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Premio Monte Strega 2010 L'icona di San ... - SassoferratoMia

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Luciano Rossi, il Gec<br />

<strong>di</strong> Alvaro Rossi<br />

Chi, della mia generazione, ha frequentato da<br />

giovane il bar del Gringo o la Rocca o non può<br />

non ricordarsi <strong>di</strong> un ragazzo che passava l’intera<br />

estate a Sassoferrato, con il fratello Franco<br />

e il padre Tullio (non mi pare d’aver mai avuto<br />

notizie o visto la madre). Veniva da Roma e lo<br />

chiamavamo l’americano, per gli abiti stravaganti<br />

e policromi che esibiva, provenienti proprio<br />

d’oltre oceano ed acquistati in un luogo<br />

mitico chiamato “Porta Portese”, come ci raccontava<br />

suscitando la nostra invi<strong>di</strong>osa ammirazione.<br />

In realtà si chiamava Luciano Rossi ed<br />

era il nipote <strong>di</strong> Andrea, il meccanico, ma “personaggio”<br />

lo era davvero e in questo momento<br />

lo rivedo “sotto le logge”, seduto alla sghimbescia,<br />

le spalle al muro, ad uno <strong>di</strong> quei tavoli<br />

con le gambe incrociate e il piano a listelli <strong>di</strong><br />

legno, svagato e intento a scan<strong>di</strong>re, con le mani<br />

o con due bacchette <strong>di</strong> legno, un ritmo immaginario<br />

su un tamburo altrettanto immaginario.<br />

Noi, decenni della Sassoferrato dei primi anni<br />

‘50, che sapevamo come lo strumento più importante<br />

del gezz, la musica degli americani,<br />

fosse la batteria, lo guardavamo incantati e<br />

anche un poco intimoriti: quante cose sapeva e<br />

poteva fare chi aveva la fortuna <strong>di</strong> vivere in una<br />

grande città! Pian piano, non saprei per iniziativa<br />

<strong>di</strong> chi, all’inevitabile ma forse troppo generico<br />

l’americano se ne affiancò un altro più<br />

personale e familiare: il Gec (nessuno <strong>di</strong> noi,<br />

allora, avrebbe scritto: Jack), con l’articolo determinativo<br />

parte integrante dell’appellativo.<br />

Per qualche estate i due soprannomi convissero<br />

o furono usati in<strong>di</strong>fferentemente; poi, lentamente,<br />

il secondo iniziò a prevalere.<br />

E qui invece, non esistendo alcuna possibile assonanza<br />

col vero nome, non mi sentirei <strong>di</strong><br />

escludere una irridente suggestione musicaleufonica<br />

proposta da Tonillo, da Leo o da Richetto…<br />

Da un’estate all’altra siamo tutti<br />

cresciuti e un giorno, con un certo stupore perché<br />

eravamo convinti d’aver a che fare con un<br />

musicista, abbiamo saputo che il Gec era approdato<br />

a Cinecittà: prima come comparsa, poi<br />

generico, infine co-protagonista <strong>di</strong> una <strong>di</strong>screta<br />

serie <strong>di</strong> film. E così per anni, <strong>di</strong> tanto in tanto,<br />

ci è capitato <strong>di</strong> vederlo sullo schermo. Come attore<br />

non ha però mai raggiunto una fama realmente<br />

consolidata: credo gli sia mancata<br />

l’ambizione, o forse la determinazione, o forse<br />

la <strong>di</strong>sciplina per mirare più in alto, dove pure la<br />

sua figura e la sua recitazione non ineccepibile<br />

ma efficace, specie quando interpretava personaggi<br />

loschi o vittime predestinate, avrebbero<br />

potuto farlo giungere.<br />

Intanto le sue venute a Sassoferrato s’erano<br />

progressivamente <strong>di</strong>radate: il lavoro e altri in-<br />

Luciano Rossi (a sinistra) con gli amici al Bar del “Gringo”<br />

teressi lo portavano sempre più spesso lontano…<br />

Quasi sempre lo vedevamo arrivare con<br />

Tonillo, con il quale era sempre rimasto in contatto,<br />

ed erano tavolate e incontri in<strong>di</strong>menticabili...<br />

In un’estate della metà degli anni ‘70 gli<br />

organizzò ad<strong>di</strong>rittura una grande retrospettiva:<br />

la proiezione <strong>di</strong> una buona parte dei suoi film,<br />

promossa e pubblicizzata come solo lui sapeva<br />

fare, alla quale non ho assistito, non ricordo<br />

perché. So però che fu un grande successo e,<br />

per il Gec, un momento <strong>di</strong> grande commozione.<br />

Penso si sia trattato dell’unico omaggio, dell’unica<br />

consacrazione pubblica che abbia mai<br />

ricevuto come artista. E fu giusto che a tributargliela<br />

sia stato Sassoferrato, dove non era<br />

nato, ma che considerava la sua patria d’elezione.<br />

Più tar<strong>di</strong>, quando la salute ha cominciato<br />

a dargli dei problemi, ogni tanto qualcuno ci <strong>di</strong>ceva<br />

che s’era fatto ricoverare nel nostro ospedale<br />

per controlli o per terapie. Poi, quando<br />

stava un po’ meglio, usciva e restava qualche<br />

settimana… Non era più l’elfo magro e spiritato<br />

degli anni della gioventù: camminava con<br />

qualche <strong>di</strong>fficoltà, era ingrassato e aveva un<br />

gran barbone, ma gli occhi buoni e smarriti<br />

erano, <strong>di</strong>etro gli occhialoni scuri, come sempre<br />

pieni <strong>di</strong> gratitu<strong>di</strong>ne per le gentilezze che tutti<br />

gli offrivano con spontaneità. Abbiamo saputo<br />

tar<strong>di</strong> della sua scomparsa. Io non so con precisione<br />

neppure quando sia avvenuta, né dove:<br />

se a Roma o nel frusinate, dove ogni tanto pare<br />

si ritirasse, in una casa che era appartenuta<br />

alla madre o in un convento poco <strong>di</strong>stante.<br />

Il Gec ristorna spesso nei nostri <strong>di</strong>scorsi,<br />

quando rievochiamo quei tempi lontani, con<br />

l’affetto che si deve a un “Pierrot lunaire” che<br />

ha attraversato con leggerezza, e senza prendersi<br />

mai troppo sul serio, la sua e la nostra<br />

vita. Forse, ritrovandoci tra <strong>di</strong> noi, una <strong>di</strong> queste<br />

estati, e senza troppa ufficialità, potremmo<br />

organizzare una piccola rassegna dei suoi film.<br />

Sarebbe il pensiero postumo che nessuno qui a<br />

Sassoferrato ha mai formalizzato in una epigrafe,<br />

l’omaggio spontaneo, il ricordo affettuoso<br />

e il grazie d’esserci stato che si deve a un<br />

amico che non c’è più.<br />

Luciano Rossi è nato a<br />

Roma il 28 Novembre<br />

1934. Ha stu<strong>di</strong>ato al<br />

“Marcantonio Colonna”<br />

(particolare curioso: frequentando<br />

la stessa<br />

classe del nostro <strong>di</strong>rettore,<br />

Raniero Massoli-<br />

Novelli). È morto a<br />

Roma il 29 maggio 2005.<br />

La sua filmografia, piuttosto ampia, raggiunge i<br />

70 titoli. È stato <strong>di</strong>retto da Sergio Corbucci, Fer<strong>di</strong>nando<br />

Bal<strong>di</strong>, Giuliano Carnimeo, Tinto Brass,<br />

Lucio Fulci, Franco Rossi, Bernardo Bartolucci<br />

ed Ermanno Olmi, per citare alcuni dei più noti,<br />

ed ha avuto come compagni <strong>di</strong> lavoro, tra gli<br />

altri, Jean Louis Trintignan, Bud Spencer, Terence<br />

Hill e Antony Quinn. Tra i suoi maggiori<br />

successi possiamo annoverare:<br />

Preparati la bara (1967)<br />

Salon Kitty (1969)<br />

Le avventure <strong>di</strong> Ulisse (1969)<br />

Lo chiamavano Trinità (1970)<br />

C’è Sartana….ven<strong>di</strong> la pistola e comprati<br />

la bara (1970)<br />

Il conformista (1970)<br />

Attento gringo è tornato Sabata (1972)<br />

Los amigos (1972)<br />

Roma violenta (1975)<br />

Le lunghe notti della Gestapo (1977)<br />

I due superpie<strong>di</strong> quasi piatti (1977)<br />

(a cura <strong>di</strong> Vittorio Toni)<br />

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