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Premio Monte Strega 2010 L'icona di San ... - SassoferratoMia

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Stefano Trojani,<br />

il soffio della vita<br />

<strong>di</strong> Alvaro Valentini<br />

C’è un respiro profondo nei versi <strong>di</strong> Stefano<br />

Trojani, un afflato lirico-emotivo che coniuga<br />

il sentimento del tempo e la meraviglia del<br />

creato in una simbiosi <strong>di</strong> fulgida rivelazione.<br />

Sono pensieri e parole in libera e trepida sospensione<br />

espressiva che scan<strong>di</strong>scono verità<br />

e memorie, emozioni e sogni, momenti riflessivi<br />

e significanti <strong>di</strong> un’esistenza straor<strong>di</strong>nariamente<br />

<strong>di</strong>namica e feconda vissuta con<br />

genuino candore e coerente misura. Nel<br />

segno limpido <strong>di</strong> una tensione intima educata<br />

alla riflessione e alla virtù che riscopre giorno<br />

dopo giorno la nobiltà dello spirito e la profon<strong>di</strong>tà<br />

dell’assoluto. La nozione del “tempo<br />

breve”, intrisa <strong>di</strong> ritornanti e vivi<strong>di</strong> presenti,<br />

qui si tramuta in un’estasi pulsante <strong>di</strong> fede e<br />

<strong>di</strong> speranza. E <strong>di</strong> un sentimento che coglie il<br />

mondo, l’umanità, la natura, nel pieno rispetto<br />

della “Regola” del Poverello d’Assisi, il cui<br />

messaggio d‘amore e fratellanza “cum tucte<br />

le (...) creature” mostra ancor oggi attualità e<br />

forza profetica. Stefano Trojani si muove con<br />

trasparente leggerezza lungo questi versanti<br />

irrorando il flebile canto d’implicazioni esistenziali<br />

e <strong>di</strong> universali valenze lirico-mentali<br />

che trascendono il contingente per farsi voce<br />

e testimonianza <strong>di</strong> una visione unica e totalizzante<br />

che “rimanda / ad altro spazio i e ad<br />

altra forma / chiara / del pensare / l’infinito”.<br />

Per lui che veste il saio degli umili, viaggia<br />

con il fardello dei poveri, cammina con il<br />

passo dei giusti sull’esempio dell’amato Francesco,<br />

uomini e cose, acca<strong>di</strong>menti e sogni<br />

sono destinati a confluire “nei tempo eterno /<br />

quello dell’amore”.<br />

L’uso nelle poesie <strong>di</strong> termini colloquiali al <strong>di</strong><br />

fuori <strong>di</strong> ogni precetto o schema precostituito<br />

rende più concreta l’idea del quoti<strong>di</strong>ano, più<br />

viva l’ansia <strong>di</strong> trascendenza. La singolare<br />

scelta linguistica denota una vitalità della parola<br />

molto stringente al punto che ogni verso<br />

si fa suono e canto del vissuto, ricordo vivido<br />

del passato, proiezione riflessa del futuro.<br />

Quello affrontato dal poeta è un processo<br />

mentale e psicologico, sospeso tra la chiarezza<br />

razionale e l’intuizione lirica, in cui si<br />

coagulano pensieri e sentimenti che esulano<br />

dal contingente per farsi coscienza dell’uomo<br />

e voce dell’universo. In questo microcosmo <strong>di</strong><br />

visioni ideali e simboliche viene alla ribalta il<br />

sentimento evocativo e nostalgico della natura.<br />

E come in un novello Cantico delle creature<br />

l’autore riscopre in un impulso <strong>di</strong> limpida<br />

meraviglia e <strong>di</strong> estatica contemplazione l’acqua,<br />

la luna, il sole, le stelle, Il vento, la neve,<br />

la notte e il giorno, le spighe dorate, una foglia,<br />

un filo d’erba, e ancora le lucciole vaganti,<br />

le cicale d’agosto, le rane rumorose, la<br />

lumachina vischiosa e ogni altro essere vivente<br />

<strong>di</strong> “matre terra”, innalzando a “Bon Signore’’<br />

(...) “le laude, la gloria et l’honore et<br />

onne bene<strong>di</strong>ctione”.La parola nitida e genuina<br />

racchiude uno stupore antico, conserva una<br />

memoria genetica che <strong>di</strong>venta pensiero rivelatore<br />

<strong>di</strong> un universo <strong>di</strong> beltà e d’armonia,<br />

come per un ritrovato Eden. Il senso dell’immanenza<br />

che permea il “corpus‘’ poetico slitta<br />

gradualmente nel metafisico, quello sensoriale<br />

nel contemplativo e nel mistico. Nel riverbero<br />

delle risonanze interiori prendono<br />

consistenza “Invocazioni e lo<strong>di</strong>” che sono il<br />

motivo conduttore <strong>di</strong> una cosciente e illuminata<br />

introspezione tesa a recuperare la parte<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>vino che l’uomo ha perso nascendo. I<br />

versi si susseguono con viva spontaneità e<br />

palpitante freschezza, anche se talvolta risentono<br />

<strong>di</strong> richiami liturgici e ritmi salmo<strong>di</strong>anti<br />

che sgorgano flui<strong>di</strong> dall’animo come<br />

un’accorata preghiera nell’intento <strong>di</strong> oltrepassare<br />

“sovrumani spazi e interminati silenzi”<br />

(“La cadenza musicale / si espande /<br />

nell’aria / come una voce / che misura / l’Infinito”)<br />

per sentirsi più vicino all’ineffabile.<br />

C’è in questo una sconfinata sete <strong>di</strong> “virtude<br />

e conoscenza” che ha il potere <strong>di</strong> trasformare<br />

ogni lirica in un’epifania <strong>di</strong> verità e <strong>di</strong> trascendenza,<br />

tanto ra<strong>di</strong>cata in fondo all’anima è<br />

la speranza <strong>di</strong> “una eternità / <strong>di</strong> lieta gioia / <strong>di</strong><br />

infinito amore / senza più / alcuna sofferenza”<br />

Ad una approfon<strong>di</strong>ta analisi non sfugge come<br />

il peregrinare terreno <strong>di</strong> Stefano Trojani sia<br />

contrassegnato non solo da aneliti <strong>di</strong> serafica<br />

spiritualità, ma anche da accenti <strong>di</strong> inquietu<strong>di</strong>ne<br />

per vicende ed eventi ineluttabili: la caducità<br />

della vita {“E sto come sul’alber foglia<br />

secca / prossima a cadere”, la vecchiaia che<br />

avanza (Passeranno gli anni / ed io con essi”),<br />

le ombre dei cipressi (“mi hanno seguito /<br />

anche dentro I il cimitero”), le sopite passioni<br />

(“Mi accorsi / che nel cuore / era nato / un<br />

grande amore, / Non lo <strong>di</strong>ssi / a nessuno”), la<br />

cognizione del tempo (“...la vita / va ogni<br />

giorno / più vicino / al suo tramonto”). Non<br />

mancano momenti <strong>di</strong> tristezza (“Il cuore /<br />

piange, / quando la mente / ricorda / gran<strong>di</strong><br />

amori”), <strong>di</strong> rimpianto {“Volevo offrirti / una corona<br />

/ <strong>di</strong> rose rosse / raccolte / nel giar<strong>di</strong>no /<br />

del mio cuore“), <strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ne (“Era così stanco<br />

il cuore ... / Era cosi stanco il cuore, / tutto il<br />

giorno, / Signore, / ti ho cercato”). Sono ansie<br />

e turbamenti <strong>di</strong> un comune e alto sentire che<br />

rendono la figura del poeta, così gracile e in<strong>di</strong>fesa,<br />

ancor più autentica e a noi vicina perché<br />

riflette la sostanza stessa della natura<br />

umana, sempre combattuta tra illusioni e certezze,<br />

tra il caduco e il perenne. La fragilità<br />

del suo cuore è la nostra fragilità, il tormento<br />

della sua anima il nostro tormento. Ma, poiché<br />

“l’angoscia è un atteggiamento rivolto ai<br />

futuro” (Ernest Bloch), ecco allora dal magma<br />

dell’esistenza zampillare “il principio della<br />

speranza” che egli alimenta con la fiamma<br />

della fede e del credo in un approdo salvifico<br />

ed eterno. In questa atmosfera <strong>di</strong> pensamento<br />

e <strong>di</strong> elevazione il buio s’illumina, il silenzio si<br />

anima, riscattando le ombre lunghe <strong>di</strong> un’esistenza<br />

segnata dalle stimmate della fugacità<br />

e del transeunte.<br />

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