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Supplemento «particolare» al numero odierno de<br />

V O G L I A D ’ I T A L I A<br />

Una rondine<br />

vola<br />

su Venezia<br />

e ti regala<br />

la più bella<br />

redazione<br />

del Mondo<br />

Giacomo Casanova, Hermann Hesse, S. Mayr, Bixio-Cherubini-Concina, Antonio Vivaldi, J.W.Goethe,<br />

Cirio, Sergio Corazzini, Ezra Pound, Mary de Rachewiltz, Giacomo Noventa, Gaio Valerio Catullo,<br />

Angelo Beolco (il Ruzante), Martin Heidegger, Carlo Goldoni, Biagio Marin, Guido Ceronetti, Lelio<br />

Luttazzi, Giovanni Comisso, Josif Brodskij, Iuri Lepskij, Romano Guardini, Filippo Rizzi, Mimma<br />

Pallavicini, Anonimo, Kasparov & Karpov, Robert Musil, E.A.Mario, Thomas Mann, Luchino Visconti.


StYle<br />

le venezie da catullo a google<br />

Caro Lettore,<br />

su Venezia, sulle Venezie, sulle Terre patrie di mille<br />

popoli potremmo scrivere milioni di pagine, e non riusciremmo<br />

mai né a raccontarti l’intero mondo che in Italia chiamano<br />

“nord-est”, né a contentare tutti proprio tutti i paesani<br />

contadini cittadini tose putei e putini ragazzi e militari di<br />

queste pianure valli vallate montagne riviere colline.<br />

Bene. E allora stavolta – è il quarto viaggio della nostra<br />

“Voglia d’Italia” – abbiamo deciso di strafare. Nel senso di<br />

Parole, Musica e Cotillons.<br />

E abbiamo affidato il compito di farti girare, se non<br />

addirittura perdere la testa a chi se non alla più bella,<br />

incredibile redazione che mai abbia scatenato un giornale del<br />

pianeta?!<br />

,<br />

Si, proprio quei nomi che hai visto in copertina. Magari hai<br />

pensato che fossero li in quanto nomi di strade o di piazze. E<br />

invece no. Sono gli Autori, famosissimi, ignoti, anonimi,<br />

fuori-di-testa e blagueurs, che hanno vissuto qui, che hanno<br />

amato qui, che hanno giocato qui, che sono nati qui, che<br />

sono tornati qui… e che hanno inanellato suoni, parole,<br />

immagini, sogni, spot, invenzioni, gags, inni e dichiarazioni<br />

d’amore a Venezia, alle sei Venezie, alle mille Venezie della<br />

nostra casa Italia. Gratis.<br />

,<br />

Girolamo Melis<br />

È la rondine di<br />

San Benedetto<br />

Sai, una di quelle rondini che<br />

mettono su casa nei luoghi che<br />

amano, rinfrescano e carezzano<br />

le creature che vi abitano, e<br />

non vanno più via.<br />

E quando l’Acqua San Benedetto<br />

le ha chiesto: «Che ne dici<br />

di Venezia?»… la rondine ha<br />

detto: «Venezia? Quale Venezia?<br />

Tutto è Venezia in quelle<br />

terre benedette. E tutto, là in<br />

montagna e sul mare e in collina<br />

e nelle città, tutto è casa<br />

mia».<br />

E con un alto volo la rondine ha<br />

raccolto tutte le parole, tutti i<br />

suoni, tutte le immagini, tutti i<br />

giochi degli innamorati, e li ha<br />

portati in dono a Venezia. Qui.


Supplemento al numero<br />

odierno de<br />

Società Europea<br />

di Edizioni S.p.A.<br />

Via G. Negri 4 - 20123 Milano<br />

Reg. Trib. di Milano n. 215<br />

del 29/05/1982<br />

Sped. in A.P. comma 20/b, art.2,<br />

legge 662/96, filiale di Milano<br />

direttore editoriale<br />

Vittorio Feltri<br />

direttore responsabile<br />

Alessandro Sallusti<br />

vice direttori<br />

Massimo De Manzoni<br />

Nicola Forcignanò<br />

Nicola Porro<br />

realizzato per<br />

visibilia pubblicità srl da:<br />

Girolamo Melis<br />

ha collaborato<br />

Luisa Allena<br />

coordinamento editoriale<br />

Carlo Kauffmann<br />

impaginazione<br />

Patrizia Colombo<br />

cocessionaria esclusiva<br />

pubblicità<br />

C.so Garibaldi, 99<br />

20122 Milano<br />

Tel. 02 3658 6750<br />

Fax 02 3658 6774<br />

VOGLIA D’ITALIA<br />

coordinamento tecnico<br />

Sergio Prati<br />

stampa<br />

Mondadori Printing Spa<br />

Verona<br />

dicembre 2010<br />

StYle<br />

38<br />

copertina<br />

…a proposito: fare questa<br />

specialissima “Voglia<br />

d’Italia” è stato un vero<br />

piacere! Puro piacere<br />

cercare, scegliere e…<br />

scrivere, senza “scrivere”<br />

nemmeno una parola. Poi<br />

è arrivata una rondine, ha<br />

aperto le ali, ha preso tutto<br />

il nostro piacere e l’ha<br />

portato casa per casa…<br />

questo mese<br />

V O G L I A D ’ I T A L I A<br />

4 E fu così che Giacomo Casanova<br />

perdette l’innocenza a 18 anni d’età<br />

9 Hermann Hesse “Piano! Più piano!”<br />

gridavo al rematore<br />

11 Che sarebbe Venezia senza “La biondina<br />

in gondoléta”!?<br />

14 Venezia è Antonio Vivaldi, l’estro armonico<br />

16 Ci voleva J. W. Goethe per chiamare il<br />

Leone «…gattone alato che fa le fusa!»<br />

17 Story Board a Venezia<br />

19 Dobbiaco si dice Toblach, ma il Poeta<br />

Sergio Corazzini decise di chiamarla Toblack<br />

22 Azra Pound si innamorò di Venezia<br />

25 Il Noventa di Noventa<br />

27 Salve, o venusta Sirmio!<br />

28 Angelo Beolco (il Ruzante) spara al cielo il suo<br />

Inno a Padova (altro che Zelig!)<br />

30 Heidegger a Venezia sulla via di Delfo<br />

32 Carlo Goldoni “La bottega del caffè”<br />

35 Grado e il suo poeta<br />

36 Guido Ceronetti, genio vero, burattino &<br />

burattinaio, Veneziano ad honorem<br />

38 Lelio Luttazzi (…quel fiol de) un can de Trieste<br />

41 …Io vivo di paesaggio<br />

44 A Venezia le gambe portano a spasso gli occhi…<br />

48 Così Isola Vicentina entrò per sempre<br />

nella storia della Chiesa<br />

51 A Villa Pisani non è vietato<br />

52 Sul Ponte di Bassano…<br />

53 Kasparov & Karpov a Marostica?!<br />

54 La leggenda del Piave<br />

55 Tra il Passo Vezzena e il Lago di Caldonazzo<br />

60 Da Thomas Mann a Luchino Visconti<br />

62 Figurine delle “sei” venezie


StYle<br />

4<br />

giacomo caSanova<br />

E fu così che<br />

Giacomo Casanova<br />

perdette l’innocenza<br />

a 18 anni d’età


Venezia 1741. Da Palazzo<br />

Savorgnan sul Canale di<br />

Cannaregio, il réportage<br />

scritto di suo pugno


StYle<br />

6<br />

giacomo caSanova<br />

Da “Storia della mia vita”:<br />

«Ci<br />

coricheremo anche noi – mi disse<br />

Marton – ma senza svestirci».<br />

«È una diffidenza che offende la mia onestà. Mi dica,<br />

Nanette, lei mi crede un uomo onesto?»<br />

«Sì, certo».<br />

«Benissimo. Deve darmene la prova. Dovete coricarvi<br />

tutt’e due al mio fianco svestite e contare sulla mia<br />

parola d’onore che non vi toccherò. Voi siete due e io<br />

solo uno: cosa potete temere? Non sarete forse<br />

padrone di uscire dal letto se smetterò di comportarmi<br />

bene? A farla breve, se non mi promettete di darmi<br />

questa prova di fiducia, almeno quando mi vedrete<br />

addormentato, non andrò a coricarmi».<br />

Smisi allora di parlare e feci finta di essere colto dal<br />

sonno. Esse parlottavano tra di loro, dopo di che<br />

Marton mi disse di andare a coricarmi, che anche loro<br />

avrebbero fatto lo stesso quando m’avessero visto<br />

addormentato. Anche Nanette me lo promise, e allora<br />

io volsi la schiena e spogliatomi completamente mi<br />

misi a letto augurando loro la buona notte. Da prima<br />

feci finta di dormire, ma di lì a un quarto d’ora mi<br />

addormentai davvero. Mi svegliai soltanto quando<br />

esse vennero a coricarsi, ma mi voltai subito per<br />

riprendere a dormire e cominciai a darmi da fare<br />

soltanto quando potei fingere di crederle<br />

addormentate. Se non dormivano, non avevano che da<br />

fingere. Mi avevano voltato la schiena ed eravamo al<br />

buio. Cominciai con quella verso la quale ero rivolto<br />

non sapendo se era Nanette o Marton. La trovai<br />

rannicchiata e avvolta nella camicia da notte, ma<br />

procedendo con estrema cautela agii in guisa che ella<br />

si convinse che la miglior cosa era fingere di dormire e<br />

lasciarmi fare. A poco a poco le tolsi il lenzuolo di<br />

dosso, ella si distese e con dei movimenti lentissimi<br />

ma di mirabile naturalezza assunse la posizione<br />

migliore che poteva assumere senza tradirsi. Iniziai<br />

l’opera, ma per compierla avevo bisogno che ella vi si<br />

prestasse in guisa da non potere più sconfessare la<br />

cosa e la natura finalmente la costrinse a risolversi.<br />

Trovai la prima fanciulla vergine e non potendo avere<br />

dubbi sul dolore che aveva dovuto sopportare, me ne<br />

meravigliai. Sentendomi in dovere di rispettare<br />

religiosamente un pregiudizio cui dovevo un<br />

godimento del quale gustavo la dolcezza per la prima<br />

volta nella vita, lasciai la mia vittima tranquilla e mi<br />

volsi quindi dall’altra parte per fare lo stesso con la<br />

sorella che doveva ricevere i segni della mia<br />

riconoscenza.<br />

La trovai immobile nella posizione che uno può<br />

assumere quando dorme profondamente, senza<br />

timore, coricato sul dorso. Con le più grandi cautele e<br />

fingendo di aver timore di risvegliarla, cominciai a<br />

solleticare i suoi sensi per vedere se era vergine come


sua sorella, e attesi a farle subire lo stesso trattamento<br />

fino al momento che, effettuando un movimento<br />

naturale, senza il quale mi sarebbe stato impossibile<br />

coronare la mia opera, ella mi aiutò a venirne a capo:<br />

ma nel momento dell’orgasmo non ebbe la forza di<br />

proseguire la finzione e si tradì abbracciandomi<br />

strettamente e incollando la bocca sulla mia (…).<br />

Pregai allora una delle due ragazze di alzarsi per<br />

accendere le candele e fu Marton che si prestò alla<br />

bisogna. Quando mi vidi Nanette tra le braccia<br />

animata dall’ardore dell’amore e Marton che,<br />

reggendo una candela, ci guardava e sembrava<br />

accusarci di ingratitudine perché non le dicevamo<br />

nulla, mentre, con l’essere stata la prima ad arrendersi<br />

alle mie carezze, aveva incoraggiato sua sorella ad<br />

imitarla, sentii tutta la mia felicità.<br />

Alziamoci, dissi, per giurarci amicizia eterna e per<br />

rinfrescarci.<br />

Facemmo tutti e tre, in una tinozza piena d’acqua, una<br />

toeletta di mia invenzione che ci divertì un mondo e<br />

risvegliò tutti i nostri desideri. Poi, nel costume dell’età<br />

dell’oro, mangiammo il resto della lingua e vuotammo<br />

l’altra bottiglia. Dopo di esserci dette nell’ebbrezza dei<br />

sensi cento di quelle cose che solo l’amore può<br />

interpretare, tornammo a coricarci e passammo in<br />

assalti amorosi sempre diversi tutto il resto della notte<br />

che Nanette concluse.<br />

Giacomo Casanova<br />

(Da Storia della mia vita – Mondadori)<br />

7


StYle<br />

hermann heSSe<br />

Hermann Hesse<br />

“PIANO!<br />

PIÙ PIANO!”<br />

gridavo al rematore<br />

Il treno entra nella laguna<br />

atraversando una diga<br />

Sono arrivato tutto infreddolito a<br />

causa della giornata assai cupa<br />

All’inizio è quasi impossibile, a<br />

piedi, raccapezzarsi in questa città.<br />

Sto scrivendo queste pagine in una<br />

trattoria senza sapere ancora come<br />

potrò raggiungere il mio alloggio,<br />

avendo così abbondanti possibilità<br />

di perdermi<br />

…dalla finestra della mia stanza<br />

chiamai un gondoliere, salii sulla<br />

barca proprio davanti alla porta di<br />

casa e chiesi di andare a Rialto<br />

Arrivati all’imboccatura, il<br />

gondoliere fece per girare, ma il<br />

vento ci sospinse di lato; riprovò,<br />

ma dopo estenuanti tentativi fu<br />

costretto a desistere<br />

Facemmo sosta, nell’oscurità più<br />

completa, sotto l’arcata del ponte,<br />

9


StYle<br />

10<br />

hermann heSSe<br />

A destra: Paolo Veronese (Paolo Caliari,<br />

1528, Verona - 1588, Venezia),<br />

“Gesù fra i dottori nel tempio”,<br />

1558, Olio su Tela, 236 x 430 cm,<br />

Museo del Prado, Madrid<br />

Campanile della Chiesa di San Giorgio Maggiore<br />

bassa nonostante l’accentuata<br />

volta (…) Trascorsero alcuni minuti<br />

di tranquillità, poi arrivò una<br />

seconda gondola in cerca di riparo<br />

e si piazzò accanto alla nostra;<br />

poco dopo se ne aggiunse una<br />

terza anch’essa in rapida fuga<br />

Mai la laguna di Venezia si era<br />

svelata ai miei occhi in modo tanto<br />

fausto come in una mattina di<br />

maggio che dedicai quasi<br />

esclusivamente alla sua<br />

contemplazione<br />

Il portale della chiesa di san<br />

Sebastiano si chiuse dietro di me e<br />

io uscii all’aperto. Lì, come<br />

all’improvviso, iniziai a<br />

comprendere e ad amare Paolo<br />

Veronese, le cui opere ancora più<br />

belle di quelle di altri veneziani<br />

necessitano dell’aria e<br />

dell’ambiente locale per poter<br />

essere gustate<br />

“Piano! Ancora più piano!” gridai<br />

ripetutamente al rematore; a<br />

Santo Spirito lo feci finalmente<br />

fermare, facendogli cenno di<br />

girare la gondola ora a destra ora a<br />

sinistra, secondo il riflesso che di<br />

volta in volta mi seduceva<br />

Venezia non sarebbe Venezia se si<br />

trovasse in mare aperto; quel<br />

mattino avvertii l’enorme<br />

differenza tra mare e laguna<br />

Non è un caso che tanti pittori<br />

veneziani, specialmente il<br />

brillante Crivelli e più tardi Paris<br />

Bordone, nelle loro opere si siano<br />

dedicati, con particolare cura e<br />

raffinatezza, al delicato fascino<br />

coloristico delle pietre preziose,<br />

del raso, del velluto e della seta,<br />

avendo davanti agli occhi, ora<br />

dopo ora nella laguna, lo stesso<br />

incanto di colori di uno<br />

straordinario materiale<br />

…poi arrivò una seconda<br />

gondola in cerca di riparo<br />

e si piazzò accanto alla<br />

nostra; poco dopo se ne<br />

aggiunse una terza<br />

anch’essa in rapida fuga<br />

Si tratta di quelle macchie<br />

acquitrinose e delle barre di fango<br />

riconoscibili anche con l’acqua alta<br />

per via di quei pali sporgenti che le<br />

circondano, la cui linea delimita la<br />

corsia percorribile dalle barche<br />

…la migliore postazione per<br />

osservarle, come del resto per<br />

ammirare l’intera laguna, è dal<br />

campanile di San Giorgio<br />

Maggiore<br />

In un luminoso pomeriggio me ne<br />

stavo lassù, la città chiara con i suoi<br />

tre verdi giardini alberati giaceva<br />

silenziosa sotto la calura del sole<br />

Più di qualsiasi godimento<br />

dell’arte fu quest’ora raggiante a<br />

rimanere scolpita in me<br />

(……………)<br />

Hermann Hesse, Venezia 1901


StYle<br />

gondole veneziane<br />

Ma ora dimmi:<br />

Che sarebbe<br />

Venezia senza<br />

“La biondina<br />

in gondoléta”!?<br />

…da non<br />

confondere con:<br />

“Marieta monta<br />

in gondola”…<br />

lui: Marieta monta in gondola che mi te<br />

porto al Lido!<br />

lei: Mi no che no me fido, ti xè massa un<br />

impostor!<br />

lui: Cossa te disi cocola? Perché in quel boscheto...<br />

lei: Ti m'ha scrocà un baseto per pissegarme<br />

el cuor.<br />

11


StYle<br />

12<br />

gondole veneziane<br />

E tiche-tiche-ti... ti te disi "no"<br />

ma mi so' che te bate el cuore...<br />

tiche-tiche-tà... anca lu lo sa<br />

che a Venessia l'amor se fa...<br />

... in gondoleta..!<br />

lei: Digo no... no ghe vegno no!!!<br />

Co sto afar del si e del no, moleghe on ponto...<br />

moleghe on ponto... molè un ponto tutti<br />

do...!<br />

lui: Ma varda che spetacolo la luna xè d'argento<br />

lei: No far del sentimento cossa te vol mi<br />

so'.<br />

lui: Sora le tonde cupole, svola le colombele<br />

lei: Zònteghe pur le stele ma no me fido no!<br />

E tiche-tiche-ti te disi "no"<br />

ma mi so' che te bate el cuore...<br />

tiche-tiche-tà... anca lu lo sa<br />

che a Venessia l'amor se fa...<br />

... in gondoleta...!<br />

lei: Digo no... no ghe vegno no!!!<br />

lui: Va ben, va ben finimola mi ciapo un'altra<br />

strada<br />

lei: Te fa una balossada, no so se te convien!<br />

lui: Me sercarò Felisita per farte un bel dispeto<br />

lei: Mi no che no permeto perché... te vogio<br />

ben...!<br />

E tiche-tiche-ti... ti te disi "si"<br />

anca mi, sì me bate el cuore...<br />

tiche-tiche-tà... che felisità<br />

a Venessia l'amor se fa...<br />

in gondoleta, in gondoleta...<br />

in gondoleta, te darò un basin!!!<br />

Bixio-Cherubini-Concina


StYle<br />

14<br />

antonio vivaldi<br />

VENEZIA È<br />

Antonio Vivaldi, L’Estro Armonico<br />

Concerto no 12, RV 265<br />

Non ci sembra opportuno aggiungere<br />

parole. Se hai un violino,<br />

prova a far parlare la piccola pagina<br />

dello spartito. Se no corri ad un con-<br />

certo. E se non ce n’è uno a portata di<br />

mano, cosa c’è di meglio che un CD…<br />

Del resto, parole su Venezia non<br />

mancano davvero in queste pagine.


StYle<br />

16<br />

giacomo caSanova<br />

“Der neue geflügelte Kater Schnurr überall,<br />

und ihn nennet Venedig Patron”<br />

Ci voleva J. W. Goethe<br />

per chiamare il<br />

Leone «…gattone alato<br />

che fa le fusa!»<br />

Placidi all’Arsenale stanno due leoni dell’antica Grecia;<br />

piccola accanto a loro la porta, piccole torri e canale.<br />

Venisse giù la madre degli dèi, entrambi al cocchio<br />

si stringerebbero, ed ella godrebbe della sua pariglia.<br />

Invece se ne stanno mogi, mentre il nuovo gattone<br />

alato ovunque fa le fusa, e Venezia lo chiama suo<br />

patrono.<br />

Ruhig am Arsenal stehn zwei altgriechische Löven;<br />

klein wird neben dem Paar Pforte wie Turm und Kanal.<br />

Kame die Mutter der Gotter herab, es schmiegten sich<br />

beide<br />

Vor den Wagen, und sie freute sich ihres Gespanns.<br />

Aber nun ruhen sie traumi; der neue gesflugelte Kater<br />

Schnurr uberall, und ihn nennet Venedig Patron.


StYle<br />

fasoi a venezia<br />

1980. Così due letterati, che oggi<br />

preferiscono restare nell’anonimato (Ginka<br />

Cordara e Girolamo Melis), sgondolarono<br />

per giorni nella inenarrabile umidità della<br />

Laguna una Hawaiana che sembra una<br />

Giapponese, costringendola (con grazia e a<br />

pagamento) a mangiare i Fagioli Cirio con le<br />

bacchettine, mentre una Maschera<br />

veneziana, scelta e messa lì per sembrare un<br />

Gondoliere, commentava:<br />

“Fasoi Cirio, se magna ben e se spende pôco!”<br />

17


StYle<br />

dobbiaco<br />

I<br />

….E giovinezze erranti per le vie<br />

piene di un sole malinconico,<br />

portoni semichiusi, davanzali<br />

deserti, qualche piccola fontana<br />

che piange un pianto eternamente uguale<br />

al passare di ogni funerale,<br />

un cimitero immenso, un'infinita<br />

messe di croci e di corone, un lento<br />

angoscioso rintocco di campana<br />

a morto, sempre, tutti i giorni, tutte<br />

le notti, e in alto, un cielo azzurro, pieno<br />

di speranza e di consolazione,<br />

un cielo aperto, buono come un occhio<br />

di madre che rincuora e benedice.<br />

Dobbiaco si dice<br />

TOBLACH,<br />

ma il Poeta<br />

Sergio Corazzini<br />

decise di chiamarla<br />

TOBLACK<br />

19


StYle<br />

20<br />

dobbiaco<br />

Sergio Corazzini<br />

II<br />

Le speranze perdute, le preghiere<br />

vane, l'audacie folli, i sogni infranti,<br />

le inutili parole degli amanti<br />

illusi, le impossibili chimere,<br />

e tutte le defunte primavere,<br />

gli ideali mortali, i grandi pianti<br />

de gli ignoti, le anime sognanti<br />

che hanno sete, ma non sanno bere,<br />

e quanto v'ha Toblack d'irraggiungibile<br />

e di perduto è in questa tua divina<br />

terra, è in questo tuo sole inestinguibile,<br />

è nelle tue terribili campane<br />

è nelle tue monotone fontane,<br />

Vita che piange; Morte che cammina.<br />

III<br />

Ospedal tetro, buona penitenza<br />

per i fratelli misericordiosi<br />

cui ben fece di sé Morte pensosi<br />

nella quotidiana esperienza,<br />

anche se dal tuo cielo piova, senza<br />

tregua, dietro i vetri lacrimosi<br />

tiene i lividi tuoi tubercolosi<br />

un desiderio di convalescenza.<br />

Sempre, così finché verrà la bara,<br />

quietamente, con il crocefisso<br />

a prenderli nell'ultima corsia.<br />

A uno a uno Morte li prepara,<br />

e tutti vanno verso il tetro abisso,<br />

lungo, Speranza, la tua dolce via!<br />

IV<br />

Anima, quale mano pietosa<br />

accese questa sera i tuoi fanali<br />

malinconici, lungo gli spedali<br />

ove la morte miete senza posa?<br />

Vidi lungo la via della Certosa<br />

passare funerali e funerali;<br />

disperata etisia degli Ideali<br />

anelanti la cima gloriosa!<br />

Ora tutto è quieto; nelle bare<br />

stanno i giovini morti senza sole,<br />

arde in corona la pietà dei ceri.<br />

Anima, vano è questo lacrimare,<br />

vani i sospiri, vane la parole,<br />

su quanto ancora in te viveva ieri<br />

Sergio Corazzini, 1886-1907


StYle<br />

22<br />

ezra pound<br />

MAry de rAChewIlTz<br />

figlia di ezra Pound


E<br />

zra Pound si innamorò di<br />

Venezia a prima vista nel 1898. Aveva<br />

13 anni. E nel 1908 scriveva a sua madre:<br />

“Se Venezia non avesse la più<br />

bella faccia…”, cercando di giustificare<br />

un suo prolungato soggiorno.<br />

Apparentemente, agli occhi di lei,<br />

non faceva nulla di utile. Stava semplicemente<br />

a guardare e ad ascoltare.<br />

Assorbiva mare e cielo. Ascoltava lo<br />

sciacquio e il canto dei gondolieri. E<br />

poiché quanto vedesse, ascoltasse e<br />

sentisse tramutava in grande poesia,<br />

dopo oltre un secolo la sua presenza<br />

è ancora reale, seduto sui gradini della<br />

Dogana, o sul bordo di San Trovaso,<br />

camminando lentamente lungo<br />

le Zattere con gli occhi su San Giorgio,<br />

volto verso la Chiesa del Redentore<br />

sulla Giudecca, o attraversando<br />

il Ponte dell’Accademia per andare<br />

in casa di Alice e Giorgio Levi per un<br />

pomeriggio di musica.<br />

Alla fine degli anni Trenta, Giorgio al<br />

piano e la violinista Olga Rudge ge-<br />

neralmente suonavano Vivaldi e Mozart.<br />

Cercando da bambina di star<br />

dietro la sua fretta, o rallentando il<br />

passo durante gli ultimi anni, il suo<br />

numinoso silenzio pervade ogni movimento,<br />

la forma della sua figura sta<br />

lì, è una componente della città stessa,<br />

indelebile come lo è il nome inciso<br />

sulla tomba all’Isola di San Michele<br />

dove nel 1972 ha trovato riposo.<br />

Ma sul sottofondo ci sono anche i<br />

piccoli suoni giornalieri, il picchettio<br />

del bastone e i passi in calle Querini,<br />

dopo le spese in calle Larga e i cioccolatini<br />

da Moriondo; le risate in<br />

campo Sant’Agnese dove da una finestra<br />

all’ultimo piano si sporgeva<br />

Gennaro Favai agitando le braccia<br />

per farci salire nello studio a vedere<br />

i suoi quadri, le chiese dai colori tenui<br />

e un autoritratto incompiuto dai<br />

lineamenti decisi. E poi il poeta alto<br />

e biondo e il pittore magro dai capelli<br />

bianchi si mettevano a giocare lunghe<br />

partite a scacchi.<br />

Tre immagini del grande poeta<br />

statunitense ezra Pound,<br />

che visse per lo più in europa<br />

e fu uno dei protagonisti<br />

del modernismo e della<br />

poesia di inizio XX secolo<br />

23


StYle<br />

giacomo noventa<br />

Il Noventa<br />

di NOVENTA<br />

E come in bilico tra le sue due anime, quella di nascita<br />

Ca’ Zorzi e quella d’elezione Noventa, il Poeta – sempre<br />

lontano e sempre vicino alla sua terra – le manda un<br />

singolare messaggio, un impossibile saluto:<br />

Un giorno a l’altro mi tornarò<br />

No’ vùi tra zénte strània morir,<br />

Un giorno a l’altro mi tornarò<br />

Nel me paese.<br />

Dentro le pière che i ga inalzà<br />

Su le rovina, mi cercarò,<br />

dentro le pière che i ga inalzà,<br />

le vecie case.<br />

Sarò pai zòveni un forestier,<br />

che varda dove che i altri passa,<br />

sarò pai zoveni un forestier,<br />

no’ lori a mi.<br />

Carghi dei sogni dei me vint’ani,<br />

vedarò i burci partir ancora,<br />

carghi dei sogni dei me vint’ani,<br />

dal Piave al mar.<br />

Cussì che in ultimo mi no’ starò,<br />

coi altri vèci intorno al fògo,<br />

cussì che in ultimo mi no’ starò<br />

a dir “noialtri…”<br />

E a un dei tòsi che andarà via<br />

voltando i òci de nòvo al porto,<br />

e a un dei tòsi che andarà via<br />

ghe darò al cuor.<br />

Giacomo Noventa<br />

'AVÉSSIMO 'AVÙO PIETÀ DE LE BELE!<br />

'Avéssimo 'avùo pietà de le bele!,<br />

Del piaçer, e no del dolor,<br />

Che i corpi dimostra.<br />

'Avéssimo 'avùo pietà dei più forti!,<br />

De chi sofre di più.<br />

Saréssimo forse, ancùo, un fià più forti<br />

Nù stessi;<br />

No' andaréssimo vìa in giro, pianzendo,<br />

Zigando;<br />

Ascoltaréssimo el pianto dei altri:<br />

No' firmaréssimo tuto el dolor<br />

De 'sto mondo<br />

Coi nostri piccoli nomi.<br />

AVESSIMO AVUTO PIETA'...<br />

Avessimo avuto pietà delle belle!,<br />

Del piacere, e non del dolore,<br />

Che i corpi dimostrano.<br />

Avessimo avuto pietà dei più forti!,<br />

Di chi soffre di più.<br />

Saremmo forse, oggi, un poco più forti<br />

Noi stessi;<br />

Non andremmo via in giro piangendo,<br />

Gridando;<br />

Ascolteremmo il pianto degli altri:<br />

Non firmeremmo tutto il dolore<br />

Di questo mondo<br />

Coi nostri piccoli nomi.<br />

Giacomo Noventa<br />

25


StYle<br />

catullo a Sirmione<br />

Salve, o venusta Sirmio!<br />

di GAIO VAlerIO CATullO<br />

da Verona<br />

Paene insularum, Sirmio, insularumque<br />

Ocelle, quascumque in liquentibus stagnis<br />

Marique vasto fert uterque Neptunus,<br />

Quam te libenter quamque laetus inviso,<br />

Vix mi ipse Thyniam atque Bithynos<br />

Liquisse campos et videre te in tuto.<br />

O quid solutis est beatius curis,<br />

Cum mens onus reponit, ac preregrino<br />

Labore fessi venimus larem ad nostrum<br />

Desideratoque acquiescimus lecto.<br />

Hoc est, quod unumst pro laboribus tantis.<br />

Salve, o venusta Sirmio, atque ero gaude:<br />

Gaudete Vosque, o Lydiae lacus undae:<br />

Ridete, quidquid est domi cachinnorum.<br />

“O Sirmione, gemma di tutte le penisole e isole, tutte quelle<br />

che nei limpidi laghi e nel vasto mare sostiene l'uno e<br />

l'altro Nettuno, quanto volentieri e con quanta gioia torno<br />

a vederti, a stento credendo di avere finalmente lasciato<br />

la Tinia e i campi Bitini e di vedere te salvo.<br />

Ah, che cosa c'è di più dolce dell'essere libero da preoccupazioni,<br />

quando l'anima si libera del peso, e stanchi<br />

della fatica del viaggio giungiamo alla nostra casa, riposiamo<br />

nel letto desiderato. Questa è l'unica ricompensa,<br />

in cambio di tante fatiche.<br />

Ti saluto, o bella Sirmione, e godi per il padrone: godete<br />

anche voi, onde lidie del lago: ridete, oh voi tutte risate,<br />

che siete nella mia casa.”<br />

27


StYle<br />

28<br />

padova<br />

A destra: riva ruzante;<br />

sotto: Piazza Capitaniato<br />

ANGELO BEOLCO<br />

(il Ruzante) spara<br />

al cielo il suo<br />

Inno a Padova<br />

(altro che Zelig!)<br />

loggia Cornaro: è il luogo in cui il ruzante<br />

metteva in scena le sue opere teatrali<br />

Io, come vi dico, sono un buon<br />

pavàno, e non cambierei la mia<br />

lingua con duecento fiorentinesche,<br />

e non vorrei esser nato neanche<br />

nell’Egitto di Betlemme, dov’è<br />

nato Gesù Dio, per non essere pavàno.<br />

O Gesù Cristo! essere pavano è<br />

pure una bella cosa! Ma dov’è l’aria<br />

migliore? Dov’è il miglior pane?<br />

Dov’è il miglior vino? Dov’è il miglior<br />

territorio di monte e di piano? Dov’è<br />

la miglior gente, ragazzi, ragazze, giovani,<br />

vecchi e d’ogni età? Dov’è la<br />

miglior gente di campagna, che fanno<br />

carezze a tutti, e ospitano tutti volentieri,<br />

e se abbiamo un pane solo<br />

lo dividiamo a metà? Dov’è città più<br />

bella? Dove più forte? Dove sono tante<br />

belle chiese, guarda, come quella<br />

del Santo? Dove tante belle piazze?<br />

Dove sono tanti bei fiumi? Dove tanti<br />

bei portici, che puoi andare al coperto<br />

dappertutto, e piova pure, se vuole?<br />

Dove sono tanti dotti di tutte le<br />

scienze, che tutti da tutto<br />

il mondo corrono in folla<br />

a imparare, se non qui?<br />

Dove sono i migliori cittadini,<br />

guarda, che si ammazzino,<br />

come fanno in<br />

tutte le altre città, dappertutto?<br />

Ma sai perché? Perché<br />

siamo tutti del sangue<br />

misto di messer Antenore<br />

da Troia, che fece questo<br />

nostro epitaffio, come<br />

disse quel grande<br />

scrittore Virgilio, quando<br />

disse: Antenore potuit<br />

mediis elapsus Achivis.<br />

O Padova di Troia! O sangue giusto!<br />

Come parlo di te, mi fai stringere il<br />

cuore di dolcezza, che non posso più<br />

dire come vorrei. E perciò ti prego,<br />

glorioso Sant’Antonio, che tu possa<br />

dire le lodi della tua Padova e far conoscere<br />

di che ceppo siamo e da che<br />

stirpe siamo venuti… Oh Gesù Dio<br />

crocefisso, oh vergine Maria, che tu<br />

sia sempre lodata e benedetta, che<br />

mi hai fatto generare e nascere qui,<br />

guardaci da fame, peste, guerre, malattie<br />

e dai saccheggi dei soldati, e fa<br />

che i bambini, che sono nati in queste<br />

tribolazioni, diventino degli Orlandi<br />

paladini, e quelli che non sono<br />

ancora nati diventino degli Aristoteli<br />

in lettere, che vadano col cervello oltre<br />

il cielo empireo e addirittura a<br />

Calicut, per illustrare il nostro nome,<br />

affinché per tutto il vario mondo si<br />

scriva: Padova, Padova, Padova, così<br />

come dappertutto si balla la Pavana<br />

per il miglior ballo che ci sia.


Officina delle Idee<br />

IL SENSO DELLE CASE<br />

www.class-re.com


StYle<br />

30<br />

heidegger venezia<br />

HEIDEGGER<br />

a Venezia<br />

sulla via di<br />

Delfo<br />

alcune immagini<br />

di martin heidegger<br />

Igiorni freddi e piovosi trascorsi a Venezia<br />

offrirono un insolito preludio. Il lussuoso<br />

ma anonimo albergo dove eravamo capitati<br />

si adeguava perfettamente, tanto desolato<br />

era il suo aspetto, all’impressione di decadimento<br />

che suscitava la città. Storicamente<br />

più tarda di molti secoli, e perciò a noi temporalmente<br />

più vicina della Grecia, Venezia è<br />

priva della forza di indicare un cammino. È<br />

ormai decaduta, per diventare oggetto di indagini storiografiche, attrazione<br />

per svagati scrittori, occasionale luogo di ritrovo per congressi ed esposizioni<br />

internazionali, impresa per sfruttare gli stranieri di passaggio. La<br />

potenza e lo sfarzo della Repubblica di un tempo sono ormai dileguati<br />

da ciò che è rimasto, dalla confusa e multiforme accozzaglia di piazze e<br />

palazzi che vengono incessantemente e variamente descritti. Persino la<br />

Messa della domenica delle Palme nella Basilica, in un luogo cioè dove<br />

ci si sarebbe aspettati una tradizione di culto ancor viva, mi fece l’effetto,<br />

con la sua stanca liturgia, di una vuota rappresentazione. Tutto è invecchiato,<br />

e tuttavia nulla è antico; si vede ciò che è trascorso, ma non ciò<br />

che è stato, che è raccolto, qui in quel che resta, per donarsi nuovamente<br />

a chi lo aspetta.<br />

Chi consideri la città sotto il profilo storico ed estetico – e non abbia costantemente<br />

davanti agli occhi, ben presente alla coscienza, la violenza<br />

della tecnica nel mondo attuale – può scorgere ancora oggi, a tratti e fugacemente,<br />

l’incanto di Venezia. Chi però è in cerca del luogo che, benché<br />

nascosto, determina l’odierno stato del mondo, e sa bene che tutte le ultime<br />

novità, così come la fuga nella ricerca storiografica, vanno in frantumi<br />

qualora non vengano restituite al loro elemento più antico e originario,<br />

per costui Venezia può essere solo la città di porto che offre una<br />

banchina di attracco alla nave in viaggio verso la Grecia. Dire ciò può<br />

apparire storiograficamente scorretto, ma storicamente è necessario. La<br />

storia sta al di sopra della storiografia. Nella storia domina il destino.<br />

Come un’immagine del destino appare il mare notturno; il moto antichissimo<br />

delle sue onde, incurante del moderno motoscafo, è sempre<br />

governato dalla stessa legge.<br />

Martin Heidegger<br />

(Da “Soggiorni”, ediz. Adelphi)


StYle<br />

32<br />

carlo goldoni<br />

Lele Mora, Fabrizio Corona<br />

e Alfonso Signorini:<br />

tre dilettanti alla corte di<br />

CARLo GoLDoNi<br />

“la bottega del caffè”<br />

(…)<br />

Don Marzio – Io so perché Eugenio è tornato in pace con<br />

sua moglie. Egli è fallito, e non ha più da vivere. La moglie<br />

è giovine, bella… Non l’ha pensata male, e Rodolfo gli<br />

farà il mezzano.<br />

Leandro (uscendo dal barbiere) – Andiamo dunque alla<br />

locanda a prendere il vostro piccolo bagaglio.<br />

Placida – Caro marito, avete avuto tanto cuore di abbandonarmi?<br />

Leandro – Via non ne parliamo più. Vi prometto di cambiar<br />

vita.<br />

Placida – Lo voglia il cielo. (s’avvicina alla locanda.)<br />

Don Marzio (a Leandro burlandolo) – Servo di vosustrissima,<br />

signor Conte.<br />

Leandro – Riverisco il signor protettore, il signor buona<br />

lingua.<br />

Don Marzio (a Placida deridendola) – M’inchino alla si-<br />

( )<br />

gnora contessa.<br />

Placida – Serva, signor cavaliere delle castagne secche.<br />

(entra in locanda con Leandro)<br />

Don Marzio – Andranno tutti e due in pellegrinaggio a<br />

battere la birba. Tutta la loro entrata consiste in un mazzo<br />

di carte.<br />

Lisaura – La pellegrina è tornata alla locanda con quel<br />

disgraziato di Leandro. S’ella ci sta troppo, me ne vado<br />

assolutamente di questa casa. Non posso tollerare la vista,<br />

né di lui, né di lei.<br />

Don Marzio (coll’occhialetto) – Schiavo, signora ballerina.<br />

Lisaura (bruscamente) – La riverisco.<br />

Don Marzio – Che cosa avete? Mi parete alterata.<br />

Lisaura – Mi maraviglio del locandiere, che tenga nella<br />

sua locanda simil sorte di gente.<br />

Don Marzio – Di chi intende parlare?<br />

Lisaura – Parlo di quella pellegrina, la quale è donna di


StYle<br />

carlo goldoni<br />

mal affare, e in questi contorni non ci sono mai state di<br />

queste porcherie.<br />

Placida (dalla finestra della locanda) – Eh,<br />

signorina, come parlate dei fatti miei? Io<br />

sono una donna onorata, non so se così si<br />

possa dir di voi.<br />

Lisaura – Se foste una donna onorata, non<br />

andreste pel mondo birboneggiando.<br />

Don Marzio (ascolta, e osserva di<br />

qua e di là coll’occhialetto, e ride)<br />

Placida – Son venuta in traccia<br />

di mio marito.<br />

Lisaura – Sì, e l’anno passato in<br />

traccia di chi eravate?<br />

Placida – Io a Venezia non ci sono<br />

più stata.<br />

Lisaura – Siete una bugiarda.<br />

L’anno passato avete fatta una trista<br />

figura in questa città.<br />

Placida – Chi vi ha detto questo?<br />

Lisaura – Eccolo lì: il signor Don<br />

Marzio me l’ha detto.<br />

Don Marzio – Io non ho detto nulla.<br />

Placida – Egli non può aver detto una<br />

tal bugia; ma di voi sì mi ha narrato la<br />

vita e i bei costumi. Mi ha egli informato<br />

dell’esser vostro, e che ricevete le<br />

genti di nascosto per la porta di dietro.<br />

Il ristorante Quadri di Venezia.<br />

A destra: “la bottega del caffé”<br />

di Vittorio emanuele Bressanin<br />

(1860-1941)<br />

Don Marzio – Io non l’ho detto. (sempre con l’occhialetto<br />

di qua e di là)<br />

Placida – Sì che l’avete detto.<br />

Lisaura – È possibile che il signor Don Marzio abbia<br />

detto di me una simile iniquità?<br />

Don Marzio – Vi dico, non l’ho detto.<br />

Eugenio (alla finestra de’ camerini) – Sì che l’ha detto,<br />

e l’ha detto anche a me, e dell’una e dell’altra.<br />

Della pellegrina, che è stata l’anno passato a<br />

Venezia a birboneggiare; e della signora ballerina,<br />

che riceve le visite per la porta di<br />

dietro.<br />

Don Marzio – Io l’ho sentito dir da Ridolfo.<br />

Ridolfo (da altra simile finestra dei camerini)<br />

– Io non son capace di far queste cose.<br />

Abbiamo anzi altercato per questo. Io sosteneva<br />

l’onore della signora Lisaura, e Vostra<br />

Signoria voleva che fosse una donna cattiva.<br />

Lisaura – Oh disgraziato!<br />

Don Marzio – Sei un bugiardo.<br />

Vittoria (da altra simile finestra) – A me<br />

ancora ha detto che mio marito teneva pratica<br />

con la ballerina, e con la pellegrina; e me le ha<br />

dipinte per due scelleratissime femmine.<br />

Placida – Ah scellerato!<br />

Lisaura – Ah maledetto!<br />

…………….. e continua, fino ad esaurimento!<br />

33


StYle<br />

grado<br />

Grado e<br />

il suo poeta<br />

Un mar deserto,<br />

ma non di poesia…<br />

Un mar deserto,<br />

ma non di poesia…<br />

Un mar deserto<br />

Sensa vele e rumuri<br />

De lontani vapuri<br />

Su l’urizonte inserto.<br />

Ale ferme, un corcal<br />

Vilisa col maestral<br />

Ne l’alta solitàe<br />

De la fiamante istae.<br />

Solo ‘l sol, al so logo,<br />

fermo, siguro,<br />

difuso ne l’azuro<br />

el grando fogo.<br />

Solo elo nel spasio<br />

Fora d’ogni misura,<br />

in quel topassio<br />

che te riduse a luse pura.<br />

Biagio Marin<br />

35


StYle<br />

36<br />

guido ceronetti<br />

GUIDO<br />

CERONETTI,<br />

genio vero,<br />

burattino & burattinaio,<br />

Veneziano ad honorem<br />

“Venezia,<br />

25 settembre. È<br />

l’una di pomeriggio, Venezia è tutta<br />

un solo enorme ventre, un<br />

laboratorio di masticazioni. Passo un<br />

paio d’ore al Caffè Florian<br />

correggendo bozze, dopo essermi<br />

schiaffeggiato con un caffè per non<br />

soccombere al sonno. Una grossa<br />

virago straniera con grandi occhi<br />

pazzi mi fa domande da un tavolino<br />

vicino: “Lei è scrittore? Che cosa<br />

scrive?”. Proprio la domanda giusta;<br />

non avrà risposta. “È ungherese?”.<br />

(Tutto quel che so di ungherese è<br />

‘violino tzigano’ di Bixio.) La prego di<br />

lasciarmi lavorare in pace; si rivolge<br />

ad altri. Quando esce mi saluta con<br />

una smorfia di malaugurio,<br />

sordamente furiosa. Probabilmente<br />

una strega danubiana. Nella sera<br />

dolcissima, proseguo il lavoro fino a<br />

tardi sui gradini di Santa Maria<br />

Formosa tra voci (voci, finalmente,<br />

solo a Venezia vive ancora la voce<br />

umana) di bambini.”


Il mondo è bello, ragazzi. Abbiamo<br />

incontrato un vino – o meglio, uno<br />

stile altrove perduto di fare il vino –<br />

che non ha uguali oggi, nel nostro<br />

Bel Paese del Vino. Questo vino<br />

ha il nome di <strong>Magda</strong> <strong>Pedrini</strong>. E<br />

oggi ha l’abito che gli hanno cucito<br />

addosso alcuni giovani Artisti<br />

dell’Accademia di Brera...


StYle<br />

38<br />

lelio luttazzi<br />

LELIO LUTTAZZI<br />

(…quel fiol de)<br />

un can de Trieste


…con Mina<br />

…e con la sua magica Città<br />

A Trieste non mancano<br />

i cantori e i poeti, ma uno<br />

di loro ha regalato suoni<br />

sorrisi parole canzoni e<br />

gioia a mezzo secolo d’Italia<br />

Xe tanto ormai che son lontan de ti vecia Trieste mia<br />

Son restà solo e gavevo voia de voia de compagnia<br />

Alora Trevisan me ga mandà un bel can nato in un'osteria<br />

Però quel fiol de un can quel fiol de un can de un can<br />

el iera sempre triste<br />

No'l me fazeva mai le feste gnanca a mi che son el suo paron<br />

Alora go mandà una cartolina una cartolina de protesta<br />

Alora el mulo Trevisan me ga risposto el me ga spiegà perché<br />

Solo davanti a un fisco de vin quel fiol de un can fa le feste<br />

perché 'l xe un can de Trieste perché 'l xe un can de Trieste<br />

Davanti a un fiasco de vin quel fiol de un can fa le feste<br />

perché 'l xe un can de Trieste e ghe piasi el vin!<br />

Da qualche mese in qua a bever go imparà<br />

come un fachin del porto<br />

E in sta maniera so che un giorno sentirò<br />

la mia campana a morto<br />

Ma chi se ne... pardon! Che i fazi pur din-don<br />

se morirò contento<br />

Perché quel fiol de un can quel fiol de un can de un can<br />

el xe cusì beato<br />

Adesso el me lecca come un mato<br />

perché spuzo sempre più de vin<br />

E so che'l me vol ben che go un amico<br />

per la prima volta in vita mia<br />

E mi me basta un ano de sta bela vita<br />

e po' sarà quel che sarà<br />

Solo davanti a un fisco de vin quel fiol de un can fa le feste<br />

perchè 'l xe un can de Trieste perchè 'l xe un can de Trieste<br />

Davanti a un fisco de vin quel fiol de un can fa le feste<br />

perchè 'l xe un can de Trieste e ghe piasi el vin!<br />

perchè 'l xe un can de Trieste e ghe piasi el vin!<br />

e ghe piasi el vin! e ghe piasi el vin! Si!<br />

Viva là e po' bon! Viva là e po' bon!<br />

Lelio Luttazzi<br />

39


…e che ti lascia intuire la sua nobile<br />

provenienza, e ti dà voglia di<br />

possederlo, di respirarne gli aromi,<br />

di assaporarne l’essenza, ma…


StYle<br />

giovanni comiSSo<br />

…IO VIVO DI PAESAGGIO<br />

T<br />

Giovanni Comisso,<br />

la casa di Treviso,<br />

la casa di campagna<br />

REVISO. Entro l’anno comperai una piccola terra poco distante<br />

da Treviso. Il posto era bellissimo, pure essendo in pianura,<br />

isolato nella campagna, le montagne sfumavano lontano, cineree<br />

come le Colline dell'Occidente viste da Pechino, un fiume fluiva<br />

lento come i canali di Olanda, vi erano campi gialli di colza come<br />

a primavera attorno a Sciangai e ciliegi in fiore come sulle montagne<br />

di Nicco e prati verdi e grassi come nei dintorni di Londra.<br />

Perfino una casa di contadini prospiciente alla mia era costruita<br />

a tetti sovrapposti come quelle dell'Oriente. Queste apparenze<br />

cominciarono a convincermi che tutto il mondo sta in un metro<br />

quadrato, ma sentivo anche formarsi in me una nuova formula<br />

di vivere, senza più tanto viaggiare, per restare fermo approfondendomi<br />

dentro di me. Strana ironia, questo paese dov'era questa<br />

mia terra e che mi appariva così vasto si chiamava: Zero.<br />

•<br />

Ritornai ancora nella mia campagna ad ascoltare il canto degli<br />

usignoli. [...] Un giornale mi propose di andare nell'isola di Lagosta<br />

in mezzo all'Adriatico per fare alcuni articoli sulla pesca. [...] Ritornai<br />

di nuovo in campagna dove si batteva il frumento. [...] An-<br />

41


StYle<br />

42<br />

giovanni comiSSo<br />

Sotto: Giovanni Comisso e la<br />

sua casa di Trieste<br />

cora il giornale mi offerse di fare in autunno un viaggio in Sardegna.<br />

[...] Bruno era stato congedato e ritornò da me. Durante l'inverno<br />

andammo a Cortina. [...] Quando le nevi cominciarono a sciogliersi<br />

ritornammo alla mia campagna. [...] Ero ancora inquieto e volevo<br />

muovermi, avevo ottenuto dal giornale un'automobile. [...] In autunno<br />

ero ritornato a vivere in campagna<br />

•<br />

Vivere in campagna nella sovrana pianura veneta, con il cielo<br />

ventilato ora dal mare, ora dai monti, giovò a darmi intero me<br />

stesso, decimando tutti i rimpianti per le terre lontane dove mi<br />

ero per poco radicato con ebbrezza.<br />

•<br />

Pensavo che nella vita basta vivere una sola volta una passione e<br />

bruciarsi in essa come un fiammifero: avrei potuto vivere cento<br />

anni del ricordo di essa. Mi ero bruciato in essa.<br />

•<br />

Questa terra dove vivo non mi concede il desiderio di altre terre<br />

del mondo. Le conosco quasi tutte e anche se qualcuna è perennemente<br />

serena non riesce ad anteporsi alla mia.<br />

•<br />

Quella terra che apparteneva al mondo universo mi riusciva così<br />

intima a esso da escludere ogni intervento umano «fino al centro<br />

della terra e fino alle stelle», secondo la concezione giuridica. Al<br />

tramonto chiudevo le imposte che cigolando mi davano il suono<br />

della loro voce, anche le porte avevano la loro voce e ogni angolo,<br />

ogni oggetto, divenuti costanti al mio sguardo dal risveglio fino<br />

al momento in cui spegnevo la luce per rientrare nel sonno, erano<br />

divenuti rispondenti con me come se in loro circolasse il mio<br />

stesso sangue.<br />

•<br />

Certe volte ci si lascia prendere dalle radici. Lasciarsi prendere<br />

dalle radici significa invecchiare. [...] Si tratta soprattutto di non<br />

avere voglia di fare qualcosa nella certezza che tutto sia inutile,<br />

senza la possibilità di un innesto e di una moltiplicazione.<br />

•<br />

Voglio vivere metodico, sistematico nel chiuso prestabilito delle<br />

ore e dei minuti. [...] Non voglio né soffrire, né godere, voglio solo<br />

arrivare vecchissimo per vedere cosa è stato utile di me.<br />

•<br />

In quella giornata di pioggia avevo rinverdito come un albero,<br />

ma il mio tronco era scavato dal rodere inesorabile del tempo.<br />

Vivere era stato come più volte morire. Ancora avevo vissuto e<br />

ancora dovevo morire.<br />

Giovanni Comisso, opere varie


www.magdapedrini.it<br />

info@magdapedrini.it<br />

Tel. +39 0143 667923<br />

Fax +39 0143 667929<br />

…ti chiedi dove trovarlo. E lo cerchi<br />

nelle botteghe del vino amiche, nelle<br />

enoteche, e interroghi i grandi<br />

ristoratori… e infine scopri un<br />

indirizzo: l’indirizzo di <strong>Magda</strong><br />

<strong>Pedrini</strong>…


StYle<br />

44<br />

Josif BrodSkij<br />

Tra me e Brodskij c’è una differenza<br />

di età di dieci anni. Lui era più<br />

vecchio di me. Non è una gran differenza<br />

quando hai quarant’anni e l’altro<br />

ne ha cinquanta. Ho pensato che<br />

in sostanza io e Brodskij a Leningrado<br />

giravamo per le stesse vie nello<br />

stesso periodo. In teoria avremmo<br />

potuto benissimo incontrarci, semplicemente<br />

vederci. Cominciai a domandarmi<br />

perché ciò non fosse avvenuto.<br />

Perché avevamo frequentazioni<br />

diverse, interessi diversi? Perché<br />

a 12 anni Brodskij leggeva Marco Aurelio,<br />

mentre io non sapevo neppure<br />

chi fosse? Perché nel 1972 lui scrisse<br />

uno dei migliori componimenti di<br />

tutta la poesia mondiale, “Lettere<br />

all’amico romano”, mentre io nello<br />

stesso anno consideravo “La centrale<br />

idroelettrica” di Bratsk di Evtushenko<br />

una vetta della creazione poetica? Per<br />

questo tutto il libro è un gioco a rincorrersi.<br />

Io ho cercato sempre di raggiungerlo,<br />

provando, se non a superare<br />

con un balzo, almeno a ridurre<br />

il baratro che ci separava: la sua eru-<br />

dizione dalla mia ignoranza, la sua<br />

libertà dalla mia schiavitù, la sua disinvolta<br />

padronanza della lingua dal<br />

mio uso impacciato.<br />

Come è nata la sua passione per<br />

Brodskij?<br />

Dalla passione per Venezia. È di una<br />

bellezza sorprendente. E poi è una<br />

città fatta per camminare. Anche l’architettura<br />

è a misura di pedone. Come<br />

scriveva Brodskij, a Venezia le<br />

gambe portano a spasso gli occhi.<br />

Camminare a piedi e ammirarne la<br />

bellezza è qualcosa di straordinario<br />

e appassionante. Cerco sempre di<br />

sgattaiolare a Venezia alla prima occasione.<br />

Ormai è diventata una necessità<br />

per me. Una volta tornavo dal<br />

mio ennesimo viaggio a Venezia<br />

quando un amico mi telefona. Gli<br />

parlo della città e lui mi risponde:<br />

“Quello che mi stai dicendo è un pallido<br />

riflesso di ciò che dice Brodskij<br />

di Venezia nelle sue conversazioni<br />

con Solomon Volkov”. Comprai subito<br />

il libro, cominciai a leggerlo e capii<br />

che potevano esserci motivi più<br />

di IurIj lePSkIj<br />

della rossiyskaya Gazeta<br />

(testo raccolto da Stefania zini per “russia oggi”)<br />

ampi e profondi per amare questa<br />

città di quelli che avevo io.<br />

Cosa diceva Brodskij a Volkov?<br />

Brodskij spiega perché andava a Venezia<br />

d’inverno. Quell’odore di alghe<br />

congelate, l’incresparsi dell’acqua<br />

nei canali, l’intricato groviglio di canali<br />

e viuzze, i ponti e i ponticelli, tutto<br />

ciò gli ricordava l’amata Leningrado<br />

di cui era stato crudelmente privato.<br />

Ci sono due posti a Venezia che<br />

assomigliano molto all'odierna San<br />

Pietroburgo. Dando le spalle alla targa<br />

commemorativa di Brodskij nel<br />

quartiere Dorsoduro, se si guarda la<br />

Giudecca oltre il Golfo, socchiudendo<br />

leggermente gli occhi, per un attimo<br />

si ha immancabilmente l’impressione<br />

di stare sul lungofiume del Palazzo<br />

d’Inverno e di guardare la riva opposta,<br />

al di là della Nevà. Non a caso<br />

Brodskij scrisse che la felicità “è<br />

quando incontri degli elementi di cui<br />

tu stesso sei fatto e che si trovano allo<br />

stato libero”. Immaginate di venire<br />

disintegrati in atomi e dispersi nell’aria,<br />

e di sentire che siete qui da


Il poeta josif Brodskij in gondola<br />

per i canali di Venezia.<br />

qualche parte, in quest’aria. È questo<br />

che provava Brodskij. A Venezia, in<br />

un certo senso, egli era entrato nel<br />

proprio autoritratto. Nello stesso periodo<br />

apparvero per la prima volta in<br />

edizione russa i saggi di Brodskij. Era<br />

la fine degli anni Novanta. Il libro<br />

“Meno di uno” conteneva un saggio<br />

intitolato “Fondamenta degli Incurabili”.<br />

Lo lessi e volli tornare immediatamente<br />

a Venezia perché volevo<br />

vedere subito e con i miei occhi ciò<br />

che Brodskij aveva scritto. Passai un<br />

intero giorno alla ricerca della via<br />

evocata nel saggio omonimo.<br />

Come andò?<br />

Acquistata una mappa della città, la<br />

studiai attentamente ma non trovai<br />

nulla di simile. Decisi allora di ripercorrere<br />

letteralmente i passi di Josif:<br />

percorsi quindi il ponte dell’Accade-<br />

mia, voltando poi a destra e passando<br />

attraverso gli stretti vicoli veneziani<br />

arrivai a un tranquillo canale<br />

deserto, là dove una volta si trovava<br />

la pensione Accademia, il primo rifugio<br />

veneziano di Brodskij. Percorsi<br />

la riva del canale fino alla fine, voltai<br />

poi in direzione della chiesa di Santa<br />

Maria della Salute arrivando così nel<br />

rispettabile quartiere dove, secondo<br />

la mia modesta opinione, qualche<br />

anno fa probabilmente viveva Olga<br />

Rudge, vedova del famoso poeta Ezra<br />

Pound. Impersonando un vecchio<br />

ospite di Olga, seguendo attentamente<br />

le istruzioni ricevute voltai a<br />

sinistra partendo dalla casa e dopo<br />

due minuti... mi trovai su Terra Foscarini,<br />

a tre passi dal ponte dell’Accademia,<br />

da dove era iniziata la mia<br />

ricerca. Il fiasco era completo ed eloquente.<br />

Tuttavia nulla a questo mondo<br />

accade senza conseguenze. Dopo<br />

aver passeggiato per qualche tempo<br />

lungo via Garibaldi, lontana dagli itinerari<br />

turistici più frequentati di questa<br />

città, mi imbattei in un eccellente<br />

negozietto di antiquariato. Eccellente<br />

anche perché il suo proprietario possedeva<br />

un’antica mappa di Venezia.<br />

Dopo una trattativa breve ma intensa<br />

venni in possesso della mappa, documento<br />

di incredibile valore topografico.<br />

Esaminandola più attentamente,<br />

sobbalzai dall’entusiasmo.<br />

Nell’angolo in basso a sinistra del manoscritto,<br />

al confine meridionale del<br />

quartiere di Dorsoduro, nello stesso<br />

luogo dove la terra di questa isoletta<br />

confinava con lo stretto della Giudecca,<br />

era stato scritto con l’inchiostro<br />

nero: Fondamenta degli Incurabili.<br />

Ecco, questo lungofiume esiste, o in<br />

ogni caso esisteva in passato.<br />

45


StYle<br />

46<br />

Josif BrodSkij<br />

San Pietroburgo<br />

Come mai era scomparso dalle<br />

mappe?<br />

Lo strano nome del lungofiume è dovuto<br />

alla presenza di un ospedale e<br />

dei quartieri ad esso connessi, dove<br />

nel Medioevo erano confinati i malati<br />

terminali contagiati dalla peste.<br />

Quando l’epidemia scomparve, i sopravvissuti<br />

di Venezia decisero di costruire<br />

a ricordo degli scomparsi Santa<br />

Maria della Salute, chiesa dall’incredibile<br />

bellezza. S’innalza sulla lingua<br />

di Dorsoduro, unendo (o dividendo)<br />

i quartieri dell’Accademia dai<br />

quartieri degli Incurabili. Nelle mappe<br />

moderne non ce n’era più traccia<br />

perché Venezia voleva consapevolmente<br />

o inconsapevolmente dimenticare<br />

le pagine più dolorose del suo<br />

passato. Il luogo una volta conosciuto<br />

come il lungofiume degli Incurabili<br />

era stato ribattezzato Fondamenta<br />

Zattere, dove Zattere sta per lungofiume,<br />

banchina. È stato l’ex sindaco<br />

Massimo Cacciari a restituirgli il suo<br />

nome originario.<br />

Ci sono altri luoghi a Venezia dove<br />

si può “ritrovare” Brodskij?<br />

Si può iniziare andando all’Harry’s<br />

Bar, famoso perché venne frequentato<br />

da Hemingway e perché fu qui<br />

che nacquero il cocktail Bellini e il<br />

Carpaccio. Entrambi sono stati inventati<br />

da Cipriani. Fu all’Harry’s Bar<br />

che Brodskij festeggiò il Natale del<br />

1972. Si può, anzi si deve proseguire<br />

recandosi alle Fondamenta degli Incurabili.<br />

A Palazzo Marcello sul Rio<br />

Verona invece Brodskij visse durante<br />

i soggiorni a Venezia dei suoi ultimi<br />

due anni di vita. Fu qui che alloggiò<br />

anche nel dicembre del 1995, prima<br />

di morire. A gennaio non era già più<br />

A zonzo pEr VEnEziA<br />

nel 60° anniversario della nascita<br />

di Josif Brodsky è stato pubblicato<br />

a Mosca l’insolito volume<br />

“Sulle tracce di Brodsky”. La sua<br />

singolarità sta nel fatto che non<br />

si tratta né di un saggio sull’opera<br />

del poeta né di una biografia,<br />

ma di una sorta di guida ai luoghi<br />

prediletti da Brodsky. Si potrebbe<br />

dire che è un libro su Venezia,<br />

città amatissima da Brodsky,<br />

o meglio su una Venezia<br />

inedita: come si arriva oggi, infatti,<br />

a Fondamenta degli incurabili,<br />

tratto di strada evocato da<br />

Brodsky nel suo saggio omonimo<br />

a cui è stato restituito il nome<br />

originario dall’ex sindaco<br />

Cacciari, ma ormai inaccessibile<br />

nella Venezia attuale? iurij Lepskij,<br />

il giornalista di “rossiyskaya<br />

gazeta” autore del libro, lo sa.<br />

tra noi. La Locanda Montin era uno<br />

dei ristoranti preferiti dal poeta. Si<br />

tratta di una piccola guesthouse con<br />

ristorante, una specie di art-club<br />

semplice e senza eccessive pretese.<br />

Il Montin è un locale capriccioso che<br />

apre e chiude quando vuole. Vi capitano<br />

spesso personaggi famosi. Una<br />

volta, seduta al tavolo accanto al mio,<br />

pranzava Michelle Pfeiffer. A Brodskij<br />

piaceva molto anche la Trattoria Rivetta<br />

con la sua atmosfera molto allegra.<br />

Era il ritrovo dei gondolieri. Via<br />

Garibaldi gli ricordava Leningrado.<br />

Nel mezzo di questa strada si trovano<br />

i famosi Giardini veneziani molto simili<br />

al Giardino d’Estate di Leningrado.<br />

Anche il mercato del pesce era un<br />

luogo amato dal poeta. Oggi Brodskij<br />

riposa a San Michele, dove è stato sepolto.<br />

Perché venne sepolto a Venezia e<br />

non a San Pietroburgo?<br />

Era in parte un desiderio suo, in parte<br />

di sua moglie Maria Sozzani che non<br />

avrebbe mai portato le sue spoglie<br />

nella città che lo aveva cacciato.<br />

Lepskij, pensa di far tradurre il suo<br />

libro in altre lingue. Per esempio in<br />

italiano?<br />

Non saprei. Dipende da quanto possa<br />

essere interessante per gli italiani…<br />

Non crede possa?<br />

Mi sembra che gli italiani in questo<br />

senso non siano diversi dai lettori<br />

russi. In Russia non ci sono poi così<br />

tanti appassionati dei saggi e delle<br />

poesie di Brodskij. I suoi libri sono<br />

per intellettuali o, come si dice adesso,<br />

per i “lettori evoluti”. Credo che<br />

in Russia se ne trovino 10mila. E forse<br />

altrettanti in Italia. È un numero sufficiente<br />

per intraprendere una traduzione?<br />

Non lo so.


Ecco, hai incontrato il primo sorso<br />

di bellezza di <strong>Magda</strong>. Era un<br />

Gavi, era un Monferrato, era il<br />

nettare d’una delle cinque Vigne di<br />

<strong>Magda</strong> <strong>Pedrini</strong>. Ma quale? Non<br />

essere impaziente… un sorso<br />

è un sorso, e un sorriso è un<br />

sorriso. La bellezza è<br />

anche nell’attesa della<br />

prossima volta…


StYle<br />

48<br />

isola vicentina<br />

COSÌ ISOLA VICENTINA<br />

ENTRÒ PER SEMPRE<br />

NELLA STORIA<br />

DELLA CHIESA<br />

Romano Guardini - Per Papa Ratzinger<br />

è il punto di riferimento della teologia<br />

del XX secolo. Per me è “mio zio Romano”<br />

“Le vacanze con mio zio Romano”<br />

«Era<br />

un uomo che viveva per<br />

Dio: non trovo modo migliore per definirlo.<br />

Tutti noi lo rispettavamo enormemente<br />

e in casa si faceva silenzio per non disturbarlo,<br />

quando studiava. Un uomo<br />

che aveva molta coscienza del suo essere<br />

sacerdote».<br />

Sono i primi ricordi, istantanee che affiorano<br />

nella<br />

mente del nipote<br />

di Romano Guardini,<br />

Giuliano, un industriale veneto<br />

oggi ottantatrenne.<br />

Ricordi che, a 40 anni di distanza<br />

dalla scomparsa del<br />

grande teologo, tornano all’infanzia,<br />

alle lunghe estati<br />

trascorse con lo zio nella casa<br />

di campagna di Isola Vi-<br />

di Filippo rizzi<br />

centina, non lontano da<br />

Vicenza: «Lo zio veniva<br />

dalla Germania per trascorrere<br />

con la sua famiglia<br />

di origine le vacanze<br />

estive, in questa città<br />

dove oggi, nonostante il<br />

trascorrere del<br />

tempo, io vivo ancora».<br />

E aggiunge,<br />

con una punta di<br />

orgoglio: «Anche Isola Vicentina<br />

lo ricorderà con un convegno il<br />

prossimo 25 ottobre».<br />

Istantanee e immagini di una<br />

personalità d’eccezione: «Zio Romano<br />

era un uomo molto buono,<br />

ma severo nell’aspetto e dalla<br />

personalità assai spiccata. Le sue<br />

giornate qui da noi erano intera-


mente dedicate al suo lavoro.<br />

Mi confidò, una volta, in occasione<br />

del conferimento della cittadinanza<br />

onoraria da parte del Comune, che<br />

la maggior parte delle idee conte-<br />

nute nei suoi scritti era maturata durante le sue vacanze<br />

a Isola».<br />

Poi Giuliano rievoca la Messa domenicale, gli abiti austeri<br />

da teologo tedesco, «con una camicia con il colletto<br />

bianco inamidato e una cravatta nera», la sua «coraggiosa<br />

resistenza e non adesione al nazismo» e a causa<br />

di questa «il suo lungo soggiorno negli anni della guerra<br />

a Mooshausen».<br />

Infine il ricordo di una « eggendaria» gita fatta insieme<br />

a Venezia. «Verso la fine della sua vita – prosegue sorridendo<br />

Giuliano Guardini – riuscii una volta a convincere<br />

lo zio ad andare a Venezia. Pranzammo insieme<br />

in un buon ristorante. Al ritorno mi ringraziò molto,<br />

ma mi pregò di non portarlo più in un locale del genere,<br />

che riteneva eccessivamente elegante per lui.<br />

Ricordati, mi disse, che sono un sacerdote».<br />

Un sacerdote particolarmente attratto dall’arte: «Mi<br />

portò a visitare alcune chiese, mi spiegò come si doveva<br />

guardare un quadro, mi parlò dell’uomo<br />

creato a immagine e somiglianza di Dio.<br />

Aveva una passione intellettuale per il bello<br />

che vedeva anche nelle piccole cose. Si avvertiva<br />

in lui il grande rispetto per l’armonia<br />

della natura e per il silenzio».<br />

Infine un uomo di «grande semplicità»: «La<br />

sua casa di Monaco ne era la dimostrazione:<br />

come io l’ho vista dopo la seconda guerra<br />

mondiale era un sottotetto dai soffitti spioventi.<br />

Le pareti di tutte le stanze erano ricoperte<br />

di libri, non solo lo studio, ma anche<br />

l’ingresso, la sala da pranzo e la camera<br />

da letto.<br />

Vi era dappertutto una grande semplicità».<br />

Una sobrietà e un’austerità<br />

rispecchiate anche nel<br />

luogo più intimo per un<br />

intellettuale: la scrivania.<br />

«Sono sempre rimasto<br />

incantato a guardare la<br />

sua scrivania – riflette<br />

sempre Giuliano Guardini<br />

– e il modo con cui disponeva<br />

quattro matite,<br />

un coltellino per affilarle,<br />

una penna, un nettapenne, una risma di carta. Lo zio<br />

stenografava forse due libri: sembrava un quadro di<br />

Mondrian!<br />

Era un’armonia perfetta, lo<br />

stesso senso di armonia<br />

che emanava dall’uomo e<br />

che si provava arrivando<br />

nella sua semplicissima casa,<br />

dove si entrava in punta<br />

di piedi. Ecco attorno a zio<br />

Romano ci si muoveva in<br />

punta di piedi».<br />

da Avvenire<br />

49


Rintracciabilità del latte:<br />

una cosa seRia!<br />

“Vero Italiano” irrompe<br />

in scena e lancia<br />

il guanto della sfida<br />

Il mondo dei prodotti lattiero-caseari<br />

attraversa un periodo di<br />

deciso affanno, segnalato dagli<br />

episodi che hanno contraddistinto gli ultimi mesi. Abbiamo<br />

ancora davanti agli occhi lo sgradevole colore blu assunto da<br />

certe mozzarelle – passate davanti alle telecamere di tutti i TG<br />

– causata dalla contaminazione da una specie del batterio<br />

Pseudomonas. Poi, abbiamo visto anche le varianti sul rosa<br />

di alcune partite di ricotta e di latte, sempre provocate da un<br />

batterio della stessa famiglia!<br />

Parte del problema è sicuramente legata alla scarsità della materia<br />

prima. di latte ce n’è poco, soprattutto in Italia. A fronte<br />

di un aumento della domanda mondiale di latte in costante crescita<br />

– secondo un recentissimo rapporto della FAO, essa sta<br />

crescendo di 15 milioni di tonnellate l'anno – la produzione<br />

mondiale del prezioso alimento è in diminuzione. Secondo<br />

ISMeA, quasi tutti i paesi mostrano consuntivi 2009 preceduti<br />

dal segno meno. Anche nell’unione europea l’andamento annuale<br />

indica un ridimensionamento, con una flessione particolarmente<br />

negativa negli ultimi mesi dell’anno. In Italia,<br />

le importazioni dall’estero mostrano un aumento del<br />

5,96% in volume e un –17,39% in valore (fonte<br />

Istat).<br />

Cosa significa tutto questo per la nostra<br />

“prima colazione”? Che in Italia si produce<br />

ogni anno sempre meno latte, e se ne importa<br />

di più, ma di valore (cioè qualità) inferiore.<br />

Fatto che riporta l’attenzione sul<br />

latte veramente prodotto nel nostro paese,<br />

sul latte vero italiano.<br />

Sappiamo che le aziende agricole che<br />

allevano mucche da latte, in Italia, sono<br />

37.337, per circa 1.100.000 capi. Oddio,<br />

dire “sappiamo” è un po’ una forzatura. In<br />

realtà, nessuno sa con esattezza quante siano<br />

le mucche da latte nel Bel Paese. l’ha dichiarato,<br />

senza smentite, la trasmissione Anno<br />

zero, andata in onda lo scorso 9 giugno<br />

su rAI2. Queste mucche sono – sulla carta<br />

appunto – anche un milione e ottocentomila,<br />

ma gli allevatori dichiarano essere molte di<br />

meno. Meno dei due terzi. Infatti, non tutte<br />

le mucche che le quote latte, stabilite dall’unione<br />

europea, assegnano all’Italia sono<br />

mucche che vivono in stalla, mangiano la<br />

loro razione alimentare e producono del buon<br />

latte. Almeno settecentomila vivono solo sulla<br />

carta, anche se “producono” latte e riscuo-<br />

tono premi dall’unione. Ma come faranno mai delle “mucche<br />

di carta” a produrre latte? Non è difficile: si acquista della polvere<br />

di latte in Germania, poi della materia grassa che arriva<br />

da un paese oltreoceano al porto di Amsterdam, ci si aggiunge<br />

un po’ di latte nostrano, si mette il tutto “in quota” a un allevamento<br />

che le mucche le ha solo sulla carta, e, oplà, il gioco<br />

è fatto.<br />

Per mettere la parola “fine” a questi giochi di prestigio, la parola<br />

magica è “rintracciabilità”. Meglio, tracciabilità e rintracciabilità.<br />

Perché di latte “vero italiano” ce n’è in giro, ma dobbiamo stare<br />

ben attenti, se vogliamo che finisca nelle tazze della nostra<br />

prima colazione. Per esempio, circa 23 milioni di quintali di<br />

latte – logicamente italiano – vengono trasformati in Grana Padano<br />

dOP, e altri 17,5 in Parmigiano-reggiano. Poi, ci sono<br />

tutti gli altri formaggi dOP, le cooperative che dichiarano di<br />

avere 21.000 soci (di quei 37.337allevatori totali) e via discorrendo.<br />

Tutti dichiarano che il loro è latte italiano, lo scrivono<br />

sulle confezioni. Ma sarà vero? la risposta è tracciabilità e rintracciabilità.<br />

Noi dobbiamo essere in grado di seguire il percorso<br />

che il latte compie dalla stalla fino alla nostra tavola,<br />

attraverso tutte le diverse operazioni che vengono praticate.<br />

Allora il percorso deve essere tracciato<br />

– avete presente Pollicino? – per poterlo percorrere<br />

a ritroso, per essere sicuri che stiamo<br />

bevendo latte “vero italiano”. Infatti, va bene<br />

scriverlo sulla confezione, ma possiamo credere<br />

a ciò che ci viene detto senza darci uno<br />

straccio di prova?<br />

“Vero Italiano” preferisce i fatti alle parole, e<br />

presenta la sua metodica di tracciabilità e rintracciabilità.<br />

Prendete una confezione di latte<br />

“Vero Italiano”, andate sul sito veroitaliano.it, digitate<br />

la data di scadenza (senza alcun segno<br />

di divisione) e potrete seguire il percorso del latte<br />

che sta nella vostra tazza, fino all’allevamento<br />

dove è stato munto. Potrete vedere dov’è situato,<br />

quante mucche ha, quanto latte produce.<br />

A vostra disposizione, in Azienda, ci sono sempre<br />

i documenti di trasporto che certificano, a<br />

norma di legge, i passaggi fisici di quel latte.<br />

Questa è la nostra sfida a tutte le Aziende del<br />

comparto lattiero-caseario, perché facciano<br />

come noi, anziché limitarsi a scrivere sulla scatola<br />

che il loro è latte italiano. e al Ministero<br />

delle politiche agricole, perché faccia propria<br />

questa nostra scelta di sicurezza e serietà, elevandola<br />

al rango di legge dello Stato.


StYle<br />

villa piSani<br />

A VILLA<br />

PISANI<br />

NON È<br />

VIETATO<br />

dal MIMMA PAllAVICINI’S weblog<br />

“Passo non si faceva<br />

senza trovar nuovo<br />

spettacolo e nuova<br />

meraviglia”<br />

E quando i visitatori<br />

Francesi dell’800 si<br />

accorsero che Versailles<br />

aveva più boria sì ma<br />

meno fascino,<br />

cancellarono Villa Pisani<br />

dai loro itinerari…<br />

Non sopporto quegli orribili nazicartelli che a suon di “Vietato calpestare<br />

il prato”, “È fatto assoluto divieto ai visitatori di oltrepassare…” “Non<br />

strappare i fiori”, “Vietato introdurre i cani” , e via discorrendo, dimostrano<br />

soltanto l’incapacità di formare la gente al rispetto del verde pubblico.<br />

Penso che coercizioni e negazioni siano il modo più sicuro per tenere<br />

lontani gli italiani da beni importanti come i parchi e i giardini, la cui<br />

fruizione migliora la vita. L’altra domenica mi sono esaltata nel constatare<br />

che un grande giardino storico come quello di Villa nazionale Pisani a<br />

Strà (Ve) non vieta di capestare l’erba, allineato in questo con civilissime<br />

nazioni d’Europa. Nella torrida giornata c’era chi quietamente si godeva<br />

un po’ di refrigerio sul grande prato che dalla villa va alle scuderie, facendo<br />

tesoro dell’ombra provvidenziale proiettata dagli alberi dei viali laterali.<br />

Ho scattato la foto di due trentenni sdraiati a piedi nudi, perché mi ha<br />

colpito che avessero organizzato il piacere di starsene al fresco con vista<br />

su grandi spazi e su una magnifica facciata. Deduco la “premeditazione”<br />

dal fatto che erano muniti dei tipici comfort degli epicurei country: coperta<br />

da pic nic stesa sull’erba, thermo di una qualche bevanda fresca, un libro<br />

da leggere. Chiunque può fare altrettanto in una qualsiasi domenica<br />

d’estate: Strà dista 15 minuti da Padova e 20 da Venezia, ci si arriva veloci<br />

da Vicenza, Treviso, Rovigo, Ravenna, Bologna. Ma merita anche un viaggio<br />

più lungo, è un’esperienza da fare. Dietro c’è abbastanza da indurre a ripassare<br />

la storia: i dogi di Venezia, Napoleone, gli austriaci, gli esperimenti<br />

di ingegneria idraulica, Mussolini e Hitler, l’abbandono, la rinascita in<br />

altra forma. Il giardino ha molto da offrire: non solo uno dei più famosi<br />

labirinti e le storiche conche di agrumi davanti alle serre, ma anche certi<br />

angolini stretti colmi di vasi di Clorophytum, gelsomini, aspidistre e persino<br />

una “casa del giardiniere” ora allestita a museo del giardino. Se si<br />

arriva la mattina si puo compiere la visita guidata (gratuita di sabato e<br />

domenica, bisogna però prenotare al n. 049-502074), poi scegliere l’angolo<br />

del giardino che ispira di più e lì abbandonarsi agli ozi della villeggiatura,<br />

come ai tempi di Alvise e Almorò Pisani che vollero un simile luogo. Per<br />

inciso: di bello in giardino ci sono anche le panche in legno laccato di<br />

verde scuro, se si teme di ammaccare l’erba dei prati.<br />

Mimma Pallavicini<br />

Villa Pisani (stra),<br />

provincia di Venezia,<br />

sul Naviglio<br />

del Brenta.<br />

e “non colpevole”<br />

per aver ospitato<br />

il primo incontro<br />

ufficiale tra Mussolini<br />

e hitler nel 1934<br />

51


StYle<br />

52<br />

bassano<br />

Sul Ponte di Bassano…<br />

L’hai mai visto il Ponte più cantato d’Italia?<br />

Il Ponte Vecchio o Ponte degli Alpini, rigorosamente<br />

in legno, risale probabilmente al XII secolo. Più e più<br />

volte ricostruito, deve la sua attuale versione all’architetto<br />

padovano, vissuto nel Cinquecento, Andrea<br />

Palladio. Si presenta con una serie di piloni frangiflutti<br />

trapezoidali su cui poggia l’impalcatura, coperta da<br />

una struttura a tettoia continua.<br />

…E l’hai mai<br />

saputo il testo<br />

completo?<br />

Eccolo qui.<br />

(Eccole che le riva<br />

ste bele moscardine,<br />

son fresche e verdoline<br />

Colori no ghe nemo<br />

ne manco gh'en serchemo,<br />

ma un canto noi faremo<br />

al Ponte di Bassan.<br />

Sul Ponte di Bassano<br />

Là ci darem la mano,<br />

noi ci darem la mano<br />

ed un bacin d'amor.<br />

Per un bacin d'amore<br />

successer tanti guai,<br />

non lo credevo mai<br />

doverti abbandonar.<br />

Doverti abbandonare<br />

volerti tanto bene,è<br />

un giro di catene<br />

che m'incatena il cuor.<br />

Che m'incatena il cuore,<br />

che m'incatena i fianchi,<br />

in mona tutti quanti<br />

quelli che mi vol mal.<br />

colori no ghe na.)


StYle<br />

Tomaso Marcolla<br />

“le mille competenze<br />

delle donne”<br />

marostica<br />

Se la celebre partita di<br />

Siviglia – 1987, Kasparov<br />

e Karpov l’avessero<br />

giocata a Marostica,<br />

sarebbe andata così<br />

Naturalmente, se ti<br />

troverai a Marostica<br />

senza poter accedere<br />

alla scacchiera, puoi<br />

sempre chiedere<br />

dov’è il festival del<br />

Disegno Umoristico,<br />

che non è uno<br />

scherzo! Béccati qui<br />

un assaggio delle<br />

migliaia di opere che<br />

arrivano da tutto il<br />

mondo:<br />

Kasparov<br />

& Karpov<br />

a Marostica?!<br />

1.Bc4 Nf6 2. Nc3 e5 3. Nf3 Nc6 4. g3 Bb4 5. Bg2 O-<br />

O 6. O-O e4 7. Ng5 Bxc3 8. bxc3 Re8 9. f3 e3 10. d3<br />

d5 11. Qb3 Na5 12. Qa3 c6 13. cxd5 cxd5 14. f4 Nc6<br />

15. Rb1 Qc7 16. Bb2 Bg4 17. c4 dxc4 18. Bxf6 gxf6<br />

19. Ne4 Kg7 20. dxc4 Rad8 21. Rb3 Nd4 22. Rxe3<br />

Qxc4 23. Kh1 Nf5 24. Rd3 Bxe2 25. Rxd8 Rxd8 26.<br />

Re1 Re8 27. Qa5 b5 28. Nd2 Qd3 29. Nb3 Bf3 30.<br />

Bxf3 Qxf3+ 31. Kg1 Rxe1+ 32. Qxe1 Ne3 0-1<br />

elena Ospina con l’opera “Anorexia”<br />

Tomaso Marcolla<br />

con l’opera<br />

“Salute” ha vinto<br />

nella sezione<br />

cartoon 2010<br />

53


StYle<br />

54<br />

piave<br />

…e quando meno te l’aspetti,<br />

Napoli incontra il Piave<br />

La leggenda<br />

del Piave<br />

scritta di getto, la notte del 23 giugno 1918, da E.A.Mario<br />

(Ermete Giovanni Gaeta), salernitano; forse il più importante<br />

e prolifico autore di canzoni del ‘900, tra cui pezzi<br />

da novanta tipo Tammuriata nera, Santa Lucia lontana,<br />

Vipera etc etc.<br />

Ma “La leggenda del Piave” diviene subito un monumento<br />

patriottico. E per un pelo (o meglio, per una impuntatura<br />

di Alcide De Gasperi), nel secondo dopoguerra<br />

non viene scelta come Inno Nazionale. Proposta ripetuta,<br />

un paio d’anni fa’, perfino da Umberto Bossi, nauseato<br />

dall’Inno di Mameli…<br />

Il Piave mormorava,<br />

calmo e placido, al passaggio<br />

dei primi fanti, il ventiquattro maggio;<br />

l'esercito marciava<br />

per raggiunger la frontiera<br />

per far contro il nemico una barriera...<br />

Muti passaron quella notte i fanti:<br />

tacere bisognava, e andare avanti!<br />

S'udiva intanto dalle amate sponde,<br />

sommesso e lieve il tripudiar dell'onde.<br />

Era un presagio dolce e lusinghiero,<br />

il Piave mormorò:<br />

«Non passa lo straniero!»<br />

Ma in una notte trista<br />

si parlò di un fosco evento,<br />

e il Piave udiva l'ira e lo sgomento...<br />

Ahi, quanta gente ha vista<br />

venir giù, lasciare il tetto,<br />

poi che il nemico irruppe a Caporetto!<br />

Profughi ovunque! Dai lontani monti<br />

Venivan a gremir tutti i suoi ponti!<br />

S'udiva allor, dalle violate sponde,<br />

sommesso e triste il mormorio de l'onde:<br />

come un singhiozzo, in quell'autunno nero,<br />

il Piave mormorò:<br />

«Ritorna lo straniero!»<br />

E ritornò il nemico;<br />

per l'orgoglio e per la fame<br />

volea sfogare tutte le sue brame...<br />

Vedeva il piano aprico,<br />

di lassù: voleva ancora<br />

sfamarsi e tripudiare come allora...<br />

«No!», disse il Piave. «No!», dissero i fanti,<br />

«Mai più il nemico faccia un passo avanti!»<br />

Si vide il Piave rigonfiar le sponde,<br />

e come i fanti combatteron l'onde...<br />

Rosso di sangue del nemico altero,<br />

il Piave comandò:<br />

«Indietro va', straniero!»<br />

Indietreggiò il nemico<br />

fino a Trieste, fino a Trento...<br />

E la vittoria sciolse le ali al vento!<br />

Fu sacro il patto antico:<br />

tra le schiere, furon visti<br />

Risorgere Oberdan, Sauro, Battisti...<br />

Infranse, alfin, l'italico valore<br />

le forche e l'armi dell'Impiccatore!<br />

Sicure l'Alpi... Libere le sponde...<br />

E tacque il Piave: si placaron l'onde...<br />

Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi,<br />

la Pace non trovò<br />

né oppressi, né stranieri!


StYle<br />

robert muSil<br />

Tra il Passo Vezzena<br />

e il Lago<br />

di Caldonazzo<br />

Nel ’15, alla fine di settembre, un<br />

piccolo reparto imperial-regio è appostato<br />

in un angolo del fronte tra la Cima<br />

di Vézzena e il lago di Caldonazzo, tra la<br />

Valsugana e le Alpi di Fassa. Questo è il<br />

Colle di Tenna, quello il Colle delle Bene,<br />

là altre quote con bei nomi italiani, e là<br />

in fondo il gruppo del Brenta, così azzurro<br />

e lucente da sembrare fatto di vetro.<br />

È un angolo del fronte meno battuto,<br />

meno insanguinato, con una percentuale<br />

di caduti inferiore alla media, come<br />

dicono gli ufficiali addetti a questo tipo<br />

Se la prima<br />

bomba italiana<br />

del 1915 fosse<br />

andata a segno,<br />

Robert Musil<br />

non avrebbe<br />

potuto scrivere<br />

L’uomo senza<br />

qualità<br />

di contabilità. Nella mattina limpida e<br />

senza vento un aeroplano spunta dal<br />

Sud, quasi nato dal nulla, come un’apparizione,<br />

all’improvviso. Scivola sopra<br />

i boschi e le trincee, sotto il sole che accende<br />

i suoi riverberi nel cerchio tricolore<br />

delle ali, nel bianco, rosso e verde.<br />

Un aeroplano o un fantastico uccello<br />

tropicale?<br />

“Bello” dice il tenente carinziano, classe<br />

’80, ingegnere, già allievo della Scuola<br />

di Mährisch-Weisskirchen e poi dell’Accademia<br />

militare. “Un grazioso spetta-<br />

55


StYle<br />

56<br />

robert muSil<br />

colo. Peccato che noi siamo un bersaglio<br />

allettante per quel signore che<br />

vola lassù”.<br />

Ed ecco, dopo un attimo, un suono<br />

insolito, un sibilo sottile, un cantare<br />

sommesso, come se fosse stata scoccata<br />

una freccia. Non è un’illusione,<br />

poiché il suono non si spegne, ma insiste,<br />

si avvicina, si fa sempre più intenso,<br />

pur restando un suono celestiale,<br />

come quando si fa vibrare l’orlo<br />

di un bicchiere o si percuote un<br />

diapason. Nessuno, tranne i tenente,<br />

deve averlo udito.<br />

“Non hai udito mai niente di simile”<br />

dice a se stesso il tenente Musil “e<br />

forse non l’udrai un’altra volta. È una<br />

voce che canta proprio al limite dell’atmosfera,<br />

e per te soltanto. Un filo<br />

ti collega a questa voce e ti apre una<br />

porta sconosciuta. Dev’essere così, a<br />

quel che dicono, quando il buon Dio<br />

vuole manifestarsi e trasmettere agli<br />

uomini il suo verbo”. Ascolta e non<br />

si muove, non fa un gesto.<br />

“Devo dare l’allarme? Non dovremmo<br />

correre nei rifugi, come talpe?”.<br />

Ma non si muove. Lui o qualcun altro<br />

può essere colpito, e tuttavia è troppo<br />

assorto, troppo ammaliato, come un<br />

eletto in estasi. Adesso l’aria trema,<br />

il suono si trasforma, sui visi dei soldati<br />

si può leggere inquietudine e ansia.<br />

Poiché il suono è diventato un<br />

rumore terrestre, sopra la loro testa,<br />

a pochi metri, minaccioso e forse micidiale.<br />

Poi uno schianto secco, e più<br />

nulla. La terra l’ha inghiottito. È silenzio<br />

e Robert Musil sente che gli<br />

sguardi sono fissati tutti su di lui, come<br />

se a lui fosse toccata in sorte<br />

un’esperienza soprannaturale. Il suo<br />

corpo si è mosso, a sua insaputa, senza<br />

che si muovessero le gambe. Quella<br />

freccia d’argento l’ha sfiorato, e il<br />

suo corpo ha descritto un semicer-<br />

chio, piegandosi profondamente. A<br />

lui sembra di uscire da una strana ebbrezza.<br />

Non sa per quanto tempo sia<br />

rimasto sospeso in quello stato, a librarsi<br />

fuori di sé, assente a se stesso.<br />

Il battito del cuore è regolare, ampio<br />

e tranquillo, come i colpi d’ala di un<br />

uccello che voli nella sera. Paura? No,<br />

neanche per un attimo, nemmeno<br />

una frazione di secondo. Ode un soldato<br />

dire ad alta voce: “Ma che razza<br />

di freccia! Se ti prende, ti trapassa dal<br />

cranio agli stivali”. Ora tutti vorrebbero<br />

vederla da vicino e toccarla,<br />

quella freccia, ma ormai è sprofondta<br />

nel terreno. Che voci odiose. Il tenente<br />

Musil è attratto dal nemico e quasi<br />

l’ama oscuramente. Si è sentito invaso<br />

per qualche istante, prodigiosamente,<br />

da un’ondata di sangue, calda<br />

e viva – dev’essere arrossito in tutto<br />

il corpo – da una vampata di riconoscenza,<br />

forse di orgoglio, come chi è<br />

stato ammesso in una società segreta.<br />

E se ora qualcuno gli dicesse che<br />

nel suo corpo è entrato Dio, non riderebbe<br />

– pur restando scettico.<br />

Gilberto Forti,<br />

il piccolo almanacco di Radetzky


«700 milioni di euro<br />

a sostegno delle imprese»<br />

Il presidente Borga: Veneto Sviluppo per una finanza a misura di PMI<br />

22 Fondi di rotazione per finanziamenti agevolati e due strumenti di private equity a misura di PMI, ma<br />

anche un particolare impegno sul fronte delle garanzie alle imprese e una significativa capacità di intervento<br />

per fronteggiare le situazioni di emergenza, come i danni provocati alle imprese dalla recente alluvione, per<br />

le quali è già stato attivato un Fondo straordinario ad hoc.<br />

Sono questi i principali fronti di attività di Veneto Sviluppo, la società finanziaria regionale, “strumento” di<br />

attuazione delle politiche economiche della regione del Veneto, che mai come in quest’ultimo anno ha<br />

focalizzato l’attenzione sulle esigenze delle piccole e medie industrie.<br />

Ne parliamo con Francesco Borga, alla guida della finanziaria da poco più di un anno.<br />

Presidente Borga, il focus sulle PMi cosa significa concretamente?<br />

“Significa sostenere in modo efficace l’asse portante del nostro tessuto produttivo, il vero e proprio<br />

“patrimonio reale” della società e dell’economia veneta. In concreto, per Veneto Sviluppo vuol dire perfezionare<br />

ulteriormente la strumentazione agevolativa disponibile, ma anche mettere a punto nuovi strumenti finanziari.<br />

In questo senso è infatti innovativo che la finanziaria regionale, con la regione del Veneto, abbia avviato<br />

due nuovi strumenti di private equity, grazie ai quali entrare nel capitale delle PMI anche con tagli minimi<br />

di 500 mila euro. e’ un sistema per aiutare le aziende a rafforzare i processi produttivi ed affrontare le sfide<br />

di un’economia sempre più complessa: le imprese sanno così di essere affiancate da un intervento pubblico<br />

per sua natura più “paziente” e meno aggressivo rispetto ad una logica privatistica. da parte dell’impresa<br />

è un passaggio culturale importante, nel Veneto positivamente individualista, il saper accogliere un partner<br />

che può consentire un cambio di logica industriale e rafforzare il potenziale dell’azienda”.<br />

Quali le priorità da seguire oggi?<br />

da un lato sostenere nell’emergenza il sistema produttivo: ci siamo mossi in modo sinergico con la regione<br />

del Veneto per dare un aiuto tempestivo alle PMI colpite dall’alluvione: è ora attivo il Fondo Straordinario<br />

per il sostegno finanziario e creditizio delle imprese appartenenti, in particolare, ai settori dell’artigianato,<br />

industria, commercio e servizi che potranno accedere a finanziamenti (da 10 mila a 100 mila euro) a tasso<br />

zero attraverso una procedura veloce e snella.<br />

dall’altro, sostenere l’impresa in un’ottica strategica: in questa direzione va il Fondo di rotazione per il finanziamento<br />

agevolato degli investimenti innovativi per le PMI” (P.O.r. 2007-2013, Azione 1.2.3), che ha<br />

messo a disposizione delle PMI venete circa 90 milioni di euro di risorse per finanziamenti agevolati. risorse<br />

per progetti di innovazione nel senso più moderno del termine: si va dall’innovazione di prodotto e di<br />

processo, allo sviluppo sperimentale di conoscenze e applicazioni ad uso commerciale, passando anche<br />

per progetti elaborati dalle “filiere dell’innovazione”, ovvero soggetti pubblici e privati che lavorano su una<br />

progettualità condivisa, ma anche dai cosiddetti “poli di innovazione”, cioè gruppi di imprese innovatrici,<br />

start up o centri di ricerca.<br />

e per quanto riguarda il tema delle garanzie?<br />

È un fronte importante, sul quale stiamo lavorando con gli assessori regionali di riferimento (Isi Coppola e<br />

roberto Ciambetti): la regione vi crede e ha già messo a disposizione risorse concrete. Sarà un’occasione<br />

di crescita per tutto il sistema economico regionale, ad iniziare dal livello dell’intermediazione finanziaria e<br />

creditizia, chiamato a svolgere un ruolo sempre più strategico e “qualitativo” nell’erogare credito alle imprese.<br />

Ognuno dovrà fare la sua parte: le imprese sono chiamate a cambiare atteggiamento, mettere in atto quei<br />

processi di aggregazione in filiera che permettono un miglior approccio al sistema finanziario. Il sistema<br />

bancario, infine, dovrà essere in grado di mantenere un rapporto diretto con la piccola impresa anche con<br />

l’avvento di una normativa sempre più stringente come quella di Basilea 3”.<br />

Principali strumenti agevolativi per le PMi del Veneto:<br />

Fondo di rotazione per le PMI (lr 5/2001)<br />

Fondo di rotazione per l’Artigianato regionale (lr 2/2002)<br />

Fondo di rotazione per il settore Turismo (lr 33/2002)<br />

Fondo regionale di Garanzia e Controgaranzia per il Turismo ( lr 33/2002)<br />

Fondo di rotazione per il settore Commercio (lr 1/1999)<br />

Fondi di rotazione per l’Imprenditoria Giovanile (lr 57/1999) e Femminile (lr 1/2000)<br />

Fondo di rotazione per il Settore Primario (lr 40/2003)<br />

Fondo di rotazione per il Polesine (ex Misura 5.2 ob 2 1997-1999) e Fondo di rotazione per le Aree di confine<br />

Provincia di Belluno (lr 18/1994)<br />

per tutte le informazioni: www.venetosviluppo.it<br />

Veneto Sviluppo (partecipata<br />

al 51% dalla regione del<br />

Veneto e al 49% da undici<br />

gruppi bancari nazionali e<br />

regionali) è la finanziaria che<br />

contribuisce ad attuare la<br />

politica economica regionale<br />

attraverso l’attivazione e la<br />

gestione di specifici<br />

strumenti finanziari a favore<br />

delle piccole e medie<br />

imprese venete, appartenenti<br />

a pressoché tutti i settori di<br />

attività.<br />

La società realizza anche<br />

interventi sul capitale di<br />

rischio, sia attraverso<br />

l’assunzione di<br />

partecipazioni strategiche,<br />

sia attraverso appositi<br />

strumenti finanziari, dotati<br />

anche dell'apporto di capitali<br />

privati. Di recente avvio il<br />

“patrimonio Destinato” e il<br />

Fondo di Venture Capital<br />

(por 2007-2013, Azione<br />

1.2.2), due innovative forme<br />

di intervento nel capitale di<br />

rischio delle imprese venete<br />

studiate proprio “ a misura”<br />

di pMi.<br />

Il Presidente Francesco Borga


cultuRa, uoMo e natuRa<br />

“Siamo intenzionati a far crescere le opportunità di turismo culturale<br />

nel Vicentino – afferma dino Secco vicepresidente e assessore<br />

al turismo della Provincia di Vicenza oltre che presidente<br />

del Consorzio Vicenza è – e accanto all’architettura di Palladio<br />

e degli altri architetti i nostri autori rappresentano un’opportunità<br />

da non perdere dato che parlano del Vicentino anche grandi<br />

scrittori che hanno soggiornato nelle nostre terre.<br />

Il 2011 sarà l’anno in cui celebreremo Antonio Fogazzaro nel centesimo<br />

anno della morte, un poeta e romanziere riverito ed amato.<br />

Ma noi contiamo molto anche nella rilettura di tante opere da<br />

parte di sceneggiatori in grado di trasformare vari romanzi in nuovi<br />

film, grazie ad un abbinamento forte fra letteratura e cinema, perché<br />

proprio il cinema è in grado di far conoscere luoghi e far provare<br />

emozioni come pochi altri strumenti promozionali.<br />

Il Consorzio Vicenza è è impegnato a tutto campo per perseguire<br />

questo obiettivo grazie alla collaborazione e all’aiuto della Provincia,<br />

della Camera di Commercio, di alcuni Comuni fra cui primeggia<br />

quello di Vicenza, oltre che di operatori privati impegnati<br />

nel turismo e della regione del Veneto.<br />

Si tratta di un progetto impegnativo in grado di guardare ad un<br />

prossimo futuro di soddisfazione del settore che sarà in grado,<br />

anche grazie ai parchi culturali, di essere innovativo e competitivo<br />

per una fascia di visitatori che, come recita il Touring Club italiano,<br />

sono affamati di cultura, arte e storia.”<br />

Il Touring Club Italiano ancora nel 2001 ha realizzato una prima<br />

pubblicazione “Parchi culturali nel Vicentino” grazie all’intuito del<br />

Consorzio di Promozione Turistica Vicenza è che ha ritenuto di<br />

iniziare, sin da allora, la valorizzazione dei luoghi culturali che via<br />

via si sono trasformati da idee in realtà concrete, a dimostrazione<br />

che anche la cultura costituisce un importante fattore di sviluppo<br />

e che la creatività può ben coniugarsi con la concretezza economica<br />

del turismo.<br />

I parchi culturali nel Vicentino sono stati pensati come spazio<br />

mentale più che come spazio fisico, intendendo comprendere i<br />

luoghi dell’ispirazione dei grandi autori della letteratura: le terre<br />

dove sono nati e vissuti, quelle in cui<br />

hanno ambientato alcune loro opere,<br />

gli spazi dove sono ancora rintracciabili<br />

alcuni elementi presenti<br />

nei loro scritti. Nelle intenzioni di Vicenza<br />

è infatti il parco culturale si<br />

propone di celebrare in una maniera<br />

nuova e suggestiva nello stesso<br />

tempo il rapporto vero tra uomo e<br />

dino Secco Presidente<br />

Consorzio Vicenza è<br />

natura, offrendo così ai turisti un’esperienza coinvolgente e legata<br />

alle pagine dei vari testi. rispetto al solo parco letterario il parco<br />

culturale allarga i confini, ampia gli orizzonti e porta a conoscere<br />

e ricordare gli scrittori, vicentini o frequentatori del territorio, che<br />

hanno parlato e fatto parlare della nostra terra. I parchi culturali<br />

sono descritti in una guida per i visitatori in cui sono rappresentate<br />

le opportunità offerte al turista per una diversa conoscenza dei<br />

luoghi culturali di Vicenza e della sua provincia.<br />

Questi parchi culturali del Vicentino, prima di essere veri e propri<br />

spazi con confini fisici e rigidi, sono innanzitutto contenitori mobili<br />

e mentali, scaturiti dalle varie opere in cui si racconta il territorio<br />

vicentino. Antonio Franzina, che ha scritto la guida, è riuscito a<br />

realizzare uno strumento piacevole in grado di offrire spunti e riferimenti<br />

e di stimolare nel visitatore il bisogno della lettura o<br />

della rilettura. Il turista del nostro secolo lo prefiguriamo tutti maturo,<br />

consapevole, informato, aperto, curioso e soprattutto responsabile<br />

per cui storia, arte e cultura costituiscono le attrattive<br />

principali del turismo dei nostri anni. I parchi culturali vicentini<br />

avranno un futuro diventando in prospettiva vere imprese culturali<br />

dato che siamo certi ci sarà la capacità di apprezzare il passato,<br />

di approfondirne la conoscenza e di trasformarlo in turismo culturale<br />

innovativo. Sono molti i luoghi, i monumenti cittadini, i<br />

monti, le campagne da vedere o rivedere, molti i suggerimenti<br />

dei libri da leggere o da rileggere, riscoprendo autori e atmosfere<br />

culturali trascorse ma non inattuali. A fare da collegamento troviamo<br />

il paesaggio veneto, che è un insieme di tonalismo pittorico


Qui accanto:<br />

gli affreschi<br />

di Giambattista<br />

tiepolo all’interno<br />

di Villa cordellina<br />

lombardi,<br />

il teatro olimpico<br />

e Villa Valmarana<br />

ai nani<br />

e geniale classicismo palladiano, indistintamente amato da artisti<br />

e scrittori non solo vicentini. Questo il senso di una guida ai<br />

parchi culturali vicentini, che passa in rassegna otto secoli di<br />

storia culturale, da Sordello a luigi da Porto, da Goethe a Parise,<br />

da Fogazzaro a Piovene, da zanella a rigoni Stern, da Meneghello<br />

a Scapin senza la pretesa di essere esaustiva ma con<br />

l’idea di offrire spunti e qualche sorpresa.<br />

la guida ai parchi culturali nel Vicentino non vuole parlare scientificamente<br />

del rapporto tra autori, paesaggi e luoghi e non è<br />

un’analisi che tenda a forzare personaggi della fantasia ad abitare<br />

in maniera innaturale spazi identificabili in mappe e carte. la<br />

guida organizza itinerari che coprono al meglio l’intero territorio,<br />

facendo delle scelte sia tra gli autori locali sia tra i visitatori illustri.<br />

Vengono proposti itinerari di visita, la pubblicazione è divisa in<br />

tre parti: la prima dedicata alle vicende amorose emblematiche,<br />

nate appunto nel Vicentino e destinate ad avere risonanza internazionale<br />

(Sordello da Goito e Cunizza, romeo e Giulietta, I<br />

Promessi Sposi), la seconda riguarda gli itinerari guidati da visitatori<br />

illustri o dalle parole di Andrea Palladio, la terza comprende<br />

invece i percorsi della letteratura vicentina tra Otto e Novecento.<br />

Questo modo di agire non è riuscito a soddisfare tutto ciò che<br />

il territorio può offrire avendo portato a delle esclusioni. Autori<br />

importanti sono solo citati, altri nemmeno nominati e soprattutto<br />

il Novecento è rimasto penalizzato. Ma il Vicentino è una terra<br />

stranissima che ha visto nel secolo scorso un fiorire impressionante<br />

di grandi poeti e scrittori, soprattutto dal secondo dopoguerra,<br />

di giornalisti di vaglia (oltre a Piovene basta ricordare<br />

Ghiotto, Ghirotti per finire con Gian Antonio Stella, tutti eredi del<br />

primo inviato speciale vicentino che è stato certamente Antonio<br />

Pigafetta con il suo “relazione del primo viaggio intorno al mondo”),<br />

di commentatori di fama, da Sergio romano a Ilvo diamanti,<br />

e forse non è un caso che un maestro non solo di filosofia, come<br />

è stato il professor Giuseppe Faggin, sia riuscito a trasformare<br />

in best seller e in un caso editoriale persino Plotino.<br />

Quello vicentino non è solo un miracolo economico e deve essere<br />

ricordato anche come miracolo di scrittura e cultura e le informazioni<br />

riportate nella guida sono utili sia nella lettura, sia nella<br />

visita dei luoghi di cui si parla, dato che si tenta di combinare le<br />

belle lettere con la buona tavola.<br />

va dove ti porta il cuore<br />

Guardando un affresco di Bassano<br />

Sulle tracce di Sordello e di Ezzelino, atmosfere e avventure tra<br />

rime provenzali e alba del volgare italiano<br />

Dove nacque Giulietta<br />

Dalle ferite di guerra alle ferite d’amore: nascono a Montorso i<br />

celebri amanti di Verona<br />

nel Basso Vicentino, all’origine dei Promessi sposi<br />

nelle carte processuali di un’oscura cronaca di orgiano il<br />

“manoscritto dilavato” che ispirò Manzoni<br />

viaggi d’autore<br />

Vicenza, città bellissima<br />

Teatro urbano di un geniale scenografo, incantevole nei dettagli,<br />

ammaliante nell’atmosfera: così la videro Goethe e Montesquieu,<br />

Fogazzaro e parise…<br />

i Berici e la natura di Guido Piovene<br />

Affetti, riflessioni, profezie: un itinerario nelle dolcezze del<br />

paesaggio veneto<br />

la villa ed il paesaggio palladiano<br />

per profitto e per diletto: tra teatralità ed esigenze pratiche, l’arte<br />

delle proporzioni diventa spettacolo<br />

venti moderni<br />

Dai fossili alle terme<br />

in Lessinia, Valchiampo e valle dell’Agno tra industrie e versi di<br />

Giacomo zanella<br />

Fogazzaro e l’alto Vicentino<br />

paesaggi reali e luoghi dell’immaginazione sulla scia del Daniele<br />

Cortis e di Leila<br />

echi dall’altopiano<br />

L’Altopiano di Asiago o dei 7 Comuni: proposte tra letteratura e<br />

Grande Guerra<br />

luigi Meneghello e le terre dell’archeologia industriale<br />

Memorie d’infanzia, tradizioni linguistiche e modernità nella<br />

provincia che cambia<br />

59


StYle<br />

60<br />

morte a venezia<br />

da Der Tod in Venedig<br />

a Morte a Venezia<br />

A<br />

Tutto il dolore<br />

dell’amore,<br />

immortale<br />

come la vita<br />

veva il sonno fuggevole; le<br />

deliziose giornate uniformi erano disgiunte<br />

da notti brevi, colme di felice<br />

ansietà. È vero che si ritirava presto,<br />

perché alle nove, quando Tazio era<br />

sparito dalla circolazione, il giorno<br />

per lui era finito. Ma sul far dell'alba,<br />

lo svegliava un penetrante timore delicato,<br />

il cuore gli ricordava l'avventura<br />

non permettendogli più di restarsene<br />

tra i cuscini, allora si alzava<br />

e, leggermente coperto per la frescura<br />

del mattino, si sedeva alla finestra<br />

aperta per aspettare il sorgere del sole.<br />

Lo spettacolo meraviglioso gli<br />

riempiva di raccoglimento l'anima<br />

purificata dal sonno. Cielo, terra e<br />

mare erano ancora adagiati nello<br />

spettrale pallore vitreo del crepuscolo<br />

mattutino; una stella svanente galleggiava<br />

ancora nel nulla. Ma si levava<br />

un'aura, un messaggio alato da di


StYle<br />

morte a venezia<br />

more inaccessibili che Eros s'alzava<br />

dal fianco del consorte, e seguiva quel<br />

primo, dolce rossore dei più lontani<br />

lembi di terra e di mare, con cui si rivela<br />

il sensualizzarsi della creazione.<br />

S'avvicinava la dea, la seduttrice di<br />

adolescenti che portò via Cleito e Cefalo<br />

e, sfidando l'invidia di tutti gli dei<br />

olimpici, godette l'amore del bellissimo<br />

Orione. Al margine del mondo<br />

cominciava uno spampanarsi di rose,<br />

uno splendere e un fiorire di soavità<br />

indicibile, nuvole candide, trasfigurate,<br />

piene di luce, si libravano come<br />

amorini serventi nella foschia rosea<br />

e azzurrina, porpora si riversava nel<br />

mare che, increspandosi, sembrava<br />

spingerla in avanti, dardi dorati guizzavano<br />

dal basso alla sommità del<br />

cielo, lo splendore si trasformava in<br />

incendio, silenzioso, con strapotenza<br />

divina, sprigionava bragia e calore e<br />

fiamme avvampanti, mentre i corsieri<br />

sacri di Febo, salivano, sollevando gli<br />

zoccoli, su per il mondo. Irradiato dal<br />

fasto del dio, il solitario-desto se ne<br />

stava seduto, chiudeva gli occhi perché<br />

l'aureola gli baciasse le palpebre.<br />

Sentimenti di tempi lontani, giovanili<br />

e deliziose pene del cuore, che s'erano<br />

spenti nella dura difesa della sua<br />

vita e ora ritornavano trasformati in<br />

modo tanto inverosimile, li ricono-<br />

sceva, con un sorriso perplesso e stupito.<br />

Meditava, sognava, le sue labbra<br />

pian piano formavano un nome e,<br />

sempre sorridendo, la faccia rivolta<br />

in avanti, le mani giunte in grembo,<br />

s'addormentava sulla poltrona.<br />

Thomas Mann<br />

umberto saba.<br />

il ragazzo di trieste<br />

…Trieste ha una scontrosa<br />

grazia.<br />

Se piace,<br />

è come un ragazzaccio aspro e<br />

vorace,<br />

con gli occhi azzurri e mani troppo<br />

grandi<br />

per regalare un fiore…


StYle<br />

62<br />

le figurine delle Sei venezie<br />

Pare che i lettori<br />

di “Voglia d’Italia”<br />

abbiano accolto il nostro<br />

inedito “Sommario”<br />

fatto di visi, opere,<br />

bizzarrie, bellezze,<br />

frutti e tesori…<br />

con lo stesso piacere<br />

col quale da bambini<br />

si raccolgono le figurine.<br />

Toh! Proprio questa<br />

era la nostra idea.<br />

Anzi, siamo ancora<br />

stupìti<br />

che non ci avesse mai<br />

pensato nessuno prima<br />

di noi!<br />

Del resto, nemmeno a<br />

mettere<br />

insieme una Redazione<br />

mondiale<br />

come questa, aveva<br />

mai pensato nessuno!<br />

E allora che facciamo?<br />

Continuiamo. Così:<br />

Giacomo Casanova History of my life<br />

pagina 4 pagina 7<br />

Hermann Hesse San Giorgio Maggiore<br />

pagina 9 pagina 10<br />

La biondina in gondoléta Antonio Vivaldi<br />

pagina 11 pagina 14<br />

J. W. Goethe Il Leone di San Marco<br />

pagina 16 pagina 16


Fasoi a venezia Dobbiaco Sergio Corazzini Ezra Pound<br />

pagina 17 pagina 19 pagina 20 pagina 22<br />

Giacomo Noventa Gaio Valerio Catullo Sirmione il Ruzante<br />

pagina 25 pagina 27 pagina 27 pagina 28<br />

Padova Martin Heidegger Carlo Goldoni La bottega del caffé<br />

pagina 28 pagina 30 pagina 32 pagina 33<br />

Biagio Marin Grado Guido Ceronetti Lelio Luttazzi<br />

pagina 35 pagina 35 pagina 36 pagina 38<br />

63


StYle<br />

64<br />

le figurine delle Sei venezie<br />

Giovanni Comisso La mia casa di campagna Josif Brodskij Venezia<br />

pagina 41 pagina 42 pagina 44 pagina 45<br />

Romano Guardini Papa Ratzinger Villa Pisani Ponte di Bassano<br />

pagina 48 pagina 49 pagina 51 pagina 52<br />

Garri Kasparov Anatolij Karpov Marostica Robert Musil<br />

pagina 53 pagina 53 pagina 53 pagina 55<br />

La leggenda del Piave Thomas Mann Luchino Visconti Umberto Saba<br />

pagina 57 pagina 59 pagina 59 pagina 60

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