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Bonhoeffer - Lega Missionaria Studenti

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MAESTRO DI COMPASSIONE<br />

Gesù “ebbe compassione” della sua gente, più volte i vangeli ci raccontano episodi della compassione<br />

di Cristo. Un cristiano, dunque, non può essere da meno. Cosa vuol dire essere uomini capaci di compassione?<br />

L’etimologia del termine latino è la definizione più appropriata: “Cum patire”, “soffrire con”. Ecco<br />

in definitiva il ruolo del cristiano: uno chiamato a soffrire con… Ma con chi? Anzitutto con Gesù nel travaglio<br />

sotto la pesante croce; accompagnare quei passi sulla via della nostra salvezza, sostenere le sue cadute,<br />

asciugare il suo volto, dissetare la sua sete. E poi, dopo questo tirocinio, soffrire con i crocifissi della<br />

storia nel loro travagliato procedere sotto il peso di un’economia che li schiaccia di giorno in giorno; incoraggiare<br />

i loro timidi passi verso un riscatto personale e sociale; rialzarli dalle cadute morali dello scoraggiamento;<br />

tergere il sangue dai loro occhi arrabbiati; aiutarli a bere la giustizia a pieni sorsi. Compatire<br />

non significa commiserare, tanto meno compiangere, significa mettersi al fianco di chi soffre e far diventare<br />

la sua sofferenza anche nostra. <strong>Bonhoeffer</strong> ci aiuta a comprendere che com-patire significa scendere<br />

al fianco del sofferente e non guardarlo da lontano, dalla finestra.<br />

Il rischio di lasciarci spingere al disprezzo degli uomini è molto grande. Sappiamo bene di non avere alcun<br />

diritto di farlo e che ciò ci porterebbe ad un rapporto assolutamente sterile con gli uomini. Disprezzando<br />

gli uomini cadremmo esattamente nello stesso errore dei nostri avversari. Chi disprezza un uomo<br />

non potrà ottenere mai nulla. Niente di ciò che disprezziamo negli altri ci è completamente estraneo.<br />

Spesso ci aspettiamo dagli altri più di quanto noi stessi siamo disposti a dare. Dobbiamo imparare a valutare<br />

gli uomini più per quello che soffrono che per quello che fanno o non fanno. L’unico rapporto fruttuoso<br />

con gli uomini, e specialmente con i deboli, è l’amore, cioè la volontà di mantenere la comunione<br />

con loro. Dio non ha disprezzato gli uomini, ma si è fatto uomo per amor loro […].<br />

Noi certo non siamo Cristo e non siamo chiamati a redimere il mondo con le nostre azioni e la nostra<br />

sofferenza; non dobbiamo proporci l’impossibile né angosciarci per non esserne all’altezza; non siamo il<br />

Signore, ma strumenti nelle mani del Signore della storia, e possiamo condividere realmente le sofferenze<br />

degli altri uomini solo in misura molto limitata. Noi non siamo Cristo, ma se vogliamo essere cristiani,<br />

dobbiamo condividere la sua grandezza di cuore nell’azione responsabile, che accetta liberamente l’ora e<br />

si espone al pericolo, e nell’autentica compassione che nasce non dalla paura, ma dall’amore liberatore e<br />

redentore di Cristo per tutti coloro che soffrono. Attendere inattivi e stare ottusamente alla finestra non<br />

sono atteggiamenti cristiani. I cristiani sono chiamati ad agire e a compatire non primariamente dalle<br />

esperienze che fanno sulla propria pelle, ma da quelle che fanno i fratelli, per amore dei quali Cristo ha<br />

sofferto. 9<br />

• Percepisco sulla mia pelle il dolore e la sofferenza che attanaglia milioni e milioni di poveri, o vivo nell’egoismo<br />

del “sto bene io, stanno bene tutti”?<br />

• Diceva Papa Paolo VI: “Ogni uomo è mio fratello”. Sento dentro di me la dimensione evangelica della fratellanza<br />

universale? Mi sento con-passionevole con tutti coloro che sono in difficoltà?<br />

• Davanti al Signore analizzo i miei sentimenti. Al cospetto del dolore che corrode chi mi sta dinanzi sento<br />

di provare compassione (soffro con lui e mi comprometto con tutto me stesso nel suo dolore) o commiserazione<br />

(compiango la sua situazione lasciandomi coinvolgere solo emotivamente)?<br />

9 D. BONHOEFFER, RESISTENZA E RESA. LETTERE E SCRITTI DAL CARCERE, E. BETHGE (A CURA DI), SAN PAOLO, CINISELLO BALSAMO<br />

1988, PP. 66-71.<br />

118<br />

GENTES 4/2005

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