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mente dedicate al suo lavoro.<br />
Mi confidò, una volta, in occasione<br />
del conferimento della cittadinanza<br />
onoraria da parte del Comune, che<br />
la maggior parte delle idee conte-<br />
nute nei suoi scritti era maturata durante le sue vacanze<br />
a Isola».<br />
Poi Giuliano rievoca la Messa domenicale, gli abiti austeri<br />
da teologo tedesco, «con una camicia con il colletto<br />
bianco inamidato e una cravatta nera», la sua «coraggiosa<br />
resistenza e non adesione al nazismo» e a causa<br />
di questa «il suo lungo soggiorno negli anni della guerra<br />
a Mooshausen».<br />
Infine il ricordo di una « eggendaria» gita fatta insieme<br />
a Venezia. «Verso la fine della sua vita – prosegue sorridendo<br />
Giuliano Guardini – riuscii una volta a convincere<br />
lo zio ad andare a Venezia. Pranzammo insieme<br />
in un buon ristorante. Al ritorno mi ringraziò molto,<br />
ma mi pregò di non portarlo più in un locale del genere,<br />
che riteneva eccessivamente elegante per lui.<br />
Ricordati, mi disse, che sono un sacerdote».<br />
Un sacerdote particolarmente attratto dall’arte: «Mi<br />
portò a visitare alcune chiese, mi spiegò come si doveva<br />
guardare un quadro, mi parlò dell’uomo<br />
creato a immagine e somiglianza di Dio.<br />
Aveva una passione intellettuale per il bello<br />
che vedeva anche nelle piccole cose. Si avvertiva<br />
in lui il grande rispetto per l’armonia<br />
della natura e per il silenzio».<br />
Infine un uomo di «grande semplicità»: «La<br />
sua casa di Monaco ne era la dimostrazione:<br />
come io l’ho vista dopo la seconda guerra<br />
mondiale era un sottotetto dai soffitti spioventi.<br />
Le pareti di tutte le stanze erano ricoperte<br />
di libri, non solo lo studio, ma anche<br />
l’ingresso, la sala da pranzo e la camera<br />
da letto.<br />
Vi era dappertutto una grande semplicità».<br />
Una sobrietà e un’austerità<br />
rispecchiate anche nel<br />
luogo più intimo per un<br />
intellettuale: la scrivania.<br />
«Sono sempre rimasto<br />
incantato a guardare la<br />
sua scrivania – riflette<br />
sempre Giuliano Guardini<br />
– e il modo con cui disponeva<br />
quattro matite,<br />
un coltellino per affilarle,<br />
una penna, un nettapenne, una risma di carta. Lo zio<br />
stenografava forse due libri: sembrava un quadro di<br />
Mondrian!<br />
Era un’armonia perfetta, lo<br />
stesso senso di armonia<br />
che emanava dall’uomo e<br />
che si provava arrivando<br />
nella sua semplicissima casa,<br />
dove si entrava in punta<br />
di piedi. Ecco attorno a zio<br />
Romano ci si muoveva in<br />
punta di piedi».<br />
da Avvenire<br />
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