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note aL PrograMMa<br />
BEETHOVEN – Tra i non pochi brani composti da Beethoven per la formazione pianoforte-violino-violoncello, <strong>il</strong> Trio in si bemolle<br />
maggiore op. 97 dedicato all’arciduca Rodolfo d’Asburgo (1811) rimane <strong>il</strong> più memorab<strong>il</strong>e per pregi di <br />
rendono espressione di un sommo esercizio di st<strong>il</strong>e che è anche testimonianza di una contingenza creativa particolarmente felice e di<br />
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<br />
materiali tematici e farli scontrare violentemente tra loro, come avviene in tanti altri suoi lavori dal carattere più sperimentale o mossi<br />
da un’urgenza più cogente di messaggio; ma che viceversa è intento a perseguire un ideale discorsivo ove le idee si susseguano con<br />
freschezza e siano perfettamente dominate dal buon gusto, dall’esattezza delle proporzioni e degli sca<strong>mb</strong>i e da una distensione ampia<br />
e agevole delle forme, sì da consentirne un decorso improntato a calma dignità. Così, secondo la sua stessa indicazione, <strong>il</strong> primo<br />
movimento (Allegro moderato)<br />
Lo stesso registro si mantiene nel tempo successivo (Scherzo-Allegro), tutto intessuto di grazia e semplicità e giocato con sott<strong>il</strong>e alternanza<br />
di colori sonori, non turbato da alcunché di aspro o drammatico se non nella sezione centrale, che oppone un disegno cromatico dalle<br />
screziature più scure e meditative. Il vertice <strong>della</strong> composizione è posto nell’Andante cantab<strong>il</strong>e in forma di variazioni, che segue al<br />
terzo posto: pagina incantevole per espressione nonché ab<strong>il</strong>issima nella concezione formale per <strong>il</strong> trattamento integrale cui le variazioni<br />
sottopongono <strong>il</strong> tema espresso all’inizio.<br />
Allegro, che nel<br />
suo tono di leggero disimpegno si incarica di far scendere la temperatura emotiva e portare a conclusione <strong>il</strong> brano su più rassicuranti<br />
e concreti elementi di convenzionalità.<br />
SCHUBERT – L’apporto dato da Schubert alla formazione del trio per pianoforte e archi fu determinante, specie con i due capolavori<br />
<br />
tracce durature nel corso dei tempi.<br />
Il Trio in mi bemolle maggiore (1827) è tra i rari lavori dell’ultimo Schubert ad aver conosciuto l’onore <strong>della</strong> stampa e dell’esecuzione<br />
pubblica. L’elemento di novità presente nella scrittura si rende già evidente nelle premesse di ordine strutturale, che mirano a superare<br />
la logica rett<strong>il</strong>inea <strong>della</strong> forma-sonata per ricercare una perfetta coesione formale attraverso un ritorno ciclico di elementi tematici<br />
nel corso dei vari movimenti, come poi diventerà prassi sempre più comune. Lo stesso fatto di non avere dedicatari fa capire come <strong>il</strong><br />
lavoro fosse stato scritto per pura necessità intima dell’autore e destinato solo “a chi l’apprezzerà”, ovvero al pubblico indifferenziato<br />
e magari postumo che vorrà comprenderlo.<br />
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Allegro si impone con slancio appassionato, se non<br />
Andante<br />
con moto<br />
tanto schubertiana, sotto la cui semplicità di linee si intuisce un messaggio estremamente profondo. La melodia guida, annunciata<br />
<br />
canzone popolare svedese dal titolo Se solen sjunker (Guarda, <strong>il</strong> sole tramonta) e, nella sua inesorab<strong>il</strong>ità di fondo, che ricorda da<br />
vicino lo spirito del ciclo Winterreise, <br />
<br />
a un mistero o di aver condiviso un fatale presagio.<br />
L’angoscia è subito dissipata dallo Scherzo, che segue vie più convenzionali; mentre l’Allegro pur esso annunciantesi con toni<br />
di gaiezza spensierata, si carica nel suo lungo itinerario di umori variab<strong>il</strong>i, in un accumulo di idee che gli fa raggiungere le “divine<br />
<br />
riproposizione testuale e inaspettata del “tema svedese”, che poi ritornerà ancora nelle ultime battute, va a chiudere l’intera peripezia<br />
senza che la serenità sia ripristinata del tutto.<br />
Diego R. Cescotti