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I<br />
19<br />
Speciale donna<br />
Fattore D: propulsore nel mondo,<br />
fanalino di coda in Italia Angela Poli<br />
l nostro futuro<br />
globale si chiama<br />
donna. Il 2009 è<br />
l’anno dei premi Nobel al<br />
femminile e per di più in settori<br />
un tempo rigorosamente<br />
maschili: Medicina, Chimica,<br />
Economia, Letteratura.Lo<br />
stato delle donne nel mondo<br />
è stato recentemente sondato<br />
da prestigiosi gruppi di ricerca<br />
da tempo all’avanguardia<br />
nell’indicare nuove strategie di<br />
marketing. Risale allo scorso<br />
settembre uno studio del<br />
Boston Consulting Group. “Le<br />
donne vogliono di più” recita<br />
il titolo sconcertante poiché,<br />
come gli autori sottolineano,<br />
la metà del mondo si sente<br />
ignorata o mal servita dal<br />
mercato. Sottostimate,<br />
poco soddisfatte nei loro<br />
bisogni da media, aziende e<br />
banche, il pianeta donna è in<br />
realtà un territorio ancora<br />
incontaminato, dominato<br />
da cliché tutti maschili nel<br />
migliore dei casi, oppure, da<br />
totale indifferenza. Le donne<br />
nel mondo rappresentano<br />
un continente smisurato,<br />
più grande dell’India e<br />
della Cina messe insieme<br />
ma nessuno finora le ha<br />
prese adeguatamente in<br />
considerazione. Sono loro<br />
il mercato emergente e la<br />
nuova forza economica; esse<br />
gestiscono il budget familiare,<br />
hanno una capacità di spesa<br />
maggiore di quella degli<br />
uomini e possiedono esigenze<br />
specifiche quali quella di<br />
coniugare lavoro, famiglia e<br />
interessi personali. Il mercato<br />
però, non si sintonizza ancora<br />
con il suo potenziale miglior<br />
cliente limitandosi a dipingere<br />
di rosa un prodotto maschile<br />
e a cadere nei luoghi comuni.<br />
L’azienda che saprà cogliere<br />
questo enorme potenziale<br />
proponendo adeguate<br />
strategie di marketing, sarà<br />
avvantaggiata.<br />
Il magazine Forbes Woman<br />
nello stilare la classifica delle<br />
donne più influenti del pianeta<br />
ha affermato che l’onda rosa<br />
è in crescita nel mondo degli<br />
affari, in politica e nel no-profit.<br />
La Banca d’Italia ha stimato<br />
che la parità economica delle<br />
donne sul mercato economico<br />
italiano vale almeno 7 punti<br />
percentuali di Pil in più e<br />
molti studi registrano la<br />
crescente redditività delle<br />
aziende guidate da donne,<br />
il loro indiscutibile valore<br />
aggiunto anche in periodi di<br />
crisi. Secondo gli ultimi dati,<br />
le donne sono le meno colpite<br />
dalla disoccupazione, si stima<br />
che entro la fine dell’anno<br />
negli Stati Uniti, le donne che<br />
lavorano avranno superato il<br />
numero degli uomini.<br />
L’ Italia, col 46% di donne<br />
impiegate è il fanalino di coda<br />
dell’Europa. In base al trattato<br />
di Lisbona dovremmo arrivare<br />
al 60% entro il 2010 ma ci<br />
sono poche speranze data<br />
la scarsa attenzione rivolta<br />
alle politiche di genere. In<br />
molte nazioni si fa strada<br />
invece, la consapevolezza che<br />
il riconoscimento del ruolo<br />
della donna offre una via di<br />
uscita dalla crisi economica,<br />
basterebbe trasformare<br />
questo enorme capitale<br />
umano ancora sottoutilizzato<br />
in una risorsa per lo sviluppo<br />
e per la democrazia. A fine<br />
ottobre è apparso il “Global<br />
Gender Gap 2009”, il rapporto<br />
annuale del World Economic<br />
Forum di Davos che stila una<br />
classifica mondiale sulle pari<br />
opportunità tenendo conto<br />
di quattro parametri di base:<br />
partecipazione delle donne<br />
all’economia, opportunità<br />
di educazione per le donne,<br />
presenza femminile nella<br />
politica, salute e aspettativa di<br />
vita delle donne. La classifica<br />
copre il 93% della popolazione<br />
mondiale e assegna ai paesi<br />
scandinavi i primi posti. L’Italia<br />
scende ahimè, al 72esimo<br />
posto su 134 paesi, superata<br />
a sorpresa da Vietnam,<br />
Romania e Paraguay e seguita<br />
di un posto dalla Tanzania.<br />
Ad incidere pesantemente<br />
su questo infelice risultato<br />
è il grado di partecipazione<br />
femminile all’economia,<br />
la disparità di salario e di<br />
retribuzione e la scarsa<br />
verticalità. Solo il 4% dei<br />
manager in Italia è donna e ha<br />
un reddito di molto inferiore<br />
a quello dei suoi pari livello<br />
maschi e la discriminazione<br />
è ancora forte. Il rapporto<br />
sostiene che “per avere<br />
società economicamente<br />
competitive e prospere è<br />
necessario coinvolgere le<br />
donne su un livello pari degli<br />
uomini in tutti gli aspetti della<br />
vita” e che “l’integrazione di<br />
donne e ragazze è tanto più<br />
imperativa se si vuole una<br />
ripresa rapida e sostenibile<br />
della crisi finanziaria”. L’Italia<br />
è un paese che non usa metà<br />
del suo potenziale, le donne,<br />
ed è quindi urgente una<br />
rimodulazione del contesto<br />
culturale arretrato, legato a<br />
vecchi stereotipi che portano<br />
ad una discriminazione delle<br />
carriere e ad una conseguente<br />
perdita in termini di sviluppo.<br />
Il fattore D non può essere<br />
ignorato ancora a lungo.