invasori intorno a un grosso carro a due ruote. Stavano<br />

riversando dentro l'alto cassone il bottino saccheggiato dalla villa. Mi<br />

gettai imme<strong>di</strong>atamente su <strong>di</strong> loro e, in pie<strong>di</strong> sulle staffe, puntai la<br />

spada come una lancia contro l'uomo più vicino, rimpiangendo <strong>di</strong><br />

non avere a <strong>di</strong>sposizione anche il mio scudo.<br />

Gli altri non ci videro finché non gli fummo addosso, e a quel<br />

punto era troppo tar<strong>di</strong> per reagire, per chiunque <strong>di</strong> loro. Quando gli<br />

piombammo contro, lungo il fianco del carro, i nostri cavalli al<br />

galoppo li costrinsero a <strong>di</strong>sperdersi come paglia al vento. Con un<br />

colpo secco infilzai un uomo che era rimasto a bocca spalancata in<br />

cima al bottino: sentii la punta della mia spada sprofondare nelle sue<br />

carni mentre gli sfrecciavo accanto. A quel punto, però, il nostro<br />

schieramento a quattro era stato spezzato dagli uomini che<br />

incontravamo sul nostro cammino: mi ritrovai solo. Vi<strong>di</strong> allora<br />

un'intera fila <strong>di</strong> uomini, la maggior parte dei quali con in mano parte<br />

del bottino, che dal carro si estendeva fino all'e<strong>di</strong>ficio principale. Mi<br />

lanciai contro <strong>di</strong> loro salendo i sette scalini che conducevano al<br />

livello del giar<strong>di</strong>no. Anche senza guardare sapevo che gli invasori<br />

avevano gettato da parte i fagotti e si erano raccolti in gruppo, con<br />

le armi alzate e i corpi in tensione, pronti a combattere e a scontrarsi<br />

con me e con chiunque mi avesse affiancato.<br />

Poi fu il caos. Non ricordo <strong>di</strong> essere smontato da cavallo, anche se<br />

restare in sella in uno scontro simile aveva poco senso: il cavallo,<br />

circondato e intrappolato in uno spazio così ristretto non è più <strong>di</strong><br />

nessuna utilità. Ma ricordo <strong>di</strong> essermi ritrovato schiena contro<br />

schiena con Ghilleadh e potevo, con gioia selvaggia, roteare la spada<br />

sapendo <strong>di</strong> avere le spalle coperte, e nessuno avrebbe potuto<br />

avvicinarsi a me dal davanti grazie alla mia lama, molto più lunga e<br />

acuminata <strong>di</strong> tutte le loro. A un tratto, però, Ghilly non era più<br />

<strong>di</strong>etro <strong>di</strong> me, la sua schiena non premeva più contro la mia, e sentii il<br />

suono metallico della sua spada che cadeva sulle lastre <strong>di</strong> pietra del<br />

viottolo.<br />

Mi voltai <strong>di</strong> scatto e lo vi<strong>di</strong>, a quattro zampe, che cercava a fatica<br />

<strong>di</strong> rimettersi in pie<strong>di</strong>, nonostante una ferita sotto l'elmo da cui<br />

gocciolava a terra del sangue vischioso. Con un balzo lo raggiunsi e<br />

mi misi a gambe <strong>di</strong>varicate sopra la sua schiena, per proteggerlo, e<br />

con un colpo <strong>di</strong> spada gli levai <strong>di</strong> torno un i<strong>di</strong>ota piegato su <strong>di</strong> lui,


mentre con un fendente <strong>di</strong> rovescio mozzavo il braccio a un altro.<br />

Sentivo ancora un rumore <strong>di</strong> spade, il che mi fece supporre che<br />

almeno uno dei miei compagni era ancora vivo e stava<br />

combattendo, ma non osai guardarmi intorno per in<strong>di</strong>viduarlo.<br />

Qualcosa mi colpì alla schiena, facendomi ruzzolare lontano da<br />

Ghilly, ma mi rialzai subito e con un colpo <strong>di</strong> spada riuscii a uccidere<br />

l'uomo che, sbucato dal nulla, aveva cercato <strong>di</strong> prendermi alle spalle.<br />

Ed ecco che Ghilly era <strong>di</strong> nuovo in pie<strong>di</strong>, con la sua spada in mano, e<br />

per un attimo davanti a noi non ci fu più nessuno contro cui<br />

combattere.<br />

«Laggiù!» urlò. «Bedwyr!»<br />

Guardai dove mi stava in<strong>di</strong>cando e vi<strong>di</strong> Bedwyr e Bors lontano,<br />

stretti in un angolo dell'atrio e circondati da un gran numero <strong>di</strong><br />

uomini che si ostacolavano uno con l'altro perché troppo numerosi e<br />

vicini tra loro. Ghilly e io li attaccammo alle spalle; riuscimmo ad<br />

aprirci un varco e, lasciandoci <strong>di</strong>etro <strong>di</strong>versi cadaveri, fummo <strong>di</strong><br />

nuovo a fianco dei nostri amici. Dovevamo ormai affrontare un<br />

numero limitato <strong>di</strong> uomini, dei quali solo alcuni si <strong>di</strong>mostravano<br />

impazienti <strong>di</strong> scontrarsi con noi, tutti quattro insieme.<br />

Ma il nostro sollievo ebbe vita breve perché l'attacco precedente<br />

aveva sfoltito la calca e quelli che restavano <strong>di</strong>sponevano ora <strong>di</strong><br />

molto più spazio per combattere. <strong>Il</strong> primo a caricarci fu l'uomo più<br />

grande che c'era, un gigante dagli occhi selvaggi con un'ascia<br />

gigantesca. Brandendo in alto la sua arma si scagliò con un ruggito su<br />

<strong>di</strong> noi, puntando, credo, Bedwyr. Ma prima che potesse avvicinarsi<br />

abbastanza da fare a pezzi qualcuno, il giovane Bors si lanciò su <strong>di</strong><br />

lui riuscendo ad affondare la sua lunga spatha nell'ascella dell'uomo;<br />

poi, scivolando alla sua destra, fece sprofondare ancor più la lama<br />

nella carne e cominciò ad alzarla e abbassarla come una leva, finché<br />

il gigante in agonia non lanciò un urlo e cadde ai miei pie<strong>di</strong>,<br />

gemendo e sputando sangue. Lo finii io con un violento colpo alla<br />

nuca, proprio mentre l'intera banda si apprestava ad attaccare<br />

ancora. D'un tratto ricevetti un colpo alla testa che mi lasciò<br />

tramortito, barcollante e vulnerabile per un tempo che mi parve<br />

infinito. Ma fortunatamente mi trovai subito davanti una schiena<br />

larga e forte: era Ghilleadh che contraccambiava il favore che gli


avevo reso poco prima.<br />

Infine, arrivarono i rinforzi, con Artù in testa. <strong>Il</strong> re si lanciò<br />

attraverso l'ingresso principale in sella a Colosso, il suo enorme<br />

cavallo sauro, e in quello che mi sembrò un battito <strong>di</strong> ciglia, l'intero<br />

cortile si riempì <strong>di</strong> uomini a cavallo. <strong>Il</strong> grosso dei Sassoni, in piena<br />

fuga, si precipitò verso l'e<strong>di</strong>ficio principale, nella speranza <strong>di</strong> trovare<br />

scampo passando dalla porta posteriore.<br />

Ero ancora barcollante; riuscivo a malapena a reggermi in pie<strong>di</strong> e<br />

mi sostenevo alla spada, aspettando <strong>di</strong> riprendere fiato, quando vi<strong>di</strong><br />

Artù smontare da cavallo e lanciarsi all'inseguimento con indosso il<br />

primo e sottile strato <strong>di</strong> cuoio della sua corazza e impugnando<br />

Excalibur. Ma era solo e non c'era nessuno a coprirgli le spalle. Urlai<br />

per avvertire Ghilly e cominciai a correre nella <strong>di</strong>rezione in cui era<br />

andato Artù, finché non lo trovai a pochi passi oltre l'ingresso<br />

dell'atrio, con la schiena rivolta alla ricca fontana centrale, intento a<br />

far roteare la lunga e scintillante lama <strong>di</strong> Excalibur e a sfidare i tre<br />

uomini che aveva davanti.<br />

<strong>Il</strong> mio arrivo fece trasalire i nemici, che si misero a scappare; Artù<br />

balzò addosso a quello che gli era più vicino e lo abbatté. Così<br />

facendo, però, aveva voltato la schiena a uno degli altri due che,<br />

invertita all'improvviso la marcia, si era precipitato verso <strong>di</strong> lui,<br />

brandendo una pesante ascia. Non fui abbastanza veloce per colpirlo<br />

con la spada o pugnalarlo; riuscii soltanto a buttarmi in avanti e a<br />

dargli una spallata perché perdesse l'equilibrio e deviasse il colpo: la<br />

spalla del re fu colpita <strong>di</strong> piatto dal dorso dell'ascia. Con una rapida<br />

capriola mi rimisi in pie<strong>di</strong> prima <strong>di</strong> lui e lo uccisi con un unico<br />

fendente dall'alto in basso, che lo spaccò quasi in due. Artù, intanto,<br />

era crollato in ginocchio, la testa penzolante; con la sinistra si teneva<br />

forte la spalla destra mentre con la mano destra, tutta tremante,<br />

cercava goffamente l'elsa <strong>di</strong> Excalibur che era a terra davanti a lui.<br />

Sentii il rumore <strong>di</strong> una mischia alle mie spalle, mi voltai e vi<strong>di</strong> un<br />

arciere, a non più <strong>di</strong> sei passi da me, che puntava una freccia alla<br />

schiena in<strong>di</strong>fesa del re. Troppo <strong>di</strong>stante per raggiungere in tempo il<br />

nemico e salvare il re, mi gettai all'in<strong>di</strong>etro verso Artù nel tentativo<br />

<strong>di</strong>sperato <strong>di</strong> fargli scudo con il mio corpo, e in quel preciso istante<br />

vi<strong>di</strong> l'invasore scoccare la sua freccia. Non ricordo altro.


III<br />

Quando posai <strong>di</strong> nuovo gli occhi sulla splen<strong>di</strong>da corazza che quel<br />

giorno mi aveva salvato la vita provai delle sensazioni contrastanti.<br />

Ringraziai innanzitutto il caso per l'incidente della cinghia strappata<br />

che mi aveva costretto a indossarla poiché, se non l'avessi fatto, sarei<br />

certamente morto. Nessun'altra armatura avrebbe potuto contrastare<br />

l'impatto <strong>di</strong> una freccia lanciata in piena battaglia da una <strong>di</strong>stanza<br />

così ravvicinata. Sapevo <strong>di</strong> dovere la vita al solido intreccio <strong>di</strong><br />

metallo bluastro nascosto sotto il cuoio lucido e intarsiato.<br />

Ringraziai, poi, lo sconosciuto maestro artigiano che l'aveva<br />

fabbricata per la sua abilità, per aver forgiato quella superba opera<br />

molti decenni prima in qualche sperduto angolo dell'impero<br />

romano: la freccia infatti, pur avendo colpito il centro del torace, era<br />

rimbalzata, la testa appuntita completamente schiacciata dalla forza<br />

dell'impatto.<br />

Non appena i me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>ssero che ero in grado <strong>di</strong> ricevere visite,<br />

Ghilleadh, Bedwyr e Tristano portarono quel proiettile all'infermeria<br />

per mostrarmelo. Erano rimasti molto colpiti dal danno subito dalla<br />

punta della freccia, talmente schiacciata e contorta da risultare<br />

irriconoscibile, ma ancor più non potevano credere che la mia<br />

splen<strong>di</strong>da corazza fosse rimasta indenne.<br />

<strong>Il</strong> mio corpo era un fascio <strong>di</strong> muscoli doloranti; ero pieno <strong>di</strong> livi<strong>di</strong><br />

e le mie costole erano talmente dolenti e ammaccate che riuscivo a<br />

respirare a fondo solo stringendo i denti. Mandai comunque Bors a<br />

prendere la corazza. Volevo esaminarla da vicino e quando constatai<br />

che quello che avevano detto i miei amici era vero rimasi sorpreso<br />

quanto loro. Mi ero infatti convinto che dopo un simile impatto non<br />

mi sarebbe stato più possibile indossarla. La struttura al <strong>di</strong> sotto della<br />

corazza appariva intatta, senza fori né tracce <strong>di</strong> inarcamento o<br />

<strong>di</strong>storsioni. Solo l'esterno mostrava il segno del colpo: in mezzo alla<br />

liscia lucentezza del cuoio spiccava un buco recente, dai bor<strong>di</strong>


frastagliati, simile a un altro più antico che risaliva a decenni prima,<br />

quando la corazza, in circostanze analoghe, aveva salvato la vita a<br />

Germano. <strong>Il</strong> nuovo solco, tuttavia, era più profondo <strong>di</strong> quello<br />

vecchio: infatti, aveva lacerato il cuoio lasciando apparire il bagliore<br />

cupo della sottostante trama metallica. Ripensando alla storia del<br />

primo segno mi ricordai lo scetticismo che avevo provato <strong>di</strong> fronte<br />

al racconto della violenza <strong>di</strong> quell'impatto, ma ora sapevo che non si<br />

era trattato <strong>di</strong> un'esagerazione. La corazza, per la sua resistenza e<br />

robustezza, era quasi magica.<br />

Più tar<strong>di</strong>, quando i miei amici tornarono a riprendere servizio,<br />

rimasi solo e con molto tempo a <strong>di</strong>sposizione per pensare. Provai<br />

innanzitutto rimpianto e un forte senso <strong>di</strong> nostalgia al ricordo<br />

dell'attaccamento che il mio vecchio mentore aveva per l'armatura in<br />

seguito donatami. Poi mi ricordai il <strong>di</strong>spiacere che aveva mostrato<br />

per quell'opaca incavatura, ineliminabile nonostante venisse lucidata,<br />

un'unica imperfezione in tutta la <strong>di</strong>visa. Gli aveva salvato la vita, così<br />

mi aveva detto, e quel vecchio segno testimoniava l'onore che si era<br />

guadagnato in battaglia. Non<strong>di</strong>meno sarebbe stato felice <strong>di</strong> trovare<br />

un modo per ripararla e nasconderla. Nel farmene dono mi aveva<br />

chiesto <strong>di</strong> custo<strong>di</strong>rla con grande cura e <strong>di</strong> evitare in tutti i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

danneggiarla: io mi ero impegnato solennemente a farlo.<br />

Mi fece sorridere il ricordo <strong>di</strong> quella promessa strappata perché<br />

ero certo che, dovendo scegliere tra salvarmi la vita a scapito<br />

dell'armatura o salvare l'armatura a prezzo della mia vita, il vecchio<br />

non avrebbe avuto il minimo dubbio. Immaginai la sua gioia se<br />

avesse saputo che quel dono mi aveva, concretamente e senza<br />

ombra <strong>di</strong> dubbio, salvato la vita.<br />

Poi considerai la battaglia in sé e le ragioni che avevano potuto<br />

causarla: non sapevo cosa immaginarmi. Era ormai quasi trascorso<br />

un giorno intero dall'incursione e nessuno ci aveva ancora capito<br />

niente. Nonostante il numero dei nemici si fosse <strong>di</strong> fatto rivelato<br />

piuttosto esiguo, capii subito che quello scontro, per il solo fatto <strong>di</strong><br />

averci colti alla sprovvista, avrebbe potuto trasformarsi in una<br />

catastrofe. Artù, inoltre, si era esposto al pericolo in maniera<br />

eccessiva, cosa che <strong>di</strong>fficilmente avveniva in una normale battaglia. <strong>Il</strong><br />

fattore sorpresa, in sé e per sé, aveva avuto enormi ripercussioni e<br />

aveva rivelato la grave lacuna delle nostre misure <strong>di</strong> sicurezza. Provai


compassione per Ghilleadh: il gruppo armato responsabile <strong>di</strong><br />

quell'imprevista irruzione nemica faceva parte delle sue milizie. <strong>Il</strong><br />

fatto che prima dell'attacco quella lacuna fosse rimasta nascosta per<br />

anni non significava niente. La responsabilità era comunque <strong>di</strong><br />

Ghilly: era lui il legato responsabile. I Sassoni erano arrivati a<br />

<strong>Camelot</strong> e questo, in<strong>di</strong>pendentemente dallo stratagemma escogitato<br />

per penetrare le nostre <strong>di</strong>fese, era gravissimo e del tutto<br />

inaccettabile.<br />

E non aveva alcuna importanza neanche il fatto che i "Sassoni"<br />

non fossero affatto Sassoni. Erano comunque nemici penetrati nel<br />

cuore dei nostri territori. Sapevo, perché me l'aveva detto Tristano,<br />

che si trattava <strong>di</strong> Danesi venuti dalle coste orientali, da noi chiamate<br />

coste dei Sassoni. Ma come avessero raggiunto <strong>Camelot</strong> e cosa li<br />

avesse spinti fin qui era ancora un mistero. Avevamo, tuttavia,<br />

catturato <strong>di</strong>ciassette prigionieri e Tristano mi aveva avvertito che<br />

erano stati interrogati. Li avrebbero privati <strong>di</strong> sonno, cibo e acqua,<br />

senza però sottoporli a vere e proprie torture, e presto o tar<strong>di</strong>, spinti<br />

dalla loro natura umana, dal bisogno <strong>di</strong> conforto materiale, per<br />

porre fine alla loro prigionia, ci avrebbero detto tutto quello che<br />

avevamo bisogno <strong>di</strong> sapere. Non c'erano ragioni perché resistessero.<br />

Erano soltanto ladri, predoni de<strong>di</strong>ti alla razzia e al saccheggio, senza<br />

nessun vincolo <strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplina o <strong>di</strong> fedeltà nei riguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> nessuno, se<br />

non <strong>di</strong> loro stessi, e liberi <strong>di</strong> salvarsi la pelle senza paura <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>re<br />

chissà quale <strong>di</strong>segno.<br />

I prigionieri si rifiutarono <strong>di</strong> parlare per tre giorni, finiti i quali io<br />

ero <strong>di</strong> nuovo in pie<strong>di</strong>; poi abbassarono le <strong>di</strong>fese e parlarono<br />

sinceramente e in totale libertà. La ragione <strong>di</strong> quei tre giorni <strong>di</strong><br />

silenzio era dovuta alla lealtà che avevano nei confronti dei<br />

compagni lasciati in<strong>di</strong>etro, sulla costa, a guar<strong>di</strong>a dei vascelli.<br />

L'accordo era stato questo: se non fossero tornati entro sette giorni<br />

dalla loro partenza i compagni avrebbero dovuto prendere il largo,<br />

poi aspettarli ancora tre giorni e quin<strong>di</strong> salpare per tornare in patria<br />

e portare la notizia della loro morte.<br />

Quello che ci raccontarono in seguito, una volta che<br />

cominciarono a parlare, fu qualcosa <strong>di</strong> tragico e allo stesso tempo<br />

ri<strong>di</strong>colo, una serie <strong>di</strong> circostanze farsesche e <strong>di</strong> insuccessi. Avevano<br />

lasciato la loro patria all'inizio della primavera con una piccola flotta


<strong>di</strong> quattro galee e centocinquanta uomini ciascuna. Volevano<br />

navigare lungo le coste meri<strong>di</strong>onali <strong>di</strong> Britannia, Cornovaglia e<br />

Cambria e, attraversando il mare, raggiungere l'Eire dove ritenevano<br />

esistesse una striscia <strong>di</strong> terra che si estendeva dalle coste della<br />

Britannia per venti miglia, assolutamente <strong>di</strong>sabitata, e abbandonata a<br />

causa <strong>di</strong> decennali incursioni, feroci e incessanti quanto le loro.<br />

In seguito al loro arrivo nel sud dell'Eire gli si era riversata<br />

addosso una pioggia <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgrazie. Una delle loro galee si era persa in<br />

mare dopo pochi giorni dall'approdo, ingoiata dalle fitte nebbie al<br />

largo <strong>di</strong> una delle isole costiere, e aveva finito per schiantarsi contro<br />

una barriera <strong>di</strong> scogli sommersi. In quell'occasione avevano perso più<br />

della metà dell'equipaggio. Dopo meno <strong>di</strong> un mese, avendo<br />

abbandonato la zona dov'erano inizialmente sbarcati perché non<br />

offriva risorse né occasioni <strong>di</strong> saccheggio, si misero a navigare verso<br />

sud-ovest per altri due giorni. Sbarcati in un altro posto, furono<br />

subito sorpresi da un numeroso gruppo <strong>di</strong> guerrieri appartenenti a<br />

un clan locale che, in cammino a loro volta per razziare, si era<br />

imbattuto nei nostri predoni danesi. Anche in quello scontro<br />

avevano riportato gravi per<strong>di</strong>te.<br />

Poi furono vittime <strong>di</strong> una piaga, una pestilenza che li decimò. Un<br />

terzo degli uomini fu colpito da una febbre virulenta e pustolosa; <strong>di</strong><br />

questi uno su tre morì a pochi giorni dall'inizio della malattia,<br />

mentre gli altri rimasero in agonia per settimane. Quando quegli<br />

sciagurati si ripresero, l'estate era ormai finita e l'autunno sembrava<br />

lasciare il posto in fretta all'inverno. Così salparono ancora una volta<br />

con le tre navi che gli erano rimaste, a quel punto, scarsamente<br />

equipaggiate. Si rimisero in mare giusto in tempo per farsi travolgere<br />

da una delle prime tempeste invernali che ogni anno devastano i<br />

mari intorno alla Britannia. In quel caos <strong>di</strong> venti e onde una delle<br />

loro galee venne speronata in pieno fianco da quella accanto e<br />

affondò. Si considerarono fortunati poiché avevano perso solo tre<br />

uomini e i due vascelli rimasti erano abbastanza capienti da portare<br />

in salvo anche la ciurma della nave affondata.<br />

Due giorni dopo, malconci com'erano, si avventurarono nelle<br />

paludose rive a nord e a ovest <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, avvicinandosi alla<br />

rocciosa collina <strong>di</strong> Glastonbury ma non abbastanza da accorgersi che<br />

era abitata, sebbene soltanto da una colonia <strong>di</strong> anacoreti. Lì, colti


dalla <strong>di</strong>sperazione, lasciarono un gruppo <strong>di</strong> venti uomini a<br />

guar<strong>di</strong>a delle due galee rimaste mentre il resto <strong>di</strong> loro, una sessantina<br />

<strong>di</strong> uomini, avanzarono nell'entroterra con la speranza <strong>di</strong> trovare una<br />

città o un villaggio e <strong>di</strong> poter compiere saccheggi lungo il cammino<br />

per rifarsi <strong>di</strong> tutte le <strong>di</strong>sgrazie che avevano dovuto subire. Per tre<br />

giorni non trovarono niente, e nessuno li notò, ma a quanto pare fu<br />

pura fortuna, non certo per loro scaltrezza. Proprio quando stavano<br />

per ritirarsi, ormai sconfitti, si imbatterono nei nostri campi ben<br />

coltivati appena fuori dalla colonia e presto trovarono villa<br />

Britannico.<br />

Le loro maldestre imprese <strong>di</strong>vennero subito leggenda tra i nostri<br />

soldati i quali non riuscivano a spiegarsi come un gruppo <strong>di</strong> guerrieri,<br />

per quanto incapaci, si fosse azzardato ad attaccare un obiettivo così<br />

appetibile come villa Britannico senza accertarsi quanto fosse<br />

protetto e quin<strong>di</strong> pericoloso. Alle nostre truppe sembrava incre<strong>di</strong>bile<br />

che gli esploratori danesi non avessero notato l'estrema <strong>di</strong>sciplina, il<br />

tipo <strong>di</strong> armatura e le armi impareggiabili delle guar<strong>di</strong>e della villa,<br />

così come trovavano ri<strong>di</strong>colo che, nel perlustrare i <strong>di</strong>ntorni, non<br />

avessero notato la fortezza con più <strong>di</strong> duemila uomini a meno <strong>di</strong> un<br />

miglio <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza.<br />

Questo, tuttavia, era quanto accaduto, e non c'era stato niente <strong>di</strong><br />

sinistro e <strong>di</strong> preme<strong>di</strong>tato nel modo in cui erano riusciti a penetrare<br />

nel nostro territorio. Ci descrissero il tragitto che avevano fatto<br />

poiché erano stati abbastanza accorti da memorizzarlo per tornare<br />

alle loro navi. Una grossa squadra <strong>di</strong> miei cavalieri fu subito<br />

incaricata <strong>di</strong> scortarli lungo la strada verso la fortezza. Ma per<br />

Ghilleadh era una magra consolazione sapere che, a seguito <strong>di</strong><br />

innumerevoli strane coincidenze, quegli stupi<strong>di</strong> i<strong>di</strong>oti erano riusciti<br />

soltanto per puro caso e del tutto inconsapevolmente a infilarsi nella<br />

cruna dell'ago, senza che nessuno se ne accorgesse.<br />

L'unica vera consolazione dopo quella sconfitta era avere la<br />

certezza che il punto debole della nostra rete <strong>di</strong> protezione era stato<br />

identificato. Su quel fronte non ci avrebbero mai più colti <strong>di</strong><br />

sorpresa. Artù rifiutò <strong>di</strong> riconoscere che la colpa dell'accaduto fosse<br />

<strong>di</strong> Ghilleadh, come sosteneva lui stesso, e lo sollevò da ogni<br />

responsabilità rimarcando, in occasione della successiva seduta del<br />

Consiglio dei cavalieri, che se anche egli fosse stato presente a capo


dell'armata, durante quel turno <strong>di</strong> servizio, il risultato sarebbe stato<br />

lo stesso. Nessuno immaginava che potesse esserci una falla nelle<br />

nostre <strong>di</strong>fese, e quin<strong>di</strong> nessuno avrebbe potuto prevenire l'accaduto.<br />

Per com'erano andate le cose, volle precisare, nella sfortuna<br />

eravamo stati tuttavia fortunati perché la mia milizia, chiamata a<br />

raccolta per l'ispezione mattutina, era stata in grado <strong>di</strong> rispondere<br />

prontamente all'attacco. Al <strong>di</strong> là delle guar<strong>di</strong>e uccise prima dell'alba<br />

non avevamo subito per<strong>di</strong>te. C'era stato soltanto qualche ferito:<br />

quattro soldati <strong>di</strong> cavalleria colpiti durante i combattimenti e otto<br />

servitori picchiati dai predoni perché rivelassero dove erano nascosti<br />

i beni più preziosi.<br />

A conti fatti il nemico era stato sconfitto in fretta e la villa aveva<br />

subito danni <strong>di</strong> lieve entità, limitati essenzialmente alla fattoria e ai<br />

magazzini <strong>di</strong> stoccaggio, mentre non era stato portato via o <strong>di</strong>strutto<br />

niente <strong>di</strong> valore.<br />

L'unica questione irrisolta riguardava il destino dei <strong>di</strong>ciassette<br />

prigionieri. Non potevamo certo lasciarli liberi <strong>di</strong> tornarsene alle<br />

loro coste dei Sassoni. In quelle con<strong>di</strong>zioni non sarebbero stati in<br />

grado <strong>di</strong> attraversare a pie<strong>di</strong> l'intero paese senza saccheggiare e<br />

uccidere per sopravvivere lungo il tragitto; inoltre, una volta tornati<br />

in patria, tra i loro simili, avrebbero potuto decidere <strong>di</strong> tornare e <strong>di</strong><br />

attaccarci per vendetta. Del resto non avremmo neanche potuto<br />

tenerli prigionieri a <strong>Camelot</strong> perché la nostra colonia non aveva<br />

spazi adeguati per ospitare prigionieri in gran<strong>di</strong> quantità. E <strong>di</strong>ciassette<br />

uomini stranieri, ostili e potenzialmente letali equivalevano appunto<br />

a una grande quantità. Avevamo alcune celle <strong>di</strong> detenzione ma<br />

erano state costruite per ospitare pochi delinquenti o ribelli, non più<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>eci uomini in totale, un numero non sufficiente a risolvere la<br />

nostra emergenza. La semplice soluzione <strong>di</strong> ucciderli fu esclusa a<br />

priori anche se i pareri favorevoli erano stati molti.<br />

Artù rinviò la decisione ma or<strong>di</strong>nò che nel frattempo i <strong>di</strong>ciassette<br />

ostaggi venissero <strong>di</strong>stribuiti nei presi<strong>di</strong> <strong>di</strong> guarnigione più remoti<br />

purché forniti <strong>di</strong> una cella dove alloggiare temporaneamente un<br />

prigioniero o due sotto stretta sorveglianza.<br />

Nessuno <strong>di</strong> noi poteva immaginare che la situazione sarebbe stata<br />

efficacemente risolta in modo definitivo e sod<strong>di</strong>sfacente, il mese


dopo, in occasione dell'arrivo a <strong>Camelot</strong> <strong>di</strong> un vecchio amico e<br />

alleato <strong>di</strong> Merlino e Artù: l'ammiraglio scoto Connor Mac Athol. Era<br />

il fratello <strong>di</strong> Donuil Mac Athol, l'ufficiale amministrativo <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>.<br />

I prigionieri vennero, infatti, imbarcati tutti e <strong>di</strong>ciassette per servire<br />

nelle sue galee.<br />

L'episo<strong>di</strong>o dell'attacco a sorpresa alla villa fu archiviato, la sua<br />

lezione imparata e nuove precauzioni applicate. Da quel momento<br />

in poi gli unici a riparlarne sarebbero stati i soldati <strong>di</strong> guarnigione e<br />

<strong>di</strong> cavalleria, ancora increduli che potesse esistere uno squadrone<br />

tanto sfortunato e sprovveduto quanto quello dei nostri invasori.


IV<br />

«Ti ricor<strong>di</strong> la nostra visita a Chester, l'anno scorso?» Artù, che<br />

cavalcava a poca <strong>di</strong>stanza da me, si fermò ad aspettarmi. Stavo<br />

tentando <strong>di</strong> sistemare il manico <strong>di</strong> una delle mie lance: la striscia <strong>di</strong><br />

cuoio avvolta stretta intorno all'impugnatura aveva cominciato a<br />

sciogliersi. Decisi che il lavoro avrebbe avuto bisogno <strong>di</strong> più tempo e<br />

risistemai l'arma <strong>di</strong>fettosa nel fodero che mi penzolava <strong>di</strong>etro la sella.<br />

«È stato più <strong>di</strong> due anni fa, Artù, quasi tre» risposi. «Fu quella volta<br />

che trovammo gli speroni d'argento.»<br />

«È passato così tanto tempo? Adesso che mi ci fai pensare, credo<br />

tu abbia ragione. Trovammo gli speroni, come hai detto tu, ma<br />

ricorderai che non incontrammo l'uomo da cui eravamo andati in<br />

visita. Come si chiamava? <strong>Il</strong> re, quel tuo amico che veniva dal<br />

santuario <strong>di</strong> sant'Albano.»<br />

«Simmaco. E non era un mio amico. A <strong>di</strong>r la verità, non mi<br />

poteva vedere. Credeva che avessi delle mire sulla sua sciocca e<br />

boriosa figlia. Una ragazza <strong>di</strong>sgustosa, troppo simile al padre per i<br />

miei gusti.»<br />

«Ah, giusto! Come si chiamava?»<br />

«Cynthia, una marmocchia assolutamente viziata. Ha trattato il<br />

povero Bors come immon<strong>di</strong>zia soltanto perché si era innamorato <strong>di</strong><br />

lei. Ne aveva fatto il suo schiavo rendendolo un infelice per suo<br />

unico <strong>di</strong>letto; non si stancava mai <strong>di</strong> provocarlo. Ho finito per<br />

detestarla.»<br />

«Almeno era attraente?»<br />

Mentre mi accostavo al suo cavallo, mi strinsi nelle spalle. «Non<br />

attraente, bellissima. Era questo il problema: troppo bella e troppo<br />

stupida per capire che una bellezza superficiale non ha nessun valore<br />

se non c'è qualcosa a sostenerla. Fui felice quando finalmente se ne<br />

andò con il suo presuntuoso padre. <strong>Il</strong> giovane Bors si riprese in


fretta...<br />

Però, mi piaceva la sua matrigna, la moglie del re. Si chiamava<br />

Demea ed era una persona gradevole e affabile. Simmaco ne era<br />

profondamente innamorato e ne aveva tutte le ragioni. Era l'unica<br />

della famiglia che si potesse frequentare con piacere, a parte la figlia<br />

più giovane, Maia, una ragazzina che faceva <strong>di</strong> tutto per sembrare<br />

un ragazzo.»<br />

Allungai un braccio alle mie spalle e, dopo aver scelto<br />

accuratamente un'altra lancia, gliela porsi. «Ecco, provate questa.<br />

Vedete quel tronco laggiù, davanti a noi, con quell'arboscello che gli<br />

spunta sul fianco? Cavalcate fin lì, alla vostra sinistra, e allontanatevi<br />

<strong>di</strong> circa venti passi: vedremo quanto riuscirete ad avvicinarvi<br />

all'alberello.»<br />

Artù si mosse subito facendo arretrare e voltare in fretta il cavallo;<br />

poi lo lanciò al piccolo galoppo e gli fece compiere un largo giro<br />

tutto intorno, aumentando progressivamente la velocità; infine si<br />

alzò sulle staffe fino quasi a sollevarsi in pie<strong>di</strong> e, tenendo le re<strong>di</strong>ni<br />

allentate nella mano sinistra, bilanciò con la destra il lungo<br />

giavellotto dalla punta acuminata che gli avevo dato. Poi, raggiunto<br />

il punto più esterno della curva lanciò il cavallo al galoppo e si<br />

<strong>di</strong>resse verso l'arboscello che cresceva come un parassita dal vecchio<br />

fusto in decomposizione. Quando mi passò accanto vi<strong>di</strong> che teneva<br />

gli occhi socchiusi per la concentrazione: il braccio si allungò<br />

all'in<strong>di</strong>etro e il corpo si adattò al lancio, assecondando la traiettoria<br />

dell'arma. Mancò l'alberello, ma <strong>di</strong> poco: fu il lancio migliore che<br />

avesse mai fatto in tutta la mattinata. Con un colpo <strong>di</strong> re<strong>di</strong>ni fece<br />

rallentare il cavallo, andò a recuperare il giavellotto e tornò da me,<br />

sorridente.<br />

«Sto migliorando.»<br />

«Già,» <strong>di</strong>ssi, annuendo con aria assente, «è stato uno dei vostri<br />

lanci migliori, non c'è dubbio. Se quell'arboscello fosse stato un<br />

uomo, sarebbe morto o comunque seriamente ferito. Di sicuro, fuori<br />

combattimento. Ma state anche invecchiando, e molto più in fretta<br />

<strong>di</strong> quanto stiate migliorando.»<br />

Come unica risposta si sfilò uno dei suoi guanti e me lo gettò<br />

contro. Quel gesto veniva normalmente considerato un insulto


mortale o comunque una sfida. Presi al volo il guanto, ridendo,<br />

prima che mi colpisse, e glielo ritirai. Lo afferrò con facilità.<br />

«Perché non provate a lanciare così?» <strong>di</strong>ssi. «<strong>Il</strong> guanto lo avete<br />

lanciato alla perfezione. Cosa ha <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso rispetto a un giavellotto?<br />

Hanno quasi lo stesso peso! È l'arma più leggera che abbiate mai<br />

lanciato, coltelli a parte, naturalmente, e con quelli siete<br />

estremamente preciso!»<br />

Quel mattino ci eravamo riproposti <strong>di</strong> visitare la fattoria <strong>di</strong><br />

maestro Dougald, rimasta danneggiata durante l'attacco dei Danesi la<br />

settimana precedente. Tuttavia, era una giornata così piacevole e<br />

mite che, non avendo particolare fretta, avevamo deciso <strong>di</strong> passare<br />

qualche ora a far pratica <strong>di</strong> lancio del giavellotto dai cavalli in corsa.<br />

Artù era affascinato dall'estrema leggerezza del mio giavellotto e<br />

dalla tecnica dei miei lanci, ma era anche vero che in tutta <strong>Camelot</strong><br />

ero il solo capace <strong>di</strong> usare quell'arma con abilità e destrezza. Artù<br />

veniva subito dopo, ma soltanto grazie alla sua personale<br />

ostinazione: nonostante sapesse <strong>di</strong> poter raggiungere al massimo un<br />

livello poco più che sod<strong>di</strong>sfacente, aveva passato interminabili ore a<br />

esercitarsi con tenacia e i suoi sforzi avevano dato buoni frutti. Che<br />

io potessi ridere apertamente della sua tenacia confermava la nostra<br />

<strong>di</strong>sinvolta amicizia, ma non avrei mai osato comportarmi così se<br />

fosse stato presente qualcun altro. A quel punto si mostrò sdegnato.<br />

«Dopo tutto, non sono più tanto sicuro <strong>di</strong> voler davvero<br />

imparare una tecnica <strong>di</strong> combattimento così insolita, così... gallica.<br />

Mentre stavo tirando, mentre prendevo la mira, mi è venuto in<br />

mente che avrei anche potuto scartare <strong>di</strong> lato e svignarmela. Ma non<br />

è esattamente la condotta che ci si aspetterebbe da un re, né da un<br />

cavaliere... o sbaglio?»<br />

Risi <strong>di</strong> gusto. «Assolutamente no, Seur re. Se si manca il bersaglio è<br />

molto meglio andare alla carica e morire gloriosamente lasciando<br />

che il nemico ci faccia a pezzetti. Soltanto così si può <strong>di</strong>mostrare cosa<br />

sono la vera de<strong>di</strong>zione e il coraggio!»<br />

Mi guardò impassibile, la faccia totalmente inespressiva. «Lo sai,<br />

Seur Franco, tu non hai la minima idea <strong>di</strong> cosa sia la deferenza nei<br />

riguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> un re. Questa sarà un'ottima occasione per te <strong>di</strong> prostrarti<br />

ai miei pie<strong>di</strong>, sempre che io voglia perdonare la tua imperdonabile


insolenza concedendoti <strong>di</strong> rimanere vivo.»<br />

«Potrebbe essere, Seur re, ma potrebbe anche non essere. Le scuse<br />

annoiano e ci rendono più deboli, inoltre se cambiassi il mio modo<br />

<strong>di</strong> essere credereste che io sia impazzito. Staremo seduti qui a<br />

<strong>di</strong>scutere tutto il giorno?»<br />

Si guardò intorno, poi mi lanciò il giavellotto. «Forse no. Sta per<br />

piovere. An<strong>di</strong>amo, allora. Dovremmo essere a meno <strong>di</strong> un miglio da<br />

villa Varro.»<br />

Riprendemmo il sentiero e ci ritrovammo ad avanzare nelle fertili<br />

terre della villa, con i suoi vasti campi coltivati da tempi<br />

immemorabili. Quinto Varro, l'amministratore della tenuta ai tempi<br />

<strong>di</strong> Caio Britannico, aveva concepito l'idea <strong>di</strong> creare lì un'enclave<br />

protetta. Egli era un intimo amico della famiglia Britannico, alla<br />

quale era legato anche in virtù <strong>di</strong> un matrimonio. E nonostante la<br />

sua famiglia si fosse estinta - non era rimasto a <strong>Camelot</strong> altro<br />

membro dei Varro - la villa con tutti i suoi terreni aveva da sempre<br />

rappresentato parte integrante della colonia, e adesso era <strong>di</strong>ventata<br />

il più importante centro agricolo, in grado <strong>di</strong> organizzare e<br />

coor<strong>di</strong>nare tutte le fasi <strong>di</strong> gestione dell'intera tenuta.<br />

«E allora, maestro Pendragon,» gli domandai quando lo raggiunsi,<br />

procedendo accanto a lui, fianco a fianco, «cosa vi ha spinto a<br />

riprendere in considerazione Simmaco?»<br />

«Merlino lo reputa importante e vorrebbe che lo tenessi<br />

seriamente in considerazione. Io non l'ho mai conosciuto, al<br />

contrario <strong>di</strong> te. Cre<strong>di</strong> si possa contare su <strong>di</strong> lui?»<br />

Capii che non me lo stava chiedendo tanto per fare, ma perché<br />

voleva davvero un mio giu<strong>di</strong>zio sincero sul re del Nord; mi sforzai <strong>di</strong><br />

essere prudente. Stavo lì a rimuginare, quando mi accorsi che si era<br />

voltato sulla sella per richiamare la mia attenzione. Mi strinsi nelle<br />

spalle, e allentai la presa delle re<strong>di</strong>ni.<br />

«È una domanda complicata, Artù, e in verità la mia risposta<br />

dovrebbe innanzitutto considerare gli ambiti nei quali contare su <strong>di</strong><br />

lui. Se si trattasse per Simmaco <strong>di</strong> tutelare i suoi interessi personali,<br />

decisamente sì. O <strong>di</strong> mantenere comunque e sempre il proprio<br />

parere o <strong>di</strong> guardarsi le spalle, anche. Persino se si trattasse <strong>di</strong> tenere


a <strong>di</strong>stanza o tentare <strong>di</strong> intimi<strong>di</strong>re quelli che gli si avvicinano, la<br />

risposta sarebbe la medesima. Poi, se cerchi qualcuno costantemente<br />

scostante, ostile e <strong>di</strong>staccato, è senz'altro la persona giusta. In tutte<br />

queste cose si può contare su <strong>di</strong> lui senza la minima esitazione e il<br />

minimo dubbio. Ma nessuna <strong>di</strong> queste cose vi ispira, non è vero?<br />

Quin<strong>di</strong> sarà meglio che io pensi a quello che veramente volete<br />

sapere. Se conterei su <strong>di</strong> lui come alleato fedele?»<br />

<strong>Il</strong> re mi guardava fisso, aspettando con pazienza.<br />

«Ebbene, se volessi per forza chiederglielo, per far sì che la sua<br />

fosse un'alleanza semplice e costante, cercherei <strong>di</strong> rassicurarlo che<br />

andrebbe innanzitutto ed esclusivamente a suo vantaggio. Ma che sia<br />

fedele, non credo: la sua determinazione <strong>di</strong>pende soltanto dal tipo<br />

<strong>di</strong> percezione che ha - <strong>di</strong> nuovo quella parola -, la percezione che un<br />

dato vantaggio vada veramente a suo favore. Se questa cambiasse, le<br />

sue intenzioni e la sua devozione cambierebbero con lei.<br />

Ma la vostra domanda era più puntuale, giusto, più specifica?<br />

Chiedevate se mi fiderei <strong>di</strong> lui? Se potrei fidarmi ciecamente, in<br />

quanto Artù Pendragon, della sua sincerità e del suo appoggio ai<br />

miei piani e strategie per costruire una Britannia Unita?» Scossi la<br />

testa. «No, Artù. Non lo farei. Perché quel genere <strong>di</strong> lealtà, il genere<br />

<strong>di</strong> lealtà che voi cercate e alla quale vi dovrete affidare, <strong>di</strong>pende<br />

interamente dall'onestà: da un'amicizia onesta e sincera, da un pieno<br />

e reciproco rispetto, da fiducia, buonafede e buone intenzioni. Non<br />

credo che Simmaco abbia molto a che fare con questo genere <strong>di</strong><br />

cose. Non lo reputo capace <strong>di</strong> provare amicizia e nemmeno <strong>di</strong> poter<br />

gestire semplici relazioni. È <strong>di</strong> un'arroganza folle. I suoi occhi sono<br />

sempre rivolti ai propri interessi; egli non ha né il tempo né la<br />

pazienza, né tanto meno la volontà, <strong>di</strong> prendere in considerazione i<br />

bisogni o i piani <strong>di</strong> chiunque altro, a parte i suoi.»<br />

<strong>Il</strong> re scosse la testa, e la sua bocca, in mezzo alla barba ben curata,<br />

si piegò in un sorriso ironico. «Sai, amico mio, non mi <strong>di</strong>spiacerebbe<br />

affatto che tu, oltre a mostrarti deferente e rispettoso davanti al tuo<br />

sommo re, riuscissi un giorno o l'altro a <strong>di</strong>re quello che pensi<br />

veramente, invece <strong>di</strong> blaterare all'infinito e lanciare vaghe<br />

insinuazioni. In definitiva, lo trovi detestabile!»<br />

«Detestabile? Non è questo il punto. Ho detto che non mi fiderei


<strong>di</strong> lui. Ed è quello che mi avevate chiesto.»<br />

«È vero, infatti.»<br />

«Ma perché tutto questo interesse per Simmaco? È solo un piccolo<br />

re, niente <strong>di</strong> più!»<br />

«Ha il controllo <strong>di</strong> Deva. Ecco perché. Anche Merlino, per istinto,<br />

sente come te che non ci si possa fidare <strong>di</strong> lui, ma mentre tu sembri<br />

sottovalutarlo, il mio consigliere vede in Simmaco una minaccia e un<br />

pericolo concreti. Quella fortezza è stata costruita per ospitare<br />

seimila uomini e da allora si è ingran<strong>di</strong>ta ancora. Se Simmaco lo<br />

volesse potrebbe farci stare dentro un numero <strong>di</strong> soldati tale da<br />

preoccuparci. Merlino, quin<strong>di</strong>, ha pensato che dovrei conquistarmi i<br />

suoi favori.»<br />

«Gesù! Non sposandone la figlia, spero! Ti porterebbe alla<br />

<strong>di</strong>sperazione nel giro <strong>di</strong> un anno, Artù!»<br />

«No, assolutamente no. Non è previsto alcun matrimonio. Dovrei<br />

solo <strong>di</strong>mostrare che <strong>Camelot</strong> e il suo re gli sono amici.»<br />

«Inutile. Una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> tempo. Avete già fatto qualcosa <strong>di</strong> simile<br />

più <strong>di</strong> una volta senza ricevere risposta. Come quando avete<br />

allungato la strada per incontrarlo e bussato alla sua porta: anche<br />

quella volta ha ignorato la vostra visita.»<br />

«È vero ma...» Un rumore terrificante si alzò dall'altro lato della<br />

collina che avevamo appena cominciato a salire. «Merda! Cos'era, in<br />

nome <strong>di</strong> Dio!»<br />

Lanciai subito il cavallo in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> quel suono agghiacciante.<br />

Avevo in<strong>di</strong>viduato esattamente da dove proveniva e speravo,<br />

nonostante i brutti presentimenti, che la causa non fosse così terribile<br />

come sembrava. Ma appena fui in cima alla collina mi accorsi che era<br />

molto peggio. In fondo al pen<strong>di</strong>o, in un'area alle spalle degli e<strong>di</strong>fici<br />

più lontani della tenuta, vi<strong>di</strong> tre persone alle prese con un orso<br />

inferocito che aveva appena atterrato il quarto membro del gruppo.<br />

I tre erano rimasti impietriti per il terrore. L'enorme orso stava dritto<br />

sulle zampe posteriori e agitava le superiori verso <strong>di</strong> loro,<br />

nonostante si trovassero almeno a quin<strong>di</strong>ci passi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza. Ma<br />

quin<strong>di</strong>ci passi sono niente davanti a un orso pronto ad attaccare. La<br />

bestia li avrebbe raggiunti in un batter d'occhio, e io mi trovavo


ancora a duecento passi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza.<br />

«Merda!» ruggì ancora il re alle mie spalle. «È Dougald! Vola,<br />

Lance, vola!»<br />

Sferzai con le re<strong>di</strong>ni il cavallo che, come era stato addestrato a<br />

fare, partì subito al galoppo. Lo guidavo ormai soltanto con le mie<br />

gambe, in<strong>di</strong>candogli la traiettoria senza preoccuparmi dei suoi<br />

movimenti, mentre con le mani cercavo <strong>di</strong> sfilare una lancia dalla<br />

faretra che portavo sulla schiena. Ovviamente, estrassi per prima la<br />

lancia <strong>di</strong>fettosa che avevo cercato <strong>di</strong> aggiustare e fui costretto a<br />

liberarmene conficcandola al suolo, con la speranza che la<br />

raccogliesse Artù, passandole accanto. Ne estrassi un'altra,<br />

sforzandomi <strong>di</strong> non pensare a cosa sarebbe successo se il cavallo<br />

avesse messo male una zampa scendendo la collina a quella velocità<br />

incontrollabile; quin<strong>di</strong> avvolsi la corda da tiro attorno<br />

all'impugnatura. Farlo dalla sella <strong>di</strong> un cavallo in corsa non era certo<br />

un'impresa facile, ma allo scopo mi ero esercitato migliaia e migliaia<br />

<strong>di</strong> volte, e ora che avevo bisogno <strong>di</strong> lanciare con rapi<strong>di</strong>tà e<br />

precisione tutto quell'esercizio si era rivelato decisamente utile.<br />

Avevo ormai raggiunto la superficie pianeggiante e coperto metà<br />

della <strong>di</strong>stanza tra me e l'orso, il quale non si era ancora abbassato<br />

per caricare, quando ripresi nella mano sinistra le re<strong>di</strong>ni e, sempre<br />

tenendole allentate perché il cavallo non fraintendesse il segnale e<br />

interrompesse la corsa, mi alzai gradualmente sulle staffe. Poi<br />

allungai il braccio all'in<strong>di</strong>etro per preparare il lancio, contando i passi<br />

che mi separavano dall'obiettivo. L'orso era grosso ma la <strong>di</strong>stanza<br />

che ci separava era ancora troppo grande per riuscire a lanciare con<br />

precisione. Sapevo <strong>di</strong> avere un'unica possibilità: se il mio lancio<br />

avesse mancato l'obiettivo, l'animale non se ne sarebbe nemmeno<br />

accorto, e sarebbe accaduto il peggio prima <strong>di</strong> un mio secondo<br />

tentativo. Contai ancora venti passi, ma nulla era cambiato. La scena<br />

che vedevo era rimasta la stessa: immobile come un gruppo <strong>di</strong><br />

statue.<br />

Fu allora che uno dei tre mi vide sopraggiungere, e i suoi nervi<br />

saltarono. Lanciò un urlo e fece per scappare, ma in un battito <strong>di</strong><br />

ciglia l'orso si era rimesso a quattro zampe ed era partito all'attacco.<br />

L'animale rabbioso fu subito addosso all'uomo e lo gettò


utalmente a terra, dove quello si afflosciò come una bambola <strong>di</strong><br />

pezza abbandonata da una fanciulla. Superatolo, l'orso si fermò,<br />

in<strong>di</strong>etreggiò <strong>di</strong> nuovo, per poi voltarsi lanciando un altro ruggito<br />

straziante. A quel punto i due superstiti si misero anch'essi a correre:<br />

una donna nella mia <strong>di</strong>rezione, l'altro uomo in quella opposta.<br />

La vista delle due figure che si allontanavano sembrò confondere<br />

l'orso che, invece <strong>di</strong> buttarsi sull'uomo steso a terra, in<strong>di</strong>etreggiò.<br />

Guardava a destra, poi a sinistra, incerto su quale delle due creature<br />

in movimento abbattere per prima. Poi, forse perché aveva notato<br />

anche me, caricò la donna che correva nella mia <strong>di</strong>rezione gridando<br />

aiuto. Ma a quel punto la bestia mi offriva il peggiore degli obiettivi,<br />

il suo massiccio cranio, che nella corsa teneva abbassato tanto da<br />

impe<strong>di</strong>rmi <strong>di</strong> colpirlo al petto.<br />

Imprecando, riuscii a deviare la corsa del cavallo, con la speranza<br />

che la donna non cambiasse traiettoria a sua volta per seguirmi.<br />

Dalla belva mi separavano ancora trenta passi. A quel punto scorsi il<br />

punto migliore per colpire e lanciai.<br />

Seppi all'istante che il tiro era riuscito bene, anzi, molto bene. La<br />

lancia era partita come una freccia scoccata da un arco ben teso.<br />

Passai rumorosamente accanto al pesante animale, <strong>di</strong>stogliendolo<br />

dalla preda che aveva quasi ghermito, sorpreso dalla sua velocità e<br />

inorri<strong>di</strong>to da quanto fosse vicino ad atterrare la donna. Ma proprio<br />

quando sembrava che per la vittima non ci fosse più niente da fare,<br />

la lancia colpì l'orso con forza e il puntale acuminato, lungo due<br />

pie<strong>di</strong>, penetrò senza fatica in mezzo a due costole.<br />

In altre circostanze - me ne resi conto soltanto in seguito -la<br />

reazione dell'orso sarebbe apparsa comica. Non appena riuscii a<br />

frenare il cavallo ansante, con le zampe tremanti, la donna si<br />

accasciò a terra, svenendo. L'orso stese le zampe anteriori, si irrigidì e<br />

scivolò sull'erba con quelle posteriori. Poi balzò in pie<strong>di</strong> e cominciò a<br />

contorcersi furiosamente da un lato, sbattendo le fauci per la rabbia<br />

mentre cercava <strong>di</strong> raggiungere ciò che gli aveva perforato il fianco.<br />

Ma non ci riuscì e continuò a <strong>di</strong>menarsi, sempre più lentamente,<br />

finché cadde sulla schiena con le zampe che scalciavano in aria e la<br />

bocca che vomitava una schiuma <strong>di</strong> sangue rosso acceso. Morì<br />

qualche istante dopo, a pochi passi dalla preda che aveva inseguito.


<strong>Il</strong> suo sangue era schizzato sulle gonne e sulle gambe nude della<br />

donna.<br />

Prima che riuscissi <strong>di</strong> nuovo a muovermi, Artù mi aveva raggiunto<br />

fermandosi col suo cavallo al mio fianco. <strong>Il</strong> re ansimava così tanto<br />

che sembrava fosse stato lui e non il suo destriero a correre per tutta<br />

quella strada. «Dolcissimo Gesù, Lance, quello sì che era un lancio!<br />

Devi avergli perforato cuore e polmoni. Adesso capisco perché ridevi<br />

dei miei sforzi. La donna è morta?»<br />

Scossi la testa. «No, non credo, a meno che non sia morta <strong>di</strong><br />

spavento. L'orso non l'ha neanche sfiorata.»<br />

«E tutto quel sangue?»<br />

«È dell'orso.»<br />

«Dio, ti ringrazio per questo. Guarda che non abbia ferite mentre<br />

vado a controllare come stanno Dougald e l'altro uomo.»<br />

Sapendo che il peggio era passato, mi concessi un respiro<br />

profondo e sonoro, e mi guardai finalmente intorno. Strinsi forte i<br />

pugni per evitare <strong>di</strong> farmi travolgere dal tremore e mi concentrai su<br />

quanto stava accadendo. Passato il pericolo, un po' <strong>di</strong> gente ci stava<br />

correndo incontro dalla villa: immaginai che da qualche parte, in<br />

mezzo a loro, ci fosse il sopravvissuto che era riuscito a fuggire. Artù,<br />

invece, si stava avvicinando all'uomo riverso a terra. <strong>Il</strong> re teneva<br />

nella mano destra la lancia che avevo scartato. Feci un altro piccolo<br />

respiro profondo e mi chinai a controllare la donna.<br />

Non mi ero accorto che fosse una donna finché non si era messa a<br />

correre con le gonne alzate, urlando. Mi inginocchiai al suo fianco<br />

per misurarle le pulsazioni dalla gola. Le sentii subito, forti e regolari,<br />

ed ebbi la certezza che non le era accaduto niente <strong>di</strong> grave, ma mi<br />

accorsi anche <strong>di</strong> non voler più staccare le <strong>di</strong>ta dal suo collo. Mi<br />

pareva più morbido e caldo <strong>di</strong> qualunque altra cosa avessi mai<br />

toccato. Era giovane, doveva avere vent'anni o poco più: non ero<br />

bravo a valutare l'età delle donne. Ed era attraente: le sue palpebre<br />

chiuse sembravano quasi trasparenti nel loro biancore; le sopracciglia<br />

erano <strong>di</strong> un intenso marrone ramato, con gli stessi riflessi dei capelli<br />

scompigliati; la pelle era giovane e soda, senza traccia <strong>di</strong> cicatrici o<br />

rughe. <strong>Il</strong> viso era bello ed estremamente piacevole, con una grande


occa rossa dalle labbra carnose che, ne ero sicuro, dovevano ridere<br />

spesso. Continuavo a tenere le mie <strong>di</strong>ta sulla sua gola, a contatto con<br />

il calore e il battito del suo cuore.<br />

D'un tratto aprì gli occhi e mi guardò; poi si irrigidì come pronta a<br />

scappare. Ma rimase <strong>di</strong>stesa a fissarmi. Cominciai a ritrarre la mano,<br />

ma lei veloce mi afferrò il polso e riportò le mie <strong>di</strong>ta sul suo collo.<br />

«L'hai uccisa!»<br />

L'accusa mi fece subito trasalire. «Uccisa? Chi?»<br />

«L'orsa.»<br />

«Oh, l'orsa. Sì, l'orsa è morta.»<br />

«Dove sono i suoi cuccioli?»<br />

Scossi la testa. «Non ho visto cuccioli, lady, solo l'orsa.»<br />

«Aveva due cuccioli. Arrivando all'improvviso li abbiamo<br />

spaventati e così hanno cominciato a chiamarla. La madre è arrivata<br />

subito e mio padre...» Sembrò trasalire all'improvviso, ad agitarsi<br />

guardandosi intorno come una bestia selvaggia. «Dov'è mio padre? È<br />

morto?»<br />

«Ssst, lady, non dovete preoccuparvi. È con il re. Lo stanno<br />

alzando per portarlo dentro. <strong>Il</strong> re sta parlando con lui: è vivo.»<br />

Si era tranquillizzata e mi guardava da sotto le sopracciglia<br />

arcuate. «<strong>Il</strong> re? <strong>Il</strong> re è qui? E voi allora chi siete?»<br />

«Mi chiamo Clothar, lady. Sono al servizio del re.»<br />

«Clothar? <strong>Il</strong> cavaliere, colui che chiamano il Franco?» Sembrava<br />

confusa, quasi spaventata. Le sorrisi.<br />

«Sì, qualche volta anche Lanciere, a seconda <strong>di</strong> chi mi chiama.<br />

Ecco chi sono, lady.»<br />

I suoi occhi si accesero quasi <strong>di</strong> rabbia, pensai. «Non sono una<br />

lady, mio signor cavaliere. Mi chiamo Elaine.»<br />

«Era il nome <strong>di</strong> mia madre. Elaine <strong>di</strong> dove, mia signora?»<br />

«Elaine <strong>di</strong> dove?» Rise benché il suo sembrò più uno sbuffo<br />

esasperato. «Elaine <strong>di</strong> qui, mio signor cavaliere. Elaine <strong>di</strong> questa villa,<br />

<strong>di</strong> questa fattoria. Ora aiutatemi a rialzarmi. Devo andare a vedere


mio padre.» Stava per prendere la mia mano quando all'improvviso<br />

si bloccò, con la testa immobile e le narici che si contraevano. «Cos'è<br />

questo odore?»<br />

Sorrisi <strong>di</strong> nuovo e in<strong>di</strong>cai la belva abbattuta alle sue spalle. «È<br />

l'orsa, mia signora.» Si voltò a guardare, sussultò e si lanciò verso <strong>di</strong><br />

me, buttandomisi addosso fino a farmi perdere l'equilibrio. Finimmo<br />

entrambi con le gambe all'aria e una mia mano si infilò per sbaglio<br />

sotto le sue gonne: le mie <strong>di</strong>ta sfiorarono la tiepida e soda<br />

morbidezza della sua coscia. Ritrassi bruscamente la mano e mi<br />

affrettai a rimettermi in pie<strong>di</strong>, rosso in viso, ma ella parve non<br />

accorgersene perché mentre la aiutavo ad alzarsi fissava alle sue<br />

spalle l'animale morto. Poco dopo tornò a rivolgersi a me con gli<br />

occhi <strong>di</strong>latati per la paura.<br />

«Mi stava davvero così vicina quando l'avete uccisa?»<br />

Ancora imbarazzato per averle toccato una coscia nuda, <strong>di</strong>ssi la<br />

prima cosa che mi venne in mente: «Non si è mossa più».<br />

Sgranò gli occhi per poi abbassare subito lo sguardo. «Avete una<br />

mano che sanguina.»<br />

Alzai subito la mano - quella incriminata - e la guardai,<br />

sentendomi la faccia <strong>di</strong> nuovo in fiamme. «Non è sangue mio, lady.<br />

È dell'orsa. Ne avete anche voi addosso.»<br />

Sollevò le gonne quel tanto da poter vedere se ciò che avevo<br />

detto era vero, e rabbrividì, per poi fissarmi con una espressione<br />

indecifrabile; infine, rivolse lo sguardo altrove. La piccola folla che si<br />

era raccolta si stava <strong>di</strong>rigendo ora verso i cancelli della villa e<br />

trasportava due barelle. Notai che Artù mi guardava in pie<strong>di</strong> tra i<br />

nostri due cavalli; lo vide anche lei.<br />

«<strong>Il</strong> re vi sta aspettando» <strong>di</strong>sse. «Lo accompagnerete dentro?»<br />

«Sì, se lo vorrà.»<br />

«E allora venite anche voi. E...»<br />

«E, lady?»<br />

«Non vi ho ancora ringraziato per avermi salvato la vita.»<br />

Riuscii a sorridere. «Vedervi sana e salva è una ricompensa<br />

sufficiente, mia signora.»


«Già, sana... Può essere.» La sua bocca abbozzò un sorriso; poi la<br />

giovane tornò a voltarsi e, dandomi le spalle, mi <strong>di</strong>sse: «Devo andare<br />

a vedere come sta mio padre. Entrate, vi prego... e aspettatemi lì».<br />

Ero ancora intento a guardarla allontanarsi, quando Artù giunse<br />

accanto a me in sella al suo cavallo, portando anche il mio. «Ragazza<br />

attraente la nostra Elaine, vero, Lance? Per salvarla non ti sei fatto<br />

alcun male: attento che ora non te lo faccia lei!»<br />

«Chi è?»<br />

«La figlia <strong>di</strong> Dougald, anche se non lo è veramente. Lui e sua<br />

moglie, Marta, la adottarono ancora lattante. La bambina era<br />

rimasta orfana <strong>di</strong> madre, così Marta la svezzò e la tennero sempre<br />

con loro. Ora, da quando Marta è morta, cinque anni fa, per<br />

Dougald Elaine è <strong>di</strong>ventata tutta la sua vita. An<strong>di</strong>amo dentro a<br />

vedere se si può fare qualcosa per lui.»<br />

La donna era scomparsa oltre l'ingresso della tenuta e, per la<br />

prima volta da quando mi aveva raggiunto, riuscii a guardare Artù<br />

negli occhi. «Cosa intendete con quel "se si può fare qualcosa per<br />

lui"? Pensate che morirà?»<br />

<strong>Il</strong> re scoppiò a ridere. «Dougald? Non quest'anno! È gravemente<br />

ferito, tutto insanguinato, con la faccia sfregiata, ma ci vuole ben<br />

altro che la zampata <strong>di</strong> un orso rabbioso per uccidere quel vecchio<br />

bestione. No, volevo soltanto garantirmi che avesse il massimo delle<br />

cure senza bisogno <strong>di</strong> un ulteriore aiuto da parte nostra. Devo<br />

esserne sicuro perché è un gioiello inestimabile, la miglior mente <strong>di</strong><br />

tutta <strong>Camelot</strong>, forse <strong>di</strong> tutta la Britannia, in campo agricolo. Ho<br />

anche sete e vorrei mangiare qualcosa: secondo me anche tu hai<br />

bisogno <strong>di</strong> bere, non necessariamente birra. Monta in sella e<br />

an<strong>di</strong>amo dentro. Intanto cercherò <strong>di</strong> trovare le parole giuste per<br />

descrivere quel tuo lancio una volta tornati a <strong>Camelot</strong>. Gwin,<br />

Ghilleadh e gli altri penseranno che sono un bugiardo quando glielo<br />

racconterò. Tieni.» Mi porse la lancia con l'impugnatura <strong>di</strong>fettosa, e<br />

io mi voltai a guardare l'altra, solidamente conficcata nelle carni<br />

dell'orsa morta.<br />

«Devo prima tirare fuori quella. Non mi ci vorrà molto. Ti<br />

raggiungerò quando avrò finito.»


In realtà, per estrarla dal corpo morto della bestia ci misi<br />

parecchio; Artù, intanto, era già scomparso dentro la villa.<br />

Nonostante l'aiuto <strong>di</strong> una coppia <strong>di</strong> muscolosi conta<strong>di</strong>ni, e dopo<br />

molto tirare e spingere per cercare <strong>di</strong> allentare la pressione delle<br />

carni morte intorno alla lancia, fui costretto a legare una corda al<br />

manico e usare la forza del mio cavallo per trascinare l'arma fuori<br />

dalla ferita. Felice <strong>di</strong> esserci riuscito, la sciacquai nelle acque <strong>di</strong> un<br />

vicino ruscello, eliminando tutto il sangue possibile. Avevo con me<br />

troppe poche lance per permettermi <strong>di</strong> sacrificarne anche soltanto<br />

una: erano davvero insostituibili.<br />

Quando finalmente entrai, a villa Varro era tornata la calma. Gli<br />

uomini feriti erano stati sistemati in camere separate e affidati alle<br />

cure del me<strong>di</strong>co locale che abitava all'interno della comunità<br />

agricola. Io e Artù non potevamo far altro che aspettare <strong>di</strong> ricevere<br />

notizie dalle camere degli ammalati. Qualcuno, nel frattempo, ci<br />

aveva portato un po' <strong>di</strong> birra. Artù si era messo a parlare con alcuni<br />

fidati assistenti <strong>di</strong> Dougald, mentre io, in pie<strong>di</strong> accanto alla porta<br />

dell'atrio, pur ascoltando i <strong>di</strong>scorsi alle mie spalle speravo, con una<br />

certa ansia, <strong>di</strong> veder riapparire quella donna, Elaine, da un momento<br />

all'altro.<br />

L'orsa, sentivo che <strong>di</strong>cevano ad Artù, era <strong>di</strong>ventata negli ultimi<br />

anni una presenza normale nei <strong>di</strong>ntorni della villa, dove si aggirava<br />

alla ricerca <strong>di</strong> cibo e avanzi. La prima volta che l'avevano avvistata<br />

era poco più che una cucciola e fino a quel giorno non aveva mai<br />

mostrato comportamenti aggressivi.<br />

Sentii Artù chiamare ad alta voce un giovane che avevo già<br />

notato: pallido, all'incirca della mia età, se ne stava in <strong>di</strong>sparte in un<br />

angolo della stanza dove eravamo tutti riuniti. Gli chiese <strong>di</strong><br />

raccontarci per intero l'accaduto. Luke, il figlio <strong>di</strong> Dougald, nonché<br />

fratellastro <strong>di</strong> Elaine, era l'unico uomo scampato all'attacco dell'orsa.<br />

Secondo Luke, si erano allontanati dal trambusto della villa in<br />

quattro, in cerca <strong>di</strong> un luogo dove parlare liberamente senza essere<br />

u<strong>di</strong>ti; nessuno sospettava della presenza dell'orsa. Con loro c'era un<br />

uomo <strong>di</strong> nome Jonas, il capo <strong>di</strong> un villaggio a mezza giornata <strong>di</strong><br />

cammino dai confini della colonia, che per un certo periodo aveva<br />

fatto la corte a Elaine. Quella mattina era venuto a chiedere a


Dougald la mano della figlia e lui lo aveva condotto fuori dalla villa<br />

perché si <strong>di</strong>chiarasse e precisasse la sua offerta. Elaine e Luke, che nel<br />

negoziato non avevano alcuna voce in capitolo, li avevano seguiti<br />

soltanto perché la stessa Elaine approvava Jonas e la sua offerta e<br />

nessuno dei partecipanti prevedeva <strong>di</strong>fficoltà nel raggiungere un<br />

accordo. Camminando e parlando, tuttavia, Dougald li aveva<br />

condotti proprio dove, nascosti in una folta macchia <strong>di</strong> alberi,<br />

stavano giocando i cuccioli dell'orsa e aveva inavvertitamente<br />

impe<strong>di</strong>to loro <strong>di</strong> raggiungere la madre. I piccoli, spaventati, si erano<br />

messi a mugolare forte nel tentativo <strong>di</strong> richiamarla.<br />

Non fecero nemmeno in tempo a rendersi conto <strong>di</strong> quanto stava<br />

accadendo che l'orsa aveva già iniziato a caricarli, sbucando<br />

all'improvviso dalla boscaglia. Nessuno <strong>di</strong> loro riuscì a muoversi e<br />

Dougald, il più vicino ai cuccioli, fu il primo ad attirare il furore <strong>di</strong><br />

quella bestia. Gli altri, impietriti, paralizzati dal terrore, non<br />

riuscirono né a fuggire né tanto meno ad aiutare Dougald.<br />

Quando la mia comparsa ruppe l'incantesimo che li aveva tenuti<br />

imprigionati, Jonas era stato il primo a correre via. Ma l'orsa gli era<br />

subito saltata addosso, sbattendolo a terra con violenza, senza però<br />

infierire grazie al mio intervento. Ora, quanto fosse rimasto ferito<br />

gravemente Jonas a causa <strong>di</strong> quel singolo colpo feroce e devastante<br />

restava ancora da stabilire. Ma era vivo, ci <strong>di</strong>sse Luke, e questo era<br />

tutto ciò che per il momento poteva farci sapere.<br />

Nel sentire il suo racconto la mia prima reazione fu <strong>di</strong> rabbia, e<br />

mi ci vollero <strong>di</strong>verse ore <strong>di</strong> riflessione per rendermi conto che in<br />

realtà ero soltanto furioso <strong>di</strong> gelosia. All'inizio, ritenevo responsabile<br />

dell'accaduto quello straniero, quel forestiero, Jonas, che era venuto<br />

nel regno <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> da fuori per mettere a repentaglio la vita <strong>di</strong><br />

una parte dei suoi abitanti. <strong>Il</strong> fatto che mi accanissi soltanto su uno<br />

dei quattro per me era un dettaglio insignificante che non potevo né<br />

volevo riconoscere. Forse perché quella vicenda era avvenuta una<br />

settimana dopo l'impreve<strong>di</strong>bile incursione dei Danesi, all'improvviso<br />

mi misi al centro della stanza e chiesi <strong>di</strong> sapere com'era possibile che<br />

ogni forestiero avesse libero accesso alla nostra più importante<br />

tenuta.<br />

La domanda provocò grande stupore e strane occhiate.


Jonas, mi venne riferito, era un forestiero solo <strong>di</strong> nome. <strong>Il</strong> suo<br />

villaggio era prosperoso, ben governato e, proprio perché così<br />

vicino alle nostre frontiere, <strong>di</strong> fatto faceva anch'esso parte <strong>di</strong><br />

<strong>Camelot</strong>. Le nostre guar<strong>di</strong>e a cavallo lo visitavano, lo pattugliavano<br />

spesso e si assicuravano che non fosse mai fonte <strong>di</strong> problemi. <strong>Il</strong><br />

villaggio ospitava i migliori tessitori, carpentieri e conciatori della<br />

regione: i loro prodotti erano molto apprezzati a <strong>Camelot</strong> e<br />

in<strong>di</strong>spensabili per garantire le forniture e mantenere in efficienza le<br />

attrezzature necessarie ai coltivatori. Di conseguenza i loro operai e<br />

artigiani erano liberi <strong>di</strong> entrare e <strong>di</strong> uscire da <strong>Camelot</strong> quanto e come<br />

lo desideravano.<br />

Mentre li ascoltavo, imparando ben più <strong>di</strong> quanto credessi <strong>di</strong><br />

sapere, mi accorsi che Artù dalla sua se<strong>di</strong>a mi stava fissando e mi<br />

sentii avvampare. Mi sarebbe bastato osservarlo meglio per vedere<br />

quel suo lieve, caratteristico sogghigno che nel tempo avevo<br />

imparato a riconoscere come il segno che egli aveva intuito una cosa<br />

sfuggita a tutti gli altri. Forse proprio per quello evitai <strong>di</strong> guardarlo<br />

ancora: in ogni caso a causa dell'agitazione che provavo non sarei<br />

riuscito neanche questa volta a capire cosa aveva visto in me. Mi<br />

limitai quin<strong>di</strong> a prendere atto <strong>di</strong> ciò che mi era stato detto, per poi<br />

rimanere in silenzio, con il mento sprofondato sul petto, finché non<br />

apparve il me<strong>di</strong>co a informare personalmente il re.<br />

Entrambi gli uomini sarebbero sopravvissuti. Dougald, sbattendo<br />

la testa, aveva perso i sensi subito dopo l'attacco dell'orsa, cosa che<br />

probabilmente gli aveva salvato la vita: prima <strong>di</strong> abbandonare il suo<br />

corpo inerte, la bestia feroce lo aveva artigliato soltanto due volte.<br />

Uno <strong>di</strong> quei colpi, tuttavia, gli aveva fatto uscire l'occhio destro<br />

dall'orbita e rotto il naso. Erano lesioni gravi ma non al punto <strong>di</strong><br />

mettere a repentaglio la sua vita, a meno che non si infettassero.<br />

Jonas, invece, aveva ricevuto un unico colpo, ma <strong>di</strong> enorme<br />

potenza. Aveva la spalla slogata e l'osso del braccio spezzato in malo<br />

modo; inoltre, il me<strong>di</strong>co sospettava che si fosse rotto anche qualche<br />

costola. A quanto pareva Jonas non avrebbe potuto muoversi per<br />

parecchio, ma trascorso qualche tempo sarebbe tornato in piena<br />

salute, senza riportare i segni <strong>di</strong> quello sfortunato incontro.<br />

All'improvviso mi resi conto che la giovane Elaine si trovava ora<br />

accanto a me, leggermente arretrata, e ascoltava la parte finale del


apporto del me<strong>di</strong>co; non l'avevo nemmeno vista entrare nella<br />

stanza. Mi ero accorto della sua presenza soltanto grazie al suo<br />

profumo, e la sua inaspettata vicinanza mi fece avvampare <strong>di</strong> colpo.<br />

Ma prima che potessi imbarazzarmi per quel rossore, Artù le aveva<br />

già rivolto la parola e le chiedeva notizie del padre. Nonostante<br />

avessimo appena finito <strong>di</strong> ascoltare il rapporto completo <strong>di</strong> un<br />

me<strong>di</strong>co, il re voleva conoscere il parere personale della figlia.<br />

«Ha perduto un occhio e il suo volto resterà sfigurato. Ma Strabo,<br />

qui, ha cucito bene le ferite che dovrebbero rimarginarsi senza<br />

rischio <strong>di</strong> infezioni. Anche se mezzo cieco, riuscirà a lavorare come<br />

faceva prima. Se avesse perduto un braccio o una mano... Be', un<br />

agricoltore con un braccio solo è come un uomo mezzo morto.<br />

Quin<strong>di</strong>...» Impettita, contrasse le labbra rosse e carnose. «Faremo del<br />

nostro meglio: ci riteniamo fortunati che non sia andata peggio.»<br />

«E per quanto riguarda Jonas, il vostro fidanzato?» Artù esitò.<br />

«Perché è il vostro fidanzato, giusto? O quando l'orsa vi ha attaccato,<br />

non lo avevate ancora deciso?»<br />

Elaine scosse la testa, lanciandomi una breve occhiata, lo sguardo<br />

impassibile. «No, era già stato deciso. Siamo fidanzati. <strong>Il</strong> contratto <strong>di</strong><br />

matrimonio è concluso, il prezzo della sposa concordato. Ci<br />

sposeremo appena Jonas si sarà rimesso.» Si rabbuiò. «Ma ci vorrà<br />

del tempo. Jonas è gravemente ferito, non a morte come sapete, ma<br />

per il momento è comunque menomato e lo sarà per mesi.»<br />

«È vero» <strong>di</strong>sse Artù, con riguardo. «Ma quei mesi passeranno in<br />

fretta, Elaine, e quando saranno trascorsi, ricorderete a malapena<br />

l'accaduto, credetemi.»<br />

«Vi credo, mio signore.» Quin<strong>di</strong>, si rivolse a me. «E voi, lord<br />

Clothar. Non sono ancora riuscita a ringraziarvi a dovere per il<br />

vostro aiuto. Per ora posso soltanto <strong>di</strong>rvi che vi sono molto<br />

riconoscente. Tornerete, quando ne avrete il tempo, per<br />

permettermi <strong>di</strong> esprimervi in altro modo la nostra gratitu<strong>di</strong>ne?»<br />

Sembrava non accorgersi affatto <strong>di</strong> tutte le persone che la stavano<br />

ascoltando; poi, d'un tratto si bloccò e, voltandosi <strong>di</strong> nuovo verso<br />

Artù, <strong>di</strong>sse: «Perdonatemi mio re. <strong>Il</strong> cavaliere è al vostro servizio.<br />

Non ho il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong>...».


«Se c'è qualcuno qui che ne ha <strong>di</strong>ritto, Elaine, questa siete voi.»<br />

Artù le sorrideva. «Desidero mi teniate al corrente sui progressi <strong>di</strong><br />

vostro padre e, poiché non c'è nessuno <strong>di</strong> cui mi fi<strong>di</strong> più <strong>di</strong><br />

quest'uomo, mi pare altresì ragionevole che <strong>di</strong>venti lui il mio<br />

messaggero. Cosa ne <strong>di</strong>te, Seur Clothar? Volete offrirmi anche questo<br />

servigio?»<br />

Incapace <strong>di</strong> scostare gli occhi dal tenue pulsare sul collo <strong>di</strong> quella<br />

fanciulla, riuscii soltanto ad annuire. «Sì, magister» <strong>di</strong>ssi, sforzandomi<br />

<strong>di</strong> apparire calmo nonostante l'agitazione che avevo in petto.<br />

Ricevetti come ricompensa un'ultima occhiata, impenetrabile, <strong>di</strong><br />

Elaine e un accenno <strong>di</strong> sorriso sulle sue labbra rosse e generose. <strong>Il</strong> re<br />

si rivolse altrove e cambiò argomento. Fu allora che la giovane chinò<br />

delicatamente la testa verso <strong>di</strong> me e si allontanò per tornare alle<br />

proprie mansioni. I miei occhi si riempirono del movimento della<br />

veste che le <strong>di</strong>segnava i fianchi e le natiche ondeggianti.


CINQUE<br />

Tutti i soldati della mia armata, naturalmente, furono felici <strong>di</strong><br />

restare per l'inverno a svolgere le proprie mansioni a <strong>Camelot</strong>, e<br />

anche le mie responsabilità <strong>di</strong>vennero da quel momento meno<br />

pesanti. Piombai subito in un continuo alternarsi <strong>di</strong> notti impegnate<br />

in improvvise ispezioni nei più sperduti posti <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a e <strong>di</strong> mattine<br />

trascorse a svolgere attività amministrative, il che mi lasciava libero,<br />

per il resto della giornata, <strong>di</strong> fare ciò che più desideravo. Fu così, e<br />

non era certo un caso, che nei giorni e nelle settimane seguenti<br />

l'attacco dell'orsa cominciai a passare molto tempo a villa Varro,<br />

impegnandomi scrupolosamente a garantire al re un continuo<br />

aggiornamento sui progressi fatti dal responsabile della sua fattoria.<br />

Non cercavo minimamente <strong>di</strong> ingannare me stesso sulle reali<br />

intenzioni che mi spingevano a frequentarla ogni due giorni. Quella<br />

Elaine mi intrigava, e più la conoscevo più la trovavo degna <strong>di</strong> lode.<br />

Suo fratello, Luke, che avrebbe dovuto farsi carico dei compiti del<br />

padre finché Dougald non fosse tornato <strong>di</strong>sponibile, era piuttosto<br />

gentile ma del tutto inadatto ad assumersi una qualunque<br />

responsabilità organizzativa. Elaine, invece, assolutamente perfetta<br />

per quell'incarico, si de<strong>di</strong>cò subito anima e cuore alla mole <strong>di</strong> lavoro<br />

del padre, occupandosi dall'alba al tramonto degli affari della<br />

fattoria, e dunque della più vasta comunità agricola <strong>di</strong> tutta<br />

<strong>Camelot</strong>. Osservavo ammirato come affrontava i suoi compiti<br />

quoti<strong>di</strong>ani e scoprivo così quanto fossero complicati gli affari <strong>di</strong> una<br />

I


colonia agricola e fino a che punto ogni aspetto della nostra<br />

esistenza <strong>di</strong>pendesse interamente dalla buona gestione delle fattorie<br />

che ci nutrivano e ci consentivano <strong>di</strong> prosperare.<br />

Come tutti i miei compagni, avevo sempre pensato a <strong>Camelot</strong><br />

come a una comunità esclusivamente militare, formata per lo più da<br />

cavalieri, truppe <strong>di</strong> cavalleria e battaglioni <strong>di</strong> fanteria, la cui esistenza<br />

era innanzitutto finalizzata a favorire gli interessi del re e, in un<br />

secondo tempo, quelli dei territori sui quali dovevamo vigilare. Se<br />

qualcuno, prima <strong>di</strong> allora, mi avesse chiesto <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care l'unico e più<br />

grande vanto della colonia, avrei subito in<strong>di</strong>cato il nostro grande<br />

allevamento <strong>di</strong> cavalli, poiché, essendo un comandante <strong>di</strong> cavalleria,<br />

ne <strong>di</strong>pendevo totalmente. Soltanto ora, grazie all'interesse<br />

particolare che nutrivo per Elaine e per le cose che faceva ogni<br />

giorno, cominciavo a rendermi conto che senza la fattoria <strong>di</strong><br />

<strong>Camelot</strong> le nostre mandrie non avrebbero certo prosperato così, e<br />

soldati e cavalieri non avrebbero goduto <strong>di</strong> tutto quel magnifico<br />

cibo, dei lussuosi privilegi che essi davano tanto per scontati. Perfino<br />

le fornaci che alimentavano gli ipocausti del riscaldamento centrale<br />

erano alimentate da carbone che veniva estratto in una delle nostre<br />

tenute, per quanto piccola. Poco <strong>di</strong>stante da villa Varro, infatti, in<br />

mezzo a una vasta e accessibile brughiera, affiorava una lunga e ricca<br />

vena <strong>di</strong> materiale che si estendeva, per oltre un miglio e mezzo, in<br />

un avvallamento scavato in profon<strong>di</strong>tà.<br />

Fin dalla mia prima visita alla fattoria, due giorni dopo l'episo<strong>di</strong>o<br />

dell'orsa, senza rendercene conto io ed Elaine avevamo instaurato<br />

quella che sarebbe <strong>di</strong>venuta per noi un'abitu<strong>di</strong>ne. Quel giorno,<br />

appena arrivato avevo chiesto <strong>di</strong> lei ed ero stato accompagnato<br />

nell'ufficio del padre, dove lei sedeva quasi sommersa da pile <strong>di</strong><br />

documenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse forme e spessori. Con la testa china e il mento<br />

appoggiato a una mano stu<strong>di</strong>ava un documento steso davanti a sé<br />

sul tavolo. Meravigliandomi <strong>di</strong> trovarla lì, e indeciso su cosa stesse<br />

facendo, dal momento che sembrava impegnata a leggere, fui così<br />

malaccorto da domandarle se ne era capace. Alzò la testa, mi guardò<br />

dritto negli occhi e per un lungo istante non <strong>di</strong>sse niente, limitandosi<br />

a fissarmi con uno sguardo indecifrabile che, però, mi chiarì subito<br />

quale enorme errore avevo commesso. Non ho mai <strong>di</strong>menticato<br />

quel momento, e nemmeno la stupi<strong>di</strong>tà che mi portò ad arrossire <strong>di</strong>


nuovo. Avevo cavalcato a lungo per arrivare alla villa, con il cuore<br />

che batteva forte alla prospettiva <strong>di</strong> rincontrarla e la testa piena <strong>di</strong><br />

tante cose da <strong>di</strong>rle, eppure vederla lì, al lavoro, seduta al tavolo <strong>di</strong><br />

suo padre, mi aveva <strong>di</strong>sarmato al punto da indurmi a insultarla,<br />

senza volerlo, con quell'unica, futile domanda.<br />

Alla fine, sempre con la stessa enigmatica espressione, alzò l'altra<br />

mano e mi mostrò la penna che teneva stretta. «E già, Seur Clothar. E<br />

so anche scrivere. E voi?»<br />

In verità, come presto scoprii, Elaine era istruita quanto me, e in<br />

certe cose forse anche <strong>di</strong> più. A farle da maestro era stato il fratello<br />

gemello della moglie <strong>di</strong> Dougald, ora defunto: un ecclesiastico saggio<br />

ed eru<strong>di</strong>to che, in visita da loro, si era ammalato e aveva perso l'uso<br />

delle gambe. Da quel giorno era vissuto a villa Varro, amato e<br />

assistito dalla sorella e dal cognato. Sopravvisse <strong>di</strong>eci anni, soffrendo<br />

senza sosta, impossibilitato a uscire da quell'unica stanza che<br />

rappresentava tutto il suo mondo. Aveva accettato la sofferenza<br />

come una penitenza e per contraccambiare tutte le cure che gli erano<br />

state de<strong>di</strong>cate aveva deciso, come ultimo scopo della sua vita, <strong>di</strong><br />

incoraggiare e sviluppare le attitu<strong>di</strong>ni riconosciute fin da subito in<br />

quella nipotina dallo sguardo intelligente. Allora Elaine aveva<br />

soltanto cinque anni e fin quando il vecchio zio non morì, cosa che<br />

avvenne subito dopo il suo quin<strong>di</strong>cesimo compleanno, trascorse il<br />

tempo a <strong>di</strong>ventare la persona più colta <strong>di</strong> tutta la tenuta, forse<br />

l'unica capace <strong>di</strong> leggere e scrivere con scioltezza sia in latino sia in<br />

greco, e con una profonda conoscenza sia della matematica sia del<br />

calcolo. Non c'era dunque da stupirsi, pensai, se era in grado <strong>di</strong> fare<br />

il lavoro <strong>di</strong> suo padre. Oltre ad apprezzare le sue sorprendenti<br />

capacità provavo un enorme piacere a godere della sua<br />

conversazione schietta e spontanea, oltre che della sua avvenenza.<br />

In occasione <strong>di</strong> quella prima visita mi comunicò che entrambi i<br />

feriti miglioravano <strong>di</strong> giorno in giorno, ma che non poteva<br />

interrompere il lavoro per <strong>di</strong>scuterne con me. Si scusò ancora una<br />

volta per l'inconveniente dovuto alla necessità e mi invitò comunque<br />

a sedere: se lo desideravo, potevo aspettarla, così avremmo potuto<br />

trovare del cibo nelle cucine e chiacchierare insieme durante il pasto.<br />

Mi accomodai, felice che quella circostanza inaspettata mi<br />

consentisse <strong>di</strong> starle accanto a osservarla tranquillamente mentre


lavorava. E lavorò, infatti, per più <strong>di</strong> un'ora, mentre io seduto<br />

bevevo e mi godevo il piacere che anche il solo guardarla mi<br />

procurava.<br />

In occasione <strong>di</strong> quella prima visita, nelle poche volte in cui aveva<br />

alzato lo sguardo, mi aveva sorpreso intento a fissarla avidamente.<br />

Sembrava, tuttavia, più <strong>di</strong>vertita che contrariata, e mi ricompensava<br />

<strong>di</strong> volta in volta con un minuscolo sorriso che io interpretavo come<br />

un gesto d'apprezzamento per la mia pazienza. Ma prima ancora che<br />

potessi aprire bocca, passava a un altro pezzo <strong>di</strong> pergamena o, il più<br />

delle volte, a una tavoletta <strong>di</strong> cera piena <strong>di</strong> colonne <strong>di</strong> numeri, e si<br />

concentrava interamente su quello. Quando, infine, ebbe terminato<br />

il lavoro della giornata, mi accompagnò, come promesso, nelle<br />

ampie cucine della villa dove mangiammo pane croccante appena<br />

sfornato e una scodella <strong>di</strong> una squisita zuppa densa appena versata<br />

da un enorme calderone. Parlammo <strong>di</strong> molte cose, principalmente<br />

della miriade <strong>di</strong> faccende che la gestione <strong>di</strong> una fattoria imponeva <strong>di</strong><br />

seguire. Parlò quasi sempre lei. A me bastava ascoltare e guardare le<br />

espressioni sul suo viso che mutavano e si succedevano <strong>di</strong> pari passo<br />

con il suo entusiasmo e la sua passione.<br />

Scoprii molto presto che aveva aiutato il padre a gestire i vari<br />

registri per anni e che aveva ideato e perfezionato molte delle<br />

procedure <strong>di</strong> catalogazione allora in uso a villa Varro. Con Dougald<br />

temporaneamente impossibilitato a svolgere i propri compiti, si era<br />

fatta carico lei dell'intera organizzazione degli affari, non solo <strong>di</strong> villa<br />

Varro, ma anche delle altre <strong>di</strong>eci tenute agricole e delle altrettante<br />

fattorie che costituivano il patrimonio della colonia. Veniva aiutata,<br />

ovviamente, e in buona misura, ma era comunque lei ad avere sotto<br />

il proprio controllo la gestione <strong>di</strong> tutte le attività. Gli amministratori<br />

delle altre fattorie guardavano a lei con fiducia e ammirazione<br />

perché possedeva una visione d'insieme, conosceva le priorità che<br />

riguardavano gli animali da latte, le bestie da macello, i ricoveri per<br />

le pecore, i perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> riproduzione per mucche e maiali, i branchi <strong>di</strong><br />

cervi nelle <strong>di</strong>verse tenute, i terreni da arare. Sapeva quali terreni<br />

destinare al pascolo, quali al maggese, i campi da arare, le messe già<br />

raccolte, il grano e gli ortaggi immagazzinati nei vari depositi e lo<br />

stato e la capienza dei tre mulini <strong>di</strong> proprietà <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>. Conosceva<br />

persino il numero delle arnie presenti in ogni singola colonia <strong>di</strong> api e


<strong>di</strong>sseminate nelle radure in mezzo alle zone boscose <strong>di</strong> ciascun<br />

appezzamento, ed era in grado <strong>di</strong> riferire, fino all'ultima balla, sulla<br />

quantità <strong>di</strong> lana grezza in attesa <strong>di</strong> essere trasformata in abiti e<br />

coperte.<br />

In occasione della mia quarta visita mi sentivo in sua compagnia<br />

ormai del tutto a mio agio e in grado <strong>di</strong> conversare in assoluta<br />

franchezza e spontaneità senza temere <strong>di</strong> cadere in imbarazzo.<br />

Avevo ormai, a quel tempo, talmente assimilato tutto ciò che la<br />

riguardava da poter <strong>di</strong>scutere con intelligenza delle questioni cui<br />

teneva <strong>di</strong> più. Alla mia decima visita, qualche settimana dopo,<br />

sapevo abbastanza da potermi permettere <strong>di</strong> darle dei suggerimenti<br />

su come <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> qualche aiuto supplementare, per esempio nel<br />

periodo della mietitura, sfruttando come risorsa il nostro esercito. I<br />

comandanti, infatti, erano alla costante ricerca <strong>di</strong> occupazioni con<br />

cui impegnare gli uomini fuori servizio e tenerli lontani dai guai.<br />

Nel corso della mia do<strong>di</strong>cesima visita, il ventiseiesimo giorno<br />

dopo il nostro primo incontro, precipitai <strong>di</strong> nuovo in uno stato<br />

confusionale. La mia presenza alla villa era <strong>di</strong>venuta da tempo una<br />

costante, tanto che ormai mi recavo <strong>di</strong>rettamente alle scuderie,<br />

toglievo la sella al cavallo e mi facevo strada da solo per andare a<br />

cercare Elaine. Quel giorno, entrando nella stanza dove lei <strong>di</strong> solito<br />

lavorava, trovai Dougald seduto al suo tavolo, profondamente<br />

addormentato. Aveva la faccia ancora bendata, anche se non<br />

completamente. Un occhio era coperto da una benda <strong>di</strong> cuoio che<br />

gli faceva il giro della testa e la fronte era interamente cosparsa <strong>di</strong><br />

livi<strong>di</strong>. Feci marcia in<strong>di</strong>etro in silenzio e mi misi alla ricerca <strong>di</strong> Elaine.<br />

Sentivo un gelo allo stomaco: dopo tutto quel tempo avrei dovuto<br />

immaginare che Dougald, ormai in pie<strong>di</strong>, sarebbe tornato presto a<br />

gironzolare lì intorno. La mia sorpresa era la prova che, invece <strong>di</strong><br />

preoccuparmi <strong>di</strong> riferire ad Artù le con<strong>di</strong>zioni dell'anziano malato,<br />

mi ero lasciato coinvolgere da Elaine. E a quel punto mi resi conto,<br />

con sconcertante chiarezza, che presto non avrei più avuto valide<br />

ragioni per continuare a presentarmi alla villa.<br />

Io ed Elaine non avevamo mai parlato <strong>di</strong> Jonas e delle sue ferite.<br />

L'avevano trasportato al suo villaggio su un carro, meno <strong>di</strong> una<br />

settimana dopo l'incidente, e da allora non l'avevo più rivisto. Non<br />

avevo mai voluto interessarmi a lui perché il solo pensiero della sua


guarigione mi avrebbe costretto a prendere in considerazione<br />

l'imminente matrimonio <strong>di</strong> Elaine. E lei, in tutto quel tempo, era<br />

riuscita a non far giungere mai quel nome alle mie orecchie. Era<br />

come se entrambi avessimo stabilito un tacito accordo <strong>di</strong> non parlare<br />

del suo fidanzamento e della promessa che aveva fatto a Jonas.<br />

Quel pensiero tuttavia mi turbava, eppure non era accaduto tra<br />

noi niente che si potesse considerare <strong>di</strong>s<strong>di</strong>cevole o sbagliato.<br />

Eravamo <strong>di</strong>ventati amici e ci comportavamo come tali: ci piaceva<br />

stare in compagnia e rendevamo partecipi dei nostri <strong>di</strong>scorsi e delle<br />

nostre attività tutti quelli che ci stavano intorno... anche se,<br />

ovviamente, i sentimenti che provavo per lei erano <strong>di</strong> gran lunga più<br />

complessi e inquieti <strong>di</strong> quelli che fino ad allora avevo provato per i<br />

vecchi amici, tanto che in <strong>di</strong>verse occasioni pensai <strong>di</strong> essermi davvero<br />

innamorato <strong>di</strong> lei. Era un'idea che mi spaventava: oltre a un vago e<br />

confuso borbottare sull'amore, da parte <strong>di</strong> altri, e un riferimento a<br />

non meglio specificati, ma comunque terribili, cambiamenti cui<br />

aveva accennato Artù parlandomi del suo primo amore, non<br />

possedevo strumenti per valutare, o anche soltanto <strong>di</strong>stinguere, un<br />

sentimento simile. Non avevo mai conosciuto sul serio una donna, e<br />

nel profondo temevo che se mai avessi dovuto farlo o, non volesse<br />

Id<strong>di</strong>o, me ne fossi innamorato follemente, avrei sperimentato una<br />

tale rovina che non riuscivo nemmeno a immaginare, figuriamoci a<br />

capire. Mi sentivo senz'altro cambiato, me ne rendevo conto, forse<br />

perfino nel modo descritto da Artù, secondo cui una delle<br />

conseguenze dell'amore era che nulla sarebbe più stato come prima.<br />

Così mi capitava <strong>di</strong> arrovellarmi spesso, tormentandomi, in questo<br />

genere <strong>di</strong> pensieri. Naturalmente non ne avevo mai parlato a Elaine<br />

e, come accade a tutti i giovani ingenui, inesperti sulle donne, davo<br />

stupidamente per scontato che lei non avesse la più pallida idea <strong>di</strong><br />

ciò che provavo.<br />

Quel giorno la trovai nella stalla, inginocchiata su un cuscino <strong>di</strong><br />

paglia, che dava da mangiare a un vitellino rimasto senza la madre:<br />

non appena entrai, alzò lo sguardo e mi rivolse un sorriso.<br />

«Mi era quasi sembrato <strong>di</strong> sentire il passo pesante <strong>di</strong> Justin<br />

sull'acciottolato là in fondo, ma i tuoi stivali sono più pesanti dei<br />

suoi.»


Mi avvicinai e presi a osservare ammirato l'abilità con cui<br />

svolgeva un'operazione che mi parve molto <strong>di</strong>fficile. Con il braccio<br />

sinistro teneva stretta la testolina del vitello che succhiava<br />

voracemente da un corto tubo <strong>di</strong> intestino animale. All'altra<br />

estremità del tubo era stato infilato un piccolo imbuto <strong>di</strong> metallo<br />

con del latte, il cui beccuccio Elaine stringeva fra le <strong>di</strong>ta della mano<br />

sinistra. Nella destra aveva una brocca <strong>di</strong> legno con il latte avanzato.<br />

Lo versava poco a poco nell'imbuto, e da lì il latte scendeva<br />

attraverso il tubo nella bocca del vitellino affamato. Era uno<br />

strumento ingegnoso, e quando finalmente, con uno schiocco, la<br />

bocca dell'animale mollò la presa, vi<strong>di</strong> che l'estremità da cui<br />

succhiava era stata chiusa con un pezzo <strong>di</strong> spago e forata più volte<br />

con un ago per consentire al latte <strong>di</strong> fuoriuscire come da un<br />

capezzolo materno.<br />

«Chi è Justin?» le domandai, con aria quasi in<strong>di</strong>fferente. Non<br />

l'avevo mai sentita pronunciare quel nome prima <strong>di</strong> allora.<br />

«Chi era Justin, vorrai <strong>di</strong>re. Mio marito.» Non mi guardava<br />

nemmeno, concentrata com'era a nutrire il vitellino con quel poco<br />

latte rimasto nell'imbuto, e non si era dunque accorta dell'effetto che<br />

la sua affermazione aveva prodotto su <strong>di</strong> me. Poi mise da parte<br />

l'attrezzo per allattare e accarezzò sulla testa il vitello ormai sazio.<br />

«Ecco qui, piccolino, hai mangiato tutto! Clothar, vorresti per favore<br />

prenderlo e portarlo in quella stalla? È pulito. L'ho lavato poco<br />

prima <strong>di</strong> dargli da mangiare.»<br />

Sollevai il vitello con uno sforzo tremendo, felice <strong>di</strong> farlo dando<br />

le spalle a Elaine; poi lo trasportai nella stalla cosparsa <strong>di</strong> paglia che<br />

lei mi aveva in<strong>di</strong>cato. Quando mi voltai, tuttavia, la trovai ancora<br />

inginocchiata nello stesso punto, intenta a osservarmi con<br />

espressione confusa, mentre con il dorso della mano scostava dalla<br />

fronte un ricciolo ribelle.<br />

«Qual è il problema?» mi chiese, corrugando la fronte in un lieve<br />

cipiglio. «Hai un'aria strana. Cosa c'è che non va?»<br />

Alzai le spalle, all'improvviso insicuro. «Non sapevo ti fossi<br />

sposata.»<br />

<strong>Il</strong> cipiglio scomparve: sorrise e si mise a sedere su un fianco,<br />

attorcigliando la ciocca <strong>di</strong> capelli con le <strong>di</strong>ta, per poi rovesciarla


all'in<strong>di</strong>etro e scrollare la testa per allontanarla dagli occhi. «Ah» <strong>di</strong>sse,<br />

pensierosa. «No, certo che no, e del resto come avresti potuto? Ma<br />

questo non è che l'inizio, amico mio. La quantità <strong>di</strong> cose che non sai<br />

<strong>di</strong> me ti colpirà più <strong>di</strong> quanto immagini. Conosci il mio nome e il<br />

nome <strong>di</strong> mio padre, sai dove vivo, che ti piaccio e tu piaci a me; sai<br />

anche <strong>di</strong> non aver mai conosciuto nessuno come la sottoscritta prima<br />

d'ora, una donna che sa leggere e scrivere, tiene un registro accurato<br />

delle cose più strane, si comporta come un uomo in campi in cui le<br />

donne non si sono quasi mai avventurate. Vieni qui, aiutami a<br />

rialzarmi. Ho voglia <strong>di</strong> fare due passi. Ti <strong>di</strong>rò tutto ciò che vorrai<br />

sapere <strong>di</strong> me.»<br />

Stese una mano, e io la aiutai ad alzarsi; poi si riassettò le gonne e<br />

mi sorrise <strong>di</strong> nuovo, piegando la testa leggermente <strong>di</strong> lato. «Cos'altro<br />

ti preoccupa? Non può trattarsi soltanto <strong>di</strong> questo. Justin è morto da<br />

più <strong>di</strong> quattro anni ormai. Cos'è allora?»<br />

«Non so... però hai ragione. Credevo <strong>di</strong> conoscerti ma non è così,<br />

e io... avrei voluto che lo fosse.»<br />

«Capisco.» <strong>Il</strong> suo sguardo si fece deciso e indagatore. «E poi? C'è<br />

dell'altro, vero?»<br />

«Ho visto tuo padre. È nella sua stanza che dorme, appoggiato al<br />

tavolo.»<br />

«Ah! Ora è chiaro! Hai intravisto la fine <strong>di</strong> queste tue visite.<br />

Giusto?»<br />

«Sì, qualcosa del genere, credo.»<br />

«Bene...» Raccolse i vari pezzi <strong>di</strong> quell'attrezzo per allattare, li<br />

portò fino a un tavolo sul retro delle stalle, dove li appoggiò con<br />

cura, sistemando l'imbuto in modo che non rotolasse e cadesse a<br />

terra. Poi, senza esitazione, si <strong>di</strong>resse verso l'uscita della stalla e mi<br />

invitò con un cenno del <strong>di</strong>to ad andare con lei. La seguii<br />

ammutolito, strizzando gli occhi davanti alla luce abbagliante <strong>di</strong> quel<br />

pomeriggio d'inizio inverno. Mi guidò fino al muretto che<br />

circondava la famosa fontana della villa, esattamente al centro del<br />

cortile principale. Si chinò in avanti, prese a scrutare il fondo della<br />

fontana larga un braccio e cominciò a parlarmi con aria assente,<br />

senza mai degnarmi <strong>di</strong> uno sguardo.


«Dunque, dato che mio padre è in buona salute, cre<strong>di</strong> che anche<br />

Jonas prima o poi... È questo a cui pensavi?»<br />

«Sì.»<br />

«Cosa vuoi che faccia?»<br />

«Che tu faccia?» la sua domanda mi lasciò a corto <strong>di</strong> parole. Riuscii<br />

soltanto a scuotere la testa. «Niente, suppongo. Non c'è niente che<br />

tu possa fare; niente che possiamo fare...»<br />

Mi parlava dandomi le spalle e la sua voce mi sembrò, chissà<br />

perché, <strong>di</strong>versa, quasi <strong>di</strong>vertita. «Oh, ma c'è qualcosa, o meglio,<br />

potrebbe esserci, se soltanto tu non fossi come sei. Ma sei così, e io<br />

accetterò quello che hai detto. Non c'è niente da fare, niente <strong>di</strong><br />

niente.»<br />

Si era appoggiata con la schiena al muretto e, incrociando le<br />

braccia sotto il petto, aveva finito, inconsapevolmente, pensai allora,<br />

per metterlo in risalto. Mi imposi <strong>di</strong> non fissare come un allocco la<br />

bianca e morbida pienezza <strong>di</strong> quelle carni che la scollatura squadrata<br />

del corpetto sottolineava ulteriormente.<br />

«Sai che così non può continuare, vero?» <strong>di</strong>sse. «Tu e io... questa<br />

attrazione che proviamo l'uno per l'altra. Non può funzionare. Non<br />

ha futuro. Jonas sta per <strong>di</strong>ventare mio marito e io ho acconsentito<br />

che ciò accadesse. Non tornerò in<strong>di</strong>etro.» Si interruppe bruscamente.<br />

«Dimmi: quando da <strong>Camelot</strong> vieni qui, percorri sempre la stessa<br />

strada?» Era quello che facevo: prendevo la via più breve, il sentiero<br />

più <strong>di</strong>retto, e lei, per nulla sorpresa annuì. «Verresti ancora, domani,<br />

e poi ogni giorno, ora che mio padre comincia a recuperare sempre<br />

più forza e vitalità?»<br />

«Sì, se è questo che vuoi.»<br />

«Allora ti chiedo <strong>di</strong> fare per me una cosa nuova. Sai dove il<br />

sentiero si biforca, vicino alla grande quercia solitaria in mezzo ai<br />

campi irrigati? Domani pren<strong>di</strong> il sentiero più a destra, quello che<br />

svoltando prosegue <strong>di</strong>etro alla collina alberata. Ti condurrà lo stesso<br />

qui, anche se ci metterai più tempo, ma dovrai guardarti bene<br />

intorno e prendere nota <strong>di</strong> tutto quello che incontrerai lungo il<br />

cammino. Non ti <strong>di</strong>co dove o cosa guardare, ma poi ne parleremo.<br />

Farai questo per me?»


Naturalmente risposi che lo avrei fatto. Le sue labbra erano<br />

imbronciate, le braccia ancora strette sotto il seno. «Bene,» <strong>di</strong>sse<br />

dopo una pausa «vai a casa, ma stanotte prima <strong>di</strong> addormentarti<br />

pensa a questo: io sposerò Jonas, forse entro la fine del mese. Non<br />

può che essere così. Siamo promessi sposi. In seguito, per un po',<br />

resterò qui, a lavorare con mio padre finché non sarà abbastanza<br />

forte da lavorare <strong>di</strong> nuovo da solo. Poi dovrò trasferirmi nel<br />

villaggio <strong>di</strong> Jonas definitivamente, come sua legittima sposa. E tu e io<br />

non ci incontreremo più. Forse riusciremmo a farlo all'insaputa <strong>di</strong><br />

tutti, e per un po' potremmo anche trovarlo piacevole, e certo lo<br />

sarebbe. Ma baseremmo tutto su un meschino inganno che<br />

<strong>di</strong>struggerebbe quello che abbiamo conquistato fino a oggi. Ci<br />

faremmo del male l'un l'altra, e questo non lo posso permettere, né<br />

vorrei fare un simile torto a Jonas, un uomo corretto e rispettabile<br />

che merita una moglie onesta. Allora, ci penserai e affronterai questo<br />

fardello da vero cavaliere?»<br />

Incapace <strong>di</strong> fare altrimenti, le <strong>di</strong>ssi che l'avrei accontentata.


II<br />

Ero così intrigato dalla richiesta <strong>di</strong> Elaine <strong>di</strong> seguire, all'indomani,<br />

un percorso <strong>di</strong>verso, che fui tentato, appena lasciata la villa, <strong>di</strong><br />

tornare a casa per quel nuovo sentiero. Qualcosa, tuttavia, mi<br />

spingeva a non farlo, e mi <strong>di</strong>ssuasi pensando che per seguire il<br />

percorso inverso avrei comunque dovuto sapere come o dove<br />

imboccare il nuovo sentiero. Me ne tornai, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong>rettamente a<br />

casa, con gli occhi colmi della bellezza <strong>di</strong> Elaine, e con la paura <strong>di</strong><br />

perdere una amicizia che avevo teneramente coltivato, sbocciata in<br />

così poco tempo. Lungo la strada il mio scoraggiamento crebbe a tal<br />

punto che mi accorsi della presenza <strong>di</strong> inattesi ospiti, accolti durante<br />

la mia assenza, soltanto quasi giunto ai cancelli <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>. C'erano<br />

strani guerrieri dappertutto, armati fino ai denti, che indossavano<br />

abiti sgargianti e bizzarri. Avevano un aspetto piuttosto pacifico e si<br />

aggiravano senza alcun timore tra i fuochi dell'accampamento, subito<br />

fuori dalla porta maestra. Sebbene nessuno <strong>di</strong> loro desse segni <strong>di</strong><br />

ostilità, mi <strong>di</strong>menticai presto <strong>di</strong> tutte le mie preoccupazioni e mi<br />

<strong>di</strong>ressi verso l'e<strong>di</strong>ficio del corpo <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a per scoprire chi fosse tutta<br />

quella gente.<br />

Mi fu detto che erano Scoti. Marinai. <strong>Il</strong> vecchio amico <strong>di</strong> Merlino,<br />

Connor Mac Athol, aveva risposto all'appello.<br />

Connor Mac Athol era <strong>di</strong>ventato una figura leggendaria nel corso<br />

della sua lunga esistenza: era un ammiraglio, rimasto con una sola<br />

gamba, che comandava una flotta <strong>di</strong> galee <strong>di</strong> pattuglia nei mari<br />

attorno alle isole <strong>di</strong> Dalriada, al largo delle coste <strong>di</strong> Caledonia, per<br />

proteggere le sue genti dai nemici e dai saccheggi dei pirati. Lo<br />

chiamavano Connor Gamba <strong>di</strong> Legno. Nonostante non lo avessi mai<br />

incontrato, avevo sentito su <strong>di</strong> lui cose che sembravano sfidare ogni<br />

buon senso; sapevo anche, e senza ombra <strong>di</strong> dubbio, che le sue gesta<br />

erano realtà, e sia Merlino sia Artù tenevano la sua amicizia in<br />

enorme considerazione.


Per quanto lui e il suo clan fossero stranieri, originari dell'Eire,<br />

tutta la sua famiglia aveva inspiegabili legami con il passato <strong>di</strong><br />

Merlino nonché numerosi affari con <strong>Camelot</strong>. Merlino mi aveva<br />

confidato <strong>di</strong> essere stato sposato un tempo con Deirdre, una delle<br />

sorelle <strong>di</strong> Connor, e un'altra <strong>di</strong> loro, Ygraine <strong>di</strong> Cornovaglia, era<br />

stata la madre dello stesso Artù. Era membro della stessa famiglia<br />

anche Donuil, il fratello minore <strong>di</strong> Connor, che alcuni decenni prima<br />

era stato catturato da Merlino e tenuto in ostaggio a garanzia della<br />

buona condotta del suo popolo. Prigioniero e carceriere <strong>di</strong>vennero<br />

buoni amici: quando la sua detenzione ebbe termine Donuil Mac<br />

Athol decise <strong>di</strong> rimanere a <strong>Camelot</strong> e <strong>di</strong> mettersi al servizio <strong>di</strong><br />

Merlino Britannico, cosa che fece per molti anni fino a ottenere la<br />

gestione quoti<strong>di</strong>ana degli affari amministrativi e militari del regno.<br />

Divenuto vecchio, Donuil fu il primo uomo che conobbi appena<br />

giunto a <strong>Camelot</strong>; inoltre, era il padre dei miei compagni, entrambi<br />

cavalieri della Tavola Rotonda, Ghilleadh e Gwin, cugini <strong>di</strong> Artù.<br />

Donuil era sempre stato il più alto e il più forte uomo <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>,<br />

e benché attempato, con la barba brizzolata e un po' curvo per il<br />

peso degli anni, era ancora un gigante. Come il fratello Connor, egli<br />

era un principe a pieno titolo: era il figlio minore <strong>di</strong> Athol Mac Lain,<br />

il lungimirante re degli Scoti che aveva guidato il suo popolo a<br />

migrare dalle inospitali terre dell'Eire fino a stabilirsi nelle isole della<br />

Caledonia, ora chiamate Dalriada. Re Athol era morto da decenni<br />

quando arrivai a <strong>Camelot</strong>, ma i suoi <strong>di</strong>scendenti continuavano a<br />

governare il suo regno, e Connor Gamba <strong>di</strong> Legno era tuttora il loro<br />

custode e <strong>di</strong>fensore.<br />

Quando arrivai, Connor si trovava a colloquio con Artù e<br />

Merlino. Non avevo nessuna intenzione <strong>di</strong> interromperli ma Donuil,<br />

che incontrai <strong>di</strong> ritorno dalle stalle - era rimasto fuori a occuparsi <strong>di</strong><br />

cose meno importanti - volle accompagnarmi a conoscere il fratello<br />

e a riferire ad Artù il mio rapporto su Dougald. Quando entrammo<br />

nella stanza li trovammo intenti a conversare animatamente:<br />

qualsiasi fosse l'argomento, mi sembrò che lo stessero trattando con<br />

grande serietà. Di quel breve incontro ricordo in particolare il mio<br />

stupore davanti all'aspetto vigoroso <strong>di</strong> Connor Mac Athol che,<br />

benché molto più vecchio <strong>di</strong> Donuil, sembrava <strong>di</strong> una decina d'anni<br />

più giovane del fratello.


Quando Artù mi chiamò per nome, egli si alzò e mi venne<br />

incontro con la sua massiccia gamba <strong>di</strong> legno, che colpiva forte il<br />

suolo a ogni passo. Mi salutò amabilmente e mi <strong>di</strong>sse, in maniera<br />

piuttosto cerimoniosa, che aveva sentito dai suoi amici Artù e<br />

Merlino parole straor<strong>di</strong>narie sulle mie qualità e prodezze. Mi invitò,<br />

quin<strong>di</strong>, a partecipare alla <strong>di</strong>scussione. Fu molto lusinghiero da parte<br />

sua, ma sapevo che dovevano parlare <strong>di</strong> problemi <strong>di</strong> famiglia molto<br />

riservati, per me, invece, <strong>di</strong> poco significato. Del resto avevo alcune<br />

pressanti questioni da risolvere: declinai l'invito il più cortesemente<br />

possibile e, con la scusa che dovevo far fronte ai miei impegni, lasciai<br />

i quattro uomini liberi <strong>di</strong> tornare ai loro <strong>di</strong>scorsi. Venni a sapere che<br />

erano passati quasi sei anni dall'ultima volta che Connor Mac Athol<br />

era stato a <strong>Camelot</strong>, e mi chiesi quale ragione lo aveva spinto a<br />

tornare.<br />

<strong>Il</strong> mattino seguente, dopo l'alba, mentre ero impegnato in una<br />

rapida ispezione alle mie truppe, vi<strong>di</strong> che si stavano allontanando: il<br />

re, a cavallo, era scortato da un drappello <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci soldati <strong>di</strong><br />

cavalleria, mentre Merlino viaggiava seduto accanto a Connor sul<br />

carro a due ruote che gli ammiragli scoti usavano negli spostamenti<br />

via terra. Tutti e tre riconobbero sia me sia i miei uomini, ma non<br />

vollero trattenersi. La cosa non mi <strong>di</strong>spiacque: quell'ispezione<br />

mattutina segnava la fine del mio turno <strong>di</strong> servizio <strong>di</strong> ben do<strong>di</strong>ci<br />

giorni consecutivi e mi aspettava, quin<strong>di</strong>, un periodo <strong>di</strong> due giorni <strong>di</strong><br />

riposo. Così, sotto un cielo pieno <strong>di</strong> nuvole plumbee e pesanti che<br />

minacciavano pioggia da un momento all'altro, mi avviai verso villa<br />

Varro più presto <strong>di</strong> quanto non avessi mai fatto.<br />

Sapevo che quella avrebbe potuto essere la mia ultima visita, ma<br />

l'eccitazione, ormai familiare, che mi prendeva al solo pensiero <strong>di</strong><br />

rivedere Elaine mi invase, come tutte le volte che mi accingevo a<br />

raggiungerla.<br />

Nonostante fossimo ai primi <strong>di</strong> novembre, faceva troppo freddo<br />

perché nevicasse: un vento pungente mi sferzava gli abiti e dovetti<br />

viaggiare infagottato nel mio pesante mantello <strong>di</strong> lana da pioggia,<br />

con la spada incastrata saldamente nella sacca delle lance assicurata<br />

alle mie spalle, sul fianco della sella, per ogni eventualità. Imboccai il<br />

sentiero a destra vicino alla quercia solitaria, come Elaine mi aveva<br />

in<strong>di</strong>cato, e da quel momento mi trovai ad attraversare un territorio


per me inesplorato. Entrai in una fitta foresta per uno stretto e<br />

arzigogolato sentiero che saliva progressivamente lungo le sponde <strong>di</strong><br />

un burrone nel cui centro scorreva un ruscello impetuoso.<br />

Quando raggiunsi il culmine della salita, tuttavia, il terreno si<br />

presentò inaspettatamente pianeggiante e mi trovai presto ad<br />

avanzare in mezzo ad alberi via via meno folti su un altopiano la cui<br />

esistenza non avrei mai sospettato. Poco dopo, a non più <strong>di</strong> un<br />

quarto <strong>di</strong> miglio dalla cima della salita, cavalcai in un luogo <strong>di</strong><br />

enorme bellezza, dove uno stretto lago si estendeva alla mia sinistra,<br />

e giunsi al primo <strong>di</strong> una lunga serie <strong>di</strong> lussureggianti campi coltivati<br />

alla mia destra, che ridotti a stoppia dalla recente mietitura,<br />

aspettavano nuovamente <strong>di</strong> essere arati. Da lì in poi il sentiero si<br />

allargava fino a <strong>di</strong>ventare una strada carreggiabile che rivelava tracce<br />

<strong>di</strong> passaggi recenti. La seguii finché non raggiunsi una lunga e bassa<br />

casa colonica con delle imposte, lontana dalla strada e circondata da<br />

alcuni e<strong>di</strong>fici minori. Mi fermai davanti alla casa, lasciai il cavallo<br />

libero <strong>di</strong> pascolare e mi misi attentamente a guardare se nella fattoria<br />

c'erano segnali <strong>di</strong> vita, ma vi<strong>di</strong> soltanto il mio fiato che saliva come<br />

vapore nell'aria gelida.<br />

Era tutto immobile, ovunque. Gli e<strong>di</strong>fici, per quanto in buone<br />

con<strong>di</strong>zioni, non sembravano abitati. Non si vedevano né oche né<br />

bestiame o altri animali da cortile; lo stesso sentiero che conduceva<br />

alla casa era invaso dall'erba alta e dei cespugli erano cresciuti anche<br />

fra la copertura <strong>di</strong> paglia del tetto. <strong>Il</strong> posto era evidentemente<br />

<strong>di</strong>sabitato da tempo, forse da anni.<br />

Quell'idea mi turbò: si trattava pur sempre <strong>di</strong> una tenuta che<br />

apparteneva a <strong>Camelot</strong>, e nulla doveva mai essere sprecato o<br />

rimanere inutilizzato ma servire sempre al meglio. Ma poi ebbi<br />

un'intuizione: doveva essere quello che Elaine voleva farmi vedere.<br />

Per forza, pensai, perché lungo la strada non avevo scorso nient'altro<br />

degno <strong>di</strong> nota, a parte lo stretto lago in lontananza, e il mio senso<br />

d'orientamento mi <strong>di</strong>sse che non dovevo trovarmi molto lontano da<br />

villa Varro.<br />

Incuriosito, smontai da cavallo e guidai il mio destriero verso la<br />

casa. Osservai che era stata costruita solidamente con spessi tronchi<br />

d'albero e piccole finestre dotate <strong>di</strong> imposte. La porta era robusta e


da lontano sembrava in<strong>di</strong>struttibile; quando mi avvicinai<br />

ulteriormente mi accorsi che era formata da due sole tavole <strong>di</strong> legno<br />

accuratamente piallate.<br />

Mi trovavo a circa <strong>di</strong>eci passi dalla costruzione, quando una<br />

goccia <strong>di</strong> pioggia radente mi spruzzò il viso; poi, senza altro<br />

preavviso, si scatenò una pioggia torrenziale, un <strong>di</strong>luvio che si<br />

abbatté tutto intorno fino a oscurare ai miei occhi la vista<br />

dell'e<strong>di</strong>ficio. Imprecando, coprii a rapi<strong>di</strong> balzi la <strong>di</strong>stanza che mi<br />

separava dalla porta d'ingresso, quin<strong>di</strong> mi girai e mi appiattii contro<br />

quelle tavole <strong>di</strong> legno, per sfruttare tutto il riparo che il minuscolo<br />

spazio poteva offrirmi. D'improvviso, sotto il mio peso, la porta si<br />

aprì verso l'interno. Persi l'equilibrio e barcollai all'in<strong>di</strong>etro,<br />

imprecando ad alta voce.<br />

Dentro era buio pesto, ma c'era odore <strong>di</strong> fumo. L'ultima cosa che<br />

vi<strong>di</strong> prima che l'uscio si richiudesse fu il cavallo che, rimasto<br />

all'esterno, teneva le orecchie dritte in avanti, stupito per quella mia<br />

comica scomparsa. Nel chiudersi, la pesante porta lasciò fuori anche<br />

la grigia luce del giorno e mi scaraventò in una totale oscurità.<br />

Avevo recuperato l'equilibrio in fretta e capito imme<strong>di</strong>atamente <strong>di</strong><br />

non essere solo. Ripresi anche il controllo dei miei riflessi e realizzai<br />

l'importanza <strong>di</strong> non farmi intralciare dal pesante mantello che ancora<br />

mi avvolgeva. Girai su me stesso, lasciandomi cadere su un<br />

ginocchio, mentre con il braccio destro scostavo le falde <strong>di</strong> lana e<br />

con la mano sinistra estraevo il pugnale dalla cintura. <strong>Il</strong> buio era<br />

sempre più fitto: non c'era luce che potesse rivelare la presenza <strong>di</strong><br />

una sagoma o <strong>di</strong> un movimento. Mi piegai velocemente in avanti,<br />

trasferii il pugnale nella destra e, rannicchiandomi per offrire un<br />

bersaglio il più ridotto possibile, con la lama puntata in avanti, mi<br />

preparai ad affrontare qualsiasi eventualità.<br />

«Metti via quel pugnale. Ora accendo una lampada.»<br />

La voce mi lasciò a bocca aperta e incapace <strong>di</strong> muovermi. <strong>Il</strong><br />

rumore della pioggia che senza tregua martellava sul tetto era quasi<br />

assordante. Lo ascoltai per un lungo istante, durante il quale<br />

continuai a stringere convulsamente il pugnale come fosse la mia<br />

ancora <strong>di</strong> salvezza. Poi finalmente riuscii a parlare.<br />

«Elaine?» <strong>di</strong>ssi, con voce quasi rauca. «Cosa ci fai qui?»


«Ti stavo aspettando.»<br />

«Al buio?»<br />

«No, ho con me una lampada. L'ho spenta quando ti ho sentito<br />

arrivare, pensavo fosse qualcun altro... non ti aspettavo così presto.<br />

Ti ho riconosciuto soltanto quando sei entrato qui dentro a volo<br />

d'uccello.»<br />

Mi parve <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere una risatina, ma non riuscivo ancora a<br />

vedere nulla; poi u<strong>di</strong>i una sorta <strong>di</strong> sfregamento, e un lampo <strong>di</strong> luce<br />

rossa si accese all'improvviso. Elaine teneva in mano una piccola<br />

lanterna <strong>di</strong> creta piena <strong>di</strong> braci. Tornò a parlare prima ancora che<br />

riuscissi a muovermi, e dal tono neutro della sua voce non traspariva<br />

minimamente quanto dovevo apparirle ri<strong>di</strong>colo, accucciato sul<br />

pavimento con quella lama in mano.<br />

«Ero qui a pensare se uscire ad attenderti fuori quando ti ho<br />

sentito arrivare. In realtà non mi aspettavo <strong>di</strong> vederti prima <strong>di</strong><br />

un'ora, ma ho deciso <strong>di</strong> venire lo stesso in anticipo per paura che<br />

proseguissi senza fermarti: volevo essere sicura <strong>di</strong> vederti.»<br />

Si alzò in pie<strong>di</strong> e richiuse il coperchio della lanterna così da<br />

proteggere la fiamma vivace che si agitava al suo interno; poi,<br />

sempre tenendola davanti a sé, si <strong>di</strong>resse verso un focolare. «A parte<br />

questo, è stata una fortuna che tu sia arrivato adesso, altrimenti la<br />

pioggia ti avrebbe costretto a guadare il torrente sotto la collina. <strong>Il</strong><br />

tuo povero cavallo starà affogando là fuori. Perché non lo porti al<br />

riparo nella stalla che c'è sul retro? <strong>Il</strong> mio è già là dentro. Nel<br />

frattempo cercherò <strong>di</strong> illuminare <strong>di</strong> più questo posto. Va'.»<br />

Mi alzai e mentre cercavo goffamente <strong>di</strong> rinfoderare la lama, ebbi<br />

un attimo <strong>di</strong> esitazione: «Come sapevi che avevo estratto il<br />

pugnale?».<br />

«L'ho sentito. È un rumore assolutamente inconfon<strong>di</strong>bile.»<br />

Mi avvolsi <strong>di</strong> nuovo nel mantello e senza aggiungere una parola<br />

andai a eseguire il suo or<strong>di</strong>ne pensando, mentre mi tuffavo in quel<br />

massiccio <strong>di</strong>luvio, che in tutta la vita non avevo mai conosciuto una<br />

donna come lei. Perfino mia zia, lady Viviana, regale com'era,<br />

avrebbe occupato una posizione <strong>di</strong> secondo piano rispetto a questa<br />

giovane donna. Elaine, infatti, agiva e parlava come un uomo. Non


un semplice uomo, ma un comandante <strong>di</strong> truppa, deciso e sicuro <strong>di</strong><br />

sé, capace <strong>di</strong> impartire or<strong>di</strong>ni, dare consigli e fornire in<strong>di</strong>cazioni a<br />

chiunque avesse intorno, senza mostrare la minima esitazione.<br />

Possedeva, inoltre, una femminilità e una ra<strong>di</strong>osa bellezza capaci <strong>di</strong><br />

soggiogarmi.<br />

Fu soltanto quando mi trovai nella stalla, indeciso se levare la<br />

sella al cavallo o legarlo così com'era accanto alla giumenta <strong>di</strong> Elaine,<br />

perché mangiasse un po' del suo fieno, che cominciai a sorridere.<br />

Non esisteva un solo uomo in tutta <strong>Camelot</strong>, a parte Artù<br />

Pendragon, che avrebbe osato rivolgersi a me come aveva appena<br />

fatto lei, e io le avevo ubbi<strong>di</strong>to imme<strong>di</strong>atamente, senza nemmeno<br />

pensarci, proprio come i miei soldati davanti a un mio or<strong>di</strong>ne.<br />

Mi domandai cosa stessimo facendo lì. Era un mistero che <strong>di</strong> certo<br />

non avrei risolto restando in quella stalla. L'unico modo per scoprirlo<br />

era tornare dentro a chiederglielo. Ero assolutamente sicuro che me<br />

l'avrebbe detto. Tolsi la sella al cavallo e lo spazzolai in fretta.<br />

Quando ritornai alla casa, la pioggia non si era ancora placata,<br />

ma ora l'interno era rallegrato da una luce ospitale. Chiusi la porta<br />

alle mie spalle e guardai tutt'intorno, scrollandomi <strong>di</strong> dosso il<br />

mantello bagnato.<br />

«Hai chiuso l'uscio della stalla?» Nel parlarmi mi era passata<br />

accanto. Facendo un passo in<strong>di</strong>etro, la osservai mentre, senza fretta,<br />

abbassava la sbarra della pesante porta <strong>di</strong> legno.<br />

«Sì» la rassicurai, intenzionato a non <strong>di</strong>re una sola parola <strong>di</strong> più<br />

finché non mi avesse illuminato su quanto stava succedendo.<br />

«Bene! Dammelo. È zuppo.» Mi tolse il mantello <strong>di</strong> mano e dopo<br />

averlo appeso ai due ganci attaccati alla porta, lo stese bene. Avevo<br />

guardato il suo corpo muoversi, le braccia allungarsi verso l'alto.<br />

Indossava abiti che non le avevo mai visto prima: una lunga e ampia<br />

veste verde pallido a maniche lunghe, con sotto una bianca<br />

sottoveste lunga fino alle caviglie; i pie<strong>di</strong>, quasi nu<strong>di</strong>, erano coperti<br />

soltanto da un paio <strong>di</strong> sandali leggeri, dall'aspetto fragile, che già in<br />

passato mi avevano colpito per quanto li ritenessi delicati, in<br />

particolare con un tempaccio simile. A tenere stretta la veste aveva<br />

un cordone intrecciato verde scuro che ne enfatizzava ancor più le<br />

forme ogni volta che lei si allungava verso l'alto per stendere il


mantello in modo uniforme.<br />

Quando fu sul punto <strong>di</strong> girarsi, rivolsi lo sguardo altrove, al resto<br />

della stanza, per paura che potesse leggermi negli occhi e accorgersi<br />

dei miei pensieri lascivi.<br />

Non sembrò notare niente. «So che hai alcune domande da<br />

pormi» <strong>di</strong>sse, avanzando nel centro della stanza. «Posso leggertele in<br />

faccia. Ma prima <strong>di</strong> <strong>di</strong>re un'altra parola insisto per metterci como<strong>di</strong>,<br />

almeno questa volta. Appoggia pure l'elmo sul tavolo laggiù e togliti<br />

l'armatura.»<br />

Un fuoco fiammeggiava nel cerchio <strong>di</strong> pietre che si trovava in un<br />

angolo, a destra della porta d'ingresso. Appoggiato al muro, alla mia<br />

sinistra, c'era un grande tavolo ai lati del quale erano state<br />

appoggiate una credenza da una parte e una <strong>di</strong>spensa dall'altra.<br />

Davanti al focolare d'angolo avevano collocato un tavolino più<br />

basso con due poltrone imbottite, dall'aria molto comoda, messe<br />

una per parte e rivolte verso il fuoco. Sul tavolino ardeva una<br />

candela grassa e burrosa, fabbricata con la cera degli alveari <strong>di</strong> villa<br />

Varro, mentre un'altra era appoggiata sull'alta mensola sopra il<br />

focolare, e una terza, molto più grossa delle altre, bruciava sopra un<br />

piccolo tavolino ornamentale vicino alla testata <strong>di</strong> un grande letto<br />

addossato alla parete in fondo alla stanza, su cui erano <strong>di</strong>stese folte<br />

pellicce e grosse coperte <strong>di</strong> lana che scendevano fino a terra.<br />

Appoggiai con cura l'elmo sul tavolo ma non provai nemmeno a<br />

togliermi l'armatura. Elaine inspirò rumorosamente e mi raggiunse: i<br />

suoi occhi esaminarono con attenzione la mia armatura <strong>di</strong> cuoio e la<br />

pesante maglia <strong>di</strong> ferro che indossavo sotto.<br />

«Alza le braccia. Quel metallo deve essere freddo e pesante: ti<br />

ghiaccerai. È sciocco tenerselo addosso in una casa dove nessuno ci<br />

attaccherà.» Obbe<strong>di</strong>i e per alcuni istanti si impegnò a slacciare le<br />

cinghie sopra la spalla e sotto il braccio sinistro in modo da<br />

consentirmi <strong>di</strong> sfilare dal fianco destro l'intera <strong>di</strong>visa, come un unico<br />

pezzo, e <strong>di</strong> sistemarla in pie<strong>di</strong> sul pavimento. Mi guardò ancora, e<br />

allora sciolsi le cinghie della tunica <strong>di</strong> ferro e me la scrollai <strong>di</strong> dosso;<br />

poi mi chinai per slacciare le cinghie <strong>di</strong>etro le ginocchia e la cintura<br />

che teneva le brache, sempre <strong>di</strong> maglia <strong>di</strong> ferro, strette in vita.<br />

Caddero al suolo con un gran fracasso, e io rimasi in pie<strong>di</strong> con


addosso soltanto la sottocotta lunga fino alle ginocchia, i miei<br />

calzettoni <strong>di</strong> lana e gli stivali.<br />

«Ecco,» <strong>di</strong>sse «non ti senti meglio, così? Dovresti, se non altro per<br />

il peso che non devi più sostenere.»<br />

Era vero, ma mi ritenevo tutt'altro che a mio agio: mi sentivo<br />

stranamente vulnerabile. Non avevo ancora capito le ragioni <strong>di</strong><br />

quello che stava succedendo, ma sapevo che si trattava <strong>di</strong> qualcosa<br />

<strong>di</strong> importante e cominciavo a sospettare dove mi avrebbe portato.<br />

Nell'attesa il mio cuore palpitava all'impazzata, ma ero talmente<br />

insicuro su cosa aspettarmi da non capire se stava davvero<br />

accadendo. Evitai <strong>di</strong> risponderle e abbassai lo sguardo sul piano del<br />

tavolo dove avevo appena appoggiato una mano. Non c'era<br />

polvere.<br />

«Di chi è la casa?»<br />

«Mia.» Si allontanò per andarsi a sedere su una delle poltrone<br />

imbottite. «È dove abitavo con Justin. La costruì per noi prima che ci<br />

sposassimo, otto anni fa. Era un maestro d'ascia, un carpentiere e un<br />

costruttore <strong>di</strong> carri.»<br />

In effetti, avevo immaginato qualcosa <strong>di</strong> simile. Non poteva<br />

essere altrimenti, vista la familiarità che <strong>di</strong>mostrava nei confronti <strong>di</strong><br />

quel posto. Le sue parole, però, mi urtarono comunque. Mi guardai<br />

<strong>di</strong> nuovo intorno per esaminare meglio, questa volta, la fattura dei<br />

mobili e notai che non ce n'era uno rozzo o misero. Perfino il<br />

pavimento era fatto con assi <strong>di</strong> legno ben piallate e perfettamente<br />

combacianti e mi venne in mente il rumore che aveva fatto il mio<br />

ginocchio nel colpirlo quando mi ero accucciato.<br />

«Un pavimento <strong>di</strong> legno in una casa <strong>di</strong> tronchi d'albero?» <strong>di</strong>ssi.<br />

«Direi piuttosto un pavimento <strong>di</strong> legno nell'abitazione <strong>di</strong> un<br />

carpentiere.»<br />

«Naturale.» La guardai ancora. «Cosa gli è successo?»<br />

«Niente <strong>di</strong> particolarmente terribile. È morto, in modo tranquillo,<br />

ma triste. Si svegliò una mattina che non si sentiva bene e al<br />

tramonto era peggiorato: morì nel giro <strong>di</strong> una settimana. Una<br />

congestione ai polmoni, ci <strong>di</strong>sse Strabo, dovuta all'acqua gelata del<br />

lago dove era caduto la settimana precedente. Era molto vicino alla


iva, dove l'acqua era ancora poco profonda; nonostante fosse<br />

riuscito a rimettersi in pie<strong>di</strong> non aveva potuto tirarsene fuori perché<br />

bloccato dal ghiaccio. Passò almeno mezz'ora nell'acqua prima che lo<br />

trovassimo e lo portassimo in salvo.» Scosse la testa dolcemente. «Fu<br />

terribile la velocità con la quale si ammalò. Alla fine del terzo giorno<br />

non riusciva più a respirare senza tossire; sembrava che il suo petto<br />

fosse pieno <strong>di</strong> catarro e stesse andando in pezzi. Poi è morto e io<br />

sono <strong>di</strong>ventata vedova... Eravamo sposati da tre anni. Ne avevo<br />

<strong>di</strong>ciotto. Non potevo più vivere qui dopo quello che era successo,<br />

ma non potevo nemmeno abbandonare del tutto questo posto.<br />

Dove ero stata felice.»<br />

Mi schiarii la gola. «Hai avuto dei figli?»<br />

«No, Justin era più vecchio <strong>di</strong> me, molto più vecchio. Era già stato<br />

sposato per oltre <strong>di</strong>eci anni senza mai riuscire a generare figli:<br />

sapevamo fin dall'inizio che non poteva procreare.»<br />

«Come puoi essere così sicura che fosse colpa sua?»<br />

Mi guardò dritto negli occhi. «Una volta era andato in<br />

Cornovaglia a costruire dei carri per un re <strong>di</strong> quelle parti: rimase<br />

lontano più <strong>di</strong> sei mesi. Quando tornò sua moglie si era data da fare<br />

ed era... incinta.»<br />

«Oh.» Riflettei sulla cosa per un po', non sapendo come<br />

rispondere. «E allora cosa fece?»<br />

«Niente. Non ne ebbe bisogno. Tornò a casa nel pieno <strong>di</strong><br />

un'epidemia <strong>di</strong> peste. La moglie era già contagiata: abortì e morì<br />

poco dopo. Justin imparò molto da quell'esperienza.»<br />

«Capisco... fu allora che ti conobbe?»<br />

«No,» <strong>di</strong>sse lentamente, sorridendo, «ci conoscevamo da sempre,<br />

fin dalla mia nascita. Justin era il migliore amico <strong>di</strong> mio padre. Sono<br />

cresciuta volendogli bene e apprezzandolo. Quando raggiunsi l'età<br />

da matrimonio, tre o quattro anni dopo la morte della sua prima<br />

moglie, egli mi chiese in sposa. <strong>Il</strong> nostro fu un matrimonio pieno<br />

d'amore e tenerezza, anche se mancava il fuoco della passione.<br />

Fummo molto felici.»<br />

Ora guardavo l'interno <strong>di</strong> quella piccola casa con occhi nuovi.


«Tornerai a vivere qui una volta sposato Jonas?»<br />

«No. Te l'ho già detto ieri. Quando io e lui ci sposeremo andrò a<br />

vivere nel suo villaggio. Jonas possiede una grande casa laggiù, la<br />

<strong>di</strong>mora <strong>di</strong> un capo villaggio, molto più importante <strong>di</strong> questa. Vieni,<br />

sie<strong>di</strong>ti qui, accanto a me.»<br />

Mi in<strong>di</strong>cò la poltrona vuota, ma io non ebbi l'audacia <strong>di</strong><br />

avvicinarmi tanto a lei e continuai a ispezionare la stanza, questa<br />

volta notando la pila <strong>di</strong> ceppi tagliati vicino al focolare e lo<br />

splendore del fuoco appena acceso. Lo in<strong>di</strong>cai con il <strong>di</strong>to. «Quel<br />

fuoco era già pronto per essere acceso?»<br />

«Sì, l'ho preparato ieri sera.»<br />

«Ieri eri qui... Passi molto tempo in questa casa?»<br />

Si strinse nelle spalle. «Non più, non ci venivo da tre anni, a parte<br />

qualche visita occasionale per assicurarmi che fosse ancora tutto in<br />

or<strong>di</strong>ne. Ho anche portato del cibo e della birra. Mangeremo più<br />

tar<strong>di</strong>, dopo che avremo parlato. Ora vorresti, per favore, venire a<br />

sederti vicino al fuoco e toglierti gli stivali? Indossi sempre<br />

l'armatura, pronto a combattere. Finora non ti avevo mai visto<br />

senza: ti da un'aria minacciosa e poco <strong>di</strong>sposta al <strong>di</strong>alogo. Oggi,<br />

invece, desidero parlarti come farei a un uomo, non a un cavaliere o<br />

a un soldato.»<br />

Annuii e, dopo essermi avvicinato, mi accomodai sulla poltrona,<br />

<strong>di</strong> fronte a lei. Non appena seduto, sentii il calore del fuoco sul viso;<br />

ero confuso all'idea che avesse pianificato quell'incontro già il giorno<br />

precedente, se non prima.<br />

«Vorrei davvero che tu li togliessi... quegli stivali... a meno che...<br />

non ti sentirai a <strong>di</strong>sagio qui?»<br />

Lasciò quella frase sospesa nell'aria, un po' domanda, un po'<br />

suggerimento. Mi affrettai a fare cenno <strong>di</strong> no con la testa.<br />

«Assolutamente no. Non mi sento affatto a <strong>di</strong>sagio...»<br />

«Nemmeno un po' confuso? Non ti stupisce tutto questo?» Mi<br />

rivolse un ampio sorriso, un lampo <strong>di</strong> chiara malizia, can<strong>di</strong>da, al pari<br />

dei suoi denti splendenti sotto le labbra rosse e carnose. «Non mi<br />

sorprenderebbe. Intraprendere una strada nuova porta sempre un<br />

po' <strong>di</strong> confusione.»


Sentivo le viscere in subbuglio al solo percepire la sua vicinanza; ci<br />

separava soltanto quel basso e stretto tavolino, e non appena mi<br />

sedetti odorai il suo caldo profumo.<br />

«Vieni qui, fatti aiutare.»<br />

Prima che potessi <strong>di</strong>re qualcosa era già inginocchiata davanti a<br />

me; iniziò a sciogliermi i lacci <strong>di</strong> cuoio degli alti stivali e l'improvvisa<br />

intimità <strong>di</strong> quella sua posizione mi fece saltare il cuore in gola,<br />

togliendomi quasi il respiro.<br />

«Posso fare io» protestai, piegandomi in avanti, ma scosse la testa<br />

senza alzare lo sguardo.<br />

«Sarà più facile per me visto che sono già qui.»<br />

<strong>Il</strong> mio viso si trovava ora vicinissimo alla sua testa china, e il<br />

fresco e caldo profumo <strong>di</strong> lei mi riempì le narici facendomi salire<br />

impetuosamente il sangue alle pelvi: sentii all'improvviso la testa<br />

leggera ed ebbi la tremenda certezza che non avrei più potuto<br />

appoggiarmi allo schienale senza che lei notasse le mie con<strong>di</strong>zioni.<br />

Mi chiesi come avrebbe potuto non notarle. La mia eccitazione era<br />

enorme e innegabile. Rimasi com'ero, piegato in avanti, rosso in viso<br />

e mortificato. Se anche Elaine si accorse del mio imbarazzo, non lo<br />

mostrò affatto e continuò a lavorare sui lacci finché non riuscì a<br />

sfilarmi gli stivali; poi, quasi ridacchiando, mi tolse anche i calzettoni.<br />

«Ecco! Non ti senti meglio? Ma i tuoi pie<strong>di</strong> si stanno congelando!»<br />

Sentii il calore delle sue mani che mi massaggiavano il collo del piede<br />

destro e il suo tocco, invece <strong>di</strong> infiammarmi ulteriormente, mi<br />

riportò non so come alla realtà: in effetti, i miei pie<strong>di</strong> erano davvero<br />

ghiacciati.<br />

«Avvicina le <strong>di</strong>ta al fuoco e muovile un po'. Ti sentirai un uomo<br />

nuovo quando avrai <strong>di</strong> nuovo i pie<strong>di</strong> cal<strong>di</strong>.»<br />

Feci come mi suggeriva: sentii il calore sulle nude piante dei pie<strong>di</strong><br />

e fui grato a Elaine perché continuava a tenere lo sguardo fisso sulle<br />

mie estremità infreddolite piuttosto che su altre parti. A quel punto si<br />

alzò appoggiandosi a un bracciale della mia poltrona e sistemò tre<br />

nuovi ciocchi sul fuoco, spingendoli verso le braci bollenti con un<br />

pesante attizzatoio <strong>di</strong> ferro. Poi attraversò la stanza e andò a<br />

recuperare dal letto una coperta <strong>di</strong> pelliccia, la gettò in un angolo


accanto al fuoco e vi sedette con grazia, con la schiena contro il<br />

muro e i pie<strong>di</strong> nascosti sotto la veste. Prese quin<strong>di</strong> a fissarmi<br />

intensamente e io, felice che a quel punto il mio sangue ribelle si<br />

fosse placato, tornai ad appoggiarmi allo schienale senza alcun<br />

timore.<br />

«Sei un uomo strano, Clothar il Franco.»<br />

«Perché pensi questo <strong>di</strong> me?» Quella domanda fu imme<strong>di</strong>ata,<br />

quasi automatica: mi ero perso nella bellezza del suo viso dove<br />

l'ardore del mio sguardo si specchiava nel suo. In un angolino del<br />

cervello, lo ricordo ancora, c'era la consapevolezza che la sua beltà<br />

non potesse competere con quella delle giovani donne viste al<br />

castello <strong>di</strong> Artù - il suo viso era troppo spigoloso - ma un vecchio<br />

detto <strong>di</strong>ce che ciascuno si crea il proprio ideale <strong>di</strong> bellezza e i miei<br />

occhi rimasero pieni <strong>di</strong> Elaine per settimane e incapaci <strong>di</strong> contenere<br />

qualunque altra cosa. La risposta alla mia domanda, quando arrivò,<br />

fu in<strong>di</strong>retta.<br />

«Forse perché non sembri intenzionato a lasciarti ringraziare per<br />

avermi salvato la vita.»<br />

«Ma mi hai già ringraziato, e <strong>di</strong>verse volte!»<br />

«Be', soltanto a parole. Ma erano tutte destinate al cavaliere del re<br />

e non all'uomo che è accorso a salvarmi. Fa una bella <strong>di</strong>fferenza, sai.<br />

Questa è la prima volta che io e te stiamo da soli a parlare davvero<br />

tra noi. No, aspetta prima <strong>di</strong> <strong>di</strong>re qualunque cosa, so che può<br />

sembrare stupido, ma è la verità. Pensaci. Finora sei sempre stato in<br />

visita ufficiale: l'inviato personale del re, con mantello, armatura ed<br />

elmo; un cavaliere che si presentava al mio tavolo <strong>di</strong> lavoro per<br />

avere notizie <strong>di</strong> mio padre. Io intanto lavoravo. Ovunque fossimo,<br />

qualunque cosa stessimo facendo, c'era sempre qualcuno vicino a<br />

noi, e anche se non in nostra <strong>di</strong>retta compagnia, chiunque avrebbe<br />

potuto sentirci e sorprenderci senza volerlo. Tu e io siamo stati<br />

parecchio tempo insieme, ma mai veramente soli, e non abbiamo<br />

mai parlato d'altro che della salute <strong>di</strong> mio padre, delle coltivazioni e<br />

degli allevamenti <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, non è forse vero?»<br />

«E vero, ma perché sei certa che adesso nessuno possa vederci o<br />

sentirci?»


Mi rispose con un altro fugace sorriso: «Perché nessuno sa che<br />

siamo qui e la porta e le finestre sono perfettamente chiuse. Ma non<br />

soltanto per questo: in qualità <strong>di</strong> sostituta <strong>di</strong> mio padre, ieri ho dato<br />

<strong>di</strong>sposizioni e <strong>di</strong>stribuito gli incarichi in modo da assicurarmi che<br />

oggi, nel raggio <strong>di</strong> alcune miglia, non ci sia un solo conta<strong>di</strong>no. L'ho<br />

fatto perché volevo un po' <strong>di</strong> tempo da passare con te, per parlare<br />

così, da soli».<br />

Annuii. «Questo è molto... carino da parte tua... ma devo <strong>di</strong>rti<br />

che le nostre conversazioni erano già piacevoli.»<br />

«Lo so, ed è per questo che secondo me sei un uomo strano. Tutti<br />

gli altri cercano <strong>di</strong> farmi <strong>di</strong>vertire, <strong>di</strong>stogliermi dal lavoro,<br />

amoreggiare, facendomi perdere tempo. Tu non l'hai mai fatto. Ti<br />

sei sempre accontentato <strong>di</strong> stare seduto a guardarmi in silenzio, <strong>di</strong><br />

camminare al mio fianco, <strong>di</strong> ascoltare quello che avevo da <strong>di</strong>re,<br />

persino aiutandomi. Le tue visite, ogni due giorni, sono <strong>di</strong>ventate il<br />

centro della mia vita, tanto che il giorno in cui non vieni <strong>di</strong>vento<br />

intollerante e inavvicinabile.»<br />

«Eppure ieri hai detto che queste visite dovranno finire.»<br />

«Sì, lo so, ma lasciami finire.» Mi guardava ora con gli occhi quasi<br />

socchiusi e la testa leggermente inclinata da un lato. «Posso<br />

continuare?» Annuii e lei fece lo stesso. Poi, con un ampio gesto della<br />

mano, in<strong>di</strong>cò la stanza dove ci eravamo seduti. «Ti ho detto che non<br />

sono stata capace <strong>di</strong> abbandonare questa casa per i ricor<strong>di</strong> che mi<br />

rievocava. Ma presto comincerò una nuova vita con Jonas e dovrò<br />

abbandonarla insieme a tutto il resto, compresi quei ricor<strong>di</strong>.» Vide i<br />

miei occhi sgranarsi e subito alzò una mano per impe<strong>di</strong>rmi <strong>di</strong><br />

intervenire. «Perdonami, so che non vuoi sentirlo <strong>di</strong>re ma non posso<br />

tacere...»<br />

Distolse lo sguardo da me e si mise a guardare il fuoco. «Ieri,<br />

prima che tu arrivassi, ho saputo che Jonas si è ormai ristabilito. Si è<br />

alzato, cammina e ogni giorno che passa riprende le forze; mi ha<br />

fatto sapere che mi raggiungerà entro la fine <strong>di</strong> questa settimana.» Si<br />

volse <strong>di</strong> nuovo a guardarmi, fissandomi dritto negli occhi. «Da quel<br />

momento in poi non dovrò più rivederti, Clothar. Potrei, lo so, ma<br />

non lo farò. Sarebbe una cosa che mi darebbe un estremo piacere,<br />

ma anche ingiusta e sbagliata.»


Parlai, nonostante il nodo in gola. Temevo che la mia voce<br />

tra<strong>di</strong>sse l'angoscia che provavo. «Cosa c'è <strong>di</strong> male nel conoscere il<br />

piacere?»<br />

«Niente, e allo stesso tempo tutto, perché il piacere chiama altro<br />

piacere e io non credo <strong>di</strong> essere tanto forte da potermi negare a te.»<br />

Volevo aggiungere altro ma lei alzò ancora la sua mano per<br />

fermarmi. «So che mi cre<strong>di</strong> forte come un uomo. Ho letto nel tuo<br />

viso, nei tuoi occhi, l'ammirazione e... l'affetto che provi per me. Per<br />

molti aspetti, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quello fisico, credo <strong>di</strong> essere, in effetti, un po'<br />

come un uomo. Sono stata educata a pensare come un uomo, ad<br />

accettare le responsabilità, a sostenere il carico dei miei compiti, a<br />

usare le capacità <strong>di</strong> cui Dio mi ha fatto grazia e, nonostante sia<br />

donna, a non temere il lavoro duro, il lavoro da uomini. Ma sono<br />

pur sempre una donna, e nonostante il grande rispetto che tu provi<br />

per le mie capacità nel gestire forza lavoro e registri, non ho mai<br />

dubitato che mi desiderassi, con gli occhi e con il cuore, come si<br />

desidera una donna.»<br />

Sembrava penetrarmi con quel suo sguardo, e sentii <strong>di</strong> nuovo il<br />

rossore salirmi alle guance. «So che spesso hai desiderato toccarmi,<br />

avvicinarti a me e baciarmi. L'ho notato ogni volta. E so che a<br />

impe<strong>di</strong>rti <strong>di</strong> farlo sono stati il tuo ra<strong>di</strong>cato senso del pudore, la tua<br />

virtù e il dovere che hai verso l'incarico affidatoti dal re, quello <strong>di</strong><br />

fargli da messaggero.»<br />

Quest'ultima parte era vera, lo riconobbi: quel pensiero mi aveva<br />

fermato più <strong>di</strong> una volta, proprio quando ormai ero sul punto <strong>di</strong><br />

lasciarmi andare e gettarmi ai suoi pie<strong>di</strong> perché la desideravo con<br />

tutto me stesso. Ne avrebbero senz'altro risentito la mia utilità nei<br />

confronti <strong>di</strong> Artù, e forse perfino il mio senso del dovere e delle<br />

responsabilità. Ma ancora più forte era il semplice ma profondo<br />

timore che se avessi tentato <strong>di</strong> farla mia, avrei potuto ricevere un<br />

rifiuto o ad<strong>di</strong>rittura il suo <strong>di</strong>sprezzo o, ancora peggio, la sua<br />

compassione. Ecco ciò che, più <strong>di</strong> ogni altra cosa, mi aveva indotto a<br />

tenere le mani bene strette <strong>di</strong>etro la schiena quasi tutte le volte che<br />

ero vicino a Elaine.<br />

Mi osservava con attenzione, la testa leggermente piegata da una<br />

parte, in una posa che ormai avevo imparato a conoscere, ma


sembrava non riuscire ancora ad afferrare qualcosa che le stava<br />

sfuggendo.<br />

«Ma c'è ancora altro alla base <strong>di</strong> questo tuo ritegno, non è così?<br />

Una cosa strana... non saprei come definirla, sembri quasi...<br />

intimorito da me, anche se non è propriamente ciò che intendo...<br />

Forse ti senti così per il lavoro che faccio tutti i giorni o per come mi<br />

comporto con gli altri uomini... gli operai e i conta<strong>di</strong>ni. Ma ho<br />

soprattutto la sensazione che... quella cosa, quel timore - non saprei<br />

come altro chiamarlo - nasca dall'idea che ti sei fatto <strong>di</strong> me. Hai<br />

paura che quanto pensi <strong>di</strong> me possa offendermi, ma è ri<strong>di</strong>colo. Non<br />

potrai mai conoscere i miei veri pensieri, Clothar. Non puoi. È<br />

impossibile. E più crederai <strong>di</strong> poterlo fare più ti sbaglierai. Aiutami a<br />

rialzarmi.» Mi porse una mano e, nell'aiutarla a rimettersi in pie<strong>di</strong>, mi<br />

alzai anch'io ritrovandomi con lei faccia a faccia. Sentii le sue <strong>di</strong>ta<br />

sfiorarmi una guancia.<br />

«Stai arrossendo, sapevo che l'avresti fatto. Lo fai sempre. La<br />

trovo una cosa bella. Sei l'uomo più adorabile che conosca, Seur<br />

Clothar <strong>di</strong> Gallia, e mi sorprende sempre sentire quando ti<br />

descrivono in altro modo. Non riesco a immaginarti violento e<br />

terribile in battaglia come <strong>di</strong>cono. Non mi hai mai mostrato quella<br />

parte <strong>di</strong> te.»<br />

«Spero <strong>di</strong> non doverlo fare mai» <strong>di</strong>ssi conquistando un altro dei<br />

suoi sorrisi. Mi sentii invadere della gioia più assoluta quando le sue<br />

<strong>di</strong>ta presero ad accarezzarmi una guancia, e indugiarono lì mentre lei<br />

continuava a guardarmi intensamente negli occhi.<br />

«Ho un regalo per te» <strong>di</strong>sse, infine, con voce carezzevole, ridotta a<br />

un sospiro leggero. «Un regalo da con<strong>di</strong>videre che... in realtà è<br />

destinato a entrambi.» Posò il pollice sul mio labbro inferiore che<br />

cominciò a schiacciare piano da un lato e verso il basso, ma quando<br />

con un movimento della testa cercai <strong>di</strong> afferrare il suo <strong>di</strong>to per<br />

baciarlo, lo allontanò in fretta per tracciare il profilo della mia<br />

mascella. «Un dono <strong>di</strong> gratitu<strong>di</strong>ne,» continuò, gli occhi nei miei «ma<br />

anche una gratificazione, che non è affatto la stessa cosa perché... se,<br />

come spero, ti sarà cosa gra<strong>di</strong>ta, sarà gra<strong>di</strong>ta anche a me,<br />

rendendomi nuovamente tua debitrice...» Ritrasse la mano dal mio<br />

viso, sciolse il cordone <strong>di</strong> lana che le faceva da cintura e lo fece


cadere silenziosamente sul pavimento. Poi mi afferrò i polsi e li attirò<br />

a sé fino ad appoggiarli sui suoi fianchi, sotto la veste pesante, e a<br />

spingere subito dolcemente le mie mani verso le sue carnose<br />

roton<strong>di</strong>tà. Nell'istante in cui le mie <strong>di</strong>ta, attratte dal calore e dalla<br />

soffice morbidezza del suo corpo, che sentivo attraverso la sottile<br />

stoffa della sottoveste, si contrassero involontariamente, Elaine<br />

cominciò a ondeggiare avanti e in<strong>di</strong>etro, premendo contro <strong>di</strong> me.<br />

Con le mani guidò il mio viso verso il suo, e la bocca si <strong>di</strong>schiuse<br />

sulle mie labbra.<br />

Non ricordo quanto durò quel primo bacio, ma so che fu<br />

meraviglioso: era il mio primo vero bacio d'amore. Mi trovai perso<br />

nella sua magia, sopraffatto e annientato da quella voluttuosa<br />

morbidezza, dalla calda e vischiosa intimità delle sue labbra sfuggenti<br />

e appassionate, dalla sua lingua bagnata, bramosa e audace che<br />

come una creatura vivente si impadroniva insieme della mia bocca e<br />

della mia anima. Quando il bacio finì ci trovammo entrambi<br />

tremanti e quasi incapaci <strong>di</strong> riprendere fiato, ma ci separammo per<br />

un solo istante, pronti a ricominciare tutto da capo già un secondo<br />

dopo. Le mie mani si ritrovarono d'un tratto colme <strong>di</strong> quel corpo<br />

nudo e vellutato. Avevo gli abiti, slacciati e sciolti, che mi cadevano<br />

addosso scomposti, laddove Elaine li aveva aperti e scostati per<br />

appoggiare le sue mani leggere, mentre io ciecamente mi stringevo a<br />

lei in cerca <strong>di</strong> frizione, sperando <strong>di</strong> raggiungere non sapevo<br />

nemmeno io cosa, dato che eravamo entrambi ancora in pie<strong>di</strong>.<br />

Elaine ansimava e fremeva <strong>di</strong> desiderio e <strong>di</strong> piacere, ma mai<br />

quanto me. Presto mi ritrovai steso sulla schiena: era salita a<br />

cavalcioni su <strong>di</strong> me e con una mano puntata sul petto mi <strong>di</strong>ceva <strong>di</strong><br />

aspettare, che mi avrebbe guidato lei; poi, all'improvviso,<br />

lentamente ma anche con una rapi<strong>di</strong>tà incre<strong>di</strong>bile, si abbassò su <strong>di</strong><br />

me facendomi sprofondare in lei e tracimare impetuosamente in<br />

un'estasi istantanea che temetti potesse lacerarmi. Allora persi ogni<br />

controllo ed esplosi, svuotandomi senza alcun controllo dentro <strong>di</strong><br />

lei. Elaine gridò una volta, poi un'altra ancora, finché sfinita cadde su<br />

<strong>di</strong> me e, prendendomi la testa fra le mani, tornò con la sua bocca a<br />

cercare la mia.


III<br />

Più tar<strong>di</strong>, molto più tar<strong>di</strong>, dopo che il fuoco si era spento e noi<br />

c'eravamo rintanati in cerca <strong>di</strong> calore sotto le coperte del letto, che il<br />

rumore della pioggia sul tetto si era attenuato fino a scomparire ed<br />

entrambi, finalmente appagati, avevamo sentito <strong>di</strong> aver saziato il<br />

nostro desiderio, restammo abbracciati, felici ora <strong>di</strong> stringerci<br />

semplicemente l'uno all'altra e <strong>di</strong> toccarci, mor<strong>di</strong>cchiarci teneramente<br />

le labbra, con le mani che non smettevano <strong>di</strong> esplorare la bellezza<br />

dei nostri corpi. Stavo andando alla deriva in quello stato irrazionale<br />

della mente che precede il sonno, appagato dalla presenza <strong>di</strong> quel<br />

corpo caldo e liscio accoccolato tra le mie braccia, quando Elaine,<br />

stesa sotto <strong>di</strong> me, improvvisamente ebbe un sobbalzo e cercò<br />

bruscamente <strong>di</strong> allontanarmi; mi ritrassi allarmato.<br />

«La candela! Si sta spegnendo! Lasciami alzare.» Non appena mi<br />

sollevai su un gomito, lei rotolò giù dal letto con un balzo e si<br />

allontanò a piccoli passi nell'oscurità. Ormai decisamente sveglio la<br />

sentii trafficare; poi seguì un rumore monotono e secco, come <strong>di</strong> due<br />

oggetti soli<strong>di</strong> che sbattevano l'uno contro l'altro, e infine vi<strong>di</strong> che si<br />

affrettava a tornare per poi scavalcarmi e raggiungere l'altra sponda<br />

del letto. Quando mi voltai, stupito, la vi<strong>di</strong> china sulla fiamma<br />

tremante della candela appoggiata al tavolino e soltanto allora mi<br />

resi conto che la stanza era ormai completamente al buio.<br />

In<strong>di</strong>rizzava gli stoppini delle due candele nuove che teneva in una<br />

mano verso la fiamma morente che, ormai instabile, ondeggiò<br />

un'ultima volta e morì. Ma subito dopo, ne vi<strong>di</strong> apparire un'altra<br />

minuscola: uno dei due stoppini aveva fatto in tempo ad accendersi.<br />

Con cautela, quasi con timore, Elaine tenne la nuova candela<br />

inclinata delicatamente per poi farla girare piano su se stessa perché<br />

la fiamma potesse crescere. Infine, si lasciò sfuggire un sospiro che<br />

fino ad allora aveva trattenuto. Fece cadere alcune gocce perlate <strong>di</strong><br />

cera calda sul piano del tavolino e ci sistemò sopra la candela; con<br />

quella nuova fiamma poté accendere la seconda candela e soltanto


quando anche questa fu saldamente ancorata alla sua piccola pozza<br />

<strong>di</strong> cera, scoppiò a ridere.<br />

«Ci pensi che siamo stati vicinissimi dal rimanere senza luce e<br />

senza fuoco?»<br />

Scossi la testa con in<strong>di</strong>fferenza, molto più preso dalla vista dei suoi<br />

seni illuminati dalla luce delle candele.<br />

«Quella candela aveva una durata <strong>di</strong> otto ore... questo vuol <strong>di</strong>re<br />

che siamo stati su questo letto ad accoppiarci come animali in calore<br />

per tutto quel tempo.» La sua voce si addolcì. «Credo siano state le<br />

otto ore più meravigliose della mia vita. Non ero mai stata amata<br />

così, mio cavaliere.»<br />

«Splen<strong>di</strong>do.» Mi avvicinai e cingendole la vita cercai <strong>di</strong> attirarla a<br />

me mentre con un calcio allontanavo le coperte che ancora ci<br />

avvolgevano. «Neanch'io. Rifacciamolo, allora.» Questa volta cercò<br />

<strong>di</strong> resistermi, prima <strong>di</strong>vincolandosi e ridendo, poi mettendosi a<br />

scalciare selvaggiamente con le sue lunghe gambe. Era quasi sul<br />

punto <strong>di</strong> sfuggirmi quando sentì la pressione del mio rinnovato<br />

turgore e <strong>di</strong> nuovo, per un altro po', non ci fu bisogno <strong>di</strong> parole.<br />

Più tar<strong>di</strong> ancora, Elaine scivolò fuori dal letto e si avvicinò, nuda,<br />

il corpo dorato dalla luce delle candele, alla finestra più vicina. Tolse<br />

la sbarra alle persiane e le spalancò, poi si affacciò per inspirare<br />

profondamente l'aria della notte.<br />

«Ha smesso <strong>di</strong> piovere» <strong>di</strong>sse.<br />

«Credo abbia smesso qualche ora fa.»<br />

«C'è sempre profumo <strong>di</strong> fresco e <strong>di</strong> pulito dopo la pioggia. È uno<br />

dei miei profumi preferiti. Vieni a vedere le stelle. Tutte le nuvole se<br />

ne sono andate.»<br />

La raggiunsi alla finestra. La fresca brezza notturna fece<br />

rabbrivi<strong>di</strong>re la mia pelle calda. Le mie braccia scivolarono su <strong>di</strong> lei: il<br />

sinistro le circondò il collo per afferrarle il seno destro, mentre l'altra<br />

mano raggiungeva la calda curva del suo ventre. Premetti<br />

dolcemente l'inguine contro le sue natiche, baciandole la testa, e lei<br />

si lasciò avvolgere.<br />

«Quand'è che devi tornare ai tuoi compiti?»


La strinsi forte. «Non devo. Per lo meno non questa notte né la<br />

prossima: fino ad allora potremmo restare qui.»<br />

Sentii le sue spalle irrigi<strong>di</strong>rsi un poco, ma si limitò a <strong>di</strong>re: «Hai<br />

fame?».<br />

«Certo, ho fame <strong>di</strong> te...»<br />

Si voltò, inarcò il corpo per allontanarsi da me e <strong>di</strong>ede una pacca<br />

alla rigi<strong>di</strong>tà che era il suo tormento. «Sei peggio <strong>di</strong> un montone in<br />

calore!»<br />

«Non peggio <strong>di</strong>, donna, semmai pronto a montare come.» Non<br />

riuscivo a credere alla <strong>di</strong>sinvoltura con cui avevo pronunciato una<br />

simile frase. Tutte le mie ansie ed esitazioni, tutte le mie verginali<br />

incertezze e paure erano svanite in uno dei tanti momenti che si<br />

erano succeduti mentre quella candela da otto ore si consumava. La<br />

sua mano tornò a guidarmi verso <strong>di</strong> lei, il bacino contro il suo e le<br />

sue braccia si stesero sopra le mie. «Montone, montare... due parole<br />

apprezzabili al momento opportuno, ma io mi riferivo al cibo. Hai<br />

fame?»<br />

«Non so. Non ci avevo ancora pensato. Ma a che punto della<br />

notte siamo?»<br />

Si scostò e affacciatasi alla finestra allungò il collo per guardare il<br />

cielo. «Non riesco a vedere la luna ma sicuramente non è ancora<br />

mezzanotte. Abbiamo acceso la candela appena dopo mezzogiorno,<br />

non può essere più tar<strong>di</strong> delle nove.» Riaccostò le persiane e, rimessa<br />

a posto la sbarra si voltò, ancora avvolta dalle mie braccia, e<br />

avvicinò le sue labbra alle mie. Ma presto, troppo presto, appoggiò<br />

le mani sul mio petto e mi allontanò da sé.<br />

«Fa freddo qui. Accanto al focolare ci sono dei piccoli rami secchi<br />

e nuova legna da ardere. Porta qui una delle candele e accen<strong>di</strong> un<br />

fuoco: vado a prendere qualcosa da mangiare.»<br />

Accendere fuochi al coperto non aveva mai fatto parte del mio<br />

addestramento ma mi resi subito conto che tutti erano in grado <strong>di</strong><br />

accendere un fuoco a terra, soprattutto se forniti <strong>di</strong> legna sottile,<br />

ciocchi e una candela accesa.<br />

Farlo da nu<strong>di</strong>, tuttavia, comporta alcuni svantaggi dei quali non<br />

mi accorsi finché i ramoscelli secchi non cominciarono a sputare


scintille sulla mia pelle, costringendomi a spostarmi in fretta. Sentii<br />

<strong>di</strong>etro <strong>di</strong> me Elaine che rideva e quando mi voltai mi accorsi che a<br />

<strong>di</strong>vertirla erano state le mie nu<strong>di</strong>tà in fuga. Teneva in mano un<br />

vassoio pieno <strong>di</strong> pane e carne fredda, e un grosso spicchio <strong>di</strong><br />

formaggio.<br />

Mangiammo sul pavimento davanti al fuoco, stesi sopra le<br />

pellicce che avevo portato lì dal letto. Mi accorsi con gran piacere<br />

che avevamo a <strong>di</strong>sposizione anche una piccola bottiglia <strong>di</strong> prezioso<br />

olio d'oliva. Inoltre, c'era una ciotola piena <strong>di</strong> un'inaspettata<br />

prelibatezza: uova <strong>di</strong> pernice bollite, sbucciate e conservate in una<br />

meravigliosa miscela a base <strong>di</strong> aceto. Erano deliziose, come deliziosi<br />

furono anche gli acini d'uva bianca che mangiai con un pizzico <strong>di</strong><br />

sale. Dopo aver cenato ci mettemmo a parlare; o meglio, come<br />

sempre, era Elaine a parlare, io ascoltavo, ma questa volta lo feci<br />

con riluttanza e una crescente sensazione <strong>di</strong> panico.<br />

Era assolutamente determinata a farmi capire e accettare che<br />

quella notte sarebbe stata l'ultima, ma io ero altrettanto determinato<br />

a convincerla che, invece, avremmo potuto e dovuto vederci<br />

ancora. A un certo punto credo ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> averle detto <strong>di</strong> essermi<br />

innamorato <strong>di</strong> lei - sinceramente guidato e convinto dall'istinto e<br />

dalla passione amorosa -anche se in realtà non ricordo <strong>di</strong> aver mai<br />

pronunciato quella precisa frase. Rammento, però, che la sua<br />

reazione mi lasciò per un attimo senza parole e incapace <strong>di</strong><br />

controbattere al ragionamento che aveva sostenuto con grande<br />

convinzione.<br />

«Hai appena detto una cosa sciocca» <strong>di</strong>sse mettendosi <strong>di</strong> scatto a<br />

sedere, con la voce all'improvviso furibonda. «Ti prego, non <strong>di</strong>rla<br />

più.»<br />

«Non <strong>di</strong>re più cosa? Cosa avrei detto?»<br />

«Che sei innamorato <strong>di</strong> me. Non ha senso. Non è possibile che tu<br />

sia innamorato <strong>di</strong> me. Santo cielo, mi conosci appena.»<br />

Ero stupefatto dalla rabbia e dalla potenza con cui aveva reagito<br />

a un'osservazione <strong>di</strong> cui ero a malapena consapevole. Tuttavia<br />

corresse subito il tono delle sue affermazioni e non ci fu bisogno <strong>di</strong><br />

calmarla. «Non ci frequentiamo che da poche settimane. Forse non<br />

lo sai ma ci vogliono anni, a volte decenni, perché tra due persone


nasca l'amore! L'amore, quello vero, si fonda sulla comprensione,<br />

sulla familiarità, sul rispetto e la considerazione reciproca. L'amore<br />

non arriva così. Deve essere nutrito.»<br />

«È quello che <strong>di</strong>ci a non avere senso» risposi ferito nell'orgoglio.<br />

«Mi sono innamorato <strong>di</strong> te ogni giorno <strong>di</strong> più e sempre più<br />

intensamente dal primo momento che ti ho vista, quando stavi<br />

fuggendo dall'orsa. Non l'ho certo deciso io. Non ho avuto<br />

alternative. Non appena ti ho vista sono rimasto folgorato.»<br />

A queste parole si raddolcì e tornò a guardarmi con occhi gran<strong>di</strong> e<br />

pieni <strong>di</strong> sentimento; poi allungò la mano verso la mia guancia, quasi<br />

a sorreggerla, e la sua voce, all'improvviso trasformata, da furiosa<br />

<strong>di</strong>venne gentile. «Lo so, mio caro. Ero lì anch'io, ricor<strong>di</strong>? Fummo<br />

entrambi folgorati dallo stesso colpo <strong>di</strong> fulmine. Ma quello non era<br />

amore, caro amico, era desiderio; un desiderio che non essendo mai<br />

sod<strong>di</strong>sfatto è cresciuto fino a <strong>di</strong>ventare un fuoco incontenibile. Tu<br />

cre<strong>di</strong> <strong>di</strong> esserti innamorato <strong>di</strong> me ma sei soltanto rimasto affascinato<br />

da me. Sai cosa significa affascinato?»<br />

Non lo sapevo. Riconoscevo il termine, certo, ma non avevo<br />

un'idea precisa <strong>di</strong> cosa significasse. Non era quel genere <strong>di</strong> parola che<br />

si usa in una normale conversazione; così mi sedetti un attimo a<br />

riflettere, cupo e impaziente, cercando <strong>di</strong> dargli un senso, risentito<br />

che Elaine conoscesse perfettamente il termine. Alla fine, tuttavia, fui<br />

costretto a scuotere la testa. «No. Cosa vuol <strong>di</strong>re?»<br />

Rise scherzosamente. «<strong>Il</strong> fatto che tu non lo sappia significa che hai<br />

passato troppo tempo alla Scuola del Vescovo in Gallia a frequentare<br />

soltanto uomini devoti. Pensa agli antichi, Clothar, ai loro templi e a<br />

quell'enorme simbolo che vi si trova raffigurato ovunque.» E con<br />

entrambe le mani si mise a <strong>di</strong>segnare nell'aria ciò che voleva<br />

spiegarmi.<br />

«<strong>Il</strong> fascinum!»<br />

«Sì, esatto! <strong>Il</strong> fascinum.»<br />

Sapevo <strong>di</strong> cosa stava parlando perché avevo visto spesso quelle<br />

raffigurazioni durante i miei viaggi in Gallia, come elemento<br />

decorativo degli e<strong>di</strong>fici pubblici più antichi. Non c'era affatto<br />

bisogno <strong>di</strong> essere istruiti per capire quello che in realtà


appresentavano: dei genitali maschili, dei falli eretti con i relativi<br />

testicoli. Erano talmente <strong>di</strong>ffusi che nel corso dei secoli avevano<br />

assunto un aspetto talmente stilizzato che nessuno ormai ne<br />

riconosceva più l'origine. Ma guardando i giochi che la luce del<br />

fuoco riversava sulla sua pelle, ascoltando la sua descrizione, mi<br />

trovai a creare senza volerlo la mia personale rappresentazione del<br />

simbolo. Lei abbassò lo sguardo proprio lì e lo in<strong>di</strong>cò con il <strong>di</strong>to.<br />

«Ecco ve<strong>di</strong>? l'esempio perfetto <strong>di</strong> ciò che voglio <strong>di</strong>re» <strong>di</strong>sse,<br />

sorridendo. «Cosa si nasconde <strong>di</strong>etro quel simbolo? L'affare che si sta<br />

impennando davanti a te, è da lì che deriva la parola affascinare.»<br />

Mi sentii arrossire per la vergogna, ma non si accorse del mio<br />

imbarazzo perché era ancora intenta a sostenere la sua tesi. «Quando<br />

mi giri intorno, ti trovi costantemente in questo stato» <strong>di</strong>sse. «Mi ha<br />

lusingato fin da subito, e ancor <strong>di</strong> più quando ho capito che non ti<br />

rendevi conto che lo sapevo. Essendo donna non c'è niente che<br />

possa farmi più piacere.<br />

Non vorrei che tu mi fraintendessi, non mi sto affatto<br />

lamentando... Ma questo non è vero amore. È semplice desiderio<br />

carnale... naturale, sensuale, perfettamente sano e, per quanto tu ora<br />

ne sia ossessionato - il che mi delizia - in futuro svanirà, come accade<br />

sempre in questo genere <strong>di</strong> cose, e tu avrai nuovi desideri da<br />

sod<strong>di</strong>sfare. Noi siamo liberi, anche se per breve tempo, <strong>di</strong> godere<br />

profondamente l'uno dell'altra. L'amore, però, non è cosa per noi. E<br />

il tempo che abbiamo non è abbastanza.»<br />

Dal momento in cui aveva cominciato a parlare dei fascina non<br />

avevo detto più nulla. Ora mi trovavo invaso da una rabbia<br />

crescente: le sue parole suonavano alle mie orecchie come una<br />

condanna, se non ad<strong>di</strong>rittura come un rifiuto dei miei più intimi e<br />

profon<strong>di</strong> sentimenti. Ero ancora molto giovane, allora, e ci<br />

sarebbero voluti ancora molti anni perché <strong>di</strong>ventassi così saggio da<br />

capire quanto fossero lontane da me le cose dette da Elaine riguardo<br />

all'amore che provavo per lei. Se si fosse abbandonata all'idea che mi<br />

amava, si sarebbe sentita libera <strong>di</strong> agire in base a questo, con una<br />

serie <strong>di</strong> conseguenze che avrebbero fatto del male a molti. Se quella<br />

notte si fosse permessa <strong>di</strong> pensare che il sentimento nato tra noi era<br />

amore, amore vero, non sarebbe più stata forte abbastanza da


compiere il suo dovere.<br />

A quel punto avevamo bevuto entrambi parecchia birra, una birra<br />

potente che lei aveva portato il giorno prima. Non essendo mai<br />

stato un gran bevitore, e non amando il sapore del vino, per quanto<br />

<strong>di</strong>luito, non ho mai potuto sviluppare la minima resistenza all'alcol.<br />

Per questo, forse, vi<strong>di</strong> crollare all'improvviso tutte le mie <strong>di</strong>fese, che<br />

avevano tenuto bene fino a quel pomeriggio. Ero in compagnia <strong>di</strong><br />

una donna nuda, una donna bellissima <strong>di</strong> cui ero profondamente<br />

infatuato, mi trovavo del tutto a mio agio e, nonostante la birra mi<br />

avesse reso meno cosciente e stessimo parlando <strong>di</strong> cose ai miei occhi<br />

inaccettabili, eravamo pur sempre in intimità. Ci baciavamo, ci<br />

accarezzavamo e ci mor<strong>di</strong>cchiavamo; scherzavamo e, durante quella<br />

conversazione davanti al fuoco, le nostre mani si adoperavano per<br />

regalarci magiche sensazioni, spesso a scapito delle parole.<br />

In seguito a una <strong>di</strong> queste amabili interruzioni, mentre felici<br />

guardavamo gli ultimi bagliori del fuoco, Elaine decise <strong>di</strong> liquidare la<br />

nostra precedente conversazione come qualcosa <strong>di</strong> poco conto. Era<br />

<strong>di</strong>stesa con la testa appoggiata sul mio torace e con un <strong>di</strong>to<br />

attorcigliava oziosamente un ciuffo <strong>di</strong> peli del mio petto. «Certo,<br />

niente <strong>di</strong> tutto questo ha davvero importanza se consideriamo la<br />

realtà che abbiamo intorno» <strong>di</strong>sse.<br />

Rimasi per un po' in silenzio, rimuginando sulle sue parole; poi le<br />

chiesi: «Quali cose? Di che parli?».<br />

Si alzò appoggiandosi su un gomito e abbassò lo sguardo su <strong>di</strong><br />

me. «Di tutto ciò <strong>di</strong> cui abbiamo <strong>di</strong>scusso finora. Di amore, desiderio<br />

e tutte le conseguenze che portano. Non sono cose importanti<br />

rispetto alla realtà.»<br />

«Quale realtà? Non capisco <strong>di</strong> cosa tu stia parlando.»<br />

«Di noi. Del nostro futuro... <strong>di</strong> un futuro che non abbiamo.<br />

Quando questo sarà finito, quando... avremo finito, non ci sarà più<br />

possibile rivederci. A meno che non accada qualcosa <strong>di</strong> impensabile.»<br />

Quell'affermazione mi colse del tutto alla sprovvista e prima che<br />

potessi in alcun modo protestare si allontanò da me, si alzò e,<br />

raggiunto il letto, si avvolse in una coperta che la coprì<br />

completamente. Si sedette quin<strong>di</strong> ai pie<strong>di</strong> del letto, una posizione da


cui avrebbe potuto guardarmi ed esporre la propria opinione con<br />

maggior forza. «Sei un cavaliere del re, Clothar, e non c'è nient'altro<br />

al mondo che vorresti essere. Lo sappiamo entrambi, e siamo anche<br />

sicuri entrambi che è stato Dio a volerlo. È questa la ragione per cui<br />

non ti è possibile decidere della tua vita, eppure nessuno <strong>di</strong> noi due<br />

vorrebbe altrimenti. Non è così?»<br />

Annuii; stavo per parlare ma lei mi interruppe.<br />

«È così. La tua obbe<strong>di</strong>enza e la tua lealtà sono innanzitutto per il<br />

re. Lo hai giurato, e con quel giuramento ti sei messo al servizio <strong>di</strong><br />

Artù Pendragon e <strong>di</strong> lui soltanto, per sempre. Ma sei anche un<br />

soldato, Clothar, un legato <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>. E anche questo comporta un<br />

altro pesante carico <strong>di</strong> responsabilità e altrettanta obbe<strong>di</strong>enza.»<br />

«È vero» <strong>di</strong>ssi, riuscendo finalmente ad approfittare <strong>di</strong> una delle<br />

sue pause. «Ma nessuna <strong>di</strong> queste responsabilità - nemmeno tutte<br />

insieme contemporaneamente - mi impe<strong>di</strong>rebbe <strong>di</strong> amarti, o <strong>di</strong><br />

averti come moglie.»<br />

Si allontanò dal letto e venne a inginocchiarsi davanti a me per<br />

poi sdraiarsi vicino al fuoco. «Forse no,» rispose, con voce triste e<br />

affettuosa «ma impe<strong>di</strong>rebbero a me <strong>di</strong> averti davvero come marito.»<br />

Allungò lentamente una mano e posò le <strong>di</strong>ta sulle mie labbra per<br />

impe<strong>di</strong>rmi <strong>di</strong> parlare.<br />

«Anch'io ho una vita piena <strong>di</strong> responsabilità e tu lo sai. È stato<br />

questo, prima <strong>di</strong> ogni altra cosa, ad attrarti. Sono figlia <strong>di</strong> un<br />

agricoltore, legata alla terra su cui vivo. Non intendo con ciò<br />

giustificarmi. I miei compiti e il mio senso del dovere sono<br />

altrettanto importanti per me quanto i tuoi lo sono per te. Tutti e<br />

due siamo stati generati e allevati per compiere il nostro dovere. Ma<br />

i miei doveri <strong>di</strong> lavoratrice e <strong>di</strong> moglie fedele mi legano<br />

in<strong>di</strong>ssolubilmente a un luogo. Per compierli ed essere me stessa ho<br />

bisogno <strong>di</strong> una vita semplice e preve<strong>di</strong>bile, armonia e stabilità.»<br />

Aumentò la pressione delle <strong>di</strong>ta sulle mie labbra e mi sorrise<br />

dolcemente.<br />

«Tu invece sei portato verso gli estremi opposti, Seur Clothar. Sei<br />

incapace per carattere e per natura <strong>di</strong> restare a lungo in uno stesso<br />

luogo. Ti ucciderebbe: sei un soldato e un cavaliere, il che è ancora<br />

peggio. La cosa che più ci si aspetta da te è la capacità <strong>di</strong> combattere


e <strong>di</strong> viaggiare lontano e veloce ovunque il tuo dovere ti chiami.»<br />

La guardavo quasi intontito; sentivo che la birra mi stava<br />

annebbiando la mente e, nonostante i suoi occhi, tanto vicini ai miei,<br />

si aspettassero una mia reazione, non riuscivo a trovare le parole<br />

adatte a contrad<strong>di</strong>rla. Quando si rese conto che non avrei obiettato,<br />

fece un lungo sospiro, si scrollò <strong>di</strong> dosso la coperta e si rannicchiò su<br />

<strong>di</strong> me, appoggiando il seno sul mio petto e stringendomi forte fra le<br />

braccia. «Mi hai detto che sono bella, Clothar. So che lo cre<strong>di</strong><br />

davvero e io adoro sentirmelo <strong>di</strong>re, ma mentre ti guardavo da quel<br />

letto mi sono accorta <strong>di</strong> non aver mai visto nessuno bello quanto<br />

te.»<br />

Passò molto tempo, e alla fine lei si mosse allungando le sue<br />

lunghe gambe sulle mie. «Un giorno,» sussurrò, le braccia strette<br />

intorno al mio collo e la bocca appoggiata al mio orecchio «se Dio<br />

sarà così crudele da portarmi via un altro marito, sarò felice <strong>di</strong><br />

riprenderti tra le mie braccia e nel mio letto, sempre se lo vorrai<br />

ancora, ma sarà soltanto per un'altra e meravigliosa parentesi.» Non<br />

aggiunse altro. Non ce n'era bisogno. <strong>Il</strong> suo corpo parlò per lei.


IV<br />

«Clothar, devo andare» <strong>di</strong>sse molto tempo dopo, risvegliandomi<br />

da un sonno leggero. «Deve essere quasi l'alba. Prima che me ne<br />

vada, potresti rispondere a una mia domanda, per quanto potrà<br />

sembrarti strana?»<br />

«Mmm...»<br />

«Qual è tra tutti i cavalieri del re tuoi amici - senza contare il re -<br />

quello che ammiri <strong>di</strong> più?»<br />

Quella domanda inattesa mi riportò definitivamente alla realtà.<br />

Era qualcosa cui non avevo mai pensato e non capivo perché lei mi<br />

domandasse una cosa simile. Se me lo avesse chiesto qualcun altro<br />

avrei risposto che tra i miei amici non ne preferivo nessuno. Ognuno<br />

<strong>di</strong> loro aveva particolarità e capacità <strong>di</strong>verse, un fascino personale,<br />

ed erano tutti uomini ammirevoli. Ma era stata Elaine a<br />

chiedermelo, e allora iniziai a pensare a ognuno <strong>di</strong> loro.<br />

Stava <strong>di</strong>stesa su un fianco accanto a me, con la testa appoggiata<br />

nell'incavo della mia spalla, un braccio intorno al mio torace, l'altro<br />

pesantemente appoggiato sul mio braccio, i seni contro le mie<br />

costole; con una mano cercai <strong>di</strong> avvicinare il suo bacino a me.<br />

«Sai che non ci avevo mai pensato? Una risposta, però, ce l'ho. È<br />

Ghilly. Ghilleadh. Lo conosci?»<br />

La sua voce mi giunse all'orecchio destro. «No, tu sei l'unico<br />

cavaliere del re che io abbia mai conosciuto. Ma mi sorprende che<br />

fra tutti tu abbia scelto proprio lui. Ho sentito spesso il suo nome ma<br />

mai in modo... ammirevole.»<br />

«Mmm. Be', ascoltami bene allora, amore mio, come non hai mai<br />

fatto prima. Tutto in Ghilly è ammirevole. A una prima impressione<br />

può apparire un uomo strano, te lo posso assicurare. Quando lo<br />

conobbi, non mi piacque affatto, e non avrei mai pensato <strong>di</strong> poterlo<br />

apprezzare un giorno. È stato con Artù fin da ragazzo: è un tipo


urbero e scontroso, che non parla un granché, ma ho imparato<br />

presto che non <strong>di</strong>ce mai niente che non valga la pena <strong>di</strong> ascoltare.<br />

Non ama perdere tempo con gli i<strong>di</strong>oti e non sopporta gli<br />

incompetenti, e in un primo momento è molto <strong>di</strong>fficile da<br />

avvicinare. Da l'impressione <strong>di</strong> essere lontano... freddo e assente. Ma<br />

vedendo quanto Artù lo stimava e si fidava <strong>di</strong> lui, ho deciso <strong>di</strong> fare<br />

uno sforzo per <strong>di</strong>ventare suo amico. È stata l'iniziativa più<br />

vantaggiosa della mia vita. Ghilly è semplicemente... Ghilly. È unico.<br />

E adesso che ci penso, secondo me, è anche un tipo avvenente. Non<br />

ha mai avuto niente a che fare con le donne, ma credo lo trovino<br />

attraente. Ma come amico, compagno e fratello è assolutamente il<br />

migliore: generoso, coraggioso, leale, e nel suo animo non ci sono<br />

né falsità né ambiguità.<br />

Anche tutti gli altri sono speciali, tra tutti ci sarà a malapena un<br />

<strong>di</strong>fetto, ma Ghilly ci supera tutti, me compreso, <strong>di</strong> una spanna. E<br />

adesso <strong>di</strong>mmi, perché volevi saperlo?»<br />

«Ero curiosa <strong>di</strong> sapere come vedevi i tuoi amici, ecco tutto.» Con<br />

fatica cercò <strong>di</strong> sciogliersi dal mio abbraccio e <strong>di</strong> alzarsi, e quando<br />

rivolsi la mia attenzione ad altre faccende più imme<strong>di</strong>ate, bisbigliò:<br />

«Devo davvero andarmene... e fare presto».<br />

In meno <strong>di</strong> un'ora ci eravamo entrambi alzati e vestiti.<br />

L'accompagnai alla stalla e attaccai la sua giumenta al carro; poi<br />

rimasi a lungo a baciarla, tormentato dal pensiero del giorno dopo e<br />

del momento in cui mi avrebbe lasciato. Fuori il cielo notturno<br />

cominciava a impalli<strong>di</strong>re sotto le prime tenue luci dell'alba. <strong>Il</strong><br />

pensiero <strong>di</strong> perderla mi procurava, in fondo allo stomaco, una<br />

sofferenza quasi fisica. Si liberò dal mio abbraccio e si voltò per<br />

montare sul carro; la afferrai <strong>di</strong> nuovo e la strinsi forte, pregandola<br />

<strong>di</strong> non lasciarmi. Mi spinse via con una forza che a me sarebbe<br />

mancata se avessi dovuto fare io lo stesso con lei. Poi sollevò una<br />

mano e mi prese per il mento perché la guardassi negli occhi.<br />

«Devo andare» <strong>di</strong>sse. «Ho una vita che mi aspetta là fuori e lo<br />

stesso vale per te. Non c'è nulla che possiamo fare per cambiare i<br />

nostri destini. Feriremmo persone che non hanno colpe, e noi stessi.»<br />

Tirò in<strong>di</strong>etro leggermente la testa e mi fissò con sguardo fiero. «Noi,<br />

qui, non abbiamo fatto niente <strong>di</strong> sbagliato; abbiamo acceso un fuoco


che era comunque destinato a <strong>di</strong>struggersi. So <strong>di</strong> avere infiammato il<br />

tuo cuore e sono felice <strong>di</strong> questo; il mio però brucia con troppa<br />

violenza procurandomi una sofferenza enorme, una sofferenza che<br />

dovremo sopportare finché le fiamme non saranno spente. E prima<br />

o poi accadrà, Clothar. Te lo posso giurare. Basterà volerlo. Tutto<br />

quello che dovrai fare è buttarti a capofitto nei tuoi doveri, come io<br />

farò con i miei, e starmi lontano. Non sarà facile, ma in nome<br />

dell'amore che <strong>di</strong>ci <strong>di</strong> provare per me ti chiedo <strong>di</strong> essere forte, <strong>di</strong><br />

esserlo per tutti e due. Stammi lontano, Clothar, e ricordati chi sei.<br />

Tu sei Seur Clothar <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, Clothar <strong>di</strong> Benwick, Clothar<br />

d'Auxerre, Clothar <strong>di</strong> Gallia. I tuoi uomini ti chiamano il Gallico e il<br />

Lanciere, il re ti chiama Lance. Tu sei un esempio, il campione del re,<br />

il migliore tra tutti i cavalieri <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> e il più abile lanciatore <strong>di</strong><br />

giavellotto, capace <strong>di</strong> scagliare in modo infallibile una lancia dal<br />

dorso <strong>di</strong> un cavallo in piena corsa. Per i tuoi soldati sei ormai una<br />

leggenda: quando marciano ti <strong>di</strong>mostrano rispetto e soggezione;<br />

farebbero <strong>di</strong> tutto, qualunque cosa, per compiacerti, per conquistare<br />

la tua considerazione. Dicono <strong>di</strong> temere il tuo castigo e la tua<br />

collera, ma ciononostante sarebbero felici <strong>di</strong> seguirti ovunque fino<br />

alla morte; tu li ispiri, perché restando semplicemente quello che sei,<br />

mostri loro la forza che c'è in te.»<br />

Piegò la testa <strong>di</strong> lato: era la posa che più amavo <strong>di</strong> lei. «Quella<br />

forza è ciò che ti renderà capace <strong>di</strong> stare lontano da me, Clothar.<br />

Usala in nome <strong>di</strong> Dio e per me, e ricordati che da quando ti ho<br />

conosciuto, dal giorno in cui hai salvato la mia vita e quella <strong>di</strong> mio<br />

padre, ho sempre visto in te poco del Clothar <strong>di</strong> cui tutti parlano<br />

con tanto timore e ammirazione. L'uomo che ho imparato a<br />

conoscere è gentile, dolce, silenzioso, cortese, talvolta timido e<br />

insicuro <strong>di</strong> sé, in tutto e per tutto adorabile. Ma non ho alcun<br />

dubbio che l'altro uomo che hai dentro, il guerriero, sia inflessibile e<br />

fieramente <strong>di</strong>sciplinato. Non ho mai avuto occasione <strong>di</strong> conoscerlo,<br />

ma da questo momento in poi ho bisogno che egli si <strong>di</strong>mostri più<br />

inflessibile che mai, finché il dolore non sarà sparito.»<br />

Appoggiò le <strong>di</strong>ta sulle mie labbra, impedendomi <strong>di</strong> parlare, e<br />

continuò. «Tu cre<strong>di</strong> che sarai innamorato per sempre della donna<br />

che hai creduto <strong>di</strong> scorgere in me. Ma ti sbagli, Lance!» Una lacrima<br />

tremò tra le sue ciglia; lei l'asciugò prima che potessi raggiungerla.


«Te lo giuro, caro, l'amore che provi per me è una cosa passeggera. È<br />

un'immagine riflessa in uno stagno, e una raffica <strong>di</strong> pioggia presto la<br />

<strong>di</strong>ssolverà. Non possiede una sua profon<strong>di</strong>tà, non ha sostanza: sono<br />

solo fantasie piene <strong>di</strong> desiderio. Con il tempo, un tempo davvero<br />

breve, sbia<strong>di</strong>rà e svanirà, e un giorno incontrerai una donna che<br />

amerai <strong>di</strong> un amore sincero.»<br />

«Non credo.»<br />

«Lo so, e ti bene<strong>di</strong>co per questo, ma ne sono sicura. Ad<strong>di</strong>o, e<br />

possa il Signore essere sempre al tuo fianco. Parla con Lui, anche per<br />

conto mio; prega <strong>di</strong> ricevere incarichi che ti consentano <strong>di</strong><br />

sopportare tutto questo più facilmente. Devo andare ora.»<br />

L'aiutai a salire e a sedersi sul carro, e lei raccolse le re<strong>di</strong>ni senza<br />

più trattenere le lacrime. Non tentai più <strong>di</strong> toccarla né <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re la<br />

sua partenza perché ormai, perfino a me, era chiaro che non c'era<br />

più niente da fare. Avevo tentato <strong>di</strong> tenerla con me, senza riuscirci.<br />

Camminai seguendo il suo carretto fino alle porte della stalla. Poi<br />

rimasi lì a guardarla allontanarsi, finché non svoltò verso sud, e<br />

soltanto quando anche l'ultimo rumore del suo passaggio svanì<br />

nell'oscurità, sellai il mio cavallo e lo condussi all'aperto, nel grigiore<br />

dell'alba. Mi assicurai che le porte della stalla fossero chiuse e me ne<br />

andai. Sapevo che nessuno <strong>di</strong> noi due avrebbe più messo piede nella<br />

casa <strong>di</strong> legno: per Elaine, così mi aveva fatto capire, il ricordo <strong>di</strong><br />

quanto vissuto con me in quella casa l'avrebbe finalmente aiutata a<br />

liberarsi <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong> ben più antichi e <strong>di</strong>stanti.


V<br />

Quel mattino tornai a <strong>Camelot</strong> senza neanche accorgermi del<br />

nuovo giorno che stava nascendo. Seguii il sentiero preso il giorno<br />

prima e mi lasciai guidare dal cavallo che, <strong>di</strong>ligentemente, si<br />

incamminò per la stessa strada dalla quale eravamo venuti. Avvolto<br />

nel mio pesante mantello per proteggermi da un vento che mi parve<br />

gelido, stavo seduto mollemente sulla sella, pensando a quello che<br />

avevo vissuto dal mattino precedente. I miei pensieri erano nel caos<br />

più totale: si <strong>di</strong>videvano tra la bellezza e la meraviglia <strong>di</strong> quanto<br />

scoperto in modo così inaspettato e l'enormità della per<strong>di</strong>ta che<br />

cominciavo a soffrire. Mi vennero in mente gli ultimi desideri <strong>di</strong><br />

Elaine e, come mi aveva chiesto, pregai e implorai Dio <strong>di</strong> avere pietà<br />

<strong>di</strong> noi e <strong>di</strong> darmi la forza e il tempo <strong>di</strong> vincere il desiderio che,<br />

nonostante le mie suppliche, continuava a lacerarmi.<br />

Quanto sarebbe stato facile, pensai, tornare con una scusa<br />

qualunque a villa Varro. Non avevo ancora nessuna conferma<br />

ufficiale che Dougald fosse pronto a tornare alle sue attività; era un<br />

incarico che mi aveva affidato il re e io mi ero impegnato a portarlo<br />

a termine fino in fondo. Ma poi vi<strong>di</strong> gli occhi <strong>di</strong> Elaine nelle prime<br />

luci dell'alba, e le lacrime che le rigavano le guance, e capii che non<br />

avrei potuto farle questo, non così presto. Così, mentre il giorno si<br />

faceva più chiaro, mi aggrappai al ricordo già confuso <strong>di</strong> quei<br />

momenti passati a fare l'amore con lei e galoppai senza la minima<br />

consapevolezza <strong>di</strong> dove fossi finché non sentii, a un tratto, la voce <strong>di</strong><br />

una delle guar<strong>di</strong>e ai cancelli <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>. Mi ero inerpicato per la<br />

ripida e ventosa strada che portava alla fortezza senza nemmeno<br />

accorgermene.<br />

Mi imposi a fatica <strong>di</strong> tornare padrone della situazione: andai<br />

imme<strong>di</strong>atamente nelle stalle accompagnato da uno degli stallieri e<br />

poi mi <strong>di</strong>ressi verso il quartiere <strong>di</strong>urno dell'ufficiale in capo, dove<br />

sapevo che avrei trovato Perceval. Era seduto al suo tavolo da<br />

lavoro; al mio ingresso sollevò lo sguardo e mi squadrò dalla testa ai


pie<strong>di</strong>.<br />

«Hai un'aria decisamente in forma per essere un uomo dato per<br />

<strong>di</strong>sperso durante un combattimento» <strong>di</strong>sse, strascicando le parole.<br />

«Di cosa stai parlando?» Non ero dell'umore giusto per simili<br />

spiritosaggini.<br />

Scrollò le spalle e tornò a rivolgere lo sguardo alla pergamena<br />

spiegata davanti a lui, che teneva ferma da un lato con la punta del<br />

pugnale e dall'altro con il palmo della mano aperto.<br />

«Sei stato dato per <strong>di</strong>sperso ieri notte, subito dopo cena.»<br />

«È ri<strong>di</strong>colo! Ero fuori servizio, nel mio tempo libero. Lo sai anche<br />

tu.»<br />

«Lo so, lo sapevo anche quando ho sentito il rapporto, ma Lectis<br />

non lo sapeva. Sembra che tu abbia trascurato <strong>di</strong> informarlo quando<br />

hai lasciato il castello.»<br />

«Informarlo? Quell'i<strong>di</strong>ota! Spero che tu lo abbia rimesso al suo<br />

posto!» , lo scrivano della guarnigione, persona sgradevole ed<br />

eccessivamente zelante, era stato incaricato <strong>di</strong> assicurarsi che nessuno<br />

durante il turno <strong>di</strong> lavoro abbandonasse il castello senza una buona<br />

ragione, preoccupazione legittima, dal momento che molti dei nostri<br />

uomini avevano le mogli oltre le mura e non ci vedevano niente <strong>di</strong><br />

male a sgattaiolare fuori <strong>di</strong> tanto in tanto per delle visite coniugali. E<br />

tuttavia mi rendeva furioso che egli rivolgesse le sue attenzioni a me,<br />

accusandomi, nel caso specifico, <strong>di</strong> una grave mancanza.<br />

Perceval sorrise. «Rimetterlo al suo posto? Anzi, l'ho incoraggiato<br />

a rimproverarti per avere abbandonato le tue funzioni, facendogli<br />

notare che il rango non ti dà il privilegio <strong>di</strong> infrangere il<br />

regolamento e suggerendogli <strong>di</strong> presentarsi al tuo tavolo non appena<br />

fossi tornato per ricordarti le tue responsabilità.»<br />

«Non oserebbe. Gli squarcio le budella se soltanto si azzarda a<br />

lanciarmi un'occhiata storta... Non gli hai detto davvero quelle<br />

cose...»<br />

«Certo che no. L'ho informato che eri in licenza ufficiale per<br />

quarantotto ore e in quanto suo comandante legato avresti potuto<br />

schiacciarlo come una mosca anche solo per aver ficcato il naso nei


tuoi affari. È un essere <strong>di</strong>sgustoso, vero?»<br />

«Sai dove posso trovare Artù?»<br />

Scosse la testa. «Me lo sono chiesto anch'io. Non è ancora<br />

tornato: è scomparso chissà dove ieri, insieme a Merlino e<br />

all'ammiraglio scoto.»<br />

«Lectis ha preso nota anche della sua assenza?»<br />

«No, non è del tutto senza cervello.»<br />

D'un tratto mi resi conto <strong>di</strong> aver dormito pochissimo da quando<br />

me n'ero andato il giorno prima, e <strong>di</strong> aver bisogno <strong>di</strong> rimanere da<br />

solo con il pensiero <strong>di</strong> Elaine, non importava quanto fosse doloroso.<br />

«È accaduto qualcosa <strong>di</strong> importante <strong>di</strong> cui dovrei essere al corrente?»<br />

«Nulla. Sei ancora fuori servizio fino a mezzogiorno <strong>di</strong> domani. Se<br />

nel frattempo dovesse succedere qualcosa, te lo <strong>di</strong>rò domani<br />

mattina.»<br />

«Bene, allora me ne vado un po' a dormire. Se qualcuno chiedesse<br />

<strong>di</strong> me sono ancora <strong>di</strong>sperso in battaglia.»<br />

«Nottataccia, eh?»<br />

«Ursus, amico mio, non puoi immaginare quanto. Ci ve<strong>di</strong>amo più<br />

tar<strong>di</strong>.» Lo lasciai lì a fissarmi in modo strano. Erano anni che non lo<br />

chiamavo Ursus.<br />

Dormii davvero, e per tutto il resto del giorno, <strong>di</strong> un sonno<br />

profondo e senza sogni, svegliandomi soltanto nel tardo<br />

pomeriggio, quando decisi <strong>di</strong> <strong>di</strong>rigermi a cavallo alle saune <strong>di</strong> villa<br />

Britannico. Rimasi a lungo <strong>di</strong>steso nella vasca dell'acqua calda, poi<br />

nella stanza dei vapori, e infine mi presentai al massaggiatore <strong>di</strong><br />

turno. Sapendo che ero stato a lungo lontano il massaggiatore fu<br />

spietato e quando batté ripetutamente sulle parti più dolenti e<br />

rigide, gli fui riconoscente perché per un po' riuscì a tenere lontane<br />

da me le immagini <strong>di</strong> Elaine, pronte ad assalirmi non appena<br />

abbassavo la guar<strong>di</strong>a. Quando uscii da lì, con gli abiti puliti e senza<br />

armatura, era già l'ora della chiamata alla mensa, e nonostante<br />

l'impresa si preannunciasse <strong>di</strong>fficile, Ghilly e Bedwyr, seduti<br />

rispettivamente uno alla mia destra e l'altro alla mia sinistra, mi<br />

intrattennero finché non restammo gli ultimi del refettorio. Ancora


una volta, a <strong>di</strong>spetto dei miei timori <strong>di</strong> dover trascorrere una lunga<br />

notte insonne, mi addormentai all'istante e dormii fino al mattino.<br />

Andai a sostituire Perceval poco prima <strong>di</strong> mezzogiorno,<br />

lasciandolo libero <strong>di</strong> godersi le sue quarantotto ore <strong>di</strong> congedo, e<br />

sedetti al tavolo per rivedere i turni <strong>di</strong> servizio che egli aveva<br />

assegnato e redatto in mia assenza. Stavo ancora lavorando ad<br />

alcuni dettagli che riguardavano la guarnigione quando, a metà<br />

pomeriggio, fece ritorno Merlino. Non avrei mai saputo del suo<br />

rientro se non si fosse fermato a salutarmi sulla soglia della stanza in<br />

cui lavoravo.<br />

La cosa mi parve assai strana perché sebbene fossimo amici non lo<br />

eravamo così intimamente: non l'avevo mai visto passare davanti<br />

alla mia porta per il piacere <strong>di</strong> scambiare un saluto. C'era qualcosa<br />

nei suoi occhi che mi sfuggiva, ma non avevo modo <strong>di</strong> sapere se mi<br />

sbagliavo, ed egli non <strong>di</strong>ede prova <strong>di</strong> avere in mente qualcosa in<br />

particolare. Gli domandai dove potevo trovare Artù, ma scrollando<br />

le spalle mi <strong>di</strong>sse che era tornato a <strong>Camelot</strong> da solo. Artù era salpato<br />

verso il Nord con Connor Mac Athol e non avrebbe fatto ritorno a<br />

casa per almeno una settimana, se non <strong>di</strong> più. Non offrì nessuna<br />

spiegazione e io non ritenni opportuno chiedergliene una.<br />

Artù rimase lontano da <strong>Camelot</strong> ventidue giorni. Al do<strong>di</strong>cesimo<br />

giorno <strong>di</strong> assenza arrivò da villa Varro Dougald in persona. Si era<br />

definitivamente ristabilito, anche se la benda gli copriva l'orbita<br />

vuota e le cicatrici ancora fresche; ci portò la notizia che sua figlia<br />

Elaine, <strong>di</strong> lì a sette giorni, sarebbe andata in sposa a Jonas, il capo<br />

villaggio della comunità più vicina a <strong>Camelot</strong>. Tutti quelli della<br />

fortezza, a partire dal re in persona, se liberi da impegni e mansioni,<br />

erano invitati a partecipare alle celebrazioni.<br />

Non so come fui capace <strong>di</strong> restare ad ascoltarlo davanti a tutti<br />

senza tra<strong>di</strong>re i miei pensieri e la pena che il suo annuncio mi<br />

provocava, ma in qualche modo riuscii a farlo senza che nessuno<br />

notasse niente. Merlino, in quanto sostituto <strong>di</strong> Artù, lo informò che<br />

il re era assente, ma lo assicurò che in quella data avrebbero<br />

proclamato a <strong>Camelot</strong> un giorno <strong>di</strong> festa e tutti, lui stesso e i<br />

cavalieri della Tavola Rotonda, sarebbero stati presenti ai<br />

festeggiamenti.


Nei giorni che seguirono fui scontroso come un orso: mi<br />

tormentavo per le mie ferite segrete e cercavo <strong>di</strong> annullarmi nella<br />

sofferenza che mi procuravano; sebbene molte persone in quel<br />

periodo mi evitassero apertamente, sembrava che nessuno avesse la<br />

minima idea delle cause del mio turbamento. Decisi inizialmente <strong>di</strong><br />

non presenziare alla cerimonia, non avrei potuto, ma in seguito<br />

cambiai parere un centinaio <strong>di</strong> volte, e in ogni occasione mi tornava<br />

in mente che sarebbe stata una pazzia avvicinarmi <strong>di</strong> nuovo a quel<br />

posto.<br />

Alla fine fu Merlino a far sì che ci andassi. Per puro caso la mia<br />

successiva licenza <strong>di</strong> quarantotto ore era stata fissata proprio per<br />

quella data, ma avevo sistemato le cose in modo da ritardare la mia<br />

libera uscita e consentire a Perceval <strong>di</strong> presenziare al posto mio.<br />

Merlino, chissà come, l'aveva scoperto e si era rifiutato<br />

categoricamente <strong>di</strong> permetterlo. Ero uno degli amici e dei consiglieri<br />

più vicini al re, <strong>di</strong>sse, e inoltre avevo servito come inviato personale<br />

<strong>di</strong> Artù a villa Varro dopo l'incidente <strong>di</strong> Dougald con l'orsa. La mia<br />

mancata presenza al matrimonio, essendo assente anche il re,<br />

sarebbe parsa a tutti un insulto alla sposa e agli abitanti <strong>di</strong> villa Varro<br />

e interpretata come segno <strong>di</strong> scarsa considerazione verso<br />

quell'evento. Era un <strong>di</strong>retto richiamo ai miei doveri e quin<strong>di</strong>, a denti<br />

stretti, accettai <strong>di</strong> andare.<br />

<strong>Il</strong> giorno stabilito cavalcai fino a villa Varro con tutti i miei amici<br />

cercando invano <strong>di</strong> mascherare la mia angoscia, unico in lutto in<br />

mezzo a una folla festante.<br />

La sposa era bellissima, splendente come una luna piena, così<br />

sentii <strong>di</strong>re da qualcuno, mentre lo sposo aveva l'aria orgogliosa e<br />

felice, proprio come era giusto che fosse. Dougald non avrebbe<br />

potuto essere più orgoglioso, e villa Varro più affollata e festosa,<br />

nemmeno se Elaine fosse nata dal suo stesso sangue e quello fosse il<br />

suo primo matrimonio. Ci fu una festa in piena regola, con musicisti<br />

e tamburini, acrobati e giocolieri, e una quantità <strong>di</strong> cibo e bevande<br />

sufficienti a sod<strong>di</strong>sfare tutti. La gente rideva e cantava. Fu il giorno<br />

più miserevole e infelice che avessi mai vissuto.<br />

<strong>Il</strong> momento in assoluto peggiore fu quando dovetti andare a<br />

incontrare la coppia <strong>di</strong> sposi subito dopo la cerimonia. Elaine, con il


suo bouquet <strong>di</strong> foglie semprever<strong>di</strong> - essendo inverno inoltrato era<br />

impossibile trovare dei fiori - teneva per mano il suo nuovo marito,<br />

e gli ospiti più importanti aspettavano in fila <strong>di</strong> augurare loro ogni<br />

fortuna. Più <strong>di</strong> una volta, trovandomi spinto quasi in testa alla<br />

colonna, riuscii a in<strong>di</strong>etreggiare verso il fondo con un pretesto<br />

qualunque, ma sapevo che non avrei potuto continuare così senza<br />

farmi notare e alla fine trovai il coraggio e avanzai, pronto a<br />

compiere il mio dovere.<br />

Elaine sapeva che ero lì ed evitavo <strong>di</strong> farmi avanti. Incontrai il suo<br />

sguardo almeno tre volte e in tutte e tre le occasioni cercai <strong>di</strong><br />

nascondermi, scostandomi bruscamente e retrocedendo. Quando<br />

alla fine mi trovai <strong>di</strong> fronte a lei e a Jonas, Elaine mi sorrise e,<br />

nonostante dal suo aspetto ra<strong>di</strong>oso sprizzasse soltanto gioia pura,<br />

sentii il cuore come trafitto da una spada. Ero sicuro che non sarei<br />

stato in grado <strong>di</strong> parlare senza tra<strong>di</strong>re entrambi e mi sforzai <strong>di</strong><br />

guardare soltanto Jonas. Era un uomo alto, dall'aspetto piacevole,<br />

robusto e ben piantato, con capelli bion<strong>di</strong> ricci che cominciavano<br />

appena a ingrigire e occhi blu sinceri. Non appena incontrai il suo<br />

sguardo amichevole, doveva avere almeno quin<strong>di</strong>ci anni più <strong>di</strong> me,<br />

fui sorpreso <strong>di</strong> scoprire che tutto il rancore nato in me per colpa sua<br />

era scomparso, come non fosse mai esistito.<br />

Lo presi per un braccio, da mio pari, gli strinsi la mano e gli<br />

augurai tutto il bene possibile per la sua nuova vita matrimoniale.<br />

Ma intanto una piccola e triste voce nella testa mi <strong>di</strong>ceva che egli<br />

non era affatto un mio pari, lo sapevamo soltanto Elaine e io: Jonas<br />

era, in quel frangente, superiore a me.<br />

Nel vedere che gli concedevo un simile onore, i suoi occhi si<br />

spalancarono per lo stupore: non ci eravamo mai incontrati prima <strong>di</strong><br />

allora e soltanto gli uomini dello stesso rango si salutavano tra loro<br />

in quel modo. Ora non avevo altra scelta che prendere atto della<br />

ragione che mi aveva spinto ad agire così. Guardai Elaine e poi<br />

tornai lentamente a posare lo sguardo su Jonas. «Pren<strong>di</strong>ti cura <strong>di</strong><br />

questa donna» gli <strong>di</strong>ssi. «Ho potuto conoscerla bene nelle ultime<br />

settimane; fidati se ti <strong>di</strong>co che hai trovato un gioiello inestimabile.»<br />

Quelle parole mi uscirono <strong>di</strong> bocca con naturalezza e facilità; non<br />

trovai <strong>di</strong>fficile nemmeno voltarmi verso Elaine e chinare la testa in


segno <strong>di</strong> deferenza davanti alla sua bellezza. «Mia signora, Elaine,<br />

pregherò il cielo perché nella nuova vita e nuova casa siate felice e<br />

protetta. Possa Dio accompagnarvi ovunque andrete.»<br />

Avevo parlato con chiarezza, sicuro <strong>di</strong> me stesso, e alcuni dei<br />

presenti, Ghilly, Bedwyr, Bors e Sagramore, applau<strong>di</strong>rono alle mie<br />

parole. Sentii alle mie spalle alzarsi grida <strong>di</strong> approvazione ma, non<br />

appena cercai <strong>di</strong> fare un passo in<strong>di</strong>etro per congedarmi, Elaine alzò<br />

la mano e mi fermò.<br />

«Seur Clothar,» <strong>di</strong>sse sorridendo, ra<strong>di</strong>osa, «tutti sanno che avete<br />

salvato le nostre vite e quella <strong>di</strong> mio padre. Soltanto voi avete reso<br />

questo matrimonio possibile: non potrò mai ringraziarvi abbastanza.<br />

Poi c'è stata la vostra costante attenzione ai bisogni della nostra<br />

famiglia e al nostro benessere che ci ha resi ancora più debitori nei<br />

vostri confronti: posso soltanto <strong>di</strong>rvi grazie per la vostra forza e il<br />

vostro coraggio, e per l'aiuto che ci avete garantito semplicemente<br />

essendo voi stesso. Vivrete per sempre nella nostra gratitu<strong>di</strong>ne...<br />

sarete gratificazione nei nostri ricor<strong>di</strong>.»<br />

A quel punto altre grida si alzarono tutt'intorno, forti e<br />

prolungate, e io mi ritrovai ad arrossire sempre <strong>di</strong> più. C'era qualcosa<br />

in quelle parole e nella loro enfasi che mi costrinse a ricordare<br />

l'ultima volta che l'avevo vista. Anche allora aveva usato quelle<br />

parole, gratitu<strong>di</strong>ne e gratificazione. Mi accorsi all'improvviso<br />

dell'abito che indossava: la stessa sopravveste verde pallido che<br />

aveva quel giorno, ma senza il cordone <strong>di</strong> lana verde scuro che le<br />

stringeva la vita; fui certo che quello fosse un messaggio per me. Feci<br />

un profondo inchino e mi ritirai.<br />

Quando, poco più tar<strong>di</strong>, i festeggiamenti e i brin<strong>di</strong>si cominciarono<br />

davvero, lamentai un forte mal <strong>di</strong> testa e <strong>di</strong>ssi che avevo bisogno <strong>di</strong><br />

stare solo. Ripartii alla volta <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> imboccando il sentiero più<br />

lungo, quello che mi aveva insegnato lei. La piccola casa <strong>di</strong> tronchi<br />

aveva ancora tutte le imposte chiuse ma la serratura era aperta e<br />

quando, con un semplice tocco, spinsi la pesante porta <strong>di</strong> legno,<br />

questa si aprì subito verso l'interno. C'era abbastanza luce da<br />

consentirmi <strong>di</strong> vedere il letto, ora privo <strong>di</strong> materasso e coperte. <strong>Il</strong><br />

morbido e grosso cordone <strong>di</strong> lana verde scura era appoggiato sul<br />

tavolino accanto al fuoco, accuratamente piegato e tenuto stretto da


un nastro giallo. Lo presi in mano e lo portai all'altezza del viso,<br />

immaginandomi <strong>di</strong> sentire il profumo <strong>di</strong> Elaine attraverso le fibre <strong>di</strong><br />

quella lana; poi lo piegai, lo infilai nel petto per averlo a contatto<br />

con la pelle e mi <strong>di</strong>ressi verso casa, sentendomi meglio per la prima<br />

volta da giorni.


VI<br />

Artù tornò tre giorni dopo, facendo precipitare la mia vita in un<br />

caos che sarebbe durato anni. Al momento del suo arrivo ero fuori<br />

con Perceval e Bors a ispezionare alcuni posti <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a sul confine e<br />

non appena oltrepassai il portone d'accesso, prima ancora <strong>di</strong> avere il<br />

tempo <strong>di</strong> smontare da cavallo, fui invitato a raggiungerlo. Mi<br />

aspettava, a porte chiuse, nel suo stu<strong>di</strong>o in compagnia <strong>di</strong> Merlino e<br />

quando bussai fu il consigliere del re ad aprire e a farmi cenno <strong>di</strong><br />

entrare; poi uscì per lasciarmi solo con Artù. <strong>Il</strong> re si trovava in pie<strong>di</strong><br />

vicino al lungo tavolo da lavoro, davanti al fuoco scoppiettante, con<br />

la testa china su un libro aperto: era fittamente scritto, formato da<br />

fogli <strong>di</strong> pergamena e rilegato con due pesanti tavole. Artù non<br />

sembrò nemmeno accorgersi della mia presenza.<br />

«Mio signore, è bello sapervi a casa sano e salvo. Mi avete fatto<br />

chiamare?»<br />

Alzò lo sguardo, sbatté gli occhi per la sorpresa, e rivolgendomi<br />

un largo sorriso, mi venne subito incontro a braccia aperte per darmi<br />

il benvenuto; infine, si <strong>di</strong>resse verso un vassoio adagiato su un tavolo<br />

contro il muro da dove prese una brocca e versò del vino in due<br />

calici.<br />

«So che non ami il vino, Lance, ma questa volta insisto perché tu<br />

ne beva un po' per festeggiare un evento.»<br />

Con una certa esitazione presi il calice che mi veniva offerto e lo<br />

sollevai in segno <strong>di</strong> salute.<br />

«Allora obbe<strong>di</strong>sco e bevo, mio signore... ma cosa stiamo<br />

festeggiando?»<br />

Bevve a lunghe sorsate, poi si asciugò la bocca con il dorso della<br />

mano.<br />

«La nostra amicizia, Lance, le tue origini galliche e il fatto che<br />

questa è l'ultima brocca <strong>di</strong> vino rimasta in tutta <strong>Camelot</strong>.» Bevvi un


sorso e sentii subito l'aci<strong>di</strong>tà che non amavo invadere la cavità sotto<br />

la lingua.<br />

«L'ultima?» <strong>di</strong>ssi. «È anche questo che stiamo festeggiando, mio<br />

signore?»<br />

«Certo che no, ma il progetto per ottenere nuovi rifornimenti, sì.»<br />

«Nuovi rifornimenti? E come? Da dove? Scusate ma non vi seguo.»<br />

«Adesso no, ovvio, ma presto mi seguirai. E da quando in qua mi<br />

chiami signore quando non c'è nessun altro intorno? Sie<strong>di</strong>ti, sie<strong>di</strong>ti.<br />

Ho un sacco <strong>di</strong> cose da <strong>di</strong>rti.»<br />

Mi affrettai a obbe<strong>di</strong>re e, appoggiato il mantello sullo schienale <strong>di</strong><br />

una se<strong>di</strong>a e l'elmo sul pavimento, mi sedetti al tavolo davanti a lui.<br />

Anche da lì, al capo opposto del tavolo, sentivo il calore accogliente<br />

del fuoco: quel pomeriggio era caduta la prima neve dell'anno,<br />

bagnata e gelida, e io ero infreddolito fin nelle ossa.<br />

«Cosa sai <strong>di</strong> Pelles, il re <strong>di</strong> Corbenico?»<br />

«<strong>Il</strong> re <strong>di</strong> Corbenico?» Appoggiai il calice sul tavolo e mi strinsi nelle<br />

spalle. «Ho sentito parlare <strong>di</strong> Corbenico. Credo sia una regione nel<br />

nord-ovest della Gallia, lungo la costa, ma non ci sono mai stato e<br />

non ho mai sentito <strong>di</strong> un re <strong>di</strong> nome Pelles. Chi ve ne ha parlato?»<br />

«Nessuno, l'ho letto, in una lettera inviatami dal vescovo <strong>di</strong><br />

Auxerre, un uomo <strong>di</strong> nome Ludovico.»<br />

«Ludovico? Lo stesso Ludovico che faceva da segretario al vescovo<br />

Germano? Non può essere! Era già vecchissimo quando lasciai la<br />

Gallia, e poi si teneva piuttosto in <strong>di</strong>sparte. Mi sembra incre<strong>di</strong>bile<br />

che sia <strong>di</strong>ventato vescovo.»<br />

Adesso fu Artù a stringersi nelle spalle. «Forse non è lui, ma il<br />

vescovo <strong>di</strong> Auxerre si chiama comunque Ludovico. Riconosceresti la<br />

sua scrittura?» Annuii ed egli si allungò per recuperare una lettera dal<br />

piano del tavolo. «Guarda tu stesso allora, e <strong>di</strong>mmi cosa ne pensi.»<br />

Riconobbi all'istante la calligrafia eru<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> Ludovico. «È lui, Santo<br />

Dio, dev'essere prossimo ai novantanni!»<br />

«Ebbene, non pare abbia perso nessuna delle sue facoltà. Scrive in<br />

maniera davvero convincente. Questa è la terza lettera che ricevo da<br />

lui.»


«Convincente, riguardo a cosa?»<br />

«Alla necessità <strong>di</strong> una nostra alleanza con questo Pelles.»<br />

Mi appoggiai allo schienale, stupefatto. «Un'alleanza? Con<br />

qualcuno che sta in Gallia? Abbiamo già abbastanza noie tentando <strong>di</strong><br />

stabilire nuove alleanze qui da noi senza bisogno <strong>di</strong> cercarne in<br />

Gallia. Che senso avrebbe?»<br />

«Avrebbe molto senso, e sotto <strong>di</strong>versi punti <strong>di</strong> vista...» Bevve<br />

ancora del vino, questa volta a piccoli sorsi. «Ti sei mai accorto <strong>di</strong><br />

come alle volte idee <strong>di</strong>verse, se messe insieme, acquistano un senso<br />

perfetto? È quello che sta accadendo ora e tutto considerato sarei un<br />

irresponsabile se ignorassi ciò che la mia mente mi suggerisce.<br />

Avvicinati e dai un'occhiata a questo... Anzi, ripensandoci, resta lì<br />

dove sei, ti spiegherò tutto io. L'esercizio della ripetizione potrebbe<br />

aiutare me quanto te. Lasciami un attimo per raccogliere le idee.»<br />

Appoggiò il calice, puntò un piede sulla base del tavolo e<br />

cominciò a spingere la se<strong>di</strong>a all'in<strong>di</strong>etro finché non riuscì a farla stare<br />

in perfetto equilibrio, le <strong>di</strong>ta incrociate sulla nuca.<br />

«Innanzitutto, sono arrivate delle lettere da parte <strong>di</strong> Ludovico, o<br />

meglio, prima ne è giunta una sola. Sapeva chi ero e chi era Merlino:<br />

evidentemente grazie ai rapporti avuti con Germano. Mi chiedeva se<br />

ero intenzionato a prendere in considerazione un'alleanza con re<br />

Pelles <strong>di</strong> Corbenico, un accordo che avrebbe procurato a entrambi<br />

notevoli vantaggi. Ero curioso e continuai a leggere. Si trattava <strong>di</strong><br />

una lettera molto lunga e scritta a più riprese, il che faceva pensare<br />

che avesse dettato singoli paragrafi a persone <strong>di</strong>verse. Alla fine dopo<br />

averla letta e riletta più volte, mi accorsi tuttavia che nessuna <strong>di</strong><br />

quelle parti forniva dati sufficienti a dare un senso compiuto a<br />

quanto scritto.»<br />

«Ha passato abbastanza tempo con Germano da imparare il<br />

trucco!» Sorseggiai ancora un po' <strong>di</strong> vino, ma il suo gusto non era<br />

migliorato affatto e lo lasciai ancora una volta sul tavolo. «E quin<strong>di</strong><br />

cosa <strong>di</strong>ceva?»<br />

«Che Pelles è un uomo degno <strong>di</strong> nota, un franco come te, e un<br />

ottimo sovrano. Che ha alcuni degli stessi problemi che abbiamo qui<br />

noi in Britannia, ma soprattutto che si trova a subire le incursioni per


mare, sempre più numerose, <strong>di</strong> stranieri, per la maggior parte<br />

Danesi. Li chiamava con un altro nome, ma è impossibile non capire<br />

a chi si riferisse.»<br />

Annuii. «Quin<strong>di</strong> vescovi e clerici stanno ancora attraversando i<br />

mari che ci <strong>di</strong>vidono per portare da una parte all'altra informazioni<br />

utili. Ma come potrebbe una nostra alleanza aiutare questo Pelles a<br />

contrastare i predoni in Gallia? Non ha senso!»<br />

«Lo ha, invece, se consideri che è un franco e il vantaggio che<br />

abbiamo su <strong>di</strong> lui. Ha moltissimi soldati a cavallo che, però, sono<br />

molto <strong>di</strong>versi dai nostri cavalieri. Mancano <strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplina, <strong>di</strong><br />

organizzazione. In poche parole non sono nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

contrastare in modo efficace gli invasori provenienti dal mare. Ci<br />

chiede <strong>di</strong> considerare la possibilità <strong>di</strong> inviargli un contingente <strong>di</strong><br />

cavalleria per prenderla a modello. Non ci chiede <strong>di</strong> combattere, ma<br />

<strong>di</strong> insegnare ai suoi a combattere uniti e compatti, proprio come una<br />

cavalleria pesante. Evidentemente il vescovo Ludovico deve avergli<br />

parlato <strong>di</strong> noi, e il re sarà rimasto colpito dai risultati che abbiamo<br />

ottenuto. Del resto il re ha ben altri problemi <strong>di</strong> cui preoccuparsi,<br />

problemi che, per quanto al momento lontani, se le voci che ci<br />

arrivano dal remoto Nord-est fossero vere, potrebbero trasformarsi<br />

in una minaccia ben più grave <strong>di</strong> quella danese.»<br />

«Quale minaccia? E in quale remoto Nord-est?»<br />

«A nord-est della Gallia, Lance, lungo il Reno e il fiume Danubio.<br />

Hai mai sentito parlare degli Ungari?» Scossi la testa, <strong>di</strong>sorientato, ed<br />

egli continuò. «Si parla <strong>di</strong> guerrieri guidati da un uomo che ha<br />

terrorizzato il mondo al <strong>di</strong> là dei nostri orizzonti, dell'ultimo dei<br />

conquistatori fra la marea <strong>di</strong> nuovi barbari che avanzano dalle<br />

<strong>di</strong>stese del nord dell'impero. <strong>Il</strong> vescovo Ludovico me lo ha descritto<br />

nella sua ultima lettera, raccontandomi come le madri usino il suo<br />

nome per terrorizzare i loro bambini, per costringerli a comportarsi<br />

bene. <strong>Il</strong> suo nome è Attila; si considera il re degli Unni e molti dei<br />

racconti su <strong>di</strong> lui sembrano davvero eccessivi per corrispondere a<br />

verità. Per esempio, si <strong>di</strong>ce che egli abbia armate <strong>di</strong> centomila soldati<br />

ciascuna, capaci <strong>di</strong> operare una in<strong>di</strong>pendentemente dall'altra, il che<br />

mi sembra davvero impossibile. Data l'inatten<strong>di</strong>bilità <strong>di</strong> una simile<br />

testimonianza, molti dubitano ad<strong>di</strong>rittura della sua esistenza,


itenendo che le storie sul suo conto siano soprattutto un mezzo per<br />

mantenere il popolo fedele all'idea <strong>di</strong> un impero come protettore.<br />

Ma Ludovico ha voluto farmi sapere <strong>di</strong> avere sentito a sua volta<br />

numerosi resoconti cre<strong>di</strong>bili su questo Attila, troppi perché lo si<br />

possa ignorare, e in effetti anche Pelles <strong>di</strong> Corbenico lo teme. Al<br />

momento pare abbia già raggiunto le coste occidentali della Gallia e,<br />

dopo aver vinto ogni resistenza nel Nord e nell'Est, stia ora<br />

penetrando con le sue armate nelle regioni centrali. Secondo alcuni<br />

racconti avrebbe già conquistato la Burgun<strong>di</strong>a, secondo altri<br />

sottomesso gli Alemanni e gli Alani. Pelles e Ludovico non sono<br />

convinti che si <strong>di</strong>rigerà verso <strong>di</strong> loro, ma il desiderio <strong>di</strong> costituire e<br />

consolidare una vera cavalleria si basa in realtà sul timore <strong>di</strong> quella<br />

eventualità. Ecco perché guardano a noi come a degli alleati.»<br />

Riconsiderai le sue parole, e un errore mi saltò subito agli occhi.<br />

Ma Artù attendeva con tale impazienza <strong>di</strong> ricevere una mia risposta<br />

che mi chiese cosa ne pensassi prima ancora <strong>di</strong> darmi il tempo <strong>di</strong><br />

riflettere bene sull'intera faccenda.<br />

«Ebbene, Artù, in primo luogo non mi pare che si tratti <strong>di</strong><br />

un'alleanza, è... piuttosto un accordo, un favore. Che beneficio ne<br />

trarremmo? E se le storie su questo re degli Unni fossero vere,<br />

ovunque egli si trovi, potrebbe <strong>di</strong>rigersi subito verso ovest e i nostri<br />

sforzi sarebbero stati vani.» Ma poi, alzando le sopracciglia e<br />

muovendo teatralmente una mano, esclamai: «Aspettate! Non me lo<br />

<strong>di</strong>te! Lasciatemi indovinare cosa potremmo guadagnarci... nuovi<br />

rifornimenti <strong>di</strong> vino!».<br />

«Già, e anche <strong>di</strong> olio e <strong>di</strong> olive. Alcune delle cose migliori che<br />

offre la vita e <strong>di</strong> cui troppo spesso siamo privi.» Non c'erano tracce<br />

<strong>di</strong> umorismo nella sua voce e l'idea che volesse barattare la nostra<br />

cavalleria con del vino mi aveva lasciato a bocca aperta: era<br />

esattamente quello che aspettava da tempo. Scoppiò a ridere e,<br />

levando il piede, lasciò che la se<strong>di</strong>a tornasse al suo posto. «Cavalli,<br />

Lance! Nuove razze per le nostre mandrie! Ecco il beneficio che ne<br />

trarremmo. <strong>Il</strong> mio stalliere capo <strong>di</strong>ce che ne abbiamo un <strong>di</strong>sperato<br />

bisogno. Gli stalloni che tu e Perceval avete portato dalla Gallia ci<br />

hanno permesso, qui in Britannia, per la prima volta dalla partenza<br />

dei Romani, <strong>di</strong> migliorare la razza che alleviamo. Credo che il


isogno <strong>di</strong> razze nuove - i nostri allevatori le reclamano da anni - sia<br />

un qualcosa cui dovremmo pensare seriamente.<br />

Ma anche lasciando da parte la minaccia <strong>di</strong> genti oltre il Reno e il<br />

Danubio, anche se ci limitassimo ad assistere il nostro nuovo amico<br />

contro i Danesi, ci mancherebbero le navi, Artù! Non possiamo<br />

andare in Gallia a nuoto! Questo Pelles ha navi sufficienti per inviarci<br />

i nostri nuovi cavalli?»<br />

«No.»<br />

Alzai una mano, esasperato. «Non potrà mai funzionare. Non<br />

senza navi. Al momento non è che un'idea, e una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> tempo.»<br />

«Fino al mese scorso la pensavo anch'io così. Mesi fa, quando eri<br />

ancora nel Nord, <strong>di</strong>ssi a Merlino esattamente la stessa cosa. «Non si<br />

può fare,» gli <strong>di</strong>ssi «non possiamo perdere tempo e illuderci.» Quin<strong>di</strong><br />

feci scrivere a Merlino una lettera <strong>di</strong> risposta al vescovo, spiegando<br />

le ragioni per cui non se ne sarebbe fatto nulla. In seguito arrivarono<br />

altre due lettere con le quali ci venivano offerti rifornimenti <strong>di</strong><br />

qualunque bene desiderassimo nel caso fossimo riusciti a far<br />

funzionare la cosa. Risposi liquidando quell'eventualità come<br />

impraticabile.<br />

Poi il mese scorso Connor Mac Athol venne in visita da noi,<br />

provenendo da chissà dove con una strana richiesta che catturò<br />

imme<strong>di</strong>atamente la mia attenzione. Conosci la storia <strong>di</strong> Connor?»<br />

Sorrisi. «Sì, è il fratello <strong>di</strong> Donuil e l'ammiraglio <strong>di</strong> una specie <strong>di</strong><br />

nuovo regno-isola al largo delle coste <strong>di</strong> Caledonia.»<br />

Una leggera irritazione in Artù mi fece ricordare quanto egli<br />

detestasse tutto ciò che riguardava i Romani.<br />

«Alba, è così che la chiamano i nativi» <strong>di</strong>sse pacatamente.<br />

«Caledonia è il nome datole dai Romani, ma ora è tornata a essere<br />

Alba, così come l'Eire ha smesso <strong>di</strong> chiamarsi Hibernia. Ma hai<br />

ragione, Connor ne è l'ammiraglio e Brander, il re, è suo fratello,<br />

proprio come Donuil. Qualcuno con delle navi a <strong>di</strong>sposizione,<br />

quin<strong>di</strong>, da qualche parte ci sarebbe. A tutto ciò si deve aggiungere il<br />

fatto che egli ha alcune <strong>di</strong>fficoltà per risolvere le quali vorrebbe il<br />

nostro aiuto.» Si interruppe per togliersi con l'unghia del <strong>di</strong>to<br />

mignolo qualcosa che gli si era annidato tra due denti.


«Un nuovo regno-isola, hai detto. Hai descritto esattamente il<br />

problema <strong>di</strong> Connor senza bisogno <strong>di</strong> dargli un nome. Hanno<br />

chiamato la loro nuova patria Dalriada. Un regno nuovo, costituito<br />

interamente da isole non più <strong>di</strong> tre decenni fa, ancora da consolidare<br />

e che lotta per sopravvivere, sognando un giorno <strong>di</strong> conquistare<br />

Alba per assicurarsi il controllo della costa dalla quale il nemico salpa<br />

per attaccarli. Brander Mac Athol ha bisogno <strong>di</strong> armi, Lance. Di armi<br />

e <strong>di</strong> armature. Ne ha bisogno il suo popolo. Hanno pochi fabbri e<br />

nessuno <strong>di</strong> questi è abbastanza abile da forgiare armi <strong>di</strong> qualità e<br />

sod<strong>di</strong>sfare le loro necessità. Sono solo capaci <strong>di</strong> produrre rozze<br />

armature <strong>di</strong> cuoio battuto e borchie, <strong>di</strong> fabbricare semplici teste<br />

d'ascia e fruste <strong>di</strong> ferro, mentre avrebbero bisogno <strong>di</strong> lame temprate,<br />

<strong>di</strong> tuniche <strong>di</strong> maglia metallica, <strong>di</strong> soli<strong>di</strong> elmi <strong>di</strong> metallo e corazze.»<br />

«Dalla Gallia» mormorai, intuendo dove Artù voleva arrivare.<br />

«Ma perché dovrebbero avere bisogno proprio del nostro aiuto?<br />

Perché non vanno laggiù da soli a comprarsele?»<br />

«Brander non ha denaro: non possiede né conio né lingotti. E così<br />

si è rivolto a noi, non tanto per avere aiuto in Gallia, ma con la<br />

speranza che <strong>Camelot</strong> possa sod<strong>di</strong>sfare almeno una parte dei loro<br />

bisogni. Sa che dai tempi <strong>di</strong> Publio Varro abbiamo sempre prodotto i<br />

migliori armamenti <strong>di</strong> tutta la Britannia e sperava che avessimo una<br />

riserva <strong>di</strong> armi da poter acquistare.»<br />

«Con cosa? Avete appena finito <strong>di</strong> <strong>di</strong>rmi che non hanno denaro.»<br />

«È così, infatti. Ma non sono affatto sprovvisti <strong>di</strong> risorse <strong>di</strong> altro<br />

genere.» Si alzò, appoggiando le mani sul tavolo, prese un pesante<br />

attizzatoio <strong>di</strong> ferro e si avvicinò al focolare per smuovere i ciocchi <strong>di</strong><br />

legno ormai bruciati.<br />

Rimase a osservare le scintille <strong>di</strong>ssolversi in alto per l'ampio<br />

camino e buttò sul fuoco nuovi ciocchi che prese dal grande cesto<br />

accanto al focolare, spingendoli all'interno con la suola chiodata del<br />

suo pesante stivale.<br />

«A modo loro, gli abitanti dell'isola <strong>di</strong> Brander sono degli artisti»<br />

<strong>di</strong>sse infine, sempre dandomi le spalle. Poi si voltò: «Guarda questo».<br />

Abbassò il mento e cominciò a staccare con cura dal petto una<br />

pesante spilla dorata e verde che avevo notato quando, con la mia


entrata nella stanza, era venuto ad abbracciarmi. Era grande e molto<br />

decorata, ed emanava il bagliore cupo dell'oro lucidato; era<br />

arrotondata, ovale e smerlata, alcune parti finemente modellate<br />

avevano la forma <strong>di</strong> una foglia con al centro un motivo floreale. Tra<br />

le nervature del <strong>di</strong>segno erano incastonati pezzi <strong>di</strong> una specie <strong>di</strong> mica<br />

rossiccia, mentre una gemma gialla e rotonda formava il centro del<br />

fiore. <strong>Il</strong> retro della spilla teneva bloccato a mo' <strong>di</strong> scialle un lungo<br />

taglio <strong>di</strong> stoffa <strong>di</strong> un verde brillante, dall'aspetto molto morbido, che<br />

gli passava sotto il braccio destro e poi sopra la spalla sinistra,<br />

fasciandogli il petto e ricadendogli <strong>di</strong>etro la schiena.<br />

La spilla si staccò ed egli tenendola nel palmo della mano me la<br />

porse. Mi avvicinai per ammirare da vicino i riflessi che emanava e il<br />

motivo interno, con una specie <strong>di</strong> smaltatura molto simile ad alcuni<br />

oggetti che avevo visto in Gallia, ma infinitamente più bello e più<br />

elaborato.<br />

«Avevi mai visto niente <strong>di</strong> simile? È oro massiccio, come puoi<br />

vedere, trasformato in qualcosa <strong>di</strong> molto più bello e prezioso del<br />

semplice metallo. Sanno fabbricare splen<strong>di</strong><strong>di</strong> gioielli, sia d'oro sia<br />

d'argento, quando ne trovano, ma la maggior parte dei loro lavori è<br />

in rame o in bronzo, con decorazioni <strong>di</strong> vetro fuso. Sembra<br />

incre<strong>di</strong>bile, lo so, ma puoi vederlo da te. Come si fa a fondere del<br />

vetro e a trasformarlo in questo? Per quanto possa essere laborioso,<br />

il risultato è davvero splen<strong>di</strong>do.<br />

Sono anche eccellenti tessitori, e le loro greggi <strong>di</strong> pecore e capre,<br />

laggiù, in quella loro isola, producono una lana <strong>di</strong> qualità superiore<br />

a tutte le nostre. È con quella lana che è fatto questo.» Si sfilò dalla<br />

testa lo scialle e me lo porse. «Giu<strong>di</strong>ca tu. È più spessa e soffice, e <strong>di</strong><br />

gran lunga più calda <strong>di</strong> qualsiasi nostra lana.»<br />

Portai alla guancia l'indumento, ancora tiepido per il contatto con<br />

il suo corpo, e mi resi subito conto che aveva ragione. Lo posai sul<br />

tavolo, estrassi la cintura <strong>di</strong> lana che tenevo sul petto e la confrontai<br />

con l'indumento <strong>di</strong> Artù. La cintura era più spessa, più compatta e<br />

densa rispetto al tessuto del Nord, eppure la <strong>di</strong>fferenza era<br />

innegabile: lo scialle <strong>di</strong> Artù era più caldo e morbido. Quando avevo<br />

estratto la mia cintura il re aveva sollevato un sopracciglio, senza<br />

però fare commenti né chiedere spiegazioni. Per l'ennesima volta gli


fui grato per il suo impagabile tatto.<br />

«Hai sentito la <strong>di</strong>fferenza tra i due?»<br />

«Come il giorno e la notte. Sono le fibre a sembrare <strong>di</strong>verse. Non<br />

avevo mai toccato nulla <strong>di</strong> simile.»<br />

<strong>Il</strong> re annuì. «Già, nemmeno io. E ne hanno in abbondanza.<br />

Connor mi ha detto che tutte le donne e i bambini del regno<br />

passano ogni momento libero a filare lana. Credevo esagerasse, ma<br />

quando in seguito ho fatto visita nelle loro isole, l'ho visto con i miei<br />

stessi occhi: donne e bambini, ovunque, a filare la lana. Lo fanno<br />

tutti, giorno e notte, se ne vanno a spasso con una matassa ruvida <strong>di</strong><br />

lana grezza sotto il braccio dondolando un fuso che gira,<br />

esattamente come fanno le nostre donne nelle fattorie. Ma là<br />

succede in continuazione, senza sosta, notte e giorno. Pensaci.»<br />

«Ci sto pensando» <strong>di</strong>ssi con un mezzo sorriso. «Perché tutta quella<br />

fatica? Sono davvero tante queste donne e i loro bambini? Se è così<br />

devono produrre enormi quantità <strong>di</strong> lana.»<br />

«Infatti. Quantità incre<strong>di</strong>bili. Poi la tessono e ne fanno stoffe.<br />

Hanno magazzini ovunque, stracolmi <strong>di</strong> balle <strong>di</strong> stoffa. Questo è<br />

quello che Connor ci offre in cambio delle armi. Tessuto per coperte<br />

e abiti cal<strong>di</strong>.»<br />

Rimasi seduto a fissarlo cercando <strong>di</strong> comprendere una volta per<br />

tutte il suo ragionamento. Riuscivo ad afferrarne la sostanza ma i<br />

vari nessi mi restavano ancora oscuri. «Quin<strong>di</strong>,» <strong>di</strong>ssi «gli avete detto<br />

che non avevamo bisogno della sua lana. Giusto?»<br />

«Come ti è venuta una simile idea?» Era palesemente sorpreso e io<br />

mi sentii invadere da un senso <strong>di</strong> frustrazione.<br />

«È evidente perché. Se voi aveste ritenuto quella lana <strong>di</strong> qualche<br />

utilità per noi avreste accettato la sua offerta. Cosa che<br />

evidentemente non avete fatto.»<br />

«No, no, assolutamente no, Lance. Potremmo aver bisogno <strong>di</strong><br />

tutto quello che sono in grado <strong>di</strong> fornirci. Risolverebbe il problema<br />

delle uniformi invernali. Quel tipo <strong>di</strong> stoffa calda e impermeabile<br />

potrebbe rendere la vita delle nostre truppe molto più facile. No, gli<br />

ho detto la verità: che attualmente riusciamo appena a fabbricare<br />

armi e armature sufficienti al nostro fabbisogno. E in effetti, benché il


numero dei nostri fabbri sia in aumento, il nostro bisogno <strong>di</strong><br />

equipaggiamenti supera le loro capacità. Anche se lo volessimo non<br />

saremmo in grado <strong>di</strong> rifornirli.»<br />

«Ah. Non ne ero al corrente.» Sapevo che avevamo pochi<br />

fabbricanti d'armi ma non mi ero mai reso conto che le nostre<br />

esigenze superassero i nostri mezzi <strong>di</strong> produzione. Era arrivato il<br />

momento per me <strong>di</strong> prendere l'iniziativa, elaborare quanto detto<br />

fino ad allora e cercare <strong>di</strong> dargli un senso. Così un bagliore vibrò<br />

nell'oscurità e ogni pezzo cominciò a combaciare.<br />

«Ho capito» <strong>di</strong>ssi, attraversando la stanza a gran<strong>di</strong> passi. «Gli avete<br />

detto che potevano sod<strong>di</strong>sfare le loro esigenze andando in Gallia<br />

dove c'è ancora buona produzione romana e avete pensato che<br />

strada facendo avrebbero potuto trasportare i vostri cavalli. O<br />

sbaglio?»<br />

«Esatto.»<br />

Scossi la testa. «Però mi sfugge ancora qualcosa, Artù: non riesco a<br />

capire come possa funzionare. La sua flotta è formata da galee,<br />

giusto?»<br />

«Sì, va' avanti.»<br />

«Le galee sono navi da guerra, costruite per essere veloci: sono<br />

sottili e strette, concepite appositamente per combattere. Non si<br />

possono trasportare dei cavalli, Artù, per lo meno non in gran<strong>di</strong><br />

quantità, e sospetto che voi pensaste a gran<strong>di</strong> numeri, almeno ad<br />

alcune centinaia. Per <strong>di</strong> più il fratello <strong>di</strong> Connor, il re... come si<br />

chiama, Brander? Se è vero, come avete detto, che le sue terre sono<br />

regolarmente minacciate dal continente, Brander avrà bisogno <strong>di</strong><br />

tutta la sua flotta.»<br />

Artù fece un largo sorriso, mostrando i suoi denti perfetti, <strong>di</strong> un<br />

bianco incre<strong>di</strong>bile. «Giusto, giusto su tutta la linea» <strong>di</strong>sse. «Hai<br />

centrato ogni bersaglio, come sempre. Ma ancora non conosci tutti i<br />

fatti.» Alzò una mano e cominciò a elencarli a uno a uno con le <strong>di</strong>ta.<br />

«Innanzitutto,» cominciò «i numeri. Non molto tempo fa, la prima<br />

volta che Connor venne a <strong>Camelot</strong>, gli Scoti avevano due flotte, non<br />

una. Connor comandava quella a sud, vicina all'Eire, mentre suo<br />

fratello Brander, ora re degli Scoti, era ammiraglio della flotta


destinata a trasportare tutta la loro gente dall'Eire fino alla nuova<br />

patria, nelle isole del Nord-est. Ora che non devono più mantenere<br />

una base nell'Eire, i loro bisogni si sono ridotti. La flotta attuale ha<br />

come unica base le isole ed è <strong>di</strong>mezzata rispetto a prima. Ma questi<br />

Scoti sono gran<strong>di</strong> navigatori e non sprecano niente: la parte <strong>di</strong> flotta<br />

inutilizzata è ancora là, conservata su <strong>di</strong> un terreno sopraelevato al<br />

riparo dalle maree e sotto custo<strong>di</strong>a.<br />

Ora, tieni presente quello che ho detto sul trasporto <strong>di</strong> tutta<br />

quella gente. La maggior parte dei vascelli era destinata al trasporto,<br />

pensata e costruita per contenere persone e beni. Molte hanno la<br />

chiglia piatta e sono quin<strong>di</strong> perfette per trasportare dei cavalli,<br />

nonostante siano state costruite per le greggi e il bestiame.<br />

Possiedono ad<strong>di</strong>rittura un paio <strong>di</strong> biremi romane, degli affari<br />

giganteschi conquistati da Connor durante la guerra contro Cartaco,<br />

in Cornovaglia. E sono tutte in ottime con<strong>di</strong>zioni, Lance. Né falle né<br />

legni marci. Ecco perché sono andato laggiù con Connor: per<br />

esaminarle. Sono perfette per le nostre esigenze, e Brander e il<br />

fratello le metteranno a nostra <strong>di</strong>sposizione.»<br />

«In cambio <strong>di</strong> cosa?»<br />

«In cambio <strong>di</strong> armi dalla Gallia!» Aveva ancora la mano alzata e le<br />

<strong>di</strong>ta aperte, e tornò a contare. «Li forniremo <strong>di</strong> preziose merci <strong>di</strong><br />

scambio che consentiranno loro <strong>di</strong> acquistare armi; in cambio ci<br />

forniranno navi per il trasporto dei nostri cavalli.»<br />

«Merci <strong>di</strong> scambio...» Ci pensai su per un lungo istante. «Mi<br />

sembra una cosa piuttosto <strong>di</strong>fficile considerato che non abbiamo<br />

niente da barattare. A meno che non ci sia qualcos'altro <strong>di</strong> cui non<br />

sono al corrente. Che genere <strong>di</strong> merci?»<br />

«Di un genere piuttosto pesante. Merlino ha passato una buona<br />

parte dell'anno a viaggiare per la Cornovaglia e a guardarsi in giro, a<br />

prendere nota <strong>di</strong> come andavano le cose, ora che quella terra laggiù<br />

è <strong>di</strong> nuovo in pace. Ha fatto alcune interessanti scoperte. La gente ha<br />

ricominciato a estrarre i minerali come nei tempi passati. E<br />

ricominciato a produrre stagno.»<br />

«Stagno?»<br />

«Non sai cos'è lo stagno? Devi conoscerlo con un altro nome


perché certamente è usato anche dalle tue parti. È un metallo. È la<br />

ragione principale per cui i Romani sono venuti in Britannia. C'è più<br />

stagno qui che da qualunque altra parte: senza non si può fare il<br />

bronzo e dunque è un bene <strong>di</strong> valore ai fini del commercio. Merlino<br />

<strong>di</strong>ce che i Galli sarebbero felici <strong>di</strong> commerciare armi in cambio <strong>di</strong><br />

stagno. E noi potremmo portare in tutta sicurezza Connor e i suoi in<br />

Gallia in occasione del nostro viaggio per trattare con Pelles <strong>di</strong><br />

Corbenico. Altrimenti sarebbe costretto a navigare da un porto<br />

all'altro con il rischio che qualcuno finisca per attaccare le sue galee<br />

dopo il primo avvistamento.<br />

Oltre a offrirgli un passaggio sicuro e una base amica in Gallia, lo<br />

sosterremo con i lingotti <strong>di</strong> stagno che gli serviranno per<br />

commerciare. In cambio traghetterà i nostri uomini e i nostri cavalli<br />

all'andata e al ritorno e ci fornirà una grossa quantità <strong>di</strong> tessuto <strong>di</strong><br />

lana per le nostre uniformi invernali. Che te ne sembra?»<br />

Annuii con solennità. «Mi sembra... notevole. Quando dovremmo<br />

cominciare?»<br />

«È già cominciato. Sono state spe<strong>di</strong>te alcune lettere al vescovo<br />

Ludovico ad Auxerre il quale riferirà a Pelles. Gli uomini <strong>di</strong> Connor<br />

hanno iniziato ad allestire una flotta <strong>di</strong> navi mercantili per noi e<br />

Merlino ha inviato interme<strong>di</strong>ari per tutta la Cornovaglia perché<br />

acquistassero tutti i lingotti <strong>di</strong> metallo che riescono a trovare. Nei<br />

nostri forzieri sono rimaste ancora delle barre d'oro e d'argento<br />

tagliate in piccoli pezzi: non sono molte ma saranno sufficienti per i<br />

nostri scopi. Se tutto andrà per il meglio dovremmo essere pronti a<br />

partire in tarda primavera, forse anche ai primi <strong>di</strong> maggio, quando i<br />

forti venti <strong>di</strong> stagione avranno cominciato a indebolirsi.»<br />

«Ottimo, sembra perfetto. Ma cosa farete se una volta lì la<br />

minaccia degli Unni fosse reale e quei guerrieri decidessero <strong>di</strong> venire<br />

a farci visita?»<br />

Mi guardò <strong>di</strong>ritto negli occhi, il volto inespressivo. «Affronteremo<br />

il problema se si presenterà. Nel frattempo, per i vantaggi che offre,<br />

non posso che essere favorevole all'impresa. Questo accordo - o<br />

alleanza che sia - ci procurerà vantaggi per noi irrinunciabili, e i<br />

rischi, per ora, sembrano trascurabili. Se, con il passare del tempo, la<br />

situazione lì dovesse cambiare, dovremmo sperare <strong>di</strong> essere


abbastanza forti da riuscire a sostenere ogni eventuale attacco.»<br />

Non c'era niente altro che potessi aggiungere senza sembrare<br />

sgarbato, così mi limitai ad annuire. «Sembra proprio che abbiate<br />

pensato a tutto» <strong>di</strong>ssi senza sforzarmi <strong>di</strong> nascondere quanto ero<br />

rimasto impressionato.<br />

«Credo <strong>di</strong> sì. Spero <strong>di</strong> sì. L'unico dettaglio rimasto da definire, o<br />

per lo meno l'unico che mi viene in mente, riguarda la nomina <strong>di</strong> un<br />

capo per l'intera spe<strong>di</strong>zione.»<br />

«Volete <strong>di</strong>re <strong>di</strong> un legato? Non è un dettaglio da poco, Artù. Non<br />

è certo una cosa <strong>di</strong> cui ci si può occupare all'ultimo momento. Avete<br />

già pensato a qualcuno?»<br />

«C'è bisogno <strong>di</strong> chiederlo? Vorrei che fossi tu.»<br />

«Io?» Non riuscii a nascondere lo smarrimento. «Ma, non posso!<br />

Devo tornare nel Nord per tenere d'occhio Connlyn e i suoi amici al<br />

<strong>di</strong> là del Vallo. Dovreste saperlo: è stata un'idea vostra!»<br />

«È vero, ma è stato prima che venisse fuori tutta questa faccenda.<br />

Può andarci Ghilly al tuo posto.»<br />

«Ma è una pazzia, Artù! Ghilly non conosce il territorio né i suoi<br />

abitanti. Perché non mandate lui in Gallia? È l'uomo ideale per un<br />

incarico che prevede l'addestramento <strong>di</strong> nuove reclute.»<br />

«Ghilly, in Gallia? Lance, Ghilly parla a malapena la nostra lingua,<br />

ammesso che parli. Le sue competenze nell'addestrare e <strong>di</strong>sciplinare i<br />

soldati sono ottime, lo so, mi è molto caro e ho assoluta fiducia in<br />

lui, ma il suo temperamento non ci sarebbe certo d'aiuto con degli<br />

stranieri... e la Gallia è piena <strong>di</strong> stranieri. Ghilly non si è mai<br />

allontanato da queste coste. Ma, soprattutto, non parla le lingue<br />

galliche. Tu sì, invece, e sei anche l'unico cui affiderei un'impresa così<br />

complessa e importante.»<br />

Ero quasi sul punto <strong>di</strong> soccombere per il <strong>di</strong>sagio: avevo visto<br />

avvicinarsi insormontabili <strong>di</strong>fficoltà e, spinto dai miei interessi<br />

egoistici, le avevo valutate e rifiutate ancor prima che mi si<br />

presentassero. Benché avessi cambiato idea sul matrimonio <strong>di</strong> Elaine,<br />

a primavera mi immaginavo già in viaggio per il Nord, lontano da<br />

lei e dalla tentazione <strong>di</strong> rivederla. Mi accorsi che i territori <strong>di</strong><br />

Connlyn, lassù nel Nord, per quanto <strong>di</strong>stanti molte miglia da Elaine,


erano pur sempre in Britannia. <strong>Il</strong> pensiero <strong>di</strong> attraversare il mare, e<br />

abbandonare il paese e lei, era tutta un'altra cosa.<br />

«A che stai pensando, Lance?»<br />

Sospirai. Neanche un mese prima, Elaine aveva detto che non<br />

avrei mai potuto <strong>di</strong>sporre della mia vita come volevo, e aveva<br />

ragione. La mia vita e la mia obbe<strong>di</strong>enza sarebbero state sempre e<br />

comunque a beneficio del mio re e qualunque tentativo <strong>di</strong> negare<br />

questa realtà mi avrebbe privato, ai miei stessi occhi, dell'onore e<br />

dell'integrità. Mi alzai e cercando le parole più adatte a rispondergli<br />

feci il giro del tavolo per <strong>di</strong>rigermi verso il fuoco. Artù si voltò a<br />

guardarmi. Ma quando non rimase che il fuoco a separarci mi fermai<br />

e feci un passo in<strong>di</strong>etro per allontanarmi, alzando una mano come<br />

per respingerlo.<br />

«Come fate a stare seduto così vicino al fuoco?» Non <strong>di</strong>sse niente,<br />

restò in attesa, e io non riuscii a trattenere una smorfia <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgusto.<br />

«Devo confessarvi che non sono affatto entusiasta dell'idea <strong>di</strong> tornare<br />

in Gallia, Artù.»<br />

«Perché no?» Mi resi conto <strong>di</strong> averlo colto alla sprovvista.<br />

«Credevo saresti stato felice <strong>di</strong> tornarci. Non hai alcune faccende in<br />

sospeso da quelle parti?»<br />

«Cosa intendete?»<br />

«Clodas, non si chiama così quel tipo? Ti sei forse <strong>di</strong>menticato che<br />

volevi ucciderlo?»<br />

Mio padre, Childeberto, mia madre, Elaine, e mio nonno, re<br />

Garth <strong>di</strong> Ganis, nel nord della Gallia, erano tutti morti per mano <strong>di</strong><br />

un essere infido <strong>di</strong> nome Clodas, il quale, dopo averli assassinati,<br />

usurpò il trono <strong>di</strong> Ganis impadronendosi del regno <strong>di</strong> mio padre.<br />

Venni quin<strong>di</strong> allevato da mia zia, lady Viviana, e da suo marito, re<br />

Ban <strong>di</strong> Benwick, e fino ad allora ven<strong>di</strong>care la morte dei miei familiari<br />

era stato un compito assolutamente fuori dalla mia portata.<br />

«Certo che no! E non lo <strong>di</strong>menticherò mai. Ma questo non ha<br />

niente a che vedere con il resto. Mi state per affidare un compito in<br />

Gallia che mi costringerà a rimanere sul posto. Non avrò tempo per<br />

le mie faccende personali.»<br />

Continuò a fissarmi. «Ti sbagli. Avrai un sacco <strong>di</strong> tempo. Questo


tipo vive nella Gallia del Nord, no?»<br />

Annuii. «Sì, a Ganis.»<br />

«È <strong>di</strong>stante da dove sarai tu, da Corbenico?»<br />

«Non lo so. Non sono più stato a Ganis da quando ero bambino.<br />

Ma immagino non sia troppo lontano.»<br />

«Vedrai che non è lontano. Ascoltami, Lance, il tuo compito in<br />

Gallia sarà quello <strong>di</strong> rappresentarmi, in tutto e per tutto: dovrai<br />

sovrintendere agli addestramenti della nuova cavalleria <strong>di</strong> Corbenico<br />

e tenere d'occhio le navi <strong>di</strong> Connor che faranno avanti e in<strong>di</strong>etro.<br />

Questo però non vuol <strong>di</strong>re che non ti avanzerà del tempo. Al<br />

contrario, avrai molto tempo libero. Certo abbastanza per<br />

raggiungere Ganis e scoprire cosa sta succedendo laggiù e quali<br />

risorse e quanti uomini ti necessiterebbero per passare a fil <strong>di</strong> spada<br />

quell'essere e riprenderti il trono.»<br />

«Ma anche se fossi in grado <strong>di</strong> farlo, dove troverei uomini e<br />

risorse? Non conosco un'anima a Ganis, e Benwick <strong>di</strong>sta più <strong>di</strong><br />

quattrocento miglia a sud. E ammesso che mio cugino Bracco sia<br />

ancora vivo e la governi ancora, le probabilità che mi presti<br />

un'armata per combattere così lontano da casa per il tempo che<br />

servirà, non saranno maggiori <strong>di</strong> quelle esistenti al tempo <strong>di</strong> re Ban.»<br />

«Vieni qui!» Si allungò sul tavolo per afferrare la coppa <strong>di</strong> vino che<br />

avevo troppo a lungo trascurato e me la offrì. «Bevi. Non vorrei<br />

venisse sprecato.»<br />

Con quella frase Artù si conquistò un mio triste sorriso. «Quando<br />

lo bevo io, mio signore, il vino è sempre sprecato.»<br />

«Bevi in ogni caso, e pensa al fattore secondario che sembra<br />

esserti sfuggito. Finché resterai lì, comanderai la metà dell'esercito <strong>di</strong><br />

<strong>Camelot</strong>. Non subito, certo, poiché nei primi tempi dovrai<br />

comunque de<strong>di</strong>carti interamente a pre<strong>di</strong>sporre gli strumenti per<br />

svolgere il tuo incarico. Alla fine dell'estate, tuttavia, quando Connor<br />

avrà compiuto le prime traversate, potresti già avere ai tuoi or<strong>di</strong>ni<br />

una vera e propria forza militare. Ai tuoi or<strong>di</strong>ni, Lance. A quel punto<br />

se dovessi decidere <strong>di</strong> andare fino a Ganis, anche soltanto per<br />

guardarti intorno, lo potrai fare con una formidabile scorta. Così se<br />

quell'assassino venuto dal nulla dovesse <strong>di</strong>mostrarsi poco amichevole


come ha sempre fatto, potresti trovare nella tua armata un sostegno<br />

molto maggiore <strong>di</strong> quanto cre<strong>di</strong>. Pensaci. È una proposta sincera.<br />

Sarai il mio unico comandante in Gallia, e se riterrai che questo<br />

Clodas rappresenti in qualche modo una minaccia per la nostra<br />

impresa, avrai pieni poteri nel trattare con lui nel modo che più<br />

riterrai opportuno.»<br />

Dovetti sedermi, stor<strong>di</strong>to dalla magnanimità della sua offerta.<br />

«Artù,» <strong>di</strong>ssi, una volta ritrovata la lingua, «non so cosa <strong>di</strong>re... come<br />

ringraziarvi... se dovessi accettare, però, sarei costretto, una volta<br />

<strong>di</strong>ventato re, a rimanere a Ganis.»<br />

«Sì, mi era già venuto in mente. Vorrà <strong>di</strong>re che quando il tuo<br />

compito sarà finito, Corbenico avrà un suo esercito e tu avrai<br />

rimandato a casa i nostri uomini, io avrò per alleati in Gallia due re,<br />

uno dei quali il più fidato che potessi mai sperare.» Si alzò e mi<br />

guardò fisso. «Pensaci, amico mio. È importante per me che tu vada<br />

in Gallia. Una volta che sarai lì, mi sentirò sereno e sod<strong>di</strong>sfatto<br />

perché saprò che questi affari non avrebbero potuto essere in mani<br />

migliori. Istituiremo dazi commerciali che permetteranno alla nostra<br />

gente <strong>di</strong> lavorare e <strong>di</strong> guadagnare autonomamente. Avremo anche<br />

nuovi cavalli <strong>di</strong> razza per i nostri allevamenti. Conquisteremo la<br />

benevolenza e la cooperazione <strong>di</strong> Corbenico e del suo re, e<br />

<strong>di</strong>mostreremo ai Danesi che non potranno più assalire impunemente<br />

le coste gallesi o bretoni. Ma, soprattutto, visto il modo in cui le<br />

notizie si <strong>di</strong>ffondono, ben presto tutta la Gallia saprà che <strong>Camelot</strong><br />

rappresenta la Britannia.<br />

Ora va', fatti un bagno, mangia e dormici sopra. Rifletti su quello<br />

che ti ho detto e sulla mia proposta, non intendo importela. Hai ben<br />

altre e urgenti faccende <strong>di</strong> cui occuparti, credo, anche se non so<br />

quali. Ne riparleremo domani. Devo tornare a cercare Merlino, ora.»<br />

Mi alzai anch'io e annuii, come ad accogliere quanto aveva<br />

appena riempito la mia mente. «Non c'è bisogno <strong>di</strong> pensarci o <strong>di</strong><br />

dormirci su, Artù. Partirò. Come potrei non farlo? Rifiutare<br />

l'occasione <strong>di</strong> portare <strong>Camelot</strong> in Gallia? Sarei un pazzo se rifiutassi.<br />

Accetto! Potrebbero venire con me anche gli altri: Perceval, Tristano<br />

e Bors?»<br />

«Perceval senz'altro. È il tuo comandante in seconda. Invece, avrò


ancora bisogno <strong>di</strong> Tristano e <strong>di</strong> Bors, qui. Ricordati che porterai con<br />

te soltanto la metà della tua armata. In tua assenza Tristano<br />

comanderà la metà che resta.»<br />

«E Bors?»<br />

«Tra un mese riceverà l'investitura a cavaliere. È giunto per lui il<br />

momento <strong>di</strong> assumersi le proprie responsabilità come comandante in<br />

campo. Lo assegnerò al gruppo <strong>di</strong> Ghilly nella spe<strong>di</strong>zione che in<br />

primavera andrà al Nord. Sei stato tu il suo maestro, il migliore che<br />

potesse avere.»<br />

«D'accordo, ma mi <strong>di</strong>spiacerà perderlo.»<br />

Mi strinse una spalla e la scrollò delicatamente. «Non lo perderai.<br />

Quando tornerai egli sarà a sua volta un legato e la vostra amicizia<br />

non ne soffrirà. Pren<strong>di</strong>ti comunque una notte per decidere, Lance.<br />

Me lo saprai <strong>di</strong>re domani.»<br />

Mi inchinai, senza più parole, e mi incamminai come stor<strong>di</strong>to<br />

verso la caserma.


SEI<br />

Ero infreddolito, bagnato e abbattuto: non era certo questo il<br />

ritorno a casa che mi aspettavo. Nella mia mente la Gallia era<br />

sempre stata un luogo con un sole caldo e splendente, ben <strong>di</strong>versa<br />

dall'umida e perennemente piovosa Britannia. Ma i miei ricor<strong>di</strong><br />

avevano a che fare con la Gallia meri<strong>di</strong>onale, dov'ero cresciuto,<br />

mentre la regione settentrionale nella quale mi trovavo ora <strong>di</strong>stava<br />

una sola giornata <strong>di</strong> navigazione dalle coste britanniche. La pioggia<br />

che il vento spingeva dal mare arrivava a raffiche gelide e le gocce,<br />

simili ad aghi, rendevano insensibile la pelle esposta e, penetrando in<br />

ogni giuntura della corazza e tra le cuciture dei vestiti, gocciolavano<br />

gelide tra la pelle calda e la stoffa che in teoria avrebbe dovuto<br />

proteggerla. Anche il cavallo dei pantaloni era fra<strong>di</strong>cio e freddo e mi<br />

si appiccicava alla pelle non appena inforcavo la sella, anch'essa<br />

bagnata. Tuttavia, sapevo che non dovevo lamentarmi, nemmeno<br />

tra me e me, perché ero fortunato. Non dovevo far altro che stare<br />

seduto sul cavallo, avvolto nel mio pesante mantello, un ampio<br />

cappuccio che mi copriva testa e spalle, e sorvegliare il lavoro degli<br />

altri costretti a faticare sotto il violento acquazzone. Di certo i<br />

compiti che dovevano portare a termine loro erano meno facili o<br />

più sgradevoli del mio.<br />

Più sotto, ai pie<strong>di</strong> della striscia <strong>di</strong> terra non coltivata all'estremità<br />

del campo su cui mi trovavo, il piccolo porticciolo del villaggio <strong>di</strong><br />

pescatori che avevamo raggiunto era affollato <strong>di</strong> imbarcazioni: c'era<br />

I


una dozzina <strong>di</strong> natanti legati insieme, fianco a fianco, in fila per tre,<br />

contro l'unico stretto molo <strong>di</strong> pietra. In una piccola baia poco<br />

<strong>di</strong>stante le imbarcazioni che vi si trovavano erano quattro volte<br />

tanto: trasportavano carichi <strong>di</strong> vario genere, tutte in attesa del<br />

proprio turno per approdare al molo e scaricare quanto avevano a<br />

bordo. Alle loro spalle, l'ingresso della baia sembrava una foresta <strong>di</strong><br />

alberi: erano le galee da guerra <strong>di</strong> Connor che pattugliavano gli<br />

accessi per proteggere i loro carichi in questa fase, la più importante<br />

e vulnerabile della nostra impresa. <strong>Il</strong> molo vero e proprio era una<br />

baraonda: la sua stretta superficie non riusciva a contenere il numero<br />

<strong>di</strong> uomini che vi si affollavano, tutti intenti a lavorare a ritmo<br />

febbrile per scaricare cavalli ritrosi e spaventati dalle navi. La marea<br />

stava salendo, ma ancora non era tale da consentire agli animali <strong>di</strong><br />

scendere dal ponte <strong>di</strong>rettamente a terra e così alcuni dei marinai <strong>di</strong><br />

Connor già sbarcati dalle prime imbarcazioni avevano eretto sulla<br />

banchina quattro semplici argani <strong>di</strong> funi e pulegge. Le ciurme erano<br />

ora tutte indaffarate a far passare dei cappi sotto il ventre dei cavalli<br />

per issarli, uno alla volta, dai ponti scivolosi al molo affollato, da<br />

dove venivano rapidamente condotti sulla spiaggia e legati in una<br />

lunga fila. Una volta compiuta l'operazione, gli animali erano<br />

condotti su per la ripida salita fino al campo aperto dove mi trovavo<br />

io.<br />

C'erano da scaricare oltre duecento cavalli addestrati a<br />

combattere, sufficienti, con un buon numero <strong>di</strong> riserva, per i tre<br />

squadroni completi da quaranta uomini ciascuno che avevo portato<br />

con me in questa prima spe<strong>di</strong>zione, in aggiunta alla trentina <strong>di</strong> arcieri<br />

<strong>di</strong> Pendragon. Questi ultimi ci avrebbero fatto da avanguar<strong>di</strong>a sotto<br />

il comando <strong>di</strong> Griffyd Fortebraccio, un lontano cugino <strong>di</strong> Artù e<br />

figlio maggiore <strong>di</strong> Huw Pendragon, uno degli amici più intimi del re<br />

tra i Pendragon <strong>di</strong> Cambria. Dietro <strong>di</strong> me, un manipolo dei miei<br />

cavalieri stava impastoiando insieme i cavalli in lunghe file. Non<br />

avevo alcun bisogno <strong>di</strong> voltarmi per sapere che a questo punto<br />

avevamo a riva trentasette animali, perché li avevo contati mentre<br />

mi passavano accanto. Vi<strong>di</strong> che in quel momento un'altra ventina<br />

veniva radunata sulla spiaggia <strong>di</strong> ciottoli all'estremità del molo. Gli<br />

argani stavano lavorando ancora a pieno ritmo e avrebbero<br />

continuato per ore, poiché tutti i cavalli dovevano essere a terra, al


sicuro, prima che le altre navi potessero depositare sul molo il loro<br />

carico, senza il quale sia i cavalli sia i cavalieri sarebbero stati in<br />

grosse <strong>di</strong>fficoltà. Avevo passato più <strong>di</strong> due mesi a preparare questa<br />

spe<strong>di</strong>zione, lavorando con gli uomini più abili che <strong>Camelot</strong> e<br />

Connor potessero fornirmi, e gli aspetti organizzativi <strong>di</strong> quella<br />

spe<strong>di</strong>zione, la prima <strong>di</strong> una lunga serie, erano più complicati <strong>di</strong><br />

quanto non avessi mai immaginato.<br />

L'organizzazione si era rivelata complessa fin dall'inizio poiché<br />

viaggiavamo verso un paese sconosciuto e volevamo realizzare<br />

qualcosa <strong>di</strong> mai tentato prima: partendo dai fondamenti essenziali e<br />

senza alcuna infrastruttura preesistente, avremmo creato e<br />

addestrato da zero un reparto <strong>di</strong> cavalleria. Consapevoli <strong>di</strong> questo<br />

non potevamo certo permetterci <strong>di</strong> dare per scontato che dove<br />

eravamo <strong>di</strong>retti avremmo trovato quello <strong>di</strong> cui avevamo bisogno;<br />

ad attenderci ci sarebbero stati cavalli e uomini privi <strong>di</strong> qualsiasi<br />

addestramento. Tutto il resto, ogni singola attrezzatura e dotazione<br />

necessaria in Gallia per la durata del nostro soggiorno, doveva essere<br />

in<strong>di</strong>viduata in precedenza per essere poi montata, imballata e messa<br />

nelle stive. Di per sé già la <strong>di</strong>stribuzione e lo stivaggio delle merci era<br />

un'impresa degna <strong>di</strong> Ercole, perché chi lavora e vive - per non <strong>di</strong>re<br />

cavalca e combatte - sulla terraferma non ha idea <strong>di</strong> quanto poco<br />

spazio ci sia a bordo <strong>di</strong> una nave. Ogni singolo pezzo, dai carri ai<br />

montanti delle tende, fino ai fagotti <strong>di</strong> armi e proiettili, doveva<br />

essere misurato in lunghezza e altezza e poi sistemato a seconda<br />

della sua natura e necessità; i cavalli andavano caricati in gruppi<br />

attentamente selezionati, inoltre ciascun animale doveva essere<br />

vicino per tutto il viaggio a qualcuno che conosceva e <strong>di</strong> cui si<br />

fidava; i voluminosi carichi <strong>di</strong> selle, finimenti e armi dovevano essere<br />

caricati ciascuno in una specifica imbarcazione e in tutti i casi doveva<br />

essere steso un rigoroso inventario, che riportasse in dettaglio quali<br />

attrezzature si trovavano esattamente su ogni nave.<br />

Era stato un compito faticoso, e in <strong>di</strong>verse occasioni mi ero<br />

ritrovato a pensare che non ce l'avrei mai fatta, ma i mesi erano<br />

volati e alla fine tutto era stato sistemato, senza problemi<br />

insormontabili. Avevamo anche utilizzato come punto <strong>di</strong> raccolta<br />

l'antico porto fluviale romano <strong>di</strong> Glevum, ormai abbandonato,<br />

facendolo risorgere brevemente a vita nuova e sfruttando i suoi moli


e le banchine per l'imbarco. Nel giorno convenuto, in un'alba grigia,<br />

Connor era comparso dal tratto occidentale del fiume alla testa <strong>di</strong><br />

una flotta <strong>di</strong> galee e navi <strong>di</strong> varie <strong>di</strong>mensioni che occupavano il<br />

corso d'acqua in tutta la sua ampiezza: uno spettacolo che nessuno a<br />

<strong>Camelot</strong> aveva mai visto.<br />

E ora, ventidue giorni dopo, una volta navigato senza incidenti,<br />

accompagnati dal bel tempo lungo l'intera costa sudoccidentale della<br />

Britannia, e attraversato lo Stretto Mare nel punto in cui le coste<br />

erano più vicine, avvistammo la terra nei tempi e nel luogo previsti.<br />

In base al segnale convenuto, tre falò sulle alture in<strong>di</strong>cavano il punto<br />

<strong>di</strong> approdo concordato. Ci trovavamo a mezza giornata <strong>di</strong><br />

navigazione a nord del porticciolo da cui avevamo fatto vela per la<br />

Britannia <strong>di</strong>versi anni prima. Ce l'avevamo fatta ed eravamo arrivati!<br />

Provai un'immensa sod<strong>di</strong>sfazione che mi fece <strong>di</strong>menticare lo<br />

sconforto <strong>di</strong> poco prima e mi concessi qualche istante per guardarmi<br />

intorno.<br />

Lungo il bordo della scogliera, per più <strong>di</strong> cento passi a destra e a<br />

sinistra, era schierato un gruppo ben armato <strong>di</strong> cavalieri silenziosi e<br />

attenti, i Galli delle truppe <strong>di</strong> accoglienza <strong>di</strong> re Pelles. Sembrava<br />

fossero lì per assicurarsi che arrivassimo sani e salvi, ma in realtà li<br />

avevano mandati a verificare che imbarcazioni nemiche non<br />

venissero attratte dai falò <strong>di</strong> segnalazione. Nessuno degli abitanti <strong>di</strong><br />

<strong>Camelot</strong> li avrebbe mai definiti dei soldati: non mostravano la<br />

minima traccia <strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplina militare e tuttavia erano dei guerrieri, e<br />

ognuno portava indosso, da qualche parte, lo stemma gentilizio <strong>di</strong> re<br />

Pelles <strong>di</strong> Corbenico. Una delle prime e più piacevoli sorprese <strong>di</strong><br />

quella mattina mi giunse quando incontrai il loro comandante. Lo<br />

riconobbi subito: era Quinto Milo, un compagno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> alla Scuola<br />

del Vescovo, ad Auxerre. La sorpresa <strong>di</strong> Milo era stata anche<br />

maggiore: non si aspettava certo <strong>di</strong> conoscere qualcuno dei venuti<br />

dalla Britannia e non era riuscito a nascondere la gioia nel vedere<br />

me, un suo vecchio amico, alla guida dei nuovi arrivati. Era<br />

<strong>di</strong>ventato uno dei consiglieri più importanti <strong>di</strong> Pelles, mi raccontò, e<br />

io, sapendo che era un abile cavaliere, immaginai che sarebbe stato il<br />

primo a unirsi al nuovo corpo <strong>di</strong> cavalleria.<br />

Proprio mentre pensavo a lui, Milo comparve al mio fianco; si era<br />

avvicinato alle mie spalle senza che lo notassi: il rumore degli zoccoli


era stato attutito dal pesante cappuccio <strong>di</strong> lana che mi copriva le<br />

spalle e la testa con l'elmo. Tirò le re<strong>di</strong>ni per fermare il cavallo e<br />

in<strong>di</strong>cò le attività che fervevano poco più in basso.<br />

«Una vera e propria impresa!» gridò cercando <strong>di</strong> sovrastare il<br />

vento. «Dovrai restare qui tutto il giorno, finché le operazioni <strong>di</strong><br />

scarico non saranno concluse?»<br />

«No,» gli gridai <strong>di</strong> rimando «Perceval, il mio ufficiale in seconda, è<br />

giù che sorveglia le attività, e Connor Mac Athol si sta occupando <strong>di</strong><br />

tutto ciò che si trova ancora a bordo. Se per un buon motivo, potrei<br />

anche allontanarmi per un po'. Cos'hai in mente?»<br />

«Andarcene via dalla pioggia e da questo vento maledetto e<br />

rifugiarci in un posto dove si possa parlare.» Guardò il cielo, torvo.<br />

«Non durerà. Non dura mai a lungo, in questo periodo dell'anno.<br />

Entro mezzogiorno le nuvole si apriranno e scompariranno. Ma fino<br />

ad allora sarà davvero insopportabile. Vieni con me.»<br />

Mi girai sulla sella e feci cenno al soldato <strong>di</strong> cavalleria più vicino.<br />

Quando mi ebbe raggiunto, scattando sull'attenti, gli or<strong>di</strong>nai <strong>di</strong><br />

andare a cercare Seur Perceval e <strong>di</strong> <strong>di</strong>rgli che ero andato con Quinto<br />

Milo, il comandante delle guar<strong>di</strong>e galliche.<br />

Mentre voltavamo i cavalli e li spingevamo al trotto, Milo mi<br />

chiese: «Ma tutti i vostri soldati vi fanno quel tipo <strong>di</strong> saluto?».<br />

«Già, e tra non molto lo faranno anche i vostri, altrimenti non<br />

avrete una vera cavalleria. Dove stiamo andando?»<br />

In<strong>di</strong>cò un punto in cui si vedeva una piccola costruzione isolata in<br />

pietra, lungo il pen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> una collina, con un filo <strong>di</strong> fumo che usciva<br />

da uno sfiatatoio coperto del tetto. «Non è una reggia, ma è il<br />

meglio che abbia da offrire questo posto. Appartiene al capo<br />

villaggio. Evidentemente si ritiene troppo superiore alla sua gente<br />

per vivere giù sulla spiaggia con gli altri. Però ha un camino, scuri<br />

che si chiudono bene per tenere fuori il vento e un tetto robusto. Ho<br />

sbattuto fuori il proprietario per tutto il tempo che ci farà comodo, e<br />

un paio dei miei uomini ha portato dentro la legna e preparato<br />

qualcosa da mangiare.»<br />

Poco dopo, mi fece entrare in una grande stanza spoglia con le<br />

pareti <strong>di</strong> pietra intonacate <strong>di</strong> bianco e un alto soffitto a punta. <strong>Il</strong>


fuoco bruciava in un catino <strong>di</strong> ferro, e su un semplice tavolo <strong>di</strong><br />

legno, con il ripiano rovinato dall'uso, erano <strong>di</strong>sposti <strong>di</strong>versi vassoi<br />

<strong>di</strong> pane, carne e formaggio e due otri da vino dalla forma<br />

arrotondata. Mentre mi toglievo cappuccio e mantello, Milo si<br />

avvicinò al tavolo e tagliò una spessa fetta <strong>di</strong> quella che mi parve<br />

carne <strong>di</strong> maiale arrostita. La cosparse abbondantemente <strong>di</strong> sale e ne<br />

morse un boccone enorme. Masticò un po' per poi riempire la<br />

guancia e parlare con il cibo in bocca, mentre si allungava verso un<br />

otre e un paio <strong>di</strong> coppe <strong>di</strong> corno.<br />

«È buono. È da ieri sera che non mangio niente. Vino?»<br />

Mi sfilai l'elmo e scossi la testa. «Preferirei dell'acqua, se ce n'è.»<br />

Mi guardò come se avessi perso la ragione; poi prese una brocca<br />

da una mensola vicina e andò alla porta per chiamare uno dei suoi<br />

uomini e mandarlo al pozzo a prendere dell'acqua fresca.<br />

«Perché non il vino?» Si accomodò su una delle due se<strong>di</strong>e davanti<br />

al fuoco, stringendo la fetta <strong>di</strong> carne in una mano e il vino nell'altra.<br />

Tirai su con il naso infreddolito, asciugandomi con il dorso della<br />

mano. «Non mi piace. Non mi è mai piaciuto.» Mi tagliai uno spesso<br />

trancio <strong>di</strong> carne e lo salai; poi con il pugnale tagliai due fette <strong>di</strong> pane<br />

e ci infilai dentro la carne. «Avrò tentato centinaia <strong>di</strong> volte <strong>di</strong><br />

farmelo piacere, ma in verità piuttosto preferirei bere del piscio.»<br />

Die<strong>di</strong> un morso e mi voltai verso <strong>di</strong> lui. «È bello vederti, amico<br />

mio, dopo tanto tempo. Sono passati quasi sei anni da quando ho<br />

lasciato Auxerre. Da quanto tempo sei qui a Corbenico?»<br />

«Circa cinque anni. Sono nato nelle vicinanze. Le terre <strong>di</strong> mio<br />

padre <strong>di</strong>stano meno <strong>di</strong> trenta miglia da qui.»<br />

«Tuo padre è uno dei baroni <strong>di</strong> Pelles?»<br />

«No, non è barone <strong>di</strong> nessuno. Ha ere<strong>di</strong>tato delle terre a sud che<br />

confinano con Corbenico. <strong>Il</strong> nonno <strong>di</strong> mio padre e quello del re<br />

erano amici fidati e le nostre famiglie sono sempre rimaste in ottimi<br />

rapporti. Quando ho smesso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are, mio padre mi ha mandato<br />

a servire Pelles. E da allora sono rimasto.»<br />

«Allora tuo padre è ancora vivo?»<br />

Milo borbottò. «Oh, sì. È vivo e ha il brutto carattere <strong>di</strong> sempre. È


per questo che me ne sto qui.»<br />

Lasciai cadere l'argomento, ricordando che Milo e suo padre non<br />

erano mai riusciti a trovarsi d'accordo su nulla. «E gli altri? Hai più<br />

visto qualcuno dei compagni che erano alla Scuola del Vescovo?»<br />

«Neanche un'anima. Per quel che ne so, potrebbero anche essere<br />

tutti morti.»<br />

La porta si aprì piano ed entrò un soldato <strong>di</strong> Milo, portando la<br />

brocca piena d'acqua. Lo ringraziai e mi riempii la coppa. Milo<br />

rimase a guardarmi senza parlare, anche se si capiva dalla sua<br />

espressione che <strong>di</strong>sapprovava chi preferiva l'acqua al vino. Presi la<br />

se<strong>di</strong>a davanti a lui.<br />

«La scuola c'è ancora?»<br />

«Sì, anche se ho sentito <strong>di</strong>re che non è più la stessa, senza il<br />

vecchio. E come potrebbe essere altrimenti? Germano era la scuola, e<br />

la scuola Germano.»<br />

«E <strong>di</strong> Tiberio Catone che mi <strong>di</strong>ci?»<br />

«<strong>Il</strong> vecchio centauro? L'ultima volta che ne ho sentito parlare, era<br />

ancora lì, e più infelice che mai, ma è stato <strong>di</strong>versi anni fa.»<br />

«Chissà quanti anni ha adesso.»<br />

«Quel figlio <strong>di</strong> una baldracca è sempre stato vecchio, ma ormai<br />

dev'essere decrepito, ammesso che respiri ancora. Saranno quasi<br />

quattro anni che non sento parlare <strong>di</strong> lui, potrebbe benissimo essere<br />

morto da un pezzo.»<br />

«Murai... Mi chiedo se verrebbe qui, se fosse ancora vivo.»<br />

Le sopracciglia <strong>di</strong> Milo schizzarono verso l'alto. «Venire qui?<br />

Perché, in nome <strong>di</strong> un <strong>di</strong>o storpio e zoppicante, lo vorresti qui,<br />

Gamba? Se mettesse piede su queste terre, ci renderebbe fin da<br />

subito la vita un inferno. È sempre stato il migliore, in questo.»<br />

Sorrisi: non mi sentivo chiamare con quel nomignolo da quando<br />

avevo lasciato la Scuola del Vescovo e parlai con la bocca piena <strong>di</strong><br />

carne mezza masticata. «Non chiamarmi mai a quel modo davanti a<br />

nessuno dei miei uomini, o ti faccio retrocedere a sguattero. Catone<br />

non mi ha mai fatto del male, in nessun modo, e nemmeno mi<br />

chiamava Gamba. Tu non eri nelle sue grazie, Milo, e quin<strong>di</strong> capisco


perché la pensi così, ma lui è sempre stato il mio preferito, il miglior<br />

insegnante che abbia mai avuto, e sono certo che fosse metà equino,<br />

anzi ben oltre la metà. Non ho mai conosciuto nessuno che ci<br />

sapesse fare più <strong>di</strong> lui con i cavalli, o che ne sapesse <strong>di</strong> più... che<br />

sapesse tutto quello che c'è da sapere. Se Catone è vivo, mi serve<br />

qui. E questo vale anche per te, adesso.»<br />

«Sarò un vecchio con la barba bianca prima che tu riesca a<br />

convincermi, amico mio. Ma non dovrebbe essere <strong>di</strong>fficile scoprire se<br />

quel vecchio sodomita è ancora in giro. Auxerre non <strong>di</strong>sta molto da<br />

qui: un paio <strong>di</strong> giorni <strong>di</strong> galoppo, al massimo, quattro o cinque,<br />

andando con calma.» Inclinò la testa <strong>di</strong> lato. «Pensi davvero che sia<br />

in<strong>di</strong>spensabile come <strong>di</strong>ci?»<br />

Annuii, e lui spalancò le braccia. «Va bene. Manderò qualcuno a<br />

cercare <strong>di</strong> scoprire dove sia e ti farò sapere.»<br />

«Prima <strong>di</strong> inviare uno dei tuoi uomini avvertimi, così gli spiegherò<br />

esattamente cosa <strong>di</strong>re e chiedere. Altrimenti Catone lo caccerà<br />

subito.»<br />

«D'accordo. Allora, cosa pensi <strong>di</strong> fare qui, esattamente?» Si accorse<br />

della mia espressione sbalor<strong>di</strong>ta e si affrettò a spiegarsi meglio. «No,<br />

voglio <strong>di</strong>re, so benissimo cosa è previsto che tu faccia e perché sei<br />

qui, ma come pensi <strong>di</strong> impostare il tutto?»<br />

Finii quel che restava della mia fetta <strong>di</strong> carne avvolta nel pane,<br />

ma avevo ancora fame, così gli feci cenno <strong>di</strong> aspettare, mi alzai e<br />

andai a tagliare un secondo pezzo <strong>di</strong> carne e una nuova fetta <strong>di</strong><br />

pane. Era asciutto ma squisito e prima <strong>di</strong> rispondergli masticai con<br />

calma e deglutii.<br />

«Intendo eseguire il compito che mi è stato affidato: creare un<br />

esercito dal nulla, Quinto. Un esercito <strong>di</strong> cavalleria.»<br />

Aggrottò la fronte e io avvertii un vago senso d'apprensione<br />

stringermi lo stomaco. «Abbiamo già un corpo <strong>di</strong> cavalleria, Gamba.<br />

<strong>Il</strong> migliore dell'impero d'Occidente.»<br />

«No, voi avete un gran numero <strong>di</strong> cavalieri abili, tanti quanto un<br />

esercito, ma non possiedono nulla <strong>di</strong> ciò che è in<strong>di</strong>spensabile per una<br />

vera armata a cavallo.»<br />

Quinto si irrigidì. «Come osi fare un'affermazione del genere, tu


che sei un franco? Hai forse <strong>di</strong>menticato il tuo orgoglio, ti è bastato<br />

un periodo così breve in Britannia? I nostri soldati a cavallo sono<br />

invincibili.»<br />

«No, amico mio, hai torto. I vostri cavalieri potrebbero <strong>di</strong>ventare<br />

invincibili, e io sono qui per renderli tali, ma non potrò farlo se non<br />

cambierai atteggiamento.»<br />

Fece per interrompermi ma lo zittii con un gesto della mano.<br />

«Ascoltami, Quinto, perché ti sto <strong>di</strong>cendo la pura verità. In questo<br />

momento, come hai potuto vedere, sto facendo sbarcare<br />

centocinquanta uomini e duecentoventi cavalli sulla spiaggia qua<br />

sotto. Ascolta quanto ti <strong>di</strong>co e cre<strong>di</strong>mi sulla parola: non mi sto<br />

vantando e non sto esagerando. Quando la mia cavalleria sarà<br />

pronta, al sicuro a terra e completamente equipaggiata, potremmo<br />

affrontare mille dei tuoi uomini migliori con un rapporto <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci a<br />

uno e batterli comunque, dovunque e in qualsiasi momento. No,<br />

lasciami finire!»<br />

Era stato nuovamente sul punto <strong>di</strong> interrompermi con veemenza,<br />

ma ora si lasciò cadere sulla se<strong>di</strong>a, il volto atteggiato a una smorfia<br />

<strong>di</strong> irosa incredulità. Continuai: «Tu non hai mai visto la cavalleria <strong>di</strong><br />

<strong>Camelot</strong> in azione ma so che conosci quanto si <strong>di</strong>ce della cavalleria<br />

germanica <strong>di</strong> Roma, perché l'abbiamo stu<strong>di</strong>ata insieme, a scuola. <strong>Il</strong><br />

grosso <strong>di</strong> quella cavalleria era franca e proveniva dalle terre del<br />

Reno. Ma la cavalleria germanica <strong>di</strong> Roma era composta da soldati<br />

scelti, Quinto, e due o trecento anni fa erano davvero superbi.<br />

Montavano cavalli leggeri e attaccavano a ondate, sparpagliandosi e<br />

usando le lance o scagliando frecce ogni volta che arrivavano a<br />

portata dei nemici».<br />

«E con questo?» Mi stava ancora guardando storto. «Non è<br />

cambiato niente da allora. La velocità e la tecnica <strong>di</strong> manovra sono<br />

ancora le cose che contano <strong>di</strong> più e noi le abbiamo.»<br />

Scossi la testa. «Non basta più, Quinto. La cavalleria <strong>di</strong> Artù<br />

Pendragon è una cosa completamente <strong>di</strong>versa, del tutto nuova, che<br />

non ha eguali al mondo. Cavalleria pesante: gran<strong>di</strong> cavalli con una<br />

spessa armatura, addestrati a muoversi e agire all'unisono, che<br />

combattono trasformandosi in un muro vivente <strong>di</strong> carne, anche con i<br />

loro uomini in sella. Sono invincibili, per il semplice fatto che niente


può reggere il confronto. Con un attacco frontale travolgerebbero e<br />

<strong>di</strong>struggerebbero qualunque cosa si trovasse sul loro cammino,<br />

compresi altri cavalieri meno addestrati.» Gli leggevo l'incredulità<br />

negli occhi.<br />

«Disciplina, Quinto. Ecco in una sola parola la <strong>di</strong>fferenza tra i tuoi<br />

soldati a cavallo e la nostra cavalleria. E la cosa non dovrebbe<br />

sorprenderti; pensaci razionalmente, invece <strong>di</strong> vedere offesa dove<br />

non c'è. Roma ha conquistato il mondo intero grazie alla <strong>di</strong>sciplina<br />

delle sue legioni. Seicento anni prima, in Macedonia, Alessandro<br />

conquistò il mondo grazie alla <strong>di</strong>sciplina della sua cavalleria pesante.<br />

Non c'è nessuna nuova verità, niente <strong>di</strong> stupefacente in questo, no?<br />

La verità è che la nostra cavalleria agisce ispirandosi a quella <strong>di</strong><br />

Alessandro ma è <strong>di</strong>sciplinata come quella romana. <strong>Il</strong> nostro mondo,<br />

però, è la Britannia, che non siamo orientati a conquistare, anche se<br />

potremmo. Re Artù non ha sogni <strong>di</strong> conquista: sogna un regno<br />

pacifico, dove non esistano signori della guerra o tiranni, dove gli<br />

uomini comuni possano vivere liberi, senza essere minacciati <strong>di</strong><br />

continuo, perché finalmente tutelati da un esercito forte, capace <strong>di</strong><br />

garantire la pace. Sogna <strong>di</strong> riunire per la prima volta nella storia tutti<br />

i clan e le tribù britanniche sotto un unico monarca. E certo avrai<br />

notato che, parlando <strong>di</strong> una Britannia "nostra", ho incluso anche me<br />

stesso.<br />

Ma dopo alcuni eventi accaduti qui, <strong>di</strong> cui Artù è al corrente, il<br />

tuo re ha richiesto esplicitamente la presenza mia e dei miei<br />

compagni a Corbenico, perché insegnassimo ai suoi cavalieri - i tuoi<br />

cavalieri franchi - a <strong>di</strong>ventare una cavalleria come la nostra. Cosa sai<br />

tu <strong>di</strong> quegli Unni <strong>di</strong> cui è giunta notizia in Britannia?»<br />

<strong>Il</strong> viso <strong>di</strong> Milo espresse stupore; poi si lanciò in una smorfia<br />

sprezzante. «Non molto. Si sentono voci e racconti <strong>di</strong> ogni genere<br />

ma sono frammentari e generici e nessuno li tiene in grande<br />

considerazione. Pare che il loro re, Attila, o un nome altrettanto<br />

strampalato, sia il più grande condottiero dai tempi <strong>di</strong> Marco<br />

Antonio e che i suoi eserciti siano composti da un numero immenso<br />

<strong>di</strong> soldati, qualcosa come centomila unità, ma potrebbe essere tutto<br />

una sciocchezza. Ho conosciuto persone che sostengono che, <strong>di</strong>eci<br />

anni fa, questo Attila abbia sconfitto un impero <strong>di</strong> barbari dalla pelle


gialla, in un paese molto lontano dai confini orientali più remoti.<br />

Altri, che stava conquistando i Me<strong>di</strong> in Persia. Altri ancora, che i suoi<br />

cavalieri hanno invaso ogni angolo della terra, occupandola così<br />

massicciamente con i loro corpi da non lasciare più un pezzetto<br />

libero. Se vuoi il mio parere, sono tutte sciocchezze che mirano a<br />

seminare terrore: quando ci sono <strong>di</strong> mezzo gli Unni ho sempre<br />

sentito <strong>di</strong>re un sacco <strong>di</strong> cose strampalate, che non si sentono sui Goti<br />

<strong>di</strong> qualunque provenienza, sui Germani o gli Svevi. Ma sugli Unni...<br />

Come li chiamano anche? Ungari? E che razza <strong>di</strong> nome sarebbe?<br />

Certo non incute paura.»<br />

«E va bene» <strong>di</strong>ssi. Era ovvio che a Milo mancava un sano senso<br />

della curiosità. «Volevo soltanto sapere cosa ne pensavi. Ma per<br />

rispondere alla tua prima domanda, siccome vorrei evitare qualsiasi<br />

equivoco, quello che mi propongo è <strong>di</strong> addestrare i tuoi guerrieri<br />

perché <strong>di</strong>ventino un'unità <strong>di</strong> cavalleria, e intendo farlo cominciando<br />

dall'inizio, stabilendo alcune regole e criteri basilari da applicare<br />

subito. Fatto questo, procederò mano a mano, seguendo l'evolversi<br />

della situazione.» Vi<strong>di</strong> che strizzava <strong>di</strong> nuovo gli occhi, non so se per<br />

scetticismo o cinismo, e tornai ad afferrare la coppa per bere.<br />

«Ho detto che procederò a seconda delle circostanze, Quinto,<br />

non che non so cosa devo fare. Quin<strong>di</strong> evita <strong>di</strong> cedere alla<br />

tentazione <strong>di</strong> crederlo. So esattamente ciò <strong>di</strong> cui c'è bisogno e<br />

conosco alla perfezione anche il modo per ottenerlo. L'unica cosa<br />

che non sono in grado <strong>di</strong> valutare sono i tempi <strong>di</strong> realizzazione <strong>di</strong><br />

ogni singola fase, poiché <strong>di</strong>pende essenzialmente da un'unica<br />

incognita: il valore dei tuoi uomini. Ancora una volta, senz'alcuna<br />

offesa, tutto <strong>di</strong>penderà dalla loro volontà <strong>di</strong> imparare nuovi<br />

comportamenti e nuove strategie, <strong>di</strong> adattarsi a nuovi meto<strong>di</strong> e a<br />

nuove tecniche.»<br />

Bevvi e aspettai che recepisse quanto gli avevo detto; dopo poco<br />

si alzò e cominciò a misurare la stanza a gran<strong>di</strong> passi, il mento<br />

abbassato sul petto e le mani incrociate <strong>di</strong>etro la schiena. Non<br />

aggiunsi nient'altro, accontentandomi <strong>di</strong> lasciare che arrivasse da solo<br />

alle sue conclusioni. Quando finalmente si fermò, mi guardò in<br />

faccia, con le sopracciglia contratte.<br />

«Sai <strong>di</strong>rmi quando il nostro re ha preso contatti con il vostro per


la prima volta?»<br />

«All'inizio <strong>di</strong> quest'anno o forse alla fine dell'anno scorso. Non ne<br />

sono sicuro.»<br />

«E come?»<br />

Ebbi la sensazione che fosse giusto metterlo al corrente. «Per<br />

lettera» risposi. «Con una lettera inviata dal vescovo <strong>di</strong> Auxerre.»<br />

«Ah» <strong>di</strong>sse, come se ciò spiegasse tutto. «Sì, dev'essere così. Quei<br />

due sono molto amici. Pelles ha passato un bel po' <strong>di</strong> tempo ad<br />

Auxerre l'anno scorso. Però non ha mai detto una parola a questo<br />

proposito. Nessuno ne ha saputo niente fino a un mese fa, e anche<br />

allora non ci <strong>di</strong>ssero un granché. Ci comunicarono solo che dalla<br />

Britannia sarebbe arrivato un corpo <strong>di</strong> cavalleria e che vi avremmo<br />

dovuto accogliere. È solo da una settimana che abbiamo cominciato<br />

a intuire che <strong>di</strong>etro il vostro arrivo c'era più <strong>di</strong> una semplice visita tra<br />

re. Non sapevo nemmeno che venivate da <strong>Camelot</strong> finché non me<br />

l'hai detto tu.»<br />

Quello che sentii non mi piacque. «Cosa stai cercando <strong>di</strong> <strong>di</strong>rmi,<br />

Quinto? Che ci siamo presi tutto questo <strong>di</strong>sturbo e abbiamo fatto<br />

tutta questa strada senza che nessuno si sia occupato dei preparativi<br />

per accoglierci?»<br />

«No. Sono qui con i miei uomini, giusto? Ed è stato sistemato e<br />

attrezzato un terreno per voi, senza nessun genere <strong>di</strong> sorveglianza.<br />

Ma Baldwin non mi ha mai accennato a un piano per approntare un<br />

nuovo esercito.»<br />

«E allora <strong>di</strong>mmi, che accor<strong>di</strong> sono stati presi in vista dello scambio<br />

del nostro metallo con le vostre armi?» Mi accorsi dalla sua<br />

espressione attonita che non sapeva assolutamente <strong>di</strong> cosa stessi<br />

parlando. «Dannazione, Quinto, ho un'intera flotta, laggiù nel porto,<br />

con le stive piene <strong>di</strong> lingotti <strong>di</strong> stagno e rame e un ammiraglio che<br />

da un momento all'altro si metterà alla ricerca dei commercianti <strong>di</strong><br />

armi che, come gli è stato assicurato, sarebbero giunti a riceverlo!<br />

Faceva parte dell'accordo sul nostro arrivo!»<br />

Milo alzò le mani al cielo. «Io non ne so niente. Pensavo foste qui<br />

per mettervi in mostra, per esibire la vostra cavalleria.»<br />

«Per metterci in mostra? Ma ci prendete per scemi? Saremmo


venuti fin qui soltanto per sfilare in corteo e farvi <strong>di</strong>vertire?»<br />

A questo punto la sua voce si fece tagliente, in risposta alla mia<br />

veemenza. «Non gridare, amico mio. Avevo perfino <strong>di</strong>menticato il<br />

tuo nome, fino a stamane. Questo pasticcio, qualunque cosa sia, non<br />

ha niente a che fare con me, assolutamente niente. Io non avevo<br />

voce in capitolo in nulla <strong>di</strong> quanto previsto dovesse succedere qui.»<br />

Aveva ragione, ma ero furioso per quella situazione, non per<br />

l'uomo che avevo davanti. «Vuoi <strong>di</strong>rmi che non c'è nessun mercante<br />

<strong>di</strong> metalli? Nessuno è stato messo al corrente del fatto che saremmo<br />

venuti? È un oltraggio. E i tuoi amici e i consiglieri tuoi pari, o i<br />

generali del re? Possibile che nessuno <strong>di</strong> loro sospettasse che <strong>di</strong>etro<br />

tutto questo ci fosse più <strong>di</strong> una semplice visita?»<br />

«E perché avrebbero dovuto farlo? Non è mai accaduto niente del<br />

genere prima d'ora.» Si bloccò, accorgendosi che stavo riflettendo<br />

sulla questione. «Che c'è? A cosa stai pensando?»<br />

Gettai sul tavolo quel che restava del cibo che avevo preso. «Sto<br />

pensando che dovrei far smettere imme<strong>di</strong>atamente ai miei uomini <strong>di</strong><br />

svuotare le navi e or<strong>di</strong>nare loro <strong>di</strong> fare <strong>di</strong>etro front per tornarcene<br />

subito a casa. Ecco cosa sto pensando!»<br />

«Non puoi farlo! Forse...» Era combattuto; poi allontanò lo<br />

sguardo, concentrandolo su <strong>di</strong> un punto lontano e imprecisato.<br />

Concluse: «...potrei sbagliarmi su tutta questa faccenda». La sua voce<br />

si era abbassata <strong>di</strong> tono fin quasi a <strong>di</strong>ssolversi. Le sue ultime parole<br />

erano <strong>di</strong>ventate poco più <strong>di</strong> un sussurro, rivelando tutta la sua<br />

incertezza.<br />

«Lo cre<strong>di</strong> davvero?» Alzò il capo e mi fissò, dando l'idea <strong>di</strong> non<br />

avere più niente da <strong>di</strong>re. «Avanti, Quinto, cerca <strong>di</strong> ricordarti con chi<br />

stai parlando.»<br />

«Cosa inten<strong>di</strong>?»<br />

«Quello che stai cercando <strong>di</strong> ingannare sono io, Clothar <strong>di</strong><br />

Benwick, il tuo vecchio amico Gamba. Io e te non ci siamo mai<br />

mentiti in tutti gli anni <strong>di</strong> scuola passati insieme. Eravamo troppo<br />

amici per farlo. Non cambiamo le cose adesso. Mi hai detto che sei<br />

un consigliere fidato del re. Fino a che punto, esattamente?»<br />

Alzò le spalle, ancora chiaramente a <strong>di</strong>sagio, poi vi<strong>di</strong> la sua fronte


<strong>di</strong>stendersi. «Fino a circa un anno fa ero libero <strong>di</strong> andarlo a trovare<br />

quando volevo. Adesso egli tratta quasi esclusivamente con<br />

Baldwin.»<br />

«Di nuovo quel nome. Chi è questo Baldwin?»<br />

«Un amico <strong>di</strong> Plotio.»<br />

«E chi è questo Plotio?»<br />

«Era, non è, il padre <strong>di</strong> Pelles, ma ormai è morto da un pezzo.»<br />

«Capisco. Dunque Baldwin era suo amico. Ma niente <strong>di</strong> più <strong>di</strong><br />

questo, no? Nessuna parentela, nessun legame <strong>di</strong> sangue?»<br />

«No.»<br />

«Allora mi sfugge qualcosa: perché è ancora con Pelles se era solo<br />

amico <strong>di</strong> suo padre? È... anomalo, non trovi?»<br />

«Attualmente è il primo consigliere del re... ma è sempre stato un<br />

fedele amico <strong>di</strong> Pelles da quando è morto Plotio.»<br />

«Ma non <strong>di</strong>cevi <strong>di</strong> essere anche tu un consigliere del re?»<br />

«Lo ero, lo sono... uno dei tanti. Ma è Baldwin ad avere il titolo<br />

<strong>di</strong> consigliere.»<br />

«E gli altri chi sono allora?»<br />

«Ce ne sono parecchi, ma i più importanti sono i sette capiclan <strong>di</strong><br />

Corbenico.»<br />

«Sette consiglieri, più te e Baldwin. Ce ne sono altri?»<br />

«Sì, qualcuno... altri quattro.»<br />

«Ma Baldwin è il capo, e quando parla lui, voi ascoltate. Ho<br />

ragione?»<br />

«Non sempre, ma la maggior parte delle volte, sì.»<br />

«Perché il vostro re non è venuto ad accoglierci per darci il<br />

benvenuto a Corbenico?»<br />

Milo mi parve un po' a <strong>di</strong>sagio. «Non è venuto neanche il vostro,<br />

no?»<br />

Mi costrinsi a trattenere le parole colme d'ira che avevo sulla<br />

punta della lingua e a mantenere un tono composto. «<strong>Il</strong> mio re è in<br />

Britannia, Quinto, a governare. Qui siamo alle porte del regno del


tuo sovrano, e per sua richiesta. Fosse stato viceversa, Artù<br />

Pendragon sarebbe stato sulla nostra spiaggia pronto a ricevervi.<br />

Perché il vostro re non è qui a darci il benvenuto?»<br />

«Non lo so. Può darsi che ne avesse l'intenzione ma sia stato<br />

trattenuto da qualche imprevisto. Ha mandato me al suo posto.»<br />

«Ha mandato te? Te lo ha or<strong>di</strong>nato lui <strong>di</strong> persona?»<br />

«Be', non proprio. È stato Baldwin a <strong>di</strong>rmi <strong>di</strong> venire. Ho io la<br />

responsabilità dei confini esterni, questo mese, e così il compito<br />

spettava a me.»<br />

«Capisco. E come è stato motivato questo compito?»<br />

Sembrava più a <strong>di</strong>sagio che mai. «Dovere, Gamba. Non è stato<br />

motivato affatto. Semplice dovere, assegnato come qualsiasi altro<br />

compito. Dovevo accogliervi, aiutarvi a scaricare, se fosse stato<br />

necessario, e tenervi qui finché non avessi ricevuto or<strong>di</strong>ni da<br />

Baldwin.»<br />

«Tenerci qui... È quello che sospettavo.» Mi alzai in pie<strong>di</strong>,<br />

sovrastandolo. «Voglio vedere Pelles. Oggi. Adesso.»<br />

«Dovresti parlarne con Baldwin.»<br />

«Al <strong>di</strong>avolo Baldwin. Parlerò con Pelles in persona o con nessun<br />

altro. Se non riuscirò a parlare con lui, domani a quest'ora sarò ben<br />

oltre i vostri orizzonti perché tornerò in Britannia. Puoi portarmi da<br />

lui?»<br />

«Sì, se è davvero quello che vuoi.»


II<br />

Uscii dalla casa e andai a cercare Perceval per informarlo sulle mie<br />

intenzioni. Doveva essere quasi mezzogiorno, ormai. Più in basso<br />

vi<strong>di</strong> i nostri cavalli, più <strong>di</strong> una sessantina, allineati e impastoiati. Poco<br />

oltre, gruppi <strong>di</strong> soldati armati e ben organizzati si stavano dando da<br />

fare: alcuni impilavano casse e attrezzature imballate, sistemandole<br />

or<strong>di</strong>natamente sotto la supervisione <strong>di</strong> tre ufficiali a cavallo. Uno <strong>di</strong><br />

essi registrava ogni articolo su una tavoletta che teneva appoggiata<br />

al fianco, mentre altri alla mia sinistra stavano alzando le tende nella<br />

zona destinata all'accampamento. La mia tenda <strong>di</strong> comandante era<br />

già al suo posto, torreggiante al <strong>di</strong> sopra delle altre, con lo stendardo<br />

rosso e oro <strong>di</strong> Pendragon in cima all'alta asta bianca. Tutto sembrava<br />

svolgersi secondo i tempi programmati e senza incidenti. Spostai lo<br />

sguardo sulla schiera <strong>di</strong> Franchi lungo il bordo della scogliera: quelli<br />

che osservavano il lavoro già svolto al nostro livello erano ormai<br />

numerosi come quelli che seguivano le attività giù nel porticciolo.<br />

Avvertii con una stretta al cuore che qualcosa non andava. Pelles<br />

avrebbe dovuto accoglierci al nostro arrivo - era un atto dovuto -<br />

ma quel che più mi preoccupava era l'inspiegabile ignoranza <strong>di</strong> Milo<br />

su ciò che stava accadendo e sul motivo per cui eravamo lì. Se non<br />

lo sapeva Milo, quanti altri lo ignoravano? E se, come affermava, era<br />

uno dei consiglieri anziani del re, pur considerando che <strong>di</strong> recente i<br />

suoi contatti <strong>di</strong>retti con il sovrano avevano subito delle limitazioni,<br />

fino a che punto potevano essere informati gli altri Franchi <strong>di</strong><br />

Corbenico sullo scopo della nostra presenza?<br />

Con una certa sorpresa, mi accorsi <strong>di</strong> essere propenso a dar<br />

fiducia a Milo. Io e lui eravamo stati molto amici a scuola e lo avevo<br />

sempre trovato onesto, affidabile e sveglio. In questo caso specifico,<br />

però, mi sembrava non avesse la situazione sotto controllo, ed era<br />

abbastanza intelligente da rendersene conto. Questo poteva spiegare<br />

il suo evidente <strong>di</strong>sagio davanti alle mie parole. Aveva avvertito che<br />

in qualche modo lo stavano usando, manipolando e tenendo


all'oscuro <strong>di</strong> informazioni importanti.<br />

Perceval stava ancora sorvegliando le operazioni <strong>di</strong> scarico dei<br />

cavalli giù al porto. Alzò gli occhi per caso e, vedendomi scendere<br />

lungo il pen<strong>di</strong>o, passò subito la tavola per le registrazioni all'ufficiale<br />

al suo fianco e mi aspettò all'estremità del molo.<br />

«Hai un'espressione terribile. Cosa c'è che non va?»<br />

«Non lo so <strong>di</strong> preciso. Forse niente, forse tutto.» Mi guardai<br />

intorno, ma non c'era nessuno tanto vicino da poter sentire quello<br />

che stavamo <strong>di</strong>cendo.<br />

«Devo andare nell'entroterra per incontrarmi con re Pelles. Al mio<br />

ritorno, sarò in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>rti cosa non va oppure se non c'è nulla <strong>di</strong><br />

cui preoccuparsi. Ma ho bisogno <strong>di</strong> una scorta.»<br />

«Di che entità?»<br />

«Imponente. Un intero squadrone, se fosse possibile. Possiamo<br />

permettercelo?»<br />

Mi sorrise, facendo balenare per un attimo i denti bianchissimi. «Ti<br />

aspetti che ti <strong>di</strong>ca <strong>di</strong> no? Sono più <strong>di</strong> quattro ore che scarichiamo,<br />

legato. Con l'ultima infornata <strong>di</strong> cavalli, abbiamo ormai più <strong>di</strong> due<br />

squadroni completi a riva. Le selle e gli equipaggiamenti sono già<br />

stati scaricati in fondo al molo; è tutto lì insieme ai cavalli. Nel giro<br />

<strong>di</strong> mezz'ora avrò messo insieme la scorta che ti serve... imponente a<br />

sufficienza per infondere timore a qualunque signorotto.»<br />

«Ti ringrazio.» Feci per voltare nuovamente il cavallo, ma esitai<br />

prima che le re<strong>di</strong>ni si tendessero. C'era un altro destriero lì accanto<br />

che nitriva piano e batteva a terra con lo zoccolo; non appena lo<br />

vi<strong>di</strong> la mia esitazione svanì.<br />

«È tuo?»<br />

«No, è del giovane Tom.»<br />

«Pren<strong>di</strong>lo in prestito e accompagnami per un tratto. Ho bisogno<br />

<strong>di</strong> parlarti; ci sono troppe orecchie qui intorno.»<br />

Gli uomini erano piuttosto euforici: me ne resi conto allora,<br />

mentre dalla spiaggia risalivo il pen<strong>di</strong>o insieme a Perceval. Non ci<br />

avevo fatto caso scendendo, immerso com'ero nelle mie<br />

preoccupazioni, ma ora vedevo da ogni parte soldati che ci


sorridevano; alcuni ci urlavano un saluto, altri agitavano la mano.<br />

Nessuno <strong>di</strong> loro salutò in modo formale, e la cosa mi fece piacere,<br />

perché se si sentivano così bene adesso, fra<strong>di</strong>ci e infreddoliti come<br />

dovevano essere, questo lasciava ben sperare per l'impresa che ci<br />

aspettava. Sempre ammesso, pensai subito dopo, che i miei timori<br />

riguardo a Pelles e alle sue intenzioni si rivelassero infondati.<br />

Quando raggiunsi il terreno relativamente pianeggiante che<br />

sovrastava il porto, spronai il mio cavallo verso i tre ufficiali che<br />

avevo visto in precedenza. Uno <strong>di</strong> loro, Lucio Genaro, l'aiutante<br />

maggiore del nostro reggimento, ci vide arrivare e ci venne incontro.<br />

Gli chiesi <strong>di</strong> radunare due squadroni completi, i Rossi e i Bianchi, in<br />

assetto da parata, e <strong>di</strong> tenerli pronti per il legato Perceval, quando<br />

fosse tornato. Poi condussi Perceval verso la brughiera che si<br />

estendeva lungo il fianco della collina, dove avremmo potuto<br />

parlare liberamente. Cavalcava al mio fianco, silenzioso come era<br />

rimasto dal momento in cui avevamo lasciato la riva del molo.<br />

«Ti vorrei con me in questa missione» gli <strong>di</strong>ssi per prima cosa. «Se<br />

te ne andassi i tuoi sottufficiali sarebbero in grado <strong>di</strong> occuparsi delle<br />

operazioni <strong>di</strong> scarico?»<br />

«Lo stanno già facendo. Dove stiamo andando? E per quale<br />

motivo?»<br />

«A trovare Pelles senza preavviso, per vedere come reagisce.»<br />

«In che senso, come reagisce? Che cosa sta succedendo, Clothar?»<br />

«Lo scopriremo quando saremo là. C'è qualcosa nell'aria che mi<br />

mette a <strong>di</strong>sagio, Ursus, ma non so <strong>di</strong>rti cosa sia. Non va per il verso<br />

giusto.»<br />

Lo misi rapidamente al corrente della mia <strong>di</strong>scussione con Quinto<br />

Milo e delle gravi lacune che aveva il mio amico, così come delle<br />

inquietanti deduzioni che avevo tratto riguardo allo sconosciuto<br />

Baldwin. Ci eravamo fermati e quando smisi <strong>di</strong> parlare Perceval si<br />

limitò ad annuire con il capo.<br />

«Hai ragione, c'è qualcosa che non va. Ma cosa <strong>di</strong>rai a Pelles?»<br />

«Non ne ho idea, lo saprò quando me lo troverò davanti. Vorrei<br />

soltanto avere a <strong>di</strong>sposizione qualche dato in più su <strong>di</strong> lui.»


«E su quel Baldwin?»<br />

«Non so niente neanche <strong>di</strong> lui. Potrebbe anche essere un tipo<br />

assolutamente a posto. Però, conoscendo bene l'importanza delle<br />

prime impressioni, vorrei che ai loro occhi la vista della cavalleria <strong>di</strong><br />

<strong>Camelot</strong>, che hanno voluto essi stessi sul suolo della Gallia, fosse tale<br />

da non potersela <strong>di</strong>menticare per un pezzo.»<br />

«Oh, puoi starne certo, amico mio. Due squadroni dei nostri<br />

migliori uomini in formazione chiusa e in pieno assetto da<br />

combattimento dovrebbero produrre l'effetto sperato, specialmente<br />

considerando l'opinione che hanno della loro cavalleria. Parlerò agli<br />

uomini prima <strong>di</strong> portarteli. Quando arriveranno, sapranno già che<br />

nessuna ispezione o parata fatta in passato dovrà reggere il<br />

confronto con quella cui si apprestano oggi. Vuoi che qualcuno degli<br />

esploratori <strong>di</strong> Griffyd venga con te?»<br />

«Sì, una decina. Mi sento sempre più tranquillo sapendo che i loro<br />

archi riescono a colpire più lontano <strong>di</strong> tutti gli altri. Porta anche<br />

Griffyd in persona. La mia armatura da parata è stata scaricata?»<br />

«Sì, è già nella tua tenda.»<br />

«E il dono <strong>di</strong> Artù per Pelles?»<br />

«È stato scaricato dalle navi per primo, quando sei sceso tu. È<br />

nella tenda assieme all'armatura.»<br />

«Eccellente. Lo porteremo con noi. Manda, per favore, qualcuno<br />

a prenderlo e a <strong>di</strong>re al giovane Rufus <strong>di</strong> tenere pronta la mia<br />

armatura. La indosserò per l'occasione. Faremo meglio a mandare un<br />

messaggio anche a Connor per fargli sapere dove an<strong>di</strong>amo e per<br />

quanto tempo staremo via.»<br />

«Quanto durerà la nostra assenza?»<br />

Alzai le spalle. «Senz'altro due ore per l'andata e due per il<br />

ritorno, ma non ho idea <strong>di</strong> cosa troveremo una volta arrivati né<br />

quanto tempo avremo per parlare con Pelles. Dipende da lui, io<br />

certo preferirei fosse un colloquio più lungo che breve. Meglio<br />

annunciare che ci fermeremo per la notte e che saremo <strong>di</strong> ritorno<br />

entro mezzogiorno <strong>di</strong> domani.»<br />

Perceval annuì. «D'accordo. La tua scorta sarà pronta tra


mezz'ora.»<br />

«Bene, datemi il tempo <strong>di</strong> cambiare armatura. Venite a prendermi<br />

quando sarete pronti. Ho ancora qualcosa da <strong>di</strong>scutere con Milo.»


III<br />

Quando tornai alla casa, Milo era ancora seduto davanti al fuoco<br />

a bere del vino; dopo aver dato una rapida occhiata al suo viso<br />

rubizzo, capii che aveva messo altra legna sul fuoco e riempito <strong>di</strong><br />

nuovo la coppa. Mentre ancora in pie<strong>di</strong> mi sfilavo l'elmo, Quinto<br />

agganciò con il piede l'altra se<strong>di</strong>a e la fece scivolare sul pavimento<br />

nella mia <strong>di</strong>rezione.<br />

«Porta qui quell'affare e sie<strong>di</strong>ti. C'è ancora un bel po' d'acqua nella<br />

tua brocca. Ti garantisco che non ne ho bevuto neanche un sorso.<br />

Stavo pensando al camino nella stanza <strong>di</strong> Germano. Te lo ricor<strong>di</strong>?<br />

Bruciava vero e proprio carbone scavato nei campi. Fu il primo<br />

fuoco che vi<strong>di</strong> scoppiettare all'interno <strong>di</strong> una bella casa.» Spaziò con<br />

lo sguardo sulla stanza spoglia. «Questa non è una bella <strong>di</strong>mora, ma<br />

il fuoco è più che gradevole, dato il tempo. Sie<strong>di</strong>ti, Gamba. Ho<br />

riflettuto.»<br />

Mi avvicinai al tavolo e afferrai uno degli otri <strong>di</strong> vino. Ma mi<br />

accorsi che era un po' troppo leggero.<br />

«Riflettuto e bevuto. Quanto te ne sei scolato da quando sono<br />

uscito? Sarò stato via una mezz'ora.»<br />

«Abbastanza, mio sobrio amico. Abbastanza. Ne avrò bevute due<br />

coppe... tre, forse... È un ottimo vino, il migliore <strong>di</strong> Pelles,<br />

sgraffignato dalla sua riserva personale. Ma il vino scioglie le idee:<br />

una magia che Germano non ci ha mai insegnato. Sento <strong>di</strong> avere dei<br />

pensieri pronti da esprimere.»<br />

Mi versai una coppa d'acqua e mi sedetti <strong>di</strong> fronte a lui. «Esprimili,<br />

allora. Lasciali andare. A cosa stavi pensando?» Mi tolsi il mantello<br />

dalle spalle.<br />

«A Baldwin, quel figlio <strong>di</strong> una baldracca, rigido e taciturno, e a<br />

Ludovico d'Auxerre. Era il segretario <strong>di</strong> Germano. Te lo ricor<strong>di</strong>?»<br />

«Sì, e molto bene. Ma ti è venuto in mente parlando <strong>di</strong> Baldwin e


questo mi sorprende. Non conosco Baldwin, ma mi è bastato<br />

sentirne parlare da te per detestarlo. D'altra parte, conosco bene il<br />

vecchio Ludovico, anche lui è rigido come una corazza. Ho<br />

l'impressione che con Baldwin formerebbe una strana coppia.»<br />

«Già, e se mai li vedessi insieme, ne avresti la conferma. Si<br />

detestano... Baldwin per lo meno detesta il vecchio Ludovico.<br />

Quanto a Ludovico, il vescovo fa semplicemente finta che egli non<br />

esista, e la cosa manda Baldwin in bestia.»<br />

«Perché tutta questa ostilità?»<br />

Milo tirò su con il naso, si schiarì la gola e sputò nel fuoco per poi<br />

sciacquarsi la bocca con il vino. «Non si piacciono, ecco tutto. È<br />

quello che ti avrei detto stamattina se me lo avessi chiesto. Ma oggi<br />

mi hai fatto capire cose <strong>di</strong> cui avrei dovuto accorgermi da tempo...<br />

cose che Baldwin avrebbe dovuto <strong>di</strong>rmi mesi fa. E così, da quando<br />

mi hai lasciato qui da solo, mi sono messo a pensare che forse questa<br />

situazione è più complessa <strong>di</strong> quanto immaginassi.»<br />

Si chinò e appoggiò a terra la coppa che sbilanciandosi versò il<br />

vino ai suoi pie<strong>di</strong>. «Merda!» La lasciò dov'era e alzò lo sguardo su <strong>di</strong><br />

me, strizzando gli occhi. «So che pensi che io sia mezzo ubriaco,<br />

Gamba, ma non lo sono, cre<strong>di</strong>mi. Al contrario in questo momento<br />

vedo le cose con estrema chiarezza, per quanto del tutto<br />

inaspettatamente. Nessuna <strong>di</strong> queste cose è una novità per me, ma<br />

mi preoccupa che fino a oggi non le avevo mai considerate nel loro<br />

insieme... Ti sembra che quanto <strong>di</strong>co abbia un senso?»<br />

«Sì, ce l'ha, quin<strong>di</strong> non fermarti. Che genere <strong>di</strong> cose?»<br />

Di nuovo inspirò rumorosamente con il naso e abbassò gli occhi<br />

sulla coppa ai suoi pie<strong>di</strong>, domandandosi se dovesse o meno tirarla<br />

su. «È <strong>di</strong>fficile spiegarlo... ma credo <strong>di</strong> aver cercato <strong>di</strong> evitare<br />

qualcosa. Abbiamo tutti dei pensieri che non vogliamo guardare<br />

troppo da vicino, Gamba... devi averne anche tu... non li<br />

affrontiamo perché in realtà ci spaventano. Sai <strong>di</strong> cosa sto parlando:<br />

quel genere <strong>di</strong> cose che ci infasti<strong>di</strong>va a scuola quando eravamo<br />

ragazzi e non potevamo farci niente, quel genere <strong>di</strong> cose che<br />

tenevamo per noi e <strong>di</strong> cui non parlavamo mai, eccetto quando<br />

eravamo soli, io e te senza nessun altro che potesse sentirci. Te lo<br />

ricor<strong>di</strong>? Per esempio il modo in cui ci picchiava fratello Antonio,


finché non ci ritrovavamo coperti <strong>di</strong> livi<strong>di</strong> e <strong>di</strong> sangue. Sapevano<br />

tutti che era un mostro, ma nessuno ne parlava mai.» Milo mi fissava<br />

sorpreso. «Non ti <strong>di</strong>ce niente tutto ciò?»<br />

«No, ma ricordo la legge della scuola: mai lamentarsi e mai, mai,<br />

<strong>di</strong>re malignità.»<br />

Inspirò rumorosamente tra i denti per poi volgere lo sguardo al<br />

fuoco. «Be', forse è tempo che le cose vengano dette ad alta voce,<br />

per quanto sgradevoli. Baldwin... È a Baldwin che sto pensando, e<br />

più ci penso, meno questa faccenda mi piace. C'è qualcosa... Non so<br />

come descriverti la mia sensazione, ma è come se egli avesse un<br />

particolare ascendente su Pelles, una qualche informazione o un<br />

potere che egli usa per dominarlo.»<br />

«Lo domina? Nel senso che gli <strong>di</strong>ce cosa fare?»<br />

«Oh no, non è così palese. Di qualunque cosa si tratti, non è così<br />

semplice. Ma è lì, sotto gli occhi <strong>di</strong> tutti, se uno volesse veramente<br />

considerarla da vicino. La cosa strana è che nessuno - me compreso,<br />

almeno fino a oggi - ha mai sembrato farci caso, o anche se ci ha<br />

fatto caso, non ha voluto vedere cosa c'era sotto.»<br />

«Ma è quello che c'è sotto, Quinto, che mi importa sapere.<br />

Parlami ancora <strong>di</strong> questo Baldwin. Come è riuscito a <strong>di</strong>ventare tanto<br />

intimo <strong>di</strong> Pelles? Se era un amico <strong>di</strong> suo padre, dev'essere molto più<br />

anziano <strong>di</strong> lui.»<br />

«Infatti è così. Tanto da poter essere suo padre. Lui e Plotio sono<br />

stati amici e alleati per tutta la vita: Plotio era forte e potente, e<br />

Baldwin gli faceva da vice. Entrambi, trent'anni fa, combatterono<br />

insieme a Germano contro i Burgun<strong>di</strong>, al tempo in cui il vescovo<br />

comandava gli eserciti romani in Gallia. Plotio fu ucciso poco prima<br />

che finisse la guerra. Baldwin, una volta tornato, fece in modo che la<br />

vedova <strong>di</strong> Plotio, Catalina, avesse tutto ciò che le serviva e che suo<br />

figlio, Pelles, quando fosse venuto il momento, <strong>di</strong>ventasse re. Poi<br />

convinse Catalina a sposare il proprio figlio maggiore, Mario Marco,<br />

affinché la proteggesse... non fu certo un gran sacrificio per nessuno<br />

dal momento che Catalina era molto più giovane <strong>di</strong> Plotio, essendo<br />

la sua terza moglie: aveva la stessa età <strong>di</strong> Mario Marco ed era molto<br />

avvenente.»


«E nessuno dei vostri nobili ebbe nulla da ri<strong>di</strong>re?»<br />

«Cosa avrebbero dovuto <strong>di</strong>re? Catalina non era più la regina e in<br />

quanto donna, benché vedova <strong>di</strong> un re morto, non poteva certo<br />

avanzare delle pretese su Corbenico. L'avrebbe potuto fare il suo<br />

unico figlio, che infatti venne subito nominato futuro re <strong>di</strong><br />

Corbenico, e se avesse avuto dei figli suoi, il potere sarebbe passato<br />

in seguito a loro.»<br />

«E se Catalina avesse avuto dei figli maschi dal suo nuovo<br />

matrimonio?»<br />

«Non aveva importanza. Secondo la nostra legge, il <strong>di</strong>ritto alla<br />

successione al trono si trasmette solo per via paterna.<br />

Qualunque figlio <strong>di</strong> Mario avrebbe potuto ere<strong>di</strong>tare le terre e il<br />

titolo del padre, ma mai Corbenico.»<br />

«Ah, sì è vero, ora ricordo.» Le cose stavano così. Pur essendo<br />

cresciuto in mezzo ai Franchi Ripuari della Gallia meri<strong>di</strong>onale, ero <strong>di</strong><br />

nascita un franco salico del Nord. Mi ricordai che re Ban <strong>di</strong> Benwick,<br />

mio padre adottivo, mi aveva spiegato un giorno in che modo il<br />

mio popolo era <strong>di</strong>verso dal suo e da tutti gli altri. Da tempo<br />

immemorabile, ad<strong>di</strong>rittura da prima che i Romani arrivassero<br />

dall'Italia, la tra<strong>di</strong>zione dei Salici - Ban la chiamava la legge salica -<br />

stabiliva che l'ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> ogni famiglia potesse essere trasmessa<br />

soltanto per linea maschile. Nessuna donna avrebbe mai potuto<br />

avanzare pretese sulle terre per <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> nascita. Baldwin, dunque,<br />

non poteva ottenere nulla, nessun <strong>di</strong>ritto alla corona <strong>di</strong> Corbenico,<br />

facendo sposare suo figlio con Catalina. «E così,» continuai «Baldwin<br />

avrebbe agito con onestà e al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> ogni sospetto.»<br />

«È così, nessuno lo ha mai messo in <strong>di</strong>scussione e grazie a questa<br />

cosa egli ha ottenuto grande consenso.»<br />

«Ma allora cos'è andato storto? Qualcosa dev'essere cambiato, se<br />

Baldwin ha acquisito questo misterioso potere <strong>di</strong> cui parli. Dopo tutti<br />

questi anni <strong>di</strong> onesto operato, il cambiamento deve essere nato da<br />

Baldwin stesso. Sarei portato a supporre che tutto questo - il suo<br />

grande potere e la sua influenza sul re - si sia verificato nel corso<br />

dell'ultimo anno, da quando non ti è più stato possibile avere un<br />

rapporto <strong>di</strong>retto con Pelles, è così?»


«Sì, più o meno, in effetti. <strong>Il</strong> cambiamento è stato molto graduale,<br />

non repentino al punto da essere notato. Si è verificato pian piano,<br />

mese dopo mese.»<br />

«Allora quand'è stata l'ultima volta che hai visto il re, che l'hai<br />

incontrato <strong>di</strong> persona, voglio <strong>di</strong>re, nella tua veste <strong>di</strong> consigliere?»<br />

Arricciò le labbra e si concentrò. «Tre mesi fa? No, quattro mesi<br />

fa, subito dopo l'equinozio.»<br />

«Mmm. E cos'è accaduto un anno fa perché le cose cambiassero in<br />

questa maniera? Deve pur essere successo qualcosa.»<br />

Milo scosse la testa. «Non mi viene in mente niente.»<br />

«Qualcosa dev'esserci stato, Quinto. Qualche evento, una piccola<br />

coincidenza, qualche cambiamento nel modo in cui funzionavano le<br />

cose all'epoca. Rifletti. È passato solo un anno.»<br />

Sembrò sul punto <strong>di</strong> <strong>di</strong>re qualcosa, quando Perceval bussò e aprì<br />

la porta. Si affacciò sulla soglia. «Siamo pronti, magister.»<br />

Magister. Pensai <strong>di</strong> nuovo che non mi sarei mai abituato a quel<br />

titolo, ma poi capii che stavo sbagliando: in realtà quell'appellativo<br />

era più che appropriato ora, fuori dalla Britannia, per il<br />

rappresentante <strong>di</strong> Artù. Gli feci segno <strong>di</strong> entrare.<br />

«Seur Perceval, ti presento il mio vecchio compagno <strong>di</strong> scuola<br />

Quinto Milo, attuale consigliere <strong>di</strong> re Pelles. Quinto, questo è Seur<br />

Perceval <strong>di</strong> Montenegra, legato <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, mio amico e<br />

comandante in seconda.» I due si salutarono cortesemente. Uscii per<br />

primo, compiacendomi <strong>di</strong> sentire Milo trattenere il fiato per lo<br />

stupore nel momento in cui vide la falange <strong>di</strong> ottanta uomini a<br />

cavallo, perfettamente or<strong>di</strong>nata e scintillante, schierata ad aspettarci.<br />

L'effetto era davvero spettacolare anche per me: non un solo cavallo<br />

mosse la testa o la coda per smentire quell'impressione <strong>di</strong> assoluta<br />

<strong>di</strong>sciplina e immobilità.<br />

«Aspettaci qui, per favore, legato.» Mi voltai verso un Milo ancora<br />

sbalor<strong>di</strong>to. «Quinto, vorresti venire con me? Devo cambiarmi<br />

l'armatura. Non ci vorrà molto.»<br />

Annuì, senza proferir parola, e montò in sella per accompagnarmi<br />

nel breve tragitto che ci separava dalla mia tenda, dove il giovane


Rufus, il nuovo scu<strong>di</strong>ero che sostituiva Bors, aveva preparato la mia<br />

splen<strong>di</strong>da armatura da parata. Mentre il ragazzo si indaffarava<br />

intorno a me, sfilandomi l'armatura che portavo, mi rivolsi a Milo<br />

nella lingua che avevamo usato fino ad allora, quella della mia<br />

infanzia.<br />

«<strong>Il</strong> ragazzo non capirà una parola <strong>di</strong> quello che <strong>di</strong>remo, quin<strong>di</strong><br />

non devi preoccuparti <strong>di</strong> lui. Cosa stavamo <strong>di</strong>cendo prima che<br />

arrivasse Perceval? Ti è venuto in mente qualche fatto significativo?»<br />

Lanciò un'occhiata al ragazzo, poi alla magnifica armatura che<br />

Rufus aveva preparato, quin<strong>di</strong> scosse la testa. «Non proprio, ma ha<br />

qualcosa a che fare con la morte <strong>di</strong> Mario Marco... il figlio <strong>di</strong><br />

Baldwin, marito <strong>di</strong> Catalina. In realtà è morto mesi prima che<br />

avvenisse qualsiasi cambiamento, ma è l'unica cosa che mi viene in<br />

mente. Poco dopo la sua morte, un anno fa, o forse poco più,<br />

Catalina andò a vivere nel regno <strong>di</strong> Baldwin, a nordest rispetto a<br />

dove ci troviamo ora. E portò con sé le sue due figlie vedove, Lena e<br />

Serena.»<br />

«Sorelle o sorellastre <strong>di</strong> Pelles?»<br />

«Sorelle, entrambe più anziane <strong>di</strong> lui.» ,<br />

«E Pelles è affezionato a loro?»<br />

«Sì, anche se non hanno fatto più ritorno da quando son partite.<br />

Le va a trovare lui, ogni tanto.»<br />

«Nel regno <strong>di</strong> Baldwin...»<br />

Rufus aveva ormai cominciato a sistemarmi addosso l'armatura da<br />

parata; io rimuginavo su quanto avevo appena saputo, con le<br />

braccia docilmente sollevate, mentre il ragazzo si affaccendava<br />

intorno alle cinghie e alle fibbie della mia corazza.<br />

«Posso farti una domanda che ti suonerà bizzarra, Quinto? Esiste<br />

anche soltanto una remota possibilità che Baldwin tenga in ostaggio<br />

la madre e le sorelle <strong>di</strong> Pelles per ricattarlo? Pelles è sufficientemente<br />

affezionato a loro da temere per la loro vita, se dovesse sfidare<br />

Baldwin?»<br />

Milo storse le labbra e annuì. «Credo che una possibilità ci sia...<br />

anche se molto remota. Stamattina ti avrei risposto <strong>di</strong> no, ancora


una volta. Ma adesso sto cominciando a ragionare in modo<br />

<strong>di</strong>verso... Devo riconoscere che esiste una remota possibilità che le<br />

cose stiano proprio così.»<br />

«E allora, ammettendo che questo sia vero, perché Pelles non<br />

prova a salvarle?»<br />

La sua risposta fu imme<strong>di</strong>ata. «Perché non potrebbe, anche<br />

volendo. <strong>Il</strong> regno <strong>di</strong> Baldwin è estremamente montagnoso; inoltre il<br />

consigliere ha un esercito troppo forte e qualunque sua postazione è<br />

molto ben <strong>di</strong>fesa. La sua roccaforte principale è una fortezza romana<br />

e la guarnigione che la presi<strong>di</strong>a è formata esclusivamente da<br />

mercenari venuti da oltre il Reno.»<br />

«La sua roccaforte principale? E quante ne ha?»<br />

«Tre. E i suoi eserciti sono tutti addestrati come quelli romani.<br />

Fanteria.»<br />

Rimasi per un attimo senza parole. «Ma allora cosa ci fa qui, a<br />

fare da consigliere a un altro re? Quanto sono estese le sue terre?»<br />

«Molto. Confinano con le nostre su due lati, quello orientale e<br />

quello settentrionale.»<br />

«E con il mare a ovest.»<br />

«Già. E con il ducato <strong>di</strong> mio padre a sud.»<br />

«Dannazione, Milo, più cose vengo a sapere, meno ci capisco! Mi<br />

pare che questo Baldwin potrebbe schiacciare Corbenico come il<br />

guscio <strong>di</strong> una noce, qualora gli venisse voglia.»<br />

«No, non potrebbe. Le nostre truppe sono tutte <strong>di</strong> cavalleria. Sulle<br />

nostre terre i suoi eserciti non potrebbero mai batterci, come noi<br />

non riusciremmo a sconfiggerli sulle loro.»<br />

«Dunque è un re potente che gioca a fare il consigliere <strong>di</strong> un re<br />

meno potente <strong>di</strong> lui. Cristo santo! Su che covo <strong>di</strong> vipere ho messo il<br />

piede? E perché siamo venuti fin qui da <strong>Camelot</strong> quando pare che<br />

nessuno ci voglia? Tutto questo non ha senso.»<br />

«Ce l'ha, se si tiene conto <strong>di</strong> Ludovico.» Adesso in Milo non c'era<br />

più alcuna traccia del bevitore rubizzo. Aveva gli occhi ridotti a due<br />

fessure, le guance d'un tratto smunte. «Quei tuoi uomini, là fuori ad<br />

aspettarti... sono la tua cavalleria?»


«Due squadroni della mia cavalleria, precisamente. Perché?»<br />

«Be'...» Era evidente che non trovava le parole giuste per<br />

esprimere ciò che voleva <strong>di</strong>re. «Sono tutti così? L'armatura,<br />

l'equipaggiamento, l'addestramento...?»<br />

«La <strong>di</strong>sciplina, inten<strong>di</strong> <strong>di</strong>re. Sì, sono tutti così. Ne ho un migliaio<br />

nella mia unità, cui aggiungere altri millecinquecento uomini <strong>di</strong><br />

fanteria. E <strong>Camelot</strong> <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> altre sei unità. Ma qui in Gallia ho<br />

solo cinquecento cavalieri e nessun fante.»<br />

«Ebbene, Gamba,» <strong>di</strong>sse piano «se quella che ho visto là fuori - la<br />

tua cavalleria, intendo - è ciò che sei venuto a portarci, la nostra<br />

situazione potrebbe cambiare del tutto. Ludovico evidentemente lo<br />

sa, ed è chiaro che lo sa anche Pelles. Purtroppo, lo capirà anche<br />

Baldwin, non appena poserà gli occhi sui tuoi uomini. Se Corbenico<br />

avesse una cavalleria come la tua, qui si stabilirebbero equilibri del<br />

tutto <strong>di</strong>versi. Credo che Pelles abbia tenuto Baldwin all'oscuro <strong>di</strong><br />

ogni cosa finché gli è stato possibile, ma poi, in qualche modo,<br />

Baldwin deve averlo scoperto. E da allora ha fatto il possibile per<br />

tenere per sé questa certezza, lasciandoci nell'ignoranza. Per tutto<br />

questo tempo, probabilmente, si sarà chiesto cosa poteva fare per<br />

fermarvi. Ed è molto vicino a riuscirci.»<br />

«Cosa inten<strong>di</strong> <strong>di</strong>re?»<br />

Rufus aveva finito, ero vestito dalla testa ai pie<strong>di</strong>, e mi stava<br />

porgendo silenziosamente l'elmo intarsiato d'oro. Con un cenno <strong>di</strong><br />

ringraziamento, glielo presi e me lo misi sotto il braccio; poi feci<br />

segno a Milo <strong>di</strong> seguirmi.<br />

«Se domani salperai verso casa, egli avrà vinto.»<br />

Mi fermai all'ingresso della tenda, pronto a sollevarne il lembo.<br />

«Sì, è vero, ma soltanto se ci abbiamo visto giusto. Cosa spera <strong>di</strong><br />

vincere, come, e a che scopo? Al momento ho con me soltanto<br />

centoventi uomini e non voglio metterli a repentaglio senza sapere<br />

cosa mi troverò davanti. Se rimarrò, nel giro <strong>di</strong> cinque mesi avrò qui<br />

il quintuplo delle attuali truppe, ma da adesso fino al mese prossimo<br />

gli uomini che ho a <strong>di</strong>sposizione potrebbero anche morire, magari<br />

eliminati gradatamente, due o tre per volta grazie ad azioni<br />

clandestine e scorrette. Se Baldwin effettivamente sta macchinando


qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>sonesto, e mi rendo perfettamente conto che in questa<br />

fase non siamo in grado <strong>di</strong> accertarlo, può anche darsi che da<br />

quando ha fiutato il nostro arrivo abbia cominciato a escogitare<br />

piani per respingere la minaccia che rappresentiamo. Chi comanda il<br />

suo regno mentre è a Corbenico? Come <strong>di</strong>avolo si chiama quel<br />

posto?»<br />

«Noi lo chiamiamo le Terre <strong>di</strong> Baldwin. Non ho mai sentito che<br />

avesse altri nomi. È semplicemente il regno <strong>di</strong> Baldwin, un insieme <strong>di</strong><br />

terre ottenute negli ultimi trent'anni a spizzichi e bocconi, in parte da<br />

Roma in cambio dei suoi servigi e in parte con la conquista o la<br />

semplice occupazione. Ma non ha un vero e proprio nome: non<br />

serve. Tutti sanno cos'è e dove si trova.»<br />

«E al momento chi lo governa?»<br />

«Suo figlio maggiore, Culric. Ora che Mario Marco è morto, è lui<br />

il maggiore. Con tre fratelli minori ad assisterlo: Marzio, Thesso e<br />

Karel.»<br />

«Dimmi, c'è qualcuno a Corbenico che sia senza ombra <strong>di</strong> dubbio<br />

fedele a Pelles?»<br />

Si raddrizzò in tutta la sua altezza. «Tu mi offen<strong>di</strong>. Tutti noi siamo<br />

fedeli al re.»<br />

«E chi sarebbero questi "tutti noi"? Chi ha il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> comandare,<br />

a Corbenico, oltre allo stesso re? Chi sono gli uomini più potenti, i<br />

comandanti del suo esercito, i suoi generali?»<br />

«Gli stessi sette capi <strong>di</strong> cui ti parlavo prima. Alcuni li chiamano<br />

baroni, ma sono tutti capiclan, abili nell'arte della guerra.»<br />

«E chi ha la responsabilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere <strong>di</strong>rettamente la persona del<br />

re?»<br />

«I capi si danno i turni: ogni clan monta la guar<strong>di</strong>a per un mese.»<br />

«Con quante guar<strong>di</strong>e?»<br />

«Sufficienti a proteggere il re; in tutti questi anni, da quando ha<br />

ricevuto la corona, non è mai stato minacciato da nessuno.» Tacque<br />

e allontanò lo sguardo per un istante. «Ricordati, Gamba, che sei<br />

stato proprio tu a farmi ragionare; posso soltanto offrirti le mie<br />

riflessioni... sospetti appena abbozzati, senza alcun riscontro


effettivo. Baldwin non ha fatto nulla che si possa considerare<br />

sbagliato, e nulla che facesse nascere dei sospetti. Non ha mai<br />

mostrato ostilità, mai mosso minacce. Si è sempre comportato come<br />

ci si aspetta da uno del suo rango, un consigliere speciale del re. E<br />

devo ammettere che il suo appoggio è stato determinante. Dieci<br />

anni fa, senza l'aiuto <strong>di</strong> Baldwin, Pelles non avrebbe potuto avere<br />

nulla <strong>di</strong> quanto ottenuto.»<br />

«E cioè?» Avevo ancora in mano il lembo della tenda, ma non<br />

volli ancora scostarla.<br />

«Una vittoria. Vinse una guerra contro uno straniero che aveva<br />

ucciso suo nonno - il padre <strong>di</strong> Catalina - e ne aveva usurpato le terre.<br />

Una vendetta, ma non ne so molto. Però è certo che Baldwin<br />

schierò le proprie truppe a fianco <strong>di</strong> quelle <strong>di</strong> Pelles, e il re poté<br />

annettere le terre <strong>di</strong> suo nonno alle proprie, sebbene fossero<br />

separate dai posse<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> Baldwin.»<br />

Avvertii un moto <strong>di</strong> rabbia e non riuscii a <strong>di</strong>ssimularlo.<br />

«Dannazione, Quinto, questo è il genere <strong>di</strong> cose che solo un amico<br />

onesto e leale farebbe. Mi <strong>di</strong>ce soltanto che Baldwin è un uomo<br />

coscienzioso e con una certa integrità, non un cospiratore che<br />

or<strong>di</strong>sce complotti.»<br />

«Già, ma è successo <strong>di</strong>eci anni orsono, e in <strong>di</strong>eci anni le persone<br />

possono cambiare. Ciò che più mi preoccupa <strong>di</strong> tutta questa<br />

faccenda è che Pelles, negli ultimi sei mesi, ha avuto ben poche<br />

occasioni per <strong>di</strong>re qualcosa <strong>di</strong> rilevante, né ha più ricevuto nessuno<br />

<strong>di</strong> noi, e questo non è da lui. È la ragione principale, l'unica ragione,<br />

per cui sono così sospettoso.»<br />

Scostai <strong>di</strong> lato il lembo della tenda e lo precedetti all'esterno;<br />

mentre ci avvicinavamo ai cavalli legati le guar<strong>di</strong>e scattarono<br />

sull'attenti e io montai in sella prima <strong>di</strong> Milo.<br />

«D'accordo» <strong>di</strong>ssi, dando cre<strong>di</strong>to a quell'ultima affermazione.<br />

«Quanti dei suoi uomini tiene con sé Baldwin?»<br />

Tirando le re<strong>di</strong>ni, Milo riuscì a tenere a freno il suo cavallo<br />

ritroso. «Ha un piccolo reparto <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>e personali, una trentina in<br />

tutto.»<br />

«Cavalieri o fanti?»


«Fanti.»<br />

«E sono <strong>di</strong> servizio all'interno dell'abitazione del re?»<br />

«No, mai. Vivono in alcune baracche fuori dalle mura del<br />

castello.»<br />

«Be', meglio <strong>di</strong> niente. Possiamo ringraziare Dio per questo.» Posai<br />

lo sguardo sulla lunga schiera <strong>di</strong> cavalieri che ci osservavano dalla<br />

cima della scogliera. «Uomini tuoi, tutti quanti?» Annuì. «Tutti fedeli<br />

a Pelles?»<br />

«Certamente.»<br />

«Già, certamente. Ma tu ti fi<strong>di</strong> <strong>di</strong> loro, Quinto? Metteresti tutto<br />

nelle loro mani senza la minima incertezza?»<br />

«Naturale che mi fido. Sono i miei uomini, molti dei quali miei<br />

parenti. Li ho portati con me quando venni qui la prima volta. Li<br />

conosco uno per uno.»<br />

«Quanti ne hai portati con te oggi? Sono arrivato a duecento<br />

prima <strong>di</strong> perdere il conto.»<br />

Chinò la testa per confermarmi che avevo visto giusto. «Più o<br />

meno quelli che hai visto. Duecento e rotti. Ma ne ho altri cento <strong>di</strong><br />

scorta, <strong>di</strong>etro a quella scogliera laggiù, solo che da qui non si<br />

vedono.» Fece una smorfia in risposta alla mia espressione stupita.<br />

«Cos'avresti fatto nei miei panni? Non potevo sapere che ci fossi tu,<br />

qui, e neanche che avresti avuto un'intera flotta ad accompagnarti.<br />

Volevo essere certo che non ci fossero imbrogli o tra<strong>di</strong>menti in atto.»<br />

Annuii. «Vuoi portarli con noi? Non credo che la cosa sia in<br />

contrasto con il nostro obiettivo.»<br />

Ci pensò un po' su, poi si alzò sulle staffe e con un movimento<br />

circolare della mano lanciò un segnale che conoscevo bene. Nel giro<br />

<strong>di</strong> qualche istante, l'intera schiera dei suoi soldati si mosse,<br />

convergendo verso <strong>di</strong> noi.


IV<br />

Mezz'ora dopo essermi lasciato alle spalle la flotta ancora intenta<br />

a finire le operazioni <strong>di</strong> sbarco, mi avviai silenzioso alla testa dei miei<br />

uomini con la mente ancora piena <strong>di</strong> dubbi e perplessità<br />

contrastanti. Alle mie spalle, Milo e Perceval procedevano accostati,<br />

seguiti dagli ufficiali dei due squadroni e dagli squadroni stessi, che<br />

avanzavano parallelamente in formazione compatta, schierati in file<br />

da otto per cinque. Dietro ancora, <strong>di</strong>stribuiti a ventaglio come lo<br />

strascico <strong>di</strong> una gonna, c'erano i cavalieri <strong>di</strong> Corbenico.<br />

Conoscevo bene l'effetto che la nostra vista faceva su chiunque ci<br />

guardasse da una certa <strong>di</strong>stanza: i Rossi e i Bianchi <strong>di</strong>sposti come la<br />

sagoma lineare e squadrata <strong>di</strong> due lingotti <strong>di</strong> bronzo avanzavano<br />

perfettamente all'unisono mentre gli uomini <strong>di</strong> Corbenico non<br />

mostravano alcuna <strong>di</strong>sciplina e si limitavano a cavalcare <strong>di</strong>etro <strong>di</strong><br />

noi, senza rappresentare una minaccia per nessuno e<br />

accontentandosi <strong>di</strong> fissarci ammirati. E tuttavia, invece <strong>di</strong> provare il<br />

piacere che normalmente avrei tratto da una situazione del genere,<br />

non ci feci alcun caso, tanto era forte la mia sensazione <strong>di</strong><br />

impotenza. Un condottiero a capo <strong>di</strong> un'armata o <strong>di</strong> una spe<strong>di</strong>zione<br />

si può trovare in situazioni molto <strong>di</strong>verse, ma la più spaventosa e<br />

frustrante è quella in cui egli constata la propria impotenza e<br />

incapacità, perché sa <strong>di</strong> non avere un piano e <strong>di</strong> non poterne<br />

mettere a punto uno a causa delle circostanze. Mentre avanzavo<br />

senza guardare in faccia nessuno <strong>di</strong> coloro che mi stavano intorno,<br />

mi vennero in mente immagini <strong>di</strong> me immerso in una palude scura e<br />

fetida, che mi <strong>di</strong>battevo perdendo sempre più terreno, con la<br />

sensazione <strong>di</strong> venire da un momento all'altro soffocato dal fango e<br />

dall'acqua che salivano gorgogliando verso la mia bocca. Ero<br />

assolutamente sommerso da un oceano <strong>di</strong> incertezze, senza alcuna<br />

via <strong>di</strong> fuga, ma con alcuni sospetti privi, però, <strong>di</strong> concreto<br />

fondamento. Mi accorsi che, a causa del caldo soffocante sotto<br />

l'elmo, un sudore nervoso mi aveva inzuppato la testa e mi colava


ora sul viso. Sfilai l'elmo con una mano e scossi energicamente la<br />

testa; poi lo appesi per la cinghia all'apposito gancio della sella.<br />

<strong>Il</strong> panico e l'indecisione che mi avevano assalito raggiunsero il<br />

culmine quando mi resi conto che Pelles <strong>di</strong> Corbenico avrebbe<br />

potuto non essere presente al nostro arrivo. Quest'improvvisa<br />

folgorazione finì con lo scoraggiarmi quasi del tutto, tanto che tirai<br />

le re<strong>di</strong>ni e fermai il cavallo. Come avevo fatto a pensare,<br />

impegnandomi davanti a tutti in un gesto così smaccatamente<br />

arrogante e <strong>di</strong> sfida, <strong>di</strong> poter condurre i miei armati alla presenza del<br />

re senza alcun preavviso? Avrebbe potuto non esserci! I miei uomini<br />

potevano aver lasciato la costa e percorso tutta quella strada per<br />

niente, e un mancato incontro con il re avrebbe reso ancor più folle<br />

il loro viaggio da <strong>Camelot</strong>. Allontanai subito da me quell'idea<br />

riconoscendola per quello che era: insicurezza fine a se stessa, e mi<br />

tranquillizzai pensando che se il re non fosse stato a palazzo, Milo<br />

mi avrebbe senz'altro informato.<br />

Per evitare <strong>di</strong> venirmi addosso, Perceval e Milo, che viaggiavano<br />

subito <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> me, si erano dovuti scostare con i loro cavalli. Ora,<br />

entrambi al mio fianco, mi guardavano incuriositi e per un<br />

momento, terribile, il mio cervello si bloccò. Rimasi lì ammutolito<br />

come uno stupido, incapace <strong>di</strong> muovermi o <strong>di</strong> parlare. Poi, però,<br />

ripresi a ragionare e, spronato energicamente il cavallo, mi<br />

allontanai da loro prima che il rossore per la vergogna e la<br />

confusione mi salisse alle guance, tradendomi. Nel ripartire mi voltai<br />

e gridai <strong>di</strong> scusarmi ma ero sopra pensiero.<br />

Tuttavia, mentre lanciavo il mio cavallo in corsa e mi allontanavo<br />

dai miei compagni, mi resi conto che da quell'improvviso attacco <strong>di</strong><br />

panico mi stava giungendo un conforto inaspettato. Spuntata dal<br />

nulla, ma chiarissima nella mia mente, u<strong>di</strong>i la voce <strong>di</strong> Tiberio Catone<br />

che mi esortava a fidarmi del mio istinto. All'improvviso mi si<br />

presentò il nitido ricordo <strong>di</strong> lui seduto davanti a me, chino in avanti,<br />

con il viso vicino al mio, mentre con le mani teneva stretta una<br />

caviglia appoggiata sul ginocchio opposto. Feci <strong>di</strong> nuovo rallentare il<br />

cavallo portandolo al trotto e quin<strong>di</strong> al passo e mi lasciai invadere<br />

dal ricordo <strong>di</strong> quel momento passato con Catone.<br />

L'istinto è reale, mi aveva detto quel giorno, e non deve mai


essere ignorato. A ciascuno <strong>di</strong> noi capitano momenti in cui dal<br />

profondo <strong>di</strong> noi stessi arrivano delle informazioni, in forma <strong>di</strong><br />

avvertimento, senza alcuna spiegazione logica. Intuizioni, le<br />

chiamava: sensazioni profonde e spontanee che suonavano vere,<br />

troppo spesso in contrasto con quanto dettato dalla ragione. Diceva<br />

che nessuno era mai stato in grado <strong>di</strong> spiegare come queste cose<br />

accadessero, o da dove scaturissero, ma solo uno sciocco mortale le<br />

avrebbe potute ignorare, e sempre a proprio rischio e pericolo. I<br />

saggi, aveva detto, prestavano la massima attenzione a queste<br />

premonizioni e le persone capaci, istruite e ben preparate vivevano<br />

questo fenomeno più spesso <strong>di</strong> quelle stupide, ottuse e <strong>di</strong>ffidenti.<br />

Sosteneva anche <strong>di</strong> sapere il perché: più si impara, si assorbe e si<br />

assimila la <strong>di</strong>sciplina interiore, più grande è la possibilità che<br />

competenze, conoscenze e formazione si combinino nel profondo<br />

della mente <strong>di</strong> ognuno <strong>di</strong> noi, così da scatenare ragionamenti<br />

improvvisi e intuizioni che vanno oltre il normale processo <strong>di</strong><br />

comprensione. Nessuno è in grado <strong>di</strong> prevederle né <strong>di</strong> farne uso<br />

quando fa più comodo, ma una persona intelligente non può negare<br />

che esistano.<br />

Abbi fiducia nel tuo istinto, aveva detto. Nella tua competenza. E<br />

in te stesso.<br />

Lì e in quel preciso istante, nello spazio <strong>di</strong> un attimo, decisi <strong>di</strong> fare<br />

esattamente così - <strong>di</strong> avere fiducia in me stesso -e la decisione mi<br />

calmò imme<strong>di</strong>atamente, come per magia. Se dovevo, però, fidarmi<br />

<strong>di</strong> me stesso, avrei dovuto prima esaminare con attenzione e molta<br />

calma tutti gli aspetti contrastanti che mi creavano ansia e riuscire a<br />

eliminare il panico che mi aveva reso debole e la paura subdola e<br />

deprimente <strong>di</strong> sbagliare; proprio a causa <strong>di</strong> quelle cose avevo fatto la<br />

figura dello stupido. Mi misi quin<strong>di</strong> a elencare mentalmente tutti i<br />

vaghi e confusi sospetti che quel giorno si erano impossessati <strong>di</strong> me.<br />

E mi convinsi, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni possibile dubbio, che alla base <strong>di</strong> tutto<br />

ci fosse una delle "intuizioni" <strong>di</strong> cui parlava Tiberio Catone.<br />

Primo tra tutti era mancato, ancor più che un benvenuto formale,<br />

un qualunque riferimento esplicito all'obiettivo che ci eravamo posti<br />

con il nostro arrivo a Corbenico.<br />

Inizialmente avevo pensato che la responsabilità <strong>di</strong> questa


mancanza fosse da attribuire a re Pelles, che tanto aveva insistito<br />

perché raggiungessimo il suo regno. Poi, però, era sorto il primo<br />

sospetto: che un altro re, Baldwin, primo consigliere <strong>di</strong> Pelles, stesse<br />

esercitando una forma <strong>di</strong> controllo sul re più giovane e avesse<br />

ragioni tutte sue per non farci sentire i benvenuti.<br />

Erano appunto soltanto sospetti, ma ora, mentre li esaminavo a<br />

mente fredda, assumevano una forma ben precisa, se non vera e<br />

propria consistenza. Re Baldwin possedeva un regno che confinava<br />

con Corbenico su due fronti. Ma le sue terre erano molto più estese<br />

<strong>di</strong> quelle <strong>di</strong> Pelles e non si capiva perché egli sprecasse il suo tempo<br />

come consigliere <strong>di</strong> un re meno potente <strong>di</strong> lui. Non c'era del resto<br />

alcuna prova che Baldwin mirasse a <strong>di</strong>ventare il signore <strong>di</strong><br />

Corbenico: non una sola persona, nemmeno tra i sette capiclan del<br />

regno, guardava a lui con sospetto. Tuttavia esisteva una minima<br />

possibilità che Baldwin tenesse in ostaggio la madre e le sorelle <strong>di</strong><br />

Pelles come garanzia della sua condotta... era quell'ipotetica<br />

influenza esercitata sul re cui aveva accennato Milo. Se fosse stato<br />

così, qual era il suo scopo? Con la morte <strong>di</strong> Pelles, Culric non<br />

avrebbe potuto succedergli come re <strong>di</strong> Corbenico se non al prezzo <strong>di</strong><br />

una lunga e <strong>di</strong>spen<strong>di</strong>osa guerra che, a detta <strong>di</strong> Quinto Milo, nessuna<br />

delle due parti avrebbe potuto vincere.<br />

Considerai anche l'eventualità che Milo mi avesse messo al<br />

corrente <strong>di</strong> quelle circostanze per ragioni personali. Da quando, un<br />

anno prima, Baldwin aveva assunto una posizione <strong>di</strong> predominio,<br />

Milo aveva perduto la possibilità <strong>di</strong> recarsi liberamente da Pelles. A<br />

spingerlo era, dunque, semplice invi<strong>di</strong>a? Aveva sperato forse <strong>di</strong> far<br />

cadere Baldwin per recuperare il suo ruolo <strong>di</strong> consigliere? Era rimasto<br />

colpito dall'imponenza delle mie truppe, ma aveva espresso i suoi<br />

dubbi su Baldwin - specificando, per altro, che erano soltanto dubbi<br />

- ben prima <strong>di</strong> vedere la nostra cavalleria, e ciò ai miei occhi gli dava<br />

cre<strong>di</strong>bilità. Se avesse espresso i suoi timori su Baldwin in un secondo<br />

momento avrei considerato le sue parole sotto un'altra luce.<br />

Tutta la mia attenzione, così, si concentrò su Baldwin e sulla<br />

possibilità che, per ragioni <strong>di</strong> cui non potevo essere sicuro,<br />

quell'uomo non ci volesse a Corbenico, né volesse far conoscere la<br />

vera natura della nostra presenza. Eppure, a minacciarlo, non poteva<br />

essere che la nostra capacità <strong>di</strong> rompere gli equilibri <strong>di</strong> potere tra


Corbenico e le sue terre, qualunque cosa stesse accadendo tra lui e re<br />

Pelles.<br />

A quel punto sentii, ne ero certo, <strong>di</strong> aver ragione e che in quanto<br />

emissario <strong>di</strong> Artù avrei potuto presentarmi al re <strong>di</strong> Corbenico a<br />

pieno titolo, come suo pari e come alleato, per avere spiegazioni su<br />

quanto stava succedendo e sul perché le cose non si stavano<br />

svolgendo come ero stato indotto a credere prima <strong>di</strong> lasciare<br />

<strong>Camelot</strong>, in base alle chiare in<strong>di</strong>cazioni del mio re. Se re Pelles non<br />

fosse stato a palazzo al mio arrivo mi sarei accampato e avrei atteso<br />

il suo ritorno, pretendendo la cortesia e la considerazione che Artù<br />

stesso si sarebbe aspettato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto.<br />

Quanto a Baldwin, lo avrei incontrato con un atteggiamento<br />

mentale che non poteva aspettarsi da me e marcato come un'aquila<br />

che punta una lepre a un miglio <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza. Ma per il momento fui<br />

lieto <strong>di</strong> accorgermi che, per la prima volta da quando avevo messo<br />

piede in Gallia, sapevo dove stavo andando e quali erano i miei<br />

obiettivi.<br />

Voltai il cavallo e andai incontro a Perceval e Milo, ma nel fare<br />

quel breve tragitto mi accorsi che qualcosa non quadrava. In alto,<br />

lungo il versante della collina alla mia sinistra, un grosso numero <strong>di</strong><br />

uomini a cavallo stava avanzando lungo un sentiero parallelo al<br />

nostro. Raggiunti i miei due amici alzai una mano nella loro<br />

<strong>di</strong>rezione, feci voltare ancora il cavallo e proseguii in mezzo a loro.<br />

«Quinto, quel gruppo lassù: chi sono?»<br />

«Sulla collina?» Non si prese nemmeno la briga <strong>di</strong> alzare gli occhi.<br />

«I sette capiclan <strong>di</strong> cui ti ho parlato, con le loro guar<strong>di</strong>e.»<br />

«Tutti insieme? E perché non scendono?»<br />

Milo scosse la testa. «Non lo faranno, vogliono aspettare che vi<br />

riceva il re in persona.»<br />

«Ma perché sono lì?»<br />

«Sono curiosi. Non lo saresti anche tu al loro posto?»<br />

«Immagino <strong>di</strong> sì» borbottai, imponendomi <strong>di</strong> ignorare il gruppo <strong>di</strong><br />

cavalieri che ci accompagnava a <strong>di</strong>stanza. «Cre<strong>di</strong> che cercheranno <strong>di</strong><br />

intervenire quando saremo vicini all'abitazione del re? A proposito,


dov'è questo posto e com'è? Confido nel fatto che tu mi stia<br />

conducendo da Pelles; per quanto ne so io potresti anche portarmi a<br />

trovare la tua vecchia nonna.»<br />

«È una villa in muratura, a nord <strong>di</strong> qui; siamo più o meno a un<br />

terzo del percorso. C'è anche un castello nelle vicinanze, in caso <strong>di</strong><br />

pericolo, ma Pelles preferisce vivere alla villa.»<br />

Procedetti senza parlare per un po', pensando a ciò che mi aveva<br />

detto, e poi borbottai: «Be', sarebbe un altro argomento a favore<br />

della teoria della madre e delle sorelle tenute in ostaggio».<br />

«Cosa vuoi <strong>di</strong>re? Perché <strong>di</strong>ci così?»<br />

«Conosco l'animo umano, Quinto. Dai a tre donne la possibilità <strong>di</strong><br />

scegliere se vivere in una confortevole villa o starsene in una fortezza<br />

in mezzo alle montagne e vedrai che <strong>di</strong> certo sceglieranno la<br />

como<strong>di</strong>tà. Ne consegue che le donne sono state costrette a restare<br />

da Baldwin.»<br />

«Sciocchezze. La villa <strong>di</strong> Baldwin è <strong>di</strong>eci volte più splen<strong>di</strong>da e<br />

confortevole <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> Pelles.»<br />

«Cosa?» Per poco non mi bloccai <strong>di</strong> nuovo, ma <strong>di</strong>e<strong>di</strong> subito un<br />

colpo alle costole del cavallo per prevenire una sua eventuale<br />

reazione alla mia involontaria tirata <strong>di</strong> re<strong>di</strong>ni. Mi accorsi che<br />

Perceval si era messo ad ascoltare, colpito dalla mia esclamazione.<br />

«Avevi detto che erano tenute nella roccaforte principale <strong>di</strong><br />

Baldwin.»<br />

«No, non l'ho detto.» Milo era in<strong>di</strong>gnato. «Mi avevi chiesto<br />

quante fortezze avesse e io ti ho risposto che erano tre e che la<br />

principale era controllata da una guarnigione <strong>di</strong> mercenari.»<br />

«Ti avevo chiesto perché Pelles non tentava <strong>di</strong> salvare le donne, e<br />

tu hai risposto che non poteva, perché...» Lasciai la frase a metà e<br />

sospirai: non era <strong>di</strong> alcuna utilità litigare riguardo a piccoli malintesi.<br />

Mi scusai con un cenno della testa. «Perdonami, ho frainteso quello<br />

che mi hai spiegato. Ma ho ragione, adesso, <strong>di</strong> ritenere che... Come<br />

si chiama? Catalina?... lei e le sue figlie siano tenute in una villa?»<br />

«Sì, quando è in patria, Baldwin vive come un imperatore in un<br />

posse<strong>di</strong>mento immenso, <strong>di</strong> cui non devi aver mai visto eguali. Ti ci<br />

vorrebbero due intere giornate solo per attraversare le sue <strong>di</strong>stese <strong>di</strong>


vigne. Le viti non sono <strong>di</strong> gran qualità, producono un vino piuttosto<br />

scadente - robaccia insipida e amara - ma riesce a venderlo e con il<br />

ricavato si compra del buon vino.»<br />

«Ci sei stato?»<br />

«Sì, due volte, l'ultima con Pelles, quando andò a trovare la<br />

madre, in primavera.»<br />

«È fortificata?»<br />

«No, te l'ho detto: è una villa al centro <strong>di</strong> un vasto<br />

posse<strong>di</strong>mento.»<br />

«Presi<strong>di</strong>ata da una guarnigione?»<br />

«No! È ben sorvegliata, ma non presi<strong>di</strong>ata. Una delle fortezze <strong>di</strong><br />

Baldwin sulle colline che sovrastano la proprietà <strong>di</strong>sta meno <strong>di</strong><br />

cinque miglia e tutte e tre le roccaforti sono a meno <strong>di</strong> una giornata<br />

<strong>di</strong> marcia. Al primo accenno <strong>di</strong> minaccia - <strong>di</strong> un'invasione o un<br />

attacco - la fortezza più vicina può far arrivare le sue truppe alla villa<br />

in un'ora.»<br />

Vi<strong>di</strong> che Perceval stava ascoltando attentamente, ma non <strong>di</strong>ssi<br />

nulla; avanzando immersi in un benevolo silenzio rimuginavo sulle<br />

ultime informazioni ricevute. Fu Perceval a parlare per primo.<br />

«Cosa pensi <strong>di</strong> fare quando incontrerai Pelles? Ci hai già pensato?»<br />

«Non ho ancora un piano. E non ho ancora fatto progressi in<br />

merito.»<br />

«E riguardo a questo Baldwin, cosa mi <strong>di</strong>ci? Pensi che ci darà dei<br />

fasti<strong>di</strong>?»<br />

«Che genere <strong>di</strong> fasti<strong>di</strong> potrebbe darci, a parte <strong>di</strong>chiarare guerra a<br />

<strong>Camelot</strong>? Io sono qui nelle vesti <strong>di</strong> vice <strong>di</strong> Artù, sommo re della<br />

Britannia. Se quell'uomo dovesse offendermi, reagirò come merita.<br />

Se dovesse accogliermi come conviene, tratterò con lui. Non sono<br />

preoccupato. E per il momento non ci si guadagna nulla ad<br />

angustiarsi sul futuro. Lo sapremo entro un'ora, in un modo o<br />

nell'altro. Intanto la pioggia è cessata, il vento si è calmato e il sole<br />

splende, anche se a sprazzi. E questo paesaggio è stupendo.»<br />

Mi rivolsi nuovamente a Milo. «Un'altra cosa. Quei capiclan,<br />

lassù: si fidano <strong>di</strong> te?»


Questa volta lanciò un'occhiata verso il gruppo che procedeva sul<br />

fianco della collina. Si era avvicinato e ora riuscivo a notare i loro<br />

abiti <strong>di</strong> buona fattura e dai colori vivaci, ma la <strong>di</strong>stanza era ancora<br />

troppa perché io riuscissi a <strong>di</strong>stinguere contorni o visi.<br />

«Certo che si fidano <strong>di</strong> me» rispose in<strong>di</strong>spettito. «È per questo che<br />

si comportano in modo tanto... rispettoso.»<br />

«Ci stanno mostrando rispetto?»<br />

«Certamente, con il loro tenersi in <strong>di</strong>sparte. Questo è il loro<br />

paese. Pelles lo governa in qualità <strong>di</strong> re ma quei sette uomini lassù<br />

governano la gente che lo abita. Non devi avere dubbi su questo.»<br />

«Mmm... Be', non vorrei offenderli inavvertitamente<br />

presentandomi alla porta <strong>di</strong> Pelles senza preavviso, perciò, se non ti<br />

spiace, potresti raggiungerli e scambiare due chiacchiere con loro?»<br />

Non aveva obiezioni. «Ti ringrazio. Salutali cor<strong>di</strong>almente da parte<br />

mia, per favore. Spiega loro che non ho alcun desiderio <strong>di</strong> imporre<br />

la mia presenza, informali dei nostri piani e <strong>di</strong>' che sto andando a<br />

portare i miei ossequi e un dono al nostro ospite, re Pelles, da parte<br />

<strong>di</strong> re Artù.»<br />

«Con piacere,» <strong>di</strong>sse «ma farò <strong>di</strong> più. Dirò loro sottovoce e con un<br />

tono <strong>di</strong> segretezza che sei l'emissario ufficiale <strong>di</strong> re Artù <strong>di</strong> Britannia e<br />

che non hai nessuna intenzione <strong>di</strong> lasciare che Baldwin ti impe<strong>di</strong>sca<br />

<strong>di</strong> incontrare Pelles. La cosa gli farà enorme piacere visto che negli<br />

ultimi mesi hanno tutti dovuto subire lo stesso mio trattamento.<br />

Torno subito.» Si staccò da noi e spronò il cavallo in <strong>di</strong>rezione del<br />

lontano gruppo <strong>di</strong> osservatori.<br />

«Bene, amico mio,» <strong>di</strong>ssi a Perceval «il dado è tratto, in un modo<br />

o nell'altro, e voglio che tu tenga bene a mente due cose. La prima<br />

riguarda i nostri segnali. Non ho idea <strong>di</strong> quanto vicino a me ti<br />

troverai in futuro perciò ricordati questi due segnali. Se, in un<br />

qualsiasi momento dovessi pronunciare la parola "Caledone", a<br />

prescindere dalla persona con cui sto parlando, vorrà <strong>di</strong>re che siamo<br />

in pericolo e che potremmo dover riguadagnare la via verso le<br />

nostre navi combattendo. Sarà per te il segnale che dovremo tirarci<br />

fuori <strong>di</strong> qui. Userò invece il secondo segnale soltanto se sarai troppo<br />

lontano per sentire le mie parole, e anche questo vale<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dalla persona con cui starò parlando: si tratta


della mia nuova cintura <strong>di</strong> lana verde. Sai a quale mi riferisco, mi<br />

sono accorto che da quando l'hai vista muori dalla voglia <strong>di</strong> sapere<br />

da dove viene. Se saremo nei guai, la sistemerò legandola in modo<br />

che mi penda visibilmente lungo il fianco destro. Avrà lo stesso<br />

significato della parola "Caledone": Tiriamoci fuori <strong>di</strong> qui!<br />

In realtà credo che non avremo bisogno <strong>di</strong> nessun segnale. Per il<br />

resto, qualunque altra cosa mi vedessi fare o <strong>di</strong>re, voglio che tu<br />

segua semplicemente le mie in<strong>di</strong>cazioni. Persino se mi sentissi<br />

<strong>di</strong>chiarare amore al nostro Baldwin, guarda pure da un'altra parte se<br />

vuoi, ma cerca <strong>di</strong> non fare una faccia sorpresa.» Risposi al suo aperto<br />

sorriso. «Guarda che <strong>di</strong>co sul serio: ve<strong>di</strong> <strong>di</strong> non assumere<br />

un'espressione sorpresa qualsiasi cosa io <strong>di</strong>ca o faccia. Non ho<br />

assolutamente idea <strong>di</strong> cosa potrebbe accadere quando avremo<br />

raggiunto la villa <strong>di</strong> Pelles: reagirò <strong>di</strong> volta in volta come più mi<br />

sembrerà opportuno in ogni situazione o con chiunque mi si<br />

presenterà. Dunque sii pronto a tutto. Capito?»<br />

«Sì, in effetti sarei piuttosto curioso <strong>di</strong> vederti all'opera con una<br />

<strong>di</strong>chiarazione d'amore.»<br />

«Infilzati con la tua spada, i<strong>di</strong>ota. Prima, però, torna in<strong>di</strong>etro e fai<br />

sapere ai tuoi cavalieri Rossi che non ti sei <strong>di</strong>menticato <strong>di</strong> loro là<br />

<strong>di</strong>etro; avvisa anche il giovane Tomasius <strong>di</strong> tenersi pronto a portarmi<br />

il dono per il re non appena saremo in vista della villa. Nel<br />

frattempo io parlerò con i cavalieri Bianchi.»<br />

Artù aveva mandato a Pelles un dono magnifico, un duplicato<br />

perfetto della lunga spada dall'impugnatura a due mani posseduta<br />

soltanto dai cavalieri del re ma ornata da un pomo d'oro invece che<br />

d'argento. Era un dono davvero degno <strong>di</strong> un re, realizzato dai più<br />

abili fabbri <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, anche se non su misura come per i cavalieri<br />

della Tavola Rotonda. Ogni singola spada infatti veniva tarata e<br />

misurata in base all'altezza e alla lunghezza del braccio del cavaliere<br />

cui era destinata. Sotto certi aspetti, tuttavia, il dono <strong>di</strong> Artù a Pelles<br />

era ancora più ricercato perché sulla lama, coperta da un fodero del<br />

cuoio più fine e lucido, tutto ornato <strong>di</strong> fili dorati, era inciso il nome<br />

<strong>di</strong> Pelles, che si trovava anche, insieme allo stemma personale <strong>di</strong><br />

Corbenico, sul pomo, un <strong>di</strong>sco d'oro con le parole "Pelles rex"<br />

<strong>di</strong>sposte intorno a una testa <strong>di</strong> cervo. Era un dono che potevo offrire


con grande sicurezza perché in tutta la Gallia non ne esistevano <strong>di</strong><br />

eguali e la sua magnificenza era tale da assicurarmi il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

insistere per consegnarlo a Pelles in persona.


V<br />

Non so davvero cosa mi aspettassi <strong>di</strong> vedere in Baldwin, Milo<br />

non me lo aveva mai descritto fisicamente, ma siccome ero deciso a<br />

detestarlo a prima vista, me l'ero immaginato sgradevole e volgare.<br />

Niente <strong>di</strong> più lontano dalla realtà. L'uomo che ci aspettava al<br />

nostro arrivo alla villa <strong>di</strong> Pelles era un re da capo a pie<strong>di</strong> e indossava<br />

abiti regali quanto quelli <strong>di</strong> un imperatore. Ebbi il tempo <strong>di</strong><br />

osservarlo con attenzione mentre ci avvicinavamo poiché si trovava<br />

al centro del portico, in compagnia <strong>di</strong> sei uomini <strong>di</strong> scorta <strong>di</strong>sposti a<br />

semicerchio alle sue spalle. A giu<strong>di</strong>care dall'elaborata uniforme uno<br />

<strong>di</strong> questi, l'ufficiale in posizione centrale, doveva essere <strong>di</strong> alto rango.<br />

Anche se non avessi u<strong>di</strong>to Milo mormorare il nome <strong>di</strong> Baldwin, lo<br />

avrei riconosciuto dall'età, perché i suoi capelli, ancora folti,<br />

perfettamente pettinati e composti sulle spalle, erano <strong>di</strong> un<br />

sorprendente bianco argenteo. Era alto e superbo, con le spalle<br />

larghe, e dritto come una lama <strong>di</strong> spada; non portava la barba, ma<br />

un folto paio <strong>di</strong> baffi fluenti del medesimo ricco candore. Mentre ci<br />

guardava avvicinarci, prese ad accarezzarli e a lisciarli come se stesse<br />

riflettendo: lasciò scorrere la punta del pollice e dell'in<strong>di</strong>ce dalle<br />

narici al mento più volte.<br />

Eravamo a meno <strong>di</strong> trenta passi da Baldwin quando Perceval<br />

mormorò a denti stretti: «Non mi sorprende davvero che Pelles non<br />

sia qui. Chi vorrebbe trovarsi a fianco <strong>di</strong> quel figlio <strong>di</strong> una baldracca<br />

e sembrare una rapa?».<br />

Non era necessario chiedere a cosa si riferisse. Baldwin indossava<br />

una ricca veste simile a una toga: bordata <strong>di</strong> broccato d'oro e fatta <strong>di</strong><br />

un tessuto lucido che s'increspava come acqua, era <strong>di</strong> una sfumatura<br />

più chiara della porpora imperiale. Sotto la veste portava una tunica<br />

trapuntata <strong>di</strong> seta verdeazzurra, lunga fino al ginocchio, la più<br />

impalpabile che avessi mai visto, mentre le gambe erano ricoperte da<br />

brache <strong>di</strong> una sfumatura leggermente più scura, intessute <strong>di</strong> fili <strong>di</strong> seta


color oro. I pie<strong>di</strong> nu<strong>di</strong> erano avvolti in sottili sandali dorati. Era<br />

splen<strong>di</strong>do! Per definire il suo aspetto in tutta la sua magnificenza non<br />

c'era altro aggettivo che "minaccioso", e ricordai amaramente la mia<br />

osservazione <strong>di</strong> poco prima sull'importanza delle prime impressioni.<br />

Senza farmi notare controllai gli uomini della mia scorta: non avevo<br />

alcun motivo <strong>di</strong> preoccuparmi, avanzavano in perfetta simmetria,<br />

incutendo a loro volta potenza e timore. Ci trovammo così faccia a<br />

faccia con Baldwin, che ci sorrideva a meno <strong>di</strong> cinque passi. Mentre<br />

Perceval impartiva ai nostri uomini l'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> fermarsi, smontai<br />

piano da cavallo e mi avvicinai ai gra<strong>di</strong>ni del portico; gli attimi che<br />

seguirono trascorsero in un susseguirsi <strong>di</strong> impressioni confuse e saluti<br />

banali. Quinto Milo non era sceso da cavallo, e così avevano fatto<br />

anche i sette capiclan, <strong>di</strong>sposti a semicerchio vicino all'ingresso<br />

principale del cortile della villa. Baldwin li ignorò totalmente,<br />

concentrando la sua attenzione su <strong>di</strong> me, deciso a darmi il<br />

benvenuto. In realtà, non si trattava <strong>di</strong> un'occasione formale e, data<br />

l'assenza <strong>di</strong> Pelles, non era possibile nemmeno interpretarla come<br />

tale. Baldwin poteva solo accogliermi come interme<strong>di</strong>ario del re: un<br />

consigliere in casa <strong>di</strong> Pelles.<br />

Esordì esprimendo il suo rammarico per il fatto che il re fosse<br />

in<strong>di</strong>sposto e impossibilitato a riceverci <strong>di</strong> persona. Accettai la<br />

spiegazione senza obiettare, concentrando tutta l'attenzione nel<br />

tentativo <strong>di</strong> decifrare l'uomo che avevo davanti: analizzavo ogni suo<br />

gesto ed espressione cercando <strong>di</strong> capire il genere d'uomo con cui<br />

avevo a che fare. Durante il tragitto avevo già tratto alcune<br />

conclusioni, ma sapevo che potevano essere errate, visto che mi ero<br />

potuto basare soltanto su quanto sentito <strong>di</strong>re.<br />

Era molto raffinato e ci riservò un'accoglienza fin troppo calorosa,<br />

invitando me e i miei ufficiali all'interno della villa per ristorarci. Fin<br />

dal principio, però, qualcosa <strong>di</strong> indefinibile nel suo modo enfatico <strong>di</strong><br />

accoglierci mi mise sul chi va là. Poi, ascoltandolo e osservandolo<br />

con più attenzione, mi resi conto che non c'era in effetti un solo<br />

aspetto del suo atteggiamento che non mi offendesse. La falsità era<br />

insita in ogni suo comportamento e, pur non riuscendo a<br />

identificarla subito per ciò che era, la riconobbi in fretta, e questo<br />

bastò a farmi saltare la mosca al naso: nel suo tono si coglieva un<br />

vago rammarico compassionevole, quasi gli facessimo pena; ci


trattava come un gruppo <strong>di</strong> lontani parenti che, presentandosi alla<br />

porta in un momento inopportuno, si aspettano ospitalità per <strong>di</strong>ritto<br />

acquisito. C'era doppiezza in ogni cosa che <strong>di</strong>ceva e faceva, come<br />

nelle occhiate che lanciava ai nostri cavalieri, sempre sul punto <strong>di</strong><br />

scuotere mestamente la testa per esprimere la sua muta<br />

<strong>di</strong>sapprovazione e commiserarci per le nostre <strong>di</strong>fficoltà. Eppure fino<br />

a quel momento nessuno aveva ancora parlato <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà. A parte<br />

il breve accenno alla presunta in<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> Pelles, non ci era<br />

stata fornita la benché minima spiegazione per l'accoglienza<br />

informale, per non <strong>di</strong>re offensiva, riservataci quella mattina al nostro<br />

arrivo, né per la mancanza <strong>di</strong> preparativi in vista della nostra visita a<br />

Corbenico. Queste impressioni continuavano ad affiorare nella mia<br />

mente con sempre maggior chiarezza, finché, poco dopo il nostro<br />

arrivo, non mi ritrovai a pensare: "Quest'uomo è solo un arrogante<br />

figlio <strong>di</strong> una baldracca e si sta prendendo gioco <strong>di</strong> noi; sta ridendo<br />

alle nostre spalle, pensando che siamo così sprovveduti da prendere<br />

per buona ogni sua parola".<br />

Così decisi <strong>di</strong> fingermi lo sciocco che evidentemente mi reputava<br />

essere, perché mi era ormai chiaro che, per come si erano messe le<br />

cose, non potevamo aspettarci da quell'uomo la minima<br />

collaborazione. In quel momento, comunque, colpito da<br />

un'improvvisa illuminazione - o forse si trattava <strong>di</strong> un pio desiderio -<br />

mi resi conto che se avessi finto <strong>di</strong> voler ripartire subito per la<br />

Britannia avrei scoperto molte più cose che mostrandomi deciso a<br />

portare a termine la mia missione. E per farlo dovevo recitare la<br />

parte dello scemo come se mi calzasse a pennello.<br />

Presa la decisione, mi misi sull'attenti e lo salutai come avrei fatto<br />

con un ufficiale <strong>di</strong> grado superiore al mio, lo chiamai vostra maestà e<br />

lo ringraziai per la sua cortesia. Mi rivolsi poi a Perceval e gli chiesi <strong>di</strong><br />

chiamare anche i comandanti dei nostri due squadroni perché si<br />

unissero a noi, portando con loro il dono del re per Pelles, e<br />

bevessimo tutti insieme una coppa <strong>di</strong> vino. Baldwin si rivolse al<br />

soldato alle sue spalle e gli or<strong>di</strong>nò <strong>di</strong> attendere Perceval e gli altri<br />

ufficiali per accompagnarli da noi una volta pronti; poi mi fece<br />

strada nella villa, seguito dagli altri cinque assistenti. Non aveva<br />

prestato alcuna attenzione alla presenza <strong>di</strong> Quinto Milo e dei<br />

capiclan schierati <strong>di</strong>etro le truppe. In seguito, mentre entravamo,


liquidò con un gesto della mano la mia adulatoria deferenza <strong>di</strong>cendo<br />

che non era affatto necessario che lo considerassi o trattassi come un<br />

re, poiché egli era lì solo in veste <strong>di</strong> amico e consigliere del povero<br />

giovane Pelles, la cui salute era negli ultimi mesi peggiorata.<br />

Mentre entravo nella villa, mi guardai intorno con attenzione alla<br />

ricerca <strong>di</strong> uomini armati, ma non ne vi<strong>di</strong> finché non giungemmo<br />

nella sala dei ricevimenti: là due guar<strong>di</strong>e presi<strong>di</strong>avano la porta a due<br />

battenti che conduceva alla zona principale della residenza. Erano<br />

due uomini alti, robusti e <strong>di</strong> carnagione scura, <strong>di</strong>versi da qualsiasi<br />

franco avessi mai visto fino a quel momento: indossavano semplici<br />

tuniche nere e spesse armature <strong>di</strong> cuoio complete <strong>di</strong> elmo.<br />

Imbracciavano spade sguainate dalla lama molto lunga che<br />

sembravano molto pesanti; sulla parte sinistra della corazza avevano<br />

uno stemma mai visto prima, un quadrato bianco con all'interno un<br />

triangolo equilatero <strong>di</strong> un nero molto intenso. Entrando, Baldwin li<br />

congedò e i due se ne andarono attraverso la porta che fino a quel<br />

momento avevano sorvegliato.<br />

«Le mie guar<strong>di</strong>e personali» <strong>di</strong>sse quando se ne furono andati.<br />

«Occo, il loro comandante, è il mio maestro d'armi. È andato a<br />

prendere i tuoi ufficiali.» Tossì per schiarirsi la gola. «Ho deciso<br />

soltanto la settimana scorsa <strong>di</strong> impiegare i miei uomini per vegliare<br />

sul re; ho ritenuto fosse meglio non farlo vedere a nessuno dei<br />

capiclan, nelle sue attuali con<strong>di</strong>zioni. Forse sto solo rimandando<br />

l'inevitabile, ma penso non sia ancora arrivato il momento <strong>di</strong><br />

scatenarli gli uni contro gli altri. Ma lasciate che ora vi offra qualcosa<br />

da mangiare e da bere.»<br />

Batté le mani e al capo opposto della stanza si aprì una porta da<br />

cui entrò una fila <strong>di</strong> inservienti con in mano gran<strong>di</strong> quantità <strong>di</strong> cibo e<br />

varie brocche e contenitori. Si muovevano in assoluto silenzio. Non<br />

appena ebbero depositato il loro carico sulle tavole sparpagliate tra<br />

cinque o sei como<strong>di</strong> se<strong>di</strong>li uscirono quasi tutti. Ne restarono solo tre,<br />

in pie<strong>di</strong> lungo il muro, con il compito <strong>di</strong> riempire i piatti mano a<br />

mano che restavano vuoti. Mentre prendevamo posto, entrò Occo,<br />

seguito da Perceval, Griffyd e Tomasius. Quest'ultimo portava la<br />

custo<strong>di</strong>a contenente la spada per Pelles. Ora eravamo un<strong>di</strong>ci in tutto<br />

mentre sulle tavole c'era cibo per almeno il quintuplo dei<br />

commensali.


Nel successivo quarto d'ora rimasi seduto con gli occhi spalancati,<br />

estasiato, senza toccare né cibo né bevande, pendendo visibilmente<br />

dalle labbra <strong>di</strong> Baldwin mentre spiegava la situazione in cui si<br />

trovava il regno al momento del nostro arrivo. Circa tre mesi prima,<br />

secondo il suo racconto, Pelles si era ammalato gravemente e in<br />

seguito era scivolato in una sorta <strong>di</strong> progressiva debilitazione che<br />

aveva aspetti allarmanti, non solo per quanto riguardava la salute<br />

fisica del re, ma anche per quella mentale. Era <strong>di</strong>ventato incostante<br />

sia nelle esigenze sia nelle abitu<strong>di</strong>ni; rivelava inoltre una crescente<br />

tendenza alla smemoratezza al punto da <strong>di</strong>menticare completamente<br />

<strong>di</strong> cosa aveva parlato nei momenti <strong>di</strong> luci<strong>di</strong>tà. E luci<strong>di</strong>tà e<br />

smemoratezza si alternavano ora con sempre maggior frequenza e<br />

rapi<strong>di</strong>tà.<br />

Sinceramente allarmato da quanto mi veniva detto, nonostante il<br />

precedente scetticismo, chiesi cosa stessero facendo per curare il re,<br />

domanda che indusse Baldwin a sospirare teatralmente e a scuotere<br />

la testa. I suoi me<strong>di</strong>ci migliori erano tutti a Corbenico, mi <strong>di</strong>sse<br />

in<strong>di</strong>cando il gruppo <strong>di</strong> uomini dall'aria greve che lo aveva<br />

accompagnato. Molti <strong>di</strong> loro avevano compiuto la formazione<br />

presso i Romani, a Costantinopoli e ad Alessandria, ma<br />

ammettevano <strong>di</strong> essere impotenti <strong>di</strong> fronte alla rapida degenerazione<br />

mentale <strong>di</strong> Pelles, mentre nella cura dei <strong>di</strong>sturbi fisici si stavano<br />

facendo costanti progressi.<br />

Fu Perceval a chiedere in che misura fossero informati <strong>di</strong> tutto ciò<br />

i nobili, e ancora una volta Baldwin aggrottò la fronte preoccupato.<br />

Ribadì che aveva ritenuto opportuno mantenere il massimo riserbo<br />

sulle con<strong>di</strong>zioni del re, temendo <strong>di</strong> suscitare apprensione o creare<br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni tra i membri dei clan. Pelles non aveva ere<strong>di</strong> né fratelli cui<br />

lasciare il governo in caso <strong>di</strong> morte. Non aveva altri parenti oltre alla<br />

madre e a due sorelle maggiori, vedove. <strong>Il</strong> regno, dunque, alla sua<br />

morte, avrebbe avuto bisogno <strong>di</strong> un nuovo monarca, Dio non<br />

volesse che tale evento avvenisse nell'imme<strong>di</strong>ato! Purtroppo, tra i<br />

clan <strong>di</strong> Corbenico c'era più <strong>di</strong> un pretendente al trono. Tre dei<br />

capiclan potevano riven<strong>di</strong>care legittimamente il titolo <strong>di</strong> re, ma<br />

erano tutti alla pari. In questo fatto, ci confidò cupamente Baldwin,<br />

risiedevano i motivi della sua grande preoccupazione e della sua<br />

forte cautela.


Non aveva accennato al fatto che la madre e le sorelle <strong>di</strong> Pelles si<br />

trovassero sulle sue terre; dovetti mordermi la lingua per impe<strong>di</strong>rmi<br />

<strong>di</strong> chiedergli <strong>di</strong> loro; stavo recitando la parte dello sciocco e sarebbe<br />

stata pura follia porre una domanda che avrebbe potuto far sorgere<br />

in lui sospetti sulle mie effettive informazioni in merito. Così chiesi<br />

qualcosa <strong>di</strong> completamente <strong>di</strong>verso.<br />

«Di certo, però,» lo interruppi, cercando con tutte le mie forze <strong>di</strong><br />

apparire il sempliciotto che avevo deciso <strong>di</strong> sembrare, «la gente avrà<br />

avuto dei sospetti riguardo alla salute <strong>di</strong> Pelles, no?»<br />

«No» mi fu risposto. «Almeno in apparenza.» Baldwin, sentendosi<br />

in dovere <strong>di</strong> mostrare a Pelles e al suo popolo tutta la lealtà<br />

possibile, si era dato da fare per assicurarsi che il re fosse presente il<br />

più possibile durante i suoi perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> luci<strong>di</strong>tà. In tali occasioni Pelles<br />

incontrava i suoi capi e parlava con loro in maniera aperta e<br />

convincente <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi argomenti. Nelle ultime settimane, però, il re<br />

non era riuscito nemmeno a fare questo, e Baldwin riteneva <strong>di</strong> non<br />

poter più tenere a lungo all'oscuro della situazione i capiclan.<br />

Questo, aggiunse con un gran sospiro, lo metteva in una posizione<br />

molto delicata riguardo alla nostra presenza. La guerra civile, se fosse<br />

scoppiata, avrebbe potuto coinvolgere fino all'ultimo abitante del<br />

paese, mettendo un clan contro l'altro e un fratello contro l'altro.<br />

Non ci poteva essere nessuna neutralità a Corbenico, e pur essendo<br />

deciso a restare per mantenere la pace finché ci fosse stato bisogno <strong>di</strong><br />

lui, se i suoi sforzi fossero falliti sarebbe rientrato imme<strong>di</strong>atamente<br />

nei propri territori.<br />

"Già," pensai "per riunire il tuo esercito e tornare in forze quando<br />

tutti saranno sfiniti dalle lotte. Gesù, quest'uomo pensa davvero che<br />

siamo degli i<strong>di</strong>oti." Ma avevo stabilito <strong>di</strong> recitare una parte e dovevo<br />

sostenerla. Mi alzai <strong>di</strong> scatto e or<strong>di</strong>nai a Perceval <strong>di</strong> tornare dalle<br />

truppe insieme ai due comandanti e aspettarmi lì. Gli <strong>di</strong>ssi anche che<br />

avevo alcune questioni inadatte alle loro orecchie da <strong>di</strong>scutere con<br />

re Baldwin. Perceval mi guardò negli occhi, il volto impassibile; per<br />

un attimo pensai che avrebbe fatto qualche obiezione, ma scattò in<br />

un brusco saluto, imme<strong>di</strong>atamente imitato dagli altri due ufficiali <strong>di</strong><br />

grado inferiore, e girò sui tacchi. Gli inservienti si <strong>di</strong>leguarono in<br />

silenzio e Occo e i me<strong>di</strong>ci scomparvero all'interno della casa. Nel<br />

giro <strong>di</strong> qualche istante, Baldwin e io fummo soli nell'immenso


salone.<br />

Nel breve tempo impiegato dai miei uomini per uscire, gli speroni<br />

che risuonavano sul pavimento <strong>di</strong> marmo, la mia mente aveva<br />

lavorato a pieno ritmo. Mi stavo sforzando <strong>di</strong> ricordare cosa mi<br />

<strong>di</strong>sturbava <strong>di</strong> più in due ufficiali <strong>di</strong> basso rango <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>: il primo<br />

era un lecchino servile e piagnucoloso che passava il tempo a<br />

risolvere compiti amministrativi <strong>di</strong> scarso rilievo perché non piaceva<br />

a nessuno e nessuno gli avrebbe mai affidato un incarico <strong>di</strong> reale<br />

importanza; l'altro, invece, era la personificazione <strong>di</strong> tutto ciò che c'è<br />

<strong>di</strong> noioso e spento nell'espressione "soldato semplice". Quest'ultimo,<br />

Paul Signus, era anche abbastanza coraggioso e leale, ma era<br />

assolutamente privo <strong>di</strong> iniziativa, fantasia e passione: nell'eseguire un<br />

or<strong>di</strong>ne non andava mai oltre quella che lui percepiva come la lettera<br />

della legge. Faceva quanto gli veniva detto, ma niente <strong>di</strong> più, e non<br />

s'imbarcava mai in cose rischiose se non veniva avvertito in anticipo,<br />

per cui nessuno avrebbe mai potuto affidargli la salvezza delle<br />

truppe. Era lui l'uomo che dovevo cercare <strong>di</strong> imitare, aggiungendogli<br />

qualche elemento del primo per rafforzare la mia pantomima.<br />

Ormai solo con Baldwin, mi lanciai nella recitazione.<br />

«Avete parlato <strong>di</strong> guerra civile, lord Baldwin; la considero una<br />

cosa a <strong>di</strong>r poco inquietante perché creerebbe una situazione molto<br />

lontana da quella per la quale ho ricevuto istruzioni. Pensate<br />

davvero che si possa verificare? Che potrebbe scoppiare una guerra?»<br />

«È una possibilità reale, a giu<strong>di</strong>care da quanto ho visto. Dovete<br />

tenere presente naturalmente che sto soltanto interpretando alcuni<br />

segnali che chiunque potrebbe leggere... ma che potrei aver<br />

frainteso.»<br />

«Già, forse. Lo chiedo solo perché sono stato nominato alla guida<br />

<strong>di</strong> questa spe<strong>di</strong>zione dal nostro re, Artù in persona, il che è per me<br />

un onore grande e significativo. Ma non ho alcun desiderio <strong>di</strong><br />

abusare della mia autorità, o attirarmi l'ira del re esponendo i miei<br />

uomini - gli uomini del re - a pericoli inutili, lasciando che vengano<br />

coinvolti nei problemi <strong>di</strong> un altro regno che nulla ha a che fare con<br />

la Britannia.»<br />

«Mi pare ci sia altro ad angustiarvi, legato Clothar. Mi sembrate<br />

turbato. Non volete confidarmi la vostra <strong>di</strong>fficoltà? Forse potrei


aiutarvi.»<br />

«Be', ecco... Non è che sia proprio turbato, mio re, o per lo meno<br />

non nel senso che immagino inten<strong>di</strong>ate voi. Ma sono... allarmato.<br />

Lunghi mesi <strong>di</strong> attenta pianificazione sono stati de<strong>di</strong>cati alla<br />

preparazione <strong>di</strong> questo mio incarico a Corbenico. Pianificazione e un<br />

impegno enorme. Ma a giu<strong>di</strong>care dalla mancanza <strong>di</strong> risposte che ho<br />

riscontrato qui fino a questo momento, mi pare evidente che la<br />

nostra campagna ha già subito notevoli danni a causa della malattia<br />

che affligge re Pelles. Devo credere, mio signore, che non sapevate<br />

proprio niente del nostro arrivo?»<br />

«Assolutamente niente, legato Clothar. Fino a due mesi fa, in<br />

effetti, sono stato quasi sempre lontano da Corbenico, impegnato in<br />

affari relativi ai miei territori. Sono tornato soltanto per rispondere<br />

all'urgente richiamo da parte dei me<strong>di</strong>ci del re. Fino a oggi non<br />

sapevo niente delle trattative <strong>di</strong> Pelles con i vostri superiori a<br />

<strong>Camelot</strong>.»<br />

<strong>Il</strong> richiamo neanche troppo sottile al mio status <strong>di</strong> sottoposto non<br />

mi sfuggì, ma rifiutai <strong>di</strong> lasciare che quella consapevolezza trapelasse<br />

dalla mia espressione, limitandomi ad annuire per incoraggiarlo a<br />

continuare. Non si lasciò pregare.<br />

«L'unica cosa che sapevo sul vostro arrivo, l'unico preavviso che<br />

foste attesi, mi è giunto all'orecchio non più <strong>di</strong> due settimane fa, e<br />

del tutto casualmente. All'epoca, mi è risultato incomprensibile<br />

perché mi mancava il minimo riscontro su quanto avevo u<strong>di</strong>to e<br />

Pelles, purtroppo, non era in con<strong>di</strong>zioni per spiegare il tutto <strong>di</strong><br />

persona. Quel giorno era in delirio e farneticava paurosamente; pur<br />

avendolo sentito menzionare <strong>Camelot</strong>, non sapevo a cosa si riferisse.<br />

Soltanto oggi, quando voi e i vostri uomini vi siete presentati, mi<br />

sono ricordato <strong>di</strong> quel nome.»<br />

«E il vescovo Ludovico? Vi ha detto qualcosa?»<br />

«<strong>Il</strong> vescovo Ludovico? Intendete il vescovo <strong>di</strong> Auxerre? Perché<br />

avrebbe dovuto <strong>di</strong>rmi qualcosa? L'ho incontrato solo una volta e<br />

non ci siamo piaciuti. So bene che lui e Pelles erano amici, ma non<br />

sempre gli amici dei miei amici sono anche amici miei, e sono certo<br />

che anche voi conoscete persone nei confronti delle quali provate la<br />

stessa sensazione. Ma non ho idea <strong>di</strong> quanto possa essere coinvolto il


vecchio nei piani fra Pelles e la vostra gente <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>. Però,<br />

siccome Pelles me ne ha parlato <strong>di</strong>verse volte, so che il vescovo è un<br />

uomo vecchio e debole, oberato <strong>di</strong> impegni gravosi a causa dei quali<br />

è costretto a viaggiare in lungo e in largo per la sua <strong>di</strong>ocesi,<br />

esponendosi a rischi notevoli. Così mi è parso scontato che,<br />

nonostante la sua scelta <strong>di</strong> aiutare re Pelles nascesse probabilmente<br />

dalle migliori intenzioni, abbia agito soltanto come interme<strong>di</strong>ario,<br />

nel caso specifico mettendo in contatto due suoi amici, uno <strong>di</strong><br />

Corbenico, l'altro della Britannia, senza sapere in realtà <strong>di</strong> che si<br />

trattasse.»<br />

Ascoltai solo <strong>di</strong>strattamente quest'ultima parte, male<strong>di</strong>cendomi<br />

per non aver letto nessuna delle lettere <strong>di</strong> Ludovico a Merlino.<br />

Nessuno a suo tempo ne aveva intravisto la necessità, e le istruzioni<br />

che avevo ricevuto, sia da parte <strong>di</strong> Artù sia <strong>di</strong> Merlino, derivavano<br />

tutte dalle proposte <strong>di</strong> Ludovico. Tuttavia, se ne avessi letta<br />

qualcuna, me ne rendevo conto solo adesso, sarebbe stato molto più<br />

semplice filtrare la realtà e il tornaconto personale in quella rete <strong>di</strong><br />

menzogne e mezze verità che, ne ero certo, Baldwin stava tessendo.<br />

Annuii più volte, sperando che mi credesse d'accordo con ogni<br />

sua parola e, concentrandomi sul modello del "soldato semplice"<br />

Paul Signus, tornai a <strong>di</strong>scutere del rischio che avrei corso e della<br />

punizione che mi sarei sicuramente tirato addosso se avessi agito in<br />

maniera sbagliata.<br />

«Già,» <strong>di</strong>ssi «è molto <strong>di</strong>fficile, a volte, sapere qual è la cosa<br />

migliore da fare. Vi <strong>di</strong>rò chiaramente, mio re, che sono un soldato,<br />

un comandante d'esercito, e non aspiro a cariche più alte. Sono un<br />

buon tattico ma non un grande stratega e queste faccende, lo <strong>di</strong>co<br />

con sincerità, vanno ben oltre le mie capacità. Le istruzioni che ho<br />

ricevuto e le responsabilità assegnatemi in questa spe<strong>di</strong>zione non<br />

prevedevano nulla <strong>di</strong> quanto sta succedendo qui, nessuna guerra<br />

civile. Mi trovo <strong>di</strong> fronte a circostanze che nessuno aveva<br />

considerato prima che io partissi.»<br />

«E dunque cosa farete? Cosa potete fare?»<br />

«Tornare in Britannia ora, prima che la situazione qui precipiti.<br />

Una parte <strong>di</strong> me, nel profondo della mia mente, sta suggerendo che<br />

questa sarebbe la cosa migliore da fare. Se non fosse che...»


«Se non fosse cosa?»<br />

«Non è evidente? Se non fosse che non è ancora accaduto nulla<br />

che possa giustificare un'azione del genere. Non c'è alcuna guerra<br />

civile. Non ancora, almeno. E io non posso partire prima che scoppi.<br />

Agire altrimenti mi esporrebbe all'accusa <strong>di</strong> codar<strong>di</strong>a. È un vero<br />

peccato. Vorrei fare ciò che è meglio per tutti, per i miei uomini e i<br />

miei superiori. E il fatto che nessuno sia venuto ad aspettarci, che<br />

non ci fossero mercanti e commercianti in nostra attesa, mi spinge<br />

ancora a credere che ci converrebbe fare subito marcia in<strong>di</strong>etro e<br />

tornare in Britannia.»<br />

Dopo aver pronunciato quelle parole, per poco non trasalii, ma<br />

ero anche compiaciuto <strong>di</strong> essere riuscito a somigliare davvero a Paul<br />

Signus; sapevo <strong>di</strong> aver adottato alla perfezione il tono petulante e<br />

affettato che gli avevo sentito usare tante volte. Incoraggiato da<br />

questo pensiero e dal modo in cui, con un sorrisetto scaltro sulle<br />

labbra, mi stava guardando Baldwin, proseguii: «Davvero, mio<br />

signore, penso che sarebbe molto meglio mostrare giu<strong>di</strong>zio e salvare<br />

quello che posso <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>sastro sapendo che non è colpa nostra,<br />

piuttosto che indugiare troppo a lungo e trasformare l'intera<br />

spe<strong>di</strong>zione in una catastrofe nel caso <strong>di</strong> ostilità. <strong>Il</strong> nostro compito,<br />

per quanto ho capito, sarebbe dovuto essere quello <strong>di</strong> schierarci con<br />

re Pelles, ma se Pelles muore, potremmo finire inchiodati qui mentre<br />

i suoi aspiranti successori, probabilmente tutti ostili a noi,<br />

combatteranno per conquistare il suo regno».<br />

«Potreste avere ragione, legato Clothar. <strong>Il</strong> vostro mi pare un<br />

ragionamento logico.» La sua voce era miele fluido, profonda e<br />

seducente; mentre preannunciava infelicità e se<strong>di</strong>zione prometteva<br />

comprensione ed empatia. Annuii ancora, come per ringraziarlo del<br />

suo sostegno.<br />

«Inoltre,» continuai quasi borbottando per far trasparire tutta la<br />

mia amarezza «oltre ai quasi duecento uomini - due squadroni e<br />

qualche arciere - ho anche tutti i cavalli e le attrezzature cui pensare.<br />

Duecento uomini sono una forza trascurabile in qualsiasi conflitto e<br />

sarebbe sbagliato affidarsi a loro se quanto avete detto è vero, e cioè<br />

che nessun uomo sarebbe neutrale in questa guerra. Non saprei a chi<br />

rivolgermi per salvaguardare le mie truppe. Non so niente <strong>di</strong>


nessuno, qui, e neanche della situazione politica locale. E poi c'è la<br />

flotta. L'avevo <strong>di</strong>menticato.»<br />

«Volete <strong>di</strong>re le navi con cui siete arrivati? È questo che avevate<br />

<strong>di</strong>menticato?»<br />

«Non è nostra. Non <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, intendo. Appartiene a un alleato,<br />

un re <strong>di</strong> Alba, un paese a nord della Britannia, oltre il Vallo <strong>di</strong><br />

Adriano. Ha acconsentito a prestarci le navi in cambio<br />

dell'assicurazione che, arrivati qui, gli avremmo reso possibile<br />

stabilire legami commerciali con Corbenico per scambiare metalli<br />

preziosi scavati nelle miniere del suo paese in cambio <strong>di</strong> armi<br />

romane fabbricate in Gallia. Evidentemente questo non avverrà e<br />

Connor, l'ammiraglio a capo della flotta, non sarà felice <strong>di</strong> scoprire<br />

le sue navi minacciate e il suo commercio vanificato. Partirà subito,<br />

senza pensare a noi, lasciandoci qui, confinati.»<br />

Baldwin mi aveva fissato intensamente per tutto il tempo, la<br />

bocca atteggiata a un sorriso <strong>di</strong> untuosa simpatia, annuendo sempre<br />

più <strong>di</strong> frequente dal momento in cui aveva capito dove stavo<br />

andando a parare. Mi sentivo uno sciocco ipocrita, però vedevo che<br />

Baldwin si era convinto dei miei dubbi e della mia angosciosa<br />

incapacità <strong>di</strong> giungere a una decisione. Alla fine alzai le mani e feci<br />

una smorfia, voltandomi a guardare la sala, prima <strong>di</strong> rivolgermi <strong>di</strong><br />

nuovo a Baldwin.<br />

«Non so cosa fare» <strong>di</strong>ssi, cercando <strong>di</strong> rendere la mia voce<br />

lamentosa e al contempo sincera «e non posso coinvolgere in questa<br />

decisione nessuno dei miei subor<strong>di</strong>nati. Sono certo che mi capite,<br />

mio signore, e capite anche il motivo per cui ciò sarebbe umiliante.<br />

Devo prendere una decisione. Devo prenderla da solo e presto...<br />

oggi stesso. Ho navi cariche e brave persone sotto la mia<br />

responsabilità. Se devo far interrompere le operazioni <strong>di</strong> scarico delle<br />

navi e ricaricare tutto, non ho tempo da perdere.» Inspirai a fondo,<br />

poi sbuffai rumorosamente dalle narici, abbassando le spalle. «Nella<br />

vita non sono un indeciso, mio re, ma in questa circostanza...» Non<br />

osai espormi più <strong>di</strong> così e chiedergli chiaro e tondo cosa avrei<br />

dovuto fare: fortunatamente aveva capito cosa volevo da lui.<br />

Si <strong>di</strong>resse verso un tavolo carico <strong>di</strong> vivande, mi versò una grande<br />

coppa <strong>di</strong> vino bianco e me la portò. La presi senza <strong>di</strong>re niente e


evvi, sorpreso <strong>di</strong> trovare il vino leggero e delizioso.<br />

«Credo, legato Clothar, se mi permettete <strong>di</strong> contribuire alla vostra<br />

decisione, che voi abbiate valutato la situazione con grande<br />

chiarezza; la preoccupazione che avete rispetto alle vostre enormi<br />

responsabilità vi rende merito.» Parlava lentamente, sfoggiando una<br />

grande <strong>di</strong>gnitas e scandendo chiaramente ogni singola parola, come<br />

innamorato del suono della sua voce profonda e sonora. «È<br />

indubbio che le vostre aspettative sullo sbarco quaggiù non sono<br />

state sod<strong>di</strong>sfatte e me ne dolgo profondamente. Ma le ragioni <strong>di</strong><br />

tutto questo sono evidenti, e purtroppo non potevano essere<br />

previste. Gli accor<strong>di</strong> erano stati presi da re Pelles in buona fede, non<br />

ho dubbi al riguardo. Ma sono intercorsi quando era sano <strong>di</strong> corpo e<br />

<strong>di</strong> mente. Ora non lo è più, e la situazione qui a Corbenico sarà<br />

presto instabile, per non <strong>di</strong>re peggio... So che non mi avete chiesto<br />

un'opinione, ma concordo con voi. Credo che la cosa migliore che<br />

potreste fare sia seguire le in<strong>di</strong>cazioni dettate dai vostri legittimi<br />

timori: riprendete la via <strong>di</strong> casa e riferite al vostro re quanto è<br />

accaduto.»<br />

«Sì, ma la spe<strong>di</strong>zione commerciale del nostro alleato...»<br />

«Con il tempo se ne potrà riparlare, nel mio regno, se non a<br />

Corbenico. <strong>Il</strong> mio è un esercito interamente <strong>di</strong> fanteria e gran parte<br />

del territorio è montagnoso, non certo il luogo adatto alla cavalleria,<br />

ma i miei fabbri hanno bisogno <strong>di</strong> una nuova fonte sicura <strong>di</strong> metalli<br />

da fondere, perché i minerali grezzi ultimamente scarseggiano.<br />

Potete <strong>di</strong>re al vostro alleato <strong>di</strong> Alba che una volta risolta la<br />

situazione qui a Corbenico, sarò lieto <strong>di</strong> trattare con lui.»<br />

Annuii, per un attimo falsamente convinto; poi esitai, guardando<br />

la lunga custo<strong>di</strong>a ovale <strong>di</strong> olmo levigato che Tomasius aveva<br />

appoggiato su una delle tavole prima <strong>di</strong> uscire. «E questo?»<br />

Attraversai il salone e appoggiai la mano sulla custo<strong>di</strong>a. «È un dono<br />

pensato appositamente per re Pelles, inviatogli da re Artù in<br />

persona.» Aprii il coperchio e mostrai a Baldwin la spada che<br />

conteneva. «Vedete, reca sul pomo il nome e lo stemma <strong>di</strong> re Pelles.»<br />

Si fece avanti e rimase a fissare l'arma nel suo fodero. «È<br />

magnifica!»<br />

«Sì, è così, ma...» Mi raddrizzai <strong>di</strong> scatto, come se all'improvviso


mi fosse venuta in mente una cosa. «Mio re, non oso tornare in<br />

patria senza aver consegnato il dono <strong>di</strong> persona, e questo significa,<br />

me ne rendo conto solo ora, che non posso comunque tornare<br />

in<strong>di</strong>etro senza prima aver visto re Pelles con i miei occhi. Sarebbe<br />

possibile... mi permettereste <strong>di</strong> fargli visita, per vederlo e verificare le<br />

sue con<strong>di</strong>zioni? Ciò mi consentirebbe <strong>di</strong> tornare a <strong>Camelot</strong> con la<br />

coscienza pulita, in grado <strong>di</strong> riferire che ho incontrato il re <strong>di</strong><br />

persona e preso la mia decisione sulla base <strong>di</strong> quanto accertato.»<br />

Ero pronto a <strong>di</strong>squisire a lungo, con insistenza e nauseabonda<br />

ossequiosità, recitando la parte del buffone sfortunato e indeciso fino<br />

a sfinirlo, ma Baldwin mi sorprese. Socchiuse gli occhi, e mi guardò<br />

così; infine annuì. «Certamente. Vi accompagno subito da lui.<br />

Venite.» Si voltò senza aggiungere altro e si avviò verso la porta che<br />

al momento del nostro arrivo era stata messa sotto guar<strong>di</strong>a. Afferrai<br />

la lunga custo<strong>di</strong>a della spada e me la misi sotto il braccio; poi lo<br />

seguii lungo un ampio corridoio dal pavimento <strong>di</strong> marmo, fino a<br />

un'altra porta ora controllata dalla stessa coppia <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>e viste in<br />

precedenza.<br />

«Le camere del re» annunciò mentre le guar<strong>di</strong>e aprivano la porta.


VI<br />

Avvelenato! Quella parola mi balenò in mente appena misi a<br />

fuoco la povera figura che giaceva sul letto, appoggiata a una serie<br />

<strong>di</strong> cuscini, e seppi all'istante che i miei timori erano giustificati. In<br />

quella stanza albergava il male, percepibile nel suo fetore, mentre il<br />

viso e le mani <strong>di</strong> re Pelles ne recavano il marchio evidente: chiazze<br />

nere e marroni che risaltavano sul pallore della sua pelle e solchi<br />

violacei sotto agli occhi infossati.<br />

Sentendo la porta aprirsi, un uomo chino al capezzale si drizzò e<br />

ci venne incontro con aria in<strong>di</strong>gnata finché non vide chi eravamo. Lo<br />

riconobbi come uno degli anonimi me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> prima e mi accorsi che<br />

teneva in mano una scodella e un cucchiaio con cui stava<br />

imboccando, o era sul punto <strong>di</strong> imboccare, il re. La stanza dai muri<br />

incupiti da pannelli <strong>di</strong> legno scuro era priva <strong>di</strong> finestre, illuminata<br />

soltanto da torce tremolanti e impregnata da un odore <strong>di</strong> malattia:<br />

un misto <strong>di</strong> vomito, sudore e feci. Una pallida luce <strong>di</strong>urna filtrava a<br />

malapena attraverso una porta aperta sul lato opposto della stanza,<br />

a destra del grande letto con la struttura in legno.<br />

Non appena si rese conto della presenza <strong>di</strong> Baldwin, il me<strong>di</strong>co,<br />

perplesso, arretrò fino ad addossarsi al muro <strong>di</strong> fianco alla testata del<br />

letto, sempre stringendo la scodella. <strong>Il</strong> pavimento parve inclinarsi<br />

sotto i miei pie<strong>di</strong> mentre con la mente prendevo coscienza della<br />

situazione e delle sue ineluttabili conseguenze.<br />

Le labbra del re addormentato erano secche. Lo notai<br />

imme<strong>di</strong>atamente e ne dedussi che il contenuto della scodella non gli<br />

era ancora stato somministrato. Mi accorsi subito anche delle chiazze<br />

sulle labbra, del viso e delle mani pallide come la morte. L'anno<br />

prima uno dei piccoli re <strong>di</strong> una regione a sud <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> era stato<br />

avvelenato dalla moglie. Ero rimasto inorri<strong>di</strong>to alla vista del<br />

cadavere, da cui si intuiva che era morto in preda a un'agonia rapida<br />

e intensa: aveva le labbra e i denti chiazzati <strong>di</strong> blu e la bocca era


imasta contratta in una smorfia <strong>di</strong> dolore e terrore persino dopo la<br />

morte.<br />

Al mio ritorno a <strong>Camelot</strong> io e Merlino avevamo parlato a lungo<br />

in merito a veleni e avvelenamenti. Mi aveva spiegato che ne<br />

esistevano <strong>di</strong> due tipi: i veleni rapi<strong>di</strong> e violenti che uccidevano<br />

all'istante ed erano subito riconoscibili, e gli altri, più lenti e insi<strong>di</strong>osi,<br />

che potevano impiegare mesi a ottenere il loro scopo. Questo<br />

secondo tipo doveva essere somministrato lentamente e <strong>di</strong> continuo,<br />

per un lungo periodo, ed era <strong>di</strong>fficile, a volte impossibile, da<br />

riconoscere; <strong>di</strong> conseguenza <strong>di</strong>etro la morte lenta della vittima non si<br />

intuiva nient'altro che una tragica malattia incurabile. Le lesioni<br />

brune e nere della cute, gli occhi infossati, il pallore della pelle e i<br />

denti opachi e marci erano sintomi inequivocabili <strong>di</strong> quello che<br />

Merlino aveva definito avvelenamento cronico. Tutti gli<br />

avvelenatori erano malvagi, aveva detto quel giorno, ma gli<br />

avvelenatori lenti erano i più maligni e perversi, posseduti da una<br />

perfi<strong>di</strong>a fredda e deliberata che andava oltre la comprensione<br />

umana.<br />

Uno <strong>di</strong> quegli esseri era dunque lì davanti a me in quel momento<br />

e stava stringendo tra le mani il <strong>di</strong>abolico intruglio, mentre un altro,<br />

ancora più malvagio, l'uomo che aveva commissionato quell'azione<br />

atroce, si stava ora chinando sulla forma stesa sul letto e allungava<br />

una mano per toccare il volto pallido e addormentato. Non sapevo<br />

da dove mi fosse venuta questa convinzione, ma racchiudeva in sé<br />

un imperativo e non mi posi il problema <strong>di</strong> metterla in <strong>di</strong>scussione.<br />

Appoggiai rapidamente la custo<strong>di</strong>a della spada su un tavolo lì<br />

accanto, estrassi il pugnale da cerimonia - l'unica arma che avevo con<br />

me - e, avanzando rapidamente, sollevai il braccio e ne usai il pomo<br />

sferico per colpire con tutte le mie forze Baldwin sulla nuca, sotto<br />

l'orecchio destro. <strong>Il</strong> colpo gli fece perdere i sensi ed egli cadde riverso<br />

sulle gambe del re.<br />

<strong>Il</strong> me<strong>di</strong>co accanto a me, sbalor<strong>di</strong>to dalla rapi<strong>di</strong>tà del mio attacco,<br />

s'irrigidì inorri<strong>di</strong>to, addossandosi al muro e aprendo la bocca per<br />

urlare, ma prima che ne potesse uscire un suono gli squarciai la gola<br />

con il pugnale, soffocando il suo grido in uno spruzzo <strong>di</strong> sangue<br />

gorgogliante. Rimase a fissarmi con gli occhi sbarrati e subito dopo<br />

cadde in ginocchio, gli occhi già vitrei, mentre dalle <strong>di</strong>ta senza più


forza gli scivolava la scodella. Cadendo a terra questa si frantumò<br />

rumorosamente, mentre il cucchiaio <strong>di</strong> metallo rimbalzò tintinnando<br />

sotto il letto così forte che alle mie orecchie sembrò il suono delle<br />

trombe <strong>di</strong> Giosuè a Gerico.<br />

Intravi<strong>di</strong> una figura muoversi e mi voltai verso una porta d'angolo<br />

giusto in tempo per vedere un altro uomo spuntare, con alle spalle<br />

la pallida luce <strong>di</strong>urna della stanza attigua. Allarmato dal rumore<br />

inatteso, si stava affacciando sulla soglia senza la più pallida idea <strong>di</strong><br />

cosa fosse successo. Lo raggiunsi prima che potesse reagire, coprendo<br />

con due balzi la <strong>di</strong>stanza che ci <strong>di</strong>videva; l'avevo riconosciuto come<br />

un altro dei cinque me<strong>di</strong>ci, uno zotico corpulento e massiccio che mi<br />

aveva guardato male fin dal momento in cui aveva posato gli occhi<br />

su <strong>di</strong> me. Dubito che prima <strong>di</strong> morire mi abbia riconosciuto: la lama,<br />

conficcata con forza, gli trafisse il cuore ed egli cadde come un bue<br />

abbattuto trascinando con il peso del suo corpo anche il mio<br />

pugnale, sfuggitomi <strong>di</strong> mano.<br />

Mi chinai spostandomi verso la stanza illuminata, con l'intento <strong>di</strong><br />

liberare la mia arma, ma fui subito colpito dallo spiegamento <strong>di</strong><br />

strumenti e utensili <strong>di</strong>sposti su un grande tavolo sotto l'unica finestra.<br />

In mezzo a scatole, fiale, flaconi e barattoli si vedevano mortai,<br />

pestelli e misurini da farmacista; su una lastra <strong>di</strong> pietra liscia al centro<br />

del tavolo l'uomo appena morto aveva preparato una miscela <strong>di</strong><br />

vari ingre<strong>di</strong>enti.<br />

Mentre osservavo la scena, sapendo che rappresentava la prova<br />

<strong>di</strong> quanto era avvenuto in quel luogo, la porta principale della<br />

camera da letto si spalancò <strong>di</strong> colpo. Mi voltai <strong>di</strong> scatto e vi<strong>di</strong> le due<br />

solite guar<strong>di</strong>e precipitarsi nella stanza. Superata la soglia esitarono:<br />

cercavano <strong>di</strong> capire cosa fosse successo; poi mi caricarono, le armi<br />

già sguainate. Ma io, approfittando <strong>di</strong> quell'attimo d'incertezza, mi<br />

ero già precipitato verso il tavolo su cui la spada del re giaceva nella<br />

sua custo<strong>di</strong>a. Stavo ancora armeggiando con il coperchio quando il<br />

più svelto dei due mi raggiunse, pronto a colpirmi. Afferrai la<br />

custo<strong>di</strong>a con le due mani e balzai all'in<strong>di</strong>etro, sferrando<br />

contemporaneamente un calcio al pesante tavolo per rovesciarglielo<br />

addosso; per pura fortuna il massiccio ripiano <strong>di</strong> pietra lo colpì al<br />

ginocchio, e l'uomo cadde a terra contorcendosi e tenendosi la<br />

gamba. <strong>Il</strong> suo compagno, però, era a un braccio <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza e mi


stava già attaccando: sferrò contro <strong>di</strong> me un fendente <strong>di</strong>retto e<br />

potente con una pesante spada pericolosamente appuntita. D'istinto<br />

cercai <strong>di</strong> parare il colpo con la custo<strong>di</strong>a <strong>di</strong> legno, pensando <strong>di</strong> essere<br />

già morto, ma la lama si conficcò nel legno, penetrando a fondo e<br />

strappandomi dalle mani il pesante astuccio, mentre la violenza con<br />

cui ero stato colpito mi proiettava all'in<strong>di</strong>etro. Come se il tempo<br />

avesse rallentato il suo corso, vi<strong>di</strong> il coperchio della custo<strong>di</strong>a<br />

spalancarsi e la spada volare in aria, ruotando lentamente mentre<br />

saliva per poi ricadere verso <strong>di</strong> me. Ancora sbilanciato l'agguantai<br />

con la sinistra, riuscendo ad afferrarla per il fodero e ad<br />

avvicinarmela fino ad avere l'elsa ben stretta nella mano destra. Nel<br />

momento stesso in cui atterravo, facendo perno sul piede destro,<br />

balzai a sinistra. Sferzando l'aria, sguainai subito l'arma la cui lunga<br />

lama, affilata come un rasoio, andò a colpire, un istante dopo, il mio<br />

avversario all'altezza del collo: gli recisi la testa. Ancora stretta<br />

nell'elmo questa cadde a terra, dove rimbalzò per poi rotolare fino<br />

al capo opposto della stanza.<br />

Era successo tutto così in fretta che la guar<strong>di</strong>a ferita al ginocchio<br />

era ancora a terra, e guardava ora con gli occhi sgranati la testa del<br />

compagno decapitato. Prima che potesse riprendersi lo uccisi,<br />

trafiggendolo con un colpo solo giusto sopra il bordo della corazza.<br />

Per un lungo istante rimasi immerso in quell'improvviso silenzio<br />

tendendo le orecchie per u<strong>di</strong>re se arrivava qualcun altro, ma sentivo<br />

solo il mio cuore battermi in testa. Mi resi conto d'un tratto che<br />

nessuna delle due guar<strong>di</strong>e aveva chiamato rinforzi: nella loro<br />

arroganza i due si erano probabilmente illusi <strong>di</strong> potermi liquidare<br />

senza problemi. Ero un uomo solo e <strong>di</strong>sarmato, e per giunta<br />

straniero, da buttare fuori a calci. Rimasi immobile, cercando ancora<br />

<strong>di</strong> u<strong>di</strong>re eventuali rumori concitati o passi <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>e, ma alla fine mi<br />

convinsi che, almeno per il momento, avevo avuto fortuna.<br />

Poi, dal letto, Baldwin emise un gemito. Mi mossi in fretta e,<br />

recuperato il pugnale dal cadavere presso la soglia, lo ripulii sugli<br />

abiti del me<strong>di</strong>co morto per poi correre a tagliare le cinture delle due<br />

guar<strong>di</strong>e uccise. Usai le cinghie <strong>di</strong> pelle per immobilizzare Baldwin,<br />

ora quasi cosciente, legandogli le caviglie e bloccandogli prima i polsi<br />

e poi i gomiti <strong>di</strong>etro la schiena. Sapendo che, non appena tornato<br />

del tutto in sé si sarebbe messo a urlare, estrassi il pugnale e tagliai


una striscia <strong>di</strong> stoffa dal suo splen<strong>di</strong>do mantello purpureo,<br />

attendendo che aprisse gli occhi e mi guardasse. Non appena lo fece,<br />

gli infilai in bocca la stoffa appallottolata prima che potesse parlare o<br />

urlare, e la bloccai con un'altra striscia del mantello, lasciando che<br />

Baldwin mi guardasse mentre <strong>di</strong>struggevo il suo prezioso e<br />

insostituibile - almeno così speravo - indumento. Completai l'opera<br />

facendolo cadere giù dal letto sul lato più vicino al muro, dove<br />

nessuno aprendo la porta della camera avrebbe potuto vederlo.<br />

Subito dopo trascinai via in fretta le due guar<strong>di</strong>e fino alla stanza del<br />

farmacista e chiusi la porta. La testa staccata, ancora coperta<br />

dall'elmo, si trovava nell'angolo <strong>di</strong>etro alla porta ed era quasi<br />

impossibile vederla. Non potevo fare niente per nascondere il<br />

sangue sparso dappertutto, ma per fortuna le torce si erano<br />

praticamente consumate sui loro supporti e la camera era ormai<br />

quasi immersa nel buio. Sapevo che da lì a breve qualcuno sarebbe<br />

venuto a dar loro il cambio, ma bastava poco per fare ciò che<br />

andava fatto.<br />

Quando ero ormai sul punto <strong>di</strong> lasciare la stanza mi resi conto che<br />

non avevo controllato il malato nel letto per accertarmi che fosse<br />

ancora in vita; mi fermai sulla soglia a osservarlo. I suoi occhi, ora<br />

aperti, mi stavano fissando. Sentii un brivido gelido corrermi lungo<br />

la schiena; mi venne la pelle d'oca. Tornai lentamente al suo<br />

capezzale e rimasi a guardarlo, la spada insanguinata che avrei<br />

dovuto donargli ancora stretta nella mano destra. Gli vi<strong>di</strong> sporgere<br />

la lingua dalle labbra nel tentativo <strong>di</strong> inumi<strong>di</strong>rle; presi subito una<br />

brocca d'acqua appoggiata a un tavolino lì accanto. Slacciai la cintura<br />

<strong>di</strong> lana verde <strong>di</strong> Elaine che portavo intorno alla vita e ne immersi<br />

un'estremità nell'acqua, usandola poi per bagnargli le labbra e<br />

ripulirle dal muco incrostato. Mi chiesi se tutto ciò che mangiava e<br />

beveva fosse stato avvelenato.<br />

«Vi ringrazio» <strong>di</strong>sse con un filo <strong>di</strong> voce quasi impercettibile. Mi<br />

avvicinai ulteriormente per u<strong>di</strong>rlo meglio. «Chi siete?» mi domandò.<br />

«Clothar, mio signore, Clothar <strong>di</strong> Benwick, venuto da <strong>Camelot</strong> e<br />

inviato da re Artù per servirvi.»<br />

Spostò un <strong>di</strong>to sulle coperte. «Baldwin?»<br />

«Baldwin vi stava avvelenando, mio signore. L'ho arrestato.»


Accennai con il capo al punto in cui giaceva Baldwin in ascolto, il<br />

volto paonazzo per la rabbia e l'incredulità. «Per il momento è steso<br />

sul pavimento <strong>di</strong> fianco a voi.»<br />

Le labbra pallide abbozzarono un sorriso: una contrazione<br />

esitante e tremula. «Dunque morirò?»<br />

«No, mio re, se sarà mio potere impe<strong>di</strong>rlo. Vi sentite sul punto <strong>di</strong><br />

morire?»<br />

«Sono stato... meglio... ma sono vivo.»<br />

«Sì, è così, e ogni giorno vi sentirete più forte, ora che abbiamo<br />

fermato i veleni che vi venivano somministrati. Da questo momento<br />

in avanti non mangerete né berrete nulla che non sia stato preparato<br />

dai miei uomini.»<br />

Chinò leggermente la testa in un debole tentativo <strong>di</strong> annuire; poi<br />

sussurrò: «Dove sono i tuoi uomini?».<br />

«Nelle vicinanze, mio signore. Ma adesso devo andare a chiamarli<br />

perché veglino su <strong>di</strong> voi e mi aiutino a ripulire questo nido <strong>di</strong> serpi.<br />

Se volete scusarmi, vado prima che arrivi qualcuno e tenti <strong>di</strong><br />

fermarmi.»<br />

Mosse un <strong>di</strong>to, gesto che interpretai come il permesso <strong>di</strong><br />

congedarmi, e io lo salutai con un cenno del capo e mi avviai verso<br />

la porta. Mentre camminavo mi annodai in vita la cintura verde<br />

scuro <strong>di</strong> Elaine, lasciando pendere le due estremità lungo il fianco<br />

destro. Aprii la porta con circospezione e controllai attentamente le<br />

stanze ai due lati del corridoio per assicurarmi che fossero sgombre;<br />

poi raggiunsi la porta in fondo, quella dove prima si trovavano le<br />

guar<strong>di</strong>e. Era accostata; uscendo mi richiusi lentamente i due battenti<br />

alle spalle guardandomi a destra e a sinistra. Non sentendo alcun<br />

movimento proseguii <strong>di</strong>retto verso la porta che si affacciava sul<br />

salone principale, consapevole ma incurante del fatto che dalla<br />

punta della mia spada stava gocciolando del sangue sul pavimento <strong>di</strong><br />

marmo: sapevo che <strong>di</strong>etro a quella soglia, a pochissima <strong>di</strong>stanza,<br />

c'erano i miei uomini.<br />

Mi trovavo ormai a meno <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci passi dalla porta quando i<br />

battenti si spalancarono spinti da un paio <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>e. Fermi ai lati<br />

della soglia, una mano sulla maniglia e l'altra stretta attorno alla


picca, fecero passare Occo, che si fermò <strong>di</strong> colpo e, con una sola<br />

occhiata, mi squadrò da cima a fondo notando subito la lunga spada<br />

che tenevo in mano; quin<strong>di</strong> ringhiò un unico or<strong>di</strong>ne, sommesso e<br />

sibilante, in una lingua a me ignota. Subito le due guar<strong>di</strong>e al suo<br />

fianco si lanciarono verso <strong>di</strong> me, puntandomi contro le loro lunghe<br />

armi, mentre Occo allungava le braccia per richiudere i battenti della<br />

porta alle sue spalle e, appoggiatosi, mi fissava con gli occhi ridotti a<br />

due fessure traboccanti <strong>di</strong> collera.<br />

Arretrai con cautela, mentre un improvviso terrore mi serrava le<br />

viscere. Lì non avrei avuto nessun vantaggio: non potevo contare né<br />

sul fattore sorpresa né sulla superiorità delle armi, e non c'era un<br />

posto in cui scappare o nascondersi. Le lunghe picche puntate verso<br />

<strong>di</strong> me erano conti, le armi usate prevalentemente dal reparto <strong>di</strong><br />

cavalleria romana denominato contus proprio per quel tipo <strong>di</strong> picca.<br />

Armi temibili dall'asta lunga e dall'estremità dotata <strong>di</strong> una doppia e<br />

massiccia testa <strong>di</strong> ferro dalle lame affilate e dotate lateralmente <strong>di</strong><br />

barbigli, così da smembrare un uomo anche solo sfiorandolo. Le<br />

lunghe fasce metalliche che assicuravano i formidabili ferri alle aste si<br />

prolungavano sul manico per quasi un terzo della lunghezza<br />

dell'arma, rendendo quasi impossibile per l'avversario tranciarla con<br />

la spada.<br />

Continuai ad arretrare mentre i due uomini si avvicinavano<br />

lentamente, stu<strong>di</strong>andomi in cerca <strong>di</strong> un punto debole. Le cime delle<br />

loro armi <strong>di</strong>segnavano nell'aria minuscoli cerchi, non per paura o<br />

nervosismo, ma per in<strong>di</strong>viduare una zona del mio corpo che non<br />

fosse protetta dall'armatura. Tenevano i loro conti con sicurezza e<br />

<strong>di</strong>sinvoltura, inclinati con la punta verso l'alto. <strong>Il</strong> braccio destro era<br />

piegato così da imprimere il massimo della forza, mentre la mano<br />

sinistra, tenuta più in basso, aveva il compito <strong>di</strong> garantire una mira<br />

stabile e precisa. Nessuno dei due parlava né guardava l'altro. Tutta<br />

la loro attenzione era concentrata su <strong>di</strong> me, e per la seconda volta<br />

nel giro <strong>di</strong> mezz'ora sentii la morte incombere sulla mia testa.<br />

L'uomo alla mia destra fece uno scatto improvviso e io balzai<br />

in<strong>di</strong>etro schivando per un pelo la sua lama; nello stesso istante l'altro<br />

si lanciò avanti in un violento affondo, sperando <strong>di</strong> cogliermi<br />

impreparato. Me lo aspettavo perché avevo visto usare altre volte<br />

quelle armi. Con un sonoro clangore metallico la mia lunga lama


iuscì ad allontanare quella punta; poi, in un lampo, tentai un<br />

affondo verso l'alto per colpire il mio avversario al volto. Era<br />

evidente che non si era mai imbattuto in una spada con la lama così<br />

lunga perché per poco non lo presi; riuscì a piegare le ginocchia e a<br />

scattare all'in<strong>di</strong>etro evitando il mio fendente per un soffio; infine, si<br />

tirò fuori dalla mia portata mentre il suo compagno attaccava <strong>di</strong><br />

nuovo correndo dritto verso <strong>di</strong> me. Fu un errore: sapevo che<br />

l'avrebbe fatto e mi ero già preparato a schivare il suo attacco prima<br />

ancora che lo sferrasse. <strong>Il</strong> suo contus mi sfiorò passando oltre, e con<br />

il piede destro piantato saldamente a terra e la spalla corrispondente<br />

abbassata potei cambiare <strong>di</strong>rezione per finirlo prima che riuscisse a<br />

spostare la sua punta <strong>di</strong> lato e agganciarmi con i barbigli. Spinsi la<br />

lama della mia spada verso l'alto con una mossa rapida e violenta,<br />

mirando alla carne molle sotto il mento, ma il mio avversario fu<br />

abbastanza agile da saltare in<strong>di</strong>etro e abbassare il mento, e la mia<br />

punta lo trafisse in un occhio, penetrando nel cranio e uccidendolo<br />

sul colpo. Si accasciò mollando la presa della mortifera picca, che<br />

lasciò cadere ai miei pie<strong>di</strong>.<br />

Mi abbassai su un ginocchio, afferrai l'asta con la mano sinistra e<br />

la spinsi in<strong>di</strong>etro con tutta la forza che avevo, facendola scivolare sul<br />

pavimento alle mie spalle. Non ebbi il tempo <strong>di</strong> fare <strong>di</strong> più, perché<br />

in quella posizione rappresentavo il bersaglio ideale. Mi gettai<br />

all'in<strong>di</strong>etro rotolando su una spalla, mentre la lama della guar<strong>di</strong>a<br />

rimasta colpiva il pavimento nel punto in cui mi ero trovato un<br />

attimo prima; quin<strong>di</strong>, nuovamente in ginocchio, afferrai il pesante<br />

contus tra le mani. Balzai in pie<strong>di</strong> lasciando la spada a terra e mi<br />

preparai ad affrontare il mio assalitore, ora ad armi pari. Vi<strong>di</strong> Occo<br />

<strong>di</strong>etro <strong>di</strong> lui lanciarsi in avanti sguainando la spada; poi la porta alle<br />

sue spalle si spalancò e comparve Perceval, seguito da Griffyd<br />

Fortebraccio con una freccia già pronta nel lungo arco. Prima che<br />

Occo riuscisse a voltarsi, Perceval lo colpì con una spallata<br />

spingendolo <strong>di</strong> lato e lasciò a Griffyd campo libero per scoccare la<br />

sua freccia.<br />

<strong>Il</strong> mio avversario non ebbe nemmeno il tempo <strong>di</strong> accorgersi <strong>di</strong><br />

essere in pericolo. La freccia, velocissima, lo colpì in mezzo alle<br />

scapole, sollevandolo da terra e facendolo ricadere a faccia in giù<br />

davanti a me. Non lo degnai nemmeno <strong>di</strong> uno sguardo: ero certo


della sua morte. I miei occhi si fissarono subito sulla lotta ingaggiata<br />

tra Perceval e Occo. I due si giravano attorno circospetti, le spade<br />

sguainate, quando una seconda freccia uccise Occo, mandandolo a<br />

gambe all'aria contro il muro alle sue spalle, in una posa ben poco<br />

<strong>di</strong>gnitosa.<br />

Perceval ringraziò Griffyd con un cenno del capo, poi venne<br />

verso <strong>di</strong> me.<br />

«Come hai fatto a capire?» chiesi prima che potesse <strong>di</strong>re qualcosa.<br />

«Non me ne sono reso conto finché non ho sentito dei rumori<br />

provenire da qui; non potevo starmene <strong>di</strong> là sapendo che eri dentro<br />

da solo.» In<strong>di</strong>cò con il <strong>di</strong>to la cintura verde stretta intorno alla mia<br />

vita. «Da lì non avrei certo potuto capire se quella ti pendeva<br />

all'interno o all'esterno e la cosa non mi piaceva per niente. Ho<br />

portato con me Griffyd: stavamo parlando quando ho deciso <strong>di</strong><br />

tornare dentro.» Accennò con il capo al corpo <strong>di</strong> Occo. «Quel<br />

buffone era là quando siamo arrivati e non sembrava affatto<br />

contento <strong>di</strong> vederci. Gli ho domandato dov'eri e lui ha risposto che<br />

Baldwin ti aveva concesso <strong>di</strong> vedere re Pelles. Non pareva felice<br />

nemmeno <strong>di</strong> questo, così gli ho domandato perché avesse un'aria<br />

così preoccupata e lui ha risposto che eravate via da troppo tempo.<br />

È stato allora che ha deciso <strong>di</strong> venire qui, e quando ho visto che si<br />

faceva accompagnare da due guar<strong>di</strong>e mi sono avvicinato e ho<br />

origliato alla porta. <strong>Il</strong> resto lo sai. Cosa sta succedendo?»<br />

Glielo spiegai e prima che avessi finito stava già sorridendo.<br />

«Cinque? Hai ucciso cinque uomini da quando hai messo piede qui<br />

dentro? E Baldwin dov'è adesso?»<br />

«Nella camera da letto del re, legato come un fagotto. Lì dove si<br />

trova sarà al sicuro per un po'. Io e te invece abbiamo del lavoro da<br />

sbrigare. Baldwin <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> trenta guar<strong>di</strong>e personali, senza contare<br />

Occo. Raduniamoli tutti adesso, prima che qualcuno <strong>di</strong> loro fiuti<br />

quanto accaduto e si metta in fuga. Metti una trentina <strong>di</strong> Rossi a<br />

occuparsi <strong>di</strong> questa faccenda e mandami Quinto Milo con quel che<br />

resta <strong>di</strong> loro e con una ventina dei suoi uomini migliori. Ci<br />

incontreremo nel salone dei ricevimenti: lì non c'è sangue, e questo<br />

dovrebbe facilitare le cose. Usa i Bianchi per formare un cordone<br />

intorno all'ingresso e non far entrare nessun altro. Gli uomini <strong>di</strong> Milo


dovranno rivoltare quest'e<strong>di</strong>ficio come un guanto in cerca <strong>di</strong><br />

eventuali compari <strong>di</strong> Baldwin rimasti in giro, mentre gli altri Rossi<br />

staranno a guar<strong>di</strong>a del re. Io e Milo, intanto, parleremo <strong>di</strong> quello<br />

che bisognerà <strong>di</strong>re ai capiclan. Manda dentro anche i nostri due<br />

me<strong>di</strong>ci. Pelles è in pessime con<strong>di</strong>zioni e ha bisogno delle migliori<br />

cure che possiamo offrirgli. Ah, occupatevi anche degli altri tre<br />

me<strong>di</strong>ci avvelenatori della squadra <strong>di</strong> Baldwin. Prima li<br />

impiccheremo, meglio sarà per tutti.»<br />

Perceval annuì e si voltò per eseguire i miei or<strong>di</strong>ni, ma poi esitò e<br />

tornò in<strong>di</strong>etro. «Sai una cosa?» <strong>di</strong>sse. «Forse sarebbe meglio aspettare<br />

a impiccare i me<strong>di</strong>ci. Potrebbero anche non essere colpevoli. Voglio<br />

<strong>di</strong>re, perché Baldwin avrebbe dovuto ingaggiare cinque assassini? A<br />

me sembra che uno sarebbe stato sufficiente, al massimo due per<br />

poter lavorare <strong>di</strong> comune accordo. Gli altri tre potrebbero essere del<br />

tutto innocenti; magari hanno anche fatto del loro meglio per tenere<br />

in vita il re, senza sapere che due <strong>di</strong> loro stavano lavorando alle loro<br />

spalle. A me sembra una possibilità sensata.»<br />

Lo guardai riflettendo su quanto aveva detto e poi annuii. «Ci<br />

penserò. Adesso fai entrare gli altri.»


VII<br />

Di lì a breve, appoggiato a una parete del salone dei ricevimenti,<br />

ascoltai il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Quinto Milo ai sette capiclan riuniti e ai più<br />

importanti dei loro sottoposti. I capi, tre dei quali erano molto più<br />

giovani <strong>di</strong> quanto avessi immaginato, ascoltarono Milo riferire gli<br />

eventi delle ultime due ore nel più profondo silenzio: fu data la<br />

notizia delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute del re e del mio attacco a Baldwin e<br />

al suo seguito, spiegando anche l'arresto degli altri tre me<strong>di</strong>ci, dei<br />

membri rimasti della sua guar<strong>di</strong>a personale e della scorta.<br />

Mi ero preparato a una cascata <strong>di</strong> proteste e reazioni rabbiose più<br />

o meno palesi, perciò rimasi sorpreso quando nessuno si alzò in<br />

pie<strong>di</strong> ad accusarci. Tutti i presenti avevano, invece, gli occhi puntati<br />

su un unico uomo, un tipo che sapevo chiamarsi Cortix, colui al<br />

quale Milo si era rivolto subito dopo aver ascoltato la mia storia. Sua<br />

era anche la voce che aveva sedato l'agitazione nel cortile della villa<br />

quando era stata notata l'improvvisa attività dei miei uomini e <strong>di</strong><br />

quelli <strong>di</strong> Milo e si era sparsa la voce <strong>di</strong> quanto si stava svolgendo<br />

all'interno. A parte il suo nome, tuttavia, non sapevo assolutamente<br />

niente <strong>di</strong> lui.<br />

Cortix, dunque, si alzò lentamente e, benché non fosse un<br />

colosso, parve torreggiare sui suoi pari; aveva le spalle larghe ma il<br />

fisico asciutto, <strong>di</strong> altezza me<strong>di</strong>a, e trasmetteva forza e sicurezza. Per<br />

un po' rimase pensieroso, con il volto rannuvolato, poi si voltò a<br />

fissarmi finché non sentii il sangue salirmi alle guance e dovetti<br />

trattenere l'impulso <strong>di</strong> spostarmi. Tuttavia, prima che il mio <strong>di</strong>sagio<br />

<strong>di</strong>ventasse insopportabile, si mise a parlare in un latino fluente,<br />

seppure con un forte accento.<br />

«Siamo gente cauta,» esordì «poco propensa a ringraziare gli<br />

stranieri dopo i secoli passati sotto il giogo dei Romani. Ma voi<br />

meritate un grazie da parte nostra.» Guardò gli altri ascoltatori e i<br />

suoi occhi tornarono a posarsi su <strong>di</strong> me. «Eravamo consapevoli che


qualcosa non andava, ma nessuno <strong>di</strong> noi sapeva esattamente <strong>di</strong> cosa<br />

si trattasse. E siamo stati restii ad agire in fretta, forse a torto.<br />

Baldwin in questo è sempre stato abile. Le sue passate iniziative a<br />

sostegno del nostro popolo e del nostro re ci facevano sentire in<br />

debito verso <strong>di</strong> lui; questo ci ha spinti a non agire in assenza <strong>di</strong> prove<br />

inconfutabili, invece <strong>di</strong> pretendere delle risposte come avremmo<br />

dovuto fare. Adesso tutto questo è cambiato, grazie a voi.»<br />

Gli risposi nella sua lingua, godendomi l'effetto che provocai. «È<br />

tutto cambiato, sì, ma non finisce qui.» Mi stavo ora rivolgendo a<br />

tutti quanti. «Sono Clothar <strong>di</strong> Benwick, un franco salico come voi,<br />

nato qui al Nord ma allevato fin da bambino nell'estremo Sud. Ho<br />

frequentato la Scuola del Vescovo ad Auxerre, con Quinto Milo, e<br />

sono partito per la Britannia sei anni fa, inviato laggiù dal benedetto<br />

Germano. Ora sono <strong>di</strong> nuovo qui in rappresentanza <strong>di</strong> Artù <strong>di</strong><br />

<strong>Camelot</strong>, su richiesta del vostro re, per addestrare i vostri soldati e<br />

trasformarli in cavalleria pesante. Ma adesso abbiamo un problema<br />

che dev'essere risolto.»<br />

Concessi loro qualche istante per assimilare bene quanto avevo<br />

detto e poi ripresi il mio <strong>di</strong>scorso prima che qualcuno riuscisse a<br />

obiettare che avevano già una cavalleria. «È troppo presto per <strong>di</strong>re<br />

se re Pelles si riprenderà o meno dallo stato in cui l'ha ridotto il<br />

veleno che gli hanno somministrato. È nelle mani <strong>di</strong> Dio. Ma se<br />

resterà in vita, nell'attuale situazione sarà insieme un bene e un male:<br />

un bene perché voi avrete ancora un re, e noi <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong> un alleato;<br />

un male, perché i figli <strong>di</strong> Baldwin sono pronti a prendere il posto del<br />

padre e hanno in mano degli ostaggi: la madre e le sorelle <strong>di</strong> Pelles si<br />

trovano già nelle terre <strong>di</strong> Baldwin, per loro spontanea volontà,<br />

come mi è parso <strong>di</strong> capire. Ma questo cambierà non appena si saprà<br />

quanto successo oggi. Quelle donne verranno prese e tenute<br />

prigioniere e Pelles sarà costretto a negoziare la loro liberazione.»<br />

«Ma solo se sopravvivrà.» L'intervento era giunto da uno dei capi<br />

più anziani, un veterano dai capelli brizzolati, con lunghi baffi<br />

chiazzati <strong>di</strong> giallo. «Spero davvero che vada così, nonostante i guai<br />

che si verrebbero a creare, perché se il re morisse il destino delle sue<br />

donne non interesserebbe più a nessuno.»<br />

«Non è così» intervenne un altro. «Una <strong>di</strong> loro ha un figlio: si


tratta della più anziana delle due, Lena. Ha sposato un renano delle<br />

Terre Paludose quando era ancora bambina e ha avuto un figlio. Se<br />

Pelles muore, quel ragazzo è l'erede legittimo <strong>di</strong> Corbenico, l'unico<br />

parente maschio <strong>di</strong> Pelles in linea <strong>di</strong>retta. Un bel grattacapo, per tutti<br />

noi.»<br />

Era una brutta notizia per me, che fino a quel momento ero stato<br />

all'oscuro dell'esistenza <strong>di</strong> un erede. Milo non ne aveva fatto cenno:<br />

quando avevamo parlato dei probabili ostaggi non sapevamo nulla<br />

dello stato <strong>di</strong> salute <strong>di</strong> Pelles e io non gli avevo posto domande in<br />

proposito. Le donne non potevano avanzare pretese sulla<br />

successione salica, questo lo sapevo, ma se il sovrano non aveva figli<br />

suoi, quello <strong>di</strong> una sorella ne aveva pieno <strong>di</strong>ritto. Parlai, nel silenzio<br />

più assoluto.<br />

«Possiamo risolvere tutto se entriamo subito in azione. I miei<br />

uomini sono pronti a muoversi e sono addestrati proprio per questo<br />

genere <strong>di</strong> cose. Possiamo raggiungere la villa dove sono custo<strong>di</strong>te le<br />

donne e portarle via prima che nelle terre <strong>di</strong> Baldwin si venga a<br />

sapere quanto è avvenuto qui, oggi. Non chiedo altro che una<br />

guida, qualcuno che conosca la strada più breve per arrivarci senza<br />

essere notati.»<br />

A questo punto si scatenò il caos che mi ero aspettato all'inizio, e<br />

tutti cominciarono a parlare insieme. In sostanza protestavano<br />

<strong>di</strong>cendo che erano più che in grado <strong>di</strong> salvare le loro donne senza<br />

l'aiuto <strong>di</strong> forestieri. L'unico a non aprir bocca fu Cortix. Mi fissava<br />

con aria pensierosa, in<strong>di</strong>fferente alle grida che lo circondavano; poi<br />

si voltò e zittì tutti con un or<strong>di</strong>ne secco. Tornata la calma, si rivolse a<br />

me.<br />

«Cosa vi induce a pensare che i vostri uomini possano portare a<br />

termine l'impresa meglio dei nostri?»<br />

«Riflettete,» risposi «qui serve un'azione veloce e mirata, condotta<br />

con la massima segretezza. Ci avete seguiti tutti fin qui e avete avuto<br />

modo <strong>di</strong> osservare i miei uomini e la loro <strong>di</strong>sciplina. Noi ci<br />

muoviamo in formazione, veloci e allineati, in due blocchi compatti<br />

come mattoni: piccoli e facilmente in<strong>di</strong>viduabili se guardati uno per<br />

uno, ma che si nascondono con maggiore abilità e sono più adatti a<br />

condurre attacchi a cuneo contro <strong>di</strong>fese organizzate <strong>di</strong> quanto non


lo sia un branco <strong>di</strong> singoli cavalieri sparpagliati. Non è questione <strong>di</strong><br />

coraggio. Qui il coraggio non c'entra. Servono risultati, velocità e<br />

precisione, addestramento e <strong>di</strong>sciplina. I miei uomini possono<br />

penetrare nelle terre <strong>di</strong> Baldwin senza che i suoi <strong>di</strong>fensori nemmeno<br />

se ne accorgano, e sono in grado <strong>di</strong> andare e tornare prima che lì si<br />

venga a sapere della caduta del loro re.»<br />

Era sul punto <strong>di</strong> sorridere, ma si trattenne dal farlo. «Siete così<br />

sicuro <strong>di</strong> voi?»<br />

Annuii, sorridendogli. «Di me, sì, e anche dei miei uomini. E sono<br />

sicuro anche <strong>di</strong> qualcos'altro: è bene che ve<strong>di</strong>ate cosa può fare una<br />

cavalleria come la nostra. Quando l'avrete accertato con i vostri<br />

occhi, la vorrete anche voi. Ed è per questo che siamo venuti fino a<br />

qui da <strong>Camelot</strong>.»<br />

Non ebbe esitazioni. «Bene. Vi accompagnerò io stesso. Ci sono<br />

stato almeno una ventina <strong>di</strong> volte e conosco ogni sasso del tratto che<br />

ci separa da lì. Se esiste un modo <strong>di</strong> far passare cento uomini a<br />

cavallo sotto il naso delle guar<strong>di</strong>e <strong>di</strong> Baldwin senza essere visti,<br />

voglio conoscerlo anch'io. Verranno con noi Brad, Getorix e Luthor.<br />

Sono i nostri migliori condottieri.»<br />

Annuii a ciascuno degli uomini appena nominati mano a mano<br />

che si alzarono; erano i tre giovani che avevo notato prima. «E sia»<br />

<strong>di</strong>ssi. «Partiremo entro un'ora. I miei uomini hanno cibo a sufficienza<br />

solo per stasera. Potete preparare delle razioni in più per loro?<br />

Quanta strada dobbiamo fare?»<br />

Cortix rispose che il tragitto a cavallo avrebbe richiesto tre giorni<br />

<strong>di</strong> cammino verso nordest, due se si procedeva velocemente e si<br />

aveva fortuna con il tempo.<br />

«Razioni per quattro o cinque giorni, per cento uomini» <strong>di</strong>ssi a<br />

Getorix. «Potete occuparvene?»<br />

«Consideratelo già fatto» rispose uscendo dalla stanza; Cortix,<br />

invece, mi guardava ancora dubbioso.<br />

«Per cinque giorni? Ma ve ne servirà <strong>di</strong> più!»<br />

«Già, ma non all'andata. Quanto <strong>di</strong>sta da qui il confine tra<br />

Corbenico e le terre <strong>di</strong> Baldwin, e quanto da lì per raggiungere la<br />

villa?»


Alzò le spalle. «Un giorno e mezzo per raggiungere il nostro<br />

confine. Meno <strong>di</strong> una giornata da lì alla villa, procedendo<br />

velocemente.»<br />

«Andremo veloci al ritorno, con le donne al seguito. Ci<br />

sguinzaglieranno <strong>di</strong>etro i mercenari dalla roccaforte sulle colline che<br />

sovrasta la villa; se sono in gamba come immagino, si sposteranno<br />

velocemente. Dunque dovremo darci dentro per mantenere il<br />

margine <strong>di</strong> vantaggio. Ci seguiranno anche oltre il vostro confine?»<br />

«Potete starne certo, se pensano che stiamo scappando da loro.<br />

Per scoraggiarli però metterò degli uomini ad aspettarli nella foresta<br />

al limite dei nostri confini.»<br />

«Bene. Era quanto speravo <strong>di</strong> sentirvi <strong>di</strong>re. Potete chiedere a<br />

quegli uomini <strong>di</strong> procurare dei carri per le donne? Saranno tutte<br />

indolenzite e irrigi<strong>di</strong>te dopo un'intera giornata in sella al galoppo;<br />

una volta oltre il confine apprezzeranno <strong>di</strong> certo dei carri imbottiti.<br />

Giunti lì avremo anche bisogno <strong>di</strong> nuove razioni <strong>di</strong> cibo. E un'altra<br />

cosa...» In<strong>di</strong>cai con la mano la porta principale. «Questi uomini<br />

rappresentano i due terzi <strong>di</strong> tutte le truppe con cui sono sbarcato.<br />

Portarli via significa lasciare un carico notevole sulle spalle dello<br />

squadrone che rimane, cui toccherà completare le operazioni <strong>di</strong><br />

scarico da solo e vegliare sulle merci una volta sistemate a terra.<br />

Potete mandare un gruppo dei vostri uomini ad aiutarli? Solo per<br />

montare la guar<strong>di</strong>a insieme a loro e assicurarsi che non si<br />

presentino... imprevisti.»<br />

Esitò solo un attimo prima <strong>di</strong> sorridere e accordarmi tutto ciò che<br />

avevo richiesto; provai un senso <strong>di</strong> sollievo, come se qualcuno mi<br />

avesse tolto un peso dalle spalle.<br />

Nel giro <strong>di</strong> un'ora mi organizzai con Milo perché tornasse<br />

all'attracco a informare i miei uomini <strong>di</strong> quanto stava accadendo,<br />

avvertirli della nostra partenza e portare or<strong>di</strong>ni a Lucio Genaro, il<br />

mio secondo, riguardo al completamento delle operazioni <strong>di</strong> scarico.<br />

Die<strong>di</strong> anche istruzioni a Genaro <strong>di</strong> mandare i nostri due migliori<br />

me<strong>di</strong>ci - ne avevamo portati con noi quattro - a occuparsi <strong>di</strong> re<br />

Pelles. Genaro avrebbe anche dovuto organizzare i Bianchi in doppi<br />

turni <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a, invece che tripli, perché ora, grazie a Cortix, non<br />

temevo più alcun tra<strong>di</strong>mento. Basai tutte le mie istruzioni sull'ipotesi


che re Pelles sopravvivesse, ma anche volendo guardare al <strong>di</strong> là <strong>di</strong><br />

una simile incertezza, vedevo una grande forza in Cortix, per la<br />

fermezza e la fiducia che la sua persona esprimeva riguardo al<br />

benessere del suo popolo e alle aspettative <strong>di</strong> prosperità futura.<br />

Passò un'ora, senza che mi venisse in mente altro <strong>di</strong> cui<br />

preoccuparmi in vista della partenza e, sebbene i miei uomini fossero<br />

già schierati in attesa che io li raggiungessi, tornai a offrire i miei<br />

omaggi a re Pelles. Lo trovai placidamente addormentato. Vedendo<br />

le chiazze livide sulla sua pelle mi chiesi se fosse consapevole che il<br />

suo potenziale assassino si trovava ora in isolamento in una<br />

minuscola cella, incatenato e strettamente sorvegliato da guar<strong>di</strong>e ai<br />

miei or<strong>di</strong>ni. Non sapevo ancora cosa gli uomini <strong>di</strong> Corbenico<br />

avrebbero fatto <strong>di</strong> Baldwin, ma gli avevo assicurato che finché fosse<br />

stato mio prigioniero nessuno gli avrebbe fatto del male.<br />

Mi voltai e mi allontanai dal re addormentato chiedendomi se<br />

sarebbe stato ancora vivo quando avrei riportato sua madre e le sue<br />

sorelle. Uscendo in cortile non persi altro tempo: presi il mio posto<br />

alla testa delle nostre truppe d'assalto e partii alla volta delle terre <strong>di</strong><br />

Baldwin.


SETTE<br />

Fummo <strong>di</strong> ritorno al porto dopo <strong>di</strong>eci giorni: ce n'erano voluti<br />

soltanto due per raggiungere la tenuta <strong>di</strong> Baldwin, dove erano<br />

prigioniere le donne e tre per tornare con loro al seguito. Una delle<br />

prime cose che venni a sapere passando per Corbenico fu che Pelles<br />

era sopravvissuto: dal giorno prima le sue con<strong>di</strong>zioni erano<br />

decisamente migliorate. Aveva cominciato a ristabilirsi in maniera<br />

sorprendente già quando ci eravamo messi in cammino per<br />

raggiungere la villa, e si <strong>di</strong>mostrò molto più vigile <strong>di</strong> quanto non mi<br />

fossi aspettato. Le lesioni della pelle si erano notevolmente attenuate<br />

e le profonde occhiaie avevano perso quel pallore spettrale che mi<br />

aveva così sconvolto la prima volta che ci eravamo incontrati. Era<br />

ancora estremamente debole ma non mi parve aver perso nessuna<br />

delle sue facoltà mentali; mi riconobbe e mi salutò con un timido<br />

sorriso, felice in modo quasi commovente <strong>di</strong> poter rivedere la madre<br />

e le sorelle.<br />

I nostri me<strong>di</strong>ci, in ogni caso, si erano <strong>di</strong>mostrati prudenti nel fare<br />

pronostici. Solo il passare del tempo, mi avevano detto in privato,<br />

avrebbe detto l'ultima parola sulla sua guarigione. Le voci che<br />

Baldwin aveva <strong>di</strong>ffuso sul suo stato <strong>di</strong> deperimento mentale erano<br />

senz'altro menzogne calcolate, ma al re era stato imposto a lungo <strong>di</strong><br />

ingerire una grande quantità <strong>di</strong> veleno e nessuno era davvero in<br />

grado <strong>di</strong> valutare se la sua mente fosse stata o meno compromessa<br />

dagli eccessi subiti.<br />

I


A <strong>di</strong>spetto <strong>di</strong> quanto gli era accaduto, ora che ad accu<strong>di</strong>rlo<br />

c'erano la madre e le sorelle, e veniva nutrito soltanto con cibo<br />

accuratamente scelto e preparato, Pelles cominciò a migliorare <strong>di</strong><br />

giorno in giorno.<br />

L'incursione nella villa <strong>di</strong> Baldwin era riuscita alla perfezione.<br />

Grazie a Cortix e alla sua conoscenza del territorio e all'eccellenza<br />

degli esploratori <strong>di</strong> Griffyd che ci avevano preceduto nel corso<br />

dell'intero tragitto, eravamo riusciti a penetrare le formidabili <strong>di</strong>fese<br />

<strong>di</strong> Baldwin e a raggiungere subito il nostro obiettivo senza che<br />

nessuno ci scoprisse. In quattro occasioni i nostri, alcuni esploratori<br />

scelti dei Pendragon, ci avevano messo in guar<strong>di</strong>a, e in tutti e<br />

quattro i casi - tre posti <strong>di</strong> sorveglianza e un drappello in<br />

perlustrazione ben armato - fummo in grado, grazie alla loro<br />

vigilanza e abilità, <strong>di</strong> aggirare il pericolo.<br />

Arrivammo in vista della villa a metà pomeriggio del secondo<br />

giorno scendendo da un alto crinale che avevamo attraversato lungo<br />

una profonda spaccatura situata sulla cresta. I pen<strong>di</strong>i più alti della<br />

collina <strong>di</strong> fronte erano coperti da una fitta vegetazione. La<br />

attraversammo guidati da Cortix fino a raggiungere una porzione <strong>di</strong><br />

foresta quasi al limite <strong>di</strong> un'or<strong>di</strong>nata <strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> vigneti, sul versante<br />

inferiore del colle. Tutti noi fummo colpiti dalla ricchezza della<br />

vallata ai nostri pie<strong>di</strong> che si estendeva a vista d'occhio e appariva<br />

coltivata con grande cura. Visto che la villa si trovava ormai a meno<br />

<strong>di</strong> un miglio <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, decidemmo <strong>di</strong> non muoverci fino al<br />

crepuscolo e <strong>di</strong> attaccare al calare delle tenebre. Nel pieno della luce<br />

pomeri<strong>di</strong>ana non esisteva la benché minima possibilità <strong>di</strong><br />

attraversare i vigneti senza essere notati, e volevamo scongiurare la<br />

possibilità che la voce <strong>di</strong> un nostro imminente attacco giungesse al<br />

forte, sul versante opposto della vallata.<br />

La villa era stata costruita intorno a una corte quadrangolare.<br />

L'e<strong>di</strong>ficio principale ne delimitava due lati, mentre completava gli<br />

altri due una serie <strong>di</strong> fabbricati annessi, alcuni collegati tra loro, altri<br />

invece in<strong>di</strong>pendenti. Un alto muro <strong>di</strong> pietra, con due sole entrate<br />

collocate sui lati opposti del complesso, circondava l'intero<br />

raggruppamento <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici, chiara testimonianza <strong>di</strong> un tempo in cui il<br />

bisogno <strong>di</strong> fortificazioni era molto maggiore <strong>di</strong> quanto oggi ci si<br />

possa immaginare. Secondo i piani, attaccammo all'imbrunire,


percorrendo lentamente a pie<strong>di</strong> il tragitto in mezzo ai filari <strong>di</strong> viti e<br />

sfruttando la crescita dell'uva novella, seppur ancora scarsa, per<br />

nascondere i nostri movimenti e portarci <strong>di</strong>etro i cavalli per la<br />

cavezza fino quasi a duecento passi dall'ingresso principale. Si<br />

vedevano alcune sentinelle <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a ma erano decisamente poche:<br />

due ai lati dell'ingresso e altre due agli angoli della cinta esterna.<br />

Griffyd mi si avvicinò e senza parlare mi segnalò con la mano che i<br />

suoi uomini potevano tranquillamente sistemarle tutte; con un cenno<br />

del capo gli <strong>di</strong>e<strong>di</strong> il permesso <strong>di</strong> procedere e feci sapere agli altri che<br />

dovevano restare dov'erano.<br />

Non si sentiva alcun rumore e tutto appariva immobile. Dopo<br />

pochi attimi, o almeno così ci sembrò, le guar<strong>di</strong>e crollarono a terra,<br />

una dopo l'altra, in silenzio assoluto. Mi misi in ascolto <strong>di</strong> eventuali<br />

segnali d'allarme e dopo aver contato fino a <strong>di</strong>eci, <strong>di</strong>e<strong>di</strong> il segnale <strong>di</strong><br />

montare in sella e partire alla carica. <strong>Il</strong> mio primo squadrone, quello<br />

dei Bianchi, irruppe attraverso l'entrata principale <strong>di</strong>rettamente nel<br />

quadrilatero centrale, trovandosi a occuparlo ancor prima che<br />

qualcuno, all'interno, si accorgesse <strong>di</strong> essere attaccato. I Rossi del<br />

secondo squadrone si <strong>di</strong>visero in due gruppi, si lanciarono lungo il<br />

perimetro esterno e, senza trovare la minima opposizione,<br />

oltrepassarono la porta d'accesso più lontana.<br />

Paradossalmente il maggior ostacolo che ci trovammo ad<br />

affrontare fu Catalina, la madre <strong>di</strong> Pelles. Era anziana ma per nulla<br />

debole e non gradì affatto <strong>di</strong> venire assalita in quella che da tempo<br />

considerava casa sua. Afferrata la spada <strong>di</strong> una delle sue sfortunate<br />

guar<strong>di</strong>e mi attaccò brandendo l'arma, chiaramente determinata a<br />

tagliarmi in due, dalla testa ai pie<strong>di</strong>. Cortix riuscì a salvarmi la vita<br />

lanciandosi tra <strong>di</strong> noi e facendole vedere chi era. Proprio all'ultimo<br />

istante Catalina lo riconobbe e si fermò, abbassando confusa il<br />

braccio.<br />

Cortix la informò senza esitare <strong>di</strong> quanto successo a Corbenico e<br />

delle gravi con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute del figlio. Così da lì a pochi secon<strong>di</strong>,<br />

Catalina aveva già convogliato tutte le sue formidabili energie per<br />

organizzare il proprio ritorno a casa e impartiva or<strong>di</strong>ni ai domestici e<br />

agli inservienti perché radunassero all'istante tutte le sue cose. Fui<br />

lieto <strong>di</strong> lasciare a Cortix il compito <strong>di</strong> spiegare le ragioni dell'urgenza<br />

che ci costringeva a partire e quin<strong>di</strong> a suggerirle <strong>di</strong> non portare con


sé nient'altro oltre agli abiti che indossava. Non ci sarebbe stato<br />

tempo per preparare carri o bagagli, continuò, dal momento che,<br />

giunta la notizia alla fortezza in cima ai colli, saremmo stati subito<br />

inseguiti dai mercenari <strong>di</strong> Baldwin. Ogni donna avrebbe viaggiato a<br />

cavallo con un uomo della comitiva. Ci sarebbero stati dei carri ad<br />

attenderle al sicuro oltre il confine ma per tutto il tragitto che ci<br />

separava da Corbenico, avremmo dovuto - e lo <strong>di</strong>sse rivolgendosi<br />

chiaramente a lei e alle sue figlie - muoverci in fretta.<br />

Una volta afferrata la situazione Catalina non fece alcuna<br />

obiezione. Le donne presenti erano otto, <strong>di</strong>sse, e non tre, e lei non<br />

sarebbe <strong>di</strong> certo partita lasciandone in<strong>di</strong>etro qualcuna.<br />

Un'ora dopo l'incursione eravamo già tornati sul nostro cammino.<br />

Non uno degli uomini <strong>di</strong> Baldwin era sfuggito al nostro iniziale<br />

assalto. Avevamo ucciso soltanto le sentinelle <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a, mentre gli<br />

altri erano stati catturati nei loro stessi alloggi, senza spargimento <strong>di</strong><br />

sangue. I miei li spogliarono delle armi e li tennero in ostaggio finché<br />

non partimmo. Sapevamo che non appena ce ne fossimo andati<br />

sarebbero fuggiti a tutta velocità per <strong>di</strong>ffondere l'allarme, ma<br />

avrebbero dovuto correre per un'ora in salita prima <strong>di</strong> riferire<br />

l'accaduto, così valutai che avremmo avuto a <strong>di</strong>sposizione il doppio<br />

del tempo per <strong>di</strong>stanziare chiunque avessero mandato al nostro<br />

inseguimento.<br />

Le donne <strong>di</strong>mostrarono una notevole resistenza e non si<br />

lagnarono, nonostante il <strong>di</strong>sagio che avevamo causato loro.<br />

Cavalcavano in silenzio, stoicamente, spostandosi ora in coda ora in<br />

testa alla colonna in occasione delle soste, ogni mezz'ora, stabilite<br />

per far riposare i cavalli. Capii che avevamo oltrepassato il confine in<br />

<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Corbenico quando Cortix con un gesto della mano mi<br />

in<strong>di</strong>cò una radura erbosa nella foresta; lo vi<strong>di</strong> <strong>di</strong> nuovo fare un<br />

cerchio con il braccio sopra la testa e in pochi istanti ci trovammo<br />

circondati dai suoi uomini a cavallo. Eravamo entrati nel territorio <strong>di</strong><br />

Corbenico già da un miglio, <strong>di</strong>sse, e le donne potevano ora viaggiare<br />

comodamente sui due carri che i suoi avevano portato per loro.<br />

Chiunque ci avesse seguito da quel momento in poi avrebbe dovuto<br />

vedersela con i suoi soldati.<br />

Dopo aver riconsegnato a Pelles la madre e le sorelle avrei


desiderato tornare subito sulla costa ma sapevo <strong>di</strong> non poterlo fare<br />

senza prima prendere commiato dal re. Dovetti attendere che tutti<br />

trascorressero un po' <strong>di</strong> tempo con lui: innanzitutto sua madre e le<br />

sorelle, poi Cortix il quale, riven<strong>di</strong>cando la sua priorità, volle<br />

intrattenersi mezz'ora in privato con il suo sovrano. Quando<br />

finalmente fui ammesso nelle stanze reali capii che il re doveva<br />

essere <strong>di</strong> buon umore, la salute <strong>di</strong> gran lunga migliorata, perché<br />

altrimenti non avrebbe potuto sopportare un simile flusso <strong>di</strong><br />

visitatori. Così, quando fu il mio turno mi ricevette amabilmente,<br />

annunciandomi subito che Cortix gli aveva fatto un buon rapporto<br />

su me e i miei uomini.<br />

Non appena cominciò a parlare, presi a osservarlo con<br />

attenzione, cercando <strong>di</strong> vedere e sentire non sapevo nemmeno io<br />

bene cosa e sperando che i suoi ragionamenti fossero limpi<strong>di</strong>: egli si<br />

<strong>di</strong>mostrò assolutamente lucido. Espresse la sua gratitu<strong>di</strong>ne ad Artù, a<br />

Merlino e anche a me, e <strong>di</strong>sse che non vedeva l'ora <strong>di</strong> consolidare la<br />

nostra alleanza sia per instaurare una rete <strong>di</strong> scambi commerciali sia<br />

per avviare la nostra comune impresa lì a Corbenico. Mi confessò <strong>di</strong><br />

sentirsi ancora debole ma sperava che, nel frattempo, avrei iniziato a<br />

lavorare sui preliminari trattando con Cortix come se fosse stato il re<br />

in persona. Cortix e Milo, <strong>di</strong>sse, sarebbero stati i primi comandanti<br />

della sua nuova cavalleria.<br />

Rimasi colpito dal suo entusiasmo, ma anche dall'ammissione così<br />

sollecita <strong>di</strong> una sua debolezza; decisi che entrambe le cose lasciavano<br />

ben presagire un completo e imme<strong>di</strong>ato recupero della sua salute<br />

mentale e quando lo lasciai ebbi l'impressione che stesse decisamente<br />

meglio rispetto ai giorni precedenti. Cortix voleva ritornare sulla<br />

costa con me ma gli <strong>di</strong>ssi che avrei avuto bisogno, prima <strong>di</strong> ogni<br />

altra cosa, <strong>di</strong> parlare con franchezza dell'accaduto con i miei<br />

comandanti più anziani; ritenevo che la sua presenza a quella prima<br />

riunione avrebbe potuto essere più <strong>di</strong> intralcio che d'aiuto. Capì e<br />

acconsentì, molto cortesemente, a raggiungerci il giorno successivo.<br />

Trovai le colline erbose che sovrastavano le spiagge, trasformate<br />

in una città <strong>di</strong> tende <strong>di</strong> cuoio tutte or<strong>di</strong>natamente sistemate, con<br />

steccati che recintavano i nostri cavalli. Gli uomini che Cortix aveva<br />

inviato per assisterci si erano <strong>di</strong>mostrati più che desiderosi <strong>di</strong> unirsi a<br />

noi per aiutarci nel nostro arduo compito. La cosa mi sorprese, ma


Milo, che aveva parlato con alcuni dei suoi uomini, spiegò che,<br />

attratti dalla buona volontà dei nostri e dalla loro <strong>di</strong>sciplina,<br />

all'inizio i Franchi avevano voluto assistere da vicino alle operazioni<br />

<strong>di</strong> scarico delle merci dalle navi <strong>di</strong> Connor, e poi si erano offerti<br />

volontariamente <strong>di</strong> aiutare a tagliare, spuntare e trasportare gli<br />

arboscelli per gli steccati dei nostri recinti e perfino <strong>di</strong> aiutare a<br />

raccogliere le carrettate <strong>di</strong> pietre che i nostri costruttori avevano<br />

appena finito <strong>di</strong> usare per erigere un ru<strong>di</strong>mentale bagno da campo<br />

con una pozza d'acqua fredda e un sudarium, ovvero una sauna,<br />

riscaldata da una fornace esterna.<br />

I Blu furono contenti <strong>di</strong> vederci tornare e ci accolsero con scherzi<br />

e frecciatine, neanche fossimo partiti per una cavalcata lasciandoli lì<br />

a fare il lavoro duro. Congedai gli uomini del mio corpo <strong>di</strong><br />

cavalleria, dando loro un intero giorno <strong>di</strong> libertà, e mi <strong>di</strong>ressi verso<br />

la tenda dove si trovava il comando per incontrare i miei ufficiali.<br />

Connor, accompagnato dal suo comandante <strong>di</strong> flotta Angus il Calvo,<br />

ci raggiunse subito, tanto ansioso <strong>di</strong> ascoltare il mio rapporto quanto<br />

<strong>di</strong> farci sapere le novità sui risultati da lui ottenuti durante la mia<br />

assenza. Tutto, sia riguardo alla flotta sia ai preparativi a terra, era<br />

ad<strong>di</strong>rittura migliore <strong>di</strong> quanto mi aspettassi, e le mie aspettative<br />

erano decisamente alte. Fui felice <strong>di</strong> far loro un rapporto dettagliato<br />

sulle mie stesse attività e sui progressi fatti da quando li avevo<br />

lasciati. Terminato il mio rapporto, tuttavia, <strong>di</strong>scutemmo delle vere<br />

questioni per cui ci eravamo incontrati.<br />

Avevamo due priorità da affrontare e la prima riguardava<br />

l'aspetto commerciale della nostra spe<strong>di</strong>zione. Riferii a Connor<br />

esattamente quanto detto da Cortix in occasione della nostra<br />

<strong>di</strong>scussione, sulla via del ritorno alla villa <strong>di</strong> Pelles dopo l'incursione,<br />

a proposito del bisogno <strong>di</strong> armi e armature manifestato dal re degli<br />

Scoti. C'erano armi <strong>di</strong>sponibili, mi aveva detto, ma fino ad allora<br />

nessuno si era preoccupato <strong>di</strong> radunarle. Servivano dunque dei<br />

cambiamenti. A pochi giorni <strong>di</strong> cavallo dalla villa <strong>di</strong> Pelles c'era un<br />

certo numero <strong>di</strong> fabbri artigiani e fucine sorte negli ultimi secoli per<br />

vendere i propri prodotti alle locali guarnigioni romane. Ora che le<br />

ultime forze <strong>di</strong> occupazione si stavano ritirando dalla regione, la<br />

domanda <strong>di</strong> armi e corazze era del tutto crollata e molte fucine<br />

avevano dovuto chiudere. Gli operai tuttavia vivevano ancora lì,


lavorando ora soprattutto come conta<strong>di</strong>ni, fabbri ferrai e aratori. Le<br />

fornaci e le fucine erano ancora in buone con<strong>di</strong>zioni, sebbene alcune<br />

venissero attualmente impiegate per altri scopi. Cortix riteneva che<br />

la produzione avrebbe potuto risollevarsi in fretta una volta<br />

instaurato un clima <strong>di</strong> fiducia nei confronti <strong>di</strong> Connor. Aveva<br />

mandato in quei posti alcuni messaggeri per invitare i proprietari a<br />

riunirsi e a incontrare Connor e mi aveva assicurato che il primo <strong>di</strong><br />

questi colloqui avrebbe avuto luogo entro una decina <strong>di</strong> giorni.<br />

Per quanto riguardava il ruolo avuto da <strong>Camelot</strong> in quel<br />

commercio, cui era dovuta la nostra presenza a Corbenico, Cortix<br />

aveva incaricato il capo <strong>di</strong> un altro clan, un affabile giovane<br />

guerriero <strong>di</strong> nome Brad, <strong>di</strong> iniziare a selezionare gli allevamenti e<br />

quin<strong>di</strong> i migliori stalloni e le migliori fattrici per consentirci <strong>di</strong><br />

scegliere poi quelli che avremmo preferito. Intanto, un altro capo,<br />

Getorix, avrebbe cominciato a organizzare un carico <strong>di</strong> vini,<br />

frumento e altre sementi, olive e vari oli introvabili in Britannia, e<br />

ancora formaggi secchi stagionati e salsicce affumicate e speziate <strong>di</strong><br />

vario tipo, già ben noti a <strong>Camelot</strong>.<br />

Alla base dello scambio c'era la seconda delle nostre priorità, ossia<br />

l'avvio del programma <strong>di</strong> addestramento che avevamo pianificato<br />

prima <strong>di</strong> lasciare <strong>Camelot</strong>. Tutti i miei interlocutori conoscevano i<br />

punti stabiliti dal programma ma ben pochi <strong>di</strong> loro avrebbero<br />

scommesso sulla riuscita dell'impresa, considerate l'indolenza<br />

guerresca e la spontanea arroganza degli uomini che avremmo<br />

dovuto istruire. Risposi che indurre i soldati a cambiare<br />

atteggiamento sarebbe stato il mio primo obiettivo: il giorno dopo<br />

avrei presentato loro Cortix come il nuovo comandante <strong>di</strong> cavalleria<br />

<strong>di</strong> re Pelles, ed egli, li rassicurai, era senz'altro la persona giusta per<br />

compiere il miracolo su quei Franchi.


II<br />

Dopo aver incontrato i miei ufficiali, da Lucio Genaro, secondo<br />

ufficiale navale, a Junius Merkat, il nostro più giovane cadetto, il<br />

povero Cortix era <strong>di</strong>sorientato sulla <strong>di</strong>rezione da prendere, come lo<br />

sarebbe stato uno qualunque dei suoi conterranei.<br />

Entro quell'anno avrebbe dovuto addestrare e poi selezionare il<br />

primo contingente <strong>di</strong> uomini, all'interno del quale scegliere coloro<br />

che sarebbero <strong>di</strong>ventati i suoi primi ufficiali, determinanti per il<br />

futuro esercito <strong>di</strong> Corbenico. Valutare quali fossero i più meritevoli<br />

era dunque una necessità assoluta.<br />

<strong>Il</strong> suo prossimo incarico sarebbe stato quello <strong>di</strong> selezionare i primi<br />

cento migliori giovani guerrieri a cavallo - la sua futura cavalleria -<br />

tra tutti gli uomini dei clan al suo comando. Un centinaio dei nostri<br />

soldati avrebbe addestrato i suoi uomini per tutto il tempo che<br />

sarebbe stato necessario. Inizialmente ogni recluta avrebbe dovuto<br />

procurarsi due cavalli, ma una volta iniziato il piano <strong>di</strong> allevamento<br />

sarebbero stati in grado <strong>di</strong> sostituirli con bestie delle loro stesse<br />

mandrie. Noi avremmo messo a <strong>di</strong>sposizione un magister equitum,<br />

un maestro dei cavalieri, che li seguisse nell'impresa.<br />

A <strong>Camelot</strong> l'addestramento minimo delle reclute durava tre mesi<br />

ma poiché quegli uomini erano del tutto estranei al concetto <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sciplina ed erano inoltre frenati dalla convinzione <strong>di</strong> essere sempre<br />

stati dei meravigliosi guerrieri, ci sarebbero voluti almeno quattro<br />

mesi soltanto per insegnare loro i ru<strong>di</strong>menti. Alla fine <strong>di</strong> quell'anno<br />

avremmo avuto con noi l'intero contingente, cinquecento soldati <strong>di</strong><br />

cavalleria più gli ufficiali e i cinquanta esploratori <strong>di</strong> Pendragon. A<br />

quel punto saremmo stati in grado <strong>di</strong> preparare tutti gli uomini che<br />

avessero voluto unirsi a noi.<br />

Cortix ci aveva segnalato due fortini sulla costa, ormai<br />

abbandonati, che facevano al caso nostro. Avremmo fatto base in<br />

uno dei due ed elaborato un sistema <strong>di</strong> segnalazioni per avvisare


dell'arrivo delle navi.<br />

Quel giorno, prima che Cortix se ne andasse, lo condussi al mio<br />

tavolo <strong>di</strong> lavoro e da una grande scatola sistemata sul fondo<br />

cominciai a tirare fuori una serie <strong>di</strong> libri rilegati impilandoli sul<br />

tavolo. Quando ebbi finito si trovò davanti, accatastati in due pile,<br />

più <strong>di</strong> una ventina <strong>di</strong> spessi volumi. Colpii con il palmo una delle<br />

due pile. «Stai guardando il tuo nuovo esercito!» <strong>di</strong>ssi sorridendo<br />

davanti alla sua espressione confusa.<br />

«Spiegatemi» fu tutto quello che riuscì a <strong>di</strong>re.<br />

«Ciò che vedete qui è il <strong>di</strong>stillato <strong>di</strong> più <strong>di</strong> sessantanni <strong>di</strong> risultati,<br />

creati dal nulla, uguali a quelli che otterremo qui a Corbenico nei<br />

prossimi tre. Ancor prima che venisse presa la decisione <strong>di</strong> mandarci<br />

qui questa primavera, lo scorso anno Merlino Britannico riunì a<br />

<strong>Camelot</strong> dei clerici scrivani - un folto gruppo - incaricandoli <strong>di</strong><br />

compilare questi documenti; poi fece arrivare tutte le persone più<br />

competenti del regno, da re Artù in persona fino ai capocuochi<br />

responsabili delle cucine delle nostre guarnigioni, per documentare<br />

tutto ciò che era necessario a garantire la vita <strong>di</strong> una realtà come<br />

<strong>Camelot</strong>. Questi libri contengono tutti quei dati, Cortix, sistemati<br />

sotto forma <strong>di</strong> procedure e istruzioni, consigli e raccomandazioni su<br />

ogni aspetto necessario alla creazione <strong>di</strong> una forza <strong>di</strong> cavalleria<br />

efficiente. Ci sono libri sull'allevamento e la cura dei cavalli, sulle<br />

pratiche per garantire una buona igiene fra le milizie, su come nutrire<br />

un gran numero <strong>di</strong> uomini, dalla ventina al migliaio. Ce ne sono<br />

alcuni che illustrano le leggi dell'esercito <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, che descrivono<br />

la <strong>di</strong>sciplina e le punizioni per ribelli, trasgressori e <strong>di</strong>sertori, i<br />

requisiti per ottenere una promozione, i <strong>di</strong>versi gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> gratifica e <strong>di</strong><br />

riconoscimento delle prestazioni degne <strong>di</strong> nota in ciascun ambito. Ci<br />

sono poi descrizioni dettagliate su tutto, da come si stabiliscono i<br />

turni <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a a come si devono ispezionare gli avamposti e le<br />

caserme dei soldati <strong>di</strong> vigilanza. Sono in<strong>di</strong>cate le prassi per la buona<br />

conservazione <strong>di</strong> selle, armi, armature e, naturalmente, per il<br />

mantenimento del proprio cavallo. Inoltre ci sono regole che<br />

<strong>di</strong>sciplinano la condotta degli ufficiali tra loro e nei confronti dei<br />

loro sottoposti. Nulla è stato trascurato; volevo farveli vedere per<br />

<strong>di</strong>mostrarvi che non stiamo brancolando nel buio o sperando in<br />

un'ispirazione <strong>di</strong>vina che ci gui<strong>di</strong> nella realizzazione <strong>di</strong> quello che ci


siamo proposti.»<br />

Cortix inspirò rumorosamente. Poi aprì in un punto a caso,<br />

all'incirca a metà, il libro che avevo toccato e iniziò a leggere ad alta<br />

voce: «Formazione. L'unità operativa <strong>di</strong> base sarà lo squadrone che<br />

dovrà essere formato da quaranta soldati a cavallo sotto il comando<br />

del comandante <strong>di</strong> squadrone. Ogni squadrone sarà formato da due<br />

squadre, ciascuna <strong>di</strong> venti uomini, comandate da un capo squadra, e<br />

ogni squadra dovrà avere due pattuglie, <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci uomini ciascuna,<br />

comandate da un soldato maggiore con un pennacchio bianco sulla<br />

cresta dell'elmo». Chiuse il libro e lo rimise al suo posto; poi<br />

tamburellò con le <strong>di</strong>ta sulla sottile copertina <strong>di</strong> legno.<br />

«Allora, quando cominciamo?»<br />

«Abbiamo già cominciato. Era questo l'inizio. Adesso vorrei che mi<br />

portaste a visitare la fortezza più vicina. È lontana da qui?»<br />

«Otto miglia a nord, forse <strong>di</strong>eci. L'altra si trova ancora cinque<br />

miglia più lontano. An<strong>di</strong>amo, allora.»<br />

«Subito. Ma non abbiamo del tutto finito qui. Non appena<br />

avremo terminato <strong>di</strong> visitare le fortezze ritornerò a dare <strong>di</strong>sposizione<br />

per trasferirci in un posto più consono, e voi dovrete ritornare da<br />

Pelles a riferire ciò <strong>di</strong> cui abbiamo <strong>di</strong>scusso. Nel frattempo, teneteci<br />

informato su qualsiasi novità avrete sui commercianti d'armi per<br />

Connor e cominciate a raccogliere i vostri primi cento uomini.<br />

Pensate vi possa bastare un mese?»<br />

«Un mese? Sì, dovrebbe bastare.»<br />

«Bene, allora sarebbe meglio tre settimane, se è possibile. Adesso<br />

possiamo andare. È quasi mezzogiorno: il sole non tramonterà prima<br />

delle nove, abbiamo tutto il tempo che ci serve.»<br />

«Aspettate.» Cortix aveva l'aria preoccupata. «Non me l'avete<br />

ancora detto. Chi sarà il mio magister equitum?»<br />

Sorrisi, ma la mia risposta non sembrò metterlo troppo a suo<br />

agio. «Qualcuno in mente ce l'avrei» gli <strong>di</strong>ssi. «Resta da vedere se<br />

funziona o no, ma se funziona, sono sicuro che non ne sarete<br />

deluso.»


«Magister!»<br />

«Vieni, entra, Lucio.»<br />

III<br />

Eravamo in pieno fermento: stavamo smontando il campo e<br />

Connor si era appena congedato da me per ritornare alla nave.<br />

Aveva intenzione <strong>di</strong> rimanere con noi fino al raduno dei<br />

commercianti d'armi che si sarebbe svolto <strong>di</strong> lì a tre giorni. I Rossi e i<br />

Blu avevano trascorso gli ultimi quattro giorni a pulire il più vicino<br />

dei due forti abbandonati, <strong>di</strong>stante appena sei miglia dal nostro<br />

accampamento, lavorando come semplici legionari nonostante<br />

fossero il meglio delle truppe <strong>di</strong> cavalleria. Avevano faticato sotto lo<br />

sguardo severo del nostro aiutoufficiale Lucio Genaro, ripulendo il<br />

forte da rifiuti e detriti accumulatisi in do<strong>di</strong>ci anni <strong>di</strong> abbandono,<br />

raschiando e riparando le parti in pietra e quelle in legno fino a<br />

rendere il posto abbastanza decente da essere abitato. Erano tornati<br />

al campo la notte precedente e io avevo dato subito l'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

preparare il trasferimento verso quello che sarebbe <strong>di</strong>ventato il<br />

nostro nuovo quartiere militare permanente.<br />

Stavo aspettando che Lucio Genaro mi facesse visita per<br />

annunciarmi che i suoi uomini erano pronti a smantellare la mia<br />

tenda <strong>di</strong> comandante, ma non fu lui a entrare nella tenda. Mi trovai<br />

davanti il giovane Peter ap Fell, uno dei due capisquadra dello<br />

squadrone Blu e comandante delle guar<strong>di</strong>e <strong>di</strong> turno durante il<br />

giorno. Si fermò appena oltrepassato il lembo <strong>di</strong> tenda che chiudeva<br />

l'ingresso guardandomi un po' esitante, in apprensione per quello<br />

che stava per <strong>di</strong>rmi.<br />

«Cosa c'è che non va, Peter? Sono arrivati i Danesi?»<br />

«No, magister. C'è un uomo... giù ai recinti... i miei soldati lo<br />

hanno arrestato. Lo hanno trovato in mezzo ai cavalli e lo hanno<br />

subito preso per una spia, o per un ladro. Ma è troppo vecchio per<br />

essere sia l'uno sia l'altro. Ha domandato... <strong>di</strong> voi. Conosceva il


vostro nome. Ha chiesto se potevamo condurvi da lui...»<br />

Non appena Peter ap Fell aveva cominciato a raccontare del tizio<br />

che avevano arrestato mi ero lasciato prendere da un improvviso<br />

senso <strong>di</strong> agitazione. Dissi al giovane Rufus, che stava impacchettando<br />

i nostri preziosi libri, che se Lucio Genaro fosse arrivato mentre ero<br />

via, avrebbe dovuto <strong>di</strong>re al sottufficiale <strong>di</strong> tornare più tar<strong>di</strong>. Mi<br />

voltai quin<strong>di</strong> verso il comandante delle guar<strong>di</strong>e <strong>di</strong> turno.<br />

«Portami da lui.»<br />

Lo seguii finché non arrivammo in vista dei recinti, tra<br />

l'accampamento e la scogliera; gli or<strong>di</strong>nai <strong>di</strong> fermarsi, gli rimasi<br />

accanto e insieme guardammo in basso, laddove alcune delle sue<br />

guar<strong>di</strong>e stavano impassibili davanti a un uomo anziano che<br />

indossava una <strong>di</strong>visa militare vecchia <strong>di</strong> una decina <strong>di</strong> anni.<br />

«Peter,» <strong>di</strong>ssi a bassa voce, in modo che potesse sentirmi solo lui<br />

«sei un bravo figliolo, e un domani sarai un eccellente comandante<br />

<strong>di</strong> squadrone; so bene che questa è la prima volta che ti trovi<br />

lontano dalla Britannia, ma dovresti assolutamente imparare a<br />

<strong>di</strong>stinguere tra una spia che ruba, un ladro che spia e un onorabile<br />

ufficiale veterano delle legioni <strong>di</strong> Roma.»<br />

Mi guardò sgranando gli occhi, preoccupato, e cominciò a<br />

sospettare <strong>di</strong> aver commesso a quel punto un errore molto più grave<br />

<strong>di</strong> quanto potesse immaginare.<br />

«Ai tempi in cui Germano <strong>di</strong> Auxerre era legato supremo <strong>di</strong> tutta<br />

la Gallia,» continuai sempre a voce bassa «e comandava oltre<br />

seicentomila uomini nella guerra dei <strong>di</strong>eci anni contro i Burgun<strong>di</strong>,<br />

quel vecchio laggiù era il suo magister equitum. Non c'è da<br />

sorprendersi, quin<strong>di</strong>, che abbia un grande interesse per i cavalli.<br />

Quell'uomo mi ha insegnato a cavalcare, combattere e tirare la<br />

lancia. È stato lui a regalarmi le lance <strong>di</strong> bambù che ammiri tanto. I<br />

tuoi uomini hanno arrestato Tiberio Catone, il più vecchio dei miei<br />

amici ancora in vita, mio maestro e mentore.» Evitai accuratamente<br />

<strong>di</strong> guardarlo ma sapevo che aveva in volto un'espressione<br />

preoccupata e riuscii a trattenere a stento un mezzo sorriso.<br />

«Vieni con me ora, an<strong>di</strong>amo a cercare <strong>di</strong> farci perdonare:<br />

salutiamolo con rispetto, come si ad<strong>di</strong>ce a un ospite d'onore,


speriamo nella sua clemenza.»<br />

Anche se nell'avvicinarmi lo vedevo soltanto <strong>di</strong> spalle, riconobbi<br />

ugualmente il suo caratteristico modo <strong>di</strong> stare in pie<strong>di</strong>: stava<br />

leggermente piegato in avanti, un piede un po' avanzato, le braccia<br />

incrociate sul petto e il mento in fuori in segno <strong>di</strong> sfida; ignorava gli<br />

uomini che lo circondavano, riservando invece tutta la sua<br />

attenzione ai cavalli.<br />

«Magister Catone!» gridai quando l'avevo ormai quasi raggiunto.<br />

«Benvenuto nel nostro accampamento.» Vi<strong>di</strong> sbigottimento e<br />

costernazione sui volti delle guar<strong>di</strong>e intorno a lui quando mi<br />

sentirono usare con quel vecchio il mio stesso titolo; immaginarono<br />

subito quale punizione sarebbe toccata loro per l'insulto arrecato a<br />

un altro magister. Catone si voltò verso <strong>di</strong> me e per un attimo<br />

credetti <strong>di</strong> vedere un sorriso sul suo viso; il controllo che riuscì a<br />

imporsi fu più forte che mai e potei notare nel suo sguardo soltanto<br />

un'ombra <strong>di</strong> piacere.<br />

«Magister Clothar,» mi rispose «avete davvero dei bei cavalli. E<br />

anche un bel branco <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>e zelanti.»<br />

Con due passi lo raggiunsi e gli gettai le braccia al collo,<br />

sentendolo subito irrigi<strong>di</strong>rsi e protestare contrariato, per poi<br />

sottomettersi con riluttanza alla mia stretta. Nel vedere che era<br />

rimasto quello <strong>di</strong> sempre fui invaso dall'euforia: <strong>di</strong> un'età<br />

indefinibile, aveva ancora lo stesso sguardo vivace. Sciolsi il nostro<br />

abbraccio e lo afferrai per le spalle.<br />

«Non mi sorprende affatto che siate andato a vedere i cavalli<br />

prima <strong>di</strong> venire da me. Per Dio, magister, è bello rivedervi!»<br />

Catone annuì, impassibile. «Buon per te, allora, io sono vecchio,<br />

assetato e a <strong>di</strong>giuno da ieri sera. Vuoi tenermi in pie<strong>di</strong> tutto il giorno<br />

sotto la minaccia <strong>di</strong> questi qui? Non hai una tenda dove possiamo<br />

sederci e parlare più como<strong>di</strong>?»<br />

Congedai le guar<strong>di</strong>e, che si allontanarono con la vergogna <strong>di</strong>pinta<br />

sul viso, e accompagnai Catone alla mia tenda, l'unica rimasta ancora<br />

in pie<strong>di</strong>. Mandai Rufus <strong>di</strong> corsa dai cuochi in cerca <strong>di</strong> cibo e vino per<br />

il nostro ospite, pur sapendo che non sarebbe stato facile procurarli,<br />

dato che il campo era quasi tutto smantellato. Non appena il


agazzo scomparve, Catone, <strong>di</strong>sdegnando le chiacchiere come aveva<br />

sempre fatto, in<strong>di</strong>cò con una mano oltre la tenda.<br />

«Dove siete <strong>di</strong>retti?»<br />

«Stiamo per trasferirci in un forte romano a sei miglia da qui,<br />

magister.»<br />

«Magister, eh? Già, giusto; ma da magister a magister puoi<br />

chiamarmi Catone. Io continuerò a chiamarti Clothar, come ho<br />

sempre fatto»<br />

Mi sfuggì un breve sorriso. «Non proprio, signore. <strong>Il</strong> più delle<br />

volte mi chiamavate ragazzo.»<br />

«Certo, non lo eri forse? Ma è passato molto tempo da allora.<br />

Adesso tu sei al comando, ma <strong>di</strong> cosa e perché? Pensavo ti trovassi in<br />

Britannia insieme a quel Pendragon, quell’Artù.»<br />

«Adesso Artù è riotamo, il sommo re della Britannia Unita.»<br />

«Uhm, riotamo... ecco che spunta una parola straniera. Sommo re<br />

della Britannia, eh? E regna davvero sull'intera Britannia?»<br />

Scossi la testa. «No, non ancora. Ma lo farà, un giorno.»<br />

Catone, tuttavia, notando la mia spada appesa a un gancio del<br />

supporto dell'armatura, aveva già liquidato l'argomento e si era<br />

avvicinato per esaminarla. «È tua, immagino.»<br />

«Sì,» risposi «ma ho ancora la vostra spada, quella che Stefano<br />

Lorco vinse da me un giorno a scuola.»<br />

«Quella che gli lasciasti vincere, vorrai <strong>di</strong>re. Qualcuno ha mai<br />

scoperto cosa successe a suo padre?»<br />

«No, non si è più saputo niente <strong>di</strong> lui, né dove sia andato né<br />

come sia morto.»<br />

«Uh!» Sguainò la spada e la fece volteggiare nell'aria per provarla;<br />

poi la impugnò bene davanti a sé per esaminarne la lama. «Dimmi <strong>di</strong><br />

questa.»<br />

«È una spada da cavaliere; viene da <strong>Camelot</strong> ed è stata fabbricata<br />

su modello <strong>di</strong> Excalibur, quella del re.»<br />

«Excalibur? Non fai che citare gran<strong>di</strong> nomi da quando te ne sei<br />

andato lontano. Ma è davvero una gran bella lama. In confronto, la


mia vecchia spada è uno stuzzicadenti. Tutti i tuoi soldati hanno una<br />

spada così?»<br />

«Soldati a cavallo,» spiegai «li chiamiamo così per <strong>di</strong>stinguerli da<br />

quelli <strong>di</strong> fanteria. No, hanno tutti spade simili, molto lunghe; questa<br />

invece è la spada <strong>di</strong> un cavaliere del re. Al momento sono meno <strong>di</strong><br />

una quarantina, una per ciascun cavaliere <strong>di</strong> Artù, <strong>di</strong>segnate su<br />

misura secondo la taglia e la forza <strong>di</strong> ciascuno.»<br />

Sollevò un sopracciglio. «Un'altra parola nuova? Chi e cosa sono<br />

questi cavalieri del re?» Rinfilò la spada nel fodero, poi lentamente si<br />

lasciò scivolare su una se<strong>di</strong>a. Teneva la punta dell'arma rivolta verso<br />

il pavimento, con entrambe le mani sulla ghiera dell'impugnatura a<br />

croce, in attesa <strong>di</strong> una mia risposta.<br />

«È un termine per designare i comandanti più fidati e più vicini al<br />

re. Padre Germano ha voluto che da Merlino, e tramite Artù,<br />

nascesse un nuovo or<strong>di</strong>ne per la massima gloria <strong>di</strong> Dio, ma neanche<br />

lui sapeva quale forma avrebbe dovuto avere. Quando me lo<br />

confidò e mi spiegò anche che Dio ci avrebbe dato una risposta al<br />

momento opportuno. Ebbene, è nato l'or<strong>di</strong>ne dei cavalieri della<br />

Tavola Rotonda. Coloro che ne fanno parte devono ricevere una<br />

preparazione adeguata e <strong>di</strong>mostrare <strong>di</strong> essere estremamente<br />

affidabili. La cerimonia <strong>di</strong> conferimento del cavalierato è molto<br />

solenne e celebrata dal riotamo in persona. Ogni nuovo cavaliere<br />

pronuncia un sacro giuramento con il quale si impegna ad agire<br />

sempre con onore e <strong>di</strong>gnità, obbedendo fedelmente al riotamo. In<br />

cambio viene insignito del titolo <strong>di</strong> Seur e gli viene consegnata una<br />

spada forgiata esclusivamente per lui, che in<strong>di</strong>ca la sua appartenenza<br />

all'or<strong>di</strong>ne.»<br />

«Dunque ora tu saresti Seur Clothar, giusto?» Annuii. «Seur... ma<br />

questa è una parola <strong>di</strong> uso comune, non è un titolo.»<br />

«Non lo è qui in Gallia, è vero, ma in Britannia era sconosciuta<br />

prima che decidessimo <strong>di</strong> usarla, e fu scelta proprio per questo; ora<br />

tutti sanno e capiscono ciò che significa: è un segno <strong>di</strong> grande<br />

onore.»<br />

«E, allora, che cosa ci fai ancora qui, con i tuoi soldati stranieri a<br />

cavallo? Decisamente pochi per altro, devo aggiungere.»


Gli feci un resoconto molto dettagliato, ma senza alcun accenno a<br />

quello che volevo da lui. Mi ascoltò con attenzione. Quando ebbi<br />

finito, rimase seduto in silenzio, mordendosi le labbra in un modo<br />

che conoscevo bene.<br />

«Allora Baldwin è morto?»<br />

«Non ancora. È tenuto prigioniero sotto stretta sorveglianza<br />

finché non valuteremo la versione dei suoi figli sull'accaduto.»<br />

Con un'espressione sdegnata, <strong>di</strong>sse: «Non avrete alcuna risposta<br />

da loro. Sono stato nella terra <strong>di</strong> Baldwin e ho conosciuto i suoi figli.<br />

L'unico decente era Mario Marco ma è morto. Gli altri non sono<br />

altro che mocciosi e non oserebbero mai opporsi a voi. <strong>Il</strong> tuo amico<br />

Milo ha ragione. Le loro armate, per quanto forti possano essere,<br />

sono esclusivamente <strong>di</strong> fanteria. Non c'è paragone con la cavalleria<br />

dei Franchi.»<br />

Gli chiesi perché fosse venuto.<br />

«Mi hai mandato a chiamare tu!» rispose, guardandomi come se<br />

fossi ancora un pivello.<br />

«Sì, certo, signore, ma non mi aspettavo veniste <strong>di</strong> persona.<br />

Credevo che mi avreste risposto e che in seguito sarei dovuto venire<br />

io da voi. Se avessi saputo <strong>di</strong> una vostra visita, non avrei fatto<br />

smontare il campo.»<br />

Mi guardò con aria interrogativa, la testa leggermente inclinata,<br />

sbattendo le palpebre. «Sei sempre stato un tipo sveglio, giovane<br />

Clothar, un tipo che ragiona, sempre incline a scegliere una<br />

scorciatoia ovunque tu debba andare... cosa vuoi da me? E non<br />

farmi perdere tempo fingendo <strong>di</strong> non desiderare altro che il puro<br />

piacere <strong>di</strong> vedere la mia rugosa faccia imbronciata. Te l'ho detto,<br />

sono vecchio ormai, il che significa che non ho tempo da perdere.<br />

Quin<strong>di</strong>... sputa il rospo! Di cosa hai bisogno?»<br />

«Di cavalli,» gli risposi «cavalli gran<strong>di</strong>, adatti a una cavalleria<br />

pesante. Quelli <strong>di</strong> qui non si avvicinano nemmeno alle <strong>di</strong>mensioni<br />

dei nostri e quando inizieremo a farli esercitare, gli uomini <strong>di</strong> Pelles si<br />

troveranno in svantaggio.»<br />

«Cavalli gran<strong>di</strong> per una cavalleria pesante. È proprio quello che<br />

stavo guardando quando le tue guar<strong>di</strong>e sono venute ad arrestarmi.


Li ho visti non appena sono arrivato. Non potevo quasi crederci:<br />

quasi duecento. I più gran<strong>di</strong> che abbia mai visto. Dove li hai trovati?»<br />

«Provengono da <strong>Camelot</strong>. Gli allevatori laggiù li hanno fatti<br />

riprodurre per più <strong>di</strong> sessantanni. Ne abbiamo a migliaia ma non<br />

<strong>di</strong>sponiamo <strong>di</strong> navi per trasportarne quanti ce ne servirebbero.»<br />

«Allevate queste bestie in Britannia? Mmm, dovrei proprio<br />

visitarla questa tua <strong>Camelot</strong>, sembra interessante... Ma sui cavalli<br />

della Gallia hai ragione, non sono gran<strong>di</strong> abbastanza per i vostri<br />

scopi, soprattutto se a cavalcarli saranno uomini con un'armatura<br />

come la vostra. Allora, come pensi che io possa aiutarti?»<br />

Eravamo arrivati al punto cruciale. «Ho sempre in mente quei<br />

vostri cavalli delle foreste germaniche. Quelli gran<strong>di</strong>, neri, con le<br />

criniere e le code fluenti e con le zampe leggere come piume. Li<br />

allevate ancora?»<br />

I suoi occhi si assottigliarono fino a <strong>di</strong>ventare due fessure. «Si<br />

chiamano fresi e li alleviamo ancora. Cos'hai in mente?»<br />

«Di comprarveli.»<br />

Scattò in pie<strong>di</strong> dalla se<strong>di</strong>a come se gli avessi gridato contro, ma fu<br />

lui a urlare. «Comprarmeli?» Abbassò subito la voce, lanciando<br />

occhiate furtive fuori dalla tenda con le cortine aperte. «Mi pren<strong>di</strong><br />

per un i<strong>di</strong>ota, Seur Clothar? Non avresti mai abbastanza sol<strong>di</strong> per<br />

comprarli. Quegli animali non hanno prezzo!»<br />

Alzai le mani in segno <strong>di</strong> resa. «Sono d'accordo con voi, non<br />

hanno prezzo, se sono sempre così magnifici come li ricordo. Ma il<br />

compenso che avevo in mente non è in monete.»<br />

«Di cosa stai parlando, magister?» Pronunciò il titolo con grande<br />

enfasi, la sua voce trasudava sarcasmo.<br />

«Parlo <strong>di</strong> un compenso che potreste anche essere propenso ad<br />

accettare. Ma questo non è né il momento né il luogo adatto per<br />

parlarne. Com'è, adesso, la Scuola del Vescovo? Siete sempre felice <strong>di</strong><br />

starci?»<br />

Tornò a sedersi e, abbassando il mento sul petto, prese a<br />

guardarmi storto, con la fronte aggrottata. «No,» <strong>di</strong>sse quasi<br />

ruggendo «non ci sto più bene da quando è morto Germano. Ti <strong>di</strong>rò


in tutta sincerità, amico mio, che non la riconosceresti neanche.<br />

Ludovico tenta in tutti i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> farla funzionare, ma per quanto<br />

riguarda la scuola, Ludovico è vescovo solo <strong>di</strong> nome. E pensare che è<br />

stato il segretario <strong>di</strong> Germano; in nome <strong>di</strong> Dio! Non capirò mai<br />

come abbiano potuto convincerlo a prendere il suo posto. Ora c'è la<br />

metà degli studenti rispetto ai tuoi tempi e nessuno <strong>di</strong> questi è<br />

davvero interessato a imparare a cavalcare o a combattere, sebbene<br />

io imputi questo fatto biasimevole soprattutto ai loro insegnanti.»<br />

«Sono così cambiati?»<br />

«Cambiati? Sono tutti nuovi. Tutti i vecchi o sono morti o hanno<br />

lasciato la scuola dopo la <strong>di</strong>partita <strong>di</strong> Germano. E quelli <strong>di</strong> adesso<br />

sono una banda <strong>di</strong> ipocriti melensi che Germano non avrebbe<br />

neanche mai lasciato entrare, figuriamoci insegnare nella scuola...» Si<br />

fermò per un attimo, poi continuò, con un tono più moderato. «Ma<br />

la verità è che sono cambiati i tempi e così i gusti. Insieme a<br />

Germano, pace all'anima sua, dalla Scuola del Vescovo è scomparso<br />

qualsiasi interesse verso le arti militari.» Tirò un grande, profondo<br />

sospiro. «Allora, quando saranno il momento e il luogo adatti per<br />

parlare <strong>di</strong> questo compenso?»<br />

«Quando avrete mangiato e bevuto. Molto presto, dunque.»<br />

«Sono un vecchio. Non ho bisogno <strong>di</strong> cibo, bevo <strong>di</strong> rado e non<br />

amo aspettare. Parlami della tua offerta adesso, così potrò <strong>di</strong>rti<br />

perché non la riterrò all'altezza.»<br />

«Dite che non sarà all'altezza senza sapere neppure <strong>di</strong> che cosa si<br />

tratta?»<br />

«Te lo <strong>di</strong>cevo io che eri un ragazzo in gamba...»<br />

Era questo il vecchio e sarcastico Catone che ricordavo dalla mia<br />

giovinezza, ma non lo temevo più già da molto prima <strong>di</strong> lasciare la<br />

scuola. Mi limitai a sorridergli <strong>di</strong> nuovo e scrollai le spalle. «Molto<br />

bene, allora, non intendo insultarvi proponendovela.» Mi alzai in<br />

pie<strong>di</strong> e fissai l'ingresso della tenda. «Dove sarà andato, quel ragazzo?<br />

Anche in questo caos, pane, formaggio e vino non dovrebbero<br />

essere <strong>di</strong>fficili da trovare...» Uscii e vi<strong>di</strong> Lucio Genaro che, non<br />

lontano, stava guardando un gruppo <strong>di</strong> uomini che caricavano un<br />

carretto, evidentemente in attesa che lo chiamassi. Non appena mi


vide apparire sulla soglia della tenda fece per incamminarsi verso <strong>di</strong><br />

me ma io alzai una mano chiedendogli <strong>di</strong> aspettare ancora. Annuì e<br />

si allontanò proprio mentre Rufus tornava con in mano un pesante<br />

cesto coperto da un panno. Gli feci cenno <strong>di</strong> entrare, or<strong>di</strong>nandogli <strong>di</strong><br />

appoggiare tutto sul tavolo e <strong>di</strong> tornare pure alle sue occupazioni.<br />

Non appena il giovane Rufus se ne fu andato, Catone si avvicinò al<br />

tavolo a guardare ciò che i cuochi gli avevano procurato.<br />

«Sei davvero un magister!» <strong>di</strong>sse, afferrando una fetta rotonda <strong>di</strong><br />

morbido formaggio bianco e spezzandola a metà per poi fare lo<br />

stesso con un grande tozzo <strong>di</strong> pane croccante. «Carne affumicata,<br />

pollo arrosto, pesce affumicato, formaggio, olive, pane fresco, sale,<br />

olio e aceto zuccherato. E tutto questo proprio mentre stai facendo<br />

smontare il campo. Sono davvero colpito; c'è molto più <strong>di</strong> quanto io<br />

possa mangiare.»<br />

«O possa mangiare io,» <strong>di</strong>ssi «ma abbiamo il cesto nel caso<br />

volessimo portarci via quello che resta. Tuttavia, speravo l'avreste<br />

considerato un anticipo della mia offerta... se ve l'avessi fatta, bene<br />

inteso!»<br />

«Cosa?» Aveva appena ingurgitato un pezzo <strong>di</strong> pane spalmato con<br />

del formaggio e la parola fu pronunciata mentre masticava quel<br />

cibo.<br />

In<strong>di</strong>cai la tavola imban<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> vettovaglie. «Voleva essere una<br />

parte della mia offerta per i tuoi cavalli.»<br />

Inghiottì a fatica il cibo masticato solo per metà, si versò mezza<br />

coppa <strong>di</strong> vino rosso scuro e, con una grossa sorsata, si sciacquò la<br />

bocca prima <strong>di</strong> deglutire. Poi parlò lentamente e in modo chiaro.<br />

«Credo <strong>di</strong> non aver sentito bene ciò che hai detto.»<br />

«No, avete sentito perfettamente. In cambio <strong>di</strong> quei vostri cavalli<br />

germanici, fresi, vi offrirei da mangiare e... da bere... Quanti ne<br />

avete ora? Ne avevate forse una ventina o poco meno, quando sono<br />

partito.»<br />

Scosse la testa lentamente; la voce si mantenne calma. «No,» <strong>di</strong>sse<br />

piano «quando te ne andasti sei anni fa ne avevo ventotto, sette dei<br />

quali figliarono quell'anno. Ne ho settantotto ora, do<strong>di</strong>ci appena<br />

nati e tre ancora da partorire: in totale ottantuno. I migliori cavalli


<strong>di</strong> tutta la Gallia: e tu vorresti barattarli con del cibo?»<br />

«Sì, precisamente. Cibo e bevande. E anche un tetto come si deve<br />

sopra la testa... e un'armata <strong>di</strong> truppe <strong>di</strong> cavalleria da addestrare ed<br />

equipaggiare; da plasmare, assolutamente dal nulla.»<br />

Rimase a fissarmi il tempo <strong>di</strong> cinque battiti e si lasciò cadere<br />

pesantemente sulla sua se<strong>di</strong>a, le fette <strong>di</strong> pane spalmato in una mano<br />

e la coppa <strong>di</strong> vino stretta nell'altra, senza sapere cosa <strong>di</strong>re, forse per<br />

la prima volta da molti anni.<br />

«Ho bisogno <strong>di</strong> voi, Catone» <strong>di</strong>ssi. «E non mi importa quanto<br />

vecchio siete. Me lo avete ripetuto quattro volte, che siete vecchio, e<br />

anch'io vedo che non siete più giovane come quando ci siamo<br />

conosciuti. Ma non c'è nessun altro in tutta la Gallia che possa<br />

realizzare ciò che mi è in<strong>di</strong>spensabile. Mi serve un magister equitum<br />

per costruire un tipo <strong>di</strong> esercito completamente nuovo, come non si<br />

è mai visto in Gallia: cavalleria pesante, addestrata a cavalcare e a<br />

combattere unita, in formazione serrata e in perfetta <strong>di</strong>sciplina. In<br />

grado <strong>di</strong> sfidare e sconfiggere la migliore cavalleria che Roma abbia<br />

mai schierato ai tempi del suo massimo splendore. Questo è quello<br />

che vi offro in cambio dei vostri cavalli neri. Una sfida per le vostre<br />

abilità: la possibilità <strong>di</strong> creare qualcosa <strong>di</strong> davvero pro<strong>di</strong>gioso!»<br />

Mi fermai, lasciando che assimilasse bene quello che gli avevo<br />

detto. Rimase a lungo immobile, il suo viso privo <strong>di</strong> qualsivoglia<br />

espressione e gli occhi fissi su un punto lontano che solo la sua mente<br />

poteva vedere. Abbassò infine lo sguardo assente sul pane e sul<br />

formaggio che ancora teneva in mano. Emise un rapido e brusco<br />

sospiro e <strong>di</strong>ede un morso al cibo. Rimasi a guardarlo masticare<br />

ancora per un attimo finché non riuscii più a contenere la mia<br />

impazienza.<br />

«Ditemi, Catone, vi unirete a noi? Non sembra ci siano gran<strong>di</strong><br />

cose a trattenervi lì, ad Auxerre, da quel poco che mi avete<br />

raccontato. Potreste fare <strong>di</strong> questo posto il vostro dominio, avere<br />

una casa o una villa tutta per voi, come più vi aggrada, con tutto lo<br />

spazio che vorrete per allevare i vostri cavalli. Pelles sarebbe felice <strong>di</strong><br />

garantirvelo.»<br />

«Te lo ripeto per l'ennesima volta, Clothar» <strong>di</strong>sse con calma,<br />

guardandomi dritto negli occhi. «E questa volta <strong>di</strong>co sul serio. Sono


troppo anziano, e ho cominciato a dubitare <strong>di</strong> me stesso negli ultimi<br />

tempi. Sono vecchio e mi ci sento. Anche se fossi tentato <strong>di</strong> accettare<br />

la tua offerta, avrei paura per te... paura <strong>di</strong> deluderti morendo prima<br />

<strong>di</strong> portare a termine il mio compito.»<br />

Mi alzai e mi versai mezza coppa <strong>di</strong> vino. «Detesto questa roba,»<br />

<strong>di</strong>ssi «ma qualche volta la uso per dare importanza a una promessa<br />

solenne. Sono pronto a giurarvi questo: voi vi sentite vecchio perché<br />

pensate <strong>di</strong> essere inutile, perché credete <strong>di</strong> non poter servire più a<br />

niente. Scommetto che non vi sarebbe <strong>di</strong>fficile liberarvi <strong>di</strong> questo<br />

peso. Se decideste <strong>di</strong> iniziare a sentirvi <strong>di</strong> nuovo utile, vi sentireste <strong>di</strong><br />

nuovo giovane. Ludovico non potrà impe<strong>di</strong>rvi <strong>di</strong> lasciare Auxerre.<br />

Come potrebbe? È stato lui a suggerire per primo questa nuova<br />

impresa e il sapere che la parte più importante della preparazione<br />

del nuovo esercito <strong>di</strong> Pelles è in mano vostra lo farebbe sentire<br />

enormemente sollevato.»<br />

Rimase a guardarmi ancora per qualche istante, poi iniziò a<br />

sorridere lentamente, con gli occhi che gli brillavano. «Che cosa me<br />

ne farei <strong>di</strong> una villa alla mia età? Ho vissuto nelle stalle talmente a<br />

lungo che ho perfino <strong>di</strong>menticato la sensazione del marmo sotto ai<br />

pie<strong>di</strong>. Ma una solida casa <strong>di</strong> pietra, con una bella cucina e un buon<br />

cuoco... questo sì che potrebbe tentarmi.»<br />

«L'avrete. Ve ne costruiremo una esattamente come la desiderate.<br />

C'è una striscia <strong>di</strong> terra fertile da pascolo proprio <strong>di</strong>etro il forte,<br />

profonda un miglio e larga più <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci; forse molto <strong>di</strong> più, dato che<br />

non l'ho ancora vista tutta. Potete scegliere il posto che vorrete.»<br />

«Avrò bisogno <strong>di</strong> un aiuto.»<br />

«Potrete avere qualunque cosa vi servirà, ma se mi venite a <strong>di</strong>re<br />

che non avete un valido aiutante nella vostra scuola ne rimarrei<br />

deluso.»<br />

«Ne ho più <strong>di</strong> uno, e <strong>di</strong> capaci anche; ne ho preparati quattro io<br />

personalmente. Mi conoscono bene.»<br />

«Ne sono certo. Portateli con voi.»<br />

«Lo farò, se lo vorranno.»<br />

«Ne dubitate? Pensate che accetteranno <strong>di</strong> rimanere lì quando ve<br />

ne andrete?»


Buttai giù il vino, la cui asprezza mi fece quasi trasalire, e gli porsi<br />

la mano. «Benvenuto, magister Catone, benvenuto nell'esercito <strong>di</strong><br />

Corbenico.»<br />

Non volle stringermi la mano. «Quel titolo, magister... ce ne<br />

potrebbero essere due? Ormai mi ci sono abituato.»<br />

«Certo che sì. Io sono magister della cavalleria <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, voi<br />

sarete magister <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> Corbenico.»<br />

«Un buon motivo per stringersi la mano.» Si alzò in pie<strong>di</strong>, stese le<br />

braccia come se si stesse svegliando da un lungo sonno e mi strinse<br />

saldamente il braccio. Io ebbi la sensazione <strong>di</strong> vedergli scivolare <strong>di</strong><br />

dosso tutti gli anni che aveva.


IV<br />

La decisione <strong>di</strong> Catone <strong>di</strong> unirsi a noi fu l'elemento catalizzatore<br />

che fece mettere tutto in moto e da quel momento in poi non ebbi<br />

più tempo né modo <strong>di</strong> sentirmi frustrato o <strong>di</strong> rimanere inattivo.<br />

Quel pomeriggio viaggiò con noi fino alla nostra nuova <strong>di</strong>mora e<br />

passò un'ora da solo a esplorare il posto mentre io, Perceval e gli<br />

altri miei ufficiali lavoravamo per sistemare gli uomini nei loro<br />

alloggi e per immagazzinare tutto l'equipaggiamento che avevamo<br />

portato con noi. Lo ritrovai all'interno della fucina del forte che si<br />

guardava intorno con aria scettica. Sapendo cosa era sul punto <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>re gli feci sapere che avevamo portato con noi tutti gli arnesi <strong>di</strong> cui<br />

avremmo avuto bisogno e che avevamo anche alcuni piani<br />

dettagliati per costruire nuove fornaci e fonderie, dotandole <strong>di</strong> un<br />

nuovo tipo <strong>di</strong> mantice ideato a <strong>Camelot</strong>. Uno dei suoi principali<br />

compiti sarebbe stato proprio quello <strong>di</strong> supervisionare quei lavori<br />

poiché le opere dei fabbri erano innanzitutto destinate alla cura dei<br />

nostri cavalli e a garantire l'efficienza dell'attrezzatura militare. Per<br />

costruire qualunque altro e<strong>di</strong>ficio avremmo impiegato muratori<br />

locali e acquistato sul posto, <strong>di</strong> volta in volta in base alle necessità,<br />

gli attrezzi e i materiali a noi in<strong>di</strong>spensabili.<br />

Sapendo poi che la sistemazione dei cavalli era ciò che gli stava<br />

più a cuore gli mostrai come le stalle già esistenti nel forte,<br />

progettate per ospitare non più <strong>di</strong> venti cavalli alla volta, avrebbero<br />

potuto essere ingran<strong>di</strong>te per stiparne il doppio abbattendo una parte<br />

del muro <strong>di</strong> fondo e annettendo una costruzione vuota, molto<br />

grande, che sorgeva lì accanto, utilizzata probabilmente un tempo<br />

come magazzino. Anche questo doveva essere realizzato sotto la sua<br />

supervisione e, sebbene non <strong>di</strong>cesse niente, dedussi dal suo contegno<br />

che approvava. I recinti sarebbero stati costruiti nelle imme<strong>di</strong>ate<br />

vicinanze; il nuovo steccato <strong>di</strong> legno costruito nel nostro<br />

accampamento era già stato caricato su alcuni carri e trasportato fin<br />

lì.


Catone partì il mattino seguente con uno squadrone al completo<br />

e <strong>di</strong>eci guar<strong>di</strong>e <strong>di</strong> scorta. Avendo calcolato che servivano sei giorni<br />

per percorrere le duecento miglia fino ad Auxerre e altri venti giorni<br />

per ritornare con la sua mandria <strong>di</strong> cavalli e con i carri, ci promise<br />

che sarebbe stato <strong>di</strong> ritorno entro un mese. Avrebbe preso in prestito<br />

i carri necessari per il viaggio dalla Scuola del Vescovo, insieme ai<br />

carrettieri, per far sì che potessero tornare in<strong>di</strong>etro con i carri vuoti e<br />

una scorta meno numerosa.<br />

Poco dopo l'alba, mentre insieme a Perceval guardavo partire<br />

Catone e i suoi uomini <strong>di</strong>retti verso sud, da nord arrivarono al<br />

campo Quinto Milo, Cortix e tutti e sei i capiclan accompagnati da<br />

alcuni gruppi <strong>di</strong> scorta. Congedai gli uomini del mio gruppo perché<br />

ritornassero alle loro occupazioni e feci cenno a Perceval <strong>di</strong><br />

accompagnarmi a salutare i nuovi arrivati. Sapendo che sarei stato<br />

oggetto <strong>di</strong> un minuzioso esame da parte loro, mentre camminavo mi<br />

misi a pensare ai ra<strong>di</strong>cali cambiamenti che si sarebbero verificati se i<br />

piani <strong>di</strong> Pelles per la sua gente si fossero davvero realizzati:<br />

cambiamenti enormi nella percezione della loro terra. Avrebbero<br />

dovuto abbandonare il loro modo <strong>di</strong> pensare e cominciare a<br />

considerare Corbenico un regno, un paese con un re e un popolo<br />

leale, piuttosto che un luogo dove una miriade <strong>di</strong> tribù anteponeva i<br />

propri interessi a quelli degli altri. In quei mesi mi ero chiesto spesso<br />

se sarebbero stati capaci <strong>di</strong> adattarsi a un simile cambiamento.<br />

Per quanto li conoscessi <strong>di</strong> nome, non avevo mai incontrato i tre<br />

capi più anziani. Chilperico, il più vecchio <strong>di</strong> tutti, era un uomo dal<br />

viso arcigno che veniva dalla zona più meri<strong>di</strong>onale del regno <strong>di</strong><br />

Pelles. Comandava il clan degli Orsi; mi salutò con solennità e<br />

gentilezza ma non fece alcun tentativo per coinvolgermi in una<br />

conversazione. Seguiva, in or<strong>di</strong>ne d'età, Clo<strong>di</strong>o, capo del clan dei<br />

Corvi, che governava sulle terre che noi attualmente occupavamo.<br />

Anch'egli, come Chilperico, mi salutò con un cenno cortese ma<br />

<strong>di</strong>staccato, conservando tutta la sua <strong>di</strong>gnitas. L'ultimo dei tre, il capo<br />

del clan Vischio, si chiamava Ingund; considerai che poteva avere<br />

all'incirca cinquant'anni, a metà tra l'età <strong>di</strong> Chilperico e quella dei tre<br />

capi più giovani Brad, Getorix e Luthor che comandavano<br />

rispettivamente il clan Foglia <strong>di</strong> Quercia, dei Lupi e dei Bisonti, e<br />

sembravano essere coetanei, tutti appena trentenni. Ingund mi salutò


ingraziandomi perché mi trovavo lì a sostenerli nella realizzazione<br />

dei loro progetti.<br />

Cortix aveva fatto le presentazioni e quando ebbe finito mi<br />

guardò con un abbozzo <strong>di</strong> sorriso. «Ora <strong>di</strong>te a queste persone quello<br />

che avete raccontato a me, ossia le ragioni per cui dovrebbero<br />

mandare i loro uomini migliori a vivere qui, in un forte romano.»<br />

Lo spiegai il più brevemente possibile, elencando tutte le questioni<br />

essenziali che avevo <strong>di</strong>scusso con Cortix nei giorni precedenti: i<br />

benefici <strong>di</strong> una posizione centralizzata come base per le operazioni,<br />

in cui alloggiare insieme uomini, cavalli ed equipaggiamenti perché<br />

fossero pronti a partire al momento opportuno. Parlai del tipo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sciplina che avremmo dovuto sviluppare e degli inevitabili esercizi<br />

che avrebbe comportato, come rieducare gli uomini che ci avrebbero<br />

mandato, modellando il loro orgoglio personale fino a trasformarlo<br />

in orgoglio per la posizione raggiunta e per l'appartenenza a un<br />

esercito speciale.<br />

Erano senz'altro uomini abituati alle responsabilità e al comando,<br />

cresciuti sotto l'influenza <strong>di</strong> Roma e delle sue legioni. Ma il tipo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sciplina che stavo descrivendo non poteva che risultare loro<br />

estraneo perché Roma stessa nell'ultimo secolo non aveva più<br />

conosciuto quella rigida severità e i suoi eserciti erano <strong>di</strong>ventati<br />

sempre più corrotti e fiacchi, in un impero sempre più debole. Mi<br />

ascoltarono imperturbabili ma presero sul serio le mie parole:<br />

avevano potuto valutare personalmente la <strong>di</strong>sciplina dei soldati <strong>di</strong><br />

<strong>Camelot</strong> ed essendo uomini pratici si <strong>di</strong>mostrarono <strong>di</strong>sposti a<br />

lasciarmi tentare <strong>di</strong> realizzare quanto <strong>di</strong>cevo.<br />

Parlai, credo, per mezz'ora e l'ora successiva la passai a rispondere<br />

alle loro domande finché non ebbero più nulla da chiedere. Quando<br />

ebbi finito mi lasciarono per tornare alle loro terre e de<strong>di</strong>carsi alla<br />

selezione delle reclute.<br />

<strong>Il</strong> giorno seguente cominciarono ad arrivare i primi mercanti<br />

d'armi per incontrarsi con Connor; nell'arco <strong>di</strong> ventiquattro ore ne<br />

giunsero altri nove, tutti provenienti da città <strong>di</strong>stanti dalla costa<br />

quasi un giorno <strong>di</strong> cavallo, spesso vicine e in competizione tra loro.<br />

Negli ultimi <strong>di</strong>eci anni e mezzo, avevano risentito della stretta<br />

economica dovuta alla ritirata dei Romani ed erano tutti impazienti


<strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere <strong>di</strong> affari. Alla fine del primo incontro, Connor e la sua<br />

gente stavano già <strong>di</strong>scutendo animatamente dei prezzi e io mi sentii<br />

libero <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carmi ad altro.<br />

Gli uomini dello squadrone Rosso avevano già trasportato gran<br />

parte dei pali e delle staccionate per i nuovi recinti e stavano<br />

delimitando il prato della scuderia, leggermente in <strong>di</strong>scesa, a meno<br />

<strong>di</strong> duecento passi dal forte, in prossimità delle rupi. Nel frattempo,<br />

nell'attesa che i lavori finissero, avevano radunato il bestiame sul<br />

retro del forte, in campi provvisori delimitati da corde e sorvegliati<br />

da un gruppo <strong>di</strong> ragazzi provenienti da fattorie e villaggi dei<br />

<strong>di</strong>ntorni.<br />

Allo squadrone Blu era stato invece assegnato il compito <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>viduare, lungo la costa a nord e a sud del forte, luoghi adatti per<br />

piazzare piccoli fari da segnalazione e postazioni <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a.<br />

Dovevano poi costruirli: anche questa parte del progetto stava<br />

procedendo regolarmente.<br />

All'interno delle mura del forte, lo sparuto gruppetto <strong>di</strong> scrivani<br />

che ci avevano seguito nella traversata era tutto indaffarato a<br />

organizzare un centro amministrativo che avrebbe consentito <strong>di</strong><br />

tenere, fin dall'inizio, un'accurata e scrupolosa registrazione <strong>di</strong> tutte<br />

le attività svolte a Corbenico; erano costretti a lavorare in mezzo al<br />

chiasso <strong>di</strong> quel piccolo esercito <strong>di</strong> carpentieri e muratori del posto<br />

alle prese con tutto quello che doveva essere riparato, ad ampliare le<br />

officine e le stalle, a costruire nuove scuderie e una fornace più<br />

grande nella fucina dei fabbri, a rinnovare quella preesistente che era<br />

stata usata senza sosta per più <strong>di</strong> un secolo. Ovunque volgessi lo<br />

sguardo vedevo gente affaccendata e, per la prima volta da<br />

settimane, mi abbandonai a un cauto ottimismo.<br />

<strong>Il</strong> forte che avevo scelto come quartier generale era il più grande<br />

dei due e aveva ben poco a che vedere con le fortezze viste in<br />

Britannia. Era gigantesco e molto antico; secondo Cortix era stato<br />

costruito quattrocento anni prima e da allora era stato via via<br />

ampliato e rinforzato da tutte le innumerevoli guarnigioni che lo<br />

avevano occupato <strong>di</strong> generazione in generazione. Benché in origine,<br />

ai tempi delle guerre galliche <strong>di</strong> Giulio Cesare, fosse stato un<br />

semplice fortino destinato a ospitare una coorte <strong>di</strong> seicento soldati,


protetto tutto intorno soltanto da un fossato e da grossi terrapieni,<br />

era <strong>di</strong>ventato, ora, un vero e proprio castello che avrebbe potuto<br />

ospitare e nutrire tranquillamente oltre un migliaio <strong>di</strong> uomini. Era<br />

costituito da una massiccia torre centrale <strong>di</strong> pietra, alta tre piani,<br />

attorniata da un'ampia schiera <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici, la maggior parte dei quali<br />

erano caserme costruite con blocchi dello stesso materiale e tetti<br />

soli<strong>di</strong> e massicci. La fortezza era circondata da alte mura a prova<br />

d'asse<strong>di</strong>o, con due accessi principali, uno sul fronte, l'altro sul retro.<br />

Dentro c'era tutto ciò che avrebbe potuto servirci nei cinque anni<br />

successivi, in termini <strong>di</strong> scorte e spazio per vivere e lavorare, e se mai<br />

ce ne fosse stato bisogno, avremmo potuto espanderci anche<br />

nell'altro forte, a cinque miglia <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza.<br />

Fra i due avevo scelto proprio quello perché sapevo che negli<br />

ultimi tempi era stato occupato da un piccolo contingente <strong>di</strong><br />

cavalleria in aggiunta alle truppe regolari. Dunque dovevano esserci<br />

sia fucine sia scuderie. Ma mi avevano spinto a quella scelta anche<br />

altre considerazioni. Quando il forte era stato abbandonato, durante<br />

la ritirata dei Romani, circa quin<strong>di</strong>ci anni prima, le truppe in<br />

partenza avevano portato via la maggior parte delle attrezzature e<br />

degli arre<strong>di</strong>, ma avevano lasciato molti oggetti voluminosi,<br />

probabilmente perché avevano dovuto andarsene in fretta e le cose<br />

più gran<strong>di</strong> e più ingombranti si erano rivelate troppo complicate da<br />

trasportare. A quanto pareva i Franchi del luogo non avevano avuto<br />

alcun interesse a saccheggiarle e lì erano rimaste. Nel praesi<strong>di</strong>um<br />

trovammo alcune splen<strong>di</strong>de scrivanie e tavoli <strong>di</strong> legno massiccio che<br />

si rivelarono doni alquanto gra<strong>di</strong>ti da utilizzare subito. L'intero<br />

pianterreno della torre centrale tornò così alla funzione che aveva<br />

avuto per secoli, ossia quella <strong>di</strong> ospitare l'amministrazione del forte.<br />

Aveva una serie <strong>di</strong> uffici e stanzette lungo le mura perimetrali,<br />

mentre il vasto e aperto spazio centrale avrebbe ospitato la<br />

principale sezione amministrativa. Quel luogo sarebbe stato sotto il<br />

comando <strong>di</strong> Dynas, il mio quartiermastro. Nell'arena del praesi<strong>di</strong>um<br />

egli avrebbe regnato sovrano, e io l'avrei trattato con deferenza.<br />

I due piani superiori della torre ospitavano gli alloggi degli<br />

ufficiali e dei sottufficiali, e per quanto non venissero utilizzati da più<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni erano ancora lussuosi e ben attrezzati come ci si poteva<br />

aspettare dall'uso continuo e secolare dei pignoli ed esigenti ufficiali


imperiali. Avevo scelto per il mio alloggio e per i miei uffici il piano<br />

principale, e così avevano fatto anche Perceval e gli altri ufficiali; con<br />

l'aumento delle persone del nostro gruppo <strong>di</strong> comando anche quel<br />

luogo sarebbe <strong>di</strong>ventato sempre più vitale.<br />

Era passato parecchio tempo dall'ultima volta che avevo potuto<br />

incontrare re Pelles e parlargli; mi resi conto <strong>di</strong> avere a <strong>di</strong>sposizione<br />

otto giorni per portargli i miei rispetti. Dopo l'arrivo delle reclute,<br />

infatti, sarei stato travolto dallo sforzo <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>narle e prepararle in<br />

fretta e in modo adeguato prima del ritorno <strong>di</strong> Catone da Auxerre<br />

con le sue scorte e tutto l'equipaggiamento. Se avevo intenzione <strong>di</strong><br />

visitare il re quello era il momento più adatto. Lasciai dunque<br />

Perceval al comando e mi <strong>di</strong>ressi verso la villa <strong>di</strong> Pelles, dove vi<strong>di</strong><br />

sfoggiare una prontezza militare molto maggiore rispetto a quella<br />

notata la prima volta.<br />

I due me<strong>di</strong>ci che avevo fatto venire per salvare la vita al re, erano<br />

ancora impegnati a curarlo: li mandai a chiamare prima ancora <strong>di</strong><br />

chiedere u<strong>di</strong>enza a Pelles. Mi <strong>di</strong>ssero che il re stava migliorando<br />

molto più in fretta <strong>di</strong> quanto si erano aspettati. Stava in pie<strong>di</strong> ormai<br />

per la maggior parte del tempo e camminava anche un po', benché<br />

non fosse ancora forte abbastanza da farlo velocemente o a lungo;<br />

le orribili lesioni sul viso e sulle mani si notavano a malapena e<br />

sarebbero scomparse del tutto <strong>di</strong> lì a poco. Mi assicurarono che da<br />

quel momento sarebbe migliorato sempre più rapidamente: con<br />

l'arrivo dell'estate avrebbe potuto girare per la villa e per i terreni<br />

circostanti e con il passare del tempo i benefici dell'aria nuova e<br />

dell'esercizio sarebbero apparsi sempre più evidenti. Furono lieti <strong>di</strong><br />

comunicarmi che il momento peggiore era passato ed era evidente<br />

ormai che la salute mentale del re non era stata intaccata<br />

minimamente dalla malattia. Per la fine dell'estate, così<br />

prevedevano, Pelles sarebbe stato un uomo nuovo: ancora<br />

fisicamente indebolito ma perspicace, forbito e persuasivo come<br />

prima del tra<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> Baldwin.<br />

Quando entrai nella stanza delle u<strong>di</strong>enze, al cospetto del re, notai<br />

subito la spada donatagli da Artù: la teneva appesa alla cintura,<br />

quest'ultima appoggiata allo schienale del trono sul quale era seduto.<br />

Mi ricevette con calore e benevolenza: la gioia e la gratitu<strong>di</strong>ne che<br />

egli mostrò nel vedermi erano senza dubbio sincere. Mi mise subito


a mio agio, offrendomi una bevanda e del cibo che rifiutai<br />

educatamente perché avevo già mangiato lungo il tragitto tra il<br />

nostro forte e la villa. Si <strong>di</strong>mostrò attento e incuriosito, proprio<br />

come mi era stato detto; aveva pronta per me un'inesauribile<br />

quantità <strong>di</strong> domande che fui in grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare con risposte<br />

<strong>di</strong>rette e senza neanche dovermi fermare a riflettere: le questioni che<br />

più gli interessavano erano esattamente le stesse che avevano tanto<br />

preoccupato me.<br />

Parlammo dei lavori <strong>di</strong> ristrutturazione del nuovo forte, del<br />

trasferimento mio e del mio contingente, e dei preparativi in corso<br />

per ricevere le nuove reclute; mi <strong>di</strong>sse che aveva già informato il<br />

Consiglio dei capi della propria intenzione <strong>di</strong> prendere possesso <strong>di</strong><br />

entrambi i castelli in nome del regno, come avevo suggerito a<br />

Cortix, in modo che la nostra occupazione fosse legittima e non<br />

venisse contestata in seguito. Mi domandò se c'era qualcosa che<br />

potesse fare per aiutarmi nei lavori al castello e si offrì <strong>di</strong> mettere a<br />

mia <strong>di</strong>sposizione tutte le risorse del suo popolo - le loro tecniche, le<br />

loro abilità e il loro commercio - all'unica con<strong>di</strong>zione che egli fosse<br />

informato prima delle mie necessità, perché senza il suo consenso i<br />

sud<strong>di</strong>ti non avrebbero mai eseguito un mio or<strong>di</strong>ne. Mi chiese,<br />

inoltre, malgrado avessi il sospetto che ne fosse perfettamente al<br />

corrente e fosse solo curioso <strong>di</strong> conoscere l'idea che mi ero fatto a tal<br />

proposito, <strong>di</strong> descrivergli quanto stavano facendo i clan ai fini<br />

dell'arruolamento. Io gli parlai anche del riuscito reclutamento <strong>di</strong><br />

Tiberio Catone, lodando i trascorsi e le abilità dell'anziano militare,<br />

assicurandomi che Pelles capisse <strong>di</strong> aver acquisito un elemento<br />

straor<strong>di</strong>nario esclusivamente grazie alla mia intercessione.<br />

All'improvviso, però, si mise a fissarmi con aria strana e mi<br />

domandò: «Ci siamo già conosciuti?».<br />

Sentii una stretta allo stomaco, timoroso che i me<strong>di</strong>ci fossero stati<br />

troppo affrettati nel considerarlo mentalmente sano. Doveva aver<br />

intuito quello che mi passava per la mente perché mi rivolse un largo<br />

sorriso.<br />

«Non vi preoccupate del mio stato mentale: rispondete, invece, vi<br />

prego, alla mia domanda.»<br />

«Non sono minimamente preoccupato del vostro stato mentale,


mio signore. No, non credo che ci siamo mai incontrati sino alla<br />

notte in cui catturai Baldwin.»<br />

Continuò a fissarmi per un po', poi scosse la testa. «Strano,» <strong>di</strong>sse<br />

«dal primo momento che ho posato lo sguardo su <strong>di</strong> voi, mi siete<br />

sembrato familiare. Sono sicuro che in passato ci siamo incontrati o<br />

forse semplicemente visti.»<br />

Toccò a me allora scuotere la testa. «No, mio signore, non credo<br />

proprio. A meno che voi non siate venuto ad Auxerre quando padre<br />

Germano ne era il vescovo. Ero un allievo della sua scuola, con<br />

Quinto Milo.»<br />

«No, non ho mai incontrato Germano e non sono mai stato ad<br />

Auxerre.»<br />

«Allora non possiamo esserci incontrati, mio signore. Ho trascorso<br />

l'infanzia nel lontano Sudovest, nel regno <strong>di</strong> Benwick, vicino al lago<br />

<strong>di</strong> Genava e non mi sono mai recato a nord finché non ho avuto<br />

<strong>di</strong>eci anni. Sono rimasto ad Auxerre per sei anni; poi padre<br />

Germano, poco prima <strong>di</strong> morire, mi mandò in missione dal suo<br />

amico Merlino in Britannia e da allora sono sempre rimasto lì, a<br />

servire re Artù.»<br />

«Siete molto vicino a re Artù, non è vero? Più intimo, intendo<br />

<strong>di</strong>re, <strong>di</strong> un semplice servitore o <strong>di</strong> un anziano ufficiale.»<br />

«Sì, signore. Ho la fortuna <strong>di</strong> avere il privilegio dell'amicizia del re.<br />

Io e lui siamo vicini. Mi chiama Lance per via della mia abilità nel<br />

lancio.»<br />

«Lance. E voi come lo chiamate?»<br />

Sorrisi. «Lo chiamo mio re e signore se c'è presente qualcuno, il<br />

che capita il più delle volte, ma quando siamo soli lo chiamo<br />

semplicemente Artù.»<br />

«Allora siete proprio l'uomo con cui ho bisogno <strong>di</strong> parlare.» Si<br />

sedette meglio sul trono e si guardò attorno. «Uno dei due eccellenti<br />

me<strong>di</strong>ci che mi avete mandato, Alecius o Padraic, potrebbe venire da<br />

un momento all'altro a <strong>di</strong>rmi che devo riposare, e poiché ho<br />

imparato a dar loro ascolto, mi ritirerò per un'ora. Ma sono molto<br />

curioso <strong>di</strong> saperne <strong>di</strong> più sul vostro re. Sembra un degno<br />

rappresentante <strong>di</strong> questo titolo, ma quanto so <strong>di</strong> lui mi è stato


iferito da persone che non l'hanno mai incontrato. Mi fareste un<br />

grande piacere, Seur Clothar, se mi permetteste <strong>di</strong> ospitarvi a cena<br />

stasera; da soli potremo conversare senza paura che le nostre parole<br />

vengano riferite altrove.»<br />

Avevamo appena finito il nostro colloquio, quando si aprirono le<br />

porte e apparve il dottor Padraic, tossendo imbarazzato, per<br />

ricordare a Pelles che era ora <strong>di</strong> riposare. Secondo i miei calcoli non<br />

era più tar<strong>di</strong> <strong>di</strong> metà pomeriggio ma il re si alzò in pie<strong>di</strong> all'istante e<br />

mi si avvicinò. «Se volete scusarmi...»<br />

«Certo, mio signore»<br />

«Eccellente. Allora andate <strong>di</strong>rettamente da Pierre, il capo della<br />

servitù, e informatelo che sarete mio ospite. Vi in<strong>di</strong>cherà una stanza<br />

dove potrete sistemarvi e sarà pronto a sod<strong>di</strong>sfare qualsiasi vostra<br />

richiesta. Vi rivedrò più tar<strong>di</strong>. Nel frattempo, la mia casa è a vostra<br />

<strong>di</strong>sposizione.»


V<br />

Essere un ospite del re <strong>di</strong> Corbenico era decisamente più<br />

piacevole e appetibile <strong>di</strong> quanto lo fosse nel regno <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, per<br />

una certa continuità con l'agiatezza, il passato e le tra<strong>di</strong>zioni della<br />

Gallia romana. Pierre, il capo della servitù, mi fece entrare in una<br />

sorta <strong>di</strong> appartamento con una serie <strong>di</strong> camere dalle pareti <strong>di</strong> marmo<br />

e sontuosamente arredate che comprendevano, tra le altre cose, una<br />

sala da bagno privata con una piccola piscina fredda, un tepidarium<br />

con dell'acqua calda e una sauna con le tende <strong>di</strong> cuoio riscaldata da<br />

una fornace esterna. Quando riemersi da lì, con la sensazione <strong>di</strong> non<br />

essere mai stato così pulito da mesi, mi aspettava un massaggiatore<br />

per condurmi a un plinto <strong>di</strong> legno pieghevole oltre una porta. Mi<br />

<strong>di</strong>stesi con un sospiro <strong>di</strong> profondo benessere e nella mezz'ora<br />

successiva mi sottoposi a un'implacabile ma piacevolissima raffica <strong>di</strong><br />

massaggi che raramente avevo sperimentato.<br />

Poi, avvolto in un immenso asciugamano, entrai nella mia stanza<br />

da letto dove scoprii che la mia armatura e i miei abiti erano<br />

scomparsi, sostituiti dai più eleganti indumenti che avessi mai<br />

indossato. Mi vestii <strong>di</strong> seta, lino sottile e broccato, e poi sedetti<br />

vicino alla finestra aperta a leggere e a riflettere, soprattutto su<br />

quanto avrei potuto <strong>di</strong>re a Pelles <strong>di</strong> Artù, il riotamo. Ero ancora<br />

seduto lì quando due uomini mandati da Pierre mi restituirono<br />

l'armatura e gli abiti, l'una lucidata alla perfezione, gli altri lavati e<br />

stirati. Mi appisolai in quella posizione; a svegliarmi fu Pierre in<br />

persona che era entrato per avvisarmi che il re mi stava aspettando.<br />

Pelles aveva un ottimo aspetto, sembrava quasi ringiovanito dal<br />

riposino pomeri<strong>di</strong>ano. Cenammo insieme, noi due soli, serviti da<br />

qualcosa come una mezza dozzina <strong>di</strong> camerieri. Parlammo poco<br />

durante la cena, troppo intenti ad apprezzare l'eccellente cibo per<br />

occuparci d'altro, ma non appena gli avanzi furono portati via,<br />

Pelles or<strong>di</strong>nò una caraffa <strong>di</strong> un certo vino <strong>di</strong> cui precisò il nome e poi<br />

licenziò i camerieri.


Ormai soli, mentre aspettavo che Pelles cominciasse a parlare,<br />

presi il vino, servito in coppe <strong>di</strong> vetro spesso e trasparente, e ne<br />

bevvi un sorso con cautela, aspettandomi <strong>di</strong> sentire il solito sapore<br />

pungente e sgradevole ma, con mio grande stupore, lo trovai<br />

corposo e dolce: profumava <strong>di</strong> pere mature e uva secca, e al palato<br />

era assolutamente delizioso. Alzai il calice e ci guardai dentro: il vino<br />

era quasi giallo. Pelles iniziò a tesserne le lo<strong>di</strong>, spiegandomi <strong>di</strong> averlo<br />

fatto trasportare in una botte, per farne uso esclusivo, da colline che<br />

dominavano un fiume della Germania meri<strong>di</strong>onale. Da lì passammo<br />

a <strong>di</strong>scutere delle <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> reperire vino per <strong>Camelot</strong> perché in<br />

Britannia non cresceva uva e fino ad allora non avevamo avuto<br />

rapporti commerciali stabili con nessuna regione della Gallia.<br />

Così iniziammo a parlare <strong>di</strong> Artù, e per le ore successive subii un<br />

piacevole interrogatorio su tutto ciò che si poteva umanamente <strong>di</strong>re,<br />

indovinare o immaginare <strong>di</strong> lui e della sua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> riotamo.<br />

Non avevo alcuna <strong>di</strong>fficoltà a parlarne. All'epoca era trascorso più <strong>di</strong><br />

un mese dall'ultima volta che l'avevo visto e più parlavo <strong>di</strong> lui più mi<br />

scoprivo pieno <strong>di</strong> nostalgia e <strong>di</strong> voglia <strong>di</strong> rivedere <strong>Camelot</strong>. Descrissi<br />

i cavalieri della Tavola Rotonda, miei compagni, e l'or<strong>di</strong>ne del quale<br />

ormai tutti noi facevamo parte; poi tornai in<strong>di</strong>etro nel tempo e<br />

descrissi le origini della colonia che un giorno sarebbe <strong>di</strong>ventata<br />

<strong>Camelot</strong>. Continuai con la missione <strong>di</strong> Artù, come Pelles stesso la<br />

definì: gli raccontai del modo in cui il mio re aveva riunito tutte le<br />

tribù della Britannia sotto un unico sovrano, per la prima volta nella<br />

storia, e per un po' <strong>di</strong>scutemmo dell'enorme importanza <strong>di</strong> quel<br />

compito e delle <strong>di</strong>fficoltà apparentemente insormontabili che<br />

comportava. Era <strong>di</strong>fficile mettere d'accordo tutti i comandanti e i<br />

capitribù, i piccoli regnanti e i loro satrapi, signori della guerra che<br />

non riconoscevano sulle terre da loro occupate alcun dominio al <strong>di</strong><br />

fuori del proprio. E fino a quel momento, volli ricordare a Pelles,<br />

avevo parlato soltanto <strong>di</strong> Bretoni. Poi c'erano gli stranieri che<br />

avevano invaso, e ancora occupavano, un'area ancora non<br />

specificata nota come le coste dei Sassoni. Ora come ora, non c'era<br />

modo <strong>di</strong> calcolare quanti fossero né l'estensione delle loro terre, ma<br />

sapevamo che tutta la Britannia orientale era occupata da stranieri<br />

come Danesi, Sassoni, luti, Angli e da quei folli astiosi dai capelli <strong>di</strong><br />

stoppa che si facevano chiamare Uomini del Nord e che non


vedevano miglior destino che quello <strong>di</strong> morire gloriosamente in<br />

battaglia.<br />

Pelles mi interrompeva <strong>di</strong> tanto in tanto per farmi qualche<br />

domanda ed era oltremodo felice <strong>di</strong> conoscere tutto quello che<br />

poteva sul suo nuovo alleato. Alla fine, dopo che il fuoco nel<br />

camino si era spento più volte e, più volte era stato riacceso, mi<br />

accorsi <strong>di</strong> avergli raccontato tutto quello che sapevo. Restammo<br />

entrambi in silenzio a con<strong>di</strong>videre il calore e la piacevolezza del<br />

focolare nell'avvolgente oscurità della notte incombente.<br />

Fu il re a rompere il silenzio: mi chiese cortesemente se<br />

desideravo sapere qualcosa io, dato che fino ad allora avevo<br />

risposto soltanto alle sue domande. Da quel momento in poi la<br />

nostra conversazione prese una piega che cambiò ra<strong>di</strong>calmente tutto<br />

il mio mondo, e davvero per il meglio.<br />

Cominciai con il chiedergli come funzionava, a Corbenico, il<br />

regime dei clan e fui sorpreso <strong>di</strong> scoprire che era qualcosa <strong>di</strong><br />

abbastanza recente, adottato soltanto in seguito al trasferimento dei<br />

suoi antenati dal nord del Reno in questi territori meno <strong>di</strong> un secolo<br />

prima. In<strong>di</strong>pendenti e ribelli, essi erano migrati a <strong>di</strong>spetto delle leggi<br />

imperiali e, rifiutando <strong>di</strong> adeguarsi al rigido e corrotto sistema sociale<br />

romano, avevano riadottato i loro antichi costumi e istituito governi<br />

locali autonomi. Tutti i sette maggiori gruppi tribali che si erano<br />

stabiliti nella nuova regione, da sempre conosciuta come la terra dei<br />

Belgi, avevano ripristinato i propri emblemi facendo nascere i sette<br />

clan <strong>di</strong> Corbenico. All'epoca, gli abitanti originari <strong>di</strong> quei territori, i<br />

Belgi, ancora sparsi in tutta la regione, una volta compreso che<br />

Roma non aveva né il tempo né l'intenzione <strong>di</strong> arginare<br />

l'infiltrazione dei Franchi provenienti da nord, pur senza mescolarsi<br />

ai nuovi arrivati, ne avevano adottato rapidamente i costumi, e da<br />

allora non avevano causato alcun problema. La città più grande e<br />

vicina era Brugis: in passato centro amministrativo romano,<br />

continuava ancora oggi a governarsi come una civitas romana, una<br />

città-stato, e possedeva un proprio parlamento, un sindaco e dei<br />

consiglieri. Sebbene questa città, a pianta quadrata, si trovasse dentro<br />

i confini del suo regno, Pelles aveva scelto, per ragioni personali, <strong>di</strong><br />

lasciare gli abitanti liberi <strong>di</strong> vivere dove volevano purché<br />

riconoscessero il suo potere quando si trovavano fuori dalle loro


mura e consentissero al suo popolo <strong>di</strong> esercitare il commercio nei<br />

loro mercati, senza interferire in nessun modo negli affari <strong>di</strong><br />

Corbenico. Quell'ultimo riferimento mi indusse a domandargli se<br />

aveva avuto ulteriori notizie sulle imprese dello straniero Attila, colui<br />

che si era autoproclamato re degli Unni. Da quando avevo messo<br />

piede in Gallia non avevo sentito <strong>di</strong>re nulla su questo popolo, a<br />

parte un cumulo <strong>di</strong> esagerazioni prive <strong>di</strong> senso riportate da Quinto<br />

Milo, e in verità da allora, avendo altre cose più urgenti <strong>di</strong> cui<br />

occuparmi, non ci avevo quasi più pensato.<br />

Re Pelles, pensieroso, mi guardava e annuiva <strong>di</strong> tanto in tanto,<br />

poi si girò e si mise a raccogliere dei piccoli ceppi <strong>di</strong> legno per<br />

aggiungerli al fuoco, un gesto, questo, che avrebbe fatto inorri<strong>di</strong>re i<br />

suoi servitori. Era talmente sprofondato nei suoi pensieri che dubitai<br />

si fosse persino reso conto <strong>di</strong> quello che stava facendo; tornò a<br />

sedersi, appoggiandosi pesantemente sul bracciolo della se<strong>di</strong>a. Mi<br />

<strong>di</strong>sse allora che aveva in effetti ricevuto nuove notizie sugli Unni ma<br />

che non si era ancora concesso il tempo <strong>di</strong> rifletterci su. Lì, sulle coste<br />

nordoccidentali della Gallia, <strong>di</strong>sse, avevano la fortuna <strong>di</strong> essere<br />

isolati e quin<strong>di</strong> lontani dai gravi acca<strong>di</strong>menti.<br />

«Possiamo ingannare noi stessi convincendoci che ciò che<br />

facciamo nella nostra piccola regione sia qualcosa della massima<br />

importanza,» <strong>di</strong>sse «ma nell'immensa vastità del mondo le nostre vite<br />

e i nostri piccoli problemi quoti<strong>di</strong>ani <strong>di</strong>ventano insignificanti. Questo<br />

tranquillo luogo appartato e pacifico, almeno per il momento, non<br />

ha nulla che valga la pena <strong>di</strong> essere rubato e noi siamo isolati e<br />

lontani da tutto. E per questo,» aggiunse «dovremmo ringraziare<br />

Dio.»<br />

Mi <strong>di</strong>sse che in altre regioni della Gallia, secondo un resoconto da<br />

lui ricevuto soltanto <strong>di</strong> recente, il caos e il pandemonio si erano<br />

sparsi tra le popolazioni dell'est e nelle terre del sud. Le innumerevoli<br />

orde degli Unni <strong>di</strong> Attila si erano riversate dalle terre situate tra il<br />

Reno e il Danubio un po' ovunque, occupando i territori della Gallia<br />

orientale, compresi quelli meri<strong>di</strong>onali dei Visigoti, un vasto tratto <strong>di</strong><br />

terra governato da re Teodorico, figlio del grande guerriero Alarico,<br />

il primo ad aver saccheggiato Roma con il suo esercito. Teodorico,<br />

attualmente alleato <strong>di</strong> Roma e re cristiano, regnava su tutti i territori<br />

che si estendevano a sud del grande fiume Liger, che ora veniva


chiamato Loira, fino ai confini settentrionali dell'Iberia. I suoi<br />

domini, unitamente alla sua reputazione, avevano attratto<br />

l'attenzione ostile del re unno che aveva giurato prima <strong>di</strong> schiacciare<br />

Teodorico, poi <strong>di</strong> scatenare la sua furia contro gli ultimi deboli<br />

superstiti dell'impero romano. Purtroppo, il resoconto fatto a Pelles<br />

non era che una versione <strong>di</strong> terza o quarta mano ed egli non poteva<br />

sapere quanto fosse recente, preciso o esagerato.<br />

Quando gli chiesi da dove venissero questi Unni e da quanto<br />

tempo fossero presenti in Gallia, non fece che scuotere la testa. Ma<br />

poi si ricordò che qualcuno gli aveva riferito - uno <strong>di</strong> quei vescovi<br />

che viaggiavano costantemente in lungo e in largo per il suo regno -<br />

che, prima <strong>di</strong> decidere <strong>di</strong> invadere la Gallia, Attila, già impegnato in<br />

una lunga guerra nell'impero sudorientale, aveva inviato un'armata a<br />

esplorarne il territorio per farsi un'idea <strong>di</strong> come fosse configurata. Mi<br />

ricordai subito dello strano esercito che io e Perceval avevamo visto<br />

avanzare in occasione del nostro primo incontro: un'enorme forza,<br />

da noi ritenuta burgunda, che fummo in grado <strong>di</strong> evitare solo<br />

allontanandoci enormemente... la stessa armata che aveva<br />

inghiottito e annullato ogni traccia del duca Filippo Lorco e dei suoi<br />

uomini. Ripensando a quegli eventi, ormai sicuro <strong>di</strong> essermi<br />

imbattuto a quel tempo nella prima spe<strong>di</strong>zione esplorativa degli<br />

Unni, mi sentii accapponare la pelle.<br />

Tentai <strong>di</strong> spingere Pelles a parlarne ancora, con la speranza <strong>di</strong><br />

saperne <strong>di</strong> più, ma il re non aveva davvero più niente da aggiungere.<br />

Così rimasi inutilmente a domandarmi, per l'ennesima volta, se in<br />

tutte quelle voci ci fosse qualcosa <strong>di</strong> vero.<br />

«Secondo voi, mio signore,» domandai «potremmo avere dei<br />

problemi con gli Unni qui a Corbenico?»<br />

«Ne dubito.» <strong>Il</strong> re rimase a fissare per un po' la fiamma del fuoco<br />

mentre scemava, misurando le parole che avrebbe pronunciato <strong>di</strong> lì<br />

a poco. «Se gli Unni tenteranno <strong>di</strong> invadere Corbenico, non credo lo<br />

faranno con forze tali da sopraffarci e spero, nel caso comparissero<br />

all'orizzonte, <strong>di</strong> poter usufruire <strong>di</strong> un esercito locale, addestrato qui,<br />

capace <strong>di</strong> fronteggiarli e scoraggiarli.»<br />

Nel sentire quelle parole il mio primo pensiero fu che, se i numeri<br />

<strong>di</strong> cui si parlava fossero stati anche solo minimamente vicini alla


ealtà, gli Unni avrebbero potuto inghiottire l'intera Corbenico senza<br />

il minimo sforzo, ma non avrebbe avuto alcun senso farlo sapere al<br />

re. L'intimità <strong>di</strong> quella conversazione con Pelles mi rendeva felice e<br />

non volevo rischiare <strong>di</strong> deprimerlo presagendo eventuali <strong>di</strong>sastri.<br />

Incoraggiato dalla sua informale <strong>di</strong>sponibilità decisi <strong>di</strong> cambiare<br />

argomento, e, mettendo da parte gli Unni e le loro minacce, gli<br />

domandai se in qualche modo aveva sentito parlare <strong>di</strong> un regno<br />

chiamato Ganis. Mi rivolse un mezzo sorriso e si grattò il mento con<br />

un <strong>di</strong>to.<br />

«Ganis,» <strong>di</strong>sse infine «ovvio che la conosco, o meglio la<br />

conoscevo, anni fa. Voi semmai, come e dove ne avete sentito<br />

parlare?»<br />

«Ci sono nato,» <strong>di</strong>ssi «ma non ne ho alcun ricordo. In realtà non<br />

ne so assolutamente niente... non so nemmeno dove si trovi. Non<br />

dovrebbe essere lontano da qui e mi piacerebbe tornare a visitarla<br />

un giorno, una volta portato a termine il piano <strong>di</strong> addestramento.»<br />

<strong>Il</strong> suo volto aveva mantenuto la stessa espressione<br />

imperscrutabile. «Perché vorreste visitare Ganis? È cambiata molto <strong>di</strong><br />

recente, e voi stesso <strong>di</strong>te <strong>di</strong> non averne un gran ricordo. Che ragioni<br />

avreste per andarci?»<br />

«Un'ottima ragione.»<br />

«Posso chiedervi qual è?»<br />

Solo allora mi accorsi <strong>di</strong> non conoscere nulla del passato <strong>di</strong> Pelles:<br />

per quanto ne sapevo avrebbe anche potuto essere in ottimi rapporti<br />

con Ganis e il suo attuale re, così decisi <strong>di</strong> rispondere alla sua<br />

domanda ponendogliene una a mia volta.<br />

«Un tempo viveva lì un re <strong>di</strong> nome Clodas. Conoscete questo<br />

nome, per caso?»<br />

«Clodas? Clodas <strong>di</strong> Ganis?» Si raddrizzò sulla se<strong>di</strong>a per poi<br />

sporgersi in avanti, ogni traccia <strong>di</strong> spensieratezza svanita dal suo viso.<br />

«Quel nome non viene mai pronunciato da queste parti, Seur<br />

Clothar. Che rapporti avete mai con questo Clodas <strong>di</strong> Ganis?»<br />

Incapace <strong>di</strong> valutare se mi stessi addentrando in un terreno<br />

pericoloso, decisi <strong>di</strong> agire con cautela, correndo il rischio <strong>di</strong> espormi<br />

alla sua <strong>di</strong>sapprovazione.


«Un puro interesse personale, mio signore» <strong>di</strong>ssi, tornando a un<br />

tono formale. «Che non ha niente a che vedere con la mia missione<br />

qui a Corbenico.»<br />

«Lasciatelo giu<strong>di</strong>care a me, se non vi spiace; vi chiedo ancora: cosa<br />

vi lega a Clodas <strong>di</strong> Ganis?»<br />

«La vendetta!» <strong>di</strong>ssi, e sul suo viso si alternarono tutte le possibili<br />

espressioni <strong>di</strong> sorpresa immaginabili. «Ha ucciso mio padre e<br />

usurpato il suo trono. Poi trucidato mia madre e mio nonno, re<br />

Garth <strong>di</strong> Ganis.»<br />

Vi<strong>di</strong> le guance del re impalli<strong>di</strong>re; si alzò in pie<strong>di</strong>, avanzò<br />

lentamente fino al camino e, dopo essersi appoggiato alla colonna <strong>di</strong><br />

pietra, si voltò a guardarmi. Ciò che <strong>di</strong>sse allora mi sconvolse fin nel<br />

profondo dell'anima.<br />

«Sia lodato Gesù Cristo! Sapevo che mi eri familiare, ma non sono<br />

andato abbastanza in<strong>di</strong>etro nel tempo. Tu sei il figlio <strong>di</strong> Childeberto!<br />

Sapevo della tua esistenza ma non conoscevo il tuo nome. Credevo<br />

fossi morto assassinato come i tuoi genitori.»<br />

Childeberto! Sentir pronunciare il nome <strong>di</strong> mio padre con una tale<br />

naturalezza mi confuse al punto che mi ci vollero lunghi istanti per<br />

ritrovare la lingua. «Conoscevate mio padre?»<br />

«Se lo conoscevo? Certo, era il marito <strong>di</strong> mia zia, lady Elaine, tua<br />

madre... anche se non era esattamente una zia ma una sorta <strong>di</strong><br />

cugina. Ho incontrato tuo padre <strong>di</strong>verse volte: lo veneravo come un<br />

eroe. Avevo all'incirca cinque anni l'ultima volta che lo vi<strong>di</strong>. Fu<br />

ucciso poco tempo dopo; lo ricordo così bene che vedendo te ora,<br />

sapendo chi sei, mi sembra quasi <strong>di</strong> trovarmi davanti a un fantasma.<br />

Sei la sua immagine vivente!»<br />

«Ma...» Era impossibile trovare parole adatte a descrivere<br />

quell'avvenimento. Balbettai qualcosa finché non riuscii a <strong>di</strong>re: «Mia<br />

madre era vostra zia?».<br />

«Proprio così, e tuo nonno, re Garth, era anche mio nonno... mio<br />

bisnonno, per la verità...»<br />

Vide il mio sguardo interrogativo e mi rispose ancora prima che<br />

potessi formulare una domanda. «Garth si sposò in prime nozze<br />

molto giovane, all'età <strong>di</strong> <strong>di</strong>ciassette anni, parecchio tempo prima <strong>di</strong>


<strong>di</strong>ventare re. Fu una storia tragica. Si sposò per amore, contro la<br />

volontà del padre. La sua giovane moglie morì <strong>di</strong> parto l'anno dopo.<br />

La bambina sopravvisse. Fu chiamata Gertrude. Crebbe e una volta<br />

cresciuta sposò Thorbec, il secondo re <strong>di</strong> Corbenico. Mio padre<br />

Plotio era figlio loro e presto rese re Garth <strong>di</strong> Ganis bisnonno. Non<br />

avevo ancora sei anni quando fu ucciso e, prima ancora che si<br />

potesse ven<strong>di</strong>care, fu assassinato anche mio padre.»<br />

«Dove è Clodas ora?»<br />

«Nell'Ade, da più <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni. Dovetti aspettare <strong>di</strong> avere se<strong>di</strong>ci<br />

anni per sferrare un attacco contro <strong>di</strong> lui e anche allora sarei stato<br />

annientato se non avessi avuto l'aiuto <strong>di</strong> Baldwin. Mi mise a<br />

<strong>di</strong>sposizione la sua armata e combatté accanto a me. Uccisi quel<br />

malvagio demone accertandomi che sapesse bene chi gli stava<br />

togliendo la vita. Fino ad allora mi aveva creduto morto e pensava<br />

<strong>di</strong> essere al sicuro sul trono che aveva usurpato.»<br />

Mi ritrovai a passeggiare su e giù per la stanza senza nemmeno<br />

rendermi conto <strong>di</strong> essermi alzato in pie<strong>di</strong>, con la mente sconvolta da<br />

una tempesta <strong>di</strong> emozioni contrastanti. Tutti quegli anni a sognare la<br />

vendetta mentre l'usurpatore era già morto da tempo... Fui colpito<br />

da un pensiero lucido e improvviso che mi bloccò all'istante.<br />

«Allora chi governa Ganis, adesso?»<br />

Ancora appoggiato alla colonna del camino, Pelles incrociò le<br />

braccia sul petto e mi rivolse un tenue sorriso.<br />

«Io. È questa Ganis, qui, dove siamo ora. O meglio, per la<br />

precisione, Ganis è <strong>di</strong>ventata parte <strong>di</strong> Corbenico, la sua parte più<br />

orientale. Nessuno l'ha più chiamata Ganis da quando ho fatto<br />

piazza pulita <strong>di</strong> Clodas. La sua gente mi ha accolto con benevolenza.<br />

Tutti o<strong>di</strong>avano e temevano Clodas, si comportava da ladro e da<br />

usurpatore, com'era sua natura, e quando arrivai a Ganis e lo<br />

destituii, il popolo mi fece intendere chiaramente che voleva che<br />

<strong>di</strong>ventassi io il loro re. Lo riteneva un mio <strong>di</strong>ritto, anche se per la<br />

verità non lo era. Sono il pronipote <strong>di</strong> re Garth ma in linea materna.<br />

Così, dato che non potevo essere legittimo re <strong>di</strong> Ganis, lo <strong>di</strong>venni<br />

per <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> conquista. La gente scelse <strong>di</strong> sostenermi come aspirante<br />

al trono <strong>di</strong> Corbenico e così cambiò anche il nome del regno. Ma<br />

ora ho finalmente davanti a me il legittimo re <strong>di</strong> Ganis. Non è così,


cugino?»<br />

«Cosa? Io, re <strong>di</strong> Ganis? No, non io, tu! Tu sei il re, Pelles e per<br />

volontà del popolo! Questa gente non ha alcun bisogno <strong>di</strong> me, non<br />

sono che uno straniero, da tutti i punti <strong>di</strong> vista. E poi non ho alcun<br />

desiderio <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare re. Per mia libera scelta sono sud<strong>di</strong>to <strong>di</strong> un<br />

monarca al quale ho offerto la mia incon<strong>di</strong>zionata lealtà. Non<br />

desidero in nessun modo cambiare con<strong>di</strong>zione.»<br />

«Potresti però cambiare idea,» <strong>di</strong>sse Pelles con calma «una volta<br />

visto il luogo. È un bel paese, piccolo ma incantevole. Potresti<br />

esserne conquistato.»<br />

Mi ero avvicinato a lui per osservarlo da vicino nel tentativo <strong>di</strong><br />

leggere cosa si nascondesse in quegli occhi stretti. Mi sentivo<br />

stranamente leggero, come se mi avessero tolto un gran peso dalle<br />

spalle, e avevo l'impressione che il re, benché nutrisse sentimenti<br />

contrastanti, sarebbe stato pronto a cedermi Ganis, se solo avessi<br />

insistito. Ne avrei avuto le ragioni, per <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> nascita. Ci pensai<br />

per un attimo ma fui subito certo <strong>di</strong> non avere in realtà alcun<br />

desiderio <strong>di</strong> reclamare alcunché.<br />

«Così siamo cugini» <strong>di</strong>ssi, cercando il modo migliore per rendere<br />

espliciti i miei desideri.<br />

Pelles annuì, lentamente. «Cugini, in un modo o nell'altro. Parenti<br />

stretti. E allora, cosa facciamo?»<br />

«Tu cre<strong>di</strong> che potrei essere conquistato da quelle terre, questo è<br />

quanto hai appena <strong>di</strong>chiarato.» Avevo trovato le parole giuste e fu<br />

facile sorridere a mia volta. «Ma se tu avessi trascorso anche un solo<br />

giorno a <strong>Camelot</strong>, Pelles, o una sola ora in compagnia <strong>di</strong> re Artù<br />

Pendragon, sapresti perché niente potrebbe mai indurmi a lasciare<br />

ciò che sono <strong>di</strong>ventato... non potrebbe riuscirci un regno e<br />

nemmeno un popolo. Ora sono Clothar <strong>di</strong> <strong>Camelot</strong>, comandante<br />

legato e cavaliere del sommo re della Britannia Unita. Tutto ciò può<br />

sembrare magnifico, e in effetti lo è. Amo essere quello che<br />

rappresento. Non potrebbe esserci nulla <strong>di</strong> più adatto a me. I miei<br />

doveri sono chiari, le mie mansioni e le mie responsabilità sono<br />

esattamente quelle che desidererei chiedere e ottenere. A tutto<br />

questo si aggiunge ora la profonda felicità <strong>di</strong> sapere che ho trovato<br />

un cugino <strong>di</strong> cui ignoravo l'esistenza e con il quale ho molto in


comune.<br />

Clodas è morto e per mano tua. In tutti questi anni, ritenendolo<br />

vivo, mi sono sempre sentito in colpa. Ora quella colpa non esiste<br />

più, è svanita, perché il tuo agire mi ha assolto.»<br />

Mi aspettavo una sua risposta e invece non <strong>di</strong>sse nulla.<br />

«Da quant'è che sono qui, nel regno <strong>di</strong> Corbenico, un mese? Di<br />

più? Non sono stato certo con le mani in mano, cugino, e non sono<br />

cieco: ho visto come vanno veramente le cose da queste parti. Sei un<br />

re capace, più capace <strong>di</strong> quanto potrei o vorrei essere io, e hai il<br />

rispetto e l'ammirazione, persino l'amore, dei tuoi sud<strong>di</strong>ti. L'ho visto<br />

chiaramente la notte in cui ho catturato Baldwin. Lasciamo quin<strong>di</strong><br />

che le cose rimangano come sono, Pelles. Cre<strong>di</strong> a quello che ti sto<br />

<strong>di</strong>cendo perché non ho alcun bisogno <strong>di</strong> mentire. Non ho alcuna<br />

intenzione <strong>di</strong> influenzarti o <strong>di</strong> cambiare una sola cosa del tuo regno,<br />

men che meno <strong>di</strong> sollevare pretese sul trono. Tu e io siamo gli unici<br />

a sapere, le uniche persone a conoscere la mia <strong>di</strong>retta <strong>di</strong>scendenza.<br />

Facciamo un patto: che tutto rimanga com'è. Possiamo anche<br />

presentarci in pubblico come cugini, senza necessariamente<br />

specificare perché siamo <strong>di</strong>ventati così amici, mantenendo segreta la<br />

nostra parentela. Ma soprattutto, ed è la cosa più importante,<br />

sappiamo <strong>di</strong> poterci fidare l'uno dell'altro e <strong>di</strong> poter lavorare<br />

insieme, impegnandoci entrambi per il bene <strong>di</strong> tutte le persone<br />

coinvolte nel nostro patto <strong>di</strong> alleanza, compresi noi stessi.<br />

Metterò insieme e addestrerò per te un'armata che saprà<br />

proteggere da ora in avanti il tuo regno dalle invasioni; in cambio tu<br />

assicurerai a me, al mio re e a <strong>Camelot</strong>, qui, nel cuore della Gallia,<br />

una solida e sicura base commerciale. Dopo <strong>di</strong> che non faremo più<br />

alcun cenno a questa assurda idea della mia successione al trono <strong>di</strong><br />

Ganis. Cosa ne <strong>di</strong>ci?»<br />

Pelles si allontanò dal camino e prese in mano il mio calice vuoto.<br />

Lo portò fino al tavolo e lo riempì con un po' del vino rimasto nel<br />

suo, quin<strong>di</strong> me lo restituì; non appena lo ebbi in mano, inclinò<br />

volutamente la sua coppa versando parte del contenuto a terra, un<br />

gesto antico <strong>di</strong> offerta agli dèi pagani, e aspettò che io facessi<br />

altrettanto. Lo accontentai subito e allora finalmente alzò il calice e<br />

bevve, per poi tornare vicino al camino. «Tu sei re per <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong>


nascita,» <strong>di</strong>sse «ma non sei mai stato re.» Fece una pausa. «Ci sono<br />

degli... inconvenienti... nell'essere un sovrano. Delle <strong>di</strong>fficoltà che gli<br />

uomini normali non incontrerebbero mai.» Bevve un piccolo sorso<br />

dalla sua coppa e si passò il vino tra i denti. «Nessun uomo se è re<br />

deve mai fidarsi del tutto <strong>di</strong> un altro uomo.»<br />

Si fermò bruscamente e parve riconsiderare ciò che aveva appena<br />

detto. «No, non è esatto... non è proprio così. Può capitare che si<br />

fi<strong>di</strong> completamente <strong>di</strong> un altro uomo e tuttavia esserne tra<strong>di</strong>to, così<br />

come è successo a me con Baldwin. Una pura follia che può portare<br />

un re a <strong>di</strong>ventare estremamente vulnerabile. Ma come può un uomo<br />

vivere una vita normale ed equilibrata senza potersi fidare mai<br />

pienamente <strong>di</strong> qualcuno? L'ambizione è forse l'aspetto più detestabile<br />

del carattere umano; è quasi impossibile scoprirla se un uomo decide<br />

<strong>di</strong> tenerla nascosta, ed è la tomba della fedeltà. L'ambizione può<br />

trasformare in follia la fiducia <strong>di</strong> un uomo, e un re <strong>di</strong>fficilmente può<br />

trovare qualcuno meritevole <strong>di</strong> cui fidarsi che non abbia l'ambizione<br />

<strong>di</strong> succedergli o <strong>di</strong> scalzarlo.» Mi guardò dritto negli occhi. «Non ho<br />

alcuna <strong>di</strong>fficoltà a crederti quando <strong>di</strong>ci che non desideri regnare qui,<br />

in Gallia. Non posso farne a meno, nonostante l'esperienza mi abbia<br />

insegnato che anche le migliori intenzioni possono trasformarsi in<br />

veleno e in un tentativo <strong>di</strong> omici<strong>di</strong>o.<br />

Avrei giurato che Baldwin fosse l'unico uomo in tutto il mondo<br />

che non avrebbe avuto mai intenzioni malevole nei miei confronti...<br />

e ciononostante ha tentato <strong>di</strong> uccidermi. Chi può <strong>di</strong>re perché? Se ci<br />

fosse riuscito, non avrebbe comunque potuto reclamare il mio<br />

regno. I capi non l'avrebbero mai tollerato. Con il senno <strong>di</strong> poi è<br />

evidente che pensava <strong>di</strong> poter controllare in qualche modo mio<br />

nipote, un ragazzetto dalla testa vuota, senza il minimo buonsenso e<br />

incapace perfino <strong>di</strong> tenersi in or<strong>di</strong>ne, ma che rimane pur sempre il<br />

mio unico erede. Forse Baldwin pensava <strong>di</strong> poterlo dominare, <strong>di</strong><br />

fargli prendere in moglie un'ambiziosa sgualdrina qualunque, così da<br />

accaparrarsi il trono <strong>di</strong> Corbenico attraverso i suoi ere<strong>di</strong>, se non per<br />

se stesso. Non posso pretendere <strong>di</strong> capire cosa gli passasse per la<br />

testa ma deve aver ragionato più o meno seguendo questo schema.<br />

L'ho lasciato vivere, anche se i miei più fidati consiglieri ritenevano<br />

fosse un errore. È vivo perché ho bisogno che resti vivo, almeno fino<br />

a quando non scoprirò le intenzioni dei suoi figli... e per il


momento, mi conviene anche solo per ricordarmi, guardandolo, che<br />

non mi devo più fidare <strong>di</strong> qualcuno come mi sono fidato <strong>di</strong> lui.»<br />

Tacque e rimase a fissarmi.<br />

Prima <strong>di</strong> parlare dovetti schiarirmi la voce.<br />

«Capisco... o almeno, credo <strong>di</strong> capire... mi stai <strong>di</strong>cendo che ti<br />

<strong>di</strong>spiace ma che non puoi fidarti <strong>di</strong> me?»<br />

«No, nient'affatto, cugino. Sto <strong>di</strong>cendo che, a <strong>di</strong>spetto <strong>di</strong> tutti gli<br />

insegnamenti che mi suggeriscono il contrario, non sono ancora<br />

pronto per vivere senza fidarmi <strong>di</strong> qualcuno. Noi due siamo parenti<br />

e io ti credo quando <strong>di</strong>ci che l'unica cosa che ti interessa adesso è<br />

<strong>Camelot</strong> e che non hai alcun desiderio o alcun bisogno <strong>di</strong> vivere in<br />

Gallia per un periodo più lungo <strong>di</strong> quanto non ti sia necessario per<br />

portare a termine la tua missione. Quin<strong>di</strong> io accetto la tua offerta <strong>di</strong><br />

alleanza e <strong>di</strong> reciproco sostegno e mi impegno a farmene garante.<br />

Sarà come <strong>di</strong>ci tu e la mia casa d'ora in poi sarà la tua, tutte le volte<br />

che vorrai. Darò istruzioni a Pierre perché le stanze che hai occupato<br />

oggi rimangano sempre ed esclusivamente destinate a te. Ora alzati e<br />

abbracciami, cugino Clothar, e poi an<strong>di</strong>amo tutti e due a coricarci.<br />

Questa notte è volata, l'alba arriverà presto e allora avremo molte<br />

cose da sistemare...»<br />

Rimasi sveglio a lungo prima che il sonno riuscisse a raggiungermi.


Nota dell'autore<br />

Benché si tratti <strong>di</strong> un romanzo a sé stante, la cui lettura è possibile<br />

senza necessariamente conoscere o fare riferimento a eventi<br />

precedenti, quest'opera rimane pur sempre il seguito <strong>di</strong> Io<br />

Lancillotto. <strong>Il</strong> cavaliere <strong>di</strong> Artù e <strong>Il</strong> marchio <strong>di</strong> Merlino. Si presenta,<br />

infatti, come una cronaca della vita <strong>di</strong> Lancillotto, giovane Clothar,<br />

all'indomani del suo incontro con Artù Pendragon, sommo re della<br />

Britannia Unita. Molti dei personaggi e dei luoghi <strong>di</strong> questa storia<br />

erano già presenti nelle due opere precedenti, ragion per cui gran<br />

parte <strong>di</strong> quanto scritto in quelle prefazioni è da ritenersi pertinente e<br />

appropriato anche a questo volume.<br />

I lettori affezionati a Clothar e alle sue passate imprese tengano<br />

presente che si è scelto <strong>di</strong> riproporre molti aspetti a loro ben noti a<br />

beneficio <strong>di</strong> nuovi lettori non avvezzi al mondo del quinto secolo.<br />

Ho già spiegato in precedenza come, nell'accostarmi a questa<br />

vicenda, sia stato costretto a misurarmi con alcune realtà storiche<br />

strettamente collegate a quella che ritengo sia stata l'origine della<br />

leggenda <strong>di</strong> re Artù. A mio parere, l'intera storia ruota intorno al<br />

triangolo Artù/Ginevra/Lancillotto, e tutto ciò che avviene in questo<br />

mito è da attribuirsi all'umanità - e all'umana debolezza - del re, alla<br />

natura imperfetta del suo matrimonio con Ginevra e all'attrazione<br />

esercitata su entrambi dal valoroso guerriero straniero noto come<br />

Lancillotto.<br />

<strong>Il</strong> nome per esteso <strong>di</strong> Lancillotto è Lancelot du Lac, Lancillotto del<br />

Lago, un nome <strong>di</strong> origine francese, e Lancillotto stesso, ci <strong>di</strong>ce la<br />

leggenda, era un soldato francese che attraversò il mare e venne in<br />

Inghilterra proprio per servire alla corte <strong>di</strong> re Artù come cavaliere<br />

della Tavola Rotonda. Ma, anche tenendo conto delle esagerazioni<br />

presenti in ogni leggenda, è semplicemente impossibile che ciò sia<br />

accaduto a metà del quinto secolo, perché a quei tempi l'Inghilterra<br />

era ancora chiamata Britannia, e quella che oggi chiamiamo Francia


era ancora Gallia romana.<br />

Ci sarebbe voluto più <strong>di</strong> un secolo, con la fine delle invasioni<br />

anglosassoni in Britannia e l'emergere delle tribù degli Angli come<br />

forza dominante, perché si cominciasse a conoscere quel paese come<br />

terra degli Angli: Angle land, e infine England, Inghilterra.<br />

Analogamente, la Gallia romana sarebbe <strong>di</strong>ventata nota come<br />

Francia solo molto più tar<strong>di</strong>, dopo la vittoria dei Franchi invasori sui<br />

loro nemici giurati, i Burgun<strong>di</strong>. Con il tempo i territori franchi<br />

sarebbero <strong>di</strong>ventati la terra dei Franchi - Francia - mentre i Burgun<strong>di</strong><br />

sarebbero rimasti nei loro posse<strong>di</strong>menti in Borgogna.<br />

I Franchi, conosciuti come ottimi cavallerizzi, sono generalmente<br />

considerati coloro che per primi introdussero la sella con le staffe in<br />

Europa occidentale, e fin dalla loro prima apparizione nell'impero<br />

romano, lungo il corso del Reno nel terzo secolo, ebbero fama <strong>di</strong><br />

popolo schietto nel parlare e completamente privo <strong>di</strong> tatto, forse<br />

perché la loro lingua originale non possedeva tutte le sottigliezze del<br />

latino o del greco. Sia come sia, ancora oggi usiamo l'espressione<br />

"parlare francamente" per in<strong>di</strong>care un modo <strong>di</strong> esprimersi <strong>di</strong>retto e<br />

senza peli sulla lingua.<br />

Clothar è la mia interpretazione <strong>di</strong> Lancillotto. Gli stu<strong>di</strong>osi<br />

ritengono che il nome Lancillotto derivi probabilmente dal termine<br />

latino lancearius, una qualifica militare romana che dovrebbe<br />

corrispondere a quella dei reggimenti <strong>di</strong> lancieri europei del<br />

<strong>di</strong>ciannovesimo secolo. Ho immaginato Clothar come un guerriero<br />

franco a cavallo che, compagno e amico fidato del sommo re Artù,<br />

si conquista una fama imperitura come eroe archetipo, un<br />

personaggio chiamato secoli dopo Lancillotto dai cantastorie francesi<br />

che, pur avendone u<strong>di</strong>to la fama e le gesta, non ne conoscevano il<br />

vero nome.


Lingua<br />

La <strong>di</strong>fficoltà principale per chi scrive un romanzo storico è quella<br />

della lingua, perché è un elemento che si evolve costantemente e<br />

non si può sapere con precisione come parlasse o si esprimesse la<br />

gente centinaia <strong>di</strong> anni fa. Per noi è complicato persino concepire<br />

che fino a centocinquant'anni orsono, in un piccolo paese come la<br />

Britannia, in<strong>di</strong>vidui <strong>di</strong> regioni <strong>di</strong>verse non fossero in grado <strong>di</strong><br />

intendersi, o <strong>di</strong> comunicare fra loro facilmente; la verità è che le<br />

genti dello Yorkshire, <strong>di</strong> Londra o <strong>di</strong> altre zone del paese parlavano<br />

<strong>di</strong>aletti talmente <strong>di</strong>versi da risultare, in effetti, vere e proprie lingue<br />

<strong>di</strong>fferenti. Ho scelto <strong>di</strong> scrivere in una lingua standard, ma anche<br />

questa è una creazione abbastanza recente, poiché è stata<br />

"standar<strong>di</strong>zzata" solo nel <strong>di</strong>ciannovesimo secolo. Prima <strong>di</strong> allora non<br />

esisteva un'ortografia corretta per le parole.<br />

Molti personaggi delle mie storie avrebbero parlato le antiche<br />

lingue dei Celti, dei Germani e dei Galli - oggi completamente<br />

perdute - mentre re e condottieri avrebbero più probabilmente<br />

conversato in latino. Quando persone <strong>di</strong> lingue <strong>di</strong>verse si<br />

incontravano e si mescolavano, per comunicare adottavano la lingua<br />

franca del loro tempo, sebbene la vera lingua franca, intesa come<br />

lingua dei Franchi, non fosse ancora entrata nell'uso comune. Ma nel<br />

corso della storia, ogni volta che il commercio ha messo in contatto<br />

genti <strong>di</strong> razza e lingua <strong>di</strong>versa, l'ingegno umano ha rapidamente<br />

sviluppato delle lingue base, essenziali, per sod<strong>di</strong>sfare i loro bisogni.<br />

In Africa, nel <strong>di</strong>ciottesimo e <strong>di</strong>ciannovesimo secolo, questa lingua era<br />

lo swahili. Nell'Asia orientale, il pidgin.<br />

Siccome non conosciamo quale lingua avesse questo ruolo<br />

nell'Europa del quinto secolo, ho scelto <strong>di</strong> chiamarla "lingua<br />

costiera": la costa, infatti, era l'area in cui si incrociava la maggior<br />

parte dei mercanti.<br />

In questo libro ho utilizzato ampiamente la parola magister,<br />

termine in uso presso l'esercito romano nel quinto secolo, da cui i<br />

nostri "magistrato" e "magistrale". Pare che avesse due tipi <strong>di</strong>


significato: ho voluto impiegarli entrambi. <strong>Il</strong> primo era quello<br />

letterale, quando uno studente o <strong>di</strong>scepolo si riferiva al suo<br />

insegnante o mentore chiamandolo magister (maestro), con la<br />

dovuta deferenza. <strong>Il</strong> secondo, invece, ricorda il modo in cui noi<br />

usiamo oggi il termine "capo" per in<strong>di</strong>care un superiore - un ufficiale<br />

o equivalente - il cui titolo merita un certo rispetto, sia pure <strong>di</strong> gran<br />

lunga inferiore a quello implicito nel primo uso del termine.

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