personaggi biblici - eremo Cristo Re 2010 - Luca Moscatelli
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servo, perché sussista sempre dinanzi a te! Poiché tu, Signore, hai parlato e per la tua benedizione la<br />
casa del tuo servo sarà benedetta per sempre!» (2 Sam 7)<br />
La prima cosa che colpisce nell’autopresentazione di Dio (vv 6-7) è l’affermazione del suo<br />
nomadismo, al quale non intende rinunciare. E’ stato finora un Dio itinerante, in una<br />
situazione di «esodo», per essere vicino al popolo che ha «fatto uscire». La seconda è il<br />
richiamo ai Giudici (cf anche v 11) e al loro compito di «pascere» Israele, il gregge di Dio.<br />
Essi sono dunque stati pastori di un gregge che appartiene al Signore, e lo hanno<br />
condotto nel suo nome perché è Dio il Pastore di Israele.<br />
Dal v 8 la parola di Dio ribadisce l’identità di Davide, preso dal Signore dai pascoli per<br />
essere un capo-pastore. L’itineranza di Davide è stata l’itineranza di Dio. E finché è<br />
durata, cioè fino a questo momento, in essa e grazie ad essa Davide ha potuto avere la<br />
certezza della vicinanza del suo Dio. Ora si profila la possibilità di un riposo, di un «luogo»<br />
e di una casa. Sta per finire l’itineranza? In un certo senso sì, e non sarà un bene. Ma sta<br />
comunque per cominciare una storia tra Padre e figlio, che è pur sempre un itinerario del<br />
quale Dio mantiene la guida. Nessun immobilismo sarà possibile con JHWH che cammina<br />
e che fa camminare.<br />
Nella sua risposta orante, dove Davide dà il meglio di sé, due sono gli elementi<br />
continuamente ripetuti: la parola del Signore e il riferimento al popolo di Israele. Il re<br />
richiama naturalmente anche la promessa di Dio che riguarda la stabilità della sua<br />
discendenza. Di questo, stupito, il pastore di Betlemme ringrazia. E verso la fine vi insiste.<br />
Troppo. Sembra volere una certezza che nessuno gli può dare, quasi a presagire una<br />
possibilità diversa. Del resto lui stesso colloca la promessa che ha ricevuto dal Signore nel<br />
contesto più ampio e fondamentale dell’alleanza tra Dio e Israele (cf vv 23-24!). La «casa»<br />
che Dio promette a Davide avrà consistenza se rimarrà fondata sulla parola di JHWH e se<br />
riconoscerà come suo compito primario la cura del popolo del Signore. Alla fine della<br />
preghiera del re non c’è una replica, una assicurazione da parte di Dio. La questione resta<br />
aperta, affidata al seguito della storia.<br />
L’insistenza sulla parola avvicina la figura di David all’ideale presentato dal Deuteronomio,<br />
dove il re è colui che ha come primo compito quello di trascrivere e di leggere la Torah (Dt<br />
17,18-20). Il «luogo» evocato dall’oracolo rivolto a Natan (v 10) può a questo punto<br />
caricarsi di un contenuto preciso, la Torah, la vera «patria portatile» d’Israele.<br />
«Come conseguenza della risposta di JHWH, David doveva abdicare, uscire da<br />
Gerusalemme in compagnia dell’Arca, rimetterla sotto la tenda o dimenticarla e ritornare<br />
lui stesso dietro i suoi greggi, a Bet-Lechem, libero a servire da giudice per salvare<br />
puntualmente Israele. La sua risposta e il regno costituiscono una fuga in avanti, un effetto<br />
di questa giustizia immanente che cade su Israele che ha voluto un re» 7 .<br />
La via perversa del potere e la decadenza<br />
Non ci vuol molto ed ecco che Davide appare come un nuovo Saul. Mentre infuria la<br />
guerra il re è nella sua reggia e non alla testa dei suoi sul campo di battaglia. Fa perfino la<br />
siesta e si alza tardi. Passeggiando annoiato sulla terrazza vede una donna che gli piace<br />
(ne ha già moltissime) e che potrebbe rompere la monotonia del momento. E nonostante<br />
venga a sapere che è moglie di uno dei suoi comandanti, la manda a prendere e fa<br />
7 J. Cazeaux, Saul, David, Salomon. La Royauté et le destin d’Israel, Cerf, Paris 2003, 197.<br />
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