01.06.2013 Views

INDAGINE SULLE COMUNITÀ ORNITICHE ... - Matese Natura

INDAGINE SULLE COMUNITÀ ORNITICHE ... - Matese Natura

INDAGINE SULLE COMUNITÀ ORNITICHE ... - Matese Natura

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Ornitiche<br />

<strong>INDAGINE</strong> <strong>SULLE</strong> <strong>COMUNITÀ</strong> <strong>ORNITICHE</strong><br />

Obiettivi e attività svolte<br />

Pagina 1 di 33<br />

L’avifauna appenninica è meno conosciuta di quella delle zone collinari e di pianura della penisola.<br />

Per esempio, sono molto scarse le informazioni sulla migrazione attraverso la dorsale appenninica<br />

rispetto a quanto è noto sul transito migratorio lungo la linea di costa tirrenica e adriatica (Tellini<br />

Florenzano 1999, Gustin e Sorace 2004). Inoltre, le comunità ornitiche presenti sui massicci<br />

montuosi dell’Italia meridionale sono state studiate in passato meno di quelle presenti nei massicci e<br />

catene più settentrionali.<br />

In Campania, nello specifico, sono stati pubblicati dei dati solo sulle comunità dei Monti Lattari (De<br />

Filippo 1981) e delle comunità di alcune faggete dei Monti Alburni (De Filippo e Kalby 1985, De<br />

Filippo et al. 1985). Per quanto concerne il Parco del <strong>Matese</strong>, alcuni lavori pubblicati di recente<br />

hanno fornito delle informazioni sullo status di alcuni gruppi ornitici come i rapaci e gli uccelli<br />

acquatici (Cavaliere e Fraissinet 2005, Fraissinet et al. 2006, Guglielmi e Leardi 2007, Fraissinet e<br />

Cavaliere 2007a), ma sono necessari degli approfondimenti per la maggior parte delle specie presenti<br />

nell’area protetta.<br />

L’obiettivo dell’indagine ornitologica, è stato quello di delineare il quadro conoscitivo sull’avifauna<br />

del Parco del <strong>Matese</strong> e sulla distribuzione delle specie ornitiche di maggior pregio naturalistico e<br />

conservazionistico. A questo scopo, è stata condotta un’attenta indagine bibliografica e sono state<br />

effettuate escursioni primaverili sul campo. Inoltre, sono stati raccolti dati secondo i dettami di<br />

metodi standardizzati per descrivere le caratteristiche della comunità ornitica locale.<br />

Le informazioni così ottenute hanno permesso di realizzare le seguenti attività: produrre modelli di<br />

idoneità per le specie di interesse comunitario; individuare le aree critiche nel Parco per alcune<br />

specie a priorità di conservazione; valutare quali fossero i programmi di monitoraggio da<br />

intraprendere per tenere sotto controllo lo status della biodiversità nel parco; proporre azioni di<br />

conservazione, gestione e miglioramento/riqualificazione ambientale a beneficio dell’avifauna locale<br />

e, in generale, della biodiversità.<br />

Ricerca bibliografica<br />

L’elenco delle pubblicazioni contenenti dati ornitologici relativi al Parco del <strong>Matese</strong> è stato ottenuto<br />

grazie alla consultazione di:<br />

- tutti i fascicoli pubblicati negli ultimi trenta anni dalle riviste ornitologiche nazionali (Avocetta,<br />

Rivista italiana di Ornitologia, Picus, Uccelli d’Italia);<br />

- atti di tutti i Convegni italiani di Ornitologia;<br />

- atti di convegni locali a carattere ornitologico;<br />

- atti di convegni non specificatamente ornitologici, ma che contenevano contributi sulle specie<br />

ornitiche;<br />

- opere generali sull’avifauna italiana (Meschini e Frugis 1993, Baccetti et al. 2002, Brichetti e<br />

Fracasso 2003, 2004, 2006, 2007).<br />

Inoltre, sono stati contattati alcuni ornitologi che hanno lavorato in passato nel territorio del Parco<br />

del <strong>Matese</strong>, per chiedere informazioni sull’esistenza di relazioni tecniche non pubblicate.<br />

Controlli in campo<br />

Tra il 29 febbraio e il 5 marzo 2008 sono state effettuate le prime escursioni nel Parco, durante le<br />

quali sono stati visitati tutti gli ambienti principali presenti nell’area protetta, con uscite che hanno<br />

riguardato il territorio di tutti i comuni che rientrano nel Parco.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Pagina 2 di 33<br />

Successivamente, sono state effettuate ulteriori uscite nel Parco nel trimestre aprile-giugno:<br />

- dal 6 all’8 e dal 12 al 18 aprile, dedicate al completamento della prima visita alle stazioni<br />

d’ascolto (vedi sotto);<br />

- nei giorni 8, 9, 12, 15, 19, 20, 22 e 23 di maggio e dal 6 all’8 e dal 21 al 24 di giugno, rivolte alla<br />

ripetizione delle stazioni d’ascolto secondo il protocollo prefissato (vedi sotto);<br />

- il 22 e il 23 maggio, utilizzate per percorrere i due transetti individuati per investigare la<br />

presenza della Coturnice Alectoris graeca;<br />

- il 9 e 15 maggio, dedicate ai rilievi di uccelli acquatici sul Lago <strong>Matese</strong> e Lago di Gallo.<br />

Il metodo standardizzato prescelto per lo studio delle comunità ornitiche dei diversi ambienti del<br />

Parco è stato quello delle stazioni d’ascolto o IPA (Blondel et al. 1970).<br />

In accordo con altri autori, si è deciso di ridurre a dieci minuti, rispetto ai venti della metodologia<br />

standard (Blondel et al. 1970), il periodo di permanenza in ogni stazione, in quanto la maggioranza<br />

delle specie viene registrata nei primi minuti di rilevamento (cfr. Bibby e Burghess 1992; Sorace et<br />

al. 2000). In questo modo, si può inoltre programmare un numero maggiore di stazioni d’ascolto,<br />

migliorando il grado di copertura dell’area studiata.<br />

Sulla base della classificazione delle tipologie ambientali operata dal Corine Land Cover, sono state<br />

identificate quattro tipologie all’interno delle quali collocare i punti di ascolto. Con un sistema<br />

randomizzato, utilizzando applicativi GIS, sono stati individuati 109 punti, distribuiti in modo<br />

proporzionale alla copertura di ciascuna delle quattro tipologie presenti nel Parco, mantenendo i<br />

punti all’interno di ciascun ambiente per almeno 100 metri.<br />

La distribuzione dei punti nelle diverse tipologie, è risultata la seguente:<br />

- 66 punti in Boschi di latifoglie;<br />

- 2 punti in Boschi a predominanza di conifere;<br />

- 5 punti in Aree a vegetazione boschiva e arbustiva in evoluzione;<br />

- 17 punti in Prati e pascoli (Aree a pascolo naturale e praterie d'alta quota, Prati stabili);<br />

- 19 punti in Zone agricole (Zone agricole eterogenee, uliveti, seminativi in aree non irrigue).<br />

Per raggiungere i punti, stabiliti secondo il programma randomizzato, sono stati utilizzati sul campo<br />

strumentazione GPS e cartografia dell’area.<br />

Poiché molte specie sedentarie hanno un picco delle attività territoriali nei primi mesi primaverili<br />

(marzo-aprile), mentre la maggior parte delle specie migratrici si insedia nel territorio di<br />

nidificazione non prima di maggio, i rilevamenti sono stati effettuati da marzo a giugno 2008 (nelle<br />

date precedentemente citate), per cercare di censire entrambi le componenti dell’avifauna locale nel<br />

modo più accurato possibile.<br />

La presenza delle specie ornitiche, è stata rilevata tramite l’osservazione degli individui e l’ascolto<br />

dei versi e dei canti, sia all’interno che all’esterno di un raggio di 100 m dal rilevatore. Gli individui<br />

in transito in volo alto, sono stati considerati solo per l’elaborazione della check-list locale, ma non<br />

per il calcolo dei parametri della comunità ornitica (vedi sotto). I punti d’ascolto sono stati effettuati<br />

nelle prime ore mattutine in giornate non piovose, senza vento o con vento leggero.<br />

I dati così ottenuti, sono stati elaborati per ottenere informazioni sui seguenti parametri delle<br />

comunità ornitiche:<br />

- ricchezza (S), ossia il numero complessivo di specie campionate;<br />

- abbondanza (A), numero medio di individui registrati per stazione d’ascolto;<br />

- % di non Passeriformi;<br />

- numero di specie dominanti, cioè numero di specie in cui la frequenza relativa (fi) > 0,05<br />

(Turcek, 1956; Oelke, 1980);<br />

- diversità delle specie (H) (Shannon e Weaver, 1963);<br />

- equiripartizione (J) (Lloyd & Ghelardi, 1964; Pielou, 1966).<br />

Per investigare la presenza della Coturnice, il 22 e 23 Maggio (tra le 6:30 e le 9:30 circa in entrambi<br />

i giorni) sono stati effettuati dei censimenti lungo due transetti: il primo da Bocca della Selva alla<br />

cima del Monte Mutria, il secondo dal Piano della Corte alla cima del Monte Gallinola.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Il censimento prevedeva delle soste lungo il transetto, ogni 300 m in linea d’aria. Durante la sosta, la<br />

Coturnice veniva stimolata emettendo, con un riproduttore CD, le sue vocalizzazioni territoriali, al<br />

fine di sollecitarne la risposta e accertarne la presenza (metodo del playback).<br />

Il metodo del playback è stato utilizzato anche in sei stazioni boschive, per investigare la presenza<br />

del Picchio rosso mezzano Dendrocopos medius e del Picchio dorsobianco Dendrocopos leucotos.<br />

I rilievi di uccelli acquatici sul Lago <strong>Matese</strong> e Lago di Gallo, sono stati effettuati cercando di<br />

investigare la maggior parte della superficie lacustre con l’ausilio di binocoli (10 x 40) e<br />

cannocchiali (20 x 60).<br />

Rassegna delle conoscenze<br />

Dall’elenco bibliografico ottenuto, si evince che le conoscenze sulla distribuzione e status di alcuni<br />

gruppi ornitologici nel Parco sono decisamente buone, mentre per altri gruppi necessitano di notevoli<br />

approfondimenti.<br />

In particolare, le informazioni sui rapaci diurni presenti nell’area protetta risultano dettagliate e<br />

aggiornate e sono state sintetizzate in articoli pubblicati recentemente (Fraissinet et al. 2006,<br />

Guglielmi e Leardi 2007). Altri dati su singole specie del gruppo, come i nibbi, l’aquila reale, i<br />

falconi, sono stati presentati negli ultimi anni in convegni incentrati sulla loro biologia (Guglielmi e<br />

Leardi 2006, Piciocchi et al. 2007).<br />

Anche per gli uccelli acquatici svernanti, le conoscenze sono molto approfondite, in quanto nelle<br />

aree umide del Parco del <strong>Matese</strong> vengono raccolti annualmente i dati sulle consistenze delle diverse<br />

specie, nell’ambito del progetto coordinato in Italia dall’Istituto Nazionale Fauna Selvatica (INFS) e<br />

in Europa da Wetland International. Per di più per queste specie, sono in corso progetti di<br />

censimento a livello regionale e provinciale (Cavaliere e Fraissinet 2005, Fraissinet e Cavaliere<br />

2007a).<br />

Anche le informazioni sugli uccelli acquatici nidificanti, specificatamente sullo Svasso maggiore<br />

Podiceps cristatus (Fraissinet et al. 2007), e in merito alla selezione dell’habitat e il ruolo<br />

dell’impatto antropico sulla distribuzione della Quaglia Coturnix coturnix (Cavaliere et al. 2007),<br />

hanno un buon livello di approfondimento.<br />

Per altri gruppi le conoscenze sono in vari casi datate e frammentarie, derivando da pubblicazioni a<br />

carattere regionale (Fraissinet e Kalby 1989, Scebba 1993, Milone 1999). In particolare, per alcune<br />

specie d’interesse comunitario mancano informazioni sufficienti sulla distribuzione nel Parco del<br />

<strong>Matese</strong> e per altre, come ad esempio la Coturnice, non è noto se siano ancora nidificanti in questa<br />

area protetta (Scebba 1993). Inoltre, non è stato condotto nessuno studio sistematico con metodi<br />

standardizzati sulle comunità ornitologiche dei diversi ambienti del Parco.<br />

Riguardo al periodo della migrazione, si conoscono alcuni dati preliminari raccolti durante alcune<br />

sessioni d’inanellamento di uccelli a scopo scientifico (Cavaliere et al. 2004), ma sono necessari<br />

indubbiamente degli approfondimenti.<br />

Infine, non esistono studi approfonditi sulla biologia e sull’ecologia (es. successo riproduttivo) della<br />

maggior parte delle specie presenti nel Parco.<br />

Lista di controllo degli uccelli<br />

Pagina 3 di 33<br />

La Check-list degli uccelli del Parco del <strong>Matese</strong> (mostra approfondimento) è stata completata<br />

utilizzando sia il materiale bibliografico, sia informazioni derivate da interviste a ornitologi locali,<br />

sia i dati originali ottenuti mediante censimenti standardizzati ed escursioni sul territorio descritti in<br />

un precedente capitolo.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Pagina 4 di 33<br />

Da questo elenco, risulta che nel Parco è presente un numero elevato di specie (190) da mettere in<br />

relazione con l’ampia diversificazione di ambienti, comprendenti valloni rocciosi, faggete, boschi<br />

misti, praterie e pascoli d’altitudine, laghi e torrenti, che consente l’insediamento anche di specie<br />

abbastanza esigenti da un punto di vista ecologico.<br />

Le specie nidificanti nell’area protetta sono 112, di cui 75 sedentarie e le restanti 37 nidificanti<br />

estive. Le specie svernanti sono 20 e 58 sono solo migratrici più o meno regolari.<br />

Con 95 specie, l’ordine più rappresentato è quello dei Passeriformi che annovera oltre a specie ben<br />

distribuite all’interno del territorio del Parco, anche alcune tra quelle più comuni nell’area protetta<br />

(es.: Merlo Turdus merula, Capinera Sylvia atricapilla, Fringuello Fringilla coelebs).<br />

Tra i vari ambienti del Parco, i laghi e le zone umide consentono la presenza di una ricca<br />

rappresentanza di uccelli acquatici, tra cui 3 specie di svassi, 7 di aironi, 11 di anatidi e 14 di<br />

limicoli. Le pareti e le formazioni rocciose favoriscono svariate specie rupicole come il Pellegrino, il<br />

Corvo imperiale Corvus corax e il Gracchio corallino.<br />

Nutrita è anche la rappresentanza di rapaci diurni (22 specie) includendo sia specie sedentarie sia<br />

specie esclusivamente migratrici. Poiché i rapaci si trovano al culmine delle reti trofiche, la loro<br />

presenza è indice di buona salute ambientale del comprensorio.<br />

Nel complesso, accanto a diverse specie generaliste, sono osservabili nel Parco varie specie meno<br />

comuni, rare e/o a priorità di conservazione (cfr. capitolo successivo). Ciò indicherebbe che il Parco<br />

conserva elementi di elevata naturalità e ampie porzioni di territorio in buono stato di conservazione.<br />

Nel corso dei campionamenti effettuati secondo il metodo delle stazioni d’ascolto, sono state censite<br />

74 specie. Considerando tutti gli ambienti presi in esame, sono risultate specie dominanti (pi > 0.05),<br />

nell’ordine, la Cinciallegra Parus major, il Fringuello, la Capinera, il Pettirosso Erithacus rubecula,<br />

il Merlo e la Cinciarella Parus caeruleus. Queste specie sono dominanti anche nel bosco di latifoglie<br />

mentre in ambiente agricolo, oltre a Capinera, Cinciallegra e Merlo, sono dominanti la Passera<br />

d’Italia Passer italiae e il Verzellino Serinus serinus.<br />

Tutt’altre specie sono le più comuni nelle praterie e nei pascoli. Qui infatti risultano dominanti<br />

l’Allodola Alauda arvensis, la Tottavilla Lullula arborea, lo Spioncello Anthus spinoletta, lo<br />

Strillozzo Miliaria calandra, il Culbianco Oenanthe oenanthe e la Cornacchia grigia Corvus corone<br />

cornix.<br />

Poche specie a priorità di conservazione (es.: Rondine Hirundo rustica) sono esclusive degli<br />

ambienti agricoli. Al contrario, sono numerose quelle rilevate solo nei boschi di latifoglie o nelle<br />

aree a pascolo/prateria includendo alcune specie di interesse comunitario come il Biancone Circaetus<br />

gallicus e il Nibbio reale Milvus milvus, osservati esclusivamente in ambiente boschivo, e il<br />

Calandro Anthus campestris e il Gracchio corallino Pyrrhocorax pyrrhocorax, censiti unicamente<br />

nelle praterie e nei pascoli (Tabella 26).<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Pagina 5 di 33<br />

Tabella 26 - Numero medio d’individui (± Deviazione standard) e frequenza relativa di ogni specie (pi) rilevati con il<br />

metodo delle stazioni d’ascolto nel bosco di latifoglie, in ambienti a prateria/pascolo, in ambiente agricolo e nel totale di<br />

tutte le stazioni. Le specie dominanti sono quelle con pi > 0.05. I nomi italiani delle specie sono riportati nella check-list<br />

degli uccelli. (mostra approfondimento)<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

segue Tabella 26<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

Pagina 6 di 33<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

segue Tabella 26<br />

Pagina 7 di 33<br />

In Tabella 27, vengono riportati i parametri della comunità ornitica per ognuno degli ambienti<br />

investigati e nel loro totale. Premesso che i risultati che seguono, dato che sono stati raccolti in una<br />

sola stagione riproduttiva, devono essere considerati preliminari, si nota che, a dispetto del numero<br />

decisamente inferiore di stazioni investigate negli ambienti a prateria/pascolo (17) e agricoli (19)<br />

rispetto al bosco (66), i valori di ricchezza di specie nei tre ambienti sono simili.<br />

Inoltre, i valori dell’indice di diversità e di quello di equiripartizione sono minimi nel bosco di<br />

latifoglie, mentre il numero di specie dominanti è quasi identico nei tre ambienti.<br />

Ciò è in disaccordo con le aspettative.<br />

Infatti, a causa di minori disponibilità trofiche, gli ambienti aperti sono in genere più poveri di specie<br />

e caratterizzati dalla presenza di poche specie dominanti particolarmente abbondanti. Ciò porta<br />

questi ambienti a mostrare valori dell’indice di diversità e di quello di equiripartizione inferiori<br />

rispetto agli ambienti boschivi.<br />

È probabile che la scarsa maturità della maggior parte delle formazioni boschive del Parco sia<br />

all’origine di questi risultati. Tra l’altro, a conferma di questa ipotesi, il numero di specie di picchi<br />

rilevato durante la presente indagine è risultato limitato a sole tre specie che, per di più, mostrano<br />

un’abbondanza relativamente scarsa (Tabella 26).<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Tabella 27 - Parametri della comunità nidificante nelle tre stagioni riproduttive investigate. S = Ricchezza, A =<br />

Abbondanza, H = Diversità, J = Equiripartizione, % non Pass = % di non Passeriformi, no. dom. = numero di specie<br />

dominanti.<br />

S A H J<br />

Specie di particolare interesse conservazionistico<br />

Pagina 8 di 33<br />

Durante i censimenti e le escursioni nel territorio effettuati tra la fine di febbraio e la fine di giugno<br />

sono state osservate 117 specie di cui le seguenti 16 sono incluse nell’Allegato 1 della Direttiva del<br />

Consiglio Europeo 79/409/CEE “concernente la conservazione degli uccelli selvatici”: Garzetta<br />

Egretta garzetta, Airone bianco maggiore Casmerodius albus, Airone rosso Ardea purpurea,<br />

Moretta tabaccata Aythya nyroca, Falco pecchiaiolo Pernis apivorus, Nibbio reale, Biancone, Falco<br />

di palude Circus aeruginosus, Aquila reale Aquila chrysaetos, Pellegrino Falco peregrinus, Piro piro<br />

boschereccio Tringa glareola, Tottavilla, Calandro, Averla piccola Lanius collurio, Averla cenerina<br />

Lanius minor, Gracchio corallino.<br />

Nelle Schede monografiche (mostra approfondimento) sono riportati gli approfondimenti relativi ad<br />

alcune di queste specie.<br />

Per quanto riguarda la Coturnice, specie inclusa nell’allegato 1 della Dir. 79/409/CEE, i censimenti<br />

effettuati sul Monte Mutria e sul Monte Gallinola non hanno permesso di contattare nessun individuo<br />

della specie. Pertanto, sussiste la forte possibilità che la specie, segnalata in passato come nidificante<br />

(Grimmet e Jones 1989), sia estinta nel Parco.<br />

Nelle escursioni effettuate nella primavera 2008, oltre alle specie incluse nell’All.1 della Direttiva<br />

Uccelli, sono state rilevate altre 43 specie di interesse conservazionistico (Tabella 28) ossia inserite<br />

tra le Specie a Priorità di Conservazione in Europa (SPEC; BirdLife 2004) o tra quelle citate dalla<br />

Lista Rossa degli uccelli nidificanti in Italia (LIPU, WWF, 1999).<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Tabella 28 - Specie a priorità di conservazione presenti nel Parco del <strong>Matese</strong>. DU: Direttiva Uccelli; LRI: Lista Rossa<br />

Italiana; SPEC: Specie a priorità di conservazione in Europa.<br />

cie DU LRI SPEC32<br />

Nome comune Specie DU LRI<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

Pagina 9 di 33<br />

SPEC <br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Pagina 10 di 33<br />

Nome comune Specie DU LRI SPEC <br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Pagina 11 di 33<br />

Nome comune Specie DU LRI SPEC <br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

cie DU LRI SPEC32<br />

Nome comune Specie DU LRI SPEC <br />

Fra queste, risultano di particolare interesse 22 specie indicate nella Lista Rossa Italiana (LRI) come<br />

CR (in pericolo critico), EN (minacciate) o VU (vulnerabili), delle quali 12 sono anche presenti in<br />

Direttiva Uccelli (DU).<br />

Presenza storica e attuale<br />

Pagina 12 di 33<br />

Come riportato nel precedente capitolo, nel Parco sono state avvistate 16 specie inserite<br />

nell’Allegato 1 della Direttiva 79/409/CEE. Per queste specie, viene descritto di seguito lo status nel<br />

Parco del <strong>Matese</strong>, mentre in un successivo capitolo saranno descritte quelle che potrebbero essere le<br />

loro aree di presenza potenziale (cfr. modelli di idoneità per gli uccelli). (mostra approfondimento)<br />

Tra le 16 specie di interesse comunitario, 3 appartengono alla famiglia degli aironi (ardeidi):<br />

Garzetta, Airone bianco maggiore e Airone rosso.<br />

La Garzetta è una specie migratrice regolare nel Parco osservabile principalmente al lago <strong>Matese</strong>,<br />

alle Mortine e al lago Gallo. Nel corso della presente ricerca è stata osservata il 9 maggio 2008 sulle<br />

rive del lago del <strong>Matese</strong>.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Pagina 13 di 33<br />

L’Airone bianco maggiore è una specie migratrice regolare e svernante nel Parco. La località dove<br />

sono più facili gli avvistamenti è quella delle Mortine, al cui interno da alcuni anni si è insediato un<br />

dormitorio invernale (max. 10 esemplari nel gennaio del 2006; Fraissinet et al., in stampa). Nel corso<br />

della presente ricerca, la specie è stata osservata il 2 marzo 2008 al lago del <strong>Matese</strong>, e il 3 marzo<br />

nell’invaso delle Mortine.<br />

L’Airone rosso è una specie migratrice regolare nel Parco. Nella stagione riproduttiva del 2006<br />

potrebbe aver nidificato alle Mortine, località in cui sono stati osservati ripetutamente un adulto e un<br />

giovane da luglio a settembre (Fraissinet et al., in stampa). Nel corso della presente ricerca, la specie<br />

è stata osservata il 15 maggio 2008 sulle rive del lago del <strong>Matese</strong>.<br />

Tra gli anatidi d’interesse comunitario, è stata rilevata la Moretta tabaccata. Questa specie risulta<br />

migratrice, svernante e nidificante probabile nel Parco, dove si può avvistare con pochi esemplari<br />

nelle principali aree umide. Nel corso della presente ricerca, la specie è stata osservata il 3 marzo<br />

2008 nell’invaso delle Mortine.<br />

Nel Parco del <strong>Matese</strong> sono stati rilevate sei specie di rapaci diurni di interesse comunitario: Falco<br />

pecchiaiolo, Nibbio reale, Biancone, Falco di palude, Aquila reale e Pellegrino.<br />

Il Falco pecchiaiolo è una specie migratrice e nidificante nel Parco. Le stima di 2-3 coppie<br />

nidificanti, effettuata alla fine degli anni ’80 (Grimmet e Jones 1989), è stata riconfermata da recenti<br />

ricerche (Fraissinet et al., 2006). Le coppie sarebbero localizzate nelle aree forestali presenti sui<br />

rilievi della zona sud-occidentale, tra gli abitati di San Gregorio <strong>Matese</strong>, Castello <strong>Matese</strong> e<br />

Piedimonte <strong>Matese</strong>. Nel corso della presente ricerca, un buon passaggio d’individui in migrazione<br />

(fino a 70 individui) è stato osservato il 18 e 19 maggio 2008 sul M. Mutria. Un individuo è stato<br />

rilevato il 24 giugno in una zona vicino S. Angelo Alife, dove è probabile la nidificazione.<br />

Il Nibbio reale è una specie sedentaria e nidificante nel Parco. In passato, la specie era già stata<br />

segnalata come nidificante certa sui Monti del <strong>Matese</strong> (Fraissinet e Kalby, 1989), con una<br />

popolazione stimata di 3 coppie (Grimmet e Jones 1989). I siti riproduttivi di 2 coppie si trovano<br />

nella zona compresa tra il Lago Gallo e il comune di Gallo <strong>Matese</strong>, e nell’area del Lago <strong>Matese</strong>. Una<br />

terza coppia potrebbe nidificare nella parte alta del Titerno, nel versante sannita del Parco (Fraissinet<br />

et al., 2006). Nel corso della presente ricerca, il Nibbio reale è stato osservato il 12 aprile 2008 a<br />

nord-est di Gallo <strong>Matese</strong> e l’8 maggio sopra Prata Sannita.<br />

Il Biancone è una specie migratrice e nidificante nel Parco. Scebba (1993) stimava in due coppie la<br />

popolazione nidificante nel Parco. Indagini recenti (Fraissinet et al, 2006), fanno ritenere probabile la<br />

nidificazione di una coppia nei pressi di Gallo <strong>Matese</strong> e di una seconda coppia tra il lago <strong>Matese</strong> e il<br />

paese di Piedimonte <strong>Matese</strong>. Nel corso della presente ricerca, è stato osservato un individuo il 15<br />

aprile 2008 tra Bocca della Selva e Petraroja.<br />

Il Falco di palude, è una specie migratrice ed estivante nel Parco, osservabile con regolarità in<br />

entrambi i periodi migratori al lago <strong>Matese</strong> e in altre località del Parco. Il 25 marzo 2007, sono stati<br />

avvistati 21 individui in migrazione su Piedimonte <strong>Matese</strong> (Fraissinet et al., in stampa). Nel corso<br />

della presente ricerca è stato osservato l’8 e il 15 maggio 2008, mentre sorvolava le rive del lago del<br />

<strong>Matese</strong>.<br />

L’Aquila reale è una specie sedentaria e nidificante nel Parco. La presenza di una coppia nidificante<br />

è nota da tempo (Fraissinet e Kalby, 1989; Rocco, 1991; Scebba, 1993; due coppie secondo Grimmet<br />

e Jones 1989). Nel corso della presente ricerca, un individuo è stato osservato il 4 marzo 2008 in una<br />

zona sopra S. Lorenzello.<br />

Il Pellegrino è una specie sedentaria e nidificante nel Parco. Grimmet e Jones (1989) stimavano in 4-<br />

5 coppie la popolazione locale, che secondo Fraissinet et al (2006) ammonterebbe attualmente in una<br />

decina di coppie, distribuite in diverse località del Parco caratterizzate da presenza di roccia e da<br />

spazi aperti in cui poter cacciare. Nel corso della presente ricerca, un individuo è stato osservato il 18<br />

aprile 2008.<br />

Tra le specie acquatiche dell’ordine dei Caradriformi, il Piro piro boschereccio è l’unica specie<br />

d’interesse comunitario rilevata nel Parco. È una specie migratrice regolare nell’area protetta.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Si può osservare nei prati umidi intorno al lago <strong>Matese</strong> nel mese di aprile (numero massimo 8<br />

esemplari, il 10 aprile 2005; Fraissinet et al., in stampa). Nel corso della presente ricerca, è stato<br />

rilevato l’8 e il 9 maggio 2008 sulle rive del lago del <strong>Matese</strong>.<br />

Nel Parco del <strong>Matese</strong>, sono stati rilevate sei specie di Passeriformi d’interesse comunitario:<br />

Tottavilla, Calandro, Averla piccola, Averla cenerina e Gracchio corallino.<br />

La Tottavilla è specie migratrice e nidificante nel Parco. Nel corso della presente ricerca, è stata<br />

censita in canto in numerose località del Parco, più frequentemente a quote maggiori. D’inverno è<br />

osservabile più comunemente nelle zone di bassa collina (nei pressi di Prata Sannita, ad esempio), o -<br />

appena fuori Parco - nelle zone agricole della piana del Volturno (Fraissinet et al., in stampa).<br />

Il Calandro è specie migratrice e nidificante nel Parco. La nidificazione nel Parco è nota da alcuni<br />

anni (Milone in Fraissinet e Kalby 1989, Scebba, 1993). Meno comune della specie precedente, con<br />

la quale condivide in alcuni casi l’habitat di nidificazione. Nel corso della presente ricerca, la specie<br />

è stata osservata l’8 maggio e il 23 giugno 2008 in una zona tra Bocca della Selva e Petraroja, l’8<br />

maggio in una zona a pascolo scendendo da Gallo verso Fontegreca e il 22 maggio sul M. Mutria.<br />

L’Averla piccola, è specie migratrice e nidificante nel Parco. La nidificazione nel Parco è nota da<br />

alcuni anni (Mastronardi in Fraissinet e Kalby 1989, Scebba, 1993). Oltre i 1.000 m s.l.m. risulta<br />

diffusa nell’area protetta dove, nel corso della presente ricerca, è stata rilevata in diverse zone (alcuni<br />

dati sull’abbondanza della specie in ambiente a prateria/pascolo sono riportati nei paragrafi<br />

precedenti).<br />

L’Averla cenerina è specie migratrice e nidificante, con poche coppie in zone vicino ai confini del<br />

Parco. Nel corso della presente ricerca, è stata osservata il 20 maggio 2008 in un’area nel comune di<br />

S. Angelo Alife, non distante dal corso del F. Volturno.<br />

Il Gracchio corallino, è specie sedentaria e nidificante nel Parco. Segnalato in passato come<br />

nidificante (Fraissinet e Kalby, 1989, Grimmet e Jones 1989, Scebba, 1993) e svernante (Milone<br />

1999) nell’area protetta. In primavera si osserva in genere in piccoli gruppi, ma nel periodo postriproduttivo<br />

ed invernale questi gruppi possono diventare molto più grandi (max. 170 individui<br />

osservati il 22 Febbraio 2007 tra il lago <strong>Matese</strong> e Monte Miletto; Fraissinet et al., in stampa). Nel<br />

corso della presente ricerca, il Gracchio corallino è stato osservato il 14 aprile e l’8 maggio 2008 in<br />

una zona tra Bocca della Selva e Petraroja.<br />

Presenza potenziale<br />

Pagina 14 di 33<br />

Per le 16 specie elencate nel precedente capitolo sono stati elaborati i modelli di idoneità ambientale<br />

ovvero sono state mappate le aree in grado di offrire diversa qualità di habitat. (mostra<br />

approfondimento)<br />

Ricordando che gli ambienti del Parco sono stati classificati per ognuna delle 16 specie in quattro<br />

classi di idoneità, secondo le seguenti definizioni (Boitani et al., 2003):<br />

- Non idoneo (0): ambienti che non soddisfano le esigenze ecologiche della specie;<br />

- Bassa idoneità (1): habitat che possono supportare la presenza della specie in maniera non<br />

stabile nel tempo;<br />

- Media idoneità (2): habitat che possono supportare la presenza stabile della specie, ma che nel<br />

complesso non risultano habitat ottimali;<br />

- Alta idoneità (3): habitat ottimali per la presenza stabile della specie.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Pagina 15 di 33<br />

Tabella 29 - Percentuale del territorio del Parco del <strong>Matese</strong> classificato in ognuna delle quattro classi<br />

d’idoneità ambientale per ciascuna delle 16 specie inserite nell’All.1 della Dir. 79/409/CEE e rilevate nel<br />

corso della presente indagine.<br />

Uccelli acquatici<br />

I modelli d’idoneità ambientale delle tre specie di aironi (Garzetta, Airone bianco maggiore, Airone<br />

rosso) sono molto simili (vedi mappe), (mostra approfondimento) come prevedibile per specie<br />

strettamente imparentate e con esigenze ecologiche sovrapponibili. Trattandosi di specie acquatiche,<br />

le aree di massima idoneità corrispondono per tutti e tre gli aironi, esclusivamente agli invasi<br />

principali del Parco (lago <strong>Matese</strong>, le Mortine, lago Gallo).<br />

Pertanto, la superficie a massima idoneità non supera per queste tre specie il 7% della superficie<br />

dell’area protetta (Tabella 29). Escludendo poi le poche zone umide minori presenti nel Parco, che<br />

costituiscono aree a bassa idoneità, il resto del territorio del Parco risulta non idoneo alle tre specie.<br />

Il valore massimo di superficie non idonea (93,7%) viene raggiunto dall’Airone rosso, a causa della<br />

sua preferenza per le quote meno elevate, che limita ulteriormente la sua presenza nell’area protetta;<br />

tuttavia, anche nelle altre due specie questa superficie raggiunge valori elevati (89%; Tabella 29).<br />

La presenza di ampie porzioni di territorio non idoneo, rendono le aree a massima idoneità per<br />

l’Airone bianco maggiore e l’Airone rosso relativamente distanti tra loro, come è confermato dal<br />

fatto che i valori della distanza euclidea sono tra i più alti registrati nelle 16 specie investigate (6001<br />

m) (Tabella 30). Comunque, queste distanze non rappresentano un problema, dato che i due ardeidi<br />

sono caratterizzati da buone capacità di spostamento, e dato che interposte tra le aree a elevata<br />

idoneità ci sono aree a media idoneità, che possono costituire delle aree di attraversamento.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Pagina 16 di 33<br />

Rispetto alle altre specie investigate, la superficie media delle aree a massima idoneità di Airone<br />

bianco maggiore e Airone rosso è alta (112,65 ± 137.22). Escludendo i corsi fluviali, un risultato<br />

simile si ottiene anche per la Garzetta. Poiché invasi di maggiori dimensioni possono offrire<br />

maggiori possibilità trofiche, questo è un risultato sostanzialmente positivo. Nondimeno, è<br />

necessario sottolineare che i principali bacini del Parco sono di origine artificiale e presentano,<br />

quindi, ampie porzioni della superficie lacustre di scarso valore per le tre specie.<br />

Tabella 30 - Per le aree ad alta idoneità per ogni specie investigata, vengono riportati: il numero di patch presenti nel<br />

Parco (NP), la superficie dell’area più grande in ettari (LPI), la superficie media (Area_mn; ± deviazione standard<br />

(SD)), la forma media (Shape_MN; ± SD), la distanza media euclidea dall’area più vicina (ENN_MN; ±SD).<br />

La Moretta tabaccata, risulta legata esclusivamente ai principali bacini lacustri e palustri del Parco<br />

del <strong>Matese</strong>. Le aree a massima idoneità per la specie, costituiscono solo l’1,4% dell’area protetta.<br />

Come per l’airone rosso, l’uso esclusivo delle zone umide e la preferenza di questo anatide per le<br />

quote minori (Meschini e Frugis 1993, Brichetti e Fracasso 2003) rende il 93,4% della superficie del<br />

Parco non idonea alla specie, e il restante 5,4% a bassa idoneità.<br />

Le considerazioni fatte per i tre aironi sull’isolamento e sulle dimensioni delle aree a massima<br />

idoneità, si adattano bene anche a questa specie.<br />

Ultima specie acquatica tra quelle d’interesse comunitario osservate nel corso della presente indagine<br />

è il Piro piro boschereccio. I risultati, per questo limicolo, sono molto simili a quelli della specie<br />

precedente.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Pagina 17 di 33<br />

A differenza della Moretta tabaccata, però, il Piro piro boschereccio frequenta più facilmente zone<br />

umide poste a quote più elevate. Pertanto, oltre alle aree a massima idoneità (1,4% della superficie<br />

del Parco), il 5,6% dell’area protetta risulta di media idoneità per la specie.<br />

Si può osservare, che la presenza potenziale delle cinque specie acquatiche appena descritta ricalca<br />

fondamentalmente quanto si ricava dalle segnalazioni attuali e passate delle tre specie. Infatti, le aree<br />

a massima idoneità sono anche quelle in cui è di gran lunga più facile rilevarli.<br />

Ci sono da fare però delle distinzioni. In accordo alle segnalazioni attuali e passate delle cinque<br />

specie acquatiche, il Lago Gallo risulta chiaramente meno frequentato del Lago <strong>Matese</strong> e della zona<br />

umida delle Mortine. Il fatto che invece per le cinque specie l’idoneità potenziale del Lago Gallo<br />

risulti pari a quella del Lago del <strong>Matese</strong> è dovuto probabilmente all’inadeguatezza delle categorie di<br />

uso del suolo CORINE relative agli ambienti acquatici a rappresentare differenze importanti per<br />

l’avifauna acquatica, come per esempio la naturalità delle sponde, e in generale dell’invaso, e la<br />

disponibilità trofica.<br />

Falco pecchiaiolo, Nibbio reale e Biancone<br />

I modelli d’idoneità di Falco pecchiaiolo, Nibbio reale e Biancone sono molto simili, e indicano che<br />

ampie zone del Parco presentano una buona idoneità per queste specie. (mostra approfondimento)<br />

Infatti, il 23% e il 62% della superficie del Parco risultano rispettivamente area a massima e media<br />

idoneità ambientale per questi tre rapaci (Tabella 29). Ciò è dovuto al fatto che le tre specie<br />

utilizzano in genere le zone boschive per nidificare e le aree aperte, soprattutto pascoli e praterie, per<br />

cacciare: ambienti ampiamente disponibili nell’area protetta.<br />

Nondimeno, è opportuno notare che le stime precedenti sono molto probabilmente eccessive. Per<br />

prima cosa, tra le numerose aree (351; Tabella 30) a elevata idoneità, diverse sono piccoli frammenti<br />

di territorio (vedi mappe modelli d’idoneità e dimensioni medie delle aree in Tabella 30) non adatti<br />

in molti casi alle esigenze delle tre specie.<br />

Inoltre, questi rapaci preferiscono formazioni boschive mature o, almeno, con presenza di alberi di<br />

grosse dimensioni adatti alla collocazione del nido. La maturità del bosco, sarebbe quindi una<br />

variabile necessaria a produrre dei modelli d’idoneità più precisi per queste specie. Infine, nel caso di<br />

Falco pecchiaiolo e Biancone, l’elevata selettività predatoria del primo sui favi di imenotteri sociali e<br />

del secondo sui serpenti renderebbe necessaria l’inclusione nei modelli di idoneità anche dei fattori<br />

che favoriscono o impediscono lo sviluppo delle popolazioni preda.<br />

Il modello d’idoneità ambientale del Falco di palude (mostra approfondimento), oltre a evidenziare<br />

la nota predilezione di questo rapace per le zone umide, mostra come nel Parco siano presenti ampie<br />

aree che, pur non includendo bacini lacustri e palustri, hanno un’idoneità abbastanza buona per la<br />

specie (Tabella 29). Nel complesso, solo il 30,2 % della superficie del Parco risulta non idonea al<br />

Falco di palude. Ciò è legato al fatto che questo rapace può frequentare ambienti completamente<br />

differenti da quelli acquatici, come quelli forestali e, in particolare, prativi. Infatti, soprattutto<br />

durante il periodo migratorio, il Falco di palude può cacciare in qualsiasi ambiente in cui ci sia<br />

un’abbondante disponibilità di prede.<br />

Le relativamente elevate dimensioni medie delle aree a massima idoneità ambientale per la specie<br />

(112,65 ± 137.22, Tabella 30) costituiscono un fattore positivo sia per quanto detto per le altre specie<br />

acquatiche, ovvero la possibilità di trovare maggiori fonti trofiche in invasi più grandi, sia perché in<br />

questi ultimi la specie potrebbe trovare più facilmente le condizioni per nidificare. Valgono, però, le<br />

considerazioni fatte per le altre specie acquatiche sull’importanza della qualità dell’habitat<br />

all’interno degli invasi. Nello specifico, il Falco di palude necessita della presenza di estesi e fitti<br />

fragmiteti per la collocazione del nido e, quindi, la semplice estensione del bacino non è sufficiente<br />

ad assicurare il suo insediamento.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Pagina 18 di 33<br />

Aquila reale, Pellegrino e Gracchio corallino<br />

Per quanto concerne due rapaci, l’Aquila reale e il Pellegrino, e un Passeriforme della famiglia dei<br />

corvidi, il Gracchio corallino, è necessario sottolineare che i modelli d’idoneità ambientale non<br />

mostrano, o lo fanno in maniera molto poco evidente, il fattore chiave per l’insediamento di queste<br />

tre specie: la disponibilità di pareti rocciose indisturbate. Si tratta infatti di elementi topografici<br />

puntiformi, che difficilmente possono essere rappresentati nelle mappe di presenza potenziale.<br />

(mostra approfondimento)<br />

Fatta questa premessa, si può notare che i pascoli e le praterie montane, costituendo l’habitat trofico<br />

preferito dall’Aquila reale, risultano gli ambienti a maggiore idoneità per questo rapace.<br />

Potenzialmente, il numero di aree ad alta idoneità per l’Aquila reale presenti nel Parco è molto<br />

elevato (574; Tabella 30), occupando una discreta superficie dell’area protetta (21,2%; Tabella 29).<br />

Tale percentuale, però, deve essere leggermente ridotta, in quanto alcune aree sono dei frammenti<br />

troppo piccoli per garantire l’attività di caccia.<br />

Escludendo i pascoli e le praterie, la maggior parte degli habitat presenti nel Parco (53,2%), a<br />

iniziare da quelli boschivi, costituiscono habitat trofici a media idoneità per la specie (Tabella 29).<br />

Comunque, considerando l’ampio territorio di caccia di Aquila reale (che può superare i 200 km 2 ),<br />

questa notevole estensione di aree a media e massima idoneità è sufficiente a sostenere una o al<br />

massimo due coppie di questa specie. Ciò è in accordo con i dati disponibili sulla presenza attuale<br />

del rapace nel Parco.<br />

Poiché il Pellegrino si nutre quasi esclusivamente di uccelli catturati in volo, questo rapace non è<br />

favorito dalla disponibilità di un habitat trofico ben definito, ma da ambienti con buon grado di<br />

naturalità. Pertanto, in accordo con il modello d’idoneità della specie (mostra approfondimento), la<br />

maggior parte del territorio del Parco mostra una potenzialità discretamente elevata per la presenza<br />

del Pellegrino. In particolare, l’84,9% del Parco ha un’idoneità media per questo rapace (Tabella 29)<br />

e dovrebbe favorire quindi l’insediamento di un buon numero di coppie. Ciò conferma le<br />

informazioni sulla popolazione attuale nel Parco, che sembrerebbe in uno stato di conservazione<br />

favorevole. I pascoli e le praterie costituiscono, in maniera quasi esclusiva, l’habitat trofico del<br />

Gracchio corallino. Questa specie, infatti, evita in genere le formazioni boschive.<br />

A ciò si aggiunga la preferenza di questo corvide per le aree poste a quote elevate. Di conseguenza le<br />

zone massimamente idonee alla specie, pur essendo in numero abbastanza elevato (235, Tabella 30),<br />

sono relativamente limitate in estensione complessiva, rappresentando il 13,1% del territorio del<br />

Parco (Tabella 29). Così l’86,2% dell’area protetta risulta non idonea per il Gracchio corallino.<br />

Tra l’altro, la ridotta superficie di alcuni frammenti, teoricamente a massima idoneità per la specie, li<br />

rende inadatti alla frequentazione di questo corvide. In questo risiede la causa probabile della piccola<br />

popolazione nidificante nel Parco.<br />

Tottavilla, Calandro e Averla piccola<br />

La Tottavilla, il Calandro e l’Averla piccola sono tre Passeriformi che condividono due<br />

caratteristiche: quella di essere legati agli ambienti aperti e quella di raggiungere nel Parco le<br />

abbondanze maggiori alle quote più elevate. A ciò è dovuta l’elevata sovrapposizione delle aree<br />

d’idoneità massima nei modelli delle tre specie. (mostra approfondimento) Queste aree<br />

corrispondono sostanzialmente alle praterie e ai pascoli montani. Nondimeno, si possono osservare<br />

delle chiare differenze tra le carte di presenza potenziale delle tre specie.<br />

In particolare, le aree boschive e quelle con vegetazione in evoluzione hanno un certo grado di<br />

idoneità per la Tottavilla, mentre risultano non idonee per il Calandro. La prima specie, difatti,<br />

necessita di alberi e cespugli che utilizza come sito riproduttivo e posatoio da cui involarsi per<br />

compiere la parata nuziale ed emettere il canto territoriale. Il Calandro, invece, predilige le zone<br />

brulle e pietrose con copertura di cespugli scarsa o nulla e, quindi, i boschi costituiscono un habitat<br />

non idoneo.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Pagina 19 di 33<br />

L’Averla piccola è un po’ meno selettiva della specie precedente in quanto, benché non frequenti le<br />

formazioni boschive, la presenza di cespugli e di alberelli isolati è una caratteristica irrinunciabile<br />

nella scelta di un territorio da parte della specie. Ciò è dovuto al fatto che usa simili elementi naturali<br />

per collocare il nido e come posatoio per le attività predatorie.<br />

Pertanto, solo il 5,9% della superficie del Parco risulta non idoneo alla Tottavilla, mentre il 55,3% e<br />

il 62,9 sono i valori corrispondenti per l’Averla piccola e il Calandro rispettivamente.<br />

Rispetto alle aree ad alta idoneità, si può rilevare che in tutti e tre i Passeriformi in esame il numero<br />

di tali aree è elevato, ma le loro dimensioni medie sono molto variabili (Cfr. Deviazione standard<br />

della media dell’area in Tabella 30). Quelle con superficie estremamente ridotta sono habitat di<br />

minor idoneità per le tre specie.<br />

Averla cenerina<br />

L’Averla cenerina, preferisce le aree pascolate e i seminativi non intensivi intervallati a boschetti e<br />

zone cespugliate. A differenza della congenerica Averla piccola, non è una specie montana.<br />

Pertanto, le aree potenzialmente idonee a questo passeriforme si collocano nella fascia collinare del<br />

Parco e sono relativamente limitate. Negli effetti, il 72,2% dell’area protetta non è idoneo<br />

all’insediamento della specie. (mostra approfondimento)<br />

Ciò nonostante, il 19,1% della superficie del Parco risulterebbe ad alta idoneità per l’Averla<br />

cenerina. Il fatto che attualmente la specie non nidifica nel territorio del Parco, ma in zone<br />

immediatamente vicine, suggerirebbe che qualche altro fattore ambientale non considerato nella<br />

realizzazione del modello d’idoneità della specie potrebbe limitarne la presenza.<br />

Aree critiche e rete ecologica per la conservazione degli uccelli<br />

Nel Parco si possono individuare alcune aree critiche per la presenza stabile di alcune specie<br />

d’interesse comunitario e a priorità di conservazione.<br />

Nella parte settentrionale del Parco, si evidenziano due zone di particolare rilievo. La prima,<br />

compresa tra il Lago Gallo e il comune di Gallo <strong>Matese</strong> e l’area del Lago <strong>Matese</strong>, costituisce una<br />

core area per il Nibbio reale, il Nibbio bruno Milvus migrans e il Biancone. La seconda, è la fascia<br />

che dal M. Gallinola raggiunge Petraroja, includendo la zona Bocca della Selva e il M. Mutria.<br />

Questa zona, riveste un ruolo critico per specie come il Gracchio corallino e il Calandro. Qui<br />

potrebbero trovarsi anche le eventuali coppie di Coturnice ancora presenti nel Parco. Inoltre, in base<br />

ai dati raccolti nel corso della presente indagine, l’area del M. Mutria e di Bocca della Selva<br />

costituirebbe un sito per il passaggio primaverile di rapaci in migrazione (es.: Biancone e Falco<br />

pecchiaiolo) che, attraversando l’Appennino, si dirigono verso i territori di nidificazione più<br />

settentrionali. Le due zone evidenziate nella parte settentrionale del Parco, risultano probabilmente<br />

anche core areas per la Tottavilla e l’Averla piccola, in quanto al loro interno le due specie<br />

raggiungono le densità più elevate rilevate nel Parco. Le stesse due zone favoriscono l’Aquila reale,<br />

per l’ampia disponibilità di praterie e pascoli montani.<br />

Comunque, un ruolo importante per questa specie lo hanno anche i rilievi sud-orientali, che da San<br />

Gregorio <strong>Matese</strong> e Castello <strong>Matese</strong> arrivano a S. Lorenzello.<br />

Nella parte meridionale del Parco, le aree forestali presenti sui rilievi sud-occidentali, nei comuni di<br />

San Gregorio <strong>Matese</strong>, Castello <strong>Matese</strong>, Piedimonte <strong>Matese</strong> e S.Angelo Alife, sono un’area critica per<br />

il Biancone, il Nibbio bruno e soprattutto il Falco pecchiaiolo.<br />

In accordo a quanto esposto in precedenza, tutte le pareti rocciose di maggiori dimensioni e con<br />

scarso disturbo antropico risultano aree critiche per la nidificazione e l’espansione dell’Aquila reale,<br />

del Pellegrino, del Gracchio corallino e di altre specie a priorità di conservazione come il Lanario<br />

Falco biarmicus, il Gheppio Falco tinnunculus, il Passero solitario Monticola solitarius, il Picchio<br />

muraiolo Tichodroma muraria e il Corvo imperiale Corvus corax.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Pagina 20 di 33<br />

Queste pareti meritano misure di conservazione speciali, come viene riportato in un paragrafo<br />

successivo.<br />

Per quanto riguarda le specie acquatiche, includendo i predatori che frequentano le zone umide come<br />

il Falco pescatore Pandion haliaetus, il Nibbio bruno e il Falco di palude, il lago <strong>Matese</strong> e le Mortine<br />

costituiscono due core areas per la migrazione, lo svernamento e l’estivazione nel Parco, mentre il<br />

lago Gallo risulta un’importante area di passaggio tra le due core areas. Nel complesso, questi tre<br />

bacini sono interessati dai movimenti migratori e di dispersione che vanno dalla zona costiera<br />

campana verso l’interno (e viceversa), e che hanno come linea di percorrenza preferita il corso del<br />

Fiume Volturno.<br />

Nel quadro delle zone d’interesse per le specie acquatiche, anche il Lago di Letino e quello di<br />

Capriati, nonostante le piccole dimensioni, possono svolgere l’importante funzione di zone di<br />

transito (stepping stone) per specie ornitiche a priorità di conservazione.<br />

Infine, una menzione particolare deve essere fatta per una zona che si trova immediatamente al di<br />

fuori dei confini del Parco: l‘area del medio Volturno compresa tra Alife e Presenzano. Questa è<br />

probabilmente l’area che viene frequentata maggiormente d’inverno dagli individui di Tottavilla<br />

appartenenti alla popolazione nidificante nel Parco, ed è ipotizzabile che in quest’area scendano dal<br />

Parco, durante la cattiva stagione, anche individui di altre specie a priorità di conservazione (es.<br />

Alauda arvensis). Inoltre, questa è l’area di nidificazione di tre specie d’interesse conservazioni<br />

stico: il Lodolaio Falco subbuteo, l’Averla cenerina e l’Averla capirossa Lanius senator, che nel<br />

Parco sono assenti o presenti con pochissime coppie.<br />

Indicatori e programmi di monitoraggio<br />

Il monitoraggio delle popolazioni delle specie ornitiche protette dalla Direttiva 79/409/CEE, e in<br />

particolare quelle dell'Allegato 1, è un obbligo che, in accordo al DM 17/10/2007, dev’essere<br />

applicato nelle ZPS. Nondimeno, alla base di qualsiasi azione di gestione e conservazione di un'area<br />

protetta, devono essere previste attività di monitoraggio che, quindi, dovrebbero riguardare non solo<br />

la ZPS <strong>Matese</strong>, ma l'intero territorio dell'area protetta.<br />

In particolare, a causa della sensibilità delle specie ornitiche ai cambiamenti ambientali e alla<br />

frammentazione (ad es., Farina e Meschini 1985, Des Granges 1987, Diamond e Filion 1987, Welsh<br />

1987, Furness e Greenwood 1993, Gregory et al. 2003), i rilevamenti della comunità ornitica<br />

mediante metodi standardizzati hanno la funzione di tenere sotto controllo lo stato della biodiversità<br />

nell’area protetta e gli effetti di alcune scelte gestionali.<br />

L’andamento demografico delle singole specie e le variazioni dei parametri della comunità ornitica,<br />

possono avvisare di possibili alterazioni ambientali in atto e di tendenze all’incremento di specie<br />

problematiche, o al decremento di specie a priorità di conservazione.<br />

Tra i metodi standardizzati utilizzabili per avviare una rete di monitoraggio delle specie ornitiche, il<br />

metodo delle stazioni d'ascolto (Blondel et al. 1970) e quello dei percorsi campione o transetti<br />

(Jàrvinen e Vàisànnen 1975, 1976) risultano i migliori in termini di tempi di esecuzione e in<br />

un'analisi costi/benefici (Bibby et al 200).<br />

Considerando la varietà di ambienti presenti, l'uso delle stazioni d'ascolto appare il metodo più<br />

appropriato da utilizzare per monitorare il Parco del <strong>Matese</strong> nel suo complesso. La bontà di questo<br />

metodo, è testimoniata dal fatto che è quello prescelto per la raccolta dei dati necessari<br />

all’elaborazione degli indici individuati dalla Commissione Europea per valutare lo stato di salute delle<br />

specie ornitiche a livello continentale, nazionale e regionale, come conseguenza delle azioni previste<br />

dai Piani di Sviluppo Rurale (Cfr. Gregory et al. 2003, 2005, Sauberer et al., 2004).<br />

I rilievi con il metodo delle stazioni d'ascolto, potrebbero essere affiancati negli ambienti aperti da<br />

rilevamenti mediante transetti che, in simili ambienti, hanno una resa migliore rispetto al metodo<br />

precedente (Bibby et al 200), e che potrebbero essere adatti al censimento di specie d’interesse<br />

comunitario come la Tottavilla, il Calandro e l’Averla piccola.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Pagina 21 di 33<br />

Invero, oltre all’allestimento di una rete di monitoraggio delle comunità ornitiche, gli sforzi di<br />

campionamento e di monitoraggio dovranno essere indirizzati anche a un rilevamento più<br />

approfondito delle specie d’interesse conservazioni stico, o che svolgono un ruolo chiave negli<br />

ecosistemi. A questo proposito, i rapaci diurni sono il gruppo che probabilmente merita la maggiore<br />

attenzione, sia perché gli appartenenti a questo gruppo - tranne pochissime eccezioni - sono inclusi<br />

nelle diverse liste di specie d’interesse conservazioni stico, sia perché trovandosi al culmine delle<br />

catene trofiche rivestono un ruolo di grande rilievo per il funzionamento degli ecosistemi.<br />

La collocazione geografica di alcune zone umide del Parco del <strong>Matese</strong>, rende lo studio degli uccelli<br />

acquatici presenti al loro interno di particolare interesse. Specificatamente, le indagini sui movimenti<br />

migratori e sullo svernamento delle specie ornitiche negli invasi del lago di Letino, del lago Gallo e,<br />

soprattutto, del lago <strong>Matese</strong>, il lago carsico più alto d’Italia, possono contribuire a comprendere<br />

come avvengono questi fenomeni attraverso le rotte appenniniche.<br />

Nel contempo, lo svolgimento di indagini dello stesso tipo nella zona umida le Mortine e nel lago di<br />

Capriati è di particolare rilevanza, a causa della loro collocazione lungo l’importante linea migratoria<br />

costituita dal corso del Fiume Volturno.<br />

Tra gli uccelli acquatici, un interesse particolare lo riveste il Merlo acquaiolo Cinclus cinclus, un<br />

passeriforme che, a causa delle sue preferenze per acque correnti, ben ossigenate e con grado<br />

d’inquinamento ridotto o assente, è considerato un buon indicatore della qualità delle acque (Sorace<br />

et al. 2002). Pertanto, sarebbe opportuno intraprendere una ricerca sulla presenza o sull’abbondanza<br />

di questa specie nei corsi d’acqua del Parco.<br />

I dettagli metodologici del monitoraggio dell'avifauna mediante stazione d'ascolto, sono riportati in<br />

un capitolo precedente e nella scheda M19 - “Monitoraggio della comunità di uccelli nidificanti”.<br />

(mostra approfondimento)<br />

Le stazioni, scelte nella presente indagine secondo un disegno stratificato, potranno formare la rete di<br />

monitoraggio che consentirà di tenere sotto controllo lo stato dell’ornitofauna e, per quanto detto,<br />

della biodiversità nel Parco. Per disegno stratificato, s’intende che il numero di stazioni in ogni<br />

tipologia ambientale presente nel Parco è stato scelto in modo proporzionale alla copertura di<br />

ciascuna tipologia. Come riportato in precedenza, quindi, la distribuzione dei punti nelle diverse<br />

tipologie è risultata la seguente:<br />

- 66 punti in Boschi di latifoglie;<br />

- 2 punti in Boschi a predominanza di conifere;<br />

- 5 punti in Aree a vegetazione boschiva e arbustiva in evoluzione;<br />

- 17 punti in Prati e pascoli (Aree a pascolo naturale e praterie d'alta quota, Prati stabili);<br />

- 19 punti in Zone agricole (Zone agricole eterogenee, uliveti, Seminitavi in aree non irrigue).<br />

I censimenti mediante stazioni d'ascolto, permettono di descrivere le caratteristiche della comunità<br />

nidificante e di valutare gli andamenti demografici di numerose specie. Comunque, tali censimenti<br />

non sono adeguati per stabilire lo status e la distribuzione dei rapaci nidificanti, per i quali è<br />

appropriata una ricerca ad hoc. Questa, specificatamente, è necessaria nel Parco del <strong>Matese</strong>, dove la<br />

comunità di specie di rapaci diurni è particolarmente ricca annoverando ben 11 specie (Fraissinet et<br />

al. 2006). A questo scopo, escursioni nel territorio del Parco dovrebbero essere effettuate almeno una<br />

o due volte al mese, da febbraio a luglio, per stabilire lo status e la distribuzione delle specie di<br />

rapaci nidificanti, certe o possibili, a priorità di conservazione (Falco pecchiaiolo, Nibbio bruno,<br />

Nibbio reale, Biancone, Astore Accipiter gentilis, Aquila reale, Gheppio, Lodolaio Falco subbuteo,<br />

Lanario, Pellegrino) di cui, in alcuni casi, non è mai stato trovato il sito di nidificazione.<br />

In accordo a Fraissinet et al. (2006), in ogni escursione l’area protetta dovrebbe essere divisa in<br />

settori. Ognuno di questi settori dovrebbe essere affidato a uno-due rilevatori, che si tengono in<br />

contatto con gli altri rilevatori mediante telefoni cellulari per evitare doppi conteggi. Ogni settore<br />

viene attraversato secondo itinerari prestabiliti, individuati in modo tale da coprire tutti gli ambienti<br />

presenti (per altre informazioni vedi la Scheda M20 - “Monitoraggio dei rapaci nidificanti”).<br />

(mostra approfondimento)<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Pagina 22 di 33<br />

Le conoscenze sui rapaci, dovrebbero essere completate studiando anche il loro passaggio<br />

migratorio. A tal fine, è opportuno individuare uno o pochi punti panoramici in cui concentrare le<br />

osservazioni relative al loro passaggio attraverso il Parco. Ciò si dovrebbe basare su un’analisi della<br />

morfologia del territorio, sulla valutazione dell’ampiezza del campo visivo dai diversi punti<br />

panoramici presenti e su conoscenze pregresse inerenti tale passaggio. Per esempio, in base alle<br />

osservazioni raccolte nel corso della presente indagine, l’area sommitale del M. Mutria potrebbe<br />

essere uno dei punti adatti allo scopo. Una volta scelti i punti di rilevamento, si procederà con la<br />

raccolta dati, che dovrebbe essere effettuata giornalmente almeno nei periodi di passaggio<br />

primaverile più intenso (1 aprile - 15 maggio). Tuttavia, sarebbe auspicabile condurre dei rilevamenti<br />

anche in altri periodi della primavera, per contattare specie con passaggio precoce (come le albanelle<br />

Circus sp., 1 marzo - 14 aprile) o tardivo (come il Falco pecchiaiolo, 16 maggio - 30 giugno), e in<br />

autunno. Questa indagine, permetterebbe di acquisire informazioni anche sul passaggio di specie<br />

veleggiatrici di interesse conservazioni stico, come la Cicogna bianca Ciconia ciconia e la Cicogna<br />

nera Ciconia nigra.<br />

Il comprensorio è interessato dal passaggio e dallo svernamento di numerose specie di uccelli<br />

acquatici, su cui in passato sono stati raccolti alcuni dati per lo più nell’ambito dei censimenti degli<br />

svernanti nella regione (Cavaliere e Fraissinet 2005, Fraissinet e Cavaliere 2007a).<br />

L'approfondimento delle indagini sui movimenti migratori nell’area protetta potrebbe essere di<br />

particolare interesse, e dovrebbe includere una serie di attività sul campo che permettano almeno di<br />

stabilire:<br />

- quali specie utilizzano il comprensorio per la sosta e per ristabilire le riserve energetiche<br />

necessarie al volo migratorio;<br />

- le zone umide e gli ambienti utilizzati;<br />

- l'entità del passaggio delle differenti specie, in particolare di quelle a priorità di conservazione.<br />

Ciò richiede un impegno di un'uscita ogni dieci-quindici giorni, da effettuare nell’intero corso<br />

dell’anno. Sarebbe opportuno visitare tutte le zone umide principali: Lago di Letino, Lago Gallo<br />

Lago <strong>Matese</strong>, le Mortine e Lago di Capriati. Durante le escursioni, la superficie di ogni zona umida,<br />

comprendendo le sue sponde, viene investigata con l’ausilio di binocoli (10 x 40) e cannocchiali (20<br />

x 60). Per ogni specie vengono contati gli individui presenti, e vengono rilevati gli ambienti lacustri<br />

frequentati. La visita alle zone umide di maggiore dimensione (Lago Gallo, Lago <strong>Matese</strong>) dovrebbe<br />

essere effettuata contemporaneamente da più rilevatori, a ognuno dei quali viene assegnato un settore<br />

del lago. I rilevatori si tengono in contatto con i telefoni cellulari per segnalare spostamenti di<br />

acquatici tra settori, onde evitare doppi conteggi (Scheda M18 - “Monitoraggio degli uccelli<br />

acquatici”). (mostra approfondimento)<br />

Per conoscere le aree di nidificazione o svernamento e le rotte migratorie delle specie che sostano<br />

nelle zone umide del <strong>Matese</strong>, sarebbe interessante avviare ricerche basate sulla cattura tramite gabbie<br />

e reti e sull'inanellamento degli individui appartenenti alle diverse specie ornitiche.<br />

A prescindere dalle specie acquatiche, le attività sull'inanellamento a scopo scientifico potrebbero<br />

fornire risultati interessanti se attuate anche per altre specie presenti nel Parco.<br />

Linee guida per la tutela, la gestione e la valorizzazione delle risorse<br />

La maggior parte del territorio del Parco coincide con la ZPS IT8010026 <strong>Matese</strong>, per la quale si<br />

possono definire delle misure di conservazione basandosi su quanto riportato nel Decreto del<br />

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio 17 ottobre 2007- Criteri minimi uniformi per la<br />

definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di<br />

protezione speciale (ZPS). Il decreto ministeriale elenca una serie di divieti e obblighi che sono<br />

validi per tutte le ZPS nazionali includendo, tra l'altro, indicazioni per la gestione faunisticovenatoria,<br />

per la realizzazione di nuovi impianti (es.: torri eoliche, discariche) e per la gestione agropastorale<br />

e la bruciatura delle stoppie.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Pagina 23 di 33<br />

Queste indicazioni contengono molti elementi che, se applicati adeguatamente alla ZPS <strong>Matese</strong>,<br />

possono avere ricadute favorevoli per l'avifauna, e specificatamente per le specie rare e minacciate.<br />

Inoltre, il decreto ministeriale fornisce i criteri minimi per la definizione delle misure di<br />

conservazione per tipologie di ZPS (es.: ambienti aperti delle montagne mediterranee).<br />

Nei capitoli che seguono vengono riprese alcune indicazioni per le tipologie che, interessando la ZPS<br />

del Parco, dovrebbero essere seguite a favore della conservazione delle specie ornitiche e, in<br />

generale, per il mantenimento degli equilibri ecologici locali.<br />

Oltre a far riferimento ad alcune misure di conservazione indicate nel DM 17/10/2007, nei capitoli<br />

che seguono saranno fornite alcune indicazioni di conservazione, gestione e<br />

miglioramento/riqualificazione ambientale specifiche per la situazione locale.<br />

La conservazione degli uccelli nelle “unità ecosistemiche” del Parco: valori e criticità<br />

Gli “Altopiani carsici e conche intramontane a prevalenza di pascoli anche sfalciabili” (unità<br />

ecosistemica E1, vedi Schede risorse) (mostra approfondimento) hanno un ruolo importante per<br />

diverse specie ornitiche, tra cui alcune a priorità di conservazione. Infatti, sono ambienti di<br />

nidificazione di alcune specie d’interesse comunitario come la Tottavilla e l’Averla piccola. Queste<br />

due specie, raggiungono in alcune porzioni di questa unità ecosistemica (per es.: le aree intorno al<br />

lago <strong>Matese</strong>) le massime abbondanze registrate nel Parco.<br />

I pascoli di questa unità ecosistemica costituiscono il territorio di caccia di varie specie a priorità di<br />

conservazione, tra cui si possono ricordare alcuni rapaci quali il Nibbio bruno, il Nibbio reale, il<br />

Falco di Palude, l’Albanella reale Circus cyaneus, l’Albanella minore Circus pygargus e il Gheppio.<br />

Anche l’Averla maggiore Lanius excubitor, specie rara da avvistare in Italia e con pochissime<br />

osservazioni in Campania, è stata rilevata nell’altopiano intorno al Lago <strong>Matese</strong>.<br />

In questa unità ecosistemica, può costituire un fattore di criticità l’intensificazione delle pratiche<br />

agropastorali, intesa sia come incremento del carico di pascolo, sia come azioni atte ad aumentare la<br />

produttività delle zone a prato-pascolo (in primis l’uso di chimici). In alcune conche in tramontane, il<br />

motocross e altre le attività simili possono essere un notevole disturbo per l’avifauna locale.<br />

Dal punto di vista della conservazione delle specie di uccelli, l’aspetto più interessante che<br />

caratterizza le “Sommità e versanti della montagna a prevalente copertura forestale” (unità<br />

ecosistemica E2, vedi Schede risorse) (mostra approfondimento) è che questa unità ecosistemica<br />

ospita i siti riproduttivi di alcune specie d’interesse come il Nibbio reale, il Biancone e l’Astore, che<br />

collocano il nido sugli alberi di maggiori dimensioni presenti nelle formazioni forestali.<br />

Sono ospiti di questa unità ecosistemica anche alcuni picchi tutelati come il Picchio verde Picus<br />

viridis e il Picchio rosso minore Picoides minor. Al suo interno transita in migrazione, e forse<br />

nidifica in qualche lembo di faggeta più matura, la Balia dal collare Ficedula albicollis, uno dei<br />

pochi Passeriformi d’interesse comunitario nidificante in Italia.<br />

In questa unità ecosistemica è un fattore di criticità l’eccessiva ceduazione delle formazioni forestali,<br />

che riduce le possibilità di trovare siti riproduttivi e di alimentazione per le specie suddette. In<br />

particolare, devono essere conservate assolutamente i pochi lembi di formazioni più mature.<br />

Il disturbo ai nidi di specie protette è un altro fattore di criticità, soprattutto quello causato dai tagli<br />

forestali in periodo primaverile.<br />

Le “Sommità e versanti della montagna a prevalenza di pascoli e colture” (unità ecosistemica E3,<br />

vedi Schede risorse), (mostra approfondimento) sono un’unità ecosistemica di importanza<br />

fondamentale per la conservazione dell’ornitofauna del Parco del <strong>Matese</strong>. Qui nidificano numerose<br />

specie d’interesse comunitario e conservazionistico come per esempio la Tottavilla, il Calandro,<br />

l’Averla piccola, il Culbianco Oenanthe oenanthe, il Codirossone Monticola saxatilis, di cui alcune<br />

(come il Calandro e il Codirossone) raggiungono in questa unità ecosistemica la massima<br />

abbondanza.<br />

Inoltre, i pascoli e le praterie presenti al suo interno sono l’ambiente di caccia preferito di alcune<br />

specie d’interesse comunitario tra le quali si possono citare il Falco pecchiaiolo, il Biancone,<br />

l’Aquila reale e il Gracchio corallino.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Pagina 24 di 33<br />

Il pericolo principale per questa unità ecosistemica è l’abbandono delle pratiche agro-pastorali, in<br />

particolare delle aree pascolate, con conseguente ricrescita del bosco e chiusura degli ambienti<br />

prativi.<br />

Anche le “Sommità e versanti submontani a prevalente copertura forestale” (unità ecosistemica E4,<br />

vedi Schede risorse) (mostra approfondimento) possono ospitare i siti riproduttivi di specie di rapaci.<br />

In questa unità ecosistemica, in particolare nei versanti sud-occidentali del Parco, nei comuni di San<br />

Gregorio <strong>Matese</strong>, Castello <strong>Matese</strong>, Piedimonte <strong>Matese</strong> e S.Angelo Alife, si concentrano i tentativi<br />

riproduttivi del Falco pecchiaiolo e nidificano il Picchio verde, il Picchio rosso minore e<br />

probabilmente il Biancone.<br />

Forse anche in misura maggiore che nella corrispondente unità ecosistemica dei versanti montani, gli<br />

eccessivi tagli forestali costituiscono la causa di maggiore criticità per questi ambienti.<br />

Le “Sommità e versanti submontani a prevalenza di pascoli e colture” (unità ecosistemica E5, vedi<br />

Schede risorse), (mostra approfondimento) a causa di una minore estensione non raggiungono<br />

l’importanza della corrispondente unità ecosistemica delle sommità dei versanti montani.<br />

Nondimeno, anche i pascoli dei versanti submontani svolgono un ruolo importante per la<br />

nidificazione di specie quali Tottavilla, Calandro, Averla piccola, Culbianco, Fanello Carduelis<br />

cannabina e Strillozzo. Al pari dei versanti montani, l’abbandono delle pratiche agro-pastorali, con<br />

conseguente ampliamento della boscaglia e dei boschi, riduce le opportunità trofiche e riproduttive<br />

per le specie di ambienti aperti.<br />

L’unità ecosistemica dei “Complessi di vegetazione termofila delle vallate aperte verso la piana<br />

alluvionale del Volturno, con mosaici di colture, boschi e lembi di praterie steppiche” (unità<br />

ecosistemica E6, vedi Schede risorse), (mostra approfondimento) è quella in cui è maggiore<br />

l’influenza antropica. Ciò si riflette sulla comunità ornitica, che ospita poche specie d’interesse<br />

consevazionistico come la Civetta Athene noctua, il Fanello Carduelis cannabina e lo Strillozzo.<br />

Comunque, solo in questa unità ecosistemica nidificano l’Averla capirossa Lanius senator e l’Averla<br />

cenerina, ad indicare che dove sono presenti dei sistemi agroforestali meno alterati si possono<br />

insediare specie di particolare rilievo. In questa unità eco sistemica, sono fattori di criticità le<br />

pratiche agricole intensive (uso eccessivo di imput chimici, eliminazione delle stoppie, aratura<br />

invernale, eliminazione di siepi e altri arricchimenti ambientali) e la crescita dell’urbanizzazione e<br />

della rete viaria associata.<br />

I “Corsi d’acqua e sorgenti” (unità ecosistemica E7, vedi Schede risorse), (mostra approfondimento)<br />

rappresentano un’unità ecosistemica a cui si possono associare poche specie ornitiche in maniera<br />

esclusiva. Tra di esse spicca il Merlo acquaiolo, un passeriforme inserito nella Lista Rossa nazionale<br />

nella categoria “Vulnerabile”. Questa specie è tipicamente associata ai corsi d’acqua in migliore<br />

stato di conservazione, caratterizzati da una ricca fauna invertebrata che include anche specie più<br />

esigenti come alcuni Tricotteri, Efemerotteri e Plecotteri. I corsi d’acqua, poi, possono rivestire un<br />

ruolo importante per altre specie acquatiche come la Garzetta e l’Airone bianco maggiore.<br />

L’inquinamento, l’eccessiva captazione delle acque e gli interventi che alterano il profilo naturale<br />

dell'alveo, sono i tre fattori principali di criticità per questa unità ecosistemica, che diventano<br />

particolarmente preoccupanti nelle zone poste a minor altitudine, dove la pressione antropica è<br />

maggiore.<br />

Le “Zone umide di pianura” (unità ecosistemica E8, vedi Schede risorse), (mostra approfondimento)<br />

avendo subito una drammatica contrazione su tutto il territorio nazionale, richiedono una particolare<br />

attenzione in quanto hanno un ruolo chiave per la nidificazione, la sosta e l’alimentazione di molte<br />

specie acquatiche a priorità di conservazione. Nel caso specifico del Parco del <strong>Matese</strong>, sono<br />

innumerevoli le specie d’interesse che frequentano la zona umida Le Mortine. Limitandosi a quelle<br />

incluse nell’Allegato 1 della Dir. 79/409/CEE, si possono citare la Nitticora Nycticorax nycticorax,<br />

la Garzetta, l’Airone rosso, l’Airone bianco maggiore, la Sgarza ciuffetto Ardeola ralloides, la<br />

Moretta tabaccata, il Nibbio bruno (che nidifica nell’area) e il Falco di palude. Spesso, a causa della<br />

loro ridotta estensione, le zone umide di pianura sono soggette a vari disturbi dalle aree limitrofe e a<br />

un forte effetto margine indotto dalla matrice circostante.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Pagina 25 di 33<br />

Nel caso dell’invaso Le Mortine, l’elevata antropizzazione dei territori limitrofi è motivo di<br />

preoccupazione per i possibili effetti negativi sulla qualità delle acque, che potrebbe essere<br />

deteriorata da varie fonti di inquinamento.<br />

I Laghi <strong>Matese</strong>, Letino e Gallo (unità ecosistemica E9, vedi risorse), (mostra approfondimento) sono<br />

un’unità ecosistemica di estrema importanza per la conservazione delle specie ornitiche acquatiche<br />

in transito nel Parco. Infatti, oltre alle specie appena elencate per le zone umide di pianura, in questi<br />

bacini e in particolare nel Lago <strong>Matese</strong> sono state avvistate svariate altre specie d’interesse<br />

comunitario come il Falco pescatore Pandion haliaetus, il Cavaliere d’Italia Himantopus<br />

himantopus, il Combattente Philomachus pugnax, il Piro piro boschereccio e il Mignattino<br />

Chlidonias niger.<br />

In alcune parti del lago, un problema per l’avifauna acquatica potrebbe essere costituito dal disturbo<br />

causato dalla notevole presenza di persone lungo le sponde nei fine settimana e nei giorni festivi.<br />

Inoltre, occorre stabilire se la qualità delle acque subisce importanti alterazioni da qualche fonte<br />

d’inquinamento organico o inorganico.<br />

Esigenze di tutela<br />

I capitoli precedenti hanno evidenziato come il Parco del <strong>Matese</strong> ospiti un’avifauna ricca di elementi<br />

di pregio, in particolare d’innumerevoli specie d’interesse conservazionistico.<br />

Queste specie vanno tutelate, per favorirne la sopravvivenza o ancor meglio la crescita demografica.<br />

Preso nel suo complesso, un gruppo che richiede particolari attenzioni è quello dei rapaci. Infatti,<br />

trovandosi al culmine delle catene alimentari, risentono di tutte le perturbazioni che avvengono ai<br />

vari livelli trofici. A ciò si aggiunga che, trattandosi di animali che perseguono in genere una<br />

strategia riproduttiva di tipo K (= numero ridotto di piccoli allevati e raggiungimento tardivo della<br />

maturità sessuale) hanno per cause naturali una densità poco elevata. Di conseguenza, la perdita<br />

anche di un solo individuo può avere effetti drammatici per le piccole popolazioni locali. Per<br />

esempio, nell’area protetta l’Aquila reale è presente con una sola coppia e altre specie (es.: Biancone,<br />

l’Astore, Nibbio reale) con non più di due-tre coppie. Tra l’altro nel Parco alcune specie, come il<br />

Nibbio reale, sembrerebbero in decremento.<br />

Pertanto, la conservazione dei rapaci risulta prioritaria. A tal fine, a parte gli interventi di gestione,<br />

miglioramento ed educazione ambientale riportati in capitoli successivi, sarebbe opportuno<br />

incrementare le azioni di vigilanza dei nidi di più facile accesso per evitare, oltre a persecuzioni<br />

dirette e al prelievo dei piccoli (problema di particolare rilevanza per il Pellegrino e il Lanario),<br />

anche il disturbo antropico involontario ai tentativi riproduttivi. Considerando l’ampia superficie del<br />

Parco, potrebbe essere opportuno il coinvolgimento di volontari di associazioni protezionistiche nelle<br />

azioni di vigilanza. È importante sottolineare che tali azioni dovrebbero svolgersi con un certo<br />

riserbo, per non ottenere l’effetto negativo di divulgare la collocazione di nidi di specie protette, con<br />

i possibili rischi che ciò comporterebbe.<br />

Gli uccelli acquatici presenti nel Parco, includono sia specie in buono stato di conservazione sia<br />

specie d’interesse comunitario. Tra quest’ultime si può citare la Moretta tabaccata, che è considerata<br />

una SPEC 1 (ossia una Specie presente in Europa classificata come a priorità di conservazione<br />

globale, BirdLife 2004) ed è inclusa nella categoria “in pericolo critico” della Lista Rossa degli<br />

uccelli nidificanti in Italia (LIPU, WWF, 1999).<br />

Un problema per le specie acquatiche è che, dovendosi concentrare necessariamente nelle poche<br />

zone umide disponibili, sono più facilmente soggette a episodi di bracconaggio. In queste zone, la<br />

vigilanza dovrà essere rinforzata in particolare nelle fasce orarie più critiche, ovvero nelle ore<br />

notturne e crepuscolari e alle prime luci del mattino.<br />

Come riportato in precedenza, negli ambienti aperti (praterie e pascoli), con particolare riguardo a<br />

quelli di altopiano e montani, nidificano numerose specie di Passeriformi a priorità di conservazione<br />

e cacciano diversi rapaci d’interesse comunitario.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Pagina 26 di 33<br />

In accordo anche con quanto previsto dall’Asse 2 del PSR nazionale e dal medesimo asse del PSR<br />

regionale (Misura 2.1a “Indennità a favore degli agricoltori delle zone montane”), questi ambienti<br />

devono essere mantenuti mediante l’incentivazione delle attività pastorali, per favorire il<br />

mantenimento delle popolazioni delle specie suddette (sull’argomento, vedi anche i capitoli<br />

precedenti).<br />

Riguardo al successo riproduttivo delle specie ornitiche di ambienti aperti, un possibile fattore<br />

negativo potrebbe essere costituito dalla discreta abbondanza di alcuni predatori generalisti, in<br />

particolare della Cornacchia grigia e della Gazza Pica pica. Se le attività di monitoraggio sulla<br />

comunità nidificante (vedi Scheda dedicata) (mostra approfondimento) e ricerche sistematiche<br />

portassero a stimare una densità di questi corvidi tale da causare una pressione predatoria eccessiva<br />

su popolazioni di specie protette, potrebbero essere avviate delle azioni di controllo demografico<br />

delle popolazioni locali della Cornacchia grigia e/o della Gazza, da attuare secondo metodi<br />

riconosciuti dalla comunità scientifica internazionale (es.: uso di Trappola Larsen).<br />

Esigenze di gestione<br />

Per garantire la protezione dei tentativi riproduttivi di specie sensibili, di cui si è detto nel capitolo<br />

precedente, risulta necessario regolamentare alcune attività.<br />

Per proteggere i nidi dei rapaci e di altre specie d’interesse comunitario che nidificano su pareti<br />

rocciose (es. Gracchio corallino), l’avvicinamento a quest’ultime, con elicottero, deltaplano,<br />

parapendio, arrampicata libera o attrezzata e qualunque altra modalità, deve essere limitato al<br />

periodo (15 agosto - 15 febbraio) in cui queste attività non interferiscono con le nidificazioni.<br />

Logicamente, l’obbligo non varrebbe per i mezzi impegnati in attività di spegnimento d’incendi.<br />

Onde evitare il disturbo alle specie forestali, lo stesso periodo dovrebbe essere quello scelto per<br />

effettuare i tagli forestali. Nel caso il Parco decidesse di fare delle eccezioni, permettendo alcune<br />

attività in prossimità di pareti e il taglio boschivo in alcuni appezzamenti al di fuori del periodo<br />

suddetto, sarà obbligatorio accertare che nelle pareti e negli appezzamenti eventualmente prescelti<br />

non siano in corso tentativi riproduttivi di specie protette.<br />

L’uso di bocconi avvelenati per la lotta ai nocivi è una delle cause principali di mortalità per diverse<br />

specie di rapaci protette (es.: Magrini et al. 2004, Allavena et al. 2006) il cui controllo, quindi, risulta<br />

prioritario. Tuttavia, anche regolamentando in maniera severa la vendita di prodotti chimici velenosi<br />

utilizzati per preparare i bocconi, questa pratica perniciosa difficilmente può essere superata senza<br />

azioni di educazione presso agricoltori, allevatori e cacciatori.<br />

Si è detto dell’importanza che ha il mantenimento delle attività pastorali per la conservazione di<br />

ambienti fondamentali per la sopravvivenza di specie d’interesse comunitario. Tuttavia, occorre<br />

notare che il sovrapascolo può costituire un rischio per le specie di ambienti aperti. Infatti,<br />

nonostante un pascolo moderato favorisca il mantenimento delle aree aperte e la diversità floristica e<br />

di invertebrati (Tscharntke e Greiler 1995, Milne e Osoro 1997), con i conseguenti benefici anche<br />

per gli erbivori e gli insettivori appartenenti alla classe dei vertebrati (Vickery et al. 2001), l'aumento<br />

del carico di bestiame porta a fenomeni di selezione delle specie vegetali, interruzione del cotico<br />

erboso e progressivi fenomeni di degrado, erosione, compattazione e nitrificazione del suolo e<br />

semplificazione ecologica. Accanto a queste alterazioni ambientali, un eccessivo calpestio da parte<br />

degli animali al pascolo può anche causare la distruzione delle covate di specie terricole come per<br />

esempio la Quaglia Coturnix coturnix, l'Allodola Alauda arvensis e il Calandro.<br />

Nel Parco, il rischio di sovrappascolo sembrerebbe maggiore nelle zone di altopiano e in quelle<br />

collinari. Purtroppo, non sono disponibili in Italia indicazioni precise su quale carico di bestiame è<br />

accettabile per la conservazione della biodiversità. Nondimeno, un valore di riferimento potrebbe<br />

essere il limite previsto dall’indicatore di contesto iniziale n. 9 “Area ad agricoltura estensiva”<br />

introdotto nell’ambito del Quadro Comune di Monitoraggio e Valutazione (QCMV) del Reg. CE<br />

1974/06.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Pagina 27 di 33<br />

Secondo questo indicatore, un pascolo si può considerare estensivo quando il carico zootecnico<br />

espresso in Unità Bovino Adulto (UBA) per ettaro di superficie foraggiera (erbai + pascolo + prato<br />

permanente) è inferiore al valore soglia di 1 UBA/ha.<br />

Per quanto concerne gli ambienti aperti destinati alle coltivazioni è opportuno limitare l'utilizzazione<br />

di pesticidi, concimi chimici e il ricorso a pratiche agricole intensive. Infatti, l'uso eccessivo di<br />

prodotti chimici e l'intensificazione delle pratiche agricole hanno contribuito al declino massiccio di<br />

varie componenti della biodiversità di ambienti rurali (per gli uccelli, vedi per esempio O'Connor e<br />

Shrubb 1986, Pain e Pienkowsky 2002, BirdLife International 2004).<br />

In accordo con le misure di conservazione indicate nel DM 17/10/2007, nelle ZPS è vietato “lo<br />

svolgimento di attività di circolazione fuori dalle strade, fatta eccezione per i mezzi agricoli e<br />

forestali, per i mezzi di soccorso, controllo e sorveglianza, nonché ai fini dell’accesso al fondo e<br />

all’azienda da parte degli aventi diritto, in qualità di proprietari, lavoratori e gestori”. Questo divieto<br />

dovrebbe essere applicato anche nella ZPS <strong>Matese</strong> e, in generale, nel Parco. Per esempio, nella conca<br />

montana in località “il Campo” sopra Cusano Mutri è stata osservata una concentrazione di moto da<br />

cross e di altri mezzi a due ruote, che scorazzavano anche nelle zone prative. Segni sul terreno,<br />

indicavano che non si trattasse di un evento occasionale.<br />

Come più volte ripetuto, i pascoli, i prati e gli ambienti aperti hanno un ruolo prioritario per la<br />

conservazione della biodiversità. Se le autorità locali, quindi, decidessero di consentire questo tipo di<br />

fruizione del proprio territorio, dovrebbe essere individuata un’area di minor pregio al di fuori del<br />

Parco, in cui sia consentito il motocross e simili attività ricreative.<br />

Esigenze di miglioramento/riqualificazione ambientale<br />

Gli ambienti forestali maturi, rispetto a quelli in stadi più giovanili o gestiti a ceduo, favoriscono una<br />

comunità ornitica più ricca e diversificata. Inoltre specie d’interesse comunitario, come il Biancone e<br />

il Falco pecchiaiolo, spesso preferiscono collocare il nido su alberi di mole notevole.<br />

Nel Parco la quasi totalità dei boschi hanno subito drastiche alterazioni, che hanno portato a una loro<br />

semplificazione strutturale. Così il mantenimento delle formazioni forestali più mature e la<br />

riconversione ad alto fusto di boschi più giovani appare prioritaria per la conservazione della<br />

diversità ornitica forestale e di alcuni degli elementi ornitici di maggior rilievo.<br />

L’insieme di queste azioni, potrebbe favorire la colonizzazione del Parco da parte di specie<br />

d’interesse comunitario come il Picchio rosso mezzano Dendrocopos medius, il Picchio dorsobianco<br />

Dendrocopos leucotos e la Balia dal collare.<br />

Il mantenimento delle piante morte o deperenti, includendo anche quelle cadute al suolo, è un'azione<br />

di gestione forestale che risulta fondamentale in un'area boschiva per l'insediamento dei picchi (che<br />

utilizzano queste piante per nidificare, alimentarsi e produrre i tambureggiamenti territoriali) e di<br />

altre specie che nidificano in cavità (upupa, balie, codirossi, cince, ecc.).<br />

In generale, dovranno essere evitati gli interventi che portano alla semplificazione strutturale e<br />

compositiva dei boschi (che, come noto da tempo - Mac Arthur e Mac Arthur, 1961; Roth, 1976;<br />

Hino, 1985 - sfavorisce la diversità delle comunità ornitiche) e dovranno essere attuati interventi che<br />

favoriscono l'alternanza di diversi tipi di bosco (ceduo, ceduo sotto fustaia, fustaia disetanea).<br />

Come riferito nei paragrafi precedenti, gli ambienti aperti dovrebbero essere preservati dalla<br />

ricrescita del bosco. Poiché quest'ultima viene preceduta, nell’usuale successione ecologica,<br />

dall'occupazione di un'area prativa da parte di cespugli, arbusti e giovani alberi, spesso vengono<br />

promosse azioni di decespugliamento degli ambienti aperti per frenarne la chiusura e favorire la<br />

biodiversità ospite di tali ambienti. Per esempio nel PSR regionale, l’azione c della Misura 2.5<br />

Sostegno agli investimenti non produttivi prevede il finanziamento per recupero e manutenzione dei<br />

pascoli pedemontani (recinzioni, decespugliamento). Comunque, queste indicazioni devono essere<br />

recepite adattandole alle diverse situazioni. Così, in zone prative in cui sono assenti o sono presenti<br />

pochissimi cespugli, la crescita di qualche cespuglio isolato non dovrebbe essere vista come un<br />

elemento negativo, ma come un arricchimento ambientale.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Pagina 28 di 33<br />

Infatti, i cespugli sono utilizzati da specie quali l'Averla piccola, la Tottavilla, lo Zigolo muciatto<br />

Emberiza cia per collocare il nido o come posatoio.<br />

Per quanto riguarda le zone umide del Parco, un ampliamento della superficie del canneto del Lago<br />

<strong>Matese</strong> può favorire la presenza di specie sensibili alla superficie di tale habitat: in primis, il<br />

Tarabuso (Botaurus stellaris), ma anche il Tarabusino (Pezzo e Benocci, 2001), la Moretta tabaccata,<br />

il Falco di palude (Circus aeruginosus, Quaglierini, 2003: almeno 10 ha). Sotto questo aspetto, è<br />

stato sottolineato il ruolo di specie “indicatrici” di Tarabusino e Tarabuso per la loro specializzazione<br />

e sensibilità al parametro area (Bartolini, 2004). L’aumento in superficie del canneto e la riduzione<br />

dei disturbi in senso lato potrebbe portare il Tarabuso, l’Airone rosso (Ardea purpurea) e il Falco di<br />

palude, a nidificare nell’area, come osservato per il Tarabuso e il Falco di palude al Lago di<br />

Montepulciano (Siena; Gariboldi et al., 2000). Questo intervento potrebbe essere particolarmente<br />

appropriato per quest’ultima specie, di cui sono noti episodi di estivazione al lago <strong>Matese</strong>. Interventi<br />

sul canneto, rientrano fra quelli previsti da Fasola et al., (2003) per Tarabuso e Tarabusino.<br />

Le osservazioni passate e quelle raccolte durante la presente indagine indicano che le presenze di<br />

uccelli acquatici sono inferiori, sia come numero di specie che di individui, nel Lago Gallo rispetto al<br />

Lago <strong>Matese</strong>. Nel primo di questi due invasi sarebbe opportuno favorire la naturalizzazione delle<br />

sponde oltre a mantenere ed ampliare gli elementi naturali già presenti. Un intervento appropriato<br />

potrebbe essere la predisposizione di zone di acqua bassa (15-25 cm) o di argini e rive a ridotta<br />

pendenza (


Ornitiche<br />

Pagina 29 di 33<br />

Le attuali conoscenze sulla distribuzione di specie prettamente forestali nel Parco, non evidenzia aree<br />

in cui la concentrazione di quelle d’interesse conservazionistico è particolarmente elevata.<br />

Comunque, considerando le aree critiche per specie non esclusivamente forestali, ma per le quali gli<br />

ambienti boschivi hanno un ruolo chiave (es.: Biancone, Falco pecchiaiolo), si potrebbero<br />

individuare due core areas: una formata dalla fascia forestale compresa tra i rilievi sopra il Lago<br />

<strong>Matese</strong> e il M. Mutria, e una nei rilievi sudoccidentali (Cfr. paragrafi precedenti).<br />

Quale che sia il criterio d’individuazione delle core areas, da queste dovrebbe partire la<br />

riconversione ad alto fusto e il mantenimento di una struttura più complessa dei vari strati<br />

vegetazionali, suggerita nei capitoli precedenti per le formazioni forestali.<br />

Superando i confini del Parco e ragionando a una scala più ampia, è possibile che per varie specie<br />

forestali più esigenti (es.: Picchio dorsobianco, Picchio rosso mezzano, Balia dal collare) il Parco del<br />

<strong>Matese</strong> non sia complessivamente una core area, ma piuttosto un’area che potrebbe essere raggiunta<br />

da individui in dispersione da altre aree appenniniche. Anche in questo caso, i cambiamenti forestali<br />

proposti sarebbero prioritari per favorirne l’insediamento.<br />

Esigenze di valorizzazione<br />

Recentemente sono stati pubblicati, o sono in corso di pubblicazione, lavori in cui sono riportate<br />

numerose informazioni che delineano il quadro delle conoscenze sull’avifauna del Parco (Cavaliere e<br />

Fraissinet 2005, Fraissinet et al. 2006, Guglielmi e Leardi 2007, Fraissinet e Cavaliere 2007a;<br />

Fraissinet et al., in stampa). I risultati esposti in questi lavori indicano che parecchi approfondimenti<br />

sono ancora necessari, tra cui l’accertamento della nidificazione di alcune specie d’interesse<br />

comunitario. Oltre al Lanario, il cui status nel Parco potrebbe essere investigato nell’ambito del<br />

monitoraggio dei rapaci nidificanti proposto in un precedente capitolo e descritto in una scheda, uno<br />

studio dovrebbe essere condotto per appurare l’eventuale presenza di altre tre specie rare in Italia,<br />

che potenzialmente potrebbero nidificare in qualche recondito sito dell’area protetta: il Picchio rosso<br />

mezzano, il Picchio dorsobianco e la Balia dal collare. Per i due picchi, esistono segnalazioni passate<br />

per l’area (Scebba 1993, Milone 1999), ma senza alcun dettaglio sulla località e data.<br />

L’apparente assenza nel Parco della Balia dal collare potrebbe essere dovuta alla mancanza di ampie<br />

faggete mature. Comunque, non sono mai state condotte indagini specifiche sulla specie. Infine,<br />

sarebbe necessario investigare la selezione di habitat operata dall’Averla cenerina nelle aree vicino al<br />

Parco, per capire se ci sono le condizioni per la sua nidificazione nell’area protetta.<br />

Tuttavia, a dispetto della necessità di alcuni approfondimenti, le informazioni attualmente disponibili<br />

evidenziano l’importanza dell’area protetta in virtù della sua ricca comunità di specie, tra cui<br />

numerose d’interesse comunitario e a priorità di conservazione.<br />

Queste informazioni, che attualmente sono disponibili solo per gli addetti ai lavori, dovrebbero<br />

essere diffuse anche tra la popolazione locale e tra i visitatori dell’area protetta, attraverso la<br />

pubblicazione di materiale divulgativo e la realizzazione di pannelli illustrativi in cui siano mostrate,<br />

per esempio, le specie più comuni nei diversi ambienti del Parco. L’apprezzamento del valore<br />

naturalistico del Parco e della conseguente necessità di una sua protezione, può essere un primo<br />

passo per un’accettazione dell’area protetta da parte dei locali, che in certi casi vivono il Parco solo<br />

come una costrizione. Una mostra itinerante tra i paesi del comprensorio, potrebbe essere un<br />

ulteriore modo di diffondere le conoscenze sul valore del Parco.<br />

Per i non residenti nei comuni del Parco il metodo migliore di diffusione delle suddette conoscenze è<br />

quello del loro inserimento sul sito web dell’area protetta, per il cui miglioramento devono essere<br />

investite risorse, al fine di rendere più accattivanti le ricchezze naturali del territorio per i potenziali<br />

visitatori.<br />

A favore di chi vuole scoprire queste ricchezze, e in generale per gli amanti delle escursioni,<br />

dovrebbero essere disponibili in rete tutti i possibili itinerari da compiere a piedi. A ciò dovrebbe<br />

corrispondere, lungo il percorso un’adeguata segnaletica in legno che distribuita in maniera capillare<br />

sul territorio indichi i tragitti e i tempi di percorrenza medi per le diverse mete.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

AA.VV. 2001. I Parchi e le riserve naturali terrestri della Campania. Regione Campania, Assessorato alle<br />

politiche territoriali e Ambiente, Parchi, Riserve naturali, Tutela Beni Paesistico-Ambientali, Ciclo Integrato<br />

delle Acque, Difesa del Suolo. Settore Ecologia. Società Editrice Imago Media S.r.l., Piedimonte <strong>Matese</strong><br />

(CE).<br />

AA.VV. 2005. I rapaci del <strong>Matese</strong>. Gestione e Conservazione" Campochiaro (CB) 9 aprile 2005. Provincia di<br />

Campobasso - WWF Molise.<br />

Allavena S., Andreotti A., Angelini J., Scotti M. (Eds.) 2006. Atti del Convegno ‘Status e conservazione del<br />

Nibbio reale Milvus milvus e del Nibbio bruno Milvus migrans in Italia e in Europa meridionale. Pp 30-35.<br />

Argenio A., Guglielmi R. e Fraissinet M., 2005a. Progetti di conservazione dell’aquila reale Aquila chrysaetos<br />

nel Parco regionale del <strong>Matese</strong>. In: De Filippo G. e Fulgione D. (a cura di) - Gestione della fauna selvatica e<br />

conservazione della biodiversità. Esperienze: 160-162.<br />

Argenio A., Guglielmi R. e Fraissinet M., 2005b. Azioni di conservazione dell’Aquila reale Aquila chrysaetos<br />

nel Parco regionale del <strong>Matese</strong> (Campania): Avocetta, 29: 100.<br />

Baccetti N., Dall’Antonia P., Magagnali P., Melega L., Serra L., Soldatini C. & Zenatello M., 2002. Risultati<br />

dei censimenti degli uccelli acquatici svernanti in Italia: distribuzione, stima e trend delle popolazioni nel<br />

1991-2000. Biol. Cons. Fauna, 111: 1-240.<br />

Bartolini A., 2004. Aironi e specie affini. Identificazione, status e conservazione dei Ciconiformi del Padule<br />

di Fucecchio. Quaderni del Padule di Fucecchio n.3. Centro di Ricerca, Documentazione e Promozione del<br />

Padule di Fucecchio.<br />

Brichetti P, Fracasso G. 2003. Ornitologia Italiana. Vol. I - Gavidae-Falconidae. Alberto Perdisa Editore,<br />

Bologna.<br />

Brichetti P, Fracasso G. 2004. Ornitologia Italiana. Vol. II - Tetraonidae-Scolopacidae. Alberto Perdisa<br />

Editore, Bologna.<br />

Brichetti P, Fracasso G. 2006. Ornitologia Italiana. Vol. III - Stercorariidae-Caprimulgidae. Alberto Perdisa<br />

Editore, Bologna.<br />

Brichetti P, Fracasso G. 2007. Ornitologia Italiana. Vol. IV - Apodidae-Prunellidae. Oasi Alberto Perdisa<br />

Editore, Bologna.<br />

Brunner A., Celada C., Rossi P. e Gustin M. (a cura di) 2002. Sviluppo di un sistema nazionale delle ZPS<br />

sulla base della rete delle IBA (Important Bird Areas). LIPU-BirdLife Italia. Relazione finale. Progetto<br />

commissionato dal Ministero dell’Ambiente, Servizio Conservazione della <strong>Natura</strong>.<br />

Cavaliere V, Argenio A, Esse E 2004. Indagine sul ruolo ecologico del canneto di Lago <strong>Matese</strong> nella fase<br />

premigratoria della Rondine Hirundo rustica e di altre specie di migratori transahariani. Associazione Studi<br />

Ornitologici Italia Meridionale.<br />

Cavaliere V, Fraissinet M 2005. Monitoraggio delle popolazioni di anatidi svernanti nella provincia di<br />

Caserta. In: De Filippo G. e Fulgione D. (a cura di) Gestione della fauna selvatica e conservazione della<br />

biodiversità. Esperienze: 197-200.<br />

Cavaliere V, Fraissinet M, Mastronardi D, Guglielmi S, Piano L, Campolongo C, Esse E, De Rosa D 2007.<br />

Selezione dell’habitat e impatto antropico sulla distribuzione della quaglia Coturnix coturnix in un’area<br />

dell’Appennino campano. Riassunti dei contributi al XIV Convegno italiano di Ornitologia: 8.<br />

Ceccolini G. e Nardi R. 2003. In Annuario 2003 (red. L. Ruggieri). Edizioni EBN Italia.<br />

Pagina 30 di 33<br />

De Filippo G. 1981. Uccelli nidficanti ed estivanti sui Monti Lattari occidentali. Gli Uccelli d’Italia 6: 79-83.<br />

De Filippo G., Caputo V., Kalby M. 1985. Le comunità di uccelli in una fustaia di faggio sui Monti Alburni<br />

(Sud Italia). Boll. Soc. <strong>Natura</strong>listi Napoli 94: 221-227.<br />

De Filippo G. e Kalby M. 1985. Modificazioni nella struttura di una comunità di uccelli in seguito allo<br />

sfruttamento silvoculturale di una fustaia di faggio. In: Fasola M. (red.). Atti III conv Ital. Ornt., Pavia:198-<br />

200.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Fasola M., Villa M., Canova L., 2003. Le zone umide. Colonie di aironi e biodiversità nella pianura lombarda.<br />

Regione Lombardia e Provincia di Pavia.<br />

Fraissinet M, Abete G, Argenio A, Balestrieri R, Campolongo C, Cavaliere V, De Lisio L, De Rosa D, Esse<br />

E, Giannotti M, Guglielmi R, Janni O, Mastronardi D, Piciocchi S, Vita F 2006. I rapaci diurni del Parco<br />

regionale del <strong>Matese</strong>. Alula 13: 139-147.<br />

Fraissinet M., Cavaliere V., 2007a. Censimento degli anatidi svernanti in Provincia di Caserta. Convegno<br />

dell’Ambito Territoriale di Caccia di Caserta, 2007, “60.000 chilometri, un percorso di cinque anni”: 70-77.<br />

Fraissinet M., Cavaliere V., 2007b. Lo svernamento degli Anatidi in Campania nel biennio 2005/2006 e<br />

2006/2007. Riassunti dei contributi al XIV Convegno italiano di Ornitologia: 49.<br />

Fraissinet M., Cavaliere V., Conti P., Milone M., Moschetti G., Piciocchi S. e Scebba S., 2001. Check-list<br />

degli uccelli della Campania. Riv. ital. Orn. 71: 9-25.<br />

Fraissinet M., Cavaliere V., Janni O, Mancuso C 2007. Check-list degli uccelli della Campania, aggiornata al<br />

31 gennaio 2007. Riv. ital. Orn. 77: 3-16.<br />

Fraissinet M., Cavaliere V., Sensale M. e Guglielmi S., 2007. Progetto per lo studio “Fenologia della<br />

migrazione ed andamento delle popolazioni della Quaglia Coturnix coturnix in Provincia di Caserta”.<br />

Relazione finale. Convegno dell’Ambito Territoriale di Caccia di Caserta, 2007, “60.000 chilometri, un<br />

percorso di cinque anni”: 57-69.<br />

Fraissinet M. e Kalby M., 1989. Atlante degli uccelli nidificanti in Campania (1983-1987). Monografia n.1<br />

dell’ASOIM Regione Campania ed., Napoli.<br />

Fraissinet M., Mancuso C, Argenio A, Balestrieri R, Cavaliere V., Janni O, Vita F 2007. Monitoraggio dello<br />

Svasso maggiore Podiceps cristatus, nidificante e svernante in Campania (Italia meridionale). Riv. ital. Orn.<br />

77: 17-25.<br />

Fraissinet M, Mastronardi D, Piciocchi S 2006. Status del Nibbio reale e del Nibbio bruno in Campania. In:<br />

Allavena S, Andreotti A, Angelini J, Scotti M (Eds.). Atti del Convegno “Status e conservazione del Nibbio<br />

reale Milvus milvus e del Nibbio bruno Milvus migrans in Italia e in Europa meridionale”. Pp 30-35.<br />

Gariboldi A, Rizzi V, Casale F 2000. Aree importanti per l’avifauna in Italia. LIPU, p. 528, Parma.<br />

Genghini M. 1994. Miglioramenti ambientali a fini faunistici. INFS, Documenti Tecnici, 16.<br />

Gregory R D., van Strien A., Vorisek P, Gmelig Meyling A. W., Noble D. G., Foppen R. P. B., Gibbons D.W.<br />

2005. Developing indicators for European birds. Phil. Trans. R. Soc. B 360, 269-288.<br />

Grimmet R. F. A. e Jones T. A. 1989. Important Bird Areas in Europe. International Council for Bird<br />

Preservation, Cambridge.<br />

Guglielmi R, Leardi A 2006. Il Nibbio bruno e il Nibbio reale nel Parco Regionale del <strong>Matese</strong> in Campania.<br />

In: Allavena S, Andreotti A, Angelini J, Scotti M (Eds.). Atti del Convegno ‘Status e conservazione del<br />

Nibbio reale Milvus milvus e del Nibbio bruno Milvus migrans in Italia e in Europa meridionale, pp. 13-14.<br />

Guglielmi R, Leardi A 2007. Consistenza e densità delle popolazioni di Accipitriformes e Falconiformes<br />

presenti in periodo riproduttivo nel Parco regionale del <strong>Matese</strong> (Campania). Picus 33: 119-124.<br />

Guglielmi R, Mancuso C, Gatto S, Quarello G, Argenio A, Leardi A, Garofano F, Ghiurmino G 2007. Nuovi<br />

dati sullo status dell’Aquila reale Aquila chrysaetos in Campania aggiornati al 2007. Riassunti dei contributi<br />

al XIV Convegno italiano di Ornitologia: 95.<br />

Gustin M., Lombatti B., Lambertini M. (a cura di) 1994. Where to watch birds in Italy. Cristopher Helm<br />

Edictions.<br />

Gustin M. e Sorace A. 2004. Conero Promontory in central Italy, an important spring bridge for eastern<br />

migrant raptors. British Birds 97: 403-406.<br />

Hino T., 1985. Relationships between bird communities and habitat structure in shelterbelts of Hokkaido,<br />

Japan. Oecologia 65: 442-448.<br />

Jarvinen O. & Vaisanen R.A., 1975. Estimating relative densities of breeding birds by the line transect<br />

method. Oikos, 26: 316-322.<br />

Jarvinen O. & Vaisanen R.A., 1976. Finnish Line Transect Censuses. Ornis Fennica, 53:<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

Pagina 31 di 33<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Kalby M, Fraissinet M, Di Carlo EA 1986. Lo Svasso maggiore, Podiceps cristatus, nell’Italia meridionale.<br />

Riv. ital. Orn. 56: 213-224.<br />

Lambertini M, Gustin M, Faralli U, Tallone G (a cura di) 1989. IBA – Italia. Aree di importanza europea per<br />

gli uccelli selvatici in Italia. LIPU, pp. 264.<br />

Lloyd M., Ghelardi R.J., 1964: A table for calculating the “Equitability” component of species diversity.<br />

Journal of Animal Ecology, 33: 217-225.<br />

Mac Arthur R.H., Mac Arthur J.W., 1961. On bird species diversity - Ecology, 42: 594-598.<br />

Magrini M., Perna P., Scotti M. (eds), 2004. Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell’Italia peninsulare - Stato<br />

delle conoscenze e problemi di conservazione. Atti del Concegno, Serra San Quirico (Ancona), 26-28 marzo<br />

2004. Parco Regionale Gola Rossa e di Frasassi, pp. 160.<br />

Meschini E, Frugis S. (eds.) 1993. Atlante degli uccelli nidificanti in Italia. Suppl. Ric. Biol. Selvaggina XX:<br />

140.<br />

Milne J. A. e Osoro K. 1997. The role of livestock in habitat management. In: Laker J. P. e Milne J. A. (eds)<br />

Livestrock Systems in European Rural Development Proceeding of the 1st Conference of the LSIRD network<br />

(Nafplio, Greece). Macaulay Land Use Research Institute; Aberdeen pp 75-80.<br />

Milone M 1999. Atlante degli svernanti in Campania. Monografia n. 6 dell’ASOIM, Napoli.<br />

O'Connor R.J. e Shrubb M. 1986. Farming and birds. Cambridge University Press, Cambridge. pp. 290.<br />

Pain D.J. e Pienkowsky M. (eds.) 2002. Farming and birds in Europe: the Common Agricultural Policy and its<br />

implications for bird conservation. Academic Press, London.<br />

Pezzo F., Benocci A., 2001. Spatial behaviour of the Little Bittern Ixobrychus minutus, implications for<br />

conservation. Avocetta, 25: 78.<br />

Piciocchi S. e Mastronardi D. 2005. Distribuzione degli uccelli rapaci nidificanti in Campania. Avocetta 29:<br />

198.<br />

Piciocchi S, Mastronardi D, De Filippo G 2007. Stato delle conoscenze su Aquila reale Aquila chrysaetos,<br />

Lanario Falco biarmicus e Pellegrino Falco peregrinus in Campania. In: Magrini M, Perna P, Scotti M (eds),<br />

Aquila reale, Lanario e Pellegrino nell’Italia peninsulare – Stato delle conoscenze e problemi di<br />

conservazione. Atti del Convegno, Serra San Quirico (Ancona), 26-28 marzo 2004. Parco Regionale Gola<br />

Rossa e di Frasassi, pp. 160.<br />

Pielou E.C., 1966. The measurement of diversity in different types of biological collections. J.Theor. Biol. 13:<br />

131-144.<br />

Quaglierini A., 2003. Censimento, densità e preferenze ambientali del Falco di palude Circus aeruginosus<br />

nidificante in alcune zone umide costiere della Toscana. Avocetta, Atti 1° Convegno Italiano Rapaci diurni e<br />

notturni, 27: 93.<br />

Rocco M., 1991. Conferma della nidificazione dell’Aquila reale, Aquila chrysaetos, in Campania. Riv. Ital.<br />

Orn., 61(1-2): 79-80.<br />

Rocco M. e Vitolo in Mancuso C, Balestrieri R, Cavaliere V, Janni O 2005. Osservazioni di Aquila minore<br />

Hieraaetus pennatus in Campania. Uccelli d'Italia 30: 63-66.<br />

Roth R.R., 1976. Spatial heterogeneity and bird species diversity. Ecology 57: 773-782.<br />

Sauberer N., Zulka K.P., Abensperg-Traun M., Berg H.-M., Bieringer G., Milasowsky N., Moser D., Plutzar<br />

C., Pollheimer M., Storch C., Troestl R., Zechmeister H. & Grabherr G., 2004. Surrogate taxa for biodiversity<br />

in agricultural landscapes of eastern Austria. Biological Conservation, 117: 181-190.<br />

Scebba S., 1993. Gli uccelli della Campania. Esselibri ed., Napoli.<br />

Pagina 32 di 33<br />

Shannon C.E., Weaver W., 1963. Mathematical theory of communication. University of Illinois Press,<br />

Urbana, Illinois.<br />

Sorace A., Formichetti P., Boano A., Andreani P., Gramegna C., Mancini L. 2002 The presence of a river<br />

bird, the Dipper, in relation to water quality and biotic indices in Central Italy. Environmental Pollution 118:<br />

89-96.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009


Ornitiche<br />

Tscharntke T. e Greiler H. J. 1995. Insect communities, grasses, and grassland. Annual Review of<br />

Entomology 40: 535-558.<br />

Tellini Florenzano G. 1999. Gli uccelli delle foreste casentinesi. Edizioni Regione Toscana, Firenze.<br />

Turcek F.J. 1956. Zur Fraghe der Dominanze in Vogelpopulationen Waldhygiene 8: 249-257.<br />

Pagina 33 di 33<br />

Vickery J. A., Tallowin J. R. B., Feber R. E., Asteraki E. J., Atkinson P. W., Fuller R. J., Brown V. K. 2001.<br />

The management of lowland neutral grasslands in Britain: effects of agricultural practices on birds and their<br />

food resources. Journal of Applied Ecology 38: 647-664.<br />

SPEC (Species of Conservation Concern); BirdLife International 2004:<br />

SPEC 1: Specie presenti in Europa classificate come a priorità di conservazione globale, cioè classificate come CE, E, VU, NT, or DD secondo i<br />

criteri IUCN Red List a livello globale;<br />

SPEC 2: Specie le cui popolazioni globali sono concentrate in Europa e che hanno uno Status di conservazione sfavorevolein Europa;<br />

SPEC 3: Specie le cui popolazioni globali non sono concentrate in Europa ma che hanno uno Status di conservazione sfavorevole in Europa;<br />

Non-SPECE: Specie le cui popolazioni globali sono concentrate in Europa ma che hanno uno Status di conservazione favorevole in Europa.<br />

Non-SPEC: Specie le cui popolazioni globali non sono concentrate in Europa e che hanno uno Status di conservazione favorevole in Europa.<br />

file://E:\work\<strong>Matese</strong><strong>Natura</strong>\sito\contents\ornitiche.htm<br />

15/03/2009

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!