INDAGINE SULLE COMUNITÀ ORNITICHE ... - Matese Natura
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Ornitiche<br />
<strong>INDAGINE</strong> <strong>SULLE</strong> <strong>COMUNITÀ</strong> <strong>ORNITICHE</strong><br />
Obiettivi e attività svolte<br />
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L’avifauna appenninica è meno conosciuta di quella delle zone collinari e di pianura della penisola.<br />
Per esempio, sono molto scarse le informazioni sulla migrazione attraverso la dorsale appenninica<br />
rispetto a quanto è noto sul transito migratorio lungo la linea di costa tirrenica e adriatica (Tellini<br />
Florenzano 1999, Gustin e Sorace 2004). Inoltre, le comunità ornitiche presenti sui massicci<br />
montuosi dell’Italia meridionale sono state studiate in passato meno di quelle presenti nei massicci e<br />
catene più settentrionali.<br />
In Campania, nello specifico, sono stati pubblicati dei dati solo sulle comunità dei Monti Lattari (De<br />
Filippo 1981) e delle comunità di alcune faggete dei Monti Alburni (De Filippo e Kalby 1985, De<br />
Filippo et al. 1985). Per quanto concerne il Parco del <strong>Matese</strong>, alcuni lavori pubblicati di recente<br />
hanno fornito delle informazioni sullo status di alcuni gruppi ornitici come i rapaci e gli uccelli<br />
acquatici (Cavaliere e Fraissinet 2005, Fraissinet et al. 2006, Guglielmi e Leardi 2007, Fraissinet e<br />
Cavaliere 2007a), ma sono necessari degli approfondimenti per la maggior parte delle specie presenti<br />
nell’area protetta.<br />
L’obiettivo dell’indagine ornitologica, è stato quello di delineare il quadro conoscitivo sull’avifauna<br />
del Parco del <strong>Matese</strong> e sulla distribuzione delle specie ornitiche di maggior pregio naturalistico e<br />
conservazionistico. A questo scopo, è stata condotta un’attenta indagine bibliografica e sono state<br />
effettuate escursioni primaverili sul campo. Inoltre, sono stati raccolti dati secondo i dettami di<br />
metodi standardizzati per descrivere le caratteristiche della comunità ornitica locale.<br />
Le informazioni così ottenute hanno permesso di realizzare le seguenti attività: produrre modelli di<br />
idoneità per le specie di interesse comunitario; individuare le aree critiche nel Parco per alcune<br />
specie a priorità di conservazione; valutare quali fossero i programmi di monitoraggio da<br />
intraprendere per tenere sotto controllo lo status della biodiversità nel parco; proporre azioni di<br />
conservazione, gestione e miglioramento/riqualificazione ambientale a beneficio dell’avifauna locale<br />
e, in generale, della biodiversità.<br />
Ricerca bibliografica<br />
L’elenco delle pubblicazioni contenenti dati ornitologici relativi al Parco del <strong>Matese</strong> è stato ottenuto<br />
grazie alla consultazione di:<br />
- tutti i fascicoli pubblicati negli ultimi trenta anni dalle riviste ornitologiche nazionali (Avocetta,<br />
Rivista italiana di Ornitologia, Picus, Uccelli d’Italia);<br />
- atti di tutti i Convegni italiani di Ornitologia;<br />
- atti di convegni locali a carattere ornitologico;<br />
- atti di convegni non specificatamente ornitologici, ma che contenevano contributi sulle specie<br />
ornitiche;<br />
- opere generali sull’avifauna italiana (Meschini e Frugis 1993, Baccetti et al. 2002, Brichetti e<br />
Fracasso 2003, 2004, 2006, 2007).<br />
Inoltre, sono stati contattati alcuni ornitologi che hanno lavorato in passato nel territorio del Parco<br />
del <strong>Matese</strong>, per chiedere informazioni sull’esistenza di relazioni tecniche non pubblicate.<br />
Controlli in campo<br />
Tra il 29 febbraio e il 5 marzo 2008 sono state effettuate le prime escursioni nel Parco, durante le<br />
quali sono stati visitati tutti gli ambienti principali presenti nell’area protetta, con uscite che hanno<br />
riguardato il territorio di tutti i comuni che rientrano nel Parco.<br />
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Successivamente, sono state effettuate ulteriori uscite nel Parco nel trimestre aprile-giugno:<br />
- dal 6 all’8 e dal 12 al 18 aprile, dedicate al completamento della prima visita alle stazioni<br />
d’ascolto (vedi sotto);<br />
- nei giorni 8, 9, 12, 15, 19, 20, 22 e 23 di maggio e dal 6 all’8 e dal 21 al 24 di giugno, rivolte alla<br />
ripetizione delle stazioni d’ascolto secondo il protocollo prefissato (vedi sotto);<br />
- il 22 e il 23 maggio, utilizzate per percorrere i due transetti individuati per investigare la<br />
presenza della Coturnice Alectoris graeca;<br />
- il 9 e 15 maggio, dedicate ai rilievi di uccelli acquatici sul Lago <strong>Matese</strong> e Lago di Gallo.<br />
Il metodo standardizzato prescelto per lo studio delle comunità ornitiche dei diversi ambienti del<br />
Parco è stato quello delle stazioni d’ascolto o IPA (Blondel et al. 1970).<br />
In accordo con altri autori, si è deciso di ridurre a dieci minuti, rispetto ai venti della metodologia<br />
standard (Blondel et al. 1970), il periodo di permanenza in ogni stazione, in quanto la maggioranza<br />
delle specie viene registrata nei primi minuti di rilevamento (cfr. Bibby e Burghess 1992; Sorace et<br />
al. 2000). In questo modo, si può inoltre programmare un numero maggiore di stazioni d’ascolto,<br />
migliorando il grado di copertura dell’area studiata.<br />
Sulla base della classificazione delle tipologie ambientali operata dal Corine Land Cover, sono state<br />
identificate quattro tipologie all’interno delle quali collocare i punti di ascolto. Con un sistema<br />
randomizzato, utilizzando applicativi GIS, sono stati individuati 109 punti, distribuiti in modo<br />
proporzionale alla copertura di ciascuna delle quattro tipologie presenti nel Parco, mantenendo i<br />
punti all’interno di ciascun ambiente per almeno 100 metri.<br />
La distribuzione dei punti nelle diverse tipologie, è risultata la seguente:<br />
- 66 punti in Boschi di latifoglie;<br />
- 2 punti in Boschi a predominanza di conifere;<br />
- 5 punti in Aree a vegetazione boschiva e arbustiva in evoluzione;<br />
- 17 punti in Prati e pascoli (Aree a pascolo naturale e praterie d'alta quota, Prati stabili);<br />
- 19 punti in Zone agricole (Zone agricole eterogenee, uliveti, seminativi in aree non irrigue).<br />
Per raggiungere i punti, stabiliti secondo il programma randomizzato, sono stati utilizzati sul campo<br />
strumentazione GPS e cartografia dell’area.<br />
Poiché molte specie sedentarie hanno un picco delle attività territoriali nei primi mesi primaverili<br />
(marzo-aprile), mentre la maggior parte delle specie migratrici si insedia nel territorio di<br />
nidificazione non prima di maggio, i rilevamenti sono stati effettuati da marzo a giugno 2008 (nelle<br />
date precedentemente citate), per cercare di censire entrambi le componenti dell’avifauna locale nel<br />
modo più accurato possibile.<br />
La presenza delle specie ornitiche, è stata rilevata tramite l’osservazione degli individui e l’ascolto<br />
dei versi e dei canti, sia all’interno che all’esterno di un raggio di 100 m dal rilevatore. Gli individui<br />
in transito in volo alto, sono stati considerati solo per l’elaborazione della check-list locale, ma non<br />
per il calcolo dei parametri della comunità ornitica (vedi sotto). I punti d’ascolto sono stati effettuati<br />
nelle prime ore mattutine in giornate non piovose, senza vento o con vento leggero.<br />
I dati così ottenuti, sono stati elaborati per ottenere informazioni sui seguenti parametri delle<br />
comunità ornitiche:<br />
- ricchezza (S), ossia il numero complessivo di specie campionate;<br />
- abbondanza (A), numero medio di individui registrati per stazione d’ascolto;<br />
- % di non Passeriformi;<br />
- numero di specie dominanti, cioè numero di specie in cui la frequenza relativa (fi) > 0,05<br />
(Turcek, 1956; Oelke, 1980);<br />
- diversità delle specie (H) (Shannon e Weaver, 1963);<br />
- equiripartizione (J) (Lloyd & Ghelardi, 1964; Pielou, 1966).<br />
Per investigare la presenza della Coturnice, il 22 e 23 Maggio (tra le 6:30 e le 9:30 circa in entrambi<br />
i giorni) sono stati effettuati dei censimenti lungo due transetti: il primo da Bocca della Selva alla<br />
cima del Monte Mutria, il secondo dal Piano della Corte alla cima del Monte Gallinola.<br />
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Il censimento prevedeva delle soste lungo il transetto, ogni 300 m in linea d’aria. Durante la sosta, la<br />
Coturnice veniva stimolata emettendo, con un riproduttore CD, le sue vocalizzazioni territoriali, al<br />
fine di sollecitarne la risposta e accertarne la presenza (metodo del playback).<br />
Il metodo del playback è stato utilizzato anche in sei stazioni boschive, per investigare la presenza<br />
del Picchio rosso mezzano Dendrocopos medius e del Picchio dorsobianco Dendrocopos leucotos.<br />
I rilievi di uccelli acquatici sul Lago <strong>Matese</strong> e Lago di Gallo, sono stati effettuati cercando di<br />
investigare la maggior parte della superficie lacustre con l’ausilio di binocoli (10 x 40) e<br />
cannocchiali (20 x 60).<br />
Rassegna delle conoscenze<br />
Dall’elenco bibliografico ottenuto, si evince che le conoscenze sulla distribuzione e status di alcuni<br />
gruppi ornitologici nel Parco sono decisamente buone, mentre per altri gruppi necessitano di notevoli<br />
approfondimenti.<br />
In particolare, le informazioni sui rapaci diurni presenti nell’area protetta risultano dettagliate e<br />
aggiornate e sono state sintetizzate in articoli pubblicati recentemente (Fraissinet et al. 2006,<br />
Guglielmi e Leardi 2007). Altri dati su singole specie del gruppo, come i nibbi, l’aquila reale, i<br />
falconi, sono stati presentati negli ultimi anni in convegni incentrati sulla loro biologia (Guglielmi e<br />
Leardi 2006, Piciocchi et al. 2007).<br />
Anche per gli uccelli acquatici svernanti, le conoscenze sono molto approfondite, in quanto nelle<br />
aree umide del Parco del <strong>Matese</strong> vengono raccolti annualmente i dati sulle consistenze delle diverse<br />
specie, nell’ambito del progetto coordinato in Italia dall’Istituto Nazionale Fauna Selvatica (INFS) e<br />
in Europa da Wetland International. Per di più per queste specie, sono in corso progetti di<br />
censimento a livello regionale e provinciale (Cavaliere e Fraissinet 2005, Fraissinet e Cavaliere<br />
2007a).<br />
Anche le informazioni sugli uccelli acquatici nidificanti, specificatamente sullo Svasso maggiore<br />
Podiceps cristatus (Fraissinet et al. 2007), e in merito alla selezione dell’habitat e il ruolo<br />
dell’impatto antropico sulla distribuzione della Quaglia Coturnix coturnix (Cavaliere et al. 2007),<br />
hanno un buon livello di approfondimento.<br />
Per altri gruppi le conoscenze sono in vari casi datate e frammentarie, derivando da pubblicazioni a<br />
carattere regionale (Fraissinet e Kalby 1989, Scebba 1993, Milone 1999). In particolare, per alcune<br />
specie d’interesse comunitario mancano informazioni sufficienti sulla distribuzione nel Parco del<br />
<strong>Matese</strong> e per altre, come ad esempio la Coturnice, non è noto se siano ancora nidificanti in questa<br />
area protetta (Scebba 1993). Inoltre, non è stato condotto nessuno studio sistematico con metodi<br />
standardizzati sulle comunità ornitologiche dei diversi ambienti del Parco.<br />
Riguardo al periodo della migrazione, si conoscono alcuni dati preliminari raccolti durante alcune<br />
sessioni d’inanellamento di uccelli a scopo scientifico (Cavaliere et al. 2004), ma sono necessari<br />
indubbiamente degli approfondimenti.<br />
Infine, non esistono studi approfonditi sulla biologia e sull’ecologia (es. successo riproduttivo) della<br />
maggior parte delle specie presenti nel Parco.<br />
Lista di controllo degli uccelli<br />
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La Check-list degli uccelli del Parco del <strong>Matese</strong> (mostra approfondimento) è stata completata<br />
utilizzando sia il materiale bibliografico, sia informazioni derivate da interviste a ornitologi locali,<br />
sia i dati originali ottenuti mediante censimenti standardizzati ed escursioni sul territorio descritti in<br />
un precedente capitolo.<br />
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Da questo elenco, risulta che nel Parco è presente un numero elevato di specie (190) da mettere in<br />
relazione con l’ampia diversificazione di ambienti, comprendenti valloni rocciosi, faggete, boschi<br />
misti, praterie e pascoli d’altitudine, laghi e torrenti, che consente l’insediamento anche di specie<br />
abbastanza esigenti da un punto di vista ecologico.<br />
Le specie nidificanti nell’area protetta sono 112, di cui 75 sedentarie e le restanti 37 nidificanti<br />
estive. Le specie svernanti sono 20 e 58 sono solo migratrici più o meno regolari.<br />
Con 95 specie, l’ordine più rappresentato è quello dei Passeriformi che annovera oltre a specie ben<br />
distribuite all’interno del territorio del Parco, anche alcune tra quelle più comuni nell’area protetta<br />
(es.: Merlo Turdus merula, Capinera Sylvia atricapilla, Fringuello Fringilla coelebs).<br />
Tra i vari ambienti del Parco, i laghi e le zone umide consentono la presenza di una ricca<br />
rappresentanza di uccelli acquatici, tra cui 3 specie di svassi, 7 di aironi, 11 di anatidi e 14 di<br />
limicoli. Le pareti e le formazioni rocciose favoriscono svariate specie rupicole come il Pellegrino, il<br />
Corvo imperiale Corvus corax e il Gracchio corallino.<br />
Nutrita è anche la rappresentanza di rapaci diurni (22 specie) includendo sia specie sedentarie sia<br />
specie esclusivamente migratrici. Poiché i rapaci si trovano al culmine delle reti trofiche, la loro<br />
presenza è indice di buona salute ambientale del comprensorio.<br />
Nel complesso, accanto a diverse specie generaliste, sono osservabili nel Parco varie specie meno<br />
comuni, rare e/o a priorità di conservazione (cfr. capitolo successivo). Ciò indicherebbe che il Parco<br />
conserva elementi di elevata naturalità e ampie porzioni di territorio in buono stato di conservazione.<br />
Nel corso dei campionamenti effettuati secondo il metodo delle stazioni d’ascolto, sono state censite<br />
74 specie. Considerando tutti gli ambienti presi in esame, sono risultate specie dominanti (pi > 0.05),<br />
nell’ordine, la Cinciallegra Parus major, il Fringuello, la Capinera, il Pettirosso Erithacus rubecula,<br />
il Merlo e la Cinciarella Parus caeruleus. Queste specie sono dominanti anche nel bosco di latifoglie<br />
mentre in ambiente agricolo, oltre a Capinera, Cinciallegra e Merlo, sono dominanti la Passera<br />
d’Italia Passer italiae e il Verzellino Serinus serinus.<br />
Tutt’altre specie sono le più comuni nelle praterie e nei pascoli. Qui infatti risultano dominanti<br />
l’Allodola Alauda arvensis, la Tottavilla Lullula arborea, lo Spioncello Anthus spinoletta, lo<br />
Strillozzo Miliaria calandra, il Culbianco Oenanthe oenanthe e la Cornacchia grigia Corvus corone<br />
cornix.<br />
Poche specie a priorità di conservazione (es.: Rondine Hirundo rustica) sono esclusive degli<br />
ambienti agricoli. Al contrario, sono numerose quelle rilevate solo nei boschi di latifoglie o nelle<br />
aree a pascolo/prateria includendo alcune specie di interesse comunitario come il Biancone Circaetus<br />
gallicus e il Nibbio reale Milvus milvus, osservati esclusivamente in ambiente boschivo, e il<br />
Calandro Anthus campestris e il Gracchio corallino Pyrrhocorax pyrrhocorax, censiti unicamente<br />
nelle praterie e nei pascoli (Tabella 26).<br />
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Tabella 26 - Numero medio d’individui (± Deviazione standard) e frequenza relativa di ogni specie (pi) rilevati con il<br />
metodo delle stazioni d’ascolto nel bosco di latifoglie, in ambienti a prateria/pascolo, in ambiente agricolo e nel totale di<br />
tutte le stazioni. Le specie dominanti sono quelle con pi > 0.05. I nomi italiani delle specie sono riportati nella check-list<br />
degli uccelli. (mostra approfondimento)<br />
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segue Tabella 26<br />
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In Tabella 27, vengono riportati i parametri della comunità ornitica per ognuno degli ambienti<br />
investigati e nel loro totale. Premesso che i risultati che seguono, dato che sono stati raccolti in una<br />
sola stagione riproduttiva, devono essere considerati preliminari, si nota che, a dispetto del numero<br />
decisamente inferiore di stazioni investigate negli ambienti a prateria/pascolo (17) e agricoli (19)<br />
rispetto al bosco (66), i valori di ricchezza di specie nei tre ambienti sono simili.<br />
Inoltre, i valori dell’indice di diversità e di quello di equiripartizione sono minimi nel bosco di<br />
latifoglie, mentre il numero di specie dominanti è quasi identico nei tre ambienti.<br />
Ciò è in disaccordo con le aspettative.<br />
Infatti, a causa di minori disponibilità trofiche, gli ambienti aperti sono in genere più poveri di specie<br />
e caratterizzati dalla presenza di poche specie dominanti particolarmente abbondanti. Ciò porta<br />
questi ambienti a mostrare valori dell’indice di diversità e di quello di equiripartizione inferiori<br />
rispetto agli ambienti boschivi.<br />
È probabile che la scarsa maturità della maggior parte delle formazioni boschive del Parco sia<br />
all’origine di questi risultati. Tra l’altro, a conferma di questa ipotesi, il numero di specie di picchi<br />
rilevato durante la presente indagine è risultato limitato a sole tre specie che, per di più, mostrano<br />
un’abbondanza relativamente scarsa (Tabella 26).<br />
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Tabella 27 - Parametri della comunità nidificante nelle tre stagioni riproduttive investigate. S = Ricchezza, A =<br />
Abbondanza, H = Diversità, J = Equiripartizione, % non Pass = % di non Passeriformi, no. dom. = numero di specie<br />
dominanti.<br />
S A H J<br />
Specie di particolare interesse conservazionistico<br />
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Durante i censimenti e le escursioni nel territorio effettuati tra la fine di febbraio e la fine di giugno<br />
sono state osservate 117 specie di cui le seguenti 16 sono incluse nell’Allegato 1 della Direttiva del<br />
Consiglio Europeo 79/409/CEE “concernente la conservazione degli uccelli selvatici”: Garzetta<br />
Egretta garzetta, Airone bianco maggiore Casmerodius albus, Airone rosso Ardea purpurea,<br />
Moretta tabaccata Aythya nyroca, Falco pecchiaiolo Pernis apivorus, Nibbio reale, Biancone, Falco<br />
di palude Circus aeruginosus, Aquila reale Aquila chrysaetos, Pellegrino Falco peregrinus, Piro piro<br />
boschereccio Tringa glareola, Tottavilla, Calandro, Averla piccola Lanius collurio, Averla cenerina<br />
Lanius minor, Gracchio corallino.<br />
Nelle Schede monografiche (mostra approfondimento) sono riportati gli approfondimenti relativi ad<br />
alcune di queste specie.<br />
Per quanto riguarda la Coturnice, specie inclusa nell’allegato 1 della Dir. 79/409/CEE, i censimenti<br />
effettuati sul Monte Mutria e sul Monte Gallinola non hanno permesso di contattare nessun individuo<br />
della specie. Pertanto, sussiste la forte possibilità che la specie, segnalata in passato come nidificante<br />
(Grimmet e Jones 1989), sia estinta nel Parco.<br />
Nelle escursioni effettuate nella primavera 2008, oltre alle specie incluse nell’All.1 della Direttiva<br />
Uccelli, sono state rilevate altre 43 specie di interesse conservazionistico (Tabella 28) ossia inserite<br />
tra le Specie a Priorità di Conservazione in Europa (SPEC; BirdLife 2004) o tra quelle citate dalla<br />
Lista Rossa degli uccelli nidificanti in Italia (LIPU, WWF, 1999).<br />
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Tabella 28 - Specie a priorità di conservazione presenti nel Parco del <strong>Matese</strong>. DU: Direttiva Uccelli; LRI: Lista Rossa<br />
Italiana; SPEC: Specie a priorità di conservazione in Europa.<br />
cie DU LRI SPEC32<br />
Nome comune Specie DU LRI<br />
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SPEC <br />
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Nome comune Specie DU LRI SPEC <br />
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Nome comune Specie DU LRI SPEC <br />
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cie DU LRI SPEC32<br />
Nome comune Specie DU LRI SPEC <br />
Fra queste, risultano di particolare interesse 22 specie indicate nella Lista Rossa Italiana (LRI) come<br />
CR (in pericolo critico), EN (minacciate) o VU (vulnerabili), delle quali 12 sono anche presenti in<br />
Direttiva Uccelli (DU).<br />
Presenza storica e attuale<br />
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Come riportato nel precedente capitolo, nel Parco sono state avvistate 16 specie inserite<br />
nell’Allegato 1 della Direttiva 79/409/CEE. Per queste specie, viene descritto di seguito lo status nel<br />
Parco del <strong>Matese</strong>, mentre in un successivo capitolo saranno descritte quelle che potrebbero essere le<br />
loro aree di presenza potenziale (cfr. modelli di idoneità per gli uccelli). (mostra approfondimento)<br />
Tra le 16 specie di interesse comunitario, 3 appartengono alla famiglia degli aironi (ardeidi):<br />
Garzetta, Airone bianco maggiore e Airone rosso.<br />
La Garzetta è una specie migratrice regolare nel Parco osservabile principalmente al lago <strong>Matese</strong>,<br />
alle Mortine e al lago Gallo. Nel corso della presente ricerca è stata osservata il 9 maggio 2008 sulle<br />
rive del lago del <strong>Matese</strong>.<br />
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L’Airone bianco maggiore è una specie migratrice regolare e svernante nel Parco. La località dove<br />
sono più facili gli avvistamenti è quella delle Mortine, al cui interno da alcuni anni si è insediato un<br />
dormitorio invernale (max. 10 esemplari nel gennaio del 2006; Fraissinet et al., in stampa). Nel corso<br />
della presente ricerca, la specie è stata osservata il 2 marzo 2008 al lago del <strong>Matese</strong>, e il 3 marzo<br />
nell’invaso delle Mortine.<br />
L’Airone rosso è una specie migratrice regolare nel Parco. Nella stagione riproduttiva del 2006<br />
potrebbe aver nidificato alle Mortine, località in cui sono stati osservati ripetutamente un adulto e un<br />
giovane da luglio a settembre (Fraissinet et al., in stampa). Nel corso della presente ricerca, la specie<br />
è stata osservata il 15 maggio 2008 sulle rive del lago del <strong>Matese</strong>.<br />
Tra gli anatidi d’interesse comunitario, è stata rilevata la Moretta tabaccata. Questa specie risulta<br />
migratrice, svernante e nidificante probabile nel Parco, dove si può avvistare con pochi esemplari<br />
nelle principali aree umide. Nel corso della presente ricerca, la specie è stata osservata il 3 marzo<br />
2008 nell’invaso delle Mortine.<br />
Nel Parco del <strong>Matese</strong> sono stati rilevate sei specie di rapaci diurni di interesse comunitario: Falco<br />
pecchiaiolo, Nibbio reale, Biancone, Falco di palude, Aquila reale e Pellegrino.<br />
Il Falco pecchiaiolo è una specie migratrice e nidificante nel Parco. Le stima di 2-3 coppie<br />
nidificanti, effettuata alla fine degli anni ’80 (Grimmet e Jones 1989), è stata riconfermata da recenti<br />
ricerche (Fraissinet et al., 2006). Le coppie sarebbero localizzate nelle aree forestali presenti sui<br />
rilievi della zona sud-occidentale, tra gli abitati di San Gregorio <strong>Matese</strong>, Castello <strong>Matese</strong> e<br />
Piedimonte <strong>Matese</strong>. Nel corso della presente ricerca, un buon passaggio d’individui in migrazione<br />
(fino a 70 individui) è stato osservato il 18 e 19 maggio 2008 sul M. Mutria. Un individuo è stato<br />
rilevato il 24 giugno in una zona vicino S. Angelo Alife, dove è probabile la nidificazione.<br />
Il Nibbio reale è una specie sedentaria e nidificante nel Parco. In passato, la specie era già stata<br />
segnalata come nidificante certa sui Monti del <strong>Matese</strong> (Fraissinet e Kalby, 1989), con una<br />
popolazione stimata di 3 coppie (Grimmet e Jones 1989). I siti riproduttivi di 2 coppie si trovano<br />
nella zona compresa tra il Lago Gallo e il comune di Gallo <strong>Matese</strong>, e nell’area del Lago <strong>Matese</strong>. Una<br />
terza coppia potrebbe nidificare nella parte alta del Titerno, nel versante sannita del Parco (Fraissinet<br />
et al., 2006). Nel corso della presente ricerca, il Nibbio reale è stato osservato il 12 aprile 2008 a<br />
nord-est di Gallo <strong>Matese</strong> e l’8 maggio sopra Prata Sannita.<br />
Il Biancone è una specie migratrice e nidificante nel Parco. Scebba (1993) stimava in due coppie la<br />
popolazione nidificante nel Parco. Indagini recenti (Fraissinet et al, 2006), fanno ritenere probabile la<br />
nidificazione di una coppia nei pressi di Gallo <strong>Matese</strong> e di una seconda coppia tra il lago <strong>Matese</strong> e il<br />
paese di Piedimonte <strong>Matese</strong>. Nel corso della presente ricerca, è stato osservato un individuo il 15<br />
aprile 2008 tra Bocca della Selva e Petraroja.<br />
Il Falco di palude, è una specie migratrice ed estivante nel Parco, osservabile con regolarità in<br />
entrambi i periodi migratori al lago <strong>Matese</strong> e in altre località del Parco. Il 25 marzo 2007, sono stati<br />
avvistati 21 individui in migrazione su Piedimonte <strong>Matese</strong> (Fraissinet et al., in stampa). Nel corso<br />
della presente ricerca è stato osservato l’8 e il 15 maggio 2008, mentre sorvolava le rive del lago del<br />
<strong>Matese</strong>.<br />
L’Aquila reale è una specie sedentaria e nidificante nel Parco. La presenza di una coppia nidificante<br />
è nota da tempo (Fraissinet e Kalby, 1989; Rocco, 1991; Scebba, 1993; due coppie secondo Grimmet<br />
e Jones 1989). Nel corso della presente ricerca, un individuo è stato osservato il 4 marzo 2008 in una<br />
zona sopra S. Lorenzello.<br />
Il Pellegrino è una specie sedentaria e nidificante nel Parco. Grimmet e Jones (1989) stimavano in 4-<br />
5 coppie la popolazione locale, che secondo Fraissinet et al (2006) ammonterebbe attualmente in una<br />
decina di coppie, distribuite in diverse località del Parco caratterizzate da presenza di roccia e da<br />
spazi aperti in cui poter cacciare. Nel corso della presente ricerca, un individuo è stato osservato il 18<br />
aprile 2008.<br />
Tra le specie acquatiche dell’ordine dei Caradriformi, il Piro piro boschereccio è l’unica specie<br />
d’interesse comunitario rilevata nel Parco. È una specie migratrice regolare nell’area protetta.<br />
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Ornitiche<br />
Si può osservare nei prati umidi intorno al lago <strong>Matese</strong> nel mese di aprile (numero massimo 8<br />
esemplari, il 10 aprile 2005; Fraissinet et al., in stampa). Nel corso della presente ricerca, è stato<br />
rilevato l’8 e il 9 maggio 2008 sulle rive del lago del <strong>Matese</strong>.<br />
Nel Parco del <strong>Matese</strong>, sono stati rilevate sei specie di Passeriformi d’interesse comunitario:<br />
Tottavilla, Calandro, Averla piccola, Averla cenerina e Gracchio corallino.<br />
La Tottavilla è specie migratrice e nidificante nel Parco. Nel corso della presente ricerca, è stata<br />
censita in canto in numerose località del Parco, più frequentemente a quote maggiori. D’inverno è<br />
osservabile più comunemente nelle zone di bassa collina (nei pressi di Prata Sannita, ad esempio), o -<br />
appena fuori Parco - nelle zone agricole della piana del Volturno (Fraissinet et al., in stampa).<br />
Il Calandro è specie migratrice e nidificante nel Parco. La nidificazione nel Parco è nota da alcuni<br />
anni (Milone in Fraissinet e Kalby 1989, Scebba, 1993). Meno comune della specie precedente, con<br />
la quale condivide in alcuni casi l’habitat di nidificazione. Nel corso della presente ricerca, la specie<br />
è stata osservata l’8 maggio e il 23 giugno 2008 in una zona tra Bocca della Selva e Petraroja, l’8<br />
maggio in una zona a pascolo scendendo da Gallo verso Fontegreca e il 22 maggio sul M. Mutria.<br />
L’Averla piccola, è specie migratrice e nidificante nel Parco. La nidificazione nel Parco è nota da<br />
alcuni anni (Mastronardi in Fraissinet e Kalby 1989, Scebba, 1993). Oltre i 1.000 m s.l.m. risulta<br />
diffusa nell’area protetta dove, nel corso della presente ricerca, è stata rilevata in diverse zone (alcuni<br />
dati sull’abbondanza della specie in ambiente a prateria/pascolo sono riportati nei paragrafi<br />
precedenti).<br />
L’Averla cenerina è specie migratrice e nidificante, con poche coppie in zone vicino ai confini del<br />
Parco. Nel corso della presente ricerca, è stata osservata il 20 maggio 2008 in un’area nel comune di<br />
S. Angelo Alife, non distante dal corso del F. Volturno.<br />
Il Gracchio corallino, è specie sedentaria e nidificante nel Parco. Segnalato in passato come<br />
nidificante (Fraissinet e Kalby, 1989, Grimmet e Jones 1989, Scebba, 1993) e svernante (Milone<br />
1999) nell’area protetta. In primavera si osserva in genere in piccoli gruppi, ma nel periodo postriproduttivo<br />
ed invernale questi gruppi possono diventare molto più grandi (max. 170 individui<br />
osservati il 22 Febbraio 2007 tra il lago <strong>Matese</strong> e Monte Miletto; Fraissinet et al., in stampa). Nel<br />
corso della presente ricerca, il Gracchio corallino è stato osservato il 14 aprile e l’8 maggio 2008 in<br />
una zona tra Bocca della Selva e Petraroja.<br />
Presenza potenziale<br />
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Per le 16 specie elencate nel precedente capitolo sono stati elaborati i modelli di idoneità ambientale<br />
ovvero sono state mappate le aree in grado di offrire diversa qualità di habitat. (mostra<br />
approfondimento)<br />
Ricordando che gli ambienti del Parco sono stati classificati per ognuna delle 16 specie in quattro<br />
classi di idoneità, secondo le seguenti definizioni (Boitani et al., 2003):<br />
- Non idoneo (0): ambienti che non soddisfano le esigenze ecologiche della specie;<br />
- Bassa idoneità (1): habitat che possono supportare la presenza della specie in maniera non<br />
stabile nel tempo;<br />
- Media idoneità (2): habitat che possono supportare la presenza stabile della specie, ma che nel<br />
complesso non risultano habitat ottimali;<br />
- Alta idoneità (3): habitat ottimali per la presenza stabile della specie.<br />
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Tabella 29 - Percentuale del territorio del Parco del <strong>Matese</strong> classificato in ognuna delle quattro classi<br />
d’idoneità ambientale per ciascuna delle 16 specie inserite nell’All.1 della Dir. 79/409/CEE e rilevate nel<br />
corso della presente indagine.<br />
Uccelli acquatici<br />
I modelli d’idoneità ambientale delle tre specie di aironi (Garzetta, Airone bianco maggiore, Airone<br />
rosso) sono molto simili (vedi mappe), (mostra approfondimento) come prevedibile per specie<br />
strettamente imparentate e con esigenze ecologiche sovrapponibili. Trattandosi di specie acquatiche,<br />
le aree di massima idoneità corrispondono per tutti e tre gli aironi, esclusivamente agli invasi<br />
principali del Parco (lago <strong>Matese</strong>, le Mortine, lago Gallo).<br />
Pertanto, la superficie a massima idoneità non supera per queste tre specie il 7% della superficie<br />
dell’area protetta (Tabella 29). Escludendo poi le poche zone umide minori presenti nel Parco, che<br />
costituiscono aree a bassa idoneità, il resto del territorio del Parco risulta non idoneo alle tre specie.<br />
Il valore massimo di superficie non idonea (93,7%) viene raggiunto dall’Airone rosso, a causa della<br />
sua preferenza per le quote meno elevate, che limita ulteriormente la sua presenza nell’area protetta;<br />
tuttavia, anche nelle altre due specie questa superficie raggiunge valori elevati (89%; Tabella 29).<br />
La presenza di ampie porzioni di territorio non idoneo, rendono le aree a massima idoneità per<br />
l’Airone bianco maggiore e l’Airone rosso relativamente distanti tra loro, come è confermato dal<br />
fatto che i valori della distanza euclidea sono tra i più alti registrati nelle 16 specie investigate (6001<br />
m) (Tabella 30). Comunque, queste distanze non rappresentano un problema, dato che i due ardeidi<br />
sono caratterizzati da buone capacità di spostamento, e dato che interposte tra le aree a elevata<br />
idoneità ci sono aree a media idoneità, che possono costituire delle aree di attraversamento.<br />
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Rispetto alle altre specie investigate, la superficie media delle aree a massima idoneità di Airone<br />
bianco maggiore e Airone rosso è alta (112,65 ± 137.22). Escludendo i corsi fluviali, un risultato<br />
simile si ottiene anche per la Garzetta. Poiché invasi di maggiori dimensioni possono offrire<br />
maggiori possibilità trofiche, questo è un risultato sostanzialmente positivo. Nondimeno, è<br />
necessario sottolineare che i principali bacini del Parco sono di origine artificiale e presentano,<br />
quindi, ampie porzioni della superficie lacustre di scarso valore per le tre specie.<br />
Tabella 30 - Per le aree ad alta idoneità per ogni specie investigata, vengono riportati: il numero di patch presenti nel<br />
Parco (NP), la superficie dell’area più grande in ettari (LPI), la superficie media (Area_mn; ± deviazione standard<br />
(SD)), la forma media (Shape_MN; ± SD), la distanza media euclidea dall’area più vicina (ENN_MN; ±SD).<br />
La Moretta tabaccata, risulta legata esclusivamente ai principali bacini lacustri e palustri del Parco<br />
del <strong>Matese</strong>. Le aree a massima idoneità per la specie, costituiscono solo l’1,4% dell’area protetta.<br />
Come per l’airone rosso, l’uso esclusivo delle zone umide e la preferenza di questo anatide per le<br />
quote minori (Meschini e Frugis 1993, Brichetti e Fracasso 2003) rende il 93,4% della superficie del<br />
Parco non idonea alla specie, e il restante 5,4% a bassa idoneità.<br />
Le considerazioni fatte per i tre aironi sull’isolamento e sulle dimensioni delle aree a massima<br />
idoneità, si adattano bene anche a questa specie.<br />
Ultima specie acquatica tra quelle d’interesse comunitario osservate nel corso della presente indagine<br />
è il Piro piro boschereccio. I risultati, per questo limicolo, sono molto simili a quelli della specie<br />
precedente.<br />
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A differenza della Moretta tabaccata, però, il Piro piro boschereccio frequenta più facilmente zone<br />
umide poste a quote più elevate. Pertanto, oltre alle aree a massima idoneità (1,4% della superficie<br />
del Parco), il 5,6% dell’area protetta risulta di media idoneità per la specie.<br />
Si può osservare, che la presenza potenziale delle cinque specie acquatiche appena descritta ricalca<br />
fondamentalmente quanto si ricava dalle segnalazioni attuali e passate delle tre specie. Infatti, le aree<br />
a massima idoneità sono anche quelle in cui è di gran lunga più facile rilevarli.<br />
Ci sono da fare però delle distinzioni. In accordo alle segnalazioni attuali e passate delle cinque<br />
specie acquatiche, il Lago Gallo risulta chiaramente meno frequentato del Lago <strong>Matese</strong> e della zona<br />
umida delle Mortine. Il fatto che invece per le cinque specie l’idoneità potenziale del Lago Gallo<br />
risulti pari a quella del Lago del <strong>Matese</strong> è dovuto probabilmente all’inadeguatezza delle categorie di<br />
uso del suolo CORINE relative agli ambienti acquatici a rappresentare differenze importanti per<br />
l’avifauna acquatica, come per esempio la naturalità delle sponde, e in generale dell’invaso, e la<br />
disponibilità trofica.<br />
Falco pecchiaiolo, Nibbio reale e Biancone<br />
I modelli d’idoneità di Falco pecchiaiolo, Nibbio reale e Biancone sono molto simili, e indicano che<br />
ampie zone del Parco presentano una buona idoneità per queste specie. (mostra approfondimento)<br />
Infatti, il 23% e il 62% della superficie del Parco risultano rispettivamente area a massima e media<br />
idoneità ambientale per questi tre rapaci (Tabella 29). Ciò è dovuto al fatto che le tre specie<br />
utilizzano in genere le zone boschive per nidificare e le aree aperte, soprattutto pascoli e praterie, per<br />
cacciare: ambienti ampiamente disponibili nell’area protetta.<br />
Nondimeno, è opportuno notare che le stime precedenti sono molto probabilmente eccessive. Per<br />
prima cosa, tra le numerose aree (351; Tabella 30) a elevata idoneità, diverse sono piccoli frammenti<br />
di territorio (vedi mappe modelli d’idoneità e dimensioni medie delle aree in Tabella 30) non adatti<br />
in molti casi alle esigenze delle tre specie.<br />
Inoltre, questi rapaci preferiscono formazioni boschive mature o, almeno, con presenza di alberi di<br />
grosse dimensioni adatti alla collocazione del nido. La maturità del bosco, sarebbe quindi una<br />
variabile necessaria a produrre dei modelli d’idoneità più precisi per queste specie. Infine, nel caso di<br />
Falco pecchiaiolo e Biancone, l’elevata selettività predatoria del primo sui favi di imenotteri sociali e<br />
del secondo sui serpenti renderebbe necessaria l’inclusione nei modelli di idoneità anche dei fattori<br />
che favoriscono o impediscono lo sviluppo delle popolazioni preda.<br />
Il modello d’idoneità ambientale del Falco di palude (mostra approfondimento), oltre a evidenziare<br />
la nota predilezione di questo rapace per le zone umide, mostra come nel Parco siano presenti ampie<br />
aree che, pur non includendo bacini lacustri e palustri, hanno un’idoneità abbastanza buona per la<br />
specie (Tabella 29). Nel complesso, solo il 30,2 % della superficie del Parco risulta non idonea al<br />
Falco di palude. Ciò è legato al fatto che questo rapace può frequentare ambienti completamente<br />
differenti da quelli acquatici, come quelli forestali e, in particolare, prativi. Infatti, soprattutto<br />
durante il periodo migratorio, il Falco di palude può cacciare in qualsiasi ambiente in cui ci sia<br />
un’abbondante disponibilità di prede.<br />
Le relativamente elevate dimensioni medie delle aree a massima idoneità ambientale per la specie<br />
(112,65 ± 137.22, Tabella 30) costituiscono un fattore positivo sia per quanto detto per le altre specie<br />
acquatiche, ovvero la possibilità di trovare maggiori fonti trofiche in invasi più grandi, sia perché in<br />
questi ultimi la specie potrebbe trovare più facilmente le condizioni per nidificare. Valgono, però, le<br />
considerazioni fatte per le altre specie acquatiche sull’importanza della qualità dell’habitat<br />
all’interno degli invasi. Nello specifico, il Falco di palude necessita della presenza di estesi e fitti<br />
fragmiteti per la collocazione del nido e, quindi, la semplice estensione del bacino non è sufficiente<br />
ad assicurare il suo insediamento.<br />
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Aquila reale, Pellegrino e Gracchio corallino<br />
Per quanto concerne due rapaci, l’Aquila reale e il Pellegrino, e un Passeriforme della famiglia dei<br />
corvidi, il Gracchio corallino, è necessario sottolineare che i modelli d’idoneità ambientale non<br />
mostrano, o lo fanno in maniera molto poco evidente, il fattore chiave per l’insediamento di queste<br />
tre specie: la disponibilità di pareti rocciose indisturbate. Si tratta infatti di elementi topografici<br />
puntiformi, che difficilmente possono essere rappresentati nelle mappe di presenza potenziale.<br />
(mostra approfondimento)<br />
Fatta questa premessa, si può notare che i pascoli e le praterie montane, costituendo l’habitat trofico<br />
preferito dall’Aquila reale, risultano gli ambienti a maggiore idoneità per questo rapace.<br />
Potenzialmente, il numero di aree ad alta idoneità per l’Aquila reale presenti nel Parco è molto<br />
elevato (574; Tabella 30), occupando una discreta superficie dell’area protetta (21,2%; Tabella 29).<br />
Tale percentuale, però, deve essere leggermente ridotta, in quanto alcune aree sono dei frammenti<br />
troppo piccoli per garantire l’attività di caccia.<br />
Escludendo i pascoli e le praterie, la maggior parte degli habitat presenti nel Parco (53,2%), a<br />
iniziare da quelli boschivi, costituiscono habitat trofici a media idoneità per la specie (Tabella 29).<br />
Comunque, considerando l’ampio territorio di caccia di Aquila reale (che può superare i 200 km 2 ),<br />
questa notevole estensione di aree a media e massima idoneità è sufficiente a sostenere una o al<br />
massimo due coppie di questa specie. Ciò è in accordo con i dati disponibili sulla presenza attuale<br />
del rapace nel Parco.<br />
Poiché il Pellegrino si nutre quasi esclusivamente di uccelli catturati in volo, questo rapace non è<br />
favorito dalla disponibilità di un habitat trofico ben definito, ma da ambienti con buon grado di<br />
naturalità. Pertanto, in accordo con il modello d’idoneità della specie (mostra approfondimento), la<br />
maggior parte del territorio del Parco mostra una potenzialità discretamente elevata per la presenza<br />
del Pellegrino. In particolare, l’84,9% del Parco ha un’idoneità media per questo rapace (Tabella 29)<br />
e dovrebbe favorire quindi l’insediamento di un buon numero di coppie. Ciò conferma le<br />
informazioni sulla popolazione attuale nel Parco, che sembrerebbe in uno stato di conservazione<br />
favorevole. I pascoli e le praterie costituiscono, in maniera quasi esclusiva, l’habitat trofico del<br />
Gracchio corallino. Questa specie, infatti, evita in genere le formazioni boschive.<br />
A ciò si aggiunga la preferenza di questo corvide per le aree poste a quote elevate. Di conseguenza le<br />
zone massimamente idonee alla specie, pur essendo in numero abbastanza elevato (235, Tabella 30),<br />
sono relativamente limitate in estensione complessiva, rappresentando il 13,1% del territorio del<br />
Parco (Tabella 29). Così l’86,2% dell’area protetta risulta non idonea per il Gracchio corallino.<br />
Tra l’altro, la ridotta superficie di alcuni frammenti, teoricamente a massima idoneità per la specie, li<br />
rende inadatti alla frequentazione di questo corvide. In questo risiede la causa probabile della piccola<br />
popolazione nidificante nel Parco.<br />
Tottavilla, Calandro e Averla piccola<br />
La Tottavilla, il Calandro e l’Averla piccola sono tre Passeriformi che condividono due<br />
caratteristiche: quella di essere legati agli ambienti aperti e quella di raggiungere nel Parco le<br />
abbondanze maggiori alle quote più elevate. A ciò è dovuta l’elevata sovrapposizione delle aree<br />
d’idoneità massima nei modelli delle tre specie. (mostra approfondimento) Queste aree<br />
corrispondono sostanzialmente alle praterie e ai pascoli montani. Nondimeno, si possono osservare<br />
delle chiare differenze tra le carte di presenza potenziale delle tre specie.<br />
In particolare, le aree boschive e quelle con vegetazione in evoluzione hanno un certo grado di<br />
idoneità per la Tottavilla, mentre risultano non idonee per il Calandro. La prima specie, difatti,<br />
necessita di alberi e cespugli che utilizza come sito riproduttivo e posatoio da cui involarsi per<br />
compiere la parata nuziale ed emettere il canto territoriale. Il Calandro, invece, predilige le zone<br />
brulle e pietrose con copertura di cespugli scarsa o nulla e, quindi, i boschi costituiscono un habitat<br />
non idoneo.<br />
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L’Averla piccola è un po’ meno selettiva della specie precedente in quanto, benché non frequenti le<br />
formazioni boschive, la presenza di cespugli e di alberelli isolati è una caratteristica irrinunciabile<br />
nella scelta di un territorio da parte della specie. Ciò è dovuto al fatto che usa simili elementi naturali<br />
per collocare il nido e come posatoio per le attività predatorie.<br />
Pertanto, solo il 5,9% della superficie del Parco risulta non idoneo alla Tottavilla, mentre il 55,3% e<br />
il 62,9 sono i valori corrispondenti per l’Averla piccola e il Calandro rispettivamente.<br />
Rispetto alle aree ad alta idoneità, si può rilevare che in tutti e tre i Passeriformi in esame il numero<br />
di tali aree è elevato, ma le loro dimensioni medie sono molto variabili (Cfr. Deviazione standard<br />
della media dell’area in Tabella 30). Quelle con superficie estremamente ridotta sono habitat di<br />
minor idoneità per le tre specie.<br />
Averla cenerina<br />
L’Averla cenerina, preferisce le aree pascolate e i seminativi non intensivi intervallati a boschetti e<br />
zone cespugliate. A differenza della congenerica Averla piccola, non è una specie montana.<br />
Pertanto, le aree potenzialmente idonee a questo passeriforme si collocano nella fascia collinare del<br />
Parco e sono relativamente limitate. Negli effetti, il 72,2% dell’area protetta non è idoneo<br />
all’insediamento della specie. (mostra approfondimento)<br />
Ciò nonostante, il 19,1% della superficie del Parco risulterebbe ad alta idoneità per l’Averla<br />
cenerina. Il fatto che attualmente la specie non nidifica nel territorio del Parco, ma in zone<br />
immediatamente vicine, suggerirebbe che qualche altro fattore ambientale non considerato nella<br />
realizzazione del modello d’idoneità della specie potrebbe limitarne la presenza.<br />
Aree critiche e rete ecologica per la conservazione degli uccelli<br />
Nel Parco si possono individuare alcune aree critiche per la presenza stabile di alcune specie<br />
d’interesse comunitario e a priorità di conservazione.<br />
Nella parte settentrionale del Parco, si evidenziano due zone di particolare rilievo. La prima,<br />
compresa tra il Lago Gallo e il comune di Gallo <strong>Matese</strong> e l’area del Lago <strong>Matese</strong>, costituisce una<br />
core area per il Nibbio reale, il Nibbio bruno Milvus migrans e il Biancone. La seconda, è la fascia<br />
che dal M. Gallinola raggiunge Petraroja, includendo la zona Bocca della Selva e il M. Mutria.<br />
Questa zona, riveste un ruolo critico per specie come il Gracchio corallino e il Calandro. Qui<br />
potrebbero trovarsi anche le eventuali coppie di Coturnice ancora presenti nel Parco. Inoltre, in base<br />
ai dati raccolti nel corso della presente indagine, l’area del M. Mutria e di Bocca della Selva<br />
costituirebbe un sito per il passaggio primaverile di rapaci in migrazione (es.: Biancone e Falco<br />
pecchiaiolo) che, attraversando l’Appennino, si dirigono verso i territori di nidificazione più<br />
settentrionali. Le due zone evidenziate nella parte settentrionale del Parco, risultano probabilmente<br />
anche core areas per la Tottavilla e l’Averla piccola, in quanto al loro interno le due specie<br />
raggiungono le densità più elevate rilevate nel Parco. Le stesse due zone favoriscono l’Aquila reale,<br />
per l’ampia disponibilità di praterie e pascoli montani.<br />
Comunque, un ruolo importante per questa specie lo hanno anche i rilievi sud-orientali, che da San<br />
Gregorio <strong>Matese</strong> e Castello <strong>Matese</strong> arrivano a S. Lorenzello.<br />
Nella parte meridionale del Parco, le aree forestali presenti sui rilievi sud-occidentali, nei comuni di<br />
San Gregorio <strong>Matese</strong>, Castello <strong>Matese</strong>, Piedimonte <strong>Matese</strong> e S.Angelo Alife, sono un’area critica per<br />
il Biancone, il Nibbio bruno e soprattutto il Falco pecchiaiolo.<br />
In accordo a quanto esposto in precedenza, tutte le pareti rocciose di maggiori dimensioni e con<br />
scarso disturbo antropico risultano aree critiche per la nidificazione e l’espansione dell’Aquila reale,<br />
del Pellegrino, del Gracchio corallino e di altre specie a priorità di conservazione come il Lanario<br />
Falco biarmicus, il Gheppio Falco tinnunculus, il Passero solitario Monticola solitarius, il Picchio<br />
muraiolo Tichodroma muraria e il Corvo imperiale Corvus corax.<br />
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Queste pareti meritano misure di conservazione speciali, come viene riportato in un paragrafo<br />
successivo.<br />
Per quanto riguarda le specie acquatiche, includendo i predatori che frequentano le zone umide come<br />
il Falco pescatore Pandion haliaetus, il Nibbio bruno e il Falco di palude, il lago <strong>Matese</strong> e le Mortine<br />
costituiscono due core areas per la migrazione, lo svernamento e l’estivazione nel Parco, mentre il<br />
lago Gallo risulta un’importante area di passaggio tra le due core areas. Nel complesso, questi tre<br />
bacini sono interessati dai movimenti migratori e di dispersione che vanno dalla zona costiera<br />
campana verso l’interno (e viceversa), e che hanno come linea di percorrenza preferita il corso del<br />
Fiume Volturno.<br />
Nel quadro delle zone d’interesse per le specie acquatiche, anche il Lago di Letino e quello di<br />
Capriati, nonostante le piccole dimensioni, possono svolgere l’importante funzione di zone di<br />
transito (stepping stone) per specie ornitiche a priorità di conservazione.<br />
Infine, una menzione particolare deve essere fatta per una zona che si trova immediatamente al di<br />
fuori dei confini del Parco: l‘area del medio Volturno compresa tra Alife e Presenzano. Questa è<br />
probabilmente l’area che viene frequentata maggiormente d’inverno dagli individui di Tottavilla<br />
appartenenti alla popolazione nidificante nel Parco, ed è ipotizzabile che in quest’area scendano dal<br />
Parco, durante la cattiva stagione, anche individui di altre specie a priorità di conservazione (es.<br />
Alauda arvensis). Inoltre, questa è l’area di nidificazione di tre specie d’interesse conservazioni<br />
stico: il Lodolaio Falco subbuteo, l’Averla cenerina e l’Averla capirossa Lanius senator, che nel<br />
Parco sono assenti o presenti con pochissime coppie.<br />
Indicatori e programmi di monitoraggio<br />
Il monitoraggio delle popolazioni delle specie ornitiche protette dalla Direttiva 79/409/CEE, e in<br />
particolare quelle dell'Allegato 1, è un obbligo che, in accordo al DM 17/10/2007, dev’essere<br />
applicato nelle ZPS. Nondimeno, alla base di qualsiasi azione di gestione e conservazione di un'area<br />
protetta, devono essere previste attività di monitoraggio che, quindi, dovrebbero riguardare non solo<br />
la ZPS <strong>Matese</strong>, ma l'intero territorio dell'area protetta.<br />
In particolare, a causa della sensibilità delle specie ornitiche ai cambiamenti ambientali e alla<br />
frammentazione (ad es., Farina e Meschini 1985, Des Granges 1987, Diamond e Filion 1987, Welsh<br />
1987, Furness e Greenwood 1993, Gregory et al. 2003), i rilevamenti della comunità ornitica<br />
mediante metodi standardizzati hanno la funzione di tenere sotto controllo lo stato della biodiversità<br />
nell’area protetta e gli effetti di alcune scelte gestionali.<br />
L’andamento demografico delle singole specie e le variazioni dei parametri della comunità ornitica,<br />
possono avvisare di possibili alterazioni ambientali in atto e di tendenze all’incremento di specie<br />
problematiche, o al decremento di specie a priorità di conservazione.<br />
Tra i metodi standardizzati utilizzabili per avviare una rete di monitoraggio delle specie ornitiche, il<br />
metodo delle stazioni d'ascolto (Blondel et al. 1970) e quello dei percorsi campione o transetti<br />
(Jàrvinen e Vàisànnen 1975, 1976) risultano i migliori in termini di tempi di esecuzione e in<br />
un'analisi costi/benefici (Bibby et al 200).<br />
Considerando la varietà di ambienti presenti, l'uso delle stazioni d'ascolto appare il metodo più<br />
appropriato da utilizzare per monitorare il Parco del <strong>Matese</strong> nel suo complesso. La bontà di questo<br />
metodo, è testimoniata dal fatto che è quello prescelto per la raccolta dei dati necessari<br />
all’elaborazione degli indici individuati dalla Commissione Europea per valutare lo stato di salute delle<br />
specie ornitiche a livello continentale, nazionale e regionale, come conseguenza delle azioni previste<br />
dai Piani di Sviluppo Rurale (Cfr. Gregory et al. 2003, 2005, Sauberer et al., 2004).<br />
I rilievi con il metodo delle stazioni d'ascolto, potrebbero essere affiancati negli ambienti aperti da<br />
rilevamenti mediante transetti che, in simili ambienti, hanno una resa migliore rispetto al metodo<br />
precedente (Bibby et al 200), e che potrebbero essere adatti al censimento di specie d’interesse<br />
comunitario come la Tottavilla, il Calandro e l’Averla piccola.<br />
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Invero, oltre all’allestimento di una rete di monitoraggio delle comunità ornitiche, gli sforzi di<br />
campionamento e di monitoraggio dovranno essere indirizzati anche a un rilevamento più<br />
approfondito delle specie d’interesse conservazioni stico, o che svolgono un ruolo chiave negli<br />
ecosistemi. A questo proposito, i rapaci diurni sono il gruppo che probabilmente merita la maggiore<br />
attenzione, sia perché gli appartenenti a questo gruppo - tranne pochissime eccezioni - sono inclusi<br />
nelle diverse liste di specie d’interesse conservazioni stico, sia perché trovandosi al culmine delle<br />
catene trofiche rivestono un ruolo di grande rilievo per il funzionamento degli ecosistemi.<br />
La collocazione geografica di alcune zone umide del Parco del <strong>Matese</strong>, rende lo studio degli uccelli<br />
acquatici presenti al loro interno di particolare interesse. Specificatamente, le indagini sui movimenti<br />
migratori e sullo svernamento delle specie ornitiche negli invasi del lago di Letino, del lago Gallo e,<br />
soprattutto, del lago <strong>Matese</strong>, il lago carsico più alto d’Italia, possono contribuire a comprendere<br />
come avvengono questi fenomeni attraverso le rotte appenniniche.<br />
Nel contempo, lo svolgimento di indagini dello stesso tipo nella zona umida le Mortine e nel lago di<br />
Capriati è di particolare rilevanza, a causa della loro collocazione lungo l’importante linea migratoria<br />
costituita dal corso del Fiume Volturno.<br />
Tra gli uccelli acquatici, un interesse particolare lo riveste il Merlo acquaiolo Cinclus cinclus, un<br />
passeriforme che, a causa delle sue preferenze per acque correnti, ben ossigenate e con grado<br />
d’inquinamento ridotto o assente, è considerato un buon indicatore della qualità delle acque (Sorace<br />
et al. 2002). Pertanto, sarebbe opportuno intraprendere una ricerca sulla presenza o sull’abbondanza<br />
di questa specie nei corsi d’acqua del Parco.<br />
I dettagli metodologici del monitoraggio dell'avifauna mediante stazione d'ascolto, sono riportati in<br />
un capitolo precedente e nella scheda M19 - “Monitoraggio della comunità di uccelli nidificanti”.<br />
(mostra approfondimento)<br />
Le stazioni, scelte nella presente indagine secondo un disegno stratificato, potranno formare la rete di<br />
monitoraggio che consentirà di tenere sotto controllo lo stato dell’ornitofauna e, per quanto detto,<br />
della biodiversità nel Parco. Per disegno stratificato, s’intende che il numero di stazioni in ogni<br />
tipologia ambientale presente nel Parco è stato scelto in modo proporzionale alla copertura di<br />
ciascuna tipologia. Come riportato in precedenza, quindi, la distribuzione dei punti nelle diverse<br />
tipologie è risultata la seguente:<br />
- 66 punti in Boschi di latifoglie;<br />
- 2 punti in Boschi a predominanza di conifere;<br />
- 5 punti in Aree a vegetazione boschiva e arbustiva in evoluzione;<br />
- 17 punti in Prati e pascoli (Aree a pascolo naturale e praterie d'alta quota, Prati stabili);<br />
- 19 punti in Zone agricole (Zone agricole eterogenee, uliveti, Seminitavi in aree non irrigue).<br />
I censimenti mediante stazioni d'ascolto, permettono di descrivere le caratteristiche della comunità<br />
nidificante e di valutare gli andamenti demografici di numerose specie. Comunque, tali censimenti<br />
non sono adeguati per stabilire lo status e la distribuzione dei rapaci nidificanti, per i quali è<br />
appropriata una ricerca ad hoc. Questa, specificatamente, è necessaria nel Parco del <strong>Matese</strong>, dove la<br />
comunità di specie di rapaci diurni è particolarmente ricca annoverando ben 11 specie (Fraissinet et<br />
al. 2006). A questo scopo, escursioni nel territorio del Parco dovrebbero essere effettuate almeno una<br />
o due volte al mese, da febbraio a luglio, per stabilire lo status e la distribuzione delle specie di<br />
rapaci nidificanti, certe o possibili, a priorità di conservazione (Falco pecchiaiolo, Nibbio bruno,<br />
Nibbio reale, Biancone, Astore Accipiter gentilis, Aquila reale, Gheppio, Lodolaio Falco subbuteo,<br />
Lanario, Pellegrino) di cui, in alcuni casi, non è mai stato trovato il sito di nidificazione.<br />
In accordo a Fraissinet et al. (2006), in ogni escursione l’area protetta dovrebbe essere divisa in<br />
settori. Ognuno di questi settori dovrebbe essere affidato a uno-due rilevatori, che si tengono in<br />
contatto con gli altri rilevatori mediante telefoni cellulari per evitare doppi conteggi. Ogni settore<br />
viene attraversato secondo itinerari prestabiliti, individuati in modo tale da coprire tutti gli ambienti<br />
presenti (per altre informazioni vedi la Scheda M20 - “Monitoraggio dei rapaci nidificanti”).<br />
(mostra approfondimento)<br />
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Le conoscenze sui rapaci, dovrebbero essere completate studiando anche il loro passaggio<br />
migratorio. A tal fine, è opportuno individuare uno o pochi punti panoramici in cui concentrare le<br />
osservazioni relative al loro passaggio attraverso il Parco. Ciò si dovrebbe basare su un’analisi della<br />
morfologia del territorio, sulla valutazione dell’ampiezza del campo visivo dai diversi punti<br />
panoramici presenti e su conoscenze pregresse inerenti tale passaggio. Per esempio, in base alle<br />
osservazioni raccolte nel corso della presente indagine, l’area sommitale del M. Mutria potrebbe<br />
essere uno dei punti adatti allo scopo. Una volta scelti i punti di rilevamento, si procederà con la<br />
raccolta dati, che dovrebbe essere effettuata giornalmente almeno nei periodi di passaggio<br />
primaverile più intenso (1 aprile - 15 maggio). Tuttavia, sarebbe auspicabile condurre dei rilevamenti<br />
anche in altri periodi della primavera, per contattare specie con passaggio precoce (come le albanelle<br />
Circus sp., 1 marzo - 14 aprile) o tardivo (come il Falco pecchiaiolo, 16 maggio - 30 giugno), e in<br />
autunno. Questa indagine, permetterebbe di acquisire informazioni anche sul passaggio di specie<br />
veleggiatrici di interesse conservazioni stico, come la Cicogna bianca Ciconia ciconia e la Cicogna<br />
nera Ciconia nigra.<br />
Il comprensorio è interessato dal passaggio e dallo svernamento di numerose specie di uccelli<br />
acquatici, su cui in passato sono stati raccolti alcuni dati per lo più nell’ambito dei censimenti degli<br />
svernanti nella regione (Cavaliere e Fraissinet 2005, Fraissinet e Cavaliere 2007a).<br />
L'approfondimento delle indagini sui movimenti migratori nell’area protetta potrebbe essere di<br />
particolare interesse, e dovrebbe includere una serie di attività sul campo che permettano almeno di<br />
stabilire:<br />
- quali specie utilizzano il comprensorio per la sosta e per ristabilire le riserve energetiche<br />
necessarie al volo migratorio;<br />
- le zone umide e gli ambienti utilizzati;<br />
- l'entità del passaggio delle differenti specie, in particolare di quelle a priorità di conservazione.<br />
Ciò richiede un impegno di un'uscita ogni dieci-quindici giorni, da effettuare nell’intero corso<br />
dell’anno. Sarebbe opportuno visitare tutte le zone umide principali: Lago di Letino, Lago Gallo<br />
Lago <strong>Matese</strong>, le Mortine e Lago di Capriati. Durante le escursioni, la superficie di ogni zona umida,<br />
comprendendo le sue sponde, viene investigata con l’ausilio di binocoli (10 x 40) e cannocchiali (20<br />
x 60). Per ogni specie vengono contati gli individui presenti, e vengono rilevati gli ambienti lacustri<br />
frequentati. La visita alle zone umide di maggiore dimensione (Lago Gallo, Lago <strong>Matese</strong>) dovrebbe<br />
essere effettuata contemporaneamente da più rilevatori, a ognuno dei quali viene assegnato un settore<br />
del lago. I rilevatori si tengono in contatto con i telefoni cellulari per segnalare spostamenti di<br />
acquatici tra settori, onde evitare doppi conteggi (Scheda M18 - “Monitoraggio degli uccelli<br />
acquatici”). (mostra approfondimento)<br />
Per conoscere le aree di nidificazione o svernamento e le rotte migratorie delle specie che sostano<br />
nelle zone umide del <strong>Matese</strong>, sarebbe interessante avviare ricerche basate sulla cattura tramite gabbie<br />
e reti e sull'inanellamento degli individui appartenenti alle diverse specie ornitiche.<br />
A prescindere dalle specie acquatiche, le attività sull'inanellamento a scopo scientifico potrebbero<br />
fornire risultati interessanti se attuate anche per altre specie presenti nel Parco.<br />
Linee guida per la tutela, la gestione e la valorizzazione delle risorse<br />
La maggior parte del territorio del Parco coincide con la ZPS IT8010026 <strong>Matese</strong>, per la quale si<br />
possono definire delle misure di conservazione basandosi su quanto riportato nel Decreto del<br />
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio 17 ottobre 2007- Criteri minimi uniformi per la<br />
definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di<br />
protezione speciale (ZPS). Il decreto ministeriale elenca una serie di divieti e obblighi che sono<br />
validi per tutte le ZPS nazionali includendo, tra l'altro, indicazioni per la gestione faunisticovenatoria,<br />
per la realizzazione di nuovi impianti (es.: torri eoliche, discariche) e per la gestione agropastorale<br />
e la bruciatura delle stoppie.<br />
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Queste indicazioni contengono molti elementi che, se applicati adeguatamente alla ZPS <strong>Matese</strong>,<br />
possono avere ricadute favorevoli per l'avifauna, e specificatamente per le specie rare e minacciate.<br />
Inoltre, il decreto ministeriale fornisce i criteri minimi per la definizione delle misure di<br />
conservazione per tipologie di ZPS (es.: ambienti aperti delle montagne mediterranee).<br />
Nei capitoli che seguono vengono riprese alcune indicazioni per le tipologie che, interessando la ZPS<br />
del Parco, dovrebbero essere seguite a favore della conservazione delle specie ornitiche e, in<br />
generale, per il mantenimento degli equilibri ecologici locali.<br />
Oltre a far riferimento ad alcune misure di conservazione indicate nel DM 17/10/2007, nei capitoli<br />
che seguono saranno fornite alcune indicazioni di conservazione, gestione e<br />
miglioramento/riqualificazione ambientale specifiche per la situazione locale.<br />
La conservazione degli uccelli nelle “unità ecosistemiche” del Parco: valori e criticità<br />
Gli “Altopiani carsici e conche intramontane a prevalenza di pascoli anche sfalciabili” (unità<br />
ecosistemica E1, vedi Schede risorse) (mostra approfondimento) hanno un ruolo importante per<br />
diverse specie ornitiche, tra cui alcune a priorità di conservazione. Infatti, sono ambienti di<br />
nidificazione di alcune specie d’interesse comunitario come la Tottavilla e l’Averla piccola. Queste<br />
due specie, raggiungono in alcune porzioni di questa unità ecosistemica (per es.: le aree intorno al<br />
lago <strong>Matese</strong>) le massime abbondanze registrate nel Parco.<br />
I pascoli di questa unità ecosistemica costituiscono il territorio di caccia di varie specie a priorità di<br />
conservazione, tra cui si possono ricordare alcuni rapaci quali il Nibbio bruno, il Nibbio reale, il<br />
Falco di Palude, l’Albanella reale Circus cyaneus, l’Albanella minore Circus pygargus e il Gheppio.<br />
Anche l’Averla maggiore Lanius excubitor, specie rara da avvistare in Italia e con pochissime<br />
osservazioni in Campania, è stata rilevata nell’altopiano intorno al Lago <strong>Matese</strong>.<br />
In questa unità ecosistemica, può costituire un fattore di criticità l’intensificazione delle pratiche<br />
agropastorali, intesa sia come incremento del carico di pascolo, sia come azioni atte ad aumentare la<br />
produttività delle zone a prato-pascolo (in primis l’uso di chimici). In alcune conche in tramontane, il<br />
motocross e altre le attività simili possono essere un notevole disturbo per l’avifauna locale.<br />
Dal punto di vista della conservazione delle specie di uccelli, l’aspetto più interessante che<br />
caratterizza le “Sommità e versanti della montagna a prevalente copertura forestale” (unità<br />
ecosistemica E2, vedi Schede risorse) (mostra approfondimento) è che questa unità ecosistemica<br />
ospita i siti riproduttivi di alcune specie d’interesse come il Nibbio reale, il Biancone e l’Astore, che<br />
collocano il nido sugli alberi di maggiori dimensioni presenti nelle formazioni forestali.<br />
Sono ospiti di questa unità ecosistemica anche alcuni picchi tutelati come il Picchio verde Picus<br />
viridis e il Picchio rosso minore Picoides minor. Al suo interno transita in migrazione, e forse<br />
nidifica in qualche lembo di faggeta più matura, la Balia dal collare Ficedula albicollis, uno dei<br />
pochi Passeriformi d’interesse comunitario nidificante in Italia.<br />
In questa unità ecosistemica è un fattore di criticità l’eccessiva ceduazione delle formazioni forestali,<br />
che riduce le possibilità di trovare siti riproduttivi e di alimentazione per le specie suddette. In<br />
particolare, devono essere conservate assolutamente i pochi lembi di formazioni più mature.<br />
Il disturbo ai nidi di specie protette è un altro fattore di criticità, soprattutto quello causato dai tagli<br />
forestali in periodo primaverile.<br />
Le “Sommità e versanti della montagna a prevalenza di pascoli e colture” (unità ecosistemica E3,<br />
vedi Schede risorse), (mostra approfondimento) sono un’unità ecosistemica di importanza<br />
fondamentale per la conservazione dell’ornitofauna del Parco del <strong>Matese</strong>. Qui nidificano numerose<br />
specie d’interesse comunitario e conservazionistico come per esempio la Tottavilla, il Calandro,<br />
l’Averla piccola, il Culbianco Oenanthe oenanthe, il Codirossone Monticola saxatilis, di cui alcune<br />
(come il Calandro e il Codirossone) raggiungono in questa unità ecosistemica la massima<br />
abbondanza.<br />
Inoltre, i pascoli e le praterie presenti al suo interno sono l’ambiente di caccia preferito di alcune<br />
specie d’interesse comunitario tra le quali si possono citare il Falco pecchiaiolo, il Biancone,<br />
l’Aquila reale e il Gracchio corallino.<br />
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Il pericolo principale per questa unità ecosistemica è l’abbandono delle pratiche agro-pastorali, in<br />
particolare delle aree pascolate, con conseguente ricrescita del bosco e chiusura degli ambienti<br />
prativi.<br />
Anche le “Sommità e versanti submontani a prevalente copertura forestale” (unità ecosistemica E4,<br />
vedi Schede risorse) (mostra approfondimento) possono ospitare i siti riproduttivi di specie di rapaci.<br />
In questa unità ecosistemica, in particolare nei versanti sud-occidentali del Parco, nei comuni di San<br />
Gregorio <strong>Matese</strong>, Castello <strong>Matese</strong>, Piedimonte <strong>Matese</strong> e S.Angelo Alife, si concentrano i tentativi<br />
riproduttivi del Falco pecchiaiolo e nidificano il Picchio verde, il Picchio rosso minore e<br />
probabilmente il Biancone.<br />
Forse anche in misura maggiore che nella corrispondente unità ecosistemica dei versanti montani, gli<br />
eccessivi tagli forestali costituiscono la causa di maggiore criticità per questi ambienti.<br />
Le “Sommità e versanti submontani a prevalenza di pascoli e colture” (unità ecosistemica E5, vedi<br />
Schede risorse), (mostra approfondimento) a causa di una minore estensione non raggiungono<br />
l’importanza della corrispondente unità ecosistemica delle sommità dei versanti montani.<br />
Nondimeno, anche i pascoli dei versanti submontani svolgono un ruolo importante per la<br />
nidificazione di specie quali Tottavilla, Calandro, Averla piccola, Culbianco, Fanello Carduelis<br />
cannabina e Strillozzo. Al pari dei versanti montani, l’abbandono delle pratiche agro-pastorali, con<br />
conseguente ampliamento della boscaglia e dei boschi, riduce le opportunità trofiche e riproduttive<br />
per le specie di ambienti aperti.<br />
L’unità ecosistemica dei “Complessi di vegetazione termofila delle vallate aperte verso la piana<br />
alluvionale del Volturno, con mosaici di colture, boschi e lembi di praterie steppiche” (unità<br />
ecosistemica E6, vedi Schede risorse), (mostra approfondimento) è quella in cui è maggiore<br />
l’influenza antropica. Ciò si riflette sulla comunità ornitica, che ospita poche specie d’interesse<br />
consevazionistico come la Civetta Athene noctua, il Fanello Carduelis cannabina e lo Strillozzo.<br />
Comunque, solo in questa unità ecosistemica nidificano l’Averla capirossa Lanius senator e l’Averla<br />
cenerina, ad indicare che dove sono presenti dei sistemi agroforestali meno alterati si possono<br />
insediare specie di particolare rilievo. In questa unità eco sistemica, sono fattori di criticità le<br />
pratiche agricole intensive (uso eccessivo di imput chimici, eliminazione delle stoppie, aratura<br />
invernale, eliminazione di siepi e altri arricchimenti ambientali) e la crescita dell’urbanizzazione e<br />
della rete viaria associata.<br />
I “Corsi d’acqua e sorgenti” (unità ecosistemica E7, vedi Schede risorse), (mostra approfondimento)<br />
rappresentano un’unità ecosistemica a cui si possono associare poche specie ornitiche in maniera<br />
esclusiva. Tra di esse spicca il Merlo acquaiolo, un passeriforme inserito nella Lista Rossa nazionale<br />
nella categoria “Vulnerabile”. Questa specie è tipicamente associata ai corsi d’acqua in migliore<br />
stato di conservazione, caratterizzati da una ricca fauna invertebrata che include anche specie più<br />
esigenti come alcuni Tricotteri, Efemerotteri e Plecotteri. I corsi d’acqua, poi, possono rivestire un<br />
ruolo importante per altre specie acquatiche come la Garzetta e l’Airone bianco maggiore.<br />
L’inquinamento, l’eccessiva captazione delle acque e gli interventi che alterano il profilo naturale<br />
dell'alveo, sono i tre fattori principali di criticità per questa unità ecosistemica, che diventano<br />
particolarmente preoccupanti nelle zone poste a minor altitudine, dove la pressione antropica è<br />
maggiore.<br />
Le “Zone umide di pianura” (unità ecosistemica E8, vedi Schede risorse), (mostra approfondimento)<br />
avendo subito una drammatica contrazione su tutto il territorio nazionale, richiedono una particolare<br />
attenzione in quanto hanno un ruolo chiave per la nidificazione, la sosta e l’alimentazione di molte<br />
specie acquatiche a priorità di conservazione. Nel caso specifico del Parco del <strong>Matese</strong>, sono<br />
innumerevoli le specie d’interesse che frequentano la zona umida Le Mortine. Limitandosi a quelle<br />
incluse nell’Allegato 1 della Dir. 79/409/CEE, si possono citare la Nitticora Nycticorax nycticorax,<br />
la Garzetta, l’Airone rosso, l’Airone bianco maggiore, la Sgarza ciuffetto Ardeola ralloides, la<br />
Moretta tabaccata, il Nibbio bruno (che nidifica nell’area) e il Falco di palude. Spesso, a causa della<br />
loro ridotta estensione, le zone umide di pianura sono soggette a vari disturbi dalle aree limitrofe e a<br />
un forte effetto margine indotto dalla matrice circostante.<br />
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Nel caso dell’invaso Le Mortine, l’elevata antropizzazione dei territori limitrofi è motivo di<br />
preoccupazione per i possibili effetti negativi sulla qualità delle acque, che potrebbe essere<br />
deteriorata da varie fonti di inquinamento.<br />
I Laghi <strong>Matese</strong>, Letino e Gallo (unità ecosistemica E9, vedi risorse), (mostra approfondimento) sono<br />
un’unità ecosistemica di estrema importanza per la conservazione delle specie ornitiche acquatiche<br />
in transito nel Parco. Infatti, oltre alle specie appena elencate per le zone umide di pianura, in questi<br />
bacini e in particolare nel Lago <strong>Matese</strong> sono state avvistate svariate altre specie d’interesse<br />
comunitario come il Falco pescatore Pandion haliaetus, il Cavaliere d’Italia Himantopus<br />
himantopus, il Combattente Philomachus pugnax, il Piro piro boschereccio e il Mignattino<br />
Chlidonias niger.<br />
In alcune parti del lago, un problema per l’avifauna acquatica potrebbe essere costituito dal disturbo<br />
causato dalla notevole presenza di persone lungo le sponde nei fine settimana e nei giorni festivi.<br />
Inoltre, occorre stabilire se la qualità delle acque subisce importanti alterazioni da qualche fonte<br />
d’inquinamento organico o inorganico.<br />
Esigenze di tutela<br />
I capitoli precedenti hanno evidenziato come il Parco del <strong>Matese</strong> ospiti un’avifauna ricca di elementi<br />
di pregio, in particolare d’innumerevoli specie d’interesse conservazionistico.<br />
Queste specie vanno tutelate, per favorirne la sopravvivenza o ancor meglio la crescita demografica.<br />
Preso nel suo complesso, un gruppo che richiede particolari attenzioni è quello dei rapaci. Infatti,<br />
trovandosi al culmine delle catene alimentari, risentono di tutte le perturbazioni che avvengono ai<br />
vari livelli trofici. A ciò si aggiunga che, trattandosi di animali che perseguono in genere una<br />
strategia riproduttiva di tipo K (= numero ridotto di piccoli allevati e raggiungimento tardivo della<br />
maturità sessuale) hanno per cause naturali una densità poco elevata. Di conseguenza, la perdita<br />
anche di un solo individuo può avere effetti drammatici per le piccole popolazioni locali. Per<br />
esempio, nell’area protetta l’Aquila reale è presente con una sola coppia e altre specie (es.: Biancone,<br />
l’Astore, Nibbio reale) con non più di due-tre coppie. Tra l’altro nel Parco alcune specie, come il<br />
Nibbio reale, sembrerebbero in decremento.<br />
Pertanto, la conservazione dei rapaci risulta prioritaria. A tal fine, a parte gli interventi di gestione,<br />
miglioramento ed educazione ambientale riportati in capitoli successivi, sarebbe opportuno<br />
incrementare le azioni di vigilanza dei nidi di più facile accesso per evitare, oltre a persecuzioni<br />
dirette e al prelievo dei piccoli (problema di particolare rilevanza per il Pellegrino e il Lanario),<br />
anche il disturbo antropico involontario ai tentativi riproduttivi. Considerando l’ampia superficie del<br />
Parco, potrebbe essere opportuno il coinvolgimento di volontari di associazioni protezionistiche nelle<br />
azioni di vigilanza. È importante sottolineare che tali azioni dovrebbero svolgersi con un certo<br />
riserbo, per non ottenere l’effetto negativo di divulgare la collocazione di nidi di specie protette, con<br />
i possibili rischi che ciò comporterebbe.<br />
Gli uccelli acquatici presenti nel Parco, includono sia specie in buono stato di conservazione sia<br />
specie d’interesse comunitario. Tra quest’ultime si può citare la Moretta tabaccata, che è considerata<br />
una SPEC 1 (ossia una Specie presente in Europa classificata come a priorità di conservazione<br />
globale, BirdLife 2004) ed è inclusa nella categoria “in pericolo critico” della Lista Rossa degli<br />
uccelli nidificanti in Italia (LIPU, WWF, 1999).<br />
Un problema per le specie acquatiche è che, dovendosi concentrare necessariamente nelle poche<br />
zone umide disponibili, sono più facilmente soggette a episodi di bracconaggio. In queste zone, la<br />
vigilanza dovrà essere rinforzata in particolare nelle fasce orarie più critiche, ovvero nelle ore<br />
notturne e crepuscolari e alle prime luci del mattino.<br />
Come riportato in precedenza, negli ambienti aperti (praterie e pascoli), con particolare riguardo a<br />
quelli di altopiano e montani, nidificano numerose specie di Passeriformi a priorità di conservazione<br />
e cacciano diversi rapaci d’interesse comunitario.<br />
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In accordo anche con quanto previsto dall’Asse 2 del PSR nazionale e dal medesimo asse del PSR<br />
regionale (Misura 2.1a “Indennità a favore degli agricoltori delle zone montane”), questi ambienti<br />
devono essere mantenuti mediante l’incentivazione delle attività pastorali, per favorire il<br />
mantenimento delle popolazioni delle specie suddette (sull’argomento, vedi anche i capitoli<br />
precedenti).<br />
Riguardo al successo riproduttivo delle specie ornitiche di ambienti aperti, un possibile fattore<br />
negativo potrebbe essere costituito dalla discreta abbondanza di alcuni predatori generalisti, in<br />
particolare della Cornacchia grigia e della Gazza Pica pica. Se le attività di monitoraggio sulla<br />
comunità nidificante (vedi Scheda dedicata) (mostra approfondimento) e ricerche sistematiche<br />
portassero a stimare una densità di questi corvidi tale da causare una pressione predatoria eccessiva<br />
su popolazioni di specie protette, potrebbero essere avviate delle azioni di controllo demografico<br />
delle popolazioni locali della Cornacchia grigia e/o della Gazza, da attuare secondo metodi<br />
riconosciuti dalla comunità scientifica internazionale (es.: uso di Trappola Larsen).<br />
Esigenze di gestione<br />
Per garantire la protezione dei tentativi riproduttivi di specie sensibili, di cui si è detto nel capitolo<br />
precedente, risulta necessario regolamentare alcune attività.<br />
Per proteggere i nidi dei rapaci e di altre specie d’interesse comunitario che nidificano su pareti<br />
rocciose (es. Gracchio corallino), l’avvicinamento a quest’ultime, con elicottero, deltaplano,<br />
parapendio, arrampicata libera o attrezzata e qualunque altra modalità, deve essere limitato al<br />
periodo (15 agosto - 15 febbraio) in cui queste attività non interferiscono con le nidificazioni.<br />
Logicamente, l’obbligo non varrebbe per i mezzi impegnati in attività di spegnimento d’incendi.<br />
Onde evitare il disturbo alle specie forestali, lo stesso periodo dovrebbe essere quello scelto per<br />
effettuare i tagli forestali. Nel caso il Parco decidesse di fare delle eccezioni, permettendo alcune<br />
attività in prossimità di pareti e il taglio boschivo in alcuni appezzamenti al di fuori del periodo<br />
suddetto, sarà obbligatorio accertare che nelle pareti e negli appezzamenti eventualmente prescelti<br />
non siano in corso tentativi riproduttivi di specie protette.<br />
L’uso di bocconi avvelenati per la lotta ai nocivi è una delle cause principali di mortalità per diverse<br />
specie di rapaci protette (es.: Magrini et al. 2004, Allavena et al. 2006) il cui controllo, quindi, risulta<br />
prioritario. Tuttavia, anche regolamentando in maniera severa la vendita di prodotti chimici velenosi<br />
utilizzati per preparare i bocconi, questa pratica perniciosa difficilmente può essere superata senza<br />
azioni di educazione presso agricoltori, allevatori e cacciatori.<br />
Si è detto dell’importanza che ha il mantenimento delle attività pastorali per la conservazione di<br />
ambienti fondamentali per la sopravvivenza di specie d’interesse comunitario. Tuttavia, occorre<br />
notare che il sovrapascolo può costituire un rischio per le specie di ambienti aperti. Infatti,<br />
nonostante un pascolo moderato favorisca il mantenimento delle aree aperte e la diversità floristica e<br />
di invertebrati (Tscharntke e Greiler 1995, Milne e Osoro 1997), con i conseguenti benefici anche<br />
per gli erbivori e gli insettivori appartenenti alla classe dei vertebrati (Vickery et al. 2001), l'aumento<br />
del carico di bestiame porta a fenomeni di selezione delle specie vegetali, interruzione del cotico<br />
erboso e progressivi fenomeni di degrado, erosione, compattazione e nitrificazione del suolo e<br />
semplificazione ecologica. Accanto a queste alterazioni ambientali, un eccessivo calpestio da parte<br />
degli animali al pascolo può anche causare la distruzione delle covate di specie terricole come per<br />
esempio la Quaglia Coturnix coturnix, l'Allodola Alauda arvensis e il Calandro.<br />
Nel Parco, il rischio di sovrappascolo sembrerebbe maggiore nelle zone di altopiano e in quelle<br />
collinari. Purtroppo, non sono disponibili in Italia indicazioni precise su quale carico di bestiame è<br />
accettabile per la conservazione della biodiversità. Nondimeno, un valore di riferimento potrebbe<br />
essere il limite previsto dall’indicatore di contesto iniziale n. 9 “Area ad agricoltura estensiva”<br />
introdotto nell’ambito del Quadro Comune di Monitoraggio e Valutazione (QCMV) del Reg. CE<br />
1974/06.<br />
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Secondo questo indicatore, un pascolo si può considerare estensivo quando il carico zootecnico<br />
espresso in Unità Bovino Adulto (UBA) per ettaro di superficie foraggiera (erbai + pascolo + prato<br />
permanente) è inferiore al valore soglia di 1 UBA/ha.<br />
Per quanto concerne gli ambienti aperti destinati alle coltivazioni è opportuno limitare l'utilizzazione<br />
di pesticidi, concimi chimici e il ricorso a pratiche agricole intensive. Infatti, l'uso eccessivo di<br />
prodotti chimici e l'intensificazione delle pratiche agricole hanno contribuito al declino massiccio di<br />
varie componenti della biodiversità di ambienti rurali (per gli uccelli, vedi per esempio O'Connor e<br />
Shrubb 1986, Pain e Pienkowsky 2002, BirdLife International 2004).<br />
In accordo con le misure di conservazione indicate nel DM 17/10/2007, nelle ZPS è vietato “lo<br />
svolgimento di attività di circolazione fuori dalle strade, fatta eccezione per i mezzi agricoli e<br />
forestali, per i mezzi di soccorso, controllo e sorveglianza, nonché ai fini dell’accesso al fondo e<br />
all’azienda da parte degli aventi diritto, in qualità di proprietari, lavoratori e gestori”. Questo divieto<br />
dovrebbe essere applicato anche nella ZPS <strong>Matese</strong> e, in generale, nel Parco. Per esempio, nella conca<br />
montana in località “il Campo” sopra Cusano Mutri è stata osservata una concentrazione di moto da<br />
cross e di altri mezzi a due ruote, che scorazzavano anche nelle zone prative. Segni sul terreno,<br />
indicavano che non si trattasse di un evento occasionale.<br />
Come più volte ripetuto, i pascoli, i prati e gli ambienti aperti hanno un ruolo prioritario per la<br />
conservazione della biodiversità. Se le autorità locali, quindi, decidessero di consentire questo tipo di<br />
fruizione del proprio territorio, dovrebbe essere individuata un’area di minor pregio al di fuori del<br />
Parco, in cui sia consentito il motocross e simili attività ricreative.<br />
Esigenze di miglioramento/riqualificazione ambientale<br />
Gli ambienti forestali maturi, rispetto a quelli in stadi più giovanili o gestiti a ceduo, favoriscono una<br />
comunità ornitica più ricca e diversificata. Inoltre specie d’interesse comunitario, come il Biancone e<br />
il Falco pecchiaiolo, spesso preferiscono collocare il nido su alberi di mole notevole.<br />
Nel Parco la quasi totalità dei boschi hanno subito drastiche alterazioni, che hanno portato a una loro<br />
semplificazione strutturale. Così il mantenimento delle formazioni forestali più mature e la<br />
riconversione ad alto fusto di boschi più giovani appare prioritaria per la conservazione della<br />
diversità ornitica forestale e di alcuni degli elementi ornitici di maggior rilievo.<br />
L’insieme di queste azioni, potrebbe favorire la colonizzazione del Parco da parte di specie<br />
d’interesse comunitario come il Picchio rosso mezzano Dendrocopos medius, il Picchio dorsobianco<br />
Dendrocopos leucotos e la Balia dal collare.<br />
Il mantenimento delle piante morte o deperenti, includendo anche quelle cadute al suolo, è un'azione<br />
di gestione forestale che risulta fondamentale in un'area boschiva per l'insediamento dei picchi (che<br />
utilizzano queste piante per nidificare, alimentarsi e produrre i tambureggiamenti territoriali) e di<br />
altre specie che nidificano in cavità (upupa, balie, codirossi, cince, ecc.).<br />
In generale, dovranno essere evitati gli interventi che portano alla semplificazione strutturale e<br />
compositiva dei boschi (che, come noto da tempo - Mac Arthur e Mac Arthur, 1961; Roth, 1976;<br />
Hino, 1985 - sfavorisce la diversità delle comunità ornitiche) e dovranno essere attuati interventi che<br />
favoriscono l'alternanza di diversi tipi di bosco (ceduo, ceduo sotto fustaia, fustaia disetanea).<br />
Come riferito nei paragrafi precedenti, gli ambienti aperti dovrebbero essere preservati dalla<br />
ricrescita del bosco. Poiché quest'ultima viene preceduta, nell’usuale successione ecologica,<br />
dall'occupazione di un'area prativa da parte di cespugli, arbusti e giovani alberi, spesso vengono<br />
promosse azioni di decespugliamento degli ambienti aperti per frenarne la chiusura e favorire la<br />
biodiversità ospite di tali ambienti. Per esempio nel PSR regionale, l’azione c della Misura 2.5<br />
Sostegno agli investimenti non produttivi prevede il finanziamento per recupero e manutenzione dei<br />
pascoli pedemontani (recinzioni, decespugliamento). Comunque, queste indicazioni devono essere<br />
recepite adattandole alle diverse situazioni. Così, in zone prative in cui sono assenti o sono presenti<br />
pochissimi cespugli, la crescita di qualche cespuglio isolato non dovrebbe essere vista come un<br />
elemento negativo, ma come un arricchimento ambientale.<br />
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Infatti, i cespugli sono utilizzati da specie quali l'Averla piccola, la Tottavilla, lo Zigolo muciatto<br />
Emberiza cia per collocare il nido o come posatoio.<br />
Per quanto riguarda le zone umide del Parco, un ampliamento della superficie del canneto del Lago<br />
<strong>Matese</strong> può favorire la presenza di specie sensibili alla superficie di tale habitat: in primis, il<br />
Tarabuso (Botaurus stellaris), ma anche il Tarabusino (Pezzo e Benocci, 2001), la Moretta tabaccata,<br />
il Falco di palude (Circus aeruginosus, Quaglierini, 2003: almeno 10 ha). Sotto questo aspetto, è<br />
stato sottolineato il ruolo di specie “indicatrici” di Tarabusino e Tarabuso per la loro specializzazione<br />
e sensibilità al parametro area (Bartolini, 2004). L’aumento in superficie del canneto e la riduzione<br />
dei disturbi in senso lato potrebbe portare il Tarabuso, l’Airone rosso (Ardea purpurea) e il Falco di<br />
palude, a nidificare nell’area, come osservato per il Tarabuso e il Falco di palude al Lago di<br />
Montepulciano (Siena; Gariboldi et al., 2000). Questo intervento potrebbe essere particolarmente<br />
appropriato per quest’ultima specie, di cui sono noti episodi di estivazione al lago <strong>Matese</strong>. Interventi<br />
sul canneto, rientrano fra quelli previsti da Fasola et al., (2003) per Tarabuso e Tarabusino.<br />
Le osservazioni passate e quelle raccolte durante la presente indagine indicano che le presenze di<br />
uccelli acquatici sono inferiori, sia come numero di specie che di individui, nel Lago Gallo rispetto al<br />
Lago <strong>Matese</strong>. Nel primo di questi due invasi sarebbe opportuno favorire la naturalizzazione delle<br />
sponde oltre a mantenere ed ampliare gli elementi naturali già presenti. Un intervento appropriato<br />
potrebbe essere la predisposizione di zone di acqua bassa (15-25 cm) o di argini e rive a ridotta<br />
pendenza (
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Le attuali conoscenze sulla distribuzione di specie prettamente forestali nel Parco, non evidenzia aree<br />
in cui la concentrazione di quelle d’interesse conservazionistico è particolarmente elevata.<br />
Comunque, considerando le aree critiche per specie non esclusivamente forestali, ma per le quali gli<br />
ambienti boschivi hanno un ruolo chiave (es.: Biancone, Falco pecchiaiolo), si potrebbero<br />
individuare due core areas: una formata dalla fascia forestale compresa tra i rilievi sopra il Lago<br />
<strong>Matese</strong> e il M. Mutria, e una nei rilievi sudoccidentali (Cfr. paragrafi precedenti).<br />
Quale che sia il criterio d’individuazione delle core areas, da queste dovrebbe partire la<br />
riconversione ad alto fusto e il mantenimento di una struttura più complessa dei vari strati<br />
vegetazionali, suggerita nei capitoli precedenti per le formazioni forestali.<br />
Superando i confini del Parco e ragionando a una scala più ampia, è possibile che per varie specie<br />
forestali più esigenti (es.: Picchio dorsobianco, Picchio rosso mezzano, Balia dal collare) il Parco del<br />
<strong>Matese</strong> non sia complessivamente una core area, ma piuttosto un’area che potrebbe essere raggiunta<br />
da individui in dispersione da altre aree appenniniche. Anche in questo caso, i cambiamenti forestali<br />
proposti sarebbero prioritari per favorirne l’insediamento.<br />
Esigenze di valorizzazione<br />
Recentemente sono stati pubblicati, o sono in corso di pubblicazione, lavori in cui sono riportate<br />
numerose informazioni che delineano il quadro delle conoscenze sull’avifauna del Parco (Cavaliere e<br />
Fraissinet 2005, Fraissinet et al. 2006, Guglielmi e Leardi 2007, Fraissinet e Cavaliere 2007a;<br />
Fraissinet et al., in stampa). I risultati esposti in questi lavori indicano che parecchi approfondimenti<br />
sono ancora necessari, tra cui l’accertamento della nidificazione di alcune specie d’interesse<br />
comunitario. Oltre al Lanario, il cui status nel Parco potrebbe essere investigato nell’ambito del<br />
monitoraggio dei rapaci nidificanti proposto in un precedente capitolo e descritto in una scheda, uno<br />
studio dovrebbe essere condotto per appurare l’eventuale presenza di altre tre specie rare in Italia,<br />
che potenzialmente potrebbero nidificare in qualche recondito sito dell’area protetta: il Picchio rosso<br />
mezzano, il Picchio dorsobianco e la Balia dal collare. Per i due picchi, esistono segnalazioni passate<br />
per l’area (Scebba 1993, Milone 1999), ma senza alcun dettaglio sulla località e data.<br />
L’apparente assenza nel Parco della Balia dal collare potrebbe essere dovuta alla mancanza di ampie<br />
faggete mature. Comunque, non sono mai state condotte indagini specifiche sulla specie. Infine,<br />
sarebbe necessario investigare la selezione di habitat operata dall’Averla cenerina nelle aree vicino al<br />
Parco, per capire se ci sono le condizioni per la sua nidificazione nell’area protetta.<br />
Tuttavia, a dispetto della necessità di alcuni approfondimenti, le informazioni attualmente disponibili<br />
evidenziano l’importanza dell’area protetta in virtù della sua ricca comunità di specie, tra cui<br />
numerose d’interesse comunitario e a priorità di conservazione.<br />
Queste informazioni, che attualmente sono disponibili solo per gli addetti ai lavori, dovrebbero<br />
essere diffuse anche tra la popolazione locale e tra i visitatori dell’area protetta, attraverso la<br />
pubblicazione di materiale divulgativo e la realizzazione di pannelli illustrativi in cui siano mostrate,<br />
per esempio, le specie più comuni nei diversi ambienti del Parco. L’apprezzamento del valore<br />
naturalistico del Parco e della conseguente necessità di una sua protezione, può essere un primo<br />
passo per un’accettazione dell’area protetta da parte dei locali, che in certi casi vivono il Parco solo<br />
come una costrizione. Una mostra itinerante tra i paesi del comprensorio, potrebbe essere un<br />
ulteriore modo di diffondere le conoscenze sul valore del Parco.<br />
Per i non residenti nei comuni del Parco il metodo migliore di diffusione delle suddette conoscenze è<br />
quello del loro inserimento sul sito web dell’area protetta, per il cui miglioramento devono essere<br />
investite risorse, al fine di rendere più accattivanti le ricchezze naturali del territorio per i potenziali<br />
visitatori.<br />
A favore di chi vuole scoprire queste ricchezze, e in generale per gli amanti delle escursioni,<br />
dovrebbero essere disponibili in rete tutti i possibili itinerari da compiere a piedi. A ciò dovrebbe<br />
corrispondere, lungo il percorso un’adeguata segnaletica in legno che distribuita in maniera capillare<br />
sul territorio indichi i tragitti e i tempi di percorrenza medi per le diverse mete.<br />
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SPEC 1: Specie presenti in Europa classificate come a priorità di conservazione globale, cioè classificate come CE, E, VU, NT, or DD secondo i<br />
criteri IUCN Red List a livello globale;<br />
SPEC 2: Specie le cui popolazioni globali sono concentrate in Europa e che hanno uno Status di conservazione sfavorevolein Europa;<br />
SPEC 3: Specie le cui popolazioni globali non sono concentrate in Europa ma che hanno uno Status di conservazione sfavorevole in Europa;<br />
Non-SPECE: Specie le cui popolazioni globali sono concentrate in Europa ma che hanno uno Status di conservazione favorevole in Europa.<br />
Non-SPEC: Specie le cui popolazioni globali non sono concentrate in Europa e che hanno uno Status di conservazione favorevole in Europa.<br />
file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />
15/03/2009