IL CALITRANO N. 22
IL CALITRANO N. 22 IL CALITRANO N. 22
IL CALITRANO periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni Spedizione in abb. postale art. 2 comma 20/C Legge 662/96 Filiale di Firenze ANNO XXIII - NUMERO 22 (nuova serie) GENNAIO-APRILE 2003 VIA A. CANOVA, 78 - 50142 FIRENZE - TEL. 055/783936 ISSN 1720-5638
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<strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong><br />
periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni<br />
Spedizione in abb. postale art. 2 comma 20/C Legge 662/96 Filiale di Firenze<br />
ANNO XXIII - NUMERO <strong>22</strong> (nuova serie) GENNAIO-APR<strong>IL</strong>E 2003<br />
VIA A. CANOVA, 78 - 50142 FIRENZE - TEL. 055/783936<br />
ISSN 1720-5638
IN COPERTINA:<br />
Via Concezione che come un fendente attraversa il<br />
cuore del vecchio paese, una volta unica via di accesso<br />
al paese con una curva a gomito strettissima<br />
e da ragazzi abbiamo assistito alle rocambolesche<br />
manovre dei militari tedeschi che dal sud risalivano<br />
la penisola e non riuscivano a manovrare i loro<br />
blindati che raschiavano vistosamente le mura delle<br />
abitazioni circostanti.<br />
Foto Flash<br />
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CHE LA TUA OFFERTA<br />
È DECISIVA<br />
PER LA PUBBLICAZIONE<br />
DI QUESTO GIORNALE<br />
IN<br />
QUESTO NUMERO<br />
La giustizia nel quotidiano<br />
di Raffaele Salvante 3<br />
Salvatore Scoca<br />
di Raffaele Salvante 4<br />
Il mito delle sirene<br />
di Damiano Pipino 6<br />
La Congregazione del<br />
Santissimo Redentore<br />
a Calitri<br />
di Emilio dott. Ricciardi 8<br />
Il dottor Alessio Nicolais<br />
di S.A.R. 14<br />
Chian’ Frat’ che faj!<br />
di Lorenzo dott. Toglia 15<br />
In ricordo<br />
di Vincenza Gallucci<br />
di Pietro prof. Cerreta 16<br />
LA NOSTRA BIBLIOTECA 18<br />
DIALETTO E CULTURA<br />
POPOLARE 20<br />
SOLIDARIETÀ COL GIORNALE 21<br />
MOVIMENTO DEMOGRAFICO <strong>22</strong><br />
REQUIESCANT IN PACE 23<br />
AUGURI PER LA SANTA PASQUA<br />
Non so come fare a parlarti. Ogni<br />
parola mi imbarazza.<br />
Ho il cuore sconvolto e sono pieno di<br />
vergogna.<br />
Avevo giurato di esserti amico ed<br />
invece ti ho tradito.<br />
Il rossore e il disonore sono sul mio<br />
volto.<br />
Ti ho tradito abbandonandoti<br />
per correre dietro allo svolazzio delle<br />
farfalle.<br />
Ti ho tradito per un pugno di denaro<br />
ingiustamente guadagnato.<br />
Ti ho tradito perché ho nascostamente<br />
cambiato camera nuziale.<br />
Ti ho tradito perchè alla legge del<br />
perdono ho preferito la vendetta.<br />
Ti ho tradito perché mi sono<br />
vergognato della tua parola<br />
nascondendomi sotto il mantello<br />
dell’opportunismo.<br />
Mi sento come nudo davanti a Te<br />
e mi nascondo la faccia tra le mani<br />
giacchè mi sono ridotto al livello del<br />
figlio della perdizione.<br />
Degnati, Signore, di togliermi questa<br />
mia vergogna<br />
lavandomi da ogni peccato che ho<br />
fatto e che riconosco<br />
e che affido a Te per essere perdonato<br />
così che dalla tua sconfinata bontà<br />
sia di nuovo generato come figlio tuo.<br />
Amen.<br />
Averardo Dini<br />
<strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong><br />
ANNO XXIII - N. <strong>22</strong> n.s.<br />
Periodico quadrimestrale<br />
di ambiente - dialetto - storia e tradizioni<br />
dell’Associazione Culturale “Caletra”<br />
Fondato nel 1981<br />
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Raffaella Salvante<br />
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A. Raffaele Salvante<br />
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Martina Salvante<br />
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2800<br />
Chiuso in stampa il 31 marzo 2003
N. <strong>22</strong> n.s. – Gennaio-Aprile 2003 <strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong><br />
PER <strong>IL</strong> PRIMATO DELLA PERSONA E DELLA SUA DIGNITÀ<br />
LA GIUSTIZIA NEL QUOTIDIANO<br />
Vogliamo un mondo giusto e non siamo giusti nei rapporti diretti.Vogliamo un mondo fraterno,<br />
ma non sappiamo inventare una parola, un gesto, un rapporto che sia autenticamente fraterno.<br />
Vogliamo un mondo di pace, e non solo siamo incapaci di vera pace in famiglia, sul lavoro, fra gli amici,<br />
nel condominio, ma addirittura facciamo la guerra a chi non la pensa come noi.<br />
iviamo un momento di cambiamento cultu-<br />
Vrale, sia a livello nazionale che internazionale,<br />
che possiede tutte le caratteristiche per essere<br />
definito “epocale” e le concezioni della vita, della<br />
natura e di Dio stesso sono sottoposte a una<br />
radicale trasformazione molteplice, diversificata<br />
e accelerata, che non ha precedenti e che determinerà<br />
il modo di pensare e di concepire l’esistenza<br />
personale per i prossimi secoli. Le etnie,<br />
le religioni, le lingue del nostro Continente si<br />
stanno assoggettando ad un nuovo e ancor più<br />
vasto rimescolamento, ad una furiosa dinamica<br />
di progressiva integrazione.<br />
Come non notare la precisa reiterazione dei<br />
“corsi e ricorsi” di Vichiana memoria che ci riportano<br />
all’imperatore di Germania Federico II<br />
re di Sicilia e di Puglia, alla cui corte palermitana<br />
ebbero armonica consonanza la cultura latina,<br />
greca, ebraica, araba, germanica e francese?<br />
Nello spazio di appena dodici anni (1989-<br />
1991) abbiamo assistito alla caduta dell’URSS,<br />
allo sgretolarsi del Patto di Varsavia, al crollo<br />
del Muro di Berlino, alla riunificazione tedesca,<br />
sono fatti straordinari che nella loro positività<br />
hanno generato un vero e proprio sconvolgimento,<br />
e un conflitto di interessi, senza precedenti;<br />
infatti, si assiste allo scricchiolio dell’ONU (il<br />
grande consesso Internazionale dove però, da oltre<br />
60 anni, si pratica ancora l’anacronistico diritto<br />
di “veto”), alle spaccature interne alla UE e<br />
ad una probabile divisione all’interno della<br />
NATO; un fatto è certo, si stanno ormai delineando<br />
nuovi equilibri a livello mondiale.<br />
Si avverte, inoltre, nella società moderna un<br />
innegabile calo di tensione e una mancanza di<br />
speranza che insidia una società che ha smarrito<br />
ogni riferimento certo e trascendente, anche moltissimi<br />
giovani – purtroppo – disincantati, confusi,<br />
frastornati sembrano rassegnati a vivere alla<br />
giornata, una “cultura del niente”, sostenuta<br />
da un edonismo imperante e dalla insaziabilità libertaria,<br />
dalla libertà senza limiti e senza contenuti,<br />
dallo scetticismo vantato come conquista<br />
intellettuale per cui è necessario, al di là dei vari<br />
equilibri geopolitici possibili, di confrontarsi ed<br />
essere dentro la cultura di oggi, individuare una<br />
sintesi, un percorso lungo il quale incamminarci,<br />
con una partecipazione non puramente formale<br />
ma effettiva, insistendo sui due elementi basilari<br />
di una qualsiasi convivenza civile, primato della<br />
persona e della sua dignità, proponendo e<br />
difendendo sempre e comunque il persegui-<br />
mento del bene comune come obiettivo su cui<br />
costruire la società dell’amore, respingendo le<br />
tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano,<br />
per non ricadere nelle incomprensioni e<br />
nelle ingiustizie del passato.<br />
La caduta del senso di socialità ha prodotto<br />
tendenze egoistiche, gonfiando a dismisura il catalogo<br />
dei diritti e delle pretese dei singoli, esaltando<br />
l’individualismo e lasciando totalmente in<br />
ombra i doveri, le relazioni e le responsabilità;<br />
tutti indifferenti alle proprie responsabilità, tutti<br />
complici nel fingere di non sapere.<br />
È necessaria molta prudenza e cautela – ma<br />
nello stesso tempo un eroico coraggio – per individuare<br />
con chiarezza le implicazioni, il potenziale<br />
di bene e di male del nostro atteggiamento<br />
per affrontare in maniera creativa le sfide<br />
che il mondo di oggi ci pone e le opportunità<br />
che offre per poter contribuire efficacemente e<br />
positivamente al confronto con gli altri, coniugando<br />
ricerca dell’autenticità e accettazione dell’alterità:<br />
processo che può essere fecondo soltanto<br />
se sapremo contribuire al faticoso rinnovamento<br />
del mondo nell’unica maniera possibile:<br />
incominciando da noi stessi, con l’attivo,<br />
responsabile e generoso coinvolgimento da parte<br />
di tutti.<br />
Da una società delle fazioni, delle reciproche<br />
diffidenze, delle astiose discordie, delle annose<br />
lotte intestine, dobbiamo saper passare<br />
– con lucida e concreta consapevolezza – ad<br />
una umanità vivace ed operosa che lavora, soffre,<br />
forgia il suo presente e sogna, auspica, progetta<br />
un avvenire migliore per i suoi figli con<br />
una determinazione capace di vincere con la luce<br />
della conoscenza le tenebre dell’ignoranza e<br />
della corruttela, con un impegno generoso, testimoniato<br />
in un’epoca nella quale è diventato<br />
difficile e spesso assai poco gratificante il servizio<br />
alla comunità civile, solidale e nell’amore<br />
per i più poveri.<br />
In realtà non si tratta di fare cose nuove, ma<br />
di fare nuovamente – secondo i segni dei tempi –<br />
ciò che in passato è sempre stato fatto,valorizzando<br />
un’ampia rete di sinergie, ciascuno con<br />
la propria identità, elaborare interventi coinvolgenti<br />
che interpretando i bisogni e le attese della<br />
comunità, la aiutino a divenire più attenta alle<br />
trasformazioni culturali che stiamo vivendo, per<br />
cimentarsi coi problemi dell’oggi, nella certezza<br />
che la fede e il ricco patrimonio culturale da essa<br />
generato può alimentare soluzioni feconde.<br />
3<br />
Da tutti viene invocato – a parole – il rifiuto<br />
della disonestà, il ritorno alla cultura delle regole,<br />
il primato della legge e il ripristino dell’ordine<br />
morale, ma in pratica ognuno si arrangia come<br />
può, ed oggi “la corruzione” è sempre più<br />
estesa e travolge i principi del merito e della<br />
competenza; dalla carta stampata, alle forze dell’ordine,<br />
alla magistratura, alla medicina, in ogni<br />
campo è un vero bubbone della vita sociale, senza<br />
l’estirpazione del quale è veramente difficile<br />
rinnovare i settori della vita comunitaria e costruire<br />
un più equo tessuto sociale; una nuova<br />
società che sappia guardare dentro se stessa, e<br />
sappia educare i propri sentimenti e partecipare<br />
la propria solidarietà.<br />
Siccome il principio di responsabilità non<br />
coinvolge solo le istituzioni, ma tocca innanzitutto<br />
ogni persona, dobbiamo, perciò, stimolare<br />
la riflessione, favorire il dibattito, offrire piste<br />
di formazione, perché i cittadini siano consapevoli<br />
dei loro diritti e dei correlativi doveri, portando<br />
il contributo di esperienze, di sensibilità<br />
culturali ma, prima di tutto, la testimonianza di<br />
una vita all’insegna della trasparenza e dell’impegno<br />
onesto e disinteressato, infatti “corruzione”<br />
significa proprio infedeltà al proprio dovere<br />
e la sconfitta dell’illegalità sarebbe il passo<br />
iniziale per una rigenerazione della società civile<br />
– non velleitaria e superficiale – ma decisa<br />
e concreta.<br />
Domenica 16 marzo u.s. abbiamo visto alla<br />
TV “Reporter” sulla fine che hanno fatto centinaia<br />
di miliardi del dopo terremoto irpino: è stato<br />
veramente un sublime spettacolo d’improntitudine<br />
bronzea da parte di certi personaggi che –<br />
purtroppo – non pagheranno mai le disastrose<br />
conseguenze della loro sperimentata incompetenza…<br />
Il principio di responsabilità chiede ad ogni<br />
cittadino l’osservanza delle leggi, non solo e non<br />
tanto per timore delle sanzioni, quanto principalmente<br />
per dovere di partecipazione e di solidarietà,<br />
consapevole che la qualità della vita è<br />
bene indivisibile e tutti insieme godiamo del suo<br />
alto livello o soffriamo del suo degrado; infatti il<br />
degrado sociale non è solo legato alla corruzione<br />
o alla violazione delle leggi, ma essenzialmente<br />
alla scarsa considerazione e attuazione dei diritti<br />
fondamentali delle persone che devono sempre<br />
essere correlati ai doveri corrispondenti.<br />
Raffaele Salvante
<strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong> N. <strong>22</strong> n.s. – Gennaio-Aprile 2003<br />
lla presenza degli onorevoli deputati e<br />
Asenatori, della Provincia di Avellino,<br />
dei sindaci dei Comuni della Provincia,<br />
dei presidenti delle Comunità Montane<br />
della Provincia, del Prefetto di Avellino,<br />
dell’Arcivescovo di Sant’Angelo dei<br />
Lombardi di autorità civili, religiose e militari,<br />
con la partecipazione dei figli Maretta<br />
avvocato e impegnata in politica,<br />
Franco prestigioso professore della Luiss<br />
di Roma, presso l’aula consiliare della comunità<br />
montana Alta Irpinia di Calitri, si è<br />
svolta la commemorazione di Salvatore<br />
Scoca nel quarantennale della sua scomparsa,<br />
figura poliedrica di statista vecchio<br />
stampo, professore universitario di diritto<br />
finanziario, membro della consulta nazionale<br />
e dell’assemblea costituente, sottosegretario<br />
al Tesoro nel secondo governo<br />
Bonomi e sottosegretario alle Finanze nel<br />
secondo ministero De Gasperi, avvocato<br />
generale dello Stato, ministro senza portafoglio<br />
col governo Pella.<br />
Ospite d’onore Giulio Andreotti, costituente,<br />
ex presidente del consiglio, più volte<br />
ministro, oggi senatore a vita; il sindaco<br />
professore Vito Marchitto porge il saluto<br />
a tutti i convenuti, l’on. Nicola Mancino,<br />
che presiede ai lavori, parla della sua conoscenza<br />
di Scoca e del debito che tutti<br />
abbiamo verso di lui che fu il vero artefice<br />
dell’articolo 53 della nostra Costituzione;<br />
prende la parola l’avvocato Marcello<br />
Buono componente della commissione per<br />
la commemorazione, seguono gli interventi<br />
del prof. Avv. Andrea Amatucci docente<br />
di Scienze delle Finanze e diritto tributario<br />
all’università di Napoli, che ha detto<br />
che “Scoca ha saputo pensare ad un sistema<br />
tributario capace di assolvere ad una<br />
funzione di uguaglianza e solidarietà. Per<br />
questo la battaglia di Scoca è stata meritoria,<br />
frutto di uno sforzo enorme”; del prof.<br />
Avv. Giovanni Verde docente di diritto e<br />
procedura civile all’università di Roma, già<br />
vicepresidente del Csm, ha detto che Scoca<br />
“è stato uno di quegli uomini che Dorso<br />
avrebbe posto tra quelli utili al Meridione”<br />
e che due erano i principi cari a Scoca:<br />
la separazione dei poteri e la costruzione di<br />
un modello di Stato improntato a solidarietà<br />
e uguaglianza”.<br />
Lorenzo Acquarone, docente universitario<br />
a Genova, parla di Scoca, come un<br />
RAFFAELE SALVANTE<br />
SALVATORE SCOCA<br />
A quarant’anni dalla scomparsa<br />
“ministro culto, perché è stato capace di<br />
pensare alla prima grande riforma burocratica<br />
dello Stato, riforma che per la prima<br />
volta prevedeva il concetto di decentramento<br />
amministrativo”. Ignazio Caramazza,<br />
vice avvocato generale dello Stato<br />
ha letto una lettera scritta appositamente<br />
4<br />
per l’occasione da Luigi Manzella ministro<br />
della funzione pubblica.<br />
Al termine di quasi due ore di relazioni<br />
c’è stato l’intervento più atteso della<br />
giornata, quello del senatore Giulio<br />
Andreotti, uomo dotato di grande ironia,<br />
capace di risolvere una situazione difficile<br />
e di disintegrare un avversario con una<br />
sola battuta, il suo intervento è stato preceduto<br />
da un caloroso e convinto applauso;<br />
con la sua grande capacità di raccontare<br />
e di sintetizzare ha esordito con i ringraziamenti<br />
per l’invito che ha accettato<br />
volentieri, poi riepiloga le peculiarità di<br />
Scoca, come uomo di diritto ed uomo<br />
delle istituzioni i cui momenti particolari<br />
sono stati “La consulta nazionale, l’assemblea<br />
costituente e l’eperienza parlamentare<br />
durante la I e II legislatura, che<br />
ha messo in evidenza la sua particolare<br />
specificità, quella di essere un vero esperto<br />
di diritto delle finanze”. Per quanto riguarda<br />
il rapporto stretto di Scoca col<br />
Meridione “era capace di pensare e di<br />
realizzare forme organiche di intervento<br />
perché il sud potesse superare il dislivello<br />
con il resto del paese”; ha inoltre portato<br />
con se un discorso che Scoca tenne alla<br />
Camera in occasione dell’approvazione<br />
Calitri Scalo, 28.02.2003, all’ingresso della cappella dell’Assunta, da sinistra: maresciallo Enzo<br />
Soricelli comandante stazione di Calitri, senatore Giulio Andreotti, tenente Sabato D’Amico<br />
comandante di compagnia, maresciallo Gabrio Nocera vice comandante della stazione di Calitri,<br />
dietro: il sindaco professore Vito Marchitto e il senatore Francesco Salzano di Nocera.
N. <strong>22</strong> n.s. – Gennaio-Aprile 2003 <strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong><br />
del bilancio per l’esercizio finanziario del<br />
lontano 1956; ha inoltre raccontato, con<br />
la sua accattivante facondia, come nominato<br />
ministro delle finanze nel 1955 chiese<br />
con umiltà a Scoca qualche consiglio e<br />
ne ebbe come risposta “di agire in continuità<br />
con chi lo aveva preceduto, senza<br />
mostrare il desiderio di cambiare a tutti i<br />
costi”; poi ha avuto un gentile ricordo<br />
per la signora Lucia Carbone consorte<br />
di Scoca e donna che ha “saputo essere<br />
all’altezza del marito” infine un vibrante<br />
invito ai giovani “perché sappiano essere<br />
all’altezza delle virtù creative di cui Scoca<br />
era davvero ricco”.<br />
Nel primo pomeriggio è stata deposta<br />
una corona sulla tomba dello statista nella<br />
chiesa dell’Assunta allo Scalo ferroviario<br />
di Calitri, la benedizione è stata impartita<br />
dall’arcivescovo Salvatore Nunnari, Andreotti<br />
si è attardato per qualche minuto in<br />
preghiera, prima di ripartire.<br />
Una commemorazione che certamente<br />
gioverà alla scuola, allle famiglie, alla<br />
società, alle singole persone e in modo<br />
tutto particolare ai giovani – erano presenti<br />
i giovani dell’Istituto Tecnico Commerciale<br />
e del Liceo Scientifico – ai quali<br />
vanno segnalati i fondali e gli scogli, gli<br />
errori e gli inganni disseminati lungo le<br />
rotte della vita, per aiutarli a venir fuori<br />
dal disincanto, dalla rassegnazione, per-<br />
LETTERA AL MIO<br />
ANGELO CUSTODE<br />
ianci Vito era nato a Calitri l’11 gen-<br />
Cnaio del 1907. Era ben voluto da tutti.<br />
Ora, nonostante la sua assenza, è ancora<br />
al centro dei nostri discorsi. A volte mi<br />
sembra di sentire ancora la sua voce<br />
chiamare il mio nome. Mi mancano i<br />
suoi consigli, le sue carezze che per noi<br />
tutti erano come un tocco di un angelo…<br />
Oggi avrebbe festeggiato il suo 96° compleanno;<br />
forse lo sta festeggiando insieme<br />
agli angeli e ai suoi cari che lo hanno<br />
preceduto.<br />
Io, dopo una breve visita al cimitero<br />
lo voglio ancora ringraziare, con tutto il<br />
mio amore e la mia fede. Consapevole<br />
che lui ancora ci ascolta, gli dico immensamente:<br />
“Grazie!” e lo voglio ricordare<br />
sulle pagine di questo giornale<br />
con il manifesto a lui dedicato il giorno<br />
della sua scomparsa: “I grandi uomini<br />
per chi non li conosce diventano tali solo<br />
dopo la loro morte, era l’orgoglio dei<br />
figli. Chi lo conosceva non lo dimenticherà<br />
mai con la sua saggezza, con la<br />
sua concretezza, con il suo modo di essere<br />
umile e leale, è stato per noi nipoti<br />
Calitri Scalo 28.02.2003, un momento di preghiera nella chiesetta dell’Assunta dove è sepolto l’on.le<br />
Scoca,da sinistra: Pasquale Nannariello assessore comunale, Cosimo Bovio, maresciallo Gabrio Nocera<br />
della caserma di Calitri, senatore Nicola Mancino, senatore Giulio Andreotti, Maresciallo Enzo Soricelli<br />
comandante della stazione carabinieri di Calitri, maresciallo Giuseppe Martino del comando provinciale<br />
di Avellino, professore Vito Marchitto sindaco di Calitri, carabiniere scelto Luigi Matteucci della caserma<br />
di Calitri e Sabato D’Amico, tenente dei carabinieri, comandante di compagnia.<br />
sino dalla resa, perché “il valore del ricordo<br />
sta nel farci capire che il passato<br />
non è mai passato del tutto”.<br />
Né va dimenticato, infine, come Scoca<br />
che aveva visto nella scuola e nell’istruzione<br />
la leva potente del migliora-<br />
un punto di riferimento. Noi ti diciamo:<br />
“Grazie nonno Vito per tutto quello che<br />
ci hai insegnato”. Con la tua esperienza<br />
sei stato la nostra enciclopedia, aiutandoci<br />
lungo il cammino della vita.<br />
Adesso guardando in cielo, brillar le<br />
stelle, sapremo che ci sei tu che ci guidi.<br />
I tuoi orgogliosi nipoti e i tuoi affezionatissimi<br />
pronipoti ti dicono: “Grazie di<br />
tutto nonno Vito, grazie ancora”.<br />
La tua affezionata pronipote<br />
Alessia Nicolais<br />
5<br />
mento e del progresso degli individui e<br />
della comunità volle ed ottenne per la sua<br />
Calitri la Scuola Media, l’Istituto Tecnico<br />
Commerciale, la Scuola d’Arte, la Scuola<br />
di Avviamento Professionale e il Liceo<br />
Scientifico.<br />
I 5 REALI SITI<br />
Orta Nova - Carapelle<br />
Ordona - Stornara<br />
Stornarella<br />
Nel 15° Anno di Fondazione<br />
e a ricordo di Enzo Petrone<br />
(socio fondatore)<br />
hanno presentato<br />
domenica 9 Marzo 2003<br />
ore 19,39<br />
nella Chiesa Madre<br />
“B.V.M. Addolorata”<br />
Orta Nova<br />
“L’ORCHESTRA DA<br />
CAMERA E CORO<br />
POLIFONICO”<br />
Diretto dal M° Rino Zicolillo<br />
IN CONCERTO
<strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong> N. <strong>22</strong> n.s. – Gennaio-Aprile 2003<br />
uesti esseri ibridi, rappresentati di so-<br />
Qlito con le ali, per metà donne e per<br />
metà uccelli, perciò molto simili alle Arpie,<br />
erano considerati dotati dello straordinario<br />
potere di ammaliare con il loro canto<br />
i navigatori che incrociavano l’isola dove<br />
si pensava che abitassero (l’isola di Antemoa<br />
«la fiorita», secondo Esiodo o un’isola<br />
del Basso Tirreno, secondo il racconto<br />
di Omero). La seducente immagine che<br />
ancora oggi sopravvive di una fanciulla<br />
con la coda di pesce, appartiene a trasformazioni<br />
di età postclassica, non meglio<br />
determinate, forse riconducibili all’influenza<br />
del mondo cristiano.<br />
Tenendo presenti le varie fonti letterarie<br />
antiche, di Sirene se ne possono contare<br />
dodici e, come succede per altre figure<br />
mitiche, si hanno diverse genealogie. Figlie<br />
di Forco, il padre di altre orrende creature,<br />
le Gorgoni, o del dio fluviale Acheloo,<br />
oppure figlie di una delle Muse o della<br />
Ctonia, cioè della «profondità della terra».<br />
Ma la triade più nota, almeno per la<br />
nostra cultura, è quella costituita da Partenope<br />
la “vergine”, Leucosia la “dea Bianca”<br />
e Ligea la “voce chiara”, i cui corpi,<br />
secondo la tradizione, furono portati dalle<br />
onde sulle coste del golfo di Napoli, a Poseidonia<br />
(Paestum) e presso Terina, l’attuale<br />
S. Eufemia1. Una nota versione le vuole nate dal<br />
sangue di Acheloo quando fu ferito da Ercole,<br />
Acheloo, figlio di Oceano e Teti, è la<br />
maggiore divinità fluviale greca, capace<br />
di assumere le più varie forme, si tramutò<br />
DAMIANO PIPINO<br />
Presidente Archeoclub Contursi Terme - SA<br />
<strong>IL</strong> MITO DELLE SIRENE<br />
Fig. 2 - Una delle prime monete napoletane.<br />
Statere AR: D/testa femminile (Partenope?),<br />
dietro: ER/toro androprosopo coronato<br />
da Nike.<br />
Fig. 1 - Anfora calcidese – particolare – con<br />
dipinti Galli e Sirene della necropoli del Deserto,<br />
Massa Lubrese (NA).<br />
in serpente e poi in toro durante la lotta<br />
contro Ercole che gli contendeva la promessa<br />
sposa Deianira. Vinto dall’eroe, che<br />
gli tagliò anche uno dei corni, si gettò nel<br />
fiume Toante che prese il suo nome. Dalle<br />
gocce di sangue del corno reciso sarebbero<br />
nate le Sirene. Spesso è raffigurato come<br />
un toro dal volto umano o come serpente<br />
con volto umano e grosse corna 2.<br />
Il mito di queste Sirene giunse sul litorale<br />
tirrenico, principalmente nel golfo di<br />
Napoli, dove Stradone, in particolare, fa<br />
esplicito riferimento al sepolcro della Sirena<br />
Partenope e alle gare ginniche svolte<br />
in suo onore. Da lei prende nome la città<br />
arcaica che venne distrutta dai Cumani invidiosi<br />
della prosperità e dell’amenità dei<br />
luoghi. Intorno al 470 a.C. venne ricostruita<br />
ad opera dei medesimi Cumani; in<br />
seguito vi si stabilirono anche Calcidesi,<br />
alcuni Pitecusani e Ateniesi e fu per questo<br />
motivo chiamata Neapolis (Strabone, Geografia,<br />
4. 7).<br />
Parthenòpe, che in greco vuol dire anche<br />
“colei che ha voce di fanciulla”, è il<br />
nome della Sirena, il cui culto era senz’altro<br />
presente all’arrivo dei coloni Cumani,<br />
assimilato a particolari divinità marine e<br />
6<br />
fluviali venerate dalla gente del luogo. Negli<br />
anni che seguirono la fondazione di<br />
Thurii (444 a.C.), il navarco ateniese Diotimo<br />
rivitalizzò il culto della Sirena Partenope<br />
con una festa sacra che prevedeva<br />
una corsa notturna alla luce delle fiaccole<br />
portate dagli stessi partecipanti e il sacrificio<br />
di un toro presso l’altare della divinità.<br />
Per saperne di più sulle origini della<br />
primitiva città di Partenope dobbiamo tener<br />
conto che furono le isole di Rodi e<br />
Creta a diffondere nel mondo ellenico i<br />
miti orientali dell’Asia Minore in cui appaiono<br />
queste inquietanti creature. Il fatto<br />
che i Rodii, come afferma ancora Strabone<br />
(op. cit. XIV p. 654), stabilirono nel corso<br />
delle loro navigazioni un punto d’appoggio<br />
nel Golfo, chiamandolo col nome di<br />
una delle Sirene, è possibile proprio perché<br />
l’ambiente naturale che si travarono<br />
dinanzi suggeriva spontanei accostamenti<br />
ai luoghi in cui il mito collocava le alate<br />
incantatrici. Del resto l’intero golfo, dai<br />
Campi Flegrei alla Punta della Campanella,<br />
ha sempre evocato la presenza di queste<br />
e altre terribili creature, come la tradizione<br />
litografica ha ampiamente dimostrato.<br />
La Punta della Campanella non a caso<br />
era chiamata Promontorio delle Sirene,<br />
prima ancora di diventare il Capo Athenaion<br />
in onore della dea Minerva. Non deve<br />
apparire strano che nella zona di Napoli<br />
e di Sorrento sia attestato per l’antichità<br />
il culto di queste temibili divinità dato che<br />
le Sirene non erano solo premessa di sventura<br />
per i naviganti, ma appartenevano an-<br />
Fig. 3 - Lekythos a figure nere che rappresentano<br />
una Sirena.
N. <strong>22</strong> n.s. – Gennaio-Aprile 2003 <strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong><br />
che al regno dell’oltretomba come messaggere<br />
della regina degli Inferi Persefore,<br />
con il compito di alleviare con la melodia<br />
del canto le pene dei trapassati. In questo<br />
senso è possibile che le Sirene, come divinità<br />
della morte, venissero venerate in<br />
prossimità dei Campi Flegrei, proprio dove<br />
gli antichi collocavano il regno degli<br />
Inferi, il cui ingresso era considerato il lago<br />
d’Averno 3.<br />
Era risaputo dai naviganti che, sfuggiti<br />
alla minaccia di Scilla e Cariddi, procedendo<br />
verso nord lungo le coste del Tirreno,<br />
incontravano una nuova insidia nelle<br />
procellose Bocche di Capri, tra l’isola e il<br />
promontorio sorrentino. Alle soglie del pericoloso<br />
passaggio tre scogli isolati, gli<br />
odierni Galli di fronte a Positano, facevano<br />
aumentare il rischio. I naviganti li designavano<br />
infatti come le rupi delle Sirene,<br />
“Seirenoussai”: e l’alto promontorio che<br />
incombe sul difficile passo divenne sede di<br />
un culto destinato a placare e propiziare gli<br />
alati demoni nel cui nome riecheggiava<br />
quello della stella Sirio 4.<br />
Nella poesia di Omero e di Licofone,<br />
la loro morte è attribuita a Ulisse, mentre<br />
nelle Argonautiche di Apollonio Rodio è<br />
invece Orfeo, simbolo dell’arte poetica, a<br />
costringerle al suicidio, ineluttabile destino<br />
che accomuna le tre sorelle nel momento<br />
in cui qualcuno riesce a sottrarsi alla insidiosa<br />
malia del loro canto. In effetti gli<br />
Argonauti erano sfuggiti al loro incantesimo<br />
perché Orfeo le aveva superate nel<br />
canto; Ulisse, seguendo i consigli della<br />
maga Circe, si fece legare all’albero della<br />
nave per poterle ascoltare senza però correre<br />
presso di loro e obbligò i compagni a<br />
turarsi le orecchie con la cera. Sconfitte<br />
una seconda volta, si gettarono in mare<br />
dove divennero scogli, come aveva loro<br />
predetto un oracolo 5. Il mito non potrà mai<br />
risolvere i perché esistenziali essendo esso<br />
stesso nato da un perché. È l’uomo che<br />
pensando al divino ha generato il mito,che<br />
si fonda sulla sua unica e sola capacità<br />
espressiva: “la parola” (mythos). Tuttavia,<br />
pur non volendo considerare la «storia sacra»<br />
degli dei, il mito delle Sirene sembra<br />
non possa essere smentito da parte dell’analisi<br />
razionale o della realtà effettuale per<br />
via delle “testimonianze materiali” (opere<br />
architettoniche e reperti).<br />
La porta a oriente dell’antica città di<br />
Paestum è denominata Porta Sirena; il nome<br />
le deriva da una scultura un po’ rosa<br />
nella chiave di volta (lato esterno), definita<br />
come una Sirena 6. Nel 1979 nella necropoli<br />
del Deserto in quel di S. Agitata sui<br />
due Golfi – circoscrizione facente parte del<br />
comune di Massa Lubrense (Na) – fra altri<br />
vasi si rinvenne un’anfora calcidese con<br />
dipinti Galli e Sirene, divenuta famosa soprattutto<br />
per la riapertura del dibattito sull’ubicazione<br />
del santuario delle Sirene 7. Alcuni<br />
anni fa, nel corso di lavori agricoli, in<br />
località San Nicandro di Sicignano degli<br />
Alburni (SA), non lontano dal posto dove il<br />
tanagro confluisce nel Sele, si rinveniva un<br />
Lekythos a figure nere che rappresentano<br />
una Sirena fra motivi floreali (Fig. n. 1).<br />
Il reperto è alto cm. 10,3, diam. Max cm.<br />
8,3, diam. Piede cm. 3,3 è stato riportato<br />
sull’Inventario Generale della Soprintendenza<br />
Archeologica di Salerno/AV e BN al<br />
n. 159972 e affidato all’Archeoclub d’Italia,<br />
sede di Contursi Terme (SA). Non è<br />
stato possibile stabilire quale delle tre Sirene<br />
raffiguri l’effigie, non è improbabile che<br />
possa trattarsi della Sirena Leucoosia data<br />
la vicinanza con Paestum.<br />
Calitri 1928/29, cimitero di Calitri con sullo sfondo la tomba Zampaglione, foto eseguite dal<br />
geometra Michele Cerreta (u’ p’rit’) che fu anche progettista del monumento stesso.<br />
7<br />
Infine, le prime monete napoletane dimostrano<br />
chiaramente l’esistenza di culti<br />
indigeni associati a quelli di matrice ellenica,<br />
come nel caso delle emissioni con<br />
l’effigie della Sirena Partenope e del fiume<br />
Acheloo, considerato il padre delle Sirene<br />
e raffigurato con il corpo di toro e il<br />
volto umano (Fig. n. 2). Altre monete della<br />
fine del V secolo a.C. mostrano la Ninfa<br />
Sebetthis e la testa di una divinità identificata,<br />
grazie all’iscrizione Sepeitos, con<br />
il fiume Sebeto 8.<br />
Abbastanza complessa è la localizzazione<br />
dei fiumi storici (e per certi aspetti<br />
mitici), della città di Napoli. Tra le varie<br />
ipotesi proposte, la più accreditata è quella<br />
di Mario NAPOLI che identifica il fiume<br />
Sebeto con il corso d’acqua che lungo<br />
le attuali via Pessina – piazza Dante –<br />
S.Anna dei Lombardi – via Medina finisce<br />
in mare tra Piazza Municipio e Pizzofalcone,<br />
là dove Partenope aveva il suo<br />
porto 9.<br />
NOTE<br />
1 Enrico Calamaro, Napoli greca e romana - Le<br />
origini della città fra mito e storia, ed. T.E. Newton,<br />
Roma, 1995, p. 34 ss.<br />
2 Anna Maria Carassito, Dizionario di mitologia<br />
greca e romana, ed. G.T.E. Newton, Roma, 1996,<br />
p. 4. 3 Enrico Calamaro, op. cit., pp. 33/34.<br />
4 G. Pugliese Carratelli, Il mondo mediterraneo<br />
e le origini di Napoli, Napoli 1967, p. 30.<br />
5 Anna Maria Carassiti, op. cit. pp. 288/89<br />
6 Salvatore Lo Piccolo, Paestum, ed. Plurigraf,<br />
Narni-Terni, 1977, p. 6<br />
7 AA.VV., La necropoli arcaica di S. Agata sui<br />
due Golfi, a cura della Soprintendenza Archeologica<br />
di Napoli e Caserta, ed. Incisivo, Salerno, 1997, p. 9.<br />
8 Enrico Calamaro, op. cit., p. 32.<br />
9 Mario Napoli, Napoli greco-romana, 1959<br />
p. 44.<br />
Cimitero di Calitri. Anni ’30, il vecchio custode<br />
“Squarcione” presso la lapide di Michele<br />
Cerreta (1838-1918).
<strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong> N. <strong>22</strong> n.s. – Gennaio-Aprile 2003<br />
el 1997 la Provincia Napoletana della<br />
NCongregazione del Santissimo Redentore<br />
(CSSR) ha commissionato alla<br />
società Èulogos il progetto Opera Omnia<br />
di S. Alfonso Maria de Liguori, con lo<br />
scopo di raccogliere e trascrivere secondo<br />
criteri scientifici le opere di S. Alfonso,<br />
tra cui anche le quasi duemila lettere<br />
scritte dal santo. Il progetto è stato curato<br />
da p. Salvatore Brugnano CSSR e realizzato<br />
sotto la direzione del dottor Nicola<br />
Mastidoro.<br />
Tutti gli scritti sono stati pubblicati<br />
su Internet in un formato ipertestuale<br />
chiamato Intra Text, utilizzabile sia per<br />
leggere un testo, sia per analizzarlo adoperando<br />
le liste di parole ricorrenti, oltre<br />
che le concordanze e le statistiche di tutte<br />
le parole chiave. In questo modo le ricerche<br />
sui testi diventano molto più facili<br />
e veloci; ad esempio è possibile, con<br />
una rapida indagine, scoprire che nell’epistolario<br />
del santo la parola Calitri ricorre<br />
12 volte e, se lo si desidera, consultare<br />
tutte le lettere nelle quali è citato<br />
il nostro paese. IntraText è registrato in<br />
pagine HTML che possono essere lette<br />
con facilità e sono predisposte per essere<br />
stampate1. Così è stato possibile leggere<br />
le lettere che S. Alfonso indirizzò al sacerdote<br />
calitrano Francesco Maria Margotta,<br />
uno dei suoi primi e più devoti collaboratori,<br />
e avere notizie anche su alcuni<br />
giovani di Calitri che nel Settecento<br />
aderirono alla nuova congregazione; il<br />
confronto tra le pagine Web, i documenti<br />
d’archivio e le principali biografie del<br />
santo e della congregazione da lui fondata2<br />
hanno permesso di raccogliere e<br />
mettere in ordine le notizie biografiche<br />
disponibili sui religiosi calitrani3. La biografia<br />
di p. Francesco Margotta ha aggiunto<br />
nuovi particolari sull’origine in<br />
Calitri della devozione per l’Immacolata<br />
e sulle vicende della Congregazione dell’Immacolata<br />
Concezione.<br />
EM<strong>IL</strong>IO RICCIARDI<br />
LA CONGREGAZIONE DEL<br />
SANTISSIMO REDENTORE<br />
A CALITRI -I PARTE<br />
P. Francesco Margotta e il culto dell’Immacolata Concezione<br />
S. Alfonso e la Congregazione del SS. Redentore<br />
Alfonso Maria de Liguori, figlio di<br />
una nobile famiglia napoletana, nacque il<br />
27 settembre 1696 nella villa di campagna<br />
che i suoi genitori possedevano a Marianella.<br />
Laureatosi in diritto civile ed ecclesiastico<br />
(in utroque iure), esercitò per pochi<br />
anni la professione di avvocato; nel<br />
1723, dopo un grave insuccesso professionale,<br />
rinunciò alla carriera forense per<br />
abbracciare la vita religiosa e aderì a una<br />
congregazione di missionari gesuiti fondata<br />
dal P. Francesco Pavone per evangelizzare<br />
le province più remote del Regno<br />
di Napoli. Nel 1727 fu ordinato sacerdote<br />
e fino al 1729 continuò ad abitare nella<br />
casa di famiglia, in via Vergini a Napoli,<br />
prestando nella parrocchia dei Vergini<br />
gran parte della sua opera pastorale, prima<br />
presso i Padri della Missione, quindi nella<br />
Congregazione delle Apostoliche Missioni<br />
e infine nel Collegio dei Cinesi, aperto<br />
nel 1729 dal missionario Matteo Ripa. Fu<br />
proprio nel borgo dei Vergini che Alfonso<br />
aprì le prime cappelle serotine, destinate<br />
ai fedeli delle classi più povere, che così<br />
potevano ascoltare la messa dopo il lavoro.<br />
Nel 1732, insieme con mons. Tommaso<br />
Falcoia e con suor Maria Celeste Crostarosa,<br />
decise di fondare un nuovo istituto<br />
di vita consacrata, la Congregazione<br />
del SS. Redentore, con lo scopo di compiere<br />
missioni nelle province più interne<br />
del Regno di Napoli.<br />
In Età Moderna molte zone del Regno<br />
erano quasi sconosciute 4 e avevano<br />
grande bisogno di cura pastorale; per questo<br />
motivo erano state fondate diverse<br />
congregazioni con finalità missionarie, a<br />
partire da quella istituita nel 1611, nel<br />
Collegio Massimo dei Gesuiti in Napoli,<br />
dal p. Francesco Pavone (1569-1637). Negli<br />
anni successivi seguirono la congregazione<br />
dei Pii Operai del venerabile Car-<br />
8<br />
lo Carafa, quella delle Apostoliche Missioni,<br />
quella dei Missionari di S. Vincenzo<br />
de Paoli (Padri Lazzaristi) e quella dei Padri<br />
Passionisti, fondata nel 1728 da S.<br />
Paolo della Croce 5. Il nuovo istituto alfonsiano<br />
si proponeva di continuare la tradizione<br />
missionaria della congregazione di<br />
p. Pavone e di assistere le diocesi più bisognose<br />
del Regno di Napoli; tuttavia, vivendo<br />
Alfonso in un periodo storico nel<br />
quale si tendeva a limitare il grande potere<br />
del clero e a non autorizzare la fondazione<br />
di nuovi istituti, egli dovette affrontare<br />
non pochi ostacoli per realizzare il<br />
suo proposito.<br />
Nonostante le difficoltà, in pochi anni<br />
la congregazione alfonsiana riuscì ad a<br />
aprire quattro case nel Regno: Ciorani, vicino<br />
Mercato S. Severino, in provincia di<br />
Salerno, nel 1736; Pagani, nei pressi di<br />
Salerno, che divenne la casa principale<br />
dei Redentoristi, nel 1743; Deliceto, in<br />
provincia di Foggia, nel 1745; Materdomini<br />
di Caposele, nel 1747. In Materdomini<br />
sorgeva da età antichissima un santuario<br />
mariano intitolato a S. Maria de Silere,<br />
poi, dal XVI secolo, a S. Maria Mater<br />
Domini; nel 1747 l’arcivescovo di<br />
Conza, Francesco Nicolaj (1731-1758),<br />
affidò ai Redentoristi la cura del sacro<br />
luogo e della bella chiesa, danneggiata dal<br />
sisma del 1732 6. Ecco come p. Tannoia,<br />
confratello e primo biografo di S. Alfonso,<br />
racconta le vicende della fondazione di<br />
Materdomini: “Mentre Alfonso stava in<br />
Foggia, Iddio aprì la strada ad un’altra<br />
fondazione nell’arcidiocesi di Conza. Viveva<br />
in una somma afflizione monsignor<br />
Nicolai arcivescovo di quella metropoli,<br />
vedendo che quella diocesi quanto era vasta<br />
e bisognosissima di spirituale aiuto,<br />
altrettanto era destituita di operai evangelici.<br />
Un giorno aprendo egli il suo cuore<br />
a d. Giovanni Rossi, un tempo pio operaio,<br />
poi zelante arciprete in Contursi, e a<br />
d. Francesco Margotta gentiluomo, e
N. <strong>22</strong> n.s. – Gennaio-Aprile 2003 <strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong><br />
grande operaio nella terra di Calitri, uomini<br />
tutti e due eminenti in santità, e zelantissimi<br />
nella gloria di Gesù Cristo,<br />
questi gli proposero, come mezzo al suo<br />
fine molto opportuno, lo stabilire in diocesi<br />
una casa di operai diretti dal p. Liguori.<br />
Informatosi l’arcivescovo dell’opera<br />
di Alfonso e dell’utile ch’ella recava<br />
alle altre diocesi, non ne volle di più per<br />
seguire il loro consiglio. Si fecero vari divisamenti;<br />
ma alla fine considerandosi<br />
che al di fuori della terra di Caposele vi<br />
era una chiesa dedicata a Maria ss. dotata<br />
di qualche rendita, fu risoluto di cederla<br />
ai missionari e veder di stabilirli in<br />
quel luogo 7”.<br />
Nella casa di Materdomini visse e<br />
morì, consumato dalle privazioni, S. Gerardo<br />
Maiella (1726-1755), il giovane fratello<br />
coadiutore che acquistò fama di<br />
grande taumaturgo in tutto il Regno e che<br />
compì alcuni miracoli anche in Calitri 8.<br />
Canonizzato nel 1904, a lui è stato intitolato<br />
l’attuale santuario di Materdomini.<br />
Nel 1762 Alfonso de Liguori fu nominato<br />
vescovo di S. Agata dei Goti, ma<br />
dopo tredici anni di episcopato rinunciò<br />
alla carica e si ritirò in Pagani, da dove<br />
continuò a dirigere la sua congregazione<br />
fino alla morte, avvenuta il 1 agosto 1787,<br />
a 91 anni di età. Fu canonizzato nel 1839<br />
e nel 1871 Pio IX lo annoverò tra i Dottori<br />
della Chiesa 9.<br />
Uomo versatile e dai molteplici interessi,<br />
dilettante di disegno e di architettura,<br />
S. Alfonso fu poeta e musicista di buon<br />
livello. A lui si devono alcune tra le più<br />
popolari canzoni sacre, che si diffusero<br />
subito in tutto il Regno di Napoli, grazie<br />
alla capacità del santo di rivolgersi agli<br />
strati più umili della popolazione con un<br />
linguaggio semplice e accattivante. Tra le<br />
sue canzoni più famose vanno ricordate<br />
Tu scendi dalle stelle, Salve del Ciel Regina<br />
e Gesù mio con dure funi, quest’ultima<br />
tuttora cantata a Calitri dai confratelli<br />
dell’Immacolata durante la processione<br />
del Venerdì Santo.<br />
A proposito delle canzoni di S. Alfonso<br />
vale la pena di riportare un brano di<br />
uno storico della congregazione redentorista,<br />
p. Capone, il quale, in una lettera<br />
indirizzata a un musicologo impegnato a<br />
ricostruire le melodie autentiche del santo,<br />
scriveva: “Le canzoncine alfonsiane sono<br />
belle se cantate dal popolo (…) purtroppo<br />
si è lasciata perdere la tradizione. Chissà<br />
se in qualche luogo recondito della Basilicata<br />
o Irpinia, dove non è ancora arrivata<br />
la civiltà moderna, ci sono ancora<br />
vecchie dai 60 anni in su che ricordano<br />
qualche cosa. Ma i cinque o sei padri<br />
(che ormai stanno con le valigie in mano<br />
per l’estremo volo sottoterra), dovrebbero<br />
avere qualche copia (…). Io ne avevo fat-<br />
to una copia, non so a chi la regalai negli<br />
anni Quaranta: p. Toglia, Di Chio Leonardo<br />
o qualche altro. Vedi se riesci a pescare.<br />
Non lasciare l’iniziativa. Ma pensa<br />
che S. Alfonso canta pregando e prega<br />
cantando e tutto fa amando col popolo” 10.<br />
Il p. Toglia citato nel brano è il calitrano<br />
Vincenzo Toglia CSSR (1903-1983).<br />
I Redentoristi calitrani.<br />
I rapporti tra Calitri e i Missionari<br />
alfonsiani furono stretti fin dall’inizio e<br />
questo spiega la grande influenza che S.<br />
Alfonso ebbe sulla spiritualità e sulla cultura<br />
religosa dei calitrani; numerosi giovani<br />
aderirono alla congregazione redentorista,<br />
e alcuni di loro ebbero un ruolo<br />
importante nella gerarchia dell’istituto.<br />
Nei repertori biografici della congregazione<br />
compaiono tredici religiosi nati in<br />
Calitri 11. Prima del 1841, oltre a p. Francesco<br />
Margotta (1699-1764), di cui si parlerà<br />
a parte, si ritrovano i seguenti nomi:<br />
Vito Polestra; nacque il 7 settembre<br />
1730 e fu ammesso al noviziato il 2 febbraio<br />
1750; professò il 2 febbraio 1751 a<br />
Ciorani; morì il 15 febbaio 1788 a Deliceto.<br />
Donato Melaccio, di Giuseppe e di<br />
Emerenziana Di Napoli; nacque il 18 luglio<br />
1732 e fu ammesso al noviziato il<br />
17 luglio 1751, dopo avere vissuto un anno<br />
e mezzo da semplice convittore; pro-<br />
9<br />
fessò il 16 luglio 1752 a Ciorani; morì di<br />
tubercolosi, a soli 32 anni, il <strong>22</strong> aprile<br />
1764, a Pagani. Di lui parla anche p. Landi<br />
nel suo manoscritto: “Fece poi gli studi<br />
con gran profitto spirituale e temporale.<br />
Dopo il sacerdozio, fu applicato all’officio<br />
della santa predicazione con<br />
molto vantaggio delle anime. Pareva uno<br />
stupore come un uomo di statura piuttosto<br />
bassa che alta avesse una voce così<br />
ampia, che faceva rimbombare tutta la<br />
chiesa e scuoteva i cuori dei peccatori<br />
più duri ed ostinati. Ma col tanto sforzarsi<br />
nel predicare, gli venne nel pulpito<br />
medesimo un butto di sangue che col<br />
tempo si andò sempre avanzando in maggior<br />
quantità. Egli era sempre allegro,<br />
perché moriva per amor di quel Redentore<br />
che aveva dato per noi il suo sangue e<br />
la sua vita. Spirò finalmente la sua bella<br />
anima il <strong>22</strong> aprile 1764 nel collegio di<br />
Pagani, dove fu sepolto 12”. È citato in più<br />
lettere di S. Alfonso; tra queste una del<br />
gennaio 1750, quando stava per essere<br />
ammesso in noviziato insieme con Vito<br />
Polestra e con Domenico Blasucci, un<br />
confratello originario di Ruvo del quale è<br />
in corso la causa di beatificazione 13; l’altra,<br />
datata 1764 e indirizzata direttamente<br />
a lui, in cui S. Alfonso, sapendolo in punto<br />
di morte, lo conforta e gli invia la sua<br />
benedizione 14.<br />
Michele Tozzoli (Tuozzolo) 15; nacque<br />
il 9 ottobre 1749 e fu ammesso al noviziato<br />
l’8 dicembre 1765; professò l’8 di-<br />
Calitri 13 giugno 1953, in occasione nella venuta in Italia della signora Angela Rosa Toglia dagli<br />
USA, da sinistra: Padre Vincenzo Toglia redentorista, di Michelantonio e di Di Milia Lucia nato<br />
il 18.02.1903 e deceduto il 09.05.1983, Giuseppe Toglia (P’pp’niell’) nato il 02.01.1894 e deceduto<br />
il 31.01.1976,Angela Rosa Toglia nata il 06.07.1883 e deceduta negli USA il 05.05.1959,<br />
Pasqualina Toglia, insegnante, nata il 23.02.1896 e deceduta il 28.09.1976, Michelantonio Toglia<br />
di Michelantonio e di Di Milia Lucia (con occhiali scuri) nato il 18.05.1909 e deceduto il<br />
20.04.1992, Padre Giovanni Michele Toglia, redentorista e priore di Materdomini, nato il<br />
11.03.1886 e deceduto il 03.02.1967,Vittoria Adele Toglia, coniugata Del Re, nata il 24.03.1905<br />
e deceduta il 18.05.1996, Francesca Toglia nata il 01.11.1888 e deceduta il 17.10.1971, Suor<br />
Clara al secolo Maria Giuseppina Toglia nata il 15.05.1891 e deceduta il 09.10.1969.
<strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong> N. <strong>22</strong> n.s. – Gennaio-Aprile 2003<br />
cembre 1766 a Deliceto, nelle mani di p.<br />
Antonio Tannoia, il famoso storico della<br />
congregazione, autore della prima biografia<br />
di S. Alfonso. Fu consultore generale<br />
della congregazione dal 1817 al 1820 nella<br />
casa di Caposele. Morì il 24 giugno<br />
1820 a Calitri, dove era andato per curarsi<br />
e per necessità familiari.<br />
Andrea Zabatti (Zabatta), di Francesco<br />
e di Elisabetta Metallo; nacque il 4<br />
dicembre 1731; fu ammesso in noviziato<br />
il 1 novembre 1750 e il 7 novembre dell’anno<br />
successivo professò a Ciorani, nelle<br />
mani del P. Andrea Villani; morì due<br />
anni dopo a Ciorani di tubercolosi, mentre<br />
era ancora studente.<br />
Dopo il 1841, nel catalogo della provincia<br />
napoletana, si trovano i seguenti<br />
calitrani:<br />
Canio Polestra, nato il 27 febbraio<br />
1828 e morto il 14 aprile 1889 in Napoli,<br />
nella casa redentorista di S. Antonio a<br />
Tarsia.<br />
Francesco Antonio Ricciardi, di Vito<br />
e Filomena Carpinella; nacque il 31 luglio<br />
1883 e fu ammesso al noviziato il 12<br />
ottobre 1898; professò il 13 ottobre dell’anno<br />
successivo a Ciorani e il 15 settembre<br />
1907 fu ordinato sacerdote a Nocera<br />
Inferiore da mons. Luigi del Forno,<br />
vescovo della stessa cittadina. Uscì dalla<br />
congregazione il 23 dicembre 1914.<br />
Luigi Cicoira, studente, di Vito Gaetano<br />
e Vincenza Januale; nacque il 15<br />
marzo 1887 e fu battezzato il giorno seguente;<br />
novizio l’11 gennaio 1903, fu ammesso<br />
alla professione l’11 gennaio 1904.<br />
Risulta dispensato il 23 maggio 1911, il<br />
che fa pensare che nel frattempo fosse stato<br />
ordinato sacerdote.<br />
Donato Di Cairano, studente, di Canio<br />
e di Teresa De Milia; nacque il 14<br />
febbraio 1886 e nello stesso giorno ricevette<br />
il battesimo. Vestì l’abito di novizio<br />
il 1 novembre 1901 e l’anno dopo professò<br />
nella casa di Ciorani, nelle mani del<br />
p. Gerardo Biscotti, insieme con il compaesano<br />
Giovanni Michele Toglia. Uscì<br />
dalla congregazione il 27 ottobre 1905.<br />
Giovanni Michele Toglia, di Michele<br />
Antonio Giovanni e di Lucia Giuseppa Di<br />
Milia, nato il 13 marzo 1886 e battezzato<br />
il giorno successivo. Fu ammesso in noviziato<br />
con il compaesano Donato Di Cairano<br />
e l’anno dopo i due giovani professarono<br />
insieme in Ciorani. L’8 settembre<br />
del 1909, in Pagani, fu ordinato sacerdote<br />
da mons. Luigi Del Forno. Morì il 3 febbraio<br />
1967 a Napoli, in S. Antonio a Tarsia;<br />
la sua salma fu traslata e sepolta a<br />
Calitri.<br />
Vincenzo Toglia, fratello del precedente;<br />
nacque il 18 febbraio 1903 e fu<br />
battezzato il <strong>22</strong> febbraio dello stesso anno;<br />
novizio il 29 settembre 1919, professò<br />
il 20 settembre 1920 a Pagani. Nel 1927<br />
fu ordinato sacerdote in Cortona dal vescovo<br />
Riccardo Carlesi. Storico della congregazione,<br />
nel 1940 scrisse con tre confratelli<br />
un volume di studi su S. Alfonso<br />
16. È morto il 09.05.1983.<br />
Canio Buglione, fratello coadiutore,<br />
figlio di Vincenzo e di Vincenza Caposele<br />
(Capossela). Nacque il 29 agosto 1902 e<br />
fu ammesso in noviziato il 20 novembre<br />
1926; l’anno successivo, il 21 novembre,<br />
professò nella casa di Pagani, ma tre anni<br />
dopo, il 31 dicembre 1930, moriva di tubercolosi.<br />
Vincenzo Del Re, di Michele e di<br />
Maria Luigia Nicolais; è nato il 2 giugno<br />
1919 ed è stato battezzato il 19 giugno<br />
dello stesso anno. Novizio il 28 settembre<br />
1935, fu ammesso alla professione il 29<br />
settembre dell’anno successivo a Ciora-<br />
I poveri e gli infermi ci faranno<br />
vedere il volto di Dio.<br />
(S. Camillo de Lellis)<br />
ni. Il 30 agosto 1942 fu ordinato sacerdote<br />
nella chiesa di Materdomini dal vescovo<br />
di Caserta, Bartolomeo Mangino.<br />
Attualmente è parroco di S. Maria a Toro<br />
(BN).<br />
Padre Francesco Margotta e la confraternita<br />
dell’Immacolata Concezione<br />
Tra i redentoristi calitrani la figura più<br />
importante è senza dubbio quella di padre<br />
Francesco Maria Margotta, definito da Vito<br />
Acocella, che ne traccia un breve profilo<br />
nella Storia di Calitri, un “sacerdote<br />
di grande pietà e dottrina 17”. Parlano di<br />
lui tutti gli storici della congregazione 18; è<br />
citato nelle principali opere a stampa, come<br />
quelle di Tannoia e di Berthe, ma anche<br />
nei manoscritti di Landi e di Kuntz 19.<br />
Francesco Margotta nacque a Calitri<br />
il 10 febbraio 1699 da Donato e da Orazia<br />
(oppure Grazia) Urso. I suoi genitori erano<br />
di condizione economica abbastanza<br />
agiata e appartenevano a quel ceto di galantuomini<br />
che nel corso dell’Età Moderna,<br />
pur senza essere nobili, avevano raggiunto<br />
un discreto status economico e sociale;<br />
la madre veniva da una ricca famiglia<br />
di Nusco, il padre era agente del feudatario<br />
di Montepeloso, in Lucania, e un<br />
suo prozio, don Francesco Margotta, era<br />
stato arciprete di Calitri dal 1688 al 1692;<br />
la famiglia abitava in via Sant’Antuono,<br />
nell’attuale palazzo Berrilli 20.<br />
Ancora neonato Francesco rimase orfano<br />
del padre e fu cresciuto dalla madre e<br />
10<br />
dallo zio paterno, il sacerdote don Giuseppe<br />
Margotta, che gli impartirono un’educazione<br />
molto pia. Egli visse proprio<br />
negli anni in cui i missionari gesuiti giravano<br />
le province del Regno per promuovere<br />
la devozione verso l’Immacolata<br />
Concezione e non è difficile immaginare<br />
che tutta la prima parte della sua vita si sia<br />
svolta sotto l’influenza della Vergine di<br />
Calitri; aveva 11 anni quando, dopo una<br />
missione dei Gesuiti guidati da p. Castellano,<br />
fu fondata la confraternita calitrana,<br />
e ne aveva 15 quando fu iniziata la costruzione<br />
della chiesa dell’Immacolata.<br />
Il giovane Francesco ricevette l’istruzione<br />
elementare da un sacerdote calitrano,<br />
don Franesco de Alisi, che lo utilizzò<br />
per un paio di anni come suo aiutante; nel<br />
1714, per le sue non comuni doti di intelligenza,<br />
fu inviato a Santomenna a studiare<br />
filosofia; dopo due anni, raggiunta<br />
l’età necessaria, andò a Napoli a studiare<br />
diritto. Laureatosi in utroque iure (diritto<br />
civile ed ecclesiastico), esercitò per un<br />
po’ di tempo la professione di avvocato.<br />
Ritornato a Calitri nel 17<strong>22</strong>, dopo sei anni<br />
di assenza, per alcuni mesi fu governatore<br />
della città di Andretta, lasciandovi un<br />
buon ricordo. Nel 1724 decise di abbracciare<br />
la carriera ecclesiastica e nel 1731 fu<br />
ordinato sacerdote dall’arcivescovo di<br />
Conza Giuseppe Nicolai (1731-1758), che<br />
in seguito lo nominò rettore del seminario<br />
episcopale di S. Andrea e lo scelse come<br />
suo vicario episcopale.<br />
Monsignor Nicolai gli affidò la cura<br />
della chiesa di Sant’Antonio di Padova al<br />
posto del defunto don Francesco de Alisi e<br />
negli stessi anni p. Margotta aderì, con altri<br />
sacerdoti missionari, alla congregazione<br />
pavoniana. Eletto padre spirituale della<br />
confraternita dell’Immacolata, si interessò<br />
dell’acquisto e del trasporto in Calitri della<br />
statua della Vergine che si porta in processione<br />
l’8 settembre, e fu ancora lui ad<br />
acquistare in Napoli, nel 1747, le statuette<br />
lignee di S. Filippo Neri e S. Giuseppe<br />
che ornano tuttora l’altare maggiore della<br />
chiesa 21. “Sino al 1748, che si partì alla<br />
Congregazione del SS. Redentore, non fece<br />
altro che essere stato Padre spirituale<br />
dell’Immacolata Concezione, congregazione<br />
di laici extra moenia. Lui predicava<br />
ogni festa, faceva l’esercizii spirituali a’<br />
detti Fratelli per otto giorni continui in<br />
detta Congregazione nelle feste del S. Natale,<br />
faceva la coronella tutti li sabbati e ci<br />
predicava; fece mettere dalli Padri Riformati<br />
d’Atella la Via Crucis in detta chiesa,<br />
fu ancora confessore di queste reverende<br />
moniche e trattò con l’arcivescovo D.<br />
Giuseppe Nicolai, che fu nella santa visita<br />
del 1732, di farle mettere alla vita comune<br />
e, con gran strepito di qualche monica,<br />
anche coll’aiuto del Signore sortì e fra
N. <strong>22</strong> n.s. – Gennaio-Aprile 2003 <strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong><br />
pochi mesi sentirono gran consolazione.<br />
Lui non mancava in ogni anno, nella novena<br />
di S. Michele arcangelo, a settembre,<br />
fare gli esercizii e si contentava stare<br />
rinserrato nella chiesa della Concezione e<br />
si cibava solamente la sera. Poi nel 1748<br />
se n’andò nella Congregazione del SS. Redentore<br />
e lasciò al sacerdote D. Michelangiolo<br />
Zarrillo da dette sue entrate riserbate<br />
colla licenza del Superiore n’avesse<br />
dato ogni anno docati dieci all’infermeria<br />
di detto monastero delle monache,<br />
e per cinque anni continui s’osservò<br />
detta carità, dando parimenti la facoltà<br />
al detto sacerdote che avesse fatto carità<br />
alli più bisognosi, e si pose in esecuzione<br />
quanto da lui fu imposto <strong>22</strong>”.<br />
P. Margotta conobbe S. Alfonso durante<br />
la visita pastorale dell’arcivescovo<br />
Nicolai in Calabritto, nel 1746, e lo sollecitò,<br />
insieme con altri religiosi, a compiere<br />
una missione nella diocesi di Conza, che<br />
ebbe luogo nel gennaio 1747 23: “All’entrare<br />
del 1747 Alfonso si portò con altri<br />
compagni a predicare anch’esso nella diocesi<br />
di Conza. A prima giunta predicò la<br />
penitenza nella terra di Teora e ne’ contorni;<br />
poscia in Conza e in s. Andrea residenza<br />
dell’arcivescovo. Fu soddisfatto il<br />
Margotta colla missione di Calitri, ed il<br />
Rossi con quella di Contursi. Indi si passò<br />
in s. Menna patria del dottor Zoppi, poi in<br />
Laviano, Buccino, Pescopagano, ed altrove<br />
(…) Nello stesso tempo monsignor arcivescovo<br />
volle che si dessero gli esercizi<br />
di s. Ignazio al clero, e alla numerosa gioventù<br />
del seminario di s. Andrea (…) In<br />
questi esercizi guadagnò la congregazione<br />
il dotto sacerdote e maestro di quel seminario<br />
d. Girolamo Ferrara, come già nella<br />
missione di Calitri aveva acquistato il<br />
gran servo di Dio d. Francesco Margotta,<br />
che fece erede di tutto il suo la chiesa di<br />
Mater Domini di Caposele. Questi furono<br />
i frutti primaticci, ma ben maturi della<br />
casa di Caposele che in seguito fecero<br />
molto onore, e serviron di saldi sostegni<br />
alla nascente congregazione 24”.<br />
Il 7 dicembre dello stesso anno p.<br />
Margotta, dopo aver devoluto gran parte<br />
dei suoi beni alla nuova casa di Materdomini<br />
di Caposele, veniva ammesso come<br />
novizio nella Congregazione del Redentore,<br />
con grande gioia di S. Alfonso, e<br />
l’anno dopo, il 2 luglio, professava a Ciorani<br />
nelle mani di p. Andrea Villani. Nel<br />
frattempo aveva lasciato la carica di padre<br />
spirituale della confraternita dell’Immacolata.<br />
Pochi mesi prima, il 25 marzo,<br />
aveva professato in Ciorani anche p. Girolamo<br />
Ferrara, nato a Teora nel 1715 e<br />
poi divenuto insegnante nel seminario arcivescovile<br />
di S. Andrea. All’interno della<br />
Congregazione p. Margotta ricoprì cariche<br />
importanti; fu rettore della casa di<br />
Materdomini di Caposele, poi di quella<br />
di S. Angelo a Cupolo, in provincia di Benevento.<br />
Nel 1749 fu nominato procuratore generale<br />
della Congregazione, un incarico<br />
che lo costringeva a recarsi spesso in Napoli,<br />
dove aveva una fitta rete di conoscenze<br />
nell’ambiente intellettuale e religioso<br />
del tempo; nell’estate del 1754 portò<br />
con sé nella capitale anche S. Gerardo<br />
Maiella, che vi operò molti miracoli; finito<br />
il soggiorno in Napoli, i due religiosi si<br />
trattennero per un po’ di tempo a Calitri,<br />
dove S. Gerardo si fece presto conoscere<br />
per le profezie e per i miracoli operati.<br />
Nel 1764 p. Margotta si ammalò di<br />
colera e in brevissimo tempo la malattia lo<br />
condusse alla morte. In una lettera datata<br />
21 luglio 1764 Alfonso de Liguori scriveva<br />
al confratello p. Andrea Villani: “Il P.<br />
Margotta ieri a 23 [ore] si estremò [ricevette<br />
l’Estrema Unzione] e fu licenziato<br />
da’ medici”, e una chiosa alla lettera aggiunge<br />
altri particolari sugli ultimi giorni<br />
di vita del religioso: “Il P. D. Francesco<br />
Maria Margotta era allora in Napoli, ove<br />
pel suo officio di Procuratore generale dimorava<br />
quasi di continuo. La malattia gli<br />
fu cagionata dalla epidemia che, in seguito<br />
della carestia, cominciò a serpeggiar<br />
in maggio, e scoppiò poi violentissima.<br />
Al 21 luglio, data di questa lettera,<br />
erano già morte cinquemila persone.<br />
S. Alfonso, appena informato dell’infermità<br />
del Margotta, spedì in Napoli il P.<br />
Gallo, perché lo assistesse, come con tutta<br />
carità fece per ben 17 giorni. Saputosi<br />
della malattia, molte persone distinte per<br />
nobiltà e dottrina furono spesso a visitarlo.<br />
Fra gli altri, il Principe di Caposele<br />
non passò giorno che nol facesse. Peg-<br />
11<br />
giorando ogni giorno dì più il Margotta, e<br />
dovutosi richiamare il P. Gallo, S. Alfonso<br />
mandò in sua vece il P. Ferrara, dal quale<br />
assistito l’infermo e da altri due Fratelli,<br />
con tutti i conforti della Religione, abbracciato<br />
al Crocifisso e pieno di fiducia<br />
nell’intercessione di Maria SS.ma, il giorno<br />
undici agosto si addormentava nel Signore<br />
25”. La salma di p. Margotta fu portata<br />
a Pagani.<br />
Come si è detto, prima di aderire alla<br />
congregazione alfonsiana, p. Margotta<br />
aveva ricoperto l’incarico di padre spirituale<br />
della confraternita dell’Immacolata<br />
Concezione di Calitri. Un manoscritto della<br />
congregazione redentorista, narrando<br />
della vita del religioso calitrano, ricorda<br />
che p. Margotta era conosciuto anche da p.<br />
Francesco Pepe (1684 - 1749), un famoso<br />
predicatore della Compagnia di Gesù, strenuo<br />
propugnatore del culto dell’Immacolata<br />
e amico della famiglia reale 26, vissuto<br />
in quegli stessi anni e morto in odore di<br />
santità; il documento ricorda come in un<br />
libro che raccoglieva le prediche di p. Pepe<br />
si parlasse molto bene di p. Margotta<br />
(“multa cum laude de eo loquitur”) e riporta,<br />
tratto dalle Novene del gesuita, il<br />
seguente brano: “Nella terra di Calitri si è<br />
eretta una Congregazione in onor dell’Immacolata<br />
Concezione sotto la direzione<br />
del reverendo sacerdote Francesco Maria<br />
Margotta, edificante per la sua esemplare<br />
pietà, amore e divozione alla gran Madre.<br />
È ella situata fuor dell’abitato: una mattina<br />
fu trovata aperta forzatamente e trovossi<br />
fatto un bottino di quanto si conservava<br />
in quella di più prezioso in argento e<br />
altre suppellettili, per fino smossa un poco<br />
la corona di 12 stelle di argento sopra la<br />
statua; ma nulla però vi mancava, che anzi<br />
trovossi un fiasco pieno di vino. Tutti<br />
conobbero la protezione di Maria in custodirsi<br />
il suo santuario senza però sapere<br />
il come. Passato un anno, un uomo, che<br />
probabilmente si suppose essere stato uno<br />
de’ladri, si abbatté in uno di quella terra,<br />
e udito il di lui paese, gli disse: voi avete<br />
quella cappella tanto maravigliosa e narrogli<br />
come fusse accaduto ad altri come<br />
portatisi di notte i ladri per rubarla e, preso<br />
molto, facevano violenza per rapire la<br />
corona, quando uscì una voce dalla statua<br />
che disse: finitela, altrimenti vi farò divorare<br />
da questo dragone. Preme sotto a’<br />
pie’ la statua un dragone. In tal modo difese<br />
la divina Madre il luogo a lei consagrato,<br />
perché atterriti gli empii si diedero<br />
alla fuga.<br />
Questa divina Madre, siccome è terribile<br />
a’nemici, così mostrasi favorevole a’<br />
suoi divoti. Nella festa del 1738 i Congregati<br />
vollero celebrarla con più di pompa,<br />
per lo ché eressero una nicchia più<br />
alta e bene adorna per collocarvi la sta-
<strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong> N. <strong>22</strong> n.s. – Gennaio-Aprile 2003<br />
tua. Erano tre soli, e la statua è di legno<br />
molto pesante; perché, oltre la grandezza,<br />
è sostenuta da una base con un gruppo di<br />
molti angioli e con un dragone sotto i piedi<br />
della divina Madre; pure, fidati nella<br />
gran Signora, vollero essi riporre la statua<br />
nella nicchia, la quale con somma<br />
maraviglia divenne loro leggiera, a guisa<br />
di una piuma. È molto cresciuta la divozione<br />
in questo luogo alla Immacolata<br />
Madre; onde in tutti i bisogni sotto questo<br />
titolo la invocano e la misericordiosissima<br />
Madre concorre colla loro fede con moltissime<br />
grazie 27”.<br />
È certo che il sacerdote calitrano e il<br />
predicatore gesuita si conobbero di persona;<br />
p. Pepe era di una decina di anni più<br />
grande di p. Margotta e viveva in Napoli<br />
nel Collegio Massimo dei Gesuiti (il Gesù<br />
Vecchio); forse si erano incontrati in Napoli,<br />
negli anni in cui la fama di predicatore<br />
di p. Pepe era al culmine, o forse avevano<br />
avuto modo di conoscersi anni prima,<br />
nel corso di una delle tante missioni<br />
gesuitiche in Irpinia.<br />
Comunque sia, il brano di p. Pepe è<br />
ricco di informazioni sull’origine della<br />
confraternita calitrana: esalta il ruolo di<br />
Francesco Margotta come padre spirituale<br />
della congrega, narra due miracoli della<br />
Vergine di Calitri, aggiungendo numerosi<br />
particolari sul tentato furto nella chiesa, ricordato<br />
brevemente anche nelle carte della<br />
confraternita 28, e permette di fissare al<br />
1738 l’anno di costruzione dell’altare ligneo<br />
che tuttora si vede e che sostituì un<br />
altare più antico e di fattura più semplice,<br />
messo in opera nel 1721, appena terminata<br />
la chiesa 29. Ma soprattutto lo scritto<br />
conferma che in Calitri, dopo la fondazione<br />
della congrega dell’Immacolata, la<br />
devozione verso la Vergine era “molto<br />
cresciuta”, e che la fama della confraternita<br />
calitrana nel giro di pochi anni (il brano<br />
è del 1744) si era sparsa anche nelle<br />
terre vicine, fino a giungere alla capitale<br />
del Regno.<br />
Appendice<br />
Si riportano due lettere di S. Alfonso, una<br />
indirizzata a p. Margotta e l’altra a p. Melaccio.<br />
1<br />
Lettere di S. Alfonso Maria de’ Liguori<br />
(…) pubblicate nel primo centenario della sua<br />
beata morte,I,Corrispondenza generale,Roma<br />
1897, lettera 92, pp. 140-142.<br />
Al sacerdote D. Francesco Maria Margotta<br />
in Calitri.<br />
Grande consolazione del Santo in riceverlo<br />
nella Congregazione, ed individuazione della<br />
preghiera a farsi per esso lui.<br />
Viva Gesù, Maria, Giuseppe e Teresa!<br />
Ciorani, 7 dicembre 1747.<br />
Don Francesco mio caro e amatissimo, io<br />
le so a dire che, ieri sera, qui si lessero le lettere<br />
colla notizia della fondazione [del collegio<br />
di Caposele] già stabilita, e poi la lettera vostra<br />
della vostra risoluzione; e non so se fu più la<br />
consolazione di tutti, per la notizia della fondazione,<br />
che per la notizia della risoluzione di<br />
V. Carità: dico di V. Carità, perché sin da oggi<br />
intendo e le fo sapere di averlo già ricevuto<br />
per fratello e compagno dilettissimo nella Congregazione;<br />
sicché da oggi comincia già il tempo<br />
del vostro noviziato, benché vi tratteniate<br />
per quanto bisogna in Calitri per aggiustare le<br />
cose vostre. Voi avete donato tutto quello che<br />
potevate alla Congregazione, ma sappiate che<br />
la Congregazione e tutti vi amiamo tanto che,<br />
Beato l’uomo pietoso<br />
che da in prestito e dona<br />
largamente ai poveri.<br />
senza niente, vi avremmo accettato e gradito<br />
ugualmente; perché sappiamo di aver per compagno<br />
uno che vuole farsi veramente santo, e<br />
così spero certamente che vi avete da fare, specialmente<br />
ora che vi è interceduta tanta riflessione<br />
a sangue freddo, e tutto il consenso del<br />
Padre spirituale e dell’Arcivescovo.<br />
V. C. si stia a Calitri, per quanto le piace e<br />
bisogna per aggiustar le sue cose, senza minima<br />
angustia: è vero che tutti abbiamo l’ansia<br />
di abbracciarlo quanto più presto qui, ma io<br />
ancora desidero che con pace accomodi le cose<br />
sue. Al suo spirito di fuoco non vi vogliono<br />
insinuazioni che si ritiri presto. Io, che la conosco<br />
bene, m’immagino e so certo che V. C.<br />
ora anela i momenti, per ritirarsi nel nido che<br />
Dio l’ha predeterminato dall’eternità per farlo<br />
santo.<br />
Avrei certamente a caro di vederla qui,<br />
prima che io parta per Napoli per li consaputi<br />
affari della Congregazione, il che sarà dopo il<br />
primo dell’anno, o dopo l’Epifania. Ma, torno<br />
a dire, non voglio che V. C. stia con angustia:<br />
se non potrò avere questa consolazione, la sacrifico<br />
a Gesù Cristo. Sappiate però che qui vi<br />
stanno aspettando tutti con le braccia aperte.<br />
D. Paolo [Cafaro] specialmente e [D. Girolamo]<br />
Ferrara hanno avuta una consolazione indicibile.<br />
Oggi tutti i novizi fanno la comunione<br />
per V. C., acciocché Gesù Cristo sopisca tutti i<br />
suoi affari più necessari, acciò possa presto ritirarsi.<br />
Da oggi avanti V. C. preghi, come ha da<br />
pregare, d’altro modo per me che non ha fatto<br />
per lo passato. Da ora gliel’impongo per obbedienza,<br />
perché già è nostro. V. C. ogni mattina,<br />
alla messa ed al ringraziamento, mi raccomandi<br />
a Gesù Cristo, acciò mi doni l’amore<br />
suo e di Maria, e mi faccia perfettamente<br />
adempiere la divina volontà. Lo segno, acciò<br />
tenga per sempre a mente la preghiera e non la<br />
lasci mai. Ed io anche lo farò per V. C. In nome<br />
dunque di tutta la ss. Trinità, di Gesù sacramentato<br />
e di Maria Immacolata, l’accetto,<br />
12<br />
(Salmo CXII – 5)<br />
lo ricevo e lo benedico, acciò diventi tutto, tutto<br />
di Dio, come Dio senz’altro lo vuole. Subito<br />
che può scrivere a D. Angelo suo direttore,<br />
le impongo che, da mia parte, lo ringrazî della<br />
licenza che vi ha data; e ditegli che tutta la<br />
Congregazione perciò gli conserverà una perpetua<br />
obbligazione. Viva Gesù, Maria, Giuseppe<br />
e Teresa!<br />
Conforme alla edizione romana.<br />
2<br />
Ivi,I,lettera 409, pp. 513-514<br />
Al P. D. Donato Melaccio, nella casa di<br />
Pagani.<br />
Lo conforta soavemente nella morte imminente.<br />
Viva Gesù, Maria e Giuseppe!<br />
Airola, 12 Gennaio 1763.<br />
Figlio mio caro, Dio sa la pena che mi ha<br />
cagionata la vostra infermità sin dal principio;<br />
ma mi rassegno alla volontà di Dio che così dispone.<br />
E così rassegnatevi ancora voi, abbandonandovi<br />
tutto nelle braccia del vostro buon Dio<br />
che vi vorrà togliere da questo mare così pericoloso<br />
del mondo, perché vi vuole salvo.<br />
Consolatevi e statevi sicuro della vostra<br />
salute eterna, perché morite in Congregazione.<br />
Poveri coloro che sono stati nostri, e muoiono<br />
fuori della Congregazione! Che serve la vita,<br />
se non per fare una buona morte in grazia di<br />
Dio?<br />
Della vostra buona morte io ve ne assicuro,<br />
e così che andate più cercando? Che più<br />
bella cosa, finire il tempo di fare più peccati ed<br />
uscire dal pericolo di perdere più Dio?<br />
Quando dunque vi affliggerà il pensiero<br />
della morte, ravvivate la confidenza e la rassegnazione,<br />
e dite: Mentre ora Dio vuole che io<br />
lasci il mondo, questo è il meglio per me. Chi<br />
sa, se foste campato, che non vi si fosse svoltato<br />
il cervello, come si è svoltato a tanti, e<br />
sareste morto fuori della Congregazione, e Dio<br />
sa in quale stato?<br />
Allegramente! Dio vi vuole salvo. Se egli<br />
vi chiama all’altra vita, non lasciate di raccomandarmi<br />
alla Madonna, alla quale io vi raccomando<br />
prima e dopo la vostra morte, se la<br />
vostra sarà prima della mia. Ma se voi andate<br />
prima di me all’eternità, poco potrò io tirare a<br />
seguitarvi. E così spero tra poco di rivederci in<br />
luogo di salute ad amare Dio, senza pericolo<br />
d’esserne più separati.<br />
Vi priego ora a stare attento a non perdere<br />
cosa da offerire a Dio, così in quanto alle pene<br />
dell’infermità, come in quanto alla poca assistenza<br />
che qualche volta proverete.<br />
Quando vi vedete più solo e più abbandonato,<br />
allora stringetevi più con Dio, perché allora<br />
certamente Iddio più v’assiste. Ora sieno<br />
sempre nella vostra bocca questi nomi: Gesù<br />
Cristo mio caro; Mamma mia cara, acciocché<br />
così dicendo possiate morire.<br />
Sì signore, io vi assolvo d’ogni difetto<br />
commesso intorno a’ voti. Prendete i rimedi<br />
che vi danno, ma tutta la vostra speranza e volontà<br />
sia di volere solo quel che vuole Dio.<br />
Terminate, come mi avete scritto, la vostra vita<br />
con fare l’ubbidienza; ché così non potete<br />
errare.
N. <strong>22</strong> n.s. – Gennaio-Aprile 2003 <strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong><br />
In fine vi mando mille benedizioni. A rivederci<br />
in Paradiso tra breve! Siate benedetto!<br />
Amen, amen.<br />
Di nuovo vi abbraccio e vi benedico. A rivederci<br />
nell’eternità beata!<br />
Viva Gesù e Maria!<br />
Fratello Alfonso del SS. Redentore vescovo<br />
di Sant’Agata.<br />
Conforme all’originale che si conserva<br />
nell’archivio della nostra casa di Pagani.<br />
NOTE<br />
1 È possibile vedere le pagine all’indirizzo<br />
www.intratext.com/BAI. Inoltre la Eulogos ha riunito<br />
in un volume virtuale (volume IV) tutte le lettere<br />
del santo pubblicate in diverse riviste ma non ancora<br />
raccolte in un unico libro a stampa.<br />
2 Su S. Alfonso Maria de Liguori e sulla Congregazione<br />
del Santissimo Redentore cfr. A.M. Tannoia,<br />
Della vita ed istituto di S. Alfonso Maria de Liguori<br />
vescovo di S. Agata dei Goti e fondatore della<br />
Congregazione del SS. Redentore libri quattro<br />
[1797], ed. cons. Torino 1860; A. Berthe, S. Alfonso<br />
Maria de Liguori,Firenze 1903; T. Roy-Mermet, Il<br />
santo del secolo dei lumi. Alfonso de Liguori (1696-<br />
1787), Roma 1983; F. Ferrero, voce Santissimo Redentore,<br />
in Dizionario degli Istituti di perfezione, IX,<br />
Roma 1988, coll. 808-819; Alfonso M. de Liguori e<br />
la società civile del suo tempo,atti del Convegno internazionale<br />
per il bicentenario della morte del santo<br />
(1787-1987) Napoli, S. Agata dei Goti, Salerno, Pagani<br />
15-19 maggio 1988, a cura di P. Giannantonio,<br />
2 voll., Firenze 1990; Un umanista del ‘700 italiano.<br />
Alfonso M. de Liguori,Verona 1992.<br />
3 Devo alla competenza e alla squisita cortesia<br />
di P. Giovanni Vicidomini CSSR, archivista della<br />
Provincia Napoletana dei Missionari del SS. Redentore,<br />
le notizie d’archivio sui Redentoristi calitrani.<br />
4 “In Napoli si conosce forse più lo stato dell’isola<br />
degli Otaiti che quello delle nostre provincie”.<br />
(L. Galanti, Descrizione geografica e politica delle<br />
Sicilie, [1787], I, Bologna 1969, p. XII).<br />
5 “Ricorrenze che ormai solo i vecchi ricordano<br />
erano le periodiche “missioni” dei Padri Passionisti.<br />
Si trattava di una settimana di predicazione e di penitenza.<br />
Vi erano prediche per solo donne e prediche<br />
per solo uomini, alla fine di queste ultime, i presenti,<br />
dietro l’esempio del predicatore, si davano la “disciplina”,<br />
cioè si picchiavano le spalle con cilici,<br />
implorando da Dio misericordia e pietà. Durante la<br />
settimana si verificavano le “conversioni”; si rappacificavano<br />
le discordie familiari; si ricredevano i<br />
peccatori. (…) La “missione” si chiudeva con una<br />
grande processione di penitenza a piedi scalzi, e con<br />
il seppellimento in una buca, appositamente scavata,<br />
delle “vanità”: coltelli da tasca, fisarmoniche da bocca,<br />
libri e immagini proibite.” (G. Acocella, Calitri.<br />
Vita di un grosso borgo rurale dell’alta Irpinia<br />
dal 1861 al 1971, Calitri 1977, p. 121).<br />
6 Su Materdomini cfr. P. Di Fronzo, I santuari<br />
dell’Alta Irpinia. Storia ecclesiastica e religiosa,<br />
Lioni 1971; G. Chiusano, La Cronista conzana,<br />
Conza della Campania 1983; U. Dovere, Materdomini<br />
di Caposele, in Santuari della Campania, Napoli<br />
2000, p. 326. Nella Cronista conzana,alla fine<br />
del Seicento, Materdomini è descritta così: “Bellissima<br />
chiesa con famosa cupola, con la miracolosa<br />
immagine di Maria; fu edificato detto tempio con<br />
molte elemosine di forestieri che solevano venire e<br />
in atto vengono”.<br />
7 A.M. Tannoia, Della vita ed istituto di S.<br />
Alfonso Maria de Liguori…, cit., lib. II, cap. XXIV,<br />
ed. cons. Torino 1860, p. 130.<br />
8 Alla permanenza di S. Gerardo in Calitri sarà<br />
dedicato un prossimo articolo su questa rivista.<br />
9 Di recente S. Alfonso è stato proposto come<br />
protettore degli utenti di Internet. Vedi all’indirizzo<br />
www.santibeati.it.<br />
10 La lettera di p. Capone è riportata in P. Saturno,<br />
La tradizione musicale alfonsiana,in Alfonso<br />
M. de Liguori e la società civile del suo tempo…,<br />
cit., pp. 623-639.<br />
11 Cfr. F. Minervini, Catalogo dei redentoristi<br />
d’Italia 1732-1841 e dei redentoristi delle province<br />
meridionali d’Italia 1841-1869, Romae 1978; Id.,<br />
Catalogo dei redentoristi della provincia napoletana<br />
1841-1978, Romae 1979. Nei due repertori sono<br />
presenti alcuni errori di trascrizione (Micolais per<br />
Nicolais, Jannale per Januale, Caposele per Capossela),<br />
corretti nel presente articolo.<br />
12 F. Landi, Istoria della Congregazione del SS.<br />
Redentore,2 tomi mss. [1782].<br />
13 Per un breve profilo di Domenico Blasucci<br />
cfr. M.D. Grieco (Vice presidente del settore giovanile<br />
per la diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa), Il venerabile<br />
Domenico Blasucci. Un Santo della nostra<br />
terra,in “Il Calitrano”, n.s., 17 (2001), pp. 14-15.<br />
14 Vol. I, lettere 132, 207, <strong>22</strong>3, 280, 352, 409,<br />
432. Vol. IV, lettere 102, 113 e 118.<br />
15 Nel catalogo dei Redentoristi non sono riportati<br />
i genitori di p. Michele Tozzoli, tuttavia egli era<br />
figlio di Francesco Tuozzolo e di Marianna Vitamore<br />
Cioglia. Il nonno, Donato Tuozzolo, “massaro di<br />
campo”, nel catasto del 1753 risultava essere l’uomo<br />
più ricco di Calitri, con un reddito imponibile di<br />
quasi 5.000 ducati; tutta la famiglia abitava in una<br />
“casa palaziata consistente in più stanze tra soprane<br />
e sottane e mezzane” di fianco al monastero dell’Annunziata.<br />
(Napoli, Archivio di Stato, Catasto<br />
Onciario,voll. 4974 e 4977).<br />
16 O. Gregorio, D. Capone, A. Freda, V. Toglia,<br />
S. Alfonso de Liguori. Contributi bio-bibliografici,<br />
Brescia 1940.<br />
17 V. Acocella, Storia di Calitri [1946], r.a.,<br />
Calitri 1984, pp. 249-250.<br />
18 “Ecco quanto si legge, nel Catalogo della<br />
Congregazione, di questo esimio soggetto: “A’ 7 dicembre<br />
1747, fu ammesso in Congregazione il sacerdote<br />
D. Francesco Maria Margotta della terra di<br />
Calitri, avendo 48 anni di età ed essendo già missionario<br />
e confratello della Venerabile Congregazione<br />
del P. Pavone, eretta nel Collegio Massimo de’ PP.<br />
Gesuiti di Napoli; e perché si trovava necessariamente<br />
impedito da molti affari domestici, che pure<br />
ridondavano in beneficio della Congregazione, stante<br />
una vantaggiosa donazione da lui fatta in favore<br />
della nuova casa che stava erigendosi nella terra di<br />
Caposele, perciò gli fu permesso dal R. mo nostro<br />
Padre il poter principiare il noviziato in sua casa,<br />
che poi a’ dì 3 marzo venne a proseguire nella casa<br />
di Ciorani. Fece l’oblazione nelle mani del P. Villani<br />
a’ dì 2 luglio 1748. Dopo grandissimi servizi resi<br />
alla Congregazione, che fece erede de’ suoi beni,<br />
morì santamente in Napoli, il dì 11 agosto 1764.””<br />
(Lettere di S. Alfonso Maria de’Liguori (…) pubblicate<br />
nel primo centenario della sua beata morte, I,<br />
Corrispondenza generale, Roma 1897, lettera 92,<br />
pp. 140-142). Su p. Margotta cfr. anche A. M. Tannoia,<br />
Della vita ed istituto di S. Alfonso Maria de<br />
Liguori…, cit., lib. II, capp. XXIV-XXV, pp. 130-<br />
136; A. Berthe, S. Alfonso…, cit., I, Firenze 1903,<br />
pp. 312-313.<br />
19 F. Landi, Istoria della Congregazione…, cit.;<br />
F. Kuntz, Annales Congregationis SS. Redemptoris,<br />
3 volumi mss. [notizie dal 1696 al 1737]; Id., Commentaria<br />
de vita D. Alphonsi et de rebus Congregationis<br />
SS. Redemptoris, 11 volumi mss. in folio,manoscritto<br />
conservato nell’Archivio Generale dei Redentoristi<br />
in Roma (copia in Archivio Provincia Napoletana<br />
dei PP. Redentoristi - Pagani).<br />
20 Il palazzo, donato da p. Margotta alla Congregazione<br />
del SS. Redentore, fu acquistato nel 1749<br />
da Giovanbattista Berrilli.<br />
21 Calitri, Archivio della Confraternita dell’Immacolata<br />
Concezione, Reggistro dove si annotano li<br />
conti,f. 107, riportato in G. Cioffari, La storia e la<br />
Regola dell’arciconfraternita “Immacolata Concezione”<br />
di Calitri,inL’Arciconfraternita dell’Imma-<br />
13<br />
colata Concezione di Calitri, a cura di V. A. Cerreta<br />
e G. Cioffari, I,Bari 1997, p. 31. La statua<br />
della Vergine fu commissionata allo scultore Giacomo<br />
Colombo (comunicazione di Vito Alfredo<br />
Cerreta).<br />
<strong>22</strong> F. Kuntz, Commentaria…, cit., VII, f. 195.<br />
23 Durante la missione di Calitri, il 6 gennaio<br />
1746, professò il novizio Domenico Corsano (1716-<br />
1801), di Corato, diocesi di Trani, nelle mani del<br />
p. Cesare Sportelli, un sacerdote che partecipò con<br />
S. Alfonso alla missione nella diocesi di Conza e di<br />
cui è in corso la causa di beatificazione.<br />
24 A. M. Tannoia, Della vita ed istituto di<br />
S. Alfonso Maria de Liguori…,cit., lib. II, cap. XXV,<br />
p. 134-135.<br />
25 Lettere di S. Alfonso Maria de’ Liguori …,<br />
cit., I, Corrispondenza generale, Roma 1897, lettera<br />
540, pp. 63-64.<br />
26 Su p. Francesco Pepe cfr. P. Degli Onofri,<br />
Elogj storici di alcuni servi di Dio, Napoli 1803,<br />
pp. 131-252; F. Iappelli - A. Schiattarella, Gesù<br />
Nuovo, ediz. con note, Castellammare di Stabia<br />
1997, pp. 41-43. Ringrazio p. Filippo Iappelli S. I. e<br />
Stefano Pepe per la cortesia e per le preziose indicazioni.<br />
27 Il brano è in F. Kuntz, Commentaria…,cit.,<br />
III, f. 210, e riporta, con lievi varianti, un passo del<br />
gesuita Francesco Pepe. Qui di seguito si riporta il<br />
testo preciso tratto dal libro di p. Pepe. “Nella Terra<br />
di Calitri vi è eretta una Congregazione in onor dell’Immacolata<br />
Concezione, sotto la direzione del R.<br />
D. Francesco M. Margotta, e vive con molta pietà, e<br />
molto addetta all’amore e divozione alla Gran Madre.<br />
È ella situata fuor dell’abitato: una mattina fu<br />
trovata aperta forzatamente e trovossi fatto un bottino<br />
di quanto si conservava in quella di più prezioso<br />
in argento, e altre suppellettili, per fino smossa<br />
un poco la Corona di 12 stelle di argento sopra la<br />
statua; ma nulla però vi mancava. Che anzi trovossi<br />
un fiasco pieno di vino, tutti conobbero la protezione<br />
di Maria in custodirsi il suo Santuario, senza<br />
però sapere il come. Passato un’anno, un’Uomo<br />
che probabilmente si suppose essere stato un de’<br />
ladri si abbatté in uno di quella Terra; e udito il di<br />
lui Paese, gli disse: Voi avete quella Cappella tanto<br />
miracolosa, e narrogli come fusse accaduto ad’altri<br />
come portatisi di notte i ladri per rubbarla, e preso<br />
molto, facevano violenza per rapire la Corona,<br />
quando uscì una voce dalla statua, che disse: Finitela,<br />
altrimente vi farò divorare da questo Dragone.<br />
Preme sotto a pie’ la statua un Dragone. In tal modo<br />
difese la Divina Madre il luogo a Lei consegrato,<br />
perché atterriti gli Empj si diedero in fuga. Ma questa<br />
divina Madre, siccome è terribile a nimici, così<br />
mostrasi favorevole a’ suoi Divoti. Nella Festa del<br />
1738 i Congregati vollero celebrarla con più di<br />
pompa, perloché eressero una nicchia più alta, e<br />
bene adorna per collocarvi la statua. Erano tre soli, e<br />
la Statua è di legno molto grieve, perché oltre la<br />
grandezza, è sostenuta da una base con un gruppo di<br />
molti Angioli e con un gran Dragone sotto i piedi<br />
della divina Madre; pure fidati nella gran Signora<br />
vollero essi riporre la Statua nella nicchia, la quale<br />
con somma maraviglia divenne loro leggiera a guisa<br />
di una piuma. È molto cresciuta la divozione in<br />
questo luogo alla Immacolata Madre, onde in tutti i<br />
bisogni sotto questo titolo la invocano, e la misericordiosissima<br />
Madre concorre colla loro fede con<br />
moltissime Grazie, non meno a pro delle Anime,<br />
che de’ Corpi; anche a pro de’ Campi, de’ Bruti;<br />
che per brevità tralascio”. (F. Pepe, Terza Novena di<br />
sabati dell’Immacolata Concezione della Divina<br />
Madre Maria Santissima. Sabato secondo. Esempi,<br />
Napoli 1744, pp. 101-103.).<br />
28 Calitri, Archivio della Confraternita dell’Immacolata<br />
Concezione, Reggistro …, cit., f. 65, riportato<br />
in G. Cioffari, La storia e la Regola …,<br />
cit., p. 31.<br />
29 Ivi, f. 30, in G. Cioffari, La storia e la Regola…,cit.,<br />
p. 27. L’altare, in legno di tiglio, è opera<br />
del siciliano Baldàssare Abate.
<strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong> N. <strong>22</strong> n.s. – Gennaio-Aprile 2003<br />
<strong>IL</strong> DOTTOR ALESSIO NICOLAIS<br />
pesse volte sfuggono alla nostra atten-<br />
Szione le lodevoli e magnifiche imprese<br />
di tanti figli di Calitri, che si resero benefattori<br />
dell’umanità, con profondi studi di<br />
scienza e che dettero lustro alla Terra natia..<br />
È proprio il caso del nostro concittadino<br />
dottor Alessio, Canio, Maria Nicolais<br />
nato a Calitri il 25 agosto 1877, da<br />
Giuseppe e da Mazzeo Mostiola, bresciano<br />
di adozione e medico della Provincia di<br />
Brescia, dove morì il 3 novembre 1929 a<br />
soli 52 anni di età.<br />
Giovane e promettente studente al liceo-ginnasio<br />
di Avellino, compì gli studi<br />
universitari presso l’Ateneo Pisano dove<br />
insegnava un altro illustre scienziato calitrano<br />
Angelo Maria Maffucci e dove si<br />
laureò in medicina e chirurgia. Risultò vincente<br />
nel concorso per 3 posti di segretario<br />
dell’Ufficio sanitario del Regno d’Italia<br />
fra uno stuolo di un centinaio di validissimi<br />
concorrenti.<br />
Assunto in servizio, dimostrò tale attitudine,<br />
acume, competenza nel disimpegno<br />
del suo ufficio che al Ministero fu notato<br />
come uno dei migliori funzionari; per<br />
cui quando il Governo decise la conquista<br />
della Libia egli sbarcò a Tripoli col generale<br />
Caneva per assumere la Direzione del<br />
servizio d’igiene e sanità; a Salerno durante<br />
l’imperversare dell’epidemia vaiolosa, a<br />
Verbicaro, in provincia di Cosenza, dove il<br />
LAUREA<br />
“Secondo Botto”<br />
In casa Landi-Toglia a Grottaminarda<br />
Con 110 e lode Maria Landi ha conseguito<br />
la Laurea in “Ingegneria Gestionale”<br />
presso l’Università Federico II di<br />
Napoli il 21.03.2003 discutendo brillantemente<br />
una tesi in Economia ed Organizzazione<br />
Aziendale, dal titolo: “Valutazione<br />
di business in nuovi settori I.C.T.: analisi<br />
di un caso aziendale” con i relatori chiarissimi<br />
prof.ri Guido Capaldo e Mario Raffa<br />
e correlatore l’ing. Claudio Balzamo.<br />
Rallegramenti e felicitazioni ai genitori<br />
Rocco e Lucia, ai fratelli Michele e<br />
Francesco e alle sorelle Elvira e Chiara.<br />
La secondogenita Maria ha “bissato” l’eploit<br />
di Elvira, per cui particolarmente<br />
commossi, partecipi e soddisfatti sono stati<br />
la nonna Maria Gaetanina Nicolais da<br />
Figlio illustre di Calitri<br />
colera mieteva a centinaia le sue vittime, in<br />
Sicilia, ovunque c’era da affrontare una<br />
emergenza il dottor Nicolais veniva mandato<br />
espressamente dal Ministero per porre<br />
in atto i rimedi suggeriti dalla scienza contro<br />
la tubercolosi, il colera, il tifo, il vaiolo.<br />
Per il terremoto del 1910 fu inviato a<br />
Calitri, dove tante e tali furono le prove<br />
di abnegazione e di solerzia che gli venne<br />
conferita la medaglia d’argento ai bene-<br />
Calitri e gli zii Maria e Giovanni Toglia<br />
con i cugini Michele e Carmen.<br />
Alla neo dottoressa auguri di ulteriori<br />
e prestigiose affermazioni e dalla grande<br />
famiglia dei lettori del giornale un sincero<br />
“ad maiora”.<br />
<br />
LAUREA<br />
Il giorno 20 febbraio 2003 presso<br />
l’Università<br />
Statale di Milano si è brillantemente<br />
laureata in<br />
Ingegneria la signorina<br />
Chiara CODELLA<br />
Alla neo laureata<br />
e ai genitori Paola e Donato<br />
gli auguri più sinceri e sentiti<br />
della Redazione.<br />
14<br />
meriti della salute pubblica. Il suo infaticabile<br />
operare nella città di Brescia, gli<br />
meritò la stima e l’affetto, senza riserve e<br />
senza veli, di tutta la cittadinanza che lo<br />
stimava, e giustamente, come un vero apostolo,<br />
un indefesso animatore che si prodigava<br />
senza riserve: il consorzio antitubercolare,<br />
l’Opera per la maternità e infanzia,<br />
le numerose Istituzioni ospitaliere e<br />
benefiche della Provincia, tutti i sanitari<br />
della vasta giurisdizione non ricorrevano<br />
mai invano a lui, che per ciascuno, sapeva<br />
essere maestro e consigliere prezioso; e il<br />
Governo che più volte l’aveva giustamente<br />
premiato ed incoraggiato, ne apprezzava<br />
i meriti di funzionario e, attraverso le sue<br />
pubblicazioni, quelli di scienziato.<br />
Negli ultimi tempi della sua pur breve<br />
vita terrena, fu chiamato a Roma, dove gli<br />
offrirono il posto eminente di Ispettore<br />
Generale di Sanità, che rifiutò con garbo,<br />
non volendo distaccarsi dalla nuova famiglia<br />
che si era formata a Brescia, sposando<br />
la signorina Maria Fattorini l’11 febbraio<br />
1926.<br />
È doveroso, da parte nostra, recuperare<br />
la memoria storica di tanti, come il dottor<br />
Nicolais, che con spirito di sacrificio e di<br />
abnegazione, offrirono la loro opera di<br />
scienza a noi, che ne riscopriamo il valore<br />
e l’additiamo ai giovani di oggi.<br />
S.A.R.<br />
Portici 21 gennaio 2003, tra l’affetto di conoscenti<br />
e parenti, i coniugi Vallario hanno<br />
festeggiato i 50 anni di matrimonio, con gli<br />
auguri dei figli Rosa col marito Lorenzo,<br />
Salvatore con la moglie Rosanna, Luca con<br />
la fidanzata Valeria e dalla prediletta nipote<br />
Raffaella col fidanzato Alessio. La Redazione<br />
del giornale porge sincere felicitazioni.<br />
L’amico fraterno Michele Marotta segretario<br />
dell’Istituto Pennese di Portici.
N. <strong>22</strong> n.s. – Gennaio-Aprile 2003 <strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong><br />
n una domenica piovosa dello scorso<br />
I dicembre mentre riordinavo un po’ di<br />
carte nel mio studio, mi è capitato tra le<br />
mani un vecchio album di fotografie.<br />
Nel mentre lo sfogliavo. innumerevoli<br />
sono stati i ricordi che tumultuosamente<br />
mi hanno assalito. Una foto in<br />
particolare mi ha colpito (che viene qui<br />
pubblicata) poichè presumo sia della<br />
metà degli anni trenta e ritrae un folto<br />
gruppo di persone che spero il direttore<br />
di questa rivista o i lettori aiuteranno ad<br />
individuare. Non so se sia una riunione<br />
di regime (siamo in piena epoca fascista),<br />
ma penso che, a distanza di sessant’anni<br />
circa dalla caduta del fascismo,<br />
si possa anche parlare di quell’epoca<br />
a Calitri attraverso alcuni episodi<br />
che mio padre Vincenzo Toglia,, mi raccontava<br />
con quel grande senso dell’umorismo<br />
che lo distingueva.<br />
Sicuramente nella foto dovrebbe esserci<br />
il Capitano “Chiappariello”, al secolo<br />
il Geom. Giovanni Lampariello così<br />
chiamato per la sua piccola statura, detto<br />
anche (da don Peppe Stanco) il mostro<br />
della rivoluzione (fascista, ovviamente)<br />
per la non particolare avvenenza.<br />
Probabilmente potrebbe trovarsi nel<br />
gruppo anche lo Stanco, detto Scollarossa,<br />
autore delle battute più corrosive<br />
di quel tempo (anche contro il regime),<br />
memore che l’arma del ridicolo spesso<br />
fa più male della spada. Penso che sia<br />
l’Avv. Stanco ad aver ammaestrato mio<br />
padre all’arte dello sfottò che gli procurò<br />
anche qualche problema.<br />
Non dovrebbe esserci invece Pasquale<br />
Antonio Capossela (Panch’tieggh’)<br />
perché antifascista, ma, malgrado<br />
ciò, soprannominato (da Stanco) la prima<br />
camicia nera d’Italia per la poca dimestichezza<br />
con il sapone (d’altronde<br />
in quei tempi erano pochi i possessori di<br />
un bagno in casa).<br />
Ebbene, l’episodio che spesso mi<br />
raccontava mio padre aveva, quale protagonista<br />
proprio Panch’tieggh’ che, in<br />
quanto dissidente, non veniva regolarmente<br />
invitato alle famose battute di<br />
caccia a Castiglione organizzate dall’allora<br />
Podestà (l’equivalente del Sindaco<br />
di oggi) don Ciccio Zampaglione.<br />
Ogni anno il Podestà organizzava<br />
nella sua tenuta (il bosco di Castiglio-<br />
LORENZO TOGLIA<br />
CHIAN’ FRAT’ CHE FAJ!<br />
ne) la caccia al cinghiale cui erano invitati<br />
i più alti gerarchi della Provincia<br />
e finanche l’industriale Giuseppe Alberti<br />
produttore del celeberrimo liquore<br />
Strega. Ovviamente erano numerosi, in<br />
qualità di ospiti, anche i Calitrani.<br />
Tutti venivano alloggiati in un casino<br />
appositamente attrezzato con letti a<br />
cuccetta.<br />
Chi non fosse al corrente, deve sapere<br />
che la caccia al cinghiale si svolge<br />
col metodo della battuta del terreno.<br />
I bracconieri, accompagnati dai cani,<br />
si inoltrano nel bosco battendolo<br />
con metodo e facendo il maggior rumore<br />
possibile, in modo che i cinghiali<br />
escano dai loro nascondigli e fuggano<br />
verso i sentieri in precedenza previsti<br />
dove, strategicamente appostati, i<br />
cacciatori possano prendere la mira e<br />
sparare.<br />
Anche quell’anno Panch’tieggh’,<br />
appassionato dell’arte venatoria, si appostò<br />
insieme a Romolo Beltrami (padre<br />
di Nazareno) in territorio demaniale<br />
e cioè nel letto asciutto dell’Ofanto,<br />
nella speranza che qualche porco selvaggio,<br />
uscito indenne dalla battuta, si<br />
indirizzasse verso il bosco di Monticchio<br />
separato da quello di Castiglione<br />
per l’appunto dal fiume.<br />
La coppia di provetti cacciatori si<br />
era posta a circa due-trecento metri di<br />
15<br />
distanza l’uno dall’altro, in modo da<br />
controllare la maggior parte possibile<br />
di territorio, quando, all’improvviso,<br />
due cinghiali, provenienti da Castiglione,<br />
saltarono dall’argine nel fiume.<br />
Il primo passò nei pressi di Beltrami,<br />
ma fu talmente lesto a guadagnare<br />
l’altra riva che la fucilata tempestivamente<br />
sparata da questi andò a vuoto.<br />
L’altro, nel salto, cadde malamente<br />
e rimase inginocchiato per qualche<br />
istante a pochi metri da Panch’tieggh’<br />
che, preso dall’emozione, non riuscì a<br />
puntare l’arma, né tantomeno a sparare.<br />
Il cinghiale, forse anch’esso sorpreso<br />
per l’inattesa grazia ricevuta, riprese la<br />
corsa verso Monticchio e si dileguò<br />
nella fitta vegetazione.<br />
Il Beltrami imprecò verso Panch’tieggh’<br />
– che ovviamente se ne stava<br />
mogio – per tutto il tempo del ritorno in<br />
paese e, com’era consuetudine, la cosa<br />
fu commentata nel bar di mio padre.<br />
Nessuno però seppe trovare una qualche<br />
spiegazione al comportamento di<br />
Panch’tieggh’ cui era peraltro unanimemente<br />
riconosciuta una consumata abilità<br />
di cacciatore.<br />
Fu come sempre l’Avv. Stanco a<br />
chiarire l’accaduto: il cinghiale, inginocchiato<br />
davanti a Panch’tieggh’ lo<br />
implorò: chian’ frat’ che faj e così fu<br />
graziato.<br />
Calitri anni ’30? Invitiamo i lettori a segnalarci il riconoscimento dei vari personaggi.
<strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong> N. <strong>22</strong> n.s. – Gennaio-Aprile 2003<br />
IN RICORDO DI<br />
VINCENZA GALLUCCI<br />
o scorso 17 gennaio 2003 è scomparsa<br />
L la signora Vincenza Gallucci. Non era<br />
una mia parente, né ho avuto con lei<br />
profonde relazioni di amicizia, eppure<br />
sento di doverla ricordare in modo particolare,<br />
per quello che ha fatto per la cultura<br />
e la storia di Calitri. E’ importante<br />
dire che Vincenza, nata nel 19<strong>22</strong>, era sorella<br />
di Michele Gallucci, un sacerdote<br />
calitrano colto e vivace, di dodici anni più<br />
anziano di lei. Egli era stato anche Parroco<br />
di Morra, prima di abbandonare l’abito<br />
talare per contrasti con i suoi superiori ed<br />
è facile comprendere come questo fatto<br />
abbia segnato la sua vita.<br />
In seguito, e per alcuni decenni, Vincenza<br />
e «Don Michele» vissero a Napoli,<br />
dove condussero un negozio di vasi di terracotta<br />
insieme ad un altro fratello, Vincenzo.<br />
Quando «Don Michele» morì improvvisamente,<br />
e ciò avvenne nel febbraio<br />
del 1980, a Vincenza venne a mancare<br />
l’appoggio morale a cui era ormai abituata<br />
e ne soffrì molto. Decise di ricordarlo e<br />
di farlo ricordare anche dagli altri, dedicando<br />
alla sua memoria impegno e danaro<br />
affinché avesse quel lustro che, secondo<br />
lei, gli era mancato in vita. S’incaricò innanzitutto<br />
di far stampare i lavori letterari<br />
che egli aveva prodotto, ma che non aveva<br />
voluto pubblicare, e istituì il Premio Città<br />
di Calitri «Michele Gallucci» per far apprezzare<br />
il valore delle opere storiche e<br />
letterarie dei ricercatori locali. Chi volesse<br />
conoscere «don Michele» dai suoi scritti,<br />
ora può trovarli presso la Biblioteca Comunale<br />
di Calitri.<br />
Il Premio «Gallucci» ebbe diverse edizioni,<br />
a cominciare dal 1988. Esse furono<br />
rese possibili grazie alla volontà e alla<br />
competenza di Raffaele Salvante il quale,<br />
con il Calitrano, diede ospitalità sia al<br />
bando annuo del Concorso sia ai suoi risultati.<br />
Egli si preoccupò, inoltre, di collegare<br />
il Premio al mondo universitario e<br />
divulgarlo presso tutti i possibili interessati<br />
fino ai cultori di dialetto.<br />
Dopo alcuni anni, però, la signora<br />
Vincenza dovette rinunciare a finanziare<br />
l’iniziativa perché fu obbligata ad occuparsi<br />
anche della salute del fratello Vincenzo,<br />
che era stato colpito da una dura<br />
infermità. Le Istituzioni locali non intesero<br />
continuare il lavoro da lei iniziato,<br />
forse perché avrebbero dovuto accollarsi<br />
un onere finanziario e organizzativo non<br />
indifferente. A causa di ciò, venne meno il<br />
puntale incontro per la premiazione dei<br />
vincitori, che si teneva ogni anno, in una<br />
delle giornate della Fiera Interregionale<br />
di Calitri. Un evento che aveva sempre la<br />
cornice di numerose personalità della cultura<br />
e della politica ed era allietato da un<br />
ricco buffet. Cessò, secondo me, il più<br />
importante appuntamento annuale di studiosi<br />
e di cultori di fatti locali che si tenesse<br />
in Alta Irpinia.<br />
Quando ho appreso della scomparsa<br />
della signora Vincenza, ho pensato che<br />
fosse mio dovere rivolgerle pubblicamente<br />
un ringraziamento. Infatti, io sono stato<br />
tra coloro che hanno concorso a quel Premio.<br />
Stimolato da questa interessante<br />
competizione, nell’arco di quattro anni ho<br />
portato a termine tre lavori sulla storia di<br />
Calitri che, probabilmente, non avrei mai<br />
scritto. In seguito ho avuto il piacere di<br />
verificare che essi vengono consultati<br />
presso la Biblioteca Comunale di Calitri,<br />
dove sono custoditi, e che almeno uno di<br />
questi lavori ha inciso, a sua volta, sul<br />
pensiero di ricercatori più giovani. Un risultato<br />
che non avrei immaginato, dal momento<br />
che si tratta di ricerche compiute<br />
fuori dal campo della mia professione.<br />
Scrivere con competenza sul proprio<br />
paese non è da tutti. Non basta essere<br />
semplicemente appassionati degli avvenimenti<br />
storici per saper scrivere di storia<br />
locale. Bisogna saper cercare e trovare i<br />
documenti e bisogna saperli studiare, attingendo<br />
a validi modelli storiografici. Ciò<br />
16<br />
lo si fa imparando dalle figure esemplari<br />
che ogni comunità ha. Il Premio «Gallucci»<br />
ha invogliato le persone a far pratica in<br />
questo campo e nel contempo ha valorizzato<br />
le esperienze già mature. Ora che<br />
questo incitamento non c’è più, non si sa<br />
se c’è ancora chi si preoccupa di esplorare<br />
gli archivi, di cercare documenti nelle case<br />
private e di illuminare con saggi e ricerche<br />
tempi ancora oscuri del passato del<br />
paese. I nomi che conosciamo sono quelli<br />
che in genere collaborano con il Calitrano<br />
o con Ofanto. Ad essi va il nostro<br />
ringraziamento per le notizie che ci danno,<br />
ma ancor di più perché tengono viva<br />
la fiaccola che dà luce all’identità nostrana.<br />
Si sa bene che negli ultimi tempi questa<br />
identità è in discussione. I legami affettivi<br />
tradizionali, parentali ed amicali,<br />
si sono allentati anche a Calitri, al punto<br />
che non è più ovvio che esista davvero<br />
una comunità calitrana. Dobbiamo sperare<br />
che le Istituzioni o le Associazioni del<br />
paese rafforzino il senso della comune appartenenza.<br />
Se ciò non accadrà, allora<br />
dobbiamo augurarci che sorgano spontaneamente<br />
singole persone, come la signora<br />
Vincenza, che amino Calitri e che dedichino<br />
tempo e risorse alla conservazione<br />
della sua cultura.<br />
Pietro Cerreta<br />
Calitri 07 novembre 2002, una stupenda foto<br />
con cinque generazioni, scattata nella ricorrenza<br />
del 93° compleanno della nonna Maria<br />
Giuseppa Di Maio (1910) la prima a sinistra,<br />
Filomena Tarcredi (1932) la figlia, Rosa Toglia<br />
(1956) la nipote, Rossana Caputo (1977) pronipote<br />
e il piccolo Angelo Cappelletti (2002)<br />
il tris nipote.A tutti un augurio di ogni bene<br />
da parte della Redazione del giornale.
N. <strong>22</strong> n.s. – Gennaio-Aprile 2003 <strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong><br />
Calitri 10 gennaio 1953, Maria Rosa Maffucci (nzacch’tegghia) nata<br />
23.11.1931e Alessandro Cesta (c’stariegghj’) nato il 19.02.1925 festeggiano<br />
il loro 50° anniversario di matrimonio, auguri vivissimi<br />
dai figli, dai nipoti, dai parenti e dalla Redazione del giornale.<br />
Calitri 04 febbraio 2002, festeggiamento delle nozze d’oro dei coniugi<br />
Mariantonia Codella e Marino Tornillo nella foto con i figli<br />
Donato (1952) a sinistra e Michele (1957) a destra, con i vivissimi<br />
auguri della Redazione del Giornale.<br />
NOZZE D’ORO<br />
17<br />
Calitri 28 gennaio 1953, 50° anniversario di matrimonio di Giuseppina<br />
Borea (figlia di Mannina a Carr’zzera) e di Giuseppe Capossela<br />
(C’ccon’). Sinceri auguri dalla Redazione.<br />
Calitri 13 ottobre 2002, il 50° di matrimonio dei signori Vincenza Lettieri<br />
(1928) e di Antonio Di Roma (1929) a sedere nella foto, in piedi da<br />
sinistra Davide Solazzi (1970), Gaetanina Di Roma di Antonio (1959),<br />
Danilo Vigorito (1987),Anastasia Karlashuk (1959) e Giovanni Di Roma<br />
di Antonio (1953, con gli auguri più sinceri della Redazione del giornale.
<strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong> N. <strong>22</strong> n.s. – Gennaio-Aprile 2003<br />
LA NOSTRA<br />
BIBLIOTECA<br />
C<strong>IL</strong>ENTO… una terra da camminare, una terra da raccontare<br />
di Andrea Perciato – Associazione di cultura, sport<br />
e ricreazione “Arci Postiglione” – Edizioni Arci Postiglione<br />
– Salerno 2002<br />
ndrea Perciato, 43 anni, giornalista e fotoreporter, esperto<br />
Adella progettazione di itinerari escursionistici e della promozione<br />
turistica mirata all’ambiente e alla natura appenninica<br />
nei territori del Sud Italia, vive ed opera a Salerno. Dal 1989 ha<br />
fondato il Centro Documentazione Trekking Campania, oggi<br />
OFFININAE ITINERIS – LABORATORIO del CAMMINA-<br />
RE, una importante realtà in campo escursionistico che da 13<br />
anni viene indicata tra i primi punti di riferimento in Campania<br />
per quanto riguarda la promozione dell’escursionismo naturalistico<br />
e ambientale.<br />
Scrive e collabora con molteplici testate giornalistiche e riviste,<br />
autore di numerose raccolte di itinerari, ha realizzato alcune tra<br />
le più interessanti guide di itinerari escursionistici presenti in<br />
Campania; ultimo frutto di questa ricca produzione è il presente<br />
volume, che con 50 itinerari escursionistici ci porta a riscoprire<br />
paesi e luoghi poco noti di questo meraviglioso angolo di<br />
terra italiana che è il Cilento considerato da Renan nel 1850<br />
“l’ultimo confine della civiltà verso il Sud”, che ci appare tanto<br />
simile, nel titolo, al celebre libro di Levi “Cristo si è fermato<br />
ad Eboli”.<br />
Il Cilento che conserva ancora immagini segrete e misteriose,<br />
pareti a strapiombo, scogliere rocciose e spiagge bianche, contro<br />
cui si infrangono, da secoli, le profumate onde di un mare<br />
incredibilmente azzurro, e che rappresentarono, migliaia di anni<br />
fa, la porta d’accesso verso le intricate e montagnose contrade<br />
dell’interno per l’antica via del Sale, la via del Grano e la<br />
via del Ferro. Luoghi di lavoro duro, paziente e molto spesso<br />
avaro, riparo dalle incursioni, ricovero per gli armenti, sicuro<br />
nascondiglio per i ladroni, ma nello stesso tempo richiamo per<br />
insediamenti di conventi e monasteri, sparsi fra le colline e le<br />
vallate, con i santuari rupestri e piccole chiese arrampicate su<br />
inaccessibili e tortuose creste montuose.<br />
Sono ancora vivi i “segni” di quell’isolamento ultrasecolare,<br />
che ha portato al consolidarsi di usi e costumi, che ancora oggi<br />
costituiscono un prezioso patrimonio di cultura popolare, ove il<br />
fondersi di emozioni e sensazioni, godibili attraverso le meraviglie<br />
di una natura a tutt’oggi inviolata, rende chiunque desidera<br />
avventurarsi per queste contrade, libero di muoversi, di<br />
camminare, di vedere, di toccare, di sentire, di godere e di sognare…<br />
LA VITA, <strong>IL</strong> TEATRO E LO SPETTACOLO A NOVOLI<br />
NEI SECOLI XIX-XXI di Alfredo Mangeli – Biblioteca<br />
Minima – Novoli 2002<br />
ibro veramente interessante che partendo dall’attuale stato fa-<br />
L tiscente e di assoluto abbandono dell’ultracentenario Teatro<br />
Comunale, sottolineandone l’importante ruolo culturale-educativo<br />
oltrechè ricreativo avuto nel passato, suffragato dalla<br />
notevole attività delle locali Filodrammatiche, non solo ne au-<br />
18<br />
spica e sostiene strenuamente un decoroso e sollecito restauro,<br />
ma delinea i tratti essenziali della storia, le condizioni economiche,<br />
l’aspetto, la vita di questo nobile paese in quella metà<br />
dell’800, quando venne costruito il Teatro.<br />
Superata la difficile e triste situazione del primo decennio postunitario<br />
per le gravi condizioni economiche in cui versava e per<br />
la gravissima calamità del colera, il paese si apprestava a diventare<br />
quella “industriosa cittadina dalle strade lunghe e dritte”<br />
con l’impianto, nel 1873, di una fabbrica per la estrazione<br />
dell’alcool dalle vinacce voluto da Giuseppe Capozza, regio<br />
subeconomo nella diocesi di Barletta e quando sempre nel<br />
1873 con la nuova amministrazione comunale, capeggiata da<br />
Pietro Longo, il paese conobbe una nuova era con la sistemazione<br />
di tutte le strade interne, la piantagione di tanti alberi, la<br />
nuova casa comunale, le nuove prigioni mandamentali e soprattutto<br />
con il Regolamento edilizio approvato dal Consiglio<br />
comunale nella seduta del 5 ottobre 1879, che fu l’espressione<br />
seria e decisa di dare un nuovo assetto urbanistico che fece di<br />
Novoli un paese avanzato, civile, moderno.<br />
Novoli era anche sede di pretura e capoluogo di mandamento<br />
elettorale, aveva la caserma dei carabinieri, l’ufficio telegrafico<br />
e postale, un’agenzia di pegni, un collettore del lotto, un albergo,<br />
una stazione termo-pluviometrica, quattro classi elementari<br />
maschili e tre femminili, una scuola privata elementare femminile<br />
diretta da Caterina Bianco, un circolo per l’elite, una Società<br />
operaia di mutuo soccorso e non poteva mancare una<br />
banda musicale; inoltre non mancavano diversi qualificati professionisti<br />
e un folto clero composto da ben 23 sacerdoti.<br />
Il 15 maggio 1881 il Consiglio comunale su proposta del consigliere<br />
Celestino Andrioli delibera la costruzione di un teatro<br />
da dedicare ad Oronzo Bernardini ingegnere progettista che<br />
per improvvisa morte non potè firmare il progetto stesso; ci<br />
vorranno ben dieci anni per i lavori con l’avvicendarsi di molti<br />
ingegneri e moltissime modifiche al progetto originario, per<br />
cui il nome ufficiale divenne Teatro Comunale<br />
Una analisi dettagliata della costituzione di varie filodrammatiche<br />
e dello spirito musicale quasi innato negli abitanti di Novoli<br />
prosegue per un bel numero di pagine che certamente non<br />
solo rappresentano la memoria storica, ma danno lustro e decoro<br />
a tutta la città, che questo libro degnamente ha saputo<br />
trarre da un oblio molto lungo e che non meritava.<br />
RACCOLTA UNICA DI “PENSIERI E POESIE “ dei libri<br />
pubblicati dal 1976 al 2000 di Lucia Tumino - Ed. Iblea<br />
Grafica – Ragusa 2000<br />
on è certamente cosa facile mettere insieme la produzione<br />
Nletteraria di un unico autore senza soffermarsi sulla formazione<br />
stessa del medesimo che attraverso i suoi scritti ci offre il<br />
metro e la progressione del suo lavoro che ha inizio con una<br />
raccolta di versi molto semplice, puramente sperimentale per<br />
chi non ha ancora nessun titolo di studio, ne tantomeno una<br />
preparazione ad hoc.<br />
È il caso della nostra poetessa N.D. Lucia Tumino dei marchesi<br />
Cannata che con la sua prima pubblicazione del 1976 “Primo<br />
Maggio” mostra la sua particolare semplicità e vorremmo dire<br />
inesperienza, oltre la quale, però, si avverte una tenuta, una<br />
dimensione costantemente vigile e forte unitamente ad un indirizzo<br />
di melanconica rappresentazione della sua memoria<br />
storica.<br />
La seconda raccolta di versi del giugno 1978 “Monserrato”,che<br />
l’autrice ha voluto dedicare alla splendida ed aristocratica collina<br />
iblea, parla non soltanto di ricordi giovanili ma più ancora<br />
della storia di un grande amore, con un serio e genuino lavoro
N. <strong>22</strong> n.s. – Gennaio-Aprile 2003 <strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong><br />
maturato nella solitudine e nel dolore, che benchè “posseduta<br />
dal fastidio di vivere” sa raccontare le sue storie penose con<br />
quella schiettezza che può venire soltanto da un cuore martoriato.<br />
La terza silloge dell’ottobre del 1978 “Note e Pianti” pur in una<br />
forma più aggraziata e studiata segna una ulteriore tappa di<br />
sofferto tormento interiore che non riesce a capacitarsi della sua<br />
condizione di prigioniera degli “altri, l’aridità dei quali mi<br />
sommerse”e del dolore che come un “ferro rovente” le strugge<br />
il cuore.<br />
L’ultima raccolta di questo interessante volume si intitola “Il libro<br />
della vita” dove l’autrice, sempre afflitta da una pessimistica<br />
visione della vita ripensa alla sua giovinezza che scopre<br />
già trascorsa e smemorata prima di averne coscienza: “trasparenza<br />
di gioie, mai avute, affogate nel pianto!”.<br />
UN UOMO UNA VITA di Lorenzo Franchi – Prefazione di<br />
Paolo Ruffilli - Edizioni Del Leone – Venezia 2002<br />
l modo schietto e sereno che ha Lorenzo Franchi di guardare<br />
Ile cose e giudicarle appare qui maturato da una lunga esperienza,<br />
prima umana e poi formale. I modi dello stile, il linguaggio<br />
piano e familiare, la sintassi scarna e parlata, rispecchiano<br />
una semplicità di approdo e una generosa purezza d’animo,<br />
e insieme il consapevole proposito di una letteratura dell’autentico<br />
vissuto.<br />
Pur mirando alla sostanza della sua ricerca, l’autore dimostra<br />
una vena, una disposizione a descrivere, un gusto di narratore<br />
capace di rappresentare con vivacità e con piglio rapido figure,<br />
ambienti, paesaggi, scene di vita quotidiana sullo sfondo della<br />
Certaldo, 27.04.2002 Elisabetta e Francesco sposi;<br />
un anno è passato dal giorno del tuo matrimonio,<br />
carissima bambina nostra, e nei nostri cuori c’è<br />
ancora una ridda di sentimenti contrastanti: gioia,<br />
malinconia, speranza, a volte c’è un senso di vera<br />
solitudine. Sì, perché noi siamo contenti con te,<br />
condividiamo la tua felicità, ma, nello stesso tempo,<br />
siamo malinconici, perché sei andata via da questa<br />
casa, dove, ovunque esplodeva la tua vivace voglia<br />
di vivere! Ora babbo ed io, viviamo di ricordi.<br />
Auguri tesoro, per il tuo primo anniversario di<br />
nozze. Ripetiamo insieme le parole di S. Matteo<br />
XIX, 6 “quod Deus coniunxit, homo non separet” e<br />
preghiamo il Signore che renda sempre più saldo il<br />
vostro matrimonio, e continui ad illuminare i toui<br />
occhi di quella luce splendida, che è l’insieme dell’amore,<br />
della fede e della speranza.<br />
Mamma Grazia e babbo Saverio<br />
19<br />
Storia di questi anni, del nostro paese e non solo di quello. Un<br />
uomo una vita, con i suoi ricordi, testimonianze, confessioni,<br />
annotazioni, diaristiche, organizzati con sincerità, precisione,<br />
concisione, ricostruisce la memoria personale come una scena<br />
storica, gli avvenimenti individuali come episodi di una “favola”<br />
esemplare, i sentimenti delle persone che si incrociano con<br />
l’io protagonista come modelli di psicologia e gli imprevisti<br />
della vita quotidiana come meccanismi romanzeschi. In un romanzo,<br />
appunto, dal narrare oggettivo ed espressivo, senza divagazioni<br />
moralistiche o enfasi didascaliche, proprio per questo,<br />
di autentica valenza etica. Il romanzo di una Vita.<br />
(dalla prefazione di Paolo Ruffilli)<br />
IN MEMORIA DI NICOLA DI NAPOLI E GENEROSA<br />
RICCIARDI di Vincenzo Di Napoli – Litografia “Azzurra”<br />
dei f.lli Nigro - Ponteromito 2002<br />
i sono tanti modi per ringraziare dei beni ricevuti o per<br />
Conorare la memoria di persone care verso le quali si è in debito<br />
di profonda e sentita riconoscenza, Vincenzo Di Napoli ha<br />
scelto di scrivere uno snello libretto per offrire una vera e propria<br />
“gratiarum actio” per gli zii Nicola e Generosa ed enumerandone<br />
le benemerenze, esaltandone la magnanimità, la<br />
generosità e la nobiltà d’animo, in un certo qual modo, li consegna<br />
alla storia locale, alla storia particolare del suo loco natio.<br />
Un modo semplice per dire grazie.<br />
È sinceramente ammirevole e condivisibile questa iniziativa<br />
editoriale, proprio in questa società che sta perdendo, purtroppo,<br />
quei valori essenziali che furono alla base dell’educazione<br />
umana di intere generazioni.<br />
ISTITUTO SUPERIORE<br />
DI RICERCA E FORMAZIONE<br />
SOCIO-POLITICA<br />
“G. LAZZATI”<br />
Nel corso di una conferenza stampa tenuta il giorno 8 marzo<br />
2003 presso l’Episcopio di Sant’Angelo dei Lombardi, il presule<br />
padre Salvatore Nunnari ha comunicato di aver nominato il<br />
prof. Pietro Cerreta di Calitri Direttore dell’Istituto Superiore<br />
di Ricerca e di Formazione Socio-Politica “G. Luzzati” e che la<br />
sede dell’Istituto sarà Lioni. Il programma di quest’anno si svolgerà<br />
in tre moduli, secondo una ripartizione suggerita dal prof.<br />
Pietro Schiavone di Montella, docente presso l’Università di<br />
Salerno.<br />
Nel pomeriggio dell’11 aprile a Lioni si terrà l’apertura ufficiale<br />
della Scuola e verranno spiegate le modalità di iscrizione,<br />
che comunque sarà gratuita. Sinceri e sentiti auguri all’amico<br />
prof. Pietro Cerreta per il compito di grande responsabilità che<br />
gli è stato assegnato, sicuri che la Scuola avrà un validissimo timoniere.
<strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong> N. <strong>22</strong> n.s. – Gennaio-Aprile 2003<br />
DIALETTO E CULTURA POPOLARE<br />
PER LA MIETITURA DEI CEREALI<br />
Fauc’, cannegghj’ e scarfugghj’<br />
Nei tempi passati l’attento contadino,<br />
prima dell’inizio della mietitura, preparava la<br />
semplice e povera attrezzatura che, il più<br />
delle volte, allestiva con le proprie mani.<br />
«Uandiera e vrazzal’» (grembiule e bracciali)<br />
erano rimediati con pelle leggera di<br />
agnello o di pecora, legati al corpo ed alle<br />
braccia da correggioli. Quando non era possibile<br />
fornirsi di pelle ovina, venivano usati<br />
tela pesante e cordicelle di canapa. «A’<br />
fauc’» = la falce messoria era scelta ed acquistata<br />
presso il fabbro; doveva essere leggera,<br />
di buona fattura e di acciaio temperato.<br />
Veniva affilata “segata” dal fabbro con paziente<br />
impiego di un piccolo scalpello «tagliatur’»<br />
e martello per ravvivare i piccoli e<br />
stretti denti perché tagliassero più facilmente<br />
i duri culmi dei cereali. La “segatura” della<br />
falce era opera attenta e certosina del fabbro<br />
che faceva scorrere la falce opportunamente<br />
stretta da due anelli sopra ad un pezzo<br />
di marmo, affinché il piccolo scalpello, battuto<br />
obliquamente, potesse incidere parte<br />
della lama e parte del marmo, effettuando<br />
così piccoli ed acuminati denti.<br />
Da tale operazione viene fuori l’espressione<br />
di «sega fauc’» detta di persona scaltra<br />
e maligna. Il mietitore, affondando la<br />
mano sinistra nella messe, stringeva un<br />
mannello di cereali che tagliava con la falce<br />
impugnata con la destra; egli, però, non vedendo<br />
distintamente l’estremità della mano<br />
sinistra e la falce, che ambedue entravano<br />
Per la mietitura dei cereali “Fauc’, cannegghj e scarfugghj”?<br />
A CURA DI MICHELE CERRETA<br />
nel folto della messe,<br />
metteva a rischio<br />
di ferite le dita durante<br />
il taglio. Per<br />
proteggere le dita e<br />
parte del dorso della<br />
mano si faceva uso<br />
delle «cannegghj’»:<br />
corti pezzi di canna<br />
cavi, tagliati longitudinalmente<br />
per circa<br />
metà della lunghezza;<br />
il dito indice veniva<br />
protetto con lo<br />
«scarfugghj»: un<br />
cappuccio di pelle<br />
con cinturino intorno<br />
al polso, affinché<br />
più facile fosse la<br />
presa del dito che stringeva il mannello.<br />
Le mani e le braccia erano soggette a<br />
continuo logorio non solo per la fatica estiva,<br />
ma anche per il peso e la ruvidità dei<br />
culmi, delle spighe e delle ariste che, rompendosi,<br />
entravano nella pelle.<br />
Staderina o bilancia a molla<br />
Strumento per pesare, basato sul principio<br />
fisico del dinamometro. Esso è costituito<br />
da una molla ad arco di acciaio temperato,<br />
da un settore di bronzo, opportunamente graduato<br />
e da un indice messo in movimento<br />
dalle estremità dei due bracci. Su di essi sono<br />
montati due anelli e due uncini, rispettivamente<br />
per la presa e la sospensione degli<br />
oggetti da pesare.<br />
Con l’anello e l’uncino,<br />
montati quasi<br />
alle estremità dei<br />
bracci, si può pesare<br />
fino a 25 kg.; con<br />
l’anello e l’uncino,<br />
montati sui due dorsi<br />
dei bracci, si può pesare<br />
fino a 150 kg.<br />
La vecchia staderina<br />
a molla veniva<br />
costruita dai fabbri<br />
molto bravi per<br />
maestria, precisione<br />
e tecnica, che a Calitri<br />
non mancavano.<br />
La flesso-trazione<br />
dei due bracci, per<br />
20<br />
Staderina o bilancia a molla.<br />
essere così regolare, si otteneva da una molla<br />
di acciaio, sottoposta ad una tempera molto<br />
accurata. In un passato non recente trovava<br />
un uso non solo domestico, ma, soprattutto<br />
nei negozi di derrate, nelle masserie e<br />
nel commercio in genere, per la facilità del<br />
suo trasporto, date le sue dimensioni molto<br />
contenute, e per la sua maneggevolezza.<br />
Calitri 1960, famiglia Gautieri (quagliariegghj’)<br />
da sinistra in piedi: Giuseppe (1946), il capofamiglia<br />
Vincenzo (07.11.1915 † 02.07.2002),<br />
Vito (1943), in prima fila Donato (1954),Anna<br />
Bruniello (1921) con in braccio Luciano<br />
(1960), Marianna (1948) e Silvana (1957) sulle<br />
ginocchia della sorella.
N. <strong>22</strong> n.s. – Gennaio-Aprile 2003 <strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong><br />
DA CALITRI<br />
SOLIDARIETÀ COL GIORNALE<br />
Euro 5: Covino Teresa – Fasulo Vito – Caruso Luigi – Siconolfi Anna<br />
Euro 7: Cialeo Canio Vincenzo<br />
Euro 8: Cesta Maria Irene – Pastore Maria Rosa<br />
Euro 10: Stingone Antonio – Gallo Mario – Di Milia Rosa Maria –<br />
Rabasca Antonio Mario – Della Valva Letizia M.– Nannariello<br />
Migliorina – Cerreta Mariannina – Lo Priore Antonio – Maffucci<br />
Angelomaria via Concezione 145 – Cestone Raffaele – Margotta<br />
Angela – Maffucci Michele Fontana della Noce – Di Roma Antonio –<br />
Capossela Mario – Quaranta Vincenzo – Del Cogliano Luciano –<br />
Santoro Giuseppina – Di Maio Giovanni Via Sotto Concezione –<br />
Cialeo Francesco – Fasulo Sergio – Cianci Francesco Contrada<br />
Sambuco 7 – Rainone Michelantonio – Zarrilli Antonietta – Maffucci<br />
Canio via F. Tedesco – Del Cogliano Antonia – Fierravanti Pietro – Di<br />
Milia Salvatore – Di Cecca Berardino – Di Cecca Maria<br />
Euro 12: Maffucci Di Maio Benedetta<br />
Euro 15: Caruso Michelina – Cicoira Romualdo – Basile Francesco<br />
Vincenzo – Martiniello Canio – Scilimpaglia Pasqualino – Cardinale<br />
Raffaele – Cerreta Angelomaria – Galgano Bernardino – Cialeo<br />
Vincenzo – Zarrilli Donato – Maffucci Berardino e Carmina<br />
Euro 20: Melaccio Giovanni – Zarrilli Maria Concetta – Cialeo<br />
Canio – Metallo Fiorina – Di Napoli Antonietta corso Garibaldi 170<br />
Euro 25: Acocella Vito e Lucia<br />
Euro 30: Cicoira Osvaldo<br />
Euro 50: Paolantonio Francesco – Nicolais Salvatore via<br />
Circonvallazione 140 – Di Napoli Giulio<br />
DA VARIE LOCALITÀ ITALIANE<br />
Euro 5: D’Onofrio Giuseppe (Castellammare di Stabia) – Cestone<br />
Canio (Monza) – Caputo Rossana (Ribano Riccione) – Briuolo Luigi<br />
(Alessandria)<br />
Euro 6: Zabatta Pasquale (Lentate S.S.) – Cerreta Giuseppe<br />
(Cambiano)<br />
Euro 7: Romano Sabato (Bellizzi) – Cecere Marco (Firenze) – Zarrilli<br />
Pasqualina (Giussano)<br />
Euro 7,75: De Nicola Rosa (Avellino)<br />
Euro 8: Cerreta Michele (Carrara) – Gautieri Canio (Mariano C.se)<br />
– Cerreta Rosa Maria (Nova M.se) –<br />
Euro 10: Vallario Antonio (Portici) – Famiglie Corcione/Rabasca<br />
(Caserta) – Pipino Damiano (Contursi Terme) – Proverbio Pietro<br />
Pasquale (Salerno) – Grippo Francesco (Morra De Sanctis) –<br />
Cantarella Maria (Genova) – Di Carlo Attilio (Cordenons) – De Rosa<br />
Canio (Lavello) – Di Napoli Giuseppe (Brescia) – Di Cairano Antonio<br />
(Guidonia) – Di Napoli Lucia (Pioltello) – Zarrilli Maria (Tricesimo) –<br />
Cerreta Ciro (Avellino) – Stanco Salvatore (Lecco) – Stanco Franco<br />
(Malgrate) – Santoro Lucia (Reggio Emilia) – Codella Berardino<br />
(Roma) – Caprio Donato (Quarto) – Mollica Antonio (Novara) –<br />
Gautieri Vito (Granarolo dell’Emilia) – Lo Vecchio Paolo (Brindisi) –<br />
Marra Sigismondo (Milano) – Battaglia Domenico (Firenze) – Don<br />
Pasquale Di Fronzo (Mirabella Eclano) – Cestone Giuseppe<br />
(Poggibonsi) – Sagliocco Antonio (Nichelino) – Galgano Olindo<br />
(Pordenone) – Mastronicola Domenico (Frosinone) – Sauda Roberto<br />
(Roma) – Alfieri Liliana ved. Frucci (Napoli) – Zabatta Francesco<br />
Gaetano (Ostia Lido) – D’Ettorre Angelo Raffaele (Carife) – Cestone<br />
Vincenzo (Bergamo) – Cianci Michele (Brioso) – Cestone Canio e<br />
Giuseppina (Treviglio) – De Felice Michele (Avellino) – Scoca Donato<br />
(Anzio) – Palermo Antonio (Arosio) – Pastore Umberto (Verona) –<br />
Zarrilli Luigi (Poggibonsi) – Zarrilli Antonio (Poggibonsi) – Lombardi<br />
Beniamino (Ordona) – Acocella Vitantonio (Lentate S.S.) – Metallo<br />
Vincenzo (S. Giovanni V.no) – Di Napoli Rosanna (Bollate) – Scoca<br />
Giuseppe (Roma) – Bardo Giuseppe (Bergamasco) – Ruggiero Giulia<br />
(Napoli)<br />
Euro 10,33: Malanca Canio (Lentate S.S. Copreno)<br />
Euro 12: Polestra Pasqualino (Milano)<br />
Euro 13: Paoletta Erminio (Portici)<br />
21<br />
Euro 14: Marino Angela in Di Milia (Nova M.se)<br />
Euro 15: Melaccio Mario (Aquilonia) – Borea Michele (Scandiano)<br />
– Frasca Rosetta (Roma) – De Matteo Di Maio Ersilia (Roma) – Di<br />
Napoli Antonio (Rho) – Cerreta Margherita (Milano) – Donatiello<br />
Giovanni (Usmate Velate) – Di Cairano Teresa (Torino) – Rabasca<br />
Italo (Avellino) – Cerreta Mario (Avellino) – Gautieri Vito (Moncalieri)<br />
– Leone Michele (Sologno di Caltignaga) – Zarrilli Michele (Roma) –<br />
Araneo Vincenza (Mariano C.se) – Zabatta Salvatore (Milano) –<br />
Maffucci Vincenzo (Bregnano) – Cristiani Salvatore (Poggibonsi) –<br />
Nicolais Maria (Latina) – Zarrilli Canio (Roma) – Rubino Canio<br />
(Brioso) – Di Napoli Mario (Bollate) – Armiento Giuseppina<br />
(Castellabate) – Galgano Amedeo (Melfi) – Fastiggi Luciana<br />
(Pomezia) – Tornillo Vito (Monte S. Pietro) – Luiso Vito (Mariano C.se)<br />
– Cerreta Orazio (Caselle) – Capossela Michelina in Maffucci<br />
(Scandiano)<br />
Euro 15,50: Buldo Cesare Giovanni (Varese) – Cianci Salvatore<br />
(Candela) – N.N. (Pinerolo)<br />
Euro 18: Scoca Antonio (Trento)<br />
Euro 20: Del Cogliano Antonio (Salerno) – Fastiggi Michele<br />
(Salerno) – Mons. Di Milia Michele (Senerchia) – Cerreta Francesca<br />
(Rignano) – Don Lorenzo Sena (Fabriano) – Acocella Nicola (Limidi di<br />
Soliera) – Della Badia Angelo (Napoli) – Toglia Lidia (Roma) – Cubelli<br />
Padre Francesco (Pistoia) – Miano Mario (Napoli) – Metallo Maria<br />
(Scandiano) – Metallo Vincenza (Roma) – Margotta Canio (Meda) –<br />
Acocella Filippo (Cugliate Fabiasco) – Di Giuseppe Egidio (Foggia) –<br />
Gautieri Giuseppe (Moncalieri) –Nicolais Luigi (Como) – Errico<br />
Salvatore (Cargo) – Di Carlo Alfredo (Avellino) – De Vito Antonietta<br />
(Roma) – Cubelli Lucia (Bologna) – Di Napoli Vincenzo (Bollate) –<br />
Melaccio Mario (Avellino) – Margotta Giovanni (Poggibonsi) – Buldo<br />
Antonia (Varallo Pombia) – Cioffari Drago Anna (Genova) – Zarrilli<br />
Vittorio Vito (Pianopoli) – Di Milia Antonietta (Milano) – Scoca<br />
Michele (Mariano C.se) – Del Vecchio Modesto (Torrecuso)<br />
Euro 21: De Nicola Vincenzo (Pavia)<br />
Euro 24: Cerreta Canio (Valmadrera)<br />
Euro 25: Tuozzolo Giovannino (Roma) – Spatola Saverio (Brescia) –<br />
Abate Michele (Roma) – Giuliano Angela (Casalgrande) –<br />
Lampariello Franchino (Garbagnate M.se) – Galgano Antonio<br />
(Novara) – Di Napoli Attilio (Torino) – Galgano Vincenzo (Melfi) –<br />
Mantella Salvatore (Torino) – Maffucci Mario (Casale Monferrato) –<br />
Zarrilli Canio via Cardinal Mistrangelo (Roma) – Cianci Michelina<br />
(Pisa)<br />
Euro 25.82 Di Maio Gaetano (Trento)<br />
Euro 26: Chirico Ettore ed Angela (Teora) – Losasso Rocco (Avellino)<br />
– Codella Gerardo (Cellatica) – Di Cairano Giuseppe (Milano)<br />
Euro 30: Sacchitella Caterina (Siena) – Caputo Canio (Carosino) –<br />
Di Napoli Antonio (Galatina) – Polestra Vincenzo (Bolzano) – Toglia<br />
Lorenzo (Ariccia) – Acocella Giovanni (Avellino) – Gervasi Francesco<br />
(S. Mauro T.se) – Zarrilli Canio (via Gaslini, 35–Roma) – Metallo<br />
Teresa (Roma) – Cerreta Donato (Teramo) – Di Napoli Francesco<br />
(Biella)<br />
Euro 50: Zabatta Michele (S. Giorgio a Cremano) – Cestone<br />
Vincenzina (Melfi) – Zarrilli Canio (Parma) – Galgano Anna (Milano)<br />
– Di Cairano Vincenzo (Francavilla a Mare) – Leone Angelo Mario<br />
(Bari) – Di Cairano Giovanni (Siena) – Salvante Maria Teresa (Roma)<br />
– Cerreta Enzo (S. Lazzaro di Savena) – Della Valva Francesco<br />
(Bollate) – Tuozzolo Donato (Roma)<br />
Euro 55: Montagnani Roberto (Bagno a Ripoli)<br />
Euro 100: Polestra Vincenzo (Milano)<br />
DALL’ESTERO<br />
BELGIO: Euro 50 Simone Michele – Euro 5 Maffucci Giovanni<br />
FRANCIA: Euro 50 Cianci Rosetta – Cianci Michele<br />
CANADA: Euro 20 Margotta Vincenzo<br />
U.S.A.: $ 100 Di Cairano Giuseppe – $ 60 Di Napoli Antonio –<br />
$ 50 Abate Vitale – Euro 30 Cerreta Giovanni<br />
URUGUAY: Euro 20 Lampariello Vito
<strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong> N. <strong>22</strong> n.s. – Gennaio-Aprile 2003<br />
MOVIMENTO DEMOGRAFICO<br />
Rubrica a cura di Anna Rosania<br />
I dati, relativi al periodo dal 23 ottobre 2002 al 21 febbraio 2003,<br />
sono stati rilevati presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Calitri.<br />
NATI<br />
Gervasi Giuseppe di Emilio e di Di Cosmo Maria 16.10.2002<br />
Cetta Marta Pia di Gianluca e Mazzeo Marianella 04.11.2002<br />
Sgobbo Antonio di Sergio e di Maffucci Angelina 04.11.2002<br />
Cestone Andrea di Canio e di Frino Maria Pompea 17.11.2002<br />
Margotta Mario di Pietro e di Tozzi Antonietta 20.11.2002<br />
Zarrilli Annalucia di Canio e di Scotece Carmela 01.12.2002<br />
Maffucci Matteo di Franco Mario e di Fierravanti Maria 01.12.2002<br />
Maffucci Giada di Mario e di Cubelli Silvana <strong>22</strong>.12.2002<br />
Zarrilli Stefano di Crescenzo e di Donatiello Gerarda 23.12.2002<br />
Marino Francesco di Gianfranco e di Frino Rosanna 04.01.2003<br />
Bavosa Martina di Antonio e di Buscami Marina Agnese 04.01.2003<br />
Racioppi Mattia Pascal di Nunzio e di Acocella Assunta 16.01.2003<br />
Rossi Michele di Agostino e di Di Maio Linda 08.02.2003<br />
Zarrilli Maria Chiara di Luigi Franco e di Di Guglielmo Angela 18.02.2003<br />
Natale Lorenza Rosa Pia di Gerardo e di Marzullo Annunziata 19.02.2003<br />
Xhango Evelin di Lirin e di Xhango Etleva 21.02.2003<br />
MATRIMONI<br />
Russoniello Gerardo e Pali Anna Rita 04.01.2002<br />
Russo Donato e Fastiggi Marilù 28.12.2002<br />
MORTI<br />
Cestone Giacinta 18.07.1926 - † 12.07.2002<br />
Nicolais Rocco 08.03.1926 - † 08.08.2002<br />
Cestone Canio 19.06.1913 - † 26.10.2002<br />
Cianci Vito 11.01.1907 - † 31.10.2002<br />
Caruso Maria Antonia 16.06.1930 - † 01.11.2002<br />
Cirminiello Maria Antonia 15.05.1929 - † 01.11.2002<br />
Acocella Antonio 28.06.1928 - † 09.11.2002<br />
Cestone Giuseppe 01.01.1935 - † 16.11.2002<br />
Gallucci Maria Rosa 02.01.1915 - † 21.11.2002<br />
Cestone Bartolomeo 20.12.1937 - † 25.11.2002<br />
Galgano Berardino 13.05.19<strong>22</strong> - † 06.12.2002<br />
Di Maio Angela <strong>22</strong>.10.1915 - † <strong>22</strong>.12.2002<br />
Tornillo Vincenzo 19.04.1914 - † <strong>22</strong>.12.2002<br />
Codella Maria Antonia 09.03.1912 - † 03.01.2003<br />
Di Cairano Michele 05.01.1926 - † 03.01.2003<br />
Zarrilli Antonio <strong>22</strong>.02.1906 - † 08.01.2003<br />
Donatiello Mario 17.11.1934 - † 12.01.2003<br />
Lantella Concetta 17.11.1908 - † 06.02.2003<br />
Pinto Giovanna 28.07.1926 - † 06.02.2003<br />
Di Milia Incoronata 24.08.1910 - † 09.02.2003<br />
Fierravanti Pietro 09.02.1938 - † 19.02.2003<br />
AUGURI<br />
Un augurio particolare per i<br />
tuoi ottant’anni che compirai il 12<br />
maggio 2003 da tua moglie Antonietta,<br />
dai figli Nicolina, Michele,<br />
Maria, Vito, Lidia, dai generi, dalle<br />
nuore, dai nipoti tutti e dalla Redazione<br />
del giornale.<br />
Luigi Caruso<br />
<strong>22</strong><br />
Remigio Schiavo<br />
Contursi Terme Salerno<br />
20.01.1936 † 08.01.2003<br />
Dopo aver ricordato tanti personaggi,<br />
purtroppo, ci tocca ricordare anche<br />
l’immatura scomparsa di Remigio<br />
Schiavo cui oltre ai legami di parentela<br />
ci univa una reciproca stima ed ammirazione,<br />
suffragata da una sintonia tutta<br />
particolare, che nasceva dal nostro modo<br />
affine ed eccezionale di vivere le comuni<br />
radici di fede e di cultura.<br />
Un rapporto che ci è cementato in<br />
anni di stretta frequentazione che lo hanno<br />
sempre visto esempio di sposo felice<br />
e padre responsabile, che sapeva diventare<br />
insegnamento, delicata attenzione<br />
alle grandi e piccole cose, fiduciosa ed<br />
insieme distaccata saggezza mai arrogante,<br />
serenità mai turbata dalle private<br />
e pubbliche delusioni.<br />
Presidente dell’Azione Cattolica di<br />
Contursi, educatore impegnato che esercitò<br />
sempre diligentemente tutti gli anni<br />
della sua operosa vita ad insegnare a<br />
giovani non propriamente fortunati e<br />
con seri problemi di varia natura, ma anche<br />
questi furono per lui anni di feconda<br />
e positiva esperienza che arricchì il suo<br />
già ricco patrimonio di conoscenze.<br />
Uomo alieno quant’altri mai dall’enfasi<br />
retorica, ma di grande esperienza<br />
maturata anche in due/tre anni di<br />
emigrazione in Svizzera, ricco di<br />
profonda umanità con molteplici interessi<br />
di studio e di ricerca che gli permisero<br />
di salvare dall’incuria certa del tempo,<br />
alcuni interessanti scritti che nel<br />
1986 pubblicò in uno snello volume sul<br />
medico contursano Nicola Pisani, morto<br />
alla giovanissima età di 26 anni, fondatore<br />
del Circolo Mazziniano di Contursi<br />
e corrispondente di Giovanni Bovio e<br />
Felice Cavallotti.<br />
Riscuoteva profonda stima e ammirazione<br />
per le sue doti intellettuali ed<br />
umane sia a Salerno che a Contursi come<br />
a Calitri dove era molto conosciuto e<br />
rispettato; ha lasciato in noi tutti parenti,<br />
amici e conoscenti un profondo dolore,<br />
pieno – però – di speranza nel Signore.
N. <strong>22</strong> n.s. – Gennaio-Aprile 2003 <strong>IL</strong> <strong>CALITRANO</strong><br />
REQUIESCANT IN PACE<br />
Salvatore Caruso<br />
13.01.1920 † 25.01.2002<br />
I suoi cari ne serbano<br />
nel cuore la memoria<br />
e il dolore.<br />
Giovanna Galgano<br />
31.03.1929 † 26.03.2001<br />
Il tuo ricordo è il<br />
conforto del nostro<br />
dolore.<br />
Le figlie Rosetta e<br />
Angela, i generi, i nipoti<br />
dalla Francia, unitamente<br />
agli amici e parenti del<br />
paese natio.<br />
Maria Teresa Rainone<br />
in Metallo<br />
25.04 1875 † 14.04.1970<br />
Da lontano continua a<br />
starci vicino, perché le<br />
anime dei giusti sono<br />
nelle mani di Dio.<br />
Angelo Benedetto<br />
Cestone<br />
24.06.1925 † 28.07.2002<br />
Il Signore esalta<br />
chi gli è fedele<br />
(Salmo 4)<br />
Vincenzo Metallo<br />
17.02.1875 † 31.01.1960<br />
Sei scomparso dalla vita,<br />
ma non dai nostri cuori.<br />
Attilio Borea<br />
Calitri Pescopagano<br />
10.11.1926 † 26.02.1986<br />
L’amore dura in eterno e<br />
tiene avvinti i nostri<br />
cuori, fino a quando ci<br />
incontreremo lassù.<br />
Michele Zarrilli<br />
30.05.1928 † 04.01.2002<br />
Ci ha semplicemente<br />
preceduto nella casa<br />
del padre e ci protegge<br />
dal cielo.<br />
Cesare Buldo<br />
25.08.1941 † 09.01.2002<br />
La moglie, le figlie, i<br />
generi e chi l’ha<br />
conosciuto lo ricordano.<br />
Canio Zabatta<br />
16.10.1898 † <strong>22</strong>.04.1982<br />
La certezza che riposi fra<br />
i giusti è la nostra unica<br />
consolazione. I figli e i<br />
parenti tutti.<br />
23<br />
Pasquale Scoca<br />
02.01.1921 † 01.09.2002<br />
Giusto è il Signore,<br />
e ama la giustizia,<br />
e i giusti vedranno<br />
il suo volto.<br />
(Salmo 11)<br />
Francesco Gautieri<br />
24.06.1915 † 16.01.1959<br />
Lo ricordano,con amore,<br />
la moglie, la figlia e i<br />
parenti tutti.<br />
Mons. Giuseppe<br />
Antonio Rossi<br />
Trevico Roma<br />
10.12.1911 † 04.03.1994<br />
Profumo che non andrà<br />
mai perduto sono le<br />
preghiere dei santi nel<br />
cielo e delle anime giuste<br />
in terra.<br />
Flavia Lettieri<br />
19.03.1924 † 02.03.2002<br />
I familiari tutti la<br />
ricordano con l’amore<br />
di sempre.<br />
Riposa nella serenità<br />
dei giusti.<br />
Vincenza Di Maio<br />
01.04.1933 † 14.12.2001<br />
Ad un anno dalla sua<br />
scomparsa, con<br />
immutato affetto la<br />
ricordano il marito, la<br />
figlia e i parenti tutti.<br />
Nicola Fasulo<br />
06.09.1936 † 09.03.1983<br />
Nel ventesimo<br />
anniversario della sua<br />
scomparsa lo ricordano<br />
con immutato affetto la<br />
moglie Alba, i figli Vito,<br />
Sergio, Ester, Ciro,<br />
genero, nuore e<br />
nipoti tutti.<br />
Savino Caporale<br />
09.10.1926 † 16.10.2002<br />
Papà ti sentiamo<br />
sempre vicino.<br />
La moglie e i figli.<br />
Giuseppe Santoro<br />
15.11.1919 † 29.06.1995<br />
La moglie, le figlie lo<br />
ricordano con l’amore di<br />
sempre.<br />
Vito Borea<br />
Calitri Canada<br />
08.06.1920 † 13.04.1994<br />
Sarai sempre vivo nei<br />
cuori di chi ti ha amato e<br />
conosciuto.
Calitri 24 agosto 2002, festeggiando i nostri quarant’anni, dall’ultima fila a sinistra: Vitantonio Rubino (il dottore/cicch’p’ndigghj’), Massimo Belmonte (con occhiali scuri), Giuseppe Zarrilli<br />
(scatozza, con occhiali scuri), Rocco Borea (pangh’),Vito Fernando Gautieri (sacchett’, il più alto di tutti), Francesco Tornillo (p’stier’), seconda fila:Vito Mario Zabatta (archimed’, vicino al muro),<br />
Raffaele Lucrezia (pr’hatorij, con occhiali scuri), Canio Luciano Di Maio (br’zzill’, con baffi), Filomena Scoca (a’ baggiana, con maglia rossa e occhiali scuri), Crescenzo Martiniello (papp’lon’,con giacca),<br />
Canio Margotta (capp’tiegghj’, con capelli brizzolati), Leonardo Cicoira (man’man’, con occhiali scuri), Giuseppe Rosalia (u’ puet’/p’card’, con maglia bianca e occhiali scuri),Anna Maria Fastiggi (mmec’,<br />
con vestito rosa), Michele Maffucci (u’ casier’, con baffi), Elisa Zabatta (cap’zappa), Salvatore Giuliano (innarucc’), Giovanni Fierravanti (halecchia, con baffi e occhiali scuri), terza fila: Giuseppe Zabatta<br />
(pr’c’tella, con la mano appoggiata al muro), Giovanni Coppola (cupp’licchj’, con giacca), Sergio Fasulo (u’ p’stier’/sergiolin’, con camicia bleu e occhiali scuri), Vito Cestone, Filomena Cestone<br />
(paracarrozza),Angela Toglia (curcigghj’), Maria Antonietta Stanco (r’ss’legghia),Antonietta Di Maio (palusc’, con borsetta), Donatina Russo (u’ puglies’, dietro), Rosa Fastiggi (cangh’ion’), Rosa Di Cairano<br />
(a’ quequa), Lucia Maffucci (cap’ianch’), Angelo Lettieri (z’mm’ron’), Canio Russo (prendi una pasta), Vittorio Cerreta (baffin’), Pasquale Toglia (con camicia a strisce), a sedere: Angelo Corazzelli,<br />
Michele Maffucci (m’scion’), Angelo Sibilia, Vitale Cialeo, Angelo Russo (u’ scrim’). Sono assenti nella foto, pur avendo partecipato alla festa: Rosa Galgano (zampaglion’), Pietro Sacino<br />
(u’ pahanes’/pierino), Vincenzo Codella (u’ carpat’), Mario Di Cairano (pind’), Maria Antonietta Vallario (bubban’), Lucia Rauseo, Giuseppe Canio Claudio Di Muro (cacciabball’).<br />
In caso di mancato recapito, si prega di voler restituire all’Ufficio C.M.P. Firenze<br />
per la riconsegna al mittente, che si impegna ad accollarsi le spese postali.