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nente americano fu una delle introduzioni<br />

più importanti e rivoluzionarie<br />

che modificò drasticamente abitudini e<br />

usi delle popolazioni locali.<br />

Ma cosa sono le specie alloctone? Per<br />

specie alloctone, o “aliene”, si intendono<br />

tutte quelle specie animali e vegetali<br />

trasferite accidentalmente o intenzionalmente<br />

dall’uomo in ambiti geografici<br />

differenti da quelli di origine. Queste<br />

specie spesso non riescono a sopravvivere<br />

e a riprodursi, o lo fanno solo in<br />

condizioni controllate; oppure occupano<br />

nicchie ben definite e si inseriscono<br />

in modo tutto sommato equilibrato<br />

nell’ambiente. Vi è però una terza possibilità,<br />

ovvero che queste specie siano<br />

molto adattabili, trovino condizioni decisamente<br />

favorevoli (clima idoneo,<br />

abbondanza di cibo, assenza di predatori,<br />

ecc.) e dunque “esplodano” numericamente,<br />

arrivando a occupare i<br />

territori e sfruttando le risorse di specie<br />

indigene (autoctone), determinando la<br />

loro drastica riduzione e in molti casi la<br />

loro definitiva estinzione. Quest’ultima<br />

possibilità rappresenta una delle maggiori<br />

minacce alla biodiversità del nostro<br />

pianeta e una delle emergenze che<br />

la comunità internazionale sta oggi tentando<br />

di affrontare con costi economici<br />

molto rilevanti.<br />

L’esempio della diffusione del ratto sulle<br />

isole di tutto il mondo è forse il più<br />

emblematico; questo roditore, trasportato<br />

accidentalmente dalle navi che attraccavano<br />

per rifornirsi di acqua e alimenti,<br />

è stato la causa diretta dell’estinzione<br />

di un numero elevatissimo di<br />

specie di uccelli e rettili, di cui preda le<br />

uova, e anche di insetti. La sua grande<br />

adattabilità e prolificità ha fatto sì che<br />

prevalesse rapidamente e facilmente su<br />

molte specie autoctone, modificando<br />

in modo drammatico i delicati equilibri<br />

ecologici instauratisi su queste realtà<br />

insulari. In molte parti del mondo come<br />

in Australia, Nuova Zelanda e più<br />

recentemente anche negli Stati Uniti,<br />

sono stati attivati progetti per lo studio<br />

e il controllo, e dove possibile l’eradicazione,<br />

di questo dannoso roditore<br />

peraltro vettore anche di pericolose patologie.<br />

Anche nelle isole del<br />

Mediterraneo il problema ha assunto<br />

dimensioni preoccupanti, arrivando a<br />

compromettere la nidificazione di spe-<br />

cie come la berta maggiore e la berta<br />

minore, uccelli pelagici che nidificano<br />

in cavità spesso alla portata dell’azione<br />

predatrice dei ratti. Un esempio importante<br />

di intervento attivo coronato da<br />

successo è stato quello operato dal<br />

Parco nazionale dell’Arcipelago Tosca -<br />

no che grazie a un Progetto LIFE<br />

Natura “Isole della Toscana: nuove<br />

azioni per gli uccelli marini e habitat”,<br />

finanziato dalla Comunità Europea e<br />

dalla <strong>Regione</strong> Toscana, ha collocato<br />

sull’isola di Giannutri oltre 1.000 erogatori<br />

selettivi di esche rodenticide, arrivando<br />

nel 2007 a eliminare il roditore,<br />

la cui presenza era stata stimata nel<br />

2005 in 10.000 – 15.000 esemplari con<br />

un conseguente significativo incremento<br />

del successo riproduttivo delle popolazioni<br />

di berte nidificanti sull’isola.<br />

In altre occasioni fu l’uomo a introdurre<br />

volontariamente specie poi rapidamente<br />

sfuggite al controllo e causa di<br />

gravi problemi e ingenti danni economici.<br />

Il 25 dicembre 1859 il continente<br />

australiano ricevette un bruttissimo regalo<br />

natalizio da Thomas Austin, colono<br />

inglese con l’hobby della caccia, che<br />

a tal scopo in prossimità di Merbourne<br />

rilasciò una ventina di conigli, specie fino<br />

ad allora sconosciuta in quella terra,<br />

che si era fatto spedire dalla madre patria.<br />

Nei primi del ‘900 la popolazione<br />

di conigli australiani superava i 500 milioni<br />

di esemplari, favorita anche da un<br />

processo adattativo della specie che determinò<br />

un cambiamento del peso e<br />

delle dimensioni delle orecchie e che<br />

rese questo animale molto più idoneo<br />

al clima caldo e secco dell’Australia. Per<br />

contenere il flagello che questa popolazione<br />

rappresentava per le colture si ar-<br />

rivò a erigere una rete lunga 3.000 chilometri,<br />

la rabbit proof fence, che tagliò<br />

un due, da costa a costa, il territorio<br />

dell’Australia dell’ovest con l’intento,<br />

falli to, di limitare la diffusione della<br />

specie. Fu tentata anche la strada del<br />

controllo tramite l’introduzione di predatori<br />

come la volpe, ma con scarsi risultati<br />

e nel 1951 si arrivò addirittura alla<br />

diffusione artificiale del virus della<br />

mixomatosi che falcidiò in pochi anni<br />

la popolazione, ma che più recentemente<br />

ha portato alla comparsa di nuclei<br />

di conigli resistenti o decisamente<br />

immuni e la prospettiva che il problema<br />

si ripresenti in tutta la sua drammaticità.<br />

Anche nella vecchia Europa gli arrivi di<br />

specie alloctone sono, fin dai tempi<br />

più remoti, strettamente connesse alla<br />

presenza e all’iniziativa dell’uomo: il<br />

castagno, ad esempio, specie comune<br />

nei boschi di quasi tutta la nostra penisola,<br />

tale da identificare una precisa fascia<br />

vegetazionale, un tempo e ancora<br />

oggi anche se più raramente, coltivato<br />

per i suoi preziosi frutti, è in realtà di<br />

origine asiatica e si è diffuso alle nostre<br />

latitudini fin dalla preistoria al seguito<br />

delle migrazioni delle popolazioni<br />

umane.<br />

Altra specie di origine asiatica è la carpa,<br />

ormai ospite apprezzato e spesso<br />

allevato nelle nostre “acque ferme” sull’esempio<br />

dei Romani, che per primi la<br />

introdussero a scopo alimentare, o come<br />

il fagiano, il cui arrivo a opera degli<br />

antichi Greci, ha radici ancora più<br />

remote. Anche il gelso, le cui foglie<br />

rappresentano l’alimento d’elezione<br />

per il baco da seta e la cui presenza era<br />

assai comune fino a pochi decenni or<br />

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