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leader politici e qualificazione al potere nella polis greca

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LEADER POLITICI E QUALIFICAZIONE AL POTERE NELLA POLIS GRECA<br />

Sommario: 1. Il V secolo: a) Pericle; b) Archidamo; c) I successori di Pericle: Cleone e Diodoto; d)Tra<br />

autorevolezza e consenso – 2. Il IV secolo: - a) La tradizione democratica: Demostene; b) La tradizione<br />

non democratica: Isocrate; c) Una prospettiva origin<strong>al</strong>e: Senofonte.<br />

La <strong>polis</strong> <strong>greca</strong> è una comunità politica di cittadini, inserita in una dimensione territori<strong>al</strong>e,<br />

urbanistica, economico-soci<strong>al</strong>e. Nella sua formazione, l’ideologia comunitaria svolge una funzione<br />

fondament<strong>al</strong>e accanto <strong>al</strong>l’identità religiosa: la città è un koinón, un possesso comune. Di conseguenza, il<br />

territorio non è un dominio privato, ma è, per usare una terminologia latina, res publica; la popolazione<br />

deve partecipare <strong>al</strong>meno in parte <strong>al</strong>la gestione del koinón; il <strong>potere</strong> deve essere esercitato per periodi<br />

definiti e a rotazione; il suo esercizio deve essere conforme <strong>al</strong>le regole fissate d<strong>al</strong>la legge (nomos: il<br />

termine è etimologicamente legato <strong>al</strong>la nozione di “condivisione”).<br />

Il <strong>potere</strong> è dunque, nel contesto della <strong>polis</strong>, un <strong>potere</strong> essenzi<strong>al</strong>mente condiviso, anche se questa<br />

prospettiva ide<strong>al</strong>e si re<strong>al</strong>izza in forme diverse <strong>nella</strong> prassi. Le forme costituzion<strong>al</strong>i sono infatti cat<strong>al</strong>ogate<br />

in base <strong>al</strong> numero dei soggetti cui compete la sovranità ed è riservato l’esercizio del <strong>potere</strong>: monarchia<br />

(il <strong>potere</strong> è riservato ad uno solo), oligarchia (il <strong>potere</strong> è riservato a pochi, selezionati in base a criteri<br />

diversi, nascita, ricchezza, competenza), democrazia (il <strong>potere</strong> è aperto a tutti). In questi composti il<br />

concetto di <strong>potere</strong> è espresso con due termini diversi, kratos e arché: kratos indica il <strong>potere</strong> come esercizio<br />

della sovranità, arché il <strong>potere</strong> come autorità delegata (quello tipico dei magistrati). “Democrazia”<br />

esprime dunque la sovranità del demos, la comunità civica nel suo insieme; “oligarchia” la delega<br />

dell’esercizio del <strong>potere</strong> di governo a pochi; “monarchia” la delega <strong>al</strong> sovrano.<br />

Questa concezione del <strong>potere</strong> politico non esclude affatto che singoli <strong>leader</strong> possano vedersi<br />

riconosciuta, come rappresentanti della comunità, una particolare autorevolezza (in campo militare,<br />

come strateghi, e in campo politico, come oratori e dunque interlocutori dell’assemblea); anzi, <strong>nella</strong><br />

stessa democrazia ateniese il reclutamento per elezione, e non per sorteggio, di magistrature che<br />

richiedevano competenza militare o amministrativa rivela che la comunità riteneva opportuno delegare<br />

parte del suo <strong>potere</strong> a persone capaci. Si pone, pertanto, il problema del rapporto dell’uomo politico<br />

con i depositari della sovranità e delle qu<strong>al</strong>ità che lo candidano ad un ruolo di particolare responsabilità.<br />

Il greco non ha un termine univoco, equiv<strong>al</strong>ente del latino auctoritas, per identificare quella capacità di<br />

cogliere intellettu<strong>al</strong>mente e di re<strong>al</strong>izzare praticamente il bene dello stato che costituisce la qu<strong>al</strong>ità<br />

princip<strong>al</strong>e del <strong>leader</strong> politico. Le caratteristiche e i v<strong>al</strong>ori che <strong>nella</strong> Grecia classica definiscono il <strong>leader</strong><br />

politico sono diversi: se nel V secolo è possibile identificare una terminologia in qu<strong>al</strong>che modo<br />

corrispondente, a livello di contenuti, a quella dell’auctoritas, nel IV il tema dell’autorevolezza sembra<br />

perdere di attu<strong>al</strong>ità, sostituito da quello del consenso.<br />

Poiché non è possibile, in queste pagine, esaurire la questione né d<strong>al</strong> punto di vista degli autori<br />

né d<strong>al</strong> punto di vista dei contenuti, dovrò limitarmi a prendere in esame <strong>al</strong>cuni aspetti: fra gli autori,<br />

considererò prev<strong>al</strong>entemente storici e oratori (l’importante contributo dei filosofi richiederebbe un<br />

discorso a parte), mentre, quanto <strong>al</strong>le doti che qu<strong>al</strong>ificano l’uomo politico <strong>al</strong>l’esercizio del <strong>potere</strong>,<br />

metterò l’accento sulle qu<strong>al</strong>ità richiestegli nel suo rapporto con la comunità politica e con l’opinione<br />

pubblica (<strong>nella</strong> consapevolezza che vi sono aspetti <strong>al</strong>trettanto importanti, come le capacità militari o le<br />

competenze tecnico-amministrative).<br />

1. IL V SECOLO<br />

Nel V secolo il contributo fondament<strong>al</strong>e sul tema del rapporto tra uomini <strong>politici</strong> e <strong>potere</strong> è<br />

quello di Tucidide: sotto lo stimolo dell’esperienza periclea, lo storico propone in diversi passi della sua<br />

opera una definizione del <strong>leader</strong> politico e delle princip<strong>al</strong>i caratteristiche che definiscono il suo rapporto<br />

con i depositari della sovranità e lo qu<strong>al</strong>ificano <strong>al</strong>l’esercizio del <strong>potere</strong> che gli viene affidato.<br />

1


A) PERICLE<br />

Termini di rilevanza fondament<strong>al</strong>e per il nostro problema, come axíoma e axíosis, ricorrono<br />

frequentemente in Tucidide. Il primo designa la considerazione dovuta per lo più a motivi esterni<br />

<strong>al</strong>l’individuo, come il rango soci<strong>al</strong>e, la tradizione familiare, la ricchezza, in una prospettiva di marca<br />

aristocratica che D. Musti ha definito “statica”; il secondo designa invece la stima che ognuno si<br />

conquista per le proprie capacità person<strong>al</strong>i in termini di capacità teoriche e di prestazioni effettive, in<br />

una prospettiva “dinamica” che appare di segno democratico.<br />

Particolarmente interessante è il giudizio tucidideo su Pericle in II, 65, 8: egli era “potente per<br />

dignità (axíoma) e per senno (gnome), chiaramente incorruttibile <strong>al</strong> denaro, dominava il popolo senza<br />

limitarne la libertà, e non era da lui condotto più di quanto egli stesso non lo conducesse, poiché Pericle<br />

non parlava per lusingarlo, come avrebbe fatto se avesse ottenuto il <strong>potere</strong> con mezzi illeciti, ma lo<br />

contraddiceva anche sotto l’influsso dell’ira, avendo ottenuto il <strong>potere</strong> per suo merito person<strong>al</strong>e<br />

(axíosis)”. E’ qui proposto chiaramente il binomio axíoma/axíosis, che merita di essere meglio compreso.<br />

Axíoma individua la “considerazione” di cui una persona gode, t<strong>al</strong>ora in collegamento con dýnamis,<br />

“potenza”, e con timé, “onore” (I, 130, 1; IV, 86, 6; V, 43, 2; VI, 15, 3; VIII, 73, 3); axíosis v<strong>al</strong>e<br />

“v<strong>al</strong>utazione”, sia nel senso di “giudizio” e di “aspettativa” (I, 37, 1; 41, 1; II, 88, 2; III, 9, 2), sia in<br />

quello di “reputazione” ottenuta sulla base del riconoscimento della capacità di rendersi utili in qu<strong>al</strong>che<br />

forma <strong>al</strong>la comunità (I, 138, 2; II, 34, 6); il termine ricorre di frequente nei discorsi di Pericle (II, 37, 1;<br />

61, 4; VI, 54, 3). Sia axíoma che axíosis individuano una “considerazione” che impegna la persona ad un<br />

comportamento conseguente, t<strong>al</strong>e da rispondere <strong>al</strong>le aspettative dell’opinione pubblica: essa non è<br />

collegata tanto con l’ammirazione per le virtù private del cittadino (di cui pure viene apprezzata<br />

l’irreprensibilità mor<strong>al</strong>e: nel caso del giudizio tucidideo su Pericle, non a caso viene messo l’accento<br />

sull’incorruttibilità), quanto con la v<strong>al</strong>utazione della sua capacità di contribuire <strong>al</strong> bene comune. In<br />

questa prospettiva, autorevolezza significa prima di tutto assunzione di responsabilità nell’ambito della<br />

vita pubblica, in particolare in contetso democratico, ove ciascuno è sottoposto <strong>al</strong>la v<strong>al</strong>utazione della<br />

pubblica opinione. L’axíosis rivela comunque un’importanza primaria, proprio perché essa è<br />

indipendente d<strong>al</strong> retroterra soci<strong>al</strong>e, economico e cultur<strong>al</strong>e e viene conquistata in base <strong>al</strong>le qu<strong>al</strong>ità della<br />

persona, a quella capacità di contribuire <strong>al</strong> bene comune che la qu<strong>al</strong>ifica a rivestire un ruolo pubblico e<br />

ad esercitare il <strong>potere</strong> in nome della comunità.<br />

Altri aspetti sottolineati nel giudizio di Tucidide sono il disinteresse per il vantaggio person<strong>al</strong>e,<br />

economico (l’incorruttibilità) o di <strong>potere</strong> (l’assenza di ambizioni person<strong>al</strong>i), il rifiuto della demagogia, la<br />

presa di distanza dagli aspetti irrazion<strong>al</strong>i del processo decision<strong>al</strong>e (il <strong>leader</strong> non deve lusigare il popolo né<br />

temerne l’ira). La <strong>leader</strong>ship dell’uomo politico tucidideo si basa su una serie di capacità intellettu<strong>al</strong>i e<br />

pratiche – la capacità di parlare (eipeîn, IV, 84, 4; leghein, I, 139, 4), di v<strong>al</strong>utare (gnome, gnonai, II, 65, 8;<br />

VIII, 68, 4), di agire (prassein, I, 139, 4) – in grado di suscitare nell’opinione pubblica una v<strong>al</strong>utazione<br />

positiva. Fra t<strong>al</strong>i capacità, un ruolo fondament<strong>al</strong>e ha in Tucidide la xýnesis, la capacità di penetrazione<br />

intellettu<strong>al</strong>e, atta a cogliere in modo rapido e chiaro una situazione.<br />

Xýnesis è già presente in Erodoto (III, 81) come virtù politica qu<strong>al</strong>ificante <strong>al</strong>l’esercizio del <strong>potere</strong>,<br />

il cui possesso viene contestato <strong>al</strong>la folla ignorante; è frequente in Euripide come virtù tipica del<br />

cittadino democratico, in quanto non collegata con la nascita e la ricchezza, ma dono che la divinità<br />

elargisce liberamente. Nell’opera tucididea xýnesis assume però un eccezion<strong>al</strong>e rilievo, caratterizzando gli<br />

esponenti più significativi della democrazia ateniese, da Temistocle a Pericle (I, 74, 1; 79, 2; 138, 2-3; II,<br />

15, 2; 34, 6; IV, 81, 2; VI, 54, 5; 72, 2; VIII, 27, 5; 68, 4). Pericle presenta la xýnesis come la princip<strong>al</strong>e<br />

virtù politica, capace assai più della forza concreta di assicurare il <strong>potere</strong> (I, 140, 1 e II, 62, 5); ritenuta<br />

capace di creare reputazione positiva e di generare imitazione (IV, 85, 2), xýnesis è la virtù di chi è<br />

chiamato a v<strong>al</strong>utare e a decidere in ambito politico (VI, 36, 1 e 39, 1), e si contrappone, come<br />

tipicamente ateniese, <strong>al</strong>le più tradizion<strong>al</strong>i virtù spartane (cfr. I, 84, 3) 1 .<br />

1 Cfr. M. Sordi (a cura di), L’immagine dell’uomo politico: vita pubblica e mor<strong>al</strong>e nell'antichità (CISA, 17), Milano 1991; D. Musti,<br />

Axíosis, axíoma nel linguaggio di Pericle (Thuc. II, 37, 1), in Quaderni dell’istituto di archeologia e storia antica dell’Università degli Studi di<br />

Chieti V (1995), pp. 11-16; Id., Demokratia. Origini di un’idea, Roma-Bari 1995.<br />

2


B) ARCHIDAMO<br />

Il <strong>leader</strong> ide<strong>al</strong>e ha caratteristiche diverse a seconda del “carattere nazion<strong>al</strong>e” che lo<br />

contraddistingue: così, l’uomo politico spartano è diverso d<strong>al</strong>l’uomo politico ateniese, esprime <strong>al</strong>tri<br />

v<strong>al</strong>ori e la sua configurazione “ide<strong>al</strong>e” è sensibilmente differente.<br />

Molto interessante, a questo proposito, è la presentazione che Tucidide fa del re Archidamo nel<br />

celebre dibattito svoltosi a Sparta nel 432/1, nell’imminenza dello scoppio della guerra del<br />

Peloponneso: Tucidide vi fa intervenire delegati corinzi, ambasciatori ateniesi e, da parte spartana, il re<br />

Archidamo e l’eforo Stenelaida. Tucidide (I, 79, 2) giudica Archidamo intelligente (xynetós) e saggio<br />

(sophron), accostando il concetto di xýnesis, che esprime la capacità di penetrazione intellettu<strong>al</strong>e, a quello<br />

di sophrosyne, che esprime l’idea di moderazione, autocontrollo e prudenza: tuttavia, nel suo discorso (I,<br />

79-85) Archidamo appare il tipico uomo politico spartano, esponente della Sparta della tradizione,<br />

prudente, esitante, lenta fino <strong>al</strong>l’immobilismo, in forte contrapposizione con i dinamici rappresentanti<br />

dell’Atene contemporanea.<br />

Di fronte <strong>al</strong>l’ipotesi della guerra, Archidamo invita a v<strong>al</strong>utare la situazione con prudenza (I, 80,<br />

2); conscio delle difficoltà poste da una guerra “tra continent<strong>al</strong>i e isolani” (I, 83, 2), egli ribadisce la<br />

necessità di non lasciarsi condizionare dai discorsi degli <strong>al</strong>leati e di muoversi con la consueta c<strong>al</strong>ma<br />

(hesychía: I, 83, 3). Prudenza e attendismo appaiono dunque le cifre della sua condotta politica.<br />

Particolarmente interessante è il passo (I, 84-85), in cui Archidamo risponde sistematicamente <strong>al</strong>le<br />

accuse rivolte a Sparta dai suoi <strong>al</strong>leati Corinzi (I, 68-71). A detta dei Corinzi, gli Spartani eccedono in<br />

prudenza (sophrosyne) e mostrano ignoranza (amathía) di ciò che avviene fuori d<strong>al</strong> loro paese; sono inerti<br />

ed esitanti, ottusi a comprendere le situazioni, e dunque inadeguati a contrastare gli Ateniesi, dinamici<br />

ed innovatori; in sostanza, la loro politica è antiquata (archaiótropa … tà epitedeúmata). Archidamo reagisce<br />

vigorosamente <strong>al</strong>l’attacco portato dai Corinzi contro le tradizioni spartane in ambito di stile di vita e di<br />

condotta politica. Contro l’accusa di lentezza e di esitazione, Archidamo ribadisce la tradizione di<br />

prudente saggezza che ha sempre caratterizzato Sparta, la qu<strong>al</strong>e deve la sua libertà e la sua fama proprio<br />

<strong>al</strong> fatto di aver sempre agito in linea con la sua tradizion<strong>al</strong>e saggezza (sophrosyne). A Sparta, il v<strong>al</strong>ore<br />

militare non è impedito d<strong>al</strong>la capacità di riflessione; “ignoranza” e “saggezza”, amathía e sophrosyne, si<br />

coniugano in un rigoroso rispetto delle leggi ed evitano il rischio di essere “troppo intelligenti (xynetoí) in<br />

cose inutili”. Archidamo rifiuta con ciò le sollecitazioni dei Corinzi ad adeguarsi <strong>al</strong>meno parzi<strong>al</strong>mente <strong>al</strong><br />

modello ateniese, ribadendo il v<strong>al</strong>ore della politica spartana <strong>nella</strong> sua configurazione più tradizion<strong>al</strong>e.<br />

Il discorso ci fornisce un’interessante esempio di “autorappresentazione” spartana: la Sparta<br />

della tradizione vede l’uomo politico ide<strong>al</strong>e in una prospettiva che si distingue radic<strong>al</strong>mente da quella<br />

ateniese. Il suo <strong>potere</strong> trova giustificazione non <strong>nella</strong> rapidità di azione che consegue <strong>al</strong>la xýnesis, ma<br />

<strong>nella</strong> prudenza che consegue <strong>al</strong>la sophrosyne: egli arriva a farsi vanto della stessa amathía, esprimendo un<br />

ide<strong>al</strong>e ben lontano da quello dello stretto rapporto tra percezione della re<strong>al</strong>tà, v<strong>al</strong>utazione ed azione che<br />

caratterizza il politico ide<strong>al</strong>e ateniese.<br />

All’interno della stessa Sparta non mancano, tuttavia, orientamenti diversi. Nello stesso dibattito<br />

del 432/1, l’eforo Stenelaida (I, 86) esprime tot<strong>al</strong>e dissenso d<strong>al</strong>la posizione di Archidamo. Egli respinge<br />

duramente l’invito del re a riflettere con c<strong>al</strong>ma ed esorta piuttosto a decidere in fretta per la guerra:<br />

senza rinnegare il concetto di sophrosyne, ma applicandolo diversamente da Archidamo, egli ritiene<br />

espressione di saggezza privilegiare la tutela degli <strong>al</strong>leati, non tollerando che essi vengano offesi e non<br />

esitando a difenderli. Rovesciando l’applicazione della nozione di sophrosyne, Stenelaida incarna dunque<br />

un modello di uomo politico spartano “<strong>al</strong>ternativo”, molto vicino a quello proposto dai Corinzi e<br />

ispirato ad Atene: pronto nelle reazioni, rapido nel decidere, capace di competere con la capacità di<br />

iniziativa ateniese. La tradizione non manca di proporci, oltre a quella tra Archidamo e Stenelaida, <strong>al</strong>tre<br />

contrapposizioni tra esponenti della Sparta più tradizion<strong>al</strong>e e Spartani “innovativi”, t<strong>al</strong>i da suscitare<br />

nell’opinione pubblica e nell’establishment della loro città perplessità, resistenze o persino reazioni di<br />

carattere repressivo: per esempio, nel IV secolo, quelle tra i navarchi Lisandro e C<strong>al</strong>licratida e tra i re<br />

Agesilao e Agesipoli. C<strong>al</strong>licratida e Agesipoli da una parte, Lisandro e Agesilao d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra incarnano<br />

diversi temperamenti e diverse visioni del <strong>potere</strong>: i primi si propongono di rimanere nel solco della<br />

tradizione spartana, accettando i limiti che essa imponeva <strong>al</strong> libero estrinsecarsi delle qu<strong>al</strong>ità e delle<br />

3


ambizioni individu<strong>al</strong>i, mentre i secondi propongono un modello di <strong>leader</strong> politico intollerante di questi<br />

limiti e desideroso di più ampi spazi di autoaffermazione 2 .<br />

C) I SUCCESSORI DI PERICLE: CLEONE E DIODOTO<br />

Per tornare <strong>al</strong>l’ambito ateniese, offre spunti interessanti il confronto fra due uomini <strong>politici</strong> della<br />

generazione postpericlea, Cleone e Diodoto, nel dibattito che si tenne nell’assemblea ateniese nel 427<br />

sulla questione del comportamento da tenere nei confronti dei Mitilenesi ribelli (Tucidide III, 36, 6 –<br />

49, 1). I loro interventi riguardano da una parte le relazioni tra Atene e i suoi <strong>al</strong>leati e l’<strong>al</strong>ternativa tra uso<br />

della forza e ricorso <strong>al</strong>la clemenza (epieíkeia) come strumento più efficace per mantenere l’impero,<br />

d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra il rapporto tra il <strong>leader</strong> politico e l’assemblea. Su questo secondo punto, che è quello che ci<br />

interessa, Tucidide propone attraverso le figure di Cleone e Diodoto due modelli <strong>al</strong>ternativi, uno<br />

antipericleo e uno pericleo, con il qu<strong>al</strong>e egli si sente in particolare sintonia: il giudizio su Pericle di II, 65<br />

rappresenta, ancora una volta, il termine di confronto.<br />

Cleone, nel discorso per Mitilene, sembra “citare” letter<strong>al</strong>mente Pericle più volte: in III, 37, 2,<br />

quando Cleone, dichiarando “Voi non considerate che l’impero che avete è una tirannide” riprende il<br />

Pericle di II, 63, 2; in III, 38, 1, laddove egli, affermando “Quanto a me, io resto sempre dello stesso<br />

parere”, riprende il Pericle di II, 61, 2; in III, 40, 3, quando, ricordando che l’impero, in quanto<br />

tirannide, comporta decisioni ingiuste e che l’atteggiarsi ad uomini onesti?implica la rinuncia <strong>al</strong>l’arché,<br />

riprende il Pericle di II, 63, 2. Tucidide, con ciò, vuol certamente attribuire a Cleone l’intenzione di<br />

presentarsi come l’erede di Pericle: pure, lo storico non manca di sottolineare, par<strong>al</strong>lelamente, che la<br />

visione politica che il sedicente erede propone è esattamente opposta a quella periclea.<br />

Tucidide “costruisce” così la sua immagine di Cleone accostando citazioni periclee a posizioni<br />

politiche antitetiche rispetto a quelle di Pericle. Lo si può notare già nell’esordio del discorso per<br />

Mitilene, dove Cleone, per affermare polemicamente l’incapacità degli Ateniesi di gestire efficacemente<br />

l’arché, rovescia in senso negativo quell’assenza di reciproco timore nei rapporti quotidiani che,<br />

nell’Epitafio pericleo (II, 37, 2 e 39, 1), è una delle caratteristiche princip<strong>al</strong>i della democrazia, ritenendola,<br />

se esercitata nei confronti degli <strong>al</strong>leati, un segno di debolezza (III, 37, 2: “A causa della vostra mancanza<br />

di timore e di ostilità nei rapporti giorn<strong>al</strong>ieri tra di voi, vi comportate nello stesso modo anche verso gli<br />

<strong>al</strong>leati…”). Nello stesso senso va l’attacco <strong>al</strong>la xýnesis che Cleone, preoccupato che gli Ateniesi mostrino<br />

incertezza e instabilità nelle deliberazioni, conduce nel passo che è oggetto della nostra discussione (III,<br />

37, 3-5): il popolo, egli afferma, deve seguire la propria opinione (doxa), senza lasciarsi fuorviare d<strong>al</strong>la<br />

tecnica retorica (deinotes) e d<strong>al</strong>l’intelligenza (xýnesis) degli oratori. Ora, la xýnesis è, come si è detto, una<br />

delle doti princip<strong>al</strong>i dell’uomo politico democratico ed esprime, fra l’<strong>al</strong>tro, la capacità di discernimento<br />

razion<strong>al</strong>e, che si contrappone <strong>al</strong>l’irrazion<strong>al</strong>ità della massa in preda <strong>al</strong>le proprie emozioni. Nel giudizio<br />

tucidideo su Pericle (II, 65, 5-9), lo statista è presentato come capace di stimolare il popolo <strong>al</strong>la libertà di<br />

giudizio, evitando di lusingarlo e frenandone l’irrazion<strong>al</strong>ità (orghé). Cleone, che invita il popolo a non<br />

accogliere l’invito a ritornare criticamente sulle decisioni prese, a non esercitare la xýnesis, a restare legato<br />

<strong>al</strong>la propria doxa, è dunque l’esatto contrario di Pericle. Affermando che chi impedisce <strong>al</strong> popolo di<br />

seguire la propria opinione mette in pericolo la città perché fiducioso <strong>nella</strong> sua eloquenza o perché<br />

convinto d<strong>al</strong> denaro e che, quindi, l’assemblea deve fidarsi solo di se stessa e non lasciarsi indurre <strong>al</strong>la<br />

riflessione dagli oratori, Cleone si presenta apparentemente come il vero democratico, che rifiuta l’idea<br />

di oratoria come gara sofistica di belle parole ma <strong>al</strong>iena dagli interessi della città e si mostra<br />

preoccupato, prima di tutto, di assicurare <strong>al</strong> demos la piena capacità decision<strong>al</strong>e (III, 38). Ma in re<strong>al</strong>tà la<br />

sua prospettiva, che vuole il popolo disinteressato <strong>al</strong>la discussione e <strong>al</strong>la retta v<strong>al</strong>utazione e restio a<br />

lasciarsi guidare nel dibattito assembleare, è fortemente demagogica e nettamente antipericlea: il<br />

rapporto di<strong>al</strong>ettico stabilito da Pericle con il demos (“dominava il popolo senza limitarne la libertà, e non<br />

era da lui condotto più di quanto egli stesso lo conducesse”), infatti, appare rib<strong>al</strong>tato <strong>nella</strong> prospettiva di<br />

2 Cfr. C. Bearzot, Spartani “ide<strong>al</strong>i” e “Spartani anom<strong>al</strong>i”, in Contro le “leggi immutabili”. Gli Spartani fra tradizione e innovazione<br />

(Contributi di storia antica, 2), Milano 2004, pp. 3-32.<br />

4


Cleone, che vede la propria <strong>leader</strong>ship come una opportunità di utilizzare demagogicamente il popolo,<br />

sottraendolo <strong>al</strong>l’influenza riequilibratrice di <strong>al</strong>tri <strong>leader</strong>. Tucidide dunque, mentre sottolinea, attraverso le<br />

riprese terminologiche e le citazioni, la pretesa di Cleone di presentarsi come l’erede di Pericle, fa<br />

emergere anche forti elementi di discontinuità e si sforza con ciò di mettere in evidenza la distanza etica<br />

e politica fra i due: nell’opera tucididea Cleone, che si pretende nuovo Pericle, è in re<strong>al</strong>tà un Pericle<br />

distorto, o addirittura un anti-Pericle.<br />

Una conferma ulteriore viene d<strong>al</strong> discorso di Diodoto, avversario di Cleone nel dibattito<br />

mitilenese. Diodoto, esponente di una linea politica più moderate, <strong>nella</strong> parte del suo discorso in cui si<br />

parla del rapporto tra il popolo e i suoi <strong>leader</strong> (III, 42) prende le distanze da quanto Cleone ha<br />

precedentemente affermato in proposito; se Cleone aveva sottolineato la necessità di evitare eccessive<br />

discussioni, Diodoto afferma invece che fretta e ira (orghé) sono elementi negativi nel processo<br />

decision<strong>al</strong>e. Già questo basta a presentarci un Diodoto vicino a posizioni “periclee”: l’assemblea deve<br />

discernere con c<strong>al</strong>ma e non lasciarsi trasportare d<strong>al</strong>l’emotività. Chi, come Cleone, nega il v<strong>al</strong>ore della<br />

discussione assembleare, o è axýnetos o trova in ciò qu<strong>al</strong>che vantaggio person<strong>al</strong>e: in entrambi i casi, egli<br />

appare indegno del ruolo di <strong>leader</strong> politico, perché privo tanto della dote fondament<strong>al</strong>e della xýnesis<br />

quanto delle qu<strong>al</strong>ità di incorruttibilità e di disinteresse proprie dell’uomo politico ide<strong>al</strong>e, esemplato<br />

sull’immagine del Pericle in II, 65. Per contro, profondamente periclea è l’immagine del buon cittadino<br />

che parla <strong>al</strong> popolo tratteggiata da Diodoto: egli deve convincere il demos giocando ad armi pari, non<br />

parlare per compiacerlo (pròs charin) <strong>al</strong> fine di ottenere onori.<br />

Tucidide coglie così in Cleone, ancora una volta, l’anti-Pericle, colui che parla <strong>al</strong> popolo per<br />

compiacerlo e ottenere vantaggi person<strong>al</strong>i, non per il bene della città, senza esercitare la responsabilità<br />

propria dell’oratore e senza favorire la buona deliberazione dell’assemblea. Per contro Diodoto, che<br />

raccomanda di decidere con saggezza (il concetto di sophrosyne è fortemente presente nel discorso di<br />

Diodoto, ed egli è, anzi, l’unico oratore ateniese che usa questo termine) e con c<strong>al</strong>ma, rifiutando “le<br />

cose più dannose a una buona decisione, la fretta e l’ira”, ha tratti fortemente periclei. Tucidide ha<br />

voluto probabilmente, con ciò, sottolineare il rapporto ide<strong>al</strong>e tra Pericle e Diodoto, per contribuire a<br />

mettere ulteriormente in luce la distanza fra Cleone, che si atteggia senza vero fondamento a nuovo<br />

Pericle, e il suo modello. Cleone ci appare così come un modell7o negativo, di cattivo politico indegno<br />

di esercitare il <strong>potere</strong> come rappresentante della comunità, che contribuisce a delineare e contrario<br />

l’immagine del politico ide<strong>al</strong>e 3 .<br />

D) TRA AUTOREVOLEZZA E CONSENSO<br />

Tornando <strong>al</strong> problema da cui siamo partiti, e cioè <strong>al</strong>la definizione del <strong>leader</strong> politico e delle<br />

caratteristiche che lo qu<strong>al</strong>ificano <strong>al</strong>l’esercizio del <strong>potere</strong> affidatogli da chi detiene la sovranità, <strong>nella</strong><br />

visione tucididea egli è colui che, avendo <strong>al</strong>le sp<strong>al</strong>le una tradizione solida sul piano familiare e soci<strong>al</strong>e<br />

che lo affranca d<strong>al</strong>l’oscurità (axíoma), è in grado di guadagnarsi una person<strong>al</strong>e considerazione (axíosis) a<br />

motivo delle qu<strong>al</strong>ità che lo candidano ad assumere un ruolo dirigente, prima fra tutte la xýnesis,<br />

fondamento della capacità di v<strong>al</strong>utare e di agire tempestivamente ed efficacemente, di perseguire il bene<br />

comune, di mantenere con la comunità politica di cui è rappresentante un rapporto di<strong>al</strong>ettico, rispettoso<br />

della libertà ed immune da ogni forma di demagogia.<br />

L’autorevolezza del <strong>leader</strong> appare dunque fondata su solide basi di contenuto, sull’“essere” più<br />

che sull’“apparire”. Di qui lo scarso interesse di Tucidide per termini come doxa o eudokimía, che<br />

identificano la “popolarità”, il consenso non necessariamente legato ad effettivi contenuti di v<strong>al</strong>ore: in<br />

Tucidide il verbo eudokiméo è presente una sola volta e in diretto collegamento con l’axíosis, nel passo<br />

dell’Epitafio (II, 37, 1) in cui Pericle afferma che “per quanto riguarda la considerazione pubblica (axíosis)<br />

nell’amministrazione dello stato, ciascuno è preferito a seconda del suo emergere (eudokimeîn) in un<br />

determinato campo”. Per lo stesso motivo Tucidide individua il discrimine fra democrazia e demagogia<br />

nel momento in cui, nell’identificazione del <strong>leader</strong>, la ricerca del consenso viene a prev<strong>al</strong>ere sull’effettiva<br />

superiorità di v<strong>al</strong>ore.<br />

3 Cfr. C. Bearzot, Il Cleone di Tucidide tra Archidamo e Pericle, in Ad fontes! Festschrift Dobesch, Wien 2004, pp. 125-135.<br />

5


La superiorità identificata d<strong>al</strong> concetto di xýnesis è di carattere intellettu<strong>al</strong>e ed è collocata <strong>nella</strong><br />

sfera del politico. I termini che identificano l’espressione dell’autorità in senso concreto, quindi la<br />

“potenza” vera e propria, non indicano quasi mai in Tucidide l’autorevolezza politica: mi riferisco a<br />

termini come exousía, arché, kratos, nonché ad espressioni come mega dýnamai, polý ischyo (“sono forte,<br />

potente”), che indicano la forza anche fisica e dunque identificano il v<strong>al</strong>ore di un uomo ha in base <strong>al</strong>le<br />

proprie forze oggettive e di natura concreta (come pure la potenza di una città, o di una entità politica,<br />

in senso gener<strong>al</strong>e o su base geografica, demografica, politico-militare, economico-soci<strong>al</strong>e).<br />

L’autorevolezza politica appare interamente collegata con la sfera della reputazione: tanto axíoma, axíosis<br />

quanto eudokimía, doxa indicano il v<strong>al</strong>ore che un uomo assume in ambito soci<strong>al</strong>e a seguito della<br />

v<strong>al</strong>utazione espressa d<strong>al</strong>la comunità.<br />

2. IL IV SECOLO<br />

Il IV secolo offre un quadro più complesso, caratterizzato in senso duplice a seconda del<br />

retroterra ideologico delle fonti che ci offrono gli elementi per una identificazione delle caratteristiche<br />

princip<strong>al</strong>i del <strong>leader</strong> politico ide<strong>al</strong>e. La tradizione democratica mostra una significativa continuità con<br />

Tucidide; del tutto diversa appare invece l’impostazione della tradizione “moderata”, cioè degli autori<br />

antidemocratici di orientamento riformista, come Isocrate.<br />

A) LA TRADIZIONE DEMOCRATICA: DEMOSTENE<br />

In Demostene ricorre con frequenza axíoma, con il v<strong>al</strong>ore di “prestigio, dignità”. T<strong>al</strong>e prestigio è<br />

collegato con il riconoscimento di v<strong>al</strong>ori effettivi, siano essi fattori concreti di potenza (Phil. III, 43) o<br />

portati della tradizione (XVIII, 210), ed impegna ad un comportamento coerente nell’assunzione del<br />

ruolo a cui esso qu<strong>al</strong>ifica (Phil. III, 73). Axíosis, che si riferisce specificamente <strong>al</strong>l’individuo e ai suoi<br />

v<strong>al</strong>ori person<strong>al</strong>i, è assente, anche perché a Demostene interessa non tanto l’autorevolezza del singolo<br />

<strong>leader</strong> democratico, quanto quella di Atene a livello panellenico: anche <strong>al</strong> di là del lessico demostenico,<br />

del resto, il termine tende a scomparire nel IV secolo. Frequente è l’occorrenza dell’espressione tes poleos<br />

axíoma, “il prestigio, la dignità della città”, la cui perdita comporta anche la perdita di egemonia e libertà<br />

(XVIII, 65); t<strong>al</strong>e axíoma è così strettamente collegato con Atene che la caduta di Atene a Cheronea<br />

dissolve l’axíoma della Grecia intera (Epit. 24). Al tema dell’uomo politico democratico rispetto <strong>al</strong>la città,<br />

che appariva centr<strong>al</strong>e <strong>nella</strong> riflessione tucididea, si sostituisce quello di Atene (la <strong>polis</strong> democratica per<br />

eccellenza) rispetto <strong>al</strong>la Grecia, con un ampliamento di orizzonti che ben corrisponde <strong>al</strong>le<br />

problematiche politiche contemporanee.<br />

La <strong>qu<strong>al</strong>ificazione</strong> <strong>al</strong>l’esercizio del <strong>potere</strong> continua comunque ad essere collegata con elementi di<br />

v<strong>al</strong>utazione oggettiva, con v<strong>al</strong>ori che suscitano uno spontaneo riconoscimento: fra essi, la terminologia<br />

della xýnesis (piuttosto rara nel IV) e delle diverse capacità che qu<strong>al</strong>ificano <strong>al</strong>l’attività politica continua a<br />

rivestire un ruolo significativo (Epit. 17; 30; Erot. 1; 45; 50; Ep. III, 11, dove viene sottolineata la<br />

superiorità di Atene sulla base di sýnesis e di paideia). An<strong>al</strong>ogamente, la capacità di parlare e di agire<br />

continua a caratterizzare il cittadino capace di servire il bene comune (XXI, 141; XXII, 25; XXVI, 8), a<br />

conferma della continuità di Demostene con la tradizione democratica del V secolo.<br />

B) LA TRADIZIONE NON DEMOCRATICA: ISOCRATE<br />

Nell’opera del retore la definizione del <strong>leader</strong> o dello stato egemone è interamente basata sull’idea<br />

di “popolarità” (axíoma è rarissimo in Isocrate; axíosis manca; sýnesis compare una sola volta); si<br />

evidenzia così una decisa rottura con la tradizione del V secolo, sviluppatasi <strong>al</strong>l’interno dell’orizzonte<br />

democratico.<br />

In Isocrate appare centr<strong>al</strong>e il concetto di eudokimía, che identifica la “fama”, la “popolarità”, su<br />

fondamenti di natura ora etica, ora politica e militare, e ritorna per privati cittadini, con accentuazione<br />

dell’aspetto mor<strong>al</strong>e, per governanti (In C<strong>al</strong>l. 63; De big. 23; 36; Busir. 28; Nic. 37; Antid. 220; 278; Phil.<br />

6


123; Panath. 78) e per comunità (In C<strong>al</strong>l. 31; Paneg. 59; 108; Plat. 53; Arch. 42; De pac. 19; 77; 135; Areop.<br />

17; Panath. 61). Un ruolo importante riveste il dato di tradizione, per cui buona fama e popolarità<br />

trovano spesso il loro fondamento nelle benemerenze degli antenati (Nic. 30; Paneg. 76; 83; 99; De pac.<br />

47; Panath. 152; 167; 188).<br />

T<strong>al</strong>e eudokimía genera eúnoia (cfr. Ad Dem. 36), “benevolenza, buona disposizione d’animo”, ed è<br />

appunto l’eúnoia ad offrire <strong>al</strong> singolo quella <strong>leader</strong>ship politica che in Tucidide gli era garantita d<strong>al</strong>la<br />

oggettiva superiorità delle sue qu<strong>al</strong>ità, e <strong>al</strong>la città quell’impero che nel secolo precedente le era garantito<br />

d<strong>al</strong>l’esercizio pragmatico della potenza. In Thuc. III, 37, 2 Cleone afferma che la supremazia ateniese<br />

sugli <strong>al</strong>leati è fondata “sulla forza piuttosto che sull’eúnoia”; diversamente, per Isocrate è la fama,<br />

comunque ottenuta, e non il v<strong>al</strong>ore oggettivo a generare, per consenso della pubblica opinione (o di una<br />

parte più o meno qu<strong>al</strong>ificata di essa), il riconoscimento <strong>al</strong>l’egemonia. In questa tradizione, che fa capo <strong>al</strong><br />

relativismo sofistico (una significativa teorizzazione del v<strong>al</strong>ore dell’eudokimía si trova in Prodico di Ceo,<br />

cfr. T 13 Untersteiner), l’autorevolezza basata sulla v<strong>al</strong>utazione oggettiva di capacità intellettu<strong>al</strong>i ed<br />

etico-politiche viene sostituita da un’autorevolezza legata primariamente <strong>al</strong>la doxa (spesso sovrapposta<br />

ad eudokimía e collegata con dýnamis: cfr. Evag. 64, Panath. 256), cioè <strong>al</strong>la capacità di coagulare un<br />

consenso sulle basi più diverse: per esempio, per il singolo individuo, l’apprezzamento per l’elevato stile<br />

di vita (Ad Nic. 19; 22) o per le qu<strong>al</strong>ità mor<strong>al</strong>i private (Ad Dem. 12; 17; 21; Hel. 21; 54; Ad Nic. 36;<br />

Panath. 87), che non entrava in gioco in ambito tucidideo per la prev<strong>al</strong>enza dell’aspetto pubblico,<br />

strettamente politico.<br />

Con ciò, nel concetto di autorevolezza viene introdotto un elemento di ambiguità, giacché lo<br />

strumento per coagulare il consenso è in prima istanza quello della propaganda, sostanzi<strong>al</strong>mente<br />

indifferente sul piano dei v<strong>al</strong>ori oggettivi (e infatti in qu<strong>al</strong>che caso l’eudokimía è fondata su basi ambigue<br />

come la menzogna, Antid. 18, e l’adulazione, Panath. 237). Un’autorevolezza che non si impone da sé<br />

sulla base del merito, che non suscita un riconoscimento spontaneo di effettivi v<strong>al</strong>ori va infatti costruita<br />

a livello propagandistico: non casu<strong>al</strong>mente, il problema di come ottenere e mantenere il consenso<br />

occupa nel pensiero politico del IV secolo un ruolo centr<strong>al</strong>e.<br />

Significativamente, Demostene sembra assumere una posizione apertamente polemica nei<br />

confronti di questo atteggiamento. Eudokimía, eudokimeîn hanno in Demostene, come già in Lisia (XXV,<br />

24), un v<strong>al</strong>ore ambiguo, non necessariamente positivo, giacché identificano sì la “popolarità”, il<br />

“successo”, ma sovente il successo in quanto fine a se stesso, ed ottenuto t<strong>al</strong>volta in forme eticamente<br />

inaccettabili: attraverso l’ipercriticismo non costruttivo (V, 2), l’adulazione (XIII, 1), la menzogna (XIX,<br />

23), la corruzione (Phil. IV, 54). T<strong>al</strong>e eudokimía finisce per costituire un danno per la comunità (XIX,<br />

340, a proposito di Eschine) e per separare il successo del singolo d<strong>al</strong>la ricerca del bene comune:<br />

addirittura Demostene prospetta la possibilità (XVIII, 198, sempre a proposito di Eschine) che sia<br />

possibile eudokimeîn attraverso lo sfruttamento delle sventure della Grecia (tà tôn Hellénôn atychémata). Ad<br />

una aperta ripresa della tradizione democratica del V corrisponde dunque, in Demostene, una netta<br />

presa di distanza dai parametri contemporanei, che privilegiavano la ricerca del consenso attraverso la<br />

propaganda rispetto <strong>al</strong>la v<strong>al</strong>utazione positiva, fondata su criteri oggettivi, dell’opinione pubblica<br />

democratica. L’attu<strong>al</strong>ità della questione è confermata d<strong>al</strong>l’atteggiamento di Eschine, che su questo punto<br />

appare in costante polemica con Demostene e gli rinfaccia a sua volta di perseguire, con mezzi<br />

spregiudicati e incompatibili con un sincero orientamento democratico, una popolarità effimera, priva<br />

di re<strong>al</strong>e fondamento oggettivo, per assicurarsi una immeritata <strong>leader</strong>ship (II, 72; 105; III, 237 per axíoma;<br />

III, 220 per axíosis; II, 130; III, 81 per eudokimeîn).<br />

C) UNA PROSPETTIVA ORIGINALE: SENOFONTE<br />

In Senofonte la terminologia tucididea è rara: axíoma si trova di rado e indica la preminenza<br />

politica riconosciuta o la considerazione in forma generica, mentre axíosis manca; xýnesis, xynetós<br />

indicano l’intelligenza in senso generico. Ma anche i termini chiave di Isocrate, come eudokimía,<br />

ritornano con v<strong>al</strong>ore generico e senza la rilevanza loro accordata d<strong>al</strong> polemista moderato. Nei<br />

Memorabili ci troviamo invece di fronte ad una impostazione origin<strong>al</strong>e, che trae ispirazione<br />

d<strong>al</strong>l’insegnamento di Socrate. Eudokimía, eudokimeîn e le loro conseguenze in termini di autorevolezza<br />

7


politica presuppongono un v<strong>al</strong>ore oggettivo, identificato non tanto nelle person<strong>al</strong>i qu<strong>al</strong>ità, come era<br />

stato nel secolo precedente, quanto <strong>nella</strong> corretta conoscenza. In Mem. III, 6, 17-18 e IV, 1, 5 meritano<br />

di aver buona fama (eudokimeîn) e di essere ammirati (thaumázesthai) coloro la cui autorevolezza riposa<br />

sulla conoscenza vera (episteme); d’<strong>al</strong>tra parte la capacità di agire politicamente (prattein) non può essere<br />

indifferente sul piano dei v<strong>al</strong>ori ma deve coincidere con l’“agire correttamente” (prattein tà díkaia oppure<br />

tà béltista) e quindi deve necessariamente procedere d<strong>al</strong> possesso dell’episteme (Mem. I, 2, 3; III, 9, 5; IV, 5,<br />

3). In Senofonte è dunque presente, <strong>nella</strong> prospettiva contemporanea, l’apprezzamento per i temi della<br />

popolarità e del consenso: tuttavia egli, non volendo rinunciare a punti di riferimento oggettivi, propone<br />

la retta conoscenza dell’insegnamento socratico in <strong>al</strong>ternativa <strong>al</strong>le abilità e <strong>al</strong>le virtù che definivano il<br />

<strong>leader</strong> nel secolo precedente. Tucidide aveva proposto l’eudokimeîn come risultato della specifica<br />

competenza di ciascuno in un determinato ambito (II, 37, 1), Senofonte ne fa la conseguenza di una più<br />

gener<strong>al</strong>e capacità di intervento in campo politico, fondata sulla conoscenza del bene e del vero. A di là<br />

della diversa impostazione, entrambi gli autori mostrano un’insistenza sui contenuti che non si ritrova<br />

in Isocrate, attento soprattutto <strong>al</strong> livello più superfici<strong>al</strong>e del successo di facciata. Senofonte rivela<br />

dunque, sul tema dell’autorevolezza, una posizione origin<strong>al</strong>e, che coniuga le esigenze di oggettività che<br />

la prospettiva tucididea aveva contribuito a mantenere vive con la nuova sensibilità del IV secolo <strong>al</strong>le<br />

esigenze della propaganda 4 .<br />

Accomuna tutti gli autori ora considerati, Da Demostene a Isocrate a Senofonte, l’interesse per<br />

le espressioni che indicano il <strong>potere</strong> (mega dýnamai, polý ischyo): t<strong>al</strong>i espressioni identificano t<strong>al</strong>ora fattori di<br />

fama e di rinomanza (soprattutto per le collettività), t<strong>al</strong><strong>al</strong>tra la capacità, per il singolo, di esercitare una<br />

fattiva influenza, si tratti di un individuo o dell’opinione pubblica nel suo complesso. Anche in questo<br />

caso però, come per Tucidide, t<strong>al</strong>i espressioni non sembrano avere attinenza con il tema<br />

dell’autorevolezza politica, che pare basarsi preferibilmente su elementi di tipo intellettu<strong>al</strong>e od eticopolitico.<br />

Per concludere, il passaggio d<strong>al</strong> V <strong>al</strong> IV secolo, e quindi d<strong>al</strong>l’ambito ristretto della <strong>polis</strong><br />

democratica a prospettive diverse sul piano istituzion<strong>al</strong>e e, soprattutto, assai più ampie d<strong>al</strong> punto di<br />

vista dell’orizzonte geopolitico, evidenzia <strong>nella</strong> caratterizzazione della <strong>leader</strong>ship un netto cambiamento di<br />

prospettiva per quanto riguarda la v<strong>al</strong>utazione delle qu<strong>al</strong>ità di natura etico-politica necessarie <strong>al</strong><br />

raggiungimento dell’autorevolezza politica. T<strong>al</strong>e cambiamento si identifica in un passaggio d<strong>al</strong> livello<br />

dell’“essere” a quello dell’“apparire”, cioè d<strong>al</strong>la prev<strong>al</strong>enza di una oggettività di v<strong>al</strong>ori che genera un<br />

unanime riconoscimento <strong>al</strong>la ricerca di una popolarità basata sul consenso a non necessariamente<br />

corrispondente a v<strong>al</strong>ori effettivi. Contemporaneamente l’opinione pubblica, da soggetto di v<strong>al</strong>utazione<br />

(qu<strong>al</strong>e risulta nel rapporto che Tucidide propone tra essa e il <strong>leader</strong>, soprattutto nell’ambito della<br />

democrazia periclea), si trasforma in oggetto di propaganda, esposto a manipolazioni e condizionamenti<br />

di diversa natura. Il demos, da depositario della sovranità, diventa così strumento di <strong>potere</strong>: un <strong>potere</strong><br />

che, da condiviso, si avvia a diventare progressivamente <strong>potere</strong> person<strong>al</strong>e e, in prospettiva, assoluto,<br />

ancorché giustificato d<strong>al</strong>le qu<strong>al</strong>ità straordinarie del <strong>leader</strong> e d<strong>al</strong> consenso che lo circonda.<br />

8<br />

Cinzia Bearzot<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano<br />

4 Cfr. M. Isnardi Parente, Techne ed episteme della classe dirigente nel pensiero politico del IV secolo, in Rivista Storica It<strong>al</strong>iana LXXIII<br />

(1961), pp. 5-35; A. Squilloni, Il profilo del capo politico nel pensiero politico del IV secolo: lo speculum principis, in Il Pensiero politico<br />

XXIII (1990), pp. 201-218; C. Bearzot, Il vocabolario dell’autorevolezza politica <strong>nella</strong> Grecia del IV secolo, in Acta Classica<br />

Debreceniensia XXII (1996), pp. 23-38.

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