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il rischio contrattuale in diritto romano: in particolare il periculum ...

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IL RISCHIO CONTRATTUALE IN DIRITTO ROMANO: IN PARTICOLARE ILPERICULUM NELLE OBLIGATIONES CONSENSU CONTRACTAE1. Se oggi <strong>il</strong> <strong>rischio</strong> <strong>contrattuale</strong> può essere def<strong>in</strong>ito come “<strong>il</strong> pericolo del pregiudizio che laparte sopporta per l’<strong>in</strong>colpevole perimento dell’oggetto della prestazione o per l’<strong>in</strong>colpevole<strong>in</strong>esecuzione del contratto” 1 , ben diversamente stavano le cose nel <strong>diritto</strong> <strong>romano</strong> dove non si arrivòmai ad una def<strong>in</strong>izione astratta di <strong>periculum</strong>. I giuristi romani <strong>in</strong>fatti non furono <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>i alle enunciazionidi carattere generale <strong>in</strong> quanto, operando sul piano di una concreta casistica, dovevano tener conto del<strong>particolare</strong> assetto d’<strong>in</strong>teressi che le s<strong>in</strong>gole fattispecie esam<strong>in</strong>ate presentavano, f<strong>in</strong>endo così col forniresoluzioni specifiche. Ciò ovviamente non esclude che, enucleando <strong>in</strong> virtù di un procedimento logico ditipo <strong>in</strong>duttivo l’impostazione concettuale sottesa alla risoluzione dei s<strong>in</strong>goli casi, non si possa arrivareall’<strong>in</strong>dividuazione di un pr<strong>in</strong>cipio astratto e generale. Nel nostro caso l’operazione è, però,particolarmente complessa perché <strong>il</strong> tema del <strong>rischio</strong> si <strong>in</strong>terseca con quello della responsab<strong>il</strong>ità per<strong>in</strong>adempimento e se è vero che <strong>il</strong> primo è subord<strong>in</strong>ato e conseguenziale rispetto alla seconda, nel sensoche quanto più si amplia <strong>il</strong> campo della responsab<strong>il</strong>ità <strong>contrattuale</strong> tanto più si restr<strong>in</strong>ge quello dellasopportazione del <strong>rischio</strong> 2 , non è sempre agevole, allo stato delle fonti, <strong>in</strong>dividuare la l<strong>in</strong>ea di conf<strong>in</strong>e trai due problemi 3 . Del resto lo stesso term<strong>in</strong>e <strong>periculum</strong> viene spesso adoperato dai giuristi non <strong>in</strong> sensotecnico 4 , ma con una portata più ampia per <strong>in</strong>dicare la perdita economica – rectius la persona su cuiricadrà la perdita economica – derivante da un evento <strong>in</strong>dipendentemente da come questa <strong>in</strong>cidenzanegativa sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o giuridico si sia venuta a determ<strong>in</strong>are 5 .Alla luce di queste considerazioni riteniamo opportuno soffermarci su alcuni casi pratici <strong>in</strong> cui,una volta escluso che l’<strong>in</strong>adempimento sia tale che l’una delle parti possa chiederne conto all’altra, igiuristi romani si scontrarono con <strong>il</strong> problema del <strong>rischio</strong>; tali casi evidenziano come le soluzioniprospettate divergano non soltanto <strong>in</strong> ragione del <strong>particolare</strong> tipo di negozio preso <strong>in</strong> considerazione(s<strong>in</strong>allagmatico, associativo, gestorio etc.), ma anche <strong>in</strong> relazione allo specifico assetto di <strong>in</strong>teressi che les<strong>in</strong>gole situazioni considerate presentano.2. Com<strong>in</strong>ciamo dalla compravendita. Prelim<strong>in</strong>armente va detto che nell’arcaico <strong>diritto</strong> <strong>romano</strong>unico vero negozio di scambio fu la mancipatio, con <strong>il</strong> bronzo pesato come merce-moneta, o tutt’al piùcon l’aes signatum. Solo a cavallo tra <strong>il</strong> III e <strong>il</strong> II secolo a.C., quando Roma da realtà agro-pastorale si aprìalle guerre di conquista e ai traffici mediterranei, si avvertì l’esigenza di schemi negoziali semplici edessenziali che consentissero un’agevole regolamentazione degli scambi, specie con gli stranieri,nell’ambito della nuova economia mercant<strong>il</strong>e che si andava sempre più sv<strong>il</strong>uppando 6 . In questo contestosi colloca la genesi dell’emptio-venditio che non realizzava <strong>il</strong> trasferimento della proprietà, ma ne facevascaturire l’obbligo, sulla base di un consenso comunque manifestato 7 .1 Così C. M. Bianca, Diritto civ<strong>il</strong>e. III. Il contratto (1987), p. 508.2 In tal senso E. Betti, ‹Periculum›. Problema del <strong>rischio</strong> <strong>contrattuale</strong> <strong>in</strong> <strong>diritto</strong> <strong>romano</strong> classico e giust <strong>in</strong>ianeo, <strong>in</strong> St. de Francisci 1 (1956), p.135.3 M. Talamanca, Considerazioni sul ‹<strong>periculum</strong> rei venditae›, <strong>in</strong> Sem<strong>in</strong>arios complutenses de derecho <strong>romano</strong> 7 (1995) p. 221. Si eraespresso <strong>in</strong> maniera differente M. Sargenti, Rischio <strong>contrattuale</strong> (dir. rom.), <strong>in</strong> ED. 40 (1989) p. 1126, secondo cui la dist<strong>in</strong>zionetra responsab<strong>il</strong>ità per <strong>in</strong>adempimento e <strong>rischio</strong> <strong>contrattuale</strong> era ben chiara ai giuristi romani e <strong>il</strong> suo “oscuramento” […] èfrutto di un diverso <strong>in</strong>dirizzo seguito probab<strong>il</strong>mente da <strong>in</strong>terpreti tardi e dai co mp<strong>il</strong>atori giust<strong>in</strong>ianei”. Tale affermazione nonè, a nostro avviso, condivisib<strong>il</strong>e tout court ; <strong>in</strong>fatti, pur non negando che lo stato delle fonti è tale da accentuare la confusionetra responsab<strong>il</strong>ità per <strong>in</strong>adempimento e <strong>rischio</strong> <strong>contrattuale</strong>, non crediamo che i prudentes arrivarono ad una consapevoleimpostazione concettuale della problematica dei rapporti tra responsab<strong>il</strong>ità <strong>contrattuale</strong> e <strong>rischio</strong>.4 Ci si trova di fronte al problema del <strong>rischio</strong> <strong>in</strong> senso tecnico <strong>in</strong> quei casi <strong>in</strong> cui, diventata impossib<strong>il</strong>e una delle prestazioniper cause non imputab<strong>il</strong>i al debitore, ci si domandi quale sia la sorte dell’obbligazione della controparte ancora possib<strong>il</strong>e ogià eseguita.5 Sul punto cfr. M. Talamanca, Vendita (dir. rom.), <strong>in</strong> ED. 46 (1993), p. 450.6 G. Franciosi, Corso istituzionale di <strong>diritto</strong> <strong>romano</strong>³ (2000), pp. 374 ss..7 Ovviamente questa fu la genesi anche delle altre obligationes consensu contractae, vale a dire la locazione-conduzione, la societàe <strong>il</strong> mandato.1


Per tutta l’età classica la compravendita fu un contratto consensuale e b<strong>il</strong>aterale <strong>in</strong> virtù delquale una delle parti si obbligava a trasmettere all’altra <strong>il</strong> pacifico godimento di qualcosa, detta merce,mentre l’altra si obbligava a trasferire alla prima la proprietà di una somma di denaro detta prezzo.La peculiare configurazione giuridica della compravendita romana fece sentire i suoi effettianche <strong>in</strong> materia di <strong>rischio</strong> 8 . In proposito la dottr<strong>in</strong>a tradizionale e ancora oggi maggioritaria ritiene che,a partire dalla tarda repubblica, <strong>il</strong> <strong>periculum</strong> gravasse sul compratore anche prima della traditio, una voltache <strong>il</strong> negozio avesse raggiunto lo stadio dell’emptio perfecta 9 . Altra parte della dottr<strong>in</strong>a, <strong>in</strong>vece, ritiene che<strong>il</strong> <strong>rischio</strong> <strong>in</strong>combesse sul venditore ante traditionem 10 , ma non sono mancate posizioni più articolate 11 . Inogni caso, aff<strong>in</strong>ché <strong>il</strong> nostro discorso non rimanga troppo nel vago, è opportuno vedere come, <strong>in</strong>concreto, si comportassero i prudentes 12 .Il testo più antico di cui disponiamo è tratto dai Digesta di Alfeno Varo, giurista tardorepubblicano,che considera <strong>il</strong> caso di alcuni letti lasciati sulla pubblica via dopo la vendita e che l’ed<strong>il</strong>eord<strong>in</strong>a di distruggere perché d’<strong>in</strong>tralcio al traffico cittad<strong>in</strong>o 13 . Sia Alfeno sia Paolo, che <strong>in</strong> età severianane epitoma l’opera, concordano nel ritenere che se la merce è stata venduta ma non ancora trasferita enon ricorrano gli estremi della mora accipiendi, <strong>il</strong> <strong>rischio</strong> debba gravare sul venditore. Analogamentequalora la merce venduta sia stata rubata (nel caso di specie trattasi di travi), se <strong>il</strong> furto è avvenuto dopola traditio, <strong>il</strong> <strong>periculum</strong> ricadrà sull’acquirente, altrimenti resterà a carico del venditore 14 . Alla traditio, che è<strong>il</strong> momento <strong>in</strong> cui la merce viene messa a disposizione della controparte o comunque assoggettata alsuo potere di disposizione e che determ<strong>in</strong>a la traslazione del <strong>rischio</strong> dall’alienante all’acquirente, vieneequiparata nel primo caso la mora frapposta dal creditore al ritiro della cosa tenuta a sua disposizione,nel secondo la signatio delle travi.Benché i frammenti menzionati attest<strong>in</strong>o con sufficiente chiarezza l’esistenza di un <strong>periculum</strong>venditoris, non è mancato chi li abbia voluti <strong>in</strong>tendere come un’eccezione rispetto alla regola generalecostituita dal <strong>periculum</strong> emptoris 15 . Questa tesi appare, però, poco conv<strong>in</strong>cente: escluso, <strong>in</strong>fatti, che possatrattarsi di una vendita di genere o di un contratto di fornitura, nel qual caso non si sarebbe proprioposto <strong>il</strong> problema del <strong>rischio</strong> 16 , si potrebbe avanzare l’ipotesi di responsab<strong>il</strong>ità per custodia delvenditore, ma anche ciò è da escludersi <strong>in</strong> quanto la ratio di entrambi i responsa non è fondata sul culpamprestare, bensì sull’<strong>in</strong>dividuazione di chi sia <strong>il</strong> dom<strong>in</strong>us della merce nel momento <strong>in</strong> cui si è verificato <strong>il</strong><strong>rischio</strong>.Un significativo mutamento di prospettiva sembra verificarsi già <strong>in</strong> epoca augustea. In unframmento di Ulpiano, <strong>in</strong>fatti, viene riferita l’op<strong>in</strong>ione di Labeone <strong>il</strong> quale, a proposito della mors servi8 Il confronto con gli altri diritti dell’antichità conferma che la configurazione dell’emptio-venditio classica come negoziopuramente consensuale fu creazione propria del <strong>diritto</strong> <strong>romano</strong>. Sul punto v. E. Volterra, Diritto <strong>romano</strong> e diritti orientali (1937)pp. 150 ss..9 La letteratura sul punto è sconf<strong>in</strong>ata. R<strong>in</strong>viando, per una puntuale rassegna della stessa a M. Kaser, Das römische Privatrecht 1²(1971), p. 552 nt. 61 e a M. Talamanca, Vendita cit., p. 449 nt. 1517, ci limitiamo a segnalare, per la peculiarità delle posizioni,E. Seckel - E. Levy, Die Gefahrtragung beim Kauf im klassischen römischen Recht, <strong>in</strong> ZSS. 47 (1927), pp. 117 ss.; V. Arangio-Ruiz,La compravendita <strong>in</strong> <strong>diritto</strong> <strong>romano</strong>² (1954), pp. 247 ss.; F. Peters, Periculum est emptoris, <strong>in</strong> Iuris Professio. Festgabe M. Kaser (1986),pp. 211 ss.; M. Pennitz, Die Gefahrtragung beim We<strong>in</strong>verkauf im klassischen römischen Recht, <strong>in</strong> TR. 62 (1992), pp. 251 ss..10 C. Arnò, La teorica del <strong>periculum</strong> rei venditae nel <strong>diritto</strong> <strong>romano</strong> classico, <strong>in</strong> Giur. It. 4 (1897), pp. 209 ss. (e <strong>in</strong> più scritti successivi);F. Haymann, Textkritische Studien zum römischen Obligationenrecht, II: Periculum est emptoris, <strong>in</strong> ZSS. 41 (1920), pp. 44 ss.; E. Betti,Periculum cit., pp. 131 ss. (anche se la sua posizione è più articolata); M. Sargenti, Rischio <strong>contrattuale</strong> cit., pp. 1126 ss..11 V. particolarmente E. Rabel, Gefahrtragung beim Kauf , <strong>in</strong> ZSS. 42 (1921), pp. 543 ss.; H. Vogt, Zur Gefahrtragung beimSklavenkauf, <strong>in</strong> Festschrift P. Koschaker 2 (1939), pp. 162 ss.; G. Maccormack, Alfenus Varus and the Law of Risk <strong>in</strong> Sale, <strong>in</strong> LQR.101 (1985), p. 573; Ph. Meylan, Paul D. 21.2.11 pr. et la question des risques dans le contrat de vente, <strong>in</strong> RIDA. 3 (1939), p. 193.12 Va, altresì, sottol<strong>in</strong>eato che i giuristi <strong>romano</strong> non affrontarono <strong>il</strong> problema del <strong>rischio</strong> <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di risoluzione di <strong>diritto</strong>del contratto, ma di est<strong>in</strong>zione o meno dell’obbligazione del compratore di pagare <strong>il</strong> prezzo.13 D. 18.6.13 (12) (Paul. 3 Alf. epit.): Lectos emptos aed<strong>il</strong>is, cum <strong>in</strong> via publica positi essent, concidit: si traditi essent emptori aut per eumstetisset quo m<strong>in</strong>us traderentur, emptoris <strong>periculum</strong> esse placet. D. 18.6.15(14) pr. (Paul. 3 Alf. Epit.): Quod si neque traditi essent nequeemptor <strong>in</strong> mora fuisset quo m<strong>in</strong>us traderentur, venditoris <strong>periculum</strong> erit.14 D. 18.6.15 (14) (Paul. 3 Alf. epit.): Materia empta si furto perisset, postquam tradita esset, emptoris esse periculo respondit, si m<strong>in</strong>usvenditoris: videri autem trabes traditas, quas emptor signasset.15 La questione è da sempre oggetto di vivace dibattito <strong>in</strong> letteratura, ma poiché l’economia di questo scritto non ci consentedi d<strong>il</strong>ungarci sul punto, per un approfondimento del problema r<strong>in</strong>viamo a R. Card<strong>il</strong>li, L’obbligazione di «praestare» e laresponsab<strong>il</strong>ità <strong>contrattuale</strong> <strong>in</strong> <strong>diritto</strong> <strong>romano</strong> (II sec. a. C. – II sec d.C.) (1995), pp. 295 ss..16 M. Talamanca, Vendita cit., p. 451.2


ante traditionem, afferma che con l’actio empti <strong>il</strong> venditore può ottenere i sumptus del funerale dello schiavo,sempre che la morte di questi non sia dipesa da sua culpa, implicitamente riconoscendo, quanto menoper la fattispecie presa <strong>in</strong> considerazione, l’applicab<strong>il</strong>ità del pr<strong>in</strong>cipio del <strong>periculum</strong> emptoris 17 . Perchéquesto mutamento di prospettiva? Le ragioni probab<strong>il</strong>mente sono da attribuirsi ad una pluralità difattori. Anzitutto occorre guardare al <strong>particolare</strong> oggetto della compravendita, vale a dire lo schiavo equi, secondo Em<strong>il</strong>io Betti, entrava <strong>in</strong> gioco <strong>il</strong> cosiddetto pr<strong>in</strong>cipio di autoresponsab<strong>il</strong>ità del compratorenel senso che su quest’ultimo ricadeva “l’evento <strong>in</strong>erente alla natura mortale di queste creature umane,l’evento cioè di una morte naturale” che si fosse verificato prima della traditio, anche <strong>in</strong>dipendentementedalla mora del compratore, e questo perché sull’acquirente gravava, f<strong>in</strong> dal momento dell’acquisto,l’onere di valutare le condizioni fisiche del servus 18 . Non è peraltro da escludersi che sia stato proprioLabeone ad <strong>in</strong>trodurre la nuova regola del <strong>periculum</strong> venditoris a partire dalla conclusione del contratto,specie nell’ipotesi della mors servi 19 .A proposito della compravendita degli schiavi va considerata anche un’altra circostanza. Non dirado poteva accadere che, pur non essendo ancora avvenuta una traditio ex causa emptionis, lo schiavofosse già nella disponib<strong>il</strong>ità del compratore, e qu<strong>in</strong>di sottoposto al suo potere di controllo, a titolo d<strong>il</strong>ocatio operarum 20 ; <strong>in</strong> questo caso già Cassio Long<strong>in</strong>o (I sec. d.C.), seguito circa un secolo dopo daGiavoleno, affermava che <strong>il</strong> <strong>periculum</strong> dovesse essere addossato al compratore, sempre che non vi fossestato dolo del venditore 21 .L’ipotesi poc’anzi prospettata, secondo cui a partire da Labeone si sarebbe registrato unmutamento di prospettiva <strong>in</strong> materia di <strong>periculum</strong> rei venditae, pare trovare conferma <strong>in</strong> un frammento diUlpiano dove si discute della vendita e del deterioramento del v<strong>in</strong>o 22 . Il giurista severiano riporta leop<strong>in</strong>ioni di Trebazio Testa e Labeone <strong>in</strong> merito al momento della traslazione del <strong>rischio</strong> e mentre per <strong>il</strong>primo giurista la signatio equivaleva alla traditio, per <strong>il</strong> secondo (la cui posizione è condivisa da Ulpiano)essa era fatta solo ne summutetur dolium. Come nel caso della mors servi, anche qui Labeone si discosta dallagiurisprudenza precedente sia per quanto riguarda l’equ<strong>il</strong>avenza della signatio alla traditio, sia per quantoriguarda <strong>il</strong> momento del trapasso del <strong>rischio</strong> 23 .Sulla base dei pochi ma emblematici casi esam<strong>in</strong>ati è forse possib<strong>il</strong>e trarre qualche conclusione.In tema di <strong>periculum</strong> rei venditae <strong>in</strong> una prima fase i giuristi optarono per l’accollo del <strong>rischio</strong> al venditore,forse perché esisteva ancora una certa <strong>in</strong>fluenza dell’arcaica concezione della compravendita comescambio contestuale della cosa contro <strong>il</strong> prezzo (mancipatio). Quando, <strong>in</strong>vece, com<strong>in</strong>ciò a prevalere laconfigurazione dell’emptio-venditio come contratto obbligatorio si affermò, almeno come criterio dimassima, la regola del <strong>periculum</strong> emptoris 24 . Quest’ultimo solo molto più tardi ebbe, però, riconoscimento17 D. 19.1.13.22 (Ulp. 32 ad ed.): Praeterea ex vendito agendo consequetur etiam sumptus, qui facti sunt <strong>in</strong> re distracta, ut puta si quid <strong>in</strong>aedificia distracta erogatum est: scribit enim Labeo et Trebatius esse ex vendito hoc nom<strong>in</strong>e actionem. idem et si <strong>in</strong> aegri servi curationemimpensum est ante traditionem ‘ aut si quid <strong>in</strong> discipl<strong>in</strong>as, quas verisim<strong>il</strong>e erat etiam emptorem velle impendi’. hoc amplius Labeo ait et si quid <strong>in</strong>funus mortui servi impensum sit, ex vendito consegui oportere, si modo s<strong>in</strong>e culpa venditoris mortem obierit.18 E. Betti, Periculum cit., pp. 179 ss..19 Sul punto v. diffusamente M. Talamanca, Considerazioni sul “<strong>periculum</strong> rei venditae” cit., pp. 239 ss.; pp. 293 ss., secondo <strong>il</strong>quale Labeone, che assunse una posizione antitetica rispetto alla giurisprudenza precedente, fu <strong>in</strong> genere favorevole alcriterio del <strong>periculum</strong> emptoris e questo <strong>in</strong>dirizzo fu seguito dai proculeiani con <strong>il</strong> correttivo della assunzione della custodiavenditoris come elemento naturale del contratto [D. 19.1.31 pr. (Nerat. 3 membr.)]. Al contrario, la scuola Sab<strong>in</strong>iana fu piùfavorevole alla regola del <strong>periculum</strong> venditoris f<strong>in</strong>o all’accettazione dell’opposto pr<strong>in</strong>cipio <strong>in</strong> tema di mors servi da parte diGiuliano [D. 18.5.5.2 (Iul. 15 dig.)].20 La possessio <strong>in</strong> questo caso restava al venditore, cfr. D. 13.7.37 (Paul. 5 ad Plaut.).21 D. 18.6.17 (16) (Iavol. 7 ex Cass): Servi emptor si eum conductum rogavit, donec pretium solveret, nih<strong>il</strong> per eum servum adquirere poterit,quoniam non videtur traditus is, cuius possessio per locationem ret<strong>in</strong>etur a venditore. Periculum eius servi ad emptorem pert<strong>in</strong>et, quod tamen s<strong>in</strong>edolo venditoris <strong>in</strong>tervenerit . In proposito giustamente E. Betti, Periculum cit., pp. 179 ss., osserva che i giuristi, nello statuire untrapasso anticipato del <strong>rischio</strong>, sono tanto legati “all’idea che esso per regola dipenda dalla traditio” da servirsi dello schema diquesta per giustificarne l’accollo al compratore.22 D. 18.6.1.2 (Ulp. 28 ad Sab.): Si dolium signatum sit ab emptore, Trebatius ait traditum id videri: Labeo contra, quod et verum est: magisenim ne summutetur, signari solere quam ut traditum videatur. Stesso discorso vale per la degustatio cfr. D. 18.6.16 (15) (Gai 2 cott. rer.)23 M. Talamanca, Considerazioni sul “<strong>periculum</strong> rei venditae” cit., pp. 235 ss. In <strong>particolare</strong> sui problemi della compravendita delv<strong>in</strong>o e sui “rischi” connessi v. M. Pennitz, Die Gefahrtragung cit. TR. 62 (1994), pp. 280 ss.; M. M. Benítez López, La venta dev<strong>in</strong>o y de otras mercancías (1994), p. 146 ss..24 In tal senso E. Betti, Periculum cit., p. 165, secondo cui <strong>il</strong> <strong>periculum</strong> emptoris “trova una spiegazione plausib<strong>il</strong>e nellafenomenologia storica del <strong>diritto</strong> <strong>romano</strong>”.3


ufficiale; di <strong>periculum</strong> emptoris parlano chiaramente le Istituzioni giust<strong>in</strong>ianee, ma la realtà era oramaimutata e la compravendita gradatamente si avviava ad essere, come nei codici moderni, un contrattotraslativo 25 .3. Per quanto riguarda l’<strong>in</strong>cidenza del <strong>periculum</strong> nella locatio-conductio, poiché i Romani nonavevano un concetto unitario di questo contratto, <strong>il</strong> discorso va differenziato a secondo che si trattassedi locatio rei (locazione di cose), locatio operis (contratto d’opera, compreso l’odierno appalto) o locatiooperarum (contratto di lavoro subord<strong>in</strong>ato) 26 .Nella locazione di cose, <strong>il</strong> criterio prevalente era quello del <strong>periculum</strong> locatoris nel senso che <strong>il</strong>venir meno della disponib<strong>il</strong>ità della cosa senza colpa del locatore esonerava <strong>il</strong> conduttore dallacorresponsione del canone di affitto 27 . In <strong>particolare</strong>, nell’affitto dei fondi i rischi dipendenti da eventistraord<strong>in</strong>ari e imprevedib<strong>il</strong>i ricadevano sul locatore <strong>in</strong> quanto la sua obbligazione consisteva <strong>in</strong> un fru<strong>il</strong>icere praestare 28 , nel senso che su di lui gravava l’onere non solo di assicurare la disponib<strong>il</strong>ità del campo aif<strong>in</strong>i della coltivazione, ma anche quella di garantire alla controparte <strong>il</strong> “godimento della capacitàproduttiva del fondo, cioè dei frutti, i quali sono dati dalla s<strong>in</strong>ergia di attività umane e di fattor<strong>in</strong>aturali” 29 .Nella locatio operarum <strong>il</strong> momento della traslazione del <strong>rischio</strong> co<strong>in</strong>cideva con quello <strong>in</strong> cui <strong>il</strong>prestatore poneva le sue operae (<strong>il</strong>liberales 30 ) a disposizione del conductor <strong>il</strong> quale era tenuto al pagamentodel compenso pattuito anche se, per qualsiasi ragione, non le avesse ut<strong>il</strong>izzate 31 .Per quanto riguarda la locatio operis, le soluzioni prospettate dai prudentes <strong>in</strong> materia di <strong>periculum</strong>appaiono più articolate. Volendo tentare una schematizzazione, possiamo dire che i giuristi più antichisembrano propensi a far ricadere <strong>il</strong> “<strong>rischio</strong>” sul conductor operis f<strong>in</strong>o al momento dell’adprobatio oadsignatio, dopodiché esso grava sul committente. Ma già a partire dal I sec. d. C. com<strong>in</strong>cia a del<strong>in</strong>earsi ladifferenza tra eventi attribuib<strong>il</strong>i a vis naturalis o a vitium soli ed eventi dipendenti da vitium operis conconseguente accollo dei primi al committente e dei secondi al realizzatore dell’opus 32 . Emblematico <strong>in</strong> talsenso è <strong>il</strong> caso prospettato <strong>in</strong> D. 19.2.60 (59) (Iavol. 5 Lab. post.) 33 : Flacco ha commissionato a Marco lacostruzione di una casa. Dopo che già era stata costruita una parte dell’opera, sopraggiunge unterremoto che distrugge l’edificio. Secondo Sab<strong>in</strong>o “Flacci esse <strong>periculum</strong>”, <strong>in</strong> quanto <strong>il</strong> crollo della domus èdipeso da una vis naturalis 34 . In un altro frammento del Digesto tratto dalla nota di Paolo ai Pithana di25 Inst. 3.23.3. Per M. Talamanca, Considerazioni sul “<strong>periculum</strong> rei venditae” cit., pp. 294 ss., nelle Intitutiones <strong>il</strong> pr<strong>in</strong>cipio del<strong>periculum</strong> emptoris è ufficialmente accolto e ricondotto ad unità di sistema con la problematica del commodum e dell’<strong>in</strong>commodume ciò può agevolmente comprendersi se si considera che <strong>il</strong> <strong>periculum</strong> <strong>in</strong> senso tecnico è <strong>il</strong> limite massimo dell’<strong>in</strong>commodum.26 Gaio, <strong>in</strong> realtà, dist<strong>in</strong>gue solo tra locatio rei e locatio operis (Gai. 3.142-147), mentre di locatio operarum, oltre che <strong>in</strong> alcuniframmenti del Digesto [ad es. D.19.2.38 pr. (Paul. lib. s<strong>in</strong>g. regul.)], si parla nelle Pauli Sententiae (PS. 2.18.1).27 D. 19.2.15.2 (Ulp. 32 ad ed.); D. 19.2.19.6 (Ulp. 32 ad ed.).28 Ovviamente, i rischi rientranti nell’alea normale del contratto restavano a carico del conduttore.29 Così R. Card<strong>il</strong>li, L’obbligazione di “praestare” cit., pp. 235 ss.. In altri term<strong>in</strong>i, secondo lo studioso, la prestazione del locator(dom<strong>in</strong>us) del fondo aveva ad oggetto non solo la garanzia del libero godimento del bene, ma anche quella “delle condizioniesterne” e “questa obbligazione di garanzia, se trovava certo un limite nel cattivo risultato agricolo dovuto all’<strong>in</strong>capacità delcolono, sembrava non impedire un suo riconoscimento nel caso <strong>in</strong> cui una vis avesse <strong>in</strong>terrotto <strong>il</strong> perfezionarsi del cicloproduttivo” (op. cit. p. 241).30 Le prestazioni relative alle cc.dd. artes liberales (es. avvocatura, medic<strong>in</strong>a etc.) erano fuori del rapporto di locazione;l’honorarium del professionista, <strong>in</strong>fatti, era considerato – almeno f<strong>in</strong>o alla cognitio extra ord<strong>in</strong>em – solo un donativo socialmentedovuto.31 D. 19.2.19.9 (Ulp. 32 ad edict.): Cum quidam exceptor operas suas locasset, de<strong>in</strong>de is qui eas conduxerat decessisset, imperator Anton<strong>in</strong>uscum divo Severo rescripsit ad libellum exceptoris <strong>in</strong> haec verba: “Cum per te non stetisse proponas, quo m<strong>in</strong>us locatas operas Antonio Aqu<strong>il</strong>aesolveres, si eodem anno mercedes ab alio non accepisti, fidem contractus impleri aequum est”. Il <strong>diritto</strong> del prestatore d’opera alla mercedeveniva meno nell’ipotesi <strong>in</strong> cui questi, recedendo dal rapporto, avesse messo le sue capacità lavorative a disposizione di altri.Sul punto v. E. Betti, Periculum cit., p. 194.32 Così M. Sargenti, Rischio <strong>contrattuale</strong>, cit., p. 1128.33 Marcius domum faciendam a Flacco conduxerat: de<strong>in</strong>de operis parte effecta terrae motu concussum erat aedificium. Massurius Sab<strong>in</strong>us, si v<strong>in</strong>aturali, veluti terrae motu hoc acciderit, Flacci esse <strong>periculum</strong>.34 Il passo pone non pochi problemi <strong>in</strong>terpretativi soprattutto perché, pur essendo tratto dai posteriores di Labeone, nonriporta <strong>il</strong> parere del giurista augusteo. Tale circostanza, secondo parte della dottr<strong>in</strong>a, é da ascrivere ai comp<strong>il</strong>atori giust<strong>in</strong>ianeiche avrebbero soppresso l’op<strong>in</strong>ione di Labeone <strong>in</strong> quanto contrastante con l’orientamento <strong>in</strong> quell’epoca prevalente;secondo altri autori, <strong>in</strong>vece, l’omissione sarebbe dipesa dal fatto che i due giuristi avevano sul punto posizioni analoghe. Noi4


Labeone, si discute di chi debba sopportare <strong>il</strong> <strong>rischio</strong> di un vitium soli che determ<strong>in</strong>a la frana di un canale(rivum facere) costruito, ma non ancora collaudato. Secondo Labeone non è necessario andare adapprofondire quali siano state le cause della frana, perché <strong>in</strong> ogni caso <strong>il</strong> pericolo graverà sul conduttore;per Paolo, <strong>in</strong>vece, le ragioni del crollo vanno <strong>in</strong>dagate e solo se queste dipendono da un vitium operis <strong>il</strong>detrimentum sarà del conductor 35 .4. Nella societas, contratto <strong>in</strong>tercorrente tra due o più soci che si obbligavano a dest<strong>in</strong>are alcomune scopo societario una certa quantità di denaro o di cose 36 , aff<strong>in</strong>ché <strong>il</strong> <strong>periculum</strong> derivantedall’<strong>in</strong>colpevole perimento dell’oggetto della prestazione ricadesse su tutti i soci era anzitutto necessarioche questo, con la collatio, avesse già avuto una dest<strong>in</strong>azione sociale 37 . Ma ciò poteva non bastare. Nelcaso di una società costituita, ad esempio, per la vendita di cavalli, <strong>il</strong> <strong>rischio</strong> conseguente alla morte delcavallo di un socio avvenuta dopo la collatio, ma prima della vendita ricadeva sul s<strong>in</strong>golo socio <strong>in</strong> quanto<strong>il</strong> contratto associativo era stato stipulato non habendae quadrigae, sed vendendae 38 . Non mancano, però, nellefonti soluzioni più articolate. Ad esempio, Labeone riteneva che solo i rischi derivanti da un’attivitàsvolta nell’<strong>in</strong>teresse comune e <strong>in</strong>erenti alla gestione sociale potessero ricadere su tutti i soci; diconseguenza, secondo <strong>il</strong> giurista, non rientravano <strong>in</strong> questa ipotesi le spese mediche sostenute dal socioper curare le ferite subite per impedire la fuga di servi communes 39 . Di parere opposto Giuliano <strong>il</strong> quale, <strong>in</strong>generale, riteneva che <strong>il</strong> <strong>rischio</strong> dovesse ricadere su tutti i soci 40 . E’qu<strong>in</strong>di evidente come sia diffic<strong>il</strong>efissare un pr<strong>in</strong>cipio generale <strong>in</strong> tema di <strong>periculum</strong>, sia pure per una s<strong>in</strong>gola fattispecie <strong>contrattuale</strong>, <strong>in</strong>quanto occorre guardare al concreto assetto d’<strong>in</strong>teressi che le specifiche situazioni consideratepresentano.Anche per <strong>il</strong> mandatum non è possib<strong>il</strong>e fissare una regola univoca <strong>in</strong> materia di <strong>rischio</strong>. Per grand<strong>il</strong><strong>in</strong>ee possiamo dire che nei rapporti di tipo gestorio l’imputazione del <strong>rischio</strong> dipendeva dall’<strong>in</strong>teresseall’operazione <strong>in</strong>trapresa e “dal nesso necessario tra la perdita <strong>in</strong>contrata e l’attività gestoria che si erachiamati a svolgere nell’<strong>in</strong>teresse altrui” 41 . Se questo nesso necessario mancava ed esisteva solo unlegame accidentale tra gli eventi, <strong>il</strong> <strong>rischio</strong> ricadeva sul mandatario 42 .Annamaria ManzoRicercatoreSeconda Università degli Studi di Napolioptiamo per la prima ipotesi anche perchè, come osserva R. Card<strong>il</strong>li, L’obbligazione di “praestare”, cit., pp. 416 ss. (cuirimandiamo per un’attenta disam<strong>in</strong>a della questione), <strong>il</strong> differente orientamento di Labeone emerge con sufficiente chiarezzada D.19.2.62, poco distante da quello citato, su cui <strong>in</strong>fra nt. 36, che segue.35 D. 19.2.62 (Lab. 1 Pith. a Paul. epit.): Si rivum, quem faciendum conduxeras et feceras, antequam eum probares, labes corrumpit, tuum<strong>periculum</strong> est. Paulus: immo si solo vitio id accidit, locatoris erit <strong>periculum</strong>, si operis vitio accidit, tuum erit detrimentum.36 Nonché di attività personali o di crediti.37 D. 17.2.58 .1. (Ulp. 31 ad ed.): Item Celsus tractat, si pecuniam contulissemus ad mercem emendam et mea pecunia perisset, cui perierit ea.et ait, si post collationem evenit, ut pecunia periret, quod non fieret, nisi societas coita esset, utrique perire, ut puta si pecunia, cum peregreportaretur ad mercem emendam, periit; si vero ante collationem, posteaquam eam dest<strong>in</strong>asses, tunc perierit, nih<strong>il</strong> eo nom<strong>in</strong>e consequeris, <strong>in</strong>quit,quia non societati periit.38 D. 17.2.58 pr. (Ulp. 31 ad ed.): …cum tres equos haberes et ego unum, societatem coimus, ut accepto equo meo quadrigam venderes et expretio quartam mihi redderes. si igitur ante venditionem equus meus mortuus sit, non putare se Celsus ait societatem manere nec ex pretio equorumtuorum partem deberi: non enim habendae quadrigae, sed vendendae coitam societatem. ceterum si id actum dicatur, ut quadriga fieret eaquecommunicaretur tuque <strong>in</strong> ea tres partes haberes, ego quartam, non dubie adhuc socii sumus.39 D. 17.2.60.1 (Pomp. 13 ad Sab.): Socius cum resisteret communibus servis venalibus ad fugam erumpentibus, vulneratus est: impensam,quam <strong>in</strong> curando se fecerit, non consecuturum pro socio actione Labeo ait, quia id non <strong>in</strong> societatem, quamvis propter societatem impensum sit,sicuti si propter societatem eum heredem quis <strong>in</strong>stituere desisset aut legatum praetermisisset aut patrimonium suum negleg entius adm<strong>in</strong>istrasset:nam nec compendium, quod propter societatem ei contigisset, veniret <strong>in</strong> medium, veluti si propter societatem heres fuisset <strong>in</strong>stitutus aut quid eidonatum esset. Sul punto cfr. M. Sargenti, Rischio <strong>contrattuale</strong>, cit., p. 1129.40 D. 17.2.61 (Ulp. 31 ad ed.): Secundum Iulianum tamen et quod medicis pro se datum est recipere potest, quod verum est.41 Così E. Betti, Periculum, cit., p. 196.42 D. 17.1.26.6 (Paul. 32 ad ed.): Non omnia quae <strong>in</strong>pensurus non fuit mandator imputabit, veluti quod spoliatus sit a latronibus autnaufragio res amiserit vel languore suo suorumque adprehensus quaedem erogaverit: nam haec magis casibus quam mandato imputari oportet.5

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