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Speciale donna<br />

Il coraggio della denuncia<br />

N<br />

egli ultimi giorni abbiamo assistito<br />

ad un crescendo di episodi di<br />

violenza contro le donne, dalle<br />

atroci aggressioni allo stupro di gruppo,<br />

tanto da assumere i connotati di una vera<br />

e propria emergenza nazionale. Di fronte<br />

a questi dati così allarmanti non possiamo<br />

rimanere inermi ma abbiamo il dovere<br />

morale di denunciare la sottovalutazione<br />

della gravità del problema e un clima<br />

culturale di svilimento della dignità<br />

femminile.<br />

In realtà, non c’è Paese, non<br />

c’è universo sociale che possa<br />

dirsi alieno dalla sciagura della<br />

violenza contro le donne. La<br />

violenza familiare da parte del<br />

proprio compagno è in Europa<br />

e nel mondo la prima causa di<br />

morte per le donne fra i 16 e<br />

i 44 anni, così come emerge<br />

da un’indagine del Consiglio<br />

d’Europa, resa pubblica in<br />

occasione della presentazione<br />

dell’”Osservatorio<br />

criminologico e multidisciplinare<br />

sulla violenza di genere”.<br />

È veramente per l’umanità<br />

intera l’ora di concludere il<br />

capitolo delle 50mila donne<br />

uccise ogni anno da congiunti<br />

familiari, dei milioni di donne<br />

picchiate, terrorizzate, vendute,<br />

delle donne violentate, delle<br />

donne umiliate.<br />

Le democrazie che da<br />

centinaia di anni combattono<br />

la loro battaglia con caparbietà<br />

e determinazione, sono la<br />

maggiore testimonianza<br />

di un paziente impegno<br />

al contenimento e alla<br />

repressione del fenomeno,<br />

al suo inserimento nel tema<br />

dei diritti umani senza privarlo della sua<br />

specificità.<br />

A ciò si aggiunge la considerazione<br />

che, per quanto possiamo tentare di<br />

quantificare il problema, quello che<br />

riusciremo a scorgere è sempre e solo la<br />

punta di un iceberg più profondo, la cima<br />

di una montagna che proietta la sua ombra<br />

sull’intera società: basti pensare che il 67<br />

per cento delle violenze sono perpetrate<br />

dai partner e che di queste il 93 per cento<br />

non vengono denunciate, per capire in<br />

quale cupa disperazione, in quale silenzio,<br />

tante donne sono costrette a vivere per<br />

sempre. Questo crimine contro l’umanità<br />

troppo spesso viene dato per scontato,<br />

passa per una imbattibile pulsione tribale,<br />

o peggio ancora religiosa, si accetta quasi<br />

come una parte della natura umana.<br />

Sfide, come i grandi fenomeni migratori<br />

e le società multiculturali che si stanno<br />

formando costituiscono oggi potenziali<br />

condizioni favorevoli alla violenza, se non<br />

gestite in modo inclusivo e con l’obiettivo<br />

di un’integrazione razionale ed equilibrata.<br />

Questa è una battaglia che richiede,<br />

la liberazione di uomini e donne non solo<br />

dalle deformità della mente ma anche da un<br />

certo modello culturale che non riconosce<br />

i diritti fondamentali delle donne .<br />

Non è una questione politica, non è<br />

una battaglia che si può combattere solo<br />

giuridicamente,o con azioni di polizia,è una<br />

18<br />

Giovanna Poli<br />

ferita nell’anima stessa dell’uomo, che va<br />

contrastata in ogni modo, combattendo<br />

quegli atteggiamenti che tendono a<br />

condonare,a giustificare: è necessario<br />

creare una coscienza collettiva, una<br />

cultura che non tolleri o ignori la violenza<br />

sulle donne. Non va inoltre taciuta la<br />

componente di responsabilità che una<br />

dilagante miseria culturale e mediatica ha<br />

nell’aggravare questo fenomeno, spesso<br />

ampliato da meccanismi emulativi.<br />

È fondamentale che si<br />

faccia tutto il necessario per<br />

reprimere questi orribili reati, in<br />

primo luogo applicando le pene<br />

con certezza e determinazione.<br />

L’indeterminatezza della pena<br />

e l’illusione di scampare alla<br />

severità del carcere rischia di far<br />

credere a molti, indistintamente<br />

dalla loro nazionalità e dalla<br />

loro condizione sociale, che<br />

questi crimini siano, di fatto,<br />

socialmente tollerabili e tollerati.<br />

In questo senso si muove la<br />

legge n 38 dell’Aprile 2009 la<br />

quale,oltre a prevedere pene più<br />

severe, introduce per la prima<br />

volta in Italia il reato di stalking,<br />

quel comportamento molesto,<br />

ossessivo, persecutorio, che<br />

spesso degenera in minacce e<br />

pedinamenti, che genera nella<br />

vittima uno stato di ansia, paura,<br />

timore per la propria incolumità<br />

e la costringe soprattutto, ad<br />

alterare le proprie abitudini e<br />

scelte di vita.<br />

Contro la violenza sulle<br />

donne è necessario lavorare<br />

sulla prevenzione e promuovere<br />

una cultura del riconoscimento<br />

della libertà reciproca e del<br />

reciproco rispetto tra uomini e<br />

donne. Occorrono politiche concertate,<br />

amministratori che promuovano<br />

iniziative sul territorio, periferie meno<br />

abbandonate, una rete di sostegno. È<br />

necessaria la certezza della pena per chi<br />

commette questi reati, anche perché<br />

le vittime possano sentirsi sicure. Ma<br />

ciò presuppone che si riconosca che il<br />

problema esiste, che riguarda le relazioni<br />

stesse tra uomini e donne e che richiede<br />

un impegno straordinario.

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