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Capitolo 4 - Dipartimento di Filosofia

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4<br />

Rivoluzioni e razionalità<br />

Si pensa che il metodo scientifico sia razionale, e che ci <strong>di</strong>a conoscenza oggettiva del mondo.<br />

Dicendo che il metodo scientifico è oggettivo inten<strong>di</strong>amo che non è il prodotto <strong>di</strong> un capriccio<br />

soggettivo, ma che è degno <strong>di</strong> essere creduto da chiunque, in<strong>di</strong>pendentemente dalle proprie<br />

convinzioni e dai propri valori. Ad esempio, se è un fatto oggettivo che il fumo provochi il cancro, e<br />

se è un fatto oggettivo che i metalli si espandano al calore, tutti, atei e teisti, conservatori e<br />

progressisti, fumatori e non fumatori dovrebbero crederlo, se si comportano razionalmente. La<br />

nostra ricerca del metodo scientifico ci ha condotto dall’induttivismo ingenuo <strong>di</strong> Bacone, un<br />

resoconto del modo in cui dovrebbero essere elaborare le teorie scientifiche, al falsificazionismo <strong>di</strong><br />

Popper, che prende in considerazione esclusivamente il controllo delle teorie una volta che queste<br />

sono state proposte.<br />

Come abbiamo visto alla fine del precedente capitolo, una forma più sofisticata <strong>di</strong> induttivismo<br />

combina la <strong>di</strong>stinzione tra il contesto della scoperta e il contesto della giustificazione all’idea che<br />

l’evidenza scientifica offre ragioni positive per accettare le teorie scientifiche, e le generalizzazioni<br />

sul futuro comportamento delle cose che sono da esse derivabili. Come il falsificazionismo,<br />

l’induttivismo sofisticato si <strong>di</strong>fferenzia dall’induttivismo ingenuo, poiché attribuisce a fattori non<br />

razionali un ruolo importante nello sviluppo della scienza. Dopo tutto, come abbiamo visto, gli<br />

scienziati nel formulare nuove teorie possono lasciarsi ispirare dalla propria religione, dai propri<br />

sogni, dalle proprie convinzioni metafisiche, e persino dai propri pregiu<strong>di</strong>zi. Per questa ragione il<br />

contesto della scoperta è esterno al dominio della razionalità; è il contesto della giustificazione,<br />

sottoposto ai vincoli della razionalità, che si pensa garantisca l’oggettività della conoscenza<br />

scientifica.<br />

I principali oppositori <strong>di</strong> Popper nella prima metà del ventesimo secolo sono tutti induttivisti<br />

sofisticati (spesso proponendo teorie statistiche e probabilistiche <strong>di</strong> tipo matematico). Di fatto, la<br />

concezione standard nella filosofia della scienza (<strong>di</strong> lingua inglese) dopo la seconda guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale, detta empirismo logico (concezione imparentata con e successiva al positivismo logico),<br />

era caratterizzata dall’accettare una qualche forma <strong>di</strong> induttivismo sofisticato. Uno dei principali<br />

esponenti dell’empirismo logico fu Carnap, e seguendo Lakatos (1968: 181) possiamo descrivere le<br />

<strong>di</strong>fferenze tra Hume, Popper e Carnap nel modo seguente: Hume credeva che la scienza fosse<br />

induttiva e irrazionale, Popper che non fosse induttiva e che fosse razionale, Carnap che fosse<br />

induttiva e razionale.<br />

Durante gli anni ’60, tuttavia, tanto il realismo quanto l’idea <strong>di</strong> razionalità hanno subito una crisi<br />

che non si è ancora risolta. Sono in molti, adesso, a porre in questione la razionalità e l’oggettività<br />

della conoscenza scientifica, in larga parte sulla base delle idee che emergono dai lavori dello<br />

storico e filosofo della scienza Thomas Kuhn (1922-1996), probabilmente il principale responsabile<br />

della crisi summenzionata. Contrapponendosi al trio <strong>di</strong> cui sopra, Kuhn sembra sostenere che la<br />

scienza non è né induttiva, né razionale. Questo capitolo è de<strong>di</strong>cato per la maggior parte alla sua<br />

teoria del mutamento teorico e alle questioni filosofiche ad esso connesse, ma ritengo opportuno<br />

articolare un po’ più dettagliatamente il patrimonio <strong>di</strong> saggezza che Kuhn ha sovvertito.<br />

4.1 La concezione standard della scienza<br />

Popper, da un lato, e gli empiristi logici come Carnap e Reichenbach dall’altro, erano in <strong>di</strong>saccordo<br />

su come risolvere il problema dell’induzione. Popper riteneva che tale problema mostrasse che la<br />

conferma è impossibile, mentre Carnap e Reichenbach pensavano che lo si potesse risolvere<br />

elaborando i dettagli formali <strong>di</strong> una precisa logica della conferma. Popper era in <strong>di</strong>saccordo anche


con i positivisti logici (tra le cui file, per un certo periodo, Carnap e Reichenbach militarono)<br />

rispetto alla demarcazione tra la scienza e la non-scienza. I positivisti cercavano <strong>di</strong> demarcare la<br />

significanza dalla non significanza, sostenendo che il significato <strong>di</strong> un espressione è dato dal<br />

metodo della sua conferma. Secondo tale concezione, il significato <strong>di</strong> un’espressione come “la<br />

temperatura del gas è <strong>di</strong> 100° Celsius” è dato completamente dalla specificazione delle circostanze<br />

sperimentali che devono verificarsi perché l’asserzione della verità dell’asserto sia giustificata (ad<br />

esempio, che mettendo in contatto con il gas un termometro, questo <strong>di</strong>a la misura corrispondente).<br />

Torneremo sul positivismo logico nel prossimo capitolo. Il criterio per la demarcazione proposto da<br />

Popper non riguarda il significato, perché “c’è un cigno nero” è perfettamente significante, anche se<br />

non è falsificabile. Tuttavia, nonostante importanti <strong>di</strong>vergenze, Popper, i positivisti logici e gli<br />

empiristi logici con<strong>di</strong>videvano molte tesi circa la natura della scienza. Tra queste:<br />

(1) La scienza è cumulativa. In altre parole, gli scienziati costruiscono partendo dai risultati dei<br />

loro predecessori, e il progresso della scienza comporta una crescita costante della nostra<br />

conoscenza del mondo. Questa caratteristica <strong>di</strong>stingue nettamente la scienza da altre attività,<br />

come l’arte, la letteratura e la filosofia, che comportano progresso in un senso molto più<br />

debole e controverso.<br />

(2) La scienza è unificata, nel senso che esiste un unico insieme <strong>di</strong> meto<strong>di</strong> fondamentali che<br />

valgono per tutte le scienze, e nel senso che le scienze naturali sono <strong>di</strong> principio riducibili<br />

alla fisica. Il riduzionismo è adesso molto controverso, ma l’idea è che siccome ogni cosa al<br />

mondo è composta dalle stesse cose, combinate in mo<strong>di</strong> complessi, le leggi della biologia<br />

dovrebbero essere derivabili da quelle della chimica, e quelle della chimica da quelle della<br />

fisica.<br />

(3) Esiste una <strong>di</strong>stinzione epistemologica sostanziale tra il contesto della scoperta e il contesto<br />

della giustificazione. L’evidenza su cui si fonda la conoscenza scientifica dovrebbe essere<br />

valutata in<strong>di</strong>pendentemente dalle origini causali delle teorie e delle osservazioni in<br />

questione; in altre parole, chi ha condotto determinate osservazioni, quando una particolare<br />

teoria è stata proposta, da chi e per quali ragioni, sono questioni irrilevanti rispetto alla<br />

misura in cui tali osservazioni costituiscono evidenza per la teoria.<br />

(4) Ogni valutazione scientifica dell’evidenza per una data ipotesi presuppone una sottostante<br />

logica della conferma, o della falsificazione. Tali valutazioni sono avalutative nel senso che<br />

sono in<strong>di</strong>pendenti da convinzioni e simpatie personali <strong>di</strong> carattere non scientifico.<br />

(5) C’è una <strong>di</strong>stinzione (o demarcazione) netta tra le teorie scientifiche e altri sistemi <strong>di</strong><br />

credenze.<br />

(6) C’è una <strong>di</strong>stinzione netta tra termini osservativi e termini teorici, ed anche tra gli asserti<br />

teorici e gli asserti che descrivo il risultato <strong>di</strong> un esperimento. L’osservazione e gli<br />

esperimenti costituiscono una base neutrale per la conoscenza scientifica, o almeno una base<br />

neutrale per il controllo delle teorie scientifiche.<br />

(7) I termini scientifici hanno un significato definito e preciso.<br />

Queste tesi sono implicite anche in <strong>di</strong>ffuse concezioni sulla natura della scienza; tuttavia ciascuna <strong>di</strong><br />

esse è in conflitto con la filosofia della scienza <strong>di</strong> Kuhn. Nei prossimi paragrafi <strong>di</strong> questo capitolo<br />

considereremo le sue concezioni e valuteremo che cosa dell’immagine della scienza co<strong>di</strong>ficata da<br />

(1) – (7) possa eventualmente sopravvivere alla sua critica. Lungo il percorso riprenderemo alcuni<br />

temi incontrati nei capitoli precedenti, e ciò contribuirà a preparare il terreno per la successiva<br />

<strong>di</strong>scussione del realismo scientifico.


4.2 La rivoluzionaria storia della scienza <strong>di</strong> Kuhn<br />

Kuhn era un fisico che iniziò ad interessarsi alla storia della scienza, e in modo particolare alla<br />

rivoluzione copernicana. L’immagine standard che trovò nei libri <strong>di</strong> testo, e nei saggi <strong>di</strong> storia e <strong>di</strong><br />

filosofia, era che la rivoluzione copernicana, e il <strong>di</strong>battito tra Galileo e la Chiesa cattolica, erano<br />

stati momenti <strong>di</strong> un conflitto che aveva visto contrapposti, da un lato, la ragione e l’esperimento,<br />

dall’altro la superstizione e il dogma religioso. Molti storici e scienziati suggerivano che Galileo e<br />

altri avessero rinvenuto dati sperimentali che semplicemente contrad<strong>di</strong>cevano l’immagine<br />

aristotelica dell’universo. Kuhn si rese conto che le cose erano molto più complesse, e sostenne che<br />

la storia <strong>di</strong> questa e <strong>di</strong> altre rivoluzioni scientifiche era incompatibile con i familiari resoconti<br />

induttivisti e falsificazionisti del metodo scientifico. Il libro <strong>di</strong> Kuhn La struttura delle rivoluzioni<br />

scientifiche (1962) offrì un modo ra<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong>verso <strong>di</strong> concepire la metodologia e la conoscenza<br />

scientifica, e cambiò il modo <strong>di</strong> fare storia della scienza. La sua filosofia della scienza ha<br />

influenzato il mondo accademico, dalla teoria della letteratura alla scienza gestionale, e sembra da<br />

sola aver causato la <strong>di</strong>ffusione dell’uso della parola “para<strong>di</strong>gma”.<br />

Kuhn sosteneva che il resoconto della storia della loro <strong>di</strong>sciplina offerto da molti scienziati<br />

semplificava o <strong>di</strong>storceva notevolmente i reali eventi che hanno condotto alla elaborazione e al<br />

mutamento delle teorie. Questo perché le succinte narrazioni dello sviluppo <strong>di</strong> una <strong>di</strong>sciplina<br />

servono a motivare e giustificare le teorie correntemente accettate più <strong>di</strong> quanto non vogliano essere<br />

fedeli alla complessità della storia. Kuhn paragona la relazione che intercorre tra i manuali <strong>di</strong> storia<br />

della scienza e gli eventi reali alla relazione che intercorre tra una guida turistica e un paese vero e<br />

proprio, o alla sua effettiva cultura. Ovviamente una guida si sofferma sui luoghi che l’industria del<br />

turismo vuole promuovere, come musei ed eleganti cafè culturali, e dà poco risalto, se non omette<br />

del tutto, gli aspetti che questa preferisce vengano ignorati, come palazzi fatiscenti e ricoveri per i<br />

senza tetto. Sebbene la storia della rivoluzione copernicana, e <strong>di</strong> altre rivoluzioni scientifiche, sia<br />

solitamente narrata come il trionfo della ragione e dell’esperimento sulla superstizione e il mito,<br />

Kuhn sostiene che “se queste credenze fuori moda si devono chiamare miti, allora i miti possono<br />

essere prodotti dallo stesso genere <strong>di</strong> meto<strong>di</strong> e sostenuti per lo stesso genere <strong>di</strong> ragioni che oggi<br />

guidano la ricerca scientifica” (Kuhn 1978, p. 21). Kuhn aggiunge che le credenze abbandonate non<br />

sono per questo non scientifiche; pertanto, conclude che la storia della scienza non è caratterizzata<br />

dalla costante accumulazione <strong>di</strong> conoscenza, ma è spesso caratterizzata dall’abbandono in blocco <strong>di</strong><br />

vecchie teorie.<br />

Da quanto dette emerge già che Kuhn è in <strong>di</strong>saccordo con (1) e (5), ma i suoi suggerimenti circa la<br />

conoscenza scientifica sono ancora più ra<strong>di</strong>cali. Come abbiamo visto nel precedente capitolo, il<br />

problema <strong>di</strong> Duhem-Quine mostra che il controllo delle teorie non è così lineare come si pensa<br />

solitamente, perché quando un esperimento è in contrasto con una teoria scientifica la sola logica<br />

non è in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>rci in quale componente dell’intero sistema <strong>di</strong> teorie risieda l’errore. Per quanto<br />

quin<strong>di</strong> l’osservazione e l’esperienza vincolino le credenze scientifiche, non le determinano, e<br />

quin<strong>di</strong>, sostiene Kuhn: “un elemento arbitrario, composto <strong>di</strong> accidentalità storiche e personali, è<br />

sempre presente, come elemento costitutivo, nelle convinzioni manifestate da una data comunità<br />

scientifica in un dato momento” (Kuhn 1978, p. 23).<br />

Secondo Kuhn la valutazione delle teorie è sempre <strong>di</strong>pendente da circostanze storicamente<br />

determinate, e la sua analisi della relazione tra teoria e osservazione suggerisce che le teorie<br />

infettino così tanto i dati da non rendere possibile un’osservazione neutrale rispetto alle teorie, ed<br />

oggettiva. Ne segue che il grado <strong>di</strong> conferma che un esperimento conferisce a un’ipotesi non è<br />

oggettivo, e che non vi è un’unica logica per il controllo delle teorie che possa essere utilizzata per<br />

determinare quale teoria sia maggiormente giustificata alla luce <strong>di</strong> una certa evidenza. Kuhn è<br />

dell’avviso che i valori degli scienziati contribuiscono a determinare non solo il modo in cui gli<br />

in<strong>di</strong>vidui elaborano nuove teorie, ma anche quali teorie siano considerate giustificate dalla comunità<br />

scientifica nella sua interezza. Ciò comporta la negazione <strong>di</strong> (2), (3), (5) e (6). Come vedremo,


Kuhn nega anche (7). Nel prossimo paragrafo illustreremo i dettagli essenziali della sua filosofia<br />

della scienza.<br />

4.3 I Para<strong>di</strong>gmi e la scienza normale<br />

Probabilmente, il concetto più fondamentale della filosofia <strong>di</strong> Kuhn è quello <strong>di</strong> para<strong>di</strong>gma<br />

scientifico. Kuhn non definisce precisamente questo termine, che <strong>di</strong> fatto a tratti sembra avere un<br />

significato molto vasto, ma è possibile identificare due sue applicazioni fortemente intrecciate: il<br />

para<strong>di</strong>gma nel senso <strong>di</strong> matrice <strong>di</strong>sciplinare e il para<strong>di</strong>gma nel senso <strong>di</strong> esemplare. Kuhn sostiene<br />

che, ancor prima che la ricerca scientifica in qualche ambito possa cominciare, una comunità<br />

scientifica deve concordare sulla risposta a questioni fondamentali, come ad esempio: che tipo <strong>di</strong><br />

cose esiste nell’universo, in che modo queste cose interagiscono tra loro e con i nostri sensi, che<br />

tipo <strong>di</strong> domande possono essere legittimamente poste a loro riguardo, che tecniche sono appropriate<br />

per cercare <strong>di</strong> rispondere a queste domande, che cosa costituisce evidenza per una teoria, quali<br />

questioni sono centrali per la scienza, che aspetto deve avere la soluzione <strong>di</strong> un problema, cosa<br />

conta come spiegazione <strong>di</strong> un fenomeno, etc.<br />

Una matrice <strong>di</strong>sciplinare è l’insieme delle risposte a queste domande che gli scienziati apprendono<br />

nel corso della formazione che li prepara alla ricerca, e che fornisce il quadro <strong>di</strong> riferimento al cui<br />

interno opera la scienza. È importante che <strong>di</strong>versi aspetti della matrice <strong>di</strong>sciplinare siano più o meno<br />

espliciti, e che alcune sue parti siano costituite dai valori che gli scienziati con<strong>di</strong>vidono, nella<br />

misura in cui pre<strong>di</strong>ligono certe forme <strong>di</strong> spiegazione ad altre, etc. Inoltre, è importante che alcuni<br />

aspetti della matrice siano costituiti da abilità e meto<strong>di</strong> pratici non necessariamente esprimibili a<br />

parole. In parte, è questo che <strong>di</strong>fferenzia un para<strong>di</strong>gma da una teoria, perché la matrice <strong>di</strong>sciplinare<br />

comprende le abilità che consentono agli scienziati <strong>di</strong> far funzionare gli strumenti scientifici, ad<br />

esempio come mettere a fuoco un telescopio, ed abilità sperimentali, ad esempio come cristallizzare<br />

con una reazione chimica il sale, che devono essere apprese con la pratica (tali abilità sono talvolta<br />

dette conoscenze tacite).<br />

Gli esemplari, dall’altro lato, sono le parti <strong>di</strong> successo della scienza che tutti gli studenti dei primi<br />

anni imparano, e che forniscono il modello del futuro sviluppo della loro materia. Chiunque abbia<br />

familiarità con una moderna <strong>di</strong>sciplina scientifica ammetterà che l’insegnamento tramite esempi<br />

svolge un ruolo importante nell’addestramento degli scienziati. I libri <strong>di</strong> testo sono pieni <strong>di</strong><br />

problemi standard e delle loro soluzioni, e agli studenti è richiesto <strong>di</strong> applicare le tecniche utilizzate<br />

negli esempi a nuove situazioni. L’idea è che, ripetendo questo proce<strong>di</strong>mento, alla fine, se vi sono<br />

portati, gli studenti impareranno ad applicare queste tecniche a nuovi tipi <strong>di</strong> problemi che nessuno è<br />

mai riuscito a risolvere.<br />

Come esempio, si consideri il para<strong>di</strong>gma della fisica classica, o newtoniana; consiste dei seguenti<br />

elementi:<br />

• valori <strong>di</strong> sfondo, come la preferenza per spiegazioni causali efficienti (ve<strong>di</strong> il primo capitolo),<br />

e per teorie che consentono la formulazione <strong>di</strong> previsioni quantitative controllabili, piuttosto<br />

che <strong>di</strong> previsioni generali e qualitative;<br />

• la concezione metafisica del mondo secondo la quale questo è composto da particelle<br />

materiali, interagenti l’un l’altra per collisione, da forze <strong>di</strong> attrazione e repulsione che<br />

agiscono in linea retta tra le particelle, e dall’immagine fondamentale del mondo come<br />

gigantesca macchina ad ingranaggi;<br />

• le leggi newtoniane sul moto e la gravitazione, che costituiscono i principi base del<br />

para<strong>di</strong>gma;<br />

• le tecniche matematiche standard utilizzate per applicare le leggi ai sistemi fisici, come<br />

pendoli, collisioni tra particelle, moti planetari, e le approssimazioni per render conto della<br />

frizione, resistenza dell’aria, etc.;


• l’esemplare dei Principia Matematica <strong>di</strong> Newton (la cui prefazione asserisce esplicitamente<br />

che il metodo utilizzato da Newton può essere applicato ad altre area scientifiche).<br />

Tra i più importanti scopi che gli scienziati operanti entro questo para<strong>di</strong>gma si erano prefissati,<br />

ricor<strong>di</strong>amo la sua estensione allo stu<strong>di</strong>o dei fenomeni elettrici e magnetici, e il proposito <strong>di</strong> spiegare<br />

l’azione della forza <strong>di</strong> gravità attraverso lo spazio postulando la presenza <strong>di</strong> un qualche tipo <strong>di</strong><br />

processo meccanico.<br />

Altri esempi <strong>di</strong> para<strong>di</strong>gma sono: l’astronomia tolemaica, la teoria del flogisto (basata sull’idea che<br />

la combustione consista nel rilascio <strong>di</strong> una sostanza detta flogisto), la chimica <strong>di</strong> Dalton (la teoria<br />

chimica secondo la quale gli elementi possono essere <strong>di</strong>stinti sulla base del loro peso atomico), la<br />

teoria degli effluvi (secondo la quale l’elettricità è un fluido materiale), la teoria del calorico<br />

(secondo la quale il calore è un fluido materiale), l’ottica delle particelle (secondo la quale la luce è<br />

un insieme <strong>di</strong> minuscole particelle in rapido movimento), l’ottica delle onde (secondo la quale la<br />

luce consiste <strong>di</strong> onde che perturbano un qualche mezzo), la fisica relativistica (secondo la quale il<br />

tempo trascorso tra gli eventi è relativo al moto <strong>di</strong> un osservatore, o, per essere più precisi, al<br />

sistema <strong>di</strong> riferimento), la fisica quantistica (secondo la quale l’energia dei corpi materiali, o delle<br />

onde elettromagnetiche, è or<strong>di</strong>nata in quantità <strong>di</strong>screte, e non è <strong>di</strong>stribuita su una scala continua).<br />

La maggior parte della scienza è ciò che Kuhn chiama “scienza normale”, perché è condotta entro<br />

un para<strong>di</strong>gma assodato. Essa consiste nell’elaborazione e nell’estensione del successo del<br />

para<strong>di</strong>gma, ovvero, ad esempio, nel raccogliere un gran numero <strong>di</strong> nuove osservazioni e nel<br />

renderle compatibili con le teorie accettate, e nel risolvere problemi minori all’interno del<br />

para<strong>di</strong>gma. Per questo motivo si <strong>di</strong>ce che la scienza normale consiste <strong>di</strong> attività <strong>di</strong> “risoluzione <strong>di</strong><br />

rompicapo”, dove le regole per risolvere il rompicapo sono molto rigide e determinate dal<br />

para<strong>di</strong>gma. Tra gli esempi <strong>di</strong> scienza normale ricor<strong>di</strong>amo la ricerca della struttura chimica <strong>di</strong><br />

composti noti, l’elaborazione <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>zioni e <strong>di</strong> determinazioni sperimentali più dettagliate circa la<br />

traiettoria dei pianeti e i altri corpi celesti, la mappatura del DNA <strong>di</strong> un determinato batterio, etc.<br />

Secondo Kuhn, la maggior parte dell’attività scientifica quoti<strong>di</strong>ana è piuttosto conservatrice, nella<br />

misura in cui nei perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> scienza normale gli scienziati non <strong>di</strong>scutono i principi fondamentali<br />

della loro <strong>di</strong>sciplina. Kuhn è estremamente critico del falsificazionismo <strong>di</strong> Popper, secondo il quale<br />

gli scienziati dovrebbero abbandonare, e <strong>di</strong> fatto abbandonano ogni teoria che sia stata confutata. È<br />

semplicemente falso, secondo Kuhn, che la conoscenza <strong>di</strong> istanze falsificanti sia sufficiente perché<br />

uno scienziato abbandoni le sue teorie pre<strong>di</strong>lette. Come ho sostenuto nel precedente capitolo (§3.5,<br />

numero 5), è molto frequente che gli scienziati siano in qualche modo legati alle proprie teorie; in<br />

certi casi quin<strong>di</strong>, invece <strong>di</strong> abbandonarle semplicemente, ricorreranno a qualsiasi strategia pur <strong>di</strong><br />

salvarle da un’apparente confutazione. Se un para<strong>di</strong>gma ha successo, e sembra render conto <strong>di</strong> tutti i<br />

fenomeni che ricadono nel suo dominio, e se gli scienziati sono ancora in grado <strong>di</strong> progre<strong>di</strong>re,<br />

attraverso la risoluzione <strong>di</strong> nuovi problemi ed estendendo la sua applicazione empirica, la maggior<br />

parte degli scienziati semplicemente assumerà che alla fine le anomalie che sono apparentemente<br />

intrattabili verranno risolte. Non abbandoneranno il para<strong>di</strong>gma solo perché è contraddetto da<br />

qualche evidenza. Forse un comportamento del genere è giustificabile: se un para<strong>di</strong>gma ha goduto<br />

<strong>di</strong> molto successo in passato, ed è riuscito a risolvere le anomalie che sono emerse in precedenza,<br />

dato il massiccio investimento <strong>di</strong> tempo e risorse in esso riversato, sembra senz’altro razionale<br />

continuare ad accettarlo nella speranza che col tempo la nuova anomalia venga risolta. Come<br />

afferma Kuhn: “The scienitist who pauses to examine every anomaly he notes will seldom get<br />

significant work done” (Kuhn 1962: 82).<br />

Tuttavia, talvolta accade che gli scienziati realizzino che certe anomalie sono destinate a restare,<br />

non importa quanti sforzi siano rivolti al proposito <strong>di</strong> eliminarle. Tali anomalie possono assumere la<br />

forma <strong>di</strong> paradossi concettuali, o <strong>di</strong> falsificazioni sperimentali. Anche cose <strong>di</strong> questo tipo non<br />

causeranno necessariamente seri dubbi circa le assunzioni fondamentali del para<strong>di</strong>gma. Tuttavia,<br />

quando il numero delle anomalie serie che si sono accumulate <strong>di</strong>venta elevato, qualche scienziato,<br />

solitamente giovane o in<strong>di</strong>pendente, inizierà a mettere in <strong>di</strong>scussione alcune delle assunzioni


fondamentali del para<strong>di</strong>gma, e forse inizierà a speculare su delle alternative. Ciò equivale alla<br />

ricerca <strong>di</strong> un nuovo para<strong>di</strong>gma, cioè <strong>di</strong> un nuovo modo <strong>di</strong> pensare al mondo. Se ciò accade quando i<br />

successi della ricerca entro un dato para<strong>di</strong>gma iniziano a <strong>di</strong>minuire, è probabile che un sempre<br />

maggior numero <strong>di</strong> scienziati concentri la propria attenzione sulle anomalie, e che la sensazione che<br />

il para<strong>di</strong>gma è in “crisi” inizi a pervadere la comunità scientifica.<br />

Le crisi ricorrono raramente, secondo Kuhn. I para<strong>di</strong>gmi non si consolidano se non sono<br />

sufficientemente robusti da essere in grado <strong>di</strong> spiegare tutti fenomeni nel loro dominio, e per uno<br />

scienziato in attività non è semplice mettere in <strong>di</strong>scussione le assunzioni <strong>di</strong> sfondo su cui è fondata<br />

la sua <strong>di</strong>sciplina. È più probabile che si verifichi una crisi se le anomalie in questione sembrano<br />

toccare <strong>di</strong>rettamente i principi più fondamentali del para<strong>di</strong>gma, o se impe<strong>di</strong>scono applicazioni del<br />

para<strong>di</strong>gma che hanno una particolare importanza pratica, o se il para<strong>di</strong>gma è stato criticato per<br />

molto tempo a causa della persistenza delle anomalie. Se comunque si verifica una crisi, e se la<br />

comunità scientifica adotta un nuovo para<strong>di</strong>gma, ciò che avviene è una “rivoluzione” o<br />

“cambiamento para<strong>di</strong>gmatico”. Secondo Kuhn, l’avvento <strong>di</strong> una rivoluzione determina che il<br />

vecchio para<strong>di</strong>gma sia sostituito integralmente. Ad esempio, l’adozione o il rifiuto <strong>di</strong> uno dei<br />

para<strong>di</strong>gmi sopra ricordati costituisce una rivoluzione scientifica.<br />

I lettori che hanno qualche familiarità con la storia della scienza avranno notato che alcune delle<br />

“rivoluzioni” identificate da Kuhn – come la rivoluzione copernicana – meritano davvero questo<br />

nome, in quanto comportano mutamenti ra<strong>di</strong>cali nella scienza <strong>di</strong> base, mentre altre sono più locali, e<br />

comportano solo il rifiuto <strong>di</strong> qualche teoria specifica entro una particolare sotto-<strong>di</strong>sciplina<br />

scientifica. Ciononostante, Kuhn sostiene che la struttura esibita da queste rivoluzioni minori ha<br />

molto in comune con quella esibita dalle rivoluzioni <strong>di</strong> più vaste <strong>di</strong>mensioni e più profonde. Un<br />

esempio interme<strong>di</strong>o <strong>di</strong> rivoluzione scientifica, rispetto alla scala della profon<strong>di</strong>tà, è dato dalla<br />

sostituzione della teoria del flogisto con la teoria dell’ossidazione a proposito della combustione. Si<br />

credeva che il flogisto fosse una sostanza rilasciata dai materiali che bruciano. Molte cose, come il<br />

legno, perdono peso quando bruciano, il che è conforme alla teoria; ma era noto che alcuni metalli<br />

quando bruciano incrementano il loro peso, e questo rappresentava un’anomalia per la teoria.<br />

Tuttavia, nel <strong>di</strong>ciottesimo secolo molti scienziati non ravvisarono in questa anomalia una ragione<br />

per abbandonare la teoria, che al contrario fu largamente utilizzata dagli sperimentatori, che<br />

svilupparono vari meto<strong>di</strong> per produrre in laboratorio <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> “aria”. Sfortunatamente tutti<br />

utilizzarono <strong>di</strong>verse forme della teoria, e la proliferazione delle varianti <strong>di</strong> una teoria (<strong>di</strong> cui nel<br />

se<strong>di</strong>cesimo soffrì anche la teoria tolemaica del moto planetario) è citata da Kuhn come una delle<br />

caratteristiche <strong>di</strong>stintive <strong>di</strong> una crisi. Progressivamente, furono scoperti sempre più casi <strong>di</strong> sostanze<br />

che bruciando aumentavano <strong>di</strong> peso, e, inoltre, la generale accettazione della teoria newtoniana<br />

aveva l’effetto <strong>di</strong> inclinare sempre <strong>di</strong> più i chimici a concepire la massa come una quantità <strong>di</strong><br />

materia, e conseguentemente a pensare che l’incremento della massa durante la combustione fosse<br />

l’in<strong>di</strong>zio del fatto che vi era più materia alla fine della combustione che all’inizio.<br />

Naturalmente, il problema <strong>di</strong> Duhem sta ad in<strong>di</strong>care che niente <strong>di</strong> tutto ciò basta a mostrare che il<br />

flogisto non esiste, dal momento che erano <strong>di</strong>sponibili varie opzioni per rendere conto dei<br />

fenomeni; alcuni, ad esempio, avanzarono la supposizione che il flogisto avesse un peso negativo, o<br />

che la spiegazione dell’aumento <strong>di</strong> peso risedesse nel fatto che quando un corpo brucia, e da esso<br />

fuoriesce flogisto, al suo interno si insinuano particelle <strong>di</strong> fuoco. Ciononostante, alla fine, la teoria<br />

del flogisto andò in crisi, e i tempi si fecero maturi per l’accettazione <strong>di</strong> un nuovo para<strong>di</strong>gma.<br />

L’avvento del nuovo para<strong>di</strong>gma fu avviato dal chimico Antoine Lavoisier, che (nel 1777) avanzò la<br />

proposta secondo la quale il flogisto non esiste, e la combustione non comporta la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong><br />

flogisto, ma l’aumento <strong>di</strong> ossigeno. Questa rivoluzione determinò la sostituzione <strong>di</strong> una teoria<br />

chimica specifica, ma anche un cambiamento fondamentale dei meto<strong>di</strong> ritenuti appropriati per gli<br />

esperimenti chimici. Fino ad allora era stato quasi universalmente accettato che vi fosse un unico<br />

tipo <strong>di</strong> “aria”, anche se <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> purezza; in seguito alla rivoluzione, fu accettato che<br />

l’ossigeno non è che un gas tra i vari costituenti dell’aria, come è comunemente concepita. Due<br />

sono i punti da sottolineare nel resoconto offerto da Kuhn <strong>di</strong> questa e altre rivoluzioni:


Questa concezione del mutamento scientifico è ra<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong>stante dall’idea <strong>di</strong> una crescita<br />

cumulativa della conoscenza, perché i cambiamenti para<strong>di</strong>gmatici o le rivoluzioni scientifiche<br />

coinvolgono cambi <strong>di</strong> teoria non isolati, ma olistici. In altre parole, un para<strong>di</strong>gma non muta<br />

perché alcune sue parti vengono cambiate pezzo a pezzo, ma attraverso il passaggio in blocco<br />

ad un nuovo modo <strong>di</strong> concepire il mondo, dove ciò comporta la <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> un nuovo modo<br />

<strong>di</strong> praticare la scienza, nuove tecniche sperimentali, etc.<br />

Le rivoluzioni si verificano solo quando è <strong>di</strong>sponibile un nuovo para<strong>di</strong>gma che funziona, ed<br />

anche quando succede che vi siano singoli scienziati che sono capaci <strong>di</strong> articolare ai propri<br />

colleghi una nuova concezione.<br />

È un risultato ironico che, in un certo senso, il resoconto della storia della scienza offerto da Popper<br />

assegni alle rivoluzioni un ruolo più importante <strong>di</strong> quello che esse svolgono nel modello <strong>di</strong> Kuhn:<br />

per il primo, la scienza è in uno stato <strong>di</strong> rivoluzione permanente, caratterizzato dal continuo<br />

controllo esercitato nei confronti dei principi fondamentali, e dal ruolo onnipervasivo e inesausto<br />

svolto della critica. Per Kuhn, al contrario, le rivoluzioni sono eventi piuttosto rari, e la scienza è<br />

per lo più <strong>di</strong> tipo normale, cioè caratterizzata dal fatto che i principi fondamentali non vengono<br />

<strong>di</strong>scussi e l’attività degli scienziati è piuttosto routinaria. Popper pensa che la storia della scienza<br />

possa essere ricostruita come una serie <strong>di</strong> scelte razionali, basate su evidenze sperimentali, tra teorie<br />

in competizione. Al contrario Kuhn pensa che, siccome le rivoluzioni comportano un cambiamento<br />

del contesto all’interno del quale sono risolte le questioni scientifiche, l’evidenza da sola non sia<br />

sufficiente a costringere gli scienziati a scegliere tra un para<strong>di</strong>gma e l’altro. Dopo una rivoluzione,<br />

gli scienziati hanno a <strong>di</strong>sposizione un nuovo modo <strong>di</strong> guardare alle cose e nuovi problemi su cui<br />

lavorare, e i vecchi problemi vengono semplicemente scordati, o comunque considerati irrilevanti,<br />

piuttosto che risolti (da ciò segue che l’idea, sostenuta tanto da Popper che dai positivisti, secondo<br />

la quale il contenuto empirico delle nuove teorie sia costruito a partire da quello delle teorie a cui<br />

succedono è, secondo Kuhn, falsa). Il vero punto del <strong>di</strong>saccordo risiede nel fatto che, mentre Popper<br />

vede come anatema per l’impresa scientifica l’attaccamento ad una teoria, Kuhn sottolinea che la<br />

maggior parte degli scienziati, nella maggior parte dei casi, è legata al para<strong>di</strong>gma entro cui lavora, e<br />

che è pertanto piuttosto improbabile che, <strong>di</strong> fronte alla confutazione dell’evidenza, identifichi il<br />

problema in qualche assunzione fondamentale che definisce il para<strong>di</strong>gma. Gli scienziati<br />

cominceranno a prendere in considerazione l’idea <strong>di</strong> sostituire il para<strong>di</strong>gma solo nel caso <strong>di</strong> una<br />

crisi, e quando ciò accade <strong>di</strong> solito non si sta affatto facendo scienza.<br />

Kuhn sostiene che i valori degli scienziati abbiano un ruolo importante nel determinare se un certo<br />

para<strong>di</strong>gma venga accettato oppure no. Ad esempio, Einstein, nella sua maturità, credeva che la<br />

scienza abbia il compito <strong>di</strong> <strong>di</strong>rci come è fatto il mondo, e non solo <strong>di</strong> fornirci teorie scientificamente<br />

adeguate; in altre parole, era un realista scientifico. D’altra parte, alcuni dei fondatori della<br />

meccanica quantistica pensavano che lo scopo <strong>di</strong> una teoria fisica sia solo quello <strong>di</strong> fornire uno<br />

strumento per pre<strong>di</strong>re i fenomeni; erano, in altre parole, degli strumentalisti. È poi successo che la<br />

meccanica quantistica è stata sviluppata, rivelandosi presto altamente affidabile dal punto <strong>di</strong> vista<br />

pre<strong>di</strong>ttivo, ma anche al giorno d’oggi, dopo decenni, non vi è un modo comunemente accettato per<br />

interpretarla dal punto <strong>di</strong> vista realistico. Per questo motivo Einstein, <strong>di</strong>versamente da altri<br />

scienziati, non ha mai accettato la meccanica quantistica, e il <strong>di</strong>saccordo non riguarda l’evidenza<br />

empirica portata a sostegno della teoria, ma le caratteristiche <strong>di</strong> una teoria scientifica a cui<br />

dovremmo dare valore (le stesse teorie <strong>di</strong> Einstein furono derise da alcuni scienziati nella prima<br />

parte del ventesimo secolo come “fisica ebrea”).<br />

Kuhn sottolinea anche il ruolo svolto da fattori psicologici e sociologici nel <strong>di</strong>sporre gli scienziati<br />

ad accettare o a rifiutare un dato para<strong>di</strong>gma. Alcuni sono inevitabilmente più conservatori <strong>di</strong> altri,<br />

mentre c’è chi ama essere una voce nel deserto; alcune persone amano prendere dei rischi, altre<br />

sono prudenti, etc. È chiaro che uno scienziato a fine carriera con una cattedra ha più libertà <strong>di</strong><br />

indulgere in speculazioni sugli aspetti più <strong>di</strong> frontiera <strong>di</strong> un argomento <strong>di</strong> un giovane ricercatore con


un contratto a tempo. Ogni scienziato è influenzato nel modo in cui guarda al mondo dalle persone<br />

che gli è capitato <strong>di</strong> avere come insegnanti e studenti. Ne segue che i para<strong>di</strong>gmi sono la proprietà<br />

intellettuale <strong>di</strong> gruppi sociali le cui regole e le cui convenzioni non vanno ricercate solo nei<br />

manuali e nelle teorie, ma anche negli enti che erogano finanziamenti, nelle istituzioni preposte alla<br />

ricerca e alla formazione, nei comitati scientifici delle riviste specializzate, etc. Per Kuhn, la scienza<br />

va inquadrata nel suo contesto storico e sociale, il che vuol <strong>di</strong>re che il cambiamento scientifico non<br />

può essere adeguatamente compreso se non si tiene conto delle forze sociali che agiscono su <strong>di</strong><br />

esso. Se ciò è vero, l’impegno proprio della concezione standard a stu<strong>di</strong>are in modo puramente<br />

logico la relazione che intercorre tra teorie ed evidenza, e quin<strong>di</strong> a sviluppare misure oggettive della<br />

giustificazione conferita dai dati osservativi a una teoria scientifica (§4.1, numero (4)), è<br />

ra<strong>di</strong>calmente mal concepito. Sembra che, per <strong>di</strong>rla con Lakatos: “accor<strong>di</strong>ng to Kuhn scientific<br />

change – from one “para<strong>di</strong>gm” to another – is a mysthical conversion which is not and cannot<br />

be governed by the rules of reason: it falls totally within the real of (social) psychology of<br />

<strong>di</strong>scovery” (1968: 151).<br />

4.4 La rivoluzione copernicana<br />

Nel primo capitolo ho raccontato parte della storia della rivoluzione copernicana. Avendo<br />

apparentemente ispirato molte delle idee <strong>di</strong>fese da Kuhn, sembra opportuno illustrare queste idee<br />

alla luce <strong>di</strong> tale rivoluzione. Per quanto la celebre <strong>di</strong>fesa della teoria copernicana pronunciata da<br />

Galileo contro la Chiesa cattolica ebbe luogo all’inizio del <strong>di</strong>ciassettesimo secolo, l’intero processo<br />

in seguito al quale il para<strong>di</strong>gma geocentrico <strong>di</strong> Tolomeo fu abbandonato a favore dell’eliocentrismo<br />

durò all’incirca 150 anni. Alla fine, verso la fine del <strong>di</strong>ciassettesimo secolo, la teoria della<br />

gravitazione <strong>di</strong> Newton offrì un resoconto unificato dei moti dei pianeti, dell’influsso lunare sulle<br />

maree, e <strong>di</strong> molto altro ancora. Sebbene col senno <strong>di</strong> poi possiamo sostenere che la concezione del<br />

mondo che ne risultava era più completa, unificata ed empiricamente adeguata, comunque, coloro<br />

che avviarono il cambiamento verso l’eliocentrismo non avevano tale evidenza.<br />

Il para<strong>di</strong>gma tolemaico aveva molti punti in suo favore. Ad esempio, una cosmologia con la terra al<br />

centro dell’universo sembrava molto più naturale a chi credeva che Dio l’avesse creata<br />

specificamente per gli uomini, e dal momento che non sentiamo la terra muoversi, sembrava<br />

appropriato concludere che essa costituisse il centro attorno cui ogni altra cosa ruota. Un’immagine<br />

del genere, inoltre, consentiva ai teologi <strong>di</strong> collocare il para<strong>di</strong>so letteralmente al <strong>di</strong> sopra della terra,<br />

e la teoria aristotelica del moto naturale dei corpi celesti offriva una spiegazione impeccabile <strong>di</strong><br />

quanto osserviamo nel cielo notturno. La teoria fondamentale <strong>di</strong> Tolomeo offriva uno strumento<br />

ragionevolmente adeguato per pre<strong>di</strong>re il moto dei pianeti, ed è stata utilizzata con successo per<br />

secoli.<br />

Tuttavia, il para<strong>di</strong>gma doveva far fronte a certe anomalie, perché le orbite dei pianeti non<br />

sembravano cerchi perfetti, ma fu possibile aggiustare la teoria del moto planetario introducendo<br />

epicicli, orbite eccentriche, etc. (si veda il primo capitolo). Ciò sembra adattarsi perfettamente<br />

all’immagine della scienza normale: gli astronomi raccoglievano dati più accurati, e laddove non<br />

concordavano con il para<strong>di</strong>gma, invece <strong>di</strong> abbandonarne le assunzioni fondamentali, cercavano<br />

mo<strong>di</strong> ingegnosi per risolvere i problemi e per render conto dei fenomeni. Successivamente, il<br />

para<strong>di</strong>gma tolemaico <strong>di</strong>venne più complesso, ma le anomalie restarono, alimentando così un<br />

programma <strong>di</strong> ricerca in costante evoluzione. Col tempo tali anomalie finirono con l’accumularsi.<br />

La complessità e il numero delle varianti in competizione tra loro proposte per render conto <strong>di</strong> tali<br />

anomalie, insieme alla pressione sociale per una riforma del calendario, che rendeva prioritaria la<br />

loro risoluzione e la formulazione <strong>di</strong> una teoria definitiva, alimentarono la <strong>di</strong>ffusa percezione che il<br />

paradogma fosse in crisi. Alla fine la rivoluzione si è verificata, ma, apparentemente, perché ciò<br />

accadesse è stato necessario che si realizzassero altre due con<strong>di</strong>zioni. La prima era l’esistenza <strong>di</strong> una<br />

teoria alternativa, quella cioè fornita da Copernico. Ma anche questo non sarebbe stato sufficiente se


non vi fossero state le persone giuste, come Keplero, Galileo, Cartesio ed altri ancora, per lavorare<br />

alla e<strong>di</strong>ficazione del nuovo para<strong>di</strong>gma.<br />

È qui che possiamo iniziare a sospettare che questa rivoluzione sia stata <strong>di</strong> natura non razionale,<br />

perché ciascun pensatore ebbe motivazioni <strong>di</strong>verse per adottare la concezione copernicana. Dal<br />

momento che scelsero <strong>di</strong> adottarlo quando non era stato ancora pienamente sviluppato, quando cioè<br />

problemi non risolti da affrontare erano ancora molti, tutti si presero un considerevole rischio<br />

intellettuale. Nessuno poteva essere certo del fatto che avrebbe fornito una spiegazione più adeguata<br />

<strong>di</strong> quanto osserviamo nel cielo notturno, e, <strong>di</strong> fatto, la teoria <strong>di</strong> Copernico non era più accurata <strong>di</strong><br />

quella <strong>di</strong> Tolomeo. Per entrambe l’evidenza <strong>di</strong>sponibile non era conclusiva, ed erano molte le cose<br />

che il vecchio para<strong>di</strong>gma spiegava meglio del nuovo. Dopo tutto il nuovo para<strong>di</strong>gma era in conflitto<br />

con la retrostante credenza che gli uomini fossero posti al centro dell’universo, e contrad<strong>di</strong>ceva la<br />

migliore teoria fisica <strong>di</strong>sponibile, quella <strong>di</strong> Aristotele. Dalla teoria <strong>di</strong> Copernico, inoltre, seguiva che<br />

la terra si trovasse talvolta dalla stessa parte del Sole e dei pianeti Venere e Marte, talvolta dalla<br />

parte opposta. Secondo la teoria, date le <strong>di</strong>stanze coinvolte, Venere avrebbe dovuto apparire, in<br />

certe occasioni, più <strong>di</strong> sei volte più grande che in altre occasioni. Tuttavia, osservando ad occhio<br />

nudo non era possibile apprezzare alcun cambiamento nelle sue <strong>di</strong>mensioni. In seguito, utilizzando<br />

il telescopio, fu possibile osservare la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione, ma resta il fatto che la teoria <strong>di</strong><br />

Copernico, quando fu proposta, era contraddetta dall’evidenza osservativa.<br />

Più tar<strong>di</strong> Brahé (l’astronomo ai cui strumenti si devono i dati stu<strong>di</strong>ati da Keplero prima <strong>di</strong> formulare<br />

la sua teoria del moto planetario), derivò dalla teoria <strong>di</strong> Copernico un’altra previsione che fu<br />

falsificata dall’osservazione. L’idea era che se la terra si muove, col passare da una parte all’altra<br />

del Sole sarebbe dovuta variare la <strong>di</strong>rezione dalla quale si osservano le stelle lontane. Utilizzando i<br />

suoi strumenti provò ad osservare questo effetto, noto come parallasse stellare, ma senza successo.<br />

Dal momento che all’epoca i suoi strumenti erano i più precisi in circolazione, ne concluse che la<br />

teoria <strong>di</strong> Copernico era falsa.<br />

Contro la teoria <strong>di</strong> Copernico erano anche stati sollevati argomenti formidabili che sembravano<br />

confutarla. Il più cogente era l’“argomento della torre”: si immagini cosa accadrebbe se la terra si<br />

muovesse, e se una pietra fosse lasciata cadere dalla sommità <strong>di</strong> un’alta torre. Mentre la pietra è<br />

ancora in aria, la base della torre si sposterebbe, e quella cadrebbe ad una qualche <strong>di</strong>stanza dalla<br />

base della torre. Eppure, se si fa l’esperimento, si osserva che la pietra cade alla base della torre alla<br />

stessa <strong>di</strong>stanza da cui era stata lasciata cadere alla sua sommità. Pertanto, la terra non può essere in<br />

movimento. Analogamente, se la terra si muove, perché gli oggetti <strong>di</strong>sposti sulla sua superficie non<br />

volano via, come volano via i granelli <strong>di</strong> sabbia <strong>di</strong>sposti sul cerchione <strong>di</strong> una ruota, quando questa è<br />

messa in movimento? Un’ulteriore questione era legata alla mancanza <strong>di</strong> una spiegazione del perché<br />

la terra, orbitando intorno al Sole, non perdesse la luna (fu per questo motivo che l’osservazione<br />

delle lune <strong>di</strong> Giove, realizzata da Galileo (nel 1609), fu così importante, perché in tal modo, essendo<br />

gli oppositori <strong>di</strong> Galileo convinti del movimento <strong>di</strong> Giove, Galileo poté argomentare che se Giove<br />

orbitando non perdeva le lune, anche la Terra poteva fare lo stesso).<br />

Ciascun argomento era ben noto ai <strong>di</strong>fensori dell’eliocentrismo, eppure, nella fase iniziale della<br />

rivoluzione copernicana, nessuno aveva a <strong>di</strong>sposizione una risposta sod<strong>di</strong>sfacente. Quin<strong>di</strong>, la nuova<br />

teoria risolveva sì qualche vecchio problema, ma ne sollevava anche molti <strong>di</strong> nuovi. A seconda dei<br />

propri valori, le persone reagirono <strong>di</strong>versamente: chi apprezzava la semplicità matematica, aveva<br />

ottime ragioni per accettare il para<strong>di</strong>gma copernicano, chi invece attribuiva valore alla coerenza<br />

dell’immagine complessiva del mondo e alla sua conformità al senso comune (non abbiamo la<br />

sensazione che la terra si muova) aveva motivi per restare col para<strong>di</strong>gma tolemaico. Kuhn ritiene<br />

alquanto implausibile che tutti abbiano valutato con attenzione l’evidenza, e che abbiano scelto tra i<br />

due para<strong>di</strong>gmi sulla base <strong>di</strong> argomenti razionalmente cogenti. La personalità e le credenze <strong>di</strong><br />

ciascuno ha invece motivato i <strong>di</strong>versi contributi offerti alla rivoluzione copernicana. Sembra quin<strong>di</strong><br />

che vi sia spazio per la <strong>di</strong>scussione intorno a cosa dovrebbe contare come motivo razionale, e su<br />

quale peso relativo dovrebbe essere attribuito a ciascun motivo razionale.


Nel caso <strong>di</strong> Copernico, qualcosa nel suo carattere lo pre<strong>di</strong>sponeva a rivedere ra<strong>di</strong>calmente la<br />

descrizione matematica del sistema solare, piuttosto che ad accontentarsi <strong>di</strong> correggere il sistema<br />

tolemaico. Gli capitò poi <strong>di</strong> possedere le abilità matematiche necessarie per formulare in modo<br />

accurato l’alternativa <strong>di</strong> un sistema eliocentrico. A Galileo capitò <strong>di</strong> essere sufficientemente<br />

battagliero e ribelle per fronteggiare la Chiesa, anche se le conseguenze per la sua vita personale<br />

furono sgradevoli. Si <strong>di</strong>ce che Keplero credesse misticamente nella fondamentale armonia<br />

matematica del mondo naturale, e che per questo abbia <strong>di</strong>sposto i pianeti in semplici orbite ellittiche<br />

piuttosto che nelle più complesse orbite circolari, ed è anche vero che si trovò in possesso <strong>di</strong> dati<br />

astronomici più precisi <strong>di</strong> quelli avuti da chiunque altro prima <strong>di</strong> lui (la sua teoria del moto<br />

planetario fu pubblicata nel 1609, e fu con essa che per la pria volta l’eliocentrismo offrì una teoria<br />

empiricamente più adeguata del para<strong>di</strong>gma tolemaico). Infine Cartesio, che aveva sviluppato una<br />

fisica molto <strong>di</strong>versa da quella aristotelica, si era esplicitamente prefissato un programma filosofico<br />

molto ambizioso, che andava molto oltre ciò che l’evidenza <strong>di</strong>sponibile <strong>di</strong> fatto giustificava.<br />

Dopo aver introdotto le idee <strong>di</strong> Kuhn, rivolgerò adesso la mia attenzione a due problemi filosofici<br />

che, seguendo il suo lavoro, sono stati ampiamente <strong>di</strong>battuti. Illustreremo entrambi i problemi alla<br />

luce <strong>di</strong> esempi tratti dalla rivoluzione copernicana; il primo è un problema <strong>di</strong> cui abbiamo già avuto<br />

occasione <strong>di</strong> <strong>di</strong>scutere in precedenza.<br />

4.5 Teoria e osservazione<br />

Nello spiegare come funziona la scienza, è alquanto naturale invocare la <strong>di</strong>stinzione tra teoria e<br />

osservazione. Si pensa infatti che le teorie scientifiche siano basate su fatti conosciuti, e tali fatti<br />

sono determinati tramite l’osservazione. Per questo, nelle sue gran<strong>di</strong> linee, la teoria del metodo<br />

scientifico proposta da Bacone ha una certa plausibilità. Iniziamo osservando il mondo naturale, poi<br />

cerchiamo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>nare sistematicamente tali osservazioni, e alla fine arriviamo ai principi più<br />

generali che le governano. Chiaramente, come ho sostenuto alla fine del secondo capitolo, e<br />

contrariamente a quanto afferma Bacone, il metodo che seguiamo non può essere del tutto scevro da<br />

presupposti, perché quando osserviamo il mondo classifichiamo i fenomeni in <strong>di</strong>verse tipologie<br />

prima <strong>di</strong> cercare <strong>di</strong> dare veste sistematica alla conoscenza che ne abbiamo. Ad esempio, iniziamo<br />

col classificare certi fenomeni come moti planetari, altri come maree, o come stagioni. Secondo la<br />

scienza contemporanea tra tali fenomeni intercorre uno stretto legame; le maree sono causate dal<br />

moto della luna, e le stagioni sono il risultato della rivoluzione terrestre intorno al sole. Pertanto,<br />

trattandoli come fenomeni separati corriamo il rischio <strong>di</strong> essere fuorviati. È quanto è accaduto nel<br />

caso della scienza aristotelica, per la quale i cieli appartengono ad un dominio <strong>di</strong>stinto, e le leggi<br />

della meccanica utilizzate per descriverne i moti sono del tutto <strong>di</strong>verse da quelle applicate ai moti<br />

degli oggetti sulla superficie terrestre. Analogamente, potremmo naturalmente assumere che certi<br />

fenomeni sono associati al movimento e non alla quiete, perché, per la nostra esperienza, le cose<br />

che si muovono sono <strong>di</strong>stinte da quelle in stato <strong>di</strong> quiete. Secondo la fisica contemporanea, però, il<br />

moto uniforme e la quiete non sono fisicamente <strong>di</strong>stinti; <strong>di</strong> fatto la <strong>di</strong>fferenza è completamente<br />

relativa al proprio sistema <strong>di</strong> riferimento. È chiaro quin<strong>di</strong> che la scienza, prima <strong>di</strong> iniziare,<br />

presuppone una qualche sud<strong>di</strong>visione tipologica dei fenomeni, e che tali tassonomie possono essere<br />

riviste quando vengono adottate nuove teorie. È parimenti chiaro che per una scienza matura l’idea<br />

che l’osservazione debba essere priva <strong>di</strong> presupposti non è desiderabile, perché ciò significherebbe<br />

ricominciare da zero invece che procedere sulla base dei precedenti successi.<br />

Anche se le teorie esistenti ci guidano nella formulazione <strong>di</strong> nuove teorie, ci in<strong>di</strong>cano quali<br />

osservazioni siano scientificamente rilevanti etc., comunque, è possibile invocare la <strong>di</strong>stinzione tra<br />

il contesto della scoperta e il contesto della giustificazione per sostenere che le teorie scientifiche<br />

sono controllate empiricamente. Molti filosofi empiristi hanno tracciato una netta <strong>di</strong>stinzione tra il<br />

teorico e l’osservativo, e tanto i positivisti logici quanto Popper, quanto meno nelle sue prime opere,<br />

la assumono. Secondo la concezione standard, l’in<strong>di</strong>pendenza dalle teorie e la neutralità che


contrad<strong>di</strong>stinguono i fatti osservativi li rendono una base adeguata alla fondazione della conoscenza<br />

scientifica, o quanto meno al controllo delle teorie (si veda 4.1, numero (4)). La concezione<br />

standard incorpora la <strong>di</strong>stinzione tra termini osservativi, come “rosso”, “pesante”, e “bagnato”, e<br />

termini teorici, come “elettrone”, “carica” e “gravità”. L’idea è che le regole per l’applicazione dei<br />

termini teorici facciano riferimento esclusivamente a ciò che un normale osservatore umano<br />

percepisce in certe con<strong>di</strong>zioni, e che siano completamente in<strong>di</strong>pendenti dalla teoria. Ernest Nagel<br />

(1901-1985), nel suo influente libro La struttura della scienza (Nagel 1961), sostiene che ogni<br />

termine osserativo è associato ad almeno una procedura esplicita per la sua applicazione a proprietà<br />

identificabili osservativamente al realizzarsi <strong>di</strong> certe con<strong>di</strong>zioni. La proprietà <strong>di</strong> essere rosso, ad<br />

esempio, è attribuita ad un oggetto quando questo appare rosso ad un osservatore in normali<br />

con<strong>di</strong>zioni fisiche, in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> luce normali. L’analisi della logica del controllo teorico<br />

proposta da molti filosofi riposa sulla <strong>di</strong>stinzione tra termini osservativi e termini teorici.<br />

Kuhn era invece tra quelli che poneva in evidenza la natura carica <strong>di</strong> teoria, come poi venne detta,<br />

dei termini osservativi. L’idea è riassunta dal filosofo N. R. Hanson (1924-1967) nei termini<br />

seguenti: “Seeing is not only the having of a visual experience; it also the way in which the<br />

visual experienc is had” (Hanson 1958: 15). Questi sosteneva che l’esperienza visiva <strong>di</strong> due<br />

osservatori può essere <strong>di</strong>versa anche se entrambi hanno le stesse immagini retiniche. Credeva infatti<br />

che l’osservazione fosse inseparabile dall’interpretazione. In generale, secondo Hanson,<br />

“observation of x is shaped by prior knowledge of x” (Hanson 1958: 19). Alcuni celebri esempi<br />

mostrano che in certi casi la natura dell’esperienza percettiva <strong>di</strong>pende dall’esperienza passata e dai<br />

concetti (figura 2).<br />

L’idea è che il cubo può essere visto tanto con il quadrato in alto a destra, quanto con il quadrato in<br />

basso a sinistra rivolto verso l’osservatore. L’altra immagine ritrae o la testa <strong>di</strong> un coniglio rivolta<br />

verso sinistra, o la testa <strong>di</strong> un’anatra rivolta verso destra. Ci sono molte cose da osservare riguardo<br />

all’esperienza che sia ha osservando queste immagini. La prima cosa, è che in esse ve<strong>di</strong>amo<br />

immagini <strong>di</strong> qualcosa solo in quanto siamo abitati a guardare immagini bi<strong>di</strong>mensionali che<br />

rappresentano oggetti tri<strong>di</strong>mensionali. La seconda è che possiamo imparare a vederle <strong>di</strong>versamente,<br />

e quin<strong>di</strong> che l’esperienza che ne abbiamo non è fissa. La maggior parte delle persone trova più<br />

naturale uno dei due mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> vederle, e deve fare qualche sforzo, all’inizio, per vederle nell’altro<br />

modo. La terza cosa è che quando l’esperienza cambia, ad esempio quando non si vede più l’anatra<br />

ma si vede il coniglio, il mutamento è un “salto gestaltico”, ovvero, in altre parole, a cambiare è<br />

l’intero carattere dell’esperienza.<br />

Un esempio <strong>di</strong> osservazione scientifica frequentemente <strong>di</strong>scusso è l’osservazione attraverso un<br />

microscopio; se qualcosa è l’immagine <strong>di</strong> un oggetto reale, o semplicemente un effetto del<br />

proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> colorazione utilizzato per preparano i vetrini per l’osservazione è determinato dalla<br />

teoria <strong>di</strong> sfondo. Di solito è molto frequente che gli scienziati debbano imparare ad osservare con<br />

particolari strumenti scientifici. Ad esempio, un me<strong>di</strong>co esperto, osservando la ra<strong>di</strong>ografia <strong>di</strong> una<br />

frattura, “vedrà” una quantità <strong>di</strong> dettagli invisibili a una persona qualsiasi. Kuhn ed altri utilizzano<br />

questi esempi per argomentare la tesi secondo la quale ciò che gli scienziati percepiscono è<br />

determinato in parte da ciò che credono; il copernicano che osserva un tramonto vede il sole<br />

immobile e l’orizzonte salire, mentre un astronomo tolemaico vede l’orizzonte immobile e il sole<br />

scomparire alle sue spalle. Tutto ciò rischia <strong>di</strong> compromettere l’oggettività delle procedure <strong>di</strong><br />

controllo delle teorie scientifiche, perché se è contaminata dalla teoria l’osservazione non può più<br />

svolgere il ruolo <strong>di</strong> arbitro neutrale tra teorie in competizione attribuitole dalla concezione standard.<br />

Se ciò è vero, è probabile che la storia della scienza annoveri molti i casi in cui la raccolta <strong>di</strong><br />

evidenza osservativa è stata influenzata dalle presupposizioni degli osservatori.<br />

Un esempio <strong>di</strong> questo tipo è dato dal caso delle macchie solari (le zone <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa luminosità sulla<br />

superficie solare), <strong>di</strong> cui non si fa menzione in Europa prima della rivoluzione copernicana, ma che<br />

erano ben note da secoli agli astronomi cinesi. L’idea è che agli europei, convinti del fatto che il<br />

cielo fosse un regno perfettamente immutabile, era preclusa l’osservazione <strong>di</strong> un esempio così<br />

ovvio <strong>di</strong> un fenomeno extraterrestre coinvolgente il cambiamento. Un altro caso citato da Hanson è


il fatto che i fisici non furono in grado <strong>di</strong> osservare le tracce lasciate dai positroni in una camera a<br />

bolle fino quando la loro esistenza non fu postulata (nel 1928) da Paul Dirac (1902-1984). Quando<br />

i fisici delle particelle ripensano agli esperimenti condotti negli anni che precedettero la comparsa<br />

del lavoro <strong>di</strong> Dirac, trovano chiari segni del fatto che i positroni erano stati completamente ignorati<br />

dai loro predecessori.<br />

Anche in altri casi ciò che viene osservato, o che viene ritenuto osservabile, è contaminato dalla<br />

teoria. Secondo la teoria del moto <strong>di</strong> Galileo solo i moti relativi possono essere osservati, e <strong>di</strong><br />

conseguenza, siccome la terra non si muove relativamente a noi, noi non avvertiamo il suo moto<br />

intorno al sole. Secondo i suoi oppositori, invece, ogni tipo <strong>di</strong> moto è osservabile, e <strong>di</strong> conseguenza<br />

l’esperienza quoti<strong>di</strong>ana <strong>di</strong>mostra che la terra non si muove. Galileo e gli aristotelici non<br />

concordavano neanche su cosa fosse possibile osservare con il telescopio. Secondo Galileo il<br />

telescopio, una volta tarato su Giove, mostrava chiaramente che il pianeta aveva delle lune, mentre i<br />

suoi critici dubitavano dell’affidabilità del nuovo strumento. Gli astronomi contemporanei sono<br />

d’accordo con Galilei circa le lune <strong>di</strong> Giove. Tuttavia sembra anche che Galilei abbia scambiato per<br />

lune gli anelli <strong>di</strong> Saturno, e che in certi casi abbia scambiato delle illusioni ottiche per crateri sulla<br />

nostra luna.<br />

Un altro argomento a sostegno della tesi secondo la quale l’osservazione è carica <strong>di</strong> teoria fa<br />

riferimento al fatto che non sembra esserci soluzioni <strong>di</strong> continuità tra i casi in cui qualcuno osserva<br />

qualcosa e i casi in cui qualcuno inferisce qualcosa. Supponiamo ad esempio che qualcuno <strong>di</strong>ca <strong>di</strong><br />

stare vedendo un aereo a reazione in cielo; non sta in realtà vedendo solo un punto e una scia <strong>di</strong><br />

vapore, e quin<strong>di</strong> solo inferendo che si tratta <strong>di</strong> un aereo? Analogamente, si <strong>di</strong>ce che gli scienziati<br />

osservino il passaggio della corrente elettrica in un filo attraverso il movimento dell’ago <strong>di</strong> un<br />

amperometro, o l’illuminazione <strong>di</strong> una lampa<strong>di</strong>na; ma non sarebbe più corretto <strong>di</strong>re che in entrambi<br />

i casi la presenza della corrente è inferita piuttosto che osservata <strong>di</strong>rettamente? Certe entità, come<br />

alberi o uccelli, sono chiaramente percepibili, ma che <strong>di</strong>re <strong>di</strong> batteri, molecole e campi<br />

elettromagnetici? Va anche detto che per descrivere oggetti osservabili talvolta utilizziamo il<br />

linguaggio teorico, come quando parliamo <strong>di</strong> “accendere il gas”, “forno a microonde” e “processore<br />

<strong>di</strong> silicio”, etc. Sembra cioè che una larga parte del nostro linguaggio sia carica <strong>di</strong> teoria, e che<br />

pertanto spesso descriviamo come esempi <strong>di</strong> osservazione <strong>di</strong>retta casi nei quali, in senso stretto,<br />

abbiamo semplicemente inferito la presenza <strong>di</strong> qualcosa.<br />

L’idea secondo la quale il linguaggio che utilizziamo per descrivere l’osservazione è carico <strong>di</strong> teoria<br />

non va comunque confusa con quella secondo la quale l’osservazione stessa è carica <strong>di</strong> teoria. È<br />

plausibile sostenere che la linea <strong>di</strong> <strong>di</strong>visione tra termini osservativi e termini teorici, nel linguaggio,<br />

sia in<strong>di</strong>stinta, ma la tesi secondo la quale l’osservazione stessa, piuttosto che il tipo <strong>di</strong> cose che<br />

osserviamo e il modo in cui le descriviamo, sia <strong>di</strong> fatto con<strong>di</strong>zionata dalle teorie che accettiamo è<br />

molto più controversa. Il filosofo Paul Churchland sostiene che la percezione è “plastica”, nel<br />

senso che la natura e il contenuto della percezione sensoriale sono determinati dalle teorie alle quali<br />

siamo abituati a pensare e tramite le quali descriviamo il mondo: “we learn, from others, to<br />

perceive the world as everyone else perceives it” (Churchland 1979: 7).Secondo lui il modo in<br />

cui percepiamo il mondo può subire drastici cambiamenti col tempo, se solo accettiamo nuove<br />

teorie.<br />

Jerry Fodor propone invece una concezione opposta: “given the same stimulations, two<br />

organisms with the same sensory/perceptual psychology will quite generally observe the same<br />

things” (Fodor 1984: 24). Fodor sostiene che parte delle nostre credenze sia <strong>di</strong>rettamente fissata<br />

dall’osservazione, cioè tramite l’attivazione dei sensi, e che sia <strong>di</strong>stinta dalle credenze ottenute per<br />

inferenza. Chi, come lui, si oppone alle conclusioni ra<strong>di</strong>cali <strong>di</strong> Churchland e Kuhn invoca la<br />

<strong>di</strong>stinzione tra “vedere che …” e semplicemente “vedere”. Chi manca dei concetti rilevanti<br />

chiaramente non può vedere che c’è un bicchiere d’acqua, ma può vedere il bicchiere d’acqua,<br />

come risulta evidente quando, incuriosito, lo prende in mano. Si può quin<strong>di</strong> sostenere che, nella<br />

scienza, per vedere che un pianeta occupa una certa porzione <strong>di</strong> cielo è necessario teorizzarlo come


tale, ma che per vedere solo un puntino luminoso in quella parte <strong>di</strong> cielo basta solo che il proprio<br />

sistema visivo funzioni correttamente.<br />

Spero che i semplici esempi <strong>di</strong>scussi chiariscano cosa si intende quando si <strong>di</strong>ce che l’osservazione è<br />

carica <strong>di</strong> teoria, anche se una trattazione esaustiva <strong>di</strong> questa tema richiederebbe una maggior<br />

familiarità col lavoro <strong>di</strong> psicologi e scienziati cognitivi della percezione umana. Di fatto, molti<br />

esperimenti mostrano che, almeno in certi casi, che cosa le persone percepiscono <strong>di</strong>pende in qualche<br />

misura dai concetti e dalle credenze che hanno. D’altra parte, non ve<strong>di</strong>amo sempre ciò che ci<br />

aspettiamo <strong>di</strong> vedere, ed è <strong>di</strong>sponibile qualche evidenza sfavorevole alla tesi che l’osservazione sia<br />

contaminata da credenze e concetti. Si consideri ad esempio l’illusione <strong>di</strong> Müller-Lyer (figura 3).<br />

Anche se misuriamo le linee con attenzione, e rileviamo che hanno la stessa lunghezza, continuiamo<br />

a percepirle come se avessero una lunghezza <strong>di</strong>versa. In questo caso quin<strong>di</strong>, la nostra percezione<br />

sembra essere piuttosto immune dalla contaminazione dalle nostre credenze.<br />

Figura 3<br />

Per un certo periodo <strong>di</strong> tempo i positivisti hanno ritenuto che gli asserti osservativi fornissero alla<br />

scienza un fondamento certo, ma chiaramente, se sono carichi <strong>di</strong> teoria, non sono più certi delle<br />

teorie che presuppongono. Tuttavia, se è impossibile che i resoconti osservativi siano neutrali<br />

rispetto ad ogni teoria, possono sempre essere neutrali rispetto alle teorie tra le quali deci<strong>di</strong>amo per<br />

loro mezzo. In ogni caso, non si può in generale sostenere che il contenuto dell’osservazione è una<br />

funzione delle teorie accettate dagli osservatori ricorrendo esclusivamente al tipo <strong>di</strong> esempi sopra<br />

ricordati, o a casi isolati nella storia della scienza in cui gli scienziati non si sono trovati d’accordo<br />

su cosa stava venendo osservato in una particolare occasione. Il rapporto che intercorre tra teoria e<br />

osservazione necessita chiaramente <strong>di</strong> un’analisi molto accurata. Per adesso, spero <strong>di</strong> aver quanto<br />

meno in<strong>di</strong>cato al lettore le molte importanti questioni legate a questo tema, <strong>di</strong> aver mostrato<br />

l’insostenibilità della concezione ingenua secondo la quale tra teoria e osservazione c’è una<br />

<strong>di</strong>stinzione netta, e <strong>di</strong> aver <strong>di</strong>stinto con sufficiente chiarezza tra le varie tesi che si può star<br />

sostenendo quando si <strong>di</strong>ce che l’osservazione è carica <strong>di</strong> teoria. Naturalmente che cosa si noti, o si<br />

scelga <strong>di</strong> riportare, e come lo si riporti, è influenzato dalle teorie che si accettano. Ma anche se da<br />

quanto detto risulta con chiarezza che la teoria guida l’osservazione, ed è probabilmente vero che<br />

nessuna osservazione interessante è mai neutrale rispetto alla teoria, non è così semplice provare<br />

che le cose osservate cambiano a seconda della teoria accettata.<br />

4.6 Incommensurabilità<br />

Incommensurabilità è un termine matematico che designa la “mancanza <strong>di</strong> una misura comune”. Fu<br />

adottato da Kuhn e da un altro filosofo, Paul Feyerabend (1924-1994), i quali sostennero che le<br />

teorie scientifiche che si succedono sono spesso incommensurabili, nel senso che non esiste un<br />

modo neutrale per valutare i loro rispettivi meriti. Una delle idee più ra<strong>di</strong>cali che si possono trarre<br />

dal lavoro <strong>di</strong> Kuhn è la <strong>di</strong>pendenza dal para<strong>di</strong>gma retrostante <strong>di</strong> ciò che si considera evidenza entro<br />

un dato dominio. Se le cose stanno così, come è possibili raffrontare su base razionale para<strong>di</strong>gmi in<br />

competizione? Kuhn sostiene che per raffrontare le teorie non esiste standard più elevato del<br />

consenso della rilevante comunità scientifica, e che “[la scelta] between competing para<strong>di</strong>gms<br />

proves to be a choice between incompatible modes of community life” (94).<br />

In questo passaggio, si può interpretare Kuhn come se <strong>di</strong>cesse che il cosiddetto progresso<br />

scientifico, piuttosto che basarsi sull’evidenza, non è guidato da nient’altro che dalla psicologia <strong>di</strong><br />

massa, e che la conferma empirica <strong>di</strong> una teoria non è altro che una finzione retorica (da tale tesi ha<br />

preso le mosse il cosiddetto “programma forte nella sociologia della scienza”, il cui scopo è <strong>di</strong>


spiegare il mutamento scientifico sulla base <strong>di</strong> forze psicologiche e sociali). Molti hanno utilizzato<br />

gli argomenti <strong>di</strong> Kuhn per sostenere ciò che i filosofi chiamano relativismo sulla conoscenza<br />

scientifica, posizione secondo la quale le “verità” contenute nelle teorie scientifiche sono<br />

completamente o in parte determinate da forze sociali. Secondo una forma semplice <strong>di</strong> relativismo<br />

epistemologico, ad esempio, una particolare teoria fisica o biologica potrebbe essere considerata<br />

vera solo per il fatto <strong>di</strong> essere accettata, entro la comunità dei fisici o dei biologi, da chi occupa<br />

posizioni <strong>di</strong> rilievo ed è in grado <strong>di</strong> esercitare la propria influenza.<br />

L’idea che l’osservazione sia carica <strong>di</strong> teoria costituisce un argomento a favore<br />

dell’incommensurabilità dei para<strong>di</strong>gmi in competizione; se è vero che ogni osservazione è<br />

contaminata dalle teorie <strong>di</strong> sfondo, non si può valutare i meriti <strong>di</strong> ciascun para<strong>di</strong>gma ricorrendo a<br />

controlli sperimentali, perché i sostenitori dei para<strong>di</strong>gmi in competizione non saranno<br />

necessariamente d’accordo su ciò che viene osservato. Abbiamo visto che una cosa del genere è<br />

accaduta nella <strong>di</strong>sputa tra Galileo e la Chiesa cattolica circa il movimento della terra. La rivoluzione<br />

copernicana è un esempio <strong>di</strong> come i meto<strong>di</strong> ritenuti appropriati al controllo <strong>di</strong> certi principi teorici<br />

mutino al cambiare delle teorie, e <strong>di</strong> come, <strong>di</strong> conseguenza, analoga natura abbiano i problemi<br />

scientifici. Per lo scienziato contemporaneo, un corpo rimane in quiete o in moto uniforme a meno<br />

che il suo stato non sia mutato dall’azione <strong>di</strong> qualche forza; pertanto, non c’è bisogno <strong>di</strong> spiegare<br />

che cosa mantenga in volo una freccia accelerata dalla corda <strong>di</strong> un arco, piuttosto, bisogna spiegare<br />

come l’azione congiunta della gravità e della resistenza dell’aria impe<strong>di</strong>sca alla freccia <strong>di</strong><br />

continuare per sempre in linea retta. Per l’aristotelico, al contrario, è necessario spiegare cosa<br />

mantenga nel suo moto innaturale una freccia scoccata dall’arco.<br />

Come è evidente, molte persone classificano le cose del mondo in mo<strong>di</strong> talvolta ra<strong>di</strong>calmente<br />

<strong>di</strong>versi. In certi casi sembra che per valutare le credenze altrui dobbiamo comprenderne certe<br />

asserzioni alla luce della complessiva pratica linguistica in cui sono inserite. Talvolta, certi lavori<br />

scientifici sono comprensibili solo alla luce <strong>di</strong> teorie successive; ad esempio, la teoria del calorico<br />

sulla natura del calore elaborata da Pierre Laplace (1749-1827), che sostiene che il calore sia un<br />

fluido materiale, consentì a Laplace <strong>di</strong> calcolare in modo molto accurato la velocità del suono<br />

nell’aria. Il fisico contemporaneo può comprendere molto facilmente i suoi meto<strong>di</strong>, anche se oggi il<br />

calore è considerato come una forma <strong>di</strong> energia legata alla vibrazione delle molecole. D’altra parte<br />

il modo <strong>di</strong> ragionare <strong>di</strong> un pensatore rinascimentale come Paracelso (1493-1541) è praticamente<br />

incomprensibile per lo scienziato moderno, dal momento che il modo in cui guardava al mondo, e il<br />

tipo <strong>di</strong> risposte che cercava, sono del tutto estranee alla prospettiva della scienza contemporanea.<br />

Per fare qualche esempio, Paracelso sosteneva che le piante che hanno le foglie a forma <strong>di</strong> serpente<br />

proteggono contro i veleni, e che un buon me<strong>di</strong>co non doveva avere la barba rossa. Di fatto sembra<br />

che alcune sue affermazioni non siano semplicemente false, ma che, dovendo la loro intelligibilità a<br />

mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> pensare ormai <strong>di</strong>menticati, non siano neanche can<strong>di</strong>dati ammissibili per la verità o la falsità.<br />

Per questo, le questioni affrontate entro un vecchio para<strong>di</strong>gma non ricevono sempre risposta, perché<br />

spesso pensiamo che non abbiano neanche senso.<br />

Kuhn paragona il cambio <strong>di</strong> para<strong>di</strong>gma al tipo <strong>di</strong> “salto gestaltico” che si sperimenta guardando<br />

l’immagine 2 prima come anatra e poi come coniglio. Il punto dei salti gestaltici è che hanno una<br />

natura olistica. Analogamente, la <strong>di</strong>fferenza tra para<strong>di</strong>gmi al livello dei concetti, dell’ontologia, etc.<br />

è globale e sistematica. Le teorie che appartengono a para<strong>di</strong>gmi <strong>di</strong>versi sono incommensurabili nel<br />

senso che i termini e i concetti chiamati in causa da tali teorie non sono mutuamente intertraducibili;<br />

questo fenomeno è detto incommensurabilità del significato. Kuhn assume che il significato dei<br />

termini scientifici sia determinato dalla posizione che occupano nella struttura dell’intera teoria. Ad<br />

esempio, “massa”, nella teoria newtoniana, ha un significato <strong>di</strong>verso da quello che ha nella teoria<br />

della relatività <strong>di</strong> Einstein. Sembra cioè che quando raffrontiamo due enunciati che contengono il<br />

termine “massa” tratti da queste teorie stiamo in realtà raffrontando enunciati con un <strong>di</strong>verso<br />

significato. L’idea <strong>di</strong> moto, durante la rivoluzione copernicana, ha subito un mutamento ra<strong>di</strong>cale.<br />

Possiamo davvero <strong>di</strong>re che gli aristotelici e Galileo avessero teorie <strong>di</strong>verse sulla natura del moto, o<br />

non dobbiamo <strong>di</strong>re che con “moto” intendevano cose <strong>di</strong>verse? Per Kuhn questa domanda non


ammette una risposta univoca, perché il significato dei termini scientifici non è sempre fissato con<br />

precisione (pertanto nega il punto (7) del paragrafo 4.1).<br />

Tra i filosofi prima <strong>di</strong> Kuhn era largamente <strong>di</strong>ffusa la credenza secondo la quale il riferimento <strong>di</strong> un<br />

particolare termine scientifico, ad esempio <strong>di</strong> “atomo”, è determinato da cosa la teoria asserisce<br />

intorno agli atomi. Se questo è vero, teorie <strong>di</strong>verse sull’“atomo”, asserendo cose <strong>di</strong>verse, si<br />

riferiscono a cose <strong>di</strong>verse. Questo fenomeno è detto incommensurabilità del riferimento, e non<br />

costituisce una buona notizia per il realismo, dal momento che, suggerendo che teorie <strong>di</strong>verse sugli<br />

“elettroni” <strong>di</strong> fatto stiano riferendosi a cose <strong>di</strong>verse, porta a credere che non vi sia alcun fondamento<br />

nella tesi secondo la quale la scienza progre<strong>di</strong>sce nella comprensione della sottostante natura delle<br />

cose. Ciò sembra suggerire che non esiste un modo in cui è fatto il mondo, ma piuttosto, che il<br />

mondo in cui viviamo è prodotto delle nostre teorie. Di fatto Kuhn afferma che “quando un<br />

para<strong>di</strong>gma cambia, con esso cambia anche il mondo” (p. 111). Secondo questa concezione ai<br />

linguaggi <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> teorie <strong>di</strong>verse corrispondono mon<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi, e i sostenitori <strong>di</strong> para<strong>di</strong>gmi <strong>di</strong>versi<br />

vivono in mon<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi; ad esempio, il mondo <strong>di</strong> Einstein è letteralmente <strong>di</strong>verso dal mondo <strong>di</strong><br />

Newton. Di conseguenza, è scorretto affermare che Copernico abbia scoperto che Tolomeo, e altri<br />

filosofi prima <strong>di</strong> lui, si sbagliavano nel pensare che la terra si muovesse intorno al Sole, perché la<br />

terra <strong>di</strong> cui parla Copernico è <strong>di</strong>versa da quella <strong>di</strong> cui parla Tolomeo. La proposta <strong>di</strong> Kuhn, in<br />

questo modo, è stata recepita come una confutazione delle nozioni <strong>di</strong> verità scientifica e <strong>di</strong> realtà<br />

oggettiva. Pertanto vi è chi sostiene non che la conoscenza scientifica è relativa, ma che la realtà<br />

stessa è socialmente costruita. Ad esempio, si sente talvolta <strong>di</strong>re che i fisici costruiscono gli<br />

elettroni nei loro laboratori. Secondo questa concezione, detta costruttivismo sociale, un elettrone<br />

ha lo stesso statuto ontologico <strong>di</strong> un partito politico, o <strong>di</strong> uno stato, nel senso che entrambi esistono<br />

solo nella misura in cui la gente crede che esistano.<br />

4.7 Il relativismo e il ruolo della ragione nella scienza<br />

A partire dal lavoro <strong>di</strong> Kuhn, molti dei temi che esso solleva hanno costituito l’oggetto <strong>di</strong> intensi<br />

<strong>di</strong>battiti. L’interesse sollevato dal <strong>di</strong>battito sulla scienza è molto elevato, perché, come già<br />

sottolineato, la questione <strong>di</strong> cosa consideriamo scienza ha conseguenze decisive per le nostre vite.<br />

Non è chiaro esattamente chi si combatta nella cosiddetta guerra sulla scienza, ma sfortunatamente,<br />

come in altri casi, si può cercare <strong>di</strong> dare una risposta considerando le posizioni estreme <strong>di</strong> entrambe<br />

le parti. Da un lato vi è chi considera la scienza come la fonte <strong>di</strong> ogni conoscenza, e come l’unica<br />

forma <strong>di</strong> ricerca intellettualmente legittima. Secondo questa concezione, non solo è stato provato<br />

che gli insegnamenti contenuti nella Bibbia sono scientificamente scorretti, ma nemmeno abbiamo<br />

bisogno dei miti propri <strong>di</strong> molte culture, perché la scienza contemporanea ci offre un resoconto<br />

completo della maggior parte dei fenomeni naturali, della storia e delle geografia della terra e<br />

dell’intero universo. Naturalmente, la dottrina sostenuta dai filosofi può variare, ma in ogni libreria<br />

si troveranno testi in cui sono presentate ambiziose spiegazioni scientifiche del linguaggio, della<br />

mente, dell’etica, del comportamento umano, della creazione dell’universo, etc. Gli avvocati della<br />

scienza più ra<strong>di</strong>cali ritengono che i loro oppositori siano superstiziosi e irrazionali. Dall’altro lato,<br />

vi è chi sostiene che la scienza non ha niente <strong>di</strong> speciale, e che <strong>di</strong> fatto è possibile che sia peggiore,<br />

o quantomeno non migliore, dei miti della creazione.<br />

In ogni caso, si può <strong>di</strong>fendere la razionalità della scienza senza sostenere il riduzionismo a proposito<br />

della mente, l’ateismo, la non vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> altre forme <strong>di</strong> ricerca, etc. Inoltre, chi <strong>di</strong>fende la razionalità<br />

scientifica può allo stesso tempo essere molto critico del modo in cui alcune o tutte le scienze sono<br />

praticate, ed essere molto scettico rispetto a particolari teorie scientifiche. Chi è in grado <strong>di</strong> offrire<br />

un resoconto definito <strong>di</strong> cosa significa fare scienza in modo appropriato, è nella posizione <strong>di</strong><br />

criticare una particolare comunità scientifica su basi <strong>di</strong> principio. Ad esempio, è plausibile che la<br />

libera circolazione delle idee e dell’informazione costituisca un tratto essenziale della buona


scienza. Se quin<strong>di</strong> gli interessi commerciali degli sponsor interferiscono con la libertà <strong>di</strong> espressione<br />

degli scienziati, si può criticare questa pratica come non scientifica.<br />

La storia <strong>di</strong> varie rivoluzioni scientifiche presentataci da Kuhn mostra che i singoli scienziati non si<br />

adeguano l’ideale filosofico dell’agente massimamente razionale, che decide sempre sulla base<br />

dell’evidenza e del tutto in<strong>di</strong>pendentemente dai propri interessi e dai propri fini. Al contrario,<br />

secondo Kuhn, gli scienziati sono molto legati a un para<strong>di</strong>gma, e talvolta può accadere che alcuni in<br />

particolare ricorrano a qualsiasi mezzo, compreso <strong>di</strong>storcere i dati sperimentali, utilizzare il potere<br />

delle istituzioni per tacitare il <strong>di</strong>ssenso, ricorrere ad argomenti deboli e scorretti per <strong>di</strong>fendere lo<br />

status quo, etc., pur <strong>di</strong> conservarlo a <strong>di</strong>spetto della confutazione dell’evidenza. Gli scienziati<br />

istituzionali si rifiuteranno <strong>di</strong> accettare un nuovo para<strong>di</strong>gma, non si lasceranno persuadere da<br />

argomenti razionali, ma semplicemente, alla fine, usciranno <strong>di</strong> scena con la morte, lasciando alla<br />

generazione successiva il compito <strong>di</strong> sviluppare nuovi approcci. Naturalmente comportamenti<br />

indecorosi e ragionamenti fallaci caratterizzano tutte le sfere dell’attività umana, e sarebbe<br />

sorprendente se non se ne trovasse nella scienza; la comune rappresentazione dello scienziato come<br />

<strong>di</strong> un santo alla ricerca della verità è pertanto così inverosimile da risultare semplicemente ri<strong>di</strong>cola.<br />

Kuhn ha sottolineato che gran parte dell’attività scientifica è relativamente routinaria, e richiede un<br />

alto grado <strong>di</strong> competenza tecnica, ma non necessariamente un massiccio ricorso al pensiero critico.<br />

Molti filosofi della scienza oggigiorno accettano che le teorie sulla scienza debbano essere<br />

informate da un lavoro storico dettagliato, in grado <strong>di</strong> ricostruire il contesto in cui le teorie del<br />

passato sono state elaborate, e sostengono che nella maggior parte dei casi non è raccomandabile<br />

prendere alla lettera le ricostruzioni manualistiche della storia della scienza. Si presta molta più<br />

attenzione a quello che gli scienziati <strong>di</strong> fatto fanno, più che a quello che <strong>di</strong>cono <strong>di</strong> fare. La<br />

decostruzione kuhniana della concezione standard del metodo scientifico e del rapporto tra teoria e<br />

osservazione ha ispirato molti ricercatori <strong>di</strong> storia, sociologia e filosofia della scienza e della<br />

tecnologia a stu<strong>di</strong>are in modo accurato la pratica scientifica, includendo le tecniche sperimentali<br />

etc., laddove in passato la pratica era spesso ignorata a beneficio della teoria.<br />

La <strong>di</strong>scussione precedente rende inevitabile una qualche forma <strong>di</strong> scetticismo a proposito della<br />

conoscenza scientifica. Neanche il filosofo più realista e razionalista sosterrebbe che ogni teoria<br />

accettata sia provata al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni possibile dubbio, o anche solo che le teorie accettate siano tutte<br />

probabilmente vere. Ma fino a che punto può spingersi un salutare scetticismo? Il problema della<br />

scienza normale è che, in<strong>di</strong>pendentemente dalle anomalie che la caratterizzano, <strong>di</strong> fatto<br />

attende l’avvento <strong>di</strong> una crisi. Se questo è giusto, perché dovremmo credere alle nostre migliori<br />

teorie? Kuhn è stato accusato <strong>di</strong> essere un relativista e un costruttivista, e anche chi non gli ascrive<br />

tali concezioni lo ha accusato <strong>di</strong> averle ispirate in altri. Tuttavia Kuhn ha cercato <strong>di</strong> chiarire la sua<br />

posizione, nel tentativo <strong>di</strong> mostrare <strong>di</strong> non essere così ra<strong>di</strong>cale come normalmente si pensa. Da<br />

quanto detto dovrebbe essere chiaro il motivo per cui siano stati in molti ad interpretare Kuhn come<br />

se <strong>di</strong>cesse che il cambiamento delle teorie scientifiche è parzialmente determinato da fattori sociali<br />

e psicologici, più che essere il risultato della valutazione razionale dell’evidenza <strong>di</strong>sponibile.<br />

Tuttavia, questa non può essere tutta la storia, perché le rivoluzioni nel pensiero scientifico <strong>di</strong> fatto<br />

avvengono anche quando non risultano convenienti per la comunità scientifica – imponendo la<br />

riscrittura dei manuali, etc. Alla luce dell’incre<strong>di</strong>bile successo delle teorie scientifiche e delle loro<br />

applicazioni tecnologiche, inoltre, è <strong>di</strong>fficile credere che l’accettazione <strong>di</strong> una teoria scientifica sia<br />

solo questione <strong>di</strong> capriccio, pregiu<strong>di</strong>zi, etc.<br />

Nei suoi ultimi lavori Kuhn ha cercato <strong>di</strong> prendere le <strong>di</strong>stanze dalle concezioni estreme che non<br />

assegnano alcun ruolo alla razionalità nel progresso scientifico, e che non ritengono possibile<br />

confrontare i meriti delle teorie appartenenti a <strong>di</strong>versi para<strong>di</strong>gmi. Sostiene che tutti i para<strong>di</strong>gmi<br />

con<strong>di</strong>vidano i seguenti cinque valori fondamentali:<br />

· Nell’ambito del proprio dominio, una teoria deve essere empiricamente precisa.<br />

· Una teoria deve essere consistente con altre teorie accettate.


· Una teoria deve avere un’ampia portata, e non limitarsi a render conto dei fatti che è chiamata<br />

a spiegare.<br />

· Una teoria deve essere il più semplice possibile.<br />

· Una teoria deve essere feconda, nel senso che deve fornire la struttura <strong>di</strong> riferimento per la<br />

continuazione della ricerca.<br />

Kuhn, conseguentemente, rigetta il totale irrazionalismo, perché questi valori impongono limiti <strong>di</strong><br />

carattere razionale rispetto alle teorie che gli scienziati possono accettare. D’altra parte, questi<br />

valori da soli non possono determinare quali decisioni gli scienziati dovranno prendere nei casi più<br />

interessanti, perché possono entrare in conflitto l’uno con l’altro; una teoria potrà essere semplice<br />

ma non precisa, o feconda ma non <strong>di</strong> ampia portata, etc. Inoltre, valori come quello della semplicità<br />

possono essere interpretati <strong>di</strong>versamente a seconda delle proprie concezioni <strong>di</strong> sfondo, etc.<br />

In<strong>di</strong>pendentemente dalla questione se la filosofia della scienza <strong>di</strong> Kuhn sia compatibile con la<br />

razionalità scientifica, è chiaro che la sue idee portano tendenzialmente a negare tutti e sette gli<br />

aspetti della concezione standard della scienza presentati all’inizio <strong>di</strong> questo capitolo. La scienza<br />

non è cumulativa, perché il cambio <strong>di</strong> para<strong>di</strong>gma comporta l’abbandono delle vecchie teorie<br />

piuttosto che la costante accumulazione <strong>di</strong> conoscenze; la scienza non è unificata, perché ogni sotto<strong>di</strong>sciplina<br />

scientifica è relativa a para<strong>di</strong>gmi che, <strong>di</strong> solito, non sono con<strong>di</strong>visi dalle altre scienze.<br />

Non c’è un punto <strong>di</strong> vista neutrale dal quale valutare le teorie, e quin<strong>di</strong> il contesto della<br />

giustificazione, così come l’idea <strong>di</strong> una logica unica per il controllo delle teorie, è un’illusione,<br />

perché ogni giu<strong>di</strong>zio sul valore <strong>di</strong> una teoria è sempre interno a un para<strong>di</strong>gma. La scienza non è<br />

avalutativa, perché fattori sociali e psicologici svolgono un ruolo ineliminabile nella scelta <strong>di</strong> una<br />

teoria, e pertanto viene meno la <strong>di</strong>stinzione netta tra teorie scientifiche e altri sistemi <strong>di</strong> credenze.<br />

L’unico modo per demarcare la scienza dalla non-scienza consiste nel rimarcare il fatto che la<br />

scienza normale è un attività <strong>di</strong> risoluzione <strong>di</strong> rompicapo, e nel fare riferimento ai cinque valori<br />

proposti da Kuhn, ma non è chiaro quale peso relativo dovrebbe essere attribuito ciascuno e quin<strong>di</strong>,<br />

quest’ultima proposta ha scarsa forza analitica.<br />

Per chi non è convinto dalle tesi più ra<strong>di</strong>cali della filosofia della scienza <strong>di</strong> Kuhn, resta il problema<br />

<strong>di</strong> spiegare la natura del metodo scientifico. Nella seconda parte <strong>di</strong> questo libro le questioni relative<br />

al metodo scientifico continueranno ad affiorare, ma l’argomento principale sarà il <strong>di</strong>battito intorno<br />

alla questione se si debba credere non solo alle generalizzazioni empiriche proprie della scienza, ma<br />

anche nelle entità e nei processi inosservabili descritti dalla maggior parte della scienza<br />

contemporanea.<br />

Alice Non nego che certe volte la scienza cambia ra<strong>di</strong>calmente, <strong>di</strong>co solo che non succede<br />

spesso, e continuo a pensare che le teorie che abbiamo oggi sono migliori <strong>di</strong> quelle del<br />

passato.<br />

Tommaso Sì, ma non ti ren<strong>di</strong> conto – capita, quando gli scienziati valutano una teoria, che tutte le<br />

loro credenze i loro valori retrostanti influenzino il loro giu<strong>di</strong>zio. Le società hanno le<br />

teorie che riflettono tutte le loro altre credenze.<br />

Alice Guarda, <strong>di</strong> sicuro nel breve periodo i fattori sociali hanno il loro peso, ma nel lungo<br />

periodo le teorie che si impongono sono quelle vere.<br />

Tommaso Ma la decisione sulla la verità <strong>di</strong> una teoria non viene presa meccanicamente sulla base<br />

<strong>di</strong> esperimenti. Si deve anche valutare come si rapporta al resto della scienza, il che<br />

rende relativa l’intera questione della valutazione <strong>di</strong> una teoria.<br />

Alice Forse fino a un certo punto, ma alla fine una teoria o funziona o non funziona, ed è<br />

questo il vero test. Voglio <strong>di</strong>re, la ragione per la quale la gente crede negli atomi, nelle<br />

molecole e in cose <strong>di</strong> questo tipo è che in questo modo siamo stati in grado <strong>di</strong> costruire i<br />

computer, <strong>di</strong> produrre nuove me<strong>di</strong>cine e <strong>di</strong> mandare missili sulla luna. Non puoi negare


l’efficacia della scienza. Gente con ogni tipo <strong>di</strong> valori usa le moderne teorie scientifiche<br />

perché funzionano.<br />

Tommaso Dunque, questo è quello che resta del tuo metodo scientifico? Se qualcosa funziona<br />

allora è vero per forza? E come la metti col Big Bang? Mi sembra <strong>di</strong> ricordare che<br />

questa teoria non è che abbia così poi tante applicazioni pratiche.<br />

Alice Immagino <strong>di</strong> non sapere bene che cosa sia il metodo scientifico. Forse ha più a che fare<br />

con la <strong>di</strong>scussione e la con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> informazione tra gli scienziati, intesi come corpo,<br />

piuttosto che con il singolo scienziato <strong>di</strong> mente aperta che segue una procedura. Ma<br />

tornando al Big-bang, ci credo perché si adatta alle altre teorie che abbiamo, e spiega e<br />

pre<strong>di</strong>ce quanto osserviamo con i telescopi e con altri strumenti.<br />

Tommaso Ma per descrivere correttamente quanto osserviamo le teorie non devono mica per forza<br />

essere vere.

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