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Argentovivo - gennaio 2010 - Spi-Cgil Emilia-Romagna

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Economia e consumi<br />

Nasce la “class action”<br />

ma è un’occasione sprecata<br />

Renza Barani<br />

Presidente<br />

Federconsumatori<br />

Modena<br />

Dal primo <strong>gennaio</strong> <strong>2010</strong><br />

anche in Italia esiste<br />

la “class action”, ovvero<br />

la “azione collettiva”. Purtroppo,<br />

la grande attesa e le<br />

legittime aspirazioni dei consumatori<br />

per quello che poteva<br />

rappresentare un forte ed efficace<br />

strumento di tutela dei<br />

loro diritti, sono state deluse.<br />

La class action all’italiana è<br />

nata dopo anni di discussioni<br />

parlamentari, iniziate nel 2004<br />

a seguito del crac Parmalat<br />

(uno dei primi shock finanziari<br />

che hanno colpito i risparmiatori<br />

e i cittadini). Dopo numerosi<br />

rinvii della sua entrata in vigore,<br />

prevista inizialmente per luglio<br />

2008, poi slittata a <strong>gennaio</strong><br />

2009 dopo le elezioni politiche<br />

ed il cambio della maggioranza<br />

di governo, e nuovamente rinviata<br />

a luglio, ora è realtà.<br />

Nel frattempo, purtroppo,<br />

l’esecutivo ha presentato una<br />

serie di emendamenti che hanno<br />

modificato in modo radicale<br />

la normativa già approvata. La<br />

legge che ora è in vigore, pur<br />

rappresentando una novità per<br />

il nostro Paese, nel quale non<br />

esisteva alcuno strumento di<br />

tutela collettiva per i consumatori<br />

e gli utenti che subiscono<br />

le conseguenze di comportamenti<br />

o pratiche commerciali<br />

scorrette, è stata svuotata di<br />

contenuto, e i suoi effetti sono<br />

assai ridotti. Per non parlare<br />

del percorso complesso e ricco<br />

di ostacoli da affrontare per<br />

potere indire la class action.<br />

Insomma, l’impressione di<br />

molti è che “la montagna abbia<br />

partorito il topolino”.<br />

L’aspetto più ingiusto è la<br />

mancanza di retroattività.<br />

Cosa significa, è presto detto:<br />

l’azione collettiva può essere<br />

promossa solo per gli illeciti<br />

commessi dal 16 agosto 2009<br />

in poi. Resta quindi esclusa<br />

la possibilità di promuovere<br />

delle cause collettive per i risparmiatori<br />

coinvolti nei crac<br />

recenti (Cirio, Parmalat, bond<br />

argentini, Lehman).<br />

Non siamo nemmeno sicuri<br />

della costituzionalità di una<br />

tale previsione, che comunque<br />

Federconsumatori ritiene particolarmente<br />

negativa, in quanto<br />

toglie la possibilità ai consumatori<br />

di ottenere un equo<br />

risarcimento a fronte della perdita<br />

dei loro risparmi.<br />

Ma questo non è l’unico ostacolo<br />

all’azione dei consumatori<br />

e delle loro associazioni. Innanzitutto<br />

l’azione collettiva<br />

non può essere promossa dalle<br />

associazioni dei consumatori,<br />

come era, invece, previsto nella<br />

precedente norma varata a fine<br />

2007 dal governo Prodi. A promuoverla<br />

prima di tutto possono<br />

essere i soli consumatori, che<br />

solo successivamente possono<br />

conferire mandato ad una associazione.<br />

Per avviare un’azione<br />

collettiva è anche necessario<br />

che i diritti da tutelare siano<br />

“identici”. Nel caso di una azione<br />

collettiva nei confronti delle<br />

banche, i diritti dei consumatori<br />

sono “identici”? Anche se quelle<br />

commissioni più onerose del<br />

massimo scoperto sono tutte diverse<br />

fra di loro? E si chiamano<br />

in modo diverso, come “tasso di<br />

sconfinamento” o “commissione<br />

di istruttoria urgente”? Se<br />

la legge deve essere presa alla<br />

lettera, si potrebbe ribattere<br />

che no, non sono “identici”: conseguentemente,<br />

non sarebbe<br />

nemmeno possibile impostare<br />

una azione di classe.<br />

Un altro ordine di problemi riguarda<br />

i tribunali competenti.<br />

La normativa prevede infatti<br />

che, salvo eccezioni, è competente<br />

solo il capoluogo della<br />

Regione in cui ha sede l’impresa<br />

imputata. Questo potrebbe<br />

significare che, se l’azienda<br />

responsabile di un disservizio<br />

o di un danno collettivo che<br />

si è verificato in tutta Italia<br />

si trova a Milano, i promotori<br />

dell’azione collettiva devono<br />

andare a Milano, con un dispendio<br />

di denaro e tempo da<br />

impiegare.<br />

Inoltre chi manda avanti<br />

un’azione collettiva è obbligato<br />

a pagarsi la pubblicità. Su<br />

questo la normativa è categorica.<br />

Dove farla e come lo dovrà<br />

stabilire il giudice. Quindi, ancora<br />

costi che si aggiungono.<br />

C’è poi tutto il capitolo che riguarda<br />

la rappresentatività. Il<br />

giudice può dichiarare l’azione<br />

inammissibile per diverse ragioni:<br />

perché “manifestamente<br />

infondata”, o perché “sussista<br />

<strong>Argentovivo</strong> <strong>gennaio</strong> <strong>2010</strong><br />

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