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battaglia di Waterloo - Ars Militaris

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modesto debito <strong>di</strong> guerra. Ciò del resto piaceva alla Gran Bretagna, che vedeva la rivale <strong>di</strong> sempre<br />

ridotta ai minimi termini sotto un re che, per giunta, era debitore al Regno Unito <strong>di</strong> averlo accolto e<br />

nutrito in esilio. E garbava anche all’Austria che, per prudenza, tratteneva a Vienna con il titolo <strong>di</strong><br />

“Principe <strong>di</strong> Reichstadt” il figlio <strong>di</strong> Napoleone in quanto <strong>di</strong>scendente degli Asburgo per parte <strong>di</strong><br />

madre, ed aveva perciò in mano “l’asso” <strong>di</strong> poter un giorno sollevare pretese bonapartiste ed<br />

asburgiche, nel caso i Borbone esulassero dal mettere in pratica quello che da loro voleva il<br />

cancelliere Clemente Lotario <strong>di</strong> Metternich. Insomma: la Francia non destava problemi, e le truppe<br />

alleate d’occupazione, alla fine della primavera del 1814, se ne stavanogià tornando a casa.<br />

Ma la questione italiana – forse si chiederà qualcuno – non infasti<strong>di</strong>va il delicato equilibrio<br />

europeo? Per nulla affatto: la Penisola era considerata pressappoco come una ‘faccenda famigliare’<br />

degli Asburgo, che al massimo poteva scontentare qualche italiano, ma non certo le altre Potenze.<br />

Su tutto il resto, invece, vi era contesa aperta: cosa tanto più grave, quanto più si pensi che gli<br />

eserciti europei erano ancora tutti in armi, resi formidabili da quin<strong>di</strong>ci anni <strong>di</strong> conflitti, e con tutti i<br />

loro apparati logistici pronti alla guerra.<br />

Tuttavia, nel 1815, e nonostante i fortissimi <strong>di</strong>saccor<strong>di</strong> europei che facevano prevedere il peggio,<br />

non scoppiò alcuna “Guerra fredda” come accadde invece nel 1946, dal momento che tutti gli attriti<br />

furono ‘magicamente’ messi a tacere, o comunque rimandati. Il perché è noto a tutti, ma è proprio<br />

da lì che dobbiamo partire se vogliamo esaminare i precedenti della <strong>battaglia</strong> <strong>di</strong> <strong>Waterloo</strong>.<br />

I tre motori principali da cui scaturiscono le guerre? “L’amore della gloria, la paura e l’utile.”<br />

Tuci<strong>di</strong>de, La guerra del Peloponneso.<br />

Questa sentenza doveva certo essere scolpita nel cuore <strong>di</strong> Napoleone più <strong>di</strong> quanto uno qualsiasi<br />

<strong>di</strong> noi riesca oggi ad immaginare. Solo una parte però, dal momento che egli non conosceva la<br />

paura. Tale sentimento, unito al principio dell’utile, mosse semmai gli alleati, e comunque contribuì<br />

anch’esso alla guerra. Il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Tuci<strong>di</strong>de, tutto sommato, torna perfettamente!<br />

Il soggiorno <strong>di</strong> Bonaparte all’Elba – non propriamente un esilio, come sarebbe stato poi quello a<br />

Sant’Elena, poiché ne era formalmente il sovrano e nessuno lo controllava – durò appena <strong>di</strong>eci<br />

mesi, dall’aprile del 1814 alla fine <strong>di</strong> febbraio del 1815. Una sorta <strong>di</strong> alacre vacanza, durante la<br />

quale il suo svago principale fu quello <strong>di</strong> adoperarsi in una vasta opera <strong>di</strong> riforme locali per i<br />

citta<strong>di</strong>ni del suo minuscolo regno. Ma, mentre si ritemprava nei soleggiati campi <strong>di</strong> quell’isola, così<br />

simili a quelli della natia Corsica, il suo pensiero, non domato dalla sconfitta <strong>di</strong> Lipsia, correva<br />

altrove, e precisamente a Parigi.<br />

Egli non era certo persona da farsi conquistare dai piaceri e dagli ozi <strong>di</strong> una vita bucolica, tra<br />

paesaggi per lui in grado al massimo <strong>di</strong> ispirare qualche pittore neo romantico. Le gran<strong>di</strong> menti<br />

come la sua, infatti, sono capaci <strong>di</strong> concepire solo gran<strong>di</strong> progetti; al contrario, le <strong>di</strong>fficoltà anche le<br />

più formidabili non le sgomentano, ma anzi suscitano in loro un’infinita volontà <strong>di</strong> sfida. Napoleone<br />

non conosceva i ‘se’ ed i ‘ma’ che spesso ci tormentano, né le espressioni interrogative “Sarà<br />

possibile?” o “Sono in grado <strong>di</strong> farcela?” Per lui valeva soltanto “Io lo voglio!” Pertanto, se<br />

Napoleone si era conquistata la corona nel 1804, quella stessa corona che poi gli era stata sottratta<br />

nel 1814, sentiva <strong>di</strong> avere tutto il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> riconquistarla. Ed impe<strong>di</strong>rglielo poteva risultare assai<br />

arduo, poiché può essere perfino facile togliere la pelle al leone, ma è impossibile strappare le penne<br />

all’aquila che vola alta nei cieli. Alla fin fine, «Dio me l’ha data, e guai a chi me la tocca», si <strong>di</strong>ce<br />

che avesse mormorato prendendo il <strong>di</strong>adema <strong>di</strong> Imperatore dalle mani del Pontefice e ponendoselo<br />

sul capo.<br />

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