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La <strong>Cisl</strong> nel e per il territorio<br />

Etica, responsabilità delle istituzioni<br />

per un nuovo modello di Welfare<br />

e Sviluppo locale<br />

Re<strong>la</strong>zione a nome del<strong>la</strong> Segreteria<br />

Ust <strong>Cisl</strong> <strong>Palermo</strong> di<br />

Mimmo MILAZZO<br />

Segretario Generale<br />

7/8 marzo 2013<br />

San Paolo Pa<strong>la</strong>ce Hotel<br />

<strong>Palermo</strong>


Finito di stampare il 5 marzo 2012<br />

Stampa: Puntografica mediterranea s.r.l. - Vil<strong>la</strong>bate (PA)


INDICE<br />

1) Il mondo del <strong>la</strong>voro nel 2013 - Genesi di una crisi 7<br />

2) Ancora sul<strong>la</strong> globalizzazione e finanziarizzazione mondiale 12<br />

3) L’inutilità dei summit mondiali 13<br />

4) Al<strong>la</strong> ricerca di una competitività perduta in Europa e nel mondo 14<br />

5) La Sicilia 15<br />

6) <strong>Palermo</strong> e <strong>la</strong> provincia 19<br />

6.1) ... il turismo, il commercio, le infrastrutture e i servizi ai cittadini 23<br />

6.2) ... le vertenze in atto 26<br />

6.3) ... il settore agro-alimentare 30<br />

7) La riorganizzazione territoriale del<strong>la</strong> <strong>Cisl</strong> 31<br />

8) Sviluppo, equità e <strong>la</strong>voro per <strong>la</strong> crescita 32<br />

9) La <strong>Cisl</strong> e l’accordo sul<strong>la</strong> produttività e <strong>la</strong> rappresentanza 34<br />

10) Conclusioni 35


"Nello stabilire <strong>la</strong> quantità del<strong>la</strong> mercede si deve tener conto anche dello stato dell'azienda<br />

e dell'imprenditore di essa; perché è ingiusto chiedere esagerati sa<strong>la</strong>ri, quando l'azienda<br />

non li può sopportare senza <strong>la</strong> rovina propria e <strong>la</strong> conseguente ca<strong>la</strong>mità degli operai. È<br />

però vero che se il minor guadagno che essa fa è dovuto a indolenza, a inesattezza e a<br />

noncuranza del progresso tecnico ed economico, questa non sarebbe da stimarsi giusta<br />

causa per diminuire <strong>la</strong> mercede agli operai. Che se l'azienda medesima non ha tante entrate<br />

che bastino per dare un equo sa<strong>la</strong>rio agli operai, o perché è oppressa da ingiusti gravami,<br />

o perché è costretta a vendere i suoi prodotti ad un prezzo minore del giusto, coloro<br />

che così <strong>la</strong> opprimono si fanno rei di grave colpa; perché costoro privano del<strong>la</strong> giusta mercede<br />

gli operai; i quali, spinti dal<strong>la</strong> necessità, sono costretti a contentarsi di un sa<strong>la</strong>rio<br />

inferiore al giusto”.<br />

(Quadragesimo anno - 15/5/1931)


Amiche ed Amici delegati,<br />

Consigliere e Consiglieri,<br />

Gentili Ospiti ed Autorità presenti,<br />

Vi ringrazio a nome mio e delle segreterie territoriali di <strong>Palermo</strong> e Trapani che sanciranno<br />

in questo Congresso il percorso di accorpamento per creare una unica struttura sindacale.<br />

Il tema che abbiamo concordato per l'appuntamento odierno, il 1° Congresso Territoriale<br />

del<strong>la</strong> Unione Sindacale Territoriale <strong>Cisl</strong> <strong>Palermo</strong> Trapani, è "La <strong>Cisl</strong> nel e per il territorio<br />

Etica, responsabilità delle istituzioni per un nuovo modello di Welfare e Sviluppo locale"


1) IL MONDO DEL LAVORO NEL 2013 - GENESI DI UNA CRISI<br />

Nelle analisi socio-economiche di realtà territoriali anche se di ridotte dimensioni, quali<br />

quelle provinciali , non si può prescindere da una iniziale riflessione numerica “globale“.<br />

Tra tante cifre l’attenzione va posta su quelle che hanno il maggior impatto sul mondo del<br />

<strong>la</strong>voro e sui numeri strumentali al<strong>la</strong> occupazione.<br />

Questo primo congresso territoriale avviene in uno straordinario momento di crisi epocale<br />

per il quale si richiedono non illusioni di normalità ma riflessioni per governare il drastico<br />

cambiamento in atto insieme ai <strong>la</strong>voratori e agli altri attori sociali.<br />

L’Italia proviene da ben sette maxi manovre pensate per ri<strong>la</strong>nciare il Paese (dal Dl 201/2011,<br />

noto per <strong>la</strong> riforma delle pensioni e l’entrata in vigore dal 2012 dell’IMU, al Dl 83/2012) ma<br />

alle politiche di rigore contabile non sono state abbinate le indispensabili correzioni al<strong>la</strong><br />

complessiva imposizione fiscale, al<strong>la</strong> inammissibile lentezza del<strong>la</strong> giustizia ed agli altri freni<br />

al<strong>la</strong> ripartenza economica.<br />

L’Italia ha il 68,6% di imposizione fiscale effettiva sulle imprese, con un aggravio del 24,4%<br />

rispetto alle media del<strong>la</strong> UE; ad una impresa occorrono in media 285 ore di <strong>la</strong>voro annuo<br />

per gli adempimenti fiscali (Fonte: Confindustria; Cgia Mestre).<br />

Sette anni sono i tempi medi di durata di una causa civile, milleduecentodieci giorni è <strong>la</strong> durata<br />

media delle cause commerciali e millesessantasei giorni è <strong>la</strong> durata media di un processo<br />

di primo grado.<br />

A ciò si aggiungano i 136,9 miliardi di debiti del<strong>la</strong> PA verso le imprese (68.866 Regioni, 48.430<br />

Comuni, 19.609 Province - fonte: e<strong>la</strong>borazione Aida PA - Bureau van Dijk e Corte dei Conti<br />

su consuntivi 2010), le 60 autorizzazioni per avviare una impresa, i 23 miliardi di costi sostenuti<br />

dalle imprese per <strong>la</strong> burocrazia.<br />

In generale, però, <strong>la</strong> vera minaccia al<strong>la</strong> ripresa è rappresentata dal padre di quell’anatema<br />

dello sviluppo che è “l’incertezza”: in Italia <strong>la</strong> lunghezza di tutti i tipi di processo, l’incognita<br />

dei contenziosi fiscali e <strong>la</strong> possibile variabilità dei presupposti su cui si fonda <strong>la</strong> scelta imprenditoriale<br />

scoraggiano non solo gli investitori esteri ma anche gli stessi italiani, che investono<br />

all’estero più di quanto gli stranieri investano in Italia.<br />

E ancora, come ci ha ricordato recentemente Sabino Cassese, emerge <strong>la</strong> pessima qualità<br />

del<strong>la</strong> legis<strong>la</strong>zione che rappresenta, secondo un azzeccato pensiero dell’illustre amministrativista,<br />

“un male anche per <strong>la</strong> sua forza moltiplicativa”.<br />

E l’immediato futuro si prospetta “nebuloso” anche sull’ampio fronte dell’istruzione; se da un<br />

<strong>la</strong>to l’Italia, tra i membri dell’OCSE, è al terzultimo posto per il numero dei <strong>la</strong>ureati è al primo<br />

posto per il possesso di cellu<strong>la</strong>ri. È il risultato di politiche di “tagli lineari al<strong>la</strong> spesa” che hanno<br />

impoverito complessivamente il capitale umano dell’Italia e che occorre correggere se non<br />

si vuole che l’onta del<strong>la</strong> ignoranza si aggiunga alle altre cause di non-competitività italica.<br />

Ma sull’economia ha un peso anche <strong>la</strong> mai affrontata e risolta “questione carceri”, che come<br />

ha ricordato recentemente il primo Presidente del<strong>la</strong> Cassazione Lupo, “sul piano dell’immagine<br />

<strong>la</strong> recente condanna dell’Italia da parte del<strong>la</strong> Corte di Strasburgo, per il trattamento<br />

inumano e degradante dei detenuti, vale decine e decine di punti di spread”. Sempre il Presidente<br />

Lupo ha ricordato che “sarebbe sbagliato sottovalutare l’influsso negativo derivante<br />

8


9<br />

dall’incertezza dei tempi di accertamento, soprattutto se i reati riguardano l’attività del<strong>la</strong><br />

pubblica amministrazione e <strong>la</strong> gestione imprenditoriale. Quest’incertezza, al pari di quel<strong>la</strong> del<br />

processo civile, scoraggia gli investimenti e quindi frena <strong>la</strong> competitività del paese”.<br />

In Italia gli altri “numeri“ che non si possono ignorare sono quelli del<strong>la</strong> pressione fiscale; sulle<br />

imprese grava una tassazione totale intorno al 68,6% contro il 46,8% del<strong>la</strong> Germania, il 35,5%<br />

del Regno Unito, il 65% del<strong>la</strong> Francia, il 38,7% del<strong>la</strong> Spagna.<br />

Non v’è da meravigliarsi che in questa situazione da un paio di anni vi sia <strong>la</strong> corsa al “dumping<br />

fiscale” nell’ambito del<strong>la</strong> stessa U.E.: tra i ventisette Paesi del<strong>la</strong> U.E. <strong>la</strong> tassazione più<br />

conveniente è a Cipro (che paradossalmente ha chiesto soccorso finanziario al<strong>la</strong> stessa U.E.)<br />

al 10%, seguita dall’Ir<strong>la</strong>nda al 12,5%, dal Lussemburgo al 21% e dall’’Inghilterra al 24%.<br />

In Italia il cuneo fiscale - includendo le tasse locali - raggiunge il 53,5% del costo del <strong>la</strong>voro<br />

contro una media Ocse del 35,4%.<br />

La conseguenza è che <strong>la</strong> quota italiana di produzione mondiale arretra dal 4,5% al 3,3% e il<br />

settore manifatturiero perde il 22% di produzione rispetto ai picchi pre-crisi.<br />

L’ultimo bollettino economico del<strong>la</strong> Banca d’Italia nel confermare il declino dei consumi e<br />

del<strong>la</strong> produzione, sembra implicitamente avvalorare l’ipotesi di una correzione dei conti<br />

pubblici a giugno di circa 7 miliardi. Importo forse sottostimato perché non considera <strong>la</strong> ”Cig<br />

in deroga“ re<strong>la</strong>tivamente al<strong>la</strong> quale, molto verosimilmente, saranno necessari stanziamenti<br />

aggiuntivi, in miliardi, a doppia cifra. E poi c’è ancora l’impegno a mantenere il pareggio di<br />

bi<strong>la</strong>ncio che potrà realizzarsi, secondo autorevoli previsioni, solo con una crescita di almeno<br />

il 2,5%.<br />

La evidente incompatibilità di questi blocchi di numeri può elidersi a condizione che si agisca<br />

su due fronti: un serio contrasto all’evasione fiscale ed una riduzione del<strong>la</strong> spesa pubblica<br />

improduttiva. Ovviamente occorre una “intelligente“ attività di lotta all’evasione fiscale. La<br />

Guardia di Finanza nel 2011 ha scovato ottomi<strong>la</strong> evasori totali, un dato estremamente<br />

positivo. Purtroppo nello stesso anno <strong>la</strong> commissione tributaria di primo grado ha dato ragione<br />

al contribuente in 86.312 cause, riconoscendo che in altre 25.154 cause le contestazioni<br />

mosse erano parzialmente illegittime; in secondo grado 24.715 contestazioni sono<br />

state completamente in favore del contribuente e 4.480 sono state giudicate parzialmente<br />

illegittime.<br />

In Italia è questa l’unica manovra che si può e si deve realizzare, perché solo così è possibile<br />

conciliare <strong>la</strong> riduzione del<strong>la</strong> pressione fiscale con le poste del<strong>la</strong> finanza pubblica già impegnate.<br />

Una riduzione fiscale che presenta margini di manovra ristretti e che deve essere avviata<br />

contestualmente al<strong>la</strong> riforma del catasto per ridurre <strong>la</strong> differenza tra valori catastali e<br />

valori di mercato e rendere così l’IMU una effettiva imposta reale, in attesa di una sua riconsiderazione<br />

che si ritiene indispensabile per una equa proporzionalità del<strong>la</strong> stessa al reddito<br />

del contribuente.<br />

Una crisi economica così devastante impone l’adozione di urgenti provvedimenti di politica<br />

economica per convincere le imprese che si è cambiato il regime di governo dell’economia:<br />

ridimensionamento degli oneri sociali, dell’IRAP ed infine delle imposte sul reddito<br />

e sul patrimonio (IRPEF e IMU). Si avrebbe un immediato riflesso sul PIL con l’aumento del<br />

potere d’acquisto delle famiglie e <strong>la</strong> competitività dei prodotti, con <strong>la</strong> riduzione del costo del


<strong>la</strong>voro ed un aumento dell’occupazione. Questi “sgravi” fiscali andrebbero compensati sul<br />

<strong>la</strong>to delle entrate aumentando le aliquote più basse dell’IVA e con <strong>la</strong> rimodu<strong>la</strong>zione delle<br />

aliquote IRPEF.<br />

La <strong>Cisl</strong> propone una riforma del sistema fiscale che deve pesare meno sulle imposte dirette<br />

e più su quelle indirette, che sono più difficili da evadere.<br />

Tenendo anche nel<strong>la</strong> debita considerazione che l’Italia è al primo posto in Europa tra i Paesi<br />

che “giocano” di più: oltre mille sale poker, oltre 400.000 “slot machine“, in media una ogni<br />

150 abitanti, oltre 2.400 sale di video-lottery e oltre 800 mi<strong>la</strong> italiani affetti dal<strong>la</strong> patologia di<br />

gioco-dipendenza.<br />

Questi giochi hanno avuto un giro d’affari di oltre 79,5 miliardi di euro con un tassazione<br />

media del 10%; se fosse applicata una diversa tassazione effettiva si potrebbe avviare una<br />

più “equa” rimodu<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> imposizione fiscale.<br />

Nell’immediato si dovrebbe smobilizzare l’ingentissimo importo dei crediti vantati dalle imprese<br />

e dai professionisti nei confronti dell’intera Pubblica Amministrazione italiana.<br />

Allo Stato è assegnato il compito di prestare le garanzie ed alle banche il compito di riconoscere<br />

le somme dovute; non si altererebbe <strong>la</strong> rischiosità dei prestiti, si riattiverebbero i<br />

circuiti incassi-pagamenti bloccati, si riposizionerebbe l’attenzione anche presso <strong>la</strong> P.A. sul<br />

“bi<strong>la</strong>ncio per cassa”, si creerebbe <strong>la</strong> condizione per un riduzione dei tassi attivi sui prestiti in<br />

considerazione del<strong>la</strong> garanzia di rango primaria prestata dallo Stato.<br />

Le banche non avrebbero nemmeno riflessi ai fine del calcolo del patrimonio di vigi<strong>la</strong>nza essendo<br />

prestiti a rischio “zero”, e con <strong>la</strong> possibilità a loro volta di ottenere <strong>la</strong> liquidità dal<strong>la</strong> Bce.<br />

Vi è da ricordare, per <strong>la</strong> verità, che i problemi per l’ Italia si sono accentuati - ed adesso a distanza<br />

di anni le questioni irrisolte si sono cronicizzate - con l’ingresso dell’euro.<br />

Allora fu attribuito un peso re<strong>la</strong>tivo per <strong>la</strong> lira abbondantemente sovrastimato (1 euro =<br />

1.936,27 lire rispetto al cambio corretto di 800/1.000 lire) perché si ritenne che in tal modo<br />

si sarebbero facilitate le esportazioni delle imprese.<br />

A causa di questa “temeraria” determinazione del valore di cambio, si è avuta una pesantissima<br />

penalizzazione delle famiglie ed un gigantesco impoverimento di tutti gli italiani.<br />

L’attuale crisi italiana è anche quantificabile nel<strong>la</strong> differenza tra 1.936,27 e 1.000, in questo<br />

depauperamento finanziario del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione italiana che, nel<strong>la</strong> sua <strong>la</strong>rghissima maggioranza,<br />

non poté tute<strong>la</strong>rsi cambiando le proprie lire in valute forti.<br />

L’introduzione dell’euro per i soggetti in difficoltà - un anziano con <strong>la</strong> pensione al minimo,<br />

un disabile, un disoccupato - ha comportato l’ultimo passo verso l’esclusione sociale, vale a<br />

dire verso una spirale di marginalità più intensa, a determinare <strong>la</strong> quale si sommano fattori<br />

economici, sociali, culturali e istituzionali.<br />

A fine 2012 <strong>la</strong> fotografia del<strong>la</strong> situazione economica degli italiani nel rapporto annuale sul<strong>la</strong><br />

ricchezza delle famiglie di Bankitalia mostra che il 10% di italiani detiene il 45,9% del<strong>la</strong> ricchezza.<br />

Sono aumentate le diseguaglianze, si assottiglia il valore del<strong>la</strong> casa e dei risparmi di<br />

una vita di sacrifici.<br />

Senza ovviamente scordare che i singoli Stati continuano ad operare in un mercato mondiale<br />

distorto dall’attuale sistema delle regole finanziarie.<br />

In questo “far west” sono penalizzate le imprese meno “internazionalizzate”, quelle che non<br />

10


possono operare arbitraggi tra rego<strong>la</strong>mentazioni nazionali eterogenee. La crisi del sistema<br />

economico italiano è molto attribuibile a macroscopici esempi di distorsione nel<strong>la</strong> allocazione<br />

dei flussi finanziari, causata da regole del gioco che volutamente si mantengono sbagliate.<br />

Un autorevole Governo del<strong>la</strong> Repubblica italiana, libero da condizionamenti lobbistici, dovrebbe<br />

avviare, finalmente, una riflessione con i partner internazionali per evitare il ripetersi<br />

delle ben note situazioni di “tossicità” sistemica, per altro molto semplici da realizzarsi. Una<br />

impresa, ad esempio del palermitano, compete con un imprenditore che opera in più mercati<br />

e in più settori, possibilmente sia nel<strong>la</strong> parte reale che in quel<strong>la</strong> finanziaria dell’economia.<br />

Questo imprenditore è nel<strong>la</strong> condizione di fare arbitraggi fra rego<strong>la</strong>mentazioni diverse,<br />

in modo da utilizzare al meglio le opzioni più convenienti, qualunque sia il tipo di rego<strong>la</strong>mentazione:<br />

industriale, commerciale, fiscale, bancaria e finanziaria. L’imprenditore è come<br />

se si costruisse una sorta di suo “mercato interno”, e ottimizza di volta in volta le sue scelte<br />

aziendali. Sarebbe tutto ammissibile ed all’interno delle regole di una concorrenza “senza<br />

confini” se questa attività imprenditoriale non fosse anche foriera di esternalità sistemiche.<br />

Gli arbitraggi finanziari possono aumentare l’instabilità, così come gli quelli fiscali possono<br />

danneggiare l’efficienza e l’equità del<strong>la</strong> politica fiscale. Gli arbitraggi societari incidono sul<strong>la</strong><br />

trasparenza e correttezza e sulle condizioni del<strong>la</strong> concorrenza.<br />

Insomma quel<strong>la</strong> attività imprenditoriale deve essere sottoposta ad una vigi<strong>la</strong>nza rafforzata<br />

altrimenti i rischi per le economie dei singoli Stati sono alti.<br />

Purtroppo <strong>la</strong> crisi del 2008 non ha insegnato nul<strong>la</strong>, anzi se possibile ha peggiorato <strong>la</strong> situazione,<br />

ed infatti in estrema sintesi <strong>la</strong> attuale situazione del<strong>la</strong> finanza a livello mondiale non<br />

è sicuramente rassicurante.<br />

Lo specchio fedele del modo in cui si determinano gli equilibri economici, finanziari, valutari<br />

e politici nello scacchiere mondiale è rappresentato dai “fondi sovrani”, i salvadanai dei<br />

Paesi a surplus di bi<strong>la</strong>ncio. Recentemente <strong>la</strong> Consob ha <strong>la</strong>nciato in proposito un grido d’al<strong>la</strong>rme:<br />

il 36% delle società quotate sono partecipate da fondi sovrani, con una presenza così<br />

più estesa rispetto alle altre borse europee. Tre fondi cinesi, uno di Hong Kong, due di Singapore,<br />

uno di Dubai, uno di Abu Dhabi, uno del Kuwait ed uno norvegese detengono il 6%<br />

del PIL mondiale e costituiscono una forza silenziosa ma sempre più tentaco<strong>la</strong>re. Investono<br />

in tutto il mondo determinando i nuovi equilibri economico-politici dei singoli Stati. E costituiscono<br />

un mercato internazionale dove ogni giorno si registrano scambi per oltre 4 mi<strong>la</strong><br />

miliardi di dol<strong>la</strong>ri. È Il mercato più liquido del mondo che muove flussi finanziari capaci di impattare<br />

sull’economia reale in termini molto concreti; un mercato quello valutario totalmente<br />

privo dei meccanismi di standardizzazione e trasparenza tipici dei mercati<br />

rego<strong>la</strong>mentati. Quando, nel 2006, il Chicago Marcantile Exchange e Reuters, tentò di imporre<br />

un mercato centrale rego<strong>la</strong>to come una cassa di compensazione fallì miseramente. In<br />

pratica, i contratti vengono scambiati direttamente tra parti senza una piattaforma di contrattazione<br />

che standardizzi i contratti stessi, garantisca i prezzi ed il rischio di controparte.<br />

In questo mercato mondiale senza regole, ma con riflessi immediati sulle singole economie<br />

degli Stati, non deve meravigliare lo scandalo del LIBOR, <strong>la</strong> manipo<strong>la</strong>zione del tasso interbancario<br />

da parte di trader di diverse banche. Anche in questo caso i sistemi economici<br />

meno internazionalizzati hanno subito pesanti conseguenze in termini di costo del denaro<br />

11


e, conseguentemente, di competitività. Al<strong>la</strong> concorrenza nei confronti dei produttori a basso<br />

costo del <strong>la</strong>voro (Cina per tutti) si reagisce migliorando i fattori di competitività diversi dal<br />

prezzo: innovando i prodotti e il modo di produrli ma occorrono, per questa operatività, le<br />

risorse finanziarie fornite dalle banche. Queste ultime però, secondo il bollettino del<strong>la</strong> Banca<br />

d’Italia, hanno usato le risorse finanziarie del<strong>la</strong> BCE per acquistare titoli obbligazionari pubblici<br />

e delle banche stesse, ampliando ancor di più <strong>la</strong> forbice tra il trading finanziario e il credito<br />

al sistema produttivo.<br />

Per ultimo, ma non per rilevanza, merita un cenno il “troppo rating” nelle regole di valutazioni<br />

delle strutture pubbliche e bancarie.<br />

È pienamente condivisibile l’utilità di un giudizio in grado di sintetizzare <strong>la</strong> situazione finanziaria<br />

di qualsiasi Paese, impresa, istituzione finanziaria e di emissione di titoli.<br />

Prescindendo dai ben noti errori commessi dalle “big” del settore, si rileva in generale che il<br />

rating ha deresponsabilizzato le banche e le autorità centrali e ha accentuato i meccanismi<br />

di instabilità politica e di razionamento del credito.<br />

Non può non rilevarsi il riflesso che il “rating” ha avuto sullo “spread”, sul differenziale tra due<br />

rendimenti di titoli obbligazionari di Paesi diversi (lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi<br />

ha indicato quanto i titoli italiani devono pagare di più rispetto a quelli tedeschi per trovare<br />

investitori disposti ad acquistarli).<br />

Riguardo alle “imprese” il rischio di una rego<strong>la</strong>mentazione “appiattita” sul rating è quello di<br />

trascurare nell’analisi dei rischi tutti quegli elementi soggettivi e specifici che difficilmente<br />

possono tradursi in elementi costanti e generali. Un altro rischio è che <strong>la</strong> predominanza del<br />

rating deresponsabilizzi le banche ed infine che ciascuna di esse personalizzi <strong>la</strong> ponderazione<br />

dei rischi per non volersene assumere di eccessivi.<br />

Finalmente anche il Par<strong>la</strong>mento europeo ha approvato una prima rego<strong>la</strong>mentazione (che<br />

entrerà in vigore nel 2016) delle agenzie di rating, anche se - tra <strong>la</strong>cune - non è stato reso obbligatorio<br />

il requisito del<strong>la</strong> indipendenza. In proposito, viceversa, appare molto più convincente<br />

l’avvio anche in Italia di società di rating “realmente indipendenti”, i cui servizi non<br />

sono pagati dallo stesso soggetto che ottiene il giudizio di merito.<br />

La sintesi di una situazione mondiale sicuramente complessa è che <strong>la</strong> crisi economico-finanziaria<br />

ha una origine difficile, ma sicuramente una parte predominante che l’ha determinata<br />

deve essere rinvenuta nei mercati finanziari e nel<strong>la</strong> loro interpretazione del<strong>la</strong> “realtà”<br />

economica.<br />

Gradualmente, ma inesorabilmente, l’attuale crisi ha origine da persone che hanno scavalcato<br />

le regole fondamentali del<strong>la</strong> realtà economica. Sono persone che hanno “giocato” con<br />

i numeri, dimenticando volutamente che se i numeri non sono “segno” di elementi reali<br />

sono solo l’espressione di apparenze, di nebbie che hanno il compito di p<strong>la</strong>giare <strong>la</strong> realtà. È<br />

stata, e vorremmo non continuasse ad essere, l’economia del capitalismo-gioco, delle ricchezze<br />

improvvise. È stata l’economia del liberalismo selvaggio e senza regole che ha come<br />

unico riferimento-guida, di tipo “etico”, il profitto. Il denaro non è stato concepito come strumento,<br />

ma è diventato il dio a cui occorre porre <strong>la</strong> massima attenzione perché possa continuamente<br />

“generarsi”: soldi che debbono produrre altri soldi, nel<strong>la</strong> scommessa di una<br />

economia completamente slegata da quel<strong>la</strong> reale.<br />

12


Siamo di fronte “all’economia del<strong>la</strong> crisi morale”, al trionfo dell’apparenza e dell’ostentazione<br />

di una ricchezza accumu<strong>la</strong>ta “senza il sudore del<strong>la</strong> fronte”, a un’economia in cui “l’etica<br />

è il massimo profitto” e dove il bene comune viene totalmente trascurato in quanto inutile<br />

accessorio all’immediatezza del tornaconto.<br />

13<br />

2) ANCORA SULLA GLOBALIZZAZIONE E FINANZIARIZZAZIONE MONDIALE<br />

Gli USA, occupati e preoccupati solo dal “profitto”, non hanno saputo cogliere - o voluto<br />

capire - le innovazioni finanziarie che da tempo hanno facilitato <strong>la</strong> creazione di nuovo credito<br />

non collegato all’economia reale.<br />

Anzi hanno facilitato <strong>la</strong> carto<strong>la</strong>rizzazione dei crediti che le banche non avrebbero dovuto<br />

concedere e che sin dall’origine si potevano considerare “insolvenze”, in Italia “sofferenze”.<br />

La FED per incapacità professionale si è convinta che il rischio del credito si potesse ridurre<br />

tramutandolo in titoli commerciabili: e così hanno inondato il mondo di “spazzatura<br />

finanziaria”, esportando pure una “non cultura” finanziaria che si è immediatamente<br />

propagata tra i banchieri avidi di utili virtuali!<br />

Ma <strong>la</strong> FED si è spinta oltre promuovendo l’adozione di nuove e complesse tecniche adottate<br />

nel<strong>la</strong> carto<strong>la</strong>rizzazione - le garanzie sul credito e l’assicurazione - che hanno reso ancor<br />

più opaco il rischio di credito.<br />

La FED non ha così compreso che aveva generato un “mostro finanziario” che non rispondeva<br />

più all’autorità di un singolo Stato: chi è nel mondo il guardiano del credito?<br />

Negli USA si è andato però ancora più in avanti nel creare le premesse per il disastro finanziario<br />

mondiale.<br />

Prima gli USA hanno abolito il divieto di mettere insieme banche d’investimenti e banche<br />

commerciali, poi hanno elevato sull’altare dell’economia mondiale il “liberismo“: il dogma<br />

economico, creato ed esportato, è stato che il mercato è il giudice migliore e chi è bravo<br />

a competere avrà successo e chi non è bravo fallirà.<br />

Il risultato di queste iniziative geniali è stata <strong>la</strong> crescita delle dimensioni degli istituti di<br />

credito - a seguito delle fusioni banche d’investimento/banche commerciali – che, poiché<br />

“troppo grandi”, non possono fallire e <strong>la</strong> riduzione del controllo del<strong>la</strong> FED sulle holding<br />

bancarie.<br />

Gli USA, tramite <strong>la</strong> FED, hanno così centrato il loro obiettivo: creare un ambiente finanziario<br />

caratterizzato da una presenza centralizzata e monopolizzante del credito, da una<br />

crescita “patologica” dello stesso, da una ricerca sfrenata del profitto.<br />

Speriamo che anche in Europa non sconfinino i rischi del<strong>la</strong> specu<strong>la</strong>zione che nel 2012 è ritornata<br />

prepotentemente nel settore dei mutui statunitensi; in quel mercato infatti sono<br />

stati riproposti i titoli simili a quelli che innescarono <strong>la</strong> crisi nel 2008. E poi c’è lo sviluppo<br />

con i valori dei Paesi del BRICS (Brasile - Russia - India - Cina - Sudafrica).<br />

Nel<strong>la</strong> competizione globale tra gli Stati, <strong>la</strong> competenza tecnica non è sufficiente a garantire<br />

lo sviluppo complessivo di un popolo. Basta osservare gli indici di crescita economica,<br />

decisamente positivi in molti Paesi, per constatare che l’aumento del PIL non è andato di<br />

pari passo con l’effettivo benessere del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione; gran parte degli abitanti dei Paesi


leader nel mondo per <strong>la</strong> ricchezza prodotta sono ostaggio del<strong>la</strong> diseguaglianza e del mancato<br />

rispetto dei diritti umani e di una partecipazione politica negata.<br />

In questo contesto, se non vogliamo che <strong>la</strong> “tecnocrazia” sostituisca <strong>la</strong> politica nel<strong>la</strong> gestione<br />

degli Stati, occorre che tutti i componenti del<strong>la</strong> c.d. “società civile” si impegnino attivamente,<br />

ad esempio acquisendo le indispensabili conoscenze per poi potere decidere.<br />

A molti sarà sicuramente sfuggita una pubblicazione che periodicamente predispone Mediobanca,<br />

e<strong>la</strong>borata sui bi<strong>la</strong>nci di alcune società <strong>la</strong>rgamente rappresentative dell’economia<br />

nazionale. L’attenzione attiene al<strong>la</strong> ripartizione del valore aggiunto, cioè il margine di<br />

guadagno dell’impresa che viene suddiviso tra i dipendenti (costo del <strong>la</strong>voro), le banche<br />

(oneri finanziari), lo Stato (imposte), gli azionisti (dividendi) e l’impresa stessa (accantonamento<br />

a riserva). Ebbene, in sintesi nel periodo 2006-2009 <strong>la</strong> ricchezza destinata ai sa<strong>la</strong>ri<br />

è scesa dal 70% al 48% con una riduzione - comune a tutti i Paesi - che testimonia<br />

come con il mercato “globalizzato” <strong>la</strong> ricchezza non si distribuisca equamente.<br />

3) L’INUTILITÀ DEI SUMMIT MONDIALI<br />

L’ultima per<strong>la</strong> del<strong>la</strong> globalizzazione è <strong>la</strong> decisione del<strong>la</strong> Volvo di costruire auto a Pechino<br />

nonché quel<strong>la</strong> dei professionisti italiani di avere <strong>la</strong> propria sede legale in Tunisia. Quotidianamente<br />

poi si susseguono i sussulti sociali nascenti dal<strong>la</strong> disoccupazione e dai timori<br />

che essa si aggravi.<br />

L’unica certezza è <strong>la</strong> inadeguatezza, o <strong>la</strong> scorrettezza, dei gruppi politici e dirigenziali<br />

ad interpretare il fenomeno; a tutti i livelli, mondiali o locali, coloro che si riuniscono,<br />

discutono, decidono e non possiedono, possibilmente, le fondamenta tecniche ed etiche<br />

per affrontare il problema. Così si prosegue solo con l’ipocrisia, questa sì globalizzata.<br />

La disoccupazione attuale ha precise matrici strutturali: essa ha origine nelle continue<br />

innovazioni tecnologiche ed è rafforzata da un intenso ed inarrestabile processo di redistribuzione<br />

internazionale del <strong>la</strong>voro indotto dal<strong>la</strong> liberalizzazione dei movimenti di<br />

capitale e dal<strong>la</strong> globalizzazione delle attività economiche.<br />

Una politica che ostaco<strong>la</strong>sse l’innovazione tecnologica è improponibile in quanto controproducente<br />

per chi <strong>la</strong> perseguisse: i concorrenti lo scavalcherebbero sul<strong>la</strong> frontiera<br />

del<strong>la</strong> tecnologia e, in breve tempo, l’occupazione sarebbe minore di quel<strong>la</strong> esistente all’inizio<br />

delle politiche di freno tecnologico. La politica può operare so<strong>la</strong>mente sul<strong>la</strong> redistribuzione<br />

internazionale del <strong>la</strong>voro. La vera concorrenza che i Paesi in via di sviluppo<br />

muovono a quelli sviluppati è di tipo sa<strong>la</strong>riale, in quanto il costo del capitale è fissato internazionalmente<br />

e non rappresenta perciò elemento discriminante.<br />

La competizione sa<strong>la</strong>riale ha due contenuti egualmente rilevanti: ciò che si percepisce<br />

in busta paga e ciò che si versa a titolo di oneri sociali; in materia esistono abissali differenziazioni<br />

tra Paesi sviluppati e no, nell’ordine anche di dieci, quindici volte.<br />

La competizione “sa<strong>la</strong>riale”, da un <strong>la</strong>to, schiaccia il reddito dei <strong>la</strong>voratori dei Paesi benestanti<br />

e tiene basso quello dei Paesi poveri; dall’altro, sposta produzioni verso i Paesi a più<br />

basso sa<strong>la</strong>rio, sottraendo occupazione a quelli aventi un più elevato costo del <strong>la</strong>voro.<br />

14


La “politica” non dovrebbe ammettere che nel “vil<strong>la</strong>ggio globale” siano socialmente<br />

consentiti divari nel reddito pro capite pari a quelli esistenti.<br />

Serietà e correttezza politica mondiale imporrebbero perciò che il processo di redistribuzione<br />

internazionale del <strong>la</strong>voro fosse governato per il bene di tutti.<br />

Così il capitalismo mondiale è incappato nel<strong>la</strong> “fal<strong>la</strong>cia del<strong>la</strong> composizione”: ciò che è<br />

utile al<strong>la</strong> singo<strong>la</strong> azienda è controproducente al sistema nel suo complesso: sia a livello<br />

economico, in quanto si assottiglia <strong>la</strong> domanda interna dei Paesi ricchi, sia a livello sociale,<br />

per <strong>la</strong> perdita di credibilità dei gruppi politici.<br />

Ha scritto sapientemente l’economista Paolo Savona: “Il problema invece è quello di riprendere<br />

<strong>la</strong> costruzione dell’architettura monetaria e finanziaria globale creata a Bretton<br />

Woods recuperando i tre principi di base ma<strong>la</strong>uguratamente abbandonati: <strong>la</strong><br />

quantità di moneta e finanza deve essere rego<strong>la</strong>ta o quanto meno sorvegliata su basi<br />

multi<strong>la</strong>terali perché il mercato nel suo complesso non è in condizioni di autorego<strong>la</strong>rsi;<br />

non possono esservi comparti a diversa rego<strong>la</strong>mentazione perché i flussi si indirizzano<br />

verso quelli dove essa è minore, non dove le risorse vengono gestite meglio, questa rego<strong>la</strong>mentazione<br />

richiede una costante manutenzione, perché <strong>la</strong> sua obsolescenza si tramuta<br />

spesso in dramma”.<br />

15<br />

4) ALLA RICERCA DI UNA COMPETIVITÀ PERDUTA IN EUROPA E NEL MONDO<br />

La inadeguatezza politica negoziale comporta che l’Italia continua a peggiorare il saldo dareavere<br />

con l’UE che ha chiuso il 2011 con un importo negativo di 5,93 miliardi di euro con un<br />

aumento del 30,8% rispetto al 2010; un Paese povero che paga per i Paesi ricchi. Questi ultimi<br />

che si approvvigionano finanziariamente a costi risibili rispetto ai Paesi poveri, costretti<br />

a farlo a tassi d’interesse proibitivi.<br />

Le risorse italiane versate all’UE sono cresciute del 4,9%, mentre i fondi UE per il nostro Paese<br />

sono cresciuti dell’1,2%. In questa saga di divisioni infinite in una “Europa unita” e di solidarietà<br />

negate le aziende sono avvantaggiate o penalizzate da ampi scostamenti nei tassi d’interesse<br />

non per meriti o demeriti propri ma secondo <strong>la</strong> loro collocazione geografica. Il<br />

mercato unico diventa così sempre “meno unico” con evidenti distorsioni del<strong>la</strong> concorrenza.<br />

L’Italia, nonostante <strong>la</strong> sua grave situazione economico-sociale, resterà anche nel prossimo<br />

settennato il terzo contribuente netto del bi<strong>la</strong>ncio dell’UE dopo Germania e Francia, il secondo<br />

finanziatore del rimborso inglese ed il terzo del Fondo salva-Stati.<br />

In una Europa che si ostina a mantenere un euro forte, prigioniera dei dogmi tedeschi (con<br />

il cambio a 1,30 sul dol<strong>la</strong>ro le imprese italiane sono già in forte difficoltà, ma con <strong>la</strong> prospettiva<br />

di 1,40 <strong>la</strong> soglia è il fallimento di quelle che esportano), non si può essere competitivi<br />

con gli Stati Uniti e il Giappone che adottano - come rego<strong>la</strong> antirecessiva - <strong>la</strong> svalutazione<br />

del dol<strong>la</strong>ro e dello yen.<br />

Secondo i conti di Morgan Stanley ogni 10% di apprezzamento dell’euro riduce dello<br />

0,5% il PIL dell’area euro e del 3% <strong>la</strong> crescita degli utili aziendali. Pertanto le conseguenze<br />

maggiori del<strong>la</strong> minore competitività ricadono sui Paesi, come l’Italia, che dovrebbe ri<strong>la</strong>nciare<br />

<strong>la</strong> produzione.


5) LA SICILIA<br />

Recenti e<strong>la</strong>borazioni macroeconomiche rappresentano una regressione del PIL regionale di<br />

10 punti rispetto ad una media del 6,5% a livello nazionale nel periodo 2008-2012 ed una<br />

flessione negativa anche per il numero degli occupati che, a fine 2012, si è attestato ad 1,4<br />

milioni con il tasso di disoccupazione aumentato al 18,4%. Queste sono cifre che, sia a consuntivo<br />

sia come previsione, confermano un malessere sociale visibile, conseguente sia alle<br />

politiche nazionali sia a quelle regionali.<br />

Si tratta di risultati che con lievi differenze, attribuibili per lo più a diversi sistemi di rilevazione<br />

contabile, riguardano l’intero comparto delle regioni d’Italia e le cui cause si riconducono<br />

principalmente agli sproporzionati costi del<strong>la</strong> politica e del<strong>la</strong> macchina amministrativa, ma<br />

anche ad uno scarto che anno dopo anno si è fatto sempre più consistente tra “previsioni e<br />

cassa”.<br />

I bi<strong>la</strong>nci hanno annualmente rilevato “numeri-spese” con effettiva manifestazione finanziaria<br />

e “numeri-entrate” con parziale manifestazione finanziaria.<br />

Il legis<strong>la</strong>tore è intervenuto per sanare questa anomalia con il D.lgs 118/2011 che all’art. 36<br />

prevede “una configurazione del principio di competenza finanziaria secondo il quale le obbligazioni<br />

attive e passive giuridicamente perfezionate, che danno luogo a entrate e spese<br />

per l’ente di riferimento, sono registrate nelle scritture contabili con l’imputazione all’esercizio<br />

nel quale vengono a scadenza, ferma restando, nel caso di attività di investimento che<br />

comporta impegni di spesa che vengono a scadenza in più esercizi finanziari, <strong>la</strong> necessità di<br />

predisporre, sin dal primo anno, <strong>la</strong> copertura finanziaria per l’effettuazione del<strong>la</strong> complessiva<br />

spesa dell’investimento”. Poiché questo sistema si avvierà o si dovrà avviare dal 2014, è opportuna<br />

una riflessione sulle cause e sui possibili rimedi.<br />

Preliminarmente si rileva che i Governi siciliani non hanno mostrato <strong>la</strong> determinazione indispensabile<br />

a chiarire i rapporti finanziari con lo Stato in conseguenza dell’art. 27 del<strong>la</strong> legge<br />

n. 42/09 (legge sul federalismo fiscale).<br />

E così, mentre Trento e Bolzano, <strong>la</strong> Valle d’Aosta e il Friuli Venezia Giulia con <strong>la</strong> finanziaria del<br />

2011 (legge n. 220/2010) hanno portato a termine <strong>la</strong> trattativa (commi 151-163) con lo Stato<br />

per <strong>la</strong> adesione al<strong>la</strong> riforma federale, per <strong>la</strong> Sicilia e per <strong>la</strong> Sardegna si è proseguito con i tavoli<br />

tecnici per il negoziato sull’autonomia finanziaria (attuazione dello statuto siciliano) ed<br />

il federalismo fiscale.<br />

In più con stucchevole riproposizione <strong>la</strong> politica siciliana continua a richiedere l’applicazione<br />

degli artt. 36 e 37 dello statuto ignorando volutamente <strong>la</strong> sentenza n. 116/2010 del<strong>la</strong> Corte<br />

Costituzionale che con circostanziate argomentazioni ne nega <strong>la</strong> validità.<br />

In questo contesto legis<strong>la</strong>tivo e normativo, che <strong>la</strong> politica siciliana ha voluto mantenere profondamente<br />

confuso, per ultimo interviene <strong>la</strong> sentenza n. 178/2012 che non consente di<br />

applicare le norme nazionali sul<strong>la</strong> armonizzazione dei sistemi contabili contenute nel Dlgs<br />

118/2011, il testo precedentemente richiamato per riportare a veridicità reale le entrate e le<br />

uscite dei bi<strong>la</strong>nci pubblici.<br />

In assenza di un definitivo chiarimento del<strong>la</strong> lunghissima “querelle”, prima solo sull’attuazione<br />

dello statuto e successivamente del<strong>la</strong> legge sul federalismo fiscale, non è possibile<br />

16


procedere ad una ricognizione delle risorse finanziarie certe assegnabili alle spese correnti<br />

e alle spese in conto capitale sia del<strong>la</strong> regione sia degli enti locali siciliani.<br />

Constatiamo che <strong>la</strong> “politica siciliana” continua ad ignorare questa situazione e si impegna<br />

principalmente nel<strong>la</strong> ricerca di formule ed alleanze con <strong>la</strong> connessa frantumazione periodica<br />

delle formule politiche di governo.<br />

Ma vi è di più, vi sono gravissime conseguenze per <strong>la</strong> politica del<strong>la</strong> spesa pubblica in Sicilia.<br />

Da tempo e in più seminari annuali <strong>la</strong> <strong>Cisl</strong> Siciliana e <strong>la</strong> <strong>Cisl</strong> <strong>Palermo</strong> hanno evidenziato che<br />

<strong>la</strong> Sicilia continua a subire un grave danno al<strong>la</strong> gestione dell’amministrazione pubblica per<br />

<strong>la</strong> mancata risoluzione con lo Stato del “confine del<strong>la</strong> autonomia statutaria”. La Sicilia è risultata<br />

così esclusa dal<strong>la</strong> ricognizione sui “fabbisogni e costi standard”, che rappresenta un<br />

tassello imprescindibile per <strong>la</strong> ottimizzazione del<strong>la</strong> spesa pubblica, al<strong>la</strong> quale viceversa<br />

hanno dovuto rispondere solo i comuni, le province e le città metropolitane delle regioni a<br />

statuto ordinario (comma 4, art. 8, Dlgs 26/11/2010 n. 216).<br />

Si è così rallentato l’iter per <strong>la</strong> razionalizzazione del<strong>la</strong> spesa pubblica che deve avere un passaggio<br />

preliminare nel<strong>la</strong> puntuale ricognizione dei fabbisogni collettivi e delle risorse finanziarie<br />

ad esse collegate.<br />

Il Segretario Generale Raffaele Bonanni, firmatario di un pressante appello per una revisione<br />

del<strong>la</strong> II a parte del<strong>la</strong> Costituzione, ha in varie occasioni evidenziato che i fabbisogni standard<br />

diventano l’architrave del<strong>la</strong> perequazione e consentono di rimettere ordine all’assetto decentrato<br />

del nostro Paese.<br />

Sul piano concreto è notorio che re<strong>la</strong>tivamente al<strong>la</strong> spesa corrente dal 2013 diverrà quasi impossibile<br />

garantire lo svolgimento delle fondamentali funzioni assegnate al<strong>la</strong> Regione a<br />

causa degli effetti di compressione del<strong>la</strong> spesa scaturenti dal patto di stabilità.<br />

Riteniamo che sia diventato imprescindibile un ripensamento urgente dello stesso per il<br />

quale negli anni si è voluto ignorare il suo “vizio d’origine”.<br />

Il risultato del “patto”, infatti, può essere assunto solo come indicazione ma non come “prescrizione<br />

politica” obbligatoria.<br />

Sono infondate le premesse su cui si basa, cioè lo stabilire un rapporto fisso tra una grandezza,<br />

quale è il disavanzo pubblico determinato in termini reali, ed una grandezza, quale è<br />

il prodotto interno lordo, che è fittizia per sua natura, e<strong>la</strong>borata attraverso convenzioni e variabile<br />

in modo che si rive<strong>la</strong> ogni giorno imprevedibile.<br />

Avvalendosi pertanto dei magistrali insegnamenti di Luigi Einaudi e di Federico Caffè, senza<br />

negare l’utilità del “patto” per il consolidamento del<strong>la</strong> finanza pubblica (rientro dal disavanzo<br />

e contenimento del<strong>la</strong> spesa) sono indispensabili correttivi al<strong>la</strong> formu<strong>la</strong>zione ed al calcolo<br />

del patto di stabilità.<br />

Sono necessari interventi per escludere dal suo computo le spese per investimenti, per<br />

il cofinanziamento del<strong>la</strong> spesa europea e per il fondo per <strong>la</strong> coesione e lo sviluppo di matrice<br />

statale e le spese per i trasporti e i servizi sociali, ma più concretamente per tenere<br />

nel<strong>la</strong> debita considerazione che <strong>la</strong> regione siciliana presenta gravi ed oggettivi ritardi infrastrutturali.<br />

Lo Stato ha ignorato i diversi livelli di autonomia delle regioni: <strong>la</strong> Sicilia ha competenze più<br />

estese rispetto alle altre regioni con costi solo in parte comprimibili.<br />

17


La rigidezza del patto di stabilità ha contribuito a condurre all’asfissia l’economia siciliana e<br />

a spingere le imprese ed i professionisti, che hanno crediti nei confronti del<strong>la</strong> P.A., al fallimento<br />

e all’insolvenza.<br />

Il primo obiettivo sarà quello di evitare ciò che autorevoli e competenti esperti esprimono<br />

da tempo: “La stabilità del Patto crea il fallimento per crediti”.<br />

Il “patto”, così erroneamente concepito, infatti centra l’obiettivo di frenare le economie locali<br />

con avanzi miliardari ma con le imprese strozzate dai crediti. In Italia, grazie a coloro che<br />

hanno condiviso questo “patto di stabilità”, si è realizzato il fallimento per crediti, anziché per<br />

debiti.<br />

In partico<strong>la</strong>re nei territori con diffuso disagio economico per far ripartire l’economia occorre<br />

riformare dalle fondamenta il patto di stabilità, attivando sin da subito quello orizzontale<br />

per evitare che le risorse finanziarie giacciano improduttive presso alcuni enti locali.<br />

Dal<strong>la</strong> Sicilia, considerata da sempre “<strong>la</strong>boratorio del<strong>la</strong> politica”, deve partire una proposta, una<br />

terza via tra austerità e populismo, un altro paradigma di politica economica che riconosca -<br />

finalmente - che con <strong>la</strong> caduta del PIL si allontana il risanamento del<strong>la</strong> finanza pubblica.<br />

Con tutte queste considerazioni <strong>la</strong> <strong>Cisl</strong> non può che condividere le iniziative assunte dall’Anci-Sicilia<br />

in re<strong>la</strong>zione alle emergenze dei comuni siciliani.<br />

Forte preoccupazione desta il disegno di legge di stabilità regionale 2013 nel quale le risorse<br />

del Fondo delle Autonomie sono state drasticamente ridotte a 306 milioni di euro rispetto<br />

ai 651 del 2012, ai 750 del 2011, agli 889 del 2010 e ai 913 del 2009. Consistenti<br />

riduzioni non compensate da meccanismi perequativi che stanno provocando il dissesto finanziario<br />

di moltissimi comuni siciliani: secondo l’Anci-Sicilia ai 12 comuni già in dissesto, si<br />

sommano altri 20 comuni in pre-dissesto con altri numerosi comuni che hanno fatto richiesta<br />

per accedere al Fondo di rotazione regionale e a quello nazionale. Il rischio concreto è l’interruzione<br />

dei servizi pubblici essenziali con disagi nei confronti del<strong>la</strong> parte più debole del<strong>la</strong><br />

popo<strong>la</strong>zione.<br />

Per <strong>la</strong> Sicilia, ma prevalentemente per il nostro territorio, <strong>la</strong> situazione sarà ancora di più col<strong>la</strong>ssata<br />

con <strong>la</strong> riforma del pareggio di bi<strong>la</strong>ncio (L. Cost. 1/2012).<br />

Questa legge costituzionale, con <strong>la</strong> previsione - fra l’altro - del<strong>la</strong> limitazione degli investimenti<br />

per le regioni con bi<strong>la</strong>nci caratterizzati da maggiori rigidità, rischia di bloccare in Sicilia<br />

gli investimenti a partire dal 2014.<br />

È questo l’ulteriore motivo per una convinta proposizione ed interlocuzione che <strong>la</strong> politica<br />

siciliana deve avviare con lo Stato, per spiegare - con un pensiero condiviso da coloro che<br />

hanno a cuore le sorti dell’Italia - che col “pareggio si potrebbe rischiare <strong>la</strong> sconfitta”.<br />

L’obiettivo del pareggio di bi<strong>la</strong>ncio ha costretto l’Italia ad un inasprimento fiscale assolutamente<br />

controproducente. L’economia è peggiorata, così come il rapporto debito/Pil.<br />

Viceversa sarebbe stato opportuno rinegoziare con l’UE una strategia fiscale che fosse meno<br />

recessiva nel breve termine pur mantenendosi rigorosa e anzi diventando più capace di aggredire<br />

<strong>la</strong> spesa e gli sprechi di quanto non sia stato fatto finora.<br />

A risultati di bi<strong>la</strong>ncio ottimi si contrappongono risultati economici pessimi. Se i secondi non<br />

migliorano peggioreranno anche i primi, e con il pareggio di bi<strong>la</strong>ncio - voluto dal<strong>la</strong> citata<br />

legge costituzionale - si potrebbe rischiare <strong>la</strong> definitiva sconfitta di un Paese.<br />

18


Nel contesto così delineato <strong>la</strong> progressiva compressione del<strong>la</strong> spesa per il patto di stabilità,<br />

l’entrata in vigore del<strong>la</strong> Legge Costituzionale 1/2012 e il perdurare conseguente del<strong>la</strong> pesante<br />

crisi economica spingeranno <strong>la</strong> Sicilia verso un forte ed insostenibile stress economico-finanziario<br />

con <strong>la</strong> possibile compromissione degli equilibri di bi<strong>la</strong>ncio.<br />

Per ripartire è inoltre indispensabile <strong>la</strong> “spinta” che solo l’edilizia può fornire.<br />

In Italia nel quinquennio 2008-2012 gli investimenti nel settore delle costruzioni si sono ridotti<br />

del 26%, con un -47% per le nuove costruzioni e -39% per le opere pubbliche.<br />

Oltre 40 mi<strong>la</strong> imprese hanno cessato di <strong>la</strong>vorare e oltre 360 mi<strong>la</strong> posti di <strong>la</strong>voro si sono persi.<br />

Nel solo 2012 sono avvenuti 12 mi<strong>la</strong> fallimenti nel settore delle costruzioni, 2 mi<strong>la</strong> procedure<br />

non fallimentari e 90 mi<strong>la</strong> liquidazioni, con un totale di oltre 104 mi<strong>la</strong> imprese entrate in crisi.<br />

Occorre immediatamente liberalizzare le risorse bloccate da regole disincentivanti come il<br />

patto di stabilità, ridefinire le politiche fiscali per trasferire l’incidenza tributaria dal<strong>la</strong> fase<br />

del<strong>la</strong> produzione a quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> circo<strong>la</strong>zione degli immobili, rimodu<strong>la</strong>re le misure fiscali che<br />

in atto privilegiano l’investimento mobiliare rispetto a quello immobiliare, ridare equità<br />

dando certezza ai tempi di pagamento, riportare le banche al loro ruolo storico di partner<br />

degli operatori e delle famiglie.<br />

Un ruolo centrale è assegnato, inoltre, al miglior utilizzo dei fondi comunitari di competenza<br />

del<strong>la</strong> regione che continua ad essere un contribuente netto del bi<strong>la</strong>ncio del<strong>la</strong> UE (ovvero <strong>la</strong><br />

contribuzione del<strong>la</strong> Sicilia è inferiore all’importo dei fondi ricevuti).<br />

Per il periodo 2014-2020 si prevede per le cinque regioni meno sviluppate, Basilicata, Campania,<br />

Puglia, Ca<strong>la</strong>bria e Sicilia, una dotazione di spese per l’intera area di 20,5 miliardi di euro.<br />

Per uscire dal<strong>la</strong> crisi un ruolo determinante lo può avere anche un welfare di nuova generazione,<br />

finalmente attento alle politiche attive del <strong>la</strong>voro. Nell’Italia policentrica, il welfare<br />

utile è oggi quello regionale e locale, quello che scaturisce da un serrato confronto sui costi<br />

standard dei servizi pubblici e che, pertanto, somma le best pratice presenti in altre regioni.<br />

Al<strong>la</strong> disoccupazione una risposta sicura e permanete <strong>la</strong> può dare proprio un nuovo welfare<br />

che sappia andare oltre <strong>la</strong> tradizionale pigrizia politica e sia propenso alle nuove esigenze<br />

del<strong>la</strong> società.<br />

Fuori dai pa<strong>la</strong>zzi dove si decide non c’è solo una società stanca di false partenze, quel<strong>la</strong> precipitata<br />

nel<strong>la</strong> povertà re<strong>la</strong>tiva, ma anche quel ceto medio che è diventato <strong>la</strong> vittima principale<br />

di questa crisi.<br />

In questo scenario iso<strong>la</strong>no davvero poco incoraggiante un segnale di speranza lo si può attendere<br />

dal<strong>la</strong> Fondazione Sicilia che, al di là del<strong>la</strong> configurazione giuridica privatistica, mantiene<br />

una esclusiva connotazione pubblica, provenendo dal<strong>la</strong> Fondazione Banco di Sicilia,<br />

nata nel 1991 dallo scorporo del Banco di Sicilia che, come è noto, era una banca pubblica,<br />

<strong>la</strong> prima banca dei siciliani.<br />

Auspichiamo, pertanto, che <strong>la</strong> Fondazione Sicilia avvierà una riconsiderazione delle ingenti<br />

somme investite in partecipazioni finanziarie al fine di supportare il tessuto imprenditoriale<br />

iso<strong>la</strong>no.<br />

Il settore imprese/famiglie in Sicilia ha subito pesantemente <strong>la</strong> politica creditizia che si è manifestata<br />

nel periodo dic/2011- dic/2012 con una riduzione del 3% degli affidamenti (del<br />

2,57% nel<strong>la</strong> provincia di <strong>Palermo</strong>).<br />

19


In Sicilia <strong>la</strong> <strong>Cisl</strong>, con l’autorevole guida del suo Segretario Generale Maurizio Bernava, si è caratterizzata<br />

per l’impegno rivolto al<strong>la</strong> riqualificazione del<strong>la</strong> spesa pubblica improduttiva, al<br />

risanamento del bi<strong>la</strong>ncio del<strong>la</strong> regione siciliana, a quello degli enti locali e delle re<strong>la</strong>tive partecipate,<br />

ivi comprese quelle regionali.<br />

La <strong>Cisl</strong> siciliana ha attuato una svolta “epocale” che si contraddistingue per l’impegno “comune”<br />

di tutte le forze sociali.<br />

Emblematica è stata <strong>la</strong> grande manifestazione del 1° marzo 2012 che ha visto partecipare per<br />

<strong>la</strong> prima volta uniti imprenditori, operai, dirigenti, tutti i <strong>la</strong>voratori del<strong>la</strong> “società civile”, a<br />

fianco delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali al fine di rivendicare con forza al governo<br />

regionale un cambio di rotta, per il risanamento del bi<strong>la</strong>ncio regionale che rileva deficit<br />

finanziari rilevantissimi.<br />

La <strong>Cisl</strong> ha chiesto ripetutamente una profonda inversione di tendenza nell’utilizzo dei fondi<br />

europei che negli anni passati sono stati eccessivamente frazionati senza nessun impatto<br />

occupazionale né infrastrutturale.<br />

Le rivendicazioni del mondo del <strong>la</strong>voro riguardano <strong>la</strong> scelta strategica di pochi interventi finalizzati<br />

a rendere efficiente il sistema infrastrutturale iso<strong>la</strong>no a partire dal<strong>la</strong> rete stradale,<br />

portuale, ferroviaria ed aeroportuale.<br />

In questa direzione <strong>la</strong> <strong>Cisl</strong> ed il suo “leader” regionale sono stati guida attiva e protagonisti<br />

di fondamentale importanza e siamo sicuri che il percorso delineato nei suoi programmi<br />

sarà quello che si deve seguire per <strong>la</strong> rinascita del<strong>la</strong> nostra Sicilia, collocata nell’area mediterranea<br />

sempre più strategica per i flussi commerciali e turistici mondiali.<br />

In tale orientamento si è inserita, per ultimo, <strong>la</strong> manifestazione “Investire sul Sud fa crescere<br />

l’Italia” dell’8 febbraio u.s., organizzata dal<strong>la</strong> <strong>Cisl</strong> Sicilia. La <strong>Cisl</strong> con il Segretario Generale Raffaele<br />

Bonanni ha chiesto una politica più favorevole al Sud, un nuovo modello di sviluppo<br />

che possa così far ripartire l’intero Paese: una valorizzazione delle strategie che non mirino<br />

solo al rigore ma che puntino, soprattutto, a far leva sulle capacità endogene di generare<br />

reddito e <strong>la</strong>voro.<br />

6) PALERMO E LA PROVINCIA<br />

<strong>Palermo</strong>, sesta provincia a maggior ampiezza demografica dell’Italia con oltre ¼ del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione<br />

siciliana ed il 2% di quel<strong>la</strong> italiana, ha “numeri impietosi” sotto il profilo economico<br />

e del<strong>la</strong> vivibilità oggetto degli annuali confronti. Autorevoli istituti econometrici rilevano da<br />

tempo <strong>la</strong> presenza di squilibri strutturali che non si sono mai voluti sanare e che si sono tradotti<br />

in una consolidata perdita di efficienza complessiva, alterando il processo di costruzione<br />

del<strong>la</strong> ricchezza ed inibendo <strong>la</strong> crescita del territorio.<br />

Si tratta di avviare una azione di marketing territoriale per attuare le seguenti iniziative:<br />

- Audit: una ricognizione del territorio (caratteristiche socio-economiche, infrastrutture, università,<br />

centri di ricerca, ecc…) da condurre con ricerche di mercato e analisi Swot per stimare<br />

l’impatto di variazioni macro/micro economiche sul<strong>la</strong> provincia;<br />

- Promozione: realizzazione e coordinamento delle iniziative di promozione del territorio<br />

mediante marchi, campagne pubblicitarie, organizzazione di fiere, mostre, eventi,…<br />

20


- Accoglienza: degli operatori economici interessati a prendere in esame il territorio e a valutare<br />

le opportunità di investimento. Produzione e consegna di dati sul territorio a operatori<br />

che ne fanno richiesta.<br />

- Marketing: sul<strong>la</strong> base degli obiettivi strategici re<strong>la</strong>tivi ai settori-imprese da fidelizzare o<br />

attirare nel territorio:<br />

a) monitoraggio delle esigenze dei settori e delle imprese chiave del territorio;<br />

b) costruzione di database di potenziali investitori da contattare e monitoraggio dei settori<br />

target;<br />

c) azione di marketing per attirare gli investimenti.<br />

Nell’attività delineata non si deve dimenticare inoltre che:<br />

- <strong>la</strong> ricognizione offre le basi per costruire un’identità del territorio che deve far emergere gli<br />

elementi distintivi del<strong>la</strong> provincia di <strong>Palermo</strong>;<br />

- nelle imprese già esistenti l’attenzione massima deve essere rivolta al<strong>la</strong> fidelizzazione dei<br />

clienti già acquisiti;<br />

- notevole attenzione deve essere prestata ai tanti settori già presenti sul territorio ma che<br />

hanno bisogno di servizi innovativi per continuare a competere;<br />

- nel processo di attrazione delle imprese occorre stabilire delle “nicchie” in modo da rivolgere<br />

le azioni di marketing a target precisi.<br />

I dati che emergono dall’analisi svolta dal Centro Studi di Confcommercio confermano, purtroppo,<br />

<strong>la</strong> drammaticità, <strong>la</strong> profondità e <strong>la</strong> durata del<strong>la</strong> crisi in cui si trova ancora il nostro<br />

Paese. Una crisi che viene da lontano e rispetto al<strong>la</strong> quale ancora non si riesce a scorgere<br />

l’uscita dal tunnel, che sentiamo annunciare di anno in anno dal fatidico 2008.<br />

Una crisi che ha colpito e che continua a colpire, indistintamente, tutti i settori e tutti i territori<br />

senza fare sconti a nessuno. Una crisi che si è abbattuta soprattutto su quell’Italia “produttiva“<br />

dell’economia dei servizi di mercato, del terziario, dell’artigianato e dell’impresa<br />

diffusa che, vivendo prevalentemente di domanda interna, sta pagando il conto più sa<strong>la</strong>to<br />

insieme a tutto il mondo delle Professioni.<br />

Per <strong>Palermo</strong> e provincia il PIL 2011 è ca<strong>la</strong>to dal 2008 al 2012 dell’8,2%, con un crollo medio,<br />

raggiungendo livelli simili al 2000.<br />

La forbice con <strong>la</strong> media del Paese si al<strong>la</strong>rga, se come si prevede il PIL del 2013 calerà di un<br />

ulteriore 1%.<br />

La situazione occupazionale è di grande preoccupazione ed al<strong>la</strong>rme sociale.<br />

Su una popo<strong>la</strong>zione palermitana che tra il 2007 e il 2011 è cresciuta di 3.065 abitanti, passando<br />

da 1.240.520 a 1.243.585 gli occupati sono scesi del 27% ed il tasso di disoccupazione<br />

si è attestato al 16%.<br />

La nostra è terra di disoccupazione in quanto il mercato del <strong>la</strong>voro continua a dare segnali<br />

negativi, con una perdurante presenza di disoccupati di lunga durata, con un tasso di disoccupazione<br />

giovanile che a dicembre è andato oltre il 31% e che nel<strong>la</strong> fascia di età dai 15<br />

ai 24 anni sale al 45%.<br />

Il 2013 sul fronte dell’occupazione sarà ancora più difficile. Il tasso di disoccupazione dovrebbe<br />

assestarsi al 19%, ossia 8,20 punti in più rispetto al<strong>la</strong> media nazionale (11,4%).<br />

Le persone povere in senso assoluto, raggiungeranno nel 2013 circa il 10% del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione.<br />

21


I consumi vanno indietro di 15 anni, tra il 2008 e il 2012 sono scesi dell’8,6%, solo nel 2012<br />

sono scesi del 3,1%.<br />

I consumi delle famiglie continuano a contrarsi, riflettendo il prolungato calo del reddito disponibile<br />

e <strong>la</strong> forte incertezza sul futuro.<br />

Le imprese attive a fine 2012 erano 79.103 di cui il 15,8% (12.436) costituite da giovani a<br />

maggioranza sotto i 35 anni, il 25,4% (20.031) da donne e il 7,5% (5.929) da stranieri.<br />

Sul totale delle imprese attive ben 56.968 sono ditte individuali (72%).<br />

Le imprese attive nel 2012 sono cresciute di 205 unità, passando da 78.898 a 79.103 con un<br />

tasso di crescita dello 0,9% rispetto al 2011.<br />

Il 73% di queste nuove imprese è rappresentato da ditte individuali fondate da extracomunitari,<br />

da giovani e donne che mostrano senz’altro vitalità e voglia di fare, ma dalle dimensioni<br />

piccolissime, frutto del<strong>la</strong> voglia di auto impiego, sottocapitalizzate e molto<br />

probabilmente destinate a chiudere in pochi anni senza adeguati strumenti di sostegno.<br />

Il dato che più dà il senso del<strong>la</strong> gravità e del<strong>la</strong> pesantezza del<strong>la</strong> crisi locale è rappresentato<br />

dal numero delle imprese con procedure concorsuali (2.988) e in stato di liquidazione (5.231),<br />

tutte imprese destinate al<strong>la</strong> chiusura.<br />

Pertanto, rischiano di sparire dal nostro tessuto produttivo altre 8.219 imprese, poco più del<br />

10% delle imprese attive, che si aggiungeranno a quelle che hanno già chiuso i battenti<br />

(1.369) e a quelle che hanno già portato i libri in tribunale (95), il 2% in più rispetto al 2011,<br />

dato in assoluto peggiore dal 2009.<br />

Le PMI palermitane rappresentano per numero di addetti circa 200.000 famiglie. Quindi grazie<br />

alle PMI il 16% dei palermitani ha un <strong>la</strong>voro, oggi messo a rischio da una situazione drammatica,<br />

che tuttavia sembra finora <strong>la</strong>sciare indifferente, se non a parole, <strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse politica.<br />

Non c’è più tempo, bisogna affrontare subito i problemi.<br />

Le imprese sono allo stremo delle forze e atterrite dalle prospettive.<br />

Per <strong>la</strong> ripartenza, linea prioritaria di intervento deve essere quel<strong>la</strong> che conduce a favorire <strong>la</strong><br />

filiera del turismo (alberghi, autonoleggi, vil<strong>la</strong>ggi, teatri, pubblici servizi, musei, produzione<br />

enogastronomica ed artigianato locale, musei, etc …) e del patrimonio ambientale e culturale<br />

per dare vita a quel<strong>la</strong> “economia del<strong>la</strong> conoscenza” individuabile come un nuovo modello<br />

di crescita economica secondo le tendenze proprie del territorio provinciale.<br />

Da fonti attendibili nel 2013 si rileverà una ulteriore riduzione del PIL, una riduzione al 27%<br />

degli occupati e un tasso di disoccupazione al 16%, in un territorio che si caratterizza, nel<br />

Paese, per una elevata quota di individui di età inferiore ai 14 anni e con una popo<strong>la</strong>zione<br />

anziana inferiore al<strong>la</strong> media nazionale.<br />

Se in Italia è indispensabile un testo unico per i servizi pubblici locali, a <strong>Palermo</strong> si constata<br />

lo “straordinario” impegno di “tanti” nel rendere sempre più confuso il comparto dei servizi<br />

pubblici locali a rilevanza economica e di quelli strumentali.<br />

Da tempo si auspica una puntuale e corretta ricognizione, quantificazione e valorizzazione<br />

dei medesimi servizi al fine di chiarire, finalmente, l’ambito di partecipazione del Comune di<br />

<strong>Palermo</strong>. Il contesto si è reso sempre più “opaco”, con adeguamenti dei contratti di servizio<br />

che non hanno riguardato “metodologicamente” tutte le partecipate con le ben note conseguenze<br />

di <strong>la</strong>voratori scesi in piazza. In verità che l’intero comparto delle partecipate pub-<br />

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liche meriti una riflessione su sca<strong>la</strong> nazionale è dimostrata dalle sentenze dei tribunali che<br />

alternativamente le dichiarano fallibili o non fallibili; se dovesse sostenersi <strong>la</strong> “non fallibilità”<br />

i debiti delle partecipate sarebbero i debiti del comune e questo rafforzerebbe <strong>la</strong> necessità<br />

di un bi<strong>la</strong>ncio consolidato.<br />

Quel<strong>la</strong> palermitana è una economia che si sgreto<strong>la</strong> giorno dopo giorno, in tutti i settori dal<br />

metalmeccanico al commercio, dall’agroalimentare all’edilizia, dal tessile ai servizi. Un terremoto<br />

socio-economico che non si arresta e così dopo i grandi nomi dell’industria (Fiat,<br />

Keller, Cantieri Navali) in difficoltà vi sono altri consolidati soggetti: tra i tanti, l’industria tessile<br />

Gulì, <strong>la</strong> gioielleria Fiorentino, <strong>la</strong> società di trasporti Labisi, le ceramiche Nino Parrucca, le<br />

industrie di argenteria Stancampiano, D’Agostino, Di Cristofalo, i negozi storici di Li Vorsi, Migliore,<br />

De Magistris, Tessilcora, alberghi come il Centrale, Ponte, ed altri a riprova che il turismo<br />

non è più <strong>la</strong> colonna portante del territorio. Nel 2012 nel<strong>la</strong> provincia di <strong>Palermo</strong> risultano<br />

registrate ben 350 imprese in meno rispetto all’anno precedente; nel 2009 erano 18 mi<strong>la</strong> e<br />

si sono ridotte a poco più di 16 mi<strong>la</strong>.<br />

È aumentata in maniera esponenziale <strong>la</strong> cassa integrazione in deroga e quel<strong>la</strong> straordinaria:<br />

nel 2009 le ore pagate erano 14 mi<strong>la</strong>, nei primi sei mesi del 2012 si è raggiunta <strong>la</strong> quota di<br />

un milione di ore. Non va meglio nel settore del<strong>la</strong> pesca con le marineria di Iso<strong>la</strong> delle Femmine,<br />

Termini Imerese e Ustica al col<strong>la</strong>sso anche per il costo del carburante, ormai insostenibile.<br />

In un territorio economicamente debole, quale è <strong>la</strong> provincia di <strong>Palermo</strong>, <strong>la</strong> legge di riforma<br />

del mercato del <strong>la</strong>voro - <strong>la</strong> 95/12, forse anche per il breve periodo dal<strong>la</strong> sua attivazione, non<br />

ha potuto consentire che si invertisse il trend negativo del<strong>la</strong> disoccupazione.<br />

Al<strong>la</strong> legge è mancato il collegamento con le politiche di sviluppo nel<strong>la</strong> presunzione che bastasse<br />

cambiare le regole per ottenere il miglioramento dell’occupazione.<br />

Si sarebbe dovuto intervenire con chiarezza sul<strong>la</strong> “flessibilità in entrata”, da un <strong>la</strong>to incentivando<br />

l’apprendistato dall’altro elevando in contropartita i costi dei contratti flessibili. Si sarebbero<br />

dovuto semplificare le tipologie contrattuali, specificandone le funzioni e puntando<br />

sul<strong>la</strong> contrattazione collettiva, rendendo più esplicita <strong>la</strong> finalità occupazionale.<br />

Al<strong>la</strong> scelta dell’apprendistato come contratto prevalente si sarebbe dovuto favorire il reimpiego<br />

dei <strong>la</strong>voratori espulsi dal ciclo produttivo e delle categorie svantaggiate (donne, disoccupati<br />

di lunga durata, over 50), considerato che quel<strong>la</strong> in atto è una crisi economica e<br />

produttiva che si annuncia lunga.<br />

La riforma avrebbe dovuto inoltre valorizzare e potenziare il part-time nelle diverse modu<strong>la</strong>zioni<br />

orarie e si sarebbe dovuto esplicitare in maniera più netta <strong>la</strong> differenza tra <strong>la</strong>voro dipendente<br />

e <strong>la</strong>voro autonomo al fine di evitare incomprensioni bloccanti le assunzioni e gli incarichi.<br />

È, pertanto, urgente che sul<strong>la</strong> base di una legge che intende contribuire a risolvere i nodi storici<br />

del mercato del <strong>la</strong>voro in Italia si avviino interventi negoziali affinché si riesca a conciliare<br />

<strong>la</strong> logica dei mercati finanziari globalizzati con il modello sociale di tute<strong>la</strong> dei <strong>la</strong>voratori, dei<br />

disoccupati, degli espulsi dal mondo del <strong>la</strong>voro.<br />

Infine non è da ignorare una ormai consolidata riflessione in merito al<strong>la</strong> liberalizzazione delle<br />

aperture domenicali. L’apertura “domenicale“ non sembra abbia fatto aumentare l’occupazione,<br />

anzi ha comportato <strong>la</strong> chiusura di negozi smentendo chi ha creduto che <strong>la</strong> liberaliz-<br />

23


zazione potesse portare benessere, <strong>la</strong>voro e prezzi concorrenziali. Secondo studi recenti<br />

ogni posto di <strong>la</strong>voro creato dal<strong>la</strong> grande distribuzione ha provocato il licenziamento di quattro<br />

persone nelle piccole attività commerciali. “Liberare <strong>la</strong> domenica” si ritiene anche una<br />

questione di etica e di civiltà per equilibrare un sistema economico che ora porta al<strong>la</strong> affermazione<br />

solo di chi ha più denaro da investire. La famiglia ritornerebbe così a riappropriarsi<br />

dello spazio e del tempo che inevitabilmente durante <strong>la</strong> settimana non ha.<br />

6.1) ...il turismo, il commercio, le infrastrutture e i servizi ai cittadini<br />

Per <strong>la</strong> ripartenza, linea prioritaria di intervento deve essere quel<strong>la</strong> che conduce a favorire <strong>la</strong><br />

filiera del turismo (alberghi, autonoleggi, vil<strong>la</strong>ggi, teatri, pubblici servizi, musei, produzione<br />

enogastronomica ed artigianato locale, musei, etc…) e del patrimonio ambientale e culturale<br />

per dare vita a quel<strong>la</strong> “economia del<strong>la</strong> conoscenza” individuabile come un nuovo modello<br />

di crescita economica secondo le tendenze proprie del territorio di <strong>Palermo</strong>.<br />

In questi ultimi anni il settore turistico del<strong>la</strong> provincia ha proseguito nel<strong>la</strong> contrazione del fatturato,<br />

forse perché si è continuato a non comprendere che il “turismo” è un settore che<br />

lega tra loro imprese che svolgono varie attività volte a soddisfare tante categorie di consumatori.<br />

A seconda dei bisogni espressi dalle diverse categorie di “turisti” (vacanzieri, culturali,<br />

convegnistici, ricreativi, ecc…) bisogna coinvolgere operatori di volta in volta<br />

appartenenti a settori diversi e con una struttura d’impresa differente.<br />

Si è ignorato che <strong>la</strong> provincia di <strong>Palermo</strong> ha <strong>la</strong> potenzialità per aspirare ad avere nell’ambito<br />

europeo un alto indice di attrazione “turistica” per tutta una serie di elementi che <strong>la</strong> rendono<br />

nel suo genere “un unicum”.<br />

In breve <strong>la</strong> provincia si caratterizza per:<br />

1) Rilievi montuosi di partico<strong>la</strong>re rilievo paesaggistico:<br />

- Monti di <strong>Palermo</strong> e conca d’oro,<br />

- Monti dello Iato<br />

- Monti di Partinico e Golfo di Castel<strong>la</strong>mmare<br />

- Monti di Termini<br />

- Madonie<br />

- Monti del Corleonese ed Alta valle del Belice<br />

- Monti Sicani<br />

- Monti dell’altipiano gessoso zolfifero<br />

2) Varie emergenze geologiche, tra le quali quelle di Pietra Sa<strong>la</strong>mone note per l’affioramento<br />

di rocce sedimentarie risalenti al periodo perniano, che sono le più antiche presenti in Sicilia;<br />

3) Ben dieci fonti di acque termali, alcune delle quali uniche per le loro caratteristiche;<br />

4) Varie aree forestali attrezzate e parchi cittadini, tra i quali <strong>la</strong> Vil<strong>la</strong> Giulia a <strong>Palermo</strong> considerato<br />

uno dei più bei giardini pubblici d’Europa e forse il più antico;<br />

5) Per i siti archeologici e preistorici di:<br />

- <strong>Palermo</strong><br />

- Addaura - Monte Pellegrino<br />

- Parco Archeologico di Solunto<br />

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- Parco Archeologico di Himera<br />

- Parco Archeologico Monte Iato<br />

- Rocca di Cefalù<br />

- Termini Imerese<br />

- Ustica<br />

- Montagna dei Cavalli<br />

- Monte Maranfusa<br />

- Rocca di Entel<strong>la</strong><br />

- Monte di Riparato<br />

- Monte d’Oro<br />

- Montagno<strong>la</strong> di Marineo<br />

- Il Cassaro di Castronovo<br />

- Grotte del<strong>la</strong> Gulfa<br />

- Monte Raitano<br />

- Colle Madore (Lercara Friddi)<br />

- Chiesa di San Calogero (Vicari)<br />

- Grotta ‘Za Minica (Torretta)<br />

- Mura Pregne (Termini Imerese)<br />

- Grotta Mirabel<strong>la</strong> (San Giuseppe Iato)<br />

6) Per numerosissimi castelli, santuari, eremi e luoghi di culto;<br />

7) Per altre emergenze di rilievo tra le quali di evidenza storica-paesagistica-culturale:<br />

- I bagni di Cefalà Diana del X secolo<br />

- Le ville settecentesche di Bagheria<br />

- La Regia di Ficuzza<br />

- Il monastero Masseria di Gangi Vecchio<br />

- La Vil<strong>la</strong> Masseria di Cacchiamo<br />

- Il Mausoleo di Portel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> Ginestra<br />

- L’Obelisco di Gibilrossa<br />

- La Piazza Grande di Pa<strong>la</strong>zzo Adriano<br />

8) Numerose “strade del vino“<br />

9) Le condizioni climatiche che pongono <strong>la</strong> Provincia di <strong>Palermo</strong> ai primi posti in Europa per<br />

giorni di luce in una anno, per ridotta piovosità, per il clima temperato, per le ridotte escursioni<br />

termiche giorno-notte, per l’assenza di venti, per <strong>la</strong> totale assenza di foschia e nebbia.<br />

10) Nel<strong>la</strong> c<strong>la</strong>ssifica di “VirtualTourist” <strong>Palermo</strong> è l’unica città italiana e <strong>la</strong> quinta al mondo<br />

- dopo Bangkok, Singapore, Menang e Marrakesh - per il cibo di strada, quello dei chioschi<br />

e dei mercati del cibo all’aperto, che tanto entusiasmo creano nei turisti.<br />

La sfida del territorio dovrebbe essere di “scalzare” Verona che con tre milioni di turisti l’anno<br />

è al quarto posto in Italia dopo Roma, Venezia e Firenze per presenze turistiche.<br />

La trasversalità del settore turistico ed il sicuro impatto economico complessivo impongono<br />

di concretizzare una organizzazione a rete del comparto affidandone <strong>la</strong> regia possibilmente<br />

al<strong>la</strong> Provincia, quale Istituzione sovra comunale, o al<strong>la</strong> nuova amministrazione subentrante<br />

25


prevista nell’emanando provvedimento di riordino che noi auspichiamo anche in Sicilia.<br />

Ulteriore ambito di sicura crescita è rappresentato dal turismo congressuale praticamente assente<br />

nonostante le indubbie prospettive ambientali e il valore aggiunto rappresentato dalle favorevoli<br />

condizioni climatiche non solo nei periodi di mezza stagione ma anche nei mesi invernali.<br />

Per questo motivo affermiamo da tempo che <strong>la</strong> città deve dotarsi di un “Centro Congressi”.<br />

Per <strong>la</strong> grande distribuzione, pur accogliendo positivamente l’interesse mostrato al nostro<br />

territorio, questo recente fenomeno di insediamento va attenzionato e vigi<strong>la</strong>to, in quanto<br />

emerge <strong>la</strong> preoccupazione di assistere a breve ad uno stravolgimento dell’attuale rete distributiva.<br />

Rischiamo infatti che, al<strong>la</strong> fine di questo processo di trasformazione, invece di ritrovarci<br />

con una rete distributiva moderna ed efficiente che si sviluppi in simbiosi con il<br />

territorio valorizzandone le caratteristiche culturali e sociali, si determini l’attuazione di un<br />

modello distributivo oligarchico, privo di concorrenza, che finirà per desertificare i centri<br />

abitati ed in partico<strong>la</strong>re il Centro Storico.<br />

La competizione commerciale dipende anche dal Piano Rego<strong>la</strong>tore Generale e naturalmente<br />

dal piano di Programmazione Urbanistica del Settore Commerciale.<br />

Entrambi gli strumenti meritano una profonda rivisitazione perché mostrano evidenti segni<br />

di vetustà, tra questi:<br />

• l’anacronistico e dannoso divieto di ri<strong>la</strong>sciare autorizzazioni ad aprire medie strutture, l’impossibilità<br />

di procedere ad ampliamenti di “medie strutture” esistenti o al<strong>la</strong> trasformazione<br />

di esercizi di vicinato in medie strutture;<br />

• l’adeguamento delle medie e grandi strutture di vendita esistenti, riguardo al<strong>la</strong> dotazione<br />

di parcheggi pertinenziali per <strong>la</strong> cliente<strong>la</strong> o <strong>la</strong> cosiddetta “monetizzazione”, <strong>la</strong> cui problematica<br />

applicazione riaffaccia con grave danno per le imprese interessate.<br />

Da troppo tempo, inoltre, invochiamo <strong>la</strong> realizzazione di importanti infrastrutture:<br />

• Il Piano di mobilità di <strong>Palermo</strong>. Ci riferiamo a tutto quel complesso di infrastrutture che, integrate<br />

tra loro, contribuirebbero a cambiare il volto del<strong>la</strong> città. In partico<strong>la</strong>re, ci riferiamo ai<br />

quattro grandi progetti, tutti di natura ferroviaria: il passante ferroviario, l’anello ferroviario,<br />

<strong>la</strong> tranvia, ancora sul<strong>la</strong> carta, ad esclusione del<strong>la</strong> metropolitana leggera;<br />

• La Tangenziale, infrastruttura in grado di assicurare un rego<strong>la</strong>re collegamento tra le autostrade<br />

<strong>Palermo</strong>/Catania e <strong>Palermo</strong>/Trapani, realizzando una mobilità importante ed indispensabile<br />

tra le aree industriali di Carini, Brancaccio e Termini Imerese e <strong>la</strong> fruizione<br />

dell’aeroporto, visto che <strong>la</strong> Circonval<strong>la</strong>zione di <strong>Palermo</strong>, da sempre ritenuta principale infrastruttura<br />

per <strong>la</strong> mobilità, è ormai strada cittadina con incroci, semafori, attraversamenti pedonali<br />

e tempi insostenibili di percorrenza.<br />

Auspicabile sarebbe il collegamento ferroviario dell’aeroporto Falcone Borsellino di <strong>Palermo</strong><br />

con Trapani Birgi per favorire <strong>la</strong> mobilità turistica e dei passegeri fra le due aerostazioni nonché<br />

il turismo nelle due province.<br />

Un territorio, quello palermitano, per il quale non è più rinviabile l’attivazione concreta ed<br />

utile del<strong>la</strong> unione dei comuni per vari motivi, alcuni contingenti altri permanenti. Sia le<br />

unioni “ordinarie” ex art. 32 del TUEL e art. 14 del DL n. 78 del 2010, che quelle “speciali” ex<br />

art. 16 del DL n. 138/11, sono indispensabili per realizzare economie di spese e processi di<br />

26


semplificazione istituzionale, amministrativa e gestionale, basti pensare ai servizi sociali<br />

sovra comunali.<br />

Per <strong>la</strong> concreta applicazione delle unioni dei comuni, che in atto non sono assoggettate al<br />

patto di stabilità, occorre però che <strong>la</strong> regione siciliana si pronunci ufficialmente essendo precluso,<br />

secondo autorevoli esperti, l’automatico recepimento delle scelte legis<strong>la</strong>tive statali<br />

nel<strong>la</strong> disciplina regionale.<br />

Un analogo intervento regionale si richiede nel settore dei rifiuti, settore che, già a livello<br />

dell’intero paese, paga una legis<strong>la</strong>zione “confusa” in merito al<strong>la</strong> applicazione del<strong>la</strong> Tares, alle<br />

modalità di calcolo, ai tempi e alle modalità di pagamento con il rischio che si possa interrompere<br />

l’erogazione del servizio. Al riguardo in Sicilia <strong>la</strong> situazione è a dir poco drammatica<br />

poiché vi è una legge, <strong>la</strong> n. 9/2010, non applicata o non applicabile, una legge di correzione,<br />

<strong>la</strong> n. 3/2013, con previsioni di artico<strong>la</strong>zione territoriale ancora da realizzare, e una direttiva,<br />

<strong>la</strong> n. 1/2013, che rimanda a Piani d’ambito che dovranno essere ancora approvati dai soggetti<br />

competenti.<br />

Si delinea pertanto una situazione di totale incertezza che riguarda l’intera popo<strong>la</strong>zione siciliana,<br />

i <strong>la</strong>voratori del settore, l’indotto del comparto e gli enti locali, costretti a rimodu<strong>la</strong>re<br />

<strong>la</strong> politica di una gestione efficiente dei rifiuti cosi come avviene da molto tempo in Europa<br />

ed in altre regioni italiane.<br />

La provincia di <strong>Palermo</strong> presenta, secondo l’ultimo censimento, ben 47 comuni, pari al<br />

57,32%, con meno di cinquemi<strong>la</strong> abitanti e 35 comuni, pari al 42,68% con oltre cinquemi<strong>la</strong><br />

abitanti. Quattro sono i comuni sino a 1.000 abitanti, 25 sino a 3.000 abitanti, 34 sino a 10.000,<br />

18 sino a 60.000 e <strong>Palermo</strong> con 653.235 abitanti.<br />

27<br />

6.2) ...le vertenze in atto<br />

Il tessuto produttivo ed economico del territorio provinciale, arranca ormai da troppo tempo.<br />

A guardare le singole vertenze delle principali realtà industriali, ex Fiat di Termini Imerese,<br />

Fincantieri, Keller e tutte le aziende dell'area di Carini, appare evidente che, tra ritardi delle<br />

istituzioni nazionali e regionali, e mancanza di reali offerte da parte di imprenditori affidabili,<br />

vivono con il fiato del<strong>la</strong> povertà sul collo ormai oltre 6 mi<strong>la</strong> famiglie. Nel complesso il quadro<br />

degli effetti del<strong>la</strong> crisi è deso<strong>la</strong>nte. Solo a <strong>Palermo</strong> nel 2012 sono state autorizzate ben<br />

14.620.473 ore di cassa integrazione e <strong>la</strong> crisi sta attanagliando settori come ad esempio il<br />

terziario. Il commercio (-18,3%), il turismo (-15,2%) ed il terziario avanzato (-17%) sono i comparti<br />

il cui volume d'affari risente maggiormente del<strong>la</strong> riduzione dei consumi. Soltanto a <strong>Palermo</strong><br />

sono oltre 1.300 le persone che nel 2012 hanno già perso o rischiano di perdere il<br />

proprio posto di <strong>la</strong>voro: 900 in cassa integrazione; oltre 140 in mobilità; 80 licenziati, 73 in<br />

disoccupazione. Questa situazione non ha risparmiato neanche i grandi nomi del commercio<br />

palermitano.<br />

Fiat<br />

Re<strong>la</strong>tivamente al<strong>la</strong> Fiat, <strong>la</strong> <strong>Cisl</strong> ha chiesto più volte al governo nazionale e regionale il mantenimento<br />

degli impegni assunti inerenti al<strong>la</strong> reindustrializzazione, al potenziamento del


sito e al mantenimento dei livelli occupazionali. Per il resto, oltre ad indiscrezioni su interessi<br />

stranieri che ancora non ci risultano trasformati in atti concreti, da tempo ormai non<br />

giungono notizie sul piano di reindustrializzazione di Termini Imerese. Non si può ripartire<br />

da zero, oltre 2 mi<strong>la</strong> famiglie chiedono certezze, servono seri interventi per il ri<strong>la</strong>ncio del<strong>la</strong><br />

produzione a Termini, altrimenti sarà <strong>la</strong> rovina di un intero territorio. È necessario avviare<br />

subito i <strong>la</strong>vori previsti dall'accordo di programma sig<strong>la</strong>to lo scorso anno che prevede nuove<br />

strade, l'interporto, l'acquisizione di nuovi capannoni industriali per attrarre nuove iniziative<br />

ed infine opere di urbanizzazione. Un piano, che abbiamo fortemente voluto e chiesto<br />

alle istituzioni regionali, da 450 milioni di euro, firmato da Regione, Comune di Termini,<br />

dall'Asi, dall'Autorità portuale, da Anas e da Rfi, deve partire subito ,dato che risulta necessario<br />

potenziare <strong>la</strong> capacità attrattiva dell'area industriale. Finora <strong>la</strong> Regione ha annunciato<br />

solo l'appalto provvisorio per <strong>la</strong> realizzazione di due strade provinciali di accesso all'aerea<br />

industriale.<br />

L'esclusione del progetto auto di Dr Motor, ha gettato tutti nel<strong>la</strong> preoccupazione e ora più<br />

che mai, dato che ci troviamo già nel secondo anno di cassa integrazione per le 1.300 tute<br />

blu al termine del quale scatterà il licenziamento. È necessario individuare proposte credibili<br />

che ri<strong>la</strong>ncino impianti e territorio, ma intanto bisogna far partire le attività delle imprese<br />

che avevano presentato il progetto per Termini e cioè <strong>la</strong> Biogen, <strong>la</strong> Med Studios, <strong>la</strong> Lima Corporate,<br />

<strong>la</strong> New Coop. Vogliamo credere nell'impegno annunciato dal governatore Crocetta<br />

che, sul tema del ri<strong>la</strong>ncio economico dell'area e delle misure per <strong>la</strong> reindustrializzazione, ha<br />

confermato l'intento di sostenere con le risorse e con idonei provvedimenti le fasi del ri<strong>la</strong>ncio<br />

produttivo in raccordo con il Ministero dello Sviluppo Economico. Crocetta ha ribadito<br />

che bisogna mettere in campo ogni azione per mantenere <strong>la</strong> specializzazione del territorio<br />

nel settore dell'auto ma al tempo stesso ha manifestato <strong>la</strong> condivisione dell'azione di ricerca<br />

di ulteriori investimenti produttivi condotto dal MISE.<br />

La <strong>Cisl</strong> vuole essere coinvolta nell'analisi dei piani industriali per svolgere il suo compito essenziale<br />

ovvero <strong>la</strong> salvaguardia dei livelli occupazionali. Noi siamo pronti a dare il nostro<br />

contributo e a stare, come sempre, a fianco dei <strong>la</strong>voratori così come al fianco di chiunque sia<br />

in grado di fornire garanzie concrete per un futuro certo e produttivo.<br />

Significativo è stato l’impegno del<strong>la</strong> <strong>Cisl</strong> e del<strong>la</strong> Fim <strong>Cisl</strong> per quanto attiene l’emanazione e<br />

l’applicazione del decreto interministeriale dell’8 ottobre 2012 ,inerente al<strong>la</strong> salvaguardia<br />

dei <strong>la</strong>voratori FIAT, che consentirà a 600 <strong>la</strong>voratori di conseguire nei prossimi mesi il diritto<br />

al<strong>la</strong> pensione con il sistema previgente al<strong>la</strong> riforma “Fornero”. Già le prime 315 unità hanno<br />

ricevuto <strong>la</strong> lettera di licenziamento che dà il via al diritto al<strong>la</strong> pensione, e all'attivazione anche<br />

per il 2013 del<strong>la</strong> cassa integrazione ordinaria per il rimanente personale. Per i 350 operai<br />

dell'indotto, invece, solo ora sono in via di definizione gli accordi aziendali per sbloccare le<br />

somme del<strong>la</strong> cig in deroga, che si spera possano essere messe in pagamento entro il mese<br />

di aprile.<br />

Keller e Area di Carini<br />

Resta ancora ferma al palo anche <strong>la</strong> vertenza del<strong>la</strong> Keller di Carini, l'industria di materiale rotabile<br />

che rischia il fallimento. Gli ammortizzatori sociali scadranno ad agosto, e se nel frat-<br />

28


tempo non si troverà una soluzione , il rischio concreto è che per i 204 <strong>la</strong>voratori scatti <strong>la</strong><br />

mobilità. L'azienda è in concordato preventivo, in attesa di un imprenditore che <strong>la</strong> rilevi; <strong>la</strong><br />

Regione deve giocare un ruolo fondamentale, promuovendo tavoli a Roma con il governo<br />

nazionale. Da sfruttare al massimo e perfezionare, proprio perché a soffrire è tutta l'area di<br />

Carini, è l'accordo firmato due anni fa dai sindacati dall'Associazione palermitana degli industriali<br />

e dal<strong>la</strong> Regione siciliana, per il ri<strong>la</strong>ncio e <strong>la</strong> valorizzazione dell'area industriale del<strong>la</strong><br />

zona del palermitano .Tale accordo potrebbe garantire l'occupazione ai <strong>la</strong>voratori Keller.<br />

Un piano che non è mai partito e che prevede il recupero dell'aria industriale di Carini, dopo<br />

<strong>la</strong> crisi che ha colpito le imprese del territorio fra le quali Italtel e Keller, attraverso il riutilizzo<br />

delle aree con l'ingresso di nuove aziende. Il piano prevede <strong>la</strong> presenza di uno sportello<br />

per <strong>la</strong> facilitazione all'accesso delle misure di sostegno rivolte alle imprese che vogliano investire<br />

nell'area, prevede ancora un servizio di assistenza per <strong>la</strong> ricognizione dei <strong>la</strong>voratori<br />

interessati dal<strong>la</strong> crisi, e per <strong>la</strong> formazione e <strong>la</strong> riqualificazione del personale. Ma bisogna fare<br />

presto, le principali aziende dell'area sono chiuse o sono in crisi, i <strong>la</strong>voratori in cassa integrazione.<br />

Per l'area di Carini è necessario un reale impegno che vada al di là delle parole, le<br />

tante riunioni finora non hanno portato a nul<strong>la</strong> di fatto. Stiamo par<strong>la</strong>ndo di una realtà che<br />

coinvolge oltre 2 mi<strong>la</strong> famiglie. Siamo preoccupati perché <strong>la</strong> tensione sociale rischia di esplodere<br />

in modo incontenibile. Ci auguriamo che <strong>la</strong> Regione si impegni davvero ad andare<br />

avanti con il piano di ri<strong>la</strong>ncio dell'area, rispettando l'accordo che era stato firmato nel marzo<br />

del 2010. Per l'Ansaldo Breda resta <strong>la</strong> speranza di nuove commesse che potrebbero giungere<br />

con <strong>la</strong> firma del contratto di servizio fra Regione e Ferrovie sugli investimenti del settore ferroviario.<br />

Per <strong>la</strong> <strong>Cisl</strong> di <strong>Palermo</strong>, bisogna accelerare i tempi e far ripartire lo sviluppo dell'area industriale<br />

del palermitano, da anni ormai totalmente abbandonata e in balìa di una crisi che ha<br />

portato al<strong>la</strong> chiusura di aziende di rilievo come <strong>la</strong> Keller, <strong>la</strong> Italtel, <strong>la</strong> Palitalia, <strong>la</strong> crisi di altre<br />

aziende come Ansaldo Breda, <strong>la</strong> Effedi, l'Imesi. La cassa integrazione oltre che per <strong>la</strong> Keller<br />

sta scadendo anche per altre aziende del<strong>la</strong> zona, bisogna agire subito. Le realtà produttive<br />

del<strong>la</strong> provincia di <strong>Palermo</strong> stanno morendo, da Termini a Carini sono troppe le comunità<br />

ormai in sofferenza. Le istituzioni non possono stare a guardare e noi faremo <strong>la</strong> nostra parte<br />

mobilitandoci per far riaccendere i riflettori sul<strong>la</strong> vertenza ormai avvolta nel silenzio. Bisogna<br />

accelerare i tempi per <strong>la</strong> definizione e <strong>la</strong> firma dell'accordo di programma integrativo, che di<br />

fatto dovrebbe consentire al<strong>la</strong> Regione di acquisire l'area industriale di Carini e procedere poi<br />

con il bando per le dimostrazioni di interesse delle aziende, che potrebbero avere intenzione<br />

ad investire nel<strong>la</strong> zona. Ma per un impegno che sia davvero concreto, bisogna col<strong>la</strong>borare<br />

tutti, unire le forze. Tempo addietro Confindustria <strong>Palermo</strong> aveva proposto un bando<br />

per l’assegnazione gratuita delle strutture abbandonate dell’area industriale in cambio del<strong>la</strong><br />

loro ristrutturazione e del riutilizzo produttivo. Ma per attrarre aziende, anche non siciliane,<br />

sarebbe utile inserire Carini nell'elenco delle zone franche urbane poiché <strong>la</strong> defiscalizzazione<br />

può essere una grande spinta agli investimenti. Lo ribadiamo, qualunque impresa vorrà investire<br />

a Carini dovrà presentare un serio piano industriale, finanziato da fondi propri da coniugare<br />

con le risorse che <strong>la</strong> Regione può mettere in campo e che dovrà essere valutato dalle<br />

parti sociali.<br />

29


Fincantieri<br />

Il ri<strong>la</strong>ncio produttivo di <strong>Palermo</strong> non può che passare attraverso il ri<strong>la</strong>ncio di uno degli stabilimenti<br />

principali, Fincantieri. Servono più commesse altrimenti a rischio ci sono centinaia<br />

di posti di <strong>la</strong>voro soprattutto dopo l'esclusione a causa di “certificazioni non idonee”,<br />

dall’appalto da 45 milioni di euro per <strong>la</strong> ristrutturazione del bacino galleggiante da 52 mi<strong>la</strong><br />

tonnel<strong>la</strong>te del porto di <strong>Palermo</strong>. La nota positiva per l'inizio del 2013 è rappresentata dall'arrivo<br />

del<strong>la</strong> commessa per <strong>la</strong> riparazione del<strong>la</strong> Emma Maersk, <strong>la</strong> nave portacontainer giunta<br />

lunedì scorso a Fincantieri, e che impegnerà per i prossimi 4 mesi gli operai nelle operazioni<br />

di riparazione. Si tratta comunque di una picco<strong>la</strong> boccata di ossigeno, una goccia nel mare<br />

del<strong>la</strong> crisi dello stabilimento. Persa <strong>la</strong> sfida dei bacini galleggiati, <strong>Palermo</strong> viene tenuta fuori<br />

ancora dall’attività di costruzione navale. Il Tar ha accolto l'istanza caute<strong>la</strong>re presentata da<br />

Fincantieri per <strong>la</strong> sospensione degli atti che riguardano l'assegnazione provvisoria al<strong>la</strong> Cimo<strong>la</strong>i<br />

di Pordenone dei <strong>la</strong>vori di ristrutturazione del bacino da 52mi<strong>la</strong> tonnel<strong>la</strong>te. Lo stabilimento<br />

ha perso anche <strong>la</strong> commessa da 155 milioni di euro del<strong>la</strong> nave da crociera Destiny,<br />

assegnata dopo un periodo di false speranze al cantiere di Trieste. Nel capoluogo siciliano<br />

al momento restano il refitting, le trasformazioni e le riparazioni ma <strong>la</strong> fabbrica ha costi non<br />

concorrenziali. Bisogna dare attuazione all'accordo di programma per il ri<strong>la</strong>ncio dello stabilimento<br />

firmato da Fincantieri e Regione siciliana nel 2007, ri<strong>la</strong>nciare tutti i tre settori dell'azienda<br />

e soprattutto l'accordo per <strong>la</strong> vertenza degli operai del<strong>la</strong> Fincantieri <strong>Palermo</strong>,<br />

sig<strong>la</strong>to lo scorso anno e che esclude qualunque ipotesi di licenziamento. Un piano dopo <strong>la</strong><br />

cui firma Fincantieri ha ritirato l'ipotesi dei 140 esuberi e che prevede il fondamentale intervento<br />

del<strong>la</strong> Regione siciliana, che nel cantiere di <strong>Palermo</strong> sta investendo circa 50 milioni<br />

di euro per <strong>la</strong> ristrutturazione dei bacini di carenaggio da 19 mi<strong>la</strong> e 52 mi<strong>la</strong> tonnel<strong>la</strong>te. Al<br />

primo punto del documento firmato l'11 gennaio del 2012, c'è dunque l'impegno dell'Azienda<br />

a non ricorrere in alcun modo a licenziamenti forzosi. L'accordo prevede che il<br />

percorso di mobilità finalizzato al pensionamento venga attivato su base volontaria, solo<br />

per quei <strong>la</strong>voratori, massimo 35 unità, che esprimeranno <strong>la</strong> loro non opposizione e che matureranno<br />

i requisiti pensionistici entro il periodo di mobilità. A loro sarà erogata l'incentivazione<br />

all'esodo pari al 75% del<strong>la</strong> retribuzione, mentre saranno messe in atto tutte le azioni<br />

possibili affinché i criteri pensionistici applicati possano essere quelli pre-esistenti alle recenti<br />

modifiche. Per gli altri <strong>la</strong>voratori, il testo prevede su base volontaria forme di riqualificazione<br />

e appositi percorsi formativi, trasferimenti in altri stabilimenti e <strong>la</strong> possibilità di un<br />

esodo incentivato con 12 mensilità lorde. La cassa integrazione straordinaria resta a rotazione<br />

per 24 mesi e sul<strong>la</strong> base del processo produttivo. Fra i punti salienti anche il mantenimento<br />

dei tre rami produttivi del cantiere, trasformazioni, costruzioni e riparazioni,<br />

l'Azienda si era impegnata ad utilizzare il proprio personale in caso di aggiudicazione dei<br />

<strong>la</strong>vori di ristrutturazione dei bacini di carenaggio e, solo in caso di impiego di tutti i <strong>la</strong>voratori<br />

Fincantieri, a fare ricorso a ditte esterne. Attende ancora il finanziamento del<strong>la</strong> Regione<br />

intanto il bacino da150 mi<strong>la</strong> tonnel<strong>la</strong>te, una infrastruttura che fornirebbe allo<br />

stabilimento palermitano, insieme all'alta qualità delle professionalità presenti, una marcia<br />

in più sul mercato navale per agevo<strong>la</strong>re l'arrivo di nuove commesse che ridiano respiro allo<br />

stabilimento.<br />

30


31<br />

6.3) ...il settore agro-alimentare<br />

È per noi indispensabile il recupero dei territori montani e rurali dell’entroterra del<strong>la</strong> nostra<br />

provincia considerati purtroppo ”aree marginali” che potrebbero diventare, invece, foriere<br />

di attività ad alto valore aggiunto e favorire così un nuovo sviluppo territoriale.<br />

Questo significa, perciò, un cambiamento di prospettiva nel guardare alle straordinarie risorse<br />

insite nei territori, per il ri<strong>la</strong>ncio di processi di crescita basati sulle filiere più innovative<br />

e promettenti anche dal punto di vista economico.<br />

Bisognerà, pertanto, programmare, pianificare e realizzare delle opere afferenti alle diverse<br />

funzioni: ambientali, energetiche, industriali, ludico-culturali.<br />

La funzione ambientale finalizzata al<strong>la</strong> manutenzione dei bacini idrici e al<strong>la</strong> sicurezza idrogeologica.<br />

Una attività continua e capil<strong>la</strong>re di cura del territorio e del<strong>la</strong> prevenzione, tenuto<br />

conto che sono a rischio idrogeologico il 70% dei Comuni dell’iso<strong>la</strong>. Una costante attività<br />

antincendio, di pulizia dei sentieri, di piste forestali, di torrenti e con interventi di ingegneria<br />

naturalistica innovativi per prevenire disastri e riavviare un processo di crescita a vantaggio<br />

delle comunità locali mediante il turismo rurale. Inoltre vanno attivate misure di<br />

protezione e conservazione del<strong>la</strong> natura, del<strong>la</strong> biodiversità e del paesaggio.<br />

La funzione energetica è finalizzata al<strong>la</strong> valorizzazione del<strong>la</strong> biomassa per produrre energia<br />

termica ed elettrica in una ottica di sostenibilità da filiera corta e<strong>la</strong>borando progetti di distretto<br />

che valorizzino tali fonti energetiche rinnovabili. Pensiamo, a tale proposito, allo sfruttamento<br />

del<strong>la</strong> produzione di biomasse degli scarti derivati dal<strong>la</strong> manutenzione forestali. Tra l’altro, impiegando<br />

cantieri moderni e razionali per abbatterne i costi ed innalzare il volume dei ricavi,<br />

si attiverebbero consistenti benefici economici e occupazionali, consentendo anche di mantenere<br />

attivi i <strong>la</strong>voratori forestali anche nei mesi invernali. Minori prestazioni di disoccupazione<br />

e di conseguenza minori costi sociali, maggiore <strong>la</strong>voro stabile e socialmente utile.<br />

Per <strong>la</strong> funzione industriale si rileva che negli stati membri del<strong>la</strong> UE, che praticano forestazione<br />

produttiva , il dato percentuale è del 63% del<strong>la</strong> disponibilità annuale. Ciò significa che<br />

l’Italia per il comparto del design e dell’architettura di interni, è costretto ad importare il 95%<br />

delle materie prime dall’estero. In Sicilia al netto delle superfici boscate che rimangono indenni<br />

dagli effetti devastanti degli incendi annuali, il taglio degli alberi effettuato, interessa<br />

appena lo 0,4% del<strong>la</strong> superficie boscata. Tra l’altro <strong>la</strong> massa legnosa ricavata rimane di poco<br />

pregio in quanto mediamente vengono interessati al taglio, solo eucalipteti.<br />

Per tali ragioni vanno ripensati taluni interventi più consoni al<strong>la</strong> rispondenza quali-quantitativa<br />

del mercato ed allo sviluppo socio-economico.<br />

Così andrebbero sviluppate le filiere delle produzioni territoriali dell’agricoltura, del<strong>la</strong> silvicoltura,<br />

dell’allevamento, del<strong>la</strong> caccia e del<strong>la</strong> pesca, valorizzando i prodotti biologici e tipici<br />

del territorio.<br />

Per <strong>la</strong> funzione ludica culturale il nostro territorio con grande patrimonio artistico culturale<br />

ha da sempre avuto un deficit di manutenzione territoriale e cioè l’assenza di cura e di vigi<strong>la</strong>nza<br />

dei tanti siti.<br />

Sono compiti che potrebbero essere affidati ai <strong>la</strong>voratori forestali, profondi conoscitori delle<br />

più minute realtà periferiche, che già gestiscono nei loro siti aree attrezzate con finalità ri-


creative, tanto apprezzate dalle famiglie, ma ahimè poco o per nul<strong>la</strong> pubblicizzate nelle<br />

guide turistiche.<br />

7) LA RIORGANIZZAZIONE TERRITORIALE DELLA CISL<br />

La <strong>Cisl</strong> ha ritenuto urgente ed improcrastinabile procedere al<strong>la</strong> sua riorganizzazione territoriale<br />

per ottimizzare le risorse umane a beneficio del territorio. Le condizioni economiche,<br />

politiche e sociali hanno subito un dinamismo che impongono una loro corretta interpretazione,<br />

comprensione e governo. Il sindacato deve assecondare e presidiare al meglio, con<br />

l’autorevolezza che gli deriva dal<strong>la</strong> profonda e consolidata conoscenza dei rapporti socioeconomici,<br />

il cambiamento in corso al fine di non essere “emarginato” in un contesto nel<br />

quale si potrebbe anche affievolire, viceversa, l’autorevolezza del<strong>la</strong> interlocuzione.<br />

La <strong>Cisl</strong> ha voluto “anticipare” i cambiamenti che si caratterizzeranno sempre di più per un localismo<br />

spinto che impone una diversa strategia di contrattazione di secondo livello, una più<br />

profonda concertazione territoriale.<br />

Ad un contesto economico-finanziario cambiato <strong>la</strong> <strong>Cisl</strong> risponde con <strong>la</strong> riorganizzazione<br />

delle Unioni e delle Federazioni che assicura un sistema integrato di interventi e di servizi.<br />

In tal senso con <strong>la</strong> deliberazione del 18 luglio 2012 del Comitato Esecutivo Confederale si è<br />

dato l’avvio al<strong>la</strong> riorganizzazione interna ai sensi dell’articolo 35 dello statuto confederale, che<br />

assegna al<strong>la</strong> USR <strong>la</strong> tito<strong>la</strong>rità per <strong>la</strong> definizione degli assetti territoriali, orizzontali e categoriali.<br />

Prontamente in Sicilia, dove era già stato avviato un processo di discussione all’interno dei<br />

propri organismi, con le deliberazioni del Comitato Esecutivo regionale del 26 e 27 luglio<br />

2012 veniva proposto al Consiglio Regionale <strong>la</strong> riorganizzazione delle strutture territoriali<br />

in cinque aree: <strong>la</strong> UST di <strong>Palermo</strong> Trapani, <strong>la</strong> UST Agrigento Caltanissetta Enna, <strong>la</strong> UST Ragusa<br />

Siracusa, <strong>la</strong> UST Catania, <strong>la</strong> UST Messina.<br />

Il 27 novembre 2012 i Consigli Generali congiunti di <strong>Palermo</strong> e Trapani deliberavano all’unanimità<br />

l’accorpamento strutturale delle stesse e conseguentemente delle federazioni<br />

a loro facenti capo.<br />

Tale percorso si è concluso con l’accorpamento delle diciotto federazioni di categoria territoriali<br />

con l’ultimo congresso del<strong>la</strong> <strong>Cisl</strong> scuo<strong>la</strong> <strong>Palermo</strong> Trapani del 18 febbraio 2013.<br />

Il gruppo dirigente siciliano ha prontamente condiviso <strong>la</strong> proposta del nostro Segretario Generale<br />

Maurizio Bernava di inserire nello statuto delle nuove cinque aree territoriali l’obbligo<br />

di costituire le unioni sindacali zonali nel cui ambito ogni federazione designerà un proprio<br />

dirigente per costituire il consiglio del<strong>la</strong> "unione sindacale zonale” onde potere affrontare sinergicamente,<br />

con il livello confederale e federale, <strong>la</strong> sfida del territorio.<br />

La nostra struttura non si è trovata impreparata a tale sfida poiché negli ultimi anni abbiamo<br />

<strong>la</strong>vorato intensamente e sinergicamente con le federazioni, condividendo <strong>la</strong> scelta di costituire<br />

sette unioni sindacali zonali con capofi<strong>la</strong> comuni ai quali fanno capo uffici e servizi o più<br />

servizi di patronato (INAS e CAF) esistenti nello stesso bacino.<br />

Uffici e servizi che sono adeguati al<strong>la</strong> vigente normativa legis<strong>la</strong>tiva in tema di sicurezza,<br />

decisioni assunte in Comitato Esecutivo territoriale e successivamente deliberate dal<br />

Consiglio Generale.<br />

32


Un impegno, consistente anche dal punto di vista economico, che ha determinato una svolta<br />

storica nel nostro territorio provinciale anche con <strong>la</strong> presenza di oltre settanta sedi periferiche,<br />

unioni sindacali comunali, di quartiere e circoscrizione nelle città.<br />

Anche <strong>la</strong> UST di Trapani ha suddiviso il proprio territorio in tre unioni sindacali zonali e diverse<br />

artico<strong>la</strong>zioni comunali.<br />

Esprimiamo grande apprezzamento per <strong>la</strong> legge 6 novembre 2012 n. 190 “Disposizioni per<br />

<strong>la</strong> prevenzione e <strong>la</strong> repressione del<strong>la</strong> corruzione e dell’illegalità nel<strong>la</strong> Pubblica Amministrazione”,<br />

poiché <strong>la</strong> norma introduce nell’ordinamento giuridico obblighi di trasparenza dell’attività<br />

amministrativa da tempo invocati dal<strong>la</strong> CISL nel territorio regionale.<br />

Infatti tale norma prevede l’obbligo del<strong>la</strong> pubblicazione nei siti web istituzionali delle pubbliche<br />

amministrazioni delle informazioni re<strong>la</strong>tive ai procedimenti amministrativi nel rispetto<br />

del<strong>la</strong> protezione dei dati personali. Nei siti web, pertanto, delle amministrazioni pubbliche devono<br />

essere resi noti i i bi<strong>la</strong>nci preventivi e consuntivi nonché i costi unitari di realizzazione<br />

delle opere pubbliche e i costi di produzione dei servizi erogati ai cittadini. Tutto ciò diventa<br />

un formidabile strumento di <strong>la</strong>voro per le nostre federazioni e per <strong>la</strong> confederazione per verificare,<br />

con dati certi, <strong>la</strong> programmazione degli enti nonché <strong>la</strong> effettiva realizzazione degli impegni<br />

assunti. Ecco perché lo slogan di questo 1° Congresso è: “La <strong>Cisl</strong> nel e per il territorio“.<br />

33<br />

8) SVILUPPO, EQUITÀ E LAVORO PER LA CRESCITA<br />

In una Italia mai come in questi tempi così disaggregata e litigiosa, come si è evidenziato<br />

nel<strong>la</strong> recente campagna elettorale, non si possono continuare a diffondere messaggi pessimistici<br />

sull’andamento delle variabili che più possono nuocere al<strong>la</strong> crescita. Tanto più si diffondono<br />

notizie negative sull’andamento del PIL e su quello dell’occupazione, tanto più si<br />

scoraggia chi abbia voglia di intraprendere e di investire.<br />

Per creare le precondizioni al<strong>la</strong> ripresa economico-sociale sono, pertanto, necessari un contesto<br />

istituzionale e politico favorevole allo sviluppo delle attività imprenditoriali, un rafforzamento<br />

del<strong>la</strong> cooperazione tra i gruppi sociali interessati e lo sviluppo delle risorse umane<br />

attraverso <strong>la</strong> formazione dei datori di <strong>la</strong>voro e dei <strong>la</strong>voratori. L’investimento nelle risorse<br />

umane è vitale quanto l’investimento nei capitali. Le economie e le società che riusciranno<br />

meglio saranno quelle che privilegeranno il lungo termine investendo fortemente nel<strong>la</strong> formazione<br />

dei <strong>la</strong>voratori.<br />

In questo contesto:<br />

- bisogna fornire ai giovani una buona formazione di base e una cultura di <strong>la</strong>voro e d’impresa.<br />

Occorre assicurare, inoltre, <strong>la</strong> migliore transizione tra <strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> e l’impresa;<br />

- ciascun <strong>la</strong>voratore deve poter accedere al<strong>la</strong> formazione continua e al<strong>la</strong> formazione professionale<br />

in modo da adattarsi ai cambiamenti economici e tecnologici. La formazione professionale<br />

deve durare tutta <strong>la</strong> vita e non deve essere limitata al solo periodo giovanile.<br />

Anche per prevenire e combattere l’esclusione dei tanti <strong>la</strong>voratori che incontrano difficoltà<br />

di adattamento, è indispensabile una maggiore efficienza dei servizi pubblici per l’impiego.<br />

Questi centri devono effettivamente servire per stabilire un legame stretto tra i servizi incaricati<br />

di favorire <strong>la</strong> ricerca dell’impiego e quelli incaricati di dare un indennizzo ai disoccupati.


In Italia <strong>la</strong> graduale riduzione del PIL è avvenuto nel contesto di una crisi demografica unica<br />

in Europa, con <strong>la</strong> prospettiva di avere nel 2050 un over 65 ogni tre under 15. La crisi demografica<br />

ha, ovviamente, uno stretto rapporto con le bassissime risorse destinate al<strong>la</strong> famiglia,<br />

con molti servizi essenziali (in primis gli asili nido) drammaticamente insufficienti. Rispetto<br />

al<strong>la</strong> media europea del 2,1%, l’Italia destìna al<strong>la</strong> voce famiglia l’1,3% del PIL. Pare proprio<br />

che l’Italia voglia emarginare i giovani e non v’è motivo di stupore nel constatare che nel<br />

periodo 2008- 2010 <strong>la</strong> crisi economica ha ridotto del 13% l’occupazione dei nostri giovani<br />

(mentre ha ridotto del 3% quel<strong>la</strong> dei giovani tedeschi).<br />

In Italia i giovani soffrono non soltanto a causa del<strong>la</strong> lunga crisi economica ma principalmente<br />

per il contesto normativo che li riguarda.<br />

I giovani sono così colpiti dal<strong>la</strong> brevità dei loro contratti, dal<strong>la</strong> inferiorità dei loro sa<strong>la</strong>ri, dal<strong>la</strong><br />

instabilità del loro <strong>la</strong>voro, dalle misere prospettive delle pensioni future.<br />

Pensiamo al<strong>la</strong> ben nota vicenda legata al<strong>la</strong> riforma del sistema pensionistico.<br />

La questione pensionistica non è e non deve essere trattata al<strong>la</strong> stregua delle tante vicende<br />

contabili che riguardano un Paese; <strong>la</strong> riforma delle pensioni non può basarsi sul<strong>la</strong> riflessione<br />

ragioneristica che con l’allungamento del<strong>la</strong> vita media, gli anni nei quali il reddito è tratto da<br />

un processo redistributivo, come <strong>la</strong> pensione, tendono a superare quelli nei quali il reddito<br />

è tratto da una attività che lo produce.<br />

La politica in Italia, così ragionando, non ha considerato che, per ripristinare un equilibrio tra<br />

gli anni di <strong>la</strong>voro (e di contribuzione) e quelli di pensione, l’innalzamento dell’età del pensionamento<br />

così repentina e drastica potrebbe rive<strong>la</strong>rsi una soluzione inutile o addirittura<br />

controproducente. Questa riforma pensionistica, realizzata in un sistema produttivo debole,<br />

in grande affanno, che già fatica a mantenere <strong>la</strong> quantità di <strong>la</strong>voro, ha creato so<strong>la</strong>mente<br />

“paure e incrementi di disoccupazione”.<br />

L’innalzamento dell’età pensionabile potrebbe portare ad un riequilibrio dei conti del<strong>la</strong> previdenza<br />

(ammesso e documentato che in Italia si spende troppo per le pensioni rispetto al<strong>la</strong><br />

media europea, salvo a constatare che <strong>la</strong> spesa previdenziale in senso stretto, depurata di<br />

quelle spese assistenziali che impropriamente vengono sommate ad essa, è inferiore a quel<strong>la</strong><br />

dei Paesi europei), ma servirebbe ben poco perché con l’innalzamento dell’età pensionabile<br />

<strong>la</strong> contropartita sarebbe un ritardo dell’ingresso nel mondo del <strong>la</strong>voro dei giovani. E<br />

anche in termini strutturali l’equilibrio dei conti previdenziali (sempre che <strong>la</strong> causa dello<br />

squilibrio siano le pensioni) avrebbe ben poco da guadagnare perché <strong>la</strong> previdenza deve essere<br />

sempre considerata con intimo riferimento al<strong>la</strong> realtà socio-economica del Paese. La<br />

politica italiana degli ultimi anni ha, viceversa, voluto estendere l’area dei <strong>la</strong>voratori transitori<br />

e intermittenti, ai quali non sono garantiti flussi costanti sufficienti di reddito.<br />

Ai giovani è stata resa impossibile una programmazione tradizionale, quel<strong>la</strong> nel<strong>la</strong> quale si<br />

fanno sacrifici oggi per ottenere più alti benefici in futuro, indispensabile per acquisire un<br />

proprio ed autonomo ruolo nel<strong>la</strong> società.<br />

Nel<strong>la</strong> cultura italica questa politica, oltre che generare disoccupazione, ha indotto i giovani<br />

- in attesa di un futuro meno precario - ad uno stile di vita improntato al<strong>la</strong> giornata, forse<br />

creando anche le premesse per una “povertà prossima”.<br />

Sarebbe da ricordare ai “governanti” che le leggi di mercato, come quel<strong>la</strong> pensionistica,<br />

34


coerenti con le leggi economiche naturali, sono per definizione “solidaristiche”. È il disprezzo<br />

per l’economia naturale che ha originato le attuali distorsioni nel mercato del <strong>la</strong>voro in Italia;<br />

le leggi non si fanno per l’economia ma per l’uomo, come ci ha ricordato Benedetto XVI<br />

in “Caritas in Veritate”.<br />

Pertanto, se <strong>la</strong> prima attenzione per <strong>la</strong> crescita si pone al<strong>la</strong> questione fiscale, ed è bene rimarcare<br />

che le maggiori aliquote di tassazione del reddito delle imprese riguardano quelle<br />

del centro-sud e delle isole, (41% rispetto ad una media del 38%), <strong>la</strong> priorità dimenticata è<br />

quel<strong>la</strong> del <strong>la</strong>voro.<br />

In questo senso sarebbe stato senza dubbio molto utile che <strong>la</strong> legge di riforma del <strong>la</strong>voro<br />

avesse previsto un collegamento degli ammortizzatori sociali con le politiche attive del <strong>la</strong>voro.<br />

Le scelte del<strong>la</strong> legge, che rinvia a decreti delegati e non risolve il rapporto con le Regioni,<br />

non sono assolutamente all’altezza delle attese e delle intenzioni.<br />

Noi avremmo preferito che sin da subito si procedesse al<strong>la</strong> riorganizzazione dei rapporti tra<br />

governo e competenze regionali sui servizi per l’impiego: orientando le politiche di ricollocazione,<br />

rimettendo insieme domanda ed offerta di <strong>la</strong>voro con riferimento ai nuovi bacini di<br />

occupazione (“<strong>la</strong>vori verdi”, “<strong>la</strong>vori bianchi”, competenze e professioni di difficile reperimento).<br />

Una legge non è risolutiva per creare <strong>la</strong>voro, ed occorre che il Governo in sintonia con le regioni<br />

diano sostanza alle politiche del <strong>la</strong>voro, in un momento storico nel quale è molto instabile<br />

il rapporto tra flessibilità e buona occupazione.<br />

La <strong>Cisl</strong> manifesta tutta <strong>la</strong> sua determinatezza nel<strong>la</strong> contrattazione nazionale e aziendale e,<br />

come è nel<strong>la</strong> sua tradizione, è pronta a fare fino in fondo <strong>la</strong> sua parte.<br />

35<br />

9) LA CISL E L’ACCORDO SULLA PRODUTTIVITÀ E LA RAPPRESENTANZA<br />

L’accordo sul<strong>la</strong> produttività è un grande risultato del<strong>la</strong> iniziativa fortemente voluta dal<strong>la</strong> <strong>Cisl</strong><br />

per riconoscere che non ci può essere competitività senza <strong>la</strong> condivisione sia da parte delle<br />

aziende sia da parte dei <strong>la</strong>voratori dell’obiettivo del<strong>la</strong> efficienza e del<strong>la</strong> efficacia.<br />

Il mondo del <strong>la</strong>voro ha subito profonde trasformazioni che comportano nuove esigenze e<br />

impongono priorità, nuove domande e nuove professionalità, perfettamente integrate in<br />

un contesto sempre più sensibile alle innovazioni tecnologiche.<br />

E, così, <strong>la</strong> <strong>Cisl</strong> ha inteso puntare non su spinte conflittuali ma su iniziative cooperative che<br />

rendano coprotagonisti tutti gli attori dello sviluppo: management, <strong>la</strong>voratori, rappresentanze<br />

sindacali.<br />

L’accordo firmato il 16 novembre 2012 interviene in un mercato che dovrà essere sempre più<br />

liberato dalle posizioni di rendita affinché si creino le condizioni che inducano le imprese ad<br />

investire nelle innovazioni tecnologiche ed organizzative.<br />

La sfida per l’Italia, al<strong>la</strong> quale <strong>la</strong> <strong>Cisl</strong> ha portato un contributo di metodo, sarà una maggiore<br />

produttività in un nuovo contesto di contrattazione aziendale/territoriale che deve premiare<br />

<strong>la</strong> produttività da innovazione a cui corrisponde il maggior impegno dei <strong>la</strong>voratori che devono<br />

partecipare a questa continua riprogettazione dei processi produttivi.<br />

Questo accordo è vanto del<strong>la</strong> <strong>Cisl</strong> che si è resa protagonista grazie al<strong>la</strong> sua autonomia dai


partiti, ai suoi principi ispiratori, agli ideali dei suoi fondatori e degli uomini che l’hanno guidata,<br />

grazie anche all’impegno delle donne e degli uomini che con convinzione credono nei<br />

valori del<strong>la</strong> giustizia e dell’equità sociale, valori che affondano le radici nel<strong>la</strong> dottrina sociale<br />

del<strong>la</strong> Chiesa. Una <strong>Cisl</strong> che si è sempre contraddistinta per le sue proposte equilibrate sul<br />

fisco, sull’evasione fiscale, sullo sviluppo, sulle strategie a difesa dei <strong>la</strong>voratori, dei pensionati,<br />

dei più deboli.<br />

Un accordo, quello sul<strong>la</strong> produttività, che <strong>la</strong> <strong>Cisl</strong> auspica possa estendersi anche al settore<br />

pubblico, <strong>la</strong> cui efficienza e qualità sono decisive per <strong>la</strong> crescita economica e <strong>la</strong> vita sociale.<br />

La qualità dei servizi dipende partico<strong>la</strong>rmente dagli impegni dei dipendenti e dal<strong>la</strong> efficacia<br />

del<strong>la</strong> contrattazione aziendale su tutti i fattori del<strong>la</strong> produttività (orari, organizzazione del <strong>la</strong>voro,<br />

sa<strong>la</strong>rio, formazione, istituti partecipativi).<br />

Con il “patto per <strong>la</strong> produttività” <strong>la</strong> <strong>Cisl</strong> ha inteso innovare il tradizionale incontro tra imprese<br />

e <strong>la</strong>voratori affinché anche in Italia si avvii il percorso di crescita che in atto vede il nostro<br />

Paese in una situazione di gap rispetto alle economie più solide di altri Paesi in Europa e nel<br />

mondo.<br />

È significativo l’importo inserito nel<strong>la</strong> legge di stabilità pari a 2.150 miliardi per il triennio<br />

2013/2015 inerente <strong>la</strong> detassazione del sa<strong>la</strong>rio di produttività; per l’anno 2013 <strong>la</strong> disponibilità<br />

finanziaria ammonta a 950 milioni e per l’anno successivo ad 1 miliardo di euro.<br />

Il Consiglio dei Ministri dell 22 gennaio u.s. ha approvato lo schema di decreto di detassazione<br />

del sa<strong>la</strong>rio di produttività nel settore privato. Lo stesso prevede l’innalzamento da 30<br />

a 40 mi<strong>la</strong> euro del<strong>la</strong> soglia di detassazione ampliando notevolmente le categorie di <strong>la</strong>voratori<br />

interessate confermado l’aliquota agevo<strong>la</strong>ta di tassazione al 10% sul sa<strong>la</strong>rio di produttività<br />

definito al livello aziendale o territoriale.<br />

Un “patto” che, come ha ribadito il nostro Segretario Generale Raffaele Bonanni, si coniuga<br />

intimamente con <strong>la</strong> “rappresentanza e <strong>la</strong> partecipazione” che costituiscono i cardini fondamentali<br />

del<strong>la</strong> azione sindacale del<strong>la</strong> <strong>Cisl</strong>.<br />

Rappresentanza con persone che devono operare con grande senso di responsabilità, con<br />

delegati che hanno sempre più bisogno di formazione ed informazione; un accordo sul<strong>la</strong><br />

rappresentanza che sarà portatore di certezze e stabilità alle re<strong>la</strong>zioni industriali, con sanzioni<br />

precise contro chi non rispetta le decisioni del<strong>la</strong> maggioranza.<br />

È auspicabile, pertanto, che sul<strong>la</strong> rappresentanza le parti sociali, sindacato e imprese, concordino<br />

autonomamente un avviso comune senza interventi legis<strong>la</strong>tivi.<br />

Partecipazione all’azionariato, agli utili, alle scelte dei <strong>la</strong>voratori, tutti temi sui quali <strong>la</strong> <strong>Cisl</strong><br />

auspica un a più intensa condivisione da parte del<strong>la</strong> politica.<br />

10) CONCLUSIONI<br />

Accingendomi alle conclusioni, vorrei ringraziare l’amico Paolo Mezzio, Segretario Organizzativo<br />

Confederale, per <strong>la</strong> sua presenza e per l’intervento di chiusura del<strong>la</strong> prima giornata<br />

congressuale. Sono certo che non mancherà di fornirci altri indispensabili motivi di stimolo<br />

al dibattito congressuale.<br />

Il CENSIS, presieduto da Giuseppe De Rita, ci ricorda che siamo diventati un Paese che non<br />

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offre un futuro ai giovani, dove l’occupazione stenta, il <strong>la</strong>voro sommerso cresce, i servizi<br />

sono scadenti, il risparmio delle famiglie è stato eroso, i Comuni sono sull’orlo del default<br />

sociale.<br />

Siamo diventati un Paese fragile anche a causa di una crisi che viene dal non governo del<strong>la</strong><br />

finanza globalizzata.<br />

Siamo diventati:<br />

- un Paese nel quale gli antichi punti di forza (<strong>la</strong> capacità di adattamento e i processi spontanei<br />

di autorego<strong>la</strong>zione nel welfare, nei consumi, nelle strategie d’impresa) non riescono più<br />

a funzionare;<br />

- un Paese che vive alimentato da concetti e termini che nul<strong>la</strong> hanno a che fare con le preoccupazioni<br />

del<strong>la</strong> vita collettiva (default, rating, spread,…);<br />

- un Paese nel quale il primato del<strong>la</strong> rego<strong>la</strong>zione finanziaria può esprimere solo una dimensione<br />

di controllo, non di evoluzione e crescita, perché è impossibile che i poteri finanziari<br />

disegnino sviluppo; quest’ultimo si fa solo con energie, mobilitazioni, convergenze collettive;<br />

- un Paese che può “riprendersi” solo se saprà ridare valore all’economia reale, se saprà avere<br />

lo sguardo lungo e prendere decisioni che durino nel tempo, se saprà far emergere tutti i<br />

conflitti potenziali interni che sono segno di vitalità (gli indignati), saprà difendere e valorizzare<br />

<strong>la</strong> rappresentanza;<br />

- un Paese che deve ripensare a un modello di welfare basato su forme innovative di sussidiarietà<br />

con <strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione ancor più stretta con i soggetti del non profit;<br />

- un Paese che deve ripensare <strong>la</strong> formazione professionale quale forma complementare al<strong>la</strong><br />

tradizionale istruzione sco<strong>la</strong>stica ed universitaria. Vi sono tanti mestieri vitali per <strong>la</strong> nostra<br />

economia (col<strong>la</strong>boratori domestici, addetti al<strong>la</strong> pulizia, raccoglitori di rifiuti, autisti di<br />

bus/tram/camion, agricoltori e operai agricoli, muratori e carpentieri, braccianti agricoli,<br />

sarti, tappezzieri, ricamatori, carrozzieri, meccanici, allevatori, addetti ai servizi di igiene e<br />

pulizia, falegnami, impagliatori) che soffrono di una sorta di “stigma” sociale.<br />

Al Paese occorre una affidabile rappresentanza politica: oggi si preme per <strong>la</strong> decisione a scapito<br />

del<strong>la</strong> concertazione, e invece proprio <strong>la</strong> concertazione costituisce <strong>la</strong> forza di questo<br />

Paese.<br />

E in proposito, con riferimento al<strong>la</strong> situazione che si è venuta a delineare negli ultimi anni,<br />

sento il dovere di ringraziare pubblicamente Maurizio Bernava che non ha mancato quotidianamente<br />

di affermare in tutte le sedi e con tutti gli interlocutori <strong>la</strong> “visione” che <strong>la</strong> <strong>Cisl</strong> ha<br />

del<strong>la</strong> politica. Una visione solidale, equa e per questo rigorosa che mira ad offrire, anche prospetticamente,<br />

<strong>la</strong> risposta ai bisogni di tutti i componenti del<strong>la</strong> nostra società. Maurizio Bernava<br />

non ha fatto “sconti a nessuno” e così ha costruito <strong>la</strong> sua credibilità, fondata sul dialogo<br />

serrato ed intenso con tutte le parti sociali e con il governo di questa regione: “niente posti<br />

al sole” ma quotidiana trincea per uno sviluppo autentico di questa iso<strong>la</strong>.<br />

Al Paese occorrono comportamenti esemp<strong>la</strong>ri e non le usuali “litanie” che tanta depressione<br />

continuano provocare nel popolo che, impaurito dall’ossessionante ritornello di crisi e disoccupazione,<br />

ha interrotto il rapporto con l’economia: sembra che <strong>la</strong> “consegna” in Italia sia<br />

“l’austerità” come ai tempi mussoliniani dell’autarchia.<br />

La gente è sopraffatta dal<strong>la</strong> preoccupazione, perché <strong>la</strong> minaccia del costo del<strong>la</strong> vita è ingi-<br />

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gantita dal timore di nuove tasse e per <strong>la</strong> continua incertezza del <strong>la</strong>voro.<br />

In una economia in ribasso il gettito fiscale si contrae, mentre <strong>la</strong> spesa sociale aumenta; non<br />

c’è un precedente che dimostri che <strong>la</strong> riduzione dei sa<strong>la</strong>ri, delle pensioni e dei servizi sociali<br />

possa dare sollievo a un Paese ma<strong>la</strong>to.<br />

La <strong>Cisl</strong> fa sue le preoccuopazioni sui giovani, sul <strong>la</strong>voro, sull’economia reale e ritiene che<br />

questa sia <strong>la</strong> prima sfida che dovrà affrontare il paese all’inizio di questa nuova legis<strong>la</strong>tura.<br />

Devono ritornare insieme <strong>la</strong> buona politica, gli uomini del fare, i ceti produttivi e le forze sociali<br />

per ridefinire, aggiornandolo, il perimetro dello Stato, eliminare le inefficienze del<strong>la</strong> burocrazia<br />

e ridare centralità all’iniziativa manifatturiera, all’innovazione tecnologica e al<strong>la</strong><br />

ricerca. Per realizzare progetti così impegnativi è indispensabile un governo stabile.<br />

Forse il risultato elettorale del 24 e 25 febbraio 2013 può rappresentare una “soluzione” ai<br />

tanti problemi che affliggono l’Italia.<br />

La <strong>Cisl</strong> non vuole accodarsi ai tanti che pensano al rischio dell’ingovernabilità perché con<br />

senso di responsabilità siamo convinti che l’Italia possa farce<strong>la</strong>!<br />

Non abbiamo mai creduto ad una politica autoreferenziale, che si è occupata e preoccupata<br />

solo di se stessa, del<strong>la</strong> propria sopravvivenza, e non degli “altri”.<br />

Non vogliamo una politica interessata solo ai “numeri per governare”, necessari ma non indispensabili<br />

nei periodi di crisi. È fondamentale, invece, porre l’attenzione alle grandi emergenze<br />

sociali che attanagliano il sistema paese.<br />

Non chiediamoci quale sia <strong>la</strong> migliore alleanza politica per costitutire il nuovo Governo, ma<br />

domandiamoci quale siano le “c<strong>la</strong>ssifiche delle emergenze per l’Italia”.<br />

é con un Governo del e per l’intera nazione che si inizia a rispondere ai bisogni degli Italiani.<br />

Il tempo è abbondantemente scaduto e <strong>la</strong> <strong>Cisl</strong> rec<strong>la</strong>ma l’assunzione di precise responsabilità<br />

politiche a tutti gli schieramenti par<strong>la</strong>mentari.<br />

Pertanto è indispensabile <strong>la</strong> formazione di un Governo che si assuma <strong>la</strong> responsabilità politica<br />

dinanzi al<strong>la</strong> nazione. La responsabilità è dell’intera c<strong>la</strong>sse politica eletta e non so<strong>la</strong>mente<br />

di coloro che costituiranno <strong>la</strong> coalizione di Governo; occorre un accordo stabile per dare risposte<br />

politiche, economiche e sociali all’Italia.<br />

La <strong>Cisl</strong> non auspsica “inciuci” ma è fermamente contraria a discorsi di incompatibilità politica<br />

dannosi e pericolosi in questo momento storico.<br />

Su questo tema e su altri argomenti domani avremo il piacere di ascoltare, a conclusione<br />

del nostro congresso, il nostro Segretario Generale Raffaele Bonanni e <strong>la</strong> sua autorevole<br />

opinione.<br />

Raffaele Bonanni che ha presentato il 6 febbrario 2013 al<strong>la</strong> sa<strong>la</strong> Zuccari del Senato il “Il Manifesto<br />

per una revisione costituzionale” nel quale, fra l’altro, si invita a non sottovalutare le<br />

condizioni di emergenza in cui viviamo. Si tratta di pensare e costruire una fase di transizione<br />

per riformare <strong>la</strong> Repubblica italiana, eliminando tutte quelle storture accumu<strong>la</strong>te e<br />

che <strong>la</strong> politica non è stata in grado di risolvere.<br />

Anche se è un pensiero noto a tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell’Italia, ritengo utile<br />

ripetere le semplici e concrete proposte del nostro Segretario Generale Raffaele Bonanni:<br />

riduzione del<strong>la</strong> spesa pubblica, compresi i sussidi alle imprese (orientamento condiviso dal<br />

Presidente di Confindustria), redditometro abbinato ad una incisiva politica antievasione,<br />

38


investimenti sull’energia per <strong>la</strong> competitività, lotta ai monopoli e sblocco immediato delle<br />

somme per le opere pubbliche (in Sicilia i crediti vantati dalle sole imprese edili nei confronti<br />

del<strong>la</strong> pubblica amministrazione sarebbero pari a 1,5 miliardi di euro) ed inoltre un accordo<br />

tra le parti, organizzazioni sindacali e datoriali, per <strong>la</strong> formu<strong>la</strong>zione di proposte in tema di<br />

mercato del <strong>la</strong>voro.<br />

Ci vorrebbe però coraggio, il coraggio che dimostrarono gli italiani al<strong>la</strong> fine del<strong>la</strong> seconda<br />

guerra mondiale. In questo difficilissimo momento socio-economico ci pare utile evocare <strong>la</strong><br />

“tensione” emotiva e fattiva che dimostrò l’Italia di allora.<br />

Tra i tanti, occorre ricordare l’esempio che dette il Capo provvisorio dello Stato Enrico De<br />

Nico<strong>la</strong> che in un momento di partico<strong>la</strong>re gravità per <strong>la</strong> vita politica nazionale fu il Presidente<br />

dell’unanimità, il Presidente che “sventolò“ <strong>la</strong> bandiera intorno a cui si raccolsero tutti gli<br />

sforzi di rinascita del<strong>la</strong> Nazione.<br />

Durante i suoi due anni di governo fu un Capo di Stato eccezionale e manifestò nell’espletamento<br />

del<strong>la</strong> sua carica gli stessi principi di semplicità che da sempre avevano rego<strong>la</strong>to <strong>la</strong><br />

sua vita sobria. Fu un uomo politico con il culto ed il gusto del<strong>la</strong> delicatezza, quel<strong>la</strong> specie<br />

di pudore e di contenutezza di sentimenti esternate nelle re<strong>la</strong>zioni con i propri simili.<br />

Vuol dire il buon gusto di vivere e di governare senza sottolineare se stesso, senza dar gomitate,<br />

cedendo il passo piuttosto che accettare <strong>la</strong> precedenza. Vuol dire, soprattutto, senso<br />

e rispetto del<strong>la</strong> dignità, del<strong>la</strong> sensibilità, dei dolori e delle debolezze degli altri.<br />

Decalogo questo, spesso, dimenticato dagli uomini che oggi si agitano sul palcoscenico istituzionale<br />

dello Stato.<br />

Ecco, l’Italia nei suoi ranghi istituzionali e nel<strong>la</strong> Pubblica Amministrazione ha assoluto bisogno<br />

di uomini e donne di grande “levatura” e “sobrietà”, affinché gli italiani possano “marciare<br />

divisi ma affrontare uniti le difficoltà”.<br />

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Viva l’Italia !<br />

Viva <strong>la</strong> CISL!


In alcuni tra quei paesi però, alle condizioni di estremo disagio di moltissimi, fa stridente, offensivo<br />

contrasto l’abbondanza e il lusso sfrenato di pochi privilegiati; in altri ancora si costringe <strong>la</strong> presente<br />

generazione a soggiacere a privazioni disumane per aumentare l’efficienza dell’economia<br />

nazionale secondo ritmi di accelerazione che oltrepassano i limiti consentiti dal<strong>la</strong> giustizia e dall’umanità;<br />

mentre in altri paesi una percentuale cospicua di reddito viene assorbita per far valere<br />

o alimentare un malinteso prestigio nazionale o si spendono somme altissime per armamenti.<br />

Inoltre nei paesi economicamente sviluppati, non è raro costatare che mentre vengono assegnati<br />

compensi alti o altissimi per prestazioni di poco impegno o di valore discutibile, all’opera<br />

assidua e proficua di intere categorie di onesti e operosi cittadini vengono corrisposte retribuzioni<br />

troppo ridotte, insufficienti o comunque non proporzionate al loro contributo al bene del<strong>la</strong><br />

comunità, o al reddito delle rispettive imprese o a quello complessivo del<strong>la</strong> economia nazionale.<br />

Riteniamo perciò nostro dovere riaffermare ancora una volta che <strong>la</strong> retribuzione del <strong>la</strong>voro, come<br />

non può essere interamente abbandonata alle leggi di mercato, cosi non può essere fissata arbitrariamente;<br />

va invece determinata secondo giustizia ed equità. Il che esige che ai <strong>la</strong>voratori<br />

venga corrisposta una retribuzione che loro consenta un tenore di vita veramente umano e di far<br />

fronte dignitosamente alle loro responsabilità familiari; ma esige pure che nel<strong>la</strong> determinazione<br />

del<strong>la</strong> retribuzione si abbia riguardo al loro effettivo apporto nel<strong>la</strong> produzione e alle condizioni<br />

economiche delle imprese; alle esigenze del bene comune delle rispettive comunità politiche,<br />

specialmente per quanto riguarda le ripercussioni sull’impiego complessivo delle forze di <strong>la</strong>voro<br />

dell’intero paese, come pure alle esigenze del bene comune universale e cioè delle comunità internazionali<br />

di diversa natura ed ampiezza.<br />

È chiaro che i criteri sopra esposti valgono sempre e ovunque; però il grado secondo cui vanno<br />

applicati ai casi concreti non può essere stabilito che avendo riguardo al<strong>la</strong> ricchezza disponibile;<br />

ricchezza che, nel<strong>la</strong> quantità e nel<strong>la</strong> qualità, può variare, e di fatto varia, da paese a paese, e nello<br />

stesso paese da tempo a tempo”.<br />

(Mater et Magistra - 15 maggio 1961)<br />

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