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DANTE_parafrasi CANTO 2 _ Inferno - Giolitti

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Dante Alighieri, DIVINA COMMEDIA - Canto II, <strong>Inferno</strong><br />

Riassunto: Il canto II si apre con un’ invocazione alle Muse, all’ingegno e alla memoria: questa invocazione è<br />

tradizionale nella poesia classica, considerato un topos letterario, in quanto le muse sono considerate un’ispirazione<br />

per i poeti.<br />

Quando sta per iniziare il viaggio ultraterreno, Dante è pieno di dubbi e di timori: egli teme di non essere all’altezza di<br />

compiere una tale impresa, compiuta prima di lui da Enea, progenitore dell’impero romano, e da san Paolo, testimone<br />

della fede cristiana. Se prima di lui, due personaggi così importanti avevano compiuto una simile impresa, non era<br />

folle che proprio Dante la compisse?<br />

Virgilio rimprovera Dante per la sua viltà e gli racconta che si sono mosse per lui, per soccorrerlo dal pericolo della<br />

selva, tre donne beate: la vergine Maria, Lucia e Beatrice, esortandolo così a continuare il cammino.<br />

Così Dante si rinfranca e al pensiero di Beatrice ringrazia e rassicura Virgilio, che ormai ha accettato come sua guida.<br />

E così inizia il viaggio.<br />

Schema canto II - <strong>Inferno</strong>:<br />

LUOGO: Selva - TEMPO: Sera dell‟8 aprile 1300 (venerdì santo)<br />

PERSONAGGI: Dante / Virgilio / Vergine Maria / Santa Lucia / Beatrice<br />

Commento e Parafrasi: L‟inizio di questo secondo canto è lento, la premessa di Dante sottolinea<br />

ulteriormente la grandezza dell‟impegno che il poeta si è assunto.<br />

Va sottolineato il fatto che mai Dante lascia intendere che il viaggio sia inventato. Tutto è vero. Quello che gli capita<br />

non è frutto dell‟immaginazione ma pura verità, lui trema dalla paura, ma Virgilio cercherà di tranquillizzarlo. Dante<br />

sta per iniziare ad intraprendere un difficile e importante cammino ; per questo invoca le muse (divinità antiche,<br />

ispiratrici della poesia), affinché possano aiutarlo a ricordare e trascrivere quello che sta per vedere.<br />

Dante sa di essere un grande poeta; qui fa professione di umiltà, chiedendo aiuto alle Muse. In realtà è perfettamente<br />

consapevole del fatto che lui è l‟unico che possa descrivere con linguaggio a tutti comprensibili quello che andrà a<br />

vedere.<br />

1 Lo giorno se n‟andava e l‟aere bruno<br />

toglieva li animai che sono in terra<br />

da le fatiche loro; e io sol uno<br />

4 m‟apparecchiava a sostener la guerra<br />

sì del cammino e sì de la pietate,<br />

che ritrarrà la mente che non erra.<br />

7 O muse, o alto ingegno, or m‟aiutate;<br />

o mente che scrivesti ciò ch‟io vidi,<br />

qui si parrà la tua nobilitate.<br />

La luce del giorno se ne andava,<br />

e l‟imbrunire toglieva agli esseri viventi<br />

della terra dalle loro fatiche,<br />

soltanto io mi preparavo a sostenere<br />

la fatica del viaggio e dell‟angoscia,<br />

che la memoria fedele saprà ricordare.<br />

O Muse, o alto ingegno, ora aiutatemi,<br />

o mente che scrivesti ciò che io vidi,<br />

qui si dimostrerà il tuo valore.<br />

Dante non è affatto tranquillo. Si rivolge alla sua guida e gli dice: “Perché pensi che le mie capacità siano così salde da<br />

potere affrontare questa terribile impresa? Questa è un‟ impresa che solo Enea è riuscito a compiere ed io non sono<br />

certo all‟altezza dell‟ eroe troiano”. E aggiunge che il viaggio di Enea negli inferi aveva uno scopo ben preciso: Enea<br />

doveva fondare Roma. Roma doveva dar origine all‟ impero. L‟impero doveva essere il veicolo del Cristianesimo e<br />

quindi la culla della religione cattolica, della sua Chiesa e del papato. Enea aveva quindi un alto compito.<br />

Andando negli inferi, Enea ascoltò cose dal padre Anchise che lo aiutarono a compiere imprese vittoriose.<br />

Anche San Paolo (lo vas d‟elezione) intraprese questo viaggio; anche lui fece questo viaggio per motivi importanti per<br />

la storia dell‟umanità: S.Paolo è stato il più grande missionario di tutti i tempi, non conobbe personalmente Cristo, ma<br />

Rielaborazione materiali di diversa origine, a cura di M. Zandonadi Pag. 1


per la sua folgorante chiamata sulla via di Damasco, ne divenne un discepolo fra i più grandi nel diffondere il<br />

cristianesimo.<br />

…<br />

31 Ma io perché venirvi ? o chi ‟l concede ?<br />

Io non Enea, io non Paulo sono:<br />

me degno a ciò né io né altri ‟l crede<br />

34 Per che, se del venire io m‟abbandono,<br />

temo che la venuta non sia folle:<br />

se‟ savio, intendi me‟ ch‟i‟ non ragiono”.<br />

Dante quindi non vuole più compiere l‟impresa. Vuole ritornare sui suoi passi. Tutti i suoi buoni propositi crollano, non<br />

se la sente di intraprendere quest‟avventura. Sono troppi gli ostacoli che deve affrontare. Immagina diavoli e fiamme,<br />

prevede le terribili scene che dovrebbe vedere. Lui non è Enea o San Paolo, non ha il coraggio di proseguire…<br />

…<br />

Allora Virgilio gli fa coraggio e gli dice che lui, Dante, ha una missione che è voluta dall‟alto; gli dice chiaramente che<br />

anime nobili si sono mosse dall‟alto dei cieli per venire in suo soccorso. In particolare Virgilio racconta che da lui è<br />

andata Beatrice.<br />

49 Da questa tema acciò che tu ti solve,<br />

dirotti perch‟io venni e quel ch‟io intesi<br />

nel primo punto che di te mi dolve.<br />

52 Io era tra color che son sospesi,<br />

e donna mi chiamò beata e bella<br />

tal che di comandar io la richiesi<br />

55 lucevan li occhi suoi più che la stella;<br />

e cominciommi a dir soave e piana,<br />

con angelica voce, in sua favella:<br />

58 “O anima cortese mantoana,<br />

di cui la fama ancor nel mondo dura<br />

e durerà quanto il mondo lontana,<br />

61 l‟amico mio, e non della ventura,<br />

ne la diserta piaggia è impedito<br />

si nel cammin, che volt‟è per paura;<br />

64 e temo che non sia già sì smarrito,<br />

ch‟io mi sia tardi al soccorso levata,<br />

per quel ch‟i ho di lui nel ciel udito.<br />

67 Or movi, e con la tua parola ornata<br />

E con ciò ch‟ha mestieri al suo campare<br />

L‟aiuta, sì ch‟ì ne sia consolata.<br />

Ma io, perché dovrei fare questo viaggio?<br />

E chi lo concede ?<br />

Io non sono Enea, né Paolo,<br />

né io né altri mi ritengono degno di ciò.<br />

Quindi, se mi lascio convincere (a venire),<br />

temo che il viaggio sia un gesto folle.<br />

Tu sei saggio, comprendimi<br />

anche se non riesco a spiegarmi.”<br />

Affinché tu ti liberi da questa paura,<br />

ti dirò perché sono venuto e ciò che ho sentito la prima<br />

volta che mi sono addolorato per te.<br />

Io ero tra coloro che sono sospesi nel Limbo,<br />

e mi chiamò una donna tanto beata e bella,<br />

che io le chiesi di mettermi al suo servizio.<br />

I suoi occhi rilucevano più di una stella;<br />

e cominciò a parlarmi soavemente<br />

con la sua voce angelica.<br />

“O anima cortese mantovana<br />

Di cui ancora perdura nel mondo la fama,<br />

e durerà a lungo, quanto il mondo.<br />

L‟amico mio, e non amico della fortuna,<br />

è tanto in difficoltà nel procedere sulla spiaggia deserta<br />

che si è voltato indietro per paura,<br />

e temo che si sia già smarrito,<br />

(temo) di essere corsa in suo aiuto troppo tardi,<br />

a sentire ciò che si dice di lui in cielo.<br />

Vai da lui, quindi, e con adatte parole<br />

E con gli strumenti adatti a salvarlo,<br />

aiutalo, così da darmi consolazione.<br />

Rielaborazione materiali di diversa origine, a cura di M. Zandonadi Pag. 2


70 I‟ son Beatrice che ti faccio andare;<br />

vegno del loco ove tornar disio;<br />

amor mi mosse, che mi fa parlare.<br />

73 Quando sarò dinanzi al signor mio,<br />

di te mi loderò sovente a lui”.<br />

…<br />

Dopo aver dato la più totale ed assoluta disponibilità a Beatrice, Virgilio le chiede come lei – che viene dal paradiso -<br />

non tema di scendere fino all‟inferno.<br />

Beatrice risponde: “ Si devono temere solo le cose che possono farci del male, di temere le altre non c‟è motivo”.<br />

82 Ma dimmi la cagion che non ti guardi<br />

de lo scender qua giuso in questo centro<br />

de l‟ampio loco ove tornar tu ardi”.<br />

85 Da che tu vuò saper cotanto a dentro<br />

dirotti brievemente, mi rispose,<br />

perch‟io non temo di venir qua entro.<br />

88 Temer si dee di sole quelle cose<br />

c‟hanno potenza di fare altrui male;<br />

de l‟altre no, chè non son paurose.<br />

91 Io son fatta da Dio, sua mercè, tale<br />

che la vostra miseria non mi tange,<br />

né fiamma d‟esto incendio non m‟assale<br />

Poi Beatrice spiega a Virgilio come sono andate le cose. E parla di S. Lucia: questa martire siracusana è molto amata<br />

dal poeta fiorentino; il perché di questa adorazione non è chiaro, ma pare che Dante, (questo il poeta lo dice nel<br />

Convivio), per il troppo studio ebbe una malattia agli occhi dal quale guarì grazie all‟intervento della Santa (protettrice<br />

della vista). S. Lucia allegoricamente rappresenta la Grazia illuminate, la santa “illumina” il vangelo sino a sacrificare<br />

se stessa.<br />

Santa Lucia racconta a Maria che il suo fedele Dante si è incamminato su una brutta strada, che lo porterà alla<br />

dannazione eterna se non abbandona la via del peccato. E‟ dunque la vergine in persona ad interessarsi alla sorte di<br />

Dante. La Vergine Maria chiede a Lucia di rivolgersi alla donna che Dante maggiormente ha amato in vita ossia a<br />

Beatrice e questa di rivolgersi a Virgilio.<br />

…<br />

115 Poscia che m‟ebbe ragionato questo,<br />

li occhi lucenti lacrimando volse;<br />

per che mi fece del venir più presto;<br />

118 e venni a te così com‟ella volse;<br />

d‟innanzi a quella fiera ti levai<br />

che del bel monte il corto andar ti tolse.<br />

Io, che ti faccio andare, sono Beatrice,<br />

vengo dal cielo dove desidero tornare;<br />

è l‟amore che mi ha fatto muovere e che mi fa parlare.<br />

Quando sarò davanti al mio signore,<br />

spesso ti loderò davanti a lui”.<br />

Ma dimmi come mai non temi<br />

di scendere quaggiù, nel centro della terra,<br />

dal paradiso, dove desideri tornare”.<br />

“Visto che desideri conoscere fino in fondo,<br />

ti spiegherò brevemente, mi rispose<br />

perché non ho paura di venire qui.<br />

Si devono temere solo le cose<br />

che possono fare male;<br />

delle altre non si deve avere paura.<br />

Io sono stata resa dalla volontà di Dio<br />

tale da non potere essere toccata<br />

dalla vostra misera condizione,<br />

e la fiamma di questo inferno<br />

non mi può assalire.<br />

Dopo che Beatrice ebbe detto ciò (a Virgilio),<br />

mi rivolse i suoi occhi piangenti,<br />

e ciò mi ha spinto a venire con maggiore fretta da te.<br />

Sono venuto da te come lei ha voluto,<br />

ti ho portato via da quella fiera (la lupa)<br />

che ti aveva impedito la salita verso il bel colle.<br />

Ora che Virgilio ha detto tutto quello che c‟era da dire, passa al contrattacco e comincia a sgridare il povero Dante. “Per<br />

te”, dice Virgilio, “si sono mosse tre grandi donne, e tu vuoi tornare indietro?”<br />

Rielaborazione materiali di diversa origine, a cura di M. Zandonadi Pag. 3


La salita di Dante è stata ostacolata, come abbiamo visto da tre fiere, ma ora in suo aiuto sono accorse tre donne; la<br />

Grazia proveniente (la Vergine è mediatrice universale di ciascuna Grazia), la Grazia illuminante (Lucia), la Grazia<br />

operante (Beatrice). Parlando delle tre donne benedette Dante spiega il passaggio dallo stato di peccato a quello di<br />

Grazia.<br />

…<br />

Ed ecco come Dante riassume il suo stato d‟animo dopo aver ascoltato le parole di Virgilio:<br />

127 Quali fioretti, dal notturno gelo<br />

chinati e chiusi, poi che „l sol li „mbianca<br />

si drizzan tutti aperti in loro stelo,<br />

130 tal mi fec‟io di mia virtude stanca,<br />

e tanto buono ardire al cor mi corse,<br />

ch‟i cominciai come persona franca:<br />

133 “Oh pietosa colei che mi soccorse !<br />

e te cortese ch‟ubbidisti tosto<br />

a le vere parole che ti porse !<br />

136 Tu m‟hai con desiderio il cor disposto<br />

sì al venir con le parole tue,<br />

ch‟ì son tornato nel primo proposto.<br />

139 Or va, ch‟un sol volere è d‟ambedue:<br />

tu duca, tu segnore, e tu maestro”<br />

cosi li dissi, e poi che mosso fue,<br />

142 entrai per lo cammino alto e silvestro.<br />

Come i fiori dal gelo notturno<br />

chinati e chiusi, una volta che il sole torna<br />

si drizzano tutti e si aprono sui loro steli,<br />

così feci io superando la mia esitazione,<br />

e tanto buon coraggio mi giunse al cuore,<br />

che io dissi, come una persona rincuorata:<br />

“Oh misericordiosa colei che mi ha soccorso!<br />

E nobile tu che subito hai ubbidito<br />

alle parole veritiere che ti ha rivolto!<br />

Con le tue parole tu mi hai incoraggiato l‟animo<br />

al venire, al punto che io sono ritornato<br />

al mio proposito iniziale.<br />

Ora vai pure, perché abbiamo una sola volontà:<br />

tu sarai mia guida, mio signore e mio maestro”.<br />

Così gli dissi, e dopo che si mosse,<br />

mi incamminai nel sentiero difficile e impervio.<br />

Lo stato d‟animo di Dante è paragonabile ad uno che esce da una malattia e comincia a riacquistare<br />

la fede nella vita: è molto bella la similitudine dei fiori dei prati che, dopo essere rimasti curvati<br />

verso terra e chiusi per il freddo della notte, si riaprono quando torna la luce e il calore del sole.<br />

Rielaborazione materiali di diversa origine, a cura di M. Zandonadi Pag. 4

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