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DA HABERMAS A KANT - Società Italiana di Storia della Filosofia

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Philosophia III (2/2010 - 1/2011)<br />

seguito del risultato del <strong>di</strong>scorso. L’universalità <strong>della</strong> parte fenomenica<br />

non è quin<strong>di</strong> il risultato <strong>della</strong> negazione <strong>di</strong> tale parte, <strong>della</strong> negazione<br />

del suo “<strong>di</strong>ritto” a essere oggetto <strong>di</strong> determinazione, a essere perseguita<br />

e realizzata – al contrario: l’universalità <strong>della</strong> parte fenomenica<br />

coincide con la sua realizzazione secondo la decisione interpersonale<br />

<strong>di</strong> quali sono i limiti <strong>della</strong> sua <strong>di</strong>rezione. Quin<strong>di</strong> l’universalità <strong>della</strong><br />

parte fenomenica è anche una con<strong>di</strong>zione necessaria per la sua realizzazione.<br />

Come riconosciuto prima, il processo, la forma, la <strong>di</strong>rezione<br />

<strong>della</strong> vita in<strong>di</strong>viduale, non deriva da una decisione spontanea e autonoma<br />

dell’in<strong>di</strong>viduo, ma dal contesto oggettivo e interpersonale <strong>di</strong><br />

valori e <strong>di</strong> norme, tra cui l’in<strong>di</strong>viduo sceglie assiologicamente e prescrittivamente<br />

la propria posizione; tali valori e norme, in quanto esistenti,<br />

sono a loro volta assunti da altre posizioni in<strong>di</strong>viduali. Infatti,<br />

l’in<strong>di</strong>viduo entra nel contesto del <strong>di</strong>scorso con il fine <strong>di</strong> preservare la<br />

propria <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> vita, il proprio statuto fenomenico e, alla luce <strong>di</strong><br />

questo fine, con il principio che tutti i <strong>di</strong>fferenti statuti fenomenici<br />

hanno uguale valore – in caso contrario, la posizione in<strong>di</strong>viduale<br />

sarebbe passibile <strong>di</strong> strumentalizzazione da parte <strong>di</strong> altre posizioni,<br />

con il rischio <strong>di</strong> una sua negazione. Pertanto la realizzazione in<strong>di</strong>viduale<br />

non può esistere se non nel rispetto e nella conservazione del<br />

contesto interpersonale da cui tale realizzazione, e la decisione <strong>della</strong><br />

<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> tale realizzazione, trasse e trae esistenza.<br />

L’oggetto del <strong>di</strong>scorso è quin<strong>di</strong> la regolazione armonica <strong>di</strong> tutte<br />

le <strong>di</strong>fferenti posizioni fenomeniche, attraverso una valutazione<br />

delle prescrizioni atte a regolare non necessariamente la totalità<br />

delle posizioni, ma <strong>di</strong> certo almeno alcune posizioni; tale valutazione<br />

si riferisce al fatto che le prescrizioni consentano o meno lo sviluppo<br />

<strong>di</strong> tutte le <strong>di</strong>fferenti posizioni: se una norma legittimasse un<br />

uso strumentale <strong>di</strong> una posizione da parte <strong>di</strong> un’altra, tale norma o<br />

valore sarebbe rifiutato poiché le sue conseguenze non sarebbero<br />

passibili <strong>di</strong> accettazione da parte <strong>di</strong> tutte le parti in causa – tutti i<br />

partecipanti al <strong>di</strong>scorso. La conclusione del <strong>di</strong>scorso è quin<strong>di</strong> l’approvazione<br />

<strong>di</strong> una prescrizione che consenti (o meglio che non<br />

neghi) l’eguale sviluppo <strong>di</strong> tutte le <strong>di</strong>rezioni fenomeniche <strong>di</strong> vita: la<br />

prescrizione è valida perché è universale, ed è universale poiché la<br />

sua legittimità è il risultato del consenso <strong>di</strong> tutte le parti in causa.<br />

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