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carbone attivo: aspetti e problematiche della riattivazione - Watergas

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La prime due reazioni sono endotermiche, hanno bisogno di alte temperature per avvenire. Sia la<br />

CO2 che l’ H2O tendono a reagire preferibilmente con il coke rispetto al <strong>carbone</strong> <strong>attivo</strong> originale in<br />

quanto, ha una struttura meno compatta rispetto al <strong>carbone</strong> <strong>attivo</strong> ottenendo che la reazione di<br />

ossidazione sia energeticamente più favorita. Durante la fase di attivazione il <strong>carbone</strong> raggiunge<br />

temperature tali da grafitizzare parzialmente, assumendo quindi una struttura esagonale molto<br />

compatta che è energeticamente più stabile rispetto alla struttura del coke, ovviamente una minima<br />

parte del <strong>carbone</strong> <strong>attivo</strong> reagisce, ottenendo come primo effetto la distruzione dei micropori che<br />

sono più fragili rispetto ai meso e macropori. Per successivi cicli di <strong>riattivazione</strong> l’indice di iodio ha<br />

la tendenza a calare o perché non si è effettuata una buona <strong>riattivazione</strong> (potrebbe esserci ancora del<br />

coke o si è spinta troppo e si è avuto un collasso <strong>della</strong> microporosità) o perchè durante la fase di<br />

filtrazione all’interno dei pori si è accumulato del materiale inorganico che trattato ad alta<br />

temperatura si decompone formando degli ossidi che bloccano l’accesso ai pori. L’effetto del<br />

consumo del <strong>carbone</strong> <strong>attivo</strong> originale si riscontra anche in un aumento in percentuale del materiale<br />

inorganico sempre presente all’interno <strong>della</strong> struttura del <strong>carbone</strong>. Di solito rispetto al <strong>carbone</strong><br />

<strong>attivo</strong> esausto si ha un aumento del 2% max, questo in funzione anche <strong>della</strong> natura del <strong>carbone</strong><br />

<strong>attivo</strong>, per carboni non molto duri (es. carboni di legna) la perdita durante la <strong>riattivazione</strong> è<br />

maggiore in quanto la poca durezza è indice che la struttura del <strong>carbone</strong> non è molto compatta,<br />

tende di conseguenza a reagire più facilmente con gli ossidanti durante il processo di <strong>riattivazione</strong>.<br />

Un altro parametro che ci indica se la <strong>riattivazione</strong> è stata eseguita a regola d’arte è la densità del<br />

<strong>carbone</strong> riattivato, se ha un valore più alto di quello vergine è indice che la <strong>riattivazione</strong> non è<br />

completa.<br />

E’ possibile effettuare la <strong>riattivazione</strong> dei carboni attivi granulari ed estrusi, su quelli in polvere è<br />

piuttosto difficile in quanto verrebbero trascinati insieme al flusso gassoso durante la<br />

movimentazione all’interno del forno.<br />

Come si può ben intuire, l’ultimo stadio è quello più importante di tutto il processo di <strong>riattivazione</strong><br />

dove si deve tener conto di moltissime variabili come la temperatura, il tempo di residenza<br />

all’interno del forno e la composizione del gas. Velocità di rimozione troppo alte comportano una<br />

variazione <strong>della</strong> composizione e uno spostamento a destra delle reazioni sopre riportate con<br />

conseguente consumo anche del <strong>carbone</strong> <strong>attivo</strong> originale; bisogna trovare un giusto compromesso<br />

tra il tempo di residenza del <strong>carbone</strong> all’interno del forno e la temperatura, in quanto un tempo<br />

troppo alto ad elevata temperatura provocherebbe un aumento delle perdite di <strong>riattivazione</strong> e nella<br />

qualità <strong>della</strong> struttura dei pori mentre a temperatura più bassa non si è sicuri di effettuare una<br />

completa <strong>riattivazione</strong>. Ad alte temperature la massa del <strong>carbone</strong> è più reattiva con conseguente<br />

maggiori perdite; è stato dimostrato che a basse temperature (>700 °C) la <strong>riattivazione</strong> non è<br />

ottimale anche per tempi piuttosto lunghi, tempi lunghi implicano anche maggiori costi di<br />

produzione in quanto la produttività del forno è minore. Da quanto riportato in letteratura e da<br />

esperienze dirette è stato dimostrato che la temperatura al di sopra <strong>della</strong> quale si ha una ottimale<br />

<strong>riattivazione</strong> è 900 °C, il tempo di residenza varia in funzione del tipo di adsorbato presente sul<br />

<strong>carbone</strong>, molecole piccole lasciano minori residui di pirolisi e i tempi di <strong>riattivazione</strong> sono inferiori<br />

rispetto a molecole ad alto peso molecolare e/o che possono polimerizzare tipo lo stirene, che forma<br />

alti residui di coke necessitando di maggiori tempi di residenza.<br />

Lo scopo <strong>della</strong> <strong>riattivazione</strong> come prevedibile è quello di ottimizzare i tempi perdendo il minor<br />

quantitativo possibile, per questo motivo vengono effettuati in laboratorio dei test preliminari di<br />

<strong>riattivazione</strong> con lo scopo di poter determinare qual è la massima capacità adsorbitiva che si può<br />

raggiungere sull’impianto.<br />

Le perdite di <strong>riattivazione</strong> in funzione delle condizioni di lavoro e <strong>della</strong> natura del <strong>carbone</strong> possono<br />

variare dal 5 al 25%. Come detto queste perdite si hanno perché parte del <strong>carbone</strong> <strong>attivo</strong> viene<br />

consumato dalla reazione con CO2 e H2O ed eventualmente anche dalla presenza di ossigeno, di<br />

conseguenza si ha la progressiva perdita di microporosità associata ad un aumento dei mesopori, per<br />

cui un <strong>carbone</strong> <strong>attivo</strong> riattivato nel tempo riduce la sua capacità di adsorbire molecole piccole ed<br />

aumenta quella per rimuovere molecole più grandi.

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