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Percorsi per immagini

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e ad altri poeti) dove il vigore espressivo si unisce ad un tagliente rigore incisorio: dal buio degli inchiostri più cupi<br />

emergono intenzionalmente macerie appena illuminate dal rado tratteggio o un volto di fanciulla circondato da<br />

arabeschi segnici di rara finezza. Una “campagna” ampia consente all’artista un fraseggio delicatissimo d’erbe e<br />

tronchi e acque, in un rigoglio di minuziosi arbusti che salgono al di sopra degli alberi in un cielo di nuvole appena<br />

punteggiate con tocchi invisibili. Da questa rassegna pientina emerge un incantamento totale tanto Ernesto Piccolo<br />

è capace di immetterci in un <strong>per</strong>corso ricco di masse di luce che investono figure e cose quasi trasfigurandole,<br />

cogliendole nella loro verità quanto più esse sembrano tradirla, raggiungendo timbri e registri di alta effusività. Dai<br />

primi piani salgono verso l’alto delle tele maree coloristiche che sommergono figure e cose nel momento stesso<br />

in cui le esaltano come avventure compositive da porre tra le pagine più alte della nostra pittura contemporanea.<br />

Talvolta traspare l’antica sua passione <strong>per</strong> la scultura, anche se rimane solo un lontano desiderio, ma l’impianto e<br />

la solidità dei volumi pittorici tradiscono un amore che si tramuta ora nel colore e ora nel vigore accentuato del<br />

segno incisorio. Nel complesso l’o<strong>per</strong>a di Piccolo non è solo un affettuoso commento allo spettacolo del mondo<br />

ma anche una celebrazione ai valori della vita, e soprattutto una veemente e costante provocazione visiva che<br />

stimola elaborazioni concettuali capaci di introdurci ben oltre la cronaca, nel cuore dell’esistenza. Questa rassegna<br />

ne è la testimonianza più lirica. I ritmi interni coincidono con i “significati” stilistici voluti e cercati, fino a <strong>per</strong>venire al<br />

cuore di una architettura che abbraccia i “significanti” più drammatici ma anche i più rasserenanti, quelli che trovano<br />

ragione di essere in risultati e in equilibri formali che investono cultura e moralità. Si potrebbe fare interessanti<br />

confronti tra le tele del <strong>per</strong>iodo iniziale (intendo degli anni cinquanta) e quelle più recenti del decennio ’90 <strong>per</strong><br />

riscontrare un gioco coerente di coincidenze (lasciando vivere tutta una produzione intermedia di oltre trent’anni)<br />

tra le une e le altre <strong>per</strong> quanto riguarda la vivacità dell’invenzione e soprattutto le strutture interne dei dipinti, e ciò a<br />

tutto vantaggio di una continuità stilistica che non tradisce la verità della fonte ispiratrice e la logicità di uno sviluppo<br />

ricco di autentiche motivazioni. [...]<br />

Ernesto Piccolo ci presenta in questa mostra il ritratto di sé nel momento del proprio dolente e lungo indagare intorno<br />

alle cose del mondo, un mondo che gli è ormai familiare, ma che non lo costringe mai a viverlo come un noioso<br />

stereotipo ma semmai lo sollecita a rappresentarlo attraverso l’uso di metafore liriche che l’intelligenza seguita a<br />

suggerire con fedele assiduità da oltre quarant’anni. Le sue <strong>immagini</strong> vengono accolte a Pienza con lo spirito di una<br />

terra adusa alle meraviglie dell’arte. Ormai Pienza ha imparato<br />

ad affiancare provvisoriamente ai suoi capolavori<br />

di casa anche le creazioni che giungono dall’esterno,<br />

specialmente quando dalle o<strong>per</strong>e di chi arriva traspare il<br />

lodevole impegno di trasformare la realtà in strutture limpide<br />

<strong>per</strong> forme, colori, linee. La fantasia di Ernesto Piccolo<br />

è tale da non uscire dai canoni di una fedele tradizionalità<br />

e da non turbare un ambiente di così alta civiltà come<br />

Pienza, ma in quei canoni egli seguita a vivere la sua leggenda<br />

di pittore che si è documentato sempre sulle cose<br />

semplici del mondo andandole a recu<strong>per</strong>are come beni<br />

preziosi <strong>per</strong> riconsegnarli alla nostra ammirazione.<br />

Ernesto Piccolo, Dino Carlesi, Mario Luzi, Marco Del Ciondolo<br />

e Silvio Loffredo a Palazzo Piccolomini, Pienza 2002<br />

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