ottobre 2011 - ANTO Brescia
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Medico-paziente: quale rapporto?<br />
Su un argomento continuamente<br />
al centro del dibattito, qual è<br />
il rapporto medico-paziente, il<br />
cardiologo del nostro ospedale<br />
Paolo Gei ha scritto una riflessione<br />
che volentieri pubblichiamo<br />
sulla nostra rivista<br />
Lo spunto per questo articolo<br />
viene da una notizia proveniente<br />
dagli USA, ove il Rettore dell’Università<br />
della Virginia, tra i vari<br />
test d’ingresso alla Facoltà di<br />
Medicina, ha deciso di inserire<br />
un test attitudinale che, tramite<br />
brevi ed articolate interviste, valuti<br />
la capacità del futuro dottore<br />
di saper curare il fondamentale<br />
rapporto medico-paziente, una<br />
relazione che si può ben configurare<br />
come alleanza terapeutica e<br />
che, infatti, agisce spesso, se ben<br />
fatta, come una vera e propria<br />
medicina. Saper comunicare,<br />
non solo con il paziente, ma con<br />
i parenti, i colleghi, gli infermieri,<br />
è quindi ritenuta, a piena ragione,<br />
da quegli accademici come<br />
un requisito indispensabile, oltre<br />
alla necessaria bravura tecnica<br />
e culturale, per accedere ai corsi<br />
di Medicina. Chi dimostra di<br />
non saper parlare agli ammalati,<br />
chi si altera o si spazientisce<br />
con troppa facilità, non soddisfa<br />
i requisiti minimi e non viene<br />
ammesso. In sostanza, viene ribadito<br />
ciò che si diceva una volta:<br />
per fare il dottore bisogna anche<br />
essere “portati”a questo tipo di<br />
professione. Anche il governo in-<br />
glese ha in via ufficiale esortato<br />
i propri medici a trattare gli ammalati<br />
con cortesia, a comunicare<br />
efficacemente con loro, ad informarli<br />
correttamente sulle loro<br />
condizioni di salute e rispettare<br />
le loro decisioni, qualsiasi esse<br />
siano. E’ importante sottolineare<br />
che, quando un medico visita<br />
un ammalato, si instaura sempre<br />
una forma di comunicazione. Ma<br />
la comunicazione non si compone<br />
solo di parole: molto di più<br />
(almeno l’80% contro il 20%) con<br />
il linguaggio cosiddetto non verbale,<br />
cioè l’espressione del volto,<br />
lo sguardo, il sorriso, il movimento<br />
delle mani, la posizione del<br />
corpo, il tono della voce e tanti<br />
altri aspetti che la pubblicità, ad<br />
esempio, ben conosce e sfrutta<br />
per i propri messaggi promozionali.<br />
Nell’ambito di una visita<br />
medica, ascoltare con pazienza<br />
ed attenzione ciò che il paziente<br />
dice talora non è facile, soprattutto<br />
se i tempi per una visita sono<br />
prefissati, rigidi e troppo stretti,<br />
ma le statistiche dicono che un<br />
medico interrompe un paziente<br />
mediamente dopo 18 secondi!<br />
Inoltre, spesso un gesto gentile<br />
e garbato come una carezza,<br />
una battuta, una stretta di mano,<br />
una pacchetta di incoraggiamento<br />
e di solidarietà, comunque<br />
l’espressione di un’emozione da<br />
parte del medico può essere di<br />
notevole importanza per il malato.<br />
Tutto ciò, se vogliamo usare<br />
il linguaggio tecnico degli psicologi,<br />
viene definito “metalinguaggio”<br />
. Inoltre, per raccogliere dal<br />
paziente le informazioni necessarie<br />
alla diagnosi è importante<br />
da parte del dottore la capacità<br />
di “ascolto” che presuppone<br />
un’attenzione attiva ed empati-