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Molecole d'acqua - Hera Ragazzi

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Manuale didattico dedicato alle<br />

Scuole Elementari e Medie Inferiori<br />

<strong>Molecole</strong><br />

d’Acqua


Viaggio alla scoperta<br />

delle risorse<br />

L’acqua, i gas, le materie prime, le materie seconde, i loro cicli, la loro chimica, loro rapporti<br />

con l’uomo e la società, sono i temi affrontati dall’edizione di MATERIALITA’ del triennio<br />

1999-2002. Queste “risorse” sono analizzate attraverso esperienze sia pratiche sia<br />

teoriche oltre ad essere l’argomento di manuali didattici che, anno dopo anno, saranno a disposizione<br />

dei docenti delle scuole elementari, medie inferiori e superiori per affrontare questi<br />

importantissimi temi.<br />

“<strong>Molecole</strong> d’acqua”, la prima pubblicazione della collana di tre, affronta i temi collegati alla<br />

risorsa acqua. Questa molecola, la cui quantità è stimata in 1.400 milioni di miliardi di<br />

tonnellate, è distribuita sul globo terrestre a partire dagli oceani, dove è la componente<br />

principale, fino ad essere parte integrante della struttura dei più piccoli organismi viventi,<br />

quindi fondamentali per il proseguimento della vita sulla terra. Tutte queste molecole sono<br />

costantemente in movimento seguendo un ciclo, denominato “ciclo dell’acqua”, che ancora<br />

oggi l’uomo cerca di regolare e controllare per i propri fabbisogni, ma con scarsissimi<br />

risultati. Questi argomenti e altri, sono affrontati nelle pagine seguenti con l’obiettivo di<br />

fornire un concreto aiuto ai docenti per la programmazione scolastica delle attività<br />

didattiche educative.<br />

Premessa


Indice<br />

L’elemento acqua<br />

Pag. 3<br />

La molecola dell’acqua e la sua struttura Pag. 3<br />

Le proprietà dell’acqua<br />

Pag. 3<br />

La tensione superficiale<br />

Pag. 4<br />

La capillarità<br />

Pag. 4<br />

Il calore specifico e la capacità termica<br />

Pag. 4<br />

L’aumento di volume<br />

Pag. 5<br />

La solubilità<br />

Pag. 5<br />

Le caratteristiche chimiche dell’acqua<br />

L’acqua in natura<br />

Pag. 6<br />

Pag. 7<br />

La distribuzione delle acque<br />

Pag. 7<br />

Il ciclo dell’acqua<br />

Pag. 7<br />

Le precipitazioni<br />

Pag. 8<br />

L’evaporazione e la traspirazione<br />

Pag. 8<br />

L’infiltrazione<br />

Pag. 8<br />

Il deflusso superficiale<br />

Pag. 9<br />

Gli ambienti d’acqua<br />

Pag. 9<br />

Il Mare Adriatico<br />

Pag. 9<br />

Le zone umide<br />

Pag. 11<br />

I corsi d’acqua<br />

Pag. 14<br />

I laghi<br />

Pag. 20<br />

Gli ambienti carsici<br />

Pag. 22<br />

Le acque termali<br />

Pag. 23<br />

Le falde acquifere<br />

L’acqua nella società<br />

Pag. 23<br />

Pag. 24<br />

Non sempre “chiare, fresche e dolci acque” Pag. 24<br />

L’Acquedotto di Romagna<br />

Pag. 27<br />

L’impianto di potabilizzazione di Capaccio e la rete idrica Pag. 27<br />

L’Acquedotto di Romagna e le esigenze di Ravenna: il N.I.P. Pag. 27<br />

La rete acquedottistica odierna<br />

Pag. 28<br />

Il nuovo impianto di potabilizzazione di Ravenna Pag. 29<br />

L’alimentazione<br />

Pag. 29<br />

I trattamenti delle acque<br />

Pag. 29<br />

La qualità delle acque immesse in rete<br />

Pag. 30<br />

L’inquinamento delle acque<br />

Pag. 32<br />

Gli inquinanti e i loro effetti<br />

Pag. 32<br />

Le normative<br />

Pag. 33<br />

I liquami domestici<br />

Pag. 33<br />

Il depuratore di Ravenna città<br />

Pag. 33<br />

La Carta Europea dell’Acqua<br />

Proposte didattiche<br />

Pag. 39<br />

Pag. 40<br />

La tensione superficiale<br />

Pag. 40<br />

La capillarità<br />

Pag. 40<br />

Il calore specifico<br />

Pag. 41<br />

Le soluzioni<br />

Pag. 41<br />

Le caratteristiche chimiche dell’acqua<br />

Pag. 42<br />

L’acqua va... in giù, in sù, a livello<br />

Pag. 43<br />

Il galleggiamento<br />

Pag. 44<br />

I passaggi di stato<br />

Pag. 45<br />

Il ciclo dell’acqua<br />

Pag. 46<br />

Gli ambienti d’acqua<br />

Pag. 47<br />

L’acqua e la città<br />

Pag. 52<br />

Bibliografia<br />

Pag. 54


➤<br />

➤<br />

L’acqua è il composto chimico più abbondante della crosta terrestre e nella materia<br />

vivente, l’unico composto che esiste libero in natura, l’unico che in natura si trova sia allo<br />

stato solido, liquido e di vapore. L’acqua ha una forma semplicissima, H 2O, ma ha delle<br />

proprietà eccezionali. E’ una sostanza composta, la cui molecola è formata da due atomi<br />

di idrogeno e uno di ossigeno. Sono proprio questi atomi a rendere la molecola speciale dal<br />

punto di vista chimico. Analizziamo la sua struttura. Ogni atomo di idrogeno è unito<br />

all’ossigeno da un legame covalente. Ogni legame è molto forte e coinvolge due elettroni,<br />

uno dell’idrogeno e uno dell’ossigeno, che vengono ‘messi in comune’ tra gli atomi.<br />

La molecola d’acqua è complessivamente neutra, cioè dotata di un eguale numero di<br />

cariche positive e negative, tuttavia è una molecola polare. A causa della forte attrazione<br />

dell’ossigeno per gli elettroni, infatti, questi tendono a restare più tempo intorno al suo<br />

nucleo piuttosto che intorno a quelli dell’idrogeno. Come conseguenza di questo si realizzano<br />

nella molecola due regioni a carica debolmente positiva in prossimità dei nuclei<br />

dell’idrogeno, e due a carica debolmente negativa in prossimità dell’ossigeno, determinando<br />

in tal modo la polarità della molecola. Quando una regione dotata di<br />

carica si avvicina ad una con carica opposta di una diversa molecola<br />

d’acqua, la forza di attrazione determina un legame tra molecole, detto<br />

legame idrogeno. Ogni molecola d’acqua ne può formare sino a<br />

quattro contemporaneamente. Questo legame è molto più<br />

debole di un legame covalente o di un legame ionico ed ha<br />

una vita estremamente breve (un legame a idrogeno in<br />

acqua allo stato liquido dura circa 10 -11 secondi),<br />

ma, in condizioni normali di temperatura e<br />

pressione, questi legami si formano e si spezzano in continuazione,<br />

riuscendo a sviluppare complessivamente una<br />

forza di attrazione considerevole tra le molecole .<br />

Legami Idrogeno<br />

La presenza dei legami idrogeno conferiscono all’acqua le proprietà che hanno reso<br />

possibile la vita sulla Terra, facendo di questa molecola una componente essenziale degli<br />

organismi viventi e una protagonista dei cicli e dei fenomeni naturali che determinano le<br />

modificazioni dei nostri paesaggi.<br />

Le proprietà più significative sono le seguenti:<br />

1. un’elevata tensione superficiale, da cui deriva la capacità dell’acqua di assumere la<br />

forma di goccia;<br />

2. l’azione capillare: ovvero la capacità dell’acqua di risalire lungo fessure sottilissime;<br />

3. elevato calore specifico ed elevata capacità termica: vale a dire che, per un dato apporto<br />

di calore, la temperatura dell’acqua aumenta molto più lentamente di qualsiasi altra<br />

sostanza, e viceversa diminuisce molto più lentamente quando si sottrae calore;<br />

4. l’aumento di volume al di sotto dei 4°C;<br />

5. una buona solubilità.<br />

Vediamo ora, uno per uno, quali sono i vantaggi che derivano da queste proprietà.<br />

L’elemento acqua 3<br />

Le molecole d’acqua<br />

e la sua struttura<br />

Molecola d’acqua<br />

Le proprietà<br />

dell’acqua


4<br />

L’elemento acqua<br />

La tensione superficiale<br />

Osserviamo l’acqua che sgocciola da un rubinetto chiuso male. Ogni goccia che si forma<br />

rimane attaccata al rubinetto per un istante, prima di cedere alla gravità e di cadere in<br />

forma di sfera, ben delimitata dalla superficie esterna che la racchiude.<br />

Le idrometre ed altri insetti si appoggiano sulla superficie di uno specchio<br />

d’acqua senza difficoltà, come se fosse solida; un ago galleggia se appoggiato<br />

delicatamente, nonostante il metallo abbia densità maggiore. Questi fenomeni, e<br />

tanti altri ancora, sono gli effetti della tensione superficiale causata dalla coesione tra le<br />

molecole d’acqua, determinata a sua volta dai legami a idrogeno. Solo il mercurio presenta<br />

una tensione superficiale più elevata ma con la differenza che questo non aderisce a<br />

nessuna altra sostanza a causa dell’attrazione elevatissima fra i suoi atomi. L’acqua invece<br />

è in grado di ‘bagnare’, cioè di ricoprire la superficie di altri corpi. Ne sono un esempio le<br />

gocce che rimangono su un vetro dopo una poggia, su di un bicchiere dopo averlo<br />

svuotato, sul nostro corpo dopo la doccia, ecc.<br />

La capillarità<br />

Procurandosi una vaschetta piena d’acqua, possibilmente colorata, e dei tubi trasparenti di<br />

diametro diverso, di cui uno inferiore ai 2mm (capillare) è possibile effettuare un’esperimento<br />

su questo fenomeno. Sistemate i tubi dentro la vaschetta e osservate cosa succede.<br />

In base al principio dei vasi comunicanti dovremmo aspettarci che l’acqua entri in tutti i<br />

tubi portandosi allo stesso livello che ha l’acqua nella vaschetta.<br />

Se osserviamo bene ciò avviene solo in alcuni tubi, infatti via via che i tubi si fanno più<br />

stretti il livello raggiunto è maggiore di quello della vaschetta,<br />

nel capillare poi, è decisamente più elevato.<br />

E’ merito della forza di adesione che si fa sentire maggiormente<br />

nel capillare dove la superficie di contatto è enorme rispetto<br />

alla quantità d’acqua che è presente nel tubo.<br />

Questa è l'azione capillare.<br />

Per lo stesso motivo l’acqua riesce a diffondere fra due<br />

lastrine asciutte di vetro accostate, o in un foglio di<br />

carta assorbente e in una spugna, oppure diffonde<br />

attraverso i micropori del terreno.<br />

Il calore specifico e la capacità termica<br />

L’acqua, tra tutti i liquidi naturali conosciuti, ha il più alto calore specifico: cioè assorbe<br />

molto calore nel riscaldarsi e nell’evaporare. Ciò si verifica perché i legami idrogeno<br />

tendono a limitare il movimento delle molecole, quindi, affinché l’energia cinetica delle<br />

molecole aumenti la temperatura dell’acqua, è necessario fornire il calore sufficiente per<br />

rompere i legami idrogeno oltre a quello per far aumentare l’agitazione delle molecole.<br />

La proprietà di sottrarre calore senza riscaldarsi molto, fa’ dell’acqua un ottimo accumulatore,<br />

con importanti conseguenze per la vita degli organismi e nelle applicazioni tecniche.<br />

L’acqua presente nel nostro corpo, ad esempio, assorbe e perde molto calore senza che la<br />

nostra temperatura vari; quando fa caldo poi, sudiamo con conseguente raffreddamento<br />

della nostra pelle. Gli organismi acquatici grazie a questa proprietà si trovano in un<br />

ambiente la cui temperatura è relativamente costante e questo è fondamentale se consideriamo<br />

che le reazioni chimiche biologicamente importanti hanno luogo soltanto entro<br />

limiti ristretti di temperatura. Inoltre tutti sono a conoscenza dell’azione mitigatrice delle<br />

masse d’acqua. La capacità termica dell’acqua è sfruttata anche dall’industria per il


affreddamento degli impianti, come nel caso delle automobili in cui l’acqua del radiatore<br />

serve per sottrarre calore al motore.<br />

L’aumento di volume<br />

Nell’acqua allo stato liquido le varie molecole sono legate le une alle altre in modo<br />

disordinato. Quando l’acqua gela (0°C) si forma una struttura cristallina in cui le molecole<br />

devono essere in punti ben definiti per formare una struttura regolare. In questo reticolo<br />

cristallino le molecole, che sviluppano ciascuna quattro legami idrogeno, a causa della<br />

distribuzione delle cariche si dispongono a una distanza maggiore rispetto a quando sono<br />

allo stato liquido. Si determina in questo modo un aumento di volume e una conseguente<br />

diminuzione di densità. Il ghiaccio quindi è meno denso dell’acqua liquida e galleggia su di<br />

essa con enorme beneficio per le forme viventi. Se così non fosse il ghiaccio dei<br />

laghi e dei mari che si forma nelle stagioni fredde andrebbe a fondo e non<br />

avrebbe più la possibilità di essere disciolto dal calore solare nelle stagioni<br />

calde, accumulandosi nel tempo fino a trasformare intere masse d’acqua in<br />

ghiaccio. Invece, lo strato di ghiaccio galleggiante che in realtà si forma,<br />

isola l’acqua sottostante mantenendone la temperatura poco al di sopra<br />

dello 0, proteggendo così gli organismi acquatici che ci vivono.<br />

La neve e il ghiaccio sono inoltre stabilizzatori della temperatura particolarmente<br />

nei periodi di transizione dell’autunno e della primavera. Quando l’acqua<br />

gela libera calore, moderando gli sbalzi di temperatura e permettendo agli Reticolo di ghiaccio<br />

organismi di adattarsi alle stagioni.<br />

La solubilità<br />

La polarità della molecola dell’acqua ne fa uno dei migliori solventi naturali<br />

e, considerando che nei sistemi viventi molte sostanze si trovano in<br />

soluzione, si può facilmente comprendere l’importanza di questa proprietà.<br />

Le sostanze che facilmente si disciolgono in acqua sono quelle ioniche, come<br />

il cloruro di sodio, oppure le molecole polari, cioè caratterizzate dalla<br />

presenza di zone a carica positiva e negativa, come gli zuccheri.<br />

Queste molecole, dette ‘idrofile’ (amanti dell’acqua) passano facilmente in<br />

soluzione perché le loro regioni di carica parziale attraggono le molecole d’acqua<br />

quanto o più di quanto si attraggano tra loro, determinando la mescolanza omogenea<br />

delle due sostanze. Le molecole che non presentano regioni polari, come i grassi, sono<br />

dette ‘idrofobiche’ (che temono l’acqua) e, poste in acqua, tendono ad ammassarsi tra<br />

loro. Ciò è determinato ancora una volta dai legami a idrogeno delle molecole d’acqua<br />

che agiscono come una forza che tende ad escludere le molecole idrofobiche.<br />

La velocità di soluzione dipende dall’estensione della superficie di contatto tra solvente e<br />

soluto, dal mescolamento e dalla temperatura. Il processo di soluzione avviene esclusivamente<br />

alla superficie esterna del solido e solo quando lo strato esterno è andato in soluzione<br />

comincia a sciogliersi lo strato immediatamente sottostante.<br />

Quindi più è grande la superficie del solido esposta, maggiore è la velocità del processo.<br />

Nelle immediate vicinanze del solido immerso nel solvente, la soluzione è quasi satura,<br />

agitando la soluzione allontaniamo dal solido le particelle già in soluzione e acceleriamo il<br />

processo. Il terzo fattore da considerare è la temperatura della soluzione; più è elevata,<br />

maggiore è l’energia cinetica delle particelle e di conseguenza la velocità del processo.<br />

Questo lo sperimentiamo tutti i giorni quando zuccheriamo il caffè; lo zucchero, infatti,<br />

si scoglie più facilmente nel caffè caldo che in quello freddo.<br />

L’elemento acqua 5<br />

Ioni di NaCL in<br />

soluzione


6<br />

L’elemento acqua<br />

Le caratteristiche<br />

chimiche dell’acqua<br />

ACIDITA’➔<br />

➤<br />

pH 2 4 6 8 10 12<br />

Nell’acqua liquida gli atomi di idrogeno presentano una debole tendenza a passare<br />

dall’atomo di ossigeno a cui sono legati attraverso il legame covalente, ad un altro ossigeno,<br />

legandosi mediante un legame idrogeno. Si producono così due ioni: l’idrogenione H3O +<br />

e l’ossidrilione OH- . In un dato volume d’acqua pura, quindi, un piccolo ma costante numero<br />

di molecole sono ionizzate in questo modo e il numero di ioni H3O + è ovviamente lo stesso<br />

degli ioni OH- , dal momento che nessuno dei due ioni può formarsi senza l’altro.<br />

Se però sciogliamo in acqua pura sostanze ioniche (NaOH, HCl) o molecole polari, variamo<br />

il numero relativo di questi ioni. Una soluzione si definisce acida quando gli idrogenioni<br />

superano gli ossidrioni e basica (o alcalina) se si verifica il contrario.<br />

Di conseguenza, un acido è una sostanza che provoca l’aumento relativo degli H3O + e una<br />

base è una sostanza che determina l’aumento degli OH- . L’acido citrico e acido acetico sono<br />

esempi di sostanze debolmente acide che conferiscono alle soluzioni come l’aceto o il<br />

succo di limone un sapore agro, mentre acidi forti, come l’acido solforico, presentano<br />

spiccate caratteristiche di corrosività, fino a bucare e persino sciogliere certi metalli.<br />

Le basi deboli, come il lievito per torte, hanno un sapore amaro e sono saponose; le basi<br />

forti, come la soda caustica, sono pericolose quanto gli acidi forti.<br />

Il grado di acidità di una soluzione si esprime mediante la scala del pH, se il pH è 7<br />

significa che idrogenioni e ossidrilioni sono presenti in egual numero e la soluzione è detta<br />

neutra, se il pH è inferiore a 7 la soluzione è acida e ogni valore superiore a 7 indica una<br />

soluzione basica. La differenza di una unità nella scala del pH corrisponde a una differenza<br />

di 10 volte nella concentrazione di ioni H3O + .<br />

Le soluzioni naturali presentano pH compreso tra 6 e 8,5, valori minori di 4<br />

e maggiori di 9 impediscono la vita di gran parte degli organismi viventi.<br />

Un pH acido causa inoltre danni agli scafi, alle banchine oppure compromette<br />

i raccolti per l’eccessiva solubilizzazione di Fe, Al, e Mg.<br />

Il valore del pH influenza a sua volta il residuo fisso, cioè la quantità di<br />

sostanze disciolte che si possono recuperare da una soluzione, in particolare<br />

per quanto riguarda carbonato di calcio, anidride carbonica e acido<br />

carbonico. Possiamo distinguere un residuo a 103°C, (all’evaporazione) e un<br />

residuo a 180°C, più attendibile poiché elimina anche l’eventuale acqua di<br />

cristallizzazione.<br />

Un’altra caratteristica chimica dell’acqua è la durezza, cioè la capacità di<br />

precipitare sali alcalini e acidi grassi che, in seguito alla sostituzione di Na +<br />

e K + con altri cationi meno solubili, quali Ca + + e Mg + + , precipitano.<br />

Si parla di durezza carbonatica quando ci si riferisce ai sali di calcio e non<br />

carbonatica per gli altri sali, si esprime in mg/l di CaCO3 o in gradi francesi,<br />

tenendo conto che 1 grado francese corrisponde a 10 ppm di CaCO3. Valori elevati di durezza provocano molti effetti indesiderati<br />

come l’alterazione dei sapori dei cibi, le incrostazioni<br />

delle tubature, la diminuzione dell’azione dei<br />

saponi ecc.<br />

Classificazione delle acque in base<br />

alla durezza (F°)<br />

Acque molto dolci D


➤<br />

➤<br />

Osservando l’immagine fotografica o cartografica della Terra si può facilmente mettere in<br />

evidenza che la sua superficie è per la massima parte occupata dai mari. Il nostro pianeta,<br />

infatti, è occupato per il 71% dalle acque mentre solo il 29% è occupato dalle terre emerse.<br />

La quantità d’acqua sulla Terra è immensa: si stima intorno ai 1400 milioni di miliardi di<br />

tonnellate. La gran parte di essa, il 97,2%, è rappresentata da acqua di mare o salmastra,<br />

inutilizzabile da bere, ma usata per lavare, per l’irrigazione e per la maggior parte degli usi<br />

industriali. L’acqua dolce è ugualmente presente sul pianeta in quantità molto grandi (40<br />

milioni di miliardi di tonnellate), ma è trattenuta per la maggior parte dalle calotte glaciali<br />

e dai ghiacciai (2,15%); solo il rimanente 0,65% è suddiviso tra laghi, fiumi, acque<br />

sotterranee e atmosfera.<br />

L’insieme delle acque costituisce una sfera ideale a cui si dà il nome di idrosfera.<br />

DISTRIBUZIONE DELLE ACQUE<br />

Luogo Volume in litri Percentuale %<br />

Oceani 1.569.150x10 15 97,2<br />

Laghi 148x10 15 0,009<br />

Laghi salati e mari continentali 123,7x10 15 0,008<br />

Corsi d’acqua 1,35x10 15 0,0001<br />

Falda freatica 72,2x10 15 0,005<br />

Falde profonde 9.900x10 15 0,62<br />

Calotte glaciali e ghiacciai 34.650x10 15 2,15<br />

Atmosfera 153,45x10 15 0,001<br />

Il ciclo dell’acqua indica quella serie di processi attraverso i quali parte dell’acqua passa dal<br />

mare all’atmosfera, raggiunge i continenti sotto forma di precipitazioni e ritorna nuovamente<br />

al mare. Il complesso sistema, alimentato dall’energia solare, può essere schematizzato<br />

come segue.<br />

L’acqua evapora dalla superficie degli oceani e forma le nubi; le nubi si spostano verso i<br />

continenti e danno luogo alle precipitazioni (pioggia o neve); circa il 64% delle acque<br />

cadute sulle terre emerse viene temporaneamente trattenuto dalla vegetazione e dal suolo<br />

finché torna in atmosfera grazie ai processi di evaporazione e traspirazione.<br />

Il 25% scorre sulla superficie del suolo alimentando corsi d’acqua e raggiungendo così in<br />

breve tempo il mare. Il rimanente 11% si infiltra tra le rocce del sottosuolo e va ad<br />

alimentare le falde idriche.<br />

Quest’acqua si muove molto lentamente e una parte affiora nelle sorgenti, che alimentano<br />

a loro volta i corsi d’acqua.<br />

Se consideriamo i 300.000 chilometri quadrati di superficie dell’Italia vediamo che le<br />

precipitazioni corrispondono, in media, a un metro cubo all’anno per ogni metro quadrato<br />

di superficie cioè, complessivamente, a 300 miliardi di metri cubi all’anno.<br />

Dell’acqua che cade sul nostro territorio una parte va perduta per evaporazione e dispersa<br />

nel sottosuolo (circa 115 miliardi di metri cubi all’anno), una parte (25 miliardi di metri cubi<br />

all’anno) rappresenta l’apporto alle falde idriche sotterranee e una parte (160 miliardi di<br />

metri cubi all’anno) corrisponde alla portata dei fiumi.<br />

L’acqua in natura 7<br />

La distribuzione<br />

delle acque<br />

Il ciclo<br />

dell’acqua


8<br />

L’acqua in natura<br />

Le precipitazioni<br />

La causa principale della formazione delle nubi e la loro trasformazione in pioggia è il<br />

raffreddamento delle masse d'aria, innalzate da moti ascensionali.<br />

Le nubi contengono in sospensione moltissime goccioline d’acqua del diametro medio di<br />

0,01-0,03 mm, distanziate fra loro di circa 1 mm. La pioggia invece è formata da gocce<br />

d’acqua più grosse (0,5-2 mm di diametro), sufficientemente pesanti per precipitare.<br />

Le gocce si originano per condensazione delle goccioline attorno a ‘nuclei di condensazione’,<br />

costituiti da particelle igroscopiche di NaCl, CaSO 4, MgCl 2, provenienti dagli oceani.<br />

La quantità d’acqua precipitata viene misurata in altezza di precipitazione e si esprime in<br />

mm. In pratica si misura l’altezza dello strato d’acqua che si formerebbe al suolo se tutta<br />

l’acqua non scorresse, non si infiltrasse e non evaporasse.<br />

Uno dei parametri più utili in cui vengono elaborati i dati pluviometrici è la precipitazione<br />

media mensile, che esprime il totale delle precipitazioni che cadono mediamente in un<br />

mese. Tramite questi valori, calcolati su un lungo periodo di anni, nella penisola italiana<br />

sono stati distinti 5 tipi di regimi pluviometrici; quello che ci interessa maggiormente, il<br />

versante adriatico, è definito tipo sublitoraneo appenninico: presenta un minimo principale<br />

estivo e uno secondario alla fine dell’inverno, e inoltre un massimo principale alla fine<br />

dell’autunno e uno secondario in primavera.<br />

L’evaporazione e la traspirazione<br />

I processi di evaporazione e di traspirazione rappresentano gli elementi principali del<br />

bilancio idrologico di una regione, in quanto riportano nell’atmosfera la maggior parte<br />

delle precipitazioni cadute sulla superficie del suolo (64%).<br />

L’evaporazione è quel processo fisico che trasforma l’acqua in vapore; interessa le acque<br />

che scorrono sulla superficie del suolo, che ricoprono le piante, quelle stagnanti, le acque<br />

sotterranee poco profonde, le superfici innevate e i ghiacciai.<br />

La velocità di evaporazione dipende da due fattori principali: il tipo di superficie e il potere<br />

evaporante dell’atmosfera. Il secondo si esprime in mm d’acqua evaporata in un certo<br />

periodo di tempo, cresce con la temperatura, con l’altitudine e con la velocità e la<br />

turbolenza del vento, mentre decresce con la pressione barometrica. Una parte dell’acqua<br />

che cade al suolo viene assorbita dalle radici delle piante e convogliata fino alle foglie,<br />

dove si trasforma in vapore e si diffonde nell’atmosfera attraverso gli stomi.<br />

La traspirazione a volte supera ampiamente l’evaporazione, potendo raggiungere il<br />

60-100% delle acque di precipitazione. Essa è favorita dall’elevata temperatura, dalla bassa<br />

umidità dell’aria, dalla buona ventilazione, dall’elevata umidità del suolo e dalla buona<br />

irradiazione solare. Quest’ultima, oltre a fornire calore, rende permeabili le foglie e aiuta<br />

l’apertura degli stomi. La traspirazione inoltre dipende da fattori fisiologici, rappresentati<br />

dalla specie vegetale cui appartiene la pianta, l’età e lo sviluppo dell’apparato fogliare.<br />

Il processo è praticamente nullo durante la notte.<br />

L’infiltrazione<br />

Rappresenta il processo di penetrazione dell’acqua nel suolo. La frazione che alimenta le<br />

falde costituisce l’infiltrazione efficace. Durante il processo l’acqua si muove verso il basso<br />

nei pori e nelle crepe più grandi per gravità, in tutte le direzioni nei pori più piccoli per<br />

capillarità. La quantità totale di acqua che riesce ad infiltrarsi nel suolo dipende da vari<br />

fattori: aumenta con la permeabilità e la porosità del suolo; la permeabilità consente la<br />

penetrazione dell’acqua, la porosità determina il volume che può essere assorbito; l’infil-


➤<br />

trazione è minore se il suolo contiene molta acqua al momento delle precipitazioni<br />

(umidità iniziale del suolo); l’acqua assorbita aumenta con la durata e l’intensità delle<br />

precipitazioni. Nel caso di piogge violente di breve durata l’acqua tende piuttosto a<br />

scorrere in superficie e l’assorbimento può essere minimo.<br />

L’infiltrazione è agevolata quando la superficie è pianeggiante o lievemente inclinata;<br />

ed è favorita dalla presenza di vegetazione, poiché le piante rallentano il deflusso superficiale<br />

delle acque e rendono più permeabile il terreno mediante le loro radici.<br />

Il deflusso superficiale<br />

La quantità d’acqua che durante una precipitazione non viene trattenuta dai processi<br />

appena descritti defluisce lungo la superficie del suolo. Essa si raccoglie prima nelle<br />

piccole concavità del suolo o si arresta dietro ostacoli naturali (rami, foglie, ecc.), successivamente<br />

trabocca e comincia a scorrere. Lo scorrimento può avvenire incanalato entro<br />

alvei ben delimitati (corsi d’acqua) oppure diffuso sui versanti sotto forma di rivoletti più<br />

o meno concentrati, dando origine a fenomeni di ruscellamento.<br />

Il Mare Adriatico<br />

Il mare Adriatico è considerato un sotto bacino del Mar Mediterraneo, che a sua volta<br />

appartiene all’areale Atlantico. Si sviluppa in senso SE-NW per circa 800 km di lunghezza<br />

e ha una larghezza di 80-150 km. La costa orientale è per la maggior parte rocciosa e<br />

frastagliata, la nostra si presenta uniformemente sabbiosa, ad eccezione dei promontori del<br />

Conero, del Gargano e di quello più piccolo di Gabicce. Le profondità che si raggiungono<br />

sono minime, nella parte settentrionale non si superano i 50-60 metri, i 100-150 in quella<br />

centrale, mentre nella zona meridionale si hanno profondità superiori.<br />

Questa caratteristica batimetria fa si che la temperatura dell’acqua sia fortemente<br />

influenzata dall’alternarsi delle stagioni: in inverno le acque hanno temperature di 6-8°C<br />

(in Tirreno le acque difficilmente scendono al di sotto dei sotto i 12°C e in Mediterraneo al<br />

di sotto dei 13°C.), in estate invece le acque superficiali possono raggiungere i 28°C.<br />

Le acque marine derivano il loro<br />

calore dall’assorbimento delle<br />

radiazioni solari, che si verifica in<br />

gran parte nei primi metri di<br />

profondità. La temperatura superficiale<br />

varia con la latitudine, ma è<br />

molto influenzata dalle condizioni<br />

climatiche delle aree continentali<br />

adiacenti; diminuisce in genere<br />

sensibilmente con la profondità.<br />

Il calore assorbito dall’acqua<br />

superficiale si diffonde lentamente<br />

agli strati sottostanti determinando<br />

un gradiente termico:<br />

la diminuzione di temperatura è<br />

abbastanza rapida nei primi<br />

50-100 metri, poi essa diminuisce<br />

sempre più lentamente procedendo<br />

verso le maggiori profondità.<br />

Nei nostri mari vi è un forte<br />

Nel mare Adriatico anche la salinità presenta valori caratteristici. Mentre Il Tirreno si<br />

presenta con salinità più o meno costante (37,5-38 per mille) l’Adriatico, lungo la costa italiana<br />

settentrionale e centrale, risente moltissimo dell’influenza dei fiumi che scendono<br />

dalle Alpi (i fiumi padani scaricano un volume d’acqua pari a un terzo di quello che si<br />

L’acqua in natura 9<br />

Gli ambienti<br />

d’acqua<br />

sbalzo termico in poche decine di<br />

metri e, al di sotto di questo strato,<br />

detto termoclino, la variazione<br />

della temperatura è molto debole.<br />

Questo strato di forte variazione<br />

termica è importantissimo per i<br />

forti riflessi biologici, poiché<br />

costituisce una barriera agli<br />

spostamenti verticali di molti<br />

organismi.


10<br />

L’acqua in natura<br />

riversa nell’intero bacino del Mediterraneo), per cui vi è una salinità media del 33 per mille,<br />

mentre la costa della ex Iugoslavia e il golfo di Trieste, interessati dalle acque che entrano<br />

dal Canale di Otranto, presentano salinità di quasi il 38 per mille.<br />

SALI PRESENTI NELL’ACQUA MARINA<br />

Elementi % gr per Kg di H2O<br />

Cloruro di sodio (NaCL)<br />

Cloruro di magnesio (MgCL2)<br />

Solfato di magnesio (MgSO4)<br />

Solfato ci calcio (CaSO4)<br />

Solfato di potassio (K2SO3)<br />

Carbonato di calcio (CaCO3)<br />

Bromuro di magnesio (MgBr2)<br />

Totale<br />

PRINCIPALI IONI PRESENTI NELL’ACQUA MARINA<br />

Elementi % gr per Kg di H2O<br />

Cloruro (CL -<br />

)<br />

Sodio (Na +<br />

)<br />

--<br />

Solfato (SO4 )<br />

Magnesio (Mg ++<br />

)<br />

Calcio (Ca ++<br />

)<br />

Potassio (K +<br />

)<br />

Bicarbonato (HCO3)<br />

Bromo (Br --<br />

)<br />

Acido borico non dissociato<br />

Stronzio (Sr --<br />

)<br />

Fluoro (F -<br />

)<br />

77,758<br />

10,878<br />

4,737<br />

3,600<br />

2,465<br />

0,345<br />

0,217<br />

100,000<br />

55,04<br />

30,61<br />

7,68<br />

3,69<br />

1,16<br />

1,10<br />

0,41<br />

0,19<br />

0,07<br />

0,04<br />

0,00<br />

27,213<br />

3,807<br />

1,658<br />

1,260<br />

0,863<br />

0,123<br />

0,076<br />

35,000<br />

18,980<br />

10,556<br />

2,649<br />

1,272<br />

1,272<br />

0,400<br />

0,380<br />

0,140<br />

0,065<br />

0,026<br />

0,013<br />

0,001<br />

In Adriatico si registrano le più ampie escursioni di marea di tutto il Mediterraneo;<br />

a Venezia sono comuni variazioni di livello delle acque dell’ordine del metro, nei pressi di<br />

Riccione le escursioni massime di marea sono di 50-70 cm, mentre ad Ancona sono<br />

praticamente nulle. Queste variazioni sono dovute alle caratteristiche morfologiche e<br />

idrodinamiche del bacino che influenzano fortemente l’azione attrattiva, svolta dal sole e<br />

dalla luna, sulle acque.<br />

L’Adriatico, per le sue caratteristiche naturali, fondali poco profondi (buona parte della<br />

colonna d’acqua è zona eufotica) e presenza di notevoli apporti fluviali, è da sempre un<br />

mare molto produttivo. Elevata è la produzione di fitoplancton e di conseguenza la produzione<br />

animale nelle sue diverse componenti: zooplancton, molluschi, pesci ecc..<br />

Questa ricchezza biologica si traduce in una grande disponibilità di risorse per la pesca,


tanto è vero che dall’Adriatico proviene oltre il 50% dell’intero<br />

pescato italiano. L’abbondanza degli elementi nutritivi quali<br />

azoto e fosforo (eutrofia), accentuate a partire dagli anni<br />

settanta dall’immissione di sali nutritivi di origine antropica, è<br />

la causa anche di alcuni fenomeni noti come ‘blooms’ (fioriture)<br />

algali, che si verificano, in condizioni normali, nelle stagioni<br />

primaverili e autunnali lungo tutto l’Adriatico settentrionale.<br />

Si tratta di ‘maree colorate’, rosse e verdi costituite da<br />

milioni di microrganismi per litro di acqua. Il perdurare delle<br />

condizioni di eutrofia determina cambiamenti della qualità delle acque quali la diminuzione<br />

in prossimità del fondo dell’ossigeno, necessario ai processi di decomposizione del<br />

numero così elevato di microalghe, e una diminuzione della trasparenza.<br />

Le radiazioni luminose sono assorbite<br />

dall’acqua marina in modo<br />

differenziale a seconda della lunghezza<br />

d’onda; le più penetranti<br />

sono le radiazioni azzurre, mentre<br />

le più attive nel processo fotosintetico<br />

sono quelle corrispondenti<br />

al verde-azzurro. La penetrazione<br />

delle radiazioni varia a seconda<br />

della trasparenza delle acque: in<br />

quelle torbide l’illuminazione si<br />

attenua rapidamente e già a pochi<br />

metri di profondità la luce è ridotta<br />

a valori trascurabili. In base alla<br />

penetrazione della luce si possono<br />

riconoscere: la zona eufotica, ben<br />

illuminata, che può variare da<br />

40-50 m in acque più torbide fino<br />

a 100 e più metri in latitudini<br />

basse, dove le acque sono particolarmente<br />

chiare, la zona disfotica<br />

con limitata penetrazione di luce,<br />

fino ai 200 m circa, e la zona<br />

afotica, priva di luce, a tali<br />

Le zone umide<br />

Per zone umide, secondo quanto dice la Convenzione di Ramsar (Iran) firmata il 2 febbraio<br />

1971, si intende l’insieme delle paludi, degli acquitrini, delle torbe, dei bacini naturali ed<br />

artificiali, permanenti o temporanei, con acqua stagnante o corrente, dolce, salata o<br />

salmastra, comprese le acque marine la cui profondità durante la bassa marea, non supera<br />

i 6 metri. La Convenzione, firmata da molti Paesi (tra cui l’Italia nel 1976) ha il fine di<br />

valorizzare e conservare l’integrità delle zone umide per salvaguardare la presenza di<br />

specie animali e vegetali acquatici.<br />

L’Italia è un paese ricco di zone umide dichiarate di “importanza internazionale”.<br />

La sola Emilia Romagna ne conta 10:<br />

· Punte Alberete<br />

· Valle Santa<br />

· Sacca di Bellocchio<br />

· Valle di Gorino e territori limitrofi<br />

· Valle Bertuzzi e specchi d’acqua limitrofi<br />

· Valli residue e comprensorio di Comacchio<br />

· Piallassa della Baiona e territori limitrofi<br />

· Ortazzo e territori limitrofi<br />

· Saline di Cervia<br />

· Valle di Campotto e Bassarone<br />

L’acqua in natura 11<br />

profondità esiste solo una luminescenza<br />

di origine biologica<br />

prodotta da un gran numero di<br />

animali marini.<br />

Nelle prime due si trovano gli<br />

organismi vegetali che hanno<br />

bisogno di energia luminosa per il<br />

processo fotosintetico e di conseguenza<br />

anche la maggior parte<br />

degli organismi eterotrofi che<br />

costituiscono gli anelli successivi<br />

della catena alimentare.


12<br />

L’acqua in natura<br />

Valli di Comacchio<br />

Il territorio ravennate è caratterizzato dalla presenza di particolari ambienti d’acqua che si<br />

sono formati nel corso dei secoli, in parte per il lavorio incessante dei corsi d’acqua dolce<br />

e delle correnti marine, in parte come relitti di antiche ed estese paludi che l’uomo ha prosciugato<br />

nel tempo con le bonifiche. La più vasta area umida presente nel nostro territorio<br />

è rappresentata dalle Valli di Comacchio a cavallo tra le province di Ravenna e Ferrara<br />

(circa 11.000 ettari) e dal 1972, oasi della Regione Emilia Romagna.<br />

Si tratta di una ambiente definito “di transizione”, in quanto le acque che vi circolano non<br />

sono nè propriamente dolci nè salate, essendo infatti salmastre. La salinità però non<br />

risulta essere costante nel tempo, in quanto per il fenomeno dell’evaporazione, si osserva<br />

una maggiore concentrazione di sali disciolti nel periodo estivo.<br />

Il paesaggio è alquanto vario; dossi e barene emergenti, talvolta artificiali, si alternano ad<br />

antichi cordoni dunosi, testimonianze di antiche linee di costa. I dossi e i cordoni delimitano<br />

specchi d’acqua che in alcuni casi vengono impiegati per l’allevamento ittico (per lo<br />

più di anguille ma anche cefali, orate, rombi). Il termine “valle”, qui impiegato per indicare<br />

degli specchi d’acqua circondati da argini, deriva probabilmente dal latino “vallum”, cioè<br />

argine. La porzione a nord delle valli è occupata dalle Saline di Comacchio (600 ettari)<br />

attive già nell’epoca etrusca, come le già citate Saline di Cervia.<br />

L’apporto di acqua dolce all’interno delle valli<br />

comacchiesi è dovuto in prevalenza ai canali<br />

Logonovo e Bellocchio, mentre l’acqua di mare<br />

entra in valle tramite il Portocanale di Porto<br />

Garibaldi. I bacini più a sud, vengono alimentati<br />

saltuariamente anche dal fiume Reno,<br />

tramite paratoie di collegamento, in parte per<br />

abbassare la concentrazione salina estiva, in<br />

parte per migliorare i rendimenti ittici.<br />

Normalmente i chiari più vicini agli sbocchi di<br />

acqua dolce sono meno salini degli altri più lontani da queste fonti; ciò può essere<br />

misurato direttamente analizzando, tramite l’impiego di un salinometro, l’acqua campionata<br />

in diversi punti delle Valli. Non sempre però si hanno gli “strumenti tecnici” a portata<br />

di mano. Gli organismi vegetali però ci possono aiutare nell’indagine. La vegetazione<br />

degli argini, dove l’acqua è salmastra, è di tipo alofilo, cioè rappresentata da specie in grado<br />

di sopportare elevate concentrazioni saline. Non troveremo nè alberi nè arbusti (eccezion<br />

fatta per la tamerice), ma bensì piantine dalle foglie grasse e succulente come la salsola e<br />

la salicornia, spesso accompagnate dalle fioriture violette tardo estive del settembrino.<br />

Dove l’acqua è più dolce troviamo invece la cannuccia di palude, tipica di tutte le valli di<br />

acqua dolce, tanto che la Valle della Canna, situata più a sud, proprio da questa graminacea<br />

prende il nome. Insieme all’oasi di Punte Alberete, la Valle della Canna (o valle<br />

Mandriole) costituisce il residuo della “cassa di colmata” del fiume Lamone. La valle venne<br />

allagata, dopo gli interventi di arginatura del fiume Lamone effettuati nel 1972 dal Genio<br />

Civile di Ravenna, per gli usi idropotabili e industriali della città, modificandone in parte la<br />

componente più tipica: le acque, divenendo più profonde, si prestano a venir colonizzate,<br />

più che dalla cannuccia di palude, dalla tifa. La mancanza di un adeguato ricambio idrico<br />

e il grande sviluppo dei vegetali acquatici e di riva, ha causato nel tempo un aumento della<br />

concentrazione di biomassa nelle acque, che portava, come conseguenza, ad una preoccupante<br />

eutrofia. Per migliorare la circolazione delle acque si è recentemente provveduto,<br />

con il progetto LIFE ’94, a immettere nella valle le acque del fiume Lamone e a riescavare<br />

il Canale Fossa del Comune. Occorre altresì periodicamente intervenire a sfalciare la vege-


tazione, operazione necessaria per evitare che l’abbondante vegetazione ad elofite<br />

marcisca sul fondo, facilitando l’interrimento del biotopo e la sua evoluzione verso il bosco<br />

igrofilo. Punto di partenza della storia delle valli d’acqua dolce del ravennate può essere<br />

considerata la rottura degli argini del Lamone, nel 1839, in località Ammonite presso<br />

Mezzano. A seguito della rotta delle Ammoniti, si decise di intervenire bonificando “per<br />

colmata” una vasta area intorno al fiume Lamone nel suo tratto terminale.<br />

L’area interessata dalla bonifica comprendeva non soltanto i terreni inondati dalla piena,<br />

ma anche l’antica palude ravennate che lambiva il margine occidentale della Pineta<br />

S. Vitale. Gli ingegneri idraulici a servizio del Governo Pontificio in quel tempo vigente<br />

sfruttarono, al fine della bonifica, un principio molto semplice. Suddivisero vaste zone da<br />

bonificare con arginature, trasformandole in “casse di colmata”. Alternativamente, vi<br />

versavano le acqua torbide delle piene estive e autunnali, ricche di sedimenti dei fiumi<br />

appenninici e del Lamone in particolare. Si permetteva quindi il loro deflusso soltanto a<br />

sedimentazione avvenuta all’interno delle casse di colmata. I territori bonificati raggiunsero<br />

una vastità stimabile in circa 8000 ettari. Agli inizi degli anni sessanta il Comune di<br />

Ravenna, proprietario di gran parte dei relitti vallivi, intendeva bonificare tutte le zone<br />

umide ancora esistenti. Tutti coloro che non erano insensibili a tanto spreco, si batterono<br />

per la salvaguardia di queste zone, e tanto fecero che nel luglio del 1967, dopo infinite<br />

lungaggini burocratiche, venne emanato un Decreto di vincolo paesaggistico che<br />

comprendeva Punte Alberete (186 ettari) e Valle Mandriole (o della Canna, 271 ettari).<br />

Si dovette però fare i conti con il mondo venatorio che tentò in tutti i modi, per fortuna<br />

senza successo, di creare a loro vantaggio un‘oasi di protezione e rifugio della fauna.<br />

Gli anni successivi videro scontri importanti tra gli enti interessati alla tutela del territorio<br />

e il locale Comitato Provinciale della Caccia. Poiché non si riusciva ad arrivare ad un<br />

compromesso, il Ministero dell’agricoltura e foreste decretò nel Novembre 1968 l’istituzione<br />

dell’Oasi faunistica su Punte Alberete e Valle Mandriole. Nonostante ciò il peso<br />

venatorio si fece sentire, e nel 1969 la protezione venne ridotta soltanto a Punte Alberete.<br />

Questo atto accese gli animi a tal punto da promuovere delle campagne di sensibilizzazione<br />

naturalistica ed ecologica che indussero il Consiglio d’Europa a proclamare il 1970 “anno<br />

europeo per la Protezione della Natura”. Si era dunque giunti alla istituzione della prima<br />

Oasi del WWF dell’Italia settentrionale, cioè all’Oasi di Punte Alberete.<br />

Le “Pialasse” sono però considerate le vere lagune ravennati. Il loro nome sembrerebbe<br />

derivare dalla voce dialettale “pia e lassa”, cioè ai movimenti alterni delle correnti di marea<br />

in entrata ed in uscita. Il bacino riceve infatti acqua salata dal mare attraverso il Canale di<br />

Porto Corsini, il Candiano, e acqua dolce dai fiumi e dei canali provenienti dall’entroterra<br />

(Via Cupa, Scolo Fagiolo, taglio della Baiona…).<br />

Riferendoci alla letteratura esistente, ricaviamo anche altre ipotesi circa il significato della<br />

parola pialassa. Una prima fa riferimento al termine greco “pyelos” che significa “tinozza”<br />

- bacino;. la seconda la ritroviamo scritta in lingua volgare in un documento podestarile<br />

del 1497, tempo del governo veneto della città, che nomina le pedalasse (termine ricondotto<br />

al vocabolo gallo-latino bedum “canale, fossa d’acqua”), con chiaro riferimento al<br />

bacino.<br />

La Pialassa Baiona è un ampio bacino lagunare di acqua salmastra costituito da una fitta<br />

rete di canali dalla forma globale di una lisca di pesce che, se osservati dall’alto, non sembrano<br />

troppo profondi, e da vaste aree sommerse, i "chiari", caratterizzate anch’esse da<br />

bassa profondità. Separata da questa dal Canale Candiano, è la Pialassa Piombone.<br />

L’acqua in natura 13


14<br />

L’acqua in natura<br />

Non tutti i chiari presenti in Pialassa sono ad acque salmastre. Quelli più prossimi alla<br />

Pineta S. Vitale sono mantenuti rigorosamente ad acqua dolce, per preservare la salute dei<br />

pini, che mal sopportano la salinità dei suoli. Le acque più dolci risultano essere pertanto<br />

quelle del Chiaro del Comune, (mediamente la concentrazione dei cloruri è < a 3000 mg/l<br />

3 o /OO), le più salate, quelle dei chiari più prossimi ai canali che immettono acqua marina in<br />

pialassa con concentrazioni di NaCl di poco inferiori a 20000 mg/l (20 o /OO).<br />

Tutte le zone umide sono ricche di faune e flore interessanti dal punto di vista naturalistico-conservazionistico.<br />

Non infrequenti sono i fenicotteri rosa nelle saline di Cervia, il<br />

mignattino piombato nelle pialasse, il marangone minore a Punte Alberete, la moretta<br />

tabaccata nella Valle della Canna, le ninfee, il morso di rana, l’utricularia nelle acque dolci<br />

e l’astro settembrino negli ambienti salsi; e l’elenco potrebbe continuare.<br />

I corsi d’acqua<br />

I fiumi e i torrenti sono senza dubbio elementi fra i più significativi del paesaggio terrestre<br />

e, anche se l’acqua che vi scorre è una minima quantità di quella esistente sulla Terra, la<br />

loro importanza nell’economia del pianeta è grandissima.<br />

Le acque correnti, infatti, sono fra i più attivi agenti modificatori della crosta terrestre con<br />

la loro azione erosiva, di trasporto e di deposito del materiale eroso.<br />

Contribuiscono inoltre a ridistribuire l’umidità e le sostanze solubili, fra cui i nutrienti<br />

inorganici e le sostanze organiche disciolti, che convogliano ai laghi e al mare.<br />

I fiumi della Romagna, Santerno, Senio, Lamone, Montone, Rabbi, Ronco, Savio e tratto<br />

terminale del Marecchia, corrono circa paralleli fra loro nei fondovalle, propagandosi verso<br />

la pianura con direzione N-NE.<br />

I bacini idrografici sono separati da contrafforti che si staccano a spina di pesce dalla<br />

dorsale appenninica principale. I fiumi principali presentano lunghezza variabile, compresa<br />

fra i 70 e i 100 km circa, nascono da quote situate intorno ai 900-1200 m, in genere<br />

alimentati da diverse piccole sorgenti. Tutti i corsi d’acqua hanno carattere torrentizio,<br />

sono in piccola parte alimentati dalle sorgenti; l’acqua che scorre proviene soprattutto<br />

dalle precipitazioni atmosferiche, discontinue<br />

e imprevedibili, che determinano la<br />

portata variabile, con forti magre nei mesi<br />

estivi, da metà luglio fino alla fine di settembre<br />

e oltre. Le minori precipitazioni si<br />

hanno, infatti, nei mesi di luglio e agosto,<br />

mentre le massime si verificano nei mesi<br />

autunnali.<br />

Si ricorda che la portata è il volume di acqua<br />

che passa attraverso una sezione perpendicolare<br />

alla direzione della corrente nell’unità<br />

di tempo; si calcola moltiplicando l’area<br />

della sezione per la velocità media della<br />

corrente e si esprime in m 3 /sec.<br />

Di solito si distingue in portata “di minima” (magra), “di media” e “di massima” (piena).<br />

La differenza tra la massima e la minima è detta regime. Se la differenza è piccola, il corso<br />

d’acqua ha regime costante o fluviale, altrimenti presenta regime torrentizio, che è<br />

appunto il caso che si verifica nei nostri corsi.<br />

I fiumi nel primo tratto (di lunghezza compresa tra i 15 e i 25 km) scorrono stretti e


incassati fra erti pendii, presentando pendenza elevata (circa 30 m/km). L’acclività e il<br />

tracciato spesso risentono dei disturbi tettonici presenti nelle successioni geologiche.<br />

Attraversando i maggiori rilievi dell’Appennino, i fiumi della Romagna scavano il proprio<br />

letto nelle rocce della Formazione Marnoso Arenacea miocenica, costituita da una<br />

alternanza di strati di arenaria più o meno cementati a seconda del contenuto in carbonato<br />

di calcio, e strati di marna. Il substrato dell’alveo è costituito da roccia in posto,<br />

ciottoli e grossi massi, che ostacolano il flusso dell’acqua, costringendola a compiere salti<br />

e cascatelle, soprattutto in corrispondenza degli strati di arenaria poco erodibili.<br />

Lungo le rive, più tranquille, è possibile un accumulo di depositi più fini (sabbie).<br />

Entrando nella zona di media collina, la pendenza diminuisce sensibilmente (8-11 m/km).<br />

Il paesaggio, condizionato dalla natura litologica delle rocce, inizialmente è ancora quello<br />

delle stratificazioni marnoso-arenacee; più a valle è sostituito dalla fascia collinare di<br />

terreni pliocenici e pleistocenici, prevalentemente argillosi, che gradatamente si saldano<br />

alla pianura. Nei paesaggi collinari si hanno pendici modellate in forme arrotondate, alle<br />

quali si alternano i caratteristici calanchi, piccoli sistemi vallivi a minutissima trama, incisi<br />

nelle testate delle formazioni argillose. Nel medio corso la velocità della corrente tende<br />

progressivamente a diminuire, mentre aumenta la portata e si instaura un sostanziale<br />

equilibrio tra erosione e sedimentazione dei materiali litici. La velocità dell’acqua non è più<br />

sufficiente al trasporto di ciottoli di grosse e medie dimensioni che, quindi, vengono<br />

lasciati sul fondale, andando a costituire i ghiareti. Il fiume assume un andamento serpeggiante<br />

con curve più o meno accentuate; sono frequenti belle sequenze di meandri incassati.<br />

L’avvento di fenomeni di piena può modificare le condizioni morfologiche piuttosto<br />

rapidamente: la disponibilità di dati sul trasporto solido ci permette di osservare come<br />

siano intensi i processi di erosione e di dilavamento degli acquazzoni estivi, specie sulle<br />

L’acqua in natura 15<br />

Lunghezza e pendenza<br />

dei fiumi romagnoli:<br />

esempio del fiume<br />

Savio. Tratto da<br />

“Carichi teorici e reali<br />

di fosforo e azoto su<br />

tre corsi d’acqua<br />

dell’Emilia Romagna”;<br />

1995


16<br />

L’acqua in natura<br />

Analisi dei<br />

parametri<br />

chimico-fisici<br />

effettuata nel<br />

1995 nel Fiume<br />

Montone, nel<br />

tratto<br />

S. Benedetto-<br />

Castrocaro.<br />

Tratto da<br />

“Qualità dei<br />

fiumi”;<br />

Provincia<br />

di Forlì-Cesena,<br />

1995<br />

colline fittamente incise da calanchi. Una buona documentazione delle capacità erosive e<br />

di trasporto di questi fiumi si ha nel Savio: il bacino di Quarto, costruito nel 1925 con una<br />

capienza di oltre 4.500.000 metri cubi, già nel 1933 aveva visto ridursi la sua capacità di<br />

invaso a meno della metà, e negli anni seguenti è stato completamente interrato dal Savio<br />

e dal Para. La morfologia di media e bassa collina è caratterizzata dalle alluvioni terrazzate,<br />

distribuite a fianco dei corsi d’acqua attuali, generalmente ben evidenti perché conservano<br />

il caratteristico andamento quasi pianeggiante, separate l’una dall’altra da bruschi<br />

dislivelli con un andamento lineare.<br />

Gli ordini di terrazzi sono 4 o 5 (i più antichi si conservano solo in piccoli lembi).<br />

Essi rappresentano altrettanti letti del fiume che, nel corso dei millenni, ha modificato il<br />

suo alveo iniziale, approfondendolo e restringendolo, fino a mettere in luce il substrato<br />

roccioso sottostante. Le alluvioni terrazzate si raccordano con i sedimenti alluvionali e<br />

litorali sabbiosi di pianura. Qui i fiumi presentano pendenze minime, dell’ordine di 1 m/km.<br />

Gli alvei sono più ampi e prevale la sedimentazione di materiali a granulometria fine:<br />

sabbia, silt e argilla caratterizzano questi tratti di pianura, dove la corrente è così debole<br />

da trasportare solo le particelle più leggere.<br />

I fiumi assumono andamenti sinuosi con anse più o meno accentuate. Spesso l’uomo, per<br />

motivi idraulici, ha costruito argini sulle rive per cui, a causa dei continui depositi di<br />

materiale alluvionale, molti tratti, che attraversano per 20-25 km la Pianura Padana fino<br />

al mare, scorrono pensili. Le acque superficiali dei fiumi vengono costantemente monitorate<br />

e analizzate, al fine di ottenere il controllo dei principali parametri fisico-chimici e<br />

microbiologici, e di verificare l’impatto sui corsi d’acqua di particolari insediamenti<br />

produttivi.<br />

Parametri Un. mis. 1994 1995 1994 1995 1994 1995


DESTINAZIONE<br />

Potabile<br />

Vita acquatica<br />

Zootecnico<br />

Balneazione<br />

Ricreativo<br />

Industriale<br />

Irriguo<br />

BOD5<br />

I dati raccolti negli ultimi anni durante i monitoraggi della Regione Emilia Romagna e dalle<br />

Provincie hanno riscontrato qualità delle acque analizzate di notevole livello solo nei primi<br />

tratti dei corsi. La parte iniziale, infatti, non è interessata da particolari elementi inquinanti,<br />

scorrendo in zone poco antropizzate.<br />

Diversa è la situazione dei tratti medi, ma soprattutto nelle sezioni terminali, che si immettono<br />

in mare in condizioni di elevato inquinamento. Ciò è dovuto alla presenza, scendendo<br />

verso valle, di insediamenti abitativi e di attività produttive sempre più numerosi.<br />

(Vedi schema a pagina 19)<br />

I risultati forniti dagli esami chimico-fisici sono spesso insufficienti per ottenere un quadro<br />

d’insieme attendibile; per questo ora, accanto al classico monitoraggio, si sono sviluppate<br />

attività di analisi biologiche, che valutano il grado di inquinamento delle acque dalle<br />

caratteristiche delle comunità acquatiche.<br />

Gli organismi del fiume diventano dei veri e propri indicatori della qualità biologica delle<br />

acque. Il controllo di qualità avviene analizzando i Macroinvertebrati, piccoli animali che<br />

vivono sul fondo: quando la qualità dell’acqua peggiora, scompaiono le specie più sensibili<br />

e via via le altre, finché rimangono solo le più resistenti.<br />

I vari segnali dati dai campionamenti delle comunità biologiche possono essere combinati<br />

e tradotti in un “indice” di qualità (I.B.E., Indice Biotico Esteso), che a sua volta determina<br />

giudizi di qualità delle acque, espressi in cinque classi.<br />

Classi di qualità Valore I.B.E. Giudizio di qualità<br />

Classe I 10-11-12 -…<br />

Classe II 8-9<br />

Classe III 6-7<br />

Classe IV 4-5<br />

Classe V 1-2-3<br />

5<br />

5<br />

5<br />

5<br />

5<br />

5<br />

5<br />

Ammoniaca<br />

1<br />

1<br />

1<br />

1<br />

1<br />

1<br />

1<br />

Nitrati<br />

50<br />

50<br />

50<br />

50<br />

50<br />

50<br />

50<br />

Cloruri<br />

200<br />

100<br />

200<br />

200<br />

200<br />

100<br />

100<br />

Fosforo<br />

0,2<br />

0,2<br />

0,2<br />

0,2<br />

0,2<br />

0,2<br />

0,2<br />

Coliformi<br />

totali<br />

50.000<br />

50,000<br />

5,000<br />

2,000<br />

2,000<br />

50,000<br />

5,000<br />

Coliformi<br />

fecali<br />

L’acqua in natura 17<br />

20.000<br />

20.000<br />

2.000<br />

100<br />

100<br />

20.000<br />

2.000<br />

Streptococch<br />

i fecali<br />

10.000<br />

10.000<br />

1.000<br />

100<br />

100<br />

10.000<br />

1.000<br />

Ambiente non inquinato o comunque non alterato in<br />

modo sensibile<br />

Ambiente con moderati sintomi di inquinamento o di<br />

alterazione<br />

Ambiente inquinato o comunque alterato<br />

Ambiente molto inquinato o comunque molto alterato<br />

Ambiente eccezionalmente inquinato o alterato<br />

DESTINAZIONE<br />

Tratto da<br />

“Qualità dei fiumi”;<br />

Provincia di<br />

Forlì-Cesena, 1995


18<br />

L’acqua in natura<br />

Tratto da “Qualità<br />

dei fiumi.<br />

Rapporto annuale<br />

1995”.<br />

Provincia di<br />

Forlì-Cesena.<br />

n.c.:<br />

non campionato<br />

LA QUALITÀ DELLE ACQUE: mappaggio del Fiume Montone con indicatori biologici, 1995.<br />

Fiume Montone<br />

Stazioni<br />

Ostaria Nova<br />

S. Benedetto a monte<br />

S. Benedetto a valle<br />

Rocca S. Casciano a monte<br />

Rocca S. Casciano a valle<br />

Dovadola a monte<br />

Dovadola a valle<br />

Castrocaro a monte<br />

Castrocaro a valle<br />

Forlì Ponte S. Varano<br />

Forlì Ponte Schiavonia<br />

Forlì Ponte del Braldo<br />

Forlì Ponte Vico 6<br />

Ravenna chiusa S. Marco<br />

Gas disciolti nelle acque<br />

correnti: come varia la presenza<br />

dell’ossigeno<br />

I gas sciolti nelle acque correnti<br />

sono più o meno in equilibrio con<br />

l’atmosfera. L’ossigeno e l’anidride<br />

carbonica sono generalmente<br />

correlati inversamente tra loro<br />

a causa dell’attività fotosintetica<br />

e di quella respiratoria degli<br />

organismi. Nei piccoli corsi d’acqua,<br />

le acque sono spesso sature o<br />

addirittura sovrassature per effetto<br />

della turbolenza e della fotosintesi.<br />

Il contenuto di ossigeno è<br />

generalmente maggiore nell’alto<br />

corso dei fiumi e tende a diminuire<br />

nel tratto di pianura e verso la<br />

foce perché diminuisce la turbolenza<br />

ed è maggiore la quantità di<br />

sostanze organiche; sul fondo,<br />

specialmente in tratti a debole<br />

I° periodo<br />

Primavera/estate<br />

E.B.I. C.Q.<br />

12 I^<br />

12 I^<br />

10 I^<br />

9 II^<br />

10 I^<br />

8 II^<br />

8 II^<br />

9 II^<br />

5 IV^<br />

n.c. n.c.<br />

7 III^<br />

6 III^<br />

6 III^<br />

7 III^<br />

corrente in cui si depositano fanghi<br />

fini con molto materiale organico,<br />

il contenuto di ossigeno può<br />

essere particolarmente basso. In<br />

casi particolari questo valore può<br />

diventare talmente basso da<br />

determinare morie di pesci.<br />

Ciò è dovuto alla presenza di<br />

sostanze organiche, immesse dalle<br />

acque di scarichi fognari, da allevamenti<br />

o da industrie. Nei corsi<br />

d’acqua che fluiscono veloci, con<br />

cascatelle che facilitano la soluzione<br />

dell’ossigeno e la eliminazione<br />

dei gas prodotti da eventuali<br />

fenomeni putrefattivi, le condizioni<br />

normali possono essere<br />

ristabilite in breve tempo, altrimenti<br />

possono instaurarsi condizioni<br />

permanenti di anossia.<br />

Vi sono variazioni stagionali dei<br />

valori di ossigeno correlate con<br />

II° periodo<br />

Autunno/inverno<br />

E.B.I. C.Q.<br />

10 I^<br />

11 I^<br />

11 I^<br />

9 II^<br />

9 II^<br />

8 II^<br />

8 II^<br />

9 II^<br />

5 IV^<br />

n.c. n.c.<br />

5 IV^<br />

5 IV^<br />

7 III^<br />

7 III^<br />

l’andamento della temperatura:<br />

valori particolarmente bassi si<br />

possono avere in autunno in concomitanza<br />

con la caduta delle<br />

foglie, che aumentano la sostanza<br />

organica nell’acqua. Sensibili<br />

variazioni diurne si osservano nei<br />

tratti di corsi d’acqua con abbondante<br />

vegetazione sul fondo e<br />

sulle rive, dove durante il giorno,<br />

per effetto della fotosintesi, non è<br />

raro che si abbiano valori di<br />

sovrassaturazione piuttosto alti,<br />

superiori al 250-300%.<br />

Di notte il contenuto di ossigeno<br />

si abbassa notevolmente al di<br />

sotto dei valori di saturazione, e<br />

aumenta la CO2. Il normale tasso<br />

di questo gas viene ristabilito perché<br />

la CO2 o si disperde nell’atmosfera<br />

o interagisce con il carbonato<br />

di calcio.


L’acqua in natura 19<br />

Distribuzione delle attività<br />

produttive nel bacino<br />

dei Fiumi Uniti<br />

(Provincia di Forlì-Cesena).<br />

Tratto da<br />

“Qualità dei fiumi”;<br />

Provincia di<br />

Forlì-Cesena, 1995


20<br />

L’acqua in natura<br />

Lago di Ridracoli<br />

I laghi<br />

I laghi sono masse d’acqua continentale accumulate in depressioni chiuse dei continenti,<br />

isolate dal mare o comunicanti con esso tramite un fiume. Si trovano in tutte le regioni,<br />

a tutte le altezze e ad ogni latitudine, anche indipendentemente dal clima, benché siano<br />

più frequenti nelle zone umide.<br />

L’area complessiva degli specchi lacustri è di circa 2 milioni di Km 2 , e rappresenta solo una<br />

piccola frazione (meno del 2 %) delle terre emerse; le dimensioni e la profondità dei<br />

singoli laghi sono assai variabili: tra i maggiori ricordiamo il Caspio, impropriamente<br />

chiamato mare, (circa 438.000 Km 2 ); il più esteso dei nostri laghi è il Garda, di 370 km 2 .<br />

La profondità non è in relazione con la superficie, ma con l’origine, e ha valori massimi in<br />

laghi raccolti entro affossamenti tettonici (ad esempio il Caspio, profondo 1946 m).<br />

Il fondo del lago può essere situato al di sotto del livello marino (così è nei nostri laghi<br />

prealpini: Maggiore, -176 m; Garda, -277 m). I laghi possono essere alimentati da corsi<br />

d’acqua (chiamati immissari), da sorgenti subacquee e in misura minore dalle<br />

acque di precipitazione; gli afflussi sono compensati da deflussi causati<br />

dall’evaporazione, dall’infiltrazione delle acque nelle rocce formanti la conca<br />

lacustre e talora da un corso d’acqua che esce dal lago (emissario).<br />

Di norma i laghi sono caratterizzati da una vita limitata: col tempo i sedimenti<br />

trasportati dalle acque di alimentazione si accumulano e ne causano il<br />

progressivo interramento; a causa di questo fenomeno la profondità del lago<br />

tende a diminuire: alla fase lacustre succede quella di stagno e infine quella di<br />

palude, col progressivo incremento della vegetazione emergente.<br />

Condizioni termiche: la temperatura delle acque lacustri dipende da un<br />

numero notevole di fattori: il principale è la radiazione solare, della quale una<br />

parte viene riflessa e una parte impiegata nell’evaporazione superficiale;<br />

influiscono pure le condizioni climatiche locali, la profondità, la torbidità, la<br />

temperatura delle acque affluenti e di precipitazione.<br />

Nei laghi d’acqua dolce la stratificazione termica è dominata dal fatto che<br />

l’acqua ha densità massima alla temperatura di 4°C; l’acqua tende a disporsi in<br />

strati di densità crescente dall’alto verso il basso: perciò, a seconda del clima locale, in un<br />

lago d’acqua dolce la temperatura può decrescere dalla superficie verso il fondo, dove può<br />

raggiungere un valore minimo di 4°C (stratificazione termica diretta) oppure può aumentare<br />

dalla superficie verso il fondo, dove può raggiungere un valore massimo di 4°C<br />

(stratificazione termica inversa). Alcuni laghi alpini in cui le temperature sono ora superiori<br />

ora inferiori ai 4°C, presentano stratificazione termica diretta d’estate e inversa durante<br />

l’inverno. I laghi di apprezzabile estensione mitigano il clima delle zone circostanti, attenuando<br />

la rigidità invernale e la calura estiva, analogamente al fenomeno provocato dalle<br />

acque marine.<br />

Le condizioni termiche di un lago sono molto importanti per lo sviluppo degli organismi:<br />

nella maggior parte dei laghi esistono tre zone termiche sovrapposte: la superiore più<br />

calda, ricca di ossigeno e di organismi, chiamata epilimnion; l’intermedia, o metalimnion,<br />

rappresenta la zona limite per il movimento verticale del plancton; l’inferiore (ipolimnion)<br />

è caratterizzata da scarsità o mancanza di ossigeno (acque stagnanti). Questa stratificazione<br />

cambia con ciclo annuo: durante l’autunno si tende ad avere condizioni omeotermiche<br />

su tutta la colonna d’acqua per raffreddamento dell’acqua superficiale, d’inverno si ha<br />

stratificazione termica inversa (strato superficiale più freddo, talora ghiacciato).<br />

Dal punto di vista idrochimico e idrobiologico possiamo distinguere tre grandi gruppi di<br />

laghi: oligotrofici, ricchi di ossigeno, poveri di sostanze nutritive e di plancton; eutrofici,


poveri di ossigeno, ma ricchi di sostanze nutritive e di plancton; distrofici: poveri sia di<br />

ossigeno che di sostanze nutritive.<br />

La trasparenza dell’acqua è estremamente varia, non solo da lago a lago, ma anche nelle<br />

diverse parti di un medesimo lago e nelle diverse stagioni; in generale è inferiore a quella<br />

dell’acqua del mare a causa delle sostanze minerali e organiche sospese, trasportate dagli<br />

immissari. Il colore dipende da molti fattori tra cui la profondità, la composizione delle<br />

acque e la presenza di sostanze disciolte o sospese: le particelle minerali sospese rendono<br />

l’acqua opalina e verdastra. I minuti organismi vegetali e animali possono indurre tinte<br />

verdastre, brune e anche rossastre, dando luogo a fenomeni di breve durata.<br />

Normalmente le acque di un lago sono dolci; in quelli non dotati di emissario le sostanze<br />

disciolte in acqua possono però progressivamente concentrarsi a causa dell’evaporazione:<br />

la salinità può così raggiungere valori elevati, a volte superiori a quelli dell’acqua marina.<br />

In relazione alla salinità, possiamo così suddividere i laghi:<br />

laghi salinità (per mille)<br />

d’acqua dolce 0,3-1,0<br />

salmastri 1,0-24,7<br />

salati > 24,7<br />

Le oscillazioni di salinità possono essere estremamente rapide e ampie per due cause<br />

principali: evaporazione da una parte, intense precipitazioni e afflusso di acque fluviali<br />

dall’altra. Tra i laghi salati ricordiamo il Mar Morto (salinità del 200 per mille).<br />

In relazione ai sali disciolti, distinguiamo laghi carbonatici, con predominanza di ioni HCO3 -<br />

e CO3 -- , laghi solfatici (ioni SO4 -- ) e laghi clorurati (Cl - ). La maggioranza appartiene al primo<br />

tipo, così come la composizione delle acque fluviali, con contenuto di sostanze disciolte<br />

molto piccolo (da 0,1 a 0,2 per mille), presenza di prevalenti carbonati, a volte con<br />

proporzione alta di elementi abbondanti nelle rocce (K, Na, Ca, Mg, Fe).<br />

Le acque dei laghi rivestono una notevole importanza per l’uomo, essendo utilizzabili per<br />

la produzione di energia elettrica, per l’irrigazione e per uso potabile. A tali scopi vengono<br />

creati laghi da sbarramento artificiale, costruendo dighe e modificando i deflussi naturali<br />

dei fiumi. In Italia ne esistono più di 500, e tra questi ricordiamo il Lago di Ridracoli, in<br />

provincia di Forlì-Cesena, nell’alta valle del Bidente (S. Sofia). Questo invaso permette<br />

rifornimento di acqua potabile a 48 comuni della regione e produzione di energia elettrica<br />

(35 milioni di Kwora all’anno)<br />

Si tratta di un lago artificiale, creato appositamente per essere “sfruttato” dall’uomo; come<br />

riserva di acqua potabile, come generatore di corrente elettrica.<br />

Le caratteristiche fisico-chimiche delle sue acque sono buone: bassa durezza, assenza di<br />

ammoniaca, nitriti e fosfati, scarso apporto solido anche in periodi di piovosità data la gran<br />

copertura vegetale dei versanti.<br />

La temperatura delle acque varia durante il corso delle stagioni: in estate si misurano temperature<br />

superficiali massime di 24°C, mentre in inverno, lungo tutta la colonna il minimo<br />

registrato è di 4,8°C. La stratificazione termica inizia in maggio e termina in settembreottobre,<br />

quando le temperature dell’epilimnio si avvicinano a quelle degli strati profondi,<br />

favorendo in questo modo il rimescolamento delle acque (più le acque si avvicinano ai 4°C,<br />

più diventano dense e pesanti; in questo modo tendono a portarsi sul fondo facendo risalire<br />

le acque più calde). L’ossigeno disciolto ed il pH presentano valori indicativi di acque di<br />

buona qualità. Il rapporto N/P, che regola la crescita algale, colloca il lago di Ridracoli tra<br />

i laghi meso-oligotrofici, quindi poco produttivi. Nonostante ciò, (bassa concentrazione di<br />

L’acqua in natura 21


22<br />

L’acqua in natura<br />

Grotta carsica<br />

clorofilla e di biomassa lagale), le acque non si presentano del tutto trasparenti in quanto,<br />

anche nei periodi di bassa piovosità, il carico sedimentario è presente.<br />

Nel periodo estivo o comunque di scarsa piovosità, le acque lasciano scoperte aree di sponda,<br />

prima sotto il livello dell’acqua, quindi non protette dal manto vegetale. I movimenti<br />

delle acque erodono tali superfici sgretolandole in particelle che rendono “torbida” l’acqua.<br />

Gli ambienti carsici<br />

A secondo del clima, delle rocce e delle situazioni morfologiche locali, la parte di acqua<br />

piovana che si infiltra nel terreno può prevalere sull’altra o viceversa. In ambienti caldi<br />

l’aliquota soggetta a evapotraspirazione è notevole; in zone caratterizzate da rocce<br />

particolari, come quelle carbonatiche o più o meno fratturate, prevale invece la parte che<br />

penetra nel sottosuolo: è il caso degli ambienti carsici.<br />

Le acque meteoriche possono esercitare sulle rocce un’azione solvente, dando luogo a<br />

cavità sotterranee che prendono genericamente il nome di grotte.<br />

Il fenomeno si verifica solo in rocce particolarmente solubili, come i calcari, il gesso (solfato<br />

di gesso biidrato) e il salgemma (cloruro di sodio).<br />

Questi ultimi sono molto solubili in acqua pura, mentre le rocce calcaree, costituite essenzialmente<br />

da carbonato di calcio, lo sono pochissimo.<br />

La solubilità dei calcari è dovuta al fatto che le acque naturali contengono sempre una<br />

certa quantità di anidride carbonica, che causa la trasformazione del carbonato di calcio<br />

in bicarbonato di calcio, molto solubile.<br />

CaCO3 + H2O + CO2 ➞ Ca(HCO3)2<br />

L’acqua asporta il bicarbonato in soluzione e le fessure via via si allargano, trasformandosi<br />

in condotti sempre più ampi, verticali (pozzi), inclinati o orizzontali (gallerie e cunicoli),<br />

spesso collegati tra loro a formare sistemi sotterranei aventi uno sviluppo che può andare<br />

da poche centinaia di metri a decine di chilometri. Circolando entro i condotti l’acqua e i<br />

detriti da essa trasportati esercitano anche un’importante azione meccanica, che contribuisce<br />

all’ampliamento delle grotte.<br />

L’azione solvente delle acque sulle rocce carsogene non si esplica solo in<br />

profondità, ma anche in superficie, dando origine alle doline, tipiche depressioni<br />

a forma di imbuto localmente molto frequenti, che conferiscono al paesaggio<br />

un aspetto del tutto particolare.<br />

Un corso d’acqua superficiale può essere catturato da una grotta (inghiottitoio)<br />

e circolare nel sottosuolo formando un torrente sotterraneo.<br />

Dopo un percorso più o meno lungo le acque sotterranee ricompaiono in superficie<br />

attraverso fratture della roccia oppure uscendo da una grotta; il punto di<br />

affioramento delle acque prende il nome di risorgente carsica.<br />

Spesso i torrenti che percorrono le grotte si originano in profondità derivando<br />

dall’unione di stillicidi provenienti dalle fessure delle rocce.<br />

Le acque sotterranee, circolando entro le rocce carsogene non danno luogo solo a fenomeni<br />

di dissoluzione, ma possono originare anche sedimenti chimici. Consideriamo una<br />

grotta in cui si verificano degli stillicidi: le acque meteoriche, filtrando attraverso i terreni<br />

sovrastanti, raggiungono la volta delle grotte dopo un percorso entro le fessure del calcare,<br />

per cui possono essere sature di bicarbonato di calcio in soluzione. Passando alla volta<br />

della grotta le acque perdono anidride carbonica e, divenute sovraccariche, depositano<br />

carbonato di calcio secondo il processo inverso a quello della dissoluzione<br />

Il carbonato depositato forma inizialmente un piccolo anello, che col tempo si trasforma


in un cono calcitico molto allungato, con il vertice verso il basso, che prende il nome di<br />

stalattite. Le gocce che cadono sul pavimento della grotta contengono ancora una certa<br />

quantità di bicarbonato in soluzione, e l’impatto a terra causa una ulteriore liberazione di<br />

CO2, provocando la precipitazione di altro CaCO3 e dando luogo a concrezioni che prendono<br />

il nome di stalagmiti.<br />

Le acque termali<br />

Nella provincia di Ravenna sono presenti numerose stazioni termali: Terme di Cervia -<br />

Milano Marittima, Terme di Punta Marina, Riolo Terme, Terme di Brisighella ecc..<br />

E’ sicuramente interessante analizzare e confrontare le caratteristiche fisico-chimiche di<br />

queste acque, la loro origine e gli effetti che determinano sul nostro organismo.<br />

Le acque di Punta Marina, ad esempio, presentano un alto contenuto in magnesio, particolarmente<br />

efficace nei trattamenti delle affezioni dell’apparato osteoarticolare, e quelle<br />

di Riolo, sulfuree, salsobromojodiche, e clorurato sodiche sono particolarmente indicate<br />

per le vie respiratorie.<br />

Per approfondimenti consultare i siti:<br />

www.travel.it/emiliaromagna e www.termeitaliane.com<br />

Le falde acquifere<br />

Il sistema dei corpi idrici profondi nella Pianura Padana può essere considerato come un<br />

sistema multistrato in cui distinguere, dal punto di vista idrogeologico, i complessi delle<br />

conoidi appenniniche ed alpine e i complessi della media e bassa pianura.<br />

Le Alpi e gli Appennini rappresentano orientativamente il limite morfologico della pianura<br />

e il limite idrogeologico del sistema acquifero padano.<br />

L’Adriatico invece rappresenta solo un limite morfologico della pianura: l’acquifero è<br />

presente anche in corrispondenza del tratto di mare antistante la costa romagnola, fino a<br />

una distanza di circa 40-50 km dalla riva.<br />

Strutturalmente l’acquifero padano è costituito da una serie di orizzonti permeabili,<br />

intercalati da orizzonti impermeabili, le cui connessioni laterali e verticali sono molto poco<br />

conosciute, se non altro per l’enorme quantità di dati necessari a una definizione di<br />

dettaglio.<br />

Per fare un esempio, lo studio elaborato dal Comune di Ravenna e dal CNR, basato sulla<br />

ricostruzione stratigrafica, ha ipotizzato la presenza, sotto la città di Ravenna, di 9 falde a<br />

profondità comprese tra -90 e -430m, molte delle quali soggette in passato ad intenso<br />

sfruttamento; altre falde sono poi a minore profondità, con limitata potenzialità e a<br />

scadente qualità.<br />

L’intenso sfruttamento delle acque sotterranee ha contribuito al graduale abbassamento<br />

del suolo nel ravennate.<br />

La subsidenza è caratterizzata da una componente naturale, per lo più dovuta a movimenti<br />

tettonici profondi e al costipamento del terreno sottoposto a carico litostatico, e alla<br />

componente antropica legata all’intenso sfruttamento del fluidi sotterranei.<br />

Questa fragilità ambientale è complicata dalle variazioni del livello medio del mare che, in<br />

questo secolo, è stato caratterizzato da un aumento costante.<br />

L’acqua in natura 23


24<br />

L’acqua nella società<br />

Non sempre<br />

“chiare, fresche e<br />

dolci acque”<br />

➤<br />

Piloni ed arcate<br />

dell’acquedotto<br />

romano a San<br />

Bartolo.<br />

Nel I secolo d.C. Ravenna e le sue città satelliti, Classe e la vicina Cesarea, contavano<br />

complessivamente forse più di 100.000 abitanti. Cesarea era un borgo popolato per lo più<br />

da bottegai, commercianti e artigiani che, con i loro servizi, approvvigionavano la città<br />

portuale-militare di Classe fondata da Augusto, che conteneva fino a 250 navi. Da sola<br />

Classe annoverava già 50.000 abitanti, in quanto Augusto vi aveva installato una delle due<br />

legioni italiane, (l’altra era a Capo Miseno), che contava, tra ausiliari ed effettivi, circa<br />

10.000 uomini.<br />

I legionari erano per lo più cavalieri, e il bestiame non doveva essere di numero inferiore a<br />

1.000 capi. Soltanto il loro mantenimento doveva richiedere almeno 30.000 litri di acqua<br />

al giorno. Il problema dell’approvvigionamento idrico, nel corso del I secolo, venne probabilmente<br />

risolto costruendo grandi cisterne che raccoglievano l’acqua piovana, oppure<br />

tramite derivazioni di corsi d’acqua non in fase di torbida. In estate però la situazione<br />

doveva essere tragica. Le scorte d’acqua diminuivano senza poter essere rimpinguate.<br />

All’inizio del II secolo, l’imperatore Traiano, impiegando il tesoro vinto sconfiggendo<br />

Decebalo, costruisce strade, edifici e<br />

acquedotti per tutto l’impero, collegando<br />

Ravenna con l’Appennino di<br />

Ridracoli, fino e oltre Meldola con<br />

una pendenza dell’1 per mille.<br />

Parte dell’acquedotto era sotto<br />

forma di cunicolo, alto 190 cm e<br />

largo 60-70 cm, lungo 11-12 Km,<br />

parte sopraelevato su un terreno<br />

paludoso, di cui nel 1905 il Savini e<br />

più tardi Roncuzzi e Veggi, trovano<br />

in periodo di magra, piloni ed arcate<br />

ben visibili nel letto del fiume<br />

Ronco all’altezza di S. Bartolo. Dai rilievi da loro effettuati, emergono le dimensioni dell’acquedotto,<br />

che per ogni chilometro doveva contare ben 180 piloni alti circa 5,5 metri,<br />

che per 30 km., fanno 5.400 piloni e relative arcate, 11.000.000 di mattoni murari senza<br />

contare quelli di abbellimento. L’acquedotto era accompagnato da “piscine limarie” per la<br />

decantazione dei sedimenti, da cisterne per scorta d’acqua potabile, da una ragnatela di<br />

tubi in piombo per la distribuzione dell’acqua in città con una diramazione per il porto di<br />

Classe. Le cisterne dovevano essere molto grandi; a Miseno, dove era alloggiata l’altra<br />

legione, è tuttora visibile la “Piscina Mirabilis”, una cisterna per la scorta idropotabile delle<br />

dimensioni di 30.000 mc., non dissimile da quella che doveva sorgere nel ravennate, in un<br />

territorio compreso tra i Fiumi Uniti e la basilica di Classe.<br />

Le cisterne non sono mai state trovate, a dire il vero neanche cercate, e si pensa siano<br />

sprofondate a causa della subsidenza, di depositi alluvionali, di mancata manutenzione, e<br />

ridotte a discariche. Testimonianza di questo passato si ha nei toponimi: il fiume Ronco,<br />

dal X secolo era noto come “Fiume Acquedotto”, in quanto correva lungo il suo asse,<br />

rendendo visibili nel periodo di magra i piloni; quindi si hanno, Pile, Pilotti, Archi, Arco,<br />

arcopiatto, Pieve Acquedotto. Da Caput Acquae, classica indicazione iniziale di acquedotto<br />

romano, già a Firenze, capo Miseno, Paestum, ha origine il nome “Capaccio”.<br />

Con Onorio (402 d.C.), la capitale dell’impero viene trasferita a Milano; Ravenna tenta<br />

di sopravvivere, ma dopo neanche 50 anni, si ha la decadenza e la scomparsa persino<br />

dell’acquedotto. Passando per Ravenna, il poeta ed ambasciatore Sidonio Apollinare, che<br />

diventerà vescovo, scrive così “in questa Ravenna … pur trovandoci in mezzo all’acqua


avevamo sete, perché non c’era da nessuna parte acqua sana di acquedotto o una<br />

cisterna non inquinata o una sorgente irrigua o un pozzo di acqua non fangosa”.<br />

La società era in declino, non c’erano enti preposti alla manutenzione dei servizi, i danni<br />

causati dalla subsidenza e dal terremoto del 460 sono ingenti. Soltanto con il lungo regno<br />

dell’ostrogoto Teodorico Ravenna risplende e viene ripristinato l’acquedotto.<br />

Cassiodoro scrive così: “Il nostro signore Re Teoderico fece arrivare l’acqua a Ravenna, di<br />

cui restaurò l’acquedotto a proprio carico, acquedotto che da lungo tempo era crollato.<br />

Di quel tempo oggi rimane ben poco; durante scavi effettuati nel 1938 per ripristinare la<br />

rete fognaria, vennero alla luce in numerosi punti della città alcuni tratti dell’acquedotto<br />

teodericiano. Alcuni pezzi, ora esposti al Museo Nazionale, recano nitidissimo il marchio<br />

reale “D.N. Rex Theodericus – civitati reddidit” “ Il nostro signore e Re Teoderico ha reso<br />

alla città”. Dall’analisi dei reperti rinvenuti, si è potuto risalire all’importanza di tale opera,<br />

che adduceva alla città ca. 80 litri/secondo, cioè una dotazione di circa 100 litri al giorno<br />

per 70.000 abitanti (tale quantitativo di acqua fornita è il medesimo che si osserverà nella<br />

stessa città durante l’epoca fascista sino alla creazione dell’Azienda Municipalizzata AMGA,<br />

nel 1968).<br />

Attorno all’840 lo storico Agnello, descrivendo gli edifici circostanti la sede arcivescovile,<br />

illustra il complesso dei “Bagni del Clero, nei quali meravigliosamente ci si bagna”, e dalla<br />

parte opposta della città, oltre Porta serrata, recentemente è emerso un altro complesso<br />

termale, segno che l’acquedotto è ancora attivo.<br />

Nel periodo Medioevale sembra che l’approvvigionamento di acqua potabile non sia un<br />

problema, in quanto i corsi d’acqua (cloache a cielo aperto) forniscono l’acqua per ogni<br />

uso. La “malacqua” tuttavia porta con sé la peste ed altre epidemie. Nel 1200 gli Statuti<br />

cittadini vietano gli scarichi “super flumicellos” in quanto da questi e da pozzi melmosi<br />

viene attinta l’acqua potabile. Sembra che un rimedio possano portarlo i veneziani, che<br />

governano la città dal 1441 al 1509. Stremati da una grave forma di peste, avevano<br />

individuato una tecnologia di raccolta e conservazione dell’acqua potabile che consisteva<br />

nella costruzione di vere e proprie cisterne (pozzi in giardini e cortili) che contribuivano a<br />

formare un caratteristico arredo urbano. A Ravenna però questa tecnica non fu possibile;<br />

la maggior parte dei pozzi andava a pescare in una falda freatica superficiale inquinata<br />

dagli scarichi domestici, e spesso nei cortili pozzi idrici e pozzi neri erano contigui.<br />

Il rifornimento di acqua principalmente era di natura meteorica, convogliato in falde<br />

superficiali o in cisterne dove l’igiene era inesistente. Le malattie incombevano e la popolazione<br />

di Ravenna calò fino a contare 10.000-15.000 abitanti per molti secoli ancora.<br />

Nel 1605 le cose non sono ancora migliorate: uno scritto recita di Ravenna “…questo è un<br />

deserto che non l’abiterebbero gli zingari: gente poca e selvatica: aria pestifera, vini pessimi,<br />

acque calde ed infami”.<br />

Il XIX secolo è segnato da ricorrenti epidemie di colera; nel 1855, su 175.000 abitanti vi<br />

furono 4372 vittime. Nelle campagne si tenta di cercare acqua buona scavando pozzi artesiani<br />

che spesso però falliscono; nel 1880 si costruiscono in città latrine pubbliche con<br />

fognature a cielo aperto (S. Rocco, via S. Mama, Via Carraie). Ravenna doveva quindi comprare<br />

acqua da altre città; in particolare da Bologna, con un servizio a ferrocisterne da 20<br />

mc che durò fino al 1960. Dal 1883 al 1930 Ravenna fu collegata a Meldola con una linea<br />

di tramway a vapore, che portava un container di acqua potabile che veniva distribuita<br />

lungo la linea urbana (via Mangagnina, via Ravegnana, l’attuale via di Roma) per rifornire<br />

alcuni spacci per la vendita dell’acqua. Presso la stazione ferroviaria c’era persino una<br />

“birraria” che vendeva acqua di Faenza. Il prezzo era libero; nel 1920 l’acqua più buona<br />

costava 2 soldi al fiasco, quella meno pregiata veniva da Marina e valeva 1 soldo.<br />

L’acqua nella società 25


26<br />

L’acqua nella società<br />

Fontana di<br />

Piazza del Popolo,<br />

Ravenna<br />

Sul finire del 1800 si contano almeno 11 progetti per la realizzazione di un acquedotto ma<br />

nessuno di questi viene accettato; poiché l’acqua di falda è pressoché inutilizzabile, matura<br />

lentamente l’idea di prelevare l’acqua dai fiumi. Quello che sembra migliore è il Reno,<br />

ricco d’acqua anche in estate e raccogliente gli scarichi di Bologna e qualche piccolo centro.<br />

Il suo potere autodepurante è buono, dovrebbe trovarsi in condizioni batteriche buone;<br />

così in sintesi riporta un articolo del quotidiano locale “Il Ravenna” nel 1900.<br />

Nel 1914 nasce un Consorzio tra Ravenna e Cesena, che si trovano nelle stesse drammatiche<br />

condizioni, per sfruttare acqua buona dalle sorgenti presso le Balze di Verghereto.<br />

Vengono acquistati 7 lotti di terreno con sorgenti, e i lavori vengono avviati.<br />

La prima guerra mondiale ferma i lavori, che poi riprendono per bloccarsi di nuovo. Ancor<br />

oggi le sorgenti e le opere di presa sono di proprietà dei Comuni di Ravenna e Cesena, per<br />

un totale di circa 15 ettari abbandonati. L’abbandono dell’intero progetto è da imputarsi<br />

al regime fascista che ha preso il potere; non si vuole riconoscere i meriti delle precedenti<br />

amministrazioni democratiche. Viene incaricato un tecnico, definito “eminente ed interessato”,<br />

di redigere una relazione sul progetto (che guarda caso sarà “demolitrice” per favorirne<br />

un altro: la costruzione di Torre Pedrera. L’idea però non è nuova e i progettisti aprono<br />

un contenzioso con il Comune per “furto di idea” che durerà 24 anni, quando verranno<br />

liquidati con una somma in denaro. Nel 1927 il Consiglio superiore dei Lavori Pubblici<br />

approva il Progetto di Torre Pedrera, alimentata dalla conoide dei Fiume Marecchia, che<br />

prevede una conduttura di 43 Km in cemento armato con una pendenza dell’ 1 per mille,<br />

identica a quella assicurata dall’acquedotto di Traiano 1800 anni prima.<br />

La condotta sarà poi realizzata in<br />

ghisa con un serbatoio finale interrato<br />

di 4.000 metri cubi.<br />

Il 1 agosto 1931 viene inaugurato<br />

da Mussolini l’acquedotto e per<br />

l’occasione viene edificata in Piazza<br />

del Popolo una fontana in gesso,<br />

che verrà subito demolita.<br />

L’acqua arriva però solo nella<br />

piazza, le case non sono allacciate<br />

all’acquedotto. La popolazione<br />

insorge e vengono aperte 12<br />

fontanelle pubbliche; le campagne<br />

resteranno senz’acqua per almeno<br />

50 anni. La seconda guerra mondiale<br />

arriva anche a Ravenna che subisce<br />

un grande bombardamento. La gente abbandona la città che rimane senza acqua in<br />

quanto viene a mancare l’elettricità. I tedeschi in ritirata fanno saltare il serbatoio sopraelevato<br />

di Marina di Ravenna e Torre Pedrera, che non verrà ricostruita fino al 1961 quando<br />

l’erogazione dell’acqua in città è pari a 100 litri al secondo, quanto cioè forniva l’acquedotto<br />

romano.<br />

La città si riempie di piccoli serbatoi e nelle campagne si perfora il terreno con pozzi artesiani,<br />

gestiti dall’Ente Delta Padano. La rete dell’ente prevedeva torri piezometriche in cui<br />

avveniva la degasificazione del metano. Tali impianti erano a rischio e gli scoppi frequenti;<br />

nel 1980 è saltato l’impianto dell’Ente delta Padano di Lamone, la torre dell’acquedotto<br />

di Alfonsine è stata distrutta almeno 2 volte, e più grave di tutti, nel 1955 saltò per<br />

colpa del metano nelle condotte una palazzina di Lido Adriano, un incidente che costò la<br />

vita a 5 persone.


➤<br />

Alla luce dei fatti, era chiaro che non si poteva continuare ad emungere dal sottosuolo<br />

acqua di falda. Fu così che nel 1966 venne costituito il Consorzio Acque per le Provincie di<br />

Ravenna e Forlì, a cui aderirono le rispettive Camere di Commercio, i Consorzi di Bonifica<br />

di Predappio e del Savio Borello, l’Ente Regionale di sviluppo dell’Agricoltura, e 19 Comuni<br />

delle due Provincie. Da ricerche ed indagini sul campo parve chiaro che era possibile<br />

utilizzare acque superficiali per la realizzazione di un invaso artificiale nell’alto corso del<br />

Bidente che permettesse l’alimentazione di un grande acquedotto ad uso potabile. Vennero<br />

pertanto avviati i primi studi relativi a quello che diverrà “l’acquedotto di Romagna”.<br />

Nel 1968 il progetto fu inserito nel “Piano Regolatore Generale degli Acquedotti” dello Stato<br />

Italiano e nel 1975 venne avviato il primo cantiere. Il progetto venne esteso per allacciare<br />

alla rete 48 Comuni, che in questo modo possono fornirsi di acqua migliore di quella estratta<br />

dai pozzi sotterranei dei singoli Comuni. A questi si devono aggiungere altri vantaggi, tra<br />

i quali vi è indubbiamente la limitazione del fenomeno di subsidenza nei territori di pianura,<br />

la produzione di energia idroelettrica presso la centrale di Isola, la creazione di nuovi posti<br />

di lavoro. I lavori vedono il termine nel 1988, con le seguenti strutture:<br />

· la diga di Ridracoli, principale serbatoio di raccolta delle acque<br />

· la centrale idroelettrica di Isola<br />

· le vasche di carico di Montecasale<br />

· l’impianto di potabilizzazione<br />

· la rete acquedottistica che porta l’acqua agli utenti finali.<br />

Le acque che giungono all’invaso derivano principalmente dal bacino idrografico del<br />

Bidente di Ridracoli, a cui sono collegati tramite un canale di gronda i bacini secondari del<br />

Bidente di Campigna, di Celle, di Fiumicello.<br />

L’impianto di potabilizzazione di Capaccio e la rete idrica<br />

L’acqua del lago di Ridracoli, dopo essere passata nella centrale idroelettrica, raggiunge<br />

l’impianto di potabilizzazione di Capaccio in una vasca di carico da cui dipartono 2 linee<br />

di trattamento delle acque che, dopo ancuni trattamenti, divengono potabili.<br />

L’acqua che esce dall’impianto (290 m. s.l.m.) viene immessa nella condotta principale,<br />

lunga 33 Km con tratti interrati e brevi tratti scoperti, per arrivare ai 183 m. s.l.m. di<br />

Montecasale. Una volta giunta a destinazione, la linea si biforca in due reti dorsali di adduzione<br />

dell’acqua ai Comuni utilizzatori in direzione Nord Ovest (Monte Casale - Alfonsine)<br />

e Sud Ovest (Monte Casale – Cesena).<br />

La rete adduttrice nel suo complesso, si sviluppa su 290 Km, fornendo di acqua 48 Comuni<br />

e la repubblica di S. Marino. I Comuni costieri necessitano di un maggior quantitativo di<br />

acqua durante il periodo estivo, in relazione al flusso turistico. Sono stati pertanto costruiti<br />

alcuni serbatoi interrati della capacità fino a 8.000 mc. e serbatoi pensili, alti dai 40 ai<br />

55 metri con capacità fino a 1.000 mc. L’intera rete di distribuzione è costantemente telecomandata<br />

e telecontrollata da tecnici operativi nel centro di Capaccio, in modo da poter<br />

intervenire tempestivamente su valvole di chiusura e di regimazione dei flussi di acqua.<br />

L’acquedotto di Romagna e le esigenze di Ravenna: il N.I.P.<br />

Il rifornimento di acqua dall’acquedotto di Ridracoli non è costante nel tempo ma soggetto<br />

a variazioni dovute sia alle variazioni climatiche che alle fluttuazioni di richiesta<br />

stagionali. In estate la richiesta di acqua si fa pressante a causa di un massiccio apporto di<br />

turisti nei lidi; e proprio in questa stagione l’invaso di Ridracoli è al suo minimo per<br />

quantità di acqua a causa degli scarsi apporti meteorici. Poiché uno dei requisiti minimi<br />

L’acqua nella società 27<br />

L’acquedotto di<br />

Romagna


28<br />

L’acqua nella società<br />

che una rete acquedottistica deve garantire è la continuità del servizio erogato, anche in<br />

termini di quantità e qualità delle acque, diviene necessario poter disporre di una fonte<br />

idropotabile propria da cui attingere nei momenti critici.<br />

Tale fonte oggi è rappresentata dall’Impianto di Potabilizzazione (N.I.P.) attivo già dal 1968<br />

alle “Bassette” per far fronte all’aumentato fabbisogno idropotabile della città di Ravenna,<br />

allora in forte crescita per il notevole sviluppo industriale che si andava a creare.<br />

Nei suoi primi anni il potabilizzatore erogava fino a 100 l/s., andando a raddoppiare la<br />

disponibilità d’acqua che offriva l’acquedotto di Torre Pedrera che fino agli anni ’30 riforniva<br />

il capoluogo. L’acqua di presa, da rendere potabile proveniva dal Fiume Reno attingendola<br />

dalla canaletta dell’ANIC, opera realizzata nei primi anni ’50 proprio per collegare<br />

le acque del fiume Reno e successivamente anche del Fiume Lamone alla città. Oltre alle<br />

vasche di potabilizzazione, venne costruito un laboratorio di analisi chimico-fisiche in<br />

modo da poter controllare la qualità delle acque sia in entrata (cioè ancora da trattare) sia<br />

in uscita, già trattata e resa potabile. Una volta resa potabile l’acqua deve essere distribuita.<br />

Occorreva quindi una rete di adduzione e una torre di sollevamento, che venne eretta<br />

in via S. Alberto e da cui prese il nome. Nel 1971 la gestione dell’acquedotto è curata dalla<br />

Azienda Municipalizzata Gas, con lo scopo di estendere i servizi sia di acqua che di gas a<br />

tutto il territorio comunale.<br />

Nel 1975 prese corpo un progetto ambizioso che prevedeva la realizzazione di un anello<br />

attorno alla città, che partendo dall’impianto di potabilizzazione si dirigeva verso Sud e<br />

attraversando il Candiano raggiungeva Fosso Ghiaia per innestarsi con Torre Pedrera.<br />

Da qui percorreva la via Standiana, raggiungeva S. Stefano, S. Pietro in Vicoli, Roncalceci,<br />

Piangipane, Mezzano per chiudersi a S. Alberto nella condotta che era già stata realizzata.<br />

Da S. P. in Vincoli in un secondo tempo, sarebbe avvenuto l’allacciamento con la adduttrice<br />

di Ridracoli. Con questa nuova linea, si sarebbe assicurato l’approvvigionamento anche<br />

ai lidi sud, cioè Marina di Ravenna, Punta Marina, Lido Adriano, Lido di Dante, Lido di Savio<br />

e di Classe.<br />

Attualmente la rete di approvvigionamento e distribuzione dell’acquedotto di Ravenna ha<br />

superato i 900 Km di lunghezza, il volume di acqua erogata all’utenza si aggira intorno ai<br />

15.000.000 di mc.. Da quando è attivo l’acquedotto di Romagna, cioè dal 1989, l’acquedotto<br />

di Torre Pedrera è fermo e l’acqua immessa in rete proviene per il 60% dal N.I.P, e per<br />

il 40% da Ridracoli.<br />

Nel 1973 e poi ancora nel 1980 l’impianto di Potabilizzazione venne ampliato, portando la<br />

potenzialità di 100 lt/sec a 350 lt/sec., quindi a 650 lt/sec.<br />

La rete acquedottistica odierna<br />

Oggi, la rete idrica del Comune di Ravenna è alimentata da due fonti di approvvigiomento:<br />

· l’impianto di potabilizzazione di Area (già AMGA) alle Bassette;<br />

· l’acquedotto della Romagna tramite l’allacciamento in via Standiana sulla S.S. 16<br />

Adriatica.<br />

· In casi di emergenza può tornare utile l’impianto di Torre Pedrera, il cui rifornimento<br />

avviene mediante emungimento da pozzi artesiani.<br />

L’acqua potabilizzata alle Bassette viene avviata in 3 condotte adduttrici:<br />

· una in direzione dei lidi Nord;<br />

· una in direzione dei lidi Sud, principale, che può alimentare le vasche di stoccaggio di via<br />

Fusconi e quelle di Lido di Savio;<br />

· la terza si porta presso le vasche di stoccaggio di via S. Alberto.<br />

L’acquedotto di Romagna a seconda dei casi e delle necessità può fornire acqua, tramite la


➤<br />

presa Gramadora a Fosso Ghiaia, sia alle zone del forese, sia agli stoccaggi di Lido di Savio<br />

e di via Fusconi, sia a quelli del N.I.P. che di via S. Alberto.<br />

L’alimentazione<br />

L’impianto di potabilizzazione costituisce una fonte idropotabile di sicura affidabilità, svincolata<br />

dalla variabilità dei fenomeni meteorologici per la pluralità delle fonti di alimentazione,<br />

costituite dai fiumi Reno e Lamone e dal Canale Emiliano Romagnolo.<br />

Le tre fonti garantiscono una costante alimentazione di acqua grezza per tutto l’anno (il<br />

Lamone e il Reno hanno origine appenninica, il CER alpina, prendendo acqua dal fiume Po).<br />

Il Canale Emiliano Romagnolo<br />

rappresenta una delle opere idrauliche<br />

più importanti costruite sul<br />

territorio italiano, in quanto assicura<br />

l’approvvigionamento idrico<br />

di una area territoriale vastissima<br />

(Emilia Orientale e Romagna) utilizzando<br />

come fonte l’acqua<br />

superficiale che viene attinta dal<br />

fiume Po. Questo fiume ha<br />

la caratteristica di mantenere<br />

costante la sua portata durante<br />

tutto l’anno, nel periodo estivo la<br />

qualità delle acque è decisamente<br />

migliore rispetto a quella di qua-<br />

lunque altro fiume di pianura ed<br />

inoltre, il punto di presa delle<br />

acque è distante dalle grandi città<br />

padane, in modo da assicurare<br />

una qualità d’acqua in origine<br />

apprezzabile già in partenza.<br />

Periodicamente e da molti anni, i<br />

laboratori di AREA effettuano<br />

controlli ed analisi fisico chimiche<br />

e biologiche in diversi punti lungo<br />

il corso d’acqua. Tra le stazioni di<br />

ingresso del Reno nel C.E.R.<br />

(Salvatonica di Bondeno) e di<br />

quella di uscita, si osserva un sensibile<br />

miglioramento della qualità<br />

I trattamenti delle acque<br />

L'acqua da trattare arriva all'impianto tramite una derivazione della canaletta ENICHEM.<br />

Al fine di eliminare corpi di grandi dimensioni, siano essi galleggianti o trascinati sul fondo,<br />

il flusso di acqua viene fatto passare attraverso una griglia (1) a barre verticali.<br />

Il "filtrato" viene raccolto in un contenitore e inviato poi in discarica. Alla grigliatura segue<br />

una preossigenazione (2) tramite insufflazione di aria dal basso. Il processo prosegue con<br />

una chiariflocculazione (3) con aggiunta di flocculante (FeCl3) e carbone in polvere per<br />

l’abbattimento delle sostanze organiche ed eventuali tensioattivi. L’acqua che esce dai<br />

chiariflocculatori entra in una vasca di disinfezione (4) in cui l’ipoclorito di sodio (NaClO)<br />

opportunamente dosato permette l’ossidazione delle sostanze organiche, (acidi umici e fulvici,<br />

fenoli ecc.), del ferro e del manganese, dell’ammoniaca, abbattendo inoltre la carica<br />

batterica. L’ipoclorito risulta molto attivo nella reazione di sostanze umiche cui consegue<br />

l’eliminazione di sapori ed odori sgradevoli. Presenta però alcuni svantaggi in quanto agendo<br />

come clorurante su alcune sostanze organiche, le trasforma in alometani, cioè composti<br />

pericolosi per la salute umana, che dovranno essere allontanati successivamente.<br />

Allo stadio di ossidazione e disinfezione seguono due processi di filtrazione: uno su letto<br />

di sabbia (5), l’altro su letto di carbone granulare (6). Il filtraggio permette una buona qualità<br />

dell’acqua in uscita, in quanto trattiene le eventuali sostanze organiche non ossidate e<br />

L’acqua nella società 29<br />

Il nuovo impianto di<br />

potabilizzazione<br />

di Ravenna<br />

dell’acqua, dovuto all’alto potere<br />

di autodepurazione interno.<br />

L’analisi dei parametri considerati,<br />

permette di ascrivere l’acqua del<br />

C.E.R. nella categoria più elevata<br />

(A1) tra quelle riportate nel D.P.R.<br />

515/1982, che tratta le caratteristiche<br />

che le acque grezze devono<br />

avere per poter essere destinate al<br />

consumo umano. Il territorio interessato<br />

dal sistema del C.E.R. presenta<br />

una superficie di circa<br />

340.000 ettari compresi nelle provincie<br />

di Ferrara, Ravenna,<br />

Bologna, Forlì e Rimini.


30<br />

L’acqua nella società<br />

L’impianto di<br />

potabilizzazione<br />

di Ravenna<br />

i composti alogenati, contenendo anche i trialometani dentro i limiti di legge (valore guida<br />

= 1 mg/l, valore limite = 30 mg/l). Sulle particelle di carbone attivo avviene però anche l’eliminazione<br />

del cloro attivo, (rimanente dal dosaggio dell’ipoclorito), determinando una<br />

riduzione del potere disinfettante.<br />

Occorre quindi dosare una supplementare quantità di disinfettante in modo da garantire<br />

una presenza sufficientemente efficiente lungo tutta la rete di distribuzione. Viene quindi<br />

impiegato il biossido di cloro (ClO2), in modo da averne un tenore di 0,15-0,20 mg/l in uscita<br />

dall’impianto.<br />

Il biossido di cloro viene scelto in quanto:<br />

· è efficace come agente ossidante;<br />

· permane per molto tempo come ClO2 inalterato;<br />

· ha un potere disinfettante superiore a quello del cloro e dell’ipoclorito, presentando una<br />

gamma di azione più ampia comprendente oltre ai batteri anche virus, alghe e ogni altro<br />

inquinante biologico;<br />

· evita la formazione dei trialometani (conseguenza inevitabile se si impiegasse ipoclorito<br />

sodico);<br />

· viene dosato con un buon grado di purezza mentre l’ipoclorito presenta una discreta percentuale<br />

di clorato (ClO3 - ) già nel prodotto di partenza e quindi la quantità delle impurezze<br />

tende ad aumentare.<br />

Il biossido di cloro presenta anche alcuni svantaggi:<br />

· non abbatte l’ammoniaca, cosa che invece fa l’ipoclorito;<br />

· il suo costo è molto più alto rispetto a quello dell’ipoclorito; la maggior spesa è compensata<br />

da un risultato sempre superiore sotto ogni aspetto.<br />

Prima di essere messa in rete l’acqua, resa potabile, viene stoccata in cisterne da 10.000 mc.<br />

e 6.000 mc. che forniranno acqua per gli usi civili (7). Un’altra vasca da 6.000 mc, viene<br />

invece utilizzata per stoccare acqua che servirà la zona industriale (8).<br />

Qualità delle acque immesse in rete<br />

Prima che l’acqua arrivi all’utente occorre che sia di qualità, e cioè che venga controllata.<br />

Il D.P.R. 236/88 elenca i parametri da tenere in considerazione per le analisi sulla qualità


delle acque potabili, e quando necessario, dai rispettivi Valori Guida (V.G.) e<br />

Concentrazione Massima Ammissibile (C.M.A.).<br />

Valore guida:<br />

si intende per valore guida il<br />

valore ottimale a cui si deve<br />

tendere, compatibilmente<br />

con quelle che sono le<br />

fonti di approvvigionamento<br />

disponibili.<br />

Concentrazione Massima<br />

Amissibile:<br />

indica il valore di una concentrazione<br />

che non può essere raggiunta;<br />

soltanto per alcuni parametri,<br />

legati alle caratteristiche geologiche<br />

dell’area in cui la risorsa idri-<br />

L’acqua nella società<br />

I controlli previsti dal D.P.R. 236/88 sono essenzialmente di tre tipi:<br />

· controllo minimo (C1): colore, odore, sapore, pH, conducibilità elettrica specifica, cloruri,<br />

cloro libero residuo, coliformi totali e fecali;<br />

· controllo normale (C2): parametri C1 + torbidità, temperatura, calcio, azoto ammoniacale,<br />

azoto nitrico, azoto nitroso, ossidabilità, streptococchi fecali;<br />

· controllo periodico (C3): parametri C2 + durezza totale, residuo fisso, solfati, ferro, fosforo<br />

totale, cadmio, cromo, piombo, carica batterica a 36°C e a 22°C.<br />

La frequenza dei controlli viene definita dalle Autorità Sanitarie competenti.<br />

Come già riportato, l’acqua che giunge ai nostri rubinetti proviene in parte dall’acquedotto<br />

della Romagna, che distribuisce le acque superficiali del bacino di Ridracoli, ed in parte<br />

dal nuovo impianto di potabilizzazione di AREA alle Bassette, la cui fonte di approvvigionamento<br />

è costituita dalle acque superficiali dei fiumi Lamone e Reno, del CER, tramite la<br />

canaletta ENICHEM.<br />

In particolare:<br />

· l’impianto delle Bassette alimenta prevalentemente la zona nord di Ravenna;<br />

· l‘allacciamento con l’acquedotto della Romagna alimenta prevalentemente la zona sud di<br />

Ravenna;<br />

· le torri piezometriche di via S. Alberto e di via Fusconi, alimentate con l’acqua proveniente<br />

sia da Ridracoli sia dall’impianto delle Bassette, in proporzione variabile a seconda delle<br />

esigenze e delle disponibilità, servono soprattutto la città.<br />

I dati ottenuti dalle continue analisi hanno evidenziato una corretta gestione della rete di<br />

distribuzione. In linea di massima si può affermare che l’acquedotto della Romagna<br />

fornisce un’acqua le cui caratteristiche chimico fisiche (contenuto in cloruri, durezza,<br />

calcio, conducibilità, temperatura) sono costanti per tutto l’arco dell’anno, mentre l’impianto<br />

di Ravenna presenta un’acqua in uscita con una variabilità superiore.<br />

La differenza tra “le due acque” che è più sensibile e percettibile dall’utente è data dalla<br />

temperatura. L’acqua del bacino di Ridracoli presenta la medesima fresca temperatura<br />

durante il corso delle stagioni. L’acqua dei fiumi di pianura, al contrario, si riscalda sensibilmente<br />

nel periodo estivo, e quindi al rubinetto, presenta una temperatura di qualche<br />

grado superiore rispetto a quella fornita nei mesi invernali.<br />

In definitiva, anche se l’acqua distribuita alla città di Ravenna non ha le stesse caratteristiche<br />

delle acque che scorrono quasi incontaminate in montagna, è senza dubbio<br />

un’acqua di buona qualità, che rispetta in pieno, non soltanto la C.M.A. ma nella maggioranza<br />

dei casi anche i V.G. imposti dalla normativa, sia che provenga dall’impianto di<br />

Ridracoli, sia da quello delle Bassette.<br />

ca viene a contatto, tale concentrazione<br />

può essere derogata. In<br />

nessun caso la deroga accordata<br />

per fattori che possono risultare<br />

tossici, microbiologici o che<br />

comunque possano recare danno<br />

alla salute.<br />

31


32<br />

L’acqua nella società<br />

L’inquinamento<br />

delle acque<br />

➤<br />

Ogni qualvolta si osserva in natura un’ alterazione ambientale sfavorevole alla vita, si parla<br />

di inquinamento. In particolare in un corso d’acqua è possibile riconoscerne tre livelli:<br />

· inquinamento naturale dovuto all’azione dell’acqua piovana che una volta raggiunto il<br />

suolo, assume in soluzione e in sospensione sostanze di origine minerale e biologica.<br />

Questo tipo di inquinamento è normalmente contenuto entro limiti tali da consentire l’impiego<br />

dell’acqua per la maggioranza degli scopi;<br />

· apporto di sostanze dall’esterno per cause non naturali in quantità non superiore alla<br />

capacità di autodepurazione del corso d’acqua stesso;<br />

· apporto di sostanze dall’esterno per cause non naturali in quantità superiore alla capacità<br />

di autodepurazione del corso d’acqua stesso. È questo il livello di inquinamento più<br />

grave in cui risultano compromessi numerosi usi dell’acqua.<br />

Gli inquinanti ed i loro effetti<br />

Sul pelo dell’acqua non è infrequente osservare la presenza di oggetti di varia natura, galleggianti<br />

o comunque trasportati dalla corrente, insieme a schiume o ad olii; l’effetto visivo<br />

ci porta a concludere che il corso d’acqua osservato è inquinato.<br />

Al contrario la vista di un’acqua cristallina senza impurità percepibili sensorialmente ci<br />

porta a considerare pulito l’oggetto della nostra analisi. Nella realtà non c’è nulla di più<br />

sbagliato; molte sostanze chimiche risultano incolori e insapori, ma possono portare alla<br />

morte se ingerite. Un ruscello di montagna può presentarsi colorato intensamente; non è<br />

l’effetto di un inquinamento artificiale ma del fango raccolto a seguito di una pioggia<br />

intensa. Passato un po’ di tempo il sedimento cade sul fondo e l’acqua torna pulita.<br />

Gli effetti degli inquinanti sono molteplici:<br />

i materiali galleggianti (oli, grassi e schiume, materiali sospesi e coloranti), modificano l’aspetto<br />

del corso d’acqua e ne ostacolano la riareazione, impedendo la penetrazione delle<br />

radiazioni solari e quindi i processi fotosintetici;<br />

i materiali in sospensione sono per lo più materiali insolubili di densità uguale o superiore<br />

a quella dell’acqua, mantenuti in sospensione dalla turbolenza. Con il passare del tempo,<br />

sedimentano sulle rive e sul fondo come fango. I materiali di origine organica vengono<br />

degradati, con consumo di ossigeno, dalla flora batterica. Quando l’ossigeno scarseggia,<br />

insorgono fenomeni putrefattivi.<br />

Gli organismi viventi, sia animali che vegetali, influiscono sulle qualità di un’acqua.<br />

I batteri, molto utili nei processi di autodepurazione, possono produrre cattivi odori oltre<br />

che aggredire piante ed animali.<br />

Le alghe sono organismi fotosintetici che si nutrono prevalentemente di prodotti<br />

inorganici, dando luogo a produzione di ossigeno. Se però sono presenti nelle acque in<br />

concentrazioni molto elevate, cosa che avviene quando nell’acqua sono disciolti elementi<br />

nutritivi (N,P), morendo offrono abbondante cibo per i batteri, i quali, per degradarle,<br />

consumano ossigeno producendo odori.<br />

Gli animali microscopici trovano la maggior parte del loro nutrimento in alghe e batteri e<br />

quindi possono essere utili come regolatori della loro crescita.<br />

Le sostanze disciolte rappresentano la categoria più numerosa. Si tratta per lo più di<br />

sostanze di natura tossica, (acidi, alcali, metalli pesanti, insetticidi, cianuri, sostanze<br />

organiche, ammoniaca ecc.), che rendono l’acqua non potabile e danneggiano la vita<br />

acquatica. Alle sostanze disciolte può essere collegato lo sviluppo di colore, odore e<br />

sapore delle acque.<br />

Elementi nutritivi (N, P), determinano crescite abnormi di vegetazione, soprattutto di alghe.


Le normative<br />

L’acqua si sa, è il bene più prezioso per l’umanità. Troppo spesso in passato, si è abusato<br />

della presenza dei corsi d’acqua per scaricarvi rifiuti di ogni genere e natura, recando gravi<br />

danni non soltanto a carattere ambientale ma anche sanitario. La prima norma che disciplina<br />

e assoggetta ad autorizzazione tutti gli scarichi, sia civili che industriali, è recente<br />

(legge 319 del 1976, ovvero Legge Merli) e detta le “norme per la tutela delle acque dall’inquinamento”.<br />

La legge oltre a imporre l’autorizzazione per tutti gli scarichi sia in corsi<br />

d’acqua superficiali che sotterranei, fissa limiti di concentrazione per gli inquinanti<br />

immessi nel refluo scaricato.<br />

Nel 1982 il DPR 515/82 classifica le acque che possono divenire potabili.<br />

Successivamente nel 1988 il DPR 236 introduce per la prima volta il concetto di “tutela di<br />

una risorsa”, istituendo aree di salvaguardia suddivise in:<br />

· zone di tutela assoluta<br />

· zone di rispetto, nelle quali non si possono insediare determinate attività<br />

· zone di protezione, in cui l’utilizzo del territorio deve essere valutato di volta in volta<br />

Il decreto stabilisce poi i concetti di ”concentrazione massima ammissibile” (CMA) e<br />

“valore guida” (VG) per determinati inquinanti per le acque destinate al consumo umano.<br />

La legge successiva, n° 183/89 identifica nei bacini idrografici l’unità territoriale ottimale<br />

per la difesa del suolo e delle risorse idriche, suddividendoli in bacini di rilievo nazionale,<br />

interregionale, regionale.<br />

La più moderna legge emanata in Italia è quella che viene chiamata Legge Galli (n° 36/94)<br />

che sulla base del criterio del bacino idrografico, delimita il territorio di intervento negli<br />

“ambiti territoriali ottimali”. La legge sancisce che tutte le acque sono pubbliche e che<br />

quindi devono essere tutelate ed utilizzate nell’interesse delle comunità e delle generazioni<br />

future. L’utilizzo prioritario deve essere il consumo umano.<br />

All’interno dell’ambito territoriale ottimale i servizi inerenti al ciclo dell’acqua (potabilizzazione,<br />

fognature e depurazione) devono essere organizzati da un solo gestore.<br />

I liquami domestici<br />

Giornalmente nelle nostre case consumiamo 150 litri di acqua. Di questi, 65 litri vengono<br />

consumati quando utilizziamo lo sciacquone del gabinetto, 57 per la pulizia personale,<br />

20 per fare il bucato e 8 per bere. L’acqua di scarico in uscita dalle nostre case, entra in<br />

condotte che chiamiamo fognature. A differenza delle condutture dell’acquedotto, l’acqua<br />

di fogna non scorre sotto pressione ma secondo gravità, essendo il condotto in pendenza.<br />

Il sistema fognario più moderno separa le acque domestiche da quelle piovane, definendo<br />

le prime “acque nere” e le seconde “acque bianche”.<br />

L’acqua consumata per le necessità domestiche non va perduta ma viene restituita quasi<br />

interamente ai corsi d’acqua superficiali; occorre però che prima sia depurata.<br />

Il depuratore di Ravenna città<br />

Il depuratore di Ravenna città, situato in Via Romea Nord, è stato attivato nel 1983 e serve<br />

a tutt’oggi una popolazione di 135.000 abitanti equivalenti. All’impianto arrivano acque<br />

fognarie nere (40%) e miste (60%) dalla città di Ravenna, da Casalborsetti, da Marina<br />

Romea, da Porto Corsini, da Lido Adriano e da Lido di Dante.<br />

I trattamenti per la depurazione delle acque vengono classificati in 3 categorie e cioè, in<br />

funzione della loro successione temporale distinguiamo:<br />

1) trattamenti primari, di natura strettamente meccanica (fasi di grigliatura, dissabbiatu-<br />

L’acqua nella società 33


34<br />

L’acqua nella società<br />

L’impianto di<br />

depurazione<br />

di Ravenna<br />

ra, deoleazione ecc.);<br />

2) trattamenti secondari, di natura biologica (ossidazione a fanghi attivi);<br />

3) trattamenti terziari, di natura chimico-fisica, (coagulazione, flocculazione ecc.),<br />

ogni fase di trattamento produce dei fanghi che sono poi da trattare.<br />

LINEA ACQUA: depurazione del liquame<br />

Trattamenti primari<br />

Il liquame da depurare arriva all’impianto ad una quota inferiore rispetto al piano di<br />

lavoro e deve quindi essere “sollevato”. Per innalzare la quota dell’acqua, vengono impiegate<br />

delle pompe a vite di Archimede (coclee) (1). Una volta sollevato il liquame viene fatto<br />

passare attraverso una griglia grossolana (2) formata da una serie di sbarre metalliche<br />

parallele tra loro, distanziate circa 5 cm. l’una dall’altra. I corpi una volta raschiati dalle<br />

griglie, vengono raccolti in un contenitore e inviati in discarica.<br />

Al di là delle griglie, il liquame viene fatto passare in vasche dove subiscono la dissabbiatura<br />

e la disoleatura (3). Ciò che normalmente viene chiamato “sabbia” è costituito in realtà<br />

da rena, polvere, pietrisco, ceneri ed altre sostanze inorganiche pesanti.<br />

La sabbia deve essere raccolta, in quanto all’interno dell’impianto comporta una usura<br />

eccessiva delle tubazioni e dei macchinari. La sua rimozione tramite dei raschiatori di fondo<br />

viene effettuata subito a valle della griglia.<br />

Per eliminare i grassi, le cere e gli olii presenti in superficie vengono utilizzati dei raschiatori<br />

di superficie.<br />

Il liquame, una volta dissabbiato e disoleato, passa alla fase di microgrigliatura (4), ove<br />

attraverso griglie a tamburo rotante, vengono trattenute particelle superiori a 2 mm..<br />

Il liquame “filtrato” subisce ora una sedimentazione primaria (5). In un liquame sono<br />

presenti diversi tipi di particelle in sospensione; quelle che hanno un peso specifico maggiore<br />

a quello del liquame stesso, e quelle che hanno un peso specifico minore o uguale.<br />

Tutte e due, se la turbolenza è elevata, vengono trascinate dal flusso. Se la velocità del flusso<br />

diminuisce, le particelle con peso specifico maggiore rispetto al liquido che le contiene


cadono per gravità sul fondo; le altre rimangono in sospensione (cioè fluttuano senza<br />

precipitare).<br />

Le particelle possono anche essere divise in due categorie:<br />

· granulose;<br />

· flocculose.<br />

Le particelle granulose, di cui la sabbia è un tipico esempio, sedimentano indipendentemente<br />

le une dalle altre a velocità costante, senza che si verifichino dei cambiamenti di<br />

forma, peso e dimensioni.<br />

Le particelle flocculose, quali le sostanze organiche, il fango attivo o i fiocchi formatisi a<br />

seguito della flocculazione chimica, tendono ad unirsi le une alle altre durante la<br />

sedimentazione, a formare dei conglomerati.<br />

Si definisce materiale sedimentabile l’insieme dei solidi, sia di natura granulosa che<br />

flocculosa che sedimentano in un tempo ragionevole (di norma viene fissato un limite di<br />

tempo pari a 1 ora).<br />

I solidi non sedimentabili presentano delle dimensioni talmente piccole da non poter essere<br />

eliminati per questa via.<br />

La sedimentazione del particolato avviene dentro a vasche chiamate “sedimentatori”<br />

Il tipo più comune di sedimentatore ha forma circolare e prevede l’immissione del liquame<br />

dal basso verso l'alto con movimento radiale dal centro alla periferia. Il materiale<br />

sedimentato, chiamato fango primario, viene raccolto sul fondo e verrà trattato anch'esso<br />

prima di venire smaltito. Una sedimentazione primaria è buona se si ha l’eliminazione del<br />

50-80% delle sostanze sospese.<br />

Con la sedimentazione, hanno termine i trattamenti primari.<br />

Trattamenti secondari: la depurazione biologica<br />

La depurazione biologica rappresenta il cuore di un impianto di depurazione.<br />

Gli impianti di depurazione delle acque di scarico provenienti da insediamenti civili sono<br />

una imitazione di ciò che spontaneamente accade in natura. I corsi d’acqua contengono in<br />

sé una serie di microrganismi che vivono e si riproducono utilizzando per nutrimento il<br />

materiale organico contenuto nell’acqua stessa e per respirare l’ossigeno disciolto che è<br />

tanto maggiore tanto più è accidentato il corso d’acqua.<br />

L'uomo, negli impianti di depurazione, non fa che riprodurre in vasche ciò che naturalmente<br />

avviene nei corsi <strong>d'acqua</strong>. I processi biologici rimuovono la sostanza organica secondo<br />

meccanismi analoghi a quelli di autodepurazione di un corso <strong>d'acqua</strong>.<br />

La differenza consiste nel fatto che il trattamento avviene in apparecchiature costruite<br />

appositamente e con concentrazioni molto più elevate, per cui le trasformazioni avvengono<br />

con velocità e rendimenti molto maggiori.<br />

I trattamenti secondari iniziano quando il liquame in uscita dai sedimentatori primari viene<br />

immesso in una serie di vasche, nelle quali avvengono dei trattamenti il cui scopo è quello<br />

di rimuovere l'azoto contenuto nelle acque, cosa che avviene in due distinti processi;<br />

la nitrificazione che, partendo da azoto ammoniacale giunge alla formazione di nitrati, e<br />

successivamente la denitrificazione che riduce i nitrati ad azoto molecolare gassoso che<br />

lascia spontaneamente il liquame. In taluni impianti, come in quello di Ravenna, è opportuno<br />

trattare i liquami con una predenitrificazione.<br />

Il liquame in uscita dai sedimentatori primari viene quindi immesso in vasche nelle quali<br />

avviene una predenitrificazione (6), il liquame in uscita dalla vasca di predenitrificazione<br />

viene immesso in una vasca di aerazione e nitrificazione (7). Scopo è quello di ossidare i<br />

composti azotati presenti sotto forma ammoniacale, a NO2 e NO3 (nitrificazione).<br />

L’acqua nella società 35


36<br />

L’acqua nella società<br />

Il processo avviene in due fasi distinte, sotto descritte, ad opera di batteri autotrofi del<br />

genere Nitrosomonas e Nitrobacter, presenti comunemente nelle acque domestiche.<br />

2NH4 + + 3O2 NITROSOMONAS 2NO2 - + 4H + +2H2O (nitriti)<br />

2NO2 + O2 NITROBACTER 2NO3 - (nitrati)<br />

La velocità di nitrificazione che dipende dalla velocità di trasformazione dell’ammoniaca a<br />

nitriti è influenzata da una serie di parametri quali pH, concentrazione di ossigeno<br />

disciolto, temperatura. Nitrati e nitriti, in quanto nutrienti, non possono venire rilasciati<br />

nell'effluente. Occorre far seguire una fase di denitrificazione (8) finalizzato all’eliminazione<br />

della sostanza azotata presente sottoforma di nitrati attraverso la riduzione ad azoto<br />

molecolare gassoso che si allontana come gas dalla fase liquida.<br />

In altre parole, una volta prodotto, il nitrato deve venire ridotto (da batteri anaerobi) in<br />

N2 (gassoso).<br />

Per avvenire la denitrificazione ha bisogno di:<br />

· substrato batterico<br />

· azoto ossidato nella forma di nitrati<br />

· carbonio organico<br />

· assenza di ossigeno disciolto.<br />

Il substrato batterico è garantito dal flusso di fango di ricircolo proveniente dal sedimentatore<br />

secondario ed eliminato dall’ossidazione.<br />

I nitrati vengono immessi facendo ricircolare il liquame che viene prelevato dall’uscita dell’ossidazione/nitrificazione.<br />

L’assenza di ossigeno viene mantenuta non eccedendo nella fornitura di ossigeno libero in<br />

fase di ossidazione/nitrificazione.<br />

Dalla vasca di denitrificazione viene raccolto del fango di ricircolo che viene immesso nella<br />

vasca di predenitrificazione. In questo modo, si ha già un abbattimento della sostanza<br />

azotata. Una volta denitrificato, il materiale organico presente nel liquame deve venire<br />

depurato. Il trattamento prevede l'impiego del cosiddetto “fango attivo” e consiste nel<br />

mantenere in un bacino ben aerato una nutrita coltura di particolari specie batteriche già<br />

presenti in numero ridotto nel liquame da trattare. Il processo a fanghi attivi viene usato<br />

per convertire le sostanze non sedimentabili sia sospese che disciolte, in fanghi<br />

sedimentabili che poi verranno eliminati, ottenendo in questo modo un alto grado di<br />

depurazione. Il primo passaggio viene effettuato in vasche di aerazione, il secondo nelle<br />

vasche di sedimentazione secondaria (9).<br />

La depurazione di queste sostanze viene effettuata da microrganismi, in primo luogo<br />

batteri e protozoi che si nutrono di solidi contenuti nel liquame, agendo come fattore di<br />

depurazione. Questi organismi vengono mantenuti in un ambiente aerobico mediante<br />

l’introduzione di aria in una miscela di fango attivo e di liquame.<br />

Successivamente il fango attivo viene separato dal liquame con un processo di sedimentazione.<br />

Una volta separato il fango attivo può essere nuovamente impiegato per il trattamento<br />

di nuovo liquame.<br />

Quindi l’acqua che esce dal primo stadio (trattamento primario), chiarificata grazie alla<br />

eliminazione delle sostanze sospese o sedimentabili, subisce il secondo stadio, che mira<br />

principalmente ad eliminare le sostanze organiche (non sedimentabili) tramite l’aggiunta<br />

di fango attivo. La comunità di batteri presente nei fanghi attivi è principalmente costituita<br />

da batteri aerobici che richiedono sostanza organica per rifornirsi di carbonio ed<br />

energia (batteri eterotrofi). In questo modo, viene eliminata la frazione organica.


Nelle vasche di sedimentazione secondaria avvengono due processi fondamentali: produzione<br />

di materiale cellulare per ossidazione microbica della sostanza organica e assorbimento<br />

su questo materiale, che si aggrega in fiocchi, delle sostanze da rimuovere.<br />

È pertanto necessario che i fiocchi vengano mantenuti in sospensione tramite un appropriato<br />

grado di agitazione.<br />

L'aggregarsi delle particelle provoca un innalzamento del peso specifico dei fiocchi che<br />

quindi possono precipitare sul fondo sotto forma di fango "secondario".<br />

Una parte di questo fango attivo sedimentato, denominato “fango di ricircolo”, viene<br />

ripompata a monte della vasca di aerazione per facilitare il trattamento di altro liquame.<br />

Poiché la quantità di fango attivo aumenta considerevolmente è necessario allontanare la<br />

quantità di fango in eccesso (fango di supero) che, o viene reimmesso nel circuito, oppure<br />

viene inviato alla linea di depurazione dei fanghi. L'acqua in uscita dai sedimentatori<br />

secondari viene immessa nelle vasche per i trattamenti terziari.<br />

Trattamenti terziari<br />

Le operazioni di trattamento terziario, tutte a carattere chimico o chimico-fisico, sono<br />

deputate a rimuovere gli agenti inquinanti, che non sono stati adeguatamente rimossi con<br />

i trattamenti secondari convenzionali.<br />

I processi adoperati in questa fase sono molteplici.<br />

La disinfezione (10) è un’operazione mediante la quale si eliminano gli organismi patogeni<br />

tipo batteri o virus. Si impiegano per lo più sostanze a base di cloro (nell'impianto di<br />

Ravenna, l'ipoclorito di Na, meglio conosciuto come varichina). Non si ha una sterilizzazione<br />

delle acque, ma una disinfezione. L'aggiunta di ipoclorito avviene in una vasca a percorso<br />

sinuoso, a labirinto, in modo da mantenere un tempo di contatto acqua-cloro abbastanza<br />

elevato (il tempo di permanenza dipende dalla portata del flusso in ingresso).<br />

Alla disinfezione, segue una fase detta di chiariflocculazione (11) cioè operazione combinata<br />

di coagulazione, flocculazione e sedimentazione.<br />

Se i materiali in sospensione sono di tipo colloidale, non sedimentano sia a causa delle<br />

piccole dimensioni delle particelle, sia per la repulsione elettrica reciproca.<br />

La sedimentazione può avvenire solo a seguito della destabilizzazione delle cariche.<br />

Questo effetto è ottenibile attraverso l’aggiunta all’acqua di elettroliti, cioè composti chimici<br />

come il solfato di alluminio o di ferro, il cloruro di ferro o di alluminio, il cui scopo è<br />

quello di formare degli ioni metallici idrolizzabili. La destabilizzazione delle cariche è nota<br />

con il nome di coagulazione. Poiché normalmente i colloidi sono caricati negativamente,<br />

vengono impiegati coagulanti di tipo cationico che in acqua si caricano positivamente.<br />

Gli idrossidi metallici ed i polimeri organici, oltre a funzionare come coagulanti, favoriscono<br />

anche l’aggregazione delle particelle che così possono decantare. Tali aggregati, che<br />

possono raggiungere le dimensioni di qualche mm., sono detti fiocchi ed il meccanismo<br />

della loro formazione è detto flocculazione.<br />

La coagulazione e la flocculazione hanno esigenze contrastanti, perché la prima richiede<br />

una forte agitazione che favorisca la dispersione del coagulante, la seconda un’agitazione<br />

lenta tale da favorire l’incontro tra le particelle per la formazione del fiocco ma non tanta<br />

da favorire la rottura dello stesso. Le due operazioni vengono pertanto effettuate o in<br />

apparecchiature separate o in comparti differenti dello stesso apparecchio (nell'impianto<br />

di Ravenna, nello stesso apparecchio, l'accelator o chiariflocculatore).<br />

In una fase successiva i fiocchi devono essere sedimentati.<br />

Una volta che il liquame è stato depurato può venire immesso nel corpo idrico recettore<br />

cioè nel Canale Via Cupa. Nel caso che tale canale non fosse recettivo, viene impiegato lo<br />

L’acqua nella società 37


38<br />

L’acqua nella società<br />

Scolo Fagiolo. Il destino ultimo è in ogni caso, la pialassa Baiona. Le acque di scarico<br />

possono anche venire immesse nello scolo Tomba e impiegate per la fertirrigazione.<br />

LINEA DEI FANGHI<br />

Caratteristiche dei fanghi<br />

Con il termine di fango si intendono i solidi eliminati dai liquami con il processo di sedimentazione.<br />

A seconda della loro provenienza possono venire classificati come fanghi<br />

primari, secondari, di supero, o chimici. In base alle loro condizioni o ai processi subiti,<br />

possono distinguersi in grezzi, freschi, digeriti, lavati, disidratati, essiccati. Con il termine<br />

“trattamento dei fanghi” si intendono tutti quei metodi che intercorrono tra la rimozione<br />

del fango dai sedimentatori fino al loro smaltimento finale.<br />

In particolare nell'impianto di Ravenna si hanno i seguenti trattamenti:<br />

· pre-ispessimento<br />

· digestione<br />

· post-ispessimento<br />

· smaltimento finale.<br />

Il fango estratto dai sedimentatori primari è essenzialmente costituito dai solidi<br />

sedimentabili originariamente presenti nel liquame grezzo. Viene detto “fango fresco” e<br />

risulta instabile e putrescibile, di colore grigio-bruno e aspetto sgradevole, contenente<br />

particelle di materiale fecale, di rifiuti solidi, di piccoli detriti di varia natura. Il suo odore<br />

è cattivo. Il fango estratto dai sedimentatori secondari è composto da sostanze organiche<br />

parzialmente decomposte. Si presenta di colore marrone scuro, di natura fioccosa ed ha un<br />

aspetto più omogeneo. Il suo odore è meno intenso che non quello del fango fresco.<br />

Il fango attivo in eccesso è parzialmente decomposto, di colore nocciola e odore di<br />

terriccio; quando però comincia a setticizzarsi, sprigiona odori molto spiacevoli.<br />

Il fango dovuto a processi di sedimentazione chimica è generalmente scuro e meno odoroso<br />

rispetto ai fanghi primari.<br />

I fanghi hanno una altissima percentuale di umidità e non possono essere immessi direttamente<br />

nell’effluente o sul terreno. Devono venire trattati in modo da renderli inerti.<br />

La prima operazione che un fango subisce nel suo processo di depurazione è un preispessimento<br />

(12) cioè una diminuzione del suo contenuto in acqua. Questa operazione viene<br />

generalmente effettuata su un ispessitore (un accelator).<br />

L’acqua estrapolata dal fango viene rimessa in circolo nell'impianto, risegue cioè la linea<br />

acqua. Dopo un preispessimento occorre stabilizzare il fango tramite una digestione anaerobica<br />

(13). Il processo di digestione del fango è condotto in assenza di ossigeno libero da<br />

parte di organismi anaerobici. Avviene in tre fasi principali:<br />

1. fermentazione acida: i microrganismi aggrediscono i solidi disciolti, quali gli zuccheri,<br />

fino a formare acidi organici, idrogeno solforato, carbonati ed anidride carbonica.<br />

2. l’ambiente acido sviluppa la crescita di microrganismi che abbattono, anche se lentamente,<br />

proprio le sostanze acide.<br />

In questa fase si hanno processi di stabilizzazione e gasificazione dei fanghi (viene<br />

prodotto biogas, cioè anidride carbonica e metano che viene recuperato).<br />

3. Vengono poi attaccati i composti azotati quali le proteine e gli aminoacidi. Il pH si stabilizza<br />

attorno ai 6,8 e 7,4. Si ha una abbondante formazione di metano che trova spesso impiego<br />

come combustibile nell’impianto. I solidi rimasti nel fango sono relativamente stabili.<br />

Al processo di digestione seguono un postispessimento (14), mediante il quale viene tolta<br />

l’acqua interstiziale, una disidratazione spinta (15) eseguita mediante un nastro a pressa e


➤<br />

lo smaltimento finale. Nella disidratazione spinta il fango viene inviato in mezzo a due<br />

nastri in modo da lavorare sotto pressione. In questo modo si raggiunge un secco del 20-<br />

25%. Il filtrato viene riportato in testa al trattamento. Il fango, diventato di consistenza<br />

palabile, deve essere smaltito. Quando le caratteristiche organolettiche lo consentono il<br />

fango può venire utilizzato in agricoltura come ammendante del terreno. Altrimenti viene<br />

inviato in discarica.<br />

Nel 1968 è stata scritta la Carta Europea dell’Acqua, la quale riporta che:<br />

1. non c’è vita senz’acqua<br />

2. le disponibilità di acqua dolce non sono inesauribili; è indispensabile preservarle,<br />

controllarle e se possibile accrescerle<br />

3. alterare la qualità dell’acqua significa nuocere alla vita dell’uomo e degli altri esseri<br />

viventi che da essa dipendono<br />

4. la qualità dell’acqua deve essere tale da soddisfare le esigenze delle utilizzazioni previste;<br />

ma deve specialmente soddisfare le esigenze della salute pubblica<br />

5. quando l’acqua, dopo essere stata utilizzata, viene restituita al suo ambiente naturale,<br />

essa non deve compromettere i possibili usi, tanto pubblici che privati, che di questo<br />

ambiente potranno essere fatti<br />

6. la conservazione di una copertura vegetale appropriata, di preferenza forestale, è essenziale<br />

per la conservazione delle risorse idriche<br />

7. le risorse idriche devono formare un oggetto di un inventario<br />

8. la buona gestione dell’acqua deve formare oggetto di un piano stabilito dalle autorità<br />

competenti<br />

9. la salvaguardia dell’acqua implica uno sforzo importante di ricerca scientifica, di<br />

formazione di specialisti e di informazione pubblica<br />

10. l’acqua è un patrimonio comune il cui valore deve essere riconosciuto da tutti;<br />

ciascuno ha il dovere di economizzarla e di utilizzarla con cura<br />

11. la gestione delle risorse idriche dovrebbe essere inquadrata nel bacino naturale<br />

piuttosto che entro frontiere amministrative o politiche<br />

12. l’acqua non ha frontiere; essa è una risorsa comune che necessita di una cooperazione<br />

internazionale.<br />

L’acqua nella società 39<br />

La Carta Europea<br />

dell’Acqua


40<br />

Proposte didattiche<br />

La tensione<br />

superficiale<br />

La capillarità<br />

1. Un tessuto a tenuta d’acqua<br />

Cosa occorre<br />

Una bottiglia, un pezzo di garza da medicazione, un elastico e dell’acqua.<br />

Come procedere<br />

Riempite la bottiglia con l’acqua e fissate la garza sull’imboccatura<br />

con l’elastico.<br />

Ora provate a rovesciare il tutto!!! La tensione superficiale si comporterà come<br />

una pelle e impedirà all’acqua di passare attraverso gli spazi nella trama della<br />

garza.<br />

Cosa occorre<br />

2. Il detersivo propulsore<br />

Alcuni piatti di plastica, forbici, una bacinella rettangolare, acqua pulita, pezzetti di sapone<br />

o sapone liquido.<br />

Come procedere<br />

Ricavate dalla base di un piatto una forma affusolata e<br />

praticate un piccolo incavo nella sua parte terminale.<br />

Disponete la forma nella bacinella piena d’acqua e in<br />

corrispondenza dell’incavo posizionate un pezzo di sapone<br />

(oppure lasciate cadere una goccia di sapone liquido).<br />

La vostra piccola zattera comincerà a muoversi sotto la spinta della<br />

tensione superficiale. La velocità della zattera dipende fortemente dalla geometria della<br />

forma utilizzata, per verificarlo organizzate gare di velocità fra forme diverse, un rettangolo,<br />

una circonferenza, un triangolo. Ricordate sempre di cambiare l’acqua dopo ogni<br />

prova.<br />

3. Versare acqua lungo la corda<br />

Cosa occorre<br />

Una caraffa, una corda, un contenitore vuoto.<br />

Come procede<br />

Riempite la caraffa di acqua e annodate una estremità della corda al suo<br />

manico. Fate passare la corda sopra il beccuccio della caraffa e tenete l’estremità<br />

libera appoggiata all’interno del contenitore. Allontanate poi il contenitore<br />

dalla caraffa in modo che la corda sia ben tesa e, tenendo la caraffa proprio<br />

sopra il contenitore, iniziate a versare l’acqua. L’acqua scorrerà lungo la corda.<br />

Dopo che il flusso è iniziato spostate la caraffa più in basso, quasi a lato del contenitore<br />

e la tensione superficiale farà si che l’acqua continui a scorrere lungo la corda.<br />

4. Giochi di carta<br />

Cosa occorre<br />

Carta liscia non lucida, matite, forbici, un contenitore<br />

e dell’acqua.<br />

Come procedere<br />

Disegnate sulla carta un fiore come indicato nella figura accanto. Coloratelo a piacere e<br />

ritagliatelo. Ripiegate i petali verso l’interno e poggiate il fiore nell’acqua, questa risalirà<br />

lentamente lungo i tubicini tra una fibra e l’altra, facendo aprire i petali del fiore.


5. Acqua, radici e assorbimento<br />

Cosa occorre<br />

Alcuni fiori bianchi (i garofani sono ideali), colorante per alimenti, un recipiente<br />

e dell’acqua.<br />

Come procedere<br />

Le radici hanno, accanto alla funzione di ancoraggio, la funzione di assorbire dal<br />

terreno acqua e sali minerali disciolti. Il meccanismo che permette l’assunzione<br />

di acqua dal terreno è molto complesso e coinvolge fenomeni quali la<br />

traspirazione, la capillarità, l’osmosi, la tensione superficiale. L’esperienza del<br />

garofano, facile da realizzare e di immediata comprensione, sarà l’occasione per introdurre<br />

questi argomenti. Procuratevi dei fiori bianchi, ad esempio garofani, e immergeteli in<br />

acqua colorata. Dopo qualche giorno l’acqua colorata, assorbita dagli steli, avrà raggiunto<br />

e colorato i petali. Più intensa è la colorazione dell’acqua, più intenso sarà il colore che<br />

osserverete. Potete anche tagliare il gambo di un fiore, ovviamente prima di immergerlo<br />

nel colorante, per 5-6 cm dal fondo. Con il nastro adesivo bloccate il taglio in modo tale<br />

da impedire che lo stelo si spezzi, immergete quindi metà stelo nell’acqua colorata e metà<br />

nell’acqua non colorata. Osservate il risultato e discutetelo con i ragazzi.<br />

6. Prove di riscaldamento<br />

Cosa occorre<br />

Un fornellino, un tegame, un termometro, un misurino, un cronometro, liquidi da<br />

analizzare (acqua, olio, latte).<br />

Come procedere<br />

Misurate un certo quantitativo di olio con il misurino, prendete nota della<br />

quantità e versatelo nel tegame. Accendete il fornellino e riscaldate<br />

il tegame per 5 minuti. Misurate la temperatura raggiunta dall’olio.<br />

Ora ripetete l’operazione con le altre sostanze, utilizzando la stessa quantità<br />

di liquido e riscaldandolo con la medesima fonte di calore per lo<br />

stesso tempo. Misurate poi le temperature raggiunte, quale dei liquidi è<br />

diventato più caldo? Cosa significa?<br />

Un consiglio: lasciate riposare i liquidi per circa un’ora prima di cominciare in<br />

modo da avere la stessa temperatura di partenza.<br />

7. Cosa si scioglie e cosa no?<br />

Cosa occorre<br />

Acqua, sale, zucchero, farina, olio, cacao, segatura, caffè, vino, colori a tempera, sabbia,<br />

sapone da bucato, riso, contenitori trasparenti.<br />

Come procedere<br />

Mettete a disposizione degli studenti tante sostanze diverse e altrettanti contenitori di plastica<br />

trasparente. Fate riempire per metà i contenitori d’acqua e fatela assaggiare. Poi<br />

aggiungete un cucchiaino, ad esempio, di sale da cucina, mescolate e stimolate i ragazzi ad<br />

osservare cosa succede e ad assaggiare nuovamente la soluzione. Il sale sarà scomparso e<br />

l’acqua diventata salata. Aggiungete dell’altro sale, osservate ed assaggiate ancora. Fino a<br />

quando potrete aggiungere sale? Ripetete l’esperienza con altre sostanze, sia solubili sia<br />

insolubili, come ad esempio l’olio d’oliva, la farina ecc. e registrate i cambiamenti osservati.<br />

Proposte didattiche 41<br />

Il calore<br />

specifico<br />

Le soluzioni


42<br />

Proposte didattiche<br />

Le caratteristiche<br />

chimiche dell’acqua<br />

8. Sollevare il ghiaccio con un fiammifero<br />

Cosa occorre<br />

Una vaschetta d’acqua, un cubetto di ghiaccio, un fiammifero, un po’ di sale.<br />

Come procedere<br />

Sapreste sollevare un cubetto di ghiaccio con un fiammifero? Come in tutti i<br />

giochi di prestigio anche in questo caso esiste il trucco. Per riuscirci si sfrutta,<br />

infatti, la proprietà che hanno i sali di abbassare la temperatura di congelamento<br />

dell’acqua, ecco il motivo per cui il sale è sparso d’inverno sulle strade per<br />

prevenire la formazione del ghiaccio o per facilitare il suo scioglimento.<br />

Appoggiate un fiammifero, disposto orizzontalmente, sul cubetto di ghiaccio e<br />

ponete un po’ di sale attorno al fiammifero stesso. Il sale, abbassando la temperatura<br />

di congelamento, scioglierà una sottile pellicola di ghiaccio e il fiammifero<br />

‘sprofonderà’ di qualche millimetro. In poco tempo il fiammifero sarà imprigionato nel<br />

ghiaccio, e potrà essere utilizzato per sollevare il cubetto. Questo è anche quello che<br />

succede quando si pattina sul ghiaccio. Il peso del pattinatore provoca la fusione del<br />

ghiaccio sotto le lamine dei pattini e il sottile strato d’acqua creatosi consente di scivolare.<br />

Subito dopo il passaggio del pattinatore l’acqua si congela nuovamente.<br />

9. L’uovo magico<br />

Cosa occorre<br />

Due bicchieri grandi, dell’acqua, 10 cucchiaini di sale da<br />

cucina, due uova intere.<br />

Come procedere<br />

Mescolate il sale in mezzo bicchiere d’acqua e riempite a<br />

metà con acqua dolce l’altro bicchiere, poi inserite le uova,<br />

una in ciascun bicchiere. Come vi potete facilmente immaginare l’uovo in acqua salata<br />

galleggerà e quello in acqua dolce andrà a fondo (per il principio di Archimede i corpi subiscono<br />

una spinta verso l’alto pari al peso del volume di liquido spostato, quindi l’acqua<br />

salata pesa di più, a parità di volume l’uovo in acqua salata riceve una spinta maggiore).<br />

Ma l’esperimento non è tutto qui. Ora versate l’acqua dolce e l’acqua salata nei due<br />

bicchieri, riempiendoli per metà. Poi, lentamente versate l’acqua dolce in quella salata,<br />

senza mescolare i due liquidi e, a questo punto immettete delicatamente l’uovo.<br />

Se l’esperimento è riuscito dovreste vedete l’uovo galleggiare sull’acqua salata, esattamente<br />

a metà del vostro bicchiere.<br />

10. L’analisi del pH con il cavolo rosso<br />

Cosa occorre<br />

Un cavolo rosso di piccole dimensioni, 1 litro di acqua<br />

distillata, un colino, un contenitore, un<br />

campione di soluzione da analizzare<br />

(succo di limone, acqua piovana ecc.).<br />

Come procedere<br />

Prendete il cavolo rosso, tagliatelo in strisce<br />

sottili e mettetelo nel contenitore dove si è fatta bollire l’acqua distillata.<br />

Lasciate il cavolo in infusione nell’acqua bollente per mezz’ora, fino a completo raffredda-


mento. Passate il liquido, di colore porpora scuro, col colino. Versate un po’ di indicatore in<br />

un vasetto; aggiungete un po’ di liquido o soluzione da analizzare e constatare il cambio<br />

di colore.<br />

L’acidità fa diventare rosso l’indicatore, mentre assume le tonalità del blu fino all’azzurro<br />

per soluzioni tendente alla basicità. L’acqua distillata non ha effetto sull’indicatore perché<br />

è pura, perciò neutra. Essa rappresenta un utile esempio di confronto. L’acqua di rubinetto<br />

raramente è neutra, dato che spesso contiene impurità che la rendono leggermente<br />

alcalina, facendo diventare azzurro l’indicatore.<br />

11. Misuriamo la durezza<br />

Cosa occorre<br />

Acqua del rubinetto (o qualsiasi<br />

campione di acqua che si vuole analizzare), acqua<br />

distillata, un contagocce, del sapone liquido,<br />

due vasetti con tappo a vite, un vasetto piccolo.<br />

Come procedere<br />

Per prima cosa miscelate, nel vaso più piccolo, sapone liquido e acqua<br />

distillata in eguali quantità. Poi versate dell’acqua distillata in un<br />

barattolo e una quantità eguale di acqua del rubinetto nell’altro.<br />

Con il contagocce mettete una goccia di soluzione nell’acqua distillata, chiudete il barattolo<br />

e agitate. Aggiungete una goccia alla volta fino a quando non ottenete la schiuma.<br />

Attenzione a non perdere il conto delle gocce utilizzate, l’acqua distillata vi serve<br />

infatti come termine di confronto per stabilire la durezza dell’acqua in esame.<br />

Prendete ora il barattolo con l’acqua del rubinetto e iniziate ed aggiungere gocce di<br />

soluzione. Contate quindi quante ne servono per ottenere la schiuma. Più ne servono<br />

più l’acqua è dura. Confrontate il vostro risultato con quello ottenuto con acqua distillata<br />

e magari con acque di provenienze diverse (acqua minerale, acqua piovana ecc..)<br />

I movimenti dell’acqua in natura sono regolati da diversi fattori. Il vento, ad esempio<br />

innesca il moto ondoso, le diverse temperature favoriscono i moti verticali degli strati di<br />

acqua negli oceani e nei laghi, ma è la forza di gravità. Che innesca il movimento delle<br />

acqua correnti. Grazie alla forza di gravità infatti l’acqua scorre verso il “basso”, modellando<br />

torrenti impetuosi, spettacolari cascate e il lento fluire dei fiumi.<br />

12. Indovina il livello<br />

Cosa occorre<br />

Cartoncini colorati, matita e forbici.<br />

Come procedere<br />

Ritagliate da quattro cartoncini altrettante sagome di<br />

bottiglia e disponetele, ad esempio sulla lavagna, tenendo come<br />

riferimento un segmento orizzontale, come segue: una verticale, una leggermente inclinata,<br />

una molto inclinata e una appoggiata sul fianco (orizzontale). Ora provate a chiedere<br />

ai bambini di disegnare col pennarello il livello dell’acqua se le bottiglie fossero piene per<br />

tre quarti. Difficilmente tracceranno dei segni orizzontali, più comunemente il tratto<br />

seguirà l’inclinazione della bottiglia. Non si può mai dire, potrebbero sorprenderci!<br />

Proposte didattiche 43<br />

L’acqua va...<br />

in giù, in su,<br />

a livello


44<br />

Il galleggiamento<br />

Proposte didattiche<br />

A questo punto verificate con una bottiglia d’acqua riempita per tre quarti, fatele assumere<br />

le inclinazioni delle bottiglie disegnate e controllate insieme se le ipotesi fatte hanno<br />

un riscontro nella realtà.<br />

13. Un vulcano sott’acqua<br />

Cosa occorre<br />

Una bottiglietta, un contenitore con acqua fredda, un po’ di spago<br />

e del colorante alimentare.<br />

Come procedere<br />

Per prima cosa annodate lo spago al collo della bottiglietta (tipo fialette dei<br />

medicinali), riempitela d’acqua molto calda, aggiungendo qualche goccia di colorante per<br />

rendere evidente il movimento dell’acqua. Introducete lentamente la bottiglietta nel<br />

contenitore di acqua fredda: vedrete risalire l’acqua colorata verso l’alto come in una eruzione,<br />

lentamente il colore si diffonderà uniformando il contenuto della bottiglia.<br />

La spiegazione è piuttosto semplice: l’acqua calda è meno densa, e quindi più leggera, di<br />

quella fredda, e tende perciò a risalire verso la superficie del vaso.<br />

14. Giochi di “pressione” ed ecco: la fontana<br />

Cosa occorre<br />

Tre vasetti di vetro di cui uno col tappo di sughero, due cannucce, della<br />

plastilina, acqua e coloranti alimentari.<br />

Come procedere<br />

Praticate due fori in un tappo di sughero e inserite due cannucce.<br />

Riempite un vasetto d’acqua colorata e inserite il tappo regolando<br />

l’altezza delle cannucce in modo che: una sia a filo del tappo e l’altra<br />

entri per metà nel vasetto. A questo punto sigillate lo spazio attorno<br />

alle cannucce con della plastilina. Riempite il secondo vasetto con<br />

l’acqua colorata, tappate le cannucce con le dita, capovolgete il primo<br />

vasetto e posizionatelo sopra il secondo in modo che la cannuccia che<br />

sporge si immerga nell’acqua di quest’ultimo. Sistemate ora il terzo vasetto<br />

sotto l’altra cannuccia, vedrete l’acqua risalire dal secondo vasetto attraverso la<br />

cannuccia formando una fontanella. Il principio di funzionamento è<br />

il seguente: l’acqua scendendo dal primo al terzo vasetto riduce la pressione<br />

dell’aria nel primo, che risucchia quindi verso l’alto l’acqua dal secondo.<br />

Perché alcuni oggetti galleggiano ed altri no? Dipenderà forse dal loro peso? E se così<br />

fosse perché una grande nave che pesa molto sta a galla, mentre una piccola biglia di<br />

vetro che pesa poco sprofonda? E allora gli oggetti grandi galleggiano meglio di quelli piccoli?<br />

La forma di un oggetto fa qualche differenza? Sono solo alcune osservazioni e<br />

domande che possono innescarsi parlando del fenomeno del galleggiamento.<br />

15. E’ una questione di forma?<br />

Cosa occorre<br />

Un contenitore con dell’acqua e 2 fogli di alluminio per alimenti.


Come procedere<br />

Si tratta di un esperimento molto semplice che può essere realizzato<br />

direttamente dai bambini, anche dai più piccoli. Appoggiate il foglio di<br />

alluminio sull’acqua, cosa succede? In base al suo peso specifico dovrebbe<br />

andare a fondo, invece grazie alla sua forma (superficie molto ampia<br />

in rapporto al suo peso), lo vedrete galleggiare.<br />

Ore prendete il secondo foglio e ripiegatelo su se stesso tante volte fino a farlo diventare<br />

un pacchettino, facendo bene attenzione a togliere l’aria tra una ripiegatura e l’altra.<br />

A questo punto disponetelo nell’acqua, questa volta lo vedrete andare a fondo.<br />

Che cosa è cambiato rispetto a prima?<br />

16. La danza acquatica<br />

Cosa occorre<br />

Un recipiente di vetro pieno di acqua gassata e dell’uvetta.<br />

Come procedere<br />

Mettete alcuni acini di uvetta nell’acqua gassata e osservate cosa succede<br />

dopo pochi minuti. All’inizio l’uvetta affonderà, ma non appena le bollicine<br />

del gas rimarranno intrappolate tra le grinze degli acini, essi diventeranno<br />

meno densi del liquido e cominceranno a risalire. Giunti in superficie le<br />

bollicine scoppieranno e gli acini torneranno sul fondo. Il processo si ripeterà<br />

più volte trasformando il movimento dell’uvetta in una danza acquatica!!<br />

17. La camera a nebbia<br />

Cosa occorre<br />

Un vaso di vetro a bocca larga, un guanto di gomma, acqua e fiammiferi.<br />

Come procedere<br />

Vi sareste mai immaginati di poter far apparire e scomparire una nuvola in<br />

un barattolo? Non solo è possibile ma è anche facile e divertente!!.<br />

Versate un po’ d’acqua calda in un vaso di vetro, in modo da coprirne<br />

appena il fondo; introducetevi un guanto, con le dita in giù, e<br />

appendetelo stendendo la sua estremità aperta intorno alla bocca<br />

del recipiente. Infilate la mano nel guanto e tiratela velocemente<br />

verso l’esterno, senza danneggiare la tenuta della chiusura.<br />

Poi togliete il guanto, fate cadere nel vaso un fiammifero acceso<br />

(è la presenza delle particelle di fumo che favorisce il processo di condensazione)<br />

e rimettete il guanto al posto di prima. Tirate ancora una volta verso l’esterno:<br />

si formerà la nebbia. Ora provate a lasciare andare il guanto, la nebbia sparirà.<br />

Continuate a giocare e …. buon divertimento!<br />

18. Il battello a vapore<br />

Cosa occorre<br />

Un guscio d’uovo, una barchetta di cartone, una candela, del filo di ferro, un po’ d’acqua,<br />

una bacinella.<br />

Come procedere<br />

Prendete una barchetta di cartone o di polistirolo e collegate le sponde della barchetta con<br />

Proposte didattiche 45<br />

I passaggi di stato


46<br />

Il ciclo dell’acqua<br />

Proposte didattiche<br />

filo di ferro sagomandolo in modo che possa sorreggere un<br />

guscio d’uovo. Praticate un piccolo foro nella punta di un<br />

guscio, vuotatene il contenuto e riempitelo poi con l’acqua in<br />

modo che, disposto l’uovo orizzontalmente, il livello dell’acqua giunga un po’ al di sotto<br />

del foro. Posizionate ora il battello nell’acqua, un pezzetto di candela all’interno, il guscio<br />

pieno d’acqua con il foro rivolto all’indietro sul supporto creato al di sopra della candela<br />

accesa. Trascorsi alcuni minuti l’acqua comincerà a bollire e un filo di vapore uscirà<br />

attraverso l’estremità perforata del guscio facendo muovere il battello.<br />

19. Pozzanghere e terreni: asserviamo il fenomeno dell’infiltrazione<br />

Cosa occorre<br />

Una vaschetta trasparente, il collo di una bottiglia di plastica tagliato a metà, terreni con<br />

diversa granulometria (da sabbiosi ad argillosi).<br />

Come procedere<br />

L’esperienza proposta permette di vedere in che modo e in quanto tempo un uguale quantitativo<br />

di acqua filtra attraverso tipi diversi di terreno. In uno dei lati lunghi della vaschetta<br />

posizionate il collo della bottiglia, tagliato a metà in senso longitudinale, in modo che<br />

il bordo superiore sia a livello della superficie, fermatelo con nastro adesivo e riempite la<br />

vaschetta con il terreno che volete esaminare. Versate rapidamente l’acqua all’interno dell’imbuto<br />

sino a riempirlo. Osservate quindi la velocità di infiltrazione e come l’acqua<br />

diffonde nel terreno, prendete nota di quanto tempo è necessario perché l’acqua filtri<br />

completamente nel terreno ed eventualmente di quanta acqua è necessaria per saturarlo.<br />

Potete ripetere l’esperienza con diversi tipi di terreno e variando la quantità d’acqua.<br />

20. Il mini pianeta<br />

Cosa occorre<br />

Una campana per il formaggio con coperchio trasparente<br />

(oppure un vaso di vetro trasparente da marmellate), muschio<br />

vivo e piantine, spruzzatore.<br />

Come procedere<br />

Questa esperienza permetterà di osservare l’autoregolazione di un sistema vivente nel ciclo<br />

chiuso della materia. Adagiate il muschio, abbiate cura di raccogliere la zolla di muschio<br />

insieme al terriccio che trattiene, sul piano della campana da formaggio. Sovrapponete il<br />

coperchio e fate in modo di raggiungere il giusto equilibrio idrologico aggiungendo acqua<br />

o lasciando evaporare sino a che di giorno la campana sia per metà appannata e per metà<br />

trasparente. Raggiunto l’equilibrio sigillate il bordo con colla universale.<br />

Il vostro mini-pianeta, opportunamente esposto alla luce è a questo punto autonomo, gli<br />

organismi animali, acari, insetti, ecc., che vivono nel muschio insieme agli organismi<br />

vegetali, all’acqua e ai componenti minerali permettono lo svilupparsi del ciclo della<br />

materia e la luce proveniente dall’esterno fornisce il flusso energetico necessario alla vita.<br />

21. Tornado in bottiglia<br />

Cosa occorre<br />

Due bottiglie di plastica da 2 litri, una rondella piatta con un foro da 1 cm, un po’ di nastro


sigillante per guarnizioni idrauliche, forbici e acqua.<br />

Come procedere<br />

Con poco materiale e un po’ di abilità potete produrre dei gorghi che non hanno<br />

nulla da invidiare a quelli che si formano ovunque vi sia una forte corrente d’acqua.<br />

Riempite d’acqua per 2/3 una delle due bottiglie e appoggiate una rondella sulla<br />

sua imboccatura. Avvolgete attorno al bordo della rondella e dell’imboccatura il<br />

nastro adesivo facendo attenzione a non tappare il foro centrale. Ore capovolgete<br />

la bottiglia vuota e, con il nastro adesivo, fissate la sua imboccatura su quella<br />

della prima bottiglia. Avvolgete i colli delle bottiglie con diversi giri di nastro isolante<br />

in modo da realizzare una giuntura molto resistente. Dopo aver controllato<br />

che le bottiglie non perdano, reggete quella piena con una mano e con l’altra stringete<br />

i colli uniti. Tenendo le bottiglie orizzontali, fatele ruotare alcune volte con<br />

movimento circolare, poi riportatele in posizione verticale, sollevando quella piena.<br />

Se il vortice non compare, fate ruotare ancora un po’ le bottiglie o giratele nella<br />

direzione opposta. Dopo qualche tentativo vedrete che il vortice si formerà.<br />

22. Onde in bottiglia<br />

Cosa occorre<br />

Una bottiglia di vetro trasparente<br />

(possibilmente piatta), un tappo per<br />

chiudere ermeticamente la bottiglia, olio di semi, acqua, acquaragia o diluente per<br />

vernici, colorante per alimenti.<br />

Come procedere<br />

Lavate la bottiglia, togliete l’etichetta, riempite d’acqua fino a metà e aggiungere qualche<br />

goccia di colorante. Riempite poi circa 2/3 dello spazio rimanente con l’olio di semi e<br />

aggiungete l’acquaragia necessaria a riempire la bottiglia. Stringete bene il tappo.<br />

Ora appoggiare la bottiglia sul lato e lasciarla ferma per qualche minuto. L’acqua colorata<br />

scenderà verso il fondo e sarà netto il passaggio tra quest’ultima e la miscela di olio e<br />

diluente. Ora provate a muovere la bottiglia su e giù. E’ un minuscolo oceano che si può<br />

controllare a piacimento: bonaccia e calma piatta o mare in tempesta, se preferite.<br />

23. Il movimento dentro l’acqua<br />

Cosa occorre<br />

Organismi marini di diverse specie.<br />

Come procedere<br />

Se in classe è stato allestito un acquario, piccolo o grande che sia, i ragazzi avranno già<br />

avuto modo di osservare i pesci muoversi. Potranno essere le osservazioni già compiute che<br />

permettono l’inizio di questa attività legata al movimento.<br />

Si inizia chiedendo se i pesci sono progettati apposta per nuotare e quale dovrebbe essere<br />

la forma più adatta per andare veloce (i pesci veloci sono affusolati, i pesci piatti sono<br />

invece molto più lenti ecc.). Oltre alla forma affusolata i pesci hanno anche altre strutture<br />

utili al movimento. L’indagine sulle strutture potrà essere compiuta con l’ausilio di<br />

alcuni pesci ‘veri’. Procuratevi una sardina, un paganello, un’acciuga, una sogliola e una<br />

mazzola, e osservate la forma e la posizione delle loro pinne. Quante sono e a cosa servono?<br />

(N.B. la pinna caudale imprime il movimento, le pinne dorsali e anali stabilizzano il<br />

Proposte didattiche 47<br />

Gli ambienti<br />

d’acqua


48<br />

Proposte didattiche<br />

nuoto in senso laterale (rollio), le pinne pettorali e ventrali stabilizzano il nuoto in senso<br />

orizzontale (beccheggio) e permettono i movimenti laterali e di retromarcia).<br />

Ma tutti gli organismi del mare nuotano e si spostano così veloci? Basterà far trovare una<br />

mattina nell’acquario qualche mollusco e una piccola medusa, finta, per portare l’osservazione<br />

sugli organismi che “camminano” sul fondale e su quelli che, particolarmente pigri,<br />

si lasciano trasportare dalle correnti. In questo modo, senza fatica, i piccoli avranno chiara<br />

la distinzione tra: organismi che vivono sul fondale, il benthos, organismi che nuotano<br />

attivamente, il necton e organismi che si lasciano trasportare, il plancton.<br />

24. Il plancton: come lasciarsi trasportare dalle correnti<br />

Cosa occorre<br />

Microscopi a trasmissione, capsule Petri, vetrini copri e porta oggetto, pipette, campioni di<br />

plancton d’acqua dolce e d’acqua salata.<br />

Come procedere<br />

L’attività si riallaccia a quanto già proposto a proposito del galleggiamento.<br />

Dopo aver raccontato che si osserveranno organismi molto piccoli e strani, chiedete a un<br />

bambino se sa nuotare, e come si comporta quando è stanco per riposarsi in acqua.<br />

Fategli mimare il “morto”, facendo notare che ciò che cambia è la superficie di contatto<br />

con l’acqua e non il peso. Anche gli organismi del plancton aumentano la loro capacità di<br />

galleggiamento ampliando la superficie di contatto con l’acqua attraverso strutture come<br />

appendici, flagelli, ciglia, lunghe antenne, ecc. Fategliele osservare! E se li ritenete capaci,<br />

fategli disegnare l’organismo più strano, oppure più simpatico che vedono.<br />

Proseguite chiedendo se sanno qual è la funzione dei salvagenti, e spiegate che anche gli<br />

organismi del plancton possono avere dei salvagenti, o meglio dei vacuoli contenenti aria<br />

oppure sostanze oleose, che facilitano il galleggiamento.<br />

Fatevi raccontare le forme che vedono, ricorrete al mimo se fate osservare campioni di<br />

plancton vivo. Si divertiranno e per voi sarà l’occasione per raccontare stranezze e<br />

particolarità di questi piccoli organismi.<br />

25. Respirare nell’acqua<br />

Cosa occorre<br />

Una vaschetta, un pennello grande e l’acqua.<br />

Come procedere<br />

Utilizzando un’ immagine di un pesce, l’insegnante racconterà la vita di<br />

questo organismo nell’acqua, cercando di dare importanza soprattutto agli<br />

organi di senso. Si procederà chiedendo agli alunni di identificare sulla<br />

testa del pesce gli occhi, la bocca, le narici. Ma come fanno i pesci a<br />

respirare sott’acqua? A questo punto si introduce l’esperienza. Dopo aver<br />

mostrato dal vivo o con un disegno la struttura delle branchie, si immergerà<br />

il pennello in acqua chiedendo di descrivere cosa succede quando<br />

lo si estrae. Si osserverà così che: quando il pennello è immerso le setole si allargano, e<br />

quando è emerso aderiscono tra loro. Una volta completato l’esperimento si fa il parallelo<br />

con le branchie del pesce spiegando che le branchie si comportano come le setole del<br />

pennello: se sono immerse si allargano e riescono a catturare l’ossigeno, se sono emerse si<br />

stringono e il pesce muore.


26. Costruiamo uno stagno<br />

Cosa occorre<br />

Un telone di PVC, sabbia, terreno, piante acquatiche, acqua di stagno naturale.<br />

Come procedere<br />

Gli stagni hanno bisogno di un rivestimento impermeabile robusto, affinché l’acqua non<br />

vada dispersa. A questo proposito ci sono diversi modi di fare uno stagno: costruirne uno<br />

di cemento, usare una vasca di plastica oppure rivestire un avvallamento nel terreno con<br />

un telone plastificato. Gli stagni di plastica hanno un aspetto piuttosto artificiale, mentre<br />

quelli di cemento si fessurano facilmente, quelli dell’ultimo tipo hanno invece un aspetto<br />

naturale e durano a lungo. Si può usare un foglio di PVC o meglio ancora gomma<br />

butyl di almeno 1mm di spessore e di colore nero. La prima cosa da fare è<br />

scavare lo stagno fino alla profondità prestabilita, non inferiore ai<br />

60-70 cm per evitare che sia danneggiato dal gelo dell’inverno<br />

e ricordando di considerare i 20 cm oltre la profondità desiderata<br />

per lo spessore dei due strati di terriccio e del foglio di gomma.<br />

Rimuovete sassi e pietre dal fondo e dai bordi dello scavo e<br />

rivestitelo completamente con uno strato di giornali o di sabbia.<br />

Poi stendete il rivestimento di gomma, coprendo il fondo e i lati<br />

dell’invaso, lasciando un margine di 30 cm tutto intorno. Sopra il foglio<br />

di gomma stendete un po’ di terra o sabbia. Riempite lo stagno di acqua<br />

poco alla volta, ritagliate e sotterrate i bordi del rivestimento perché<br />

l’esposizione al sole lo può danneggiare.<br />

Aspettate circa una settimana prima di piantare qualcosa. E’ opportuno piantare<br />

prima le piante che hanno una parte sommersa come il Potamogeto, la ninfea, il Nannufero<br />

e la Sagittaria e poi piante emergenti come la Tifa, il Giunco e l’iris acquatico.<br />

La popolazione animale colonizzerà lo stagno per ultima quando la vegetazione si<br />

sarà ben insediata; la maggior parte degli animali arriveranno spontaneamente, altri<br />

invece dovranno essere introdotti direttamente aggiungendo qualche secchio d’acqua<br />

proveniente da altri stagni naturali.<br />

27. Costruiamo una trappola luminosa<br />

Cosa occorre<br />

Una pila, un vasetto di vetro con coperchio, tubo di plastica, rete metallica, corda.<br />

Come procedere<br />

Molti animali acquatici sono attirati dalla luce, potrete così facilmente catturarli utilizzando<br />

una trappola luminosa come quella proposta. Chiudete una piccola pila accesa in un<br />

vasetto vuoto di vetro. Sistemate il vasetto in un tubo di plastica o metallo di circa 20 cm<br />

di diametro, chiudete un’apertura del tubo con un coperchio e fissate all’altra una fitta rete<br />

metallica sagomata a forma di imbuto. Dotate la vostra trappola di una maniglia per<br />

immergerla, opportunamente legata, nell’acqua, abbiate cura di sistemarla con l’imboccatura<br />

contro corrente.<br />

28. Piante acquatiche e terrestri a confronto<br />

Cosa occorre<br />

Una pianta acquatica e una terrestre, tessere puzzle di alcune specie vegetali e disegni dei<br />

Proposte didattiche 49


50<br />

Proposte didattiche<br />

loro ambienti.<br />

Come procedere<br />

Potrà capitare durante un’escursione, ad esempio al fiume, di osservare piante che vivono<br />

completamente o parzialmente immerse nell’acqua. Se volete centrare l’attenzione su questo<br />

argomento è necessario che i ragazzi abbiano già confidenza con gli organi che caratterizzano<br />

una pianta terrestre (radici, fusto, foglie) e sulle funzioni che gli stessi svolgono.<br />

Procuratevi una pianta acquatica e una terrestre e iniziate il confronto. Le radici della pianta<br />

terrestre sono più lunghe e ramificate per la necessità di penetrare nel suolo alla ricerca<br />

dell’acqua mentre la pianta acquatica non ha questa necessità e le sue radici sono di<br />

solito più corte e distribuite lungo il fusto. Il fusto della pianta terrestre deve essere in<br />

grado di sostenere l’apparato fogliare, nelle piante acquatiche il fusto non ha questa<br />

funzione e la pianta estratta dall’acqua si affloscia immediatamente. Le foglie presentano<br />

adattamenti osservabili a livello microscopico, potete però fissare l’attenzione sulla loro<br />

capacità di vivere completamente immerse nell’acqua.<br />

Dopo aver effettuato queste osservazioni si può introdurre un gioco. Preparate una serie<br />

di immagini di radici, foglie, fusti, ecc. semplicemente ritagliandole da giornali e, a parte,<br />

le immagini degli ambienti: lo stagno, il deserto, il bosco, il mare, dove le stesse specie vivono.<br />

Proponete ai bambini di ricostruire i puzzle delle specie collegando, anche grazie alla<br />

forma dei tasselli, le radici, il fusto e la foglia giusta. Controllate i risultati e continuate il<br />

gioco mostrando a sorpresa un ambiente. I bambini dovranno riconoscere la specie<br />

vegetale che vive in quell’ambiente. Commentate con loro ancora una volta le forme e i<br />

motivi degli adattamenti più vistosi.<br />

29. Vita nel “deserto-duna”: acqua e adattamenti<br />

Cosa occorre<br />

Disegni di ambienti “estremi”: deserto, bosco, prateria, disegni delle piante della duna.<br />

Come procedere<br />

L’insegnante introdurrà l’argomento: adattamenti delle piante e fattori dell’ambiente.<br />

Un bambino per volta sarà invitato a “entrare” con la fantasia in uno degli ambienti di cui<br />

l’insegnante mostrerà le immagini, chiedetegli di non svelare in quale ambiente si trova e<br />

di descriverlo ai compagni. Per agevolarli l’insegnante puntualizzerà tra i diversi fattori<br />

ambientali quelli che risultano particolarmente importanti per la vita vegetale terrestre: la<br />

presenza-assenza del suolo, l’escursione termica, la disponibilità di acqua. Alla descrizione<br />

seguirà l’individuazione dell’immagine “giusta” da parte dei compagni. Il percorso prosegue<br />

nell’ambiente duna, presentando i fattori ambientali limitanti, e gli adattamenti sviluppati<br />

dalle specie vegetali come risposta.<br />

Va sottolineato che gli adattamenti citati riguardano ora l’una, ora l’altra pianta che vive<br />

sulla duna. Aiutandosi con le immagini delle pianticelle, o ancor meglio programmando<br />

l’attività in natura, i bambini dovranno riconoscere gli adattamenti e collegarli con i<br />

fattori che li hanno determinati. Sarà interessante identificare quale specie presenta il<br />

maggior numero di adattamenti e qual è l’adattamento più ricorrente.<br />

Una caratteristica peculiare della comunità vegetale che abita la duna costiera, è la<br />

disposizione delle specie in fasce disposte parallelamente alla costa, ognuna delle quali<br />

corrispondente a una differente situazione ecologica. In linea teorica partendo dalla porzione<br />

di duna più vicina al mare, e proseguendo verso l’entroterra, si incontrano quattro<br />

fasce vegetazionali: il Cakileto, l’Agropireto, l’Ammofileto e il Tortuleto. Nella prima delle<br />

quattro fasce, il Cakileto, si rinvengono piante ad habitus tendenzialmente grasso: possia-


mo citare il Ravastrello marino (Cakile maritima), la Salsola (Salsola kali) e la Nappola<br />

(Xanthium italicum), tutte scarsamente capaci di coprire il suolo e generalmente presenti<br />

a notevoli distanze individuali. Le prime comunità stabili di vegetali iniziano a formarsi là<br />

dove non arrivano le onde marine: è rilevante in questa seconda fascia vegetazionale nota<br />

come Agropireto, la presenza di una pianta pioniera, la Gramigna delle spiagge (Agropyron<br />

junceum), una graminacea con radici rizomatose sotterranee molto lunghe. Molto più<br />

organizzata appare la successiva fascia vegetazionale, l’Ammofileto, che si insedia in una<br />

parte dell’arenile caratterizzato dall’alternarsi di zone depresse e zone sopraelevate.<br />

Sulle creste domina una graminacea cespugliosa dal carattere xerofilo (amante<br />

dell’aridità), lo Sparto pungente (Ammophila arenaria), costituendo un efficacissimo ostacolo<br />

alla sabbia trasportata dal vento che viene trattenuta nei suoi densi cespugli. Negli<br />

avvallamenti invece si assiste ad iniziali concentrazioni di piante tendenzialmente igrofile.<br />

Nell’area retrodunale osserviamo infine la presenza di una comunità di vegetali dominata<br />

da un muschio, la Tortula ruralis, che trattiene grandi quantità d’acqua che viene poi<br />

ceduta lentamente. Va sottolineato inoltre che in questa porzione della duna il suolo non<br />

è inclinato, per cui è molto stabile, mancando l’azione erosiva delle acque di pioggia.<br />

30. L’osmosi e l’esparimento della patata<br />

Cosa occorre<br />

Una patata, un pelapatate, sale da cucina, acqua, un piatto fondo di plastica,<br />

un cucchiaino.<br />

Come procedere<br />

Tagliate la patata per il lungo e con il cucchiaino scavatene l’interno fino<br />

formare una conca, poi pelatela e mettetela al centro del piatto.<br />

Riempite la conca di sale e il piatto di acqua, facendo attenzione a che<br />

questa non superi il bordo della patata. Nel giro di qualche ora l’acqua<br />

attraverserà la patata fino ad arrivare a bagnare il sale. Ciò accade grazie al fenomeno<br />

dell’osmosi, per il quale le molecole d’acqua migrano spontaneamente, attraverso le membrane<br />

semipermeabili, da una soluzione più diluita a una più concentrata.<br />

31. L’acquario d’acqua dolce<br />

Cosa occorre<br />

Vaschetta, arredo vasca, pesciolini.<br />

Come procedere<br />

Avere un acquario in classe significa offrire ai ragazzi l’occasione<br />

di poter osservare liberamente un organismo e anche di abituarsi<br />

ad occuparsene direttamente, sviluppando il senso di responsabilità.<br />

Se si decide di provare questa esperienza si può iniziare con un piccolo acquario di acqua<br />

dolce per il quale non sono necessarie particolari attenzioni. Una volta scelta la vasca, che<br />

può essere in vetro ma anche in plastica, si potrà scegliere di dotarla di un piccolo filtro<br />

che provvede direttamente a tenere pulita l’acqua oppure si deve aver cura, a giorni alterni,<br />

di cambiare l’acqua, non totalmente, ma per circa i tre quarti, sostituendola con acqua<br />

lasciata sedimentare almeno 12 ore. Si provvederà poi a scegliere un minimo di arredo,<br />

piccole piante acquatiche, sassolini per il fondo, ecc. sono tra gli elementi decorativi più<br />

comuni. Se non si dota la vasca di un filtro sarà necessario, durante le operazioni di pulizia<br />

della vaschetta, catturare i pesciolini, preferibilmente con il retino, e trasferirli in un<br />

Proposte didattiche 51


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L’acqua e la città<br />

Proposte didattiche<br />

piccolo contenitore con parte dell’acqua. Riguardo l’alimentazione l’unica avvertenza è<br />

quella di non esagerare con la quantità!<br />

Se lo si desidera è possibile avventurarsi anche nell’allestimento di un acquario marino,<br />

affascinante ma molto più complesso e dispendioso nella gestione.<br />

32. L’acqua che corrode la roccia: stalattiti e Co.<br />

Cosa occorre<br />

Filo di lana, fermagli, una brocca, un piattino, due vasetti di vetro di uguale altezza, soda<br />

da bucato e un cucchiaio.<br />

Come procedere<br />

Oltre ad infiltrarsi nel terreno l’acqua è anche in grado di erodere rocce, come il calcare o<br />

la marna, dando luogo a quel fenomeno denominato carsismo. La successiva deposizione<br />

dei sali disciolti nell’acqua, dovuta al gocciolio costante, dà poi luogo alla formazione di<br />

strutture quali: stalattiti, stalagmiti ed altre concrezioni.<br />

Per poter osservare “in diretta” la formazione di una stalattite procedete in<br />

questo modo: riempite i vasetti con acqua molto calda. Aggiungete la soda e<br />

mescolate la soluzione, continuate ad aggiungere sino a portare la soluzione<br />

a saturazione. Fissate il filo di lana con i fermagli, e inserite le due estremità<br />

nei vasetti. Mettete poi il piatto fra i due vasi e lasciateli fermi per almeno<br />

una settimana. Per capillarità l’acqua satura di soda risalirà lungo il filo di<br />

lana per poi ridiscendere a causa della gravità. Lentamente, dal gocciolio<br />

dell’acqua, si formerà una stalattite e di contro, dal piattino, una stalagmite.<br />

Con un po’ di pazienza sarà possibile osservare il congiungimento delle due strutture.<br />

33. Depurazione fai da te!<br />

Cosa occorre<br />

Contenitori di plastica di varie dimensioni, tubi di plastica, sabbia, ghiaia, terra,<br />

fuliggine, rete metallica, grani di allume, cloro, tappi di sughero, acqua di scolo.<br />

Come procedere<br />

1) Aggiungete un cucchiaio di allume a grani nell’acqua sporca<br />

2) Rimescolate l’acqua, togliete il tappo e fate scendere l’acqua nel bacino di sedimentazione<br />

3) Lasciate sedimentare lo sporco e lasciate scendere l’acqua attraverso il filtro<br />

4) Aggiungete il cloro<br />

34. Costruiamo l’acquedotto romano<br />

Prendendo spunto dagli acquedotti romani, particolarmente da quelli di Ravenna antica, si<br />

propone la costruzione di un modello da effettuare in classe per comprenderne il funzionamento,<br />

e per capire il modo in cui veniva trasportata l’acqua dalle sorgenti alle città.<br />

Nella figura seguente è rappresentato lo<br />

schema di un acquedotto come dovevano<br />

essere quelli in Romagna in epoca<br />

romana (da Flumen aqueductus, nuove<br />

scoperte dagli scavi per l’acquedotto


della Romagna, Bologna 1988) che può essere preso come riferimento.<br />

Alcuni reperti rinvenuti durante scavi fognari sono esposti al Museo Nazionale di Ravenna.<br />

Oggi giorno sul territorio non sono visibili resti significativi dell’antico acquedotto; il suo<br />

percorso però può essere ricostruito utilizzando i toponimi di alcune località.<br />

Pile, Pilotti, Arco ecc. sono soltanto alcuni esempi di località toccate in passato dall’acquedotto;<br />

ricercando sulle cartine topografiche delle aree di Ravenna, Forlì, Meldola, Santa<br />

Sofia ecc. i luoghi i cui nomi ricordano tale testimonianza e collegandoli fra loro con un<br />

tratto, è possibile ricostruirne l’antico percorso.<br />

35. L’acquedotto moderno<br />

Fontane, torri piezometriche, impianti di trattamento, centrali di sollevamento, pozzi ecc.<br />

sono la traccia della presenza in città e nei dintorni dell’odierna rete idrica.<br />

L’attività che si propone, quindi, è quella di realizzare una sorta di censimento dei ‘punti<br />

acqua’ della città, se è possibile anche datandoli. Ogni ragazzo potrebbe occuparsi<br />

dell’indagine nel quartiere in cui abita, oppure si potrebbero organizzare dei gruppetti di<br />

lavoro per ogni area di interesse individuata. Al termine del censimento i dati raccolti<br />

dovranno essere posizionati su una carta della città, formato gigante, magari con colori<br />

diversi. In questo modo sarà possibile leggere su di un unico pannello la storia di Ravenna<br />

e la sua crescita.<br />

Proposte didattiche 53


54<br />

Bibliografia<br />

Ciabatti M. - “Elementi di idrologia superficiale”;<br />

Cooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna, 1977<br />

Cognetti G., Sarà M. - “Biologia marina”; Edizioni Calderini, Bologna, 1981<br />

Colalongo, Pasini, Sartoni - “Il libro di geografia generale e di geologia”;<br />

Cappelli Editore, Bologna, 1987<br />

Ghirargelli E. - “La vita nelle acque”; Utet, Torino, 1981<br />

Ministero della Marina Mercantile - “Manuale per i corsi di qualificazione per agenti di polizia<br />

giudiziaria per la pesca marittima”; Memoria n. 38, 1974<br />

Piccone Antoniotti M.L. - “Geografia generale”; Paravia, Torino, 1985<br />

Pranzini G. (a cura di) - “La gestione delle risorse idriche”; Edizioni delle Autonomie, Roma, 1987<br />

Regione E-R, Provincia e Comune di Ravenna, AREA, AUSL di Ravenna, ARPA Ravenna “L’acqua da<br />

bere a Ravenna”,. 1997<br />

Cooperativa Atlantide “Quando l’uomo incontra la natura: L’acqua, dal progetto “Quando l’uomo<br />

incontra la natura”.<br />

ASM S.p.a. Rovereto, edizioni Osiride “L’acqua”, 1996<br />

Azienda U.S.L. – Ravenna, “Analisi dello stato ambientale e sanitario nelle valli<br />

ravennati – La Pialassa Baiona” 1994<br />

Regione Emilia Romagna “Zone umide d’acqua dolce”, , 1983<br />

Regione Emilia Romagna “Atlante Parco del Delta”<br />

WWF Ravenna, Ed. Cooperativa Libraria e di Informazione “La foresta allagata:<br />

Punte Alberete: storia e realtà di una natura che scompare” 1987<br />

Mario Vianelli, Guide Verdi “A sud del Delta: dal Po di Goro alle saline di Cervia”,<br />

Maggioli Editore, 1988<br />

D. Bentivoglio, M. P. Boschi “Le ragioni della natura” Cappelli Editori 1994<br />

Comune di Russi - “Rapporto sullo stato dell’ambiente del Comune di Russi”; 1995<br />

Mazzanti, Trevisan - “Evoluzione della rete idrografica nell’Appennino centro-settentrionale”;<br />

in “Geografia fisica e dinamica quaternaria”; 1978<br />

Provincia di Forlì-Cesena - “Qualità dei fiumi. Rapporto annuale 1995”<br />

Regione Emilia Romagna-Provincia di Forlì Cesena - “Carichi teorici e reali di fosforo e azoto su tre<br />

corsi d’acqua dell’Emilia Romagna; 1994<br />

Cash Terry&Parker Steve - Divertiamoci con la scienza 2 - De Agostini <strong>Ragazzi</strong> 1998<br />

Diehn Gwen & Krautwurst - “L’officina della scienza” - Editoriale Scienza 1994<br />

Doherty Paul Rathjen Don - “Gli esperimenti dell’exploratorium” - Zanichelli 1996


Farndon John - “I perchè della terra” - Editoriale Giorgio Mondadori 1992<br />

Fiori Fabio - “La spiaggia di Riccione natura, cultura e storia” - 1998<br />

Giovani Marmotte - “L’acqua, dov’è, a cosa serve, come non sprecarla” - De Agostini Junior<br />

Hann Judith - “I perchè della scienza” - Editoriale Giorgio Mondadori 1991<br />

Marchetti, Pellegrini, Rossetti, Vanossi - La scienza - “La terra come e perchè” - La Nuova Italia 1996<br />

Smith Alastair - “Il grande libro degli esperimenti” - Edizioni Usborne 1996<br />

Tarbuck E.J . Lutgens F.K. Parotto M. -”Scienze della terra” - Pincipato 1987<br />

Til Tom -”La scienza dilettevole” - Longanesi & C. 1982<br />

Walpole Brenda -”Divertiamoci con la scienza”- De Agostini <strong>Ragazzi</strong> 1993<br />

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Note<br />

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A cura di<br />

Atlantide Cooperativa Studi e Servizi Ambientali<br />

Via Bollana 10, 48015 Cervia (Ravenna)<br />

tel. 0544/965806 Fax 0544/965800<br />

http://www.atlantide.net e-mail: atlantide@atlantide.net<br />

Coordinatore del progetto:<br />

Massimo Casadei<br />

Testi:<br />

Roberta Buselli<br />

Federica Casoni<br />

Stefania Loia<br />

Progetto grafico:<br />

Roberta Fraiese<br />

Stampa:<br />

La Greca<br />

Si ringraziano tutto lo staff di Atlantide S.C.R.L. e di AREA Ravenna per la collaborazione.<br />

Tutti i diritti della presente pubblicazione sono riservati

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