personaggi biblici - eremo Cristo Re 2010 - Luca Moscatelli
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4. DAVIDE /«Pasci il mio popolo…»<br />
La nostra immagine sintetica della figura di Davide è influenzata, e in qualche modo anche<br />
«deviata», dal processo di idealizzazione di alcuni profeti che si fanno eco, sia pure critica,<br />
della teologia di Sion e soprattutto dall’esaltazione del Cronista – che addirittura<br />
«dimentica» il peccato di Davide con Betsabea –, nonché dai riferimenti cristologici nel NT.<br />
Vedremo alla fine che in questa «idealizzazione» si nasconde un’istanza preziosa e<br />
irrinunciabile.<br />
Leggendo però gli ampi testi che riguardano Davide nella rielaborazione storica di 1 Sam<br />
16 – 1 <strong>Re</strong> 2 l’immagine che via via viene tratteggiata appare assai diversa. Al punto che ci<br />
si può chiedere con molti studiosi se il racconto miri a presentare Davide come modello<br />
del re riuscito (del miglior re possibile), oppure se la sua figura non funzioni piuttosto come<br />
paradigma di una pretesa cattiva inerente comunque alla monarchia (al potere) in quanto<br />
tale.<br />
Se questi racconti sono opera della redazione Deuteronomista e della revisione<br />
Sacerdotale (entrambe post-esiliche) si può capire il loro intento critico: il fallimento della<br />
monarchia spiega l’allontanamento dall’alleanza con JHWH e dunque interpreta l’esilio<br />
babilonese come esito dell’abbandono da parte di Dio. Ora – dicono i nostri redattori –<br />
questo fallimento è già evidente dal principio, cioè fin da Saul, e diventa una vera e propria<br />
corsa verso il precipizio con l’avvicendarsi dei re in Israele. La lezione che questa<br />
rivisitazione della storia (da Dt a 2 <strong>Re</strong>) ne trae è chiara: se all’inizio qualche re è stato<br />
anche passabile, chi più chi meno ma alla fine tutti – anche Davide – hanno fallito,<br />
trascinando Israele nella più grave sciagura della sua storia (cf per contrasto il progetto<br />
«costituzionale» ideale tratteggiato in Dt 16,18-18,22).<br />
Una tale negatività nella rilettura storica si spiega «ideologicamente». Il Deuteronomista, e<br />
a maggior ragione il Sacerdotale, perseguono l’intento di giustificare la forma di «governo»<br />
del popolo di Dio realizzata dopo il rientro dei deportati in Palestina, cioè una teocrazia<br />
capitanata dai sommi sacerdoti di Gerusalemme, il cui simbolo è il secondo Tempio. In<br />
questo senso, e al servizio di questo «governo», i redattori non nascondono le loro<br />
preferenze per il periodo dei Giudici (dove lo Stato non c’era ancora), e relegano<br />
all’escatologia il ritorno del Messia. Ma in questo tentativo si nasconde anche per loro<br />
l’insidia del potere, che l’avvento del <strong>Re</strong>-Servo Gesù svelerà senza lasciare più alcuna<br />
possibilità di giustificazione (vedi soprattutto lo scontro tra Gesù e i capi del Tempio negli<br />
ultimi giorni della sua vita pubblica).<br />
«Io l’ho rigettato»<br />
Il contesto della scelta di Davide da parte di Dio e del suo profeta Samuele è quello della<br />
caduta in disgrazia di Saul. La figura di Saul, primo re di un insieme di tribù al quale<br />
proprio lui comincia a dare forma di «nazione», è fortemente conflittuale. A cominciare dal<br />
nome: sha’ùl in ebraico è il participio passato di sha’al che significa «domandare,<br />
chiedere, desiderare». Dunque Saul è il desiderato; tuttavia al participio passato questo<br />
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