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Vittorio Fabris<br />

l’Oratorio<br />

di San Rocco<br />

con un contributo di<br />

Enrica V<strong>in</strong>ante<br />

Comune di Borgo Valsugana<br />

ASSESSORATO ALLA CULTURA


In prima, seconda e quarta pag<strong>in</strong>a di copert<strong>in</strong>a,<br />

Francesco Corradi: San Rocco, Sant’Anna Metterza e San Giobbe,<br />

2 a campata, registro <strong>in</strong>feriore, parete ovest (dopo il restauro).<br />

© Comune di Borgo Valsugana


Dopo quasi due anni di lavori l’oratorio di San Rocco viene riconsegnato<br />

alla comunità. Si tratta di uno dei più pregevoli beni culturali<br />

della nostra cittad<strong>in</strong>a e il suo restauro è anche frutto del r<strong>in</strong>novato<br />

<strong>in</strong>teresse dell’Amm<strong>in</strong>istrazione verso il nostro patrimonio culturale e<br />

religioso. Interesse che si è concretizzato nella segnalazione tramite totem<br />

dei palazzi e degli edifici di particolare importanza, <strong>in</strong> diverse pubblicazioni<br />

e nel censimento dei beni culturali, presupposto necessario<br />

per impostare i progetti di recupero e i relativi <strong>in</strong>terventi f<strong>in</strong>anziari.<br />

Voglio r<strong>in</strong>graziare tutti coloro che hanno reso possibile questo<br />

risultato. In primo luogo Enrica V<strong>in</strong>ante e le sue collaboratrici che<br />

hanno eseguito i restauri, l’architetto Claudia Dalvai, gli esperti della<br />

Sopr<strong>in</strong>tendenza per i Beni Storico-Artistici della Prov<strong>in</strong>cia Autonoma<br />

di Trento, Fabio Campolongo, Roberto Per<strong>in</strong>i, Claudio Strocchi. Un<br />

grazie poi a Vittorio Fabris che ha realizzato questa pregevole guida e<br />

<strong>in</strong> particolare al parroco don Mario Busarello per la cura e la costante<br />

attenzione verso il patrimonio artistico della nostra parrocchia.<br />

L’Assessore ALLA cuLturA<br />

Emanuele Montibeller


Gli affreschi della 2 a campata prima del restauro (foto del 2001).


L’ORATORIO DI SAN ROCCO<br />

La chiesetta-oratorio di San Rocco venne eretta nel 1509 per voto della<br />

Comunità di Borgo contro l’<strong>in</strong>furiare della peste, sopra una preesistente<br />

cappella cimiteriale dedicata a San Michele Arcangelo. L’edificio, un<br />

parallelepipedo a due piani, orientato a sud, riceve luce dalle quattro<br />

f<strong>in</strong>estre del lato est e dalle due f<strong>in</strong>estrelle cent<strong>in</strong>ate e strombate del lato sud.<br />

All’oratorio superiore si accede salendo due rampe di scale, fiancheggiate<br />

da r<strong>in</strong>ghiere <strong>in</strong> ferro, che si congiungono nel pianerottolo antistante il<br />

portale d’<strong>in</strong>gresso (XVII sec.), architravato e protetto da un tettuccio di<br />

scandole. Tra il portale e il tettuccio è murata la lapide <strong>in</strong> marmo bianco<br />

commemorativa della chiesa. Sotto il pianerottolo, stretta dalle due rampe<br />

di scale, si apre una portic<strong>in</strong>a che immette nella cappella di San Michele. Il<br />

disegno della facciata è completato da un oculo ovale sottol<strong>in</strong>eato da una<br />

leggera cornice, posto all’altezza del sottotetto, e dal leggero aggetto di due<br />

lesene angolari term<strong>in</strong>anti con un capitello tuscanico. Sul lato a sera del<br />

tetto s’<strong>in</strong>nalza un campaniletto a vela con una campanella.<br />

L’<strong>in</strong>terno<br />

L’<strong>in</strong>terno tardo gotico ispirato a modelli veneti (vedi San Rocco<br />

a Castello Tes<strong>in</strong>o e San Leonardo a Castelnuovo) è costituito da due<br />

campate costolonate voltate a crociera, la seconda delle quali fungente<br />

da presbiterio è completamente affrescata. Un altro affresco si trova<br />

sulla parete occidentale della prima campata, fiancheggiato da un altare<br />

ligneo con una pala ad olio. In questa cappella, durante la guerra rustica<br />

del 1525, tennero giuramento di unità i capipopolo di Borgo. Tra questi<br />

c’era anche Francesco Corradi, l’autore di gran parte degli affreschi,<br />

che <strong>in</strong> seguito sarà condannato al taglio della l<strong>in</strong>gua nella pubblica<br />

piazza di Trento il 23 dicembre del 1525.<br />

5


I restauri di San Rocco<br />

Con la riapertura della chiesetta di San Rocco si conclude un lungo<br />

e meticoloso restauro <strong>in</strong>iziato due anni fa e condotto con professionalità<br />

e competenza da Enrica V<strong>in</strong>ante e dalla sua squadra. Il complesso<br />

restauro alle parti pittoriche, e non solo, è stato costantemente seguito<br />

dagli esperti della Sopr<strong>in</strong>tendenza ai Beni Storico-Artistici della P.A.T.,<br />

dott. Claudio Strocchi, dott. Fabio Campolongo e Roberto Per<strong>in</strong>i,<br />

unitamente all’architetto Claudia Dalvai, esperto <strong>in</strong>caricato dalla<br />

Parrocchia di Borgo Valsugana.<br />

Negli ultimi due secoli gli affreschi furono oggetto di altri<br />

quattro <strong>in</strong>terventi di restauro. Il primo, <strong>in</strong> data imprecisata, forse nel<br />

1833, venne condotto con criteri di ampio rifacimento; il secondo,<br />

eseguito da Tullio Brizi nel 1924, aveva cercato di porre rimedio ai<br />

danni del primo malaugurato restauro, elim<strong>in</strong>ando gran parte delle<br />

ridip<strong>in</strong>ture e <strong>in</strong>iziando l’opera di consolidamento degli <strong>in</strong>tonaci,<br />

operazioni che verranno portate avanti nel terzo restauro, quello del<br />

1951. Il quarto restauro è quello eseguito dal prof. Ottor<strong>in</strong>o Tassello<br />

di Bassano nel 1977. Il restauro della V<strong>in</strong>ante ha ridonato nuova vita<br />

e migliore leggibilità a tutto il complesso decorativo mettendo <strong>in</strong> luce<br />

e recuperando importanti brani pittorici occultati da <strong>in</strong>tonaci e scialbo,<br />

come la Pietà esterna, la decorazione a candelabre sull’<strong>in</strong>tradosso della<br />

seconda f<strong>in</strong>estra del piano superiore e la parte <strong>in</strong>feriore dell’affresco<br />

della cappella di San Michele.<br />

La figura di San Rocco<br />

Le certezze sui dati storici della vita di San Rocco, il “rosso”,<br />

come vorrebbe una diffusa etimologia del nome, poco conv<strong>in</strong>cente per<br />

i l<strong>in</strong>guisti, sono <strong>in</strong>versamente proporzionali alla diffusione del suo culto<br />

e alla sua popolarità. Canonizzato solo nel 1629 da papa Urbano VIII<br />

quando già cent<strong>in</strong>aia di chiese, oratori, ospizi, edicole ed altro gli erano<br />

6


stati dedicati, veniva soprattutto <strong>in</strong>vocato e pregato durante le epidemie<br />

di peste avendo lui stesso contratto e superato miracolosamente questo<br />

terribile morbo. Nonostante la quasi totale assenza di dati storici, sul<br />

suo conto sono sorte numerose leggende e sono state redatte, <strong>in</strong> tempi<br />

diversi, varie biografie, alcune delle quali <strong>in</strong> palese contraddizione tra<br />

loro. Secondo una di queste biografie, la più antica, conosciuta come<br />

Acta breviora, composta <strong>in</strong> Lombardia verso il 1430 e stampata per<br />

la prima volta nel 1483, Rocco sarebbe nato da una famiglia agiata a<br />

Montpellier nel sud della Francia (non si precisa la data). Rimasto<br />

presto orfano, verso i vent’anni, dopo aver venduto tutti i suoi beni e<br />

distribuito il ricavato ai poveri secondo gli <strong>in</strong>segnamenti evangelici, si<br />

mette <strong>in</strong> pellegr<strong>in</strong>aggio per Roma. Durante il viaggio conosce la terribile<br />

realtà della peste nei pressi di Roma, ad Acquapendente, dove <strong>in</strong>curante<br />

del contagio si prodiga ad assistere e guarire gli appestati con la sua<br />

benedizione. Scacciato forse per motivi di gelosia da Acquapendente,<br />

raggiunge Roma e dopo aver risanato miracolosamente il nipote di un<br />

card<strong>in</strong>ale, viene da questi presentato al Papa. Nel viaggio di ritorno, o<br />

meglio nel suo lungo peregr<strong>in</strong>are, dopo aver toccato i centri di Rim<strong>in</strong>i,<br />

Cesena, Forlì, Parma e altri ancora, arrivato nei pressi di Piacenza,<br />

accortosi di aver contratto la peste, si ritira nella solitud<strong>in</strong>e di un bosco,<br />

dove viene nutrito da un cane che gli porta tutti i giorni un pezzo di<br />

pane, f<strong>in</strong>o a che un angelo gli appare per guarirlo e per annunciargli il<br />

futuro martirio. Difatti, di lì a poco, arrivato alle porte di Montpellier (o<br />

di Angera sul lago Maggiore, secondo altre versioni), verrà scambiato<br />

per una spia, arrestato e gettato <strong>in</strong> carcere dove f<strong>in</strong>irà i suoi giorni. Nel<br />

1478 Francesco Diedo, giurista, filosofo e governatore di Brescia per<br />

conto della Repubblica di San Marco, scriveva e pubblicava l’anno<br />

seguente <strong>in</strong> duplice versione, lat<strong>in</strong>o e volgare, una dettagliata biografia<br />

del Santo con il titolo Vita Sancti Rochi. La vita di San Rocco del Diedo<br />

venne <strong>in</strong>clusa <strong>in</strong> uno degli aggiornamenti della celebre Legenda Aurea<br />

conosciuto come Legendarîo de sanĉti vulgar storiado.<br />

7


8<br />

IL LEGEnDARIo DE SAnCTI VULGAR SToRIADo<br />

Si tratta di un prezioso <strong>in</strong>cunabolo, una versione della Legenda Aurea<br />

con il titolo di Legendarîo de sanĉti vulgar storiado, tradotta <strong>in</strong> volgare<br />

dal nobile nicolò Malerbi (o Manerbi), abate del monastero camaldolese<br />

di San Mathia <strong>in</strong> Murano e stampato a Venezia il 5 dicembre 1499 da<br />

Bartholomeo di Zani da Portese. Una copia dell’<strong>in</strong>cunabolo, <strong>in</strong>izialmente<br />

e forse f<strong>in</strong> dalla sua uscita, è appartenuto alle monache di Santa Chiara<br />

di Trento, passando poi, verso il 1532, al Convento di San Bernard<strong>in</strong>o.<br />

L’esemplare, ancora molto ben conservato, è composto da 240 carte <strong>in</strong> folio<br />

con illustrazioni e contiene delle <strong>in</strong>teressanti annotazioni, aggiunte a mano<br />

<strong>in</strong> periodi diversi, <strong>in</strong> marg<strong>in</strong>e al testo. Alcune di queste note, risalenti alla<br />

seconda metà del XVIII secolo, sono autografe di Giangrisostomo Tovazzi.<br />

L’<strong>in</strong>cunabolo è corredato da numerose xilografie e da capilettera, sempre<br />

xilografati. Le illustrazioni rappresentano un momento saliente della vita<br />

del personaggio che <strong>in</strong> molti casi co<strong>in</strong>cide con il martirio. Il verso della<br />

prima carta è abbellito da una composizione xilografica a tutta pag<strong>in</strong>a<br />

formata da una cornice architettonica monumentale <strong>in</strong> stile r<strong>in</strong>ascimentale<br />

contenente al centro quattro tavolette rappresentanti l’Annunciazione,<br />

l’Apparizione di Cristo ad un Santo <strong>in</strong> preghiera nel deserto (Sant’Antonio<br />

Abate?), un altro Santo nel letto confortato dall’apparizione del Padre<br />

Eterno e il Giudizio F<strong>in</strong>ale. Figure allegoriche e riferimenti alla cultura del<br />

primo R<strong>in</strong>ascimento, distribuite un po’ ovunque sulla cornice, completano<br />

la stampa. Per quanto riguarda la supposta derivazione dall’<strong>in</strong>cunabolo di<br />

San Bernard<strong>in</strong>o delle didascalie e di alcune figure, presenti negli affreschi<br />

dell’oratorio di San Rocco a Borgo Valsugana, si può affermare con una<br />

certa sicurezza che ciò sia realmente avvenuto come starebbe a dimostrare<br />

il prologo che precede la narrazione delle gesta di San Rocco, dove il<br />

testo di Borgo appare come un riassunto, fatto con le stesse identiche<br />

parole, della vita del santo come si legge nell’<strong>in</strong>cunabolo di Trento. non<br />

ci sono dubbi qu<strong>in</strong>di che il Corradi abbia avuto tra le mani, negli anni


che precedettero l’esecuzione o durante la realizzazione degli affreschi di<br />

Borgo, il Legendarîo de sanĉti vulgar storiado. È probabile che il pittore si<br />

sia servito dell’esemplare di Trento, a quel tempo custodito dalle monache<br />

di Santa Chiara. non è <strong>in</strong> ogni modo da escludere che il Corradi, di famiglia<br />

benestante, possa aver posseduto una copia dell’opera del Malerbi, visto<br />

che tra il 1475 e il 1500 ne vennero stampate ben 11 edizioni, quasi tutte<br />

a Venezia, prova della grande diffusione di questo testo, uno dei più noti<br />

dopo la Bibbia, che consentì all’autore di godere di grande prestigio per<br />

tutto il C<strong>in</strong>quecento.<br />

Legendario de sancti vulgar storiado (1499), particolare della stampa che<br />

figura sul verso della 2 a carta (composizione xilografica).<br />

11


12<br />

A confronto L’<strong>in</strong>cipit che precede le storie di San Rocco dip<strong>in</strong>te dal Corradi<br />

(foto <strong>in</strong> alto) con l’analogo testo dell’<strong>in</strong>cunabolo del Malerbi<br />

(foto <strong>in</strong> basso) conservato nella Biblioteca di San Bernard<strong>in</strong>o a Trento.


LA DIFFUSIonE DEL CULTo DI SAn RoCCo<br />

È verso il 1420 che il culto del Santo com<strong>in</strong>cia a diffondersi,<br />

partendo dalla Francia meridionale e irradiandosi per primo nei<br />

luoghi toccati dai suoi pellegr<strong>in</strong>aggi, Piacenza, la Via Francigena,<br />

Acquapendente, Bolsena, Roma, Rim<strong>in</strong>i, Padova, Brescia, novara, ecc.<br />

Ma è a Venezia che questo culto viene particolarmente sentito, anche<br />

perché la città era cont<strong>in</strong>uamente colpita da ondate di pestilenze.<br />

Il corpo del Santo, arrivato nella città lagunare nel 1485, verrà<br />

proclamato compatrono di Venezia dopo la grave pestilenza del 1576.<br />

nel territorio dell’odierno Trent<strong>in</strong>o il culto di San Rocco si diffuse,<br />

a partire dalla f<strong>in</strong>e del XV secolo, attraverso le aree periferiche del<br />

Pr<strong>in</strong>cipato e sopratutto nelle zone denom<strong>in</strong>ate “I Conf<strong>in</strong>i d’Italia”,<br />

che il più delle volte erano fuori dalla giurisdizione politica e religiosa<br />

del Pr<strong>in</strong>cipato Vescovile, come ad esempio la Valsugana, il Tes<strong>in</strong>o o la<br />

Vallagar<strong>in</strong>a.<br />

Le più antiche testimonianze certe le troviamo negli affreschi di<br />

Chiarano d’Arco, nella pala di Lizzana del 1481 e <strong>in</strong> un affresco del<br />

1495, già sulla casa Sani a Mori, oggi al Museo Diocesano. Le prime<br />

chiese e cappelle a lui dedicate sono quelle di Volano (ante 1491),<br />

Castello Tes<strong>in</strong>o (1481 ca.), Caneve d’Arco (prima del 1506) e Borgo<br />

Valsugana (1509).<br />

Il Santo, che <strong>in</strong>izialmente viene rappresentato <strong>in</strong> coppia con<br />

Sant’Antonio Abate, sarà <strong>in</strong> seguito affiancato da San Sebastiano<br />

(vedi gli affreschi votivi sulle case di Borgo). San Rocco, tra la f<strong>in</strong>e<br />

del XV e la prima metà del XVI secolo, si trova rappresentato oltre<br />

che nelle testimonianze pittoriche anche <strong>in</strong> numerosi altari a portelle<br />

(Flügelaltare) di tradizione tedesco-ates<strong>in</strong>a, ma anche trent<strong>in</strong>a, come<br />

mostrano gli esempi di Comas<strong>in</strong>e (1480-90), di Baselga di Bresimo<br />

(1504-08), di Tione (1515), di San Mauro di P<strong>in</strong>è (1515), di Pelugo<br />

(1520 ca.) e altri ancora.<br />

9


La figura di Sant’Antonio Abate<br />

È uno dei santi più conosciuti, più venerati e più rappresentati di<br />

tutto il mondo cristiano.<br />

La sua vita ci è nota dalla biografia scritta dal suo contemporaneo<br />

Sant’Atanasio verso il 361. Nato <strong>in</strong>torno al 250 a Coma (l’odierna<br />

Qemans), <strong>in</strong> Egitto, morì ultracentenario nel 357 dopo aver passato<br />

un lungo periodo della sua vita ritirato nelle montagne deserte del<br />

Pispir verso il Mar Rosso, senza però perdere i contatti con il mondo.<br />

Per questo motivo è considerato il padre del monachesimo, l’Abate e<br />

l’Anacoreta per antonomasia.<br />

Dopo la pubblicazione della sua vita, moltissimi personaggi di<br />

tutto l’impero si convertirono all’ascetismo.<br />

Tra questi c’era anche un certo Agost<strong>in</strong>o di Ippona, il futuro<br />

Sant’Agost<strong>in</strong>o, uno dei quattro Padri della Chiesa Occidentale.<br />

Una grossa parte del libro, dest<strong>in</strong>ata all’istruzione dei monaci, è<br />

formata dalle prediche sui demoni, visti come le personificazioni delle<br />

<strong>in</strong>temperanze umane, residenti nelle profondità dell’<strong>in</strong>conscio, un<br />

grandioso esempio di psicologia cristiana ante litteram.<br />

Mentre <strong>in</strong> oriente prevalse la figura dell’asceta e del padre spirituale,<br />

<strong>in</strong> occidente venne enfatizzato il ruolo di esorcista, taumaturgo e<br />

protettore degli ammalati e degli animali.<br />

Le tentazioni che vedono il Santo <strong>in</strong> lotta con il Demonio hanno<br />

scatenato la fantasia popolare di tutti i tempi diventando di gran lunga<br />

l’episodio della sua vita più rappresentato.<br />

I suoi attributi sono il saio monacale con il cappuccio, il bastone<br />

del Tau o il pastorale dell’abate, la campanella, il libro della regola, il<br />

maial<strong>in</strong>o, il fuoco, il demonio.<br />

A volte compare anche il rosario.<br />

12


Francesco Corradi: Sacra Conversazione, particolare di Sant’Antonio Abate<br />

(dopo il restauro). 2<br />

11<br />

a campata registro <strong>in</strong>feriore, parete ovest.


Gli affreschi<br />

Il ciclo pittorico di San Rocco, concepito <strong>in</strong> modo organico,<br />

corrisponde ad un preciso progetto iconografico dove l’aspetto<br />

agiografico e celebrativo è strettamente connesso con i f<strong>in</strong>i didascalici<br />

ed esegetici. Esso potrebbe essere s<strong>in</strong>tetizzato nella celebre frase del<br />

biblico Giobbe: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Sia benedetto<br />

il nome del Signore (Gb, 1- 21). La presenza di santi duramente colpiti<br />

dalla disgrazia (Rocco e Giobbe) o tentati <strong>in</strong> mille modi dal demonio<br />

(Antonio Abate) o martirizzati per la fede (Cater<strong>in</strong>a e Barbara), viene<br />

proiettata, passando attraverso Sant’Anna Metterza, nella volta dove<br />

accanto ai simboli dei quattro Evangelisti, troviamo gli angeli con gli<br />

strumenti della Passione. Ciò sta a significare che, per quanto grandi<br />

possano essere le nostre pene e i nostri dolori, sono nulla <strong>in</strong> confronto a<br />

quelli patiti e sofferti da Nostro Signore Gesù Cristo nella sua Passione<br />

e Morte. Visto nel terribile contesto della peste, emerge un chiaro <strong>in</strong>vito<br />

a non disperare, a rivolgersi ai santi protettori e a donare i patimenti e<br />

la morte a Gesù.<br />

Nell’<strong>in</strong>sieme didascalico del ciclo, vanno sottol<strong>in</strong>eati i due diversi<br />

livelli delle numerose scritte che completano le immag<strong>in</strong>i: uno colto, <strong>in</strong><br />

lat<strong>in</strong>o, con le citazioni bibliche e le <strong>in</strong>vocazioni ai santi, riscontrabile<br />

per lo più nei filatteri (vedi la tradizione ebraica), l’altro <strong>in</strong> volgare,<br />

desunto <strong>in</strong> parte dal citato testo del Malerbi e mescolato ad espressioni<br />

della parlata locale, scritto nelle lunghe didascalie che accompagnano<br />

le scene con le vite dei santi titolari.<br />

Dal punto di vista stilistico, i dip<strong>in</strong>ti, complessivamente di buona<br />

qualità, firmati “Franciscus P<strong>in</strong>gebat” e universalmente attribuiti a<br />

Francesco Corradi di Borgo, rivelano <strong>in</strong> alcuni punti un calo di qualità<br />

e precisione, dovuto all’<strong>in</strong>tervento di maestranze di m<strong>in</strong>or vigore. È qu<strong>in</strong>di<br />

lecito supporre che il Corradi non abbia lavorato da solo a San Rocco, ma<br />

sia stato a capo di una bottega. Scopriamo poi che questa bottega non<br />

14


operò solo a Borgo ma anche <strong>in</strong> altre chiese della Valsugana, come a San<br />

Valent<strong>in</strong>o a Scurelle e a San Giovanni a Telve di Sopra (1520), come<br />

dimostrerebbero le analogie stilistiche con i citati esempi. Al Corradi<br />

<strong>in</strong>oltre è attribuito dal Passamani il bel San Sebastiano dip<strong>in</strong>to <strong>in</strong> una<br />

nicchia di un palazzo nella piazza centrale di Strigno.<br />

Il Corradi dimostra di conoscere il panorama pittorico prov<strong>in</strong>ciale<br />

<strong>in</strong> cui si muove ed opera, ma rivela anche conoscenze ed attenzioni per<br />

la pittura “colta” proveniente dall’ambiente lagunare e dall’entroterra<br />

veneto, come si può vedere <strong>in</strong> molti particolari dei dip<strong>in</strong>ti di San Rocco.<br />

Nello stesso tempo è legato <strong>in</strong> modo quasi nostalgico al mondo nordico<br />

e del gotico <strong>in</strong>ternazionale, legame che manifesta con la verve narrativa<br />

e il tono vagamente fiabesco che sono una peculiarità della sua pittura.<br />

Non siamo qu<strong>in</strong>di di fronte ad un qualsiasi pittore ritardatario di stampo<br />

prov<strong>in</strong>ciale, ma ad una personalità ben def<strong>in</strong>ita ed eclettica, capace di<br />

comunicare <strong>in</strong> modo “mediatico” i contenuti, a volte ostici, dei misteri<br />

della fede alle moltitud<strong>in</strong>i <strong>in</strong>differenziate dei fedeli.<br />

Francesco Corradi: San Rocco parte da Montpellier per il pellegr<strong>in</strong>aggio<br />

a Roma (dopo il restauro). 2 a campata, lunettone est.<br />

15


I dip<strong>in</strong>ti della volta<br />

Nelle quattro vele della volta sono rappresentati i Simboli degli<br />

Evangelisti con lunghi filatteri riportanti scritte gotiche <strong>in</strong> lat<strong>in</strong>o con i<br />

passi <strong>in</strong>iziali dei rispettivi Vangeli. Sotto i simboli, negli otto pennacchi<br />

delle vele, sono dip<strong>in</strong>ti gli Angeli con gli strumenti della Passione<br />

accompagnati da filatteri esplicativi. Diversamente da altri esempi<br />

dove la lettura degli evangelisti o dei loro simboli avviene <strong>in</strong> modo<br />

<strong>in</strong>crociato, qui si procede da destra a s<strong>in</strong>istra, <strong>in</strong>iziando naturalmente<br />

dal primo evangelista, San Matteo, rappresentato nella vela sud da un<br />

bellissimo Angelo recante tra le mani un lungo e <strong>in</strong>tricato filatterio con<br />

l’<strong>in</strong>cipit del suo vangelo. Sui pennacchi, a s<strong>in</strong>istra, si vede l’angelo con la<br />

scala e il primo chiodo e, a destra, l’angelo con la tenaglia e il martello.<br />

Proseguendo, nella vela est, troviamo il Leone di San Marco con, a<br />

s<strong>in</strong>istra, l’angelo con il secchiello dell’aceto e la canna con la spugna<br />

e, a destra, l’angelo con la lancia e il secondo chiodo. Nella vela nord è<br />

rappresentato il Bue di San Luca tra l’angelo con la colonna e la fune,<br />

a s<strong>in</strong>istra, e l’angelo con il flagello, a destra. Per ultimo, nella vela ovest<br />

all’<strong>in</strong>terno di un trilobo, vediamo l’Aquila di San Giovanni affiancata, a<br />

s<strong>in</strong>istra, dall’angelo con la croce e il terzo chiodo e, a destra, dall’angelo<br />

con la corona di sp<strong>in</strong>e. Il restauro ha notevolmente migliorato la lettura<br />

di questa parte della campata, <strong>in</strong> precedenza difficilmente leggibile per<br />

il pessimo stato di conservazione dei dip<strong>in</strong>ti. La rappresentazione degli<br />

evangelisti o dei loro simboli, abbastanza diffusa nel territorio ates<strong>in</strong>o,<br />

è presente <strong>in</strong> Valsugana e nei d<strong>in</strong>torni, pur con delle varianti, con altri<br />

significativi esempi come a San Rocco a Castello Tes<strong>in</strong>o, a Santo Stefano<br />

a Fornace, a San Mauro di P<strong>in</strong>è e a San Leonardo a Castelnuovo. La<br />

qualità pittorica della volta, la più alta di tutto il complesso freschivo,<br />

rivela la completa autografia del Maestro, cioè del Corradi.<br />

16<br />

A destra, la volta della 2 a campata dopo il restauro.


18<br />

Il ciclo di San Rocco<br />

Il ciclo ha <strong>in</strong>izio dal lunettone di s<strong>in</strong>istra, prosegue <strong>in</strong> quello centrale<br />

e si conclude <strong>in</strong> quello destro. Il racconto è preceduto da una lunga<br />

scritta <strong>in</strong>troduttiva dip<strong>in</strong>ta su un grande cartiglio giallo oro nella spalla<br />

s<strong>in</strong>istra dell’arcone contenente la f<strong>in</strong>estra cent<strong>in</strong>ata. Metà dell’affresco<br />

è occupata dalla rappresentazione della città di Montpellier, chiusa<br />

dentro possenti mura e specificata dal cartiglio <strong>in</strong> basso a s<strong>in</strong>istra.<br />

Dall’altra parte vediamo un giovane Rocco con <strong>in</strong> spalla un lungo<br />

bastone, dal quale pende un ampio cappello, avviato senza ripensamenti<br />

verso il suo nuovo dest<strong>in</strong>o, salutato da parenti e amici sulla porta della<br />

città e osservato da curiosi emergenti dagli spalti e dalle f<strong>in</strong>estrelle del<br />

castello. L’abbigliamento del giovane <strong>in</strong> partenza per il pellegr<strong>in</strong>aggio<br />

è quello tipico del viandante del XVI secolo. Sotto la scena, a s<strong>in</strong>istra,<br />

una lunga scritta recita: El padre de santo rocho fu chiamato Joañe e<br />

la madre Liberia christianissimi signory de mompoliery del sangue<br />

regale de frãza e siando Rocho <strong>in</strong> età de ani v<strong>in</strong>ti gera mancado el<br />

padre e la madre ũde Rocho seguendo el precepto evangelico venduto<br />

tuto el suo patrimonio comovendolo con la eterna mercede lo dete<br />

tuto per lo amor de dio e poi secondo el consiliio paterno renunciata<br />

la signoria auno suo barbano e tolto lhabito de pelgri con el nome<br />

delo eterno Idio se partì e ãdò <strong>in</strong> italia e arivo a uno castello chiamato<br />

aqua pendente . dove era grandissima peste e rocho per opera dio<br />

se conferi a lospedale deli amorbati parlo con uno vizenzo priore de<br />

quelo e ĩtro ĩ sua cõpagnia. Ineli ani del signor nostro. M.C.C. XXII.<br />

Il lunettone centrale comprende tre scene. Nella prima, a s<strong>in</strong>istra,<br />

si vede l’<strong>in</strong>terno di una camera con San Rocco <strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhiato sul<br />

pavimento che benedice un ammalato seduto sulla panca di fianco<br />

al letto. In quella centrale troviamo il Santo che, colpito dalla peste,<br />

aspetta, <strong>in</strong> piedi vic<strong>in</strong>o ad un bosco, il cane con il pane <strong>in</strong> bocca. Nella<br />

terza scena, senza soluzione di cont<strong>in</strong>uità con la seconda, un angelo con


Francesco Corradi: San Rocco risana un appestato ad Acquapendente,<br />

(durante il restauro) e L’arresto di San Rocco a Montpellier (dopo il restauro).<br />

2 a campata, lunettoni sud e ovest.<br />

17


18<br />

Francesco Corradi: San Rocco colpito dalla peste è sfamato da un cane<br />

(dopo il restauro). 2 a campata, lunettone sud.


la palma del martirio nella mano destra appare a San Rocco, guarito e<br />

già <strong>in</strong> viaggio, per annunciargli il futuro martirio.<br />

Sullo sfondo compare un castello che potrebbe essere la prima<br />

rappresentazione di Castel Telvana, così come poteva apparire al<br />

pr<strong>in</strong>cipio del C<strong>in</strong>quecento.<br />

Il terzo lunettone, quello ad ovest, rappresenta <strong>in</strong> due momenti<br />

l’epilogo della vita del Santo.<br />

A s<strong>in</strong>istra, San Rocco arrivato a Montpellier <strong>in</strong> un momento<br />

<strong>in</strong> cui la sua città è <strong>in</strong> stato di guerra, viene scambiato per una spia<br />

e immediatamente arrestato e gettato <strong>in</strong> un carcere buio da dove non<br />

uscirà che dopo morto.<br />

Nella scena della cattura, si riconosce la stessa porta della<br />

città fortificata dalla quale il Santo era uscito anni prima per il suo<br />

pellegr<strong>in</strong>aggio.<br />

Un gruppo di armigeri vestito con le variop<strong>in</strong>te uniformi dei<br />

lanzichenecchi, armato di spade e alabarde, si str<strong>in</strong>ge m<strong>in</strong>accioso attorno<br />

al poveretto che, rosario <strong>in</strong> mano, tenta <strong>in</strong>vano di farsi riconoscere e<br />

dimostrare la sua estraneità al conflitto <strong>in</strong> atto.<br />

Una didascalia, ormai illeggibile, accompagna la scena. A destra,<br />

troviamo San Rocco con una lunga barba <strong>in</strong>colta disteso morto su un<br />

tavolato, vegliato da un gruppo di angeli piangenti con dei ceri <strong>in</strong> mano.<br />

Un angelo esibisce ai fedeli un cartiglio con il nome “Rocho”.<br />

In alto, circondati da un lum<strong>in</strong>osissimo nimbo, altri angeli portano<br />

<strong>in</strong> cielo l’anima santa di Rocco, rappresentata, secondo la tradizione,<br />

come un piccolo bamb<strong>in</strong>o.<br />

A pag. 22, Francesco Corradi e aiuti:<br />

L’anima di San Rocco portata <strong>in</strong> cielo dagli angeli e<br />

La morte di San Rocco (dopo il restauro). 2 a campata, lunettone ovest.<br />

21


Gli affreschi del registro <strong>in</strong>feriore<br />

La f<strong>in</strong>estra secentesca ha <strong>in</strong> parte occultato l’affresco, dip<strong>in</strong>to<br />

sull’<strong>in</strong>tradosso dell’arco, orig<strong>in</strong>ariamente aperto e solo <strong>in</strong> un secondo<br />

momento chiuso da una cancellata di legno per ord<strong>in</strong>e del vescovo<br />

visitatore Giacomo Rovellio. Si tratta di un <strong>in</strong>teressante brano pittorico<br />

con decorazione a candelabre di gusto pienamente r<strong>in</strong>ascimentale<br />

completato da una scritta nella parte mediana, a destra, parzialmente<br />

coperta dal tamponamento secentesco, ravvivata dal recente restauro.<br />

San Lazzaro leccato dai cani<br />

Nella spalla destra dell’arcone della seconda f<strong>in</strong>estra, dentro ad un<br />

riquadro <strong>in</strong>corniciato di f<strong>in</strong>to marmo è dip<strong>in</strong>ta una figura sem<strong>in</strong>uda con<br />

il corpo piagato, circondata da due cani.<br />

Questa immag<strong>in</strong>e <strong>in</strong> passato variamente identificata con Gesù,<br />

San Rocco, San Sebastiano o altri santi, rappresenta San Lazzaro (il<br />

Lazzaro della parabola del Ricco Epulone) con le piaghe leccate dai<br />

cani, come spiega lo svolazzante cartiglio et canes l<strong>in</strong>gebant ulcera<br />

eius (e i cani leccavano le sue piaghe) ed è assieme a quella della chiesa<br />

di Sant’Apollonia di Spera (<strong>in</strong>izio XV sec.) l’unica che si conosca<br />

<strong>in</strong> Valsugana e nel circondario. Stilisticamente, la figura di Lazzaro<br />

è disegnata con tratto abbastanza sicuro ed efficace e se si esclude il<br />

particolare dei piedi, che appaiono terribilmente grandi e sproporzionati,<br />

dimostra nell’<strong>in</strong>sieme delle buone conoscenze anatomiche da parte<br />

del suo autore. Particolarmente conv<strong>in</strong>centi appaiono le mani,<br />

prospetticamente def<strong>in</strong>ite, nonchè la testa e il volto del santo, morbido<br />

e delicato, molto simile a quelli di Cristo. I due levrieri che leccano<br />

le piaghe di Lazzaro, uno bianco e l’altro bruno, cani dei ricchi per<br />

antonomasia, sembrano rifarsi ad analoghi modelli del Pisanello e del<br />

Gotico Internazionale o Cortese più <strong>in</strong> generale, stile ancora molto <strong>in</strong><br />

voga nell’arco alp<strong>in</strong>o al tempo del Corradi.<br />

23


22<br />

Francesco Corradi: San Lazzaro leccato dai cani, particolare,<br />

(dopo il restauro). 2 a campata parete est.


Le Tentazioni di Sant’Antonio Abate<br />

La figura del Santo, contitolare dell’Oratorio, negli affreschi<br />

compare tre volte, una nella Sacra Conversazione assieme ad altri santi<br />

e due nei riquadri con le “Tentazioni”, dip<strong>in</strong>te ai lati della f<strong>in</strong>estrella<br />

strombata. Una quarta immag<strong>in</strong>e del santo la troviamo nella più tarda<br />

pala d’altare di Lorenzo Fiorent<strong>in</strong>i. Nelle Tentazioni di Sant’Antonio<br />

il riferimento narrativo e <strong>in</strong> parte iconografico è, come per le storie<br />

di San Rocco, al citato Legendarîo de sanĉti vulgar storiado. Il tema<br />

delle tentazioni o del demoniaco più <strong>in</strong> generale è stato uno dei soggetti<br />

prediletti della pittura nordica e fiamm<strong>in</strong>ga del Quattrocento e del<br />

primo C<strong>in</strong>quecento, trovando <strong>in</strong> Hyeronimus Bosch il suo <strong>in</strong>terprete più<br />

alto. M<strong>in</strong>ore rilievo ha avuto <strong>in</strong> Alto Adige, dove però rimangono degli<br />

esempi significativi, come gli affreschi di Leonardo da Bressanone nel<br />

chiostro del Duomo di Bressanone e di Federico Pacher nel chiostro<br />

di Novacella (Parabola del Ricco Epulone) o i diavoli che figurano <strong>in</strong><br />

alcuni dip<strong>in</strong>ti di Michael Pacher (Altare dei Padri della Chiesa), ora<br />

all’Alte P<strong>in</strong>akothek di Monaco. Per il Trent<strong>in</strong>o, gli affreschi di Borgo<br />

sembra siano gli unici con questo soggetto, anche se alla due Tentazioni<br />

si potrebbe aggiungere, per la terribile figura demoniaca, l’affresco<br />

della cappella sottostante.<br />

Le due scene con le Tentazioni, speculari tra loro, sono def<strong>in</strong>ite<br />

entro cornici di f<strong>in</strong>to marmo ed hanno, nella parte bassa, dei drappi<br />

dip<strong>in</strong>ti imitanti il tessuto damascato.<br />

Nel riquadro di s<strong>in</strong>istra, si vede <strong>in</strong> una radura tra i boschi<br />

Sant’Antonio <strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhiato a terra e assorto <strong>in</strong> preghiera, con vic<strong>in</strong>o il<br />

libro della regola, <strong>in</strong> preda alla furia scatenata di c<strong>in</strong>que orribili demoni.<br />

I loro corpi pelosi dal vago aspetto antropomorfo, con colori che vanno<br />

dal rossiccio al grigio topo, hanno zampe capr<strong>in</strong>e con zoccoli o artigli,<br />

lunghe code, mani palmate term<strong>in</strong>anti <strong>in</strong> artigli, ali che sembrano un<br />

ibrido tra quelle degli uccelli e quelle dei pipistrelli, teste con corna,<br />

25


26<br />

Francesco Corradi e aiuti: Le tentazioni di Sant’Antonio Abate<br />

(dopo il restauro). 2 a campata parete sud, registro <strong>in</strong>feriore.<br />

A pag<strong>in</strong>a 27 un particolare del riquadro di destra.


lunghi orecchi, barba e sorriso sadico stampato sulle bocche. Dei<br />

c<strong>in</strong>que mostri, uno è addosso al Santo, un altro gli sta di fronte come<br />

a sbertucciarlo e tre lo bastonano selvaggiamente con lunghi e nodosi<br />

randelli. Al di sopra della scena, tra la cornice e il fregio con i delf<strong>in</strong>i,<br />

una lunga didascalia dice: Ancora vedi de soto santo Antonio stando<br />

nela spelonca fu tentado e flagelato da una <strong>in</strong>umerabille moltitud<strong>in</strong>e de<br />

dimoni e fu lasato como morto per li crudeli dimoni.<br />

L’iconografia di questi demoni, se da un lato ricorda quella degli<br />

analoghi soggetti delle tavolette del Legendarîo de sanĉti vulgar<br />

storiado, per altri sembra derivata dall’<strong>in</strong>cisione con le Tentazioni di<br />

Sant’Antonio Abate, di Mart<strong>in</strong> Schongauer, ripresa anche <strong>in</strong> un dip<strong>in</strong>to<br />

della scuola del Ghirlandaio (f<strong>in</strong>e XV sec).<br />

La Tentazione del riquadro di destra mostra il Santo che, nel<br />

momento di maggior pericolo, quando i c<strong>in</strong>que diavoli dall’aspetto<br />

ancor più animalesco della prima scena sono avventati <strong>in</strong> volo su<br />

di lui e lo stanno straziando con i morsi, viene soccorso e risanato<br />

dall’apparizione di Dio.<br />

Anche qui la lotta si svolge nella selvaggia radura di un bosco<br />

sottol<strong>in</strong>eata dallo sperone di roccia <strong>in</strong> primo piano. In alto, la solita<br />

didascalia, <strong>in</strong> parte cancellata, spiega la scena.<br />

La figura del Santo <strong>in</strong> preghiera sembra ricavata dall’analoga<br />

xilografia del verso della prima carta dell’<strong>in</strong>cunabolo di Trento.<br />

La lotta contro il demonio, nei suoi <strong>in</strong>numerevoli aspetti e contro<br />

il male, visto <strong>in</strong> questo caso anche come il male fisico e oscuro della<br />

peste, la fiducia <strong>in</strong> Dio, soprattutto nei momenti di maggior sconforto<br />

e di avversità, il superamento delle paure e la vittoria sui mostri che<br />

popolano le menti e le fantasie degli uom<strong>in</strong>i, questo sembra essere il<br />

messaggio che il Corradi vuole comunicare ai suoi contemporanei con<br />

le Tentazioni di Sant’Antonio.<br />

29


30<br />

Santa Cater<strong>in</strong>a d’Alessandria e Santa Barbara<br />

Le due sante sono dip<strong>in</strong>te nello sguancio della piccola f<strong>in</strong>estra<br />

che si apre nella parete meridionale della cappella. Le loro figure,<br />

rappresentate <strong>in</strong> ampi e regali panneggi e con gli attributi che le<br />

contraddist<strong>in</strong>guono, sono <strong>in</strong>serite dentro ad una specie di arco trionfale<br />

visto <strong>in</strong> prospettiva, come a sottol<strong>in</strong>eare la loro orig<strong>in</strong>e regale.<br />

Sotto la nicchia di Santa Cater<strong>in</strong>a una scritta <strong>in</strong> parte cancellata<br />

dice: Virgo santa Kather<strong>in</strong>a grecie genia urbe alexandria [...] regis<br />

[…]erat filia. Nell’affresco compaiono numerosi graffiti di fedeli e<br />

viaggiatori, soprattutto sul mantello della santa. Sotto Santa Barbara,<br />

<strong>in</strong> una lapide dip<strong>in</strong>ta si legge la seguente <strong>in</strong>vocazione: ora pro nobis<br />

beata Barbara ut digni efficiamur promissionibus christi (Prega per noi<br />

beata Barbara aff<strong>in</strong>ché diventiamo degni delle promesse di Cristo). Nel<br />

bancale sottostante è riportata una scritta didascalica <strong>in</strong> caratteri gotici<br />

molto rov<strong>in</strong>ata e perciò illeggibile. Nell’<strong>in</strong>tradosso dell’arco della<br />

f<strong>in</strong>estrella, dentro ad una losanga con occhielli sta la seguente scritta:<br />

Inel ano dapo la <strong>in</strong>carnacione del nostro signore. 1.5.16 fu benefator<br />

de questa opa Biasi Furst. La scritta oltre a <strong>in</strong>dicare il committente<br />

dell’opera, ne ripete <strong>in</strong> cifre la data di esecuzione, riportata <strong>in</strong> lettere<br />

romane nel riquadro sopra.<br />

La presenza di queste due sante è legata, come per gli altri santi, ai<br />

bisogni cont<strong>in</strong>genti della popolazione. A Santa Cater<strong>in</strong>a, contraddist<strong>in</strong>ta<br />

dagli attributi della ruota dentata e della spada, sono legati <strong>in</strong>numerevoli<br />

categorie di mestieri come i carradori, i mugnai, i fabbri, gli armigeri<br />

e altre categorie. A Santa Barbara, legata al fulm<strong>in</strong>e per la violenta<br />

morte del padre e, per estensione, al fuoco e alle esplosioni, facevano<br />

riferimento non solo i m<strong>in</strong>atori e gli artificieri, ma tutti coloro che <strong>in</strong> un<br />

modo o nell’altro avevano a che fare con il fuoco, <strong>in</strong> altre parole tutta<br />

la popolazione tenendo presente che il pericolo d’<strong>in</strong>cendi a quel tempo<br />

era sempre <strong>in</strong>combente.


Una copia, molto<br />

simile ma di fattura<br />

grossolana, delle due<br />

sante con al centro<br />

la Madonna della<br />

Sacra Conversazione<br />

verrà ripetuta, forse<br />

negli stessi anni,<br />

nell’affresco che si<br />

vede <strong>in</strong> una casa del<br />

Corso Ausugum, nei<br />

pressi di palazzo<br />

Ceschi. La ripetuta<br />

raffigurazione di<br />

queste due sante a<br />

Borgo può essere<br />

ricondotta da<br />

un lato alla loro<br />

appartenenza ai<br />

quattordici santi<br />

ausiliatori, dall’altro<br />

alla specificità delle<br />

loro protezioni.<br />

Santa Cater<strong>in</strong>a, per il martirio della ruota, è diventata la patrona dei<br />

mugnai, dei carradori, delle filatrici, categorie ben presenti nel centro<br />

fluviale, che a quel tempo doveva avere parecchi mul<strong>in</strong>i, segherie e<br />

fuc<strong>in</strong>e.<br />

Allo stesso modo, Santa Barbara, notoriamente protettrice dei m<strong>in</strong>atori,<br />

dei militari <strong>in</strong> genere e di quanti vivono <strong>in</strong> pericolo di morte improvvisa<br />

e violenta, estendeva la sua protezione su tutte queste categorie<br />

altrettanto numerose nella Borgo del C<strong>in</strong>quecento.<br />

31


Sant’Anna Metterza o Selbdritte<br />

È il primo soggetto che troviamo rappresentato nel registro <strong>in</strong>feriore<br />

della parete ovest. Il tema iconografico appartiene soprattutto all’area<br />

tedesca, dove il culto della Madre di Maria e “Nonna” di Gesù, chiamata<br />

localmente Anna Selbdritte, è particolarmente sentito e diffuso assieme<br />

a quello di tutta la Santa Stirpe nelle regioni m<strong>in</strong>erarie dove Sant’Anna,<br />

tra i tanti attributi, può vantare anche quello di patrona dei m<strong>in</strong>atori e dei<br />

moribondi. Questo la collega sia alla presenza della comunità tedesca a<br />

Borgo, comprendente tra l’altro molti m<strong>in</strong>atori operanti nelle valli vic<strong>in</strong>e,<br />

sia ai moribondi delle cont<strong>in</strong>ue pestilenze che flagellavano la regione con<br />

cadenza quasi regolare. In zona ritroviamo la rappresentazione di questo<br />

soggetto nell’antica Parrocchiale di Grigno (1520 ca.) e <strong>in</strong> un pilastro della<br />

Pieve di Fiera di Primiero (1501). Il Vestito di Sant’Anna, pur nel degrado<br />

della pellicola pittorica, lascia <strong>in</strong>travedere una lavorazione damascata a<br />

stamp<strong>in</strong>i, simile a quella che si trova nei drappi sottostanti, nel vestito della<br />

Madonna della scena accanto e sui vestiti di alcuni angeli dei pennacchi.<br />

La Sacra Conversazione<br />

La Sacra Conversazione, la Madonna <strong>in</strong> trono col Bamb<strong>in</strong>o,<br />

circondata da dieci teste di cherub<strong>in</strong>i e affiancata dalle figure di<br />

Sant’Antonio Abate, a s<strong>in</strong>istra, e di San Rocco, a destra, occupa la parte<br />

centrale di questo registro ed ha un impianto prospettico volutamente<br />

monumentale, ad imitazioni degli altari a portelle della tradizione<br />

trent<strong>in</strong>o-tirolese. I fianchi dello scrigno e i bordi delle ali sono impreziositi<br />

da candelabre di schietto sapore r<strong>in</strong>ascimentale a dimostrazione che<br />

il Corradi, nonostante la scarsa dimestichezza con la prospettiva, è<br />

A s<strong>in</strong>istra, Francesco Corradi: Santa Barbara (dopo il restauro).<br />

2 a campata parete sud, registro <strong>in</strong>feriore.<br />

A pag<strong>in</strong>a 31 un particolare di Santa Cater<strong>in</strong>a.<br />

33


sensibilmente attratto da alcune delle novità del moderno l<strong>in</strong>guaggio<br />

r<strong>in</strong>ascimentale che dalla f<strong>in</strong>e del XV secolo stavano penetrando sempre<br />

più nelle valli trent<strong>in</strong>e, portate da artisti provenienti dalla Lombardia e<br />

dal Veneto e da altre regioni d’Italia. La Madonna, <strong>in</strong> posa monumentale,<br />

è seduta su un trono posto sopra una pedana modanata, <strong>in</strong> posizione<br />

dom<strong>in</strong>ante rispetto ai due santi che l’affiancano e tiene sulle g<strong>in</strong>occhia un<br />

Bamb<strong>in</strong>o completamente nudo, roseo e paffuto e stranamente sorridente.<br />

Maria <strong>in</strong>dossa un lungo e prezioso abito giallo damascato, stretto <strong>in</strong> vita<br />

da una correggia e ricadente ampiamente sui piedi e sulla pedana. Un<br />

ridondante mantello blu copre il capo della Madonna e ricade sopra il<br />

vestito. Il volto delicato e dolce di Maria con lo sguardo abbassato verso<br />

il figlio è venato da un filo di tristezza, presagio della futura passione e<br />

morte di Gesù. Attorno fanno corona le teste dei Cherub<strong>in</strong>i che nella loro<br />

rotondità richiamano le fattezze della testa del Bamb<strong>in</strong>o. Alla destra della<br />

Madonna si erge statuaria la figura di Sant’Antonio Abate.<br />

32


Sopra, Francesco Corradi: San Giobbe con un devoto<br />

e a s<strong>in</strong>istra, Sacra Conversazione (dopo il restauro).<br />

2 a campata, parete ovest, registro <strong>in</strong>feriore.<br />

35


Il santo anacoreta è rappresentato <strong>in</strong> piedi, <strong>in</strong> preghiera con le mani giunte<br />

e lo sguardo estasiato, come se si trovasse di fronte ad una visione. Indossa<br />

un saio marrone con cappuccio, tipico del padre di tutti gli eremiti.<br />

Il lungo bastone term<strong>in</strong>ante con la tau, unico attributo presente, taglia<br />

diagonalmente la figura accordandosi simmetricamente al bastone di<br />

San Rocco. Il bel viso, <strong>in</strong>corniciato dalla lunga barba e con la testa quasi<br />

pelata, si staglia netto sul giallo oro dell’aureola accentuando la ieraticità<br />

del santo. Mancano alcuni attributi tradizionali come il campanello,<br />

il maial<strong>in</strong>o, il fuoco e il libro della regola, presenti <strong>in</strong> moltissime<br />

rappresentazioni di Sant’Antonio Abate. Simmetrica a Sant’Antonio<br />

è la figura di San Rocco che, raffigurato nel tradizionale aspetto di<br />

pellegr<strong>in</strong>o, assume nell’immag<strong>in</strong>e del Corradi l’<strong>in</strong>confondibile ruolo di<br />

protettore contro la peste. A tal f<strong>in</strong>e il Santo <strong>in</strong>dica con le dita della mano<br />

destra la piaga sangu<strong>in</strong>ante all’<strong>in</strong>gu<strong>in</strong>e destro, lasciata scoperta dalla<br />

calza ricadente. Dei filatteri, con scritte devozionali rivolte ai due santi,<br />

animano lo sfondo delle figure. La prima scritta chiaramente leggibile<br />

dice: Beatus pater Antonius ora pro nobis. Le altre scritte, dello stesso<br />

tono, sono <strong>in</strong>complete per la parziale cancellatura delle parole.<br />

36<br />

San Giobbe con un devoto<br />

Il riquadro con la figura del santo biblico stante e <strong>in</strong> preghiera, fa<br />

da pendant sul lato destro della Sacra Conversazione alla Sant’Anna<br />

Metterza e si collega idealmente alla figura di San Lazzaro che sta<br />

sull’angolo opposto della campata. Per il suo aspetto questo santo è stato<br />

variamente identificato nel passato con San Rocco, con il Redentore<br />

Risorto e con San Sebastiano. Il riconoscimento <strong>in</strong> questa immag<strong>in</strong>e del<br />

“paziente Giobbe” deriva dal confronto di questo personaggio con il<br />

San Giobbe che appare nell’omonima pala di Giovanni Bell<strong>in</strong>i del 1486,<br />

dip<strong>in</strong>ta per la chiesa di San Giobbe e ora nelle Gallerie dell’Accademia<br />

di Venezia. Le due figure, quasi speculari, appaiono molto simili.


Giobbe, considerato il patrono dei bachicoltori, si trova frequentemente<br />

rappresentato nell’area veneta e Borgo nel XVI secolo dipendeva dalla<br />

Diocesi di Feltre come tutta la Valsugana. Ai piedi di San Giobbe sta<br />

<strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhiato un uomo che tiene umilmente un berretto nero <strong>in</strong> mano,<br />

messo di profilo, armato e vestito alla tedesca. Le dimensioni ridotte<br />

e la caratterizzazione del volto, un vero e proprio ritratto, <strong>in</strong>dicano<br />

nell’effigiato la figura del committente. Nel filatterio sopra la figur<strong>in</strong>a si<br />

legge: In te dom<strong>in</strong>e speravi non confundar [<strong>in</strong> aeternum], (In te o Signore<br />

ho sperato. Non sarò confuso <strong>in</strong> eterno). Tra la scritta e la testa un graffito<br />

dice: obiit anno 1519.<br />

I velari dip<strong>in</strong>ti<br />

I riquadri della parte bassa sono completati da dei drappi dip<strong>in</strong>ti, o<br />

velari, decorati con disegni damascati ottenuti <strong>in</strong> parte con stamp<strong>in</strong>i e <strong>in</strong><br />

parte direttamente con il pennello. Questo tipo di decorazione, abbastanza<br />

diffusa nel periodo gotico, è un retaggio del passato, quando si cercava di<br />

mitigare con i panni la freddezza delle pareti, rallegrando e abbellendo<br />

al contempo gli ambiente. I tessuti di San Rocco meritano un po’ di<br />

attenzione perché <strong>in</strong> essi potrebbe esserci la chiave per una conoscenza<br />

più approfondita dell’ambiente di provenienza dell’autore e del periodo<br />

<strong>in</strong> cui opera. I più riusciti e meglio conservati di questi drappi, si trovano<br />

sotto la figura di San Giobbe e sotto le Tentazioni di Sant’Antonio. I drappi<br />

gialli lumeggiati di arancio presentano dei risvolti verdi o neri ed hanno le<br />

decorazioni damascate con motivi floreali e animali <strong>in</strong> rosso ocra, dip<strong>in</strong>te<br />

direttamente con il pennello o applicate con stamp<strong>in</strong>i. Il particolare tipo<br />

di decorazione dei drappi e degli abiti, presente a San Rocco, si ritrova<br />

puntualmente con gli stessi motivi e gli stessi colori <strong>in</strong> altri affreschi della<br />

Valsugana come per esempio <strong>in</strong> quelli dell’antica Parrocchiale di Grigno,<br />

di San Giovanni a Telve di Sopra, di San Valent<strong>in</strong>o a Scurelle, di San<br />

Lorenzo all’Armentera e <strong>in</strong> altri luoghi ancora.<br />

37


38<br />

I graffiti nei dip<strong>in</strong>ti<br />

Un capitolo a parte meriterebbero i numerosi graffiti di epoche<br />

diverse presenti negli affreschi della prima campata; fatti con caratteri<br />

e grafie diverse, sono una preziosa testimonianza della frequentazione<br />

del luogo avvenuta nel corso dei secoli, dei personaggi e dei fedeli che<br />

hanno voluto lasciare un ricordo di sé, mettendo la data, il nome e anche<br />

dei brevi messaggi. I graffiti sono distribuiti un po’ su tutta la superficie<br />

bassa dei dip<strong>in</strong>ti. Le scritte appaiono più numerose, per evidenti motivi<br />

apotropaici, su alcune figure come Sant’Antonio Abate, San Lazzaro, San<br />

Rocco e sulle Sante Cater<strong>in</strong>a e Barbara, e meno sulle altre figure. La data<br />

più antica risale al 1519, oltre a questa ve ne sono molte altre con il giorno,<br />

il mese e l’anno come ad esempio “adì 1531, 1541, 1542,1543”, oppure<br />

“1555 adì 15 aprile “, o “1567 adì 13 giugno” e tante altre ancora.<br />

La prima campata<br />

La prima campata, contrariamente alla seconda, offre un solo<br />

affresco con la Sacra Famiglia. Tracce di decorazione floreale,<br />

emergenti qua e là <strong>in</strong> prossimità delle nervature della crociera, sono<br />

state <strong>in</strong> parte rimosse dall’ultimo restauro perchè considerate recenti e<br />

di nessun valore.<br />

La Sacra Famiglia<br />

L’opera, oltre ad essere espressione di fede e devozione verso<br />

la Sacra Famiglia, si collega idealmente alla Sant’Anna Metterza,<br />

completando il programma iconografico svolto nella prima campata. Si<br />

può supporre che sia stata prevista dal Corradi.<br />

Secondo Maestro della Valsugana: Sacra Famiglia, 1533<br />

(dopo il restauro). 1 a campata, parete ovest.


La scena è scandita <strong>in</strong> profondità dalle pareti della nicchia e dalla<br />

prospettiva (peraltro molto imprecisa) della pedana e del trono di Maria.<br />

La def<strong>in</strong>izione dei volumi, resa attraverso gli abbondanti panneggi,<br />

risente ancora della cultura figurativa tardogotica. Alla base del dip<strong>in</strong>to<br />

c’è un cartiglio con una scritta <strong>in</strong> lat<strong>in</strong>o che dice: Ave cuius conceptio<br />

solenni plena gaudio celestia terr/estria nova replet leticia. Ave cuius<br />

nativitas nostra fu/it solennitas ut Lucifer lux oriens verum solem<br />

preve/niens. [An]no salvatis M. CCCCC. XXX. III, (trad. libera: Ave a<br />

te, la cui Concezione piena di gioia solenne riempie di nuova letizia i<br />

cieli e la terra. Ave a te, la cui Natività fu la nostra festa solenne, come<br />

la stella lum<strong>in</strong>osa del matt<strong>in</strong>o annuncia il vero sole. Nell’anno della<br />

salvezza 1533).<br />

Il dip<strong>in</strong>to pur <strong>in</strong>feriore per qualità agli affreschi del Corradi,<br />

non manca tuttavia di spunti <strong>in</strong>teressanti come la tavolozza <strong>in</strong>tonata<br />

sui colori caldi, la ricerca di espressione e di dialogo dei personaggi,<br />

lo sguardo assorto e delicato di Maria e quel senso di velata tristezza<br />

che aleggia sui tre personaggi. La man<strong>in</strong>a del Bamb<strong>in</strong>o che str<strong>in</strong>ge un<br />

lembo del mantello di Giuseppe, oltre all’aspetto <strong>in</strong>timistico, vuole<br />

ribadire l’importanza nel disegno div<strong>in</strong>o della redenzione, del ruolo di<br />

Padre putativo di Gesù e di sposo di Maria di San Giuseppe come dice<br />

esplicitamente lo svolazzante filatterio dietro la sua testa dove si legge:<br />

Ioseph sponsus bea[tae] marie.<br />

Dal punto di vista stilistico il dip<strong>in</strong>to presenta molti elementi,<br />

come i volti rotondi e paffuti con le guance rosee (Maria e il Bamb<strong>in</strong>o),<br />

il particolare taglio della bocca, la forma sgusciata degli occhi, l’uso<br />

dei filatteri, l’uso di accordi cromatici caldi, i tessuti damascati e<br />

altri ancora, comuni ad altri affreschi della Valsugana e attribuibili<br />

al cosiddetto “Secondo Maestro della Valsugana”. Questi elementi,<br />

per esempio, si possono vedere nelle figure delle Sante Giuliana e<br />

Apollonia dell’altare <strong>in</strong> cornu evangelii nell’antica Parrocchiale di<br />

Grigno, nell’Annunciazione e nella Tr<strong>in</strong>ità dell’abside di San Lorenzo<br />

40


all’Armentera, nella Madonna col Bamb<strong>in</strong>o e Santi dell’abside di<br />

San Valent<strong>in</strong>o sul colle di Brenta, nella Madonna col Bamb<strong>in</strong>o e San<br />

Gerolamo dell’affresco votivo dip<strong>in</strong>to su una casa di via Battisti a Borgo<br />

Valsugana, nell’Annunciazione di San Giovanni a Telve di Sopra ecc.<br />

Anche il fregio r<strong>in</strong>ascimentale a candelabre che <strong>in</strong>cornicia il dip<strong>in</strong>to è<br />

molto simile a quello che si vede nel citato affresco di Grigno.<br />

L’altare ligneo del Pivio e la pala del Fiorent<strong>in</strong>i<br />

Sulla parete ovest, vic<strong>in</strong>o all’affresco della Sacra Famiglia, è<br />

collocato l’altare ligneo secentesco con la pala ad olio di Lorenzo<br />

Fiorent<strong>in</strong>i rappresentante la Madonna col Bamb<strong>in</strong>o ed i Santi Rocco e<br />

Antonio Abate. L’altare nel passato era collocato sulla parete sud.<br />

L’altare ligneo si presenta come un <strong>in</strong>teressante esempio di<br />

“altare all’italiana” realizzato secondo i dettami post-trident<strong>in</strong>i volti<br />

a sostituire i macch<strong>in</strong>osi altari a portelle di tipo tedesco. Esso rimane<br />

uno dei pochi esemplari dell’altaristica lignea secentesca sopravvissuti<br />

alla massiccia sostituzione con modelli lapidei, attuata tra il XVIII e il<br />

XIX secolo. L’esempio di San Rocco, nella sua l<strong>in</strong>earità e semplicità, si<br />

segnala particolarmente <strong>in</strong>teressante <strong>in</strong> quanto rappresenta un modello<br />

di transizione tra il R<strong>in</strong>ascimento e il Barocco.<br />

L’ancona, l’unica parte pervenutaci dell’altare, è costituita da<br />

una predella sulla quale s’<strong>in</strong>nalzano due colonne cor<strong>in</strong>zie scanalate,<br />

affiancate da due volute sostenenti una trabeazione con timpano<br />

triangolare spezzato, con al centro una testa di cherub<strong>in</strong>o sormontato<br />

da un vaso. Il motivo dei dentelli, <strong>in</strong> dimensioni ridotte, è ripreso nella<br />

cornice della pala cent<strong>in</strong>ata e nelle modanature del timpano. L’architrave<br />

è <strong>in</strong>tagliato con un motivo a rosette.<br />

La funzione dell’ancona-cornice, studiata per valorizzare la pala<br />

dip<strong>in</strong>ta, è ulteriormente arricchita dal prezioso gioco pittorico creato dal<br />

contrasto cromatico tra il nero del fondo e l’oro dei rilievi.<br />

41


L’ancona, per i caratteri stilistici e per la qualità dell’<strong>in</strong>taglio, è molto<br />

simile all’Altare del Rosario dell’antica Parrocchiale di Grigno.<br />

Essa fu realizzata nel 1613 dall’<strong>in</strong>tagliatore Giambattista Pivio di<br />

Strigno (notizie nei primi decenni del Seicento) e pagata la somma di<br />

oltre 178 lire, come risulta nel pagamento dell’opera registrato negli<br />

“Spendimenti” della Confraternita dei Santi Rocho e Georgio, anno<br />

1913, conservato nell’Archivio Parrocchiale di Borgo Valsugana.<br />

Il dip<strong>in</strong>to del Fiorent<strong>in</strong>i, liberato con il restauro del 1979 dalle<br />

ridip<strong>in</strong>ture che ne avevano stravolto l’aspetto, si è rivelato come una delle<br />

opere più riuscite di Lorenzo Fiorent<strong>in</strong>i, capolavoro della sua maturità<br />

artistica, e molto vic<strong>in</strong>o alla pala della Madonna del Rosario, della vic<strong>in</strong>a<br />

Pieve. Sullo sfondo, una bella e <strong>in</strong>teressante veduta di Borgo e del monte<br />

Ciol<strong>in</strong>o, così come si presentavano agli <strong>in</strong>izi del Seicento. Nel ceppo<br />

tagliato <strong>in</strong> basso <strong>in</strong> mezzo ai due santi si legge, scritta <strong>in</strong> caratteri m<strong>in</strong>uti<br />

corsivi, la firma del pittore con la data: Laurentius Florent<strong>in</strong>us fecit anno<br />

1615 o 1516, essendo l’ultima cifra poco chiara.<br />

40<br />

Gianbattista Pivio: Altare ligneo di San Rocco 1613. 1 a campata.


La cappella cimiteriale di San Michele Arcangelo<br />

Non si hanno documenti certi sull’orig<strong>in</strong>e di questa cappella, che a<br />

rigor di logica dovrebbe essere, <strong>in</strong> quanto cappella cimiteriale, più antica<br />

di quella di San Rocco che sta sopra. È anche possibile che, <strong>in</strong> occasione<br />

dell’erezione dell’oratorio di San Rocco, la sottostante cappella sia stata<br />

rifatta o rimaneggiata. Dest<strong>in</strong>ata ad ossario nel 1789, <strong>in</strong> seguito alle leggi<br />

di Giuseppe II e per questo chiamata scherzosamente ‘l volto dei pomi<br />

per i numerosi teschi ammucchiati sugli scaffali, venne ripulita nel 1831 e<br />

adibita <strong>in</strong> seguito a cappella mortuaria. La testimonianza più antica è data<br />

dall’affresco, piuttosto rov<strong>in</strong>ato ma molto <strong>in</strong>teressante, con San Michele<br />

<strong>in</strong> lotta contro il Demonio, dip<strong>in</strong>to al centro dell’aula sul lato ovest della<br />

volta. Nel dip<strong>in</strong>to il santo è <strong>in</strong> piedi, dentro la classica armatura, e sta per<br />

sferrare il colpo mortale ad un demonio dalle sembianze animalesche.<br />

Questo, già a terra, tenta <strong>in</strong>vano di difendersi e di condizionare la pesa<br />

delle anime (la classica Psicostasia). Per il ruolo di “Pesatore e Guida delle<br />

anime” nel viaggio dell’Oltretomba, l’immag<strong>in</strong>e del santo si trova spesso<br />

rappresentata nelle cappelle cimiteriali a protezione dei defunti. Il restauro<br />

ha restituito parte della zona <strong>in</strong>feriore del dip<strong>in</strong>to dove a destra è emerso<br />

uno scudo da torneo <strong>in</strong> voga tra il 1475 e il 1525 con uno stemma nobiliare,<br />

una rosa d’argento a c<strong>in</strong>que petali, bottonata d’oro, <strong>in</strong> campo rosso, che<br />

potrebbe appartenere alla famiglia dei Giovo o, forse, degli Aliprand<strong>in</strong>i.<br />

Per le caratteristiche stilistiche, l’affresco sembra riconducibile ai modi del<br />

Secondo Maestro della Valsugana, attivo nel terzo - quarto decennio del<br />

C<strong>in</strong>quecento, mentre per i caratteri iconografici appare molto simile ad una<br />

tavola con il medesimo soggetto dip<strong>in</strong>ta da Francesco Dal Ponte il Vecchio<br />

nel terzo decennio del secolo XVI.<br />

Sempre all’<strong>in</strong>terno della cappella sono conservate le statue lignee<br />

di fattura barocca (sec. XVII) della Madonna del Rosario e dei Santi<br />

Domenico e Cater<strong>in</strong>a d’Alessandria che f<strong>in</strong>o al 1885 si trovavano nella<br />

vic<strong>in</strong>a edicola della Piazzola, riconsacrata da quell’anno alla Madonna<br />

di Lourdes.<br />

43


Attribuito al Secondo Maestro della Valsugana: San Michele <strong>in</strong> lotta con il<br />

demonio 1520-1530 ca., particolare (dopo il restauro). Cappella di San Michele<br />

Il restauro esterno e l’affresco con la Pietà.<br />

L’ultimo restauro esterno avvenuto nel 2001, oltre ai normali<br />

lavori di pulizia, risanamento delle pareti e imbiancatura, ha scoperto<br />

ed evidenziato alcuni particolari orig<strong>in</strong>ali dell’edificio con le successive<br />

modifiche e gli ampliamenti succedutisi nel corso dei secoli.<br />

L’attuale aspetto esterno della chiesetta è sostanzialmente quello<br />

conferitole nel restauro e ampliamento (<strong>in</strong> altezza) del 1675, salvo<br />

qualche piccola aggiunta come il tettuccio di scandole, come recita la<br />

lapide commemorativa posta sopra il portale d’<strong>in</strong>gresso.<br />

44


Le piatte e alte lesene angolari che scandiscono verticalmente l’edificio<br />

e term<strong>in</strong>ano con capitelli dorici, nel progetto secentesco avrebbero<br />

dovuto sostenere, a rigore di logica, un cornicione aggettante con una<br />

copertura probabilmente diversa da quella attuale. Allo stesso periodo<br />

dovrebbe risalire la modifica con il parziale tamponamento dei grandi<br />

f<strong>in</strong>estroni cent<strong>in</strong>ati del piano superiore, nonchè la ridef<strong>in</strong>izione della<br />

facciata con il tamponamento dell’occhio centrale, la costruzione del<br />

bel portale lapideo e l’apertura dell’oculo ovale <strong>in</strong> corrispondenza del<br />

sottotetto. Un’altra sorpresa <strong>in</strong>aspettata, messa <strong>in</strong> luce dal restauro, è stata<br />

la comparsa <strong>in</strong> una nicchia cent<strong>in</strong>ata ricavata nella facciata a mezzogiorno<br />

di un affresco rappresentante una Pietà. Il tema della Madonna con <strong>in</strong><br />

grembo il Figlio morto, il “Vesperbild” come viene chiamato nell’area<br />

tedesca, ha avuto un notevole sviluppo, per lo più nell’area alp<strong>in</strong>a e<br />

veneta tra il XIV e la prima metà del XVI secolo soprattutto ad opera dei<br />

francescani. Tale immag<strong>in</strong>e, rappresentata per lo più <strong>in</strong> scultura, veniva<br />

esposta all’adorazione dei fedeli nel pomeriggio del Venerdì Santo,<br />

corrispondente al momento della deposizione dalla croce del corpo di<br />

Cristo. Nell’affresco, una monumentale figura di Maria, seduta ai piedi<br />

della croce, contempla addolorata il corpo piagato del figlio morto<br />

deposto nel suo grembo. Al senso di morte e di desolazione fa eco lo<br />

spettrale paesaggio dello sfondo costellato da alberi scheletrici. La scena<br />

è <strong>in</strong>corniciata da un fregio <strong>in</strong> monocromo su fondo blu, estremamente<br />

<strong>in</strong>teressante per fattura ed elementi iconografici. Nell’archivolto è dip<strong>in</strong>to<br />

un motivo con grifoni e sirene, <strong>in</strong>corniciato da una lunga scritta dedicatoria<br />

<strong>in</strong> caratteri lat<strong>in</strong>i e non più gotici come quelle dell’<strong>in</strong>terno, mentre sui<br />

piedritti si vedono delle candelabre con un motivo di vasi e medaglioni. Il<br />

fregio che si connota come la parte migliore dell’affresco, oltre a rivelare<br />

nell’autore una buona conoscenza dell’arte colta del primo C<strong>in</strong>quecento,<br />

appare di fattura più accurata del gruppo della Pietà. Stilisticamente il<br />

dip<strong>in</strong>to potrebbe essere ascritto ad un pittore del XVI secolo operante<br />

nell’area trent<strong>in</strong>o-veneta.<br />

45


Il restauro dell’Oratorio di San Rocco a Borgo Valsugana<br />

Enrica V<strong>in</strong>ante<br />

Il restauro delle superfici pittoriche <strong>in</strong>terne dell’Oratorio di San Rocco<br />

L’<strong>in</strong>tervento sulle superfici pittoriche del Corradi è risultato molto più impegnativo<br />

rispetto a quanto previsto, dato che un restauro relativamente recente,<br />

eseguito nel 1977, faceva prefigurare quello progettato come una manutenzione<br />

o poco più.<br />

Prelim<strong>in</strong>armente sono state eseguite <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i chimico stratigrafiche su sei campioni<br />

di <strong>in</strong>tonaco, colore e materiali di degrado, per verificare la presenza di<br />

nitrati e solfati sugli strati più superficiali.<br />

Il controllo visivo della superficie a luce diretta e a luce radente ha permesso di<br />

riscontrare dei fenomeni di ritiro del materiale dalle mancanze, nonché abrasioni<br />

che corrispondevano molto probabilmente a residui dello stesso o ad un eccessivo<br />

impiego di legante acrilico come fissativo del ritocco, che aveva risposto con<br />

alterazioni alle variazioni di umidità e temperatura ambientali.<br />

Il controllo acustico ha permesso di localizzare distacchi di profondità, maggiormente<br />

concentrati sulla vela sud e sulla corrispondente parete, già <strong>in</strong>teressata da<br />

una profonda fessura verticale passante.<br />

Dopo il descialbo della prima campata è risultato evidente che l’<strong>in</strong>tonaco di f<strong>in</strong>itura<br />

era comune ad entrambi gli ambienti. Evidentemente solo <strong>in</strong> un tempo<br />

successivo la seconda campata è stata preparata all’esecuzione dell’affresco,<br />

picchiettandola e sovrapponendo l’<strong>in</strong>tonach<strong>in</strong>o, che si stacca da circa 60 centimetri<br />

dal pavimento.<br />

La pulitura chimica dell’opera del Corradi è <strong>in</strong>iziata con l’esecuzione di prove<br />

selettive, che hanno permesso di determ<strong>in</strong>are il tipo di solvente, le concentrazioni,<br />

il materiale supportante più adeguato e i tempi di applicazione corretti. La<br />

pulitura è stata differenziata nei tempi <strong>in</strong> relazione alle diverse situazioni.<br />

Conclusa questa fase, su ogni s<strong>in</strong>gola porzione veniva applicato un foglio di<br />

carta giapponese impregnato di acqua dem<strong>in</strong>eralizzata per estrarre i sali solubili<br />

superficiali.<br />

Il recupero delle cromie orig<strong>in</strong>ali è risultato efficace e, solo <strong>in</strong> alcuni casi, è stato<br />

necessario ripetere l’applicazione dei sali basici.<br />

Dopo la pulitura, la superficie ha recuperato la nitidezza orig<strong>in</strong>ale anche se i<br />

46


iquadri del registro <strong>in</strong>feriore apparivano estremamente compromessi per cadute<br />

di pellicola pittorica, graffi e usura. Le piccole e medie mancanze sono state<br />

risarcite con un impasto di calce naturale, sabbia e polvere di marmo.<br />

Alcune lacune di media e grande dimensione, che per collocazione risultavano<br />

impattanti, sono state ritoccate secondo il metodo imitativo, <strong>in</strong> aff<strong>in</strong>ità con le<br />

porzioni circostanti. Le più grandi nella parte bassa all’<strong>in</strong>terno dei velari sono<br />

<strong>in</strong>vece state lasciate a neutro.<br />

Il ritocco pittorico è stato lungo e puntuale, eseguito con colori ad acquerello<br />

W&N, ha <strong>in</strong>teressato con velature le abrasioni e con ritocco a rigat<strong>in</strong>o i particolari,<br />

recuperando la lettura dell’orig<strong>in</strong>ale.<br />

Il restauro della Cappella di San Michele Arcangelo<br />

Al piano terra, sull’arco che divide la prima dalla seconda volta è dip<strong>in</strong>to <strong>in</strong><br />

forma pentagonale un affresco raffigurante San Michele Arcangelo che v<strong>in</strong>ce il<br />

diavolo e pesa le anime.<br />

Il dip<strong>in</strong>to versava <strong>in</strong> un gravissimo stato di conservazione provocato pr<strong>in</strong>cipalmente<br />

dall’umidità di risalita e da un microclima <strong>in</strong>terno all’ambiente molto sfavorevole,<br />

<strong>in</strong>dotto dalla presenza di <strong>in</strong>tonaco cementizio sulle volte e sulle pareti<br />

e per il quasi completo <strong>in</strong>terramento rispetto al piano stradale.<br />

Notevoli le efflorescenze sal<strong>in</strong>e che <strong>in</strong>teressavano l’opera e le ridip<strong>in</strong>ture della<br />

parte bassa, corrispondenti ad altrettante cadute dell’<strong>in</strong>tonaco di supporto.<br />

Sotto alle stuccature presenti sono state verificate eccezionali concrezioni di sali<br />

(nitrati, solfati e nitrato di potassio, solfato di magnesio) che hanno reso necessario<br />

per la loro rimozione l’impiego di utensili quali bisturi, scalpelli e punte,<br />

con successivi e ripetuti lavaggi di acqua dem<strong>in</strong>eralizzata ed estrazione dei sali<br />

ripetute numerose volte.<br />

Se a livello delle stuccature e dei perimetri la superficie è stata liberata, altrettanto<br />

non si è potuto fare sulla parte centrale, che è stata più volte trattata con<br />

acqua dem<strong>in</strong>eralizzata.<br />

Sulle concrezioni sal<strong>in</strong>e scure, corrispondenti alla figura chiara del Santo, si è<br />

lavorato con res<strong>in</strong>e a scambio ionico, migliorando la situazione ma senza risolverla.<br />

Le numerose piccole mancanze sono state chiuse con Intostorico TCS<br />

setacciato, per raggiungere una granulometria sottilissima e garantire porosità e<br />

traspirazione. Anche i grandi neutri laterali e superiori sono stati realizzati con il<br />

medesimo materiale a granulometria 1.0.<br />

47


La parte <strong>in</strong>feriore dell’affresco, demolita f<strong>in</strong>o alla tessitura muraria, è stata risarcita<br />

con una prima distribuzione di Sprizzo Antisale TCS per asportare e trattenere<br />

i sali; successivamente è stata rimossa e ridistribuita <strong>in</strong> quanto già satura<br />

di sali. Il cambio del microclima <strong>in</strong>terno ed esterno cont<strong>in</strong>ua però a favorire la<br />

fuoriuscita dei sali, pertanto si può proporre per il futuro la realizzazione dello<br />

stacco della porzione orig<strong>in</strong>ale per garantirne la conservazione.<br />

Il ritocco pittorico è <strong>in</strong>tervenuto <strong>in</strong> maniera puntuale a livello delle numerose<br />

mancanze secondo il metodo imitativo.<br />

Il restauro della Deposizione esterna<br />

All’esterno, sulla parete sud, superiormente alla f<strong>in</strong>estra, nel corso dell’ultimo<br />

restauro monumentale era stata <strong>in</strong>dividuata e stamponata una nicchia con cornice<br />

poco profonda, raffigurante la scena della Deposizione, sottol<strong>in</strong>eata da una<br />

cornice candelabra con iscrizione superiore chiara.<br />

Appariva quasi illeggibile per lo spesso strato di <strong>in</strong>tonaco residuo, per le numerose<br />

e profonde lesioni e per la martell<strong>in</strong>atura eseguita per fare aderire l’<strong>in</strong>tonaco<br />

del tamponamento.<br />

L’<strong>in</strong>tervento ha avuto <strong>in</strong>izio con la rimozione dell’<strong>in</strong>tonaco residuo, asportato<br />

con l’ausilio di bisturi, fibre di vetro a sezione sottile e gomme autodeperenti.<br />

Sono qu<strong>in</strong>di stati eseguiti dei r<strong>in</strong>zaffi delle lesioni più profonde e la stuccatura<br />

delle numerose fessure e delle mancanze di piccola e media entità.<br />

Solo dopo il consolidamento di profondità, eseguito mediante <strong>in</strong>iezioni di calce<br />

3.5 veicolata <strong>in</strong> acqua, è stata eseguita la pulitura chimica della superficie<br />

pittorica del fondo e della cornice, recuperando una buona lettura della scena,<br />

che risultava comunque estremamente pregiudicata con la perdita di particolari<br />

anche di grande dimensione, ma che permetteva di del<strong>in</strong>eare i profili delle figure<br />

ed i dettagli.<br />

Il ritocco pittorico attento e preciso, eseguito con la velatura delle abrasioni del<br />

fondo e secondo il metodo imitativo nel dettaglio del viso e della cornice, ha<br />

permesso di recuperare una buona lettura dell’opera; le lacune di maggiore dimensione<br />

sono state risolte a neutro.<br />

Il testo è tratto dalla Relazione f<strong>in</strong>ale sull’<strong>in</strong>tervento di restauro delle superfici<br />

affrescate <strong>in</strong>terne ed esterne, degli <strong>in</strong>tonaci orig<strong>in</strong>ali e degli elementi lapidei<br />

dell’oratorio di San Rocco, 2004-2006.<br />

48


Pittore trent<strong>in</strong>o veneto della prima metà del XVI secolo (?): Pietà.<br />

Facciata sud dell’oratorio di San Rocco.

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